Written in bones: Neolithic pastoralism on the east Adriatic coast/Scritto nelle ossa: il...

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ADRIATICO SENZA CONFINI 141 Written in bones: Neolithic pastoralism on the east Adriatic coast Introduction Mobile pastoralism is an efficient way of using areas with limited soil and water resources. The East Adriatic coast with its rugged limestone landscape, the lack of surface water and soil is better suited to herding than for arable farming. The life of Neolithic people on the East Adriatic coast revolved around animals, mainly sheep and goats. Their relationship with animals was a close one, part of everyday life. Within Neolithic societies every person was a herder, sacrificer, slaughterer and consumer at the same time. DIMITRIJ MLEKUŽ Scritto nelle ossa: il pastoralismo nell’Adriatico orientale durante il Neolitico Introduzione Il pastoralismo nomadico permette di utilizzare efficacemente territori che presentano scarse risorse idriche e povertà di suoli. Ne è un esempio il frastagliato paesaggio costiero dell’Adriatico orientale, con i suoi affioramenti calcarei, naturalmente più adatto allo sfruttamento pastorale che a quello agricolo. La vita delle comunità neolitiche stanziate lungo le coste adriatiche era strettamente dipendente da quella degli animali allevati, soprattutto greggi. Il rapporto tra gli uomini e gli animali era allora più stretto di quanto non lo sia oggi,

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ADRIATICO SENZA CONFINI 141

Written in bones: Neolithic pastoralism on the east Adriatic coastIntroduction

Mobile pastoralism is an effi cient way of using areas with limited soil and water resources. The East Adriatic coast with its rugged limestone landscape, the lack of surface water and soil is better suited to herding than for arable farming.The life of Neolithic people on the East Adriatic coast revolved around animals, mainly sheep and goats. Their relationship with animals was a close one, part of everyday life. Within Neolithic societies every person was a herder, sacrifi cer, slaughterer and consumer at the same time.

DIMITRIJ MLEKUŽ

Scritto nelle ossa: il pastoralismo nell’Adriatico orientale durante il NeoliticoIntroduzione

Il pastoralismo nomadico permette di utilizzare effi cacemente territori che presentano scarse risorse idriche e povertà di suoli. Ne è un esempio il frastagliato paesaggio costiero dell’Adriatico orientale, con i suoi affi oramenti calcarei, naturalmente più adatto allo sfruttamento pastorale che a quello agricolo. La vita delle comunità neolitiche stanziate lungo le coste adriatiche era strettamente dipendente da quella degli animali allevati, soprattutto greggi. Il rapporto tra gli uomini e gli animali era allora più stretto di quanto non lo sia oggi,

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Traditional and Neolithic pastoralismThere is a variety of different traditional pastoral systems recorded in the Dinarides and the eastern Adriatic in the last few centuries. The most common form of pastoralism was inte-grated into arable farming. Farmers kept domestic herds as sources of milk, wool, manure and meat. Herds served as a form of “capital”, as buffers against failed harvests and political crises. There are different levels of dependence on livestock, from farmers who kept only a few sheep to sedentary pastoralists who combined the herding of relatively large fl ocks with the cultivation of grain. However, most herds were small and diversifi ed, an average herd on the Trieste Karst in 19th century did not include more than 15 animals between sheep, goats, cattle, horses and mules. Mobility was restricted to the confi nes of the local community or to the top of the local mountains; herds grazed on communal land that was not cultivated. During that period specialised forms of transhumant and nomadic pastoralism were practised almost exclusively by the Vlachs, who herded their large fl ock of sheep in a no-mans-land between the Ottoman and Venetian states, supplied both sides with animal products.

However, these ethnographically documented pastoral practices are not remnants from the deep past and should not be seen as fossil practices that survived from the Neolithic. They are not timeless responses to the Mediterranean landscape, but dynamic responses to ex-tremely complex natural, historical and economic processes. Neolithic pastoralism was quite different from ethnographically documented pastoralism on the eastern Adriatic.

Bones can tell a storyFragments of animal bones are common fi nds on archaeological sites. They are the remains of meals that past people consumed. While single bone fragment does not say much, it is the totality of bones from the site, faunal assemblage, that can reveal to us relations between people and animals in a social and cultural perspective. In most sites bones were not deposi-ted in one single moment instead they are result of history of choices that reveal cultural and economic aspects of interactions between people and animals.

People reared animals or hunted them in the landscape, brought them to the site (some ali-ve, some as carcasses), where they butchered carcass, processed (cooked) and consumed meat and discarded bones. Which animals were reared or hunted, how old were the animal when they were culled, when they were killed and which parts of animals are present on the site are important information.

However, faunal assemblages are not only made in a complex way, they can be changed after bones were discarded. Bones were gnawed and carried around by dogs and other ani-mals, they were trampled upon by people, exposed to elements and left to disintegrate. Even the excavation of the site has huge impact on the bone assemblage as the choice of sam-pling, sieving of sediments, and attention to detail during can change the composition of assemblage.

Neolithic on the east Adriatic coastNeolithic animal bones on east Adriatic coast can be found in two very different contexts. First are lowland settlements, located near the land suitable for agriculture and water sources such as Northern Dalmatia, Istria and Friuli Plain. There is evidence of houses, large quantities of pottery and domesticated plants and animals, indicating that people practiced an agro-pasto-

dal momento che sugli animali si basavano le principali attività quotidiane: ogni membro della comunità era al tempo stesso un pastore, un esecutore di sacrifi ci, un macellatore e un con-sumatore di carni animali.

Il pastoralismo neolitico tradizionale Molteplici sono le forme tradizionali di pastoralismo documentate nei territori delle Alpi Dinari-che e dell’Adriatico Orientale negli ultimi secoli. La forma più diffusa era quella agro-pastorale in cui l’allevamento animale era associato alla pratica agricola: gli animali erano fonti di latte, lana, concime e carni e il bestiame fungeva da “capitale”, ovvero da riserva cui si ricorreva per sopperire agli effetti negativi dovuti a cattivi raccolti e ai momenti di crisi. Esistono più livelli di dipendenza dagli animali allevati: dagli agricoltori che si limitano ad allevare solo poche pecore, a quello dei pastori sedentari che combinano l’allevamento di greggi numericamente consistenti con la coltivazione dei cerali. La maggior parte delle mandrie era tuttavia di ridot-te dimensioni e diversifi cata quanto a specie animali. Sul Carso triestino nel corso del XIX secolo non superavano in media i 15 capi tra pecore, capre, buoi, cavalli o muli. Gli itinerari pastorali erano circoscritti ai confi ni della comunità locale o alle vette dei rilievi presenti nella regione e gli animali pascolavano sulle terre comuni, ai margini delle coltivazioni.

Forme specializzate di transumanza e di pastoralismo nomadico sono state praticate pres-soché esclusivamente dai Valacchi, che pascolavano le loro greggi in una “terra di nessuno” compresa fra l’Impero Ottomano e la Repubblica di Venezia, rifornendo entrambi i governi con i prodotti derivati dagli animali.

Tuttavia queste strategie pastorali, etnografi camente documentate, non sono ciò che soprav-vive di un lontano passato, né devono essere considerate quali tradizioni preistoriche cristal-lizzate dal Neolitico. Esse non devono essere intese quali reazioni senza tempo alle condizio-ni imposte dal paesaggio mediterraneo, quanto piuttosto una risposta dinamica a complessi processi naturali, storici ed economici. Il pastoralismo neolitico si è confi gurato come un fe-nomeno molto diverso da quello documentato etnografi camente in Adriatico orientale e per comprenderne la vera natura dobbiamo rivolgere la nostra attenzione ai campioni faunistici, come tasselli di un mosaico in grado di ricostruire la trama di una storia.

Le ossa possono raccontare una storiaI campioni faunistici sono tra i reperti più comuni nei contesti archeologici dove costituiscono principalmente resti di pasto e scarti di cibi consumati nel passato. Non il singolo osso quanto il complesso delle ossa rinvenute nel sito – il repertorio faunistico -, è rivelatore, in prospettiva socioculturale, delle dinamiche esistenti tra uomo e animale in un dato contesto archeologico. Nella maggior parte dei siti, inoltre, le ossa non rappresentano il frutto di un singolo episodio di deposizione, ma sono il risultato di un insieme di scelte succedutesi nel tempo, che ci rivelano i diversi aspetti culturali ed economici propri dell’interazione tra uomo e animale. In passato gli animali allevati o cacciati venivano condotti, vivi o già ridotti in carcasse, al sito, dove si procedeva alla macellazione delle carni, poi trattate, cotte e infi ne consumate. Le ossa rappresentano lo scarto fi nale dell’utilizzo delle carni animali e sono in grado di rivelarci numerose informazioni sulle specie allevate o cacciate, sull’età degli animali al momento del-la loro uccisione e su quali parti anatomiche sono state utilizzate.

Bisogna inoltre considerare che i resti faunistici presenti nei siti non sono solo il risultato della complessa sequenza di azioni che li ha trasformati in rifi uti di cibo, una volta gettati come

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ral way of life very similar to other early Neolithic village communities in Greece or the Central Balkans. Villages appear almost at the same time along the Adriatic coast around 5500 BC.

Cave sites are in sharp contrast to open-air sites. They are located in mountains, in karstic lan-dscape. Lower quantities of pottery and animal bones are present, remains of domesticated plants are absent. Some caves have long histories of occupation, often extending millennia back into the Palaeolithic. In the Mesolithic they were used as places where people gathered, as hunting camps or places for rituals and feasts. With the introduction of domestic animals their function changed, they were used as sheep pens and shelters for sheep and goat.

Neolithic deposits in caves form a distinctive “layer cake” sediments of alternating white and black layers. The layers are thin and form stacks that can be up to several meters thick and cover large areas of the caves. Layer cake sediments are the result of the periodical burning of the dried and trampled dung on the cave fl oor, indicating that herds were kept in the cave.

From bones to Neolithic pastoralismFaunal assemblages display differences in size and composition, as well as in the relative con-tribution of animal species. These differences are the result of changing practices of dealing with animals, introduction of new animal species and change in animal management systems.

Thus faunal assemblages from Mesolithic hunter gathering camps are composed almost exclusively of wild animals, such as red deer, wild boar, aurochs etc. Those are remains of game animals that were hunted and brought to caves to be consumed. Representation of body parts in assemblage indicate that animals were butchered outside the caves, and only “meaty”, high quality parts were brought to the caves to be consumed.

scarto questi potevano infatti subire ulteriori modifi cazioni: potevano essere rosicchiate e disperse tutt’intorno da cani e altri animali, calpestate dagli uomini, esposte agli agenti atmo-sferici, fi nendo così per deteriorarsi. Le stesse operazioni di scavo hanno un forte impatto sul campione faunistico, dal momento che la sua composizione originaria può variare in base ai criteri di campionatura, al tipo di setacciatura dei sedimenti e alla cura per i dettagli seguiti di volta in volta dai ricercatori.

Il Neolitico sulle coste dell’Adriatico orientaleNel Neolitico dell’Adriatico orientale i resti faunistici vengono di norma rinvenuti associati a due contesti archeologici molto diversi. Innanzitutto agli insediamenti in pianura, situati in prossimità di terreni adatti allo sviluppo dell’agricoltura e a fonti d’acqua, di cui sono un esem-pio i siti rinvenuti in Dalmazia settentrionale, Istria e pianura friulana. Questi siti erano caratte-rizzati dalla presenza di abitazioni, di un variegato repertorio di recipienti ceramici, piante (sia cereali che leguminose) e animali domestici, che indicano come queste comunità avessero un sistema di sussistenza di tipo agropastorale, analogo a quello di altri villaggi della Grecia o dei Balcani Centrali durante il Neolitico Antico. In Adriatico orientale questi insediamenti sono attestati pressoché contemporaneamente nel 5500 a.C. ca.

Molto diversi rispetto agli insediamenti all’aperto, sono i siti in grotta che si aprono all’interno dei rilievi che caratterizzano l’inospitale paesaggio carsico. Al loro interno scarsa risulta la presenza di reperti ceramici e faunistici mentre del tutto assenti sono i resti riferibili a cereali e leguminose. In alcuni casi i siti in grotta conservano una lunga storia di occupazione, che risale a diverse migliaia di anni fa: dal Paleolitico, periodo cui appartengono i depositi più antichi, al Mesolitico quando le grotte vennero spesso utilizzate quali luoghi dove trovare riparo, cacciare e anche celebrare rituali sacri o cerimonie comunitarie. Con l’introduzione degli animali dome-stici il ruolo delle grotte si modifi cò, quando divennero luogo di stabulazione di capre e pecore.

All’interno delle grotte i depositi risalenti al Neolitico risultano formati dalla sovrapposizione di livelli di colore alternativamente chiaro e scuro, stratifi cati, per uno spessore che può anche raggiungere diversi metri di potenza e occupare ampie superfi ci. Questi depositi derivano dalla stratifi cazione degli escrementi degli animali presenti sulla superfi cie calpestabile antica della grotta, periodicamente incendiati e sono la prova indiretta dell’utilizzo di questa come ricovero per gli animali.

Dalle ossa al pastoralismo neoliticoI campioni faunistici mostrano alcune differenze sia in termini di dimensioni e composizione sia in relazione al peso relativo delle diverse specie animali in essi presenti. Tali differenze possono trovare spiegazione nel diverso trattamento operato dagli uomini nei confronti degli animali, nell’introduzione di nuove specie e nei cambiamenti intervenuti nelle modalità di ge-stione degli stessi.

I complessi faunistici provenienti dagli accampamenti dei cacciatori-raccoglitori mesolitici sono composti quasi esclusivamente da animali selvatici, quali ad esempio cervo, cinghiale, uro, etc., ovvero da prede cacciate nei boschi e poi trasportate nelle grotte per essere con-sumate: la determinazione dei resti presenti nei complessi faunistici rinvenuti dimostra che la macellazione veniva praticata fuori dalle grotte e che solo le carni di alta qualità, venivano trasportate all’interno delle caverne per essere consumate.

SE LA RICOSTRUISSIMO COME LE ALTRE

VETTORIALI?

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A radical change is visible in faunal assemblages at the beginning of the Neolithic, when domesticated appeared in the Near East. Large early Neolithic assemblages from coastal villages tend to be dominated by bones of domesticated animals, with only small contributions of hunted game. The coastal villages have very high percentage of sheep and goats, usually more than 90%. Main species present in assemblages are sheep and goats, usually above 80% of all animals. One exception is Smilcic with small proportion of sheep and goats and high proportion of cattle and pigs. These assemblages are characterised by large number of bones, indicating year round occupation and relative large number of people that consumed meat. This pattern corresponds with that observed in southeast Europe generally, such as Thessaly, Balkans and Southern Italy.

Pastoralism was integrated into arable farming. Farmers kept domestic herds mainly as sources of protein that complemented other food sources, mainly grains and legumes.

In caves faunal assemblages are not as homogeneous. The Early Neolithic contexts in the caves of Adriatic hinterland – defi ned by the presence of pottery and bones of domestic ani-mals – yielded assemblages with high ratio of domestic animals – almost exclusively sheep and goat – well above 50%, sometimes even close to 100%. However, there are still caves with assemblages marked by high proportions of wild animals such as red deer or boar. Pre-sence of wild animals indicates that hunting was still an important strategy and some caves were still used as hunting camps.

Presence of less meaty body parts of sheep and goats demonstrates that animals were butchered in the caves. Low assemblage sizes suggest that signifi cantly less animals were culled on the site in one year compared to coastal villages.

Un radicale cambiamento nella composizione del repertorio faunistico si registra con il Neo-litico, quando nel Vicino Oriente comparvero i primi animali domestici. Nei grandi complessi faunistici del Neolitico Antico provenienti da insediamenti costieri dell’Adriatico orientale, si rileva una prevalenza di resti di animali domestici rispetto a quelli selvatici, divenuti assolu-tamente rari. Particolarmente elevata, tra gli animali domestici, è la percentuale di pecore e capre, generalmente superiore al 90%. Fa eccezione il sito di Smilcˇic´, dove prevalenti risul-tano essere i bovini e i suini. La grande quantità di resti ossei animali generalmente rinvenuta suggerisce che gli insediamenti fossero occupati stabilmente per tutto l’anno e che le carni animali fossero oggetto di consumo da parte di un numero relativamente elevato di individui. Questo modello di sussistenza corrisponde a quello generalmente riscontrato nei territori dell’Europa sud-orientale, come ad esempio in Tessaglia, nei Balcani e in Italia meridionale.

L’allevamento degli animali viene integrato con l’agricoltura: questi infatti non erano più una risorsa primaria di cibo, ma erano allevati in quanto fonti di proteine volte a integrare la dieta costituita soprattutto da cereali e leguminose.

I complessi faunistici all’interno delle grotte non sono particolarmente omogenei. Nei contesti in grotta dell’entroterra adriatico risalenti al Neolitico Antico sono stati rinvenuti complessi faunistici con un’alta percentuale di animali domestici – quasi esclusivamente pecore e capre – che si attesta ben al di sopra del 50%, e che in alcuni casi risulta prossimo al 100%. Tut-tavia la presenza di un’alta percentuale di animali selvatici, come i cervi o i cinghiali, rilevata in alcuni siti in grotta, indica che la caccia rappresentava ancora una strategia di sussistenza importante e che le grotte erano ancora utilizzate come campi base per la caccia.

La presenza in grotta di parti di pecore e capre meno importanti dal punto di vista alimentare dimostra che la macellazione degli animali avveniva in queste sedi, mentre la comparazione tra il numero di reperti faunistici rinvenuti in grotta e nei siti all’aperto lascia ipotizzare che nel corso di un anno il numero degli animali abbattuti fosse più importante in questi ultimi.

Tiny Pupicina Pec Adjev podmol

Caverna dei Ciclami

Nin Podmol pri Kastelcu Grotta

Azzurra

Crno Vrilo Grotta dell'Edera

Grotta degli Zingari

Pokrovnik Grotta del Mitreo

Mala Triglavca

Smilcic Trholovca

Odmut

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Herds and peopleAssemblage diversity (relative proportion of species) can say much about the animal mana-gement strategies. A faunal assemblage dominated by one species (usually sheep and go-ats) would suggest specialised herding, whereas a mixed assemblage (with different species, usually sheep, goats, cattle and pigs) suggests the reverse: diversifi ed and small scale herding.

Specialisation refers to the focussing on one or a limited number of species. The economic rationale may be to focus on animals with greater productivity in local environments or on animals with specifi c yields. Sheep and goats are very suitable for karstic landscape lacking surface water, and reproduce ten times faster than cattle.

Carnivorous pastoralism is specialised pastoralism where pastoralist rear animals with high reproductive potential for their meat. Ethnographic examples are Siberian peoples which herd reindeer, or Basseri from Iran who manage large herds of sheep and goats. Specialisation is often a riskier strategy, since animals are vulnerable to the same disease or disaster.

Carnivorous pastoralists live in constant fear of epidemics and natural disasters that might exterminate the herd. The only way to is to accumulate as many animals as possible that would allow herd to expand again, if decimated by disease. This means that carnivorous pastoralist try to avoid any unnecessary slaughter of animals. This leads to “very careful life” where household try to avoid sharing meat with other households, resulting in self-suffi cient, solitary isolated communities, lacking social interactions and political institutions. One alterna-tive strategy is to diversify; multiple kinds of animals are kept, and are managed for different products. There are many advantages to diversifi cation. Since different animals graze on complementary plants, their combination permits a more effective use of landscape. A diver-sifi ed herd is less vulnerable to diseases. Diversifi cation may help to even out irregularities in the food supply. Moreover, the presence of different stock within pastoral economy creates the possibility of conversion from one to another through exchange.

Poorer households can exploit the high reproductive potential of small stock to build their herds and then exchange them for cattle. Most important animal product of large, slow repro-ducing animals (such as cattle) is milk. Milking animals constitutes an essential part of their everyday care, which means greater labour demand, whereas extraction from meat animals coincides with the end of care.

Detection of dairying and meat producing strategies are based on assumption that optimisa-tion for certain animal product can be obtained manipulating the sex and age structure of the herd. Dairying and meat producing strategies differ in the age when males are culled. For the dairy herd, most animals younger than two months are culled in order to reduce competition for milk with people. However, optimal meat strategy required most animals are culled after one to three years, as they achieve their maximum weight.

Examples of optimised meat economies can be found in Dalmatian coastal villages. This is understandable as pastoralism was integrated into arable farming and animals provided source of proteins and act as a back-up resource, which can as be used after bad harvest or when dowry is required.

In cave sites, low cull of very young and young animals and greater cull of adult sheep and goats demonstrate pattern aimed at maximisation of herds and domestic, small scale con-sumption of meat.

Animali e UominiLa varietà, ovvero la quota relativa delle diverse specie animali all’interno di un complesso faunistico è un elemento molto signifi cativo ai fi ni della determinazione delle diverse strategie adottate per la gestione degli animali. Un complesso dominato da un’unica specie, di norma pecore e/o capre è indicativo di pratiche legate a un pastoralismo specializzato, mentre un complesso misto, con varie specie animali tra cui pecore, capre, bovini e suini suggerisce una gestione esattamente contraria, ovvero un pastoralismo diversifi cato e su scala ridotta.

La specializzazione si riferisce all’utilizzo di un’unica specie ovvero di una gamma molto limitata di specie animali, rispondente a una logica economica focalizzata su quegli animali che garantiscono una maggior produttività in ambito locale o su animali che garantiscono un rendimento specifi co.Pecore e capre risultano particolarmente adatte al paesaggio carsico in cui scarseggiano le ac-que di superfi cie e sono inoltre specie con riproduttività dieci volte più rapida rispetto ai bovini.

Il pastoralismo basato sul consumo di carni animali è una forma di allevamento specializzato attuato da pastori che selezionano esclusivamente animali con un elevato potenziale ripro-duttivo, ai fi ni del consumo delle loro carni. Tra gli esempi etnografi ci disponibili si possono citare i pastori siberiani allevatori di renne o i Basseri dell’Iran, allevatori di grandi greggi. La specializzazione è una strategia spesso rischiosa, poiché tutti gli animali sono esposti allo stesso tipo di malattie o calamità naturali.

I pastori che adottano questa strategia debbono continuamente fronteggiare il rischio di epide-mie e calamità naturali che potrebbero decimare il loro gregge. L’unica soluzione adottabile per indurre al minimo tale rischio consiste nell’accumulare il maggior numero possibile di animali in modo che il gregge, se decimato dalle malattie, sia comunque in grado di riprodursi nuo-vamente. Questo signifi ca che i pastori che adottano questa strategia cercano di evitare ogni inutile uccisione di animali, e i vari nuclei familiari conducono una “esistenza molto prudente”, evitando di condividere la carne con altri. Tutto ciò fa sì che le comunità che praticano questo tipo di pastoralismo siano autosuffi cienti, solitarie e isolate, e siano prive di interazioni sociali.

Una strategia alternativa è rappresentata dalla diversifi cazione, che consiste nell’allevare ani-mali di specie diverse, con lo scopo di ricavarne un complesso variegato di prodotti. La diffe-renziazione comporta numerosi vantaggi: dal momento che animali diversi si cibano di piante complementari, il loro utilizzo consente di sfruttare il territorio circostante in modo più effi cace e gli animali sono meno soggetti alla perdita di capi dovuta a malattie. La diversifi cazione può contribuire inoltre a compensare gli eventuali “squilibri” nell’approvvigionamento di cibo. Inoltre, la presenza di capitale animale diversifi cato nell’ambito dell’economia pastorale favo-risce lo scambio di animali di una specie con quelli di un’altra: le comunità possono sfruttare l’elevato potenziale riproduttivo dei loro ovicaprini per utilizzarli come merce di scambio e ot-tenere bovini, animali di grossa taglia e con lenta riproduttività e da cui si ottiene un importan-te prodotto come il latte. La mungitura è parte essenziale delle attività quotidiane connesse all’allevamento degli animali e impone una disponibilità maggiore di manodopera al contrario della macellazione che segna la fi ne delle attività rivolte alla cura degli animali.

Il possesso di strategie per la produzione di carne e di prodotti caseari si basano sul principio per cui l’ottimizzazione di alcuni prodotti di derivazione animale si ottiene agendo in modo se-lettivo sulla manipolazione del sesso e dell’età degli animali. Queste stesse strategie variano a seconda dell’età in cui i maschi vengono abbattuti: nelle greggi allevate allo scopo di ricavarne

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Analysis of dairy lipids preserved in ceramic vessels from Early Neolithic farming settlements in Anatolia, Balkans, Central and Eastern Europe clearly demonstrated that dairying was practised by some of Europe’s earliest farming groups. Evidence that milk was stored in pots was found in Mala Triglavca cave. However, there is no evidence of an intensive dairy eco-nomy based on sheep and goats. Earliest Neolithic pastoralist in the east Adriatic hinterland were specialised herders that focused on rearing sheep and goats mainly for meat. Since goats are more effective milk producers than sheep one would expect that goats were milked and sheep were slaughtered.

A shift to higher proportion of cattle and domestic pigs can be observed from the late Neo-lithic and Eneolithic onwards, although sheep and goats remain the most common animal in the herds. This trend may demonstrate transition to more diversifi ed herds. However, in diversifi ed herds, small stock, sheep is exploited principally for meat, while cattle are kept as a source of milk.

People and herds moved aroundIn order to prevent overgrazing traditional herders move around their herds. The bigger the herd the bigger the exploitation area needs to be.

Pastoral mobility can take various forms. One form is “nomadic” pastoralism, where entire communities move around with their herds and have no permanent settlements. Nomadic movements are usually seasonal and can be extremely complex. Absence of permanent settlements offers greater fl exibility (at least in sparsely inhabited areas) in opportunistic ex-ploitation of the habitat.

Another form is transhumant pastoralism, where herds move between two regions – usually lowlands and highlands – together with the persons who tend the herds. Herders have perma-nent homes, where most of the family stays year-round. Transhumant pastoralism is usually seasonally, herds usually winter in lowlands and move in highlands during the spring.

latte e derivati, la maggior parte degli esemplari di età inferiore a due anni viene abbattuta allo scopo di ridurre la richiesta di latte; la strategia ottimale ad ottenere invece carni animali impone di abbattere gli esemplari di uno-tre anni di età, nel periodo in cui raggiungono il massimo peso.

Negli abitati costieri della Dalmazia sono documentati esempi di economie basate sullo sfrutta-mento di carni animali. Tale fenomeno è giustifi cato dall’integrazione tra pastoralismo e agricol-tura, ovvero ad un uso degli animali in quanto risorsa di proteine di riserva, cui attingere nei casi in cui il raccolto fosse andato distrutto o fosse necessario disporre di una risorsa alternativa.

Nei siti in grotta, il ridotto tasso di macellazione degli animali giovani e giovanissimi ed una più elevata percentuale di esemplari di pecore e capre adulti abbattuti documentano in modo evidente che questo tipo di sfruttamento aveva lo scopo di massimizzare un consumo su scala ridotta della carne ricavata dalle greggi, limitato all’ambito familiare.

Le analisi condotte sui lipidi del latte, conservati all’interno di recipienti ceramici rinvenuti negli insediamenti agricoli del Neolitico Antico in Anatolia, nei Balcani, in Europa centrale e orien-tale, hanno evidenziato chiaramente che attività di lavorazione dei derivati dal latte erano già praticate in alcune delle più antiche comunità agricole europee.

Nella grotta di Mala Triglavca si sono raccolte evidenze che documentano l’abitudine di con-servare il latte all’interno dei recipienti ceramici. I pastori neolitici presenti sui territori dell’A-driatico orientale consumavano latte, ma non vi sono dati che rimandino ad un’economia basata sui prodotti secondari derivati dall’allevamento di pecore e capre.

I gruppi del Neolitico Antico presenti nell’entroterra dell’Adriatico orientale erano pastori spe-cializzati nell’allevamento di animali di piccola taglia (pecore e capre), allevati per il consumo delle carni, senza escludere una produzione su scala ridotta di prodotti derivati dal latte Dal momento che le capre producono più latte delle pecore, è probabile che le prime venissero utilizzate come animali da mungere, mentre le seconde fossero abbattute per le carni.

A partire dal Neolitico Recente e nel corso dell’Eneolitico nei campioni faunistici si rileva un aumento di bovini e maiali, pur rimanend o gli ovicaprini le specie più rappresentate. Questa tendenza, che potrebbe indicare il passaggio ad armenti maggiormente diversifi cati, deve essere messa in relazione ad un uso diversifi cato degli animali: pecore e capre allevate per il consumo delle carni e bovini per il latte.

Uomini e animali si spostanoPer scongiurare il rischio di un eccessivo sfruttamento dei pascoli, i pastori tradizionali muo-vono spesso i loro animali con una frequenza che è proporzionale al numero complessivo di capi. Molteplici sono le forme di mobilità pastorale: nel pastoralismo nomadico intere comuni-tà si spostano al seguito dei loro animali secondo cicli stagionali, compiendo percorsi anche estremamente complessi. L’assenza di abitati stabili offre loro – almeno nei territori a bassa densità di popolazione - una maggiore fl essibilità in relazione allo sfruttamento opportunistico delle risorse presenti in zona.

Un secondo tipo di mobilità pastorale è rappresentato dalla transumanza: animali e guardiani del bestiame compiono tragitti ciclici compresi tra gli altipiani, raggiunti durante la primavera, e i pascoli di pianura, durante l’inverno. L’insediamento pastorale è in questo caso rappre-sentato da abitati permanenti dove il nucleo familiare risiede per tutto l’anno e a cui i pastori fanno periodicamente ritorno.

Neolitico medioXxxxxxxxxxxxx

Neolitico fi nale / età di rameXxxxxxxxxxxxx

Età di rame / età di bronzo anticoXxxxxxxxxxxxx

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In the Neolithic we have a evidence of short, seasonal visits to caves. Most of the caves were visited during lambing time (probably, but not necessary spring) as remains of foetuses, newborns, kids and lambs (younger than 2 months) from Pupicina cave and Grotta dell’E-dera. Animals from the age range of 2-6 months are absent on those sites, indicating that herds were elsewhere.The majority of animals found at Grotta del Mitreo were culled at age between 2-6 months . No foetal remains are present indicating that animals were probably not present at the site at the time of lambing. This complementary seasonal patterns may sug-gest that cave sites in the Neolithic were not merely stations of a larger pastoral system, with home sites elsewhere, but they comprised a full yearly cycle of seasonal mobility. Neolithic pastoralist were probably nomads moving around the landscape and used caves as shelters and pastoral camps.

In the Late Neolithic/Eneolithic seasonal pattern changes; suggesting less seasonal use of caves.

ConclusionsAlthough sporadic fi nds of domestic sheep can be found in late Mesolithic contexts, spe-cialised strategies of small stock management appear in the early Neolithic. Farmers in the coastal villages farmed and kept herds of sheep. With the establishment of farming villages in the Istrian lowlands and northern Dalmatia a channel for the massive acquisition of sheep and goats was opened. This created new way of life that is based on sheep rearing and seasonal use of caves as sheep pens and camps for pastoral households.

This change is also refl ected in a radically different use of sites from the early Neolithic onwards. Mesolithic sites were primary gatherings of people. With the appearance of small stock they became animal shelters. Low quantity of bones demonstrate low rates of bone deposition, consistent with the consumption of only one household. Sites were seasonally occupied, part of a seasonal pastoral cycle.

Although animals were milked, animal management strategies were not optimised for dai-rying, their aimed towards the accumulation of herds and small scale consumption of meat. Milk became an important animal product in the late Neolithic/Eneolithic. This change in the pattern of animal product exploitation is also refl ected in a trend of diversifi cation of animal management strategies.

East Adriatic hinterland was settled by small, self suffi cient and mobile groups. In the upland caves of the eastern Adriatic hinterland, humans and sheep shared living spaces, smells and sounds, and herds dictated the movement from cave to cave in search of pasture.

Durante il Neolitico le evidenze disponibili attestano una frequentazione stagionale di breve durata delle grotte. Questa avviene di norma al momento del parto delle femmine, che spesso coincide con il periodo primaverile, come dimostrano i resti di feti, neonati e agnelli (di età inferiore ai 2 mesi) rinvenuti nella grotta di Pupicina e nella grotta dell’Edera, in cui l’assenza di individui di età compresa fra i 2 e i 6 mesi è al contrario la prova indiretta del fatto che le greggi si trovavano altrove.

La maggior parte degli animali rinvenuti nella Grotta del Mitreo fu invece abbattuta tra i 2 e i 6 mesi, non sono presenti resti di feti, a signifi care che probabilmente gli animali non erano nel sito al momento dell’agnellatura.

Questi modelli complementari di mobilità stagionale sembrano indicare che le grotte del Neoli-tico non fossero semplici postazioni dislocate in punti remoti all’interno di un sistema pastorale più ampio con insediamenti abitativi stabili localizzati in altri punti del territorio. Contrariamente le grotte dovevano costituire parte integrante di un sistema di mobilità su base annuale, fun-gendo da ripari temporanei per i pastori neolitici che si spostavano attraverso il territorio.

Nel Neolitico Recente ed Eneolitico il modello di mobilità stagionale cambia e lascia ipotizzare una frequentazione non più a cadenza stagionale delle grotte.

ConclusioneBenché non si possa escludere la possibilità di futuri rinvenimenti nei livelli tardo mesolitici di resti di pecore domestiche, ad oggi le evidenze archeologiche disponibili, attestano la com-parsa di strategie specializzate riferibili all’allevamento di animali domestici di piccola taglia (caprovini) a partire dal Neolitico Antico. Lo sviluppo di insediamenti agricoli nelle pianure dell’Istria e della Dalmazia settentrionale ha aperto la strada alla massiccia acquisizione di pecore e capre, dando origine a un nuovo stile di vita fondato sull’allevamento animale e sulla frequentazione stagionale delle grotte usate come ricoveri per gli animali e come ripari temporanei per il gruppo pastorale.

Questo cambiamento è altresì documentato nel radicale cambiamento delle strategie insedia-tive che si verifi ca a partire dal Neolitico Antico. Nel Mesolitico i siti in grotta erano accampa-menti temporanei, mentre durante il Neolitico diventano ricoveri per le greggi al seguito delle comunità pastorali che a giudicare dalla bassa frequenza di resti faunistici rinvenuti, doveva-no coincidere con il ristretto nucleo familiare, che sfruttava l’ambiente di grotta con frequenza stagionale, secondo i ritmi della mobilità pastorale.

Gli animali erano principalmente sfruttati quale fonte primaria di carne, mentre lo sfruttamento dei prodotti secondari derivati dagli animali (latte) è attestato ma solo su piccola scala. Tale rapporto si inverte nel corso del Neolitico Recente e dell’Eneolitico, quando il latte diviene il principale prodotto animale sfruttato dalle comunità di pastori, probabilmente a seguito dell’a-dozione di una gestione diversifi cata del bestiame allevato.

L’entroterra dell’Adriatico Orientale era popolato da piccoli gruppi autosuffi cienti e non stan-ziali, nelle grotte montane gli uomini e le pecore condividevano spazi, odori e suoni e, dal canto loro, le greggi, sempre alla ricerca di nuovi pascoli, dettavano le modalità dello sposta-mento dei gruppi pastorali nel territorio.

Grotta del Mitreo

Grotta dell'Edera

Pupicina Pec