"Le carte d'archivio di "Menabò" : idee e testi per una letteratura degli anni Sessanta", in Atti...

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LA MODERNITÀ LETTERARIA collana di studi e testi diretta da Anna Dolfi, Alessandro Maxia, Nicola Merola Angelo R. Pupino, Giovanna Rosa [40]

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La modernità Letteraria

collana di studi e testi

diretta daAnna Dolfi, Alessandro Maxia, Nicola Merola

Angelo R. Pupino, Giovanna Rosa

[40]

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Memoria della modernitàArchivi ideali e archivi reali

Atti del XIII Convegno Internazionale della MOD7-10 giugno 2011

a cura diClara Borrelli, Elena Candela, Angelo R. Pupino

Tomo II

Edizioni ETS

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© Copyright 2013EDIZIONI ETS

Piazza Carrara, 16-19, I-56126 [email protected]

DistribuzionePDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]

ISBN 978-884673648-2

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I presenti volumi sono pubblicati con i contributi di:

Mibac-Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti culturali e il Diritto d’Autore

Firb, Fondo per gli investimenti della ricerca di base istituito dal Miur,ed erogato al progetto ALeNI-Archivi Letterari del Novecento Italiano,

tramite il Dipartimento di studi letterari, linguistici e comparatidell’Università di Napoli «L’Orientale»

In copertinaRené Magritte, La memoire, 1948

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PREFAZIONE

Agli archivi reali della modernità letteraria, e al lavoro filologico, cri-tico, storico intorno ai documenti editi o inediti che accompagnano e af-fiancano i testi e ogni altro elemento relativo al loro farsi e ai loro autori (autografi, manoscritti, diari, corrispondenze, schizzi, progetti, fotografie ecc.), si possono mettere accanto archivi per così dire ideali. Allo stesso modo, alle biblioteche reali, grandi archivi cartacei, ma da qualche tempo anche digitali, della produzione intellettuale o di una sua articolazione spe-cifica, si possono comparare le biblioteche ideali: non solo tutte le forme e le declinazioni della enumerazione catalogante (le stesse Città invisibili di Calvino sono in definitiva una sorta di archivio ideale della città), ma anche tutte le forme della presenza a della letteratura a se stessa, si capisce.

Quanto alla “modernità”, implica essa un orizzonte temporale che stan-do alla First Modern Revolution di Steve Pincus muove dalla fine del Sei-cento e avvolge eventi politici, religiosi, culturali, artistici. Ma se invece si restringe lo sguardo all’arte, alla letteratura della modernità, specifico oggetto di studio della Mod, capitale è Baudelaire, sempre Baudelaire. Che ebbe una coscienza abbastanza precoce della modernità e dette inizio alla sua storia. «L’arte della modernità» scrisse «consiste nel trarre dalla moda ciò che può contenere di poetico […], di desumere l’eterno dal transito-rio». La «modernità», opinò ancora, è «il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà è l’eterno, l’immutabile». Discuteva di Costan-tin Guys. Chi era? Era il peintre de la vie moderne; l’artefice di un’epopea del quotidiano. Ritrasse un profluvio di teatri e dame a teatro, la promena-de e le danzatrici. A Parigi – la capitale del xix secondo Benjamin: il centro del mondo. E proprio Guys illustrò Les fleurs du mal. Che come lo Spleen de Paris includevano anch’esse un brulichio di scene urbane. Soprattutto, fu vignettista di giornali – e già solo perciò deputato a simboleggiare la fugacità dell’attimo presente. A dire il vero ciò che dileguava lui lo affer-rava in estremo. Lo tratteneva e lo fissava nei suoi segni. Ma quei segni ap-parivano specialmente su gazzette. Strumenti effimeri anch’essi. Promessi anch’essi all’oblio.

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L’intento che anima la Mod sarebbe dunque l’investigazione di mate-riali d’archivio di ogni tipo: carte, lettere, inediti, bozze, articoli di giornali o periodici, fotografie ecc., ma anche scritti editi ma rari, prime edizioni suscettibili di varianti, archivi storici, fotografici (si pensi allo sterminato archivio fotografico di Longhi, un grande), cinematografici, televisivi, di-gitali ecc. Con gli archivi e le biblioteche ideali si vorrebbe invece estende-re l’ambito della ricerca a tutti quei luoghi, anche virtuali, ove si depositi quanto del patrimonio letterario e/o più latamente culturale sia memora-bile, e perciò memorizzato con e dalla archiviazione, nonché le opere che di quel patrimonio si siano fatte più evidentemente testimoni, custodi e interpreti.

Si capirà dunque perché uno specimen particolarmente rappresenta-tivo potrebbe essere, per dire, l’antologia, se intesa come archivio della memoria: a cominciare dalle antologie storiche della modernità letteraria. Restando al patrimonio nazionale si pensi a Severino Ferrari, al Fior da fiore del Pascoli, magari confrontato con la curiosa riedizione postuma di Carlo Saggio, a Papini e Pancrazi, a Falqui e Vittorini, ad Anceschi, a Spa-gnoletti, a Contini, a Sanguineti, a Mengaldo, a Segre e Ossola ecc. Ma non si dimentichino altre antologie (cronologiche, monotematiche, tipologiche, di genere ecc.): Poeti minori dell’Ottocento a cura di Baldacci, Poeti minori dell’Ottocento a cura di Ulivi, Poeti futuristi a cura di Marinetti, I Novis-simi a cura di Giuliani, Poesia del Novecento italiano a cura di Lorenzini, Dopo la lirica a cura di Testa ecc., Donne in poesia a cura di Frabotta, Poeti italiani del secondo Novecento a cura di Cucchi e Giovanardi, Libretti d’o-pera a cura di Gronda e Fabbri, Giornalismo italiano a cura di Contorbia ecc. Né si tralascino le auto-antologie, tra cui resta ancora esemplare quella compilata da Croce per Ricciardi. Né si ignorino le collane dedicate, come ad esempio l’«Archivio del romanzo» diretta da Mazzacurati per l’editore Guida.

Un archivio ideale potrà essere tuttavia anche la memoria di scrittori, purché documentata su loro testi o sulle loro biblioteche reali o magari testimoniate da agnizioni di letture. E comunque la memoria potrà essere intesa in qualunque altro dei suoi sensi.

È questa la prospettiva in cui ha lavorato la Mod per il suo xiii Conve-gno annuale, svoltosi presso l’Università di Napoli «L’Orientale» tra il 7 e il 10 giugno 2011. Ed eccone ora gli Atti.

Clara Borrelli, Elena Candela, Angelo R. Pupino

6 MEMORIA DELLA MODERNITÀ

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Virna Brigatti

Le carte d’archivio di «Menabò»: idee e testi per una Letteratura

degLi anni sessanta

in relazione all’attività culturale di elio vittorini e italo calvino, la cri-tica ha sempre citato la rivista letteraria «il Menabò», da loro diretta dal 1959 al 1967. partendo da una famosa dichiarazione di calvino contenuta nell’indice ragionato della rivista1, è noto il fatto che in realtà «il Menabò» sia stato soprattutto frutto dell’inventiva di vittorini, alla quale calvino dichiara di avere fornito solo sostegno e consulenza. È stato inoltre rilevato un crescente distacco di calvino dalla progettazione e dalla concreta pre-parazione della rivista, in coincidenza con il passaggio dal quarto al quinto numero, tra il 1961 e il 1962. La discontinuità tra queste due uscite è stata interpretata come un’evoluzione delle posizioni critiche di vittorini, con le quali calvino si è trovato in disaccordo2.

ciò che cercherò di dimostrare sinteticamente in questo intervento è come, alle spalle di quell’evoluzione, ci sia un giovane intellettuale, del-la stessa generazione di calvino, che si era affiancato a vittorini nella redazione del «Menabò»: Francesco Leonetti, proveniente dalla rivista

1 cfr. italo CalVino, Presentazione a Il Menabò (1959-1967), a cura di donatella Fiaccarini Marchi, roma, edizioni dell’ateneo, 1973, p. 10.

2 basti a questo proposito citare l’affermazione di gian carlo Ferretti contenuta nel noto studio sull’attività editoriale di vittorini: «un primo aspetto da chiarire preliminarmente è, ancora una volta, il ruolo di calvino, cui vittorini chiede di ‘dirigere la faccenda a quattro mani [ … ]. e in effetti, dagli epi-stolari dei primi anni esce un processo lavorativo e decisionale a due che ricorda in parte le fasi di maggior affiatamento dei gettoni, fin dalla stesura della presentazione del “Menabò” [ … ]. // Questo vale appunto per i primi numeri, ma poi calvino prende le distanze. il cambiamento sembra coincidere con i numeri 4 e 5, e cioè con quel discorso su industria e letteratura e quell’ingresso nella nuova avanguardia che rappre-senta un forte momento di discontinuità rispetto ai precedenti, e che indica già una vittoriniana scelta di tendenza da calvino non condivisa», cfr. gian Carlo Ferretti, L’editore Vittorini, torino, einaudi, 1992, pp. 285-286.

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