Un cantiere di rammendi

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Università degli Studi di Bergamo - Centro Studi sul Territorio “Lelio Pagani” QUADERNI ICONEMI alla scoperta dei paesaggi bergamaschi BERGAMO UNIVERSITY PRESS sestante edizioni ICONEMI 2013 24 00,00 (I.C.) ICONEMI 2013 coperta:ICONEMI 2012 coperta 18-09-2014 9:52 Pagina 1

Transcript of Un cantiere di rammendi

Università degli Studi di Bergamo - Centro Studi sul Territorio “Lelio Pagani”

QUADERNI

ICONEMIalla scoperta dei paesaggi bergamaschi

BERGAMO UNIVERSITY PRESS

s e s t a n t e e d i z i o n i

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Università degli Studi di Bergamo - Centro Studi sul Territorio “Lelio Pagani”

QUADERNI24

a cura diFulvio Adobati, Maria Claudia Peretti, Marina Zambianchi

BERGAMO UNIVERSITY PRESS

s e s t a n t e e d i z i o n i

© 2014, Bergamo University Press

Collana fondata da Lelio Pagani,diretta da Anna Maria Testaverde

ICONEMIalla scoperta dei paesaggi bergamaschia cura di Fulvio Adobati, Maria Claudia Peretti, Marina Zambianchip. 80 cm. 21x29,7ISBN – 000-00-0000-000-0

Segreteria organizzativa: Renata Gritti, Silvia Cortinovis

www.iconemi.it

In copertina:Immagine di Francesca Perani.

Con il contributo

Comune di Bergamo Ordine degli Architetti PianificatoriPaesaggisti e Conservatoridella Provincia di Bergamo

Ordine degli Ingegneridella Provincia di Bergamo

MARINA ZAMBIANCHI

Nuovi paesaggi verso Smart City. La città sensoriale, partecipativa, ecologica ........................... pag. 5

FULVIO ADOBATI

Un cantiere di rammendi ................................................................................................................ » 7

MARIA CLAUDIA PERETTI

Shrinking City - Smart City. Obiettivi smart per la città del “declino” ........................................ » 13

ALESSANDRO COPPOLA

Pianificare la contrazione. Proprietà, progetto e natura nelle shrinking Cities nordamericane ....... » 21

CARLO SALONE

Urban shrinkage. Geografie italiane tra declino e resilienza urbana ............................................ » 27

MARIO SALOMONE

I beni comuni nella città contemporanea ....................................................................................... » 37

GIOVANNA RICUPERATI

Un nuovo metabolismo urbano ....................................................................................................... » 43

JOHNNY DOTTI

Crescita e rigenerazione dei beni di comunità ............................................................................... » 47

GRAZIA PRATELLA

Infrastrutture, spazi e tempi urbani, tempi e orari della città, Smart City.Le banche del tempo ....................................................................................................................... » 51

IVAN MAZZOLENI

Bergamo Smart: una sfida verso la città intelligente ..................................................................... » 55

SERGIO CAVALIERI - MATTEO KALCHSCHMIDT - LAURA VIGANÒ

Il progetto Bergamo 2.(035)“Un nuovo concetto urbano per un nuovo mondo” ....................................................................... » 63

FRANCESCO VALESINI

Bergamo Smart City: un sistema integrato di reti ......................................................................... » 69

EMILIA RIVA

Tavola rotonda: Bergamo Smart City a che punto siamo .............................................................. » 71

DINO NIKPALJ

Smart City, una sfida che parte dai nuovi cittadini ...................................................................... » 75

INDICE

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Il riferimento a Thierry Paquot e a un’urbanisti-ca “sensoriale, partecipativa, ecologica”, che caratte-rizza il ciclo di Iconemi 2013, apre alla complessitàdel proporre, nel tempo di progetti e politiche versouna smart city, le ragioni profonde di un progettoper la città e per l’urbano. Un progetto capace dicollocarsi entro il paradigma di una resilienza cheunisce alla sostenibilità delle trasformazioni urbane– nelle declinazioni sociale, ambientale ed economi-ca – la capacità di coniugare spazio e tempo, luoghie flussi urbani, di assumere le dimensioni del tem-poraneo e del reversibile quali categorie legittimenella scelta urbanistica; tale approccio va rivelandosiquale forma efficace in tempo di crisi (di risorseeconomiche e di idee) e sovente meglio adeguata alportato storico dei luoghi.

Tre temi di particolare rilievo, a parere di chiscrive, che Paquot1 propone per un’urbanistica “vo-lontaria”, cioè consapevole: (i) ripensare, anche sot-to il profilo giuridico, nozioni come “privato, pubbli-co, individuale, collettivo attraverso degli studi com-parati sugli usi dei territori urbani2; (ii) elaborareprogetti urbani che partano, prima di tutto, dallacondizione degli abitanti e dei luoghi, senza volereapplicare, a qualsiasi costo, una ricetta già applicataaltrove3; (iii) nel processo decisionale bisogna dedi-care un tempo incomprimibile alla parola scambia-ta, un approccio ecologico che non può che rivelarsifecondo per la maieutica del progetto4.

Il fermento intorno alle politiche urbane e ai te-mi progettuali legati a smart city rappresenta un’oc-casione straordinaria per alimentare il dibattito in-torno alla città, a quale città, per quali cittadini, perquale concetto di qualità urbana. Una città di ammi-nistratori, ricercatori e addetti ai lavori che elabora-no idee e azioni per un rinnovamento urbano e unanuova governance (in chiave “smart”); cittadini chesi misurano con una pervasiva presenza di strumentitecnologici e applicazioni atte a programmare econtrollare e il proprio stare nello spazio e nel tem-po; comunità che si confrontano su prospettive dipartecipazione attiva e, ancora, nuove forme di go-vernance capaci di reinterpretare il rapporto tra cit-tadini, istituzioni e beni comuni.

SMART CITY VS. SHRINKING CITY

In questa stagione storica risuonano titoli dedica-ti alla città: dall’avvenuto “sorpasso” della popolazio-ne urbana mondiale rispetto alla popolazionerurale5, al consistente peso delle realtà urbane negliequilibri energetici e ambientali del pianeta: già og-gi il territorio urbano occupa il 2% delle terre emer-se, ospita il 50% della popolazione, consuma il 75%delle risorse energetiche e produce l’80% delleemissioni di CO2. Lo scenario 2050 vede, in ragionedelle forti dinamiche di inurbamento dei paesi

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1 da Paquot (2010), con riferimento particolare all’efficace commento di Giordano M.L. in: http://www.cartografareilpresente.org/article673.html.

2 “Mener des études comparées quant aux usages des territoires de l’urbain afin de repenser des notions comme «privé, public,collectif, individuel», etc., en relation avec leur traduction juridique” p. 125.

3 “Élaborer des projets urbains qui partent avant tout de la situation des habitants et des lieux sans vouloir coûte que coûte appli-quer une recette venue d’ailleurs” p. 126.

4 “Il faudrait prévoir dans tout processus architectural et urbanistique un temps incompressible pour la parole échangée. Cetteécologie temporelle de la parole serait salutaire à la maïeutique du projet”. p. 11.

5 Premettendo opportune attenzioni per le categorie statistiche assumibili e per la correttezza delle simulazioni, il sorpasso dellapopolazione urbana su quella rurale è stato calcolato da team di ricerca della Università della North Carolina State e dell’Universitàdella Georgia che il 23 maggio 2007 erano insediati 3.303.992.253 nelle aree urbane di abitanti contro i 3.303.866.404 insediati nellecampagne.

FULVIO ADOBATI

UN CANTIERE DI RAMMENDI

8 FULVIO ADOBATI

Fig. 1. Maria Brown con sunnibrown.com, 2011 (http://www.revistadigital.com.br/wp-content/uploads/2013/08/11_Triumph-of-the-City.png).

“emergenti”, la quota di popolazione urbana rag-giungere il 75% (percentuale oggi già raggiunta dalcontinente europeo). Va rilevato come nei paesi adeconomia “matura”, stanti violente trasformazionidegli assetti economico-produttivi, emergano feno-meni di città in declino e città fantasma (shrinkingcity e ghost city), e come in questi anni sia di inte-resse la narrazione di questi temi6 e l’analisi deglielementi di crisi nella città, da non confondersi conla crisi della città.

Riprendendo infatti il volume di successo di E.Glaeser “Triumph of the City”, la città (definita daGlaeser come la nostra più grande invenzione) nonè mai stata in salute come in questi anni. Torna allamente l’immagine della “città invincibile” del geo-grafo Jean Gottman, che, studiando proprio il con-testo nord-americano (il Northeast megalopolis oBos-Wash Corridor con Boston, Washington, NewYork, …) per primo aveva identificato le dinamichedi agglomerazione urbana complessa che hanno in-formato il concetto di megalopoli e anticipato giànegli anni Settanta i tratti di una megalopoli padanain via di formazione.

In una visione certo connotata dal suo profilo dieconomista, Glaeser traccia una descrizione signifi-cativa delle dinamiche urbane nel tempo della tele-matica: “Benché sia diventato molto economicoviaggiare tra luoghi molto distanti tra loro, o lavora-re in rete tra l’Ozarks e l’Azerbaijan, un numerosempre crescente di persone si raggruppa semprepiù strettamente in grandi aree metropolitane. (…)Le città, i densi agglomerati che punteggiano il glo-bo, sono stati i motori dell’innovazione fin da quan-do Platone e Socrate bisticciavano in un mercato diAtene. Le vie di Firenze ci hanno dato il rinascimen-to, e quelle di Birmingham la Rivoluzione industria-le. Le grandi prosperità della Londra contempora-nea, o di Bangalore o di Tokio, viene dalla capacitàdi produrre nuovo pensiero. Girare per queste città–sia che percorriamo marciapiedi pavimentati o at-traversiamo un reticolo di incroci, giriamo intorno arondò o ci infiliamo dentro i sottopassaggi- vuol direné più né meno studiare il progresso umano. Neipaesi più ricchi d’Occidente, le città sono sopravvis-sute alla tumultuosa fine dell’era industriale, e sonoora più opulente, più salubri e più attraenti che mai.Nelle aree più povere del mondo, le città stannoespandendosi enormemente perché la densità urba-na fornisce la via più sicura per passare dalla penu-ria alla prosperità. A dispetto delle conquiste tecno-

logiche che hanno determinato la fine delle distanze,salta fuori che il mondo non è tutto uniforme; è ap-pezzato. La città ha trionfato” 7

LA CITTÀ IDEALE

Nelle versioni più orientate a magnificare l’acce-zione “brillante” della smart city e le possibilità of-ferte dai dispositivi tecnologici di connessione/co-municazione, a quelle più “intelligenti” e volte a de-finire un disegno organico degli ambiti d’azione8 ele rispettive sinergie, alla base delle energie che so-spingono smart city è rinvenibile una tensione maiestinta (e auspicabilmente da tenere ben viva) versola ricerca di una “città ideale”, da concepirsi comecontestualizzata originale e unica (in questo pren-dendo distanza da concetti univoci e model -lizzati/banalizzati di città ideale).

A beneficio di un fertile accostamento al temasmart city/città ideale, si propone a seguire un con-tributo stimolante dell’antropologo francese MarcAugé, noto in particolare per avere elaborato la teo-ria dei nonluoghi:

(…) Cosa nelle città reali può evocare qualcosache potremmo considerare come la città ideale?Mi vengono in mente due esempi. Li idealizzocertamente, ma l’esercizio è precisamente questo:trovare delle tracce dell’ideale. Il primo esempio,di gran lunga il più convincente, è quello dellecittà di medie dimensioni del Nord Italia, Parmao Modena, per esempio. Nel centro di queste cit-tà la vita è intensa, la piazza pubblica resta un luo-go d’incontro, si circola in bicicletta, si camminanaturalmente lungo luoghi di rilevanza storica. Ilvisitatore di passaggio ha l’impressione di poterentrare in intimità con questo mondo piacevolesenza farsi notare, quasi scivolando, di stabiliredelle relazioni senza esservi obbligato e passareda una città all’altra per il semplice piacere degliocchi. Ma, mi si obietterà, bisogna proprio chiu-derli gli occhi per ignorare tutto ciò che contrad-dice questa miope visione turistica: la povertà,l’immigrazione, gli atteggiamenti di rifiuto... An-cora una volta mi fermo all’ideale, che esige, ineffetti, una forma di miopia. Altro esempio: la vitadi quartiere in un arrondissement parigino. Po-tremmo fare molti altri esempi, sappiamo chenelle più grandi metropoli del mondo (Città delMessico, Chicago) esistono forme di vita localemolto vivaci. La vita di quartiere è quella che si

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6 Si veda il contributo di A Coppola in questo volume.7 Glaeser ed. it. 2013, pp. 7-8.8 La definizione di smart city è difficilmente sintetizzabile, ma si caratterizza principalmente per la (intelligente) combinazione di

sei fattori principali: smart economy, smart people, smart governance, smart mobility, smart environment, smart living.

può osservare nelle strade, nei negozi, nei bar... AParigi, città dove da diversi anni la vita è diventatapiù difficile, è solo su scala ridotta che riusciamoa vedere dei legami fragili resistere al disincanto:le conversazioni al bistro, le chiacchiere tra unapersona anziana e la giovane cassiera al supermer-cato, gli scherzi dal droghiere tunisino: si tratta dipiccole forme di resistenza all’isolamento chesembrerebbero provare che l’esclusione, il ripie-gamento su se stessi e il rifiuto dell’immaginazio-ne non sono una fatalità.Cosa possiamo concludere da questi segni sparsi?Che ogni programma generale e ogni progetto neldettaglio dovrebbero associare riflessioni di gene-re diverso: una riflessione da urbanista sulle fron-tiere e sugli equilibri interni al corpo della città;una riflessione da architetto sulla continuità e lerotture dello stile; una riflessione antropologicasulle abitazioni odierne che deve conciliare la ne-cessità di aperture multiple sull’esterno e il biso-gno di intimità privata. Un ampio cantiere di“rammendi” (nel senso che gli davano le sarte untempo, le “magliaie” che “riprendevano” i vestitistrappati e le calze smagliate). Bisognerebbe, perquanto possibile, tracciare di nuovo le frontiere trai luoghi, tra l’urbano e il rurale, tra il centro e laperiferia. Delle frontiere, cioè delle soglie, deipassaggi, delle porte ufficiali per far saltare le bar-

riere invisibili dell’esclusione implicita. Bisognarestituire la parola al paesaggio.Ci si potrebbe assegnare come compito a lungotermine quello di rimodellare il paesaggio urbanomoderno, nel senso che gli attribuisce Baudelaire,dove gli stili e le epoche si mescolerebbero consa-pevolmente, come le classi sociali. In Francia, iComuni e le circoscrizioni delle città hanno l’ob-bligo di destinare una certa quota di appartamentiad edilizia popolare, ma oltre al fatto che spessoquest’obbligo è raggirato, spesso stile e materialiscelti portano a un effetto di stigmatizzazione. An-cora uno sforzo verso l’ideale...Questo ideale dovrebbe essere riconoscibile anchenella disposizione interna degli appartamenti piùmodesti dove, su scala ridotta, dovrebbero coesi-stere le tre dimensioni essenziali della vita umana:lo spazio individuale privato, eventualmente lospazio pubblico (all’occorrenza il familiare) e la re-lazione con l’esterno. Formulato in questo modo,l’ideale è utopico e non è evidentemente di com-petenza esclusiva dell’architetto. Ma la materiadell’ideale o dell’utopia è già là.Per concludere, torno all’immagine della sarta, omeglio della magliaia. Non è una metafora che ri-guarda esclusivamente progetti grandiosi in gradodi offrire bellezza a tutti, né si tratta di rimodellaregrandi paesaggi dove ciascuno può perdersi e ri-

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Fig. 2. Immagine tratta da: Futuropolis, la città del futuro vista dai bambini (http://www.futurefilmfestival.org/news/futuropolis-la-città-del-futuro-vista-dai-bambini).

trovarsi. Serve solo a ricordarci che tutto cominciae tutto finisce con l’individuo più modesto e che leimprese più grandi sono vane se non lo riguardanoalmeno un po’. (…)9

“TEMPORARY CITY” E UN PROGETTO DI CITTÀ

Riprendendo le traiettorie di smart city poste in aper-tura, in questa fase storica, attenzione privilegiata risiede(e dall’esplosione della bolla immobiliare e dei fenomenidi shrinkage urbano la cosa è di tutta evidenza)10 nella ri-generazione urbana e funzionale del patrimonio costrui-to esistente; per il contesto europeo e italiano tale atten-zione si rivolge in particolare al patrimonio architettonicostorico11. Come già ricordato per il patrimonio ediliziodismesso (o, altrettanto cospicuo, sottoutilizzato) va allar-gandosi l’attenzione intorno alle forme di uso tempora-neo dello spazio, certo per i caratteri di attuabilità con-nessi al difficile momento economico-finanziario in parti-colare nel contesto europeo (per investimenti immobilia-ri pubblici ma anche privati).

Ma almeno altri tre fattori rilevanti emergonoquali vincenti per il temporaneo12 in questa fase: (i)la reversibilità delle funzioni insediate, che vengonocollocate a occupare spazi adattandosi a configura-zioni preesistenti e con l’ausilio di piccole opere di

manutenzione; (..) le funzioni temporanee (comediversi esempi europei testimoniano) favoriscono at-tività appartenenti a settori “creativi” (l’assenza diroutine pre-configurate per queste pratiche è inquesto senso un carattere di apertura alla creatività)nelle modalità operative emergenti nell’economiacontemporanea, capaci di fungere insieme il ruolodi potenziali incubatori e nel contempo favorire for-me di co-working; il contesto di riflessione intornoal riuso di pezzi di città è uno straordinario contestodi facilitazione dell’esercizio di cittadinanza:

“è attivandosi in pratiche di riuso della città, chechi vive nella città ha l’occasione di provare cos’èla cittadinanza (provare e apprendere attraversol’uso)” (Crosta, 2011, p. 82)

Riportando al centro dell’attenzione il contestodi Bergamo, piace qui riprendere il fertile percorsointrapreso13, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottantadel secolo scorso, per uno sforzo di progetto organi-co su complessi monumentali (non utilizzati o sot-toutilizzati) e città. A distanza di tre decenni alcuniorganismi architettonici14 sono stati recuperati allacittà, altri sono sulla (faticosa) strada di un recupero,ma risuonano forti alcune riflessioni di un protago-nista di quel percorso, Giancarlo De Carlo, tra re-

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9 (Augé, 2012, pp. 16-18).10 Si rimanda qui ai contributo di M.C. Peretti e di C. Salone in questo volume.11 Molti sono gli esempi di interesse, in alcune capitali europee all’avanguardia (Berlino, Amsterdam, Parigi) ma anche in diversi

altri contesti: l’ex caserma di Ferrara “Spazio Grisù”, la “Cable Factory” a Helsinki, da fabbrica di cavi elettrici e telefonici a fabbricadi cultura e eventi, l’ex cotonificio “Spinnerei” a Lipsia a Cittadella dell’Arte Contemporanea, il “Chapitò” di Lisbona da Riformato-rio a luogo di integrazione sociale e culturale.

12 La letteratura intorno ai temi del Temporary Urbanism e del Temporary Reuse negli ultimi anni è cospicua, si segnalano qui: Bi-shop P., Lesley W. (2012) The Temporary City, Routledge, e il numero monografico della rivista Territorio, 56, 2011, F. Angeli, Milano.

13 Il percorso ha visto un momento fondamentale nella mostra-convegno tenutasi nel marzo-aprile 1982, per la quale si rimandaagli atti predisposti dal Comune di Bergamo.

14 Esito di un percorso di riflessione e di un convegno comunemente denominato sui “contenitori architettonici”, poi ridefiniti“organismi architettonici” su proposta di Giancarlo De Carlo.

Fig. 3. Bishop P., Urban Design ( http://welldesignedandbuilt.com/2012/05/02/temporary-urban-design/.

sponsabilità degli amministratori e dei politici e di-ritto/dovere dei cittadini:

(…) “Quello che mi pare manchi ancora, ed è na-turale, è la presenza di un reale disegno, o proget-to, di quello che si vuole questa città sia (…) Chiavrà il compito di dare il disegno della città? Iocredo che il disegno della città lo danno i cittadini.Tuttavia poiché i cittadini non possono essere tuttichiamati (…) la responsabilità del primo passo peril disegno della città la devono assumere gli ammi-nistratori e i politici”.15

Ancora, con riferimento alla necessità di attribui-re funzioni agli organismi architettonici:

“il problema che assilla tutti, ciòè che cosa metteredentro questi contenitori, può essere risolto in mo-do molto semplice, che può essere messa qualun-que cosa; in modo molto complicato che non ci de-ve essere niente. Il contenuto dipende dalla indivi-duazione del ruolo complessivo della città”.16

Utile ricordare come componente rilevante diquel dibattito fosse riferita agli spazi per una (allora

ancora ai “primi passi”) realtà universitaria di Berga-mo. L’attuale condizione storica ci ripresenta unquadro di ripensamento di un’idea di città entro unorizzonte globale, anche in ragione di una nuovacollocazione di Bergamo nel quadro nazionale, eu-ropeo e mondiale (in termini di profili di accessibili-tà, relazioni e ruolo potenziale). E di una presenzadi una istituzione universitaria che può rappresenta-re il fattore di sviluppo determinante. Progetto dicittà e progetto di università in questa chiave cam-minano insieme.

Lavorare a un cantiere città (con la pazienza deirammendi…), è la sfida appassionante che anche inquesto volume, a partire dai progetti di Bergamo-SmartCity e di Bergamo2.03517, è tracciata. Una sfi-da che responsabilizza istituzioni e cittadini a unprogetto di futuro.

…“Il contenuto dipende dalla individuazione delruolo complessivo della città”.

Nulla da aggiungere; molto da lavorare, con passione.

Riferimenti bibliografici

AUGÉ M., (2012) “La città ideale”, in: City 2.0. Il fu-turo delle città, e-book Festival dell’energia, Pe-rugia, pp. 14-18.

BISHOP P., LESLEY W. (2012) The Temporary City,Routledge.

CROSTA P.L. (2011), “Riuso temporaneo, come pra-tica che apprende la cittadinanza”, in Territorio,56, F. Angeli, Milano, pp. 82-83.

GLAESER E. (2011), Triumph of the City, PenguinGroup USA, trad. it (2013) Il trionfo della Città,Bompiani, Milano.

PAQUOT T., (2010) L’urbanisme c’est notre affaire!L’atalante, Nantes.

PASSERINI TOSI C., a cura di, (1982), “Bilancio di unconvegno”, in Comune di Bergamo, Mostra-con-vegno sui complessi monumentali di Bergamo.

12 FULVIO ADOBATI

15 Passerini Tos (1982), p. 316 Passerini Tosi ( 1982), p. 1517 si rimanda ai saggi in questo volume di Mazzoleni e di Cavalieri-Kalchschmidt-Vigano.

Fig. 4. Giancarlo De Carlo, L’architettura della partecipazione,Milano, Saggiatore, 1973, copertina.