Un ponte verso il futuro. Personaggi, rilievi e progetti per l'architettura di Ponte Felcino

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UN PONTE VERSO IL FUTURO Simone Bori Valeria Menchetelli Simone Bori Valeria Menchetelli Personaggi, rilievi e progetti per l’architettura di ponte felcino Un ponte verso il futuro presenta gli esiti nali di esercitazioni didattiche, tesi di laurea e ricerche, sia a carattere conoscitivo sia a carattere ideativo, riguardanti aree signicative del territorio della frazione di Ponte Felcino. L’iniziativa ha l’intento di diffondere la cultura della conoscenza e di promuovere la riqualicazione ambientale in chiave innovativa, congurandosi come prezioso viatico per le future trasformazioni del territorio. Simone Bori e Valeria Menchetelli, ingegneri e dottori di ricerca in Ingegneria Civile, collaborano all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia.

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UN PONTE VERSO IL FUTUROSim

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Simone BoriValeria Menchetelli

Personaggi,rilievi e progettiper l’architetturadi ponte felcino

Un ponte verso il futuro presenta gli esiti fi nali di esercitazioni didattiche, tesi di laurea e ricerche, sia a carattere conoscitivo sia a carattere ideativo, riguardanti aree signifi cative del territorio della frazione di Ponte Felcino.L’iniziativa ha l’intento di diffondere la cultura della conoscenza e di promuovere la riqualifi cazione ambientale in chiave innovativa, confi gurandosi come prezioso viatico per le future trasformazioni del territorio.

Simone Bori e Valeria Menchetelli, ingegneri e dottori di ricerca in Ingegneria Civile, collaborano all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia.

UN PONTE VERSO IL FUTUROpersonaggi, rilievi e progetti per l’architettura di Ponte Felcino

Simone BoriValeria Menchetelli

UN PONTE VERSO IL FUTUROPERSONAGGI, RILIEVI E PROGETTI PER L’ARCHITETTURA DI PONTE FELCINO

Coordinamento editorialee Progetto grafi coSimone BoriValeria Menchetelli

StampaDigital Point - Ponte Felcino (PG)

Referenze fotografi cheL’autorizzazione alla pubblicazione delle immaginialle pp. 22-25, 28, 30, 33 e 37è stata concessa agli autori da parte degli Archivi,pubblici e privati, ove sono conservate.Tutte le altre immagini sono di proprietà degli autori.

ISBN 978-88-89398-66-1

© 2011 QUATTROEMME srl06135 Perugia, via Cestellini 17tel +39 075 397249fax +39 075 [email protected]

Il volume raccoglie gli esiti delle ricerche,dei rilievi e dei progetti sull’architettura di Ponte Felcinosvolti nell’ambito dell’attività didattica e di ricercadella Sezione Interdisciplinare di Disegno e Architetturadel Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientaledell’Università degli Studi di Perugiae presentati in occasione dell’iniziativaUn ponte verso il futuro(Ponte Felcino, Sala Eden, 6 maggio 2011).

con il contributo di

Pro Loco La Felciniana

SOMMARIO

5 presentazioni

Paolo Belardi Adelia Bovini Valeria Cardinali

un ponte verso il futuro

13 Il disegno come ponte tra passato e futuro

personaggi, rilievi e progetti

21 Antonino Bindelli (1899-1985) e la chiesa di San Felicissimo

27 Carlo Cucchia (1901-1971) e il Teatro Ricreatorio Bonucci

33 Pietro Fringuelli (1901-1995) e il ponte sul Tevere

39 di_ST(r)AZIONE. Ricomposizione architettonica della stazione FCU

45 Oltre il Tevere. Progetto di un sistema di piazze pedonali

51 8 progetti per un campus universitario nell’area dell’ex lanifi cio Bonucci

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Nonostante il ruolo pionieristico svolto negli ultimi decenni in molti settori economico-culturali, l’Umbria è ancora oggi percepita e comunicata come luogo immutato e immutabile, dove la vita si svolge in assoluta armonia con la natura e con i suoi ritmi. Ma le cose non stanno proprio così o, quantomeno, non stanno più così. Perché, a ben guardare, la mitica “Umbria verde” cantata da Giosuè Carducci è ormai solo un pallido ricordo, spazzato via con totale noncuranza dall’insulsa miriade di grotteschi villini neovernacolari che hanno tappezzato i versanti delle colline più panoramiche e dalle fi tte schiere di rozzi capannoni prefabbricati che hanno marginato i rilevati delle principali arterie viarie. Tanto che, con ogni probabilità, è venuto il momento di mettersi al lavoro sinergicamente per lanciare una nuova idea d’Umbria. Nel frattempo però, per non rischiare di concedere arrendevolmente il destino della nostra terra a quanti anelano a trasformarla in un’imbarazzante “Disneyland verde”, occorre restituire piena fi ducia alla cultura del progetto, confi dando nella capacità dell’architettura di coniugare natura e artifi cio (ad esempio sprofondando il costruito nel sottosuolo), e occorre guardare al passato da un nuovo punto di vista, setacciando quella straordinaria miniera culturale che sono le nostre città (ad esempio valorizzando le opere moderne). Ovvero occorre eleggere l’Umbria a fabbrica della conoscenza, peraltro senza distinzioni gerarchiche di sorta. Così come hanno voluto fare Simone Bori e Valeria Menchetelli con la loro appassionata collaborazione all’attività didattica e di ricerca della mia équipe universitaria. E così come vuole fare il presente volume, laddove raccoglie biografi e, rilievi e progetti selezionati nell’ambito delle esercitazioni e delle tesi di laurea dedicate negli ultimi anni accademici a Ponte Felcino. Certo fi gure professionali di primo piano, come quelle di Antonino Bindelli, Carlo Cucchia e Pietro Fringuelli (autori dei tre landmark per eccellenza: la chiesa, il teatro, il ponte), non potevano rimanere nell’ombra. Così come non potevano rimanere evasi temi nevralgici quali il riuso dell’ex lanifi cio Bonucci o la riqualifi cazione della stazione FCU. Ma il fatto veramente importante è che, al di là degli esiti occasionali, sia i rilievi che i progetti sono sempre e comunque fondati su disegni caso per caso evocativi o visionari, ma comunque capaci di gettare un ponte ideale tra la realtà e l’irrealtà. Che poi sarebbe il futuro.

Paolo BelardiUniversità degli Studi di Perugia

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Questa iniziativa, promossa dalla Pro Loco La Felciniana e che vede protagonista l’Università degli Studi di Perugia con il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, ci sta molto a cuore e riteniamo possa essere la premessa per una collaborazione futura ancor più profi cua e stimolante. Il duplice intento è quello di destare interesse intorno alle problematiche di un paese e di una importante porzione del territorio comunale e, allo stesso tempo, coinvolgere nel ruolo propositivo i giovani studenti universitari. Un approccio non soltanto dalla caratura scientifi ca, ma soprattutto foriero di suggerimenti ricchi di fantasia e proposte accattivanti, che probabilmente hanno una bassa potenzialità di realizzazione (questo poi non si sa mai) ma che sicuramente sono capaci di stimolare il dibattito su ciò che dovremo fare nel futuro. Possono rivelarsi, quelle dei giovani studenti, tracce preziose sulle quali poter sviluppare con attenzione assetti nuovi, sia sotto il profi lo urbanistico che sotto quello economico e sociale.La nostra Pro Loco è giovane, di recente formazione, e dispone perciò di pochi mezzi e risorse. Ma questo non scoraggia in noi l’intento di promuovere lo sviluppo sostenibile del nostro paese e del nostro territorio, lo studio attento di ciò che abbiamo di importante e bello sia sotto il profi lo culturale che propriamente architettonico e monumentale, alla riscoperta delle nostre tradizioni, delle nostre radici, per guardare al futuro con sempre maggiore coraggio e speranza. Vogliamo infatti guardare al futuro con gli occhi dei giovani, perché le loro speranze possano trovare una risposta, perché la loro intelligenza e la loro creatività possano incontrare sempre più occasioni di valorizzazione e di libera espressione.Ringraziamo l’Università di Perugia, e in particolare l’équipe coordinata dal professor Paolo Belardi, per averci dato questa possibilità. Ringraziamo i giovani studenti per il loro prezioso contributo, augurando loro di trovare nel lavoro che li attenderà tutto il successo che meritano.

Adelia BoviniPresidente della Pro Loco “La Felciniana”

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Iniziative come queste non possono che essere condivisibili. Ho partecipato con interesse alla conferenza di presentazione dei lavori di tesi e ricerca degli studenti, e con altrettanto compiacimento saluto questa iniziativa editoriale che ne raccoglie la testimonianza.Trovo sia di grande importanza che le associazioni radicate nel territorio, come le Pro Loco, promuovano un attento e lungimirante studio dello sviluppo del territorio coinvolgendo istituzioni di grande valore culturale come le Università.A Perugia abbiamo la fortuna della presenza del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, un interlocutore molto attivo e propositivo in questo ambito, un punto di riferimento non solo per le associazioni ma anche per gli enti preposti al governo del territorio e alla programmazione urbanistica.Come amministrazione comunale siamo sempre più convinti che lo studio preliminare condiviso a livello di territorio, che vede coinvolte le varie fi gure presenti, istituzionali, di rappresentanza e categoria, culturali e del volontariato, porti a una progettazione di più alta qualità e sicuramente più aderente alle reali esigenze sociali e di sviluppo.È una strada faticosa, non sempre facile, ma quando i soggetti protagonisti sono mossi dallo spirito comune del senso civico, dell’amore per il proprio paese e per la propria cultura, i risultati sicuramente prima o poi arriveranno.

Valeria CardinaliAssessore all’Urbanistica del Comune di Perugia

UN PONTE VERSO IL FUTURO

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È ormai ampiamente noto che la storia di Ponte Felcino, frazione orientale del territorio comunale di Perugia, risale all’antichità; il primo nucleo dell’insediamento sorge strategicamente lungo il fi ume Tevere, in corrispondenza del ponte costruito in epoca romana. In virtù dell’ubicazione a ridosso del fi ume, il paese ha potuto benefi ciare fi n dalle origini, per il proprio sviluppo e sostentamento, del corso d’acqua, traendone positivi effetti sia sull’agricoltura sia sulla lavorazione delle materie prime. Ma il Tevere ha anche inevitabilmente rappresentato un elemento morfologico di separazione: dai punti di vista urbanistico e paesaggistico, infatti, il tracciato del fi ume si confi gura come profonda cesura fi sica tra l’area pianeggiante e quella collinare, sottolineando il ruolo essenziale svolto dall’antico ponte e la forte dipendenza dell’abitato dalle vicende storiche che esso ha attraversato nel corso dei secoli, che vedono l’alternarsi di eventi distruttivi e opere ricostruttive. Sul fi ume, fondamentale infrastruttura naturale, la cittadinanza ha di fatto incentrato e consolidato nel tempo la propria identità sociale, rimarcandone la valenza anche attraverso la toponomastica.È altrettanto noto che oggi questa popolosa frazione, la cui immagine è ancora fortemente caratterizzata dal verde (agricolo e non), raccoglie in sé tutte le peculiarità e le problematiche della città contemporanea: il centro storico, sorto in forma lineare lungo le antiche vie di comunicazione, presenta un forte degrado degli edifi ci; la periferia, sviluppatasi sia in collina (attraverso le tipologie residenziali isolata e a schiera) sia nell’area pianeggiante oltre il Tevere (attraverso la tipologia insediativa in linea), appare disomogenea e priva di una ben defi nita connotazione; le nuove costruzioni hanno guadagnato spazio a scapito del territorio rurale, di cui rimangono pochi, ma preziosi, lacerti; le aree produttive, poste ai margini del paese e lambite

IL DISEGNO COME PONTE TRA PASSATO E FUTURO

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dai principali tracciati viari (la superstrada E45 e la circonvallazione che, passando per Ponte Rio, giunge fi n nel cuore del centro storico di Perugia), sono l’aspetto immediatamente percepito dall’esterno; le aree verdi costituiscono la valvola di sfogo della popolazione nel tempo libero e, per le peculiari destinazioni d’uso ospitate (percorso lungofi ume, bosco didattico, impianti sportivi), fungono potenzialmente da elemento attrattore anche alla scala sovralocale; la mobilità ciclopedonale è resa diffi coltosa dalla compresenza dei mezzi a motore, costretti a percorrere vie ormai sottodimensionate, che non hanno saputo tenere il passo con lo sviluppo demografi co; gli edifi ci speciali (chiesa, polo scolastico, ex cinema) tendono a confondersi nell’indistinto tessuto urbano.Molto meno noto è tuttavia ciò che ha portato alla trasformazione della Ponte Felcino del passato in quella contemporanea, soprattutto se si considerano gli ultimi due secoli; in questo arco temporale, infatti, la città è profondamente mutata e offre oggi un patrimonio architettonico di notevole importanza, purtroppo misconosciuto dai più. Proprio l’architettura può allora essere assunta come chiave di lettura privilegiata del processo di modifi cazione del territorio. In questo contesto s’inseriscono i lavori di cui di seguito vengono presentati gli esiti, sviluppati negli ultimi anni (in occasione di esercitazioni, tesi di laurea o studi individuali) nell’ambito dell’attività didattica e di ricerca della Sezione Interdisciplinare di Disegno e Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia e fi nalizzati alla conoscenza e alla valorizzazione delle eccellenze architettoniche locali. L’obiettivo dichiarato implica in maniera necessaria che il metodo adottato nell’indagine si identifi chi con il rilievo architettonico, inteso come complesso di operazioni che si spinge oltre la mera pratica di acquisizione di dati dimensionali, fi no ad assumere il signifi cato di misurazione intellettuale dell’oggetto di studio, di ben più ampia portata. Il rilievo, attraverso analisi conoscitive a tutto tondo (bibliografi che, iconografi che, archivistiche, fotografi che ecc.) consente di mettere in luce aspetti

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insoliti e peculiarità specifi che, culminando in una vera e propria rivelazione. Ovvero si tratta di rilevare per rivelare, allo scopo di accompagnare la collettività verso la scoperta e la presa di coscienza del reale valore del proprio patrimonio recente. Le ricerche svolte sono state avviate relativamente ai maggiori edifi ci e complessi di evidente signifi cato storico e architettonico, a partire dalla stazione della Ferrovia Centrale Umbra, passando per il lanifi cio Bonucci, fi no a giungere alla chiesa parrocchiale di San Felicissimo. La fase successiva è consistita nell’approfondimento della fi gura e delle opere dei progettisti locali che hanno contribuito a caratterizzare Ponte Felcino attraverso la qualità delle loro realizzazioni. È il caso di Pietro Fringuelli e Sisto Mastrodicasa per il nuovo ponte sul fi ume Tevere, di Carlo Cucchia per le opere legate al progetto culturale intrapreso dalla famiglia Bonucci (nello specifi co il Teatro Ricreatorio), di Antonino Bindelli per la nuova chiesa di San Felicissimo. Opere che costituiscono oggi beni da salvaguardare e valorizzare, alla stessa stregua di quello che, nell’accezione comune, viene defi nito

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patrimonio monumentale. Opere che rappresentano episodi di percorsi architettonici inconsueti, che chiamano in causa la città di Perugia e fi niscono per coinvolgere l’intero territorio regionale. Attraverso questa consapevolezza è possibile confutare l’opinione diffusa secondo cui l’architettura realizzata a partire dagli anni venti del Novecento non è latrice di qualità positive e non genera alcun affl ato tra la popolazione e il territorio in cui vive e svolge le proprie attività quotidiane. Anzi, i risultati raggiunti intendono rimarcare che interventi architettonici di pregio possono rappresentare un segno identitario, un vero e proprio landmark territoriale che l’intera comunità ancora non conosce, ma in cui può riconoscersi.Ma il rilievo architettonico e il bagaglio di conoscenze che ne deriva costituiscono anche le basi per ampliare il campo d’indagine, giungendo a comprendervi l’attività progettuale. Gli studi compiuti, cioè, stabilendo un collegamento ideale tra l’anima storica e l’anima contemporanea di Ponte Felcino, si propongono non solo di colmare alcuni vuoti conoscitivi relativi alla storia recente, così da rafforzare il senso di appartenenza della cittadinanza al territorio; tali studi intendono anche offrire una possibile risposta a un ulteriore e più ardito obiettivo, quello di prefi gurare, attraverso un sano “realismo visionario”, ipotetici scenari per la città futura. In questo ambito, e a partire dall’attenta considerazione della vocazione naturalistica del territorio in esame, lo studio si è prevalentemente concentrato sulla necessità di una ricucitura, sia fi sica che fi gurativa, tra le due sponde del fi ume Tevere nel tratto compreso tra il ponte storico e il lanifi cio Bonucci, poiché proprio qui il fi ume ha perso la primigenia funzione di elemento catalizzatore di attività, rimanendo defi lato e inaccessibile. Questo tema è stato affrontato perseguendo l’obiettivo di convogliare sulle sue rive, collegate da apposite passerelle, i percorsi pedonali provenienti dal tessuto storico, allo scopo di separarli da quelli carrabili. Al contempo, e in maniera sinergica, si è cercato di porre l’attenzione su due architetture strategiche caratterizzate da molteplici potenzialità evolutive quali l’ex lanifi cio Bonucci e la

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stazione FCU, al fi ne di riqualifi carle funzionalmente interpretandole come elementi capaci di rivitalizzare l’economia locale. Nello specifi co, per l’ex lanifi cio è prevista la trasformazione in sede dell’ipotetica Facoltà universitaria di Ingegneria Edile-Architettura (con annesso campus per studenti), mentre per la stazione è proposta la riconversione in spazio contemporaneo di aggregazione. In quest’ultimo caso, l’intento è anche quello di restituire visibilità all’edifi cio, oggi posto ai margini fi sici e percettivi della vita cittadina, connettendolo con i percorsi ciclopedonali esistenti e con altri di progetto al fi ne di rendere Ponte Felcino pronta per la sfi da della mobilità alternativa.Le ricerche svolte (sia a carattere conoscitivo sia a carattere ideativo) sono accomunate da un’unica matrice, che concepisce come elemento cardine il disegno, inteso nel primo caso come luogo della rivelazione e nel secondo come luogo della prefi gurazione. Attraverso il disegno possiamo comprendere ciò che siamo oggi. E soltanto attraverso il disegno possiamo prevedere (e, se necessario, orientare) ciò che saremo domani.

PERSONAGGI, RILIEVI E PROGETTI

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Antonino Bindelli nasce a Perugia nel 1899. Dopo aver frequentato le scuole di avviamento professionale, consapevole delle proprie straordinarie doti di disegnatore, si iscrive ai Corsi Speciali di Architettura dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, conseguendo la relativa licenza con il massimo dei voti. Bindelli intraprende la carriera professionale seguendo dapprima l’architetto Ugo Tarchi (suo maestro durante gli studi) a Roma; poi, ritornato nella città natale, lavora al fi anco dell’architetto Edoardo Vignaroli. In questo periodo, inoltre, svolge attività di docenza di Disegno Architettonico negli istituti medi. Le prime progettazioni architettoniche riguardano piccole cappelle funerarie, tra cui quelle per le famiglie Briziarelli [3] e Mignini: in queste occasioni Bindelli sfoggia con disinvoltura una duplice identità stilistica, nel primo caso schiettamente riconducibile ai canoni del razionalismo, nel secondo di matrice palesemente tardo eclettica.Nel 1935 ha inizio la sua esperienza presso gli Uffi ci Tecnici del Comune di Perugia, al cui interno ricopre diversi ruoli, che culminano con la nomina, nell’immediato dopoguerra, a capo della Sezione Edilizia. In questo ambito Bindelli progetta opere di interesse pubblico alla piccola e alla grande scala, tra cui vanno menzionate la Casa del Fascio di Ponte San Giovanni [5], una proposta di sistemazione di piazza d’Armi come centro politico-amministrativo del regime fascista, l’orientatore panoramico di viale Indipendenza, i progetti per l’asilo di Borghetto di Prepo e la colonia montana di Monte Pacciano, la realizzazione della nuova piazza con fontana antistante l’edifi cio della stazione ferroviaria di Fontivegge e la proposta di riconversione in area sportiva del poligono di tiro di Borgo XX Giugno. Lo stile, in parte infl uenzato dalle indicazioni di regime, è dichiaratamente moderno, caratterizzato da simmetria e monumentalità e ispirato all’accademismo piacentiniano. Anche nel dopoguerra,

ANTONINO BINDELLI (1899-1985) E LA CHIESA DI SAN FELICISSIMO

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l’approccio formale rimane legato all’impronta del Movimento Moderno, come nel caso del progetto per il Palazzo di Giustizia in viale Pellini [4].Tra le opere realizzate su suo progetto assumono particolare rilevanza tre edifi ci di culto: la chiesa di San Felicissimo a Ponte Felcino (1951) [1] [8], quella di San Michele Arcangelo a Bastia Umbra (1962) [6] e quella di San Bartolomeo a Ponte San Giovanni (1965) [2]. La prima, che risale al 1951, viene edifi cata sul sedime della precedente, realizzata tra il 1926 e il 1929 su progetto [7], in stile neorinascimentale, dell’architetto Vignaroli e andata distrutta a causa dei bombardamenti avvenuti al termine della seconda guerra mondiale. Inaugurata nell’ottobre del 1952, quest’opera rappresenta un monumento identitario per la comunità locale: in essa, Bindelli coniuga abilmente l’astrattezza dello stile moderno con la familiarità di materiali della tradizione quali il mattone e la pietra, al fi ne di avvicinare la monumentalità dell’edifi cio, che produce quasi un fuori scala, alla dimensione quotidiana della frequentazione da parte della popolazione. Con lo stesso approccio compositivo e con analogo risultato fi gurativo sono progettate e realizzate anche le altre due chiese. Una particolarità riguarda però l’elemento del campanile, che in tutti e tre i casi non viene realizzato contestualmente con la chiesa; ma, mentre nel caso di Ponte Felcino la realizzazione avviene nel 1960 secondo il progetto originario di Bindelli, in quello di Bastia Umbra non viene affatto edifi cato e in quello di Ponte San Giovanni viene eretto nel 1991, su progetto però dello studio Signorini di Perugia.Bindelli muore a Perugia nel 1985; qui è sepolto nel cimitero monumentale, presso la cappella di famiglia.

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CARLO CUCCHIA (1901-1971) E IL TEATRO RICREATORIO BONUCCI

Carlo Cucchia nasce a Perugia nel 1901. Dopo il diploma, conseguito nel 1918 presso il Regio Istituto Tecnico di Perugia, frequenta in un primo momento la Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche di Roma e in seguito quella di Ingegneria Industriale Elettrotecnica del Politecnico di Torino, laureandosi nel 1924.Sebbene le prime opere realizzate riguardino i settori dell’ingegneria idraulica (si tratta di sistemazioni di argini e della progettazione di acquedotti e di centrali idroelettriche; inoltre, risale al 1937 la progettazione di un canale navigabile di collegamento tra il Mar Rosso e la depressione della Dancalia nelle colonie italiane abissine, poi non realizzato) e infrastrutturale (con realizzazioni effettuate in Albania per conto del Genio Militare), l’attività professionale di Cucchia si orienta con decisione verso la progettazione architettonica, prevalentemente attraverso la partecipazione a concorsi d’idee (tra cui quello del 1933 per il nuovo Palazzo di Giustizia di Perugia [2]) e la realizzazione di edifi ci residenziali. In questo ambito occupano una posizione di rilievo il complesso residenziale popolare di Borghetto di Prepo (1930-1935) [4], realizzato per conto dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Perugia, e alcuni villini (1934-1936), caratterizzati da un’impostazione stilistica a metà tra liberty ed eclettismo.Tra il 1936 e il 1938, in occasione della realizzazione di alcuni edifi ci in linea, lo stile si fa più asciutto e semplice, anche se la purezza dei volumi è parzialmente smorzata dall’utilizzo di materiali locali quali il laterizio o dall’inserimento di ampie vetrate. È il caso delle palazzine di via Pompeo Pellini e di via Pellas, della Sede del Comando Militare, ancora in via Pellas, e dell’edifi cio tra viale Roma e piazzale Bellucci [3], in prossimità della stazione ferroviaria di Sant’Anna, che richiama fi gurativamente, grazie all’impiego di alcune soluzioni di carattere compositivo (la testata

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semicilindrica, le aperture seriali in guisa di oblò) e di alcuni accorgimenti nelle fi niture (le ringhiere dei balconi), un tema caro al razionalismo come quello dell’edifi cio-nave.A Ponte Felcino, nel 1936, Cucchia realizza, su commissione della famiglia Bonucci, il Teatro Ricreatorio [1] [6] [7]. Pur nelle modeste dimensioni, l’edifi cio incarna i canoni stilistici dell’architettura razionalista nella declinazione littoria, delineandosi come una composizione in cui il rigoroso e simmetrico assemblaggio di corpi elementari si accompagna all’impiego di materiali di uso comune quali il mattone faccia a vista.Allo stesso anno, a seguito della vittoria del concorso di idee indetto nel 1934, risale l’inizio dei lavori per l’ampliamento del Policlinico di Monteluce a Perugia. Cucchia progetta i nuovi padiglioni con spirito razionalista, adottando un’impronta stilistica sobria e lineare e riservando una particolare attenzione all’integrazione con gli edifi ci esistenti e alla funzionalità richiesta dalle specifi che destinazioni d’uso. D’indiscusso prestigio è la cappella ospedaliera Salus Infi rmorum [5], che funge da cerniera funzionale e compositiva tra i vari padiglioni: il volume deriva dalla sovrapposizione a un corpo cilindrico di una cupola, affrescata ad opera del pittore futurista Gerardo Dottori.Nel dopoguerra l’attività di Cucchia si concentra principalmente nella realizzazione di infrastrutture viarie sia in Albania che in Italia. Tra il 1964 e il 1965 è da segnalare la realizzazione del parcheggio pluriplano all’interno del Mercato Coperto di Perugia, progettato nel 1932 da Giuseppe Grossi (1894-1969), anch’egli legato all’architettura moderna di Ponte Felcino per aver concepito e realizzato, nel 1933, la scuola elementare Alessandro Bonucci.Carlo Cucchia muore a Perugia nel 1971.

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Tommaso LuciRilievo architettonico del Teatro Ricreatorio Bonucci di Ponte Felcinotesi di laurea triennale in Ingegneria CivileUniversità degli Studi di Perugiaa.a. 2008-2009relatore: prof. ing. Paolo Belardicorrelatori: ing. Simone Bori, ing. Valeria Menchetelli

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Pietro Fringuelli nasce a Perugia nel 1901. Dopo aver frequentato le scuole tecniche, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Perugia, conseguendo al termine dei corsi il titolo di professore-architetto. Intraprende immediatamente l’attività di insegnante di disegno architettonico presso l’Istituto d’Arte, di cui ricoprirà in seguito la carica di direttore, facendosi promotore del processo di statalizzazione. Parallelamente all’appassionata attività didattica (è il più giovane docente di ruolo d’Italia) svolge un profi cuo e intenso lavoro come progettista architettonico. All’inizio degli anni trenta riceve il primo premio del concorso per la costruzione dell’Istituto di Oftalmologia dell’Ospedale di Firenze; tra il 1931 e il 1933 partecipa al concorso per il nuovo piano regolatore della città di Perugia e fa parte del gruppo (coordinato dall’architetto Alfi o Susini) incaricato di redigerne la stesura defi nitiva. Nel 1937 ottiene la commissione da parte dell’Ente Zolfi Italiano per la realizzazione di villaggi per operai delle zolfatare nelle provincie siciliane di Enna e Caltanissetta, ma la realizzazione, avviata nel 1939, viene interrotta a causa l’inizio del secondo confl itto mondiale. Il nome di Fringuelli si lega all’architettura di Ponte Felcino in occasione della riedifi cazione del ponte sul Tevere [1] che, rimasto intatto durante i bombardamenti anglo-americani, viene però distrutto al termine del secondo confl itto mondiale dalle truppe tedesche in ritirata. La ricostruzione postbellica di questo importante collegamento su iniziativa del Genio Civile viene affi data a Pietro Fringuelli per gli aspetti architettonici e a Sisto Mastrodicasa (1887-1983) per gli aspetti strutturali. Quest’ultimo, originario di Ponte Felcino, rappresenta una delle fi gure pionieristiche di riferimento nell’ambito dell’ingegneria strutturale, non soltanto a livello locale, ma anche a livello nazionale. Il progetto per il ponte sul Tevere, la cui realizzazione viene completata nei primi mesi del 1947, prevede il

PIETRO FRINGUELLI (1901-1995) E IL PONTE SUL TEVERE

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riutilizzo sia del pilone maggiore (mentre il minore, pur non essendo rimasto danneggiato, viene demolito e ricostruito) sia dei conci in pietra originari; l’immagine conferita alla nuova infrastruttura è estremamente armoniosa e leggera, per l’ampiezza delle campate laterali oltre che grazie all’inserimento dei due oculi in corrispondenza dei piloni [6] [7].Nel dopoguerra Fringuelli progetta e realizza inoltre il Mausoleo dei Quaranta Martiri a Gubbio [5] (ulteriormente qualifi cato dall’importante contributo di Pietro Porcinai, uno tra i più celebri paesaggisti del Novecento), ma molte delle sue opere si concentrano nella città natale. Tra queste, vanno ricordate l’ampliamento della fabbrica Spagnoli a Santa Lucia, le chiese di San Donato a Elce [3] e di San Marco Evangelista a San Marco [2] e l’edifi cio per la monta taurina a Pian di Massiano [4], oggi trasformato in Ostello per la Gioventù. Queste opere sono prevalentemente caratterizzate da uno stile tardo eclettico, in linea con il gusto del tempo e secondo l’approccio assimilato durante la frequentazione della Scuola di Architettura dell’Accademia di Belle Arti, all’epoca diretta da Ugo Tarchi (di cui Fringuelli è un brillante allievo). Dal punto di vista fi gurativo, il progettista compone le facciate delle proprie architetture impiegando materiali e lavorazioni locali (pietra squadrata e laterizio a vista). Fuori dall’Umbria, realizza un imponente complesso turistico a Lido di Spina, nella riviera adriatica ferrarese, e la chiesa di Santa Maria Immacolata a Gabicce Mare.Fringuelli muore a Perugia, dove è sepolto nel cimitero monumentale, nel 1995.

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Diego Barbarellidi_ST(r)AZIONE.Ricomposizione architettonica della stazione FCUdi Ponte Felcinotesi di laurea v.o. in Ingegneria CivileUniversità degli Studi di Perugiaa.a. 2009-2010relatore: prof. ing. Paolo Belardicorrelatore: ing. Simone Bori

di_ST(r)AZIONERICOMPOSIZIONE ARCHITETTONICA DELLA STAZIONE FCU

Il progetto di recupero della stazione ferroviaria FCU è assunto come pretesto per affrontare il tema a scala più ampia riguardante la ricucitura di ambiti frammentati, per altimetria, storia e funzione, di un brano del territorio di Ponte Felcino.La ricomposizione architettonica degli spazi interni della stazione viene proposta a piano terra con l’obiettivo di potenziare la funzione ferroviaria e al piano superiore con l’obiettivo di ospitare usi e attività legati alla sfera associativa della comunità locale. Il volume originario, inoltre, viene affi ancato da un’architettura parassita (ispirata alla tendenza contemporanea della viral architecture), indipendente sia dal punto di vista strutturale sia da quello funzionale, che contrassegna l’ingresso agli spazi che ospitano le nuove destinazioni.La riorganizzazione dei percorsi interni alla stazione viene amplifi cata alla scala territoriale attraverso il disegno di una passerella-ponte che collega le due sponde del Tevere. La passerella si confi gura come successione di spazi che mutano immagine e funzione al variare della tipologia del suolo sottostante. La rappresentazione grafi ca, costituita da una serie di frame in stile cinematografi co, illustra i passaggi da semplice cavalcavia a spazio ludico-ricreativo, da percorso nel bosco a terrazza energetica, da spazio per eventi a terrazza panoramica. A metà dell’itinerario sopraelevato, una rampa si stacca dal percorso pianeggiante per recuperare la quota del suolo e connettersi al lungofi ume.Un edifi cio pluripiano situato all’estremo opposto rispetto alla stazione ferroviaria funge da testata del percorso e accoglie le sedi delle società che fruiscono della limitrofa area degli impianti sportivi.

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Cristina ZuccacciaOltre il Tevere.Progetto di un sistema di piazze pedonalia Ponte Felcinotesi di laurea specialistica in Ingegneria CivileUniversità degli Studi di Perugiaa.a. 2009-2010relatore: prof. ing. Paolo Belardicorrelatore: ing. Simone Bori

OLTRE IL TEVEREPROGETTO DI UN SISTEMA DI PIAZZE PEDONALI

L’abitato di Ponte Felcino è interamente attraversato dal fiume Tevere, che riveste per il luogo un ruolo molto importante, sia paesaggistico sia ambientale; lo stesso ruolo non è però caratteristico per l’attività dell’uomo, a causa della difficile accessibilità e fruibilità delle coste.Una fascia della costa attualmente occupata da un parcheggio viene ripensata come piazza (già riconosciuta tale dalla cittadinanza attraverso l’intitolazione spontanea a Fedele Bolli), capace di favorire l’aggregazione e di suggerire la fruibilità del corso del fiume consentendo l’accesso a tre passerelle che, differenziandosi per livello, forma e destinazione, offrono scenari variabili in funzione degli usi.La prima passerella unisce le due rive mantenendosi sempre alla quota della nuova piazza e offre un contatto con il fiume tramite un taglio centrale che stabilisce un dialogo diretto, visivo e sonoro, con l’elemento naturale. La seconda passerella è adiacente alla prima, ma se ne differenzia perché, interrompendosi, offre un più suggestivo affaccio sul fiume; sulla riva opposta, questa stessa passerella consente, attraverso una pendenza dolce, di raggiungere il fiume sottostante, enfatizzando ancora una volta il contatto con l’acqua. La terza passerella, più dinamica e ludica, ha un andamento sinusoidale che si avvicina e si allontana alternativamente dall’acqua.Il progetto potenzia l’accessibilità pedonale della costa, convogliando il transito veicolare in uno spazio ipogeo destinato a parcheggio. Il nuovo sistema è completato dall’inserimento di servizi ed esercizi che trovano posto nei capannoni industriali adiacenti al corso del fiume. La scelta di conservare, valorizzare e integrare le funzioni esistenti consente di rivitalizzare l’area nel suo insieme, trasformandola da fascia urbana frammentata e disomogenea in sistema organico di attività e servizi.

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8 progetti per un campus universitario nell’area dell’ex lanifi cio BonucciUniversità degli Studi di PerugiaCorso di Laurea Magistrale a ciclo unicoin Ingegneria Edile-Architetturacorso di Progettazione Digitalea.a. 2010-2011docente: prof. ing. Paolo Belarditutor: ing. Marco Armeni, ing. Simone Bori, arch. Maria Elena Lascaro, ing. Luca Martini,ing. Valeria Menchetelli, arch. Marco Palazzeschi

8 PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO NELL’AREA DELL’EX LANIFICIO BONUCCI

Nell’area situata sulla sponda sinistra del Tevere e compresa tra il fi ume a ovest, l’area produttiva a sud, il territorio agricolo a est e alcune case sparse a nord, viene proposto l’insediamento di un campus universitario costituito da residenze collettive per studenti dotate di servizi dedicati (impianti sportivi, laboratori ecc.) e di quartiere (negozi, parcheggi ecc.). Sulla sponda opposta fa da sfondo, sia dal punto di vista fi sico sia dal punto di vista fi gurativo, l’ex Lanifi cio Bonucci, di cui viene prevista la riconversione funzionale in sede dell’ipotetica Facoltà di Ingegneria Edile-Architettura dell’Università degli Studi di Perugia.L’agevole accessibilità dall’esterno, consentita dalla viabilità che connette con la superstrada E45 e dalla linea ferroviaria FCU, e il rapido collegamento con il centro storico di Perugia, possibile grazie al tracciato ferroviario e alla viabilità carrabile consolidata, sono le condizioni fondative che legittimano e accreditano l’ipotesi di partenza. Il campus si propone come cerniera urbana utile a equilibrare le disomogeneità che si concentrano in quest’area, in cui si addensano, giungendo a un confronto diretto, le varie anime della città contemporanea; la stereometricità delle forme dei capannoni industriali con l’organicità della natura lussureggiante delle sponde del Tevere, la linearità delle infrastrutture viarie con la sinuosità delle anse fl uviali, la densità del tessuto urbano abitato, storico e recente, con la rarefazione del territorio agricolo.Sulla base di tali presupposti ideativi sono state elaborate otto distinte proposte progettuali, che vengono di seguito illustrate in dettaglio.

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studenti: Giacomo Benedetti, Riccardo Billi, Nicola Drei, Chiara Pimpinelli, Federica Rossitutor: ing. Simone Bori, ing. Valeria Menchetelli

Ispirato al modello di condivisione a più livelli d’apertura proprio dei social network e alle abitazioni sotterranee diffuse tra le popolazioni antiche, il progetto persegue l’obiettivo di qualifi care l’individuo interpretandolo come valore aggiunto della collettività. Lo schema insediativo, caratterizzato da un impianto estremamente regolare, si propone come non convenzionale: il campus è costituito dal sistema degli alloggi, ipogei e organizzati in gruppi raccolti attorno a corti a cielo aperto, e dal sistema dei servizi, situati al livello terreno e posizionati in punti eccezionali rispetto alla griglia compositiva. L’impianto planimetrico è scandito da tre ampie fasce naturalistiche (agricola, destinata alla coltivazione; energetica, concepita come elemento captatore e produttore di energia da fonti rinnovabili; boschiva, dedicata al relax), che ne amplifi cano la vocazione sostenibile. Il motto uno dieci centomila sintetizza la gerarchia delle nuove dinamiche che si instaurano tra spazio intimo e spazio collettivo: uno corrisponde al singolo studente e al suo alloggio (spazio privato); dieci corrisponde alla piccola comunità di persone che condividono una medesima corte (spazio semipubblico); centomila corrisponde alla collettività e all’insieme dei percorsi pedonali e dei servizi agli studenti (spazio pubblico).

uno dieci centomila

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convenzionale

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studenti: Roberto Barone, Giulia Cellini, Valerio Palini, Vanessa Romagna, Yijie Wututor: arch. Maria Elena Lascaro, arch. Marco Palazzeschi

Da sempre l’uomo ha cercato di adattare la natura alle proprie esigenze, modifi candola al fi ne di utilizzarla più agevolmente e stabilendo con essa un rapporto sinergico. Gli esiti di questo processo mostrano però che spesso si tratta di una relazione decisamente sbilanciata a favore dell’uomo, da cui derivano i fenomeni di cementifi cazione incontrollata e di irreversibile alterazione delle condizioni climatiche dell’intero pianeta. Il progetto assume come obiettivo il capovolgimento di questa tendenza, attribuendo alla natura il ruolo di soggetto dominante e conducendola gradualmente verso la riconquista dell’originaria importanza. La genesi compositiva di Back to Nature è identifi cata con un ipotetico evento di massima piena del fi ume Tevere, che nel corso dell’esondazione invade l’area di progetto e la plasma lasciando una precisa impronta dopo il ritiro nel proprio alveo. L’impianto del campus obbedisce rigorosamente a tale impronta, adeguandosi alle forme sinuose dei fronti di avanzamento della piena e sviluppandosi secondo i principi dell’architettura a zero cubatura. Coperture verdi praticabili, percorsi che si snodano tra gli spazi aperti, giardini e specchi d’acqua costituiscono le componenti del nuovo insediamento, che vede così minimizzata la propria presenza ambientale.

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studenti: Cristina Brunelli, Alessandra Canonico, Costanza Cavalaglio, Fabio Ercoli, Sara Sambucotutor: ing. Marco Armeni, ing. Luca Martini

Doppiamente nasce dall’intento di contenere le residenze universitarie tra due poli contrapposti: da un lato la nuova Facoltà (polo), dall’altro un nucleo di servizi (antipolo), autonomo ma ad essa complementare. La doppia polarità ridistribuisce le gerarchie spaziali e funzionali, conferendo alle residenze un ruolo centrale e all’antipolo la funzione di cerniera con il tessuto esistente. Nell’ottica di caratterizzare il progetto attraverso la dimensione naturale del contesto, le residenze assorbono il verde circostante acquisendolo come parte integrante del costruito e si diffondono tra i due poli organizzandosi in edifi ci in linea. Alla complessità tipologica (ogni elemento racchiude tre possibilità aggregative, articolate su tre livelli distinti) corrisponde una complessità spaziale, in cui giocano un ruolo essenziale doppie altezze, luoghi di incontro e spazi aperti derivanti dalla scomposizione dell’edifi cio residenziale convenzionale. Gli edifi ci si dispongono secondo una maglia regolare di percorsi, tra i quali emerge il collegamento diretto tra i poli, unico ad attraversare il fi ume Tevere. Il colore rosso che contraddistingue l’antipolo dei servizi identifi ca questo asse principale dal punto di vista cromatico, giungendo a proiettarlo sulla piazza della Facoltà.

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studenti: Eraldo Brandimarte, Roberto Calzuola, Giacomo Mari, Elisa Morelli, Cecilia Sgrazzuttitutor: ing. Simone Bori, ing. Valeria Menchetelli

Ispirandosi alle suggestioni offerte dal contesto (la preesistenza industriale, il fi ume e il percorso verde che lo accompagna), il progetto assume come obiettivo primario quello di amplifi care le relazioni tra i fruitori del campus e la natura. La strategia progettuale adottata prevede così la realizzazione di una promenade architecturale, ottenuta per deviazione di un segmento del percorso lungofi ume secondo un tracciato articolato, lungo cui si susseguono una serie di episodi architettonici legati alla vita studentesca (parcheggio, residenze, biblioteca). Il percorso, i cui tratti iniziale e fi nale oltrepassano il fi ume per collegarsi fi sicamente alla Facoltà e idealmente alla stazione FCU, si muove a una quota sopraelevata rispetto a quella del suolo, raggiungibile attraverso un sistema diffuso di collegamenti verticali e in corrispondenza della quale si sviluppa un parco attrezzato che si estende fi no a coinvolgere l’intera area di progetto. Il complesso delle residenze, anch’esso sospeso su palafi tte rispetto al parco, è costituito da sei edifi ci a tre piani che ospitano alloggi (singoli e doppi) distribuiti da ballatoi concepiti come luogo di incontro e socializzazione. La funzione residenziale è integrata, al livello terreno, da servizi posti al di sotto di ciascun edifi cio, la cui caratterizzazione cromatica è volta ad agevolare l’orientamento all’interno del campus.

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studenti: Massimo Bernelli, Laura Nardi, Giovanna Ramaccini, Silvia Tomarellitutor: ing. Marco Armeni, ing. Luca Martini

Il progetto è basato sulla dicotomia e sulla contrapposizione (maglia-variazione, pieno-vuoto, chiuso-aperto, pubblico-privato, silenzio-rumore), che intende defi nire la propria identità grazie alla coesistenza di principi diseguali e contrari. L’impianto planimetrico è defi nito da una trama di percorsi suggeriti dalla morfologia del luogo, concepiti come segni netti ritagliati nel verde e da esso inglobati. Lungo il sistema dei percorsi si dispongono, sotto forma di aree fi gurativamente e funzionalmente omogenee (residenze, laboratori, punto d’osservazione, infopoint), episodi architettonici che rappresentano una connessione, fi sica e ideale, con la città. Dalla quota del suolo, alcuni elementi prismatici che racchiudono i collegamenti verticali consentono di accedere agli edifi ci residenziali, sollevati, attraverso una moltitudine di pilastri, rispetto al livello terreno, interpretato come piazza coperta dedicata alla socialità. I corpi sopraelevati ospitano, oltre alle residenze, una serie di servizi comuni (bar, lavanderia, sala lettura ecc.) e sono attraversati da squarci di verde che nascono da terra e si aprono verso il cielo. Il campus, adottando uno schema antigravitazionale, si confi gura come un’architettura sospesa, uno spazio materiale sostenuto dall’immaterialità delle relazioni che si sviluppano a terra.

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studenti: Giuseppe Antonelli, Anna Arcangeli, Elena Ergasti Filippucci, Gabriele Gubbiotti, Diego Palinitutor: arch. Maria Elena Lascaro, arch. Marco Palazzeschi

Il ponte rappresenta l’elemento portante del progetto, confi gurandosi come nuovo segno alla scala territoriale cui è affi dato il compito di ricucire altri quattro segni (i tre corpi residenziali e il percorso pedonale), tracciati secondo le giaciture del costruito esistente. L’area è organizzata altimetricamente in tre piattaforme, situate a tre quote distinte rispetto a quella del suolo attuale: gli elementi del progetto ritagliano in esse quattro trincee, su cui si impostano i setti portanti delle residenze e i volumi della biblioteca e del parcheggio coperto. I corpi residenziali, articolati su cinque livelli, presentano una serie di elementi di servizio (magazzino, palestra, lavanderia) al piano terreno, da cui, attraverso i collegamenti verticali, è possibile accedere alle stanze singole, doppie o triple, servite da un doppio ballatoio di distribuzione. Alle estremità del ponte, che rappresenta il collegamento orizzontale tra la Facoltà e le residenze, si collocano due piazze: Piazza Capolinea, su cui affacciano gli spazi della biblioteca ipogea, e Piazza Università, su cui affaccia un edifi cio esistente che diviene fi ltro tra campus e Facoltà. Lungo il ponte si susseguono volumi che ospitano alcune funzioni speciali (auditorium, ristoro, spazi ricreativi, sale riunione), che lo qualifi cano come vero e proprio spazio pubblico rivolto alla collettività.

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studenti: Andrea Fiorucci, Marco Paffi , Gabriele Ranieri, Rodolfo Ricci, Achille Sbernatutor: ing. Simone Bori, ing. Valeria Menchetelli

Obiettivo del progetto è integrare il campus nel contesto urbano e naturale, conferendogli il ruolo di polo attrattivo per la collettività. Il concept è assimilabile al processo di crescita di una pianta tramite le fasi di coltivazione, maturazione e raccolta del frutto, che corrispondono rispettivamente a ciascuna delle zone in cui l’area è suddivisa: gli orti collettivi, le residenze, il parco urbano. La ricerca di un dialogo con il contesto suggerisce le strategie progettuali: dapprima accentuare il rapporto con il fi ume, attirandolo nel campus mediante un sistema di canali artifi ciali, per poi distribuire l’edifi cato lungo giaciture preesistenti. La zona del parco urbano ospita sia strutture dedicate allo studio (laboratori didattici e biblioteca) sia strutture destinate a una più ampia utenza (mensa, spazio ricreativo e servizi sportivi) e si estende fi no a includere la chiesa di Sant’Angelo. Il campus è percorribile esclusivamente tramite tracciati ciclo-pedonali: il principale accesso da Ponte Felcino è il ponte-giardino, che consente di raggiungere l’area delle residenze. Queste, articolate su quattro livelli, accolgono a piano terra i servizi alla scala dell’intero campus, al piano primo quelli dedicati al singolo edifi cio e ai rimanenti due gli alloggi, concepiti come spazi fl essibili attraverso l’uso di pareti divisorie mobili.

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studenti: Francesco Castellani, Valentina Fantini, Marco Ferretti, Marta Pigliautile, Jessica Romanellitutor: ing. Marco Armeni, ing. Luca Martini

Il progetto dichiara le proprie vocazioni attraverso l’acronimo CAMPUS: Comunicazione (introduzione del colore per identifi care facciate, percorsi e piazze), Agricoltura bio (predisposizione di aree coltivabili il cui raccolto viene utilizzato nella mensa della facoltà), Meet up (amplifi cazione della possibilità d’incontro negli spazi pubblici di progetto, tra cui le coperture verdi praticabili e le aule studio), Pedonalità (realizzazione di una rete capillare di percorsi per la mobilità lenta), Università (connessione del campus alla Facoltà e all’edifi cato esistente), Sostenibilità (inserimento di corti tecnologiche per lo sfruttamento delle energie rinnovabili). Una collina artifi ciale adibita a parcheggio coperto funge da schermatura visiva e acustica verso la strada e la zona commerciale-produttiva: ortogonalmente ad essa si innestano quattro lunghi edifi ci-ponte a tre piani (che ospitano gli alloggi per studenti e le aule studio) e due piazze pedonali. La compattezza degli edifi ci risulta alleggerita dalla presenza delle corti tecnologiche e dall’articolazione volumetrica dei prospetti. Le piazze pedonali intervallano gli edifi ci e una di esse prosegue oltre il fi ume, delineandosi come segno orizzontale che, insieme alla verticalità della torre amministrativa, assurge a elemento identitario del progetto.

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Finito di stamparenel mese di giugno 2011da Digital Point, Perugiaper conto diQuattroemme Editore, Perugia