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Indice
Introduzione……………………………………………………………………………..5
1. La figura divistica di Kevin Spacey …………………………………………………...9
1.1 Un’immagine problematica………………………………………………………...9
1.2 Star of the 90s…………………………………………………………………….11
1.3 Anti-star stardom………………………………………………………………….13
1.4 Oscar Curse……………………………………………………………………….15
1.5 Lo sfruttamento del brand Spacey: Trigger Street Productions e la carriera all’Old Vic
Theatre……………………………………………………………………………………17
1.6 Performance narcisistica in Beyond the Sea……………………………………...20
1.7 Ordinary Boy……………………………………………………………………...23
2. Personaggi ricorrenti e crisi della mascolinità……………………………………...25
2.1 Il tipo sociale del cattivo e la scomparsa dietro il personaggio………………....25
2.1.1 Keyser Söze è John Doe……………………………………………………...26
2.2 Self parody e ruoli mainstream……………………………………………..……28
2.3 Spacey Screen performance……………………………………………………...31
2.4 La voce di Spacey………………………………………………………………...32
2.5 Il corpo di Spacey………………………………………………………………...33
2.6 American Beauty. Mutamenti di genere e crisi della mascolinità………………..34
3. Ridefinizione del brand Spacey: Internet star……………………………………….41
3.1 Necessità di storie e interazione: dal cinematografo alla streaming television….41
3.2 Streaming television: tra cinema e tv…………………………………………………..43
3.3 Netflix Stardom…………………………………………………………………....45
3.4 Social Celebrity…………………………………………………………………...51
3.4.1 Oscar selfie…………………………………………………………………....51
3.4.2 Il ruolo della trigger street production nel nuovo panorama mediale………..53
4
3.5 House of Cards: rielaborazione del brand Spacey………………………………,..54
3.5.1 Frank Underwood prende vita: tra politica e parodia………………………...55
3.5.2 Frank Underwood: ennesimo sociopatico……………………………….….....59
3.5.3 Spacey/Underwood look : tra stile classico e gusto high-teck…………..........64
3.6 Digital Spacey, Call of Duty: Awanced Warfare……………………………….....65
Conclusioni………………………………………………………………………………...67
Bibliografia………………………………………………………………………………...70
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Introduzione
There's a whole world out there where people fight
to be relevant every day. And you act like it doesn't even
exist! Things are happening in a place that you willfully
ignore, a place that has already forgotten you. I mean, who
are you? You hate bloggers. You make fun of Twitter. You
don't even have a Facebook page. You're the one who
doesn't exist1.
Questo progetto di tesi nasce con lo scopo di analizzare le fasi del processo di costruzione
dell’immagine di una star di Hollywood. La scelta dell’argomento di ricerca è dettata, oltre che da un
interesse personale di chi scrive, dalla volontà di indagare un fenomeno a lungo sottovalutato
nell’ambito degli studi di cinema, ma che ora più che mai necessita di una particolare attenzione. In
termini economici, la presenza di una bankable star all’interno di un film ha rappresentato uno dei
motivi (se non il principale), per i quali lo spettatore è portato a scegliere un titolo piuttosto che un
altro. In più, se come dimostra Richard Dyer, (studioso a cui si farà costante riferimento nel corso del
testo), le star sono lo specchio della società in cui vivono, analizzarle significa buttare un occhio più
attento sul nostro mondo e quindi su noi stessi: «The stars promises […] intimate access to the
authentic self 2». Alla star di Hollywood non spetta più il ruolo privilegiato di un tempo. Con la caduta
dello star system, l’attore del grande schermo ha usufruito di un’autonomia che ben presto si è rivelata
un’arma a doppio taglio; se da un lato è più libero nelle scelte dei ruoli da interpretare, dall’altro la
concorrenza si fa più spietata. In più, come dimostra la classifica sullo star power stilata ogni anno
dalla rivista Forbes3, la star del vecchio medium non è minacciata solo da figure provenienti
1 Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza), [Alejandro González Iñárritu, Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance)], 2014. 2 C.Gledhill, Stardom: Industry of Desire, Routledge, Londra, 1991, cit.,p.15. 3 The World’s Most Powerful Celebrities; http://www.forbes.com/celebrities/list/ .
6
specificamente dall’universo cinematografico, ma anche da altri ambiti come musica, sport e
televisione. Il pericolo più grande arriva però dal web. Se la cosiddetta “civiltà dell’immagine” ha
generato un’ansia da self-promoting generale, la rete diventa il veicolo che porta al successo. Le Web
star, ordinary people che riescono a farsi conoscere a livello mondiale, vantano una capacità
incomparabile di relazionarsi con l’audience. La vecchia star di Hollywood, una figura che per sua
natura si innalza al di sopra della massa incorporando quelle caratteristiche di straordinarietà dei
personaggi che interpreta sullo schermo, non basta più a soddisfare l’audience, che brama invece star
dall’aspetto ordinario, a cui avvicinarsi più facilmente. Per mantenere il suo statuto di celebrità è
richiesto all’attore di Hollywood di diventare una figura sempre più ubiqua (come d’altra parte il
cinema stesso) per fuoriuscire dall’immagine propriamente narrativa e conquistare nuovi spazi. Se
come afferma ancora Dyer, l’immagine della star si origina sia in relazione ai ruoli interpretati che ai
media in cui appare, la rete moltiplica le relazioni che veicolano tale immagine e la rende a portata di
un numero ben superiore di spettatori rispetto al passato. Grazie ai sistemi di rivelazione del numero
effettivo di visualizzazioni sui canali online, il successo di un personaggio nell’universo di Internet
dipende dall’audience, alla quale compete una capacità manipolativa tale da essere comparata al
controllo esercitato all’epoca dello star system, dai grandi Studios. Nel corso del testo sono stati citati
alcuni dei più importanti contributi allo studio del fenomeno dello stardom. Si è fatto riferimento a
Morin (The Stars) e alla natura mitica del divo; all’opera di Alberoni L’élite senza potere, volta a
dimostrare come le star non abbiano un potere effettivo nel mondo reale; o ancora allo stesso Dyer
che categorizza le star in tipi sociali stabiliti. Tutti questi approcci sono stati ripresi per dimostrarne i
limiti in relazione al caso di studio di una star contemporanea che appare quanto mai lontana dalle
cosiddette «star disciplinate4», come le definisce Cristina Jandelli, della vecchia Hollywood (si pensi
a Marily Monroe o a James Dean racchiusi per sempre in categorie di star la cui immagine pubblica
coincideva con quella sullo schermo). In tal senso si è fatto riferimento soprattutto al lavoro di Paul
McDonald, che nel suo Hollywood Stardom, spiega come le star del grande schermo si facciano
portatrici non solo di un valore simbolico ma anche economico e di come questi due aspetti,
strettamente correlati tra loro, determinino la natura della star. Nell’industria hollywoodiana odierna,
l’autonomia che la star vanta si predispone come una nuova sfida. In un mondo in cui l’audience
brama un contatto sempre più diretto con quelle figure sullo schermo, il successo si misura in
relazione all’abilità comunicativa della star, alla sua presenza nell’universo social, la capacità cioè di
mostrarsi come persona comune che utilizza il web per condividere degli interessi. Allo stesso tempo
però la star di Hollywood non riesce a staccarsi completamente dalle categorizzazioni (determinate
4 Cfr.C. Jandelli, Breve storia del divismo cinematografico, Marsilio, Venezia, 2011, cit., pp.80-104.
7
dai ruoli interpretati sullo schermo); ogni attore continua a rappresentare un immagine specifica, ciò
che cambia è il modo in cui questa si inserisce nello sfaccettato mondo del web.
Il motivo della scelta di un attore dall’immagine non convenzionale di star come Kevin Spacey
nasce oltre che da una ammirazione personale di chi scrive, dal desiderio di indagare i meccanismi
dietro la costruzione di una star che vanta una fama opposta rispetto a quella da copertina tipicamente
hollywoodiana; la sua immagine incarna un modo diverso di apparire, un «anti-star stardom5», che
paradossalmente ne determina il successo. La doppia natura dell’immagine di Spacey, il suo essere
conosciuto da un lato per una determinata categoria di ruoli, come star di Hollywood e dall’altro
sfuggire a ogni tipo di categorizzazione in favore di progetti personali, sono sintomi di una
trasformazione in corso: la costruzione della fama di un personaggio si origina sempre più in base ai
variegati gusti del complesso mondo del web. Se le vecchie star di Hollywood perdono il loro
“potere”, un personaggio come Kevin Spacey diventa l’emblema della capacità della star di essere
altro rispetto alla pura trovata commerciale. Già guardando all’aspetto fisico dell’attore, si può
constatare come egli non rappresenti la bellezza da copertina tipicamente hollywoodiana; in più le
scelte personali, il fatto che si sia allontanato fisicamente da Hollywood per gestire un teatro londinese
e abbia fondato una propria società di produzione dedicandosi a progetti personali, rivelano la sua
autonomia rispetto al sistema. Ma a testimoniarlo è soprattutto la sua rinascita come Internet star. Il
lavoro è diviso in tre parti:
il primo capitolo è teso a ripercorrere la carriera dell’attore, dagli esordi ai successi; si è
proceduto ad analizzare la sua immagine di star con lo scopo di mostrarne la doppia natura, cioè la
continua oscillazione tra essere artista di teatro e apparire come una star di Hollywood; si è cercato
di definirne il brand, secondo la definizione di McDonald, gli elementi socio-culturali su cui fa leva
la sua immagine non convenzionale (prestige star) e le iniziative personali che ne accrescono il
significato; nel secondo capitolo, riprendendo l’approccio di Dyer, si è proceduto con l’analisi di
alcune delle sue performance più conosciute per determinare gli elementi ricorrenti della sua screen
persona, cioè di come un certo uso del corpo e della voce così come alcuni elementi della messa in
scena servano a stabilizzare l’attore nel ruolo del cattivo. Osservando poi alcuni personaggi da lui
interpretati si è dimostrato come questi giochino costantemente con l’immagine pubblica dell’attore
e la sua presunta omosessualità. In particolare, attraverso l’analisi di American Beauty, il cui ruolo da
protagonista resta il suo più significativo (anche in termini economici), si è potuto rivelare il modo in
cui la sua ambiguità sessuale si lega con la tematica della crisi della mascolinità di fine secolo. A
questo scopo sono stati ripresi alcuni studi sulla tematica, come quello condotto da Sandro Bellassai
5 Cfr. P.McDonald, Hollywood Stardom, Wiley-Blackwell, Hoboken, 2013, cit.,pp. 224-230.
8
(La mascolinità contemporanea). Nel terzo capitolo si è arrivati a parlare del fenomeno della
streaming television, di come questo abbia rappresentato un cambiamento nel mondo della fruizione
audiovisiva in generale e una rinascita per il brand Spacey in particolare. Lo studio si è soffermato
sul modo in cui le star di Hollywood siano diventate sempre più partecipi sul web, sia attraverso una
comunicazione attiva sui social network che partecipando a nuovi progetti per la streaming television.
Riprendendo l’articolo di Tim Wu (Netflix's War on Mass Culture6) si è dimostrato come il modello
Netflix racchiuda quei valori tipici della generazione di Internet e faccia nascere una nuova tipologia
di star (Social Celebrity). È stato analizzato poi il personaggio interpretato dall’attore nella serie
originale Netflix, House of Cards, serie nata e pensata per il web.
I limiti della ricerca sono risultati soprattutto in relazione a questa ultima parte, nell’indagare
cioè un fenomeno ancora giovane, sul quale non esistono studi ufficiali ma solo dati economici e
stime di possibili effetti futuri. Per tanto, la natura sperimentale dell’ultimo capitolo necessita di
essere revisionata alla luce di quelli che saranno i cambiamenti effettivi che solo a lungo termine la
strategia della streaming television potrà rivelare.
6 T. Wu, Netflix’s war on mass culture, in «New Republic», 4/12/1991; http://www.newrepublic.com/article/115687/netflixs-war-mass-culture .
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1. La figura divistica di Kevin Spacey
«Film star are not born they are made7»
-Paul McDonald
«In life, you have to make your own fate8»
-Kevin Spacey
1.1 Un’immagine problematica
Un elemento costante nel racconto del percorso di una star verso il successo è un punto di
svolta, un momento in cui la futura star comprende il suo destino. Nella biografia di Kevin Spacey
scritta da Robin Tamblyn e nelle interviste in cui è lui stesso a parlare dei suoi esordi, ricorrono due
incontri significativi, quello avuto con Katharine Hepburn, nel parcheggio di un teatro e quello con
Jack Lemmon, durante un workshop teatrale a New York. I due personaggi divengono i fautori del
futuro successo dell’attore, entrambi gli consigliano di perseguire nel suo sogno di diventare attore di
teatro. Dell’incontro con Lemmon Spacey ricorda: « I was 13 years old when I met someone who
was to change my life. His name was Jack Lemmon and he was running a workshop for young
students like me who were interested in drama. […] I will never forget that day when Jack encouraged
me […] he thought I was born to become an actor 9». Un talento innato dunque, una fama assicurata
dalle sue qualità personali. Quasi una storia a sostegno di quella «charismatic theory of stardom10» di
cui parla McDonald all’inizio del suo Hollywood Stardom. Secondo questa teoria la costruzione
dell’immagine divistica fa capo alla natura carismatica della star, il cui successo si misura in relazione
alle qualità naturali che questa possiede: «star presence is an entirely natural creation ,and when faded
with the magnetic presence, with the gift of hindsight it can seem to coming of fame was only a matter
of time11». Spacey è destinato al successo, se a dirlo è una stella già affermata nel panorama
Hollywoodiano come Jack Lemmon, è solo una questione di tempo affinché il suo talento si manifesti.
7 P. McDonald, Hollywood Stardom, Wiley-Blackwell, Hoboken, 2013, cit., p.12. 8 J. Sterngold, At the Movies; Kevin Spacey, Destiny Shaper, in « New York Times», gennaio 1999. 9 K. Spacey, Kevin Spacey: Jack Lemmon help me succeed as an actor- we must give yougsters chance to use talents, in in «Mirror», febbraio 2014. 10 P. McDonald, Hollywood Stardom, Wiley-Blackwell, Hoboken, 2013, cit., p.13. 11 Ibidem.
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Per quanto possa sembrare suggestiva, si tratta di una teoria che rifiuta i meccanismi materiali del
cinema come industria, non tenendo conto della sua entità economica. Nel patinato mondo di
Hollywood tutto è veicolato, costruito, filtrato dalla macchina economica. Afferma ancora
McDonald: «Hollywood stardom is a work of collettive creation, involving the co-ordination of
numerous contributions and resources […] Film star are not born, they are made12». In questo senso
è bene parlare delle star non come delle entità mitiche, secondo l’approccio di Morin (The Stars13),
ma come soggetti che fanno capo alle esigenze del mercato.
Hepburn e Lemmon, dunque, sono i fautori della nascita di una star. Analizzando le figure
divistiche, di quelli che sono stati due personaggi di spicco nella Hollywood classica, è interessante
notare come in esse si ritrovino tratti comuni all’immagine di Spacey stesso, quasi come se questa
immagine si fosse plasmata nel tempo facendo costantemente riferimento a quei due modelli.
Hepburn rappresentava una figura anticonformista di femminilità nella Hollywood degli anni trenta,
conosciuta per il suo carattere forte, viene citata da Anne Morey come un attrice «self-maker14».
Dall’altro lato Lemmon rappresenta la star classica per eccellenza, che incarna un determinato «tipo
sociale15», riprendendo la terminologia di Dyer, quello dell’«everyman16». Spacey sembra attingere
a queste due figure come esempi da seguire: la sua immagine di star è contrassegnata da una costante
ambivalenza tra apparire e scomparire, tra essere conosciuto per una determinata tipologia di ruoli,
come Jack Lemmon e allo stesso tempo rifiutare ogni categorizzazione al pari di Katharine Hepburn;
oscillando costantemente tra la visibilità paradigmatica delle star di Hollywood e uno desiderio di
scomparire dietro il personaggio, tipicamente teatrale. Il costante vacillare tra la condizione di attore
di cinema e attore di teatro segna la fama di Spacey. Secondo Dyer esiste una congiunzione tra queste
due entità. Per lo studioso il processo divistico è qualcosa che si origina proprio a partire dall’attore
di teatro, ma si sviluppa pienamente solo in relazione all’attore di cinema, come se esistesse qualcosa
di intrinseco al mezzo cinematografico che crea le star. Riprendendo Balatz, lo studioso afferma che
il primo piano è un aspetto significativo del linguaggio cinematografico che «rivela la personalità non
mediata dell’individuo17», cioè ne cattura l’unicità, aspetto centrale per il fenomeno divistico.
Facendo un salto indietro nel tempo e nella storia ritroviamo nella nota rivista di cinema, Bianco e
Nero, un articolo del 1938, scritto dal direttore Luigi Chiarini, in cui questi spiega la differenza tra
l’attore di teatro e quello di cinema. Mentre lo scopo del primo è far rivivere un personaggio già
12 Ivi p.12. 13 E. Morin, The Stars : an account of the star system in Motion Pictures, Grove Press, Inc., New York, 1961. 14 A. Morey, Grotesquerie as Marker of Success In Aging Female Stars, in In the Limelight and Under the Microscope:
Forms and Functions of Female Celebrity, (a cura di) S. Holmes, D. Negra, Bloomsbury, Londra,2011, cit.,p.114. 15 Cfr.R. Dyer, Star, British Film Institute, London,1979 [ tr.it. R. Dyer, Star, Kaplan, Torino,2003, cit.,p.67]. 16 J. Farr, James Stewart: On the Actor's Centennial, His Ten Best Films, in «The Washington Post», maggio 2011. 17 R. Dyer, op. cit.,p.29.
11
esistente che fa capo all’opera compiuta, l’attore cinematografico interviene creando un personaggio
che si origina con lui. In particolare Chiarini afferma che: «l’attore cinematografico interviene in una
fase che è ancora di creazione e non di interpretazione; egli […] dovrà contribuire a creare un
personaggio […] non è soltanto un interprete ma il creatore del film col regista18». L’attore di teatro
avrà il compito di far rivivere un personaggio esistente, quello di cinema darà vita al personaggio,
creandolo con sé. Proprio grazie a questo margine creativo, l’attore di cinema potrà diventare una star
a differenza di quello teatrale. Ritornando a Spacey, ciò che si cercherà di dimostrare è la doppia
natura del suo essere star, cioè il suo continuo oscillare tra l’essere una delle star di Hollywood più
influenti dell’ultimo ventennio e l’essere sconosciuto a livello di visibilità pubblica. Un’oscillazione
che determina un’immagine problematica, ma che carica la star del fascino enigmatico per il quale è
più conosciuta a livello internazionale.
1.2 Star of the 90s
L’immagine di ogni star prima di poter essere venduta deve essere costruita e stabilizzarsi su
elementi riconoscibili. Il percorso della costruzione della figura divistica di Spacey nell’universo di
Hollywood è segnato da fasi alterne. Se nei primi dieci anni della sua carriera viene relegato in piccoli
ruoli è perché l’industria non sa come sfruttare il suo talento recitativo. L’attore vanta un curriculum
da vero artista, ha studiato alla Juilliard di New York, proviene da Broadway, dove ha recitato a fianco
di Jack Lemmon in Long day’s Journey into Night, ma Hollywood non riesce a trovargli un posto
adatto. Kevin Spacey non vanta una bellezza da copertina. La sua immagine non può far leva sui suoi
tratti fisici. A vent’anni Spacey ne dimostra almeno dieci in più. Come lui stesso dichiara «I have
always looker older than I am19». Hollywood non può venderlo come un sex symbol come farà pochi
anni dopo con George Clooney. Ma come questi e altri attori della sua generazione il primo
riconoscimento gli viene grazie a un ruolo in una serie televisiva Oltre la legge- l’informatore di
Stephen J. Cannell. L’esperienza gli fa guadagnare un primo grado di riconoscibilità presso il
pubblico: «My frist lesson in the power of television. I’d walk down the street and people would yell
at me, Yo Mel!20», la sua figura di star inizia a modellarsi. Nonostante il personaggio che interpreta
abbia vita breve apparendo solo in sette episodi, ciò basta per imprimere alcune peculiarità che
verranno sfruttate ampliamente in seguito, incorporate in personaggi futuri. Il sorriso beffardo, lo
sguardo sprezzante e il cinismo del personaggio diventano i suoi tratti di fabbrica. Mel Profitt è fragile
18 L. Chiarini, U. Barbaro, L’attore: saggio di antologia critica, in «Bianco e nero» n. 16, 1938, Roma, p. 15. 19 P. Amos, Kevin Spacey, in «Bomb Magazine»,issue 29, Fall 1989 ( http://bombmagazine.org/article/1263/kevin-spacey ). 20 Ibidem.
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ma spietato, ha uno strano rapporto ossessivo per la sua sorella gemella, affetto da crisi nervose a cui
solo lei può rimediare somministrandogli un mix di eroina e anfetamina sotto la pianta del piede. La
stessa fragilità aveva caratterizzato uno dei suoi primi ruoli cinematografici Subway thief, la sua prima
apparizione in un film, Heartburn di Mike Nichols. Capelli tinti di arancione, look punk, cede il posto
in metropolitana a una Meryl Streep incinta, le fa l’occhiolino. Subito dopo riappare, nel gruppo di
ascolto che la donna frequenta, per rapinarlo. È un criminale alle prime armi, non incute timore ai
malcapitati. «I’m sorry for your ring lady» dice alla donna incinta dopo averla derubata prima di
fuggire.
Wiseguy didn’t turn Spacey into a movie star, but it put him solidly on the map. He
demonstrated a remarkable ability to bring energy and detail to a thankless, underwritten
supporting role, such as Ted Danson’s brother-in-law in Dad (1989) and Henry Miller’s buddy
who goes nuts in Henry & June (1990), which, in Hollywood, can be a self-defeating way to stand
out: It may make directors think, That guy would be great in this thankless, underwritten
supporting role in my nextmovie!21
Ed è proprio in un supporting role che vince l’Oscar nel 1995 per I Soliti Sospetti di Bryan
Singer. Inizia un periodo d’oro per l’attore, che diventa riconosciuto al pubblico internazionale. Da
qui fino ai primi anni del 2000 la media è di due film all’anno. Nel 1998 Spacey appare sulla copertina
dell’Entertainment Weekly che arreca il titolo «Hollywood’s 25 greatest actors22» e l’anno successivo
viene nominato «best actor of the decade da Empire magazine» (fig.1). Potenzialmente Spacey ha
tutti i presupposti per essere una star ma, nonostante sia un personaggio di spicco nella Hollywood
degli anni Novanta, si trova ancora a un livello più basso rispetto a quello di volti noti. In Americani
di James Foley, Spacey interpreta il capo di un ufficio di vendite immobiliari. « It was sort of the first
role I play in a film that was a significant role for the telling of the story23». Conosciuto per essere un
film di attori, il cast di Americani non dà modo al suo talento attoriale di manifestarsi pienamente.
Spacey è oscurato dalla presenza di altri attori di Hollywood. Al contrario di Jack Lemmon e Al
Pacino, non è una star. Il suo talento non può competere con la fama del resto del cast e proprio per
questo gli viene assegnato il ruolo di John Williamson, il capo non rispettato e trattato come l’ultima
ruota del carro. L’ambiente chiuso dell’ufficio di Americani, dove si svolge gran parte del film, può
in tal senso essere visto come la Hollywood dei primi anni Novanta, con i suoi pilastri (Jack
21 P. Dyess-Nugent, Whatever happen to Kevin Spacey? On actin as spin control, in «A.V. Club», March 2013, ( http://www.avclub.com/article/whatever-happened-kevin-spacey-202122 ). 22 http://www.everythingspacey.com/images/entertainmentweeklyaug7-1998.jpg 23 Inside the Actor Studio with Kevin Spacey, Youtube, 22/01/2015, https://www.youtube.com/watch?v=kHhnXx7J3zw.
13
Lemmon), le sue star (Al Pacino). Se ad Hollywood, la fama di Kevin Spacey come attore precede
quella di star, non ha chance in un universo in cui l’unica cosa che conta è brillare.
(fig.1)
1.3 Anti-star stardom
Secondo Cristina Jandelli «L’ambito in cui l’immagine divistica prende forma è molteplice:
all’immagine filmica del divo, costituita da tutte le sue interpretazioni, si affianca la sua immagine
mediatica che trasfigura, analogamente a quanto fa la pellicola24». Questo secondo tipo di immagine
si configura in relazione alla visibilità del personaggio, le sue apparizioni in pubblico, il gossip che
alimenta. Si scrive di lui: « We know more about the surface of Mars than about Kevin Spacey's
life25». La sua vita privata è sconosciuta e questo determina l’impossibilità di creare un immagine
pubblica alla quale affezionarsi. In un’epoca in cui le star incarnano il giusto way of life, una vita fatta
di lussi da ostentare, sottrarsi a questa strategia di visibilità significa essere condannati a un ruolo
marginale. D’altronde l’attore ha sempre espresso la volontà di tenersi a distanza dal gossip e dalle
apparizioni in pubblico. Allo stesso tempo però questa segretezza ha reso l’immagine di Spacey
sempre più enigmatica e ne contribuisce ad arricchire il fascino. Per questo suo modo di “non
apparire” Spacey incarna un tipo diverso di celebrità e citando McDonald si può parlare di «anti-star
stardom26». Nascendo come attore di teatro Spacey non ha mai abbandonato quella fama di prestigio
che si è originata intorno alle sue prime apparizioni sul palcoscenico e come più volte ha ribadito «I'm
not a celebrity, that's not a profession, I'm an actor 27». La sua carriera teatrale e l’aver preso parte in
24 C. Jandelli, Breve storia del divismo cinematografico , Marsilio, Venezia, 2011, cit., p.10. 25 P. Bracchi, Why is Kevin Spacey so secretive?, in «The Daily Mail», aprile,2004. 26 P.McDonald, Hollywood Stardom , Wiley-Blackwell, Hoboken, 2013, cit., p.224. 27 P. Hossli, Fame hasn’t really intruded on my life, in «IWC Magazine», aprile 2007.
14
piccole produzioni indipendenti accrescono l’aura artistica intorno alla sua figura. Si tratta di
iniziative tramite le quali l’attore vuole differenziare il proprio lavoro rispetto a quello di altri
personaggi di Hollywood, che basano la propria fama perlopiù sulla visibilità del loro stile di vita.
Come afferma Allen:
the desired goal for the actor in such exercises- apart from, admittedly, in certain cases a
true desire for a different acting experience – is to garner positive reviews about the actor’s ability
to pull off a coherent and believable performance, live- i.e. ‘real’ acting … in attempting these…
roles, stars are attempting to win the critical kudos, and audience acceptance, which will confirm
their eminence within the industry 28
Questo aspetto che caratterizza il suo modo di guardare al successo si è rafforzato dopo la
vittoria del suo secondo Oscar per American Beauty. Secondo McDonald:
Awards represents a form of currency in the film culture, the value of which is not
defined, at least ostensibly, by the commercial terms of the money economy but rather by the
effects they achieve in what James F. English (2005) refers to as the “economy of prestige”. Film
awards have symbolic rather than economic value: they are tokens of esteem, and as such can be
understood as representing a form of what Pierre Bourdieu describes as “symbolical capital”29.
Il disinteresse economico della star, la sua volontà di non apparire sui rotocalchi, se non
quando si tratta di parlare di progetti artistici fanno di lui una prestige star, coniando la terminologia
di McDonald. La sua vendibilità fa leva sul capitale simbolico accumulato grazie ai riconoscimenti
vinti. Ma per quanto la star voglia tenere segreta la sua vita privata, distanziarsi dal mondo del gossip
nell’universo di Hollywood è contro natura. Il sociologo francese Edgar Morin aveva ritovato nel
gossip un elemento essenziale nel definire una star come tale, descrivendolo come «the nutritive
plankton of the star system30». Paradossalmente La segretezza dell’attore ha portato all’effetto
contrario rendendolo oggetto di pettegolezzi legati alla sua vita sentimentale e alla sua presunta
omosessualità. Secondo Weiss:
rumours and gossip constitute the unrecorded history of the gay subculture […] is
commonplace knowledge within the gay subculture is often completely unknown on the outside,
or if not unknown, at least unspeakable. […] on making homosexuality invisible and unspleakble
28 M. Allen, Contemporary U.S. Cinema, Harlow, Essex: Pearson Education, New York, 2003, cit., p. 126. 29 P. McDonald, Hollywood Stardom, Wiley-Blackwell, Hoboken, 2013, cit., p. 216. 30 E.Morin, The Stars, Grove Press, New York, 1961, cit.,p.90.
15
that both requires and enables us to locate gay history in rumour, innuendo, fleeting gestures and
coded language31.
In un’intervista del 1997 «Kevin Spacey has a secret32» dell' Esquire, il giornalista Tom Junod
si dice certo dell’ omosessualità dell’attore, facendo leva sul ruolo interpretato quell’anno da Spacey
nel film di Eastwood Mezzanotte nel giardino del bene e del male . Nel corso dell’articolo il
giornalista descrive il suo incontro con l’attore e nel farlo tende a sfatare i confini tra attore e
personaggio. Nel film infatti Spacey interpreta un ricco antiquario gay assassino del suo giovane
amante. Nell'intervista si legge una dichiarazione dell’attore:
I live in a world in which I work with many different people all they long. They are my
friends, and I love them. Many of these people are gay or homosexual. And I can't imagine feeling
the need to jump up and say, 'I'm not one of them '. If anyone want to think that they are absolutely
free to think that. I have no interest in confirming or denying that at all. It's just of no interest to
me. So what ?33.
All'uscita dell'articolo Spacey lo additò come disonesto e malizioso, intentando una causa
contro il giornalista. Da quel momento in poi alle domande sulla sua sessualità, Spacey preferisce
non rispondere. Ma proprio dopo queste prime insistenti accuse e con l’accrescersi della sua fama, la
star ha iniziato a farsi vedere in pubblico con Dianne Dreyer. In un’intervista per il Sunday Times
Magazine risalente al dicembre 1999 dichiara: «I’ve been in a stable relationship for a very long time,
but she does not want to be know. We never want to be perceived as a couple, or even worse, as some
kind of showbiz couple34.». Al di là della veridicità della storia tra i due, che sembra essere
letteralmente scomparsa nel tempo, l’atteggiamento privato della star contribuisce a caricare di
mistero la sua vita al di fuori dello schermo e paradossalmente si dimostra come una strategia, un
presupposto per la sua fama. «Spacey is an unknown and loved as such35». E come afferma Frank
Underwood, il personaggio interpretato dall’attore nella serie House of Cards: «there is a value on
having secrets. We wouldn’t be themselves without them».
1.4 Oscar Curse
31 A.Weiss, A Queer Feeling When I look at you: Hollywood Stars and Lesbian Spectatorship in the 1930s, in C.
Gledhill, Stardom: Industry of desire, London, New York, Routledge, 1991, cit., pp. 283-99. 32 T. Junod, Kevin Spacey has a secret, in «Esquire», ottobre 1997. 33R. Tamblyn, Looking closer: Kevin Spacey the Frist 50 years, iUniverse Inc.,Bloomington, 2010, cit., p.53.
34 P. Marlow, Spacey’s Odissey, in «The Sunday Times Magazine», dicembre 1999, cit., pp. 34-38. 35 T. Austin, B. Martin, Contemporary Hollywood Stardom, Oxford University Press., New York, cit., p.20.
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La vittoria di un Oscar rappresenta il massimo riconoscimento di Hollywood per Hollywood.
Come precisa McDonald:
The Academy’s membership is predominantly drawn from the US professional film
community, and although the Oscar are open to embracing a wide diversity of films from across
the world, for over 80 years now the voting of the Academy has overwhelmingly focused on
celebrating English-language-and in most of case American produced- films which frequently
came from Hollywood majors.[…] the hegemonic status of the Oscars in the international system
of film awards mirrors the economic dominance of Hollywood36.
Se prima di American Beauty, Spacey era stato relegato a interpretare personaggi cattivi, in
supporting roles, con la parte di Lester Burnham, l’attore dimostra di poter essere altro e soprattutto,
un protagonista. Ma è proprio in questo momento che la sua fama decresce. Spacey vuole espandere
i suoi orizzonti di attore, non essere riconosciuto solo per una categoria di personaggi, ma provare le
sue capacità artistiche. Ma il pubblico non riesce a vederlo in vesti diverse dal cattivo di turno o
quanto meno in ruoli in cui non sia presente una certa ambiguità. Per questo viene inserito nella
classifica delle venti star che sono famose per aver scelto ruoli sbagliati dopo la vittoria di un Oscar:
Have you heard of Ordinary Decent Criminal? Nope, neither had we. The direct-to-video
bomb has the dubious distinction of being Spacey's follow-up to his Best Actor win for 1999's
American Beauty (he took home a Supporting Actor Oscar four years earlier for The Usual
Suspects). After Criminal, Spacey made a series of Oscar-bait projects that were more gratuitous
than grand, including Pay It Forward, K-Pax, and Beyond the Sea37.
Ruoli come quelli che interpreta in Un sogno per Domani, The Shipping news-ombre dal
profondo e The life of David Gale si rivelano degli insuccessi, sia per l’attore che al botteghino,
recuperando a stento il budget di produzione. « This is the highlight of my day. I hope it’s not downhill
from here..38» così Spacey accetta il suo secondo Oscar, parole che si rivelano profetiche guardando
agli insuccessi futuri. La sua fama crolla irrimediabilmente a seguito di scelte sbagliate. Scrive Robin
Tamblyn: «Kevin Spacey is not Tom Hanks. If Tom Hanks is your average-joe, Mr. All-America,
Spacey is somewhere out in the Atlantic. Tom does warm, Kevin does icy, Tom does sincere, Kevin
does sly. Tom does cute puppy dog, Kevin does slippery snake. If the Eden serpent had hailed from
New York, it would have sounded like Kevin Spacey. “David Gale” was a Tom Hanks role39». Spacey
36 P.McDonald, Hollywood Stardom, op. cit., p.231. 37 The Worst Post-Oscars Career Choices , Frist published in «Premiere Magazine», 2007;
http://ohnotheydidnt.livejournal.com/11824247. 38 Kevin Spacey Wins Best Actor: 2000 Oscars, 04/01/2010; https://www.youtube.com/watch?v=WCjt7PME5_E. 39 R. Tamblyn., Looking closer: Kevin Spacey the Frist 50 years, iUniverse Inc.,Bloomington, 2010, cit.,p.63.
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non rientra in quel tipo di ruoli. La star cade vittima del cosiddetto Oscar Curse40 , ricevendo critiche
negative: «The real point is that we’re all supposed to feel real good about Kevin Spacey finally
coming out of his shell. Sorry: He lost that shell a long time ago41». L’immagine di Kevin Spacey
prima di questi insuccessi è legata a una determinata categoria di ruoli e generi. Spacey è apprezzato
in crime stories, nel genere thriller e drammatico, ogni qual volta si tratta di interpretare personaggi
ambigui, criminali psicopatici, spesso terrificanti ma non per questo mancanti di un certo humor o
ruoli machiavellici dalle spiccata eloquenza. «When will Kevin Spacey go back to doing what he
does best42?» si legge su Usa Today nella recensione per K-pax. La scelta di espandere la sua gamma
di ruoli non va a buon fine e da questo momento in poi l’attore inizia ad alternare parti più
convenzionali alla sua immagine, che si rivelano esserne quasi una parodizzazione, a progetti più
creativi, finanziati dalla sua casa di produzione fondata nel 1997 con Dana Brunetti. Ma la svolta più
significativa è il ritorno alle sue origini teatrali.
1.5 Lo sfruttamento del brand Spacey: Trigger Street Productions e la carriera all’Old Vic
Theatre
Dopo aver ottenuto il secondo Oscar, Spacey viene lanciato nel firmamento delle star di
Hollywood e consacrato con una stella nella celebre Walk of fame di Los Angeles. American Beauty
è il suo più grande successo al botteghino, con un incasso di 356 mila dollari in tutto il mondo. Ma
proprio nel momento in cui la star viene consacrata e riconosciuta come tale, sceglie di allontanarsi
da Hollywood per diventare direttore artistico del teatro Old Vic a Londra. «I was beginning to feel I
just didn’t want to go through another 10 years of living in hotels, making three or four movies a year.
I long for the ritual of theater. I adore it. And I want to do plays that challenge me. The movies are
not my first priority – the theater is43 ». La scelta di scomparire nel momento in cui Hollywood
richiede la sua presenza accresce la sua fama di prestige star. Spacey si trasferise a Londra per
dedicarsi a tempo pieno al teatro. Nonostante lo scetticismo iniziale della stampa inglese, l’attore
conquista la scena teatrale britannica e riceve l’onorificenza di comandante onorario dell’ordine
dell’impero Britannico per il suo servizio prestato al teatro. In più, la sua presenza di star
hollywoodiana attira a teatro spettatori non abituali. Con il trasferimento a Londra, Spacey diventa
una star europea e scompare completamente dalla televisione statunitense. Allo stesso modo la sua
40 Victims of the Oscar Curse in « AMC Movies », http://movies.amctv.com/movie-guide/victims-of-the-oscar-curse/ 41 O. Gleiberman , The shipping news, in «Entertainment Weekly», dicembre 2001;
http://www.ew.com/article/2001/12/20/shipping-news . 42 C. Puig, Loopy K-Pax is lost in Spacey, in «Usa Today», 25 ottobre 2001;
http://usatoday30.usatoday.com/life/movies/2001-10-26-k-pax-review.htm . 43 M. Coveney, I Know I’m a Big Target, in «The Guardian», September 2005.
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carriera cinematografica riceve un forte arresto, pur non bloccandosi del tutto. Proprio nel momento
in cui iniziano a formarsi schiere di ammiratori al suo seguito la star scompare, gettando i fan nello
sconforto:
«I was just reading one of this Old Vic articles that was online today and am very alarmed
at one comment attributed to Kevin this morning. I snipped it from the BBC website:
Spacey said he would not be giving up his film career for entirely, but that the Old Vic
theatre companies and his Trigger Street production would be his “primary focus”.
Not giving up his film career ENTIRELY? Was that ever a possibility? Well, that’s just
great. His theatre work is only accessible to fans who can go to London. […] What the heck am I
supposing to do for the coming years that Kevin is doing his theatre work? Really, Kevin..don’t
you realize it’s not all about you?44».
Questa è solo una delle tante reazioni dei fan alla sua scomparsa dagli schermi. Il culto della
figura divistica da parte dei fan è uno degli aspetti fondamentali dello star system. Negli anni Dieci,
la scelta delle Major di diffondere il nome dei volti più famosi è stato l’atto fondativo del sistema. Da
quel momento schiere di ammiratori hanno potuto riunirsi in fan club dedicati alla star. Nel panorama
contemporaneo di Internet questo fenomeno è amplificato dalla possibilità di comunicazione offerte
dalla rete. Come riporta Pullen «the internet has mainstreamed fandom, allowing more viewers to
partecipate in activities usually reserved for altrenate communities45». L’eclissarsi di Spacey
all’indomani del successo ottenuto e la carriera teatrale accessibile a pochi manda in crisi i fan
dell’attore. Ancora una volta viene meno un elemento fondamentale che gli permetta di essere una
star tradizionale, ma che paradossalmente, accrescendone l’enigmaticità, ne determina il successo.
Ma a ben vedere Spacey non abbandona la sua carriera cinematografica. Lo ritroviamo ogni anno con
almeno un titolo. La sua strategia sembra più far capo alla volontà di intraprendere nuove strade
sfruttando il suo successo di star che distaccarsi completamente da Hollywood, che resta il canale
prediletto per avere visibilità a livello mondiale. A questo punto della sua carriera Spacey può contare
già su una certa fama, il suo nome è conosciuto: «star name [...] describe a collection of meanings.
Stars are well known actors and the star name functions to compress what is known of the person. In
Hollwood stardom, names alone are enough to bring to the screen rich collections of pre-conceived
ideas about a performer46». Dopo aver collezionato una serie di ruoli di culto e soprattutto dopo i due
Oscar vinti, Spacey può vantare un successo legato alle sue qualità di star di prestigio. Il suo nome si
44 In «Driving Mr Spacey», News, April 22, 2004 (http://www.drivingmrspacey.com/NewsJanApril2004.htm). 45 K. Pullen, I-Love-Xena.com: Creating Online fan Community, in D. Gauntlett (ed.), Web studies, Arnold, London,
2000. 46 P. McDonald, Hollywood Stardom, op. cit., p.50.
19
fa portatore di un insieme di valori consolidati attraverso una carriera di successo, in questo senso
Paul McDonald parla di star come brand, cioè di un’entità vendibile in quanto basata su tratti
riconoscibili: «the star is a person-as-brand, a symbolic vehicle used to create a set of impressions
deployed in selling a particular film experience […] star names serve symbolic/cultural and
economic/commercial functions, not only designating a particular identity but also a proposition in
the market […]the name is a market of uniqueness 47».
Il brand di Spacey si carica di elementi legati alle sue qualità di prestige star: il suo talento
attoriale, la sue versatilità, una certa eleganza, la sua segretezza, l’enigmaticità che ne deriva, il tutto
legato a un giusto senso dello humor. Grazie alla fama acquisita la star può dedicarsi a iniziative
diverse, operando in tal senso un’espansione del suo brand. Oltre ad abbandonare Hollywood per
Londra, per prendere le redini di un teatro, la star fonda una propria casa di produzione, la Trigger
Street Production, un atto che gli permette di avere vantaggi sia sul piano dell’autonomia creativa sia
su quello economico. Basinger definisce le star del nostro tempo delle «neo star» affermando che:
«Today actor and actress float across and around stardom. They take jobs as they choose, accept
whatever billing is appropriate to the role, keeping careers moving from film to film, country to
country, big budget flick to small independent movies, from film to television to stage- whatever and
wherever48 ». Oggi l’attore di Hollywood non è più legato tramite un contratto a una società di
produzione ma è libera di muoversi autonomamente. Il nome di Spacey, grazie al suo brand e alle
iniziative che contribuiscono ad arricchirlo si fa veicolo di una certa unicità nel mondo di Hollywood.
L’attore usufruisce di questa unicità facendosi promotore di iniziative con scopi artistici. Unita alla
sua casa di produzione la missione della Kevin Spacey Foundation è «to educate and inspire new
talent through the creative arts49». Si legge ancora nella descrizione della pagina Facebook della
fondazione:
Kevin Spacey himself is a well recognized artist with an amazing and deep understanding
of what the arts can do for people. As a young man, he was given the opportunity to learn from
great artists such as actor and musician Jack Lemmon. It was from these early experiences that
Kevin Spacey was able to be inspired and grow into the two-time Academy Award winning actor,
director, screenwriter, and producer50.
Riassumendo la carriera dell’attore, questa breve descrizione racchiude tutti quegli elementi
che ne costituiscono il brand. Iniziative del genere mostrano la dedizione della star verso il mondo
47 Ivi, p.41. 48 J. Basinger, The Star Machine, Vintage books, 2009. 49 Kevin Spacey Foundation, pagina Facebook; https://www.facebook.com/kevinspaceyfoundation/info?tab=page_info . 50 Ibidem.
20
dell’arte e ancora una volta ne accrescono la fama di prestige star. L’impiego dell’immagine della
star avviene non solo nell’universo cinematografico, ma anche in quelle che McDonald chiama
«commercial extensions», per esempio in spot commerciali. Spacey è stato scelto come volto per una
serie di spot dell’American Airlines per promuoverne la prima classe. Nel primo interpreta se stesso,
ne è sia la voce narrante che il personaggio principale: «You know I’m asking all the time by the
people come at the Old Vic, just which are the beast sits in the house. Well, I got to tell you: that’s
all depends of what make a great sit a great sit51 ». Le immagini lo mostrano nella platea di un teatro
e poi in diverse situazioni, tra una folla a una partita di basket, mentre si siede al tavolo di una
biblioteca e infine su un aereo della compagnia «we all know when you find the right sit». Lo spot
utilizza appieno il brand della star: da americano che dirige un teatro londinese Spacey è costretto a
viaggiare molto e nel farlo sceglie il top del top delle compagnie americane. Lo stile dello spot è
sicuramente conforme alla sua immagine di star e il fatto che venga narrato in prima persona
dall’attore è significativo del valore della sua voce. Per la stessa compagnia, Spacey è ancora
protagonista in una serie di spot diretti da Michel Gondry. Oltre a comparire nelle vesti di se stesso,
la star interpreta altri tre personaggi molto diversi tra loro, dei quali vengono mostrati frammenti di
vita. A metà della pubblicità compare la voce di Spacey «To be an actor you have to be an observer.
You have to really get inside the skin of other people. Everyone is an individual; it’s a truth that every
actor understand but none every air lines. I want one that treats me like me, whoever I have to be52».
Ancora una volta il prodotto fa leva sulle sue qualità di star, in questo caso la sua fama di attore e la
capacità di celarsi nei personaggi che interpreta. Come afferma il direttore della casa di produzione
dietro agli spot: «It was weird shooting with him as a totally different character each day. The crew
didn't recognize him when he came on set, even on the third day. You completely forgot it was Kevin
Spacey in there. In fact, it was a bit of shock to see him as himself on day four53» Ma come star
Spacey è anche un’ icona di stile e eleganza e il fatto che pubblicizzi la prima classe non è casule. In
questi spot viene operato un trasferimento di significati tra star e prodotto venduto. Esplicitamente
Spacey compara il suo mestiere di attore all’esperienza di un viaggio in prima classe. Come ogni
attore comprende l’unicità del personaggio che interpreta, l’American Airlines capisce le esigenze di
ogni singolo passeggero.
51 American Airlines Commercial with Kevin Spacey, Youtube, 28/09/09;
https://www.youtube.com/watch?v=7uwfbxw4BKs . 52 American Airlines | comercial da primeira classe com Kevin Spacey #MKTmais.com ,Youtube, 15/11/11;
https://www.youtube.com/watch?v=UNI36twOfDc. 53 S. Writer, New American Airlines and show the many faces of Kevin Spacey, November 2011;
http://www.thedrum.com/news/2011/11/08/new-american-airlines-ad-shows-many-faces-kevin-spacey
21
1.6 Performance narcisistica in Beyond the Sea
Le idee racchiuse nel brand Spacey sono legate al suo ruolo di star di prestigio, che si fa
veicolo di una produzione di valore, ossia di progetti con finalità artistiche. In questo senso grazie
alla sua società di produzione Spacey ha potuto diversificare la sua carriera dedicandosi a iniziative
più personali. Con Beyond the Sea, la sua seconda regia cinematografica, Spacey si lancia in una
nuova esperienza, il musical. L’attore fa un passo avanti producendo, dirigendo e interpretando,
plasmando uno spettacolo personale col pretesto di un biopic, quello del cantante attore Bobby Darin.
Per prepararsi al ruolo, frequenta lezioni di canto e parallelamente all’uscita del film porta in tour il
suo talento canoro del quale aveva già dato un assaggio interpretando la colonna sonora di Mezzanotte
nel giardino del bene e del male. L’attore all’ora quarantacinquenne, ha in mente il progetto da alcuni
anni, ma si vede più volte rifiutare la possibilità di interpretare Darin che all’epoca della sua
scomparsa ne aveva trentasette. Ma Spacey tiene troppo al progetto tanto da acquisirne i diritti e
autoprodursi. Utilizzando il musical, genere dello spettacolo per eccellenza, Spacey mette in scena la
sua stessa scalata al successo. Molte delle tappe della vita di Darin infatti sembrano combaciare con
quelle dell’attore e questo lo porta a trascurare quelle che non fanno al caso suo, con le quali non può
trovare alcun legame. La storia di Darin gli fa comodo in quanto servendosi di essa l’attore può
autocelebrare se stesso come divo. Una delle immagini promozionali (fig. 2) del film è significativa.
Al centro una figura in primo piano della quale sono mostrati i ¾ del volto tiene in mano un
microfono. Il volto appare facilmente riconoscibile come quello di Spacey, grazie alla sua
inconfondibile fossetta sulla guancia. La scritta più grande della locandina si legge in alto a sinistra
«Spacey dazzles», sotto la quale recensioni lusinghiere del film e i nomi degli interpreti principali. Il
sottotitolo the voice, the passion, the confience è ambiguo in quanto può essere riferito a entrambi i
personaggi il Darin ricreato dall’attore e a Kevin Spacey stesso. Il primo tratto infatti the voice assume
una valenza particolare dal momento che non è la voce di Darin quella che sentiamo cantare nel corso
del film ma quella di Spacey che interpreta Darin. Così come The passion e The confidence sembrano
essere due tratti facilmente attribuibili anche e soprattutto al Kevin Spacey che conosciamo, alla sua
immagine di star. Si è già accennato a come la figura dell’attore non si sia modellata sull’aspetto
fisico come punto di forza, ma piuttosto su tratti “qualitativi”. La prima scena del film dopo il logo
della Trigger Street si apre con una serie di carrellate all’indietro che rivelano il passo svelto di una
serie di uomini in smoking, tra questi spicca al centro Spacey/Darin. Il personaggio appare già nel
suo essere star, si atteggia con un sigaro in mano, firma autografi (è all’apice della sua carriera, si
tratta infatti del suo decimo anniversario nel mondo dello show business come annuncia la voce del
conduttore). Lo vediamo impugnare il microfono e salire sul palco di un locale gremito di pubblico,
parte la prima canzone Mack the knife, ma la performance si blocca quasi subito, il cantante pensa di
22
poter fare di meglio, il locale si rivela in realtà un set cinematografico di quello che deve essere un
film su se stesso. Subito dopo un giornalista si avvicina a Darin per fargli delle domande ma al suo
rifiuto di rispondere questi afferma « he’s too old too to play this part». Anche in questo caso si viene
a creare un cortocircuito tra realtà e finzione. La stessa accusa è stata rivolta a Kevin per aver scelto
di impersonare Darin nonostante l’età. Una scelta tutta personale che fa capo alla sua esigenza di
ripercorrere non tanto la vita del cantante, quanto la sua esperienza, in particolare il suo rapporto con
la madre (non a caso il film si chiude con una dedica speciale, «for mother»). Come racconta Spacey
nelle interviste per la promozione del film è stata proprio sua madre, grande fan del cantante ad
avvicinarlo alla sua musica e alla sua storia. Il film gioca molto sul rapporto madre-figlio. La figura
materna ricopre un ruolo importante nello sviluppo della carriera del cantante, nonostante si scoprirà
che la donna è in realtà sua nonna e la sua vera madre, sua sorella, rimasta incinta molto giovane; è
la madre che spinge il figlio verso la carriera musicale, volendo fare di lui il nuovo Frank Sinatra.
Così come Darin rivolge un ringraziamento speciale alla madre dopo la sua prima esibizione al
Copacabana, l’attore Spacey ricevuta la statuina la notte degli Oscar 1996 dedica la vittoria alla sua
accompagnatrice: «Thank you so much mom for driving me to those acting class on Ventura
Boulevard when I was sixteen. I told you that I will pay off and here’s the boundy54». Ancora una
volta la realtà plasma la trama del film allontanandolo da un biopic tradizionale, incorporando al suo
interno tratti autobiografici della star. D’altre parte è lo stesso Spacey a dichiarare «Beyond the Sea
is not a linear story at all. It's not what people will expect and it's not a biopic. It's my statement55».
Ma Beyond the Sea è anche e soprattutto un musical, con il suo eccesso di colori e le sue esibizioni
volteggianti. Il genere per eccellenza che rivela la realtà dietro la finzione, in cui la storia si blocca e
il dispositivo spettacolare si rivela in tutto il suo sfarzo. Come afferma Steven Cohan « It’s a truism
of show business, which the Hollywood musical celebrates again and again, that a star performer can
quite literally and quite spectaculary stop the show as a proof of his or her extraordinary talent». Ma
l’energico Spacey danzante e la sua faccia tirata dal prostethic make up non convince. L’ambizioso
progetto di Beyond the Sea riceve molte critiche negative, viene definito da molti un «vanity
project56» ed è un flop al botteghino con un budget di venticinquemila dollari ne recupera meno della
metà. Il film non decolla, ma Spacey riceve una nomination al Golden Globe per la sua performance
e avvia una carriera da cantante che continua tuttora per lo più a scopi benefici per la Kevin Spacey
Foundation.
54 Kevin Spacey Wins Supporting Actor: 1996 Oscars, Youtube, 04/01/2014;
https://www.youtube.com/watch?v=IVktfCKxf4M . 55 L. Hoggard, All life is here, in «The Observer», novembre 2004;
http://www.theguardian.com/film/2004/nov/21/awardsandprizes.features. 56 Bonfire of the Vanities, in «Fade In»; http://fadeinonline.com/the-30-worst-vanity-projects-of-all-time.html.
23
(fig.2)
1.7 Ordinary Boy
In una società i cui i divi continuano a farsi promotori di uno stile di vita straordinario, tra
famiglie numerose da ostentare come sintomo di fertilità e oggetti di lusso, amori che vanno e
vengono, alla stregua di quelle storie di cui sono protagonisti sullo schermo, l’immagine di Spacey
come star discreta, si carica di un’ordinarietà con cui lo spettatore può relazionarsi e riconoscersi. Se
come mostra Dyer, il fenomeno del fandom ha sempre poggiato sulla ricerca da parte di gruppi di
appassionati della parte autentica delle star, che giace dietro la costruzione della figura sullo schermo;
il fatto che si sappia così poco della sua vita privata ha determinato dei vuoti nella figura della star
che però non hanno corrisposto a una caduta del suo successo, ma anzi hanno contribuito a caricare
di enigmaticità la sua figura e in particolare i personaggi a cui si presta a dar vita. In più, rifiutando
ogni categorizzazione in favore di progetti personali, Spacey sacrifica il suo ruolo di star per dedicare
la sua carriera all’arte. Ma a ben vedere, il fatto che la sua fama, nonostante l’allontanamento da
Hollywood e la segretezza della sua vita privata, non decada deriva anche dal fatto che essa intercetti
elementi importanti della cultura americana che, attraverso la figura dell’attore, può dimostrare di
essere altro rispetto alla pura trovata commerciale. Spacey diventa il simbolo della star freelance nel
nuovo panorama Hollywoodiano e al tempo stesso, usufruendo della fama guadagnata per
promuovere iniziative artistiche, diventa l’emblema della cultura americana di qualità. Se le star di
Hollywood sono il simbolo stesso di una nazione costruita per essere venduta come quella americana,
Spacey ne rappresenta l’eccezione e quindi il riscatto. Con il trasferimento a Londra, la star
24
simbolicamente immola la sua fama in favore dell’arte. Allo stesso tempo, la fama di prestigio
accresciuta grazie al suo ruolo nel contesto teatrale europeo, carica i progetti (hollywoodiani) più
recenti di elementi qualitativi. L’immagine di Kevin Spacey in sintesi, è bilanciata tra la sua fama di
star e l’ordinarietà di un uomo qualsiasi. Come si avrà modo di mostrare anche nel secondo capitolo
questa immagine si carica di significati in relazione soprattutto al ruolo della svolta, quello di Lester
Burnham in American Beauty, in cui il protagonista in crisi di mezza età, rifiuta la realtà consumistica
americana. Il film, non a caso resta il suo più grande successo di critica e di pubblico. Se le star, per
la maggior parte dei casi, sono guardate invidiate e emulate nel loro aspetto fisico guardare a una
figura come quella di Spacey significa guardare a una figura diversa; l’ordinarietà del suo corpo gli
conferisce un’autenticità maggiore in con cui lo spettatore può specchiarsi per riconoscersi.
2. Personaggi ricorrenti e crisi della mascolinità
« I think I'm through playing characters that are
affectless. I really like playing characters that are affected
- I'm really so much closer to that57 ».
2.1 Il tipo sociale del cattivo e la scomparsa dietro il personaggio
Per quanto obsolete alcune idee presenti in Star di Richard Dyer (il cui anno di prima
pubblicazione è il 1979), il testo costituisce ancora un punto cardine per questa categoria di studi.
57 S. de Rackoff, The Nice Man Cometh, Kevin Spacey chills on Broadway, in «Paper magazine», marzo 1999.
25
Facendo riferimento a Klapp, Dyer ne riprende la teoria dei tipi sociali 58, secondo la quale ogni attore
è destinato a interpretare una certa categoria di personaggi. Si tratta di una teoria che ben si confà alle
star della Hollywood classica. Nel panorama attuale gli attori nella loro autonomia, sono più liberi di
sperimentare ruoli diversi, non fissandosi su un tipo stabilito. Dopo aver interpretato «il diavolo in
persona» e averne vinto un Oscar per Spacey è impossibile staccarsi dalla fama di total badass 59.
L'attore è inevitabilmente legato al ruolo del cattivo: «Spacey was no model kid. He set fire to his
older sister's treehouse and got kicked out of a military academy for hurling a tire at another kid's
head60». Kevin è un cattivo nato e nasce come cattivo sullo schermo. Il ruolo che gli garantisce una
prima visibilità è quello di un criminale, Mel Profitt in Wiseguy. Da quel momento in poi l’attore è
diventato riconoscibile per quel tipo di ruoli e non credibile nelle vesti del marito amorevole di The
Shipping News- Ombre dal profondo o del professore premuroso di un Un sogno per domani. L’attore
appare due volte nella classifica «10 greatest villains of all time61» sulla rivista Total Film per John
Doe in Seven e Keyzer Soze ne I Soliti Sospetti. Nel 1995 vince come «Best villain62» per Mtv . Alla
cerimonia sale sul palco per ricever il premio da Gabriel Byrne (Dean Keaton ne I soliti sospetti).
Giacca di pelle, occhiali scuri, cappello di lana, ringrazia i fan. Il suo volto si presta a questo tipo di
ruoli. Ricco di enigmaticità, sempre impeccabile nell’aspetto, un personaggio volto a non destare
sospetti, ma che per questo è sempre il colpevole. Kevin Spacey è l’interprete ideale della figura del
super criminal: « The super criminal is intelligent, violent and often invisible he commits murder
and/or other crimes often for the more traditional motive of revenge, greed, or a misguided sense of
justice. […] Although he is ruthless and violent to the extreme in his crimes, he is admirable and even
justified in some respects in his acts of criminality63 » Nella maggior parte dei casi i suoi villains
occupano posizioni di potere, personalità sociopatiche anelanti di controllo e mossi da una volontà di
oltrepassare i limiti della morale comune senza curarsi delle sofferenze altrui 64 . È impossibile non
rivedere in queste caratteristiche ruoli come Lex Luthor in Superman Returns (2006) o quello del
sergente Jack Vincennes in L.a Confidential (1997) o ancora quello di Larry Hooper in L’uomo che
fissa le capre (2009). Così come è difficile non associare l'immagine di Kevin Spacey a quella di un
58 R. Dyer, op.cit., pp.67-84. 5911 Reasons Kevin Spacey Is A Total Badass,5 maggio 2014; http://www.buzzfeed.com/callofduty/reasons-kevin-
spacey-is-a-total-badass. 60 L. Rose, Kevin Spacey: 'House of Cards' Star on Why He Won't Play Carson; the Right Way to Say 'F---
Off',02/04/2014; http://www.hollywoodreporter.com/news/kevin-spacey-house-cards-star-692706 . 61 Kevin Spacey Biography; http://www.imdb.com/name/nm0000228/bio . 62 Kevin Spacey - Se7en - Best Villain - 1996 MTV Movie Awards, Youtube, 02/04/2014;
https://www.youtube.com/watch?v=q6vXLTpJLVs . 63 P. Gates, Detective man: Masculinity and the Hollywood detective film, State University of New York Press, Albany,
2006, p. 258. 64A. Momigliano, Confessioni di una sociopatica, in «Rivista Studio», ottobre 2013,
http://www.rivistastudio.com/editoriali/libri/confessioni-di-una-sociopatica/ .
26
personaggio curato, fresco di rasatura (è raro vederlo con la barba anche pubblicamente) e in smoking,
spesso presentato dietro a una scrivania, uomini che vogliono dare un'idea impeccabile di sé.
2.1.1 Keyser Söze è John Doe
La cura dei dettagli a livello estetico si trasforma in trame sofisticate messe in atto da figure
psicopatiche come Keyser Söze (The Usual Suspect) e John Doe (Seven). Entrambi burattinai, astuti
calcolatori, mettono in atto piani da “perfetti criminali” (Un perfetto criminale è il titolo di un film
interpretato dall'attore nel 2000) senza tralasciare alcuna prova che li incrimini. Analizzando i due
personaggi (di cui entrambi i film sono del 1995) questi sembrano fratelli gemelli separati alla nascita
o addirittura la stessa persona. Il primo, Roger “Verbal” Kint alias Kayser Söze, appare per la prima
volta nel film in sede di interrogatorio, inquadrato frontalmente dietro una scrivania. I poliziotti sono
di spalle alla macchina da presa, ad anticipare la loro inferiorità nel risolvere il caso. Solo alla fine
infatti, dopo che Kint è stato rilasciato, l'agente doganale Kujan capirà la sua vera identità, quella del
misterioso criminale che sta dietro l'intera vicenda. Dal suo racconto “Verbal” si presenta come un
criminale fragile. Quando lo vediamo per la prima volta a figura intera, continua la sua deposizione,
in flashback mentre viene trasportato in cella: «non riuscivo a capire come fossi arrivato lì, insomma
quelli erano rapinatori seri, eppure c'ero anche io», parole che fanno da contrappunto al primo piano
del suo passo trascinante affetto da una menomazione fisica. Per tutta la durata del film il personaggio
è presente ma al tempo stesso invisibile, come se una parte della sua identità sfuggisse costantemente.
Nella scena che vede i cinque personaggi accusati in cella, quattro di loro parlano facendo
supposizioni sulla situazione, Kint si trova in disparte e non è inquadrato fino a quando viene tirato
in ballo da uno dei quattro («io voglio sapere chi è lo zoppo»). Allo stesso modo si dilegua alla fine
del film, un attimo dopo che l'agente ha ricevuto il disegno riconoscendolo come Söze. Stesso sguardo
imperturbabile, stessa capacità di eclissarsi è presente in John Doe, il criminale di Seven. Il titolo
richiama la catena di delitti ispirati ai sette peccati capitali sui quali investigano i due detective
Somerset (Morgan Freeman) e Mills (Brad Pitt). La prima scena in cui compare l’assassino, è quella
in cui questi arriva al commissariato per costituirsi. Rilevante è l'analogia che si riscontra tra il finale
de I Soliti Sospetti in cui Söze, dopo aver regolarizzato il suo passo da storpio, sale in macchina per
scomparire nel traffico e la prima apparizione di Doe. La scena si apre con un Taxi che si ferma di
fronte al commissariato, segue il piano ravvicinato di piedi che scendono dall'auto, la macchina da
presa li segue da dietro mentre questi cammina, l'inquadratura si allarga e mostra l'intera figura del
personaggio, con un movimento che ricorda quella della prigione del film di Singer. Il movimento
determina una forte suspence. Quando entra nel commissariato con la camicia e le mani sporche di
sangue, scopriamo l'identità dell'uomo (e dell'attore). Non è solo John Doe a eclissare la sua presenza
27
dietro la serie di omicidi ma è lo stesso Kevin Spacey che accettando di non comparire nei titoli di
testa e non prendere parte alla campagna mediatica del film accetta di farsi personaggio. Un
espediente che si rileva di grande successo per portare alla massime conseguenze la suspence della
storia. Entrambi i cattivi descritti sono personaggi che scompaiono: «Keyser soze is a criminal of
mytical stature65». Sostituendo il termine criminal con celebrity lo stesso si può dire di Spacey. La
strategia dello scomparire dietro il personaggio è la stessa adoperata dall'attore nella vita reale, velata
da una patina di segretezza della quale dichiara in un'intervista nel 1998 per il London Evening
Standard: «It's not that I want to create some bullshit mystique by maintaining a silence about my
personal life, it is just that the less you know about me, the easier is to convince you that I am the
character on screen. It allows an audience to come into a movie theatre and believe I am that person
66».Un piano volto a fare acquisire verosimiglianza al personaggio: «Kevin Spacey so submerges
himself in his characters that he disappears before your very eyes... Kevin Spacey is not Kevin
Spacey. That is the Spacey seen on the screen over the past decade is not the real Spacey. Spacey
knows the actor must constantly reinvent himself to stay ahead. And you can bet he's working 24:7
to make us believe in new lives, new stories. And like that, he’s gone…67». Spacey sacrifica la sua
fama in favore dell’arte e in ciò si conferma una prestige star. Entrando nei personaggi che interpreta,
questi diventano parte del suo enigma. John Doe in Seven è un uomo che non esiste, non ha un conto
in banca, né una occupazione, si taglia i polpastrelli per non avere impronte che ne permettano il
riconoscimento. Quando il detective Mills gli chiede chi sia veramente lui risponde «It doesn’t matter
who I am, who I am means absolutely nothing» e quando Somerset gli chiede «What makes you so
special that people should listen?» risponde con tono pacato «I am not special. I’ve never been
exceptional. This is though. What I’m doing … my work». L’unica cosa che conti per Doe è portare
a termine la sua opera di purificazione,il suo lavoro. Allo stesso modo Spacey è dedito al suo mestiere
di attore e ritiene superfluo tutto il resto. Come testimonia lo sceneggiatore de I soliti sospetti
McQuerrie , in riferimento al personaggio di Roger Verbal Kint :
the character changed and developed, and Kevin Spacey came in and began to give him
life, he became smarter, and it doesn’t serve the film, as a film, that Verbal is dumb. In the script,
Verbal’s presented as a Dummy. I didn’t want the reader to suspect for a second that Verbal knew
anything. In the film he’s got something going on, and it’s okay that the audience knows that; it
65 P. Gates, Detective Man: Masculinity and Hollywood Detective Film, State University of New York Press, Albany, 2006. 66 N. Neil, Inner Spacey, in «London Evening Standard» ,1998; http://www.standard.co.uk/goingout/theatre/inner-
spacey-7435362.html.
67 J. Glover, Inside Film 18, 1999, cit.p.28-9.
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makes him more fascinating. In fact, you’re so busy trying to figure out what is he knows, you
don’t stop to think about who he is68.
Ma per quanto voglia apparire esclusivamente come personaggio, si tratta di una strategia
vincente solo in parte. L’attore sta bene nei panni di quei personaggi perché ne adotta la volontà di
scomparire, diventando loro nel momento in cui decide di non mostrarsi come star ma di esistere
nell’atto della performance. Ma come McDonald afferma «no matter how credibly a character is
played, the actor always remains visible69». Di conseguenza lo spettatore realizza la presenza di
entrambi, personaggio e performer. Kevin Spacey è il criminale perfetto dal momento che le sue
caratteristiche di star combaciano con quelle dei personaggi a cui da vita. Da qui nasce la sua
credibilità e il suo talento. «Spacey is an unknown and loved as such70».
2.2 Self parody e ruoli mainstream
«Let’s face the facts, some people like the way they discover you and that’s all they want you
to do- they don’t want you to change, they just want you to show up and cut someone’s head off71».
Come si evince dall’intervista Spacey non ama essere relegato nel ruolo del cattivo. Ma, sia la sua
filmografia che la sua carriera teatrale mostrano il contrario. E cioè che, l’attore ha imparato a
convivere con la sua fama da bad guy, fino a sfruttarne il successo. In Austin Power in Goldmember
(che paradossalmente compare al primo posto nella lista dei successi al botteghino di Spacey con
$296,648,500) l’attore appare in un cameo all’inizio del film. «The cameo appearances is nothing but
a gimmick or a marketing ploy;[…] an aura of the culture industry at its most recursive and
claustrophobic is always the point, and the cameo appearance seems the ideal formal device to signal
an appropriately high-self consciousness without conscience. […] the cameo reproduces stardom in
miniature72» . In un cameo gli attori interpretano sé stessi, ostentando quei tratti per i quali sono
conosciuti come celebrità e attivando un meccanismo di self parody. Con la sua apparizione nei panni
del Dr.Male, Spacey rilancia l’immagine alla quale è più associato. Se oggi un attore è più autonomo
nella scelta dei ruoli da interpretare, quando si tratta di Kevin Spacey questa autonomia si trasforma
in una sfida personale «I want to do plays that challenge me73». Ma nonostante il suo carattere esigente
68 T. Lippy, Scenario: The Magazine of Screenwriting Art, Vol. 1, No. 3 (estate 1995). 69 P. McDonald, Hollywood Stardom,op., cit.p. 195. 70 T.Austin, B.Martin, Contemporary Hollywood Stardom,cit., p.20. 71 Kevin Spacey and Iain Softley interview, Empire online, « http://www.empireonline.com/interviews/interview.asp?IID=83&CurrentPage=2». 72 M. Goble, Beautiful circuits: Modernism and Mediated life, Colombia University Press,2010. 73 M. Conveney, I know I’m a big target, in «The Observer», settembre 2005, http://www.theguardian.com/film/2005/sep/11/theatre.
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quando si tratta di sbancare il botteghino la star è sempre pronta ad accettare la parte. Hollywood è
rimane un sistema economico. «In the economics of Hollywood film, stars are valued as a guard
against risk […] stars are a source of economic power74» e ovviamente la celebrità beneficia di questo
potere. In più, sempre secondo McDonald il valore economico/commerciale è inevitabilmente legato
a quello simbolico/culturale. Come conseguenza le idee associate al nome di una star, che vanno a
identificare il suo symbolical value, sono sfruttate dall’industria per progetti con finalità puramente
economiche. Con questi presupposti è possibile guardare a quelle produzioni Hollywoodiane ad alto
budget a cui Spacey ha preso parte negli ultimi anni senza stupirsi. Si tratta di film pensati per essere
dei successi in grado di attirare un vasto pubblico. È interessante notare come in ciascuno di essi
l’attore ritorni a interpretare un supporting role e un cattivo. Il primo è Lex Luthor in Superman
Returns di Bryan Singer, già regista de I Soliti Sospetti. A differenza degli altri cattivi di Spacey, Lex
è un personaggio che già esiste, un iconic villain del mondo dei fumetti, più volte impersonato nella
storia del cinema da attori diversi. Un commento da un utente di Youtube a una scena del film che lo
vede protagonista mostra l’impatto del ruolo di Spacey sugli spettatori:
This scene alone can sum it up: Spacey did better than Hackman ever did in this role. His
demeanour and passively threatening tone make for a great intimidating Luthor, yet he can still
inject some genuine humour and emotion into the character to make him human. While his plan
is rather stupid at face value, it always seemed to me like his primary purpose was to destroy
Superman with his new landmass first, and then turning it into a real estate property75.
Si tratta di uno dei commenti più positivi insieme a «Kevin Spacy is the only good thing about
this movie76». Nel modo in cui interpreta Lex sono visibili peculiarità dell’attore, il suo tono passivo
in primis: «the voice and body materialize and choere each of the components to make figure a distinct
and identificable person represented and presented in the star acts 77». In più le caratteristiche del
personaggio, il suo piano di distruggere il mondo, la calvizie, il modo di vestire e la sottile vena di
umorismo lo ricollegano inevitabilmente al Dr.Male di Austin Powers («Somehow he reminds me Dr
Evil78!», un altro commento sotto il video). L’anno seguente l’attore è di nuovo un evil character
prendendo parte al film natalizio per famiglie Fred Claus- Un fratello sotto l’albero Interpreta
l’ispettore Clyde, un esperto in efficienza che intende sabotare la consegna dei regali di Babbo Natale.
74 P. McDonald, Hollywood stardom,op., cit., p.11. 75 Legendoom, commento da «Youtube» ;https://www.youtube.com/watch?v=GnP8nfRB4g4 (ultimo accesso: 06/03/2015). 76 Johnny Alex, commento da «Youtube»; https://www.youtube.com/watch?v=GnP8nfRB4g4 (ultimo accesso: 06/03/2015). 77 P. McDonald, Hollywood Stardom, op.cit., p.199. 78 Callhaine100, commento da «Youtube»; https://www.youtube.com/watch?v=GnP8nfRB4g4 (ultimo accesso: 06/03/2015).
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La sua comparsa al Polo Nord è annunciata da un cambiamento di atmosfera. Dalle canzoni natalizie
che accompagnano il lavoro dei folletti in fabbrica si passa a una musica minacciosa introdotta
dall’immagine dall’alto del villaggio di Santa Claus attraversato dal rombo di un aereo. Il personaggio
entra in scena a partire dall’immagine del suo passo, da un’inquadratura dal basso, chiara
reminiscenza da I Soliti Sospetti e Seven. Nel corso del film viene rivelata la storia di Clyde un
bambino diventato cattivo perché schernito dai suoi compagni come quattrocchi, il cui unico desiderio
era quello di possedere un mantello da Superman. La storia crea qui un’interferenza con il film
precedente («That's why Lex Luthor was so pissed all the time! - he was just jealous of Superman!79»).
Questi ruoli non accrescono la sua celebre fama di prestigio, ma gli garantiscono un posto tra i film
più visti dell’anno. In una vecchia intervista risalente al 2000 l’attore dichiara: «Would I do a movie
that’s just pure toilet humour? Probably not80». Come ammazzare il capo… e vivere felici è uno dei
suoi più grandi successi degli ultimi anni con un 122,874,900 di dollari al box office internazionale.
Spacey è Dave Harken il capo di un ufficio commerciale che da il tormento a uno dei suoi impiegati
Nick. L’attore era già stato un Horrible Bosses ne Il prezzo di Hollywood uno dei suoi primi ruoli di
successo e in Americani. In più il personaggio prende chiaramente spunto da film più recenti come
Margin Call e Casino Jack, soprattutto nel suo look da white collar man. La prima scena in cui
compare si svolge nel suo ufficio e viene introdotto a partire dalla sua voce. Da un immagine di una
videocamera di sorveglianza che riprende Nick entrare nel palazzo, la macchina da presa arretra
mostrando una sagoma riconoscibile, mentre questa rimprovera il dipendente per aver fatto due
minuti di ritardo. Tutti questi ruoli vengono visti come cadute di stile da parte di un attore che ha
cercato nel corso della sua carriera di essere ricordato dal punto di vista artistico. Per questo motivo
gli vengono rivolte critiche negative e si fanno commenti umoristici. Per esempio quando
all’immagine dell’ispettore Clyde viene associata la didascalia « the greatest trick Santa has ever
pulled was convincing the world he did not exist. And like that (snap)...is gone81» parodizzando la
frase finale de I Soliti Sospetti. In tutti questi film la presenza di Kevin Spacey è annunciata in maniera
esplicita per impiegarne la fama a scopo di successo. Per lo stesso motivo, la star si appoggia a questi
ruoli ricavandone un tornaconto in termini di visibilità.
2.3 Spacey Screen performance
79 Groovery Dog, commento da «Youtube»; https://www.youtube.com/watch?v=Ax7Q2ran9Zo (ultimo accesso: 07/03/15). 80 D. Jolin, The Total film Iinterview: Kevin Spacey, Total Film Magazine, febbraio 2000, n 37. 81 http://3.bp.blogspot.com/_oTe_iTvMHXY/RzDg4MJQSzI/AAAAAAAAAEc/oa8SM96iKbE/s1600-h/FC3.JPG.
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Analizzare la performance di una star è uno dei campi fondamentali per definirne l’immagine.
Per James Naremore « a vivid star personality is itself a theatrical construction82». Se la qualità di un
attore più apprezzata dalla critica è il modo in cui questi cambia da un personaggio all’altro, le star
di Hollywood definiscono la loro fama a partire da segni performativi ricorrenti che ne determinano
la riconoscibilità presso il grande pubblico, il quale secondo Drake « bring their particular cultural
capital, expectations, and memories of previous performances to the cinema , and…are involved in a
complex process of evalutation and ascribing cultural value to a particular performance83» . Secondo
McDonald il brand della star nella sua performance è un «multiple media construct84» che si
costruisce non solo in riferimento al medium cinematografico ma anche in relazione agli imput
provenienti da altri media. In più intervengono due principi opposti del recitare: impersonation e
personification . Nel primo caso l’attore si trasforma per diventare un personaggio; nel secondo è il
personaggio ad avvicinarsi all’attore, cioè è questi a interpretare se stesso, attraverso una continuità
nell’uso del corpo e della voce: «It is precisely through the co- presence of personification and
impersonation that the star performance enacts the star brand and negotiates the balance of familiarity
and uniqueness fundamental to the film commodity85».
A determinare la screen performance è quindi un certo uso del corpo, della voce e il modo in cui
vengono messi in scena. Su uno dei siti dedicati all’attore i fan rispondono alla domanda «what made
him noticiable86». Al di là del suo «incredible talent» le risposte più ricorrenti sono: «his wonderful
voice» e «his amazing eyes». Non a caso, la macchina da presa lo inquadra prevalentemente con primi
piani o a mezzo busto, ponendo un enfasi maggiore sul volto piuttosto che sul corpo. Un volto
enigmatico, quasi bambinesco, spesso imperturbabile. Allo stesso modo è la sua voce a determinare
la sua presenza di star sullo schermo.
2.4 La voce di Spacey
Che siano cattivi o meno, Spacey interpreta personaggi parlanti, impegnati in lunghe
conversazioni o monologhi. Ne I soliti sospetti è Verbal, (soprannominato così per la sua parlantina)
a narrare gran parte dei fatti. La verità agli occhi degli agenti e degli spettatori passa attraverso le sue
parole. Siamo portati a crederlo perché non solo ce lo racconta, ma soprattutto perché le sue parole si
82 J. Naremore, Acting in the Cinema, University of California press, 1988. 83 P. Drake, Reconceptualizing Screen Performance, in «Journal of Film and Video», University of Illinois Press, 58 (1-2), cit., p.85. 84 P.McDonald, Hollywood Stardom, op., cit. p.198. 85 P. McDonald, Hollywood Stardom, op.cit., p. 206. 86 Kevin Spacey’s fans are…; http://www.drivingmrspacey.com/KevinsFans.htm.
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fanno veicolo di immagini. Per quanto Kint possa apparire fragile a livello corporeo, la sua voce è
stabile quando si tratta di raccontare i fatti. In The big Kahuna, film del 1999 che Spacey interpreta e
produce, l’attore è Larry Mann, un cinico venditore di lubrificanti industriali. Una recensione
all’uscita del film ne esalta le qualità istrioniche: «This is the Kevin Spacey we all love to love:
voluble, fast, funny, with a verbal dexterity miles beyond that of any other American actor. He doesn’t
read dialogue, he toys with it, diddles with it, makes it dance loops in his mouth, ultimately spits it
out in lacy filigrees or bubbles with bubbles inside87». La voce dell’attore, con la sua particolare
cadenza, è diventata uno dei suoi marchi di fabbrica, uno dei tratti che gli conferiscono riconoscibilità.
È nei panni di Hopper, la malefica cavalletta che minaccia di rubare le provviste di un villaggio di
formiche, del film di animazione A bug’s life che la voce e la fama dell’attore si affermano ancora
una volta. Sfruttare lo star power per dar vita a un personaggio animato può essere una garanzia di
successo. Si tratta di una strategia che può servire ad attirare un audience diversificata, che comprenda
non solo un pubblico giovane. Ma se la voce di Spacey è così riconoscibile, allo stesso modo lo è il
suo talento nel cambiarla. Un’altra caratteristica che gli appartiene è l’umorismo. Spesso ospite di
programmi televisivi, la star si lascia andare a imitazioni di altri personaggi dello show business.
Kevin Spacey «Can Imitate Anyone 88» . Famosa la sua apparizione al programma Inside the Actor
studios, in cui si lascia andare a una carrellata di imitazioni di star come James Stewart, Katharine
Hepburn, Clint Eastwood, Marlon Brando, Christopher Walken, Al Pacino. In più, come ha
dimostrato con Beyond the Sea «Kevin Spacey absolutely can sing89».
2.5 Il corpo di Spacey
«No one would ever dispute that Kevin Spacey is dripping with sex appeal. But it's a
dangerous kind of sensuality, a sensuality without heat; if the serpent in the Garden of Eden had a
voice, surely it sounded something like his90». Non è la fisionomia dell’attore a determinarne la fama.
Il suo corpo difficilmente viene mostrato nei film; se ciò avviene si tratta di un corpo deformato che
ha subito una trasformazione o sta per subirla. I Tratti fisici per il quale viene ricordato sono
indubbiamente legati al suo volto e all’enigmaticità che ne deriva. Un volto sempre curato, fresco di
rasatura libero di mostrare le sue «adorable dimples91», che lo rendeno addirittura bambinesco, ma
87 S. Hunter, Big Kahuna: A Well-Oiled Act, in «The Washington Post», maggio 2000. 88 14 Great Movie Stars Impressions, in «Empire»; http://www.empireonline.com/features/great-movie-star-impressions/14.asp. 89 R. Erbert, Roger Ebert’s Movie Yearbook 2006, McMeel Publishing, Kansas City, 2006, cit., p.846. 90 J. Senior, Movies: Isn’t he romantic?, «New York Magazine», Settembre 1999. 91 Kevin Spacey’s fans are...; http://www.drivingmrspacey.com/KevinsFans.htm.
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che a un primo sguardo possono sembrare cicatrici («I can tell if Kevin Spacey is a good actor or a
great hypnotist92»). Tratti ambivalenti che gli conferiscono enigmaticità. Della sua vita privata non si
sa nulla. Spesso si è parlato della sua omosessualità, ma la verità rimane ancora impercettibile. È
difficile vederlo in compagnia di una donna e lo stesso vale per i suoi personaggi sullo schermo. La
maggior parte mostrano ambiguità dal punto di vista sessuale o una disfunzionalità a instaurare una
famiglia. Molte delle storie a cui prende parte giocano con la sua presunta omosessualità. Scrive
Richard Dyer sul film Seven: «Kevin Spacey performance, the rather prissy lips and precise delivery
, the shot of him delicately dunking a tea bag in a cup after his arrest, might add up to a sense of Doe
effeminacy93». In Americani, il personaggio di Ricky Roma (Al Pacino) si rivolge a lui chimandolo
«fairy» e insultandolo «I don’t know whose dick you’re sucking on». In Un sogno per domani la sua
mascolinità in crisi è incorporata in Eugene Simonet, un insegnante il cui debole carattere deriva dalla
sua menomazione fisica. Simonet presenta ustioni su gran parte del corpo e questo lo rende insicuro
ostacolandone la vita sessuale. Se in Mezzanotte nel giardino del bene e del male Spacey interpreta
esplicitamente un personaggio gay, in L.A Confidential è il carismatico Jack Vincennes, un poliziotto
della narcotici, la cui priorità è quella di apparire nella serie tv Lampi di Gloria piuttosto che svolgere
il suo mestiere. Ma nel corso del film il personaggio cambia, la superficialità che lo caratterizza
scompare quando ritrova il cadavere di Matt Reynolds, un attore omosessuale che fa prestiti sessuali.
Da quel momento inizia l’indagine determinato a far luce sui fatti. La scena è significativa: Vincennes
arriva al motel, bussa alla porta di Matt per scoprirla aperta. Entra, la televisione è accesa, sullo
schermo Sarah Vaughan canta How important can it be. L’atmosfera è intima, Jack si guarda intorno
e nota delle gambe da dietro il letto, si avvicina e scorge il cadavere del giovane con la gola tagliata.
Segue il suo primo piano con gli occhi aperti, il giovane sembra quasi vivo, poi il primo piano di Jack
ne mostra la costernazione. Il campo contro campo li unisce, sembra quasi che i due si guardino
reciprocamente. In questo come nella maggior parte dei film che interpreta i suoi personaggi si
aggirano in universi quasi prettamente maschili, la cui presenza femminile è del tutto assente o
marginalizzata.
2.6 American Beauty. Mutamenti di genere e crisi della mascolinità
Se prima di American Beauty Spacey aderisce ai personaggi che interpreta sfruttando quelle
caratteristiche che derivano dalla sua enigmaticità di celebrità invisibile, ora è lui ad andare incontro
al personaggio. Con Lester Burnham, l’attore cambia e con lui la sua immagine di star. «It’s like I’m
92 Louis Virtel, messaggio Twitter, 04:06, 12/01/2015; https://twitter.com/louisvirtel/status/554474480572325888. 93 R. Dyer. BFI Modern Classics: Seven, cit., p.39.
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being in a coma for the past twenty years. And I just now waking up» afferma Lester nel corso del
film. Mai lo si era visto in pigiama, né a dorso nudo, né in una scena romantica. American Beauty è
il film del riscatto per la star e ne segna una svolta nella carriera: «No More Mr. Bad Guy94». Si
stacca dal supporting role. Gli spettatori sono invitati a rivolgere uno sguardo più attento (Look Closer
è il sottotitolo del film) all’attore, riconoscendone le qualità finora nascoste, come il suo umorismo.
Ma nonostante la trasformazione qualcosa resta nell’eterosessualità chiaramente disfunzionale del
protagonista.
Nel panorama di fine secolo molteplici paure affliggono l’uomo nel suo viaggio verso il 2000,
un oscuro baratro al di là del quale non si può vedere. La perdita di certezze che aveva caratterizzato
il genere maschile all’indomani di traumi come le due Grandi Guerre, si ripresenta alle soglie del
nuovo Millennio. Se l’uomo era stato declassato dal ruolo impostogli per tradizione, nuove paure
emergono in un panorama che si proietta verso il futuro e la tecnologia. Quel progresso che aveva
avuto origine a cavallo tra Otto e Novecento e che rappresenta per Bellassai «il primo ordine di cause
cui appare riconducibile la crisi della mascolinità tradizionale95», si presenta alle soglie del nuovo
millennio in tutta la sua minaccia. Un progresso svirilizzante: «una frustrazione identitaria96» che ha
portato alla nascita dell’uomo «ipercivilizzato» cioè quello «del ceto medio che nel nuovo ambiente
urbano di inizio secolo, dotato di moderni comfort domestici e ritrovati tecnologici, conduceva
un’esistenza noiosa e artificiale tra anonimi uffici e abitudini sedentarie, scrupolosamente attenendosi
a mediocri valori come autocontrollo e rispettabilità97». Un secolo dopo questi traumi promettono al
genere maschile di ritornare in tutta la loro potenza. Ad essi si aggiungono nuove minacce, come la
paura del Millenium Bug e le profezie di fine millennio. Il cinema porta in sé queste paure, mettendole
in scena per rilanciarle all’infinito e così facendo superarle. In American Beauty tutto ciò avviene
nelle vesti della figura del protagonista, Lester Burnham.
Nella prima scena del film il personaggio ci viene introdotto ma non mostrato. Le immagini sono
quelle di un video amatoriale, una ragazza si rivolge alla macchina da presa: «I need a father who’s a
rool model, not some horny geek boy who’s going spray his short whenever I bring home a girlfriend
home from school. What a lame-o. Someone really should just put him out of his misery». A questo
punto una voce maschile entra in campo: «You want me to kill him for you?», la ragazza risponde
«Yeah, would you?». Lei desidererebbe un padre presente, non un « horny geek boy» ma una figura
paterna forte, di stampo tradizionale. Queste prime battute rivelano la chiave melodrammatica su cui
94 N. Griffin, No More Mr. Bad Guy, «Los Angeles Magazine», ottobre 1999. 95 S. Bellassai, La mascolinità contemporanea, Carrocci, Roma, 2004, cit., p.37. 96 Ivi, p.38. 97 Ivi,p.39.
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si giocherà l’intero film. Come afferma Mariagiovanna Puglisi il melodramma degli anni Cinquanta
mette in scena scontri generazionali tra genitori e figli e «spesso i giovani si fanno portatori di un
modello conservatore (laddove i genitori si lasciano andare a sentimenti lascivi e trasgressivi)98». La
ripresa nostalgica del melodramma è qui funzionale perché il genere «non risolve ma dispiega le
contraddizioni dei generi e del gender, rivelandone tutte le problematicità99». Secondo F. Ann Kaplan
«It makes sense that personal and social traumas caused by political and social transition [are]
displaced into fictional melodrama forms where they could be more safely approached or remembered
but also forgotten, in the peculiar manner of trauma100». Dopo la scena introduttiva che fa da prologo
all’intera vicenda, anticipandone la tematica principale, il protagonista ci viene mostrato, inglobato
in una suburban life che non sente propria. Si presenta in prima persona: «My name is Lester
Burnham, this is my neighborhood, this is my street, this is my life, I’m forty-two years old, in less
than a year I would be dead. Of course I don’t know it yet and in a way I’m dead already». Lester
commenta la sua vita consapevole del suo destino, il personaggio sa che morirà perché è già realmente
morto. La storia è quindi raccontata come un lungo flashback, tutto è già avvenuto, nulla può essere
cambiato. Afferma Kevin Spacey in una intervista nel 1989 : «I tend to play characters that are on the
edge of facing an internal confrontation. In many ways they are characters that are dead, but they
don’t know it; walking corpes101». Il ruolo di Lester rispecchia appieno questa descrizione. E in effetti
nelle prime immagini in cui appare, che fanno da contrappunto alla descrizione della sua vita, è
presentato proprio come un walking corpe , svuotato della sua vitalità. Ripreso dall’alto in un letto
matrimoniale in cui si trova solo (il primo sintomo della sua frustrazione sessuale). Le pareti della
stanza ingabbiano il personaggio in una prigione domestica. Poi sotto la doccia : «Look at me: jerking
off in the shower. This would be the high point of my day», ancora una gabbia e ancora un atto che
testimonia la sua solitudine sessuale. La macchina da presa si sposta all’esterno dove sua moglie
Carolyn fa giardinaggio. Le immagini patinate e a ralenty sembrano quelle di una pubblicità che
promette la sicurezza della vita americana di periferia. Lester è alla finestra, spettatore di una vita che
non gli appartiene, privato di ogni facoltà di azione. La prima minaccia tangibile all’eterosessualità
già minata di Lester arriva dalla coppia di vicini omosessuali, Jim e Jim. L’angoscia
dell’omosessualità è una delle cause ritrovata da Bellassai alla crisi della mascolinità in epoca
contemporanea: «di tutte le peggiori forme di degenerazione che angosciavano l’opinione pubblica
maschile tra Otto e Novecento era senza dubbio lo stereotipo dell’omosessuale maschio: in esso
98 M. Puglisi, All that heaven allows: genere e gender nel melodrama familiar hollywoodiano anni Cinquanta (Douglas Sirk, 1955), in Shooting from Heaven, a cura di Giulia Fanara, Bulzoni Editore, Roma, 2012, cit., p.87. 99 Ivi,p.85. 100 E. A. Kaplan ,Melodrama, Cinema and Trauma, in« Screen»,cit.,pp. 201-205. 101 A. Poe, Kevin Spacey, Bomb Magazine, Fall 1989, issue 29.
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femminilizzazione, impotenza a generare, corruzione fisica e morale si fondevano perfettamente,
riassumendo in modo esemplare le tremende conseguenze della decadenza virile102.» Secondo la
definizione di Raewyn Connell: «the term egemonic masculinity describes those white, heterosexual,
competitive, individualist and agressive man in the paid labour force who dominate the moral, cultural
and financial landscape103». Lester è l'antitesi di queste caratteristiche. Raggomitolato sul sedile
posteriore a bordo dell'auto guidata da sue moglie, mostra i segni di una passività congenita che
confluisce in una crisi della mascolinità e quindi del patriarcato. La seconda minaccia è infatti quella
femminile. Il personaggio si sente deturpato del suo ruolo di capo famiglia, a detenere il controllo è
sua moglie. La crisi si manifesta non solo in ambito familiare ma anche in quello lavorativo: dalla
casa/gabbia si passa all’ufficio/gabbia. Lester scrive per un periodico ed è profondamente
insoddisfatto nel suo mestiere. La scena che lo mostra in ufficio si apre con un immagine chiaramente
forte. Il volto del protagonista è inquadrato mentre si rispecchia sullo schermo di un computer i cui
codici vanno a tracciare un sistema di linee verticali che ancora una volta lo imprigionano.
L’immagine del computer è emblematica della condizione del protagonista e si ricollega a quell’idea
di progresso e declino virile di cui parla Bellassai. Ma la crisi della mascolinità di Lester è anche una
crisi della paternità, sua figlia non lo rispetta e altrettanto fa sua moglie. Il protagonista sente di dover
dare una svolta alla sua vita. Il cambiamento avviene quando Lester vede per la prima volta Angela,
un’amica di Jane, una ragazzina precoce che sogna di fare la modella e se ne infatua profondamente.
Da quel momento in poi la ragazza diviene oggetto delle sue fantasie sessuali. Far colpo su di lei è il
modo per riottenere quella mascolinità perduta. Il primo atto a questo scopo è quello di scendere in
garage e trovare i suoi vecchi attrezzi per il sollevamento pesi. Si tratta di un percorso a ritroso, uno
scendere nei miasmi del proprio essere uomo per sentire una virilità da tempo atrofizzata. Lester inizia
a camminare sollevando i pesi ma si blocca quando vede la sua immagine riflessa nella finestra. A
questo punto si spoglia completamente per porsi dinanzi ad essa. La finestra funge da specchio. Lacan
parla della fase dello specchio come il momento in cui il bambino conquista l’immagine del proprio
corpo, che non appare più frammentato ma percepito nella sua totalità. Il bambino riconosce se stesso
a partire dall’immagine sullo specchio. Si tratta per Lacan della prima tappa per la costruzione della
soggettività dell’individuo. La finestra diventa uno specchio/ schermo di proiezione sul quale rimirare
l’immagine virile di sé, un modo cioè per ricostruire se stesso prendendo coscienza dell’immagine
virile che rappresenta il suo essere uomo. Ma nel farlo è doppiamente minacciato. La finestra infatti,
è anche un modo per esporre il suo corpo nudo e quindi fragile all’esterno. In più, nella scena Lester
102 S. Bellassai, La mascolinità contemporanea, op.cit.,p 43. 103 Cfr.R.W. Connell, Masculinities.2nd ed., Polity Press, Cambridge,1995, cit.,p.77.
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è filmato con una videocamera da Ricky Fittz, il ragazzo della casa di fronte. Il suo corpo diventa
oggetto della pulsione scopica dell’altro (maschile) e trasformato in immagine digitale sfugge al
controllo. Alla fine degli anni Novanta, come afferma Pietro Masciullo «ci troviamo agli albori di
quella realtà virtuale teorizzata dal teorico/informatico Jaron Lanier: una comunicazione post-
simbolica priva di linguaggio che tende a un isomorfismo tra rappresentazioni mentali ed effetti visivi
prodotti dei nuovi media104». In questo contesto l’uomo si sente minacciato da uno sguardo virtuale
che gli sfugge. Si origina una paura che sfocia in paranoia, la quale viene descritta da Freud come
uno stato di difesa nei confronti di un desiderio omosessuale inaccettabile socialmente: «i fattori
causali più evidenti e tangibili nella paranoia non sono di ordine sessuale, bensì, e in particolare tra i
maschi, le umiliazioni e il disprezzo sociali. Ma […] l’elemento veramente operante in queste offese
sociali è costituito da componenti omosessuali agenti sulla vita emotiva105». Di fatto, nel momento in
cui Lester inizia a sollevare i pesi, nudo davanti allo specchio/finestra, la scena non ci viene mostrata
dall’interno del garage ma dallo schermo della videocamera di Ricky. Secondo Fradley: «Paranoia
is, nedless to say, a fundamentally narcissistic delusion, a regressive construction of the self as the
external world’s object-choice106». La componente predominante è quella esterna, ossia quella legata
allo sguardo dell’altro e quindi al desiderio omosessuale piuttosto che quella interna legata alla
costruzione di un immagine virile di sé. Da questa scena si comprende come la scelta di Lester di
riappropriarsi della propria mascolinità si regga su termini paradossali. In più, egli viene guardato e
ripreso da un altro uomo. L’ eterosessuale, forte, uomo bianco si sente attaccato da due entità, quella
omosessuale e quella femminile. Carolyn, la moglie del protagonista è una figura castrante. È lei che
prende le decisioni in ambito domestico. In più è una rappresentante immobiliare, vende cioè il
“sogno americano”, la casa, simbolo dell’american way of life. La dichiarazione d'intenti di Lester è
chiara, come la canzone che canta mentre fuma uno spinello in macchina: «American woman stay
away from me, american woman, momma let me be». La sua è una battaglia contro la forza castrante
della donna americana. Afferma Bellassai: «La diffusione del lavoro delle donne fuori dalle mura
domestiche minava innanzitutto il mito del breadwinner, l’uomo che con il proprio reddito era in
grado di mantenere tutta la famiglia, perché toglieva al maschio la condizione di accesso esclusivo a
una risorsa- il denaro- fondamentale per riprodurre la propria autorità indiscussa 107». Ma l’aspetto
paradossale è che Lester abbandona il suo lavoro in ufficio per lavorare in un fast food: « I’m looking
104 P. Masciullo, La crisi dello sguardo nel soggetto americano: dalla lotta per la riconquista di un immaginario allo schermo cinematografico come apparenza dell’Assoluto, in G.Fanara (a cura di), Shooting from Heaven, Bulzoni, Roma , 2012, cit.,p. 279. 105 S. Freud, Casi Clinici, eNewton Classici, Roma (ebook). 106 M. Fradley, MAXIMUS MELODRAMATICUS, Masculinity, masochism and white male paranoia in Contemporary Hollywood Cinema, in Y. Tasker, (a cura di), Action and adventure Cinema, Routledge, London,2004, cit.,p.235. 107 S. Bellassai, La mascolinità contemporanea, op. cit., p.47.
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for the least possible amount of responsability » dice alla cassiera per essere assunto. Per questo il
suo ruolo di breadwinner cade, la virilità di cui cerca di riappropriarsi è solo apparente. Si tratta più
di un regredire a una forma di giovinezza e per questo si allena per ringiovanire il suo corpo. Cambia
la sua utilitaria per una Pontiac Firebird, la macchina che ha sempre desiderato. Il garage prende
sempre più le sembianze di una stanza di un qualsiasi adolescente, dove libero di essere se stesso,
esercita la sua mascolinità a ritmo di rock e tiri d’erba. La scena che apre la notte in cui Lester viene
ucciso è significativa. Si apre con un inquadratura frontale dall’alto di Lester in mezzo primo piano
steso su una panca impegnato a sollevare i pesi. La macchina da presa arretra e l’uomo si gira per
guardarsi alla finestra/ specchio, la quale gli restituisce questa volta l’immagine di un corpo dai
muscoli pronunciati, un hard body108 chiara reminiscenza del tipo di mascolinità predominante
dell’era Reaganiana. Lester non ha nulla a che fare con quel tipo di corpi. Nell’ambito del cinema
d’azione il corpo del maschio è messo a nudo il più delle volte per mostrarne le ferite e le torture.
Paul Smith ha mostrato come in quel tipo di film il corpo passa da un oggettificazione/erotizzazione
per poi essere masochizzato. Si tratta di una fase temporanea durante la quale il corpo subisce una
femminizzazione volta a rigenerare il corpo sottoforma di una mascolinità fallica predominante109 .
Il corpo di Letser non può rientrare in questa categoria. Il personaggio modella il suo corpo solo per
mostrarlo: «I want to look good naked» dichiara ai due vicini gay; «Do you like muscles?» chiede ad
Angela per sedurla. Afferma Dotson:
men are meat –their naked bodies hoisted up on larger than life billboards, flashed across
movie and television screens, frozen in print advertisements, displayed as props and playthings
in music videos , begged for in pornography, silenced in erotica, shamed into dieting, chopped up
in cosmetic surgery centers. Word such as objectification, glorification, exploitation and
stereotyping come to mind. These words once rang as battle cries from women who were sick and
tired of having their bodies turned into plastic toys. 110
Nella società dell’apparire l’uomo ha preso il posto della donna su copertine di riviste e
cartelloni pubblicitari. Lester si appropria della paura dell’esposizione del corpo per esorcizzarla. Ma
nel farlo rimane bloccato in una fase narcisistica, sottoposto a una perenne femminizzazione. Lester
guarda e tocca i suoi muscoli scolpiti. L’enfasi sul corpo porta a una sua eroticizzazione. A marcare
questo aspetto è l’atmosfera del garage, arricchita di candele e luci che danno un effetto patinato al
suo riflesso. Secondo il paradigma della Mulvey nell’ambito del cinema classico è la donna ad essere
108 S. Jeffords, Hard Bodies: Hollywood masculinity in Reagan Era, Rutgers University Press, 1994. 109 P. Smith, Clint Eastwood: A Cultural Production, Minneapolis: University of Minnesota Press,1993, cit.,p. 156. 110 W. Dotson, Behold the Man: The Hyde and Seeling of Male Beauty in Media and Culture, Harrington Park Press, New York, 1999, cit., p.3.
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l’oggetto dello sguardo erotico dell’uomo. Steve Neale in Masculinity as spectacle utilizza questo
paradigma in direzione opposta. Secondo Neale «esiste sempre un oscillazione costante tra
l’immagine come fonte di identificazione e come fonte di contemplazione111». Il corpo maschile
eroticizzato può divenire oggetto di sguardo dello spettatore maschile. Questo meccanismo appare in
maniera esplicita più volte nel corso del film. Il corpo nudo di Lester è guardato sempre da uno
sguardo maschile. Per esempio dopo che Lester chiama Ricky al cercapersone per comprare dell’erba,
il padre di Ricky sospettoso va alla finestra e li spia. La loro posizione e il muro che divide le due
finestre gli fa credere falsamente che i due siano impegnati in una pratica di sesso orale. Questo
fraintendimento porterà alla tragedia finale. Il rigido ex marine, padre di Ricky è in realtà
omosessuale. Nella scena seguente questi si reca nel garage del vicino. Ancora a dorso nudo Lester
lo fa entrare e vedendolo bagnato dalla pioggia gli offre aiuto. L’uomo si lascia andare nelle braccia
di Lester e lo bacia. La scena viene ripresa da dietro le spalle dell’ex marine. Subito Lester lo respinge
dicendogli di essersi fatto un’idea sbagliata. Inquadrati entrambi in primo piano, tra i due si crea un
legame forte a livello visivo. Lester è a dorso nudo mentre il colonnello è bagnato dalla pioggia e in
lacrime. Entrambi sono fragilmente esposti, una condizione che li unisce. Dopo questa scena Lester
incontra Angela in salotto. I due si baciano ma il desiderio di Lester rimarrà frustrato. Il protagonista
rientra nella categoria del sensitive new man112 , il quale si propone di superare la crisi facendo proprio
ciò che gli fa più paura: la femminilità castrante. Sin dall’inizio l’obiettivo di Lester è quello di
ricostruire la sua mascolinità. A questo scopo regredisce a una forma pre-femminile, a una giovinezza
in cui la donna è solo una ragazzina da conquistare e non una moglie dalla forza castrante. Ma il suo
percorso rivela delle contraddizioni. Se Lester rifiuta tutto ciò che fa parte dell’universo consumistico,
rimproverando a sua moglie di essere attaccata a dei semplici oggetti, dall’altro ne diventa
protagonista, modellando il suo corpo per «essere bello nudo». La sua è di conseguenza una virilità
solo apparente e quindi minacciata più volte dal pericolo omosessuale. In più, se da un lato diventa
più autoritario con sua figlia, dall’altro lascia il lavoro per girare hamburger in un fast food e permette
a sua moglie di essere libera di tradirlo. Con lo scopo di controllare la castrante forza femminile la
assimila in un ideale di bellezza da seguire, rappresentato da Angela, ma inevitabilmente verrà
sconfitto. Lester è un uomo del suo tempo e non fa altro che rispecchiarne le contraddizioni:
Offering various departures from traditional masculinity, a host of America’s ‘90s men
seemed caught up in contemporary arguments critiquing the heterosexist, patriarchal, classist, and
racist values traditionally underwriting the standard picture of the “real American man”. Like Bill
111 S. Neale, Masculinity as Spectacle, in Cohan, Hark (a cura di), Screening the Male, cit., p.13. 112 S. Kord, E. Krimmer, Contemporary Hollywood Masculinity, Palgrave Macmillan, New York, 2011, cit.,p.51.
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Clinton, these popular ‘90s men depict a conflicted masculinity that both embraces and puts aside
a variety of masculine stereotypes.
Il 1999 è un anno di svolta storica, è l’anno successivo allo scandalo del Sexgate: il presidente
Clinton, al suo secondo mandato è chiamato ad ammettere le sue colpe in pubblico, a scusarsi con
un'intera nazione. Come asserisce Malin la figura di Clinton mostra in sé delle contraddizioni evidenti
in quanto racchiude da un lato l'idea di un «power-hungy patiarch» e dall'altro quella del «sensitive
man of the 90s113». Scrive Malin «Sensitive to our pain, but tough on crime; wealthy graduate of Yale,
but down-home Arkansas boy, Clinton's persona remained a bundle of conflicts that variously
embraced and overturned different stereotypes of masculinity114». La figura di Lester Burnham
ingloba queste contraddizioni che si manifestano nella sua crisi di mezza età.
113 B.J. Malin, American Masculinity under Clinton: Popular Media and the Nineties crisis of Masculinity,Peter Lang
Publishing Inc. , New York, 2005, cit.,p.16. 114 Ivi, cit., p.7.
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3. Ridefinizione del brand Spacey: Internet star
And the audience has spoken. They want stories. They’re dying
for them .They’re rooting for us to give them the right thing. And they
will talk about it, binge on it, carry it with them on the bus and to the
hairdresser, force it on their friends, tweet, blog, Facebook, make fan
pages, silly GIFs, and God knows what else about it. Engage with it with
a passion and an intimacy that a blockbuster movie could only dream
of115.
-Kevin Spacey
3.1 Necessità di storie e interazione: dal cinematografo alla streaming television
Nel momento della sua nascita il cinema, primo medium di fruizione di immagini in
movimento, non aveva ancora la priorità di raccontare storie. Come dimostra André Gaudreault
all’inizio il cinematografo era relegato negli altri sistemi di intrattenimento di fine secolo (le féeries, il
café-concert, il teatro, gli spettacoli di magia) e non poteva ancora ostentare un’indipendenza rispetto
ad essi. Di conseguenza non differiva il modo in cui gli spettatori fruivano l’uno o l’altro spettacolo.
Per esempio vedere uno spettacolo di magia di Méliès registrato su pellicola corrispondeva al vederne
uno dal vivo. Semmai a cambiare era la fascinazione per il nuovo strumento tecnologico116. Il modo
di fruizione non mutava; si trattava ancora della stessa situazione chiassosa che si poteva riscontrare
assistendo a un vaudeville. Non esisteva il culto della sala come luogo oscuro e silenzioso, perché
mancavano storie lineari da raccontare per immagini. Gli spettacoli erano pure esibizioni e lo spettatore
era libero di distrarsi nel corso della proiezione: la sala era prima di tutto un luogo di interazione. Come
afferma McDonald «the first stars of cinema were the camera and the pro-jectore117». Mentre lo
sviluppo di storie sullo schermo ha portato all’aumento dell’attenzione da parte dello spettatore in sala,
l’aspetto dell’interazione con lo spazio della sala è venuto meno nel corso del tempo lasciando il posto
a un cinema inglobante, teso all’immedesimazione dell’audience con i personaggi sullo schermo. Il
cambiamento avviene quando la macchina da presa inizia ad avvicinarsi ai personaggi dei quali si
115 Kevin Spacey: James MacTaggart Memorial Lecture in full, in «The Telegraph», 22/09/2013 ;http://www.telegraph.co.uk/culture/tvandradio/10260895/Kevin-Spacey-James-MacTaggart-Memorial-Lecture-in-full.html . 116 A. Gaudreault, Cinema delle attrazioni o della cinematografia attrazione, Il Castoro, Milano, 2004. 117 P. McDonald, The star system: Hollywood’s Production of Popular Identities. Wallflower Press, 2000, cit., p.21.
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possono ora scorgere le espressioni del volto. L’interazione si sposta dall’esterno all’interno. Lo
spettatore può avvicinarsi a quei volti, quasi toccarli e immedesimarsi con la loro storia. All’uscita
della sala l’attrazione per quelle figure resta e lo spettatore ne è talmente ammaliato da volerle
conoscere anche al di fuori dello schermo. È a questo punto che gli studios comprendono l’importanza
delle star e sfruttandone la fascinazione, fanno nascere dei veri e propri miti. L’immedesimazione con
il personaggio, cioè l’aspetto dell’interazione interna tra spettatore e personaggio, ha rappresentato uno
dei primi atti per lo sviluppo del culto delle star. Nel corso del tempo invece, l’interazione esterna,
ossia il legame tra spettatore e l’ambiente della sala si è affievolito pur non scomparendo del tutto. Con
la nascita della televisione questo aspetto ha avuto una prima rivincita. Il nuovo medium degli anni
Cinquanta non solo permetteva agli spettatori di decidere che programma guardare, ma anche di
scambiarsi opinioni su ciò che si stava vedendo in tempo reale. Secondo Jensen l’interazione è «la
misura della potenziale di un medium di lasciare che l’utente eserciti un’influenza sul contenuto e/o
sulla forma della comunicazione mediata 118». Inoltre la televisione ha generato una nuova tipologia
di celebrità, o meglio come dimostra Langer non si può propriamente parlare di star system ma di un
«television personality system»:
whereas the star system operates from the realms of the spectaculars, the inaccesible […]
the personality system works directly to construct and foreground intimacy and immediacy…
whereas the stars emanate as idealisations or archetipal expressions, to be complated, revered,
desired and even blatantly imitated, stubbornly standing outside the realms of the familiar and the
routinized, personalities are distinguished for their representativeness, their tipicality, ‘the will to
ordinariness´to be accepted, normalized, experienced as familiar.119
Grazie anche al contesto domestico in cui il medium è inserito, lo spettatore si relaziona in
maniera più diretta con le figure che vi compaiono. Internet allo stesso modo fa leva su questa falsa
intimità accresciuta anche dalla possibilità di decidere il luogo e il momento in cui usufruire dei
contenuti disponibili. Di conseguenza per la streaming televison, un tipo di televisione on demand nata
per il web, si può supporre una relazione personaggio-spettatore più simile a quella che si crea nel
guardare la televisione. Allo stesso tempo però l’immedesimazione dello spettatore con il personaggio
non ne risente, ma continua a esercitare un influenza nel tenere incollato il primo allo schermo/display.
A ben vedere, il web 2.0 e in particolare il fenomeno della streaming television sembra permettere ai
due aspetti, dell’immedesimazione e dell’interazione di riunirsi sotto nuove coordinate, contribuendo
118 K.B. Jensen, Semiotica sociale dei media, Meltemi, Roma, 1999, cit.,p. 183. 119 J. Langer, Television’s personality system, 1997,cit., pp.165-167.
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a cambiare le storie narrate e il modo in cui queste vengono recepite dagli spettatori. Ma l’aspetto su
cui ci si soffermerà in questa sede è soprattutto quello relativo al modo in cui i nuovi media e i format
di cui questi si fanno veicolo producono, costruiscono e fanno circolare le immagini delle star.
3.2 Streaming television: tra cinema e tv
Secondo Marie- Josè Montpetit «The internet is changing the TV business forever.120».
Netflix è un sistema di aggregazione di contenuti via web che permette il noleggio di film, serie tv e
videogiochi tramite un canone fisso mensile sfruttando la tecnologia video on demand. La diffusione
capillare (banda larga permettendo) di Netflix a livello mondiale pone la necessità di indagare il
fenomeno come un punto di svolta storico per il mondo dell’intrattenimento.
Per molti il nuovo servizio offre un tipo di televisione diversa, di qualità; televisione meglio
della televisione. «Tv got better121» recita il logo pubblicitario di Netflix su Wired. Dal marzo 2011 la
piattaforma ha iniziato a offrire contenuti originali il cui punto di forza, oltre alle storie e alla tecnica
nel narrarle, risiede nel format. A differenza dei canali televisivi tradizionali Netflix non prevede
pubblicità: «Il modello Watch Instantly di Netflix rappresenta al momento il modello di maggior
successo nel mondo del video online, in quanto è riuscito a superare sia difficoltà del mondo fisico
(Blockbuster) sia quello della modalità di accesso per il pubblico (posta, web, ecc.) riuscendo a far
pagare gli utenti di Internet e non ricorrendo al pagamento tramite inserzioni pubblicitarie122». In più,
gli utenti possono avere accesso ai contenuti in qualsiasi momento e su qualsiasi dispositivo. Ma è
soprattutto l’effettiva realizzazione dei contenuti, il cui risultato mostra una qualità che equipara un
prodotto cinematografico a tutti gli effetti, a non passare inosservata: «the entertainment industry sees
a breakdown of boundaries between Hollywood and television with cinema-level content, weighty
roles and more auteur-driven scripts123».
L’intrattenimento di qualità dei prodotti a marchio Netflix, ha garantito al network una serie di
nomination e vittorie agli Emmy Awards, il più importante dei premi televisivi a livello internazionale.
House of Cards in particolare è stata la prima Internet original series ad aggiudicarsi un premio ai
Primetime Emmy Awards. Netflix, con la sua gamma di storie per tutti i gusti si comporta come un
vero e proprio canale televisivo, fino a superarne i confini offrendo una programmazione variegata
120 M-J. Montpetit, The internet is changing the definition of television, in «The Guardian», giugno 2014; http://www.theguardian.com/media-network/media-network-blog/2014/jun/10/internet-changing-definition-television . 121 G. McCracken, Tv got better, Wired; http://www.wired.com/partners/netflix/. 122 A. Di Amato, La produzione audiovisiva indipendente in Italia. Tracce di un mancato sviluppo industriale, in « Diritto ed economia dei mezzi di comunicazione», n. 3 2013 p.37. 123 G. McCracken, Tv Got Better, difficult man and brilliant women turning popular culture into culture, Wired; http://www.wired.com/partners/netflix/.
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adatta a ogni tipo di audience: « Television has finally been free from the confines of the past. It can
now be as rich, personal and multi-genre as any given viewer wants124». Oltre a ciò, l’aspetto che
contraddistingue Netflix rispetto alla televisione tradizionale è il fatto che chi fruisce i contenuti non è
un semplice visualizzatore ma un utente a cui spetta una volontà decisionale notevole anche quando
non ne è apertamente consapevole; i dati di Netflix infatti, lavorano costantemente per immagazzinare
notizie utili per la realizzazione di progetti futuri: « In the new online world, viewers are getting the
chance to have a stronger say in what they’re paying for125». L’aspetto interattivo non viene mai perso
di vista dal network, la cui promozione si basa proprio sulla possibilità degli utenti di condividere
l’entusiasmo per i contenuti sulla rete. Con Netflix è sempre l’utente a scegliere. Se un programma
non soddisfa le sue aspettative questi può facilmente passare a un altro con un click, ma se lo show è
quello giusto, potrà guardarlo senza interruzioni e attivare un effetto a catena condividendone
l’entusiasmo sui social («As TV got better, it became more social126»). La strategia di Netflix per la
promozione dei propri contenuti consiste proprio nell’affidarsi alla capacità degli utenti di condividere
le informazioni sul web: «these organizations effectively used their costumers, the media, the
influencers as a way to spread the world and accelerate adoption of their products offerings […] They
engaged the markets and used one of the most effective market growth strategy in the strategy toolbox:
have your customers recommend your product or service to others127». Anche se Netflix non rende
noti i dati relativi al numero di visualizzazioni effettive degli episodi, se una serie riesce ad aggiudicarsi
un’altra stagione è un buon segno. Ognuna di esse viene lanciata integralmente; è poi lo spettatore ad
essere responsabile del modo in cui guardarla. Per la maggior parte degli utenti si tratta di sottoporsi a
una binge viewing cioè una maratona di visione. A ben vedere, questa modalità priva l’esperienza del
prodotto di un tipo di comunicazione in tempo reale e in questo senso Netflix tradisce la sua natura di
piattaforma interattiva. Guardare un episodio dello show più in voga del momento sulla televisione
tradizionale significa condividerne l’entusiasmo in tempo reale sui social (Twitter in primis). Il fatto
che ogni utente di Netflix decida di guardare tutti gli episodi in blocco, articolando un feedback in
differita rispetto a ogni altro utente, rende questo tipo di fruizione più simile a quella di un film.
3.3 Netflix Stardom
124 L. Boluk,A Redef Original: The Digital Future of TV Networks & The Original Series Crunch, febbraio 2015; http://www.mediaredefined.com/the-digital-future-of-tv-netwo-968095512.html. 125 V. Le, Celebrity 100: Kevin Spacey Makes Debut As First Internet Star On List, in «Forbes», 30/06/2014; http://www.forbes.com/sites/vannale/2014/06/30/celebrity-100-kevin-spacey-makes-debut-as-first-internet-star-on-list/. 126 G. McCracken, Tv got better; http://www.wired.com/partners/netflix/. 127 T. Seba, Winners Take All, The 9 Fundamental rules of High Tech Technology, lulu.com, 2007,cit.,p.72.
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La serie originale Bojack Horseman che compare nella sezione adult animation della categoria comedy
di Netflix è la storia di una star degli anni Novanta, un cavallo dalle fattezze umane ai suoi tempi d’oro
protagonista di una soap televisiva di successo. Più di vent’anni dopo Bojack ha perso la sua fama,
vive sulle colline di Hollywood e nessuno sembra ricordarsi di lui. La storia del cavallo star, oltre ad
essere una vera e propria satira della celebrity culture, è emblematica del cambiamento delle celebrità
in relazione alla società in cui vivono. In un episodio Bojack per richiamare l’attenzione sale su un
palazzo dal tetto del quale lancia ai passanti banconote da un dollaro. Nessuno sembra curarsi di lui,
ma nello stesso momento Beyoncé passa nelle vicinanze e scivolando sulle banconote attira i
giornalisti che dedicano un intero servizio alla sua anca rotta. La scelta della cantante non è casuale; è
lei ad aggiudicarsi il primo posto nella classifica «Celebrity 100» stilata da Forbes per il 2013128.
Scorrendo le altre posizioni si evidenzia la presenza marginale delle star del cinema (Robert Downey
Jr. è la prima a comparire al n 10). Come dimostra la classifica di Forbes queste hanno perso il loro
primato in termini di popolarità: «Music and sports dominate the upper reaches of the list, with just
one pure movie name in the top 10, three in the top 20, and eight in the top 50129». Inoltre, lo star
power si misura oggi sempre più in relazione alla capacità partecipativa delle celebrità sulla rete:
«social is vital130» e Beyoné è la star con più numero di seguaci su Instagram. Guardando a questi
cambiamenti si può supporre che l’innovazione dello spettacolo offerto dalla streaming television
rappresenti per le star di Hollywood un nuovo trampolino di lancio per riscattarsi in termini di star
power.
Per i sostenitori del modello Netflix il tipo di intrattenimento che il servizio offre deriva dal grado di
libertà creativa su cui si basano le scelte del network. In generale, dal momento della sua nascita la
televisione rispetto al medium cinematografico ha rappresentato un territorio dalle maggiori possibilità
sperimentative. Era stata proprio la tecnologia video negli anni sessanta a portare una ventata di aria
fresca alla vecchia pellicola, facendo nascere un cinema di tipo sperimentale. Si trattava in quel caso
di un cinema dall’impianto non narrativo, il cui intento era proprio quello di staccarsi dal cinema
commerciale hollywoodiano. La web television offre lo stesso grado di libertà creativa ma la sottopone
alle esigenze del mercato audiovisivo: «Tv somehow managed an ascent into better. Even Hollywood
say so. Look at the migration of talent. Bona fide movie stars are prepared to make Tv because that’s
128 The World’s Most Powerful Celebrities, in «Forbes»; http://www.forbes.com/celebrities/list/. 129 D. Hayes, Five Things The Forbes Celebrity 100 Says About Hollywood Star Power, in «Forbes» 30/06/2014 ; http://www.forbes.com/sites/dadehayes/2014/06/30/five-things-the-forbes-celebrity-100-says-about-hollywood-star-power/. 130 Ibidem
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where real creative opportunities now lie131». Se prima l’universo televisivo rappresentava come
afferma lo scrittore Grant McCracken «a stigma for Hollywood actors», una sorta di caduta di stile,
ora li attira sempre di più. Netflix, così come i canali della concorrenza (Amazon, Hulu) offre loro la
possibilità di entrare a far parte di un mondo che rappresenta per molti la strada futura
dell’intrattenimento audiovisivo: «As top talent and A-list movie stars increasingly migrate toward
cable, network and even online series, the entertainment industry sees a breakdown of boundaries
between Hollywood and television with cinema-level content, weighty roles and more auteur-driven
scripts132».
Guardando al caso specifico Spacey, il successo di House of Cards, serie originale Netflix che lo vede
protagonista, ha portato a una riqualificazione del suo brand, garantendogli una fama che non gli
accorreva da anni. Infatti Spacey compare nella classifica di Forbes non come movie star ma come
Internet star: «Spacey’s debut on FORBES Celebrity 100 (No. 74) marks the first time we’ve ever had
an Internet star on the list. We estimate that Spacey earned $16 million last year mostly thanks to House
of Cards». Per la realizzazione di contenuti originali Netflix fa affidamento su dati immagazzinati nel
suo sistema che permettono un analisi accurata in base alle preferenze del singolo. Grazie a questa
strategia, a cui la televisione normale non può accedere, si è potuto valutare in che orario, in che giorni
della settimana, con quale frequenza e per quanto tempo gli utenti accedono ai contenuti. È possibile
stabilire inoltre la popolarità di una star in relazione a un genere specifico. Su questa raccolta di dati
nasce un programma come House of Cards: «Netflix noticed that there was significant overlap between
the circles of viewers who watched movies starring Kevin Spacey and movies directed by David
Fincher from beginning to end, and viewers who loved the original 1990 BBC miniseries House of
Cards. Subscribers were shown one of ten different trailers for the series based on their consumer
profiles133 ». Anche il riportare in auge storie già esistenti fa capo alla stessa esigenza di investire con
sicurezza. Per esempio Wet hot american summer, film cult nell’America del 2001 è stato riproposto
per una serie televisiva da Netlix e prevista per la programmazione del 2015. Se la classifica di Forbes
mostra la caduta della popolarità delle star di Hollywood, lo star power può dimostrarsi ancora un
elemento chiave se ben veicolato. D’altronde House of Cards, come prima serie originale targata
Netflix ne è stata il prodotto di facciata e la scelta di due star (la seconda è Robin Wright) dalla fama
consolidata ha sicuramente influito sul successo o quanto meno sulla conoscenza del programma. Se
131 G. McCracken, Tv Got Better, difficult man and brilliant women turning popular culture into culture, Wired; http://www.wired.com/partners/netflix/ . 132 G. McCracken, Tv Got Better, Wired; http://www.wired.com/partners/netflix/. 133 A. Hirsh, How Netflix is Using Big Data to Get People Hooked on its Original Programming, 7/09/2013;http://technologyadvice.com/business-intelligence/blog/how-netflix-is-using-big-data-to-get-people-hooked-on-its-original-programming/.
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da un lato, Netflix come network giovane sente l’esigenza di poggiarsi sul nome di una celebrità per
scongiurare il rischio in termini di audience, dall’altro mostra la tendenza a staccarsi dal mondo di
Hollywood per crearsi un una nuova categoria di star (se è lecito definirle in questo modo), delle
personalità nate e cresciute sul web o che mostrino una certa dimestichezza nel muoversi in esso. Per
esempio guardando a Orange is the New Black, seconda serie made in Netflix, si nota l’assenza
dell’elemento star power. L’attrice protagonista Taylor Schilling non vantava una fama consolidata (di
certo era più conosciuta nel mondo delle serie televisive che in quello cinematografico). Oltre a ciò la
serie, ambientata in un penitenziario femminile, dà spazio non solo alla sua storia ma si concentra
anche sulle vicende personali delle altre detenute interpretate per lo più da attrici che hanno debuttato
grazie ad essa. Ma proprio in questo sta il punto di forza di Orange: l’aver fatto nascere una nuova
categoria di star facendo leva sulla storia, a sua volta generata in base ai gusti di una determinata
categoria di audience e destinata a quel gruppo di utenti: «Netflix came to understand that roughly 75
percent of its views come purely from its recommendation section, which is displayed at the top of
site’s homepage. To create this, analysts used the aforementioned data to put together an extremely
accurate recommendation system unlike any other in the industry134». Anche negli altri titoli originali
(Hemlock Grove , Lilyhammer, Marco Polo) la tendenza è la stessa; con OITNB Netflix ha lanciato
un nuovo e eterogeneo gruppo di star, o meglio personalità (alla stregua quasi di quelle televisive) la
cui fama è cresciuta in relazione all’interazione con gli utenti, i potenziali fan: «Fans fell in love with
Orange Is the New Black across social media, making this original series a huge success for Netflix135».
Creando la prima campagna social per introdurre gli utenti nel mondo del penitenziario Litchfield,
dove si svolge la storia, gli ideatori di OITNB hanno usufruito dei vari social network ( Facebook,
Twitter, Instagram, Tumblr) per coinvolgere i fan in una community multipiattaforma, attraverso
iniziative settimanali, Q&As domande ai protagonisti tramite ashtag (#AskOrange), promuovendo fan
art, contest, condividendo foto e video del dietro le quinte; « This coordinated multi-platform strategy
allows fans to live in the world of Orange Is The New Black, where they want and when they want,
perfectly aligned with the Netflix's vision of how fans can enjoy the series itself136 ». Netflix è la prova
vivente che il mondo dell’intrattenimento non ha più bisogno delle vecchie star di Hollywood, ma di
personalità che possano prima di tutto interagire. Questa esigenza è dettata dal cosiddetto «digital
leakage137» cioè la caduta dei tradizionali confini e dalla dissoluzione delle vecchie definizioni di
industria, che domandano alla star di andare al passo coi tempi per scendere dal piedistallo che ancora
134 Ibidem. 135 FINALIST: Orange Is The New Black, a Netflix Original Series,Shorty Awards, http://industry.shortyawards.com/nominee/6th_annual/M1/orange-is-the-new-black-a-netflix-original-series 136 Ibidem. 137 Digital Leakage,27/06/2007; https://rishadt.wordpress.com/2011/06/27/digital-leakage/.
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le lega alle macerie del vecchio star system partecipando attivamente in un dialogo immediato con i
fan. Se le celebrità secondo Dyer sono specchio della società in cui vivono, oggi, nell’era della
comunicazione diretta via web e delle cosiddette web star (ordinary people a cui capita di avere
successo) le star di un medium ormai datato come il cinema, devono comportarsi in modo da poter
mostrare la loro ordinarietà di persone qualsiasi che utilizzano il web per comunicare. In questo modo
lo spettatore potrà relazionarsi più facilmente con loro. La fama di Spacey già caratterizzata da
un’ordinarietà legata alla sua vita lontana dai riflettori è cresciuta proprio in relazione alla capacità
dell’attore di relazionarsi via Internet.
Le sorti di un mercato come quello dell’intrattenimento non sono dettate da fattori stabili e non sempre
lo star power, veicolato dal nome della vecchia star di Hollywood, può garantire un investimento
sicuro. Ad House of Cards è andata bene ma in generale si tratta di un mercato in continua
trasformazione, il cui elemento fondante resta la creatività: l’ultima parola spetta all’audience. Come
affermano De Vany e Walls: « the audience make a movie a hits and no amount of star power or
marketing hype can alter that. The real star is the movie138». Se ciò è vero per un film il cui primo
canale di distribuzione è il cinema, appare ancora più significativo in relazione alle serie pensate per
il web, il cui controllo esercitato dallo spettatore è totale. Per scongiurare il rischio Netflix si butta su
una produzione per tipi di audience diversi; la varietà delle storie e dei personaggi (da notare è anche
l’eterogeneità geografica delle storie, degli ideatori e del cast di attori) che animano il mondo Netflix
testimoniano le esigenze del web stesso, un universo sfaccettato e in continuo fermento, in cui la
staticità delle star tradizionali non può trovare spazio. Riprendendo la definizione citata in precedenza:
«We live in a world of digital leakage. Digital technology is like hydrochloric acid. It does not
recognize borders. It bourns through everything. Geograhic, business model, industry definitions. It
refuses to be conteined or fit in containers of our mindsets139». Per Dyer le star come fenomeno sociale
si fanno portatrici di significati a livello nazionale, in questo senso le nuove star di Netflix non hanno
limiti ma si predispongono come delle entità senza origine destinate a perdersi nel villaggio globale di
Internet. Se il fenomeno del fandom ha da sempre avuto una particolare importanza in termini di
stardom, oggi grazie alle possibilità offerte dalla rete assume un significato maggiore: «In the modern
word where real face-to-face intimacy, with people you know, has arguably decreased, fandom
involves an illusion of intimacy that aims to compensate for such loneliness140 ». Originandosi dal web,
138 A. De Vany, W.D. Walls, Uncertainty in the Movie Industry: Does star power reduce the terror of box office?, http://people.stern.nyu.edu/wgreene/entertainmentandmedia/Devany&Walls.pdf 139 Digital leakage, 27/06/2007; https://rishadt.wordpress.com/2011/06/27/digital-leakage/ . 140 Cfr. S. Holmes, S. Redmond, Framing Celebrity: New directions in celebrity culture, Routledge, Londra, 2006,cit.,p.3.
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il nuovo modello della streming television ingloba i valori propri della rete, diventando veicolo di
quell’illusione di intimità su cui si poggiano i legami della generazione di Internet:
Netflix’s gambit, aped by Amazon Studios and other imitators, is to replace the traditional TV
model with one dictated by the behaviors and values of the Internet generation. Instead of feeding
a collective identity with broadly appealing content, the streamers imagine a culture united by
shared tastes rather than arbitrary time slots. Pursuing a strategy that runs counter to many of
Hollywood’s most deep-seated hierarchies and norms, Netflix seeks nothing less than to reprogram
Americans themselves.141
Nel costruire e trasmettere i propri contenuti, Netflix trae spunto da una nuova generazione di
celebrità, le web star. Come afferma George Strompolos fondatore della Ceo Fullscreen («the frist
media company for the connected generation»):« Fame on the Internet looks a lot different from old-
school stardom». Grazie alla peculiarità della rete di permettere una comunicazione in tempo reale, la
connessione che la web star (si pensi soprattutto a Youtube) crea con l’audience è maggiore. In più, il
parlare rivolgendosi direttamente ai propri interlocutori (stratagemma utilizzato tra l’altro da Frank
Underwood, protagonista di House of Cards) e la risposta tempestiva di questi ultimi, attraverso
commenti o video di risposta, sono le basi di quell’illusione di intimità che si genera online; senza
considerare il fatto che l’utente può appropriarsi in prima persona del contenuto audiovisivo,
cambiandolo a piacimento per metterlo in circolo nell’universo digitale:
contemporary cinema is haunted with intimacy because of the different relations that audiences
now have with films, in the age of Netflix and iTunes, and which is almost the reverse of the
relation in the classical cinema experience. The Internet‘s intimacy of instant availability, thanks
to streaming video and Youtube, brings with it freedom to appropriate the films one loves with
mash-ups or by overdubbing a clip with a new soundtrack142.
Al di là del potere effettivo in termini divistici dei personaggi che animano le serie orginali Netflix (e
le serie tv in generale) è interessante notare come lo spettatore si relazioni sempre più alle storie
piuttosto che alle singole celebrità. La presenza di una bankable star non è la priorità di Netflix e
questo testimonia il distacco del network rispetto ai vecchi modi di fare dell’industria
dell’intrattenimento audiovisivo. In questo senso appare emblematica l’affermazione di Stephen L.
141 T. Wu, Netflix war on mass culture, in «New Republic», dicembre2013. http://www.newrepublic.com/article/115687/netflixs-war-mass-culture . 142 T. Elsaesser, Touch and Gesture: on the Borders of Intimacy, in Intimacy in Cinema: Critical Essay on English Language Films (a cura di David Roche, Isabelle Shmitt-Pitiot), Jefferson, McFarland & Company, Jefferson, 2014,cit., p.16.
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Carter: « maybe we don't need movie stars as much as we used to143». E supponendo che Netflix
rappresenti la strada futura dell’intero mondo dell’intrattenimento digitale che passerà attraverso il
web, questo tipo di affermazione assume un significato più vasto.
3.4 Social Celebrity
Oltre a essere il protagonista di una serie nata e pensata per lo streaming via web («the poster
boy for binge watching144»), Kevin Spacey ha acquistato un nuovo grado di visibilità grazie alla sua
costante presenza su social network e siti personali sui quali adotta una comunicazione diretta con i
fan. Internet infatti, oltre a vedere la proliferazione di siti di gossip, offre alla star la possibilità di
comunicare in prima persona, di farsi conoscere in modo più ampio, incrementando la propria fama e
il legame con gli ammiratori. Spacey è una star attiva in questo senso, i suoi account Facebook e
Twitter vengono aggiornati di frequenza. L’universo di Internet permette al «massive ego145» con cui
parlava di lui Jack Lemmon, di manifestarsi. Paradossalmente il secretive Kevin Spacey vuole ora più
che mai essere visibile e la rete è diventata il canale privilegiato della star per raccontarsi, per mostrare
se stesso alternativamente alle storie di gossip che nascono dalla sua segretezza. Sulla sezione di
benvenuto del sito kevinspacey.com esiste una pagina interamente scritta dall’attore e dedicata alla
descrizione del suo mestiere attraverso episodi personali e aneddotici, i traguardi più importanti della
sua carriera si accompagnano a incontri significativi con altre celebrità. Come dice il suo Darin in
Beyond the Sea « Memories are like moonbeams, we do with them what we will»; e così la star crea
una sorta di racconto autocelebrativo della sua scalata al successo narrandolo attraverso ricordi che ne
aumentano l’apporto simbolico, caricandoli di una fascinazione maggiore.
3.4.1 Oscar selfie
Un episodio che ne mostra il carattere egocentrico è il famosissimo selfie della Ottantaseiesima
edizione degli Academy Awards, che ha spopolato nella rete di Twitter, diffondendosi in maniera virale
sugli altri social e dando origine a uno dei fenomeni mediatici più grandiosi della storia dei social
network. L'attore vi compare mentre posa insieme ad altre celebrità come Maryl Streep, Brad Pitt,
143 S.L. Carter, Robin Williams, Lauren Bacall and the death of star power, in «The Sidney Morning Herald» (Entertaiment), agosto 2015; http://www.smh.com.au/entertainment/movies/robin-williams-lauren-bacall-and-the-death-of-star-power-20140815-104cn0.html. 144 V. Le, Celebrity 100: Kevin Spacey Makes Debut as Frist Internet Stars on List, in «Forbes», giugno 2014. http://www.forbes.com/sites/vannale/2014/06/30/celebrity-100-kevin-spacey-makes-debut-as-first-internet-star-on-list/ 145 Unknow , Spacey and Lemmon: A Couple of Winner Talk Award and Acting, in «The Sunday New York Times», marzo 2000.
51
Jennifer Lawrence. Ospite del programma The Ellen DeGeneres Show all'indomani dell'evento,
Spacey rivela il dietro le quinte dell'autoscatto più retwittato di sempre. ‹‹I was sitting like three or
four sits in and I think I had to climb over John Travolta or somebody to get to it, but I literally I saw
this happening and I was like: oh this is the best awesome photobomb, I get in it146››. L’episodio
mostra non solo l’egocentrismo di Spacey ma anche l’essenza del divismo stesso: un gruppo di
personaggi impeccabili nello stile, belli e talentuosi, che vivono tra serate di gala e feste sfarzose posa
in maniera spontanea come farebbe un normale gruppo di amici. Allo stesso modo ne viene fuori il
paradosso. Secondo Levy «esiste una discrepanza tra un orientamento egualitario della recitazione-
chiunque può diventare una star cinematografica- e la struttura altamente stratificata- solo pochi attori
diventano veramente star147». La storia dietro al selfie diventa più articolata se si considera che lo
scatto è una trovata pubblicitaria di Samsung, sponsor della serata e quindi una strategia di product
placement . Ad entrare in ballo quindi il valore economico della star : « economic value is therefore
central to defining stardom in Hollywood, where stars represent an exclusive elite of bankable
actors148».
Nel discorso della circolazione dell’immagine della star su Internet, ai social tradizionali
(Facebook, Twitter, Instagram) si aggiungono siti specializzati riservati a quei personaggi con un certo
grado di popolarità. Whosay.com (#celebsunfitered) per esempio permette ai fan di essere aggiornati
sulle novità dei personaggi seguiti «is the easiest way to fan to connect with their favorite actors,
athletes, and celebrities. Follow your favorite stars and teams to get a custom feed of great photos,
videos and news- direct from the source. Quickly create a personalized magazine with authentic
content based on your selections149». Ogni personaggio ha una pagina personale che comprende solo
quelle notizie che la star decide di condividere con i suoi seguaci. Internet offre la possibilità alle
celebrità di entrare a far parte di un dibattito che le riguarda, contrattaccando in tempo reale a notizie
e rumors sul loro conto. Per esempio, nel marzo del 2014 Spacey è stato protagonista di un episodio
diffamatorio durante il quale veniva accusato dal politico canadese Rob Ford, ospite al Jimmy Kimmel
show la stessa sera dell’attore, di essersi comportato in modo arrogante durante il backstage della
puntata. Spacey si sarebbe rifiutato di apparire in una foto con Ford che per questo si riferisce a lui
come «an arrogant S.O.B». Al video delle dichiarazioni Spacey reagisce subito rispondendo tramite i
146 TheEllenShow. Kevin Spacey's Oscar Selfie Story. Youtube. 06/05/2014.
https://www.youtube.com/watch?v=G_jSllFJHHg . 147 R. Dyer, Star, British Film Institute, Londra,1979 ( tr.it. R. Dyer, Star, Kaplan, Torino, 2013 cit.,p.228). 148 P. McDonald, Hollywood Stardom, Hoboken, Wiley-Blackwell, 2013,cit.,p.24. 149 Faq, WhoSay, http://support.whosay.com/faq .
52
social e allegando ironicamente una foto di Ford in cui compare la sua sagoma in versione selfie degli
Oscar150.
3.4.2 Il ruolo della Trigger Street Production nel nuovo panorama mediale
Come attore, regista e produttore, Spacey è venuto a contatto nel corso della sua carriera con
tutti gli aspetti riguardanti la realizzazione di un progetto audiovisivo. In più, come si è visto, la sua
esperienza di attore tocca diverse realtà mediali; non solo l’ambito cinematografico, ma anche quello
teatrale e televisivo. Questo gli ha permesso di maturare la sua esperienza di uomo di spettacolo.
Attraverso la Trigger Street Production l’attore ha avuto la possibilità di occuparsi di progetti più
personali, di sperimentare e acquisire competenze maggiori. Grazie a Internet la società ha dato vita ai
Trigger street Labs (la community è stata chiusa il gennaio scorso dopo dodici anni di attività) un
sistema per scovare nuovi talenti, i cui utenti hanno caricato le loro storie originali per averne riscontri
da parte di altri. In più, la casa di produzione di cui Spacey è co fondatore sostiene anche registi dalla
fama consolidata. Ne è un esempio The Social Network (2010) diretto da Fincher e prodotto dalla TSP,
storia della nascita di Facebook. Un film dal grande successo, la cui realizzazione è stata quasi
contemporanea agli eventi di cui narra. Spacey si dimostra interessato a questo tipo di storie come
dichiara in un dibattito sulla politica e l'etica all'università di Georgetown: «in theatre and films is a
great opportunity for all of us to reflect into experience in something or to became informed about
something that we maybe didn't know or we didn't pay attention to it. So I'm deliberately walking
through things that are about our time, what we're going through because it is fascinating for me 151».
Ancora una volta, la volontà di occuparsi di eventi che coinvolgono il nostro tempo è sintomo del
desiderio partecipativo della star, cioè della sua volontà a prendere parte a cambiamenti importanti nel
mondo della fruizione audiovisiva, non solo in relazione ai nuovi mezzi disponibili ma anche ai
contenuti. Il progetto più ambizioso della Trigger Street Production negli ultimi anni è House of Cards.
Il nome di David Fincher, il cui legame con Spacey risale ai tempi di Seven (film che resta nella top
three del regista con $327.3 di incassi mondiali), è stato uno dei motivi principali a garantirne il
successo. Il legame artistico tra i due articola un nuovo brand. In un’intervista per il lancio della serie,
al regista viene chiesto « what made Kevin Spacey the right man for the part?», la rispostan è: «
There's a number of reasons, but I think Kevin is a political animal - he understands perception, how
to ingratiate. He's also just naughty! It's like, 'I'm doing this to you and there's nothing you can do
150 K. Spacey, messaggio Twitter, 14:31, 15/03/2014; https://twitter.com/kevinspacey/status/444828306089574400 . 151 Georgetown University, Actor Kevin Spacey, Georgetown's Ron Klain Discuss Politics and Ethics. Youtube,
11/11/2013; https://www.youtube.com/watch?v=o4ollmiHoIEN.
53
about it' - He just has that twinkle in his eye! 152». Come animale politico Spacey è perfetto nel ruolo
di Frank Underwood, il capogruppo della maggioranza democratica del congresso degli Stati Uniti.
3.5 House of cards: rielaborazione del brand Spacey
La popolarità dell’attore presso il grande pubblico è rinata grazie al fenomeno House of
cards. «This is just the beginning of my revenge 153» ha dichiarato ironicamente (ma non troppo)
la star dopo aver vinto il Golden Globe nel gennaio 2015 come miglior attore in una serie
drammatica. E infatti dopo anni di scelte sbagliate e insuccessi, (era stato nominato ben otto volte
ai Golden Globes senza mai vincere), eccolo rinascere più spietato che mai. Ancora una volta
come un cattivo. Ma Francis Underwood non è solo questo. Il personaggio rappresenta la summa
di tutti quegli aspetti che hanno reso l’attore una celebrità. L’esperienza maturata da Spacey fa
di lui una veterano dello spettacolo, una sorta di animale da palcoscenico, sempre pronto a
mettersi in mostra. Alcune sue scelte pur rivelandosi sbagliate restano legate a una volontà di
migliorarsi ogni giorno. Citando ancora una volta le sue parole ai Golden Globe:« I just want to
be better, I want be better». Spacey è un attore in continuo fermento, che non ama cullarsi dei
successi passati ma manifesta un continuo bisogno di cambiamento dal punto di vista artistico.
Allo stesso tempo però è una star di Hollywood e come tale non estranea alle esigenze del
mercato. Di conseguenza il successo ottenuto grazie a ruoli che ne hanno determinato la fama
resta un aspetto costante. Si tratta di arrivare piuttosto a un giusto compromesso tra l’autonomia
creativa dell’attore e la vendibilità del suo brand. Come afferma Paul McDonald il brand di una
star non è mai qualcosa di statico ma cambia nel tempo:
The star brand is formed by a series of commercial successes, which do not need to be
consecutive, the actor is not only identified with a distinct set of meanings but also gains economic
status.[…] This meanings will persist but in due course the star brand may also acquire other
attributes which then supplement and embellish the core. With star brands, it can therefore be
productive to look for those meanings which define the core of the brand on top of which there is
the accretion of supplementary or secondary meanings which expand the brand and possibly over
time take it new directions.
152 M. Jeffery, David Fincher House of Cards Q&A: Kevin Spacey is just naughty, 26/01/2013; http://www.digitalspy.co.uk/ustv/s233/house-of-cards/interviews/a453286/david-fincher-house-of-cards-qa-kevin-spacey-is-just-naughty.html#~p2utYkbpOoKgFi. 153 Kevin Spacey Wins Best Actor Tv Series Golden Globe Awards 2015; https://www.youtube.com/watch?v=A6IqGy3il8g.
54
Ed è con il ruolo di Frank Underwood che il brand della star si arricchisce di ulteriori significati
senza dimenticare quelli vecchi, dando avvio a una nuova fase della sua carriera: Underwood non è
semplicemente un cattivo alla Spacey ma un personaggio politico.
3.5.1 Frank Underwood prende vita: tra politica e parodia
Ne L’élite senza potere Alberoni descrive le star come personaggi pubblici il cui agire
appartiene esclusivamente alla sfera del privato. Al contrario i politici e i personaggi che detengono il
potere economico vengono giudicati solo per il loro agire comunitario154. Nel 1963, l’anno in cui lo
studioso scrive della questione, le star non occupavano posizioni elevate nel potere politico. Circa
vent’anni dopo qualcosa cambia: nel 1981 Ronald Reagan, una star dei B-movie, diventa il
quarantesimo presidente degli Stati Uniti. Da allora in poi la distinzione del sociologo ha perso la sua
validità.
«What profession other than yours would you like to attempt? Politics155». La risposta di
Spacey a questa vecchia intervista è enigmatica alla luce del successo di un political drama come
House of Cards. Se Spacey è nato come cattivo sullo schermo, nei panni di un personaggio politico
sembra aver trovato il ruolo ideale. Congiungendo i due aspetti viene fuori Frank Underwood, un
membro del Congresso degli Stati Uniti, un democratico a capo della maggioranza, che si fa strada
verso l’apice del potere attraverso corruzione e delitti. Le chiavi del successo di un personaggio come
Underwood non possono essere ritrovate solo nell’interpretazione che ne da Spacey, ma anche nel
modo in cui è Underwood (personaggio) ad andare incontro alla star. Cioè, non è solo l’attore ad
interpretare Underwood ma è il personaggio stesso che prende vita attraverso Spacey, emulandone i
tratti di star. «There was him and there was no one else156» dichiara Fincher sulla scelta di Spacey
come protagonista della serie. Come spiega il regista, interpretare un personaggio politico come
Underwood richiede un agilità verbale non comune, «so we went to Kevin and said, if you don’t do
this, we probably won’t». La maniera in cui i personaggi di Spacey e Underwood combaciano
determina un cortocircuito tra realtà e finzione, dal quale si crea una nuova figura semi-reale. Non a
caso House of Cards è stato citato spesso negli ultimi tempi da personaggi reali del mondo politico, a
154 F. Alberoni, L’elite senza potere, Bompiani, Milano, 1973. 155 Inside The Actors Studio with Kevin Spacey; https://www.youtube.com/watch?v=XBARq_hkDNE . 156 S. Schofield, Kevin Spacey and Robin Wright, 12 febbraio 2014; https://stephenschofield.wordpress.com/2013/02/12/kevin-spacey-and-robin-wright/.
55
volte come parodia (Obama157) altre volte come vero e proprio modello politico (Renzi158.) In questo
senso Underwood appare più reale di quanto sembri. Underwood 2016 è il logo della fittizia campagna
elettorale del personaggio che ne alimenta il merchandising; lo stesso Spacey compare pubblicamente
in più occasioni indossando una felpa con il logo. Il merchandising consiste nell’utilizzo di un brand
per la vendita di un oggetto. Chi acquista lo fa per l’insieme di significati associati al brand. Come
afferma Paul Grainge:
Film is no longer simply a screen experience but something apprehended and understood
trough a wide environment of cultural encounters such that the screen experience may not always
even be a beginning or end point. If, some argue, theatrical film is one long marketing device for
a range of ancillary products (videos, DVDs, soundtracks), extra-textual experiences (theme park
rides, video games) and non-filmic consumables (toys, soft drinks, fast food), than branding has
become the lynchpin of a new gestalt of ‘total entertainment’, central to a consolidated media
moment transforming the status of the motion picture as commodity aesthetic object159.
Il merchandising legato a Frank Underwood rinforza il rapporto tra realtà e finzione, perchè si
tratta di un tipo di messaggio facilmente associabile alla realtà. In più, Underwood prende vita spesso
al di fuori dallo schermo, per esempio nell’ambito di dibattiti in cui interviene come ospite d’onore,
leader indiscusso della televisione, o meglio della web television, di qualità. Spacey entra nel
personaggio di Underwood ogni qual volta la situazione lo richiede come al recente dibattito all'
Edinburgh International Television Festival in occasione del James Mc Taggart Memorial Lecture.
Così viene introdotto in sala : « Please welcome in real life the charming, the funny, the sexy: Kevin
Spacey 160». Sfruttando il suo charme («How classy, brilliant speech» si legge nei commenti su
Youtube del video dell'evento) e il suo immancabile smoking, il personaggio di Underwood «in real
life» prende parte all'ennesima arringa. Smorzando i toni con le sue immancabili imitazioni (Jack
Lemmon è il suo preferito), Spacey/Underwood parla del futuro della fruizione audiovisiva
prospettando un maggior controllo dato all'audience dai network televisivi. Come in un dibattito pre-
elettorale, l'attore dichiara :«Clearly the success of the Netflix model – releasing the entire season of
157 Il president Obama ha dichiarato pubblicamente nel corso di un meeting alla Casa Bianca con l’amministratore delegato per la tecnologia «I wish things were that ruthlessly efficient. It’s true. It’s like Kevin Spacey, man this guy’s getting a lot of stuff done. »; http://abcnews.go.com/blogs/politics/2013/12/obama-wishes-washington-were-more-like-house-of-cards/ 158 Il premier Renzi, fan della serie, per il suo programma di formazione ha affermato: «Dobbiamo individuare un numero fisso di persone da formare con strumenti tradizionali di formazione politica ma anche con le serie tv americane»; http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/tv/2014/05/29/da-house-of-cards-a-scandal-binomio-serie-tv-politica_a9e1589f-84be-4efd-9e65-926dd169ba6c.html 159 P. Grainge, Brand Hollywood: Selling Entertainment in a Global Media Age, Routledge, Londra, 2007, cit.,p.53. 160 mgeitf. “The James Mac Taggart Memorial Lecture 2013: Kevin Spacey”. Youtube. 22/08/2013.
https://www.youtube.com/watch?v=oheDqofa5NM.
56
House Of Cards at once – has proved one thing: the audience wants control. They want freedom. If
they want to binge – as they've been doing on House Of Cards – then we should let them binge161 ».
House of Cards è diventata il simbolo della rivoluzione in atto nell'ambito dello streaming via
web e Spacey/Underwood ne è il paladino. Il successo del personaggio ha raggiunto ogni tipo di
pubblico fino ad ottenere un fan d'eccezione. Il presidente Obama alla vigilia della seconda stagione
dal suo profilo Twitter ha lanciato un appello: «Tomorrow: @HouseofCards no spoilers, please 162».
Inoltre Spacey frequenta spesso gli ambienti intorno alla Casa Bianca, quasi a voler rendere sempre
più credibile il personaggio che interpreta. Nel corso di questi eventi, Underwood dialoga con la realtà;
per esempio aprendo l’incontro annuale per la White House Correspondent's dinner, con uno sketch
in stile House of Cards con tanto di dialogo in macchina:
Washington and Hollywood: Some new faces, some old faces, and some new faces on old
faces. And I do sympathize, Conan, and not just for that backstabbing Leno, but having to host. It
must be so hard to write jokes about a town that already is one. Democrats, Republicans, the White
House, Congress -- you all came together to make this spoof. That's what real bipartisanship looks
like. I may lie, cheat and intimidate to get what I want, but at least I get the job done. So I hope
some of you were taking notes.163
Spacey nelle vesti di Underwood scavalca lo schermo rivolgendo un discorso tanto ironico
quanto sarcastico ai politici americani e quindi facendosi portavoce di un problema reale. Secondo il
pubblicitario francese Jacques Seguela la «star strategy» consiste nel far diventare la marca- oggetto
una marca-persona, in modo da considerarla al pari di un essere vivente, e poi la marca- persona si
trasforma in marca- star che possiede (e qui riprende il paradigma di Samuel Goldwin Mayer) tre
qualità associate alle star di Hollywood: convincono, seducono e durano nel tempo. Seguela afferma
che la «star strategy» si può applicare ai politici meglio che alle marche e parla in tal senso di «celebrity
politics». Una delle strategie della «celebrity politics» consiste proprio nell’utilizzo della star come
rappresentante dell’opinione pubblica164. Un altro evento che ha visto la sua partecipazione è stato il
Gershwin Prize, organizzato dalla Libreria del Congresso, in onore di Billy Joel. Durante la serata oltre
a prendere le sembianze di Underwood quando Joel lo invita ad accompagnarlo con l’armonica per
Piano Man, rispondendogli: «Well it’s your night Billy and I will accept the challenge» con il tipico
accento del sud di Underwood, si lascia andare nello sfoggio del suo talento canoro. Ma già prima del
161 Ibidem. 162 B. Obama, Tweet, 14 febbraio 2014,00:33 p.m., https://twitter.com/barackobama/status/434108103789793281. 163 E. Hayden, House of Nerds: Kevin Spacey, John Mccain Spoof Netflix series, http://www.hollywoodreporter.com/news/house-nerds-kevin-spacey-john-447732 164 R. Viscardi, Star Politics. Processi di starizzazione della politica-per-media, Milano, Franco Angeli, 2014, cit., p.10.
57
successo di House of Cards, Spacey aveva mostrato un interesse verso il mondo politico come racconta
nella sua biografia su WhoSay:
House Of Cards isn't my first experience in US politics. In addition to stuffing envelopes
for Jimmy Carter in high school and working with John Anderson and Edward Kennedy in their
runs for President, I have also worked closely with President Bill Clinton over many years and
campaigns, both during and post-office. And yes, I have stolen Presidential M&Ms from Air Force
One.165
Spacey parla di House of Cards come di una vera esperienza politica. Ma del resto quando si
tratta del legame tra Hollywood e la Casa Bianca ogni confine tra realtà e finzione sembra superfluo.
In una nazione di cui il cinema ha da sempre raccolto le contraddizioni sociali, politica e
intrattenimento si scambiano costantemente di posto, attori si scoprono politici e a loro volta
personaggi ai vertici del potere si atteggiano a star. Spacey è un accanito democratico come dimostra
la sua storica amicizia con Bill Clinton che risale al primo mandato presidenziale. Clinton dichiara di
lui : « Getting to be friends with Kevin is one of the best perks of being president 166». Secondo un
giornalista britannico che ha avuto l’occasione di intervistare entrambi: «They are very much alike.
For the half hour or however long you are in [Spacey’s] company, the spotlight shines on you alone ».
L’ex presidente è allo stesso modo conosciuto per la sua capacità di connessione con le persone. Lo
stesso Spacey in una sua imitazione al David Letterman Show dice di lui : «He loves talk to people[…]
he must take an appeal that say I don’t go to bed until there are no one left to talk to167». L’attore
sostiene inoltre la Clinton Foundation, un’associazione no profit a scopo benefico che si occupa di
migliorare il tenore di vita di popolazioni disastrate. L’ altra strategia della «celebrity politics» consiste
nell’utilizzo da parte di un eletto o un candidato politico della fama di personaggi importanti del mondo
dello spettacolo. Il politico si appoggia a una o a più star per legittimarne il consenso presso l’opinione
pubblica. Clinton conta su un numeroso gruppo di sostenitori tra le star di Hollywood. Il sito Funny or
Die, fondato da altre due star Will Ferrel e Adam McKay, sponsorizza spesso la Clinton Foundation
attraverso la realizzazione di video comici. Uno di questi vede protagoniste, oltre a Spacey, alcune
celebrità legate a Clinton come Ben Stiller, Matt Damon, Sean Penn. Nello sketch le star sono
impegnate in una riunione di un’ipotetica Celebrity Division per elaborare nuove idee a vantaggio della
Fondazione168. In pieno clima di sfacelo, quando nessuna delle proposte sembra essere quella giusta,
165 https://plus.google.com/+KevinSpacey/about . 166 W.J.Clinton, Public Papers of the Presidents of the United States (Book 1), Government Printing Office, Cit.,p.2047. 167 Kevin Spacey al David Letterman 01-02-2013 (sub ita) , Youtube; https://www.youtube.com/watch?v=iRn2nYh1WM4. 168 Clinton Fundation: Celebrity Division, Youtube, 26/10/14 ; https://www.youtube.com/watch?v=diJCNmuSYvU.
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Clinton chiama per sapere come procede il lavoro. Ma a parlare non è realmente il presidente, ma
Spacey in una delle sue imitazioni. A questo punto Clinton entra nel suo ufficio per sorprenderlo nel
bel mezzo dello scherzo per riderne insieme mangiando il pranzo rubato a Sean Penn. Il fatto che l’ex
presidente possa contare su un gruppo così eterogeno di star ha contribuito alla rinascita della sua
popolarità negli ultimi anni. Il video per il sessantottesimo compleanno dell’ex presidente vede ancora
protagonista Spacey questa volta nelle vesti di Underwood che imita Clinton per fare uno scherzo
telefonico169. Anche questo video è in perfetto stile House of Card con musica di sottofondo e stessa
schermata in sovraimpressione dei messaggi telefonici. Spacey/Underwood si trova nell’ufficio ovale
alla Casa Bianca, annoiatosi decide di chiamare Hilary Clinton spacciandosi per Bill cercando di
persuaderla a ricevere un baby elefante per il suo compleanno. Questo tipo di sketch, affidandosi sulla
riconoscibilità di personaggi noti e amati, sono volti a far conoscere il nome della fondazione e
incrementare le donazioni. West e Orman rintracciano un aspetto cruciale della celebrity politics
proprio nella capacità di raccogliere fondi, di fungere da money machine per qualsiasi tipo di causa170.
Guardando ai progetti futuri della star il legame con la politica rimane una costante. Oltre alla serie
House of Cards in corso, Spacey prenderà parte al film di Liza Johnson Elvis e Nixon, previsto per il
2015. Il suo ruolo è ovviamente quello del trentasettesimo presidente degli Stati Uniti.
3.5.2 Frank Underwood: ennesimo sociopatico
Se House of Cards ha colpito l’audience mondiale tanto positivamente è perché rientra in una
categoria di serie che ha spopolato negli ultimi anni. Underwood è solo l’ennesimo personaggio da
inserire nella categoria dei sociopatici della Tv (se così possiamo definire la streaming television)
insieme a Tony Soprano de I Soprano, Don Draper di Mad Man, Walter White di Breaking Bad e tanti
altri. In più, è l’ennesimo personaggio di questo tipo interpretato da Spacey. Non è il solito cattivo, il
suo è un piano di vendetta da consumarsi a sangue freddo, lenta e letale. In questo senso si avvicina al
John Doe di Seven e rientra pienamente nella definizione del termine sociopatico secondo Rivers:
The lack of conscience, shame, remorse and guilt make the sociopath mind a truly criminal
one. The way a sociopath’s mind works is perfect for committing and getting away with crimes.
They can deceive people creating, arguments and strife. They can make people turn against each
169 Wish President Clinton a Happy 68th Birthday, Youtube, 15/09/14; https://www.youtube.com/watch?v=W7pmnIitgeI . 170 M.W. Darrell, J.M. Orman , Celebrity Politics, Prentice Hall, Upper Saddle River, 2003, cit.,p.33.
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other. Sociopath are extremely delusional. While they may be intelligent, they can defy logical
reasonings171.
Il legame con il personaggio di Seven è reso evidente anche dal nome di Fincher. Entrambi i
personaggi non si limitano a distruggere le loro vittime ma ne provocano l’autodistruzione sfruttandone
i punti deboli. Per esempio nella prima stagione a seguito di un lungo sciopero degli insegnanti a causa
del ritardo della riforma sull’istruzione della quale Underwood è incaricato, il capo lobbista del
sindacato degli insegnanti Marty Spinella e Underwood si incontrano dopo essersi scontrati in un
dibattito televisivo. Underwood consegna a Spinella una valigetta, reminiscenza della scatola di Seven,
(ma c’è una scatola con una testa decapitata anche in Riccardo III, dramma interpretato per il teatro da
Spacey) che contiene il mattone con il quale Underwood confessa di aver inscenato l’aggressione a
casa sua per incolpare gli insegnanti senza controllo. I due si confrontano e Underwood provoca
Spinella fino a farsi tirare un pugno (il detective Mills in Seven uccide Doe per averlo provocato), con
la faccia sanguinante Underwood può minacciarlo di revocare lo sciopero. L’avversario si distrugge
con le sue stesse mani. Nel suo libro Why we love sociopath?, Adam Kotsko cerca di spiegare la nostra
fascinazione per questo tipo di personaggi. In primo luogo, amiamo i sociopatici perché desideriamo
essere come loro, «My greatest regret is that I’m not a sociopath172» esordisce Kotso, perché essere
sociopatico significherebbe essere fuori da ogni preoccupazione per il prossimo e vivere liberamente
con potere. Allo stesso modo però questo tipo di personaggi alimentano un appagamento inverso nello
spettatore che riesce a contrapporvi la propria superiorità morale. In più Kotso ritrova nella maggior
parte dei sociopatici un impulso iniziale o meglio una motivazione ufficiale alle loro azioni, nella
volontà di salvaguardare la propria famiglia. Per esempio in Breaking Bad, il sociopatico Walter White
decide di diventare un fabbricante di metanfetamina dopo aver scoperto di avere un cancro e quindi
per garantire un sostentamento economico alla sua famiglia dopo la morte. Per quanto si riveli nel
corso della serie una motivazione solo di superficie, in quanto White è più animato da un desiderio di
riscatto verso se stesso, le due motivazioni restano legate perché diventare un vero uomo sicuro di sè
corrisponde all’essere un padre di famiglia migliore. Nel caso di Underwood non si può fare un
discorso simile. In primis perché si tratta di un political drama in cui a farlo da padrone è il potere e
in più Underwood non sembra animato da alcun amore verso il prossimo, neanche familiare. La prima
scena del primo episodio nella prima stagione si apre con il cane dei vicini di Underwood che viene
investito da un auto. Frank esce per strada e trova il corpo agonizzante dell’animale. In questa prima
sequenza, mentre si rivolge direttamente alla macchina da presa, il personaggio uccide il cane con le
171 C.T. Rivers, Sociopath: Enter the mind of a Sociopath, JR Kindle Publishing, 2014, Kindle e-book, chap.1. 172 A. Kotsko, Why we love sociopath?, John Hunt Publishing , cit.p.1.
60
sue stesse mani: «There’re two kinds of pain, sort of pain that make you strong or useless pain, sort of
pain that is only suffering, I have no passion for useless thing ». Per Francis come uomo politico, la
motivazione di superficie potrebbe risiedere nel voler sistemare problemi legati alla nazione e fare la
cosa necessaria per il bene dei cittadini, per quanto difficile e spregevole possa essere. Ma il fatto che
Underwood renda partecipe lo spettatore rivolgendosi spesso a svelare i retroscena non lascia nulla a
malintesi: il suo è un piano di potere e vendetta tutto personale. Ciò che rende Underwood diverso
dagli altri personaggi sociopatici è proprio il suo modo di coinvolgere lo spettatore, che diventa un suo
confidente. Anche per questo, se come spettatori siamo portati a riconoscere la brutalità del
personaggio e prenderne le distanze, ne siamo allo stesso tempo affascinati. Afferma Leila Mansuori:
«Like Bill Clinton, the character Spacey plays is masterful at creating the illusion a politician is paying
us individual attention, and this illusion beats a reality in which our representatives split their attention
among not just other constituents but among the special interests and party power brokers funding their
careers173 ». L'espediente del rivolgersi alla macchina da presa è mutato dal teatro shakespeariano ed
è lo stesso Spacey ad averlo adottato in House of Cards forte dell'esperienza con Riccardo III :
the directed dress which we do in House of cards where Francis turn to the camera and
talks to the viewer is a device that Shakespeare created. It's different than a monologue [..] in a
monologue is general an actor talking to the hole theatre but in directed dress you're talking
specifically, you're looking right into the eyes of your audience […] so what is really incredible for
me in terms to prepare for House of Cards was because I'm just looking to the lens now but my
memory[...] of seeing how audience responded and reacted […] I'm kind of think of the camera as
my best friend174.
Il modo di rivolgersi in macchina rivela un altro aspetto che caratterizza Underwood: il suo
narcisismo. Per Freud il narcisismo può essere ricollegato all’ impulso omosessuale175. In questo senso
Underwood rientra pienamente nella categoria dei personaggi sessualmente ambigui interpretati
dall’attore, che giocano con la sua presunta omosessualità; un’ambiguità che viene mostrata
chiaramente nel corso di due episodi. Nel primo Frank è invitato nella sua vecchia accademia militare
(lo stesso Spacey ne ha frequentata una in gioventù) per la cerimonia di nomina a suo onore della
biblioteca, qui incontra i suoi vecchi amici di camerata. La sera della festa il gruppo decide di rivivere
173 L. Mansouri, Fantasy Casting Congress in House of Cards, 11/02/14; http://lareviewofbooks.org/essay/fantasy-casting-congress. 174 Actor Kevin Spacey, Georgetown's Ron Klain Discuss Politics and Ethics, video Youtube, 11/11/13;
https://www.youtube.com/watch?v=o4ollmiHoIE. 175 S. Freud, Casi Clinici, Netwton Compton, 2010 (ebook).
61
le ebbrezze della giovinezza e rubare da bere al piano bar per ubriacarsi nei locali della vecchia
biblioteca. Qui Frank resta solo con uno dei suoi amici Ken e dalle loro parole si capisce come da
giovani essi siano stati più che semplici amici. Nella scena i due sono stesi insieme sul pavimento
inquadrati dall’alto, in preda all’affanno dopo una gara di flessioni. È la prima volta che vediamo
Underwood così vulnerabile; è lui stesso a confessarsi («you meant something to me»); Underwood è
palesemente bisessuale. Un’altra controversa scena è presente nell’undicesimo episodio della seconda
stagione. Claire, la moglie di Underwood, invita Edward Meechum, l’agente dei Servizi Segreti al
servizio a bere un drink in casa. Quando Frank rientra li sorprende al tavolo della cucina visibilmente
sbronzi. L’atteggiamento dei due nei confronti di Meechum è prima protettivo, Claire gli fascia la
mano dopo che si è ferito con un bicchiere di vetro rotto e allo stesso modo Frank gli cambia la benda
sporca. Mecchum è chiaramente affascinato dagli Underwood e i due ne approfittano per mostrare il
loro potere. Mentre Frank gli fascia la mano, Claire si china per iniziare a baciargliela, poi a sua volta
Meechum inizia a baciarle il collo, e allo stesso modo Frank bacia Claire sulla bocca. Tutto si svolge
in maniera coreografata tra gli sguardi d’intesa dei due coniugi. La scena si chiude con il bacio tra i
due uomini. Non ci viene mostrato altro, ma nella scena successiva Doug Stampfer, il consigliere di
Underwood, si reca da Rachel, l’ex prostituta su cui ha il controllo, per sorprenderla dalla finestra
durante un rapporto sessuale con la sua compagna. Ciò che viene omesso nella prima scena viene
mostrato esplicitamente nella seconda. L’atto dei due Underwood è teso a esibirne ancora una volta il
potere manipolatorio: sono loro a dominare la scena, mentre Meechum è di spalle alla macchina da
presa o tagliato dal quadro, i due sono sempre inquadrati frontalmente e occupano una porzione
maggiore dell’inquadratura. Ma è anche una delle poche volte all’interno di House of Cards in cui
abbiamo un momento di intimità tra Frank e Claire; il fatto che ci sia un terzo personaggio, per lo più
maschile a condividerlo, è sintomatico. La mattina seguente Frank è in cucina e taglia una mela, Claire
entra nella stanza e iniziano una conversazione:
Frank: How has your head?
Claire: Fine, I took a couple of aspirin before I went to sleep. You, how was your sleep?
Frank: I slept like a baby
Claire: Good, You needed than.
Mentre Claire mostra delle incertezze, Frank appare pienamente soddisfatto. La relazione tra
gli Underwood sembra fondata più su un patto tra i due che su una vera attrazione. Inolte Frank non
esita a utilizzare sua moglie per i suoi scopi. Ma del resto Claire è un doppio speculare di suo marito,
ne rappresenta la controparte sadica femminile. Per quanto siano sposati la loro non è una famiglia
62
tradizionale: non hanno figli insieme e non mostrano il desiderio di averne (il solo pensiero sarebbe
una distrazione da obiettivi più grandi). In un episodio della prima stagione Frank si rivolge in
macchina dicendo: «I despise children». La presunta sterilità di Claire è una sterilità di coppia, la loro
vita sessuale non viene mai mostrata. I due sembrano essere l’uno il doppio dell’altra. La stessa Claire
è una figura androgina, taglio di capelli corto, spesso vestita di nero. Il nero è proprio il colore che li
accomuna. Nell’ultima scena della prima stagione i due escono di sera per una corsa nel parco,
entrambi con una tuta nera aderente, corrono fianco a fianco per scomparire nel buio.
Come spiega Kotsko un’altra caratteristica che contraddistingue i sociopatici è
l’egocentrismo176, una qualità dello stesso Spacey. Nelle sue frequenti apparizioni televisive, durante
interviste o cerimonie di premiazione l’attore è sempre pronto a dilettarsi nelle sue famose imitazioni,
così come nel raccontare la storia giusta al momento giusto o a lasciarsi andare a numeri di ballo e
canto. Come un vero e proprio personaggio televisivo, Spacey ama intrattenere e mostrare se stesso.
Nel corso di una puntata del Jimmy Kimmle Live Show Spacey pubblicizza il suo ultimo film
documentario Now: On the wings of a worldstage sulla sua esperienza del tour mondiale per Riccardo
III, la cui interpretazione ha ispirato quella successiva di Underwood177.
Spacey: People may or may didn’t know that I do a production of Richard the third two
years ago with Sam Mandes
Kimmel : none of this people know but there are..cultural world
Spacey: none of this people know but there are other people in the world, cultural people
you mean178.
Il pubblico nello studio reagisce con un boato negativo, ma subito Spacey rimedia scherzando:
«free cameras for everybody!», al che scoppia a ridere e applaude. Uno dei commenti con più feedback
positivi al video è «his ego is huge but he isnt smug, its appropriate». L’atteggiamento egocentrico
sfocia in questo, come in altri casi, in superiorità che è impossibile non ricollegare al personaggio di
Underwood. Si può supporre essere proprio questo modo di mostrarsi al pubblico a caricare il
protagonista di House of Cards di veridicità e a renderlo tanto amato. Le due entità, personaggio e star,
coincidono non solo nell’aspetto estetico, nel look che scelgono, ma anche nell’atteggiamento.
Utilizzando la terminologia di Dyer, le figure sembrano aderire perfettamente l’una all’altra:
176 A. Kotso, Why We Love Sociopath?, Zero Books,Winchester,2010 (ebook). 177 Kevin Spacey on Jimmy Kimmel Live PART 2, Youtube; https://www.youtube.com/watch?v=u0x6LJO9bbY.
63
Il fenomeno dell’identificazione spettatore/star può essere un aspetto cruciale del modo in
cui il pubblico si pone in rapporto al personaggio. La “verità” sulla personalità di un personaggio
e i sentimenti che provoca possono essere determinati da quello che il lettore considera essere vero
della persona della star che recita la parte179.
3.5.3 Spacey/Underwood look: tra stile classico e gusto high-teck
Sin dai primi tempi le star sono state considerate icone di stile e per questo coinvolte in
campagne pubblicitarie per sfruttarne l’immagine di eleganza e bellezza. Secondo Cristina Jandelli : «
La star cinematografica del nuovo secolo è un testimonial costoso quanto infallibile dell’incarnare il
potere seduttivo degli oggetti di lusso, i più desiderati e in grado di simboleggiare lo status sociale
elevato dei loro possessori. I grandi divi hollywoodiani, rappresentano cioè, nel secondo secolo del
cinema, la nuova aristocrazia del gusto180». Spacey è diventato nel tempo un’icona di eleganza e la sua
fama di attore di teatro ha certamente contribuito nell’elaborazione di questo tipo di brand. In
particolare con il personaggio di Frank Underwood in House of Cards l’attore sfoggia un look in cui
è perfettamente a suo agio. Il guardaroba di Underwood definisce molto la sua personalità e il suo
desiderio di controllo. Con i suoi vestiti su misura, utilizzando meticolosamente determinate gamme
di colori di giacche e cravatte (esclusivamente dal blu al nero) per le diverse occasioni, Frank vuole
garantire sempre un immagine impeccabile di sé come uomo di potere. Il costumista, Tom Broecker,
che si è occupato della prima stagione della serie, afferma che il fine nella selezione dei costumi di
Underwood è stato quello di imitare lo stile britannico del protagonista dello show originale a cui
House of Cards si rifà181. Johanna Argan, che ha sostituito Broecker durante la seconda stagione
spiega: «Kevin pretty much exclusively wears Burberry with a hint of Ralph Lauren. We choose
specific suit colors, specific ties, specific colors that all do subtle things to his jaw line, body shape,
and skin. Frank will never look like he walked out of GQ, but he also doesn't look frumpy. He's a
politician so he can't look too overly done and stylized.182» Anche per i suoi look da Red Carpet, per
esempio agli Emmy Awards 2013 e ai Golden Globe 2014, l’attore sceglie spesso Burberry. Lo stile
di Spacey è uno stile classico dentro e fuori dallo schermo. Se le star si fanno mediatrici del valore
simbolico di un prodotto frapponendosi tra i produttori e i consumatori allo stesso tempo alimentano
179 R. Dyer, op. cit.,p.152. 180 Cristina Jandelli, Breve storia del divismo cinematografico, Marsilio, Venezia, cit.,p.174. 181L. Sherman, The costume designer behind house of cards, snl and 30 rock tells all, in «Fashionista», 28 marzo 2013; http://fashionista.com/2013/03/the-costume-designer-behind-house-of-cards-snl-and-30-rock-tells-al#2 . 182 C. Lieber, Behind the Wardrobes of House of Cards' Power Players, in «Racked», 10/02/2014; http://www.racked.com/2014/2/10/7619407/house-of-cards-costume-designer-reveals-the-shows-high-fashion-choices.
64
la loro immagine beneficiando di quel sistema di valori associati a un dato prodotto. Scegliendo lo stile
classico di una delle marche iconiche della moda londinese Kevin Spacey rilancia la sua immagine di
star dal “gusto” europeo.
In House of Cards a questo stile classico si contrappone un gusto hight-tech. Frank e i suoi
collaboratori fanno uso quotidianamente di tutta una serie di oggetti e gadget tecnologici che li
accompagnano in ogni momento. L’uso del product placement all’interno di House of Cards si fa
spesso esplicito. Nella maggior parte delle scene i personaggi si interfacciano con diversi dispositivi
tecnologici, i cui brand ricorrenti sono Apple, Blackberry, Sony, ma anche Dell e Chevrolet. In
particolare, il marchio più associato al personaggio di Underwood è quello Blackberry, che da anni
provvede realmente al servizio delle comunicazioni mobili del governo americano, essendo uno dei
sistemi operativi più sicuri in circolazione. Ma spesso vediamo Frank interfacciarsi con console di
videogiochi «Is that a Ps Vita?» chiede esplicitamente in una battuta. L’associazione di questi brand
al personaggio del deputato Underwood fa capo a una strategia economica di Netflix, che come
piattaforma online non prevede pubblicità. Allo stesso tempo l’uso di questi gadget carica il
personaggio di autenticità avvicinandolo allo spettatore. Considerando inoltre che House of Cards,
come prodotto originale Netflix sia stato fruibile esclusivamente (almeno inizialmente) via web e
quindi attraverso quegli stessi dispositivi che si vedono continuamente in scena si può supporre che la
loro presenza costante faccia parte di una strategia implicita per promuovere il sito stesso.
3.6 Digital Spacey, Call of Duty: Awanced Warfare
L’ingresso del cinema nel mondo digitale ha provocato molti cambiamenti nel modo di
raccontare le storie. Con l’aumento dei mercati collaterali legati all’industria, il cinema adotta
continuamente uno scambio con media diversi. L’esperienza dell’immagine perfetta sullo schermo può
essere facilmente raggiunta attraverso software all’avanguardia sviluppati dal mondo dei video games.
La star può rappresentare un fattore di stabilità in un panorama in continuo fermento e con la sua
presenza fungere da garante della superiorità hollywoodiana. Kevin Spacey ha dimostrato di essere
una star che guarda al futuro. Operando scelte atte alla rielaborazione costante del suo brand l’attore
si è adattato ai cambiamenti in corso nell’universo audiovisivo. La sua presenza costante all’interno di
media differenti, dal teatro alla televisione, dal cinema alla web television ha contribuito a garantirgli
65
una visibilità tale da essere definito «the king of all media183». Come egli stesso ha affermato nel corso
di un intervista:
That camera doesn’t know it’s a movie camera or a Tv camera or a webisode camera, it’s
just a camera, so you can do really good work in front of the camera no matter what. […] so it’s
seems to me that there is this incredibly things happening where there is all this creativity and
technology that are converging at the same moment. And I think that the audience doesn’t care
about the platform they care about the content 184.
Ma se Spacey appare così poco selettivo nella scelta del medium in cui cimentarsi, tutt’altro conto è il
discorso sui contenuti. La star non è più disposta ad accettare i compromessi di un tempo, la sua fama
di prestige star presuppone che faccia delle selezioni riguardo ai ruoli in cui cimentarsi: ‹‹Unless it's
Martin Scozese, and it's a really significant role, f--- off 185››. Alla luce di una dichiarazione del genere
l’esperienza di Come ammazzare il capo e vivere felici, con tanto di presenza nel sequel, sembra
contraddittoria. Ma come si è spiegato altrove, Spacey resta una star di Hollywood e come tale brama
visibilità. Ogni medium presuppone una categoria di spettatori diversi e la possibilità di raggiungerli
tutti è sicuramente un altro modo per garantirsi questa visibilità. Per questo Spacey ha accettato una
parte in Call of Duty: Awanced warfare, il blockbuster dei video giochi: « Call of Duty is sort of like
the Transformers of video games. It’s a huge moneymaker, selling millions of copies each year,
earning both commercial success and some backlash over its popularity.186» Eric Hishberg, direttore
della società Activision, che ha prodotto Call of Duty racconta come l’attore sia stato convinto a
prendere parte al progetto : « We sat down with him and described the character to him, described the
narrative, and first and foremost, I think he responded to that, but also when you sit down with him
and say 'this is how many people you're going to reach, here's the kind of engagement we get with this
content,' it's pretty compelling187». Un videogioco è una categoria di prodotto destinata soprattutto al
mondo giovanile, un tipo di audience nuova per l’attore. In Call of Duty Spacey ha preso vita grazie
alla tecnologia motion picture nelle sembianze di John Irons, il presidente di una milizia militare
privata. Analizzando il personaggio di Irons, questi sembra essere un estremizzazione violenta del
183M. Peikert, Is Kevin Spacey the King of All Media?, in «Backstage», 7 maggio 2014 ;
http://www.backstage.com/interview/kevin-spacey-king-all-media/. 184 Kevin Spacey Interview: Now, House of Cards, American Beauty, Se7en, The Usual Suspects;
https://www.youtube.com/watch?v=A-d0dlmyJiE . 185R. Lacey, Kevin Spacey: 'House of Cards' Star on Why He Won't Play Carson; the Right Way to Say 'F--- Off', in
«Hollywood Reporter»,2014; http://www.hollywoodreporter.com/news/kevin-spacey-house-cards-star-692706. 186 Kain E.,Call Of Duty: Advanced Warfare' Interview: On Innovation, Risk, And Video Games, in «Forbes», 11 aprile
2014; http://www.forbes.com/sites/erikkain/2014/11/04/activision-publishing-ceo-talks-call-of-duty-advanced-warfare/. 187Holden W., Activision CEO reveals what got Kevin Spacey interested in 'Call of Duty' role, in Examiner, 25 agosto
2014; http://www.examiner.com/article/activision-ceo-reveals-what-got-kevin-spacey-interested-call-of-duty-role .
66
protagonista di House of Cards. Come Underwood la sua parola d’ordine è il potere: «Ideas don’t
determine who is right, power determines who is right.. and I have the power so I’m right». Entrambi
vogliono ottenere il controllo attraverso iniziative fuori dalle norme sociali e entrambi sottovalutano
la democrazia: « Democracy is not what these people need. Hell, it's not even what they want [...]».
Allo stesso modo nel corso della cerimonia di giuramento da vicepresidente, Underwood si rivolge in
macchina e confida allo spettatore: « One heartbeat away from the presidency not a single vote cast on
my name..Democracy is so over-rate ». In tutti e due i personaggi ritroviamo un impulso sadico mosso
da un desiderio di potere che li spinge a commettere brutalità. La storia dietro il personaggio di Irons
è quella di un padre che perde suo figlio, un soldato dell’esercito americano che muore in battaglia. A
una prima lettura il personaggio sembra essere mosso da un desiderio di vendetta dopo la perdita. Ma
in realtà, come Underwood, Irons è un sociopatico il cui unico scopo è affermare se stesso. In più il
legame tra i due personaggi è reso evidente dal fatto che Call of Duty è un tipo di gioco che rientra
nella categoria dei FPS (Frist Person Shooter) in cui tutto è filtrato dalla visuale del personaggio che
il giocatore guida. In questo modo gli altri personaggi con i quali il giocatore interagisce si rivolgono
direttamente all’obiettivo quando parlano con lui. Quando questo accade con Irons è impossibile non
avere la sensazione che si tratti di Underwood.
Conclusioni
Se l’autonomia di cui la star può usufruire nel panorama del «post-studio system188» ha portato a una
concorrenza maggiore nel mondo di Hollywood, la situazione si aggrava se si pensa che grazie alla
rete tutti potenzialmente possiamo essere star. Ma come dimostra un personaggio come Kevin Spacey,
la vecchia star di Hollywood può ancora ostentare un certo grado di autorevolezza, tenendosi al passo
coi tempi, rinnovando il proprio brand e impegnandosi a mantenere un grado di presenza sul web. La
scelta della star di prendere parte a iniziative tanto diverse tra loro dimostra come i bisogni di
Hollywood siano cambiati nel corso degli anni. Mentre prima l’industria richiedeva all’attore/star di
rientrare in un tipo stabilito e riconoscibile nei diversi ruoli che la star era chiamata a intraprendere,
adesso l’attore, più o meno autonomamente, può decidere quale strada prendere. Il divo è libero di
sfruttare i successi passati per progetti futuri, oppure può decidere di intraprendere nuove strade; o
ancora servirsi della sua fama per iniziative diverse, volte alla conquista di nuove frontiere dentro e
fuori dal mondo dell’intrattenimento. Se il ruolo economico e quindi la posizione privilegiata delle star
del grande schermo sono costantemente minacciate, il piano per la riconquista di una popolarità stabile
è quello di entrare a far parte di tutti quegli ambiti che l’universo mediatico e spettacolare offre: «the
188 P.McDonald, Hollywood Stardom, Wiley-Blackwell,Hoboken,2013, cit.,p.110.
67
true moneymaking potential awaits those who are able to harness the power of multiple media in one
package189». Un attore come Kevin Spacey dimostra come veicolando la propria immagine attraverso
una serie di sinergie, la star può affermare se stessa in ogni tipo di medium arrivando a essere
conosciuta a livello globale per il suo valore artistico, senza far leva sulla visibilità che deriva dal
gossip o dalla sua vita privata. La sua immagine di successo si basa su un giusto compromesso di
prestigio e popolarità.
In generale, si assiste oggi a un vero e proprio paradosso. Se i film dal maggior successo planetario
sono quelli che vantano un grosso budget di produzione, con effetti speciali garantiti e supereroi che
hanno sempre la meglio, alle star nella vita reale è richiesto di staccarsi da quella straordinarietà
mostrando all’opposto un’ordinarietà (tipica delle star del web) e di partecipare attivamente
nell’universo della rete. Da qui si genera un paradosso nel paradosso determinato dal fatto che seppure
lo spettatore sia sempre più consapevole della finzione sullo schermo (viviamo nell’era dell’«illusione
difficile190» portata dai nuovi media digitali) , le star non smettono di affascinare e sono ora più che
mai lo specchio della società in cui vivono incarnadone palesemente le contraddizioni. Con
l’affermazione della cosiddetta Internet democratization, la strada verso il successo è cambiata e per
dirla con le parole di Spacey «building an audience doesn’t require hollywood help191». Ogni persona,
grazie alla libertà di cui usufruisce sulla rete può mostrare il proprio talento. In questo panorama
dominato da un sistema di self promoting generale, si può supporre che segretamente l’audience brami
star dall’aspetto straordinario sullo schermo in modo che la contrapposizione con la loro ordinarietà di
persone comuni sul web (un mondo “autentico”) risulti stridente e riveli la natura fittizia dello stardom,
la cui costruzione si basa in parte sulla corrispondenza tra figura reale e personaggio interpretato.
Partecipando attivamente nell’universo social, la star dimostra di non essere tanto diversa da una
qualsiasi persona comune, come lo stesso Spacey si è sempre mostrato, rifiutando di essere definito
una celebrità.
Ma ancora una volta riprendendo Dyer e supponendo che esista realmente qualcosa di intrinseco al
mezzo cinematografico che crei la star, ogni altro tipo di personaggio, la cui immagine si genera in un
medium diverso, non ha speranze nella gara verso l’immortalità. Ciò che resta quindi nel discorso sullo
stardom è la fascinazione dei divi sullo schermo. Come afferma Jandelli :
189 D.Hayes; Five Things The Forbes Celebrity 100 Says About Hollywood Star Power, in «Forbes», 30/06/2014; http://www.forbes.com/sites/dadehayes/2014/06/30/five-things-the-forbes-celebrity-100-says-about-hollywood-star-power/ . 190 Cfr.F. Di Chio, L’illusione difficile. Cinema e serie tv nell’età della disillusione, Bompiani, Milano, 2011. 191 The James MacTaggart Memorial Lecture 2013: Kevin Spacey,video Youtube, 22/09/2013 ; https://www.youtube.com/watch?v=oheDqofa5NM .
68
Nella fase di passaggio che stiamo vivendo, dove il crepuscolo dell’occhio analogico del
Novecento si ibrida con l’aurora di una nuova forma di rappresentazione, gli albori cioè del nuovo
secolo digitale, si trova ancora la stessa declinazione linguistica, l’articolazione chiave del primo
piano e ancora un volto, una performance d’attore che ipnotizza lo spettatore attraverso
l’immagine-affezione, così la chiamava Deleuze, di un volto che si lascia istintivamente e
intensamente scrutare192.
E così lo sguardo di uno Spacey sognante in un letto di rose, l’espressione vacua di un criminale che
grida in un commissariato con le mani insanguinate, un volto che ci parla direttamente con complicità
tra le pareti della Casa Bianca restano nella memoria dello spettatore e si perdono in quella della rete
in milioni di altre immagini che si ripetono all’infinito.
192 C. Jandelli, Breve storia del divismo cinematografico, Venezia, Marsilio, 2007, cit.,p.182.
69
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- Kevin Spacey Wins Best Actor: 2000 Oscars;
https://www.youtube.com/watch?v=WCjt7PME5_E (ultimo accesso: 14/03/2015).
- Kevin Spacey Wins Supporting Actor: 1996 Oscars;
https://www.youtube.com/watch?v=IVktfCKxf4M (ultimo accesso: 07/03/2015).
- Kevin Spacey’s Oscar Selfie Story, 06/05/2014, YouTube,( ultimo accesso: 11/02/2015);
https://www.youtube.com/watch?v=G_jSllFJHHg
- Superman Returns: -Wrong!, 27/10/2010, YouTube, (ultimo accesso 04/02/2015);
https://www.youtube.com/watch?v=GnP8nfRB4g4
- The James MacTaggart Memorial Lecture 2013: Kevin Spacey, 22/09/2013, Youtube, (ultimo
accesso: 04/03/2015) ; https://www.youtube.com/watch?v=oheDqofa5NM
Filmografia
- 21 (21, Robert Luketic, 2008)
- A Bug’s life- Megaminimondo ( A bug’s life, John Lasseter, Andrew Stanton, 1998)
- American Beauty (American Beauty, Sam Mendes, 1999)
- Americani (Glengarry Glen Ross, James Foley, 1992)
- Austin Powers in Goldmember ( Austin Power in Goldmember, Jay Roach, 2002)
- Beyond the Sea ( Beyond the Sea, Kevin Spacey, 2004)
- Call of Duty: Advanced Warfare (2014) (videogioco)
- Casino Jack ( Casino Jack, George Hickenlooper, 2010)
- Come ammazzare il capo 2 (Horrible Bosses 2, Sean Anders 2014)
- Come ammazzare il capo e vivere felici (Horrible Bosses, Seth Gordon,2011)
- Heartburn- Affari di cuore (Heartburn, Mike Nichols,1986)
- House of Cards- Gli intrighi del Potere ( House of Cards, 2013-in corso)
- I Soliti Sospetti (The Usual Suspects, Bryan Singer, 1995)
- Il Delitto Fitzgerald (The United State of Leland, Matthew Ryan Hoge, 2003)
- Il momento di uccidere (A Time to kill, Joel Schumacher,1996)
- Il negoziatore (The negotiator, F. Gary Gray,1998)
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- Il prezzo di Hollywood (Swimming with Sharks, George Huang,1994)
- K-PA X- Da un altro mondo (K-PAX, Iain Softley, 2001)
- L.A. Confidential (L.A Confidential, Curtis Hanson, 1997)
- L’uomo che fissa le capre (The Men who Stare at Goats, Grant Heslov, 2009)
- Margin Call ( Margin Call, J. C. Chandor, 2011)
- Mezzanotte nel giardino del bene e del male (Midnight in the garden of good and evil,
Clint Eastwood,1997)
- Oltre la legge- L’informatore (Wiseguy, Stephen J. Cannell, Frank Lupo, serie TV,
1988)
- Professione inventore (Father of Invention, Trent Cooper, 2010)
- Riccardo III- un uomo,un re (Looking for Richard, Al Pacino, 1996)
- Seven ( Seven, Davis Fincher, 1995)
- Superman Returns ( Superman Returns, Bryan Singer, 2006)
- The Big kahuna ( The Big Kahuna, John Swanbeck, 1999)
- The life of David Gale ( The life of David Gale, Alan Parker, 2003)
- The Shipping news- Ombre dal profondo (The Shipping news, Lasse Hallstrom, 2001)
- Un perfetto Criminale (Ordinary Decent Criminal, Thaddeus O’Sullivan, 2000)
- Un sogno per domani (Pay it forward, Mimi Leder,2000)
- Virus Letale (Outbreak , Wolfgang Petersen, 1995)