Aprire le nostre città all'"altro"

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Transcript of Aprire le nostre città all'"altro"

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dialoghiAnno 52 umero 5 -Settembre 1Ottobre 2000 - Una copia L. 70500 - Sped, abh. poat. - ano 2 e, 20/c lo662/96 Città di Cutello (PII)

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ESAME DI COSCIENZA

3Aprire le nostre città all'" altro "di Maria Bottiglieri Longhi

EDITORIALI••4• Il diritto alle identità•• di Francesco Paolo Casavola••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

5L'Islam e l'Italialettera aperta di alcune realtà della Chiesa di Firenze

FATTI

8Giovanni XXIII: la bontà come auctoritasdi Giancarlo Zizola

13Fare teologia dopo "Malmantile 2000"di Romolo Pietro belli

IDEE

18Gli immigrati tra accoglienza e pregiudiziodi Carmine Vanni

22Quando l'alterità diventa risorsa culturaledi Paola Giani

24Il Laboratorio Islam: conoscere per dialogaredi Maria Adele Roggero

28Adolescenza e identità: nativi e migrantidi Anna Belpiede

33Torino e l'immigrazione: molti volti da scopriredi Roberta Ricucci

CHIAVI DI LEnURA

37Giuffrè, Santoro, Ghini, Cortesi

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direttore:Vittorino Ferla

redazione:Patrizia Bertoni

Sandro M. CampaniniAlessandro Corte i

Patrizia Pa toreIgnazio Sanna

Diego TornaGiulio ZaneUa

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Antonio d'AlessandroItalo de Curti

Stefano CeccantiGiovanni Cuzzetta

Marco IvaldoSarah umico

Romolo PietrobelliLuca RolandiPino cabini

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in copertina:Yo lo vi, Francisco Goya

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stampa:GESP, via C. Marx,21

06012 Città di Castello (Pg)Finito di stampare il 20/11/2000

Consegnato alla posta il 22/11/2000

Associato all'Unione StampaPeriodica Italiana

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"Nella Chiesanessuno èstraniero, e laChiesa non èstraniera anessun uomo.In nessunluogo

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Aprire le nostre cittàall' "altro"MARIA BOITIGLIERI LONGHI*

" io Onnipotente ha creato uno, due, tre ... tanti villaggiperpermettere a >gniuo di incontrare il suo amore': Unasera, in un "rifugionotturno"aperto a Tori lo se "Soinverno per rispondere all'emergenza del treddo, un amicodel Meroc ccontato così il suo emigrare nel nostro Paese. E' un 'immaginedell'immigrazione come viaggio, come conoscenza e scoperta di altre persone, dialtri luoghi; un viaggio per cercare la propria casa, una nuova dimora dove viveremeglio; un viaggio che arricchisce chi viaggia,ma anche chi accoglie il viaggiatore.(BIANCOL.- GROSSO L. Introduzione in BIANCOL.- LANNIC. Ladignità dell'emigrare.Un contronto tra Italia e Maghreb, Torino 2000). [immigrazione come relazionedunque: tra chi viaggia e chi accoglie. Una relazione che può essere vissuta o negata:dipende dai due termini di confronto (colui che viaggia e colui che accoglie,l'immigratoe il residente).

Il dossier che Coscienza presenta in questo numero ha lo scopo di illustrarecosa è successo in uno dei tanti porti "urbani" che vivono quotidianamente questoincontro: Torino, una città, che, dal secolo scorso, ha vissuto differenti ondatemigratorie. Una città che ha ospitato diversi "scontri" culturali ma che ha anche saputoaccogliere le differenze, senza perdere per questo la propria identità.

Ma chi sono le persone che hanno accolto questi "viaggiatori"? Con qualimodalità e strumenti hanno scelto di ospitarli? Quale riflessione e percorso culturaleaccompagna il loro differente spirito di accoglienza? Nelle pagine che seguono sonopresentate le esperienze di alcune associazioni cattoliche e laiche, gruppi interculturalie istituzioni pubbliche Naturalmente non si poteva dare spazio a tutte le voci presentisul territorio: mancano all'appello tante parrocchie, comunità, gruppi e istituzioni(civiche e religiose) che, in modo differente, hanno interagito con gli immigrati chesono affluiti e continuano ad affluire in città.

Le realtà presentate, però, varie e significative, riescono a tratteggiare diversimoduli di accoglienza e convivenza con il fenomeno migratorio. In tal senso vannolette le diverse esperienze messe a confronto: la prima accoglienza (Sermig: l'intervistaa padre Ernesto Olivero a cura della scrivente e di Luca Rolandi si può leggere sul sitowww.coscienza.it).laformazioneelacurapergliadolescenti(ProgettoAlouan).i1dialogo interreligioso (Il Laboratorio del MEIC Islam conoscere per dialogare), laproduzione di una cultura interetnica al "femminile" (Alma Terra), l'esigenza didisegnare, in città, uno scenario interculturale (Centro Interculturale) e il tentativo diformulare una riflessione organica sui mille volti dell'immigrazione torinese (Caritas)e sul processo migratorio in generale (Gruppo Abele). Ognuna di queste realtà, puressendo più sensibile ad alcuni aspetti della cultura dell'accoglienza rispetto ad altri,non per questo si limita ad un'unica fascia di attività. Per questa ragione abbiamoriportato nella penultima di copertina (dedicata alle pagine web di questa rivista) i sitiInternet di questi enti, in modo tale che il lettore possa, se interessato, addentrarsimeglio in ogni singolo aspetto di queste esperienze .

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• Awocato, membro del Meic di Torino,è attualmente funzionario presso

la Divisione Servizi Culturali - Settore Gioventùdel Comune di Torino dove è responsabile

del Comparto Adolescenti e Mobilità giovanile

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Gli immigrati: mille volti da scoprire, ma non: Articoli di:solo. Alla luce di una importante esperienza :urbana: quell~ di Torino - que~to ~ossier di: Vanni

Coscienza illustra quanto SI puo fare per.favorire l'integrazione e il rispetto delle: Giani

culture. Un'occasione per rispondere all'invito:rivolto da Monsignor Nervo al Meic riunito ad: Roggero

Assisi nel corso dell'ultima assemblea .nazionale (invito ad offrire un servizio: B - d

culturale al volontariato). Un'occasione per' elple einterrogarci sulla ricchezza delle diversità nel: R- -

progresso della cultura e sulle modalità di : ICUCCIrisposta politica alle domande che provengono:

da chi sceglie di abitare nel nostro paese ..E sono tanti i cittadini italiani che:

scommettono sul valore della convivenza :

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:GLI IMMIGRATI TRA:ACCOGLIENZA E PREGIUDIZIO: Carmine Lanni

l riflessione •. opo il 31 marzo 1998 - data d'ingresso dell'Italia nell'area diroposta dal . Schen se ha preso maggiormente coscienza, se ce n'era bisogno, dellauppo Abele : prop ica a livello geopolitico come frontiera meridionale d'Europa. Dal»resentaun : pun ente gli oltre 8 mila chilometri di confine marittimo italiano devo-percorso di . no inea di contenimento dei flussi d'immigrazione clandestina, prove-. (, al' : ni da Afric a ed Est europeo.,a ,re lzza-. S archi di immigrati sulle coste italiane, polemica sulla necessità di porrel collabora- : fine a questo traffico di uomini e donne, che cercano la "terra promessa" e il più delle voltene con enti . trovano situazioni di violenza, sfruttamento, emarginazione. Un traffico, tra l'altro, colle-lici e priva- : gato in molti casi alle organizzazioni criminali alle quali, secondo stime, frutterebbe inacchiuso in . tutto il mondo una cifra superiore a miliardi di dollari, (secondo i dati dell'lnternational

te •Centre for Migration Policy di Londra). Un dato fornito dal Dipartimento di criminologiaI,nl~re~en : dell'Università di Trento ritiene che le organizzazioni criminali gestiscano il 30% di tutti gliIb wazwne, • arrivi di immigrati in Europa.ui rinviamo: Nonostante l'enfasi, sappiamo ancora poco di questa speculazione che si esercita sulla

rri:Bianco: disperazione e sulla fatica di molta gente. Il risalto che ne danno i mezzi di comunicazione_Lanni C. • potrebbe far pensare che in Italia la presenza di immigrati sia consistente. Solo in parte è

I. dil : così. l'Italia resta uno dei Paesi che in Europa registra la minor presenza di cittadini imrni-,a cu:a .~' . grati: appena il 2%della popolazione contro il 5% in Francia e 1'8%in Germania. In questiLa dignità . anni, tuttavia, il fenomeno dell'immigrazione nel nostro Paese è risultato in forte crescita,l'emigrare. : facendoci trovare spesso impreparati e suggerendo la necessità di un confronto con gliconfronto • altri Paesi nei quali l'immigrazione è un fenomeno più consolidato.ra Italia e: Nel 1970 in Italia vi erano 4.756 persone provenienti dall'Africa; nel 1998 la Caritashr bEGA: stimava la presenza di 360.050 persone provenienti dall'Africa (di cui 297.562 regolari). Il

. e , . gruppo nazionale che registra in Italia la presenza più alta è quello del Marocco con 146.000rtno 2000 .. presenze.elio stesso: Nell'area metropolitana torinese sono presenti persone di 135 nazionalità. Una ricchez-

editore . za enorme, della quale forse poco la popolazione si accorge. In Piemonte è presente ilegnaliamo : 6,6% degli immigrati presenti in Italia, la maggioranza concentrati nella provincia di Tori-altr t to.: no: 24.109 risiedono a Torino e 41.527 nella provincia. Stiamo parlando di presenze rego-

o es '.• lari, a cui dobbiamo aggiungere, si stima, un 20% di presenze irregolari.F. -Lanni .

l'a cura di),: Un rapporto del Censis'a, Paese :

d'Europa: Un rapporto del Censis (di cui Coscienza si è occupata in passato, ndl) segnala che resta. ancora troppo facile vedere nel "diverso" un pericolo. Già cinque anni fa i rapporti Censis: avvisavano come stesse crescendo la paura negli italiani: paura per la propria sicurezza. economica, paura della criminalità (micro e macro: ormai i confini tendono a intrecciarsi,: molta criminalità organizzata usa i canali della microcriminalità), paura di qualunque for-

armine Lanni • ma di diversità, sentita come minaccia. Nella percezione collettiva degli italiani il proble-ruppo Abele si : ma immigrazione è ai primi posti, nonostante lo sforzo e l'impegno che tutti noi stiamopa da anni di • producendo per superare e far superare i pregiudizi, per creare informazione e conoscen-coope:-azione : za. Il 26,6% delle persone dichiara che questo è un grave problema, dal quale prendono leern~wnale ~ • distanze e di cui hanno timore. Problema resta la disoccupazione, la mafia, quindi la drogato (IL meccanl- • l 11'' .. l'imrni "S l l .d, d' e, strettamente egato ne imrnagmano comune, irnrrugrazrone: ono oro c le spaccia-

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Mac'è un dato di questa istantanea scattata dal Censissui nostri connazionali che merita di essere focalizzato:quasi la metà degli italiani, il 48,3%, ritiene che una futu-ra convivenza multi etnica nel nostro Paese sarebbe fon-te di conflitto sociale . .Indicatori di fronte ai quali, umil-mente, ognuno con il suo ruolo, le sue competenze, ilsuo bagaglio, bisogna mettersi. Se vogliamo costruirepercorsi propositivi di convivenza, dobbiamo avere co-scienza che c'è un 48% di italiani che ritiene una futuraconvivenza multi etnica fonte di tensioni e conflitti so-ciali.

C'è anche un altro elemento che mi sembra significa-tivo. La ricerca Censis non è andata a sondare solo gliitaliani, ma anche gli uomini e le donne venuti da altripaesi. Bene, il 70% degli immigrati è in via diregolarizzazione. Arrivati in Italia per cercare lavoro, perstudio, per trovare migliori condizioni di vita, ci stannoprovando, seppur con fatica, e chiedono di essere messiin regola. Il 71%inoltre giudica positivi i rapporti con gliitaliani, e questo è un dato confortante. Attenzione, però.C'è una quota consistente, il 23%, che denuncia indiffe-renza, e soltanto il 22,6% dice di frequentare spesso gliitaliani, mentre il 33,5% dichiara di non avere alcun rap-porto. Questa è un'altra delle ragioni che ci chiedono diriflettere: come spezzare queste distanze, come avvici-nare i mondi, come costruire convivenze possibili?

Questi problemi, per la verità, molti italiani li cono-scono per averli vissuti sulla pelle loro o dei loro familia-ri. Non dimentichiamo che per decenni siamo stati unpopolo di emigranti. Negli Stati Uniti abbiamo molti ita-liani clandestini, coperti dalla comunità italiana, che fan-no gli sguatteri, i lavapiatti o i camerieri nei ristoranti,perché in quel Paese non è possibile avere il permessoche duri oltre un certo limite di tempo. In Svizzera fino adue anni fa gli stranieri rappresentavano la percentualepiù alta nelle carceri e al primo posto c'erano gli italiani(superati in questo triste primato negli ultimi due annidai turchi). Questa statistica, che non ci fa piacere, ci faperò riflettere sul fatto che - sempre - l'impatto con altreculture in altri territori, lo sradicamento, la non acco-glienza, la ghettizzazione creano squilibri, fatiche, sof-ferenze che nessuno può né vuole semplificare.

Gli italiani sono tuttora persone che escono dal loroPaese per mille ragioni. Non solo persone povere o pocoistruite in cerca di fortuna, ma anche chi magari ha lecredenziali e qui non riesce a trovare spazio. Mentre noiparliamo con allarme di chi arriva, mi permetto di direche gli italiani espatriati tra il 1989 e il 1994 sono statiufficialmente 324.899: una media di 55.000 italiani ognianno. E i loro comportamenti non sono diversi da quellidi chi in Italia è invece arrivato. Anche gli italiani manda-no denaro alle proprie famiglie, alle proprie case: le ri-messe inviate in Italia dagli emigrati all'estero (quelleufficiali) sono state pari a 5.436 miliardi di lire. Un datoche, se messo a confronto con quello degli immigratipresenti da noi, fatte ovviarnente le debite proporzioni,

segnala un problema: gli immigrati in Italia riesconoa mandare nei paesi d'origine rimesse per poco piùdi 2 miliardi. Questo suscita delle domande: comesono pagati? Quanti sono in una condizione di sfrut-tamento? Sono altri spunti su cui riflettere, senzasemplificare né generalizzare.

l'immigrazione è sempre un'esperienza di fatica edi sofferenza. Devi lasciare la tua terra, la tua gente,la tua cultura, le tue tradizioni. l'immigrazione è dun-que sempre esperienza di fatica e di sofferenza, tal-volta di paura e di umiliazione. Deve essere ancheesperienza di dignità. La dignità è sempre presente,laddove c'è fatica e sofferenza, anche se viene spes-so negata e misconosciuta.

Pregiudizi e paurec

Il pregiudizio si costruisce e si rafforza anche quan-do si assecondano acritica mente determinate pau-re.lo non voglio tacere le ragioni della paura di moltiitaliani; è un dato reale, di cui si deve aver cura. Maattenzione, perché il pregiudizio lo si alimenta, lo sirafforza, quanto più si è tiepidi e distratti, e quantopiù si assecondano acritica mente determinate pau-re. Ma se la paura è per certi aspetti incancellabile,bisogna evitare che si trasformi in ansia, che diventipregiudizio, ricerca di capri espiatori. Il pregiudiziosegnala contemporaneamente un limite dell'informa-zione, a volte è una carenza educativa. Quando par-lo di limite dell'informazione, infatti, non intendosolo l'informazione dei mass media ma anche le in-formazioni che circolano nel mondo della scuola enelle altre agenzie educative. Informazione ed edu-cazione dovrebbero essere parte integrante dellepolitiche dell'immigrazione, le quali non possono enon devono solo, o prima di tutto, rispondere allaricerca del consenso.

È questo un punto delicato. Naturalmente il con-senso dei cittadini è un valore e un presupposto del-la democrazia, però il consenso da ricercare e dapromuovere non è quello che si basa sul pregiudizioo sull'emotività, ma è quello consapevole che si fon-da sull'informazione, è quello che si misura con lapartecipazione più che con i sondaggi. Allora qui lapolitica ha una precisa responsabilità: essa deve va-lorizzare il consenso consapevole che si basa sull'in-formazione e sulla partecipazione e non asseconda-re il pregiudizio e l'emotività. È fondamentale che afronte del pregiudizio e dell'intolleranza si sappianodire e fare cose scomode quando è necessario, nonmisurate col termometro del consenso facile.

Per spiegarmi porto un esempio avvenuto recen-temente. A Voghera, una cittadina del Piemonte, lamaggioranza dei cittadini con un voto referendarioha bocciato il progetto di un centro di accoglienza edi un'area attrezzata per nomadi. Il sindaco, da par-

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ài'\' te sua, ha dichiarato di voler garantire comunque,~. e sottolineo comunque, condizioni decenti e ser-'D

-_ vizi ai nomadi residenti e, quindi, essi pure citta-dini vogheresi. Questa reazione non costituisce unindizio di disprezzo della volontà popolare, sern-

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mai si tratta della riaffermazione che vi sono dirit-ti umani e sociali fondamentali che non vanno rnes-

, '- si in concorrenza tra di loro, che. i diritti e i biso-lIIIf gni delle persone in difficoltà non devono essere

strumentalizzati. Bisogna avere il coraggio di scel-te anche scomode. Non si può essere tiepidi. Nonsi può vivere di politica di termometro, cioè "fac-cio le cose se ho il consenso". Questo peraltro èanche un segno di grande attenzione verso i citta-dini: dobbiamo cogliere le loro fatiche e le loropaure, capirne i problemi, andare loro incontro congrande rispetto, cercando però di accompagnarlee non facendosene portare. In modo che la digni-tà e i diritti di tutti vengano tutelati, nel rispettodovuto della legalità.

La questione dell'immigrazione è stata forte-mente strumentalizzata sul piano nazionale. Sonostate rare, e per questo da apprezzare, le occasio-ni in cui la politica locale e nazionale ha saputodire o fare gesti scomodi.

Oggi occorre che quel pendolarismo emotivo,culturale, politico tra accoglienza e pregiudiziovenga rotto e superato una volta per tutte. È im-portante awiare un percorso sperimentale di co-noscenza, di ricerca e confronto, che permetta atutti di trovare forme di rispetto di tutte le diversi-tà. Per tenere conto dell'immigrazione come valo-re e come risorsa e per non fare nessuno scontosulla dignità di chi migra.

Lo sviluppo, il lavoroe i paradossi del neoliberismo

Un primo tema è quello dello sviluppo, dell'eco-nomia, della ricerca e offerta di lavoro. Nel 2025in Africa settentrionale la forza lavoro aumenteràdi 57.000.000 di unità, mentre in Europa sarà di-minuita di 15.000.000 di unità. l'immigrazione rap-presenta una risposta ai problemi del nostro con-tinente: abbassamento dei tassi di natalità, invec-chiamento della popolazione, necessità di nuovapopolazione per garantire uno sviluppo economi-co. Ma è una necessità anche presente, non solofutura: il CNELafferma che il lavoro degli immigra-ti stranieri produce oggi un valore aggiunto an-nuale alla ricchezza nazionale che va dall'l,5all'l ,8%del PNL(prodotto nazionale lordo), pari acirca 25.000 miliardi di lire. l'immigrazione, quin-di, nel nostro Paese crea prima di tutto ricchezzaeconomica.

In Piemonte nel 1997 su 14.137 immigrati iscrittial collocamento, 10.345 sono stati awiati al lavo-ro, un numero molto rilevante, con un incrernen-

to di 3.751 unità rispetto all'anno precedente.Complessivamente 32.445 persone straniere inPiemonte hanno il permesso di lavoro (dati1997). Considerando la comunità marocchinanella nostra regione, la maggior parte delle per-sone si sono inserite nell'ambito dei lavori pe-santi: cave, industrie metalmeccaniche, fonde-rie, lavori legati all'edilizia (muratori, imbian-chini, piastrellisti, mosaicisti). Molte delle per-sone che lavorano nel settore edilizio, sfruttan-do competenze acquisite nel loro Paese d'origi-ne, si stanno mettendo in proprio. Un'altra fet-ta della comunità marocchina lavora nell'ambi-to del commercio: le macellerie Halal(macellazione musulmana), l'abbigliamento, imercati. Alcuni di coloro che hanno cominciatoa lavorare nei mercati intorno al 1990/91 stan-no ora comprando i banchi del mercato, a PortaPalazzo.

C'è però un dato di cui tenere conto: dai con-trolli effettuati dall'Ispettorato del Lavoro del Pie-monte su un campione di aziende (circa 400)sono stati rilevati 1650 lavoratori stranieri; diquesti 332 senza permesso di soggiorno, 447con altre irregolarità. Più del 50%dei lavoratoristranieri, quindi, venivano tenuti dai datori dilavoro in situazioni irregolari. Un segnale dellosfruttamento e della difficoltà di inserirsi, a cuimolti lavoratori stranieri sono sottoposti, e del-la "doppia morale" con cui la società italianaapproccia questo problema.

Un secondo tema di riflessione ruota intornoa un paradosso segnalato dalla questionemigratoria. Nelle prospettive di sviluppo eco-nomiche neoliberiste imperanti oggi nei nostripaesi industrializzati, si predica laderegolamentazione, la flessibilità, laprivatizzazione, la libera circolazione di beni,servizi e capitali, ma d'altra parte si persegue intutti i modi il tentativo di fermare la libera cir-colazione delle persone.

Si impone quindi una riflessione costante sullelegislazioni nazionali ed europee: i loro pregi ei loro limiti, con l'impegno a moltiplicare questicontenuti, queste riflessioni, queste proposte.A collaborare: istituzioni, ente pubblico, priva-to, associazioni, movimenti. Perché nessuno dinoi ha la ricetta e tutti ci arrampichiamo sui vetri,con una voglia però di costruire e di approfon-dire.

Valorizzare l'immigrazione

Valorizzare l'immigrazione come risorsa si-gnifica affrontare con attenzione i temi dell'af-flusso di immigrati clandestini, della condizio-ne di irregolarità di molti stranieri, della diffi-

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coltà di inserimento sociale e, non ultima, dell'in-combente presenza della criminalità organizzata. Unnumero sempre maggiore di persone immigrate fini-sce sulla strada, in situazioni di povertà edemarginazione, e si avvia verso attività illegali pergarantirsi la sopravvivenza. Prostituzione,microcriminalità, spaccio e consumo di sostanze stu-pefacenti rappresentano la faccia dell'immigrazionespesso più visibile - o, meglio, resa più visibile daimass media - in molte città europee, anche a Torino.Questo fenomeno rende difficile la convivenza, de-terminando una situazione di continua tensione so-cialee un sentimento di essere perennemente in unasituazione di emergenza da parte dei cittadini italia-ni ed europei (emergenza che non permette di af-frontare in modo serio e razionale il fenomeno, com-prendendone le problematiche profonde, valorizzan-done gli aspetti positivi e andando al di là delle faciliideologie).

La cooperazione internazionale

Un altro dei temi che non potremo ignorare è al-lora quello della cooperazione internazionale. Nonè possibile porsi il problema dell'arresto dei flussimigratori se non ci si pone di fronte al problema dellepossibilità di sviluppo dei Paesi con economie piùdeboli. Eppure in Europa in questi anni l'investimen-to sulla cooperazione internazionale è progressiva-mente diminuito. In Italia, ad esempio. mentre nel1989 i fondi per la cooperazione allo sviluppo, a tut-ti i livelli (non solo ONG), erano pari allo 0,42% delPNL,nel 1997 erano pari allo 0,11. Nel 1990 eranostati stanziati dal Governo italiano, per i progetti dicooperazione affidati alle ONG, 117 miliardi, mentrenel 1998 ne sono stati stanziati 10. I volontari sonopassati dai 1.324 del 1992 ai 280 del 1998. Sulla co-operazione e su come sono stati spesi questi denaripotremmo poi dire molto, ma certamente non è az-zerando questa risorsa che si risolve il problema, matrovando forme più efficaci e incisive per attuarla.

l'idea di agire sulle cause dell'immigrazione avreb-be maggior credibilità se non diminuisse l'aiuto pub-blico allo sviluppo dei Paesi poveri. Per raggiungere ilivelli di vita dei Paesi occidentali i Paesi in via disviluppo avranno bisogno di molto tempo e denaro.Se si estrapolano i tassi di crescita del reddito perabitante, osservati tra il 1985 e il 1995 in Tunisia,Marocco e Mali, si vede che ai tunisini serviranno123 anni per raggiungere l'attuale livello di vita deifrancesi, ai marocchini 253 anni ed agli abitanti delMali 456. Comunque nel caso della pressionemigratoria la povertà è solo uno dei tanti fattori. Lacomplessità dei processi migratori è tale da impedi-re un'unica soluzione capace di interromperli.

E' importante passare dalla logica dell'emergenzaoggi imperante alla definizione di seri e coerenti in-

di rizzi politici e normativi, sia a livello nazionale cheeuropeo - promuovendo politiche che sappiano regola-re il fenomeno, ma anche coniugare il controllo conl'accoglienza, lavorare per uno sviluppo congiunto, in-sistere sulle potenzialità ai fini di un progresso comunee dell'incontro tra i popoli.

Le quattro chiavi per usciredalla logica dell'emergenza

Per uscire dalla logica e dalle risposte di emergenzacon cui si è affrontato il fenomeno dell'immigrazione,in passato soprattutto, bisogna forse mettere al centroproprio la dignità e i diritti di chi è costretto a migrare.Questo è un fatto, una necessità direi, che chiama incausa non solo il governo, non solo i ministeri compe-tenti, non solo le forze politiche, non solo i trattati in-ternazionali, ma tutti, proprio tutti. Interpella ognunodi noi, anche chi è già impegnato, perché nessuno oggipuò sentirsi a posto e arrivato: il "morso del più" deveappartenere a tutti. Questa dignità chiama in causa lacultura, i sentimenti, le informazioni con cui l'Italia, l'Oc-cidente, l'Europa si misurano con questa complessa re-altà.

E' possibile proporre quattro chiavi da appendere,simbolicamente, al mazzo delle chiavi di casa propria.In questa città come altrove. Sono chiavi che hanno aper-to molti percorsi del Gruppo Abele, pur tra mille errorie con la coscienza forte di un limite che si prova, moltevolte invano, di spostare sempre un po' più in là.

La prima chiave si può riassumere così: dobbiamoanzitutto incontrare le persone e solo successivamenteetirontsre i problemi, non viceversa. Sono invece trop-pi quelli che affrontano le persone. Ma le persone siincontrano, i problemi si affrontano. E per affrontare iproblemi bisogna imparare a conoscerli.

La seconda chiave è "sccompsgnsrsi, non portare".Noi non vogliamo portare nessuno alla nostra cultura,ai nostri riferimenti. Ci si accompagna in un cammino,si cerca insieme, ci si rispetta, ci si "ruba", in questosenso è lecito farlo, quell'intuizione, quel patrimonioche ci fa più grandi, che ci fa crescere.

La terza chiave è che le risposte tecniche (servizi,strutture, politiche) sono necessarie, ma non bastano.C'è bisogno di relazioni. di comunicazioni, di faccia afaccia, di gomito a gomito.

La quarta chiave, forse la più importante, mette alcentro sempre lapersona, i suoi valori, la sua dignità, isuoi bisogni fondamentali che, qualcuno lo dimentica,sono i bisogni fondamentali di ciascuno di noi. Parlia-mo di persone, dunque i bisogni sono quellidell'affettività, della comunicazione, di condizioni percui ognuno possa esprimere le proprie risorse, le pro-prie capacità, il bisogno di dare un senso e un significa-to alla propria vita, il sentirsi parte di un tutto, cittadi-nI.

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:QUANDO L'ALTERITÀ·:DIVENTA RISORSA CULTURALE

•: Paola Giani

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elazioni tra cittadini di differente provenienza culturale, formazioneegli operatori pubblici, nuove dimensioni dell'attenzione ai giovani che

ro di esprimere creatività e bisogni, una progettualità sullo sport che sia• preve one educazione, esigenza di studiare strategie per nuove politiche sociali:• tutto questo è cultura e da chi si occupa di cultura negli enti locali deve essere preso in• accorta e disponibile considerazione. La tradizionale modalità di identificare la cultura• con mostre, musei, manifestazioni, biblioteche, musica, danza non corrisponde oggi

L'assessorato per: che a una parte dell'obiettivo. Inoltre, dietro ogni manifestazione o scelta di contenutole risorse culturali: artistico c'è una ricaduta di messaggi a livello sociale che deve essere oggi valutata in

del comune· considerazione dei nuovi scenari e delle trasformazioni che le città stanno vivendo.di Torino ha scelto: Significativamente, nel primo mandato del sindaco Castellani a Torino, nella stagione

dei sindaci eletti dalla cittadinanza con grande investimento di energie che provenivanodi disegnare: dalla società civile, l'assessorato per la cultura venne definito "per le risorse culturali"per la città: intendendo con questa dicitura investire nella ricerca e valorizzazione di quanto già

uno scenario- esiste come normale risorsa in termini di beni e persone nella nostra città. Due realizza-interculturale: zioni in particolare mi preme presentare perché incarnano quell'ideale del fare cultura

capace: come impegno e scommessa sul quotidiano: la manifestazione annuale Identità e diffe-di valorizzare· renza e il Centro interculturale. Esse hanno a che vedere con una esplicita e convinta

scelta di disegnare per la nostra città uno scenario interculturale, capace cioè di valoriz-le risorse culturali- zare le risorse culturali dei cittadini nativi e immigrati e di lanciare loro messaggi cultu-dei cittadini nativi: rali di attenzione alla diversità e alla faticosa convivenza di vecchio e nuovo.

e immigrati:e ha lanciato·un messaggto.di attenzione:alla diversità. :

Que~to ~ontributo:Clsplega come.

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222OOO Tolleranza e solidarietà non bastano:

occorre pensare in termini interculturali

Frequentemente ormai si sente parlare di intercultura, o di multicultura, o di tolleran-za, di rispetto reciproco. Sono parole passepartout. A nostro parere in realtà occorredire con chiarezza quando si parla di rapporti sociali nel tempo della globalizzazioneche termini quali tolleranza e solidarietà non sono oggi categorie sufficienti: occorre

• integrarle con "scambio", "comunicazione", "interazione", "collaborazione", rapporti• dinamici che fanno incontrare e lavorare insieme. Il problema non è parlare di intercultura,• ma pensare in termini interculturali. E far seguire a questo pensiero scelte coerenti• sapendo che fare cultura in questo modo per una città vuoI dire giocare su tempi lunghi,• su terreni difficili e spesso impopolari. E' cioè necessario pensare e agire nella dimensio-

Paola Ciani,. ne dell'interazione tra culture, del fare insieme, del creare luoghi di scambio e di eserci-insegnante, fa parte: zio del rispetto dell'alterità, di attenzione per la differenza. Nel nostro cammino questo

del consiglio diocesanoì h fid l M . d' r.' a signi reato ad esempio lavorare per far riscoprire alla città le sue radici plurali anti-

ed: co::::le~te ;:;~: che.: già prima che l'immi~razione dal sud ?~I m.ondo fosse pres.en.te er~~amo gi~ ~Iurali~progetti interculturali" Tonno da sempre era pluriculturale per oprruoru filosofiche, SOCIalI,politiche, religiose-vi

del Comune: convivevano cattolici, laici, valdesi, ebrei, la tradizione di Gobetti, di Gramsci, di dondi Torino Bosco. La migrazione dal Veneto, dalle campagne, poi negli anni 60 la grande migrazio-

ne interna dal Meridione per il richiamo della grande industria, quando Torino ha rad-doppiato i suoi abitanti, hanno costruito l'identità di questa città. Le grandi fatichedell'integrazione, il silenzio di una generazione di immigrati che non ha voluto raccon-tare ai figli le umiliazioni, la tristezza, la solitudine, la fatica di farsi accettare con leproprie tradizioni, l'espressione della propria cultura, il diverso parlare.

----------lmmigrazione è cultura

Abbiamo messo questo a tema nelle prime edizio-nidella manifestazione Identità e diffèrenza per aiu-tare la città a ricordare, a rivivere, a non negare unpezzo così importante della propria storia nel mo-mento in cui una nuova migrazione da un Sud ancorapiù lontano bussava alle porte. Abbiamo cercatosinergie con associazioni di emigranti, abbiamo por-tato in piazza mostre fotografiche, raccolto testimo-ni, offerto luoghi di dibattito e confronto. Poi abbia-moragionato sulle trasformazioni di questa città, sullesimilitudini con le altre grandi città d'Europa e abbia-mo visto come il fenomeno della migrazione ci arti-coli con il resto del mondo e con la modernità. Con-sapevoli che mentre la multicultura è un dato di fat-to, risultato della mobilità geografica, l'intercultura èinvece un programma vero e proprio di lavoro chederiva dalla scelta di porre in dialogo le culture e diportare alla parola i conflitti e le risorse che derivanodalla cultura dello scambio.

Nel frattempo, nel '96, aprivamo in una ex scuoladi un quartiere periferico il Centro interculturale del-la città, primo Centro interculturale voluto e realiz-zato da un ente pubblico in Italia con l'obiettivo di-chiarato di essere luogo di confronto, formazione,informazione e scambio culturale tra cittadini nativie immigrati. Il Centro valorizza le realtà di gruppi eassociazioni presenti a Torino, attraverso la disponi-bilità di spazi per incontri, l'accesso a corsi di forma-zione, l'informazione delle iniziative attraverso la ri-vista e mediante progetti di rete tra vari soggetti isti-tuzionali e non. Propone inoltre attività di laborato-rio per scuole e gruppi; promuove seminari, conve-gni, tavoli di lavoro tematici; produce materialiinterculturali tra cui un calendario multietnico emultireligioso, e un CD-Rom, contenente documen-tazione relativa alle tematiche interculturali. Il Cen-tro realizza una rivista trimestrale denominata Iden-tità/Difterenza, che segnala le iniziative sia del Cen-tro sia dei vari organismi attivi in Città sui temi dellamulticulturalità e promuove la riflessioneinterculturale. La formazione è una delle attività pre-valenti del Centro. Essa è occasione per creare mo-menti d'informazione, di confronto, disperimentazione del lavoro in rete e come occasionedi cambiamento oltre che di aggiornamento. I corsiche il Centro promuove sono rivolti a docenti di ogniordine e grado, a operatori educativi, sociali e cultu-rali, a operatori di turismo e commercio, a animato-ri,a cittadini stranieri, al mondo dell'associazionismoe del volontariato, ad adulti e giovani a nativi e immi-grati (per il dettaglio delle attività del Centrointerculturale si veda alle pagine 26-27, nd/).

Il Centro interculturale spesso ospita dibattiti sul-le questioni relative alla migrazione. l'ottica a partiredalla quale il Centro guarda all'immigrato e alle

problematiche della coesione sociale è il nuovo patto dicittadinanza: abbiamo un reciproco vantaggio dal fattodi imparare a convivere bene fra noi. Intanto sappiamotutti che né l'Italia può fare a meno degli immigrati, nél'immigrazione si arresterà nel prossimo futuro.

Gli immigrati nel nostro paese

Gli immigrati sono persone che si sono inculturate inun altro spazio, con altri codici linguistici e di comuni-cazione, con altra memoria storica, con altra immagina-zione del futuro, in altro ambiente ecologico, con altremodalità di rapporto con la natura, il lavoro, il corpo, ilsesso, l'abitazione, il tempo, le stagioni, le generazioni,la morte, l'aldilà; altro modo di pregare Dio e di chia-marlo, con altra organizzazione famigliare e sociale -comunitaria - , piena di senso, altro statuto personaledell'uomo e della donna; altre istituzioni politiche, altramoralità, con un vissuto quotidiano ricco di simboli, riti,tradizioni, abitudini non facilmente trasferibili in altricontesti.

Sono uomini che appartengono a gruppisocioeconomici precisi, in gran parte di origine rurale,che fanno parte delle frazioni sfavorite delle popolazio-ni di provenienza. Sono uomini che hanno fatto la scel-ta - culturalmente carica di senso - di allontanarsi tem-poraneamente o permanentemente dal loro spazio diinculturazione, per motivi diversi ma comunque legatia un progetto o a una speranza, ad attese e aspirazioninon realizzabili nel loro contesto di origine.

Gli immigrati quando arrivano nei paesi di elezionesono poveri, senza lavoro, in cerca di abitazione: i primiinterlocutori che avranno saranno dunque i poveri deipaesi dove si inseriscono, perché anch'essi cercano la-voro e casa e con loro condivideranno il quartiere, l'aulascolastica dove i loro figli mieteranno insuccessi nonperché stranieri, ma perché poveri ed emarginati. Que-sti fattori debbono essere tenuti in conto da chi vogliagovernare i processi di integrazione sociale e la sicurez-za nelle nostre città.

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Affrontare i problemidella sicurezza con la cultura

Proprio riflettendo sul diritto di ogni cittadino a sen-tirsi sicuro nella propria città abbiamo fatto ricorso allarisorsa "cultura".

Per affrontare i problemi di sicurezza ci siamo con-vinti che una buona strada era ritenere che i luoghi vis-suti dai cittadini sarebbero stati bonificati: i giardiniabbandonati diventano la sera luogo di spaccio, ma sesi animano con spettacoli di musica, danza e folclore icittadini si riappropriano di quel giardino e o di quellapiazza.

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•In questi anni le spettacolarità legate alla musica

etnica hanno aiutato ad animare le serate della cit-tà e gli stranieri sono divenuti spesso protagonisticulturali di grande richiamo. Questo ci ha confer-mato nell'idea che bisogna smettere di consideraregli immigrati come persone bisognose:: essi sonorisorsa e potenzialità economica e culturale.

In molte occasioni, aiutati dalla presenza di can-tanti di richiamo dei paesi di origine degli immi-grati, abbiamo notato crescere anche la loro pre-senza nel pubblico della serata.

Cittadinanza paritariae nuove generazioni

La più parte degli immigrati fa ancora fatica avivere la cittadinanza in modo paritario con i nati-vi, perché molti di loro per vivere in occidente de-vono reinterpretare l'abitazione, il senso del tem-po, il senso dell'autorità e della giustizia; devonoripensare la maniera di vivere i grandi avvenimentidell'esistenza, devono confrontarsi con la laicitàdello Stato e la privatizzazione del religioso. E que-sto richiede tempi lunghi, come ben sanno gli ita-liani emigrati.

Oggi ci affacciamo nella storia dell'immigrazio-ne nel nostro paese alla seconda generazione: ifigli di coloro che giunti qui in situazione di di-sperazione avevano pensato che l'immigrazionefosse un momento di passaggio, una parentesiprima di tornare al paese dei padri e che questasperanza rendeva pronti a accettare molte frustra-zioni, insicurezze e provvisorietà, tendono al ri-fiuto delle origini e all'identificazione con il grup-po dominante.

Per gli immigrati di prima generazione che ave-vano scoperto arrivati nel nuovo paese che esso liavrebbe sempre considerati estranei e avevano ri-posto ogni aspettativa di integrazione nei figli, ilvedere che questi loro figli sono accolti dalla nuo-va società solo nella misura in cui assomigliano ainativi e si discostano dai padri è motivo di grandefrustrazione. Anche per i figli il gioco non è sem-plice: sono inseriti attraverso la scuola e il rappor-to con i pari in un ben determinato sistemaeducativo, ricevono dai genitori un sistema di va-lori rigido e autoritario e ne subiscono le frustra-zioni. Questi giovani tra queste realtà staranno inuna sorta di pendolarismo psicologico che li faràoscillare tra valori e li tenterà via via a iperadattarsi,

Il Laboratorio Islam: conoscere per dialogareUna iniziativa del gruppo Meic di Torinodi Maria Adele ROGGERO, responsabile del Laboratorio

Quando, verso la metà degli anni 'SO per le strade di Torino.come di tante altre città d'Italia, la presenza di uomini e donneprovenienti dal sud del mondo diventava di giorno in giorno piùvisibile e stabile. il gruppo Meic di Torino. attento alle istanze e aimutamenti della società. si è sentito interpellato da questa nuovasituazione multietnica. multiculturale e multireligiosa che richie-deva una seria e urgente riflessione e preparazione da parte ditutti gli attori sociali.

Poiché gli immigrati provenienti da paesi di cultura islamicaerano e continuano a costituire il gruppo più numeroso e l'islamè la realtà che più di altre suscita preoccupazioni. diffidenze efraintendimento abbiamo ritenuto importante fornire un nostrocontributo dando vita al laboratorio "Islam:conoscere per dialo-gare".

Le linee di fondo che animano il nostro lavoro possono essereenucleate nei seguenti punti:

o Attuare gli insegnamenti del Vaticano Il che ci invita a .•...guar-dare con stima i musulmani che adorano l'unico Dio. vivente esussistente. misericordioso e onnipotente. creatore del cielo edella terra. che ha parlato agli uomini. .... .'· (N.A. 3). nella convin-zione (come ci ricorda il documento Dialogo e Annuncio) che l'an-nuncio e il dialogo interreligioso sono due aspetti inscindibili dellamissione evangelizzatrice che Cristo ha affidato a tutti i cristiani

o Contribuire all'edificazione di una società basata sul rispettodelle identità e differenze culturali in quanto fonte di arricchi-mento reciproco. Pertanto riteniamo che si renda oggi necessa-ria. al di là della conoscenza accademica della cultura islarnica, unforte impegno per il dialogo della vita.

o Ad un mondo che sembra sempre più allontanare Dio daipropri orizzonti. offrire la testimonianza dello sforzo comunedi ricerca di Dio pur nella diversità dei cammini intrapresi.

o Là dove è possibile. lavorare in collaborazione con altreforze ecclesiali e non. perché crediamo che. specie in settori"di frontiera" come il dialogo con l'islam, il lavoro di rete siautile e significativo.

Nel corso degli anni abbiamo cercato di attuare iniziativeche rispondessero in modo puntuale alle esigenze che veniva-no evidenziandosi man mano che la situazione migratoria an-dava stabilizzandosi.

La nostra attenzione è duplice: da un lato la formazione diquanti operano in campo sociale ed educativo, dall'altro l'in-contro e il dialogo con gli immigrati per aiutarli a integrarsiattraverso corretti e rispettosi percorsi di cittadinanza.

Attraverso incontri serninariali, divulgazione di documentiitaliani e stranieri. cicli di conferenze cerchiamo di aiutare icredenti a sviluppare un atteggiamento di dialogo interreligiosocapace di dire il Dio di Gesù Cristo in categorie culturalicomprensibili agli amici musulmani. preparandosi a rispondereagli interrogativi che essi ci pongono a proposito della fedecristiana e dandosi gli strumenti per presentare loro il cristia-nesimo.

Per quanto riguarda la formazione di insegnanti e di opera-tori sociali organizziamo. anche in collaborazione con altre agen-zie cittadine. corsi di aggiornamento incontri e seminari sui

--------------------Inl azione è cullura---------------------

a divenire passivi o aggressivi. A costruire la nuova so-cietà interculturale daranno grande apporto quelle nuo-ve generazioni che, avendo coscienza di riferirsi a piùmodelli culturali e di avere dunque un'identità plurale,sapranno andare oltre memoria e presente per costruireil loro progetto su una novità da inventare ed edificare.Ecco perché la nostra città si occupa di formare anima-tori giovanili interculturali e cerca di dare spazio all'ag-gregazione giovanile immigrata.

Per vincere dunque la sfida del cambiamento è neces-saria oggi occuparsi di immigrazione non solo in termi-ni di accoglienza, assistenza, cura dei bisogni primari,ma anche di cultura per le nuove generazioni e per chi èormai adulto.

Un bisogno urgente: la formazione

Il bisogno più urgente è quello della formazione siamettendo a punto una pedagogia interculturale nellascuola - insegnando a decentrare e fornendo nuovi ele-menti interpretativi - , sia un programma di formazionedegli adulti - se stranieri di introduzione al nostro mon-do e di "traduzione" culturale, se nativi lavorando per laconoscenza dei dati culturali e per l'acquisizione di va-

temi dell'educazione interculturale, della conoscenza del mon-do dell'lslam e delle culture altre. Incontriamo i ragazzi dellescuole proponendo percorsi didattici di conoscenza del mondodell'lslarn, della migrazione, delle religioni presenti a Torino,anche in collaborazione con il Centro Interculturale della Città.

Ci interessiamo delle coppie miste islarno-cristiane che vivo-no quotidianamente il dialogo della vita in una situazione diisolamento che rende ancor più difficile il delicato equilibriodella loro unione. Nell'intento di fornire loro uno spazio di in-contro e di confronto sulle tematiche della vita familiare e del-l'educazione dei figli abbiamo seguito la formazione di alcuneéquipes di coppie miste che percorrono un cammino di cono-scenza reciproca, di condivisione e di amicizia, di approfondi-mento di tematiche legate alla vita di famiglia e alla diversaappartenenza culturale e religiosa. Appositamente abbiamo scel-to di rispondere al bisogno là dove la coppia o la famiglia difatto esiste, senza alcuna selezione derivante dal tipo diufficializzazione che la coppia ha inteso dare al proprio rappor-to. Per venire incontro alle esigenze emerse da queste équipesabbiamo organizzato alcuni anni fa due convegni cittadini, incollaborazione con i movimenti famigliari della diocesi sui temidel matrimonio islarno-cristiano e dell'educazione interculturaledei figli delle coppie miste. Abbiamo anche messo a disposizio-ne delle coppie e delle famiglie un servizio di informazione e diconsulenza legale e psicologica.

Nell'ultimo quinquennio abbiamo dedicato particolare atten-zione alle problematiche legate alla presenza sempre più rile-vante di bambini e ragazzi immigrati sia nella scuola sia neiluoghi abituali di aggregazione giovanile. La serena integrazio-ne di questi giovani immigrati dipenderà molto da come le va-rie agenzie educative e aggregative sia della società civile siadella comunità religiosa li sapranno accogliere e aiuteranno ra-gazzi e genitori a comporre armoniosamente la duplice esigen-

lori di ascolto, rispetto, scambio. Accanto all'atten-zione tradizionale a una formazioneprofessionalizzante, all'attenzione alle risorse uma-ne, alla fantasia di inventare nuove figure professio-nali, a una verifica seria del ruolo dei mediatori cul-turali, alla sperimentazione di un ruolo dei media-tori culturali di riferimento per le comunità di origi-ne occorre ripensare seriamente il primato dell'esi-genza formativa.

Questo è compito di istituzioni, privato-sociale ecoloro che hanno a cuore la sopravvivenza del mon-do e dei popoli.

E poi occorre considerare la differenza - ogni ge-nere di differenza personale e collettiva - come ric-chezza e non come iattura. Come ricchezzaproblematica che può anche generare conflitto, mache ci trasforma e ci svela nuovi cammini sociali epersonali.

Dobbiamo essere certi che dall'incontro uscire-mo diversi tutti: se la cultura islamica è lontana dalnostro modo di percepire la laicità dello stato o ilsilenzio sulla dimensione religiosa o dai presuppo-sti teorici e i motivi della legislazione nostra, ebbe-ne questo modificherà alla lunga anche noi, che for-se usciremo da questo incontro con un modo meno

za di mantenere vivi i legami con la loro cultura di origine e diadeguarsi ai valori ed ai costumi della società di accoglienza.

Allo scopo di favorire il dialogo fra insegnanti e famiglie im-migrate abbiamo organizzato negli anni scorsi tre convegni cit-tadini dedicati rispettivamente alla scuola materna, alla scuolaelementare e alla scuola media in cui sia gli insegnanti sia lefamiglie immigrate hanno avuto modo di mettere in comune,con l'aiuto di esperti pedagogisti, le esperienze, le aspettative,i nodi problematici emergenti da questa nuova situazione sco-lastica.

Dal settembre 1999 stiamo portando avanti, in collaborazio-ne con la Divisione dei Servizi Educativi della città di Torino, unprogetto che prevede l'educazione alla cittadinanza di gruppi dimamme maghrebine affinché possano diventare partner effica-ci nei rapporti scuola famiglia e nell'educazione interculturaledei figli.

Accanto a lezioni per facilitare l'apprendimento delle linguaitaliana, vengono proposti alle mamme percorsi guidati per co-noscere la città e i suoi servizi, scambi di esperienze e confronticon maestre dei servizi educativi, incontri con esperti quali ilginecologo, il pediatra, la dietista, l'esperta di economia dome-stica per indirizzarle al meglio nella gestione della vita familia-re.

Nei limiti delle risorse umane e finanziarie di cui disponiamoè nostra intenzione continuare questo lavoro cercando di veni-re incontro alle esigenze che rnan mano emergeranno ben con-sapevoli di quanto la situazione migratoria in Italia sia in conti-nua e rapida evoluzione. In questo ci sentiamo molto aiutati dairapporti ci amicizia e collaborazione che ci legano ad analoghigruppi di lavoro in altri paesi europei dove gli immigrati sonogià alla quarta/quinta generazione e che quindi possono offrirsicome utilissimo confronto.

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circoscritto di pensare la laicità, meno comples-sati davanti al religioso. Se i cinesi hanno unforte legame sociale fra loro, che li rende spes-so una comunità impenetrabile, questo ci in-terroga sulla nostra incapacità di legame socia-le. Se la famiglia islamica è un riferimento noine verremo ridiscussi nella nostra svalutazionedella famiglia, ma evidentemente e reciproca-mente il loro ruolo del pater familias non re-sterà uguale.

Alcune idee guidaper una proposta politica

In questo quadro di riferimento che abboz-za una lettura possibile della realtà di trasfor-mazione della nostra città in cui la migrazioneappare come un fatto strutturale, che ci artico-la con il resto del mondo, vorrei sottolinearecome elementi essenziali della nostra propo-sta politica siano state alcune idee guida cherapidamente qui richiamo:

- il lavoro in rete tra istituzioni pubbliche e or-ganismi che condividono obiettivi e strategie raf-forza gli uni e gli altri ed è oggi via maestra: inquesti anni di forti trasformazioni occorre inven-tare nuove sinergie, costruire progetti frutto dicollaborazioni, convenzioni interistituzionali peraffrontare in modo plurale le situazioni e per es-sere costretti a "pensare insieme";

- l'integrazione è un processo che si guadagnain due: coinvolge i nativi e non solo gli stranieri;occorre allora sradicare gli stereotipi el'etnocentrismo, ancorare l'idea della legittimitàdelle culture passando dal riconoscimento dellapari dignità alla certezza del reciproco arricchi-mento;

- occorre definire principi di azione davanti aiconflitti di rappresentazioni e di valori tipici ditutte le società pluriculturali: tutti coloro che san-no elaborare pensiero su questo si debbono met-tere attorno a un tavolo e collaborare per indica-re il cammino da percorrere;

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Corsi e attività del Centro interculturaledi Paola ClAN]

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I corsi che il Centro promuove sono rivolti a do-centi di ogni ordine e grado, a operatori educativi,sociali e culturali, a operatori di turismo e commer-cio, a animatori, a cittadini stranieri, al mondodell'associazionismo e del volontariato, ad adulti egiovani a nativi e immigrati.

Tra le formazioni proposte:Babele: breve percorso di avvicinamento alle lin-

gue e agli alfabeti "altri" (arabo, cinese e spagnolo);Elledue: corso rivolto a insegnanti di scuole di

italiano per adulti stranieri;lo e l'altro: corso sull'educazione alle diversità

con metodo training;Animatori interculturalf. destinato a coloro che

operano con giovani in contesti multiculturali;Conoscere la propria città: percorso di conoscen-

za di Torino e di approfondimento della lingua ita-liana rivolto a cittadini stranieri;

Corsi di formazione sui temi dell'educazioneinterculturale.

Presso il Centro in aule appositamente allestitesi realizzano formazioni strutturate prevalentementeper i giovani sui temi seguenti:

Porta aperta sul Maghreb - Cultura, religione esocietà: percorsi di conoscenza del Maghreb nei suoiaspetti geopolitici, culturali, religiosi e antropolo-gici, utili anche a fornire chiavi di lettura di alcunecomunità immigrate;

Emigrare e'immigrare: una finestra sull'emigrazio-ne italiana all'estero e sui recenti flussi migratori chehanno interessato l'Europa;

I diritti umanf. un percorso di educazione alla cit-tadinanza e alla lotta contro ogni discriminazionealla scoperta della conflittualità contemporanea, delleproblematiche relative al carcere, al lavoro minorilee alla condizione delle donne;

Alla scoperta delle religionf. si pone come obietti-vo la conoscenza delle religioni come chiave di let-tura delle culture;

Economia e globalizzazione: tratta di squilibrinord-sud, cooperazione, globalizzazione e svilupposostenibile;

Le minoranze storiche a Torino: affronta la storia,le tradizioni e la cultura di Ebrei, Rom e Valdesi;

Viaggio tra le letterature del mondo: scopre paesie culture lontane attraverso le parole dei loro scrit-tori;

A Torino io abito il mondo: un percorso di cono-scenza della città plurale con la sua storia di mino-ranze e migrazioni.

I laboratori prevedono una formazione di docentie animatori; la produzione di materiali chesupportano la ricerca e un incontro presso il CentroInterculturale dove si svolgono appropriate anima-zioni.

Immigrazione è cui ra'----------

- occorre tendere a una società che sappia inte-grare i contributi di tutti - persone singole, associa-zioni, forze sociali, istituzioni, - coordinando le di-versità, evitando frammentazione .ma anche accen-tramento;

- occorre che l'ente pubblico favorisca l'allarga-mento degli spazi di partecipazione, sostenendol'associazionismo, definendo regole di partecipazio-ne, non sostituendosi o volendo rappresentare;

- la scommessa politica in questo momento è tro-vare l'equilibrio tra coesione sociale e diversità cul-turali.

- di anno in anno si mettono in pista le strategieche si ritengono adeguate ad accompagnare i pro-cessi di integrazione e di cittadinanza e se nellaferialità questo è opera del Centro interculturale ac-canto alla miriade di associazioni e organismi cheabitano la nostra città, alla manifestazione Identità edifferenza è affidato il compito di celebrare la festadello scambio. Per due giorni il centro della città sianima di stand coloratissimi con musica e proposte

E' inoltre attivo un Laboratorio di informaticanel quale si realizzano corsi gratuiti di primo avvi-cina mento all'uso del computer e alla navigazionein Internet. E' aperto ai cittadini stranieri che fre-quentano i corsi di italiano, ai possessori di PASS15, cioè i quindicenni e ai "ragazzi del 2006".

Altre iniziative che il Centro Interculturale haavviato in questi primi anni di vita sono:

- il progetto di scambi denominato Pianeta pos-sibile; che nasce da una convenzione tra il CentroInterculturale e il Cicsene, associazione di coope-razione internazionale, con l'obiettivo di promuo-vere la cultura dello scambio e della solidarietà in-ternazionale tra associazioni, scuole, università, isti-tuti di ricerca. In particolare, Pianeta Possibile of-fre agli insegnanti e agli operatori del mondo dellascuola la possibilità di costruire progetti con classidi Paesi del Sud del mondo che prevedono percor-si di formazione con gli insegnanti, interventi congli studenti, scambi a distanza, viaggi di conoscen-za, sostegno a programmi di cooperazione in am-bito scolastico, stage di volontariato. Attualmentesono in corso scambi con Palestina, Tunisia,Senegal, Burkina Faso, Nigeria, Eritrea, Bosnia:

- la convenzione con l'Università per Stranieri diSiena che consente ai cittadini stranieri presenti incittà di sostenere presso il Centro Interculturale illoro esame d'italiano per la CILS(Certificazione diItaliano come Lingua Straniera). La CILSprevede 4livelli di conoscenza della lingua italiana: i primidue corrispondono alle competenze che si acquisi-scono con la licenza elementare e media; i livelli 3

di conoscenza e nelle settimane successive si susse-guono spettacoli, mostre, incontri.

Concludo con il messaggio che quest'anno ha pro-posto alle associazioni il tema cui dovrà ispirarsi laloro presenza alla manifestazione: ''A Torino io abitoil mondo/ Perché il mondo è presente a Torino oggipiù di ieri.! Torino è tradizione ed è anche novità.!Volti nuovi, nuovi cibi, nuove lingue e scritture/ po-polano le strade di una città da sempre crocevia dilavoratori! famiglie, giovani e adulti.! La tradizioneforte del lavoro, dei valori di solidarietà, di giustizia,di legalità! oggi chiede di essere ripensata da tutti noiche abitiamo Torino.! Tesi tra tradizione e innovazio-ne/ vogliamo ripensare il nostro vivere sociale.! Tuttie ciascuno invitiamo a sedersi attorno allo stesso ta-volo/ per raccontare il passato, costruire il presente!inventare un futuro condiviso.! Il futuro di Torino, cit-tà del mondo".

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e 4 sono quelli richiesti per un utilizzo professionaledella lingua. Vi sono 2 sessioni d'esame all'anno, agiugno e a dicembre.

- la biblioteca presso la quale è disponibile uno"scaffale rnultietnico" che contiene fiabe e raccontidi autori di vari paesi destinati ai bambini e ai ragaz-zi, materiali di approfondimento sui temi dell'immi-grazione e dell'educazione interculturale destinati ainsegnanti, educatori, genitori e una raccolta di rivi-ste di educazione interculturale tra cui i materialirelativi ai corsi di formazione per adulti o ai labora-tori didattici del Centro interculturale;

- mostre tematiche: di argomento interculturale- sito internet interculturale: dal sito del Comune

di Torino - www.comune.torino.if/cultura/intercultura- si può accedere a uno spazio dedicatoall'intercultura, dove, oltre a una bibliografia e a unglossario appositamente redatti, sono disponibili ap-profondimenti su temi legati alle problematiche so-ciali, al mondo della scuola, ai diritti umani, all'eco-nomia, alle religioni, all'immigrazione, alla storiadelle minoranze, Iinks con siti internazionali e unforum interattivo per condividere osservazioni edomande;

- la rassegna cinematografica annuale Mondi lon-tani, mondi vicinf. ha l'obiettivo di far conoscere evalorizzare le culture "altre" attraverso film d'autoriappartenenti alle cinematografie dei paesi maggior-mente presenti nel mondo dell'immigrazione citta-dina.

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•:ADOLESCENZA E IDENTITÀ::NATIVI E MIGRANTI:Anna BELPIEDE

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he cosa è Alouan? È un centro di aggregazione di giovani migranti ehe è stato aperto a Torino nel maggio 1998. È promosso e gestito dall'Assessorato

lemi della gioventù della Città di Torino e dall'associazione Alma Terra, in partenariato

C . t .• con erse as ciazioni. Léquipe di Alouan, che è mista per provenienza (Africa, Americaome Sl cos rtu- l . ) . , , da ziovani if ..,. . , : atina, peo , per espenenze e per età, e composta a giovaru con sigru rcattvtsce l'identità . percorsi e competenze (mediatori, animatori), a maggioranza immigrati, da donne immi-

dell'adolescente' grate dell'Associazione Alma terra, da educatori messi a disposizione dal Comune di Tori-quando è chia- : no. Il progetto Alouan è connotato da iniziative per i minori e per le famiglie, con inter-

mato a integrarsi: venti educativi sul territorio e sulla strada. Il suo obbiettivo è ridurre i danni da marginalitàin una società' ed esclusione, dando protagonismo e ruolo alle forze sane dei giovani e delle giovani

h . migranti, creando aggancio e spazi di identificazione.c e non cono- .sce? Le risposte: I destinatari del progetto

del progetto :Alouan, un' All'origine del progetto Alouan c'è il problema dell'immigrazione illegale dei minori e

centro di aggre- : degli adulti giovanissimi. Per quanto il problema riguardi anche l'est, l'attenzione è statagazione dei' particolarmente rivolta al Magrheb, soprattutto al Marocco, e al gruppo prioritariamente

. .. t' : caratterizzante quest'area del Magrheb, quello degli adolescenti maschi. Ed è a partiregwva~l mlgrlan l . dalla conoscenza e riflessione su questa popolazione che abbiamo potuto mettere a fuo-a Tonno. l testo : co questioni di fondo del rapporto con i giovani migranti.

rielabora . Due fasce di popolazione rappresentano l'immigrazione giovanile marocchina: a) i mi-un intervento : nori che provengono dalle zone rurali, per la gran parte con un progetto familiare alle

dell'autrice' spalle e con il compito di contribuire al reddito familiare; essi non arrivano mai soli, maal seminario : sempre con qualcuno (può trattarsi di un lontano parente o di un conoscente di cui sid l G . fidano) a cui la famiglia delega il controllo sociale; b) gli adolescenti soli che arrivano pere r~ppo: proprio conto in opposizione alla volontà della famiglia, in fuga dal controllo sociale del

Abele Immigra- • loro ambiente, i quali hanno già spesso provato la strada e la marginalità nel propriozione dal: Paese. Queste due fasce costituiscono realtà diverse per condizioni di vita e rischi, e

Maghreb tra . conseguentemente per tipologia di interventi di cui necessitano, ma dobbiamo avereaccoglienza e : chiaro che per tutti il progetto migratorio (per volontà della famiglia o per volontà pro-

re iudizio . pria) è autonomo e nasce da un bisogno emancipatorio.

ItP .g rn . ': Su questo bisogno s'innescano processi speculativi di soggetti (a volte parenti) chesvo OSla 1. onno . c. f . l . h' d' . I l',. • SI ranno pro umatamente pagare per I oro nsc I I accompagnamento IO ta la e pernell 'aprile 1999 : l'avvio dei minori al lavoro. Ultimamente peraltro è cambiato il processo di finanziamento

• dell'avvio all'emigrazione e al lavoro: oggi nelle zone rurali molte famiglie preferiscono: vendere tutto ciò che hanno (anche le scarse proprietà) per pagare direttamente il viaggio. e l'avvio al lavoro, sicché l'adulto accompagnatore non viene più pagato attraverso il: lavoro del ragazzo, ma direttamente dalla famiglia.

.' l'immigrazione marocchina dei minori senza famiglia a Torino è essenzialmente. lo An~a zz: :caratterizzata da questi progetti autonomi dei minori su cui si innestano processi specu-

SOlCLdOll5pa,e resPAonsla L-• lativi. Perciò questi ragazzi, anche quando lavorano come ambulanti, non si confrontano

e e rogetto ouan ; l d" . d' . d d' d" l c '1'del Settore Gioventù' so O con con IZIOnI I vita ure ma, senza avere retro I se a rete rami rare, sono adel Comune di Torino' rischio. Le nostre regole sociali, i nostri stili di vita, i nostri modelli attraggono ma non

e [ormatrice sui temi: riescono ad orientare; svuotano i modelli propri originari senza permettere l'aggancio adell'intercultura e delle' nuovi valori positivi. Il contatto sviluppato sul territorio in questi anni ci ha segnalato la

migrazioni: confusione di questi ragazzi, stretti tra il bisogno di sentirsi uguali ai giovani italiani e lanegazione delle proprie radici.

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Immi~azione è cul ra

Purtroppo sono aumentati i processi migratori diminori soli, e soprattutto molto piccoli, verso Torino. Que-sti ragazzi sono particolarmente esposti e costituisconoun'area sociale problematica. Molti di essi hanno ottenu-to un permesso di soggiorno, diversi hanno avuto acces-so a una formazione professionale, pochi arrivano ad avereun lavoro legale, ma con ciò non abbiamo risolto il pro-blema degli sbandamenti identitari e della integrazione.Vari altri restano nell'illegalità e alcuni entrano nellamicrocriminalità dopo un percorso assistenziale (e noncertamente solo per le difficoltà materiali incontrate). Lamarginalità sociale vissuta, la mancanza di riferimentiidentitari, li porta facilmente ad agganciarsi a gruppi con-notati da microculture deboli, all'assunzione di identitànegative.

La città di Torino si è preoccupata di mettere inatto molti interventi per fare uscire questi minori dall'il-legalità e dare loro alternative, con la preoccupazione difavorire percorsi di cittadinanza. Questa fascia di popola-zione ci pone il problema del che fare su due dimensioni:l'investimento verso i ragazzi soli regolari o comunqueda tempo inseriti nella nostra realtà; e le strategie neiconfronti di chi continua ad arrivare solo, soprattuttoverso i più piccoli.

C'è a questo proposito un dibattito sul tema deirimpatri come uno degli interventi necessari per certesituazioni. Non credo che l'intervento di rimpatrio possaessere generalizzato, trattandosi di uno strumento dautilizzare in termini esemplari per situazioni esemplari.In ogni caso è necessario che l'Italia raggiunga degli ac-cordi con il governo marocchino per evitare che questiragazzi, arrivati qui con un progetto emancipatorio, conil rimpatrio vivano la deriva, il fallimento sociale e dei

rischi giudiziari, ma anche per innescare misure dicooperazione e di solidarietà, che offrano a questiragazzi che ritornano delle alternativeemancipatorie nel proprio paese. È ora che la parteitaliana dia un sostegno nelle stesse città da cui pro-vengono i nostri corridoi immigratori a degli inter-venti alternativi, fondati sull'utilizzo delle compe-tenze degli. immigrati.

I processi di integrazione

Una seconda area di problemi riguarda i pro-cessi d'integrazione di questi ragazzi immigrati. Essihanno bisogno non solo di risposte materiali (sucui la città di Torino sta lavorando), ma anche dicurare altre dimensioni, quelle affettive e relazionali,e di vedersi riconosciuto un posto e una dignità.Uno dei nostri ragazzi si è espresso così: "Qui gua-dagni di più, ma tutto costa e soprattutto non tiriconoscono dignità. Sui tram sei frequentementetrattato come delinquente, la polizia facilmente tiferma per la tua faccia scura". E' in quest'area che sisitua anche la questione della crisi identitaria deiragazzi e delle famiglie.

La fascia di popolazione toccata da questiproblemi è diversificata. Vi ritroviamo i minori soli,ambulanti o che lavorano nei circuiti illegali; gliadolescenti e giovanissimi presenti nella nostra cit-tà con la famiglia o spesso con un solo genitore; ibambini nati in Italia. Situazioni diverse, ma acco-munate dal fatto che i problemi della crescita e del-la ricerca di identità s'intrecciano aggravandosi con

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L'associazione Alma TerraAlmaterra è un'associazione senza fini di lucro, nata a

Torino nel maggio 1994, voluta da un gruppo di donne ita-liane e straniere che da tempo awertivano la necessità dicreare un punto di riferimento e di incontro per tutte ledonne che si trovavano ad approdare a Torino prive di ap-poggio immediato.

Le iniziative di Almaterra sono coordinate presso il Cen-tro Interculturale delle Donne "AlmaMater".

Il centro è concepito come spazio per essere:• un punto di incontro delle donne italiane e straniere e

un punto di accoglienza e di riferimento per donne che sitrovano ad affrontare problemi collegati al processo di im-migrazione;

• un luogo di riferimento fra donne di qualsiasi prove-nienza in uno spirito di conoscenza reciproca e diretto allacostruzione di una società aperta a una convivenzamultietnica e interetnica anche attraverso i propri figli e leproprie figlie;

• un'opportunità di sperimentazione delle professio-nalità delle donne al di fuori di una logicaassistenzalistica. Con quest'ottica si tenta di dare alledonne gli strumenti per fornire servizi e svolgere attivi-tà utili alla vita della comunità nel rispetto e nellavalorizzazione di se stesse, sia in termini di competen-ze, sia come portavoci di culture e identità specifiche.

Le attivitàCon queste premesse si sono costituiti presso il cen-

tro attività e servizi di carattere permanente a cui pe-riodicamente vengono affiancate altre iniziative promos-se dalle socie come convegni, corsi, mostre, momenticonvivialicome feste, matrimoni e altre celebrazioni ti-piche delle culture di origine delle socie. Tra le nume-rose iniziative ricordiamo:

~il processo di acculturazione, ovvero con i pro- tura tra norme e valori della propria cultura con gicessi di distacco e di separazione reale dalla cul- quelli del paese di accoglienza. RI

'""O tura del paese d'origine e di marginalità rispetto Il bagaglio di strumenti educativi che il ge- e(a quella di accoglienza. nitore immigrato possiede non è più adeguato nella m

Una delle espressioni visibili della fatica a nostra società. La famiglia non riesce più a costru- Ii,• trovare il filo tra i due mondi culturali è la lin- ire il senso delle regole di comportamento, non ha algua: i più piccoli frequentemente negano quella più il contesto che la sostiene; i genitori per paura zid'origine per vergogna; per i più grandi il rischio rispondono imponendo obblighi arretrati e con- idè di restare ai margini delle due lingue. servativi, di difficile aggancio (come il velo alle bim- it:

Anche l'adolescente con famiglia qui non be piccole). I mezzi punitivi tradizionali di mante-trova facilmente riferimenti positivi tra gli adul- nimento dell'autorità sono messi al bando dalla no- DIti e tra i gruppi di pari appartenenti al suo mon- stra società, ma la famiglia non viene aiutata a co- mdo, che lo aiutino a confrontarsi con le norme e struire delle alternative. alii modelli interiorizzati; modelli con i quali il ra- I ruoli tra adulto e minore si ribaltano: il fi- idgazzo spesso è già entrato in rottura nel pro- glio che conosce meglio la lingua locale fa da in- ha

c prio paese e che qui non hanno più un senso. termediario, da traduttore, tra gli adulti educatori ano Peraltro le nostre regole sociali, i nostri stili di facendo venire meno uno degli elementi di costru- coc vita, i nostri modelli attraggono ma non riesco- zione dell'autorità. Il bambino o l'adolescente im- ta.

no ad orientare, confondono, svuotano quelli ori- migrato vive il peso della marginalità della presen- sae ginari senza permettere l'aggancio a valori posi- za sociale, del disvalore dei suoi parenti ed in ge- sciD tivi. nerale degli adulti immigrati, la loro mancanza di stta Questi problemi sono chiaramente aggra- ruolo sociale riconosciuto. Il bambino sospeso tra

vati per gli adolescenti soli, senza riferimenti due sistemi educativi si aggancia così facilmente a mi

30 adulti sani. Ma la questione della difficoltà a ere- quello della società di accoglienza comunque do- seiscere, della crisi identitaria tocca anche i nati in minante e socialmente valorizzato. tOIItalia, la cosiddetta seconda generazione, pre- Dove queste contraddizioni rischiano di por- fOlsente qui con la famiglia o con la madre. La fa- tare è già ora visibile nelle segnalazioni per mal- eq

2 miglia è impreparata, l'adulto con l'immigrazio- trattamento, nelle fughe da casa, nella reazione dei [lro ne ha affrontato un processo di rottura del pro- genitori che per paura riportano i figli in Marocco sulo prio equilibrio e di cambiamento profondo di o restringono loro totalmente la libertà. ino

cui spesso non è consapevole, ma che nel rap- Purtroppo il mondo educativo locale (scuo- neporto educativo con i figli emerge in maniera la, etc) non si pone il problema di costruire dei aidrammatica nell'incapacità a rielaborare la frat- ponti, di valorizzare le risorse del mondo immi- affl

- I corsi di danza (africana, orientale, ... ) di canto(Gospel, Canti Religiosi Africani con Passo di Danza), dicucina multi etnica vegetariana, ecc.

- il Bagno turco. Questo luogo ripropone l'ambientedegli originali Hammam dove le donne di cultura arabapossono ricreare rituali igienici, estetici, terapeutici, re-ligiosi e soprattutto sociali del proprio mondo.I'Hamrnam offre alle altre donne un modo immediato ediverso per scoprire o ritrovare una delle tradizioni fon-damentali di questa cultura.

- La Banca del Tempo (BdT), nata nel settembre 1996come prima BdT di Torino. La BdT realizza un nuovoaspetto della solidarietà, fondato su un rapporto paritarioche tiene conto delle disponibilità e dei bisogni indivi-duali. Lo scambio di saperi, di attività di cura a persone,animali e cose è conteggiato esclusivamente in tempodato e ricevuto. La BdT svolge un ruolo socializzante edi auto-mutuo-aiuto tra le persone oltre a fornire all'as-sociazione sostegno per le attività di accompagnamentoe di custodia dei bambini.

- Il gruppo di ricerca Alma Pianta che, dallo scorsoanno, si propone di valorizzare i saperi nelle medicinetradizionali dei paesi delle donne immigrate di tutto il

mondo (Romania, Marocco, Perù, Mali, Zaire, Italia), nonsolo perché vengano conosciuti e diffusi, ma anche per-ché questi saperi trovino un'opportunità in più di esse-re messi in pratica anche lontano dal luogo in cui sononati a vantaggio di tutta la comunità.

AlmateatroAlmateatro nasce nel 1993 all'interno del Centro

Interculturale delle donne Alma Mater. Ne fanno attual-mente parte 12 donne provenienti dall'Africa, dal SudAmerica, dall'ex Jugoslavia, dall'Italia.

Obiettivo del laboratorio, nella sua prima fase, è sta-ta la creazione di uno spazio dove, attraverso il mezzoteatrale, fosse possibile mettere in comunicazione don-ne provenienti dai più diversi paesi del mondo, attivareconoscenze, relazioni tra realtà culturali diverse e incontinua metamorfosi. Cultura come prodotto socialee non naturale, come continua trasmissione, flusso trapersone. Alla base di questa ricerca c'è un'idea di atto-re-attrice non necessariamente formati da scuole tradi-zionali, accademiche.

Si ritiene, dunque, che ogni persona sia portatricedi un linguaggio, di un patrimonio gestuale di una

ftn~tre citta

Immigrazione è cultura----------

grato, di promuovere dei riferimenti identitari positivi.Rileviamo anche che normalmente gli operatori, glieducatori, gli animatori che lavorano con i giovani im-migrati nelle strutture dell'assistenza, nei centri socia-li, nelle cooperative, nelle scuole sono italiani e nonabituati a trattare con i problemi della seconda genera-zione migrante. Ciò non aiuta a creare riferimentiidentitari forti e positivi. I riferimenti positivi sono soloitaliani!

Lucien Hounkpatin, etnopsichiatra del CentreDevereux di Parigi, che si occupa da tempo dei proble-mi dei giovani della seconda generazione, evidenziaalcune questioni di fondo relativamente ai problemiidentitari di questi giovani. A suo parere questi ragazzihanno bisogno di abitare la cultura italiana, ma hannoanche la necessità di fare i conti con le proprie origini ocon quelle dei genitori. Egli sottolinea che nella cresci-ta, nella costruzione di percorsi identitari, non si puòsaltare nessuno di questi due processi, altrimenti si ri-schia il definirsi di identità fragili e particolarmente espo-ste.

Non si può perciò pensare di affrontare il proble-ma dei percorsi identitari della seconda generazionesenza sostenere anche i genitori e le difficoltà dei geni-tori. La condizione di immigrato nell'adulto crea pro-fondi cambiamenti, disancora senza permettere nuoviequilibri, la marginalità sociale e l'immagine negativarinviata dal contesto incidono negativamentesull'autostima e sulla stima dei figli. Ma questi genitoriin difficoltà sono anche educatori. Hounkpatin sostie-ne l'importanza di non esautorare la famiglia rispettoai processi di costruzione dell'identità di un ragazzo,afferma che questi ragazzi hanno bisogno di essere aiu-

"espressività" degni di costituire "materiale teatrale". [esi-stenza a Torinodi un "Centro Interculturale di donne", comeluogo d'incontro e di costruzione di relazioni tra identitàdiverse ci ha stimolato ad una riflessione. Perché non pro-vare a fare teatro tenendo conto della realtà multiculturalein cui siamo tutti immersi? Indaghiamo allora nella memo-ria di ognuna, veniamo a conoscenza di nuove lingue,sonorità, ritmi, gesti, racconti, esperienze di vita. Tutto di-venta materiale per una ricerca teatrale comune. Non sipropone, con ciò, l'aspetto folclorico della cultura di ap-partenenza, ma attraverso un percorso di scambio,sovrapposizione, conoscenza reale dell'altra si dà luogo adun avvenimento scenico che oltrepassa i confini della pro-pria identità etnica-culturale di appartenenza.

Il centro di documentazioneIlCentro documentazione è nato innanzi tutto come me-

moria del Centro Alma Mater, ma nel corso del tempo hasviluppato attenzione ai rapporti ed alle attività dei sog-getti esterni che, a vario titolo, operano nel campo dell'im-migrazione, spesso entrando in comunicazione e scambian-do informazioni. Presso il Centro documentazione:

tati a far emergere il loro mondo e/o il mondo dei lorogenitori e a confrontarsi con quello in cui vivono: ènel confronto con queste due realtà che possonoridefinire un proprio cammino.

Troppo spesso facciamo i conti conl'onnipotenza, per quanto motivata da ragioni di aiu-to, degli operatori italiani i quali in realtà sono portatia processi sostitutivi, sia della famiglia o di chi ne fa leveci, sia dei mediatori ed educatori di lingua madre.Questi ultimi frequentemente non hanno il bagagliodi cultura professionale italiano, ma sanno riconosce-re nel concreto questi problemi e sanno dialogare coni ragazzi e le famiglie. l'interazione tra operatori dimadre lingua e nativi è fondamentale per gli interven-ti, così come è importante che questi ragazzi ritrovi-no dei riferimenti positivi in adulti di madre lingua,socialmente riconosciuti.

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Le risposte di Alouanc

enRitengo che una delle piste di lavoro più valide per

accelerare processi positivi sia promuovere spazi sulterritorio, luoghi di valorizzazione della risorsa immi-grata, di mediazione interculturale, ovvero di costru-zione di nuove modalità di interazione positiva tranativi e migranti. Processi che nel concreto aiutano aconoscersi in modo positivo e a ridurre i meccanismidi paura, di pregiudizio. I'intercultura non è un'idea,una teoria da far circolare, ma prima di tutto un agireconcreto, uno scambio nella realtà di tutti i giorni.

Da questi orientamenti è nata a Torino lasperimentazione di Alouan. Un luogo di mediazione escambio interculturale, di aggregazione, tra giovani

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- sono raccolti materiali cartacei sui temi dell'immi-grazione e delle problematiche femminili (atti di conve-gni tematici, riflessioni, estratti da riviste specializzate,tesi di laurea, legislazione);

- è realizzata una rassegna stampa, selezionata daiquotidiani più diffusi, sui temi attinenti - direttamentee indirettamente - le problematiche del Centro (Immi-grazione, Razzismi, Integralismi, Donne e immigrazio-ne);

- esiste una biblioteca - con testi italiani e stranieri -di narrativa femminile, saggistica, ricerche, in partico-lare sui e dai paesi del Maghreb, Africa centrale e SudAmerica;

- sono infine consultabili un certo numero di rivistein diverse lingue e di differenti nazioni.

Tutta l'attività del Centro documentazione si inseri-sce nelle più vaste ed articolate attività interculturalidell'Associazione Almaterra e ne è supporto.

(a cura dell'Associazione Almaterra)n.d.r. Per maggiori informazioni sulle attività di Alma

Terra cfr. la pagina www.arpnet.it/alma

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migranti e nativi, ma anche di confronto con le fa-miglie, di sostegno a queste. Alouan intende inne-scare processi preventivi positivi, costruire sinergie.l'offerta di servizi è prioritariamente finalizzata apromuovere la risorsa giovanile immigrata: a per-mettere ai ragazzi di aggregarsi, formarsi, promuo-versi anche sul piano economico, di diventare rife-rimenti per gli altri giovani, di interagire con la re-altà locale. A chi è inserito in processi di marginalitàoffriamo spazi di aggancio positivi.

Una delle piste di crescita del progettoAlouan è lo scambio intergenerazionale, in specifi-co con donne migranti e native che hanno saputorendere progettuali per se stesse e per gli altri ipropri percorsi migratori, le proprie competenze,la differenza di genere (per questo l'AssociazioneAlma Terra nel progetto svolge in primo luogo unruolo di accompagnamento, di incubator).

La costituzione di un'équipe interculturale edi un centro misto sono processi difficili. Non èagevol.e dare autonomia a un gruppo di giovani,costruire un metodo di lavoro in équipe, sviluppa-re la divisione di compiti e funzioni, mantenere ildialogo interno tra persone di culture diverse espesso lontane e di età diverse. È un'impresa quo-tidiana faticosa, che necessita di accompagnamen-to quotidiano fermo e nello stesso tempo duttile.

Soprattutto occorre una formazione sulle di-namiche che si esprimono tra persone di culturediverse. Per questo fin da subito abbiamo attivato~omenti formativi, con formatori che avevano spe-nrnentato la costruzione di un centro interculturale.. Ho confrontato le mie analisi sull'immigra-

zione dal Maghreb con un gruppo di ragazzi delcentro Alouan, un confronto che mi ha arricchitodi conoscenze e mi ha aiutato a ricollocare alcunitemi. Ma al di là del merito, ho riflettuto che solodue anni fa con questi ragazzi avevo un rapportoda operatrice a utente, e comunque rapporti indi-viduali, mentre oggi per la prima volta essi aveva-no discusso con me come gruppo, come protago-nisti , portatori di conoscenza.

La promozione di spazi di interazione nelsociale che valorizzino la risorsa immigrata può ap-parire riduttivo di fronte ai gravi problemi dell'ac-coglienza e dell'emergenza. In realtà è strategica-mente centrale se vogliamo che i nostri interventidi accoglienza non si svuotino presto di fronte allemolte difficoltà d'integrazione incontrate giornal-mente da questi ragazzi. Il tempo ci ha già mostra-to quanto sia facile che ragazzi usciti da percorsiassistenziali di lunga durata entrino in giri illegali.

Ridurre i danni da marginalità sociale, pre-venire fenomeni di fratture sociali (il costituirsi dibande marginali, ecc), significa sostenere la cresci-

ta di referenze identitarie positive, di spazi in cuiriconoscersi. Questi interventi sonocontrocorrente, perché c'è scarsa consapevolezzatra gli stessi attori dei processi d'integrazione: maci muoviamo per accelerare dei processi che nonpossiamo lasciare ai tempi della consapevolezzasoggettiva, delle possibilità dei singoli - e anchedei gruppi - immigrati, troppo caricati da problemidi emancipazione individuale.

Che cosa AIGuan ha attivato

Vediamo, infine, schematicamente, che cosaAlouan ha attivato in questo primo periodo di vita:

- una educativa di territorio con operatore dimadre lingua, affiancata da iniziative sportive, disocializzazione.

- un settore di animazione interculturale, soprat-tutto nelle scuole; tra i diversi filoni di lavoro haattivato un filone dedicato ai giochi di tutti i paesi,un altro ai giocattoli costruiti con materiali direcupero, per recuperare le competenze dei ragaz-zi e delle ragazze;

- il laboratorio teatrale composto da giovani ita-liane e immigrate, che a dicembre 1998 ha prodot-to il primo sketch e che sta lavorando per la produ-zione di uno spettacolo da portare nelle scuole;

- il settore dello sport: in collaborazione con l'as-sociazione Centro campo si sono costituite unasquadra di pallavolo femminile e una squadra ago-nistica di calcio di ragazzi marocchini e si svolgeun momento aggregativo di calcio settimanale perragazzi, interventi tutti collegati a iniziative disocializzazione di gruppo;

- l'attivazione di momenti informativi sutematiche che riguardano le condizioni di vita de-gli stranieri (disposizioni legislative, casa) rivolteai giovani marocchini dei caseggiati del quartieree/o alle famiglie;

-la formazione di gruppi di giovani su obbiettivispecifici: il gruppo Indimej, formato da ragazzimarocchini che ha l'obbiettivo di conoscere e uti-lizzare le risorse locali e di confrontarsi con altricoetanei italiani; il gruppo Lualaba, costituito dastudentesse di vari paesi che si ritrovano sul temadell'animazione interculturale;

- momenti d'incontro, feste, cineteca con dibat-tito;

- iniziative di animazione nei confronti delle fa-miglie, finalizzate a costruire occasioni di confrontosui problemi del rapporto con i figli e con la realtàsociale.

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---------------------Ir.nr.nigrazione è cultura---------------------

TORINO E L'IMMIGRAZIONE::·MOLTI VOLTI DA SCOPRIRE:

Roberta RlCUCCI:c

, . . ha nii lti l h' lì . . d ., di 100 •imrrugrato a pru vo ti, non so o perc e a onno proviene a pru I :Differenzea anche perché può essere arrivato per lavoro, per studiare, per ricongiungersi ai • tribali,i già in Italia, per motivi religiosi, per amore o per forza se costretto dalla guerra.

Son 9.82 i cittadini extracomunitari secondo registrati all'anagrafe di Torino aI31.12.99 : di generesecon o quanto si legge nell'ultimo Osservatorio Interistituzionale sugli stranieri in : e di età: traprovincia di Torino e non rappresentano un fenomeno, ma un aspetto della mobilità umana, : emergenza edun aspetto di quella globalizzazione che è fatta anche di persone e non solo di bytes e : emarginazione,navigazione in rete. <la vicendaAllora sarebbe più opportuno parlare di immigrati. Infatti, spesso si dimentica checiascun paese ha le sue tradizioni e la sua cultura, che ognuno è l'uomo o la donna che la : degli immigratifamiglia, il contesto in cui ha vissuto, le relazioni che ha intrattenuto, !'istruzione ricevuta : a Torinoe il lavoro svolto hanno formato e si conclude con il pensare che il solo fatto di essere : e la rispostastranieri li renda tutti simili. Ma gli Ibo non vanno d'accordo con i Bini in Nigeria e perché • delladovrebbero amarsi a Torino, i cinesi considerano inferiori gli africani, "quelli neri", e non · cittadinanza.cambiano opinione perché sono entrambi migranti. Occorre, dunque, decostruirel'immagine monolita dell'immigrato senza cultura, senza storia per lasciare spazio a : Dall'emergenzanumerosi volti. : all'integrazione

Sono i volti della stabilizzazione, di chi ha deciso di restare e di farsi raggiungere •dalla famiglia che aveva lasciato. I dati degli ultimi anni indicano un trend crescente dei •ricongiungimenti familiari, con il relativo aumento delle presenze femminili per le •provenienze a catena migratoria maschili e degli uomini per quelle femminili. Si :ricompongono famiglie, ma non per tutti è un processo facile. Gli uomini peruviani che •raggiungono una moglie, che è integrata, con un lavoro e che è divenuta la colonna portante :della famiglia sono disorientati, incapaci di reagire ad una perdita di ruolo.

Anche per molte donne maghrebine il ricongiungimento ha un prezzo costoso, spesso •è quello della solitudine, di lunghe giornate a casa, perché non si ha la rete sociale, il •tessuto comunitario che può aiutarle ad essere autonomi in un contesto nuovo, di cui non •si conoscono la lingua, le regole. Roberta Ricucci,

• volontaria dellaCi sono poi i minori. Quelli arrivati soli, soprattutto albanesi e marocchini, per cui la Caritas di Torino,città, dall'amministrazione all'autorità giudiziaria al volontariato cattolico e al privato •• si occupa disociale, si è impegnata a offrire accoglienza e percorsi di regolarizzazione e di inserimento • immigrati pressonel rispetto della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York. l'attenzione su questi • l'Ires Morosiniminori spesso fa dimenticare quei minori che formalmente sono più tutelati, perché arrivati : (Istitutocon la famiglia o ricongiunti ad essa, ma che nel quotidiano devono essere sostenuti e • di Ricercheaccompagnati nel loro processo di sintesi del mondo della famiglia e del mondo della • economico-sociali)

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•Cle Iscuola, delle tradizioni e del gruppo dei pari.Un aiuto viene dalla scuola, che sta divenendosempre più "multietnica". [incremento di alunnistranieri (la concentrazione massima è alleelementari, ma sono in aumento le presenze ainidi e alle materne) è un altro indicatore dellastabilità. Numericamente bassa è la presenzaalle superiori. I giovani migranti, se superanola scuola dell'obbligo, si iscrivono alle scuoleprofessionali (troppo forte è ancora la prioritàdi inserirsi rapidamente nel mercato del lavoro)piuttosto che alle scuole medie superiori, chenon garantiscono l'apprendimento di unmestiere e un contatto con un'azienda.

Ci sono i matrimoni misti (sia fra stranierie italiani che fra stranieri di differenteprovenienza).

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Le attività principali

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Le nuove tendenze:gli immigrati dell'Europa orientale

In questo panorama generale siinseriscono nuove tendenze.

Ci sono anche i volti dell'emergenza edell'emarginazione. Sono i volti delle donnevittime della tratta, dei trafficanti di uomini edonne. Ma anche i volti dello sfruttamento deiminori, dai piccoli maghrebini utilizzati comepusher, attratti dal facile e alto guadagno, ai

bambini e adolescenti cinenumerosi e invisibilid'abbigliamento.

Ci sono anche i volti diTorino da più di dieci anni, sonsoggiornanti, ma non conoslingua, non sanno muoversi inconoscono solo gli uffl'espletamento delle praticheSono l volti di chi vived'accoglienza o affitta un pcsalloggio, perché "non si affitta ascia del "non si affitta a meridi

Ci sono anche i volti delsono i volti di coloro che, feroportati al centro di permanenzadi coloro che vengono acconfrontiera.

Cosa testimoniano e indivolti di migranti e i dati che si raeloro presenza?

Innanzitutto, indicano un'isempre più europea, dell'Est Eualbanese è la più visibile perché èpubblicizzata e troppo spestrumentalizzata dai media, ma !li

Ci sono i lavoratori e le lavoratricisilenziosamente si inseriscono odel mercato del lavoro domestico,

Il Servizio Migranti della Caritas di TorinoIl Servizio Migranti è un organismo pastoralecostituito dall'Arcivescovo di Torino con statutospecifico (26 marzo 1990) per favorirel'evangelizzazione dei migranti.

I settori di azione indicati dallo Statuto sonocinque: migranti stranieri, italiani all'estero, Rom(zingari), personale dei circhi, addetti alla navigazione.

Esso è sezione della Caritas Diocesana, eattualmente la maggiore attività è nel settoredell'immigrazione straniera, dove interviene con lamassima attenzione riguardo all'accoglienza,all'integrazione, al dialogo interculturale sul territoriodella Diocesi di Torino, facendo riferimento ai valorievangelici e alle indicazioni date in merito dalmagistero della Chiesa.

In quanto organismo pastorale opera senza finidi lucro: il sostegno alle iniziative e ai progettipromossi dal Servizio e il reperimento delle risorseumane ed economiche ricade quindi sulle comunitàed istituzioni ecclesiali e sui gruppi organizzati più

attenti a queste problema tiche.Il Servizio Migranti opera in collaIx

con i Comuni, la Provincia di Torino e laPiemonte su progetti specifici che pOSSOI!(

cofi nanziati.Partecipa al Coordinamento delle C

Migrantes del Nord Italia (GE.MI.TO),coordinamento Caritas sulla "tratta delleimmigrate a fini di prostituzione".

o Accoglienza, ascolto, dialogo. Congli immigrati. per affrontare le difficoltà, e, citaliani, per superare pregiudizi e chiusure.

o Informazione. Su servizi e riesistenti: pubbliche, ecclesiali, del volontaprivate.

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JmniilQ:azio~e~UJJura

dell'agricoltura e che dopo l'ultima regolarizzazionesono divenuti la seconda provenienza in città. Ci sonopoi "gli invisibili", soprattutto ragazze, dallaMoldavia, dalla Bulgaria che finiscono a Torinoimpigliate nelle reti della prostituzione, dei nightc1ubs, dei locali di intrattenimento a luci rosse.

Parallelamente, si consolidano vecchie catenemigratorie come quella marocchina (la primaprovenienza in città con 8.434 presenze, secondo idati anagrafi ci al 31.12.99), quella cinese (1.729),peruviana (2.280).

Lavori tra città e periferie

Ilconfronto del dato cittadino con quello dellaProvincia e della Regione suggerisce un altroelemento che caratterizza l'immigrazione a Torino,e nelle grandi città in generale. Si è da qualche annodi fronte ad un'immigrazione che si sposta verso laperiferia. I dati delle iscrizioni nei comuni della primacintura del capoluogo e poi del resto della provinciaindicano come si stia accentuando la tendenza allade-centralizzazione. La città non è più un luogo cheattrae? La città resta un luogo di approdo, ma sullapermanenza incidono alcuni fattori, come la catenamigratoria e l'offerta lavorativa. Così i cinesiraggiungono altri cinesi nel comune di Barge, dovec'è lavoro nelle cave di pietra, ma dove ci sono giàanche altri cinesi che possono fungere da cuscinetto

e da aiuto nel processo di familiarizzazione esocializzazione di un nuovo contesto o ancora glialbanesi nelle province di Cuneo e Asti o ancora isenegalesi a Novara.

Lo spostamento si connette al lavoro, alla suadisponibilità. Ed infatti, gli avviamenti al lavoro sonocostanti nel capoluogo, mentre sono in crescita nelleprovince. Fra gli avviamenti, si segnala la bassapercentuale di avviamenti femminili. Il lavoro alfemminile è ancora concentrato nel settore dellacollaborazione domestica e dell'assistenza anziani,un settore di collocamento informale, di lavoroirregolare. Un dato interessante è la crescitadell'imprenditorialità etnica, come indicano ilnumero dei permessi di soggiorno per lavoroautonomo e le numerose attività connotateetnicamente che visibilmente modificano ilcommercio al dettaglio nei quartieri. Sonomacellerie islamiche, parrucchieri africani, bazar edrogherie dell'area maghrebina, ristoranti etnici.

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enzaLe strategie e le pratiche

dell'accoglienza35

Se da un lato si modifica la composizione e ladistribuzione territoriale dell'immigrazione, da unaltro lato si modificano anche le modalità con cuila città affronta la presenza di cittadini stranieri. In

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o Consulenza. Viene svolta, sia per gliimmigrati che per le comunità parrocchiali, dadiversi operatori che hanno acquisito competenzapiù ampia e approfondita soprattutto sulle leggirelative agli immigrati. Si tratta in particolare di:avvio delle regolarizzazioni della presenza e dellavoro, applicazione corretta di leggi e decreti,ricongiunzioni familiari, matrimoni misti.

o Servizioper il lavoro. Ricercalavoro, bancadati risorse umane ed aziende (domanda/offerta),famiglie. È attiva una banca dati specifica cheraccoglie domande e offerte di lavoro per farleincontrare. Sitratta di aziende ed agenzie di lavorointerinale che negli ultimi anni si sono rivolte alservizio, o piccole strutture produttive o famigliealla ricerca di personale domestico.

o Servizio per gli universitari. Due sono icontributi specifici: contributi per un gruppo distudenti universitari in particolare difficoltà e conrequisiti di merito; collaborazione col collegiointernazionale "Bonino" di via Soana 37, gestitodall'Associazione Il Riparo (Onlus).

o Promozione della vita cristiana deimigranti cattolici. Creazione di comunità etnicheper le comunità cattoliche più numerose,celebrazioni in lingua, catechesi per adulti,inserimento nelle parrocchie. Dialogo ecumenicocon le confessioni cristiane non cattoliche. Dialogointerreligioso e attenzione ai migranti non cristianicon particolare attenzione ai fratelli musulmani.

o Collegamento stabile con centri di ascoltoe di accoglienza. La collaborazione permette discambiarsi reciprocamente le risorse.

o Documentazione. Vengono acquistati eraccolti libri, riviste e video riferiti al problemamigratorio, all'integrazione, all'intercultura. Inoltre(attraver-so gli appositi servizi del GE.MI.TO.,delProgetto Atlante e dell'A.S.G.I.)si raccolgono siale leggi che la miri ade di circolari relativeall'applicazione delle stesse.

Parallelamente si è attivata una raccolta diBibbie e Vangeli nelle lingue di origine degliimmigrati, per fornire un utile strumento alla fededei Cristiani.

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principio, è stato ilvolontariato che, verso la metàdegli anni '70, quando iniziavano a notarsi leprime "presenze esotiche", si è mosso peraccogliere studenti, lavoratori e prime colf eritree,capoverdiane e filippine. Agli inizi degli anni '80,sono stati aperti uffici e servizi specifici per imigranti, di cui la città scopriva la presenza,perché non si trattava più delle invisibili colf odegli studenti, che in quanto tali non venivanopercepiti come immigrati. Erano tunisini,marocchini, senegalesi. Erano migrantieconomici. Sono poi arrivate le peruviane, iprofughi dall'est, gli albanesi. Negli anni '90, difronte alla scoperta di avere a che fare con personee non solo "con braccia da lavoro", di fronte aminori e famiglie si sono sviluppati e realizzatiprogetti di intervento integrati, che hannocoinvolto in una rete di collaborazione istituzionidifferenti, settore pubblico e privato sociale.

Dal punto di vista dei servizi si potrebbeconcludere che nel corso degli anni si sia passatidal "lavorare sull' emergenza" al "lavorare perl'integrazione". Si sono, infatti, moltiplicati glisportelli informativi, di orientamento, le scuoledi alfabetizzazione per adulti, i corsi diformazione per mediatori culturali, per operatoridel pubblico e del privato sociale che lavorano

con migranti o in un contesto multiculturale.Ma gli sportelli o le manifestazioni culturali

come Identità & Differenza, l'esistenza di unCentro Interculturale o di corsi di formazione per"agire in un contesto multiculturale" si reggonosu persone, di italiane in primis e poi di moltestraniere. Sono persone di cui generalmente nonci si ricorda, ma che scommetendo sul valore dellaconvivenza e dello scambio aiutano il processodi integrazione. Sono insegnanti, giudici,operatori pubblici, volontari di matrice cattolicae non, persone che sono state e sono disponibilia sovraestendersi al di là dell'orario di lavoro edei loro specifici ruoli, a lavorare in rete, ainventarsi nuove metodologie e nuovi strumentianche in assenza di normative o di disposizioniin meritò (come è avvenuto per un gruppo digiudici torinesi che per garantire laregolarizzazioni di molti minori agli inizi deglianni '90 hanno inventato il permesso disoggiorno per minore età) pur di garantire erispettare i diritti fondamentali di quanto perscelta o per forza sono arrivati da noi.

o Collegamento con comunità immigrate.Elemento essenziale del dialogo interculturale,privilegia il rapporto con il Comitato territoriale dellaProvincia di Torino, di cui siamo membri. Si partecipainoltre alla Consulta Regionale per l'Immigrazione (dal1996 il responsabile del Servizio Migranti è membrodella Presidenza).

o Insegnamento della lingua italiana. E' attivosolo in appoggio alla scuola pubblica. Si tratta di corsidi approccio alla lingua italiana e alla cultura del nostroPaese, per particolari categorie (donne immigrate direcente, in difficoltà, richiedenti rifugio ...).

o Formazione professionale. Ricerca delleopportunità e verifica degli inserirnenti, soprattuttoper donne vittime della tratta (art. 18) e minori soliin tutela.

o Tutela dei minori. In collaborazione con ilComune di Torino, Tribunale dei Minori e GiudiceTutelare. Si è aperta una comunità per minori solicon ASAI.

o Progetto donne. Accoglienza notturna,

accoglienza in case per donne con bambini. Lottacontro la "tratta" delle donne per sfruttamentosessuale, a livello sia locale che nazionale (conCaritas Italiana e altri organismi, in particolareIstituti Religiosi), inserimento in cammini formativi,progetti di ricupero, tutela e inserimento lavorativo.

SERVIZIO MIGRANTICARITASVia Ceresole 42 10155 TorinoTel. 011/24.62.092 - 011/24.62.443Fax 011/20.25.42E-mail: [email protected]: http://www.torino.chiesacattolica.it/migranti