Nuove indagini sulla raccolta di rime italiane del ms. Escorial e.III.23

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MEDIOEVO LETTERARIO D'ITALIA RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOLOGIA, LINGUISTICA E LETTERATURA AN INTERNATIONAL JOURNAL OF PHILOLOGY, LINGUISTICS AND LITERATURE 1 • 2004 ESTRATTO PISA ROMA ISTITUTI EDITORIALI E POLIGRAFICI INTERNAZIONALI MMV

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MEDIOEVOLETTERARIO

D'ITALIARIVISTA I N T E R N A Z I O N A L E D I F I L O L O G I A ,

L I N G U I S T I C A E L E T T E R A T U R A

AN I N T E R N A T I O N A L J O U R N A L OF P H I L O L O G Y ,

L I N G U I S T I C S A N D L I T E R A T U R E

1 • 2004

ESTRATTO

PISA • ROMA

I S T I T U T I E D I T O R I A L I E P O L I G R A F I C I I N T E R N A Z I O N A L I

MMV

SOMMARIO

Presentazione 9

CARLO BERETTA, La tecnica della rima nelle opere volgari di Bonvesin da la Riva. Parteprima: rimario 11

PAR LARSON, Ancora sulla ballata «Molto a ch'io non cantai» 31

ROBERTA CAPELLI, Nuove indagini sulla raccolta di rime italiane del ms. Escoriai e.»'~y 73

DARIO DEL PUPPO, Remaking Petrarch's «Canzoniere» in thè Fifteenth Century 115GIOVANNI BORRIERO, La tradizione delie «Rime» ài Antonio degli Alberti. Parte prima 141

GIORGIO MARCON, Per una nuova edizione delle «Rime» di Matteo Griffoni rj\O VERDEROSA, Dall'Umbria verso Montecassino .mile tracce della mistica

francescana 193

Abstract^ ' 209

ROBERTA CAPELLI

NUOVE INDAGINI SULLA RACCOLTA DI RIME ITALIANEDEL MS. ESCORIAL e.III.23

L/IMPORTANZA della sezione contenente rime italiane del ms. lat. e.111.23 della Biblio-teca dell'Escoriai1 è, ormai da tempo, assodata; così come ben chiaro è il suo ruolo di ca-postipite della cosiddetta tradizione Veneziana' delle rime dello Stilnovo.1 Meno (se nonper nulla) studiata, invece, e la sua facies storico-materiale, fonte preziosa di tutte quelleinformazioni di natura non strettamente ecdotica, ancillari della crìtica testuale classicama fondamentali per la valorizzazione del codice in quanto prodotto culturale anzichésemplice contenitore di varianti. L'analisi, da un lato, dei caratteri esterni dell'oggetto-libro, dall'altro, delle peculiarità interne del «testo-nel-tempo»^ permette di raccoglierenuovi dati sulle, modalità di confezione, gli àmbiti di circolazione e i possibili modelli diricezione di un codice assai atipico che, per molti versi, si rivela un unicum nel quadro ti-pologico offerto dai più antichi testimoni della lirica italiana delle origini.4

Queste 'nuove indagini' sull'Escorialense costituiscono, dunque, un tentativo di allar-gare a campi finora poco o affatto sondati la letteratura monografica - peraltro ridotta -5

consacrata a questo codice, sfruttando gli spunti metodologici offerti dalla filologia ma-teriale per individuare e contestualizzare gli aspetti più caratteristici di quello che è,prima di tutto, un prodotto librario e poi, naturalmente, un prodotto letterario. In que-sta sede, prenderò in considerazione solo alcune e ben circoscrivibili questioni di naturacodicologica e paleografica: l'analisi delle mani principali ai fini di una possibile datazio-ne del codice in rapporto alla cronologia interna dei singoli componimenti; Tesarne dellafascicolazione; l'uso dei marcatori alfabetici.6

1. Si tratta di un codice composito che raccoglie, prima del frammento di liriche due /trecentesche in vol-gare, quattro trattateli! in latino : oc. 1-34, Marsilii Ficini de voluptatc; cc. 35-54, EmanueiisjHiiJaco'b tabulae de con-junctionibus et oppoxitionifnts lunarii™; cc, 55-64, Jacobi de Dondis planetarium; cc. 65-72,, Hiidebertì Cenomanensis devetere et ncvo Testamento. Per la descrizione del manoscritto rimando a GLILLHRMO ANTOLÌN, Catàlogo de las cò-dices latinos de la Real Biblioteca del Escoriai, Madrid, Imprenta Helénica, 1911, n. pp. 86-87, e a DOMENICO DE Ro-BF.RTTS, Cen-simenlo dei manoscritti di rime di Dante, sn, XLTV, 1960, pp. 171-174,

2. Cfr. DOMENICO DE ROBE.RTIS, I! canzoniere Escorialense e la tradizione "veneziana» delle rime della St-il novo,suppl. 2,7 3 CSLI, Torino, I ,oe.scher-Chiamare, 1954.

3. L'espressione è di Gianfranco CONTINI che ne fa uso nel saggio intitolato Filologia, incluso nel Breviario diecdotica, Torino, Hinaudi Paperbacks, 1990, pp. 3-66:9 sg.

4. Mi riferisco, in particolare, alla 'triade d'oro' costituita dai codici Vaticano lat. 3793, Laurenziano Redi 9 ePalatino 418 (oggi segnato : Banco rari 217), per i quali rimando alla recente edizione fotografica curata da LINOLEONARDI, / canzonieri della linea italiana delle origini, Tavarnuzze. .sisMEL-Edizioni del Galhizzo, 2001,3 voli. +i voi. di Studi crìtici.

5. Olire all'Appendice di MICHELE BARRI, Un nuovo codice di rime antiche •malto importante, inserita nei sui Studisul canzoniere di Dame, Firenze. Sansoni, 1915, pp. 511-527, e al già citato studio di DE ROBBKTIS (cfr. nota 2), gliunici contributi incentrati suir Escoriai e nse sono due articoli di GUIDO FAVATI, intitolati rispettivamente: Un co-dice perduto affine a\\'Escuria\ense £.111.23, Li- Vil- !955. PP- 212-224, e: lo-, Ancora suU'Escurialense e.ni.2j e su un grap-po di sonetti di Nicolo de' Rossi, FR, iv, 1957, pp, 176-190, Si veda anche il recente contributo di AGOSTINO CASU,Strategie attributiva e canone della tradizione, in Percorsi incrociati. Stadi di letteratura e linguistica italiana, Atti delDies Romanicus Turicensis (Zurigo, 23 maggio 1003), I.eonforte, Insula, 2004, pp. 5-25.

fi. T risultati di queste ricerche costituiscono il fulcro della mia tesi di dottorato in Filologia romanza, dal ti-tolo : / materiali deil'Escorialense 6.01.23. Contesti di produzione e àmbiti di circolazione di un'antologia poetica delle ori-gini, discussa presso l'Università di Firenze, il 6 febbraio 2002. Alla trattazione analitica delle novità (quale, adesempio, il recupero quasi integrale degli otto sonetti lino ad oggi considerati illeggìbili di Nicolo de' Rossi) edei problemi emersi dalla prolungata frequentazione diretta con il manoscritto (questioni di carattere archivi-stico, linguistico e struttural-ideologico), sarà dedicato un lavoro di taglio monografico, inclusivo dell'edizio-ne diplomatico-interpretativa dei testi e corredato dalle Tavole del codice. Colgo l'occasione per ringraziare ildirettore della Biblioteca dell'Escoriai, padre José Louis del Valle Merino e i! bibliotecario del monastero, padre'1 eodoro Alonso Turicnzo, per la loro squisita dispunibilità e per i loro preziosi suggerimenti.

74 ROBBRTA CAPELLI

LE MANI

La distinzione e denominazione delle mani intervenute nella compilazione del codiceEscorialensc è rimasta sostanzialmente quella fornita da Barbi nel suo contributo deli9i5;7 in esso, lo studioso individua quattro mani diverse:8 una prima mano per i sonettiEi-Ei6 + E9o-Ei84, una seconda mano per i componimenti Ei/-E34, una terza mano perla sezione E35-E/9 + E8a, e una quarta mano per il testo E8o.9 Domenico De Robertis,nel 1954, rettifica questa descrizione : definisce ciascuna mano con una lettera dell'alfabe-to greco (a, p, y, e 8), intuisce la presenza di un'ulteriore mano nei sonetti illeggibili dellarovinata e. 8iv, e assegna la ballata E8i a e. 8ov ad una nuova mano, detta e.10 Dopo mi-nuziose verifiche sul manoscritto, mi sembra tuttavia di poter delineare una situazioneancora diversa :

1) mano a e mano ji non corrispondono a due differenti personalità scriventi; esse vannounificate in un'unica mano, operante in momenti diversi e con strumenti di scrittura di-versi: ho differenziato in et, e a.,le due fasi interventive di questa mano; venendo così ascomparire la cosiddetta mano [5 della descrizione derobertisiana, al fine di evitare sco-modi salti alfabetici (dalla mano a dei sonetti, alla mano y delle ballate), ho deciso di ri-nominare tutte le mani di E; il quadro che ne deriva può essere schematizzato nel modoseguente :

[De RobertisJ mano a (cc. 73r-v, 81-87) —>mano at / mano n.tmano p (cc. ?4r-v, 7$r) —*0 (ora mano a^)mano y (cc. 75r-8or) —*mano pmano 5 (E/9, e. 8ov) —>mano ymano e (E8o, e 8ov) —"mano 5mano [?] (Nicolo de' Rossi, e. 8iv) —»mano e.

2) la lettura alla luce ultravioletta ha confermato, alla e. 8iv, la presenza di una mano au-tonoma, con caratteristiche proprie.

Tutte le mani di E usano varietà diverse di minuscola cancelleresca, scrittura di per séestremamente variegata, in generale e in questo caso specifico. Per l'analisi paleografica,mi sono avvalsa della perizia di Teresa De Robertis, la quale ha confermato la presenteidentificazione delle varie mani, e ha redatto Vexpertùe che riporto qui di séguito:

Tutte e cinque le mani (ma non mi occupo di E, quasi illeggibile e con pochi problemi di cronolo-gia) appartengono ad uno stesso ambiente professionale, quello notarile, anche se, provando adare un senso alla marcata contrapposizione stilistica tra o. da una parte e p, y e fi dall'altra, non almedesimo territorio (cosa che del resto potrebbe trovare un incastro in quanto già indicato dallaperizia linguistica di Contini). Le mani a e p, sebbene topograficamente e cronologicamente insuccessione (è evidente, pur nello stato di presente confusione codicologica e quale che sia la pro-posta di riordinamento che sembrerà più convincente, che è alla mano » che spetta la responsabi-lità del progetto'1 e la precedenza su p, che interviene quando e dove a. ha ormai abbandonato ilcampo, e sulle altre due), sono sicuramente le mani di due contemporanei e mani indiscutibìl-

7. Cfr. BARBI, Studi cit., pp. 511-512.8. Barbi-ivi, p. 512 - parìa di tre mani, ma sembra trascurare di averne citata una quarta preliminarmente:

«.. .per lo meno se ne possono distinguere tre. I .a prima, molto simile a quella delle carte antecedenti ma piùminuta e angolosa [...]». Questa 'mano delle carte antecedenti' è appunto una quarta, ulteriore, mano o -come avrò modo di spiegare meglio nel corso di questo paragrafo - la prima ad operare.

9. Il ms. Escoriai e.m.23 è convenzionalmente sigialo E, a partire dallo studio di DE ROBEFTIS, II canzoniereEscarialense cit., p. 6. La numerazione dei componimenti rispecchia l'ordine ch'essi hanno nell'attuale fascico-lazione del codice.

10. DE ROBERTIS, 1! canzoniere Escorialense cit., p. 19 e tav. p. 243 n. 1.11. Basta osservare che a ha predisposto la foratura su tutte le carte (comprese quelle che poi non ha uti-

lizzato) naturalmente misurando su se stessa la distanza tra le righe. 11 modulo maggiore della propria scrit-tura imporrà a [i di scrivere saltando una riga.

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORTAL 6.111.23 75

mente duecentesche, con y e 6 di poco più tarde : ciò che determina un arretramento di E ai limi-ti della zona occupata dalla triade L P V (e l'istituirsi, fin dalle origini, di un legame in qualchemodo privilegiato tra la produzione lirica e le scritture di tipo notarile). Ma sarà bene intendersi. Ilconfronto con la documentazione notarile di quella zona tutto sommato graficamente omogeneacostituita dall'area padano-veneta e dall'alta Toscana con al centro, non casualmente, Bologna di-mostra che in a e P è possibile riconoscere due notai che si sono formati e hanno definito il lorostile professionale più o meno nello stesso momento, direi non più tardi degli anni 70 e 80 del Due-cento (con la scrittura di a che appare lievemente attardata rispetto a p su di un modello addirit-tura anteriore); mentre per f si può pensare, sempre come formazione, al decennio successivo eper 5, a questo punto, ad una generazione diversa rispetto alla prima coppia. Come è facile capire,tutto ciò non esclude affatto che la completa stratificazione (compreso cioè il sedimento corri-spondente a Y e 5) possa essersi realizzata in un breve giro d'anni, né la nuova proposta di datazio-ne è contraddetta dalle ragioni di natura extragrafica (si vedano più avanti le pp. 81-84) che non am-mettono che o^ abbia lavorato ante 12,99-1302. (anche se per lo strato ai si può pensare di risalire finoal 1292-1293) e che p sia intervenuta prima del 1307-1309- Quando si giudica una mano, fatti salvi al-cuni pochi e fortunati periodi della storia della scrittura latina, ci si esprime quasi sempre (è benenon farsi illusioni) in termini di cronologia relativa ed un trentennio di attività professionale, ancheal tempo in cui fu allestito E, è circostanza tutt'altro che rara.

Sul piano morfologico sono tre gli elementi che garantiscono per l'antichità della mano a: l'e-secuzione in un solo tempo della lettera 5 (e della omologa/), con il raddoppiamento del trattoverticale e discendente realizzato attraverso una curva morbida e relativamente ampia, interpre-tata in sostanza come un occhiello che assume quasi lo stesso andamento e le stesse dimensioni dìquello presente in bà I ed h, nonché (e questo è il secondo elemento) in q. La varietà di s ad oc-chiello non è usata da a solo nel caso delle geminate, per le quali ricorre invece alla soluzione indue tempi cioè con l'asta discendente semplice (e con un secondo tratto comune alle due lettere):cosicché nell'economìa generale del tracciato lo spazio occupato da s semplice ad occhiello e dop-pia s è lo stesso, mentre la chiave per distinguere le due Decorrenze risiede nell'intervallo che, sottola riga di scrittura, segna il punto di stacco dei tratti discendenti. Stando alla documentazione fio-rentina e bolognese, s/f-ad occhiello, ben attestate fin dalla metà del Duecento,11 risultano prati-camente inutilizzate già alla fine del secolo quando invece sale nelle preferenze dei notai (e cometestimoniano in E le mani P e 5) una soluzione, non necessariamente in un solo tempo (anzi spes-so in due se non in tre tempi), sempre con tratto discendente raddoppiato, ma ad angolo acuto,con un voluto e marcato effetto di rastrematura inversa, spesso accentuato dall'inchiostratura. Inquesti stessi documenti tardo-duecenteschi il raddoppiamento ad occhiello non è isolato e si ap-plica, secondo la consueta tendenza a uniformare stilisticamente gli elementi strutturali percepiticome identici, anche ad altre lettere con primo tratto discendente, ovvero i alta (ad inizio di paro-la) p q ed r (ma in E a subire questo trattamento è solo la lettera q). Tutte queste forme sono pre-senti sia in protocolli di imbreviature (cioè ad un livello, almeno in teoria, di minor impegno for-male)'* che in documenti in mundum, matricole, statuti ecc. (in cui la cura stilistica è senza dubbio

12. Per Firenze segnalo Archivio di Stato, Diplomatico, S. Maria Novella 1252 agosto 28 (notaio Aldobran-dino di Cambio); Diplomatico, Cestello 1269 novembre 16 (notaio Vaglientre di Francionctto da Gangalandi);Diplomatico, S. Miniato 1277 febbraio 22 (notaio Gano Pegolotti); Diplomatico, Cestello 1278 dicembre io (no-taio Tinaccio di Ranieri da Passignano). Presso l'Archivio di Stato di Firenze è possibile, grazie alla digitaliz-zazione di un segmento consistente del Diplomatico (circa Somila pergamene su Comila), una consultazionemirata e relativamente rapida della produzione notarile: cosa che è stata fatta in occasione della sua tesi di lau-rea da Irenc Ceccherini, La scrittura dei notai a Firenze tra lafine del Duecento egli inizi del Trecento (a. acc. 2001-2002, rei. prof. Stefano Zamponi), da cui ricavo qualche dato. Per Bologna può bastare il rinvio ad un atto ro-galo da Salatiele l'ii aprile 1244 (Bologna, Archivio di Stato, Comune, Alii concernenti privati, b. i, nr. 146) pub-blicato nel catalogo della mostra Rolandino i2iy-i;oo. Alle origini del notariato moderno, Bologna Museo CivicoMedievale 12 ottobre 17 dicembre 2000, a cura di Giorgio Tamba, Bologna, Moruzzi, 2000, p. 97, nonché adaltri tre documenti illustrati da GIORGIO TAMBA, Una corporazione per il potere. Il notariato a Bologna in età comu-nale, Bologna, CLUEB, 1998: doc. 13 p. 140, ASBo, S. Francesco b. 5/4135 n" 38 (1245 febbraio 7, notaio Naucleriodi Crimaldo da Casalecchio'); doc. 12 p. 135, ASBo, S. Francesco, b. 7/4139 n° 4 (1254 gennaio 17, notaio Grego-rio di Andrea); doc. 7 p. 108, ASBo, S. Francesco, b, 7/4139 n° 5 (1254 febbraio 25, notaio Palmirolo di Manigol-do). Per Padova si deve rinviare direttamente ad un originale: ASPd, Pergamene, Fondo Corona 2614 (1267marzo 7, notaio Gerardus di maestro Bnrichetto Scarabelli).

13. A puro titolo di esempio, e solo per Firenze, ASFi, Notarile antecosimiano, C, 102 (Giovanni Cantapo-chi, 1295), C. 105 (Ildebrandino di Accatto, a. 1270), C. 568 (Bonavere Ciuffoli, a. 1290), M. 293 (Matteo di Bi-

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maggiore)'1 passando ovviamente anche nei libri. "* Ed e un fatto significativo che quando questei//in un tempo ad occhiello sopravvivano oltre la fine del secolo in testimonianze documentarieo librarie, esse appaiano da una parte legate all'attività di notai di vecchia formazionel6 e dall'altraad una particolare categoria di manoscritti costituita prevalentemente da copie della Commedia, dimani fiorentine, nello stile del Cento, dove quelle soluzioni hanno una funzione essenzialmente di-stintiva, a inìzio di terzina, in forme assai rigide e di maniera, quasi come esplicito richiamo, in uncontesto già di per sé arcaizzante, alle antiche radici di quel particolare stile di scrittura.v

II terzo dato di natura morfologica è rappresentato dalla lettera g che è realizzata da a con lacoda molto ridotta e di forma vagamente triangolare, una caratteristica quest'ultima che nuova-mente distingue, in coerenza ed in quasi perfetta sincronia con s/f ad occhiello, la documentazio-ne più antica. ̂ Viene tuttavìa da chiedersi se questa soluzione di lettera, così simile nelle propor-zioni a quanto si può trovare anche in una Uttera textualis, non possa rappresentare, insieme al mo-dulo minuto e alla tendenza a contenere lo sviluppo delle aste superiori ed inferiori, un tentativo

Motto, 1294). Ripeto qui, con qualche aggiornamento, quanto già ho indicato in Rivalutazione di un frammentodantesca, «Studi Danteschi», 66, 1002, pp. 271-273, cui rinvio anche per qualche osservazione generale sul pro-blema del passaggio nel libro delle scritture notarili.

14. Come, ad esempio, nello statuto dei Rigattieri del 1295 (ASFi. Statuti delle Arti, Rigattieri i) o in quellodei Legnaioli del 1304 (ASFi. Statuti delle Arti, Legnaioli i). Ma si veda anche il registro dei crediti vantati dallaparte guelfa (con registrazioni, a cura dei notai della magistratura, a partire dal 1175: ASFi, Capitani di parteguelfa, numeri rossi 24). I,a situazione fiorentina corrisponde, nelle linee essenziali, a quella testimoniata inaltre zone d'Italia. Si rinvia per una rapida ̂ rassegna all'ancora utilissima raccolta di ARMANDO PETKUCCI, Nota-rti, Documenti per la storia del notariato italiano, Milano, Ciuflrè, 1958, in particolare alle tavole 35 (ASFi, SanPiero a Monticeli! 235. ins. i: formulario notarile fiorentino redatto tra il 1220 e il 1242), 39 (Siena, Archivio diStato, Diplomatico Rifa r ma g io ni : documento rogato il 20 aprile 1154 da Brunetto Latini), 41 (Palermo Archi-vio di Stato, Tabulano di S, Maria Maddalena di Valle Giosafat, 124: Guido delle Colonne presenzia come giu-dice all'atto rogato il 2iagosto 1265 dal notaio Paolo), 44 (Bari, Archivio del Duomo : documento del 13 gennaio1276), 45 (ASFi, Provvisioni i: registrazione di mano di Bonsignore «olim Guezzi. civis Mutinensis» del 3 gen-naio 1285). Il cambio nella morfologia di s/f è testimoniato alla tav. 49 (ASFi, Notarile antecosimiano, L 76: pro-tocollo di ser Lapo Cianni dell'anno 1300) o 52 (ASFi, Arte dei giudici e notai 6: sottoscrizioni e tigna dei notaiiscritti nella matricola dell'Arte nell'anno 1316). Per la situazione bolognese si possono vedere i documentiASBo, Riformatori dello Studio, b. 2 n° 2 e S. Domenico, b. 180/7514 n° 60, supplica e testamento di Rolandi-no de' Passeggeri rispettivamente del 1289 e del 13 agosto 1297, riprodotti nel già citato catalogo Rolandino, pp.128 e 131. Per Padova si vedano i documenti ASPd, Pergamene, fondo Corona 3233 (1292 marzo 13, notaio Gio-vanni di Niccolo de Rio), Corona 2496b (1296 aprile 29, notaio Americo di Pietro 'de Tribano').

15. Firenze, B. Nazionale n. rv. 124, ovvero nel più autorevole testimone della Rettorica di Brunetto Latini,posto da M aggi n i a fondamento della sua edizione, databile agli ultimi anni del Duecento o ai primi del seco-lo successivo ; nel Palatino Panciarichiano 67, tipico prodotto di cultura tardo duecentesca (con estratti dalleQuattro virtù morali attribuite a Seneca, la Disciplina clericale di Pietro Alfonso, la Dottrina del Lacere e del parlaredi Albertano, i Sillogismi di Caudino da Carmignaiio, estratti dal Tesoro di Brunetto e il Fiore di rettorica di BonoGiamboni), e nel Magi, vili 1416 (ff. 1-5 e 19-24), dal contenuto in parte sovrapponibilc a quello del Panciati-chiano, opera dello stesso copista, databili entrambi alla fine del Duecento; nel segmento di una cronaca fio-rentina già attribuita a Brunetto Latini (Nazionale n. iv. 323, ff. 1-15) in cui sono registrati, a cura della primamano, gli avvenimenti fino al 1297 e in un frammento di una precoce Commedia (Naz. Conv. Soppr. M. vili,loiz). Per questi mss. si rinvia, oltre che al catalogo della Mostra di codici romanzi nelle biblioteche fiorentine, Fi-renze, Sansoni, 1957 (ma senza riproduzioni dei codici citati), a ! manoscritti della letteratura italiana delie origini,r. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, a cura di Sandro Bertelli, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, 2002 (Bi-bliotcche e archivi, 11), taw. xxvni, CLXV, LXXXVI, xxxii, LXVII.

16. 1 dati raccolti da CECCHERINI, La scrittura dei notai cit., grafico 3.39. dimostrano la scomparsa intorno al1310 non solo di j//ad occhiello rna anche di p trattata allo stesso modo.

17. Si vedano ad esempio i codici Trivulziano 1080 e Gaddiano 90 sup. 125 di mano di ser Francesco di serNardo da Barberino, il frammento Naz. n, iv 587' e i Ricc. 1010 e icjofjils) La manierata e perfetta immobilitàdella scrittura di Francesco di ser Nardo e soci nel ventennio 1330-1350 autorizza a pensare non solo che la fasedi elaborazione di questo stile grafico sia molto più antica (cosa che appare confermata da sondaggi compiu-ti in campo documentario relativi agli anni 12.75-1300, e dal confronto con alcuni codici dell'ultimo Duecento),ma che al momento della produzione di quella particolare serie di Commedie quel modo di scrivere si fosse giàtrasformato in un esercizio di calligrafia, nella ripetizione, per mano di copisti professionali, di stilemi cancel-lereschi ormai del tutto desueti, senza più un concreto legame o un vero scambio funzionale con il mondodella documentazione. Per la definizione, su base grafica e codicologica, dello stile del Cento e per un'ampiadocumentazione fotografica si può ora ricorrere al libro di MARISA BOSCHI ROTIROTI, Codicologia trecentesca della"Commedia", Roma, Viella, 2003 (Scritture e libri del medioevo, 2).

18. Cfr. CECCHERINI, La scrittura dei notai cit., pp. 91-92 e grafico 39.3.

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAL C.III.23 77

di a di adattarsi ad una diversa situazione di scrittura, cioè un tono diverso e più alto alta propriacorsiva. Hd effettivamente, se paragonata ad esempi bolognesi e fiorentini in cui la regola primadello stile notarile sembra risiedere nell'esaltare il divario corpo ed aste, la mano del progettista diE colpisce proprio per il diverso rapporto modulare. Ma ecco che qui entra in gioco la possibile, di-versa origine del copista. Nella documentazione padovana è infatti testimoniata, accanto ad esem-pi non particolarmente diversi da quanto si può trovare a Firenze o Bologna, una linea più sobriae forse legata a modelli tradizionali (come sembra provare i! persistere della variante minuscola di,s a fine riga)19 in cui si ritrovano moke delle caratteristiche individuate per a. E del resto si può os-servare che a, pur ordinata e rigorosa, non sembra preoccuparsi troppo di segnare la distanza traquesto suo libro e gli altri che le sono professionalmente più consueti. Basta riflettere su un datoche è codicologico e grafico insieme, ovvero l'eccezionale densità di scrittura che è più tipica di unprotocollo o di un registro che non di un canzoniere. Le misure di E (24,5 x 17,5 cm) sono moltovicine a quelle di V (27 x 17 cm), di L (2.4 x 16 cm) e P (23 x 16 cm): ma E, grazie ad uno sfrutta-mento intensivo dello specchio di scrittura in verticale (il margine superiore è oggi ridotto a circa0,5 cm, la distanza tra le righe è di 0,35 crn) e in orizzontale (in corrispondenza delle terzine, sulverso la scrittura arriva alla piega), conta 56 linee di scrittura (8 sonetti su 6 righe per pagina f i rigaper la rubrica, con rarissima disposizione della terzina su di unica riga10 e a e. 74V, per £25 rinter-zato, con quattro versi per riga), quando L ne ha 36 (4 sonetti su 8 righe + 4 rubriche), P 32 (3 so-netti e mezzo per pagina, con disposizione del sonetto su 8 righe + 4 eventuali rubriche) e V, nellasezione dei sonetti, ne conta normalmente 40 (5 sonetti su 7 righe per pagina + 5 rubriche): il chesignifica che un quaderno perfettamente integro e pienamente utilizzato di E poteva contenere 128sonetti contro i 52 di P, i 64 di L, gli So di V. A ciò si aggiunga anche il complesso sistema dei mar-catori alfabetici che presenta moke significative analogie con i contrassegni e le pratiche di riscon-tro utilizzate in alcuni importantissimi ed antichi inventati archivistici: basta per tutti il rinvio al-l'Exempldr Bononiense IH della Camera degli Atti dì Bologna, riferito agli anni 1290-1303. "

Per la datazione di P il miglior argomento è fornito dal confronto con un'altra famosissimamano con la quale esistono così sorprendenti punti di contatto che, se non fosse per alcuni decisi-vi particolari, sì potrebbe pensare di essere finalmente riusciti a chiamare per nome uno dei copi-sti della nostra prima tradizione lirica. Mi riferisco alla mano di Enrichetto delle Querce (notaio dal1278, morto nel 1311)" ben conosciuta pervia del sonetto No meporiano za.ma.ifar emenda trascrittonel 1287 e di cui si hanno numerose riproduzioni, a cominciare da quella fornita da Livi, che di En-richetto pubblica anche un lungo notevolissimo documento in volgare del 12,95.'-' Rassegnati adescludere che la mano b1 sia quella di Enrichetto (i motivi principali sono: Enrichetto non usa maila variante 'tonda' di r dopo curva mentre in p non solo questa presenza è regolare, ma quando lascrittura si fa più veloce e meno stilisticamente controllata, come nelle prime sei righe di e. 78v, lavariante tonda si trova anche in situazioni improprie, dopo a o i; la diversa morfologia del segnoabbreviativo per r / vocale + r, inteso da fi come un ingrandimento e dilatazione in orizzontaledella variante tonda mentre in Enrichetto è il solito tìtuìus tremulatus', in p il prolungamento sottoil rigo di min in fine di parola e di fi nella parola termina più o meno in verticale, mentre in Enri-chetto si sposta decisamente verso destra e tende a risalire; diverso è il segno di paragrafo;1'1 ma

19. Ad esempio nei già citati ASPd, Pergamene, Fondo Corona -2.614 (1267 marzo 7, notaio Gerardus di mae-stro En ridi etto Scarabelli) e Corona 3233 (1292 marzo 13, notaio Giovanni di Niccolo de Rio).

20. Stando ai rilevamenti di PETER WBINMANN, Sonett-ldealitdt una Sonctt-Realitàt. Neue Aspekte der Gliederungdes Scnetts von seincn Anfìngen bis Petrarca, Tubirigen, Cunter Narr, 1989 (Romanica Monacensia, 30) p. 49 e tav.i2c l'unico altro caso si presenta in alcune carte del ms. Verona, Biblioteca Capitolare CCCCXLV.

21. Se ne vedano le riproduzioni in appendice all'edizione in ANTONIO ROMITI, L'Armarium comunis della Ca-mara actorum di Bologna. L'inventariazione archivistica nel xns secolo, Roma, Ministero per i beni culturali e am-bientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1994, taw. i-xiv.

22. Enrichetto, che nel maggio del 1311 partecipa ad una ambasceria alla coree papale di Avignone, risultamorto al 2 gennaio 1312, per dichiarazione del figlio Ugolìno (ASBo, Memoriale 124). Su Enrichetto si vedanoGIOVANNI Lm, Dante suoi primi cultori sua gente in Bologna, Bologna, Cappelli, 1918, pp. 5-7, ID., Dante e Bologna.Nuovi studi e documenti, Bologna, Zanichelli, 1921, pp. 4-6 eia voce curata da Mario Sacchi per V Enciclopedia Dan-tesca.

23. Livi, Dante suoi primi cultori sud genie in Bologna cit., tav. i tra le pp. 4 e 5; il documento in volgare (ASBo,Demaniale, 28/4160 n° 46) è pubblicato alle pp. 191-195. n sonetto si trova riprodotto anche in Mostra di codicied edizioni dantesche, Firenze, Sandron, 1965, tav. n e WEINMANN, Sonett-ìdfàlitàt und Sonett-Realitàt cit., tav. 16.

24. Per Enrichetto si veda ad esempio la carta 2.6ir di ASBo, Memoriale 69 riprodotta in Rolandino de. p. 53,

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soprattutto il diverso comportamento in due situazioni estreme, di alta calligrafia o di scritturameno controllata),15 gli innegabili punti di contatto rimangono come indizi cronologici e territo-riali. A parte la somiglianzà fino alla sovrapponibilità di g con coda a doppio occhiello, peraltro co-mune a 5 (ma la variante è nel sistema e ben attestata anche fuori Bologna,16 con testimonianzevia via più rare per tutto il primo quarto del Trecento)27 quello che più colpisce è, se così si puòdire, il tono generale, insieme all'interpretazione di alcuni stilemi cancellereschi che, da alcuni son-daggi fatti, sembra in qualche modo tipica dell'ambito bolognese nell'ultimo quarto del secolo (unesempio soltanto: il secondo tratto di s/f dall'andamento decisamente orizzontale e prolungatoverso destra cui si accompagna, nelle stesse lettere, la tendenza ad eseguire il primo tratto noncome una perfetta verticale).

La mano 5 ha in comune con P la forma della lettera g, ma a parte questo il clima è diverso epossiamo dire di essere di fronte ad una generazione successiva (il che non esclude che, se fi ha la-vorato dopo il 1307-1309, l'addizione di 6 possa essere considerata coeva): gli indizi sono costituitidalla tendenza a rendere morfologicamente uniformi occhielli e ritocchi di b d fi I secondo quelloschema triangolare che avrà tanto successo nel corso del Trecento, e dal ritmo dei tratti brevi in-terpretati tutti allo stesso modo. Nella graduatoria di E la posizione delle quattro righe scritte dallasobria mano y, necessariamente precedenti l'intervento di fi, è chiara e non ha bisogno di molticommenti se non per segnalare che, pur in una programmatica rinuncia ad ogni eccesso stilistico,ci sono maggiori punti di contatto con p che con 6.

La prima questione da affrontare è, dunque, quella riguardante l'alterila o meno di manou (= «j) e P (= aj. Per sostenere la presenza di due mani distinte, Barbi e De Robertis sibasarono sulla diversità di modulo tra la scrittura (media) delle cc. 82-87, e la scrittura(piccola) dì e. 74r-v e dei primi tre sonetti di e. 751: questa variazione modulare, acutizza-ta dal cambiamento di inchiostro (più nero) e di tratto {più angoloso) di quest'ultimaparte, ha fatto propendere per una duplicità di intervento, da cui conseguirebbe la totaleautonomìa del Trattato d'Amore di Guittone e dei tre sonetti isolati di Cino da Pìstoia ri-spetto alla più cospicua sezione dei sonetti. L'esame della morfologia dei singoli segni, deiloro rapporti dinamici, del sistema abbreviativo, non permette tuttavia di individuare cosìchiari fenomeni oppositivi tra l'una e l'altra scrittura ; al contrario, mette in evidenza pe-santi analogie: ad esempio, identiche maiuscole, identiche legature, identiche tipologiedi raddoppiamento delle lettere con asta. L'unico vero fattore oppositìvo - fino ad oggiperò non rilevato - è rappresentato dalla lettera q, che nella sezione guittoniana ha trat-to discendente non raddoppiato, mentre nella sezione dei sonetti ha un occhiello, dinorma chiuso (ad esempio: Ei2 O donna mia, non vcdis'tu choluy, v. io «y qual», di controa E2.o Amor dolgiossa morie si pò dire, v. 2 « quasi »).2S Sarebbe un elemento dirimente se nonfosse che q senza occhiello viene regolarmente impiegata anche nelle carte tradizional-mente assegnate a mano a. Le due tipologie grafematiche si alternano (senza mischiarsi)dì carta in carta o, addirittura, da un sonetto all'altro, all'interno di una medesima carta.

25. Se si escludono le già ricordate prime 6 righe di j8v e le ultime 7 di Sor che sembrano appartenere ad ununico diverso momento di scrittura, per p si può parlare di un livello grafico piuttosto alto (confermato dallacura con cui sono tracciali elementi distintivi come maiuscole, segni di paragrafo e particolari ed arcaiche ma-niculae) e di una trascrizione che sembra iniziata da e. 75V, cioè a partire da una carta rimasta interamente bian-ca dopo l'abbandono di a, mentre la e. 75r, con £35 trascritto con penna più targa ed £36 637 privi del segnoparagrafale che nelle carte successive introduce i testi, ha l'aria di essere stata utilizzata in seconda battuta. PerEnrichetto la distanza tra i due livelli di scrittura può essere verificata confrontando la pagina iniziale e pro-grammatica della sezione di sua competenza nel Memoriale 69 (e. 2O4r: riprodotta in LIVI, Danleswi primi cul-tori sua %mte in Bologna co.., tav. i) ed una carta interna (non il sonetto, che rappresenta un termine interme-dio).

2<S. Può bastare il rinvio alla mano dell'Amico di Dante in V (riproduzione in I canzonieri cit., voi. i.27. E va segnalato che Enrichetto utilizza anche un'altra variante di g con coda ad occhiello semplice pro-

lungata verso sinistra, mentre p in qualche raro caso (ad es. e. Sor riga 17) ricorre ad una soluzione con codatriangolare.

28. Che Domenico De Robertis non si sia accorto di questo elemento si può evincere dal fatto ch'egli leggala q con occhiello della parola «aquaitnelPincipit del son. £155 Se tuta l'aqua bah.samo torna*se come una g, e. cosila pubblichi nella Tavola, del caàice de /( canzoniere Escorìalcnse cit., p. 247.

NUOVB INDAGINI SUL MS. ESCORIAL 6.111.23 79

Si tratta pertanto di allografi appartenenti alla scrittura di un solo copista? È molto pro-babile. Basta del resto osservare le oscillazioni (chiuso / aperto, angolare / rotondo) chepresenta l'occhiello di g all'interno della prima come della seconda varietà, o i cambia-menti di ductus nella apparentemente più frettolosa e. 86v, per cominciare a dubitare delladiversità di mano. Si tenga inoltre presente la possibilità di una tendenza emulativa delloscrivente nei confronti della fonte, atteggiamento che lo indurrebbe ad usare q con osenza occhiello là dove esse compaiono nel suo esemplare di copia.19 Resta il problemadell'inchiostro diverso: il colore e la qualità dell'inchiostro sono effettivamente diversi trale cc. 74rv-75r e le altre, ma questa alternanza si riscontra anche all'interno delle cc. 73 e82-87; vale a dire che colui che ha trascritto Guittone e i tre sonetti di Cino ha ancbe tra-scritto parte dei sonetti della sezione finora attribuita al solo lavoro di mano a. La varia-zione di tonalità di inchiostro e di tratto di scrittura è ben visibile e coincide, guardacaso,con l'uso di q con o senza occhiello. Questo significa, insomma, che il cambio di inchio-stro evidenzia due momenti di copia diversi: sono scritti con inchiostro più chiaro i so-netti che presentano q con tratto discendente raddoppiato, mentre sono scritti con in-chiostro più nero i sonetti in cui compare q con tratto discendente non raddoppiato.

Si può allora trarre una prima conclusione importante : il Trattato d'Amore di Guittone(Ei7-È3i) e i sonetti ciniani £32-834, non costituiscono un blocco a sé, isolato e indipen-dente all'interno di una raccolta di sonetti da una parte e di ballate dall'altra; essi sonoorganici alla sezione dei sonetti, per lo meno da un punto di vista cronologico di esecu-zione della copia, dato che la mano cbe li trascrive è la stessa a cui va attribuito l'inseri-mento dei sonetti Ei6, £91, £95, E98-Eio2, Eii4-En8, Ei34-Ei5o, Ei52-Ei54, Ei56-Ei59,Ei68-El84.

Si osservi un altro aspetto rilevante: la mano che usa inchiostro più nero e q semplifi-cata è responsabile anche delle postille (interlineari e marginali) e delle lettere alfabetichedi ordinamento affiancate ai sonetti di Dante, Guido e Cino; essa interviene cioè a lavo-ro finito, con integrazioni e indicazioni per la ristrutturazione interna dei materiali. L'i-potesi di due scriventi distinti, che lavorano a così stretto contatto l'uno con l'altro, chepossiedono due varietà di scrittura così simili, che si alternano in perfetta armonia nellarealizzazione di una medesima carta, non è impossibile; risulta tuttavia più economica l'i-potesi di uno stesso copista che lavora da solo, a più riprese, collazionando magari piùfonti.10 Un dato abbastanza certo è che le parti scritte con inchiostro più nero sono po-steriori a quelle scritte con inchiostro più sbiadito, non solo per quanto riguarda l'ag-giunta delle postille e delle lettere marginali, ma anche per quanto riguarda la fase di tra-scrizione dei testi. Si considerino, infatti, i sonetti £95 Se ssi potesse morir de dollore ed £96£echo, se Dèy t'allegre de Bechina, a e. 82r: il primo appartiene alla mano caratterizzata da qsemplificata, il secondo alla mano caratterizzata da q raddoppiata; l'ultima riga del so-netto £95, precisamente i termini «auétura may», sono disposti in modo da evitare il so-

29. Si veda, ad esempio, anche l'uso del grafema (k), che non fa parte del normale sistema grafico del tra-scrittore dei sonetti (altrimenti non se ne spiegherebbe l'impiego così sporadico), ma affiora come probabilerelitto di una qualche fonte di E, sia nella sezione guidoniana/ciniana («karo» al v. i di £17 Karo amicho guardala figura; «kiexi» al v. 9 di £33 Or dov'è, donne, quella cncuy a'avista), sia nella sezione dei sonetti, canto in qiiellidella supposta mano a. («kcroe al v. 12 di Ej Lo fin piacer de quello adorno risso; «kiedi» al v. 12 di £92 E' ho sì granpaura de falare; versifikare al v 14 di £-97 Questo le manda a dir Qecho, Symone), quanto in quelli della suppostamano [5 («kiedi» al v. n di Bii4 Movctì Pittate e va' encamata; «kiede» al v. 3 di En6 Audite la chaxion d'i mey so-spiri).

30. Questo spiegherebbe le varianti riscontrabili tra le versioni degli incipit inserite nell'interlinea e gli inci-pit dei sonetti B34 Amore (alitar amicho) se ygualmente mediante, Eiog Era venuta nella mente mia (v. 7 «e dice»aliter dicendo; v. iz «se partivano aliter oxivan), Enj Pietà e Mercé me ricomande a voy (v. 6 «no allena» aliter nal-Ì£na), En8 GientiV donne vallente ora m'aytate(v. 4 «c'opera» aliterei! pera), £125 L'enteltecto d'Amar ch'io solo porto(v. 8 «pictatce aliter pietade), oltre ad alcune peculiarità linguistiche della sezione guidoniana e dei sonetti £33Or dove he, donne, quella en nty s'avista, £114 Movetì Pittate e va' encamata, En6 Auditc la chaxion d'i mey sospiri,EìiS Gientil' donne vaìlente ora Tn'aytate, Ei46 El' he tanto gientiì et alta cosa, Ei6y Oy, giorno di trìsticia pien didanno, 8175 Voy che per nova vista di ferrea.

80 ROBERTA CAPELLI

vrapporsi con le aste ascendenti delle lettere della rubrica di £96, «Symonc acecho». Vainoltre notato che i sonetti Ei34 Oy, lasso, ch'i' creala trovar pietate a e. 84v e £159 l'sum sìmagro che quasi trallucho a e. 86v (rispettivamente, ultimo e primo di ciascuna carta) sonointeramente riscritti su rasura, mentre il sonetto Ei6 Beltà de dona e de saccente care a e. 73V(l'ultimo della carta) occupa una porzione di carta pesantemente intaccata dalla rasuradel corrispondente componimento (il son. E8 Gientil penserò che [parla de vuy]) collocatosul recto. Inutile dire che entrambi i sonetti presentano le caratteristiche tipiche della co-siddetta mano 'guittoniana' e che è abbastanza verosimile ipotizzare una loro sistema-zione 'attardata' rispetto agli altri testi delle rispettive carte : §134 Oy, lasso, ch'i' credia tro-var pietate e Ei59 V sum sì magro che quasi trallucho potrebbero sostituire componimentisbagliati e quindi abrasi ; Eió Beltà de dona e de saccente care potrebbe riempire uno spaziocosì rovinato da essere stato inizialmente deputato a restare in bianco.J>

I risultati dell'indagine sulla possibile alterila di mano a e mano p31 finiscono quindi perconfermare l'assunto iniziale: non si tratta di due copisti distinti, bensì di due differentivarietà di scrittura della stessa mano (mano u), operante in momenti diversi, con inchio-stro e penna diversi; per mettere in risalto la duplicità tipologica di ciascuna fase, ho scis-so l'operato di mano a in due 'livelli': o^ e a,, (corrispondenti, rispettivamente, alla manoa. e alla mano p di Domenico De Robertis). Oltre a copiare in un momento diverso daisonetti della fase a, i componimenti delle cc. jyrv-jyc, 82-87, mano a2 si incarica anche delcontrollo finale dei materiali, inserendo postille e lettere di ordinamento marginali utiliper la riorganizzazione interna della raccolta di rime.

Un dettaglio rivelatore può confermare in maniera - credo - definitiva le conclusioniappena esposte. Si consideri il sonetto EH Io vidi gi agi dove Amar se misse a e. jyv, v. 8: laparola in rima è «conquisse», abbreviata «9q_sse»; questo tipo di abbreviazione, con trat-to discendente di q tagliato orizzontalmente,3:i viene usato solo con la tipologia di q sem-plificata; e, difatti, questo è il caso della lettera in questione che, però, si trova inserita inun componimento caratterizzato (come tutti gli altri componimenti della carta, trannel'ultimo, copiato su rasura) dalla tipologia di q con raddoppiamento del tratto discen-dente. Si può dunque ipotizzare che mano a.,, lasciato per un qualche motivo in bianco lospazio a fine verso (forse per mancanza della parola nella fonte o, forse, per momentaneasvista dello scrivente, colmata durante la rilettura), sia tornata a sistemare la lacuna in unsecondo tempo, impiegando l'allografo q senza occhiello.34

Mi sembra utile visualizzare le modalità di successione delle due diverse fasi interven-tive di mano a, attraverso la seguente tabella:

31. Il copista avrebbe cioè inserito il son. Eió Beltà de dona e de saccente core solo in un secondo tempo, datala rigida mise en page delle carte e la probabile insufficienza di 'caselle' rispetto ai sonetti previsti.

32,. Vorrei aggiungere un'ultima considerazione, che però non ritengo di poter sostenere appieno a causadella mutabilità delle caratteristiche materiali del codice, soggetto a progressivo deterioramento: a giudicaredalla qualità e tonalità dell'inchiostro delle rubriche apposte, ad esempio, ai sonetti 'misti" Rm-Fii8 di e. tijv,mi è sorto il dubbio che alcune delle rubriche attributive siano state inserite preliminarmente (prima, cioè,della trascrizione dei rispettivi componimenti) dalla cosiddetta mano <* :; non è però da escludere che esse ap-partengano alla fase cx3 e l'inchiostro si sia semplicemente modificato e sbiadito nel corso del tempo.

.3.3. Si veda, ad esempio, qui nella postilla marginale a Hit/ Pietà e Mercé me ricomande a. voy e En8 Gientil'donne vaiìente oram'aytate.

34. Al v. 8 del sonetto Eió Vuy die per i oggi mey passasti el core si incontra «quàto» con q senza occhiello ri-scritto su rasura, all'interno di un componimento altrimenti assegnabile alla fase u,; anche se sarebbe sugge-stivo ipotizzare un intervento correttore di mano et, durante la rilcttura finale, farlo è reso impossibile dai fattoche questo passo - cosi come parte dei w, 4 e 6 del medesimo sonetto - è stato ritoccato da una mano poste-riore e diversa sia da cc, che da a,.

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LA CRONOLOGIA INTERNA

A sostegno, integrazione e definizione del dato paleografico, sempre e comunque sotto-messo alla soggettività e variabilità delle abitudini scrittone individuali, la cronologia in-terna dei singoli componimenti - là dove sia possibile rilevare informazioni storico-bio-grafìche documentabili con un certo margine di sicurezza - offre ulteriori argomenti fun-zionali alla datazione del codice o, quantomeno, utili alla sedazione e all'ordinamento deivari interventi scrittori. Alla luce, dunque, della possibilità - ben supportata dal confron-to con scritture notarili coeve di àmbito geografico affine1' - che la tipologia calligraficadi mano a sia collocabile a partire dalla seconda metà del Duecento,36 la ricerca di date lepiù precise possibili punta a collocare ante o post un detcrminato anno (o arco di anni)l'attività di copia del nostro scrivente.

Il corpus di testi poetici più ricco di dettagli suscettibili di datazione è quello costituitodai sonetti di Cino da Pistoia. Ti dato forse più interessante è rappresentato dalla rubricaattributiva del son. £137 l'trovo d cor feruta nella mente, e. 8$r, nella quale il poeta stilnovi-sta viene fregiato di titolo giuridico: «Misser Gin da Pistogia judece». Ora, se il titolo digiudice fosse una qualifica conferita solo ed esclusivamente a coloro che hanno sostenu-to - al termine del pluriennale e selettivo corso regolare di studi di diritto l'esame pub-blico (il cosiddetto conventus) per diventare doctores iuris, già si potrebbe stabilire un ter-mine prima del quale non spingersi, piuttosto perentorio: il 1.314, l'anno in cui Cino con-seguì la laurea dottorale.37 In realtà, la portata di questa indicazione viene totalmente ri-dimensionata dal comune uso, in epoca medievale (fino a metà del sec. xiv), del titolo dìgiudice per chiunque avesse studiato diritto per almeno cinque anni.38 E poiché Cino ri-

35. Come già rilevato da Contini nell''expertise inserita nello studio di DE ROBERTIS, II canzoniere Escorialensedi,, p, 20, la palina linguistica del codice presenta forti contaminazioni venete di superficie e, a livello più pro-fondo, probabilmente di antigrafo, tracce tipiche deJ toscano occidentale, per quanto riguarda la sezione deisonetti, tipiche dell'umbro-marchigiano per quanto riguarda la sezione delle ballate. Per nuove osservazioniformulate in base ai risultati preliminari dello spoglio linguistico del codice, rimando al mio contributo: Rico-gnizioni linguistiche per una localizzazione del codice Uscorialense, in La cullura volgare padovana nell'uà ài Pelrdrcd,Atti del Convegno di Studi nel vii centenario della nascita di Francesco Petrarca (Monselice - Padova, 7-8 giu-gno 2004), i.c.s.

36. Ringrazio particolarmente Armando Pctrucd per una prima e preziosa analisi della grafia del mano-scritto ; mi sono stati utilissimi, inoltre, i pareri paleografici di Stefano Zamponi, il cui giudizio d'insieme col-lima peraltro con quello di Teresa De Roberris ; di Attilio Bartoli Langeli, convinto non solo della natura duecentesca di mano «, ma anche di una certa 'patavimias' della grafìa ; di Roberto Benedetti, Donato Gallo e Ni-coletta Giove.

37. GUIDO ZACCAGNINI, Cino da Pistoia, Pistoia, Pagnlni, 1918, p. 154.38. Una panoramica esaustiva e sintetica sulla situazione a Bologna, tra xm e xv secolo, è tracciata da ANNA

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sulta verosimilmente licenziatus in iure nel 1292,y} è già a ridosso di questa data che sipotrà spostare l'utilizzo del titolo di giudice. Inoltre, il fallo che Cino insegni probabil-mente come repetitor presso lo Studio bolognese dal 1297 al 12994" e, nei quindici annisuccessivi, ottenga numerosi e prestigiosi incarichi pubblici (tra questi, nel 1307, l'asses-sorato in Pistola per le cause civili, e, dal 1309 al 1312, il ruolo di consigliere del tribunaleimperiale, al séguito di Arrigo vii di Lussemburgo),4' non vieta di pensare - anzi, sem-mai porta a credere - che la fama di Cino giurista fosse già alquanto vasta e che, quindi,potesse di fatto essere chiamato 'giudice' anche prima di esserlo a rutti gli effetti.

Dal capitolo, per così dire, 'professionale' della biografìa ciniana nuli'altro si ricava;dal capitolo sentimentale relativo all'amore per Selvaggia Vergiolesi, invece, giungonoaltri spunti. Nel son. £34 Amore, se yguaìmente me àiangie, a e. 751-, i w. 3-4: «ch'io mor'oscur per quela che pur piangie, / la qual, vellata en un manto negro», descrivono ladonna 'abbrunata', vale a dire in lutto: in effetti, è noto che Selvaggia portò il lutto, conogni probabilità per la morte del marito, Giovanni de' Cancellieri detto il Focaccia, dal1296 al 1300.4i Per poterla cantare, Cino dovette pertanto conoscerla e questo incontro -ricordato anche dal son. £134 Oy Lasso!, ch'i' credia trovar pictatc, vv. 13-14: «e posso dir chemal vidi Bologna / e quella bella donna ch'io sguardai», e. 84V - potrebbe essere avve-nuto tra il 1299 e il 1304, durante il soggiorno di Selvaggia a Bologna.4* Si può, a questopunto, concludere che i due menzionati sonetti di Cino non possono essere stati né com-posti, né tantomeno copiati in E, prima del 1299.

È questo il miglior termine ante quem che si possa adottare per la datazione di manoa? Per quanto concerne la sezione ciniana sì; ma, grazie ad un riferimento implicito con-tenuto nel corpus di sonetti angioli crescili, è possibile effettuare un'ulteriore rettifica. Ilson. £159 /' sum sì magro che quasi trallucho, a e. 86v, riferisce, infatti, di un podere (v. 7:«ma hèmme ben rimasso un tal podere») che potrebbe essere proprio la vigna vendutada Cccco a Neri Perini nel 1302 per 700 lire.44 Questo sonetto sarebbe, quindi, databile trail 1296 (quando è provato che il padre di Cecco era ancora vivo) ed il 1302 (quando la ven-dita della proprietà terriera ebbe luogo). Di conseguenza e per il momento, stando a que-sti primi dati commentati - che, tuttavia, non escludo possano essere ancora raffinati danuove ricerche d'archivio - l'operato del copista di mano a sembra non poter essere re-trodatato oltre il 1299-1302.

Questo risultato non contraddice affatto quello ricavato dall'expertise paleografica per-che è possibile supporre che il copista di mano a, il quale possiede una grafia di stampoduecentesco, fosse, all'epoca in cui trascrive i sonetti dell'Escorialense (cioè, a cavallo traDue- e Trecento), una persona matura, se non anziana, educata alla scrittura parecchi de-cenni più addietro, in pieno xm secolo.

Ora, isolando il gruppo dei sonetti fin qui datati, ci si accorge di quella che, forse, nonè una mera coincidenza: tutti sono stati trascritti nella fase o^. Raggnippando i sonettidella Vita nova si ha, invece, il risultato opposto : tutti sono stati copiati nella fase «,; arm,

LAURA TROMBETTI BUDKIESI, L'esame di laurea presso io s\udio Magnete. Laureati in diritta civile nel secolo xv, in Stu-denti e Università degli studenti dalxnal xix secolo, a cura di Gian Paolo Bòzzi e Antonio Ivan Pini, Bologna, Isti-tuto per la Storia dell'Università. 1988, pp. 137-191:144; alla nota 16, è dialo lo statuto di Bologna del 12.50. dovesi legge che «nullus possit esse index communis nec vocari ad aliquod dandum consilium nisi ipse sruduerii vannis in legibus».

39. L'essere licenzitttus in iurc implica il compimento del corso regolare, dr.gli scudi giuridici, della durata diotto anni. Cfr. X-VCCAGMNI, Cino cit., pp. 53-56.

40. Ivi, pp. 80-82.41. Ivi, pp. 109,145-146,150-151.42. Ivi, p. 87.43. Ivi, pp. 88-89: inoltre: DOMENICO DE ROBERTIS, Cino da Pistola, in Letteraturti italiana, i minori, Milano,

Marzorati, 1969, i, p. 301.44. Cfr. FRANCESCO MASSÈRA, Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Bari, I ,aterza, 192.0.11, p. 82 sgg., e

CHCCO ANCIOLIERT, lf. Rime, a cura di Antonio Lanza, Roma, Archivio Guido Izzi. 1990, p. 186 n. 7.

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAL e.III.23 83

nella fase a; risultano essere stati copiati tutti i sonetti di Dante. Questo fatto si presta adalcune considerazioni e induce ad alcune ipotesi: innanzitutto, se i componimenti non re-trodatabìli oltre il 1299-1302 sono stati copiati dalla mano o^, mentre quelli danteschi dellaVita nova - che si suppone potessero circolare in tradizione extravagante anche prima del1292-1293, anno a cui risale la stesura del libello45 - sono stati copiati da mano c^; e, vistoche s'è già dimostrato che la fase aa di mano a è successiva alla fase at, è possibile che: ledue fasi di copia corrispondano a due momenti distinti (uno dei quali - come ipotizza Te-resa De Robertis - in pieno ultimo decennio del Duecento), oppure che le due fasi dicopia rispecchino una doppia fonte (e, in questo caso, il copista potrebbe essere entratoin possesso dei due testimoni contemporaneamente o a distanza di un certo tempo l'unodall'altro). Considerato, inoltre, che la tipologia cc2 è comune tanto ad alcuni sonetti dellecc. 73, 75r e 82-87, quanto alla e. 74 contenente il Trattato d'Amore di Guittone, si può arri-vare a congetturare che i sonetti di mano a.2 e la silloge guittoniana facessero parte di ununico codice; oppure, che il copista di mano a avesse a disposizione tre fonti diverse:quella da cui attingere i sonetti della fase a,, quella da cui attingere i sonetti della fase cc2,e quella da cui attingere la corona di sonetti di Guittone.

Si osservi un altro aspetto: a e. 73V, tutti i sonetti di Cavalcanti sono copiati da mano at

(Eg-Eis), tranne l'ultimo (Ki6) che è di mano a., e, come già detto, risale ad una fase dicopia successiva a quella dei sette precedenti; a e. 8?r si trovano, invece, altri due sonetticavalcantiani di mano c^ (Ei35-Ei3tì); questo potrebbe voler dire che i sonetti Eg-Ei5 (cosìcome quelli danteschi di e. 731-) derivino da una fonte diversa da quella dei sonetti Eie edEi35-Ei36, e, proprio per questo, siano stati copiati in due momenti diversi da mano a.

L'ipotesi di una disparità dì fonte (e, specificamente, della presenza di due fonti diver-se) alla base delle due fasi di copia di mano a sarebbe, in effetti, confermata anche da ele-menti di carattere linguistico; sotto la patina veneta del copista, emergerebbero cioè al-cune peculiarità fonetiche che ricorrono esclusivamente nell'una o nell'altra sezione dilesti. Qui anticipo, a titolo esemplificativo, un caso macroscopico emerso dallo spogliolinguistico e, comunque, paradigmatico di una tendenza comune alla sezione dei sonettidi mano a: il tratto tipicamente toscano occidentale riscontrabile dietro le forme con per-dita dell'elemento occlusivo nelle affricate sorda e sonora, ricorre solo e soltanto nella se-zione guittoniana (£20 Amar dolgiossa morte si pò dire, v. 8 « entergessione »; £25 Apresso chefact'agio discernensa, v. 6 «sforso» e, in rima ai w. 1:3:5:7:9 «discernensa» : «nocensa» : «ex-perìensa» : «semema» : «sensa» [ma «senca» a £19 Poy ch'ày veduto Amar cum' si ritrae, v.11 4 6 occorrenze, sempre all'interno del verso]; £26 Giay per l'archo si mostra esser guere-re, v. 5 «matesse»; £31 Amar che 'n tute cose signoregia, v. 6 «entensione»), e nei sonetti dimano a^ (£33 Or dove he, donne, quella en cuys'avista, v. n «allegress[a]>>; £118 Gientil' donnevdLlente ora m'ayiate, vv. 9:12 «allegresa» : «teresa»; £114 Moveti Pittate e va' encarnata, v. 5«ansi» e «comensi»; £169 Oy, giorno di tristiciapien di danno, v. ii«mallenanss[al»; £116 Au-dite la chaxion d'i mey sospiri, v. 4 e £175 Voy che per nova vista difereca, v, 7 «enansi»; Eii8Gientil' donne vallente ora m'aytate, v 13 «denansi»; £146 El' he tanto gientil et alta cosa, w.9:12 «pietansa» : «doctansa»).

Per quanto riguarda i dati di cronologia interna ricavabili dalle altre sezioni dell'Esco-ri alense, essi rimandano tutti invariabilmente al Trecento. Mano p, a cui si deve la sezio-ne delle ballate alle cc. 75r-8or, non può essere retrodatata oltre il primo decennio del sec.xiv, dal momento che la canzone di Cino, 1:42 Oimé, lasso!, quelle trecce bionde, a e. 76v,parla con ogni probabilità della morte di Selvaggia, avvenuta tra il 1307 e il 1309.46 Mano

45. Si veda, su questo argomento, l'articolo di DOMENICO DF. RORF.RTTS, Sulla tradizióne estravagante delle rimedella "Vita Nuova», SE, XLIV, 1967, pp. 5-84.

46. Cfr, /SCAGNIMI, Cino cit., pp. 133-134.Ulteriori indicazioni utili per l'inquadramento cronologico dell'attività di copia di mano p provengono dai

Memoriali bolognesi, dove sono trascritti alcuni frammenti di testi comuni anche all'Escorialense : nel Me-

84 ROBERTA CAPELLI

c, invece, la mano a cui spetta la trascrizione degli otto sonetti di Nicolo de' Rossi a e. 8ive la cui tipologia scrittoria appare - anche a prima vista - ben più tarda, rimanda effetti-vamente al secondo venticinquennio del Trecento: al 1323 si può, verosimilmente, far ri-salire la composizione dei sonn. E85 Ne la. mia mente regnava coley, E86 "Dolce Sop[..,]» «Chevòy, ofilglio m/..j», ed E8$ Maravelglia me fa che li signor' Visconti', al 1323-1324 quella del son.E88 Uno spirto per mesaco m'apario; al 1325-1326 quella del son. £87 Piove tuta la note, tona eventa; al 1326-1328, infine, quella dei sonn. E82 De!, dime, Amar [ J, E83 Conselgiamcet aiutarne, Amor, de fede ed £84 Un sospiro de l'ayresexe fuso.47

LA FASCICOLAZIONH

Quando si parla del codice Escorialense di rime italiane, ci si riferisce alle ultime quindi-ci carte (cc. 73-87),4R membranacee e - come si evince dal piccolo lacetto sopravvissutoallo strappo, già segnalato da Guido Favati nel 195749 - lacunose di un'unità: la carta soli-dale con e. 85. Sul margine superiore esterno del recto di ciascuna carta compare una nu-merazione moderna a lapis in cifre arabe da 73 a 87, la quale corregge una preesistentenumerazione ad inchiostro (sempre in cifre arabe e sempre moderna) che contrassegnala prima carta con il numero 72 anziché 73, e assegna alla carta 82 il numero 81 (poi cor-retto). L'attuale assetto della raccolta di rime (184 componimenti totali - soprattutto so-netti e ballate, più un caribetto, una canzone, una stanza di canzone - di Dante Alighie-ri, Guido Cavalcanti, Guittone d'Arezzo, Federigo dall'Ambra, Cino da Pistoia, Girardoda Cascelfiorcntino, Nuccio Piacente da Siena, Guido Novello da Polenta, Meo di Simo-ne de' Tolomei, Giovanni da Senno degli Ubaldlni, Botrico da Reggio, Cecco Angiolieri,un non ben identificato Simone, Nicolo de' Rossi, e anonimi) non rispecchia alcun parti-colare ordinamento interno, né intende suggerirne di nuovi: non viene rispettata la par-tizione in due blocchi ben distinti (sonetti e ballate), né viene prestata attenzione all'av-vicendarsi delle scritture (per cui le varie mani si alternano tra loro più volte); esso sem-bra piuttosto frutto della ricomposizione casuale di fogli sparsi, quali forse si presentava-no - viene da pensare - i fogli di E quando entrarono alla biblioteca dell'Escoriai, o quan-do vennero rilegati insieme agli altri trattati che danno al codice composito 6.111.23 la suaattuale fisionomia.50 Le unità fascicolari così costituite sono un quinione (cc. 73-82) e unbinione (cc. 83-87), il quale racchiude, al centro, una carta sciolta (e. 85). Oltre ad un vi-stoso sbilanciamento nel numero dei rispettivi bifogli, questi due fascicoli presentano unamescolanza di generi e mani chiaramente arbitraria. Il canzoniere si apre, infatti, con so-netti di Dante e Cavalcanti di mano a (e. 73r-v), la quale prosegue copiando il Trattatod'Amore di Guittone (e. 74r-v)51 e altri tre sonetti isolati dì Cino da Pistoia (inìzio e. jy), perlasciare poi il posto alle ballate di mano p (cc. 75r-8or), alla fine delle quali due mani di-verse ed indipendenti inseriscono, rispettivamente, una stanza di canzone (mano y) e unaballata (mano 5) nel verso di e. 80 (per il resto, vuota); il recto di e. 81 rimane in bianco,

moriale. 120 del 1310 figura la ballata di Cino E?5 Amor, la dolglia. mia non a conforto; nel Memoriale 126 del 1313compare la più antica attestazione della ballala di Girardo da Casteliìorentino, E^ft/F^i Amor la cu' verrà pergrafia sento (w. 1-4}; nel Memoriale 130 del 1315 è attestata per la prima volta la ballata di Guido Novello da Po-lenta, B?2 Novella foia 'i core (w. 1-4).

47. La cronologia dell'intero canzoniere di Nicolo de' Rossi è ricostruita .e commentata da Furio RRUGNO-LO. lì Canzoniere di Nicolo de' Rossi, Padova, Antenore, 1974-1977, n, p, 14.

48. La più recente descrizione dell'Escoriaknse è quella fornita da DOMENICO DE RORERTIS nel censimentodi manoscritti pubblicato nella sua monumentale edizione di DANTE AUGHJBKI, Rime, Firenze, Le Lettere,2002, 3 voli, in 5 to.; cfr. voi. i to. i, pp. 79-85. La scheda derobertisiana risulta però solo parzialmente aggior-nata rispetto a quella già inserita in ID., Ccnximento cit. (cfr. nota i).

49. FAVATI, Ancora tuli'Escurtalense cit., p. 177.50. Già BARBI, Studi cit,, p. 511 segnalava la «rilegatura tipica della biblioteca dell'Escoriai (^ec. xvi)»,51. Questa impropria classificazione risale all'articolo di FRANCESCO ECIDI, Un "Trattato d'Amore» inedito di

tra Guittone d'Arezzo, in GSLI, xcvn (1931). pp. 49-70.

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAI, C.III.23 85

mentre il verso è occupato da otto sonetti adespoti (che sappiamo essere di Nicolo de'Rossi); il quinione si chiude con una carta di sonetti di Cecco Angiolieri e Meo de' Tolo-mei, di nuovo di mano a. Ti binione allestito con le rimanenti carte è interamente realizza-to da mano a, che vi trascrive sonetti di Cino da Pistola, Cecco Angiolieri (cc. 83r-v, 84r-v,86r-v, 8/r-v) e Guido Cavalcanti (e. Ssr-v). Già Barbi, rilevando le incongruenze di tale siste-mazione, proponeva un generale riassetto della fascicolazione, che è quella a tutt'oggi ac-cettata :

Le poche tracce dell'antica numerazione, mentre ci servono per ripristinare in parte la successio-ne originaria delle carte, ci spiegano l'avvicendarsi delle scritture; cosi le odierne carte 73, 82, 83,87, che costituiscono le carte esterne del quinterno e del duerno, sono ordinatamente numerate i,4, 2, 3, formando nel loro insieme un duerno coll'ordìne seguente 73, ̂ 3, 87, 82. Ad esse seguivanole cc. 84, 85, 86, tutte scritte dalla medesima mano. Le cc. 74-81 formano un quaderno che dev'es-sere considerato a sé.51

La struttura fascicolare che si ottiene seguendo le indicazioni di Barbi, consiste pertantoin due binioni (contenenti i sonetti di mano a) e di un quaternione (contenente il Tratta-to di Guittone, le ballate di mano (5 e i sonetti di Nicolo de' Rossi). Più fattori, tuttavia, mispingono a credere che la fascicolazione così ricostituita sia ancora lontana da quella ori-ginale. Il restauro da me tentato - benché consenta di formulare nuove proposte critica-mente sostenibili - si scontra con incongruenze apparentemente insanabili, cosicché, daun lato, si affievolisce la speranza di poter dare al codice un'articolazione stabile, una fi-sionomia, per così dire, 'definitiva1; dall'altro, si rafforza il sospetto che l'Escorialensefosse un codice ad uso e circolazione ristretti, uno strumento di lavoro 'non finito' la cuistruttura fascicolare andava assestandosi per unità progressive, singolarmente pianificatee, di conseguenza, di consistenza variabile. Alcuni elementi di superficie concorrono,anche ad una prima osservazione, a dare spessore a questa ipotesi:

- manca qualunque forma di numerazione utile all'ordinamento dei bifogli o deglieventuali fascicoli; a questo proposito, un aspetto della fascicolazione suggerita da Barbia dover essere riconsiderato è la cosiddetta 'numerazione antica' dell'ipotetico primo bi-nione: essa è certo più antica delle altre numerazioni di carta registrate, ma la caratteri-stica forma angolare chiusa del numero 4 a e. 82r rimanda al tardo Quattrocento se non,addirittura, al Cinquecento, permettendo l'individuazione di un nuovo interventore oc-casionale, il quale probabilmente fissò l'ordine che i bifogli avevano nel momento in cuientrò in possesso del codice ;

- gli otto bifogli complessivi giunti sino a noi," sono stati rigati da un solo copista, ilprimo ad operare, cioè il copista di mano a; infatti, i fori guida, perfettamente visibili sulbordo esterno di ciascun bifbglio (ulteriore elemento a favore dell'ipotesi di una rigaturaeseguita su bifogli già tagliati), sono sempre presenti in numero uguale, cioè 56, sìa nellasezione dei sonetti che delle ballate; dal momento che la rigatura definisce uno specchiodi scrittura funzionale alla grafia di mano a e alla mise en page dei sonetti da lei trascritti,il copista di mano p, trovandosi a dover immettere le ballate in una griglia pre-imposta-ta, ne adatta rimpianto alle proprie esigenze, scrivendo a righe alterne e spingendosi co-stantemente oltre l'ultima linea di scrittura con una/due righe di testo (si vedano, in par-ticolare, le cc. 74r e 7Sr-v; l'unico esempio contrario è a e. /6r);

- la piega verticale, visibile alle cc. 82, 83, 85 e 87,54 che attraversa centralmente lo spec-

52. BARBI, Studi eie., p. 511.53. T,a situazione di solidarietà tra le carte, secondo la cartulazionc attuale, è la seguente: cc. 73—81, cc.

83-87, re. 84-86, cc. 85- ? (~ sonetti di Dante, Guido Cavalcanti e Cino da Pistola di mano a^); cc. 75-80 (=tre sonetti di Cino di mano oiT seguiti dalla nuova sezione di ballate trascritte da mano P); cc. 74-81 (~ e. 74^-v:Trattato di Guittone -+- e. 8ir: bianco / v: otto sonetti adespoti [di Nicolo de' Rossi!); cc 7&~~79, cc. 77—78 (=ballate di mano P).

54. Questo fenomeno si riscontra solo nei bifogli che contengono i sonetti, mai in quelli contenenti ballate.

86 RORERTA CAPELLI

chio di scrittura e intacca la leggibilità del testo ad essa corrispondente, sembra testimo-niare una piegatura arbitraria precedente, frutto di un utilizzo del prodotto librario di-sinvolto e poco curato;"

- le rubriche attributive della sezione dei sonetti vengono inserite secondo il criteriodella testa di serie all'interno di uno stesso lato di carta, ma mai tra due lati di una stes-sa carta o tra due carte consecutive: vale a dire che, di norma, il copista di mano a at-tribuisce esplicitamente il primo componimento di ogni lato della carta (indicando peresteso il nome dell'autore), mentre attribuisce implicitamente (attraverso l'uso di«Idem») i testi successivi del medesimo autore; egli non utilizza mai "Idem » per il primocomponimento di un lato di carta perché, evidentemente, non considera che la paterni-tà autoriale implicita sia condizione sufficiente ad assicurare la continuità seriale tra l'ul-timo sonetto del recto e il primo sonetto del verso della medesima carta ; questo significache l'unità codicologia presente al copista di mano a non è né la carta, né il bifoglio, nétantomeno il fascicolo, bensì lo specchio di scrittura. Al contrario, il copista dì mano psembra operare secondo il criterio della testa di serie, anche implicita, per cui, escluso ilprimo componimento, tutti i componimenti di un medesimo autore facenti parte dellastessa serie non hanno solitamente rubrica; inoltre, i bifogli composti dalle cc. 76-79 e77-78 mostrano una significativa spezzatura del testo tra la fine del verso di una carta el'inizio del redo della successiva.

Il discorso relativo alla ristrutturazione fascicolare appare, dunque, ben più problema-tico di quello presentato da Barbi, a partire dalla sistemazione dei due binioni raggnip-panti i sonetti di mano a, la cui esistenza pare ben lungi dal poter essere accettata pacifi-camente. In primo luogo, la loro articolazione non rispetta la cosiddetta 'regola di Gre-goryV6 in secondo luogo, la rubrica iniziale a e. 731-, racchiude un'asserzione program-matica che merita una certa attenzione:

«Quisci si he soniti de Dante, e Cido Chavalchanti, e de messer Cino. e no d'altri et he ..-f-.,».57

Se la sezione di sonetti che inizia a e. jy è progettata per accogliere i componimenti deitre maggiori poeti stilnovisti, risulta per lo meno anomala l'intrusione, a e. Szr-v, di au-tori comico-giocosi quali Cecco Angiolieri e Meo de' Tolomei. È vero che questi ultimioccupano la carta finale dei rispettivi binioni (cc. 82r-v e 86r-v), ma di fronte ad un allesti-mento interno e ad una mise en page tanto precisi quali sono quelli concepiti dal copistadi mano a,58 è abbastanza difficile pensare che Cecco e/o Meo siano serviti per riempire

55. Cfr. MARJLBNA MANIACI, Archeologia dei manoscritto. Metodi, problemi, bibliografia recente, Roma, Viella,2,002, p. 142.

56. In base alla cosiddetta 'regola diGregory', la confezione dei fascicoli era progettata in modo tale che «adapertura di libro, le due pagine giustapposte presentassero la medesima faccia» ^MANIACI, Archeologia cit., pp.73-74! H primo binione presenta la seguente successione di carte: cc. 73 (carne/pelo), 83 (carne/pelo), 87(pelo/carne). 82 (pelo/carne). Il secondo binione potrebbe essere regolare, arnmeuendo che la e. 85 (solidalecon quella strappala e persa) segua immediatamente e. 84, da cui la seguente situazione: cc. 84 (carne/pelo),85 (pelo/carne), ? (carne/pelo), 86 (pelo/carne).

57. La parola illeggibile di quattro/cinque lettere a fine rubrica potrebbe avere ripercussioni sull'organizza-zione interna dei materiali poetici solo se facesse menzione di Cecco Angiolieri o Meo de' Tolomei (vale a dire,gli altri due poeti presenti nella sezione dei sonetti, ma estranei alla citata triade stilnovista); tuttavia, dal mo-mento che il copista di mano « scrive entrambi i nomi con redigila (cfr. Cecho alle cc. Szrtruhrica altr. di £90El ne maior mirachol cum' io vivo, Eg6 £echo, .<,£ Dty l'allegre de Bcchina, £97 Questo te manda a dir £ecko, Symonc],Kfir-v [rubrica attr. di Ei5i El non he ììfun cum cotanta male e Hi59 l'swm ai magro che quasi trallucho] e Meucco ae. 82V [rubrica attr. di Hg8 l'sum sì magro che qitassi trallucho^, 8.iv [postilla marg, a Hu8 Gientil' donne valicate, oram'aytate]), qualche pur minima traccia di questa cediglia dovrebbe potersi scorgere, mentre la lettura ai raggiultravioletti esclude del tutto tale possibilità.

58. A colpo d'occhio la pagina-tipo a colonna unica, trascritta da mano a da l'impressione di essere regola-ta da una precisa volontà di sfruttamento intensivo dello spazio. Il margine interno è piuttosto ridotto, cosic-ché le eventuali postille tendono ad andare parzialmente perse nella piega della rilegatura; il margine supe-riore è minimo, con rubrica iniziale sistemata quasi ai limiti della rifilatura; il margine esterno è inesistente,con la scrittura che può spingersi fino ai fori di guida o, addiriuura. oltrepassarli (segno che il loglio è stato

N U O V E INDAGINI SUL MS. ESCORIAI- C.111.23 87

gli spazi rimasti in bianco di un primo binione, ignorando la mole di sonetti di Dante, Ca-valcanti e Cino che ancora restava da trascrivere. A sostegno dell'ipotesi che il copista dimano « considerasse i sonetti di Dante, Cavalcanti e Cino un blocco compatto, si pren-dano in esame le piccole lettere alfabetiche marginali apposte accanto ai componimenti;esse usano un sistema grafico di 24 segni, da (a) a (e), ripetuto quattro volte, allo scopo dievidenziare ben quattro gruppi diversi di testi. Da questo scbema strutturale minuziosa-mente pianificato, i sonetti di Cecco e di Meo sono votatamente esclusi, tant'è che nonsono mai contrassegnati dai marcatori alfabetici. Su queste basi, sarei pertanto portata apostulare che le cc. 73r-v e 82-87 formassero, in origine, un quaternione cosi strutturato:

Questo assetto rispetterebbe non soltanto l'omogeneità di genere (raggruppa una se-zione unitaria di sonetti) e di mano (l'intero quaternione è copiato da mano a), mariuscirebbe, inoltre, a soddisfare - nell'unità materiale del fascicolo - l'omogeneitàautorial-contenutistica formulata nella rubrica di apertura: Dante, Cavalcanti e Cinocomporrebbero, infatti, una significativa silloge di testi sistemata nelle prime sei delleotto carte totali, mentre le due restanti carte, rimaste provvisoriamente vuote o semi-vuote, raccoglierebbero materiale diverso, inserito in un momento successivo. Sennon-ché, nemmeno questa ipotesi rispetta la 'regola di Gregory', perché si avrebbe la seguen-te alternanza di facce : cc. 73(c/p), 84(c/p), 83(c/p), ? (c/p) / / 85 (p/c), 87 (p/e), 86 (p/c),82 (p/cj;5y anzi, si nota che, volendo mantenere il quaternione alla base dell'unità fasci-colare della sezione dei sonetti, non si riesce a pervenire ad una combinazione soddisfa-cente, nemmeno invertendo la piegatura dei bifogli (immaginando, cioè, la possibilità die. 87[p/c] solidale con e. 83 [c/p\, anziché il contrario); in questo modo, infatti, olà cartastrappata dovrebbe contenere sonetti 'omogenei' alla sezione burlesca, venendo di con-seguenza a mancare lo spazio per i sonetti stilnovisti perduti ma che sappiamo essere esi-stiti grazie alle indicazioni dei marcatori alfabetici; o, viceversa, questi sonetti stilnovistifinirebbero mischiati alla sezione dedicata a Cecco e Meo:

poco o affatto rifilato, altrimenti si avrcbbc.ro finali di verso a sillabe mozze); il margine inferiore (che nonviene mai infranto), prevede una spaziosa striscia di spazio destinato al bianco. Tutte le 56 righe tracciate ser-vono da reUrici per altrettante linee di scrittura; la prima riga è occupata dalla rubrica attributiva del primocomponimento. Lo specchio di seriltura è, dunque, sa pieni e meni e allestuo in modo da contenere 8 sonetti,ognuno dei quali introdotto da una rubrica attributiva; ogni sonerto occupa 6 righe: due righe per ciascunaquartina, una riga per ciascuna terzina. Eccezionalmente, sul verno delle cc, 86 e 87, compaiono 9 (anziché 8)sonetti; tuttavia - grazie alla riduzione modulare della scrittura e alla riduzione della distanza interlineare (conconseguente sfasamento tra linee di scrittura e scrittura effettiva) - l'assetto della pagina non cambia, come sipuò agevolmente verificare contando i fori guida (sempre 56), A e. 8av (non a caso l'ultima del primo fascico-lo, contenente, sul recto, testi di Cecco Angiolieri), compaiono solo 5 sonetti che costituiscono una specie dimicro-canzoniere di Meo de' Tolomei. Di norma, qualunque tipo di annotazione, correzione o indicazione delcopista (ad esempio, le postille e le lettere alfaheriche di ordinamento) occupa il margine alla sinistra del com-ponimento; isolato il caso della postilla interlineare tra i sonetti £173 O In, Amor, che m'àyfacto martire ed £174Donne miey gientille al parer meo. I medesimi eriteri di allestimento dello specchio di scrittura adottati da manoet, vengono ripresi dal copista eh' mano e e applicati agli otto sonetti di Nicolo de' Rossi, a e. 8iv.

59. Le abbreviazioni [e] e [p] stanno, rispettivamente per: 'laro carne' e 'lato pelo'.

88 ROBERTA CAPELLI

Mo'p) L .8HI. Gudo Gin

5(p-'c) C. S4(c/p,l r.87 UT' O e. 83 (do+Cino Cino Cino Danteo Cino C inu Dante

,'p) e. 3Ce

-Cino Cc

6 (p-'c.J f. ' {{>'$)fn cariatei strappata

Se la 'regola di Gregory' è, in questo modo, rispettata, non altrettanto si può dire dellacoesione interna, perché la carta strappata (che, come indicano i marcatori alfabeticimancanti e come spiegherò più avanti, potrebbe aver contenuto sonetti di Dante, e/o Ca-valcanti, e/o Cino) si frappone alle due carte dei poeti burleschi, e. 86 e e. 82. Per tenta-re di risolvere questo problema, bisognerebbe ipotizzare allora l'inserimento di un nuovobìfoglio e la conseguente creazione di un quinione, cosi articolato:

fc /p)

oppure

La carta strappata solidale con e. 85 potrebbe contenere sonetti 'compatibili' con la se-zione dedicata a Cccco Angioliert e Meo de' Tolomei (cc. 86 e 82); i sonetti mancanti se-gnalati dalle lettere alfabetiche marginali non presenti nelle carte di E conservateci po-rrebbero, invece, trovare posto all'interno del nuovo bifoglio; soltanto che, mancandoverosimilmente solo 15 sonetti, sarebbe necessario calcolare una carta 'in esubero', laquale potrebbe: i) rimanere momentaneamente vuota; 2) contenere altri sonetti stilno-visti non contrassegnati da letterine marginali,60 o 3} contrassegnati da letterine margi-nali appartenenti ad una nuova serie, diversa dalle quattro riscontrabili nelle carte attua-li e in esse mai segnalata.

Invece che procedere nel campo della mera congettura, quale rischierebbe di diventa-re, in effetti, questa ricostruzione fascicolare senza il supporto del dato materiale, vorreipiuttosto fare un passo indietro, e mettere in risalto alcuni aspetti sicuramente desumi-bili dall'analisi diretta del manoscritto. Come ho cercato di dimostrare, l'operato del co-pista di mano a, può essere scisso in due momenti distinti che, per comodità, ho deno-minato fase a, e fase <x2; essendo la fase «.2 seriore rispetto alla fase ai? la successione sullapagina di queste due fasi rivela qualcosa in più circa le modalità di riempimento della per-gamena a disposizione:

- nessun bifoglio risulta interamente riempito da mano a in un unico momento (non

60. Potrebbero esserne un indizio i Ire sonetti E33-E35 di Cino da Pistoia, a e.pagnali da marcatori alfabetici.

(lato carne), non accom-

NUOVH INDAGINI .SUL MS. ESCORIAL C.III.23 89

si hanno, cioè, bifogli copiati dalla sola mano a, o dalla sola mano «2), a parte il caso die. 85r-v, di cui però manca la metà solidale, strappata;

- nella fase a, vengono copiati 57 testi su m; di norma, è un componimento di manoctj ad iniziare il lato della carta (tranne nel caso di e. S^r-v, e. S7r-v e e. Szv);*1

- il lavoro di mano a., tende a configurarsi come prosecuzione del lavoro di mano at,sia quando effettua inserzioni minime (uno/due testi, come nel caso dei sonn. 1^91 Chi voivantagio aver a l'altra gienti ed £95 Se ssi potesse morir de dollore di e. 82r), sia quando realiz-za cospicue ed uniformi sezioni di un unico autore (come nel caso del blocco cimano checomincia con il quarto componimento di e. S.̂ v e copre l'intera carta solidale, e. STT-V);così, ad esempio, l'ultimo lato dell'ultima carta dell'ipotetico primo fascicolo racchiusodal bifoglio composto dalle cc. 73-82 (quasi esclusivamente trascritto da mano a,: 21 testisu 29), contiene - a mo' di riempitivo finale, a e. 82V - una piccola silloge di cinque sonet-ti di Meo de' Tolomei appartenenti alla fase c^.

Anche queste considerazioni mi pare contribuiscano a rafforzare la convinzione ini-ziale di un copista - il cosiddetto copista di mano a - alle prese più con bifogli volanti checon veri e propri fascicoli preliminarmente impostati, bifogli dei quali si direbbe nonabbia ancora stabilito l'ordine di successione, tant'è ch'egli segnala sempre con attribu-zione esplicita per esteso la paternità autoriale del primo componimento di ogni lato dicarta; questo copista suddivide il proprio lavoro di copia in due momenti cronologica-mente vicini l'uno all'altro, come si può dedurre dalla composizione delle carte 'miste'(la sezione angiolieresca di e. 86r e e. 827-) dove, durante la fase al5 egli lascia appositi spaziper i testi prestabiliti da inserire nella fase oc2.

I,e conclusioni a proposito del primo fascicolo non hanno, dunque, alcunché di definiti-vo, e presuppongono, comunque, due punti di partenza inconciliabili: o si ammette che la'regola di Gregory' venga trasgredita a vantaggio della coesione dei contenuti o, magari, acausa di una svista del copista dovuta all'uso di bifogli slegati; oppure, il rispetto della 're-gola di Gregory', obbliga ad ammettere l'eterogenea disposizione dei contenuti o la presenzainiziale - e successiva dispersione o mancata realizzazione - di bifogli da alternare a quelligià terminati, in modo da realizzare la dovuta successione delle facce carne/pelo -pelo /carne.

Per quanto riguarda il secondo fascicolo, il discorso è altrettanto complesso : la sua or-ganizzazione non supera lo stadio dell'ipotesi, a causa della totale assenza di elementiesterni ed interni (numerazione, rubriche, tracce di strappi, descrizioni antiche, ecc.) ingrado di escludere l'esistenza - e la successiva dispersione - di altri bifogli, a noi mai per-venuti. Si prenda come punto di partenza l'ipotesi di Barbi di un quaternione formatodalle cc, 74-81 e se ne analizzino i tempi di composizione. Mano a compatta nella solae. 74r-v il cosiddetto Trattato d'Amore di Guittone d'Arezzo, e copia tre sonetti indipendentidi Cino all'inizio di e. 75r; poi si interrompe, in attesa - forse - di recuperare nuove fontida cui attingere nuovo materiale; subentra, invece, mano p che cambia genere metrico eriempie, quasi esclusivamente con ballate, le cc. 75r-8or; il lavoro di mano p terminasenza aver occupato e. 8ov, dove due mani diverse ed autonome, mano -y e mano 8, inse-riscono rispettivamente una stanza di canzone e una ballata (entrambi i componimentisono anepigrafi e anonimi); infine, un ultimo scrivente, la cosiddetta mano E, sistemaotto sonetti adespoti sul verso di e. 81, rimandando forse ad un momento successivo la si-stemazione del recto. Il quaternione così ottenuto non è privo di una sua logica, ma la suafisionomia non è pienamente convincente; la sua articolazione interna è estremamenteeterogenea, e mescola mani, generi e autori fra loro molti diversi. Va, senza dubbio, te-nuto unito il binione costituito dalle cc. 76-79, il cui ordine di successione è assicurato dalcontinuum del testo da una carta all'altra;*2 per il resto, gli altri due bifogli (composti dalle

61. Il primo componimento di e. 86v appartiene alla fase n^, ma è riscritto su rasura in una carta altrimentiinteramente copiata da mano alt il che mi porta a supporre l'iniziale presenza di un soneuo di mano at, poiabraso, al posto dell'attuale son. £159 l'sum si magro che quasi tr&ìlucho di mano CI IP

62. Sono scrini a cavallo di due carte i seguenti componimenti; Guido Novello da Polenta, Un pensarne la

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cc. 74~Si e 75—80) potrebbero essere parti vaganti di altrettanti fascicoli smembrati e per-duti. Per quanto anti-cconomica possa apparire, non può escludersi a priori l'ipotesi del-l'originaria presenza di ben tre fascicoli.

Il bifoglio composto dalle cc. 74—81 è un elemento fortemente perturbatore: la e. 74r-v,copiata - come ho dimostrato - dalla prima mano, contenente la corona di sonetti diGuktone sulla dinamica vìsivo-intellettiva della fenomenologia amorosa (più due sonet-ti di risposta sul medesimo tema di Federigo dell'Ambra), rappresenta un unicum nonsoltanto nel senso più letterale del termine, dal momento che è il solo Escorialense a tra-mandarcela, ma anche perché essa si ritaglia uno spazio autonomo all'interno del codi-ce stesso, dove è connotata quale vero e proprio ciclo poetico indipendente. Non è daescludere che il numero di poesie guittoniane fosse in origine maggiore, ma la volontàdi disporre perfettamente tutto il materiale poetico (Trattato, sonetti responsivi e minia-tura) nei precisi limiti di una carta, anche a costo di una viscosa riduzione modulare dellascrittura, lascerebbe piuttosto pensare ad una sorta di piccola sottosezione in sé conclu-sa.63 La carta solidale con e. 74, cioè e. 81, è completamente bianca sul recto, mentre sulverso contiene otto sonetti di un autore ignoto al copista che li trascrive (il quale ricorrealla rubrica attributiva negativa: «No so chi fé questo»), ma ormai da mezzo secolo ri-conosciuti di Nicolo de' Rossi.64 È notevole che questo copista riporti sul verso anziché

mente mia. se chiude, c.c, 76v-jjr, e Fin 'namorato mano coralmente, cc, jQr-jgv; tvfeo de' Tblomei, A itnulla guisa ineposso soffrire, cc. yyv-jSr; Girardo da C aste I fiorentino, Però ck'e' vede soa bellecca sola, c.c.. 7Hv-79r.

Per quanto riguarda la mise cn page, mano [i copia i componimenti a piena pagina e secondo lo schema dirigatura già impostalo dal copista di mano ci (cfr. nota 58). Tuttavia, la densità di scrittura è nettamente infe-riore a quella della sezione dei sonetti, non solo perché mano p trascrive a righe alterne, ma anche perché imargini laterali sono più consistenti. La maggior parte dei testi di questa sezione sono ballate : viene di normamantenuta l'unità dei versi (3 per riga) e la tendenza generale è quella di andare a capo con la fine di strofa odi partizione. L'unico sonetto di mano u, £35 Standomc con ser Lippa l'altrcr io a e. 75?-, riprende - forse influen-zato dall'esempio dei tre sonetti di Cino soprastanti - il modello usato da mano a: due righe per ciascuna quar-tina, una riga per ciascuna terzina. La canzone di Cino da Pistola (£42 Oimé, lasso!, quelle trecce bionde a e. j6r),è Tripartirà: un primo raggruppamento di 13 versi 4- i seguenti 26 versi -i- una sorta di coda finale di 4 versi. IlCaribetto di Meo de' Tolomci (£54, alle cc. •/jv-'/Rr}, infine, è scritto rutto di fila, senza nessuna interruzionefino al punto finale. Lunità-tcsto non coincide necessariamente con l'unità-carta, tant'c che un componimen-to cominciato a pie di pagina può proseguire nella carta seguente (cfr. £49 Un pcnscr ne la mente mia se chiude,£54 A «««Ha guisu me posso soffrire, £65 Però àie vede soa bdlecca sola. £70 En 'namorato mano coralmente). La pun-teggiatura consiste, in tutti i casi, nell'uso ili barre oblique per la divisione dei versi e del punto termo concambio di riga. Tipico di mano |1 è l'uso di marcatori che, posti in corrispondenza del capolettera, segnalanol'inizio dei singoli testi; i componimenti E3«-E53 e £55-660 sono evidenziati dal più comune simbolo di para-grafò simile ad una epsilon greca, mentre il Caribetto di Meo de' Tolomei (£54) e le ballate £61-679 sono con-trassegnale da una manicula molto elementare ; i primi Ire testi della sezione di mano (i. H35-E37, sono privi dimarcatori incipit ari. Dato che questi tre componimenti occupano la porzione di e. 757- lasciata in bianco dal co-pista di mano «. alla fine dei tre sonetti (isolati) di Cino da Pistoia, non è da escludere che essa sia stata com-pletata in una fase successiva alla compilazione della sezione di ballate E38-F,79 (corrispondente alle cc. 75%'Sor). È se non altro evidente che questi tre teso sono stati copiati in un momento diverso rispetto agli altri dimano p, come già sottolineato da DE ROBERTIS, II canzoniere Escorialensc cit., p. 154 n. i. in riferimento alla dop-pia versione della ballata di Cirardo da CasieHioremino, Amar la cui verta per gratin senio: «E riporta due volteil testo: a e. 75)", n. 36 (Ea) e a e. 75^, n. 41 (Eb), scritto dalla stessa mano 7 [l'attuale mano p, NdA] in due lempidiversi». Ora, proprio con l'ipotesi di mano |5 che copia per ultimi i testi E35-E37 si potrebbe meglio giustificare la presenza di queste due ballate uguali e l'inserimento del sonetto (peraltro anepigrafo e anonimo) Stan-dome con ser Lippa l'altrcr io.

6.3. Si veda, a questo proposito. H. WAYNE SI'OKEI, Di libello in libro: problemi materiali nella poetica di MonteAnJrea e Dante, negli Atti del Congresso Da Guido Gvimzzelli a Dame. Nuove prospettive sulla lirica del Duecento(Padova-Monselice, 10-12 maggio 2001), Padova. Il Poligrafo, 2004, pp. 279-280: «...nessunlibello ci è material-mente pervenuto dalla letteratura italiana delle origini, ccc.czion fatta - ma sempre tramite l'antologia peril libello di Gmttone d'Arezzo sulla natura dell'amore |_. • -\. Manoscritti contemporanei miniati come Banco Rariil? della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ci suggeriscono che un'illustrazione con un ruolo cosi cen-trale n e 11' ini e r prelazione del testo poetico avrebbe occupalo almeno metà del lato di una carta, se non tuttoil recto di essa, insieme alla rubrica che descrive il ciclo poetico. Calcolando, come era allora comune, che cifossero quattro composi/.ioni per ogni lato dì una carta, per le rimanenti n liriche di Guittone il libello din-èvaconsistere di un semplice binìane: due. bifogii» f i l corsivo è mio~|.

64. Cfr. EAVATI, Ancora suìl'Escurialensc cit., pp. 178-181.

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAI, e.III.23 91

sul recto dì una carta completamente pulita i componimenti di uno sconosciuto, adottan-do però gli stessi rigorosi criteri di mise en page che regolano la sezione dei sonetti dellaprima mano (a questa anteriore sia a livello di ordinamento materiale interno del codice,sia a livello di cronologia delle mani); possiamo supporre che il recto fosse destinato ad ac-cogliere altro materiale poetico, che il copista aveva già a disposizione o che comunqueaveva intenzione di procurarsi; oppure, possiamo supporre che la carta bianca fungesseda elemento separatore, da stacco tra la fine di una sezione (perduta o inesistente, perchémai realizzata) e l'inizio di un'altra (aperta dai sonetti di Nicolo de' Rossi). Tutto ciò portaa formulare due ipotesi. Nel primo caso, il bifoglio formato dalle cc. 74^-81 sarebbe quel-lo più esterno di un nuovo - del tutto ipotetico - fascicolo di consistenza indeterminabi-le: la silloge guidoniana aprirebbe una nuova sezione di testi (perduta o non realizzata),diversa sia dalla precedente selezione di sonetti stilnovisti (della stessa mano), sia dallasuccessiva selezione di ballate (di mano diversa); nel secondo caso, il suddetto bifoglio sa-rebbe invece quello centrale di un ipotetico fascicolo parzialmente riempito da una stes-sa mano (mano o) con materiali poetici, irrimediabilmente persi, terminanti con il Trat-tato di Guittone. Entrambe queste congetture offrono una giustificazione alle anomaliecompilatone di e. 81 sulla base della sua natura di ultima carta di fascicolo o, almeno, ul-tima carta di sezione. Tuttavia, la seconda soluzione mi sembra meno probabile perché,se il recto bianco di e. 81 avesse avuto effettivamente la funzione di separare due sezionidiverse, dovremmo ammettere che la nuova sezione fosse concepita per aprirsi con ungruppo di componimenti anonimi, sia per il copista che per il suo pubblico.ó5 Si profila al-lora una nuova, suggestiva, possibilità : il bifoglio formato dalle cc. 74-81 potrebbe essererimasto un semplice bifoglio, in principio occupato solo parzialmente (penso alla primacarta, e. /4r-v, con il Trattalo di Guittone), per il resto lasciato libero in attesa di nuovi ma-teriali (o di nuovi bifogli da inserire a formare un fascicolo). Non a caso, mano e è signi-ficativamente più tarda rispetto a mano a; proprio in questa fase il bifoglio - rimasto ma-gari un semplice 'bifoglio volante', slegato da qualunque progetto di fascicolo - si sareb-be prestato ad essere riempito con micro-sezioni poetiche quale è, appunto, quella di Ni-colo de' Rossi.

Tn tema di bifogli problematici, un altro esempio e quello costituito dalle cc. 75-80. Lae. 75 contiene, nel recto, tre sonetti di Cino da Pistoia (l'ultimo dei quali adespoto) di manou, seguiti dalle ballate di mano P, la quale riempie anche il verno di questa medesima cartae il recto della solidale e. So; due nuove mani, mano y e mano 6, intervengono sul verso, al-trimenti vuoto, di e. So, aggiungendo in due momenti distinti, l'una una stanza di can-zone anonima, l'altra una ballata (falsamente attribuita a Guido Novello da Polenta). Duesono i dati fondamentali da tenere presenti: la successione di ben quattro mani in quat-tro carte, e la presenza di tre sonetti ci ni ani isolati, copiati da mano a. Partendo da que-sti elementi oggettivi si possono formulare alcune riflessioni interessanti: i tre sonetti diCino non sono da mettere in relazione con gli altri sonetti della sezione trascritta damano a, perché 11011 contrassegnati a margine dalle tipiche lettere alfabetiche; essi costi-tuiscono probabilmente un'aggiunta indipendente, che lascia in bianco più della meràdello specchio di scrittura di e. 757*, il quale viene colmato, in un secondo tempo, da manop con ballate di autori vari. L'intervento di mano p si inserirebbe là dove termina l'ope-rato di mano a (dopo, cioè, i tre sonetti di Cino), proseguendo in carte che non ci sonopervenute e concludendosi a e. 8or. Essendo le ballate E^ó-E^y/Ey^-Ejy degli stessi auto-ri antologizzati nelle cc. 76-79, esse sono state verosimilmente trascritte dopo i testi diqueste carte, altrimenti non si spiegherebbe perché il lavoro di mano p si interrompa sulrecto di e. 80 (cosa che invece può essere agevolmente motivata ammettendo che le bali.£75-79 siano gli ultimi testi ad essere trascritti). L'ipotesi che, invece, le cc. 75—80 fosseroil bifoglio interno di un fascicolo in gran parte perduto, risulta poco sostenibile, soprat-

6^. Non di meni i chiamo, intatti, che i sonetti di Nicolo de' Rossi sono adespoti nell'Escorialense.

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tutto a causa dell'intromissione delle due mani isolate (mano y e mano 5), il cui inter-vento ha tutte le caratteristiche dello riempimento occasionale di uno spazio bianco; secosi non fosse, bisognerebbe supporre l'originaria presenza di più d'una carta vuota dopoe. 8ov o l'esistenza di una cospicua sezione di sonetti (scomparsi) di mano cc, prima die- 75*-

Non resta, a questo punto, che analizzare la situazione del binione composto dallecc. 76-79, tra loro concatenate per il già descritto continuum dei testi dalla fine del verso diuna carta, all'inizio del recto della successiva. Nemmeno in questo caso si può escluderea priori la possibilità che l'originaria unità fascicolare fosse più complessa, composta cioèda altri bifogli (collocabili esternamente al nostro), smembrati e dispersi nel corso dei se-coli. L'ipotesi più persuasiva mi sembra, tuttavia, la più semplice, vale a dire quella di unternione composto dalle cc. 75-80:

La collocazione esterna di e. 75 con funzione di apertura della sezione delle ballate, benspiegherebbe perché l'unico sonetto di mano |3 (il sonetto anepigrafo ^35 Standome conser Lippo l'altrer io) sia il primo di complessivi 45 testi da essa trascritti, posto giusto a ri-dosso dei sonetti di Cino; e spiegherebbe anche la ripetizione della ballata £36 Amor, lacu' vcrtù per grafia sento I £41 .Amore, la cuj vertù per gratin sento, supportando, allo stessotempo, l'ipotesi di un inserimento seriore dei componimenti E35-E37 rispetto agli altri dimano p. Quello che intendo dire è che la seconda metà di e. /5r sarebbe stata concepitaper restare vuota e fungere da spazio divisorio tra la sezione dei sonetti di mano n e quel-la delle ballate di mano p\o riempita solo alla fine del lavoro di quest'ultima.6*

LE LETTERE ALFABETICI^ MARGINALI

La sezione dei sonetti copiata da mano a (cc. jye-v + 82-87) è caratterizzata dalla presen-za di piccole lettere alfabetiche apposte in ordine sparso sul margine sinistro, a fianco diciascun componimento; compaiono tutti i segni grafici dell'alfabeto (con normale iden-tità tra u e v), e s è sempre riportata due volte, una volta minuscola, l'altra maiuscola.Così come le postille marginali (di cui seguono le istruzioni), questi marcatori alfabeticinon servono né ad importare materiali poetici dall'esterno, né a coordinare tra loro carteo fascicoli diversi ; essi fungono piuttosto da strumenti di guida per lo spostamento in-terno dei componimenti (da una carta all'altra o nell'ambito della stessa carta), i qualivanno così a ricomporre un nuovo ordine di successione completamente diverso da quel-lo rispettato in E.

Le lettere alfabetiche sono inscritte in un circoletto, in un quadratino, in un triangolinoo precedute da una crocetta e - una volta sistemate nel giusto ordine alfabetico - indivi-duano quattro serie di componimenti che si succedono dalla lettera a alla lettera q (allo-grafo di z, non usato da mano a). L'ordine dì successione delle diverse serie di lettere è

66. 1 motivi di tale riempimento non mi sono del tutto chiari: certo, non vanno cercati nella mancanza dispazio per la copia dei materiali poetici a disposizione, dato che il copista poteva contare sul verso di e. 80 e,comunque, a e. 757-, oltre alla bali. £37 di Dante De.', Violecio che 'n unbm d'Amare, copia un sonetto anonimo ela ballata doppia di Cirardo da C aste! fiorenti no, materiale, cioè, di importanza piuttosto (o apparentemente)relativa ; e proprio per questo motivo, ovvero per l'eterogeneità dei ire testi inseriti, non mi soddisfa appienonemmeno l'ipotesi dell'esigenza, meramente economica, di sfruttare tutto lo spazio bianco disponibile.

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAL C.III.23 93

esplicitamente segnalato dal copista, il quale affianca alla testa di serie di ciascun gruppo(cioè, il componimento contrassegnato da a), la lettera a, b, \c]fi? o d, indicatrice, rispetti-vamente, della prima, della seconda, [della terza] e della quarta posizione.6" Alla funzionedi queste lettere marginali, Guido Favati ha dedicato due articoli, rispettivamente nel 1955e nel 1957,69 correggendo in parecchi punti la trascrizione di Barbi[/Cascila] e De Rober-tis,7° e cercando di «esaminare la situazione che si viene a creare qualora si assegni il do-vuto peso al riordinamento eseguito per mezzo delle lettere alfabctiche, e vedere se siapossibile ricavarne qualche utile frutto».7' Tornando sulla questione mi sono resa contoche molti aspetti rimanevano ancora da chiarire; in particolare, la conclusione a cui sonogiunta dopo la revisione completa dei dati a disposizione mi sembra che porti ad un qua-dro finale diverso da quello tratteggiato da Favati. L'assunto centrale - che riassumo quipreliminarmente, al fine di evidenziare meglio le successive fasi dimostrative - è il se-guente: mentre Favati riteneva che, dal riassetto delle lettere marginali, fosse possibile ri-cavare la Tavola della fonte di E, al contrario, mi pare più probabile che il loro riassetto for-nisca dati utili alla ricostituzione della Tavola di un ipotetico derivato di E.

La necessaria premessa allo sviluppo di questo argomento consiste nella rettifica di al-cune lettere marginali, cosi come lette da Favati:

1) accanto al son. Ei26 Tu che si' voce che lo cor conforte (e. 84r) è inserita S maiuscola concrocetta, e non a con crocetta, preceduta da à\^

2) il marcatore del son. £178 Li vostri occhi gientili e pien' d'ardore non è x in un triango-lino,71 bensì y; la lettera y esiste già (corrisponde al son. £172 Oymé, lasso, or sonv'io iant' anuoia), per cui il simbolo, simile al segno di inizio paragrafo, che compare accanto al son.£178 Li vostri occhi gientih è una abbreviazione "A attraverso la quale il copista segnala il pro-prio errore di ripetizione ;75

3) la lettera h con crocetta (son. £112 Ben he forte cassa eì dol$e sgardo), inclusa in un cer-chietto (son. £120 Enjin che gì oggi mey non chiude Morte) e in un triangolino (son. £132 O

67. L'indicazione, della terza lesta di serie non è reperibile nel manoscritto perché, con ogni probabilità, con-trassegnava uno dei sonetti raccolti nella carta strappata; per questo motivo viene segnalala tra parentesi qua-dre.

68. Gir, FAVATI, Un codice perduto eie., p, 2,16.69. Mi riferisco ai più volte citati articoli: Un codice perduto,.,, e Ancora suil'Escurialcnsc... .70. DE RORF.RTIS. R canzoniere Escorialeìise cit., Appendice v, pp, 239 sgg.71. FAVATI, Un codice perduto cit., p. 213.72. Ivi, p. 216. Si tratta probabilmente di una svista dello studioso, dal momento che il componimento con-

trassegnalo da d+a è il numero 114 Moveti, Pittate a e 8'jv. Colgo l'occasione per segnalare altre due sviste diuna certa rilevanza che potrebbero confondere il lettore. La prima si incontra a p. 217. nel seguente passo: «nonha alcun segno accertalo la [composizione] 137, affiancata corn'è dalle riportale lunghe postille»; dal momenroche accanto al son. 137 /' trovo d corferuto nella mente non c'è alcuna postilla, Favaii si riferisce verosimilmenteal son. 173 O tu, Amor, che m'ày f'acto martire, con inversione delle ultime due cifre (i?3/1.37). La seconda svista fi-gura invece in FAVATI, Ancora suìl'Escurialense cil., pp. 177-178. dove si parla della carta strappata : «la carta chefaceva foglio con la 84 (e la chiameremo Sjbisl era scritta ; era scrina dalla mano «; tutto fa supporre che con-tenesse sonetti...»; in realtà, la carta strappata non 'faceva foglio' con e. 84. bensì con e. 85, come si può rica-vare anche da un passo dello stesso Favati, collocato qualche riga prima nella stessa pagina, p. 177: «•• -si notaancora, sulla sinistra del sonetto Lacti nostri, una piccola appendice...»; il son. £142 L'adi vostri li sgardi e 'I beldiporto si trova precisamente a e. 85?-.

7.3. FAVATI. Un codice perduto cit., p. 213.74. Non è chiaro come questa abbreviazione vada sciolta; Armando Antonelli rni suggerisce; suprascripii;

essa indica, ad ogni modo, la rettifica apportata dal copista tramite postilla marginale (cosi, ad esempio, l'er-rore di y al posto di x accanto al son. Bi78 Li vostri occhi gientili e pien' d'ardore è corretto dalla postilla accantoal t>on. Hi7i In dexinor e :n vergogna solamente).

75. La lettura di x anziché y porta FAVATI, Un codice perduto cit.. p. 215, a scontrarsi con alcune apparenti con-traddizioni; egli infatti scrive : «In margine alla [composizione'] 171 è scritto: hicscriba* lì uostri ochigientille qui estinfra. La composizione accennata è la 178. Orbene: quale necessità c'era di questa annotazione, chi consideriche la 171 è affiancata dalla lettera u inclusa in triangolo, e la 178 da x inclusa anch'essa in triangolo? La imme-diata successione delle due composizioni (equivalendo « a v) era già indicata mediante l'ordine letterale». Allaluce dell'emendamento appena introdotto risulta invece chiara la funzione della postilla.

94 ROBERTA CAPELLI

voy che che sili cn ver' mi sì iudey}, è - in tutti e tre i casi - tagliata da due freghi obliqui chefungono da cancellatura.7*

A questo punto, mettendo in ordine, una per una, le lettere marginali si dovrebbe ot-tenere una nuova Tavola delle rime di un nuovo codice, formata da quattro grandi bloc-chi di sonetti, corrispondenti ciascuno ad una serie diversa di lettere, tipologicamente ca-ratterizzale - come si è già detto - da un cerchietto, da un quadratino, da un triangolinoe da una crocetta. Apparentemente elementare, questa operazione si rivela, invece, piut-tosto complessa, sia a causa delle lacune di E (la carta strappata solidale con e. 85), sia acausa dei frequenti errori del copista-ordinatore, il quale corregge il proprio operato inmodo non sempre chiaro e non sempre univocamente interpretabile da parte dell'edito-re moderno. È pertanto preferibile prendere in esame una serie alla volta.

l,a prima serie è quella data dalle lettere alfabetiche inscritte in un cerchietto [TAB. ia"|.Al termine del riordinamento alfabetico,77 tutti gli spazi sono riempiti, tranne quello cor-rispondente alla lettera m; la lettera h è doppia, per cui quella relativa al sonetto cimanoEi2o Enfin che gi oggi mey non chiude Morte viene cancellata attraverso due freghi obliquisull'asta ascendente; due postille marginali (entrambe a e. S/v) ci forniscono indicazioniutili alla sistemazione di due sonetti di Cino da Pistoia :7* la prima si trova alla fine del son.£179 Cardando a voy en parlar e in sinbiantì, e segnala l'inserimento del sonetto Veduto hangi ogi mey;73 la seconda segue il son. Ei8o Sta nel piacer de lamia dona Amore e segnala l'in-serimento del sonetto Cardando a voy.So Considerato che il testo da aggiungere alla serieè solo uno e una è anche la 'casella alfabetica' rimasta vacante (= m), arretrando di unaposizione i componimenti corrispondenti alle lettere n - q, la Tavola si completa perfetta-mente [TAB. ib].

La seconda serie è quella data dalle lettere alfabetiche inscritte in un quadratino [TAB.za]. Essa è però lacunosa,Sl poiché la maggior parte dei componimenti che avrebbero do-vuto esservi disposti appartenevano evidentemente alla carta strappata che è andata per-duta, solidale con e. 85. Anticipo ora - e avrò modo di motivare meglio nel corso della de-scrizione delle due rimanenti serie alfabetiche - l'inserimento di due sonetti rimasti senzacollocazione [TAB. zb]: quello contrassegnato da h cancellata inscritta in un cerchietto(Cino, Enfin che gi oggi mey non chiude Morte, Eizo a e. 84r) e quello contrassegnato da +hcancellata (Cino, Ben è forte cassa el dolce scardo, Em a e. 83v).

La terza serie, quella data dalle lettere alfabetiche inscritte in un triangolino, è la piùproblematica. La loro sistemazione fornisce il seguente quadro [TAB, 33]: tutti gli spazi ri-sultano assegnati, tranne quello corrispondente alle lettere a e x; essendo la lettera h ri-

76. FAVATI. Ancora suU'Escuriaknse eie., p. 178, scarta l'ipotesi della cancellatila che, al contrario, mi pare piùche plausibile, visto che, nel caso dei sono. F.uo Enfin che gi oggi mey non chiude Morte e Ei&Ovoychesitienver'mi sì iudey la Unterà Ji è sbagliata perché doppia (essa è usata, infatti, per i sonn. Etì Se 'I visso mio a. la terra s'en-fìtiend e £109 Era venuta nelia mente mia}.

77. Come avrò modo di confermare più avanti, ma come già sottolineato da FAVATI, Un codice perduto cit.,p. 216: «il riordinamento letterale fu eseguito successivamente a quello per postille marginali, perché, mentrele lettere sono scritte sempre all'altezza del primo verso di ciascuna composizione, esse sono però scritte piùin basso della postilla marginale, laddove questa esiste». Segnalo anche l'esempio di Ei?4 Donne miey gicntiììeal parer mto a e. 871-, dove la lettera I d è inserita nel poco spazio disponibile tra la postilla e il margine d'ini-zio scrittura del componimento.

7«. Tutte le postille di E presentano una tipologia costante; al la fine del componimento a cui si riferiscono,nell'interlinea tra questo testo e il successivo, il copista inserisce hit [— 'da inserire qui'J e annota le informa-zioni relative sul margine sinistro, introduccndole con la formula: hic scribas [= 'scrivi qui'].

79. Questo sonetto non si trova nel codice; molto probabilmente, esso la parte dei componimenti perduti,trascritti nella carta strappata.

Ho. Questa postilla sembrerebbe inutile, dato che la contiguità alfabetica dei marcatori dei sonetti Sta nelpiacer della mia dona Amore e Cardando a voy en parlar e in sinbianti (rispettivamente p e q), garantiva comunqueil medesimo ordine eh successione suggerito dalla postilla; non è tuttavia da escludere che la postilla risalga adun momento vicino ma anteriore all'inserimento delle lettere aìfabetiche (la lettera p. in effetti, non è collo-cala - come di consueto all'altezza della prima riga, bensì della terza),

S\. Mancano i componimenti corrispondenti alle seguenti lettere : c-d, f-i, n, q, s-c.

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petuta due volte, viene cancellata quella che marca il sonetto di Cino, O voy che siti en ver'mi si iudey (E 132 a e. &4V); compaiono ben quattro postille, tre marginali e una interlinea-re, tutte riferentesi a sonetti di Cino da Pistoia: la prima, marginale, è relativa al son. u(in dexinor e 7n vergogna solamente, Kr/i a e. 8/r) e segnala ch'esso deve essere seguito dalsonetto Li vostri occhi giuntili e pien' d'ardore (Ei/8 a e. 8/v); si incontra poi la postilla piùlunga, che comincia sul margine del sonetto e (O tu, Amar, che m'àyfacto martire, £173 ae. 8/r) e prosegue nell'interlinea tra questo e il seguente :Si segnala l'inserimento di Vinetti-e lassa era l'alma, mia (^183 a e. 8/v) + i due sonetti «sequentes», sui quali tornerò tra poco(entrambi a e. 84v); l'ultima postilla affianca il sonetto finale a e. 8/v, 0184 Del, no mi de-mandar perdi'e' sospiri, e segnala l'inserimento del sonetto Unde veni Amor cosi soave.8j Nelcaso della prima postilla lo spostamento è semplice : dopo u deve trovarsi x; questa lette-ra manca nella serie con triangolino, dove però figurano due y (due componimenti diCino, Oymé, lasso!, orsonv'io lant'a nuoia a e. 8/r, e Lì vostri occhi gientili epien' d'ardore a e.8yv); una di queste y è sbagliata e viene contrassegnata dal simbolo simile ad un segnoparagrafale: si tratta del sonetto Li vostri occhi gientili e pien' d'ardore, che va così ad occu-pare la 'casella' corrispondente alla lettera x. Anche l'ultima postilla non crea alcun pro-blema, anzi, lo spostamento ch'essa indica risulta già effettivo tramite l'inserimento dellelettere marginali (per cui il sonetto Unde veni Amor cosi soave, reca il marcatore alfabeticon, mentre il sonetto De!, non mi demandar è contrassegnato dalla lettera m). Tutt'altro cheimmediata è, invece, la sistemazione dei componimenti citati nella postilla relativa al son.Ei73 O tu, Amor, che m'àyfacto martire a e. 8?r, che reca: «hic scribas uincta e lasa era l'al-ma mia et alios duos sequentes qui sunt infra»; il problema risiede in quel alias duos se-qvenles [TAu. 33]: De Robertis8* e Favati*5 identificano i due componimenti 'che seguono'con i sonetti che, nel manoscritto, vengono dopo £183 Vìncta e lasa era l'alma mia, quindi£184 De!, no mi demandar perdi*e' sospiri e £182 Unde veni Amor così soave (introdotto tra-mite postilla). Questa interpretazìone non è, tuttavia, priva di asperità. Infatti: giacchél'inserimento delle lettere alfabetichc risulta posteriore a quello delle postille, per qualemotivo assegnare le lettere m e n rispettivamente ai sonetti De! non mi demandar perch'e'sospiri e Unde veni, Amor, cosi soave, quando essi avrebbero dovuto essere spostati nien-temeno che dopo il componimento e, vale a dire, alla fine dell'intera serie? Senza con-tare che il riassetto di ben cinque sonetti su un totale di ventiquattro (quanti sono i testicomplessivi di ciascuna serie) rappresenta un intervento di non poca importanza. Sorgeallora il dubbio che possano esistere altre soluzioni possibili. Si consideri il valore del-l'avverbio « inf ra» [— qui sunt infra]: esso indica abitualmente qualcosa che 'viene dopo',che 'viene più avanti';86 ma, poiché esso non ci informa sulla consistenza di questa di-

82. Andrà letta prima la postilla marginale, poi quella interlineare; che la scrittura nell'interlinea sia un ri-piego determinato dalla mancanza di spazio a margine, è dimostrato anche dal fatto che tutte le altre postilledel manoscriuo, più brevi, sono marginali e non interlineari. Cfr. DE ROBERTIS, lì canzoniere Escorialense cit., pp.16-17: «...dopo il son. 173 [= O tu. Amar, che ut'àifacto martire] i primi ad essere inseriti dovrebbero essere proprioi tre sonetti della nota marginale; era infatti in margine che venivano solit amente fissatigli spostamenti; e do-vendo operare una seconda inserzione, il copista fu obbligato a servirsi eccezionalmente dell'interspazio fra isonn. 173 e 174, non disponendo di altro spazio in margine».

83. Le indicazioni della postilla incidono anche sufla contiguità alfabetica di questi due sonetti, per cui De!no mi demandar perch'e' sospiri è contrassegnato dalla lettera m, mentre Unde veni Amor cosi soave è contrasse-gnato dalla lettera ti. Non solo: accanto alla suddetta postilla, compare il simbolo-I-presente, appunto, confunzione di rinvio, anche accanto al capolettera del sonetto Unde veni Amor così soave. Si tratterebbe, dunque,di un ulteriore elemento a supporto dell'ipotesi che le lettere marginali vengono inserite dopo le postille, dellequali mettono in pratica le istruzioni dispositive.

84. DE ROBERTI, /! canzoniere Escorialense cit., pp. 16-17.85. FA VATI, Un codice perduto, p. 214.86. Questo farebbe preferire la scelta iniziale del quaternione, oppure dei quinione con e. 83 solidale e an-

teposta a e. 87 (e non viceversa), perché così i componimenti indicati dalle postille relative ai sonn. En6 Andi-le la chaxion d'i mcy sospiri a e. &3v(—* Ei?4 Donne miey gientillc al parer meo a e. %JT e Ei8i Si è 'ricamato Amor ddsuo piacere a e. S/v). E118 dicntil' donne vaUenie omm'aytate a e. 83V (—* Meuffo, y' feci una visia dennante, proba-bilmente nella carta strappata), £171 In dexinor e 'n vergogna solamente a e. 87r (—* Fi/S J,i vostri occhi gientili e

96 ROBERTA CAPELLI

stanza, nulla ci vieta di pensare a qualcosa che si trovi 'immediatamente dopo': in questosenso, i due sonetti che 'immediatamente seguono' £183 Vinetti e iosa era l'alma mia. sonoquelli inseriti nell'interlinea per mancanza di spazio sul margine e cioè, O voy che siti enver' mi sì iuàey e L'anima mia che va sì pellegrina. [TAB. 33']. Tanto più che questi due sonet-ti si trovano in successione diretta a e. &tv (sono, rispettivamente, i sorin. Ki32 e li 133), edil sonetto O voy che siti en ver' mi si ìudey deve comunque essere ricollocato, come ci se-gnala il suo marcatore alfabetico (= h cancellata inscritta in un triangolino).87 Dopo ilcomponimento f andrebbero così sistemati solo tre (anziché cinque) sonetti. La serie de-finitiva che risulta al termine di tutti questi aggiustamenti può quindi avere due fisio-nomie diverse, a seconda del modo in cui si interpreti la postilla al son. Ei/3, appenadiscussa. In entrambi i casi, comunque, la ricollocazione dei cinque[/tre] sonetti inquestione prevede il loro inserimento alla fine della serie (dopo, cioè, la lettera e) ecomporta l'arretramento della colonna di testi soprastante, in modo da occupare tuttele 'caselle' alfabetiche rimaste vuote [TABE. 33 e 33'].

La quarta ed ultima serie è data dalle lettere precedute da crocetta; la sua ricostruzioneè abbastanza lineare e riguarda sonetti di Cino da Pistola [TAB. 43]: l'unica 'casella' alfabeti-ca a restare vuota è quella relativa alla lettera -i-fi; tuttavia, poiché la postilla a margine delson. Eii8 Gientil' donne vallentc, ora m'aytate (e. 83v), contrassegnato dalla lettera +g, indicach'esso deve essere seguito dal sonetto Meucco, y' feci una vista dennante,™ quest'ultimoandrà per l'appunto sistemato nella 'casella' vacante corrispondente alla lettera +h; que-sto spiega anche il motivo per cui il marcatore alfabetico del son. £112 Ben he forte cassa cidolce sgardo sia +h cancellata, dove la cancellatura segnala il necessario riposizionamentodi questo testo. Resta da spiegare perché +e sia sormontato dal simbolo simile al segnodi paragrafo che già accompagnava la lettera y inscritta in un triangolino accanto al son.Ei/7 Li vostri occhi gìentili e pien' d'ardore (e. 8jv); se - come ho cercato di dimostrare - inquel caso la sua funzione era di segnalare lo scambio tra x e y, è probabile che anche inquesta circostanza esso funga da indicatore di errore; e, effettivamente, sono propensa a

pien' d'ardore a e. Sjv), £173 O (M, Amar, àie m'àyfacw martire [postilla interi.] a e. 9>jr (-* £183 Vincta e lassa eral'alma mia, £184 De/, no mi demandar pen:h'e' sospiri, £182 Undcvcni, Amor, così soave [secondo l'interpretaziuneDe Robertis/Favati di alias duos sequ.entes~\ e. S^v) si troverebbero tutti più avanti, nel manoscritto, rispetto altesto che reca la postilla. Al contrario, le postille aisonn. £173 O tv, Amar, che m'ày fàc.to martire: [postilla marg.]a e. 8/r (—* £132 O voy che siti en ver' mi sì ìudey e E133 L'anima mia che va sì pellegrina a e. 84v), £179 Cardando avoy en parlar e in sinbianti a e. 8?v (—* Veduto han gì agi mey, probabilmente nella e. strappata), Ei8o Sta nel pia-cer dela mia dona Amore a e. 8/v (—* £179 Cardando a. voy cn parlar e in sinbianti a e. 871'), £184 De!, no mi deman-dar perch'e' sospiri a e. 8yv (—* Ei82 linde veni, Amor, così soave a e. Syv). non riportano l'indicazione infra perchéi sonetti citati si trovano in carte precedenti o in posizioni più arretrate.

87. La necessità di spostare il son. E132 O voy che siti en ver' mi sì Ìudey emerge chiaramente osservando la Ta-vola di questa serie alfabetica |_TABB. 3n-''3a']: la serie si apre, infatti, con un blocco compatto di sonetti dante-schi (lettere b-h [la 'casella' di a rimane vuota]), seguiti da un blocco ancora più compatto di sonetti ciniani flet-tere fe-f); tra questi due gruppi, lo spazio relativo alla lettera i è occupato dal son. £141 Se voy udiste la voce dollente (e, 857) che gli editori moderni attribuiscono a Cino da Pisloia, ma che il copista di E ha il dubbio possaessere di Dante; la rubrica, infatti, reca: «Idem aliter Dante». A rigor di logica, nell'economia della cara di cuifa parte questo componimento. Idem dovrebbe indicare Cino da Pistoia, che e la testa di serie degli ultimi seisonetti di e. S^r; e proprio per questo motivo viene aggiunta la specificazione: alitcr Dante (la carta è così arti-colala: due sonetti di Cavalcanti, £135 Perché nonfuòro a migiogi dcspcnti e £136 Veder podisti quando v'escontray,in apertura; il son. £137 l'trovo d corferuta nella mente introdotto dalla rubrica attributiva «Misser Cin da Pistogia judcce»; i rimanenti cinque sonetti, Ei38-Hi42, introdotti dalla rubrica "Idem», ad eccezione, appunto,del son. £141 Se voy udiste la voce dollente, la cui rubrica suggerisce la possibilità di una paternità dantesca). Ora,ragionando nell'ottica del copista-ordinatore, il sonetto dantesco £141 Se voy udiste la voce dollente trova ade-guata collocazione alla line della sezione di sonetti danteschi della serie alfabetica con triangolino. A questopunto, la presenza del sonetto ciniano £132 O voy che siti en ver' mi sì iudey nel gruppo dantesco, tra i sonetticontrassegnati, rispettivamente, dalla lettera fi (- Hioy Era venuta nella menie mia) e dalla lettera i (- £141 Se voyudiste \n voce dollente) non è solo sbagliata perché il marcatore alfabetico del sonetto (— h cancellata) è doppio,ina anche perché il suddetto sonetto è estraneo all'omogeneità auroriale di questa sezione di testi.

88. Questo sonetto non figura in E; con ogni probabilità, si trovava tra quelli contenuti nella carta strappa-ta solidale con e. 85.

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credere ch'esso indicasse la mancata collocazione di Et8i St è 'ncarnato Amor del suo piace-re (e. 8/v) all'interno della serie alfabetica con crocetta: non a caso, il segno in questioneoccupa la posizione - all'altezza della prima/seconda riga - dì norma occupata dalla let-tera alfabetica, la quale compare invece accanto alla quarta riga; solo successivamente,una volta sistemate tutte le altre 'caselle', il copista-ordinatore si sarebbe cioè accorto chel'unica posizione rimasta ancora libera era quella corrispondente alla lettera +e.Kl) Laserie alfabetica con crocetta risulta a questo punto completa [TAB. 40].

Sulla base di questi dati, si possono formulare alcune considerazioni sulla preparazio-ne del codice. I sonetti rimasti senza una collocazione sono due, entrambi di Cino da Pi-stoia: Eii2 Ben he fòrte cassa d dolc-e sgardo (e. 83v) e £120 Un/in che gi oggi mey non chiudeMorte (e. 847-), rispettivamente contrassegnati dalla lettera -I-fi e h circolettata, poi cancel-late. Altrettanti (cioè, due) e sempre di Cino, sono pure i sonetti riportali dalle postille maassenti nel codice, probabilmente perché contenuti nella carta strappata solidale con e. 85(o in un bitbglio disperso). Questa sezione di sonetti andati irrimediabilmente persi, tra-scritta da mano a e presumibilmente organizzati come tutte le altre carte contenenti so-netti, avrà raccolto sedici componimenti di Dante, Guido e Cino. L'ipotesi può essere ra-pidamente verificata tramite il computo delle 'caselle' alfabetiche rimaste vuote dopo ilriassetto delle quattro serie di componimenti: tutti gli spazi ancora disponibili sono con-centrati nella serie dei marcatori alfabetici inscritti in un quadratino [TABE. 2a e ab]; esono quindici. Ci aspetteremmo forse sedici sonetti (ogni lato della carta ne contiene abi-tualmente otto), ma il numero quindici può essere spiegato considerando che e. 8/v necontiene eccezionalmente nove. I due componimenti privi di collocazione (£112 e £120),che andranno quindi sislemati in questa serie,90 riducono il numero dei sonetti per noi si-curamente e definitivamente persi a tredici.9'

Completate, dunque-per quanto possibile -le quattro serie alfabetiche in base alle in-dicazioni delle postille e dei marcatori marginali, non resta che unirle nell'ordine previ-sto dal copista-ordinatore (prima le lettere inscritte in un cerchietto, poi quelle in un qua-dratino, quelle in un triangolino e quelle precedute da crocetta), per ottenere la Tavola diun nuovo codice, che chiamerò E' [TAV. i]. L'impossibilità di pervenire ad una strutturafascicolare stabile per la sezione dei sonetti di mano u nell'Escorialense, mi dissuade dal-l'instaurare un confronto diretto tra l'ipotetica Tavola di questo e la Tavola ricostruita diE'. Ciò non impedisce, comunque, di usare gli elementi a disposizione per cercare di chia-rire alcuni interrogativi che scaturiscono dall'osservazione della Tavola di E*. La primadomanda è: «con E' si spiegano certe peculiarità di E; [quindi] E' rispecchia la situazionedi un ascendente di E»,92 come vorrebbe Favati, oppure, E' è compilato a partire da E,nell'intento di correggerne e spiegarne proprio le anomalie? È evidente che E* risulta

89. I/ipotesi di un'aggiunta finale risulterebbe ancor meno peregrina in presenza di un quaternione comeprimo fascicolo del codice: in questo caso, e. 87 sarebbe l'ultima del primo facicolo a contenere sonetti diDante, Guido e Cino, prima delle due carte linali dedicare a Cecco Angiolicri e Meo de.' Tolomci (di conse-guenza, il son. Ei8i Si è 'ncarnato, Amor, dd suo piacere sarebbe il quart'ulrimo componimento dell'intera se-zione di sonerti contrassegnati dalle lettere alfabetiche).

90. Cfr. FAVATI, Ancora suU'Esciinalcnse cit., p. 177, il quale elimina - inspiegabilmente - il son. Em Boi heforte, cosso, ei dolce sgardo: «non ci vuoi molto a concludete che i sedici sonetti mancami alla tavola di E' dove-vano ttovatsi proprio nella e. 83 bis»; e alla nota 2 aggiunge: «...in realtà le caselle disponibili risulterebbero15; ma alla tavola da noi pubblicata va tolto la Giù......

91. Riferisco con tutte le cautele del caso, l'ipotesi di FAVATI, Un codice perduto cit., p. 215 n. 8, di inserire duecomponimenti cavalcantiani riportati dai codici della famiglia Mc'-Triss e Giunt, che discendono appunto daF: «...tanto più che, nell'ambito delle composizioni cavalcantiane. Se vedi amere assai ti prego. Dante e l'vegnoiìgiorno a te infinite volte, sono presenti (pur mancando ad E) in Cium, in un testo di ripo K: e il codice di ripo Kcui Giunt attinse è per ogni altra composiziune, appunto, E. Come dunque non supporre che anch'esse fos-sero in E? Tanto più che sono anche in Me'». Per la descrizione della cosiddetta famiglia Mc'-Triss rimandoagli studi, più volle citati, di Barbi e De Robertis.

9-2. FAVATI, Un codice perduto cit., p. 2.22.

0,8 ROBERTA CAPELLI

strutturato secondo un ben preciso disegno di omogeneità autorialc e tematica i*13 ma, inpiù, la collocazione di determinati componimenti, aiuta a risolvere (o, quanto meno, agiustificare in modo più plausibile) i dubbi attributivi di E. Si considerino questi casi di at-tribuzione dubbia. I sonetti di E con rubrica attributiva negativa (o privi di rubrica) sonocomplessivamente quattro:

e. 84v £127 Nescio^ Lo doler grande che me corre sovra[C«ii> da Pistoia]

e. 84V £130 Nescio Carda crudel iudicìo che fa Amore\Cino da Pistoia}

e. R^r Hi4i Idem aliter Dante Se voy udiste la voce, (tallente[Circo da Pistoia']

e. 8<ir £142 No so chi fé questo Uactì vostri, fi sgardi e '/ bel diporto\Cino da Pisloia]

In E, i due sonetti anepigrafi accompagnati dall'indicazione marginale «Nescio»,95

Ei27 Lo dolorgrande che me corre sovra e £130 Carda crudel iudicio che fa Amore, si trovano in-seriti in una carta (e. 84f-v) dedicata a Cino da Pistoia: Biiy è il primo sonetto del verso,£130 è il quarto. In E', invece, £12,7 ed £130 diventano, rispettivamente, il son. 61 e il son.86 della cospicua sezione ciniana formata dai sonn. 57-91. legandosi ai testi vicini tramiteuna fitta e pregnante rete di corrispondenze Icssical-te mati che che mettono in risalto lanatura 'antologica' del manoscritto;1*6 e questo mi pare significhi solo una cosa: che la pa-ternità ciniana è implicitamente riconosciuta dal copista-ordinatore di E/E'; anzi, proprioin virtù di questa loro collocazione nella sezione ciniana di E', non mi pare troppo az-zardato supporre che questi due sonetti, nell'ipotetica Tavola di E', potessero aver inte-grato la rubrica mancante in E. Il discorso risulta lineare ammettendo che E' sia - per cosìdire - un apografo di E; non altrettanto, ammettendo che E* sia più vicino all'antigrafodi E: infatti, se così fosse, perché mettere il sonetto anepigrafo £12.7 all'inizio di e. §4V,quando tutti gli altri sonetti del recto hanno attribuzione sicura? Mi sembra più logicoipotizzare che il copista-ordinatore di E, terminato di trascrivere i testi così come li tro-vava nella propria fonte e così come ci vengono tramandati dal codice Escorialense, abbiacercato di riorganizzare il materiale a disposizione attraverso postille e lettere marginali,segnalando quale successione essi avrebbero dovuto avere nelle copie esemplate su E. In-somma, E sarebbe un esemplare di copia. Inoltre, il fatto che £127 Lo dolor grande che mecorre sovra sia attestato solo in E (ed in E') e nei suoi derivati (Giunte Pii),97 non permette

93. Gruppo di testi danteschi (sonn. i-S. 25-32 L?_ e 49-56; gruppo di testi cavakantiani (sonn. 17-20 e-. 92-96);gruppo di testi cimimi (sonn. y-i6, 13-48 |_?J, 57-90-

94. «Nescio». in entrambi i casi in cui viene impiegato, non occupa la riga normalmente deputata alla ru-brica attriburiva, ma viene collocato a margine del sonetto; i due sonetti E\ij e EIJO sono, dunque, a tulli glieffetti anepigrafi.

95. CAVATI, Un codice perduto cit.. p. 222: «si noti la didascalia latina, del tutto eccezionale in F»; non è poi cosìeccezionale la presenza di postille marginali in latino, visto che tutte quelle finora discusse sono introdottedalla formula Ialina «hic scribas» e concluse dal rinvio, sempre Ialino: "qui sunt / qui est infra» (sonn. En6,F.11K, F.1/1. Ei73').

96. Vale la pena sottolineare la posizione dei sonn. Rii? (= fi-i) ed Hijo (— 86): Vincipit del primo, Lo dolorgrande che me corre sovra, si lega perfettamente per il motivo del dolore, all'incipit seguente, Ciò ch'io veggio de.qua m ' è mortai duollo, il quale, a sua volta, è accomunato al successivo, Cum gravossi sospir' traggicndo guay, perla triste e sofferente airnoslera senlimeniaìe ; e così via. Allo slesso modo, il son. Ei3o|_/86J, Carda crude! iudi-cio cke fa Amore, è ben posto rra un sonetto di speranza delusa Se non si mornon troverà mai possa (num. 85) e unsonetto di speranzosa attesa Déy, cum serebe dolce conpagnia (num. 87).

97. Le sigle, sempre tratte da DE ROBERTI, II canzoniere Esca rial ente cit,, pp, 9, 11, indicano: Sonetti e Canzonidi antichi autori toscani, Firenze, Giunti, 1527 (- (iìunt) e Rime di M. Cino da Pistola, edite da Niccolo Pilli, Biado,Roma 1559 (= Pii).

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di affermare univocamente che esso «era quindi nel!'antigrafo»,^ perché non sì può enon si deve escludere l'esistenza di codici intermedi perduti.

Alla conclusione che E* rispccchi un ordinamento basato su E (e non precedente a E)conduce anche l'esame degli altri due sonetti di duhbia attribuzione e collocazione. Siveda il son. £141 Se voy udiste la voce dollente a e. 85?-, che reca la rubrica «Idem aliterDante»: come già spiegato, «Idem» indica identità di attribuzione rispetto alla testa diserie che, in questo caso, è il son. £137 /' trovo et corferuta nella mente attribuito a Cino daPistola («Misser Gin da Pistogia judece»); «aliter Dante» introduce una seconda possibi-lità attributiva, a Dante. Viene il sospetto cbe il rubricatore di E si sia confuso, attribuen-do il son. £141 Se voy udiste la voce dollente a Cino sulla base di quelli soprastanti, quandoinvece avrebbe dovuto essere ascritto a Dante ; dalla Tavola di E* si nota, invece, che que-sta correzione è stata messa in pratica, tant'è che il son. £141 {— ora 56) è inserito alla finedella sezione dantesca che inizia con il son. 49 Spesse fiale vegnente a la mente. Infine, siprenda in esame il son. £142 L'adì vostri, li sgardi e 'I bel diporto, ultimo di e. 8^r. la rubri-ca «No so chi fé questo» ci dice che, nella fonte di E, il sonetto era anepigrafo o recavaquesta stessa intestazione.yy Nella Tavola di E' esso è strategicamente sistemato al num.21, tra l'ultimo sonetto della piccola sezione cavalcantiana (sonn. 17-20) e il primo sonet-to della piccola sezione ciniana (sonn. 22-24): quasi a voler ribadire il dubbio irrisolto circal'attribuzione a Cavalcanti o a Cino.

Rimane un ultimo aspetto curioso: la miniatura mancante. Sulla base di quanto dettosino a questo punto, mi azzarderei a dire che la miniatura non c'è perché non doveva es-serci, perché non era prevista fin da! momento della trascrizione ; vale a dire che, con ogniprobabilità, doveva semmai essere la fonte di E a recare la miniatura descritta a e. 74r, mail copista di E, nel trascrivere il Trattato di Guittone, ne segnala solo la presenza e il sog-getto perché funzionali ai sonetti della carta, senza tuttavia avere la minima intenzione difarla realizzare praticamente.10" A ben guardare, infatti, lo spazio deputato all'interventodel miniatore è limitato, e la didascalia che scorre nelle due colonne laterali, scritta conpesante inchiostro nero (lo stesso usato per la copia dei testi poetici) non ria nulla dellecomuni «menzioni [...] destinate ad essere asportate dalla rifilatura o nascoste dagli stra-ti di colore»;101 sembra piuttosto essere un'indicazione permanente destinata a fissare conesattezza le caratteristiche di Amore, così come dovrà essere raffigurato ogni qualvoltavenga copiato il Trattato guittoniano. Le istruzioni del copista-rubricatore di E, che co-mincia la colonna di sinistra scrivendo: «Quy de esser la figura de l'Amore...», non sonodunque rivolte ad un miniatore particolare, chiamato ad abbellire il codice Escorialensc ;sono, invece, pensate per i miniatori che saranno incaricati di realizzare l'apparato ico-nografico del codici derivati da E.

L'analisi di tutti questi dati codicologici stimola alcune ipotesi sulla natura, funzione ecircolazione del codice Escorialense. Il modus operandi del copista di mano a. in partico-lare, ma, più in generale, la fisionomia dell'intero codice mi spingono a credere che esso

98. FAVAII. Un co dice perduto cit.T p. 2,2,2.99. Consideralo il caso, poco fa analizzato, della postilla « Nescio » sul margine e rubrica assente per indica-

re componimenti anepigraii. mi sembra preferibile pensare che il copisra di E abbia trascritto qtiello che. giàtrovava nella sua fonte.

100. Efiim, Un «Trattato d'amare" cit., p, 55, avanza l'ipotesi che la miniatura fosse, in realtà, un'invenzionedel poeta, un artificio retorico attraverso cui sustanziare la rappresentazione di Amore; più di recente, H.WAINE STOKJJY, 'Lranscription and visual poetics in thè early halian \yric. New York-London, Carianti Publishing,1993. pp. 179 181 sgg., ha sostenuto - come mi pare più probabile che lo spazio bianco a e. /^r fosse noriginallydestined to contain a copy of painted illustration which would havc scrvcd [...] as an integrai part of tnc tc.x-Tual product [...]. The Trattato was acfompanicd by an illumination with textually relatedrequirements». Di-rimcrc la questione dell'esistenza primigenia o no della miniatura non cambia, comunque, il discorso sull'at-teggiamento del copista di E, il cui compito pare essere quello di compattare nel miglior modo possibile il Trat-tato di Guittone nel lòglio a sua disposizione (e. 74r-v), a scapilo dell'apparato iconografico (del resto, se di codice di servizio si trattava, la miniatura non era che una 'spesa' inutile).

ici. MANIACI, Archeologia cit., p. 66.

100 ROBERTA CAPELLI

potesse essere un 'esemplare di servizio', una sorta di modello per la compilazione di co-dici successivi, cosa che potrebbe ben spiegare i) la sua natura frammentaria e le irrego-larità della fascicolazione, 2) l'eterogeneità dei contenuti, 3} l'alternanza delle mani. Se,infatti, l'Escorialense fosse un collettore di liriche, questo implicherebbe che la sua confi-gurazione andava prendendo forma mano a mano che nuovi materiali venivano in essoinseriti, senza rispondere ad un preciso disegno globale, e senza prevedere un progettodefinito per l'allestimento dei fascicoli, i quali potevano essere organizzati a seconda delmateriale di volta in volta disponibile; non mi sembra, dunque, da escludere l'idea che Efosse un codice, per cosi dire, 'in costruzione', e circolasse in forma 'aperta1, non neces-sariamente composto da fascicoli né simmetrici, né legati, bensì sotto forma di raggrup-pamento di unità fascicolari indipendenti, da completare progressivamente; queste unitàfascicolari instabili, particolarmente soggette a danni e dispersioni, giustificherebberol'attuale aspetto lacunoso del codice. Anche la varietà dei contenuti poetici porterebbe aconfermare l'ipotesi dell'esemplare di copia : una logica di fondo nella selezione dei ma-teriali c'è (raggruppamenti per genere, sezioni per autore, cicli tematici), ma nel suo in-sieme il codice rappresenta una vera e propria antologia per accumulo. Il modo in cui siaggiungono, una dopo l'altra, le varie sezioni, è testimoniato dal succedersi delle mani,ciascuna delle quali trascrive e postilla in un momento diverso. A mio avviso, ITiscoria-lense si configura più come un repertorio che come un canzoniere - termine che, infat-ti, ho volutamentc evitato nel corso dell'intero contributo - dal momento che il proget-to di allestimento dei materiali poetici in esso raccolti sembra essere più frutto di un cri-terio compilatorio che di un atto critico artisticamente orientato, specificando, ovvia-mente, che con il termine di 'canzoniere' si intende il libro di rime - petrarchesco per an-tonomasia - progettato secondo pre-defìniti criteri di organicità ed omogeneità delle suediverse ma intercorrelate strutture componenti. Nell'Escorialense, dove vi sono, certo, i'canzonieretti1 di Guittone d'Arezzo e Nicolo de' Rossi, il 'canzoniere' costituito dal-l'ampia selezione di sonetti stilnovisti di mano a. e, in senso più lato, il 'canzoniere' di bal-late di mano P, suddiviso in vere e proprie piccole raccolte d'autore, la formazione e si-stemazione di questi nuclei strutturanti e strutturati avviene più secondo le modalità del-l'aggiunta che dell'incorporazione di testi, conferendo al codice l'aspetto di un insieme di'micro-strutture canzoniere' comprese in una 'macro-struttura repertorio'.

NUOVE INDAGINI SUI- MS. ESCORIAI, C.ITT.23 TOT

TABELLE

Nelle Tabelle che seguono è ricostruito l'ordine di successione dei sonetti, ottenuto attraverso il ri-ordinamento delle lettere marginali e le indicazioni lasciate dal copista nelle postille marginali edinterlineari.

Nelle Tabelle *a, si riporta la prima fase di sistemazione dei componimenti, con segnalazione ditutti gli interventi effettuati dal copista ; le Tabelle *b traducono una o più ipotesi di sistemazionedefinitiva.

1 .sonetti soggetti a spostamenti e ri col locazioni sono marcati in neretto. I due sonetti contras-segnati da asterisco (Veduto han gì ogi mey nella Tab. la e Meuffo, y'feci una vista Acnnanle nella Tab.40) non figurano nel manoscritto ; essi facevano presumibilmente parte della carta strappata soli-dale con e. 85.

102. ROBERTA CAPELLI

Lettere nelcerchietto

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His srribas O(lardandoli voy p

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Autore

DANTE ALIGHIERIGUIDO CAVALCANTIDANTK A L I G H I E R IDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTK A I . I G H I K R IClNO DA PISTOLAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIA

CINO DA PISTOLA

GUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTINo so cui FÉ QUESTO [CiPtjClNO DA PlSTOIACIMO 1.1 A PISTOIAClNO DA PlSTOIA

Incipit

Amore e 'i corgientil son una cosaChi he questa che ven ch'ogn'om la miraVede pcrfcctamcntc ogni saluteNe lì oggi porta la mia dona AmoreDe i oggi de quella girtitil mia damaDe i oggi de la mia dona se moveTanto gientil e tanto honesta pareSe '! visso mio a. la terra s'cnchicnaEnfin che gi oggi mey non chiude MorteEl' he tantogientil et alta cosaOymé, ch'io vegio per entro un penseròPoxia ch'io vidi gi agi di costey

Tuto mi salva '1 dokc salutareVedete, donne, bella criaturaSta nel piacer de la mia dona Amore

Cardando a voy en parlar e in sinbianti

Beltà de dona e de saccente careVeder podisti quando v'enscontraylo vidi gi ogi dove Amar se misseVuy che per i oggi mey passasti d coreL'acti vostri, li sgardi e 'I bel diportoUna richa rocha e forte mantoMadonna, la beltà vostra cnfòlìoUna dona mi passa per la mente

TAB. la

Lettere nelcerchietto

ahedefghikL

m (n)n(o)o(p)p(q)

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NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAI, C.ITT.23

Autore Incipit

103

DANTE ALIGHU-.RIGUIDO CAVALCANE iDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTK ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERICINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO UÀ PISTOIACIMO DA PISTOIACINO DA PISTOIACIMO DA PISTOIACINO DA PISTOIAGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUI no CAVALCANTINo SO CHI FK QUESTO [CÌPtJClNO DA PlSTOiACINO DA PISTOIACI.NO DA PISTOIA

Amore e 'I corgientil san una cosaChi he questa che vcn ch'ogn'om la miraVede per/ertamente ogni saluteNe li oggi porta la mia dona AmoreDe i aggi de quella gientil mia damaDe i oggi de la mia dona se moveTanto gientil e tanto honexta pareSe 'I visse mio a la terra s'cnchienaEl' he tanto gientil £t alta cosaOyme, ch'io vcgio per entro HM penseròPoxia ch'io vidi gi ogi di cosieyTuta mi salva 'I dolce salutareVedete, donne, bella crìaturaSta nel piacer de la mia dona AmoreCardando a voy en parlar e in sinbiantiVeduto han gì ogi mey "Beltà de dona e de saccente coreVeder podisti quando v'enscontraylo vidi gi ogi dove Amor se misseVuy che per i oggi mey passasti el coreL'acti vostri, li sgardi e 'I bel diportoUna ridia rodw e forte manloMadonna, la beltà vostra enfiiloUna dona mi passa per la mente

TAB. ib

1.04 ROBERTA CAPELLI

Lettere nelquadratino

abcdef

Autore

DANTE ALIGHIERIDANTH ALIGHIERI

DANTE ALIGHIERI

Incipit

LÌ? fin piacer de quello adorno vissoGientilpenserò che [ . . .f . . .]

Questa dona ch'andar me fa penssoso

hhikLninoPqrsSL

U

X

y

CINO HA PTSTOIACi NO DA PISTOIACINO DA PISTOIA

CINO DA PISTOIACINO DA PISTOIA

CINO DA PISTOIA

Donna, io ve miro e non he city ve guideSenca tormento de sospir' non vissiAmor he uno spirito ch'ancidc

Ora ch'ensdo lo sospiro mioUmidiccio d'Amor ch'io solo parlo

Voy che per nova vista di fcrcca

TAB. 23

Lettere nelquadratino

abedefShikLmnoPqrsStuX

yC

NUOVE INDAGINI .SUL MS. ESCORIAI. C.UT.23

Autore Incipit

105

DANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERI

DANTE ALIGHIERI

CINOCINOCINO

CINOCINOCIMOCINO

DA PlS'I 'OIA

DA PISTOLADA PlSTOIA

UÀ PlSTOIA

DA PlSTOIA

DA PlSTOIA

DA PlSTOTA

DA PlSTOIA

Lo fin piacer de quello adorno vissoGientil penserò che |_...f...J

Questa dona ch'andar me f a pcnssoso

Danna, io ve miro e. non he. city ve guideSe.nc.a tormento de sospir' non vissiAmor he uno spirito ch'ancideBen è forte cosso el dolce sgardoOra ch'ensdo lo sospiro mioL'enteltecto d'Amar ch'io solo portoEnjin che gì oggi mey non chiude MorteVoy che per nova vista difereca

TAE. zb

io6 ROBERTA CAPELLI

Lettere neltriangolino

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1 lis scriba^Unite va i Amar cosi soa

HisLi vi

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scriba*siri odii f curi

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1

Autore Incipit

DANTE ALIGHIERI Spesse fiate vegnome a la menteD A N T K ALIGHIERI Cum l'altre donne mia vista gabaleDANTE ALIGHIERI lo sento pianggcr l'anima nei careDANTE ALIGHIERI Parole mie che per lo mondo scieteDANTE ALIGHIERI Oy, dolce rime che parlando andateDANTE ALIGHIERI No v'acorggitì voy d'un che se smoreDANTE A U G H I K R I Era venuta nella mente miaCIMO DA PISTOIA 0 voy che, siti cn ver' mi sì ìiidcyDEM aliter DANTE [CiPtj Se voy udiste la voce dollente

CINO DA PISTOIA Segi agi vostri vedessen chohtyCINO DA PISTOIA Quella donna gientil che sempre mayCi NO HA PISTOIA De', no mi demandar perch'e' sospiriCINO DA PISTOW Unde veni, Amar, cosi soaveCINO DA PÌSTOIA Vincta e lassa era l'alma mia^JESCIO [CiPtJ Lo dolor grande che me corre sovraCINO DA PISTOIA Ciò ch'io veggio de qua me mortai duollo^INO UÀ PISTOIA L'anima mia che va .si pellegrinaCINO DA PISTOIA Cum gravassi sospir' traggicndo gwtyCINO DA PISTOIA Oy, giorno di tristicia pien di dannoCINO DA PISTOIA Ocelli mey fuggite ogni personaCINO DA PISTOIA In dexinor e 'n vergogna solamente

CINO DA PISTOIA Oymc, lasso, or sonv'io tant'a nuoiaCINO DA PISTOIA Li vostri occhi gientili e pien' d'ardoreCINO DA PÌSTOIA O tu, Amar, che m'àyfacto martire

'His scribas Vincta e Iosa era l'alma miti

Et alios duos sequentes qui sunt infraDe.', ili) mi demandar perch'e' sospiriUnde veni Amar cosi soaveO, vay che .siete ver' mi si iudeyL'anima mia che va si pellegrina.

TAB.

Lettere neltriangolino

Ordine def.abe:dC

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*(§y)ye

(o)(m)(n)(K)(r)

Autore

DANTH A I . I C H Ì K R IDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE AI . ICHIKRIDANTE ALIGHIERIlDEM...(_CiPtJClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIANfcSClO [ClPt]ClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlS'I 'OlAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PiSTOlACTNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOÌAClNO DA PlSTOIA

NUOVE INDAGINI SUL MS. BSCORIAL C.Ili.23

Incipit

107

Spesse fiate vegnome a la menteCum l'altre donne mia vistagabatelo sento piangger l'anima nei careParole mie che per lo mondo xcieteOy, dolce rime che parlando andateNo v'acorggiti voy d'un che se smoreEra venuta nella mente miaSe voy udiste la voce dollenteSe gì ogi vostri vedexxen choluyQueliti donna gientil che sempre mayi.o doior grande che me corre sovraCiò ch'io veggio de qua m'è mortai duolloCwngravossi sospir' traggiendo guayOy, giorno di trislicìa pien di dannoOcchi mey fuggite ogni personaIn dexinor e. 'n vergogna solamenteLi vostri occhi stentili e pien ' d'ardoreOymé, lasso, or som''io tant'a nuoiaO tu, Amor, che m'àv facto martireVincta e lassa era l'alma miaDe.', no mi demandar perch'e' sospiri(Jnde reni Amor così soaveO voy che siti en ver' mi si iudeyL'anima mia che va sì pellegrina

TAB.

io8 ROBERTA CAPELLI

His scribas(inde veni Amar cos

HLi

s scribavostri oc

Lettere neltriangolino

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Autore Incipit

DANTE ALIGHIERI Spesse fiate vegnome a la menteDANTE ALIGHIERI CHW l'altre donne mia vista gabateDANTO ALIGHIERI Io sento piangger l'anima nel careDANTE ALIGHIERI Parole mie che per lo mondo scieteDANTE ALIGHIERI Oy, dolce rime che parlando andateDANTE ALIGHIERI No v'acorggiti voy d'un che se smoreDANTE ALIGHIERI Era venuta nella mente miaCINO DA PISTOIA O voy che siti en ver' mi sì iudeyDEM aliter DANTE [CiPt] Se voy udiste la voce dollentc

CitsO DA Pis'i'OiA Se gì ogi vostri vedessen choluyCINO DA PISTOIA Quella donna gientil che sempre mayCINO DA PISTOIA De!, no mi demandar perch 'e' sospiriCINO DA PISTOIA linde veni, Amor, cosi soaveCINO DA PISTOIA Vincta e lassa era l'alma miaUnsero [CiPtl Lo dolor grande che me corre sovraCINO DA PISTOIA Ciò ch'io veggio de qua m 'è mortai duciloCINO DA PISTOIA L'anima mia che va si pellegrinaCINO DA PISTOIA Cum gravassi sospir' traggiendo guayCINO DA PISTOIA Oy, giorno di tristicia pien di dannoC I N O DA PISTOIA Occhi mey fuggite ogni personaCINO DA PISTOIA In dexinor e 'n vergogna solamente

CINO DA PISTOIA Oymé, lasso, or sonv'io ta.nl' a nuoiaCTNO DA PISTOTA Li vostri occhi gientili e picn' d'ardoreC I N O DA PISTOIA O tu, Amor, che m'àyfacto martire

His scribas Vincta e lazo, era l'alma, mia

et ali ns duos se.que.ntes qui siiti t infraO, voy che siete ver' mi d iudey!, 'anima mia che va .n pellegrina

TAB. 33'

Lettere neltriangolino

Ordine def.abC

deffihik1ninuPqrs

abC

deffi

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Pqsstu

NUOVE INDAGINI SUL MS. ESCORIAL C.III.23

Autore Incipit

109

(§ y)y^(o)

DANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERI

DANTE A L I G H I E R IDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIDANTE ALIGHIERIIDEM aliter DANTE [CiPt]CINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIANESCIO fCiPt]CINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACINO DA PTSTOIACINO DA PISTOIACINO DA PISTOIACIMO DA PISTOIACINO DA PISTOIACTNO DA PISTOIA

Spesse fiate vegnome ala menteCum l'altre donne mìa visla gabatcIo sento piangger l'anima nel core.Parole mie che per io mondo scieteOy, dolce rime che parlando andateNo v'acorggitì voy d'un che se smoreEra venuta nella mente miaSe voy udiste la voce dollenteSe gì agi vostri vedcsscn choluyQuella donna gientil che sempre mayDe!, no mi demandarpfrch'e' sospiriUnde vcni, Amor, cosi soaveLo doler grande che me corre xovraCiò ch'io veggio de qua m'c mortai duciloCum gravassi sospir' traggiendo guayOy, giorno di tristicia pien di dannoOcchi mey fuggite ogni personaIn dexinor e 'n vergogna solamenteLi vostri occhi gientili Epien' d'ardoreOymé, lasso, orsonv'io tant'a nuoiaO tu, Amor, che m'àyfacto martireVincta e lassa era l'alma miaO voy che siti en ver' mi si iudeyL'anima mia che va sì pellegrina

TAB.

His scribasDiurne trney gientìle etSi he incarnato Amar de su •piacer

His scribasMeuffo, y'/éci una vista damante

Lettere concrocetta

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-d§Jef

B-hfcikL

RORERTA CAPELLI

Autore

ClNO

ClNO

ClNO

ClNO

CIMOClNO

ClNO

DA PjSl 'OIA

DA PlSTOIA

DA PISTOLA,DA PlSTOIA

DA PlSTOIA

DA PlSTOIA

DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIA

ClNO DA PlSTOIA

NKSCIO [CiPtl

ClNO DA PlSTOTAClNO DA PlSTOlAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAClNO DA PlSTOIAGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTIGUIDO CAVALCANTI

Incipit

Moveti Pietate, e va' encarnataHomo io cuy nome per efectoAudite ìa diaxion d'i mey sospiriDorine miey gicntilic al parer meoSi è 'ricamato Amor del suo piacerePietà e Mer$é me ricomande a voyGienlil." donne vallente, ora m'aytate

Ben he forte cossa ci dolce, sgardoOy, Dio, como s'acorse enfortepontoOy lasso, ch'i' credia trovar pie tateLo care mio che ny gì oggi se misseSignore, io sum queluy che vide AmoreSe non si mor non troverà may poossaGarda cruàel iudicio che fa MinoreDèy, cum serebe dolile conpagniai.a beiia dona che 'n verrà d'Amorel'trovo d cor feruta nella menteQuesta ligiedra donachcdy' senioTu che si' voce che lo cor confaneS'io prego questa dona che pietateO donna mia, non vedis'tu choluyTu m'ày sì piena de dolor la menteLi meyfoV oggi che 'n prima sgarda.roPerché non fitòro a migiogi dcspcnti

TAE.