Partes imperii e Vandali negli anni Sessanta e Settanta del V secolo

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ACCADEMIA ANGELICA-COSTANTINIANA DI LETTERE ARTI E SCIENZE Studi sull’Oriente Cristiano Estratto 16 2 Roma 2012 L’allineamento politico delle partes imperii di fronte al problema vandalo tra gli anni sessanta e settanta del V secolo Lorenzo Magliaro

Transcript of Partes imperii e Vandali negli anni Sessanta e Settanta del V secolo

ACCADEMIA ANGELICA-COSTANTINIANADI LETTERE ARTI E SCIENZE

Studisull’Oriente Cristiano

Estratto

16 2 Roma 2012

L’allineamento politico delle partes imperii di fronte al problema vandalo

tra gli anni sessanta e settanta del V secolo

Lorenzo Magliaro

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L’ALLINEAMENTO POLITICO DELLE PARTES IMPERII DI FRONTE

AL PROBLEMA VANDALO TRA GLI ANNI SESSANTA E SETTANTA

DEL V SECOLO

Lorenzo Magliaro

Dopo l’estinzione del ramo maschile della dinastia teodosiana in Occiden-te, il primo tentativo imperiale di risolvere il problema del dominio vandalo sul Mediterraneo occidentale risale all’epoca dell’augusto Maggioriano (460), con quella ‘prima guerra vandalica’ che avvia la politica imperiale antivandala negli anni Sessanta del V secolo, rimasta senza esito anche dopo la ‘seconda guerra vandalica’, condotta da Basilisco (468) e destinata a non essere ripresa fino al tempo di Giustiniano e della vittoria di Belisario nella ‘terza guerra vandalica’, inserendosi già nel quadro del VI secolo.

Dopo il fallito tentativo di Maggioriano, è il governo orientale di Leone I a condurre la nuova spedizione otto anni più tardi, con un risultato, se possibile, ancora più disastroso. L’intervallo di tempo, relativamente breve se osservato su una lunga durata, si rivela curiosamente lungo se invece lo si considera alla luce dei rivolgimenti politici che lo caratterizzano, in qualche modo riassumibili nel-la necessità di allineare politicamente le due partes imperii al fine di conseguire l’obiettivo. Queste pagine nascono con l’intento di ricostruire, pur senza pretesa di esaurire in alcun modo il problema, i termini di tale allineamento politico e, per contrasto, di evidenziare carenze e falle nell’intervallo fra le due campagne.

Costantinopoli e il controllo dell’Italia al tempo della ‘prima guerra vandalica’

Osservando la situazione complessiva a partire dalla ‘prima guerra van-dalica’, gli augusti che in quel momento reggono le sorti dello Stato imperiale

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sono dunque Maggioriano e Leone I, entrambi acclamati nel 457: il primo in seguito allo iato successivo alla deposizione di Avito (456); il secondo dopo il vuoto dinastico lasciato da Marciano, vedovo senza figli di Pulcheria, sorella di Teodosio II (408-450) e figlia di Arcadio (395-408).

Oltre al fatto di divenire augusti nello stesso anno, Maggioriano e Leone I hanno in comune anche la mancanza di una base politica forte alle loro spalle, dipendendo quasi esclusivamente dal favore dei potenti magistri militum che in quel momento gestiscono la potenza militare della res publica: Ricimero in Occidente, Aspar in Oriente. Il contesto in cui i neoeletti augusti vestono la porpora è la fase post-teodosiana dello Stato imperiale: alla morte di Teodosio II (450) e al vuoto dinastico che ne era scaturito, si era sopperito con il matri-monio di Pulcheria con il nuovo imperatore, Marciano, con un innesto ad hoc, volto a conferire legittimità al basileus attraverso la parentela acquisita con la casa di Teodosio I. Quanto all’Occidente, l’improvvisa uccisione di Valentinia-no III aveva consentito a Petronio Massimo di prenderne il posto.

La nuova impostazione del potere politico occidentale ‘su basi senatorie’1 non aveva però annullato il peso specifico dell’ideale dinastico che, almeno dai tempi di Costantino, aveva caratterizzato lo Stato imperiale: la superstite parte femminile della casa teodosiana rappresentava ancora un fattore di potenzia-le legittimità per chiunque avesse guardato con interesse al potere imperiale – prima fra tutti, proprio la corte vandala di Cartagine2. Gli augusti del 457 inauguravano dunque il proprio governo sotto la non buona stella della ‘prote-zione’ offerta dai magistri militum, conoscendo i rischi derivanti dalla presenza di una dinastia imperiale non più regnante ma in grado di conferire legittimità ad eventuali avversari politici attraverso opportune unioni matrimoniali e, so-prattutto, dovendo fronteggiare quel problema vandalo che teneva in scacco la situazione del Mediterraneo e le coste della pars Occidentis: il fatto poi che il primogenito di Genserico fosse anche il genero della vedova di Valentiniano III, costituisce un’ulteriore complicazione del quadro complessivo. La necessità di risolvere il problema vandalo all’inizio degli anni Sessanta è dunque urgente.

L’eventualità di una concertazione nell’azione risolutiva, almeno dal punto di vista strettamente logistico, non potrebbe verificarsi se non a condizione di un allineamento politico fra le due partes. Il progetto avviato durante gli anni

1 Così S. Mazzarino, L’Impero romano. II, Roma-Bari 200213, 803-804.2 Cfr. L. Magliaro, Note sulla nomina imperiale di Anicio Olibrio (472), in Studi sull’Orien-

te cristiano 16, 1 (2012), 71-77. Quanto alla trasmissione del potere politico attraverso la linea di-nastica femminile, chi scrive ha affrontato l’argomento altrove; cfr. L. Magliaro, Il ruolo politico delle donne nella trasmissione del potere imperiale dopo il 450, in La donna a Bisanzio in Porphyra 18 (2012), in attesa di pubblicazione.

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di Maggioriano si realizza nel 460, sia pure senza successo. In quell’anno infatti la flotta allestita in Spagna per attaccare il regnum vandalo dal mare è pronta: la Chronica Caesaraugustana registra la presenza dell’augusto nella città subpi-renaica3 e, nello stesso anno, il Chronicon del vescovo ispanico Idazio annota la distruzione della stessa flotta non ancora salpata da Cartagena ad opera dei Vandali, aiutati da una fuga di notizie – ‘commoniti Vandali per proditores’4. Il fallimento dell’impresa porta alla caduta di Maggioriano: nel 461, sulla via del ritorno in Italia attraverso i Pirenei e le Alpi, l’augusto viene deposto e poi ucciso per volontà del potente magister militum Ricimero5.

Il nuovo imperatore della pars Occidentis è Libio Severo, uomo che ‘regna e non governa’6 dal 461 al 465, anno della sua morte. La fase immediatamente successiva alla prima campagna contro i Vandali di Cartagine corrisponde al periodo in cui Severo cinge il diadema occidentale. Diverse informazioni tra-smesse da alcune fonti paiono suggerire che in questo periodo i governi delle due partes non si trovino allineati politicamente.

Il tempo di Libio Severo: la fase diplomatica

Nel 463, il console orientale è Flavio Viviano, la cui autorità non viene rico-nosciuta dal governo occidentale, in base a quanto afferma Giovanni Lido7. Una se-conda fonte, i frammenti di Prisco8, riporta la notizia di una missione diplomatica a Cartagine condotta dall’ex prefetto urbano di Costantinopoli, il senatore Tazia-no, come rappresentante però degli italici su comando del basileus orientale Leone: la cronologia di questa ambasciata non è certa, anche se va collocata alla metà circa degli anni Sessanta, dopo la campagna del 460 e prima di quella del 468.

Il mancato riconoscimento del console orientale in Occidente necessaria-mente implica una frattura politica fra le due partes, a meno di considerare errata la notizia di Lido – ma con quali argomentazioni? Il fatto poi che gli italici siano rappresentati alla corte di Cartagine da un uomo proveniente dalla pars Orien-tis sembra escludere la possibilità che la sua scelta come legato sia stata operata in accordo con il governo occidentale. Se infatti pensassimo che Libio Severo sia giunto ad un accordo con il collega orientale su tale materia, bisognerebbe concludere che il prestigio dell’augusto occidentale uscirebbe danneggiato da una

3 Chronicorum Caesaragugustanorum reliquiae, ad a. 460, in Monumenta Germaniae Histori-ca, Auctores Antiquissimi, XI, Chronica Minora, II, ed. Mommsen (Berlin 1861).

4 Hyd., Chron., 200.5 Hyd., Chron., 210; Ioh. Ant. fr 203; Ioh. Mal., Chronogr., 375.6 Di nuovo, Mazzarino, L’Impero romano. II, p. 578.7 Ioh. Lyd., De mag. III 48.8 Prisc., frr. 31-32.

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tale soluzione: perché infatti la causa italica, dove ancora esiste un senato dal quale attingere rappresentanti politici, dovrebbe trovare il proprio difensore alla lontana corte del Bosforo? Inoltre, a parte queste considerazioni, anche il conte-stuale mancato riconoscimento occidentale del console orientale Flavio Viviano rende ulteriormente improbabile la possibilità di un accordo fra le due partes per la nomina di un rappresentante orientale per gli italici.

Pur rimanendo evidenti margini di errore in questa che, ad ogni buon conto, rimane una ricostruzione ipotetica, una terza notizia, trasmessa originariamente da Candido e poi ripresa da Fozio nella sua Bibliotheca9, pare recare supporto a questa chiave di lettura. Nel 466, Flavio Viviano e Taziano sono l’oggetto di un diverbio tra il magister militum orientale Aspar ed il basileus Leone. Non sappia-mo nel dettaglio quale fosse la questione dibattuta, ma possiamo verosimilmente ritenere che riguardasse proprio il problema vandalo, soprattutto considerando la successione dei fatti: al 466 risale questa discussione e la spedizione navale guidata da Basilisco era inizialmente prevista per il 467, differita poi al 468 per la sopraggiunta cattiva stagione – Idazio afferma esplicitamente ‘navigationis inop-portunitate’10. Considerata poi l’entità della disfatta, i preparativi dovevano essere stati lunghi e dunque già nel 466 potevano essere stati avviati.

Se effettivamente il diverbio di quell’anno riguarda il problema vandalo e le modalità della sua soluzione, è interessante rilevare che esso risale ad un mo-mento successivo alla morte di Severo e, significativamente, ad una situazione di vuoto politico in Occidente, ovvero quando Leone si trova ad essere augusto sine collega. La fase diplomatica che caratterizza il tempo in cui Severo è au-gusto d’Occidente non sembra dunque vederlo protagonista, quanto piuttosto spettatore passivo se non, addirittura, fattore di ostacolo per la realizzazione di una linea politica di matrice orientale.

Gli elementi utili a ricostruire in modo puntuale il quadro politico della prima metà degli anni Sessanta non sono sufficienti; tuttavia, le poche notizie a nostra disposizione sembrano interpretabili senza eccessive forzature nella direzione che abbiamo ritenuto di potere indicare. Considerata l’urgenza del problema vandalo, l’intervallo di otto anni tra il primo e il secondo tentativo armato potrebbe dunque essere spiegato con una fase di rottura politica fra i due governi imperiali, occidentale e orientale, durante il tempo di Libio Seve-ro. Gli avvenimenti del momento successivo, dal 466 al 468, costituiscono un ulteriore puntello alla nostra chiave di lettura11.

9 Phot., Bibl. 79.10 Hyd., Chron. 236.11 I fatti di questo periodo sono esaminati dettagliatamente – e con un’attenzione particola-

re proprio nei riguardi di Procopio Antemio – da P. Heather, La caduta dell’Impero romano, Milano 20082, 469 ss.

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Procopio Antemio e l’allineamento temporaneo. La ‘seconda guerra vandalica’

Il vuoto di potere in Occidente del 466 richiama l’intervallo del 455, segui-to alla deposizione di Avito: come già Marciano, anche Leone è augusto sine col-lega fino alla proclamazione di un nuovo imperatore, nella persona di Procopio Antemio, costantinopolitano della cerchia del basileus12 e marito di Marcia Eu-femia, figlia unica del defunto imperatore Marciano13. Che Severo fosse l’uomo utile a Ricimero è provato dalla sua acclamazione; che dai tempi di Maggioriano al 466 l’atteggiamento di Ricimero verso i Vandali potesse divenire meno ostile è possibile, considerando come in questo periodo la sola iniziativa imperiale nei confronti del governo di Cartagine sia la missione diplomatica voluta da Bisan-zio. Il 466 è un anno cruciale: nella pars Orientis fa la propria comparsa il partito isaurico guidato da Tarasicodissa – il futuro basileus Zenone – ed il prestigio del magister militum Aspar è lacerato dal processo contro suo figlio Ardabur, colpe-vole di avere complottato con la Persia ai danni di Bisanzio14.

La spiegazione più logica per il contestuale vuoto di potere in Occidente pare essere un plausibile contraccolpo subito dallo stesso Ricimero: anch’egli straniero come Aspar ed in posizione analoga a quella da lui occupata, la sua influenza nelle stanze del potere può avere subito una battuta d’arresto, mani-festandosi nella mancata nomina di un successore a Severo. Accettando questa chiave di lettura, ecco che la scelta di un orientale come nuovo augusto d’Occi-dente, legato ai circoli del basileus – e dunque, suo uomo fidato – appare come il necessario passo per recuperare quell’allineamento politico tra le due partes imperii che era venuto meno con la deposizione di Maggioriano e la nomina di Libio Severo. È singolare poi il fatto che lo stesso Ricimero sposi la figlia del nuovo augusto15, con un unico possibile intento: quello cioè di rinsaldare la propria posizione politica che, evidentemente, doveva essere pencolante.

Riprendendo poi la già citata notizia trasmessa da Idazio secondo cui la partenza della nuova flotta imperiale contro Cartagine era inizialmente previ-sta per il 467 ed era stata poi differita alla successiva stagione di navigazione, ecco che il controllo della porpora occidentale da parte di un uomo alline-ato all’Oriente appare come la conditio sine qua non per la soluzione armata del problema vandalo, che richiede evidenti accorgimenti logistici impossibili da predisporre in mancanza di una concertazione fra le due partes. Ipotizzan-do poi che il ritardo per la partenza della flotta sia stato l’effetto del ritardo

12 La notizia relativa all’origine orientale è trasmessa da Sid. Ap., Carm., II, 67.13 Sid. Ap., Carm., II, 194-197, 216, 481-482.14 V. Dan. Styl., 55.15 Ioh. Ant. fr. 209, 1; Sid. Ap., Carm., II, 484-486.

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nell’ultimazione dei preparativi – se così non fosse, bisognerebbe giustificare la partenza differita in altro modo – la presenza di un alleato attivo in Occidente diventa ancora di più il tassello mancante a tutto il quadro.

L’allineamento che si realizza nel 467 è però temporaneo: non soltanto la nuova spedizione non raggiunge lo scopo, ma dietro al disastroso fallimento ri-mane l’ombra di quello stesso Ardabur già processato per tradimento. Teofane infatti afferma che l’ex magister militum per Orientem avrebbe aiutato il padre Aspar a convincere Basilisco, ammiraglio della flotta, a sabotare la spedizio-ne16. Se così fosse, sarebbe evidente la presenza, in Oriente, di una fazione po-litica che non intende risolvere il problema vandalo: un singolare quadro che, nel gettare una luce sinistra su alcune personalità politiche nella pars Orientis, quanto meno pone un analogo interrogativo sui rivolgimenti dell’Occidente – nella fattispecie, l’orientamento di Ricimero verso il problema vandalo.

Dalla parentesi di Olibrio e Glicerio all’acclamazione di Giulio Nepote

Gli anni successivi al 468 scorrono in una situazione di relativa calma: il partito antivandalo – che dobbiamo immaginare estendersi trasversalmente alle due partes – rimane pesantemente sconfitto dopo il fallimento di Basilisco e, di conseguenza, quanti si erano opposti alla soluzione armata del problema poteva-no ora godere di una relativa quiete politica. Questa però viene meno nel 472, quando in Occidente tra il magister militum e l’augusto suo suocero scoppia una vera e propria guerra civile. In Italia, Ricimero muove da Milano verso Roma, dove Antemio viene assediato, sconfitto ed ucciso, ad opera di Gundobad, nipo-te di Ricimero destinato a succedergli come magister militum17.

Il nuovo imperatore è Anicio Olibrio, discendente da nobile famiglia se-natoria e imparentato per via matrimoniale con il ramo occidentale della casa teodosiana: è infatti marito di Placidia, figlia di Valentiniano III e di Licinia Eudossia18. In relazione all’orientamento politico di Ricimero nei confronti dei Vandali, è interessante rilevare come, in questo caso, esista un vero e proprio legame tra lui e la corte di Cartagine: Olibrio infatti, il nuovo protetto del ma-gister militum, con un’ascendenza senatoria invidiabile e, soprattutto, imparen-tato con la casa di Teodosio I, è di fatto legato per parentela anche alla famiglia

16 Theoph., Chron., AM 5961.17 Fasti Vindobonenses Priores, s.a. 472; Marcell. Com., Chron., s.a. 472; Procop., BV, I, vii, 1.18 Procop., BV, I, v, 6.

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reale vandala, perché la sorella maggiore di Placidia, Eudocia, è la moglie di Unerico, il figlio dell’anziano re Genserico19.

La notizia riportata da Teofane e da Giovanni Zonara20 secondo cui Eudo-cia sarebbe rimasta in Africa alla corte vandala per sedici anni, farebbe risalire la sua morte al 471 o al 472, poiché il suo viaggio a Cartagine era stato a bordo di una delle navi che, nel 455, tornavano da Roma dopo averla saccheggiata. Se Eudocia era già morta quando Olibrio viene acclamato augusto dell’Occidente, il suo legame con il regnum vandalo può forse essere più debole, ma il fatto che la figlia superstite di Valentiniano III e Licinia Eudossia sia sua moglie gli con-ferisce una legittimità, almeno dal punto di vista dinastico, che nessun altro può vantare, ad eccezione di Unerico, vedovo di Eudocia ma anche padre del figlio maschio di lei: quell’Ilderico che nel 523 diventerà re dei Vandali.

Ricimero ha dunque un legame con Cartagine, attraverso il suo nuovo protetto. Entrambi però muoiono a breve distanza l’uno dall’altro prima del-la fine del 472: Gundobad diviene il nuovo magister militum ed è lui a far proclamare il nuovo augusto nella persona del comes domesticorum Glicerio21. Con questo avvicendamento, non soltanto viene meno anche il vincolo con la corte vandala, legato ad una dimensione di parentela personale, sia pure ac-quisita, ma la stessa politica della pars Occidentis si muove verso altri orizzonti. Gundobad infatti abbandona l’incarico di magister militum poco dopo averlo ricoperto, abbandonando Glicerio al suo destino.

La sorte del nuovo imperatore, che governa solo per pochi mesi, è segnata dall’arrivo in Italia del magister militum Dalmatiae Giulio Nepote, inviato dal basileus Leone. La morte violenta di Antemio non poteva essere salutata con favore dal governo del Bosforo e la dignità di augusto non poteva essere rico-nosciuta né ad Olibrio, né a Glicerio. Questi, abbandonato da quello che di fatto era il suo protettore – un abbandono sul quale pesano interrogativi circa le sue motivazioni22 – lo ritroviamo deposto e sostituito in qualità di augusto da Nepote23: l’allineamento politico fra le due partes sembra così recuperato.

19 Prisc. fr. 29-30; Ioh. Ant. fr. 204; Procop. BV, I, v, 5; Ioh. Mal., Chron., 366. Di nuo-vo, cfr. Magliaro, Note sulla nomina imperiale di Anicio Olibrio, 72-73.

20 Rispettivamente, Chron., AM 5964 e Epitome Historiarum, XIII, 25, 29.21 Ioh. Ant. fr. 209, 2; Iord., Get., 239; Fasti Vindobonenses Priores s.a. 473; Marcell.

Com., Chron., s.a. 473. In particolare, Giovanni di Antiochia sottolinea come Gundobad eserciti pressione per ottenere l’acclamazione di Glicerio.

22 Chi scrive ha affrontato la questione in modo più dettagliato in altre pagine.23 Fasti Vindobonenses Priores, s.a. 474; Marcell. Com., Chron., s.a. 474; Iord., Get., 241,

Rom., 338; Ioh. Ant. fr. 209, 2; Phot, Bibl. 78 (la notizia è ripresa da Malco).

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La dissoluzione dell’allineamento dopo la morte di Leone I

A completare il quadro, vi sono due non trascurabili particolari: in Oc-cidente, la scomparsa di Ricimero (472) ha liberato l’anziano basileus del più tenace avversario; in Oriente, la fazione di Aspar e dei suoi si è ormai dis-solta definitivamente, annientata dalla sommossa del 471 durante la quale la folla lincia l’ormai ex magister militum24 – la carica è a quel punto ricoperta da Tarasicodissa, divenuto genero dell’imperatore con il nome di Zenone25. Il figlio maggiore di Aspar, Ardabur, muore con il padre; quanto al secondoge-nito, Patrikios, il suo matrimonio con Leonzia, figlia minore del basileus, viene annullato. La costruzione politica che il magister militum di origini alane aveva avviato viene così dissolta di colpo.

Il contesto in cui Nepote si insedia sarebbe dunque ottimale per una so-luzione definitiva del problema vandalo, se la morte non cogliesse Leone I nel 474, prima che qualunque nuovo preparativo possa essere approntato, lascian-do il collega occidentale in una situazione politica di stallo, dalla quale lo Sta-to imperiale nel suo complesso non uscirà più. Giulio Nepote non avvia una nuova campagna antivandala, né sappiamo di suoi preparativi in merito che possano essere rimasti interrotti: semplicemente, la situazione rimane immu-tata. Il nuovo augusto occidentale viene poi deposto dopo appena un anno di regno, nel 475, dal nuovo magister militum Oreste, che riveste della porpora il proprio figlio Romolo, detto augustulus, il ‘piccolo augusto’ per la giovane età, ma anche – con disprezzo – anche per il suo scarso o nullo peso politico.

L’allineamento che il governo di Costantinopoli aveva cercato con Raven-na a partire dagli anni Sessanta e che, come si è visto, aveva potuto conse-guire solo a fasi alterne, si spezza dunque con la morte del suo propugnatore. Il periodo in cui si consuma l’ultimo atto della vicenda politica occidentale, con la deposizione di Romolo e l’ascesa di Odoacre, rex gentium, corrisponde in Oriente ad una fase particolarmente turbolenta: alla morte di Leone I, è il nipote omonimo a divenire augusto, sotto la tutela del padre Zenone; questi è nominato co-imperatore26 poco prima che il giovane figlio – un bambino sui sette anni27 – muoia improvvisamente, aprendo una crisi politica che porterà

24 Phot., Bibl., 79 (la notizia è ripresa da Candido); Marcell. Com., Chron., s.a. 471; Iord., Rom., 338; Procop., BV, I, vi, 27; Ioh. Mal. fr. 31.

25 La mansione svolta da Zenone in questo periodo è quella di magister utriusque militiae per Orientem (Phot., Bibl., 79, ripresa da Candido; Theoph., Chronogr., AM 5956). Quanto alla sommossa del 471, Iord., Rom., 338, afferma che essa è sobillata da Zenone.

26 V. Dan. Styl., 66-67; Theoph., Chron., AM 5965, 5966; Zon., Epit. Histor., XIV, 1-2.27 Ioh. Mal., Chron., 376. In modo più diffuso, cfr. L. Magliaro, Arianna. L’imperatrice garante

della porpora, Milano, in stampa nella Collana Donne d’Oriente e d’Occidente della Jaca Book.

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alla temporanea deposizione di Zenone da parte di Basilisco, il comandante in capo della flotta antivandala sconfitta nel 468. Già nell’agosto del 47628, Zeno-ne riprende il potere, mentre in Occidente Romolo viene deposto.

Nel 47829, l’ambasceria giunta sul Bosforo dall’Italia per restituire le insegne imperiali d’Occidente al basileus, salutato da Odoacre come unico imperatore in cambio del riconoscimento del potere ottenuto, torna in patria senza avere otte-nuto altro che il fermo proposito, da parte di Zenone, di reinsediare il legittimo augusto, Giulio Nepote. Con questa affermazione, il governo di Costantinopoli negava l’assunto dei legati occidentali, in base al quale non esisteva più imperium ad ovest del Canale di Otranto che non fosse quello del basileus: ad essere depo-sto infatti era stato un usurpatore, Romolo, il cui potere era derivato dalla illegit-tima deposizione dell’imperatore Nepote. La costruzione politica che il Grande Palazzo tenta con questa obiezione mira a neutralizzare ogni velleità di Odoacre, nuovo signore dell’Occidente, di ridisegnare l’assetto costituzionale dello Stato imperiale: il rex gentium riceve il titolo di patricius30, ma si tratta di un fatto che, in se stesso, non costituisce alcuna novità rispetto al passato.

Il proposito di ripristinare la legittimità occidentale calpestata non sarà mai realizzato: Nepote morirà assassinato a Salona nel 48031. Fino a quella data e dopo lo scambio diplomatico con i messi di Odoacre, Zenone fronteggia la sollevazione di Flavio Marciano, il figlio di Procopio Antemio e di Marcia Eu-femia – il basileus Marciano era quindi suo nonno32 – e secondo marito di Leonzia, figlia minore del defunto Leone I33. La dinamica dinastica che mette in moto la rivolta distoglie l’attenzione dell’imperatore isaurico dal problema della legittimità occidentale, che costituiva la premessa necessaria all’allinea-mento politico fra le due partes imperii: tuttavia con un quadro politico così mutato, il problema vandalo è passato necessariamente in secondo piano e sarà definitivamente risolto solo al tempo della ‘terza guerra vandalica’.

28 V. Dan. Styl., 69; Marcell. Com., Chron., s.a. 475.29 Malch. fr. 10.30 Di nuovo, Malch. fr. 10.31 Phot., Bibl., 78 (da Malco); Marcell. Com., Chron., s.a. 480; Fasti Vindobonenses Pri-

ores, s.a. 480. Secondo Fozio poi, il complotto sarebbe stato ordito da Glicerio, per vendetta verso colui che lo aveva spodestato.

32 Phot., Bibl., 79 (la notizia è ripresa da Candido); V. Dan. Styl., 69; Ioh. Ant. fr. 211, 3; Ioh. Mal., Chron., 375; Zon., Epit. Histor., XIV, 1, 13.

33 Ioh. Ant. fr. 211, 4; Ioh. Mal., Chron., 375; Theoph., Chron., AM 5971-5972.