Michelangelo: un affare di Stato (2011)

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dal Razionalismo al Rinascimento Campisano per i quaranta anni di studi di Silvia Danesi Squarzina

Transcript of Michelangelo: un affare di Stato (2011)

dal Razionalismoal Rinascimento

Campisano

per i quaranta annidi studi diSilvia Danesi Squarzina

a cura di

M. Giulia Aurigemma

Campisano Editore

dal Razionalismoal Rinascimento

per i quaranta annidi studi diSilvia Danesi Squarzina

In copertina:

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Suonatore di liuto, particolare,inv. no. GE-45, già collezione Giustiniani.© The State Hermitage Museum, St. Petersburg

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Pubblicato con fondi del Dipartimento di Storia dell’arte e dello spettacolo, Facoltà di Lettere, Filosofia, Scienze Umanistiche e Studi Orientali, Sapienza Università di Roma,e con fondi del Dipartimento di Studi medievali e moderni, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Chieti-Pescara G. D’Annunzio

Il testo ha superato la procedura di accettazione per la pubblicazione basata su meccanismi di revisione soggetti a referees terzi

La curatrice M. Giulia Aurigemma ringrazia:Sergej Androsov, e la Direzione dell’Ermitage per la gentile concessione dell’immagine in copertinaAdriano Amendola, per l’insostituibile e intelligentesupporto e apporto dalla prima all’ultima faseeditoriale del volume, e Loredana Lorizzo per i controlli redazionaliFrancesco Solinas per consigli sempre lungimiranti, e Cecilia Mazzetti di PietralataInoltre Laura Bartoni, Tiziana Checchi, DalmaFrascarelli, Francesca Parrilla, Cecilia Vicentini; ed infine, per la pazienza e la professionalità, Graziano Giovanni Campisano ed Enrico D’Andrassi

Indice

pag. 9 PremessaMarina Righetti Tosti-Croce

13 IntroduzioneM. Giulia Aurigemma

19 Tabula gratulatoria

21 Una ipotesi per l’AlbertiMaurizio Calvesi

24 Note sulla committenza romana del cardinale Angelo Capranica, mecenate e collezionista del RinascimentoAnna Cavallaro

34 La Derelitta del Botticelli: appunti per il soggettoSergej Androsov

40 Giovanni Damasceno e l’iconografia del sepolcro vuoto nell’AssunzioneStefania Pasti

47 Phileros: il soprannome accademico e umanistico di Achille BocchiStefano Colonna

53 Raffaello nella Libreria PiccolominiChristoph Luitpold Frommel

64 Novità su Sebastiano e l’antico alla FarnesinaCostanza Barbieri

71 Un ritratto di Sebastiano Serlio?Sabine Frommel

80 Alessandro Vittoria: un bozzetto per palazzo ThieneLorenzo Finocchi Ghersi

87 Aggiunte al catalogo di Nero Alberti da SansepolcroCristina Galassi

94 Nuovi contributi su Marcello Venusti copista di MichelangeloFrancesca Parrilla

101 La famiglia De Torres e Marcello VenustiAnna D’Amelio

107 Tommaso Laureti e la sua formazione: un’ipotesi per iniziareMaria Giuseppina Mazzola

111 Commercio e ‘fortuna’ di marmi e «pietre mesche coloriti» nella Sicilia del secondo CinquecentoVincenzo Abbate

119 Ottaviano Mascherino e il Casino Ceuli, Borghese, Salviati a Santo NicolaMaria Celeste Cola

126 Inediti di fine Cinquecento alla Chiesa Nuova: Giovanni Balducci e Paul BrilPatrizia Tosini

133 Una Vergine dolente del Cavalier d’ArpinoMina Gregori

136 Alcune considerazioni su due dipinti della collezione Sfondrato:il San Francesco in estasi del Cavalier d’Arpino e l’Estasi di Santa Cecilia di Guido ReniFrancesca Profili

144 Per Ludovico II de Torres restauratore di San PancrazioMaria Cristina Terzaghi

152 Quattro pietre: uno spunto di lettura per la Fuga Doria PamphiliLauro Magnani

162 Caravaggio: le incisioni dalla Galerie Giustiniani di Charles Paul LandonStefania Macioce, Michela Gianfranceschi

173 Il sarcofago di Flavia Cossutia dalla collezione Giustiniani al Vassar CollegeLuisa Capoduro

179 Adam Elsheimer, precursore della Stimmung tra scienza e arteSybille Ebert-Schifferer

184 Saraceni, il Tago e il MincioM. Giulia Aurigemma

193 Committenti spagnoli e pittori delle Fiandre nella Roma del Seicento. Istanze politiche attraverso le immaginiAlessandro Zuccari

205 Ancora su Paul Bril e una proposta per David Teniers il vecchioFrancesca Cappelletti

212 Nuovi documenti per la datazione del Sogno di Giacobbe di Lodovico Cardi detto il Cigoli dipinto per il cardinal MontaltoBelinda Granata

218 Riflessioni sul ruolo dei fratelli Girolamo e Giovan Battista Agucchi nella formazione della quadreria di Pietro AldobrandiniLaura Testa

223 Incamminato: The «Studioso Corso», the Academy, andthe Awkward Years in the Career of a PainterGail Feigenbaum

229 «Una Moderna Pittura... [di] Don Gasparo de Haro et Guzman»: «La Madonna che con La scudella piglia L’acqua per Lavar i piedi al Bambino di mano di Ludovico Carracci»Raffaella Morselli

235 La casa di Annibale Carracci e dei suoi allievi in via Condotti: una nota documentariaCecilia Mazzetti di Pietralata

240 Qualche notizia su Giovanni Battista Viola e Francesco Albani nei libri parrocchiali romaniRossella Vodret

6 INDICE

248 La Madonna col Bambino in gloria di Battistello del Museo Provinciale di Catanzaro: nuove riflessioniGiorgio Leone

254 Il San Giovanni Battista del Chazen Museum of Art at Madison.Storia e fortuna critica di un quadroErich Schleier

263 Un tableau de Finoglio (?)Arnauld Brejon de Lavergnée

267 La carriera di Gregorio PretiClaudio Strinati

274 Un dipinto di Giovanni Lanfranco dalla collezione di Pietro e Savio Mellini: Angelica e MedoroMaria Cristina Paoluzzi

281 Un tableau du Guerchin retrouvé: la Bethsabée de 1640Stéphane Loire

287 Le maniere del Leoni. Un Amore dipinto e due ritratti di Don Taddeo BarberiniFrancesco Solinas

297 Le opere medievali nelle collezioni romane del Seicento: esempi, ragioni di un fenomeno, collocazioneManuela Gianandrea

303 Copisti di Caravaggio attivi per i collezionisti romani: note inedite su Carlo Magnoni al servizio della famiglia BarberiniBarbara Savina

308 La materia, criterio guida per le attribuzioni e il restauro. Le Nozze di Peleo e Teti: il caso del doppio esemplare Barberini in un’intricata vicenda tra originali e copieValentina White

316 Michelangelo e l’Antico nel Seicento: il Cristo risortovisto da Annibale Carracci, Gian Lorenzo Bernini e Vincenzo GiustinianiStefano Pierguidi

323 Gian Lorenzo Bernini, Pedro Foix Montoya y el culto a las Ànimas del PurgatorioDavid García Cueto

330 Il Busto del Salvatore attribuito a Giovan Lorenzo Bernini: alcune considerazioniMaria Grazia Bernardini

338 Michelangelo Cerquozzi e la Commedia dell’ArteLoredana Lorizzo

346 Un’opera di Claude Vignon, firmata e datataVittoria Markova

352 Una voce dell’internazionale Van DyckRoberto Contini

356 Gli autoritratti di Rembrandt e la critica recente. Qualche appunto in margineGianni Carlo Sciolla

365 Mercanti di seta al servizio dell’arte: scambi artistici e commerciali tra Messina e le Fiandre a metà SeicentoNatalia Gozzano

INDICE 7

8 INDICE

373 Gli arazzi della Regina di Svezia. La dispersione ultimaFlorence Patrizi

378 «His House was resplendent with wonderful paintings and fine ancient statues».Nuova luce sulla collezione Arundel da un inventario ineditoAntonello Cesareo

385 Un disegno inedito di Francesco Maria Brunetti per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Porta ParadisiFrancesca Curti

390 Nuovi documenti su Filippo Lauri e la perduta decorazione del Casino Farnese a Porta San PancrazioLaura Bartoni

396 «Cercando quadri». Paolo Falconieri (1634-1704) tra artisti, mercanti e collezionistiDalma Frascarelli

404 I Colonna e Salvator Rosa: gli acquisti di Filippo II Colonna (1663-1714) dalla collezione di Carlo De RossiTiziana Checchi

411 Il paesaggio con la Fuga in Egitto di Augusto Rosa (1673-1686) e nuove proposte attributiveCaterina Volpi

417 Il ritratto di Filippo di Alfonso Hercolani e la committenza del suo discendente Filippo di MarcantonioGiovanna Perini Folesani

424 La Mitria di Clemente XI per le Canonizzazioni del 1712Cinzia Maria Sicca

430 Pietro Sante Bartoli, Ferdinando Fuga e la lastra dei Paparoni a Santa Maria MaggioreAnna Maria D’Achille

440 Le due Sabine di Pelagio PalagiLudovica Mazzetti d’Albertis

446 Due dipinti di Francesco Podesti a Santiago del CileGiovanna Capitelli

452 Qualche nota aggiuntiva sulla visione teosofica in Giacomo Balla e nel primo FuturismoFabio Benzi

461 Michelangelo: un affare di StatoAdriano Amendola

469 Domenico Rambelli, energia plastica dalla Romagna all’EuropaLorenzo Canova

475 Gli autori

477 Indice dei nomi

Michelangelo: un affare di StatoAdriano Amendola

Una questione di rilevanza politica che interessò lo Stato italiano nel secoloscorso fu l’acquisto del gruppo scultoreo noto come la Pietà di Palestrina, alungo celato agli sguardi più indiscreti ed esposto al grande pubblico solo nel1939 in occasione della Mostra Autarchica del Minerale Italiano, fortementevoluta dall’allora Capo del Governo Benito Mussolini (figg. 1-2, tav. XL). Rico-nosciuto come Michelangelo nel 1908 da Albert Grenier, che lo vide ancoracollocato nel sacello di Santa Rosalia a Palestrina, il marmo ha goduto nel tem-po di viva attenzione da parte degli storici dell’arte, che non si sono però maimostrati concordi nel riconoscere all’opera l’autografia del grande maestro to-scano 1. Inediti documenti permettono oggi di fare luce sull’importante azionedi tutela intrapresa dall’Ufficio Esportazione di Roma e dalla Santa Sede, perevitare che la Pietà finisse in America, dove era bramata dal Metropolitan Mu-seum di New York, lasciando per sempre Palestrina, sua secolare patria; ilprocedimento fu portato avanti con determinazione in un momento storicopiuttosto delicato per i rapporti tra Vaticano e Governo italiano, di lì a pococoinvolto nelle tristi vicende belliche del secondo conflitto mondiale.

L’episodio, che ebbe come esito ultimo lo stacco della Pietà dal suo altare eil trasferimento a Firenze nel Museo del Rinascimento, oggi Galleria dell’Ac-cademia, cela trame di potere e interessi economici ben precisi e vede tra iprincipali attori, oltre al Capo di Governo, la principessa Maria Barberini, l’in-dustriale Gerolamo Gaslini, gli storici d’arte Pietro Toesca, Federico Herma-nin, Aldo De Rinaldis, Emilio Lavagnino, il ministro Giuseppe Bottai e le piùalte cariche dello Stato Pontificio.

È utile delineare brevemente le premesse storiche che portarono allo scaturi-re di quanto avvenuto: dalla fine dell’Ottocento la famiglia Barberini aveva ini-ziato a disperdere il proprio patrimonio artistico, seppur principiando da pic-coli nuclei come i cammei o le opere di Benvenuto Cellini; al termine degli an-ni Venti aveva intrapreso le trattative per la vendita allo Stato Italiano dellaprestigiosa collezione, ma i fondi necessari per l’acquisto non erano disponibilie per quanto la commissione ministeriale, costituita da Federico Hermanin,Roberto Paribeni, Pietro Toesca, Ettore Modigliani e Attilio Rossi, riconosces-se l’importanza della raccolta, l’accordo tardava a concretizzarsi. L’antico li-gnaggio nobiliare versava in una profonda crisi finanziaria e, in cambio dellacessione a un prezzo decisamente inferiore al suo reale valore della Villa Barbe-

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1. Fotografia di Giuseppe Pagano, La Pietà di Palestrina nella collocazione originaria. Settignano, Villa I Tatti

2. Fotografia di Alinari, particolare della Pietà di Palestrina. Palestrina, collezione privata

rini a Castel Gandolfo nel 1929, donata l’anno dopo da Mussolini alla SantaSede a coronamento del Trattato Lateranense, aveva ottenuto un trattamentodi favore nel facilitare le operazioni di vendita e di esportazione all’estero deibeni artistici in barba ai dettami del fidecommesso che vincolava la collezione.L’annosa questione sembrò risolta nel 1934 grazie ad un apposito decreto leggeche consentiva la vendita di molti capolavori, giunti così in prestigiose colle-zioni straniere; tre anni più tardi vi fu però un nuovo punto di arresto 2.

Nel 1937 la principessa Maria Barberini entrò in trattative con il mercanted’arte Rudolf Heinemann per vendere la Pietà di Palestrina, destinata ad en-trare a far parte delle collezioni del Metropolitan Museum di New York 3. Percontratto, la cifra pattuita era quella di 4.750.000 lire dell’epoca ma, come ap-pare da una lettera indirizzata a Mussolini dalla principessa il 30 settembre1937, l’Ufficio Esportazione di Roma impose di bloccare l’operazione, pur es-sendo già autorizzata dal Ministero dell’Educazione Nazionale. I funzionaristimarono incongruente il valore dichiarato, ritenendo più idonea la cifrastraordinaria di 50.000.000 di lire, giudicata dalla principessa «irraggiungibile[...] su qualsiasi mercato»; scriveva inoltre Maria Barberini che, qualora nonfosse stata autorizzata l’esportazione, la statua sarebbe rimasta «sconosciutaora ai più, perché chiusa nell’abbandonato sepolcreto annesso al palazzo diPalestrina, mentre sarebbe destinata ad aver degna sede in uno dei maggioriMusei degli Stati Uniti d’America» 3.

A fornire maggiori dettagli circa i parametri della stima e i motivi del dinie-go opposto dalla commissione straordinaria dell’Ufficio Esportazione è la rela-zione scritta dai membri componenti Federico Hermanin, Aldo De Rinaldised Emilio Lavagnino. I tre storici dell’arte volevano evitare un «pessimo affa-re» allo Stato Italiano che, al posto delle tasse di esportazione, sarebbe statoretribuito con il mosaico nilotico di Palestrina, giudicato «in grandissima parterifatto» e «una mera curiosità archeologica». A parere della Commissione, adeterminare il valore del gruppo statuario erano numerosi fattori, in primisl’assenza di opere di Michelangelo in mani private, eccettuata la Pietà Ronda-nini, nonché «l’assidua ricerca degli esemplari dell’antica arte italiana nel cam-po della plastica» da parte dei musei esteri, che alimentavano, secondo Her-manin, De Rinaldis e Lavagnino, «i replicati tentativi di furto o di sostituzionedi opere di marmo, terracotta e bronzo nelle chiese e nei palazzi d’Italia» e «inumerosissimi falsi» tratti da opere di Pollaiolo, Verrocchio, Donatello, Mi-chelangelo, Francesco Laurana, Agostino di Duccio, culminati nelle serie ese-guite dall’abile scultore falsario Alceo Dossena. Non esistendo convincenti ter-mini di paragone, la commissione si rivolse al campo pittorico, scegliendo ope-re di pari rarità; per rimanere in campo nazionale, escludendo le vendite fatte«nel tempo del Reich repubblicano» e in Inghilterra a causa della crisi finan-ziaria, si cita il valore di 1.000.000 di lire dichiarato dall’antiquario «Duveenper l’esodo del ritrattino di casa Giovannelli attribuito ad Antonello da Messi-na – parafrasi poco convincente dell’autentico Antonello della Galleria Bor-ghese – e discusso con molto scetticismo nel campo della critica più seria».I commissari proseguono rammentando il tentativo dei fratelli Duveen di ac-

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quistare dalla Regia Soprintendenza di Venezia la Tempesta di Giorgione conl’offerta spregiudicata di 5.000.000 di dollari pari a oltre 90.000.000 di lire del-l’epoca, comprata dallo Stato italiano per soli 5.000.000, e il valore di40.000.000 di lire dell’Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano assegnato nel -l’inventario della Galleria Borghese. «Così dunque» – concludono i relatori –«il prezzo di stima che viene chiesto a questo Ufficio d’Esportazione per ilgruppo marmoreo, della Pietà di Casa Barberini, espressione titanica della so-vrana inestinguibile passione di Michelangelo, è da noi precisato nella cifra dicinquanta milioni di lire italiane» 4.

La relazione fu inviata dal Ministro dell’Educazione Nazionale GiuseppeBottai a Mussolini con una lettera del 7 luglio 1937; Bottai sottolineava: «tra imotivi della mia perplessità [...] è anche la certezza delle clamorose e interes-sate ripercussioni, che l’eventuale esportazione del gruppo di Michelangelosusciterebbe all’estero», ricordando l’intervista rilasciata da George HaroldEdgell Direttore del Museum of Fine Arts di Boston al The Boston Herald do-po l’acquisto da parte del museo americano della Presentazione della Vergineal Tempio di Fra’ Carnevale dalla Galleria Barberini; il Direttore lamentavache «una volta l’Italia era restia a privarsi di opere di così grande valore, maprobabilmente il suo recente bisogno di valuta estera la induce alla vendita» 5.Come si evince dalle parole di Bottai, non si trattò dunque solo di un’opera-zione di propaganda a favore di Mussolini, salvatore del patrimonio artisticoespressione dell’identità civile italiana, ma di un’attenta manovra di politicaestera, la cui opinione negativa iniziava a farsi sentire.

L’intervento di Mussolini fu decisivo; egli pensò bene di coinvolgere nellavicenda l’industriale genovese Gerolamo Gaslini, aspirante senatore, sul qualependeva un processo per frode nell’attività degli oleifici di cui, nel fascicoloconservato in Archivio Centrale dello Stato, restano numerosi incartamentie intercettazioni telefoniche che ne comprovano il coinvolgimento. Gaslini,seppur restio a versare il denaro per l’acquisto della statua, come appare dagliappunti di Osvaldo Sebastiani, segretario particolare del Duce, fu ‘gentilmen-te’ invitato dal capo di governo a realizzare il proprio desiderio 6; recatosi a Pa-lazzo Venezia il 6 agosto 1938, l’industriale versò 4.500.000 di lire a Mussolini,che li fece consegnare al ministro Bottai; il 3 ottobre seguente fu rogato l’attodi acquisto in cui si sanciva che le spese di rimozione erano a carico del Mini-stero dell’Educazione Nazionale. Pietro Toesca, all’epoca docente di Storia del -l’Arte del Rinascimento all’Università La Sapienza, fermo sostenitore dell’auto-grafia michelangiolesca, come appare dal carteggio con Bernard Berenson re-centemente reso noto 7, e dalla voce scritta nel 1934 per l’Enciclopedia Italiana,ribadita ulteriormente nel 1939 nell’articolo apparso sulle pagine de «Le Arti» 8,seguì in prima persona lo stacco della Pietà, svolto nella seconda metà del no-vembre 1938, come mostra anche una fotografia d’epoca in cui si ricono sce ilsuo inconfondibile profilo sulla destra accanto al gruppo marmoreo (fig. 3).

Contemporaneamente, nei Sacri Palazzi si era giunti ad una decisione im-portante. Il 16 settembre 1938 il vescovo ausiliare e vicario generale di Palestri-na monsignor Benigno Luciano Migliorini scrisse una lettera al pontefice Pio

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3. Anonimo fotografodel XX secolo, PietroToesca osserva laPietà di Palestrinadurante lo stacco.Palestrina,collezione privata

XI, importante seppur tardiva espressione dell’azione di tutela del grupposcultoreo michelangiolesco: «Beatissimo Padre, l’Ecc.ma Famiglia Barberiniha iniziato delle pratiche per l’alienazione dell’Effigie, Opera scultoria a bassorilievo, raffigurante la Beatissima Vergine della Pietà, egregio saggio d’arte delceleberrimo Michelangelo Buonarroti [...] Questa Curia, in base al prescrittodel Can. 1281 Cod. J. C., crede suo dovere di segnalare alla Santità Vostraquan to sopra, rimettendosi alle disposizioni che si degnerà impartire in propo-sito» 9. Il dubbio sollevato da Migliorini riguardava la liceità dell’azione intra-presa dai Barberini; secondo quanto prescrive il diritto canonico, ricordaval’alto prelato, ogni decisione riguardante un bene ecclesiastico spettava al pon-tefice, che in questo caso non si era ancora espresso.

La risposta del Presidente della Pontificia Commissione Centrale per l’ArteSacra sacerdote ingegnere Spirito Maria Chiappetta al Prefetto della SacraCongregazione del Concilio cardinale Luigi Maglione non tardò ad arrivare; il

4 novembre Chiappetta consigliò di procedere con la massima sollecitudine adun richiamo formale della famiglia principesca affinché fosse richiesta l’auto-rizzazione alla Santa Sede specificando i gravi motivi che la spingevano all’alie-nazione. Lo stesso Presidente appare informato circa il grave stato finanziarioin cui versavano i Barberini e della loro volontà di esportare la Pietà in Ameri-ca, evento scongiurato solo grazie all’intervento provvidenziale del Ministerodell’Educazione Nazionale; egli rassicura Maglione sottolineando i vincoli aiquali la Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra è intenzionata a sot-toporre l’opera:

«a) La Pietà di Palestrina non dovrebbe uscire da un luogo di culto che per entrarein altro luogo di culto. Le fredde sale di un Museo, sia pure Michelangiolesco (quale sidice che si formerebbe a Firenze), non possono che diminuire la profonda suggestionedella insigne immagine sacra

b) La Pietà di Palestrina dovendo esser rimossa dal luogo di primitiva destinazionenon dovrebbe esser portata altrove se non a Roma, per esservi stabilmente e definitiva-mente conservata; non solo perché essa appartiene ai periodi dell’attività romanadell’autore, ma specialmente perché solo a Roma può essere pienamente valutato iltormento artistico che travagliò ansiosamente il sommo artista Michelangelo negli ulti-mi tempi della sua vita, in cui appassionatamente ricercò, distaccandosi nettamentedal plasticismo prima a lui consueto, nuove ed assolute spiritualizzazioni della formaartistica, di cui restano massimi esemplari la Pietà di Palestrina e la Pietà detta Ronda-nini, che trovasi pure in Roma.

c) La Pietà di Palestrina venendo a Roma potrebbe ben entrare, con generale soddi-sfazione, nella michelangiolesca chiesa di Santa Maria degli Angioli nobilitando così ilTempio in cui si svolgono le funzioni di carattere ufficiale Statale e Militare: l’insigneesaltazione del supremo ed esemplare Sacrificio fatta dal genio italiano di Michelange-lo potrebbe conferire alla chiesa suddetta anche il carattere di insuperabile monumen-to celebrativo della memoria di tutti i Caduti per la difesa e la grandezza della Patria edella civiltà italiana» 10.

L’attribuzione a Michelangelo della scultura non è mai messa in dubbio dal -l’organo pontificio:

«Quantunque il gruppo non sia finito ed abbia notevoli ma voluti ardimenti chesembrano quasi scorrettezze artistiche; pure dai più competenti si giudica che per darea tali ardimenti la forma artistica che di fatto hanno, si richiedeva una così alta conce-zione artistica e una così piena padronanza della tecnica che solo il genio e la maturaesperienza di Michelangelo potevano effettuare».

Dalle copie delle Sacre Visite allegate da Migliorini alla sua missiva la scul-tura risulta registrata nella chiesa di Santa Rosalia dal 1721, e dal 1761 con attri-buzione a Michelangelo 11. Il Presidente Chiappetta aggiunge infine che, appe-na si avranno maggiori elementi sulla vicenda e in particolare sull’acquisto edono da parte di un benemerito cittadino, ovvero Gerolamo Gaslini, si cer-cherà di intervenire con i vincoli suddetti:

«La Santa Sede appena sarà a conoscenza dei dati necessari, giudicherà nella Sua al-ta prudenza se non sia il caso di esprimere anche direttamente a Sua eccellenza il Ca-po del Governo i desideri della Sede Apostolica circa la destinazione definitiva della

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insigne immagine scolpita da Michelangelo, dato che detta immagine si trova ab imme-morabili giuridicamente vincolata da tassative disposizioni canoniche».

Invero l’azione intrapresa dal Presidente Chiappetta non sortì alcun effetto,in quanto l’affare di Stato era già avviato alla sua conclusione. L’opera di Mi-chelangelo aveva rivelato ancora una volta il suo grande potenziale: artistico,politico ed economico; una storia che non ha mancato di ripetersi ai giorni no-stri con un piccolo Crocifisso ligneo 12.

NOTE

Desidero esprimere la mia gratitudine a Cinzia di Fazio e Piero Scatizzi per aver agevolato in ognimodo le ricerche documentarie presso l’Archivio Diocesano di Palestrina e l’Archivio Segreto Vaticano.Ringrazio Luigi Cacciaglia per la consueta professionalità con la quale ha facilitato le indagini delle cartedel Fondo Barberini della Biblioteca Apostolica Vaticana. Sono grato ad Angelo Pinci per avermi permes-so di pubblicare il materiale fotografico della sua collezione.

1 A. GRENIER, Une «Pieta» inconnue de Michel-Ange a Palestrina, in «Gazette des Beaux-Art», 37,1907, pp. 177-194. L’autografia michelangiolesca fu respinta con fermezza da J. POPE-HENNESSY, ThePalestrina Pieta, in Stil und Überlieferung in der Kunst des Abendlandes, Atti del XXI convegno inter-nazionale di storia dell’arte, Bonn 1964, Berlino 1967, pp. 105-114; Non essendo possibile riassumerein questa sede la bibliografia sull’opera si rimanda almeno a C. DE TOLNAY, Michelangelo. The finalperiod: last judgement frescoes of the Pauline Chapel, last pietàs, Princeton 1960, pp. 152-154. C. ACI-DINI LUCHINAT, Michelangelo scultore, Milano 2006, pp. 277-278.

2 Sulla vendita della collezione Barberini si veda M. D’ANGELO, La collezione Barberini: vendite edispersioni negli Stati Uniti nel XX secolo, in I Barberini e la cultura europea del Seicento, Atti del con-vegno, Roma, 7-11 dicembre 2004, a cura di L. Mochi Onori, S. Schütze, F. Solinas, Roma 2007, pp.651-658; P. NICITA, Musei e storia dell’arte a Roma. Palazzo Corsini, Palazzo Venezia, Castel Sant’Ange-lo e Palazzo Barberini tra XIX e XX secolo, Roma 2009, pp. 333-416.

3 Le complicate trattative tra i Barberini e il Metropolitan Museum possono essere oggi ricostruiteattraverso nuovi documenti, oggetto di un mio prossimo studio.

4 Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Segreteria particolare del Duce, cart. ord. 1922-1943, busta 1719, fasc. 522 826.

5 Ibidem.6 Ibidem. Il dipinto fu acquistato dal Fine Museum of Art di Boston per 85.000 dollari dall’anti-

quario Michael Knoedler di New York. Si veda From Filippo Lippi to Piero della Francesca: FraCarnevale and the Making of a Renaissance Master, catalogo della mostra a cura di K. Christiansen,New York, Metropolitan Museum of Art, 1 febbraio-1 maggio 2005, New Haven 2005, p. 258, n. 45,e pp. 306-307.

7 P. RUGAFIORI, Rockefeller d’Italia. Gerolamo Gaslini imprenditore e filantropo, Roma 2009, p. 76.8 L. LORIZZO, Pietro Toesca all’Università di Roma e il sodalizio con Bernard Berenson, in Pietro

Toesca e la fotografia. Saper vedere, a cura di P. Callegari, E. Gabrielli, Milano 2009, pp. 103-125.9 P. TOESCA, Un capolavoro di Michelangelo. «La Pietà di Palestrina», in «Le Arti», I, 1938/1939,

pp. 105-110.10 Archivio Segreto Vaticano (d’ora in poi ASV), Segreteria di Stato (1936-1939), protocollo

171690.11 Per questa e le successive citazioni si veda ASV, Sacra Congregazione del Concilio, camicia 218,

n. 5.12 Dallo spoglio delle Sacre Visite nell’Archivio Diocesano di Palestrina la Pietà appare già menzio-

nata come autografa di Michelangelo nel 1735 e nel 1754.13 Nel 2004 è stato proposto all’attenzione degli studi un piccolo crocifisso attribuito alla mano

dello scultore: Proposta per Michelangelo giovane: un crocifisso in legno di tiglio, catalogo della mostraa cura di G. Gentilini, Firenze, Museo Horne, 8 maggio-4 settembre 2004, Torino 2004; sulla vicendalegata all’acquisizione dell’oggetto da parte dello Stato italiano per 3.000.000 di euro e le polemichederivate, si veda T. MONTANARI, A cosa serve Michelangelo, Torino 2011, in particolare pp. 3-16 eC. GIUNTA, Come si diventa «Michelangelo». Il mercato dell’arte, la retorica, l’Italia, Roma 2011.

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