Maria BETTELLI () - Gianni BERGAMASCHI, “Felix Gorgona… felicior tamen Brixia”: la...

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* Il contributo è stato realizzato portando a conclusione uno dei lavori incompiuti di Maria Bettelli. Un vivo ringraziamento a Gabriella Rossetti per i preziosi consigli, a Ga- briele Zaccagnini per le fruttuose conversazioni, a Simona Gavinelli per la datazione di numerosi codici. 1 È curioso notare come, al contrario, il nome “Giulia” abbia avuto in Italia mo- menti di fortuna, soprattutto in tempi recenti: cfr. A. ROSSEBASTIANO, Di nome, Giulia, in Studi in memoria di Giulia Caterina Mastrelli Anzilotti, Firenze, Istituto di studi per l’Al- to Adige, 2001, pp. 405-413. 2 Su Lucca, da cui promana, a mio parere, anche il culto a Livorno, cfr. infra, pp. 155-157 e nota 130. Sul monastero di S. Salvatore - S. Giulia, in generale, cfr. infra, nota 9; sull’intitolazione, nota 18; cfr. anche nota 130. A Brescia, in realtà, il culto non pa- re abbia esercitato grande inflluenza al di fuori del monastero dedicato alla santa e delle sue dipendenze. Nel Sacramentario del monastero di S. Eufemia, solo per fare un esem- pio, s. Giulia è ricordata nel Calendario, ma non rientra nel suo Santorale: cfr. E. ZANA, Il sacramentario benedettino bresciano del secolo XI, Brescia 1971, pp. 166 e 130. Per il co- dice e altre presenze di s. Giulia in manoscritti bresciani, cfr. S. GAVINELLI, La liturgia del cenobio di Santa Giulia in età comunale e signorile attraverso il Liber Ordinarius, in Cul- to e storia in Santa Giulia, a cura di G. Andenna, Brescia 2001 [Atti del Convegno “Culto e storia in S. Giulia”, Brescia 20 ottobre 2000], pp. 129-130. Sulla memoria della trasla- zione in due Calendari e in un Martirologio bresciani, cfr. infra, pp. 171-172. “Felix Gorgona… felicior tamen Brixia”: la traslazione di Santa Giulia* MARIA BETTELLI (†) - GIANNI BERGAMASCHI SOMMARIO: 1. S. Giulia dalla Gorgona a Brescia – 2. Circostanze della trasla- zione: i motivi di una scelta – 3. Datazioni proposte per la traslazione – 4. Anni 762 e 763: translatio e depositio – 5. Traslazione e intitolazioni a santa Giulia – 6. I protagonisti della traslazione: Ansa e Desiderio – 7. La traslazione nella memoria del monastero bresciano. 1. S. Giulia dalla Gorgona a Brescia Il culto a s. Giulia ha sempre avuto una diffusione relativamente limitata 1 , di cui si possono individuare due poli principali: la Tosca- na nord-occidentale, con Lucca come centro di irradiazione e Livor- no di cui la santa è patrona, e la Lombardia orientale, col celebre monastero femminile di S. Salvatore – S. Giulia di Brescia come centro di irradiazione 2 . La distribuzione non è certo casuale, ma corrisponde ai due poli su cui si snoda la storia delle reliquie della

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* Il contributo è stato realizzato portando a conclusione uno dei lavori incompiuti diMaria Bettelli. Un vivo ringraziamento a Gabriella Rossetti per i preziosi consigli, a Ga-briele Zaccagnini per le fruttuose conversazioni, a Simona Gavinelli per la datazione dinumerosi codici.

1 È curioso notare come, al contrario, il nome “Giulia” abbia avuto in Italia mo-menti di fortuna, soprattutto in tempi recenti: cfr. A. ROSSEBASTIANO, Di nome, Giulia, inStudi in memoria di Giulia Caterina Mastrelli Anzilotti, Firenze, Istituto di studi per l’Al-to Adige, 2001, pp. 405-413.

2 Su Lucca, da cui promana, a mio parere, anche il culto a Livorno, cfr. infra,pp. 155-157 e nota 130. Sul monastero di S. Salvatore - S. Giulia, in generale, cfr. infra,nota 9; sull’intitolazione, nota 18; cfr. anche nota 130. A Brescia, in realtà, il culto non pa-re abbia esercitato grande inflluenza al di fuori del monastero dedicato alla santa e dellesue dipendenze. Nel Sacramentario del monastero di S. Eufemia, solo per fare un esem-pio, s. Giulia è ricordata nel Calendario, ma non rientra nel suo Santorale: cfr. E. ZANA, Ilsacramentario benedettino bresciano del secolo XI, Brescia 1971, pp. 166 e 130. Per il co-dice e altre presenze di s. Giulia in manoscritti bresciani, cfr. S. GAVINELLI, La liturgia delcenobio di Santa Giulia in età comunale e signorile attraverso il Liber Ordinarius, in Cul-to e storia in Santa Giulia, a cura di G. Andenna, Brescia 2001 [Atti del Convegno “Cultoe storia in S. Giulia”, Brescia 20 ottobre 2000], pp. 129-130. Sulla memoria della trasla-zione in due Calendari e in un Martirologio bresciani, cfr. infra, pp. 171-172.

“Felix Gorgona… felicior tamen Brixia”:la traslazione di Santa Giulia*

MARIA BETTELLI(†) - GIANNI BERGAMASCHI

SOMMARIO: 1. S. Giulia dalla Gorgona a Brescia – 2. Circostanze della trasla-zione: i motivi di una scelta – 3. Datazioni proposte per la traslazione –4. Anni 762 e 763: translatio e depositio – 5. Traslazione e intitolazioni asanta Giulia – 6. I protagonisti della traslazione: Ansa e Desiderio – 7. Latraslazione nella memoria del monastero bresciano.

1. S. Giulia dalla Gorgona a Brescia

Il culto a s. Giulia ha sempre avuto una diffusione relativamentelimitata1, di cui si possono individuare due poli principali: la Tosca-na nord-occidentale, con Lucca come centro di irradiazione e Livor-no di cui la santa è patrona, e la Lombardia orientale, col celebremonastero femminile di S. Salvatore – S. Giulia di Brescia comecentro di irradiazione2. La distribuzione non è certo casuale, macorrisponde ai due poli su cui si snoda la storia delle reliquie della

3 G. BERGAMASCHI, “Ne in occultis tantae martyris passio impendatur”. Redazionie testimoni della Passio sanctae Iuliae (per “Aevum”), dove verranno anche presentatitutti i testimoni fin qui riconosciuti e i motivi per cui BHL 4517 (ex codice Bodecensi)può essere considerata di minor interesse per ricostruire la tradizione della Passio (il la-voro è praticamente concluso, ma l’indicazione dei §§ che qui verrà data potrebbe subirerevisioni). L’edizione delle redazioni latine farà invece parte di un lavoro successivo. Sul-la genesi della storia di santa Giulia e i presupposti storici che può avere, restano ancorafondamentali F. LANZONI, Le origini del cristianesimo e dell’episcopato nella Corsica, in“Rivista storico-critica delle scienze teologiche”, 6 (1910), pp. 446-451 e ID., Le diocesid’Italia dalle origini al principio del secolo VII (an. 604), Faenza 1927 (Studi e testi 35,II), pp. 683-686 (ma si veda anche G. BERGAMASCHI, S. Giulia a Lucca: la chiesa e il cul-to della santa, in “Nuova rivista storica”, 90 [2006], p. 767, nota 19); ottima rassegna ditutte le problematiche in A. FAPPANI, Una santa, un villaggio: S. Giulia V. M., Brescia,Edizioni “Voce del popolo”, 1984. Sul culto in Corsica e le intitolazioni nell’isola, G.MORACCHINI MAZEL, Corsica sacra, Porto-Vecchio, A Stamperia, 2004, pp. 6 e 9-13, incui l’Autrice si esprime a favore di una precoce diffusione del culto.

santa, dalla prima depositio alla Gorgona alla seconda, a Brescia.Poiché anche la storia della santa non è molto nota, quando addi-

rittura non è presentata con travisamenti, premetto una breve sintesidel racconto nella redazione più antica. Sulla tradizione della Passiosanctae Iuliae è di prossima pubblicazione uno studio specifico, incui vengono definite e analizzate le diverse redazioni, fino alle ri-scritture seicentesche3.

Dopo un Prologo, che non in tutti i testimoni manoscritti è riportato, lastoria comincia con la conquista di Cartagine: non è precisato quale, manon si può non pensare a quella dei Vandali, nel 439.

Giulia viene venduta come schiava e tocca in sorte a un certo Eusebio,paganus, civis Syriae Palestinae. Lei lo serve fedelmente e nello stesso tem-po conduce vita esemplare, si sottopone a costanti digiuni e, appena liberadal servizio, si dedica alla lettura e alla preghiera.

La Passio non dice né dove vive Eusebio, né dove si trova quando deci-de di compiere un viaggio verso la Gallia, ma solo che, costeggiando CapoCorso, vede dei pagani che compiono un sacrificio e decide di partecipareimmolando un toro. Solo Giulia resta sulla nave, cum illi crapulis baccha-rentur.

Felix Saxo, di cui la Passio non precisa il ruolo ma lascia intendere chepresiedeva alla cerimonia, chiede a Eusebio come mai la fanciulla nonpartecipi. Eusebio spiega che non è mai riuscito a distoglierla dalla suasuperstizione e l’avrebbe già sottoposta a diverse pene, se non gli fosse ne-cessaria per la sua fedeltà nel servizio.

Felice allora gli propone di cedergliela in cambio di quattro fra le suemigliori ancelle, aut pretium quod taxatum fuerit. Al rifiuto di Eusebio, ilvenenatissimus serpens lo fa ubriacare durante il banchetto e la turba fu-rens sale sulla nave a prendere la fanciulla. Segue il classico botta e rispo-

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4 L’espressione della Passio (“…iussit eam crinibus torqueri. Venerabilis Deimartyr torquetur, flagellatur…”), di per sè poco chiara, è stata interpretata in seguito co-me “suspensa capillis”: cfr. G. BERGAMASCHI, I capelli di santa Giulia, in “Brixia Sacra”,III s., 14, 1-2 (2009), pp. 313-314.

5 Acta Sanctorum (=AASS) Maii, V, Antverpiae 1685 (=AASS M. V), p. 169; quandonon precisato diversamente, le citazioni della Passio sono dall’ed. AASS, pp. 168-169.Nelle trascrizioni da testi fino al Settecento (ma non nei titoli) ho normalizzato, in lineadi massima, la scrittura e la punteggiatura secondo i criteri di citazione in uso. Traduzionidel testo latino della Passio in FAPPANI, Una santa, cit., pp. 142-145; C. QUARTARONE, S.Giulia, la storia e la leggenda di una martire, Livorno, Centro diocesano, 1984, pp. 1-4.

6 Sono giunto, pur con argomenti diversi (BERGAMASCHI, S. Giulia a Lucca, cit.,nota 27 a p. 770 e p. 782), alla stessa datazione proposta in AASS M. V, p. 169, nota (a) eda LANZONi, Le diocesi d’Italia, cit., p. 685. Per la Passio, cfr. Bibliotheca Hagiographi-ca Latina antiquae et mediae aetatis (=BHL), Bruxelles 1992 (ripr. facs. dell’ed. 1898-1901, Subsidia Hagiographica [= SH] 6), p. 669; BHL-Novum supplementum, Bruxelles1986 (SH 70), p. 499; una seconda edizione (sempre della stessa redazione, contrariar-mente a ciò che a volte si è scritto) in Th. RUINART, Historia persecutionis Vandalicae induas partes distincta. Prior complectitur libros quinque Victoris Vitensis Episcopi… Po-sterior Commentarium historicum de Persecutionis Vandalicae ortu, progressu et fine,Parisiis, T. Muguet, 1694; in J. P. Migne, Patrologiae cursus completus. Series Latina (=PL), 58, Parisiis 1862, coll. 378-380, è riprodotta la Passio dall’ed. Venetiis, Typis Jose-phi Bettinelli, 1732, pp. 219-221.

sta fra il santo e il persecutore, con Giulia che si rifiuta di sacrificare aglidei. Viene prima schiaffeggiata, poi flagellata mentre le vengono torti i ca-pelli4, infine crocifissa.

Gli angeli, che hanno assistito alla morte della santa, la annunciano auna congregazione di monaci che vivono in insula Margarita. Questi si pre-cipitano (confestim navim conscenderunt) a prendere il corpo della santain Corsica praestante sibi vento solatium. Anche al ritorno i monaci hannouna navigazione favorevole, che l’agiografo presenta con un ossimoro: na-vigabant sub omni celeritate, regredientes praestante sibi contrario vento.

Li incontrano i confratelli della Capraia (evidentemente diretti in Corsi-ca) e si stupiscono del prodigio, che l’agiografo rende con una bellissimaimmagine: et mirati sunt, quod contra venti fortitudinem in modum volu-crum vela plena iter suum agerent. Chiedendo quindi spiegazioni e ottengo-no ubna reliquia della santa (reliquiarum benedictionem). Infine in monaci

…pervenerunt in insulam Gorgonensem, et deponentes corpus eius denavi et condientes aromatibus, posuerunt in monumento cum gaudio ma-gno. Gesta sunt autem haec XI Kalend. iuniarum in hoc loco, ubi florentorationes sanctorum, ad laudem domini nostri… Amen5.

Con la data del 22 maggio si conclude il racconto della Passiosanctae Iuliae, edita sugli Acta Santorum e recensita nella Biblio-theca Hagiographica Latina col numero 4516, che ho definito Pas-sio I e che ritengo possa essere datata al VII secolo6. Sugli AASS,

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7 AASS M. V, p. 167, n. 2. Non mi è stato possibile reperire la copia spedita ai Bol-landisti da Bernardino Faino, ma solo la lettera (in data 3 gennaio 1669) in cui il canoni-co bresciano preannuncia: “…pervenit ad manus Breviarium, ex ommissis, Monialiumhic Sancte Iulie Ordinis Cassinensis, cui additum inveni totum eius vetus Officium im-pressum, cuius Hymnos, ac Lectiones omnes, sine mora, transcribere feci, et ad vos mit-to…” (Bruxelles, Bibl. Royale, 8194-99, Collectanea Bollandiana, f. 104r). La qualificadi “impressum” che Faino dà dell’Officium ridimensiona l’impressione che si poteva ri-cavare leggendo sugli AASS “ex antiquo Breviario”. Quanto alla provenienza dal mona-stero femminile, non vi possono essere dubbi, anche se nell’edizione l’Appendix vienedefinita “Ex Breviario Monachorum Brixiensium”: cfr. G. SILAGI, I testi liturgici per laSanta, in Culto e storia, cit., p. 15. La contraddizione si presenta anche in una nota: “Si-lent autem de hoc occursu [l’incontro con i monaci della Capraia] MS. Bodecense et Bre-viarium Monachorum Brixiensium”: AASS M., V, p. 169, nota (m).

8 La clausula de translatione è qui riprodotta da AASS M. V, p. 170, cap. 6. Gli esa-metri sono stati pubblicati in G. BRUNATI, Vita o gesta di santi bresciani, 2 voll., Brescia,Venturini, 1854 e 1855 [il secondo volume reca però in copertina la data “MDCCCLVI”,a p. 1 “MDCCCLV”], II, p. 240, nota 5, ma vengono qui proposti dall’edizione in G.BERGAMASCHI, Il carme “Ergo pii fratres” e gli inni per santa Giulia, in Musica e litur-gie nel medioevo bresciano (secoli XI-XV), Atti del Convegno (Brescia 3-4 aprile 2008),a cura di M.T. Rosa Barezzani, Brescia 2009 (Storia, Cultura, Società, 2), Appendice A,versi 19-21.

9 Sul monastero, esauriente bibliografia ragionata in G. ARCHETTI, Il monachesimobresciano nella storiografia di fine secolo, in Dove va la storiografia monastica in Euro-pa? Temi e metodi di ricerca per lo studio della vita monastica e regolare in età medieva-

però, viene pubblicata come Appendix la clausula de translatione,tratta “ex antiquo Breviario Brixiensium sanctimonialium regii co-enobii S. Iuliae”7, in cui si parla appunto della traslazione a Brescia,voluta da Ansa, così come in un antico carme in esametri leoniniper s. Giulia (Ergo pii fratres).

Postea vero, quando beneplacitum fuit Deo, circiter ducentorum anno-rum curriculum, Dei nutu inspirata Ansa regina, uxor Desiderii gentis Lon-gobardorum regis, audiens eius venerabilia gesta atque miracula, eius desi-derio accensa, praecepit eius corpus debita cum veneratione sibi afferri.Tunc apud Brixiam civitatem, ad honorem ipsius beatae martyris Iuliae,monasterium digno cultu dignaque fabrica constructum dedicavit, ubi cor-pus ipsius mirificentissime collocavit. In quo loco eius florent orationes…

Corsica quo fecit sacrum tibi Gorgona venit;Ansa regina post hinc sustollitur illaQuae tibi dona dedit: iam gaude Brixia felix!Huic facit absidam, summo cum scemate miram8

Il “monasterium digno cultu dignaque fabrica constructum”, in cui“Ansa… facit absidam” è evidentemente il già citato monastero di S.Salvatore – S. Giulia di Brescia9, di cui fu prima badessa Anselperga,

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le alle soglie del terzo millennio (Atti del Convegno Internazionale, Brescia-Rodengo,23-25 marzo 2000), Milano 2001, pp. 457-471; indicazioni su alcuni studi sucessivi, nel-le note di questo contributo.

10 Un primo accenno a due dei testimoni integrali in G. BERGAMASCHI, Una redazio-ne ‘bresciana’ della Passio sanctae Iuliae in Toscana, in “Nuova Rivista Storica”, 87(2003), pp. 627-629; cfr. anche infra, p. 201. Per una esposizione più completa e per imotivi della datazione mi permetto di rinviare a “Ne in occultis…”, cit.; una prima de-scrizione dei tre testimoni, a cui sono da aggiungere un testimone indiretto (Vat. Barb.lat. 403, cfr. infra, p. 201) e l’edizione negli AASS della clausula, in BERGAMASCHI, Ilcarme, cit., §§ 2.1-5; cfr. anche infra, pp. 161-162 e 188. Di qualche utilità, inoltre, puòessere anche un testo che ho definito Passio II.b (riassunto di modesta qualità della Pas-sio II), per il quale cfr. infra, p. 162.

11 Per la Baitelli e per l’Ordinario di S. Giulia, cfr. infra, pp. 159-160. Limitatamen-te alla fondazione del monastero, nel privilegium di Paolo I del 762 si legge “…quod anobis [scilicet a novis] fundare visa est Ansa excellentissima regina”, “quod noviter fun-dare visa est Ansa excellentissima regina”: M. BETTELLI BERGAMASCHI, A proposito del“privilegium” di Paolo I per il monastero bresciano di S. Salvatore (secolo VIII), I, in“Nuova Rivista Storica”, 67 (1983) , p. 135, ll. 3 e 9-10; per la correzione di “novis” in“nobis”, pp. 127-128.

12 Cronaca di Novalesa, a cura di G. C. Alessio, Torino, Einaudi, 1982, cap. III, 23,p. 172.

figlia di Ansa e Desiderio. Il Breviarium (o meglio l’Officium) vistoda Faino e citato dai Bollandisti non ci è pervenuto, ma ho potutoidentificare altri tre testimoni di questa redazione, che ho definitoPassio II e la cui composizione ritengo si possa datare in un arco ditempo che dai primi anni del IX secolo non va oltre i primi del X10.

Le fonti sono tutte concordi nell’attribuire l’iniziativa della fon-dazione (e della traslazione, quando viene nominata), all’ultima re-gina longobarda11, anche quelle che si discostano dal testo dellaPassio per quanto riguarda la provenienza del corpus, come il Chro-nicon Novaliciense (XI secolo), la Cronica imperatorum di AlbertoMiliolo (XIII secolo, seconda metà, ampliamento del Chronicon diSicardo, prima metà del secolo) e il Chronicon Brixianum di JacopoMalvezzi (entro il primo quarto del XV secolo).

[dopo la sconfitta longobarda…] Pervenit itaque Algisus… ad matremsuam Anzam reginam, que tunc in partibus illis advenerat ob orationis cau-sam, scilicet in Brixiensi civitate, ubi oratorium sanctorum Faustini et Io-vitte miro opere construxerat multaque rura largiens, ditissimum fecit mo-nasterium. Nam ipsa nuperrime, multo donato pretio, sanctam Iuliam virgi-nem ibi a Corsica adduci fecit insula12.

Reperitur in legenda beatae Iuliae virginis et martyris de Desiderio regeLongobardorum. [segue il racconto leggendario che collega l’elezione di

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13 Dove Sicardo si limitava a dire “Hic Desiderius edificavit ecclesiam de Lene, etuxor eius ecclesiam sancte Iulie in Brixiana diocesi” (Sicardi Episcopi Cremonensis Cro-nica, ed. O. Holder-Egger, in Monumenta Germaniae Historica (=MGH), Scriptores, 31,Hannoverae-Lipsiae 1902, p. 153), Alberto Miliolo introduce un’ampia digressione, ri-portata nell’edizione di Muratori come Additamentum (Sicardi Episcopi CremonensisChronicon a Nativitate Christi usque ad Annum Aerae Christianae MCCXIII, in RerumItalicarum Scriptores [=RIS], 7, Mediolani [società palatina] 1725, coll. 577-578 = PL213, Parisiis 1855, coll. 491-492). Il passo qui citato (da Alberti Milioli notarii reginiCronica imperatorum, ed. O. Holder-Egger, in MGH, Scriptores, 31, cit., pp. 621-623) ri-guarda in realtà prevalentemente Desiderio e offre notizie che niente hanno a che vederecon la Passio, ma la frase con cui si apre (“Reperitur in legenda beatae Iuliae…”) può in-vece suggerire proprio il contrario: nell’edizione in MGH, per esempio, tutto il testo dopola frase di apertura è riportato in corsivo e in nota l’editore commenta: “Haec translatio-nis narratio hucusque non in lucem prodiit, sed Acta SS. Maii V, p. 171 ex Breviario mo-nachorum Brixiensium brevissima tantum relatio edita est, qua eius mentio fit. Albertuseam ex Cronica fratris Salimbene descripsisse apud me constat.” (Alberti Milioli, cit., p.621, nota 4). E nell’introduzione aveva detto: “…legendam beatae Iuliae in monasteriioLeonensi dioceseos Brixiensis compositam…, quae hucusque, quod sciam, non editaest.” (Ibidem, p. 350). Se il racconto è stato davvero composto nel monastero di Leno, al-lora non si tratta affatto di una Passio, ma solo di una notizia sulla traslazione, di dubbiovalore proprio perché si presenta come un corollario a una notizia leggendaria che vuollegare le origini del monastero leonense alla salita al trono di Desiderio, e pone l’inziati-va della regina quasi a contrappunto di quella del re: si tratterebbe quindi, a mio parere,di una notizia riportata “ad orecchio” e ricostruita secondo i topoi del genere. Se poi cisono riferimenti alla Passio di Giulia nell’opera di Salimbene, io non sono riuscito a tro-varli. Quanto al Breviario “monachorum”, cfr. supra, nota 7.

Un altro esempio può essere la Chronica Placentina di Pietro di Ripalta (XIV secolo,seconda metà) in cui si legge “Anno Domini DCCLXXVI Ansa regina… fecit sibi aspor-tari corpus beate Iulie, quod erat in Corsica insula, et in civitate Brixie ad honorem ipsiusmartiris quoddam monasterium monacharum condidit, in qua corpus eiusdem sancte col-locavit.”: PIETRO DI RIPALTA, Chronica Placentina nella trascrizione di Iacopo Mori (MS.Pallastrelli 6), a cura di M. Fillìa e C. Binello, Piacenza, 1995 (Biblioteca storica piacen-tina, n. s. 4), p. 62.

Desiderio alla fondazione del monastero ad Leones] Ansa vero uxor eiusdevotissima regina, vestigia sequens mariti, intra civitatem monasteriumaeque nobile locuples de suo peculio fecit fieri, quod dotavit magnifice…,sicut decebat reginam Longobardorum, et tanto plus quanto ex magno af-fectu et pia devotione hoc agebat. […] Post haec misit devota regina gentisLongobardorum nuntios solemnes et fide dignos, ac devotos in insulamCorsicam, et mandavit ut corpus beatissimae martyris Iuliae cum omni sol-licitudine deferretur ad monasterium, quod ipsa construxerat; qui fideliteret devote mandata complentes, corpus dictae virginis ad civitatem Brixiaedetulerunt, et in praedicti monasterii ecclesia honorabiliter locaverunt, ubiper eius merita et orationes multis multa beneficia conferuntur, praestanteDomino nostro…13

[Ansa] ad laudem et gloriam omnipotentis Dei, ac sanctissimae matris

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14 J. MALVECII Chronicon Brixianum ab origine urbis ad Annum usqueMCCCXXXII, in RIS, 14, Mediolani 1729, Distinctio IV, cap. 87, coll. 845-846; sull’ope-ra di Malvezzi, datazione in Gavinelli, La liturgia del cenobio, cit., pp. 125-126, biblio-grafia alla nota 41, p. 141. Da notare che Malvezzi attribuisce all’iniziativa di Ansa stessal’intitolazione a Giulia, mentre vedremo subito che il monastero non la portava fin dall’i-nizio. Inspiegabile poi la collocazione del monastero “foras ambitum Brixiensis civita-tis”, quando esso si trovava all’interno della porta S. Andrea. Poiché anche Malvezzi, siapure in modo diverso e senza concordanze testuali con Alberto Miliolo, riporta l’episodioche collega l’elezione di Desiderio alla fondazione del monastero di Leno (cfr.Chronicon, cit., capp. 88-90, coll. 847-848), sarebbe da investigare l’eventuale dipenden-za da una comune fonte leonense, che potrebbe forse spiegare l’idea della traslazione dal-la Corsica anche in Malvezzi, solitamente ben informato sul monastero.

Una curiosa affermazione sulla traslazione dalla Corsica si può leggere in un’operettadel bresciano Ottavio Rossi: “Vi si celebra [nel monastero di S. Giulia] due volte l’annola festa di Santa Giulia, la prima alli 22. di Maggio in memoria del suo martirio la secon-da alli deciotto di Decembre, in memoria della sua translatione, quando di Corsica fu por-tata a Brescia”: O. ROSSI, Vita di S.ta Giulia Virgine e Martire, ms. Brescia, Bibl. Querin.C.XII.23, f. 13r (dove si legge anche la data “21 ott. 1619”). Ma poco prima (f. 11r-v)l’Autore aveva descritto il viaggio dei monaci per portare il corpo di Giulia alla Gorgona,addirittura ricordando che Plinio denomina l’isola “Urgon”! Si deve forse leggere nell’af-fermazione sulla traslazione dalla Corsica (con cui si conclude lo scritto) un’eco di Mal-vezzi, che senza dubbio Rossi conosceva? In ogni caso, in una Vita stampata nel 1605,l’Autore non aveva avuto dubbi sulla presenza del corpus alla Gorgona e sulla traslazioneda quell’isola a Brescia: infra, p. 165.

15 Cfr. G. C. ALESSIO, introduzione a Cronaca di Novalesa, p. XXX. Quelli che Mu-ratori considerava Additamenta al Chronicon di Sicardo, vennero da lui valutati come“fabulosa plane, atque exsibilanda”: RIS, 7, cit., p. 525.

16 Cfr. infra, p. 176.

virginis Mariae, et ad honorem beatae Iuliae virginis et martyris pretiosae,basilicam foras ambitum Brixiensis civitatis construxit, cum iam ab adven-tu nostri aeterni Salvatoris anni DCCLIII essent evoluti. Illic etiam mona-sterium aedificavit. […] Multa praetera sanctorum corpora in eadem basili-ca recondidit. Ibi enim corpus sacrae virginis et martyris Iuliae Carthagi-nensis de Corsica insula translatum reposuit, ad cuius dignissimam memo-riam templum id eiusdem nomini voluit nuncupari14.

Sia il Chronicon Novaliciense sia quello di Alberto Miliolo col-locano la notizia sulla traslazione in un contesto del tutto leggenda-rio (le vicende di Adelchi il primo, l’elezione di Desiderio il secon-do15) che inficia il valore della testimonianza; il primo inoltre con-fonde il monastero di S. Salvatore - S. Giulia con quello che chiama“oratorium sanctorum Faustini et Iovitte”. Quanto alla provenienzadel corpus direttamente dalla Corsica, vedremo più avanti quantosia difficile da accettare16. In ogni caso, tutte e tre le notizie attribui-scono alla regina l’iniziativa.

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17 M. BETTELLI BERGAMASCHI, Monachesimo femminile e potere politico nell’altoMedioevo: il caso di S. Salvatore di Brescia, in Il monachesimo femminile in Italia dal-l’alto medioevo al secolo XVII (S. Vittoria in Matenano, 21-24 settembre 1995), a cura diG. Zarri, Verona 1997, p. 49; sulla figura di Ansa, pp. 48-50. Non va poi dimenticato chedirettamente ad Ansa era attribuita la fondazione di altri cenobi: “…quia ipsa domna An-sa regina… singulas monasterias, ecclesias atque cellas, [quas] edificavit per singulas ci-vitates [et locas, ex regn]i nostri ditione sub potestate ispius monasterii Domini Salvato-ris…”: Codice Diplomatico Longobardo (=CDL), III, 1, ed. C. Brühl, Roma 1973 (FISI64), doc. n. 44, a. 772, 11 novembre, p. 255 (nella trascrizione, qui e in seguito, ho elimi-nato le parentesi dell’edizione critica). Nel documento, un praeceptum di Adelchi, nonviene specificato quali fossero i monasteri fondati direttamente da Ansa, e quali invecepervenuti a S. Salvatore per donazione o permuta, ma di uno almeno abbiamo notizia at-traverso un diploma di Carlo del 774: “insula cum castello Sermionense… et monasterio-lo illo infra ipso castro quem Ansa novo opere construxit, quod est in honore sancti Sal-vatoris…” (MGH, Diplomata Karolinorum, I, Pippini, Carlomanni, Caroli Magni diplo-mata, ed. E. Mühlbacher, Hannoverae 1906, doc. n. 81, pp. 116-117).

18 Su tutto l’argomento dell’intitolazione, da quella iniziale (primo documento del759) ai SS. Michele e Pietro, fino all’affermazione esclusiva di quella a S. Giulia, cfr. M.BETTELLI BERGAMASCHI, Seta e colori nell’alto Medioevo: il ‘siricum’ del monastero bre-sciano di S. Salvatore (Biblioteca dell’Archivio Storico Lombardo, s. II, 5), Milano 1994,p. 1, nota 1; EAD., Il monastero di S. Salvatore - S. Giulia di Brescia dalle origini allasoppressione: momenti e figure di una lunga storia, in “Civiltà bresciana”, 5 (1996), 3, p.41 e nota 3 a p. 56; GAVINELLI, La liturgia del cenobio, cit., pp. 127-128; EAD., L’Omelia-rio del monastero di S. Salvatore-S. Giulia di Brescia, in “Aevum”, 78 (2004), pp. 345-348; P. TOMEA, Intorno a s. Giulia. Le traslazioni e le “rapine” dei corpi santi nel regnolongobardo (Neustria e Austria), in Culto e storia cit., pp. 48-50: l’intitolazione a s. Giu-lia dell’889 attribuita all’Autore nella recensione sugli “Analecta Bollandiana” (121[2003], p. 145) è frutto di un equivoco nell’interpretazione di p. 50.

D’altra parte, come faceva notare Maria Bettelli, che Ansa fossela reale fondatrice del monastero “…è la ragione che può spiegarela presenza di Ansa come coestentrice (Ausstellerin) nei diplomi re-gi per il monastero bresciano: unico esempio di diplomi regi longo-bardi in cui compaia esplicitamente una regina come parte attivanella stesura dell’atto”17.

Maggiori perplessità possono sorgere sull’epoca stessa della tras-lazione, se si considera che nel monastero bresciano la dedicazionea s. Giulia compare per la prima volta solo nel 915, in un diploma diBerengario I18.

Non è dato sapere quando, esattamente, si fosse cominciato ausare la seconda intitolazione. Simona Gavinelli, pur inquadrandola“…nell’ambito di un più generalizzato fenomeno di reintitolazionedelle chiese, che si era diffuso in epoca altomedievale”, ha recente-mente presentato con validi argomenti l’ipotesi che essa sia da col-legare proprio al progetto politico di Berengario, che gravitava suBrescia e riproponeva analoghe condotte di Lotario e Ludovico II:

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19 GAVINELLI, La liturgia del cenobio, cit., pp. 127-128; cfr. anche TOMEA, Intorno as. Giulia, cit., nota 171 a p. 97 e testo relativo.

20 Qualche ulteriore elemento di riflessione potrebbe venire, per esempio, da unamigliore conoscenza della tradizione liturgica e agiografica, in particolare da una più pre-cisa datazione della Passio II, per la quale cfr. infra, p. 188.

21 P. TORELLI, Le carte degli archivi reggiani, I, Fino al 1050, Reggio Emilia 1921,doc. n. 44, a. 916, 1 settembre, “Actum civitate Ticinum”, pp. 112-113.

22 D. BARSOCCHINI, Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Luc-ca, V, 3, Lucca 1971 (rist. anast. di Lucca 1841), p. 113, doc. n. 1199, a. 924, 21 marzo.Per Lucca vedremo subito (§ 2) l’importanza che avevano il culto e la chiesa di S. Giuliae il legame fra le due città costituito dal monastero lucchese di S. Salvatore in Brisciano(poi S. Giustina), dipendente, almeno per i primi tempi, dal cenobio bresciano.

“Mediante la sottolineatura liturgica dell’intitolazione a santa Giu-lia… si spiegherebbe dunque il rilancio programmatico di un pernomonastico emblematico, suggellato dalla collocazione della figliaBerta come badessa”19.

L’ipotesi di una precisa iniziativa all’origine della nuova intitola-zione è molto forte e presenta certamente un notevole interesse, mal’argomento, a mio parere, è ancora da approfondire20, prendendopure in considerazione la possibilità di un emergere nell’uso quoti-diano del nome della santa a cui più si rivolgeva la devozione, apartire – io credo – proprio da Ansa. A pochissima distanza dal di-ploma di Berengario, infatti, la nuova dedicazione in due documentiprivati fa pensare che essa fosse ormai affermata e ampiamente dif-fusa. Nel primo, del 916, “domna Berta abatissa monasterii S. Iuliequi es [sic] constructum infra civitate Bresia” dà in affitto a Teuper-to di Parma “cortem unam domuicoltile… in loco Fossola, comitatuMotunense”21. Il secondo è una permuta lucchese del 924 in cui silegge “…Curte Cicula, que est pertinentes de monasterio illo sitaBriscia que dicitur S. Iulie…” 22.

Quale che sia la spiegazione, l’intervallo di un secolo e mezzofra la traslazione (comunemente indicata al 763) e il primo docu-mento del 915 con la nuova intitolazione potrebbe far sorgere ildubbio che tutto il racconto della clausula fosse una ricostruzionemitografica a posteriori. Il problema viene posto da Tomea, il qualeperò dimostra immediatamente l’inconsistenza del dubbio, sottoli-neando come

…le traslazioni o le invenzioni, a differenza di quanto poteva valere peraltri ambiti cultuali o agiografici, non traevano alcun beneficio dall’antichi-tà del momento in cui erano state effettuate: al contrario, esse costituivanoper eccellenza lo strumento del presente, attraverso cui la santità scorreva

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23 TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., pp. 48-50, il passo citato a p. 50; tutto lo studio diPaolo Tomea (pp. 29-101) è esemplare, non solo per il rigore metodologico, ma ancheper l’approccio complessivo alla tematica agiografica, e in particolare delle traslazioni, inetà longobarda. Sui dubbi per l’epoca della traslazione, cfr. anche P. V. BEGNI REDONA,Aspetti della comunicazione visiva del culto. Il capitello e gli affreschi del cenobio, inCulto e storia, cit., p 153.

24 TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., p. 50.25 Sull’anno di fondazione del cenobio, cfr. GAVINELLI, La liturgia del cenobio cit.,

p. 126; TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., p. 48; G. P. BROGIOLO, Desiderio e Ansa a Bre-scia: dalla fondazione del monastero al mito, in Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la co-struzione dell’Europa di Carlo Magno. Saggi, a cura di C. Bertelli - G.P. Brogiolo, Mila-no, Skira, 2000, pp. 143-144.

26 Cfr. TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., p. 32 e nota 31 a p. 67. Sulla fondazione del

viva nella comunità che ne ospitava la fonte e ne sperimentava attuale lapotenza. Tenendo conto inoltre dell’importanza che simili eventi avevanonel sancire i meriti e confermare l’autorità di chi li promuoveva, non visarebbe stata una valida ragione per simulare la traslazione di Giulia a Bre-scia, avvenuta in un’epoca lontana da quella in cui era stata realmente rea-lizzata23.

2. Circostanze della traslazione: i motivi di una scelta

Delineato così il quadro generale entro cui si può collocare latraslazione, restano però da chiarire le circostanze che avrebberopotuto motivarla. Se prendiamo in considerazione i due poli, l’isoladella Gorgona e Brescia, già Tomea aveva prospettato una spiega-zione:

“…che Desiderio avesse procurato alla moglie il corpo della santa è deltutto verosimile… anche perché quando la morte colse Astolfo nel 756,Desiderio si trovava già da qualche tempo in qualità di suo fiduciario inToscana, da dove poteva essergli assai agevole arrivare alla Gorgona”24.

Si spiega così in che modo Ansa (o Desiderio per lei) potesse es-sersi procurata il corpus di S. Giulia, ma non perché proprio a quel-la santa sarebbe stato dato il posto di primo piano, in un monasterodotato, probabilmente allo stesso tempo, anche di altre e più presti-giose reliquie.

Il monastero bresciano era stato eretto, su iniziativa appunto diAnsa, nel 753, quando Desiderio non era ancora re25, come uno deitipici monasteri familiari, secondo la consuetudine longobardaormai consolidata26, e tale sarebbe rimasto se Desiderio non fosse

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monastero nella strategia politico-familiare di Desiderio, cfr. BETTELLI BERGAMASCHI,Monachesimo femminile, cit., p. 51; BROGIOLO, Desiderio e Ansa a Brescia, cit., pp. 144-145. Due interessanti esempi di monastero familiare in Toscana sono quelli di S. Pietro diMonteverdi, in Val di Cornia, e di S. Salvatore in Versilia, fondati nel 754: cfr. G. ZACCA-GNINI, Il santorale pisano nei calendari liturgici dei secoli XII e XIII, in questo stesso vo-lume, pp. 39-39.

27 Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire, a cura di L. Duchesne,I, Paris, Boccard, 1981 (réimpr. conforme à l’ed. de 1955; 1a ed. 1886), p. 454 (i corsivinelle citazioni, qui e in seguito, sono miei; fanno eccezione le citazioni dagli AASS, doveho mantenuto i corsivi originali). Cfr. anche S. GASPARRI, I duchi longobardi, Roma 1978(Istituto Storico Italiano per il Medioevo. Studi Storici, 109), p. 53; P. DELOGU, Il regnolongobardo, in Storia d’Italia, dir. da G. Galasso, I, Longobardi e Bizantini, Torino 1980,p. 179; J. JARNUT, Prosopographische und sozialgeschichtlische Studien zum Langobar-denreich in Italien (568-774), Bonn 1973 (Bonner Historische Forschungen, 38), pp.348-349. Altre informazioni non si hanno sul soggiorno di Desiderio in Toscana, ma aquel periodo probabilmente è riferibile un suo intervento presso Astolfo per chiedere al redi confermare una charta iudicati con cui Auriperto “instituit exenedochio in alimoniis etsubsidiis pauperum”: CDL, II, ed. L. Schiaparelli, Roma 1933 (FISI 63), doc. n. 163, a.762, pp. 109-112, la citazione a p. 111, ll. 7-8; cfr. P. DELOGU, Desiderio, in DizionarioBiografico degli Italiani, 39, Roma 1991, p. 373.

28 BETTELLI BERGAMASCHI, Monachesimo femminile cit., p. 51 e ss., passim, dovel’Autrice chiarisce anche, attraverso la documentazione del monastero, il modo in cui “lestesse motivazioni religiose che presiedevano alla fondazione di S. Salvatore si vengo-no… precisando e modificando”, dal classico “pro remedio animae” alla stabilità del re-gno (Ibidem, p. 52).

29 BROGIOLO, Desiderio e Ansa, cit., pp. 145, 150-153; cfr. anche infra, nota 88.30 BETTELLI BERGAMASCHI, A proposito del “privilegium”, cit., II, in “Nuova Rivista

Storica”, 68 (1984) , pp. 159-165. Tomea propende per la possibilità che le reliquie roma-

riuscito ad imporsi come re, forte proprio dell’appoggio militaredella Tuscia, oltre che di quello di Paolo I, ottenuto con la promessadi restituzioni:

Tunc Desiderius quidam dux Langobardorum, qui ab eodem nequissimoAistulfo Tusciae in partes erat directus, audiens praefatum obisse Aistul-fum, illico adgregans ipsius Tusciae universum exercitus multitudini, regniLangobardorum arripere nisus est fastigium27.

La diversa posizione di Ansa e Desiderio, divenuti regnanti, mu-tò anche il significato del monastero, che costituì un punto chiavenella politica di Desiderio, “assumendo un posto di particolare rilie-vo e privilegio tra le fondazioni monastiche del regno”28, e compor-tò anche una ridefinizione della chiesa (concepita, secondo Brogio-lo, come “mausoleo della dinastia”29), soprattutto nella cripta desti-nata ad accogliere le reliquie.

Reliquie in buona parte romane, forse ottenute da Paolo I in unmomento in cui i rapporti fra il papato e il regno longobardo eranopiù distesi, dopo un periodo, invece, molto incerto e tormentato30.

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ne deposte nel monastero provenissero, almeno in parte, dalle “rapine sacre” di Astolfo(cfr. Intorno a s. Giulia, cit., pp. 50-56, in particolare 55-56); Brogiolo, pur con alcunimargini d’incertezza, per la possibilità che fossero state donate e portate a Brescia da Pao-lo I (cfr. Desiderio e Ansa, cit., pp. 145-148). In effetti, come sottolinea l’Autore (p. 146),lo scarso rilievo dato a Paolo I nel Liber Pontificalis si potrebbe spiegare proprio col suoatteggiamento troppo acquiescente nei confronti di Desiderio. Il monastero vantava, peresempio, il caput di s. Sofia e il corpus delle tre figlie (Pistis, Elpis, Agape), sante a cuiforse era dedicato, un ciclo di affeschi nella basilica: cfr. ad esempio C. BERTELLI, Testimo-nianze epigrafiche e pittoriche del culto delle sante di Brescia, in Arte, cultura e religionein Santa Giulia, a cura di G. Andenna, Brescia 2004 (Atti dei Convegni, Brescia 9 novem-bre 2001 e 11 ottobre 2002), pp. 46-47. Chi volesse farsi un’idea del “peso agiografico” diSofia con le figlie rispetto a Giulia, potrebbe confrontare sul sito BHLms il numero di testiagiografici e relativi testimoni; i codici più antichi con la Passio di Sofia, inoltre, risalgo-no per lo meno al IX secolo, quelli per Giulia a non prima dell’XI ex. Perplessità, invece,sull’antichità delle testimonianze relative al culto e alla tradizione agiografica, e quindi sulsoggetto degli affreschi, in S. GAVINELLI, Santa Sofia e le figlie, Fede, Speranza e Caritàdipinte in S. Salvatore - S. Giulia di Brescia? in Inquirere veritatem. Studi in memoria dimons. Antonio Zannini, a cura di G. Archetti (= “Brixia sacra”, 12 [2007], pp. 83-88.

31 Cfr. JARNUT, Prosopographische, cit., p. 349. Viene spesso presentata dagli autorilivornesi l’idea secondo cui Ansa sarebbe stata di origine corsa: per citare solo il più re-cente, E. MAI, Le radici cristiane di Livorno, I, Livorno 2004, p. 37. Interessante comun-que notare che anche Mai parte dalla domanda sui motivi per cui Ansa avrebbe scelto pro-prio quella santa. L’idea risale, a quanto mi risulta, a un’affermazione di Bognetti: “…lememorie sui possessi dei Longobardi in Corsica continuano nel sec. VIII ed anzi, secondouna epigrafe bresciana per la regina Ansa, moglie di Desiderio, essa, con la famiglia, pro-verrebbe appunto dalla Corsica e dalla Gorgona…” (G. P. BOGNETTI, Navi e navigazionenel diritto pubblico mediterraneo dell’alto Medioevo, relazione presentata al Congressointernazionale di Storia marittima, Venezia, 20-24 settembre 1962, in L’età longobarda,IV, Milano, Giuffrè, 1969, p. 714). Non riesco a immaginare a quale iscrizione si riferisseBognetti né donde possa esser nato l’equivoco, soprattutto visto che lo stesso Autore, inaltra sede, dichiara che “Ansa era figlia del bresciano Verissimo”: La Brescia dei Goti edei Longobardi, in Storia di Brescia, I, Brescia, Morcelliana, 1963, p. 438.

A maggior ragione, il risalto che acquista, fra queste, il corpus di s.Giulia induce a interrogarsi non solo su come i regnanti avrebberopotuto ottenere la reliquia, ma anche sul perché proprio quella.

Il quadro può essere delineato in modo più preciso, se si parteproprio dal testo della clausula de translatione e si tiene presenteche non si può ridurre la fondazione del monastero, né l’iniziativadella traslazione, esclusivamente ad un calcolo di opportunità e distrategia politico-economica. Data l’ambivalenza insita in questo ti-po di scelte, l’indiscutibile rilevanza politica non può farci dimenti-care o sottovalutare le motivazioni religiose, fra le quali poteva es-serci anche una particolare devozione della regina. Nella clausula silegge infatti che “Ansa regina… audiens eius venerabilia gesta at-que miracula, eius desiderio accensa, praecepit…”. Ma come avreb-be potuto, la bresciana Ansa31, essere colpita dalla fama di una santa

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32 BERGAMASCHI, S. Giulia a Lucca, cit., pp. 765-766 e 770-777, a cui rimando, an-che per citazioni più puntuali; alle pp. 779-782 viene analizzato, per contrasto, lo scarso ri-lievo che la santa aveva a Pisa: cfr. anche infra, pp. 185-187. Per l’Ufficio proprio lucche-se di s. Giulia, cfr. infra, p. 200. Alla bibliografia su S. Giulia di Lucca citata nel mio pre-cedente contributo, si aggiunga, a proposito del crocefisso miracoloso un tempo conserva-to nella chiesa, M. BACCI, “Pro remedio animae”. Immagini sacre e pratiche devozionaliin Italia centrale (secoli XIII e XIV), Pisa 2000 (Piccola Biblioteca GISEM, 15), pp. 33-38. Sulla posizione della chiesa si veda figura 2, tratta da I. BELLI BARSALI, La topografiadi Lucca nei secoli VIII-XI, in Atti del V Congresso internazionale di studi sull’alto me-dioevo. Lucca 3-7 ottobre 1971, Spoleto 1973, tav. I.

33 G. CIAMPOLTRINI, Segnalazioni per l’archeologia d’età longobarda in Toscana, in“Archeologia medievale”, 10 (1983), p. 518; alle pp. 516-518 l’Autore descrive e com-menta il corredo, chiarendo che è da riferire integralmente ad una singola sepoltura pres-so S. Giulia e non (come ancora si scrive) in parte ad un rinvenimento presso S. Romano.Le “imprese marittime dei Longobardi”, in realtà, potrebbero essere cominciate già entrola fine del VI secolo, ancora prima del controllo su Pisa e della conquista di Rotari dellaLiguria con Luni: cfr. C. RENZI RIZZO, Corsica longobarda: dalle testimonianze scrittealle risultanze archeologiche, un provvisorio status quaestionis, in IV Congresso Nazio-nale di Archeologia Medievale. Scriptorium dell’Abbazia di San Galgano (Chiusdino-Siena) 26-30 settembre 2006, a cura di R. Francovich - M.Valenti, Borgo S. Lorenzo (FI)2006, pp. 530-535. Secondo una recente interpretazione, l’asta sormontata da croce e co-lomba, impugnata dal personaggio appiedato che costituisce la figura principale delle la-mine di uno scudo (figura 4 - Soprintendenza BAPPSAE di Lucca e Massa Carrara), al-luderebbe a una morte fuori dai territori longobardi: cfr. C. LA ROCCA, scheda n. 8, in Ilfuturo dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno, a cura di C.Bertelli - G.P. Brogiolo, Milano, Skira, 2000, pp. 45-46. In ogni caso, Schwarzmaier in-serisce la chiesa nella sua carta della città nell’VIII secolo: cfr. H. SCHWARZMAIER, Luccaund das Reich bis zum Ende des 11. Jahrhunderts. Studien zur Sozialstruktur einer Her-zogstadt in der Toskana, Tübingen 1972 (Bibliothek des Deutschen historischen Institutsin Rom, 41), p. 37.

tutt’altro che rinomata, e per giunta deposta in luogo così remoto emarginale come la Gorgona?

In un recente contributo, frutto di una ricerca sulla chiesa di S.Giulia a Lucca (figure 3 e 3b), ritengo di aver mostrato non solo chea Lucca la santa aveva un rilievo agiografico e liturgico fin qui inso-spettato, ma anche i motivi per cui la città può essere considerata ilcentro d’irradiazione del culto, probabilmente fin dalla prima metàdel VII secolo32: secondo Ciampoltrini, la sepoltura di un personag-gio di alto rango, datata non oltre la metà del VII secolo, suggeriscel’ipotesi che la chiesa fosse sorta come Eigenkirche di una potentefamiglia longobarda e l’Autore conclude, sia pure con cautela: “Po-trebbe essere suggestivo, allora, collegare l’introduzione a Lucca delculto della córsa Santa Giulia, le cui reliquie dovevano essere vene-rate, in quel tempo, alla Gorgona, con le prime imprese marittimedei Longobardi nel Tirreno, dopo la conquista di Pisa e di Luni”33.

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34 Cfr. T. BINI, Notizie della chiesa e del crocifisso di S. Giulia di Lucca, Lucca1858, pp. 5-6. Rosanna Pescaglini, compianta studiosa, mi aveva segnalato altri due do-cumenti in cui viene nominata la chiesa di S. Giulia e che potrebbero far risalire le primeattestazioni della chiesa alla metà del IX secolo. Poiché però lasciano un margine d’in-certezza fra S. Giulia di Lucca e S. Giulia di Controne (per la quale cfr. infra, p. 179) e ri-aprono il problema del rapporto fra la chiesa in Lucca e la famiglia degli Allucinghi co-me presentato da Bini (cfr. infra, nota 39), preferisco rinviare l’approfondimento a unostudio successivo.

35 Cfr. infra, pp. 179-180.36 Lotharii I et Lotharii II Diplomata, in MGH, Diplomata Karolinorum, III, ed. Th.

Schieffer, Berlin Zürich 1966, doc. n. 115, a. 851, 8 sett. (Gondreville), p. 266; cfr. M.BETTELLI BERGAMASCHI, Seta e colori, cit., p. 82; BERGAMASCHI, Una redazione ‘brescia-na’, cit., pp. 664-666; colgo l’occasione per segnalare un refuso: la frase “Per ognuno deidue enti… Alina” si trova inserita fra “in Brisciano” e la nota relativa (175), oltre chenella sua posizione corretta (pp. 665-666).

37 Sul monastero, cfr. A. S. GIANNINI, Un santo lucchese d’Irlanda: biografia eagiografia del santo vescovo Silao (fine XI - fine XII secolo), Pisa 2006 (Piccola bibliote-

In realtà il primo documento che nomina la chiesa col titolo diS. Giulia è del 900 e finora risultava difficile pensare a una datazio-ne così alta come il VII secolo, col titolo di S. Giulia: Bini, peresempio, riteneva di dover anticipare la fondazione di almeno unsecolo rispetto al primo documento, ma ne individuava il motivonella traslazione a Brescia nel 76334; l’aver però collegato la chiesalucchese ad altre due intitolazioni databili ad epoca precedente35, harimosso ogni ostacolo a supporre che quella di S. Giulia fosse l’inti-tolazione iniziale anche a Lucca.

E poiché è verisimile che proprio nella città “capitale” della Tu-scia longobarda avesse risieduto la coppia dei futuri regnanti, non èdifficile immaginare dove Ansa abbia udito “eius venerabilia gestaatque miracula” e sia rimasta “eius desiderio accensa”.

Un ulteriore legame si potrebbe ipotizzare, ma con particolareprudenza, fra il monastero bresciano e la città di Lucca, anche se letracce ne emergono solo in epoca carolingia, quando i documentidel monastero, a partire da un diploma di Lotario I e Ludovico IIdell’851, attestano fra i suoi beni il “monasterium in Luca, quod Al-lo dux edificavit”36.

Allone, di stirpe longobarda, è ricordato come duca di Lucca frail 774 e il 785, ma nessun documento ci è pervenuto che indichil’anno di fondazione del monastero. Non mi pare nemmeno daescludere la possibilità che l’appellativo di “dux” sia stato attribuitoa posteriori e il monastero (identificabile con S. Salvatore in Bri-sciano, poi S. Giustina37) fosse stato invece fondato già in età lon-

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ca GISEM, 22), pp. 143-158; EAD., Da una rilettura della ‘Vita sancti Sylai’ al contestopolitico istituzionale: il monastero di San Salvatore, S. Giustina di Lucca e le dinamichedel potere a Lucca e a Piacenza dall’età longobarda all’affermarsi della civitas, in que-sto stesso volume.

38 Nel praeceptum di conferma concesso da Adelchi nel 772 non compare, fra i mo-nasteri dipendenti da S. Salvatore di Brescia, quello “in Luca”, mentre c’è quello “in fini-bus Pestoriensi”: CDL, III, 1, cit., doc. n. 44, a. 772, 11 novembre, p. 255. Il monastero,comunque, potrebbe esser stato fondato precedentemente ed esser pervenuto a S. Salva-tore di Brescia in anni successivi e il titolo di dux potrebbe essere stato attribuito ad Allo-ne così come ad Ansa quello di regina nel 753: cfr. infra, nota 50.

39 Cfr. BINI, Notizie della chiesa, cit., pp. 6-7. Un rapporto fra gli Allucinghi e lachiesa di S. Giulia è indubitabile, ma l’idea di Bini (da me accolta in S. Giulia a Lucca)di un patronato sulla chiesa degli Allucinghi, che l’avrebbero poi ceduta al vescovato en-tro il 964, è oggi da riesaminare: cfr. supra, nota 34.

40 Il nome della casata deriva da un Alluccio, diminutivo di Allone: cfr. R. PESCA-GLINI MONTI, Nobiltà e istituzioni ecclesiastiche in Valdinievole tra XI e XII secolo (conexcursus su Gli Allucinghi, che precisa, fra l’altro, i limiti cronologici entro cui sarebbepiù corretto l’uso del nome gentilizio), in Allucio da Pescia. Un santo laico dell’età post-gregoriana. Religione e società nei territori di Lucca e della Valdinievole. a cura di C.Violante (Atti del convegno, Pescia 18-19 aprile 1985), Roma 1991, p. 267; secondoSchwarzmaier non è dimostrabile (ma non si può nemmeno escludere) una discendenzadegli Allucinghi dal duca Allone: cfr. SCHWARZMAIER, Lucca und das Reich, cit., pp. 167,nota 31 e 170, nota 70, ma anche PESCAGLINI MONTI, Nobiltà cit., p. 270 e nota 9. Sul du-ca Allone, cfr. S. GASPARRI, I duchi longobardi, Roma 1978 (Istituto Storico Italiano peril Medioevo. Studi Storici, 109), pp. 48-49; SCHWARZMAIER, Lucca und das Reich, cit.,passim, cfr. Indice.

41 Di certo, se l’ipotesi fosse convalidata, il rapporto fra la coppia dei futuri sovrani,la città di Lucca e santa Giulia acquisterebbe maggior spessore e significato.

gobarda38. Una singolare coincidenza onomastica induce a una ri-flessione che, allo stato attuale delle conoscenze, non può costituireniente più che una traccia di ricerca.

Da vari documenti, secondo Bini, si può desumere che la chiesadi S. Giulia a Lucca fosse in rapporto con la potente casata degli Al-lucinghi (o Allucingoli, Allucignoli) anzi, che da questi fosse statafondata39. All’interno della famiglia è ricorrente il nome di Allone,ma non è possibile dimostrare la discendenza da Allo dux40. D’altrocanto, il rinvenimento della tomba longobarda dal sontuoso corredofa pensare che la chiesa fosse sorta, nella prima metà del VII secolo,come Eigenkirche di una potente famiglia longobarda, di cui l’inu-mato sarebbe stato un personaggio di spicco. È possibile immagina-re una continuità fra tale famiglia del VII secolo, il duca Allone, gliAllucinghi? Allo stato attuale delle conoscenze, troppi anelli man-cano nella catena per poter giungere a conclusioni affidabili41.

In ogni caso ritengo incontrovertibile non solo che la traslazionesia stata voluta da Ansa e Desiderio, ma pure che sia avvenuta dalla

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42 Forti dubbi, invece, in G. CICCONE, La leggenda di Livorno, in “Studi Livornesi”,7 (1992), pp. 13-21. Lo studio, pur con alcune imprecisioni e forzature nelle conclusioni,è pregevole per l’analisi delle fonti e per aver identificato un codice latore di quella cheho definito Passio II.

Non è forse inopportuno ricordare, una volta per tutte, che non interessa tanto appura-re la storicità delle reliquie conservate alla Gorgona, quanto la storicità del modo in cui ifatti venivano percepiti e raccontati.

43 Vat. Barb. lat. 403, ff. 9v e 14 r; sul codice, cfr. infra, nota 175 e testo relativo.L’incipit dell’antifona si legge pure sull’Ordinario di S. Giulia (entro la metà del XIIIsec.), per il quale cfr. infra, nota 48 e BERGAMASCHI, Il carme, cit., § 5.3. La stessa antifo-na però già sul Graduale-Breviario Oxford, Bodl. Lib., Canon. Lit. 366, (sec. XI ex.), f.170v, per il quale cfr. infra, nota 172.

44 G. P. BROGIOLO, Conclusioni, in Culto e storia, cit., p. 171 (prima citazione); ID.,Desiderio e Ansa, cit., p. 146 (seconda citazione).

45 CDL, III, 1, cit., doc. n. 38, a. 766, 4 novembre, p. 230. Non mi è chiaro il motivoper cui Brogiolo conclude il ragionamento riportato nel testo (seconda citazione) con“…anche se si potrebbe obiettare che si sia trattato di una seconda collocazione rispetto auna più antica di cui si potrebbe aver peso la memoria.” Non vedo perché supporre “unaseconda collocazione”, quando il documento in questione si limita a dire che i corpora

Gorgona a Brescia42, così come celebrato in un’antifona del mona-stero bresciano di S. Salvatore - S. Giulia:

Felix Gorgona, ferventis maris insula, que sancta membra Iulie crucispatibulo affixa ad te vecta per maria duci fecisti de Corsica: felicior tamenBrixia, que tenet illa per secula43.

Meno chiare invece la data esatta e le modalità della traslazione,che richiedono un ulteriore approfondimento.

3. Datazioni proposte per la traslazione

3.1. anno 763Sulla data della traslazione, comunemente indicata al 763, si han-

no informazioni discordanti e tutte più o meno distanti dagli avveni-menti, tanto che Brogiolo, pur ritenendo probabile la collocazionedelle reliquie nella cripta nel 763, considera certo un arrivo “entro il766”, con riferimento al diploma di Adelchi di quell’anno: “Un ter-mine ante quem per la consacrazione della chiesa e la deposizionedelle reliquie è indirettamente confermato dal diploma di Adelchi(CDL III, 38)…”44. Nel diploma di Adelchi, infatti, si legge “Nostraquidem… potestas considerans… atque intercessiones de sanctorumcorpora, que in ipso sancto cenobio humata quiescunt…”45.

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quiescunt, non che siano stati riposti in quel momento. Che si tratti della conferma di unasituazione esistente è suggerito dall’uso di una formula analoga anche nel diploma diAdelchi del 771: “Nostra quidem… potestas considerans… atque intercessionem sancto-rum eius, quorum corpora in suprascripta sancta cenobia umata quiescunt…” (CDL, III,1, cit., doc. n. 40, a. 771, luglio, p. 237).

46 S. EVANGELISTI, Angelica Baitelli, la storica, in Barocco al femminile, a cura di G.Calvi, Bari, 1992, pp. 71-95. A. BAITELLI, Vita, Martirio et Morte di S. Giulia cartaginesecrocifissa il cui Gloriosissimo Corpo riposa nel venerabil Tempio del Serenissimo Mona-sterio di S. Giulia in Brescia, in Brescia, per Antonio Rizzardi, 1657; ora in Annali di S.Giulia, in rist. anast. a cura di V. Volta, Brescia s.d. [ma 1979], Parte III, pp. 1-17. Il vo-lume, che non ha una nuova numerazione continua, è diviso in quattro parti (cfr. indice,p. s. n., alla fine); le Parti I e II corrispondono all’opera principale, cioè gli Annali Histo-rici dell’Edificatione, Erettione, & Dotatione del Serenissimo Monasterio di S. Saluatore,& S. Giulia di Brescia, Brescia, per Antonio Rizzardi, 1657. La Vita della Baitelli è pre-sentata in FAPPANI, Una santa, cit., pp. 9-22 e BEGNI REDONA, Aspetti della comunicazio-ne, cit., pp. 158-161.

47 BAITELLI, Annali Historici, cit., P. II, p. 104. Paolo Terzo è chiaramente errato: ap. 12 (sempre della P. II), dove ha “pontualmente riferito” il testo del “Ceremoniale” aproposito della festa della “dedicatione della chiesa maggiore”, dice solamente “...il san-tissimo papa Paolo...”. La data del 10 settembre, in cui “fu edificato questo sacratissimomonasterio”, non trova riscontro sull’Ordinario e non ha quindi, probabilmente, alcun ri-svolto liturgico; cfr. anche infra, nota 88.

La testimonianza più nota è molto tarda: è quella di AngelicaBaitelli, monaca di S. Giulia e badessa negli anni 1646 e 1647, au-trice di una Vita, martirio et morte di Santa Giulia cartaginese, pub-blicata per la prima volta nel 1644 e ristampata poi, dopo la mortedell’Autrice, nel 1657 in coda ai più famosi Annali Historici46. Inquesti ultimi la storica dichiara di leggere “l’Autenticatione di que-ste Santissime Reliquie” in una “Antichissima Pergamena in lettereLongobarde, la quale tradotta dal Latino, è la seguente.”

L’anno del incarnatione di nostro signore Gesù Christo 763. alli 10. de’mese di settembre fu edificato questo sacratissimo monasterio in presenza,et ad instanza del eccellentissima, et nobilissima regina Ansa consorte del-l’illustrissimo, et sacrato re Desiderio di Lombardia, et con grandissima so-lennità nella consecratione del tempio, che seguì alli 29. del mese d’otto-bre, furono riposti con solennità… gl’infrascritti corpi de santi, et sante ol-tre molte altre arche ripiene di pretiosissime reliquie. Concorda questa per-gamena con l’antichissimo Ceremoniale nostro, pontualmente di cui ho ri-ferito, la notula nel giorno stesso delli 29. doppo la festa di ss. apostoli Si-mone, et Giuda, giorno, che si celebra fra noi con solennità grande, per es-sere stata consacrata la chiesa anticha, col intervento di papa Paolo Terzocol concorso di vescovi, et cardinali…47

La “concordanza” con “l’antichissimo Ceremoniale nostro” se-

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48 Maria Bettelli nel 1985 aveva dimostrato impropria la definizione, tuttora spessousata, di Rituale: M. BETTELLI BERGAMASCHI, Il tempo monastico in un documento bre-sciano del XV secolo, in Il tempo vissuto, percezione, impiego, rappresentazione (Atti delConvegno Internazionale. Gargnano, 9-11 settembre 1985), Bologna 1988, pp. 85-97, inparticolare 85-87.

Le ragioni della datazione e i motivi per cui si può ritenere che la trascrizione del1438 non abbia introdotto aggiornamenti verranno illustrati in Il carme, cit., § 5.3 e so-prattutto negli studi complementari all’edizione dell’Ordinario nei Monumenta ItaliaeLiturgica. Colgo l’occasione per ringraziare Rosa Zilioli Faden e Ferdinando Dell’Oroper aver condotto generosamente a termine, pur nelle avversità personali, il lavoro rima-sto incompiuto alla morte di Maria Bettelli. Un primo anticipo della datazione in M. BET-TELLI - G. BERGAMASCHI, Le chiese minori del monastero bresciano di S. Salvatore - S.Giulia: S. Nicola, in “Nuova Rivista Storica”, 85 (2001), p. 97: “…la stesura dell’origi-nale veniva collocata dall’Autrice verso la metà del XIII secolo, se non prima”, con ri-mando al commento all’edizione del testo, ma anche in M. BETTELLI, Architettura e litur-gia in S. Giulia, dattiloscritto che l’Autrice si era impegnata a presentare per l’estate del1998, da me poi consegnato nell’inverno 1998-99 e rimasto da allora, inedito, nella dis-ponibilità della Direzione dei Civici Musei di Brescia e di Gian Pietro Brogiolo, curatoredel volume previsto, ma poi non realizzato: cfr. Brogiolo, Desiderio e Ansa, cit., pp. 146(dove viene citata la frase qui successiva nel testo, sui documenti ipotizzabili in base aun’osservazione linguistica) e 155 (dove si parla di “un volume sugli scavi di Santa Giu-lia, attualmente in preparazione”), ma anche p. 143 (“Il Rituale del XIII secolo, trascrittonel 1438”, senza riferimento allo studio di Maria Bettelli).

49 Incipit dell’Ordinario.

gnalata dalla Baitelli si rivela molto interessante. Si tratta del celebreOrdinario di S. Giulia (Brescia, Biblioteca Queriniana, H.VI.11),manoscritto datato 1438, ma certamente copia di un originale data-bile entro la metà del XIII secolo48.

Un’osservazione linguistica su due brani dell’Ordinario sembraconfermare l’esistenza della pergamena di cui parla la Baitelli: il te-sto latino infatti, oltre a dichiarare “prout invenitur in Cronicis satisauctenticis”, si rivela in questi passi insolitamente corretto e ricerca-to, mentre di solito è molto scorretto, poco rispettoso delle regolegrammaticali e sciatto nella struttura sintattica. Sembra proprio,cioè, che chi scrive abbia come riferimento una fonte chiara, di piùelevato livello linguistico.

Anno ab incarnatione Domini .CCCCCCC°LIII. inchoatum fuit monaste-rium nostrum domine Sancte Iulie virginis et martiris, et similiter dotatum perexcellentissimam dominam Ansam reginam uxorem Desiderii regis Lombar-die. Postea consecratum fuit per dominum papam cum suis cardinalibus,prout invenitur in Cronicis satis auctenticis in dicto nostro monasterio49.

In dedicatione ecclesie maioris, scilicet Sancti Salvatoris et Sancte Iulie.Quod festum fieri debet cum magna solempnitate cum dominus papa

fuit cum sua propria persona cum omnibus cardinalibus ad peticionem re-

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50 N. 408,a-c, nell’edizione di prossima pubblicazione (Santorale dell’Ufficio per lamessa). È da notare che il giorno della dedicazione della chiesa è l’unico caso, in tuttol’Ordinario, in cui viene riportata l’intitolazione completa, mentre di solito essa vienechiamata solo S. Iulie o, più frequentemente, ecclesia magna, quando non ecclesia perantonomasia; ulteriori precisazioni nel commento all’edizione. Sull’anacronistica presen-za di cardinales, ma anche Ansa regina nel 753, cfr. GAVINELLI, La liturgia del cenobio,cit., p. 124 e nota 16 a p. 140.

51 AASS M. V, p. 167, n. 3.

gis Desiderii et Anse regine eius uxoris que construxit istud monasteriumet dotavit eum de maximis honoribus et divitiis tam spiritalibus quam tem-poralibus.

Et etiam ornavit dictam ecclesiam de magno et optimo thesauro, videli-cet de .VIIIIem. corporibus sanctis integris que sunt condite in archis sub-tus in confessione, scilicet corpus beatissime Iulie, et tres filie sancte Soffieet capud matris earum, scilicet Pistis, Helpis, Agape, et duo corpora Inno-centum et sunt isti in archa Sancte Iullie; in altare de medio est corpussancti Ypoliti et erat brachium sancti Blaxii et modo est de foris; in archa.IIIa. sunt corpora sancti Piminei et sancti Iu<sti>ssimi integri et reliquiesancti Firmi et Rustici, Castuli et Anestasii, et multe alie reliquie sancto-rum et sanctarum.

Unde dicta ecclesia magnifice est ornata et propter hoc convocatus fuitdominus papa per dominam Ansam reginam ad dedicandam istam eccle-siam et consecrandam cum magno laudabili honore50.

Si noterà però che nella Baitelli e nell’Ordinario si parla non tan-to di traslazione, quanto di consacrazione (dedicatio) della chiesa edi deposizione delle reliquie, e che nel secondo viene dato l’annodella fondazione (753), non quello della consacrazione solenne allapresenza del papa. Sugli AASS invece si legge

Atque hoc sensisse videntur Brixiensium Lectionum auctores, cum atempore tumulati in Gorgona corporis (quod ipsum a tempore mortis ali-quam multis annis disiungi fortassis debet) usque ad eiusdem corporistranslationem Brixiam, sub annum DCCLXIII, dicunt fluxisse ducentorumcirciter annorum curriculum51.

Il riferimento di Papenbroeck è alla clausula de translatione diquella che ho definito Passio II: a “Brixiensium Lectionum aucto-res” potremmo quindi sostituire, come soggetto di “hoc sensisse”,“l’agiografo autore della Passio II”. L’incipit della clausula coi“200 anni dopo” ha sempre creato non pochi problemi agli studiosiche hanno voluto calcolare l’epoca del martirio in rapporto alla tras-lazione a Brescia (“a tempore tumulati… usque ad… translatio-

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52 Dopo lo stesso Papenbroeck, LANZONI, Le diocesi d’Italia, cit., p. 684. Il mancatoriconoscimento dei Tertia Acta come redazione autonoma (al contrario del testo nel Bo-decense, recensito come BHL 4517) ha portato di fatto a giustapporre la clausula di taleseconda redazione alla Passio BHL 4516, cosa che si rivela invece improponibile alla lu-ce di un confronto integrale. Il modo in cui i “duecento anni” sono stati inseriti dall’agio-grafo della Passio II nella redazione precedente appare evidente nella tabella sinottica(appendice D) in BERGAMASCHI, Il carme, cit.

53 L’assenza, nelle Lectiones viste dai Bollandisti, del prologo in cui vengono espo-ste, sia pure sommariamente, le circostanze della conquista di Cartagine, spiega le diver-se ipotesi sull’epoca a cui potrebbe riferirsi l’espressione “In illo tempore, cum civitasCarthago capta fuisset…” in BHL 4516: cfr. ad esempio AASS M. V, n. 3, pp. 167-168.

54 Padova, Biblioteca Universitaria 1044, f. Iv, ll. 1-3, 17-20; si noterà l’anacroni-smo dei “privilegi imperiali” accostati ad Ansa. Per il codice, A. MAZZON, Manoscrittiagiografici latini conservati a Padova: biblioteche Antoniana, Civica e Universitaria,Impruneta, Sismel, 2003, p. 64; il testo della Passio II.b, “in gotica corsiva italiana, è da-tabile verso la metà del sec. XIV o appena dopo” (comunicazione di Simona Gavinelli).

55 Analoga interpretazione, probabilmente, da parte di chi aveva estratto dalla Pas-sio II le Lectiones nel Vat. Barb. lat. 443 (cfr. infra, nota 175), scartando il prologo: vi silegge infatti “Cum civitas Cartago capta fuisset a Romanis, tunc beata Iulia…” (Lectio I,f. 2v). Non è il caso di esaminare in questa sede i problemi posti dall’epoca in cui sareb-be avvenuto il martirio di Giulia in Corsica: se un post 439 ha aperto un interminabile di-battito sulla possibilità di presenze pagane nell’isola a quell’epoca, un post 533 non fa-rebbe che acuire il problema. In realtà, il riferimento alla riconquista dell’Africa da partedi Belisario è certamente un’aggiunta dell’agiografo della Passio II e quindi ci può dare

nem”)52. L’esame del testo completo della Passio II, con un prologoche finora non era noto, ridimensiona però la portata del proble-ma53. È interessante, per esempio, vedere il modo in cui l’autore delcompendio Passio II.b ha utilizzato il testo della Passio II, in parti-colare il prologo e la clausula: trascurando tutte le parti più propria-mente agiografiche, o parenetiche, riprende solo quelle che potrem-mo definire “storiografiche”.

inc. “Iulia nobilibus orta parentibus ex provincia Africa civitate Cartagi-nis, postquam semel a Vandalis destructa fuit Cartago <<…>>, extincto [a]rege Vandalorum a Vilisario principe, exercitus Iustiniani imperatoris<<…>> virgo capta cum aliis“; des. “Post ducentos anos Ansa regina uxorDesiderii regis Longobardorum fecit translatari corpus virginis Iulie Bri-xiam, ubi monasterium hoc fecit et dotavit innumeris graciis et papalibusprivillegiis et imperialibus etc.”54

Nel testo della Passio II.b, per quanto incompleta risulti la lettu-ra, pare che il termine di riferimento sia la riconquista bizantina diCartagine (a. 533) e quindi i “circa 200 anni” sarebbero più accetta-bili che non partendo dalla conquista di Cartagine da parte dei Van-dali (a. 439)55. In ogni caso, resta da domandarsi da che cosa il Bol-

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indicazioni sul modo in cui egli intendeva il tempo del martirio, ma non riguarda la Pas-sio I, né il suo autore, né l’epoca in cui è stata composta.

56 AASS M. V, p. 168, n. 5; la citazione in tondo si conclude con “Ita BernardinusFaynus in Notis ad Martyrologium Brixianum, anno MDCLV Brixiae excusum”. Ruinartriprende la datazione al 763: “Sacrum vero ipsius corpus in insula Gorgona remansit us-que ad annum 763, quo a Desiderio Longobardorum rege Brixiam translatum est…” (PL58, col. 378).

57 Cfr. G. VIVOLI, Annali di Livorno. Dalla sua origine sino all’anno di Gesù Cristo1840. Colle notizie riguardanti i luoghi più notevoli antichi e moderni dei suoi contorni,I, Livorno, Bastogi, 1974 (ripr. facs. di Livorno, Sardi, 1842), p. 61, nota 40; F. TERRENI,S. Giulia e la più antica Confraternita livornese, Livorno s. d. [ma 2003], p. 18, nota 39.

58 A. SANTELLI, Stato antico, e moderno ovvero origine di Livorno in Toscana dallasua fondazione fino all’anno MDCXXXXVI. Gia dato in luce da Niccola Magri frate ro-mito agostiniano. Al presente fornito da f. Agostino Santelli maestro del medesimo ordinedi apologetiche, cronologiche, e critiche dissertazioni, e note, e condotto fino all’annoMDCCLXX. In Firenze nella stamperia di S.A.R. per Gaetano Cambiagi, 3 voll., I(1769), p. 11 e nota 4, ora in ristampa anastatica con l’ingannevole frontespizio di “Nico-la Magri, Cronica di Livorno”, Bologna, Forni, 1967.

59 Datato da Garrison al 1150-1165 (E. B. GARRISON, Studies in the history of me-diaeval Italian painting, I, Firenze 1953-1954, p. 133). Il nome “Giuliana” per “Giulia”nella tabella sinottica per il mese di maggio (p. s. n. [ma 144]) è un refuso, come da meverificato sul codice in questione.

landista possa aver tratto la data del 763. In un passo successivo delCommentarius praevius, si legge

Celebris praeterea Brixiae in Subalpinis est memoria translati corporiss. Iuliae ex insula Gorgona, et Brixiae depositi in monasterio… magnifi-centissime erecto ac dotato, una cum ecclesia, quam Paulus… annoDCCLXIII solenni ritu consecravit56.

È probabile quindi che si sia verificata una sovrapposizione fra ladata della consacrazione e quella della traslazione.

Totalmente fuorviante è invece la datazione al 763 fornita daSantelli e purtroppo acriticamente ripresa in pubblicazioni successi-ve, anche recenti57. L’Autore, presentando diverse date possibili perla traslazione, inserisce anche il 763 e, in nota, precisa: “V. MSS.Vita di S. Giulia V. e M. nella Pub. Bibl. Medic. Lotar. Palat. Cod.20.”58. Non può trattarsi che del Firenze, Biblioteca Medicea Lau-renziana, 20.3, antigrafo dell’edizione negli AASS59. Nel testo perGiulia di quel codice, da me esaminato di persona, non c’è tracciadel 763 (né di alcun altro anno), ma forse l’equivoco è ancora piùgrave, poiché l’Autore scrive più avanti (a proposito di un prodigioda lui contestato)

Molto meno [si legge] nella vita di detta Santa, che MS. in Firenze si

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60 SANTELLI, Stato antico, e moderno, I, cit., p. 334; il prodigio è la storia (di cui nonval la pena di parlare in questa sede) del quadro commissionato a Pisa da alcuni Corsi ecaricato a Livorno su una barca che non si sarebbe mossa dal porto, indicando così la vo-lontà della santa di non lasciare il luogo (Ibid., pp. 333-334). L’altro codice citato da San-telli è probabilmente il Firenze, Biblioteca Riccardiana, 223, di certo non “in versi”.

61 Una spia della derivazione, ma con fraintendimento, dagli AASS è proprio l’indi-cazione “Cod. 20” dove invece si legge “…primum locum obtinet, quod nos Florentiaedescripsimus in bibliotheca Medicaea ex Legendario supra pluteum XX reperto”: AASSM. V, p. 167, n. 2. Sull’uso da parte dell’Autore degli AASS cfr. anche Stato antico, cit.,II (prima ed. 1771), p. 108.

62 “Baron. ad ann. 762. Ado in Martirol.”: SANTELLI, Stato antico, I, cit., p. 11, nota3. Baronio riproduce il testo per Giulia attribuito ad Adone (infra, pp. 188-189), nel qualeovviamente non ci sono date: Annales ecclesiastici, VI, Romae, Ex Typographia Congre-gationis Oratorii apud S. Mariam in Vallicella, 1595, pp. 6-7.

63 A. BARONIO, Annales ecclesiastici, IX, Venetiis, apud Haeredem Hieronymi Scot-ti, 1602 (prima ed. Roma 1600), p. 179.

64 Cfr. infra, nota 77 e testo relativo.

conserva in versi latini scritta nella Riccardiana [nota 3: In Biblioth. Ric-cardiana MS.] Biblioteca, e nulla pure si trova intorno a ciò nel MS., oLeggendario nella Medicea Lotaringica di Firenze [nota 4: Vita Divae Iu-liae in Medic. MS.] scritto del 76360.

L’unica spiegazione che riesco a immaginare per questa datazio-ne è una errata interpretazione, appunto, degli AASS61.

3.2. anno 762C’è invece un’altra serie di testimonianze, anche queste piuttosto

tarde, che indicano l’anno della traslazione al 762.La prima, riferita ancora una volta da Santelli e anche questa ri-

presa successivamente, sarebbe quella di Baronio, ma temo si trattisolo di uno di una lunga serie di equivoci62. Scrive infatti Baronio,all’anno 758,

“Insuper et monasterium monialium erexit [Desiderius] in Ansilpergaefiliae virginis gratiam, quae ibidem vitam monasticam professa est. …roga-vit Paulum summum pontificem, ut apostolico illud privilegio communiret,quod et fecit. Sed hoc factum est post quinquennium…”63

Si arriva così al 762, cioè l’anno del privilegium di Paolo I64, manon c’è parola, nello scritto di Baronio, del corpus di s. Giulia e del-la traslazione. L’anno 762 viene invece esplicitamente indicato dalbresciano Ottavio Rossi in una sua Vita di s. Giulia, stampata nel1605:

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65 O. ROSSI, La vita di Santa Giulia Cartaginese vergine, e martire. Scritta alla Se-reniss. Altezza di Madama Chistierna di Lorena, Gran Duchessa di Toscana, Brescia, peril Bozzola, 1605, pp. 21-22. Per il libro, cfr. G. BERGAMASCHI, “La Vita di santa Giulia”di Ottavio Rossi, in “Annali Queriniani”, 9 (2009), pp. 7-62.

66 Cfr. Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri, a cura di P. Delogu (trad. it.di Histoire de Église depuis les origines jusqu’à nos jours, dir. da A. Fliche - V. Martin),II, J. LEBRETON - J. ZEILER, Dalla fine del II sec. alla pace Costantiniana, Cinisello Bal-samo (MI) 1995 (rist. di Torino 19723), n. 109, pp. 191-192; M. SORDI, I Cristiani e l’im-pero romano, Milano, Jaka Book, 1984, pp. 105-110.

67 G. GUADAGNINI, Vita di santa Giulia vergine e martire, in appendice a una nuovaedizione degli Annali istorici dell’edificazione, erezione e datazione del serenissimo mo-nastero di S. Salvatore e S. Giulia di Brescia… aggiuntavi la vita di S. Giulia con alcunealtre relative nozioni, Brescia, Bendiscioli, 1794, pp. 21-23 e nota 29; per il quadro, cfr.anche R. BOSCHI, L’inventario architettonico, in S. Salvatore di Brescia. Materiali per unMuseo, 2 voll., Brescia 1978, II, Contributi per la storia del monastero e proposte per unuso culturale dell’area storica di S. Giulia, pp. 94-95; il quadro è andato disperso con lasoppressione del monastero (Ibidem). Un soggetto analogo è raffigurato in un grandequadro nel presbiterio del Duomo di Livorno, opera di Tommaso Gazzarini del 1834: cfr.E. MAI, Cattedrale di Livorno, Livorno (senza tip., 1990?), p. 20.

“… fu rivelato da gli angeli il suo martirio ad alcuni monaci heremitihabitatori dell’isola Gorgona… Rimase santa Giulia sepolta in quell’isolafin l’anno settecento sessantadue, che Desiderio re ultimo de’ Longobardilo [sic] fece trasportare con solennissima pompa in Brescia riponendolonella chiesa, ch’era stata fabricata in honor del SALVATORE da Filippoprimo imperator cristiano l’anno quinto del suo imperio. Alla qual chiesapoi Ansa moglie di Desiderio, aggiunse l’anno settecento sessantanove ilmonasterio in gratia di Ansilperga loro figliuola…”65.

Il valore della testimonianza sul 762 è chiaramente inficiato dallenotizie che seguono: la “aggiunta del monastero” nel 769 è senzaalcun dubbio errata e difficile da spiegare, ma ancora più perplessilascia la frase precedente, in cui Ottavio Rossi attribuisce la “fabbri-ca” della chiesa all’imperatore Filippo: si tratterebbe, io credo, diFilippo l’Arabo (244-249), che una tradizione risalente ad Eusebiodi Cesarea e a Giovanni Crisostomo considerava il primo imperato-re romano convertitosi al cristianesimo66, ma non conoscendo a suf-ficienza l’opera dell’erudito bresciano, mi sfuggono i motivi per cuiavrebbe dato una notizia così grossolanamente falsa.

Nella controfacciata della chiesa cinquecentesca di S. Giulia, so-pra la porta, si trovava un quadro, opera di Bernardino Gandino(Brescia, 1587-1651), raffigurante l’arca di s. Giulia con Desiderio,Ansa, Anselperga e numerose monache; il quadro recava al di sottol’iscrizione “Divae Iuliae Virginis et Martyris Corpus Donatum an-no Domini D.CCLXII”67.

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68 BAITELLI, Vita, cit., p. 1769 N. MAGRI, Discorso cronologico della origine di Livorno in Toscana dall’anno

della sua fondazione, fino al 1646, Livorno, Bastogi, 1975 (rist. anast. di Napoli, perFrancesco Savio, 1647), p. 42; C. LAURO, Vita, et martirio della gloriosa vergine S. Giu-lia cartaginese. La cui festa si celebra alli 22. di Maggio…, in Lvcca, appresso OttauianoGuidoboni, 1615, p. 52.

70 SANTELLI, Stato antico, I, cit., p. 329. La lapide, che si trovava “sulla porta del-l’antica Confratenita di S. Giulia, or detta S. Giulina” (Ibidem, p. 328), ora si trova soprala porta della cappella della fattoria “La Forte” di Cernaia: cfr. TERRENI, S. Giulia e la piùantica Confraternita, cit., p. 35.

71 La data del 758 (18 dicembre) proposta da Brunati è solo il frutto di un suo ragio-namento, che poggia su una pretesa datazione dei capitelli della cripta alla “età longobar-dica”: BRUNATI, Vita o gesta, cit., II, pp. 239-256. Non ho invece idea di quale possa es-sere il fondamento per la data del 776 proposta da Pietro da Ripalta (cfr. supra, nota 13).

La Baitelli, al termine della sua Vita, nel parlare della traslazioneafferma che “Le Croniche di Sardegna vogliono, che il santo corpofosse levato di Gorgona nell’anno del Signore 759... Le Cronichenostre riferiscono, il dono esser statto fatto l’anno 762”68.

Secondo Magri, che scrive nel 1647 sulle origini di Livorno,“Nel 762. il re Desiderio fa traslatare il corpo di s. Giulia dalla Gor-gona in Brescia. Nell’anno medesimo s’elegge per nostra protettricela suddetta santa…” Forse l’affermazione poggia sull’interpretazio-ne di Baronio che abbiamo già visto in Santelli, anche se Magri nonlo dichiara; oppure sulla notizia di Rossi, che Magri può aver lettonella Vita di Lauro69.

Probabilmente alla traslazione si riferisce un passo della lapidelivornese del 1716, voluta dall’Arciconfraternita del SS. Sacramen-to e di S. Giulia, in cui si legge

VETUSTISSIMA CONFRATERNITAS… EX MIRACULO HIC D. IULIAM DE ANNO

DCCLXII IN MATREM ET PATRONAM ELEGIT EIUSDEM VENERABILE NOMEN SIBI IN

TITULUM ADŸCIENDO…70.

La consonanza con le parole di Magri (“patronam elegit” – “s’e-legge per nostra protettrice”), a mio parere, riduce il valore di que-sta iscrizione come testimonianza autonoma, ma ci dice solo che ilDiscorso cronologico di Magri era ben noto.

3.3. anni 759 e 766Oltre al 762, altre due date vengono proposte per la traslazione, il

759 e il 76671. Il 759, ricordato dalla Baitelli dalle “Croniche di Sar-degna”, è l’anno indicato da Fara nel suo De rebus Sardois:

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72 Ioannis Francisci Farae De chorographia Sardiniae libri duo, De rebus Sardoislibri quatuor, edente Aloisio Cibrario, Augustae Taurinorum, ex typographia regia, 1835,p. 180. Il lib. I, che si conclude proprio con le parole citate, venne stampato a Cagliari nel1580: A. MATTONE, Fara, Giovanni Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani,Roma, XLIV, Istituto della E.I., 1996, p. 754.

Identica citazione è riportata anche in S. VITALE, Chronica sacra. Santuario di Corsi-ca. Nel quale si tratta della Vita, & Martirio della Gloriosa Vergine, & Martire SantaGiulia di Nonza, naturale della detta Isola…, in Fiorenza. Nella Stamperia nuoua d’A-mador Massi e Lorenzo Landi, 1639, p. 205.

Anche Pietro Calzolai riporta diffusamente l’iniziativa di Ansa nella fondazione delmonastero e nella traslazione di Giulia dalla Gorgona, in entrambe le edizioni della suaHistoria monastica, ma senza mai indicare una data: Historia monastica, di d. PietroCalzolai, da Buggiano di Toscana… distinta in cinque giornate…, in Firenze, appressoLorenzo Torrentino, 1561, ff. 282v-284; Historia monastica di D. Pietro Ricordati, giaCalzolari, da Buggiano di Toscana, ... distinta in cinque giornate ... Di nuouo dall’autorestesso con somma diligenzia riuista, & accresciuta…, in Roma, appresso Vincenzio Ac-colti l’anno del Giubileo 1575, pp. 83-85.

73 PETRUS DE NATALIBUS, Catalogus Sanctorum et gestorum eorum ex diversis vo-luminibus collectus editus a… Petro de Natalibus, Vicentiae per henricum de sancto ur-sio librarium… Anno salutis .M.CCCCLXXXXIII. pridie idus decembris, lib. quintusc. 29. De sancta Iulia virgine et martyre. Sull’opera di Nadal, cfr. A. PONCELET, Le lé-gendier de Pierre Calo, in “Analecta Bollandiana”, 29 (1910), pp. 34-36. La derivazio-ne del testo di Nadal per Giulia da quello di Calò verrà mostrata in BERGAMASCHI, “Nein occultis…”.

Caroli Sigonii Historiarum de Regno Italiae libri quindecim… Index quoque rerum,et verborum copiosissimus additus, qui in priore editione desiderabatur, Bononiae, apudSocietatem Typographiae Bononiensis, 1580, lib. III, p. 148 (1a ed. Venetiis 1574). E pro-segue, all’anno 761: “Monasterium absolutum Domino Salvatori, et S. Iuliae martyri de-dicavit… Neque solum privilegiis suis monasterium decoravit… sed etiam Paulum ipsumpontificem perpulit, ut monasterium idem auctoritate quoque pontificia confirmaret.

Anno 756, Desiderius Longobardorum rex Sardiniam adeptus, regnavitannos 18… Hoc tempore, anno nimirum 759, corpus sanctae Iuliae, quae inCorsica, XI kal. iunii… crucis supplicio, teste Usuardo, fuit coronata, abAnsa regina Longobardorum regis Desiderii uxore, fuit Brixiam transla-tum, atque ibi insigne monumentum Domino Salvatori et sanctae Iuliaemartyri dedicatum, ut ex Petro de Natalibus, et Carlo Sigonio constat72.

Pietro Nadal (de Natalibus), compendiando da Pietro Calò, rac-conta, al termine della Passio, la traslazione a Brescia, ma non parladell’anno: “…quod [corpus s. Iuliae] tamen processu temporis Aicaregina uxor Desiderii Longobardorum regis inde Brixiam transtulitet in monasterio eius nomini fabricato houorifice [sic] collocavit.”.Sigonio, invece, all’anno 759 racconta come Desiderio “…filiamvero Ansilbergam divino cultui virginum destinavit; atque et mona-sterium ad urbem Brixiae aedificare, uxore Ansa et Adalgiso filioadiuvante, instituit”73. Non c’è parola, nel testo di Sigonio, del cor-

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Extat hoc quoque diploma cum ceteris apud virgines VII Kalendas [762 in margine] No-vembris, Indictione prima, Laterano datum.”:

74 Cfr. CDL, III, 1, cit., doc. n. 31, p. 189.75 SANTELLI, Stato antico, e moderno, I, cit., p. 11 e nota 5; TERRENI, S. Giulia e la

più antica Confraternita, cit., p. 18, nota 29. Nella pagina precedente, invece, Santelliaveva dato altri riferimenti per lo stesso anno 766: “Solo di Flavio Desiderio… parrebbecredibile, essere egli stato al Labrone, poiché vuole il Tucci [nota 5: Tucci Ist. MSS. diLucca, ed elogii] citato dal celebre scrittor lucchese Fiorentini nella sua Matilde [nota 6:…lib. 3, pag. 8], che sotto l’anno 766, da Lucca, ove, pria di regnare, qual cittadino, oduca di Toscana per lungo tempo con Adelchis… dimorò [nota 7: Rena Serie delli ant.Duchi di Tosc, pag. 71, 72, 75, ediz. Fior. del 1690]… a Porto Pisano si conducesse perfar trasportare sotto l’anno [segue la serie degli anni secondo diversi autori] dall’isolaGorgona, poi detta dai cristiani Margarita, il corpo di s. Giulia…”. Le stesse affermazio-ni, sul 766, riprende l’Autore a p. 334 e in Stato antico, e moderno, II, cit., pp. 161-163.Su Fiorentini si legge “oltre a’ più antichi nostri cronisti, Nicolao Tucci… ha tenuto opi-nione, che non solo Desiderio… et Adelchis… lungamente vi dimorassero [a Lucca], mache ne fussero cittadini” e poco più avanti “Fu Desiderio Lucchese, se dobbiamo credereagli historici nostri. Ma io, che ne pur del suo governo nel Ducato ho ritrovato particolarmemoria, non ho modo di confermarlo”: F. M. FIORENTINi, Memorie di Matilda la grancontessa, propugnacolo della chiesa…, in Lucca, appresso Pellegrino Bidelli, 1642, libroIII, pp. 8 e 11. Si noterà che la presenza di Desiderio al Labrone (cioè a Livorno) è soloun’illazione di Santelli.

76 L. A. MURATORI, Annali d’Italia dal principio dell’era volgare sino all’annoMDCCXLIX, A spese di Giambattista Pasquali libraro in Venezia, IV, Milano 1744,p. 335.

pus di s. Giulia e della traslazione, e la fondazione del monastero al759 deriva probabilmente dal primo documento pervenutoci sul ce-nobio, documento di quando Desiderio era ormai sul trono74.

Un’altra data indicata per la traslazione è quella del 766: Santelli,ancora una volta ripreso in scritti successivi75, la attribuisce a Mura-tori, ma anche in questo caso – a me pare – si tratta di un equivoco.All’anno 766 Muratori infatti dice che

Non è ben noto, in qual anno preciso fosse fondato l’insigne monisterodelle monache di Santa Giulia in Brescia. Il Sigonio ne mette la fondazionenell’anno 759… Sulle prime venne appellato monistero del Signor Salvato-re… ma perché colà venne trasferito dalla Corsica il corpo di santa Giuliavergine e martire, da quella prese poi la denominazione76.

4. Anni 762 e 763: translatio e depositio

Scartate quindi, perché senza fondamento, le datazioni al 759 e766, resta da analizzare quella al 762, che presenta un’interessantecorrispondenza. È noto il privilegium di esenzione, concesso da

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77 Cfr. BETTELLI BERGAMASCHI, A proposito del “privilegium”, I, cit., pp. 119-137,II, cit., pp. 139-174.

78 Cfr. supra, nota 30.79 BAITELLI, Vita, cit., p. 17

Paolo I al monastero bresciano e datato al 26 ottobre del 762 o76377. Maria Bettelli aveva accolto la datazione al 762, mentre Bro-giolo, riflettendo sulla coincidenza del mese, ritiene più verisimileche papa Paolo si fosse recato a Brescia con le reliquie dei martiriromani nell’ottobre del 763 e in quella occasione avesse concesso ilprivilegium (il 26) e consacrato la chiesa (il 29)78. La coincidenza ineffetti è suggestiva, ma se, come ritengo, si può dimostrare che latraslazione avvenne nel 762, allora anche la concessione del privile-gium avrebbe un senso preciso proprio in quell’anno.

Vedremo subito che le due date, del 762 e del 763, possono corri-spondere la prima alla translatio, la seconda alla depositio. Il pro-blema di una discrepanza fra le date era già stato colto, ma senzatrovare una soluzione adeguata, perché si partiva da dati non corret-ti. La Baitelli, per esempio, notava:

Donarono questo gran tesoro del corpo di santa Giulia vergine martire,crocifissa, Desiderio, et Ansa ultimi re de Longobardi ad Anselperga primaabbadessa perpetua... Le Croniche di Sardegna vogliono, che il santo corpofosse levato di Gorgona nell’anno del Signore 759. Così il vescovo Coro-nense, don Giovanni Fara nelle Chroniche di Sardegna lib. I. Il padre Vitta-le nell’Historia Sacra di Corsica al cap. XV. Le Croniche nostre riferisco-no, il dono esser statto fatto l’anno 762. facilmente si può accordare questadiversità. Perche può star insieme, che dal isola fosse levato il santo corpol’anno .59 et che fosse per qualche occasione trattenuto fin all’anno .62,che è breve spatio, et forsi fu quella la dilatione, per la consecratione...79

È da notare che la storica si rifà alle “Croniche nostre”, per l’an-no 762, ma non mette in discussione il 759. Con l’acume che lacontraddistingue, comunque, rileva la differenza fra il momento incui il Corpo potrebbe esser stato donato e quello della consacrazio-ne, che però in questo caso sembra riferire all’anno 762, mentre pri-ma abbiamo visto la sua traduzione della “antichissima pergamena”,con l’anno 763.

Un secolo e mezzo dopo, Guadagnini, sacerdote bresciano, ag-giunge a una nuova ristampa degli Annali historici della Baitelli laPassio sanctae Iuliae dall’edizione Ruinart (= BHL 4516), con unapremessa in cui lucidamente dichiara di voler riportare la storia di

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80 GUADAGNINI, Vita di santa Giulia, cit., p. VI. Le parole di Guadagnini, assieme alfatto che in coda agli Annali non venga ripubblicata la Vita della Baitelli, sottintendono –io credo – una critica anche alla monaca, che però l’Autore non nomina.

81 GUADAGNINI, Vita di santa Giulia, cit., pp. 21-22 e nota 26.

S. Giulia “…netta e scevra da tutte le false giunte, che una non benilluminata pietà degli scrittori de’ passati secoli credea bene di farealle Vite de’ santi…”80. Alla Passio nell’edizione Ruinart segue unatraduzione, ampliata con l’introduzione di considerazioni storiche emetodologiche di un certo interesse. Giunto al momento della trasla-zione (“Restò il venerabil corpo di S. Giulia nella divota chiesa delmonastero di Gorgona fino all’anno 762, o 763…”), l’Autore annota:

La chiar. Baitelli fissa per cotal traslazione l’anno 762., ma i dottissimipp. Papebrochio e Rinart [sic] fissan d’accordo l’anno seguente 763. Equella e questi debbono aver veduto de’ monumenti, che a me non è possi-bile di vedere per decidere il punto. Pare che la lite si possa facilmentecomporre col favore dell’iscrizione, che si legge nel gran quadro, che stanell’interno del nuovo tempio di S. Giulia sopra la porta maggiore, dove èdipinta l’arca contenente il corpo della santa vergine: perché essa iscrizioneporta così: Divae Juliae Virginis et Martyris Corpus donatum anno DominiD.CCLXII. Il dono dunque del venerabil corpo fu fatto dai monaci Gorgo-nesi nel 762, verso il suo fine, come io penso; e la traslazione di esso dallaGorgona a Brescia dovette seguire al principio del seguente 76381.

Guadagnini è un esempio di come il Commentarius negli ActaSanctorum abbia avuto un effetto di ridondanza, grazie all’indiscus-so prestigio della pubblicazione, su tutti gli scrittori successivi nelfissare la traslazione al 763, ma quel che interessa notare è la chiaradistinzione di due fasi.

La soluzione del dilemma era a due passi dagli Autori, se soloavessero considerato con attenzione date e documenti. Guadagnini,per esempio, ha sottovalutato le fonti citate dalla Baitelli: nell’iscri-zione da lui riportata, infatti, si sente l’eco delle “Croniche nostre”consultate dalla storica:

Donarono questo gran tesoro del corpo di santa Giulia... Le Cronichenostre riferiscono, il dono esser statto fatto… (Baitelli)

Divae Iuliae Virginis et Martyris corpus donatum (iscrizione)

Esaminando l’Ordinario di S. Giulia, si nota che la santa titolareveniva celebrata nel monastero bresciano in due occasioni: il diesnatalis, fra i ss. Potenciana (Pudenziana, 19 maggio) e Desiderio

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82 Cfr. supra, nota 14.83 Non ho compiuto una ricerca sistematica ed esaustiva, ma per il momento ho tro-

vato poche tracce di una significativa risonanza del culto di s. Giulia al di fuori del mona-stero a lei intitolato. Da notare che in Italia settentrionale erano in circolazione copie del-la Passio I senza nessuna indicazione della traslazione ben oltre il tempo in cui era avve-nuta, come mostrerò in “Ne in occultis…”; per i testi che danno notizia della traslazione,cfr. infra, § 6.1. Per la presenza di Giulia in libri liturgici al di fuori del monastero, cfr.nota successiva e GAVINELLI, La liturgia del cenobio, cit., pp. 129-130; Ead.,L’Omeliario, cit., p. 348.

84 BRUNATI, Vita o gesta, cit., I, pp. 15 e 22; Brunati, che riporta solo le festività diinteresse bresciano, così descrive il primo: “Un altro calendario Bresciano del secolo XIIIfu edito dal Zaccaria [alla nota 89, p. 79, “Anecdota medii aevi, p. 186, 194, AugustaeTaurinorum, 1751, in f°”] sopra una copia avutane da… Trombelli… in un Messale cheha scritto al principio Iste liber est altaris… Gregorii Pape… Sancte Marie de Dom civi-tatis Brixie”. Il Calendario si trova nel Bologna, Biblioteca Universitaria, 2246, MissaleRomanum ad usum Ecclesie Brixiensis (f. Ir); al f. 2r-v litanie (in cui è compresa Giulia);ai ff. 3v-9r il Calendario: al f. 5v “XI Kl. [Iunii] Iulie virginis et martyris”; al f. 9r “XVKl. [Ianuarii] Translatio sancte Iulie virginis et martyris”. Nel Calendario (ristampato,dall’edizione Zaccaria, in PL 138, coll. 1265-1280) si notano, è vero, indicazioni di carat-tere strettamente locale (come Epimeneo vescovo e numerosi vescovi bresciani), maanche, per esempio, le notizie della depositio di Ambrogio, Zenone, Siro, e della transla-tio (oltre a quelle, ovvie, di Benedetto, di Filastrio e di Faustino e Giovita), di Zenone,Tommaso, Martino, Cosma e Damiano, oppure santi di limitato culto locale (Lucca e Pi-sa) come Torpete e Lussorio. Analoghe osservazioni si possono fare per quanto riguardail secondo Calendario (Bologna, Biblioteca Universitaria, 2217, Fragmenta liturgica, ff.25r-27r, XIV sec.; la traslazione di Giulia al f. 27v), dove si può notare, fra l’altro, chesono rubricati i santi bresciani Faustino e Giovita, Apollonio e Filastrio, ma non Giulia.Sarà ora utile una verifica della presenza di Giulia in S. VITALE, Calendari bresciani aconfronto (secoli XI-XV), in Musica e liturgie, cit.

(23 maggio), cioè il 22 maggio; la Traslazione, fra i santi Lucia (13dicembre) e Tommaso (21 dicembre), data che può essere identifi-cata nel 18 dicembre.

La data della seconda festa si desume, oltre che dal citato mano-scritto Vita di S.ta Giulia di Ottavio Rossi82, da alcune testimonianzeliturgiche e agiografiche. Brunati, per esempio, cita due Calendari,uno che data al XIII secolo, l’altro al XV, da cui riporta solo le me-morie di interesse bresciano, fra cui la traslazione di Giulia83.I due Calendari sono fra le poche testimonianze pervenuteci diun’eco della traslazione al di fuori del monastero di S. Salvatore – S.Giulia, ma bisogna dire che la memoria si trova in mezzo a una talcongerie di notizie agiografiche da non sembrare, di per sé, signifi-cativa di una particolare devozione bresciana a s. Giulia84.

Di maggior interesse, per la storia del culto, sono due memorie diGiulia nel Milano, Bibl. Ambr., Trotti 263 (seconda metà del sec.XIII), un Martirologio di Usuardo arricchito con aggiunte locali che

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85 Milano, Bibl. Ambr., Trotti 263, ff. 43v-44r; 106r-v. “Il manoscritto proviene dal-la casa umiliata di S. Maria di Gambara ed è stato per questa confezionato (davanti c’è laregola), ma il testo non è ‘tipicamente’ degli umiliati (anzi, i santi ‘umiliati’ sono aggiuntida altra mano dopo le indicazioni del copista principale che è unico in tutto il manufatto).L’impressione è che il testo sia stato copiato da un antigrafo disponibile a Brescia e giàdotato delle aggiunte ‘locali’: la presenza di elenchi di reliquie custodite in altari, in par-ticolare di S. Faustino, porta a supporre che il modello provenga da tale ente.” Un primoconfronto con le memorie degli altri giorni, che si concludono quasi sempre con la for-mula “et aliorum plurimorum”, non permette, purtroppo, d’interpretare tale espressionedopo la translatio sancte Iulie come un riferimento alle altre reliquie deposte in S. Salva-tore – S. Giulia. Ringrazio per tutte le informazioni e per la trascrizione Marco Petoletti erimando al suo Manoscritti bresciani alla Biblioteca Ambrosiana, in Viaggi di testi e dilibri. IV giornata di studi “Libri e lettori a Brescia tra Medioevo ed Età moderna”, Attidel Convegno Brescia, 2 dicembre 2008, in corso di stampa. Resta poi da domandarsi co-me mai il compilatore, oltre ad aggiungere al Martirologio di Usuardo la memoria dellatraslazione, non abbia utilizzato per il dies natalis di Giulia il testo originale (“Apud Cor-sicam, sanctae Iuliae, quae crucis supplicio coronata est”: PL 124, Paris 1879, coll. 77-78), ma una formula, a quanto mi risulta, senza riscontri.

86 M. ANDRIEU, Les ‘Ordines romani’ du haut Moyen Age, IV, Les textes (suite).Ordines XXXV-XLIX, Louvain, Spicilegium sacrum lovaniense, 1956 (Spicilegium sa-crum Lovaniense. Etudes et documents, 28); cfr. Ordo XLI (…quomodo ecclesia debeatdedicari) e XLII (…quomodo in sancta romana ecclesia reliquiae conduntur), pp. 315-402; ringrazio Ferdinando Dell’Oro per l’informazione. I due Ordines (XLI e XLII) sonoin parte complementari: la composizione del primo è successiva all’epoca della traslazio-ne, ma si può supporre che la tradizione precedente non si discotasse di molto (Ibidem,pp. 336 e 538 [indice]). L’Ordo XLII, invece, dovrebbe rappresentare un rito in uso giàprima della metà del sec. VIII (Ibidem, p. 394). È vero che per quanto riguarda l’OrdoXLI sono anche testimoniate consuetudini diverse (Ibidem, p. 333), secondo le quali i dueatti (consacrazione dell’altare e deposizione delle reliquie) potevano non essere contem-poranei, o addirittura la deposizione poteva avvenire dopo la consacrazione, ma non certodue mesi dopo.

lo caratterizzano come sicuramente bresciano.

XI kal. iun. [22 maggio] In Affrica natalis sanctorum Casti et Emilii…[= Usuardo] In monasterio Sancti Faustini Brixiensi quiescit corpus beateOthelende martyris. Eodem die festum beate Iulie martyris, cuius corpusquiescit in Brixia et aliorum plurimorum.

XV kal. ian. [18 dicembre] Apud Macedoniam civitatem Phyllippis…[= Usuardo] In Brixia translatio sancte Iulie virginis et aliorum pluri-morum85.

Appurato il giorno della festa per la Traslazione al 18 dicembre esapendo che quella per la Consacrazione della chiesa cadeva il 29ottobre, balza all’occhio un problema: poiché il rito della dedicazio-ne ha come parte centrale la depositio delle reliquie nella nuovachiesa86, i due avvenimenti non possono essere riferiti allo stesso

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87 Così sarebbe avvenuto, per esempio, anche nella traslazione di Fermo e Rustico aVerona: cfr. TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., nota 138, a p. 90. Una tappa intermedia frala elevatio e la depositio anche nella traslazione di Filastio: cfr. infra, testo alla nota 157.Ma basterebbe passare in rassegna alcune Translationes, per trovare tutta una serie di al-tri esempi. In epoca moderna, la tappa intermedia in un “sacrario” è documentata proprioper la traslazione delle reliquie di Giulia dalla basilica antica alla nuova chiesa di S. Giu-lia, nel 1600: G. G. Gradenigo, Pontificum Brixianorum series commentario historico il-lustrata. Accessit codicum mss. elenchus in archivio Brixianae cathedralis asservatorum,Brixiae, ex typographia Joannis Baptistae Bossini, 1755, p. 386.

88 Nel frattempo si sarebbero conclusi i lavori a cui si riferisce la pergamena tradottadalla Baitelli: “L’anno… 763. alli 10. de’ mese di settembre fu edificato questo sacratissi-mo monasterio…” (supra, nota 47 e testo relativo), dove probabilmente bisogna pensareal termine dei lavori di riadattamento della basilica, con la costruzione della cripta e dellanuova parete orientale, triabsidata; sulla cripta, cfr. S. LOMARTIRE, Architettura e decora-zione nel S. Salvatore di Brescia tra alto medioevo e romanico: riflessioni e prospettivedi ricerca, in Società bresciana e sviluppi del romanico (XI-XIII secolo). Atti del Conve-gno, Brescia 9-10 maggio 2002, Milano 2007, pp. 123-124 (con rimando ai precedenti,fondamentali, lavori di Gian Pietro Brogiolo), 144-148 e figura 63. Il 10 settembre 763viene interpretato come termine “per la rifondazione del monastero” in Brogiolo, Deside-rio e Ansa, cit., p. 146.

89 ANDRIEU, Les ‘Ordines romani’, IV, cit., Ordo XLII, 1, p. 397; cfr. anche p. 385.90 ANDRIEU, Les ‘Ordines romani’, IV, cit., p. 386; l’Autore ricorda che lo stesso va-

leva anche per i brandea, cioè i pezzi di stoffa che venivano lasciati per un certo tempo acontatto con la tomba del santo e che costituirono, soprattutto nei primi secoli, il princi-pale tipo di reliquia concesso da Roma (cfr. Ibidem, pp. 378 e 386) .

anno, cioè non è possibile che la chiesa sia stata consacrata il 29 ot-tobre e le reliquie siano arrivate nel dicembre successivo. La spie-gazione più probabile, quindi, è che le reliquie siano giunte a Bre-scia il 18 dicembre del 762 e collocate in una sede provvisoria (co-me già intuito dalla Baitelli, sia pure in una cornice diversa)87, in at-tesa della consacrazione della chiesa con la solenne depositio dellereliquie nella cripta, il 29 ottobre del 76388.

La tappa intermedia in una chiesa per l’accoglienza provvisoria,d’altra parte, è proprio documentata dall’Ordo romanus XLII, ilquale prevede, come atto preliminare alla consacrazione e alla de-posizione, che il vescovo vada a prelevare le reliquie nella chiesa incui erano state deposte temporaneamente: “Vadit episcopus in ec-clesia ubi reliquiae sunt positae…”89. È interessante notare che que-sta prima parte della liturgia, come sottolinea Andrieu, “est une fi-gure de l’elevatio”, della cerimonia cioè con cui veniva esumato uncorpo santo dalla sua prima sepoltura90.

Alla ricostruzione cronologica fin qui presentata si potrebberoporre alcune obiezioni. La prima, più banale, è costituita dalla datastessa del 18 dicembre: di certo non il periodo dell’anno più propi-

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91 Cfr. supra, nota 30.92 Cfr. supra, p. 160.93 Cfr. infra, p. 200. Giulia inoltre è l’unica santa, nell’Ordinario, di cui si celebra la

festa per la Traslazione (a parte quella di Benedetto, scontata in un monastero benedetti-no) e una dei pochi per cui è prevista l’Ottava, oltre ai santi per cui è consueta (come Ste-fano, Giovanni e gli Innocenti) e a Ippolito, di cui pure il monastero vantava il corpus.

zio per concludere un viaggio attraverso la pianura padana. Ma poi-ché sulla data (giorno e mese) non vi è incertezza delle fonti, nonpossiamo che accettarla così com’è.

Un’obiezione più consistente potrebbe riguardare invece proprioil rapporto fra traslazione e consacrazione: si potrebbe cioè pensarealla consacrazione nell’ottobre del 763 con deposizione di reliquiediverse, eventualmente con le reliquie romane già pervenute nelmonastero91, in attesa di quelle di Giulia che sarebbero giunte neldicembre dello stesso anno; il rilievo dato alla traslazione di s. Giu-lia nell’Ordinario sarebbe allora attribuibile a un impianto agio-li-turgico costruito nel tempo e testimoniato solo da una fonte tarda:anche pensando alla redazione originaria del libro liturgico alla me-tà del XIII secolo, si tratta sempre di una distanza di cinque secolidalla traslazione.

Pur ammettendo che l’obiezione è da tenere in considerazione,bisogna però notare che, per quanto tardo sia l’Ordinario rispettoalla traslazione, sarebbe difficilmente spiegabile una festa In dedi-catione ecclesie maioris, scilicet Sancti Salvatoris et Sancte Iulie92,nel caso la consacrazione fosse avvenuta in assenza delle reliquie dis. Giulia. Se poi si analizza nell’Ordinario il Proprio per la santa,nella festa del dies natalis e in quella della Traslazione, si nota unUfficio straordinariamente ricco93: e poiché proprio Giulia emerge,fra tutti i santi di cui il monastero possedeva il corpus, è difficilepensare che la santa non avesse costituito il fulcro della devozionenel monastero fin dall’inizio, per volere di Ansa.

5. Traslazione e intitolazioni a santa Giulia

5.1. Un itinerario indicato dalle intitolazioni?Se, come abbiamo, visto si riesce a stabilire l’anno della trasla-

zione al 762 e a fissare l’arrivo a Brescia al 18 dicembre, nulla ci èinvece possibile conoscere sul momento della partenza, sulle moda-lità e sul percorso della traslazione.

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94 “La più nota leggenda agiografica livornese”, la definisce Gaetano Ciccone, ilquale, partendo da più che legittime perplessità, ha però ecceduto nel trarne le conse-guenze, fino a negare la traslazione stessa e la presenza del corpus alla Gorgona: CICCO-NE, La leggenda di Livorno, cit., pp. 13-21.

95 MAGRI, Discorso cronologico, cit., p. 42 e nota 33 a p. 197. La nota di Magri nonè molto chiara, ma nella Vita di Cristoforo Lauro (cfr. supra, nota 69) non c’è parola diun viaggio di Desiderio a Pisa e Livorno, mentre l’Autore semplicemente riprende la datadel 762 da Rossi (p. 52; cfr. supra nota 65). Nemmeno se ne parla nella Vita della Baitel-li, stampata per la prima volta nel 1644 (cfr. supra nota 46 e testo relativo); restano gliimprecisati e non verificabili “scritti di alcuni Livornesi”. Sul rapporto fra le Vite di Rossie di Lauro e la traslazione di una reliquia di s. Giulia da Brescia a Livorno, cfr. BERGA-MASCHI, “La Vita di santa Giulia”, cit.

96 La teoria di Magri si ritrova, per esempio, in Santelli (cfr. supra, nota 75); VIVOLI,Annali di Livorno, I, cit., p. 35 (ma alla nota 40, p. 61, l’Autore la mette in discussione);MAI, Le radici cristiane, I, cit., p. 41.

Una traccia, in realtà, sembra fornita dalle intitolazioni che si tro-vano disseminate fra la Toscana e Brescia, quasi a delineare un iti-nerario. Prima di esaminarle, però, bisogna soffermarsi sul modo incui si è fissata, negli scritti livornesi, una precisa visione sul rappor-to della città con la traslazione: visione che, con una punta di irrive-renza, può essere definita “il mito livornese” di s. Giulia94.

La prima espressione, a quanto mi risulta, risale a Nicola Magriche scrive nel 1647:

Nel 762 il re Desiderio fa traslatare il corpo di s. Giulia dalla Gorgonain Brescia. Nell’anno medesimo s’elegge per nostra protettrice la suddettasanta… [e in nota aggiunge] Lauro, vit. di S. Giulia, mem. di Brescia ap-presso quelle monache scritti di alcuni Livornesi che apportano il re Desi-derio in Pisa, et in Livorno di dove si fece questa santa spedizione95.

A parte l’idea poco plausibile del re Desiderio “a Pisa e Livor-no”96, quando la clausula de translatione dichiara esplicitamenteche Ansa “praecepit eius corpus… sibi afferri”, troviamo qui in nucela teoria che viene in seguito sviluppata e che trova la sua più com-piuta espressione in alcuni scritti recenti, fra cui quelli di FrancescoTerreni:

Che la traslazione a Brescia delle spoglie di S. Giulia sia avvenuta pas-sando attraverso Porto Pisano, sembra confermata anche dal fatto che tra lapopolazione del piano del Porto si diffuse, fin dal nono secolo, un senti-mento di venerazione per la giovane martire. Di tale devozione troviamoinfatti un tangibile riscontro nella presenza, fin da quel tempo, nei pressidel villaggio di Liburna, di un luogo di culto dedicato alla santa.

L’ipotesi che le reliquie di S. Giulia, prima di giungere a Brescia, abbia-

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97 F. TERRENI, S. Giulia: la martire cartaginese Patrona di Livorno, Livorno s.d.[ma 2000], pp. 14-16; la teoria è ripresa, più o meno alla lettera, in S. Giulia e la più anti-ca Confraternita, cit., pp. 19-21. Terreni giunge al punto di sostenere che, poiché la pri-ma costruzione di S. Giulia di Caprona risale al 6-700 (affermazione basata su scritti po-co affidabili) “essendo anteriore alla traslazione delle spoglie di S. Giulia doveva avereun altro titolo”: TERRENI, S. Giulia: la martire, p. 16, nota 39. Analoga ricostruzione, an-che se meno dettagliata nei toponimi, in MAI, Le radici cristiane, I, cit., pp. 36-41.

98 TERRENI, S. Giulia: la martire, cit., p. 14; la spiegazione trova poi una più elabo-rata espressione in MAI, Le radici cristiane, cit., p. 40.

99 Il primo sottolineava il ruolo dei mercanti siriani, la seconda la presenza di Desi-derio a Lucca: cfr. G. BETTINI, Del culto livornese di S. Giulia, in “Bollettino storico li-vornese”, 2 (1938), pp. 319-321; QUARTARONE, S. Giulia, cit., pp. 21-23.

no fatto sosta a Porto Pisano trova ulteriore riscontro nel fatto che, propriolungo la strada dal villaggio di Liburna a Brescia, sorsero prima del Millealcune chiese dedicate alla santa: dopo quella prope Livorna, troviamo in-fatti una cappella a Caprona di Pisa… un’edicola di S. Giulia a Buti, unachiesa a Lucca… ed un’altra chiesa sul monte S. Giulia, nel Modenese do-po “le Radici”.

In base a questi elementi si può quindi supporre che le spoglie di S.Giulia abbiano percorso il seguente itinerario: Porto Pisano, Caprona, Luc-ca, S. Pellegrino, Monchio (chiesa di S. Giulia), Nonantola (abbazia longo-barda), Leno (abbazia longobarda) e Brescia…97

Al tragitto delineato da Terreni è sfuggito un altro tassello, cheperfettamente s’inquadrerebbe nell’itinerario ipotizzato: S. Giulia diControne, sulle pendici del crinale che separa la valle del Serchio equella del Lima, oggi parte di Bagni di Lucca. Bisogna poi notareche la ricostruzione di Terreni prende l’avvio dall’ipotesi che siaesatta l’indicazione del Chronicon Novaliciense, di una traslazionecioè dalla Corsica a Brescia, tanto che l’Autore, per conciliare i daticontrastanti e tener fermo il passaggio attraverso la Toscana, è co-stretto a trovare una soluzione di compromesso, cioè una sosta allaGorgona98: ma per sostenere che le spoglie di Giulia fossero state al-la Gorgona solo di passaggio, bisognerebbe respingere il desinit del-la Passio I (BHL 4516) e spiegare quando e per quali motivi sarebbestato prodotto un “falso” con l’errata informazione sulla depositio.

L’idea che la devozione a s. Giulia si fosse diffusa solo in seguitoalla traslazione era già stata messa in discussione nella prima metàdel Novecento da Bettini, in seguito dalla Quartarone99, ma è ormaiquasi sedimentata nella coscienza livornese e ogni tanto riemerge, avolte in modo più sfumato e accogliendo almeno in parte la teoria giàdi Magri del patronato: il culto si sarebbe, sì, diffuso al di fuori della

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100 Cfr. ad esempio QUARTARONE, S. Giulia, cit., p. 9; il topos livornese del “villaggiodi pescatori” è stato contestato da Ciccone in La leggenda di Livorno, cit., p. 9.

101 Una prima indagine sull’Ufficio livornese per s. Giulia, parzialmente presentatanella relazione Una Passio da riscoprire: testi e tradizione liturgica del culto di santaGiulia al convegno La Chiesa del Mediterraneo. La diocesi di Livorno (1806-2006) e letradizioni religiose del Mediterraneo (Livorno, 1-2 dicembre 2006), ha evidenziato taliincertezze nella definizione di un Proprio per la santa da farmi sorgere qualche perplessi-tà sulla effettiva consistenza e stabilità del culto a s. Giulia a livello cittadino, prima del-l’istituzione della diocesi (1806) – e in assenza di devozione popolare, che si è sempre ri-volta piuttosto alla Madonna di Montenero.

102 Paolo Guerrini, storico della Chiesa bresciana, si spingeva fino a scrivere “…il no-me di questa santa, come il suo culto, dovunque si trovi, indica sicuramente possedimenti,cappelle, dipendenze del nostro celebre monastero…” (L’anno liturgico della Chiesa Bre-sciana, in “La Voce Cattolica”, 20 maggio 1939, p. s.n. Un caso che può lasciare qualchemargine di dubbio è per esempio la pieve di S. Giulia, sul monte che dalla santa prende no-me, a Monchio nell’Appennino modenese: cfr. anche infra, nota 125 e testo relativo. L’elen-co qui presentato non è esauriente neanche per la Toscana: un secondo gruppo di agiotopo-nimi in G. BERGAMASCHI, Da Cartagine alla Toscana a Brescia: i percorsi del culto a santaGiulia, in “De strata Francigena”, XVII/1-2 (2009), La via Francigena in Valdelsa. Storia,percorsi e cultura di una strada medievale. Atti del Convegno 23, 24 e 25 ottobre 2009(Colle Valdelsa, Sant’Appiano, Certaldo), a cura di R. Stopani e F. Vanni, pp. 211-252.

Sui possedimenti di S. Salvatore in età longobarda, una prima cartina che preludeva a

Gorgona in epoca precedente, ma in occasione della solenne trasla-zione gli abitanti dell’umile villaggio di pescatori100, colpiti dall’e-vento, avrebbero scelto la santa come patrona. È chiaro che tentar disaldare, in questo modo, un avvenimento dell’VIII secolo e il patro-nato sulla città di Livorno costituirebbe un salto logico-temporale,mentre resta da chiarire il problema del passaggio dal culto nella pie-ve al patronato sulla città, problema ampiamente dibattuto, ma su cuinon mi risulta sia stata ancora detta una parola definitiva101.

5.2. Problemi relativi alla teoria dell’itinerarioSe poco verisimile era l’idea che il culto non si fosse esteso dalla

Gorgona alla costa prospiciente prima della traslazione, anche lateoria di intitolazioni sorte come conseguenza della traslazione ap-pare oggi da rivedere, per diverse ragioni.

Innanzitutto bisogna notare che le intitolazioni a s. Giulia vannoalmeno distinte in due gruppi, separando tutte quelle che sono inqualche modo in rapporto con S. Salvatore - S. Giulia di Brescia: leintitolazione “padane”, per esempio, sono il più delle volte ricondu-cibili a possedimenti del monastero bresciano e quindi, in assenzadi documenti specifici, non possono essere collegate alla traslazio-ne, ma piuttosto all’estendersi del culto per iniziativa del cenobio dacui dipendevano102.

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un lavoro poi non concluso dall’Autrice, in BETTELLI BERGAMASCHI, A proposito del“privilegium”, II, cit., p. 174. Sulla ragguardevole estensione dei possedimenti di S. Sal-vatore di Brescia in età carolingia, restano fondamentali G. PASQUALI, La distribuzionegeografica delle cappelle e delle aziende rurali descritte nell’inventario altomedievale diS. Giulia di Brescia, in S. Salvatore di Brescia, II, cit., pp. 142-167 e ID., Gestione econo-mica e controllo sociale di S. Salvatore - S. Giulia dall’epoca longobarda all’età comu-nale, in S. Giulia di Brescia. Archeologia, arte e storia di un monastero regio dai Longo-bardi al Barbarossa (Atti del Convegno Internazionale, Brescia 4-5 maggio 1990), a curadi C. Stella e G. Brentegani, Brescia, Grafo, 1992, pp. 131-145.

103 Fra questi ne viene qui presentato uno solo, altri nel contributo in preparazione dicui alla nota precedente. Sull’argomento è necessaria un’estrema cautela e discernere, invia preliminare, intitolazioni o agiotoponimi dovuti ad altri motivi: mi riferisco per esem-pio a una località S. Giulia nel Polesine, che si chiamava “Polesine dei Sospiri” fino al1934, quando i nuovi proprietari le cambiarono il nome in omaggio a una sorella (dal sitoInternet del Comune di Porto Tolle); oppure la chiesa di S. Giulia di Torino, edificata nel1862 per iniziativa di Giulia, marchesa di Barolo, per onorare la santa di cui portava ilnome e a cui era particolarmente devota. Per quanto riguarda la Toscana, comunque, sipuò ricordare che si tratta di una regione piuttosto conservativa nei toponimi: ringrazioGabriella Rossetti per la comunicazione.

104 C. CITTER, Gerarchie sociali ed edifici di culto: il territorio rosellano fra Longo-bardi e Carolingi, in IV Congresso Nazionale, cit., p. 361 e infra, nota 112.

Se poi prendiamo in considerazione la Toscana, una prima diffi-coltà è posta dalla distribuzione geografica delle località che pren-dono nome da s. Giulia, fra le quali inserisco pure, ma con estremaprudenza, anche agiotoponimi non legati, a quanto si conosce oggi,a luoghi di culto103. Come si può notare sulla carta (figura 1), unaintitolazione si trovava nel Rosellano (n. 1), probabilmente lungo laAurelia vetus104, ben più a Sud di un percorso ragionevolmente ipo-tizzabile per la traslazione a Brescia. Sullo stesso asse viario, fraPopulonia e Vetulonia, si trova oggi un “Podere S. Giulia”, nei pres-si di Vignale (lett. c), ma, in assenza di altri riscontri, non può costi-tuire per il momento niente più che una traccia di ricerca.

All’estremo opposto, invece, due intitolazioni, una in Garfagna-na e una nel Carrarino (nn. 6 e 7), indicano due diverse direttrici,difficilmente conciliabili fra di loro. Si comprenderà, dall’insiemedei ragionamenti che seguono, perché non ritengo valga la pena diporsi il problema del tragitto realmente seguito dalla traslazione: ciòche qui vorrei chiarire è che chi volesse desumere un itinerario dalleintitolazioni, si troverebbe costretto a scegliere una delle due e ascartare l’altra.

Le osservazioni fin qui esposte, in realtà, ci dicono solo che nontutte le intitolazioni rintracciabili possono essere considerate comeconseguenza diretta della traslazione, mentre potrebbero esser sorte

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105 BERGAMASCHI, S. Giulia a Lucca, cit., pp. 763-769.106 P. GUIDI, L’antichissimo plebato di Controne, in “Rassegna ecclesiastica lucche-

se”, VIII (1919), pp. 327-332; 343-349; nell’articolo, dettagliate informazioni sulla storiae l’esatta ubicazione della pieve; cfr. anche BERGAMASCHI, S. Giulia a Lucca, cit., nota 20a p. 767 con una precisazione sull’errata ubicazione in Basiliche medioevali della Provin-cia lucchese. La guida inedita di Enrico Ridolfi (1828-1909), a cura di P. Bertoncini Sa-batini, Cinisello Balsamo 2003, pp. 174-179. Non riesco invece a vedere i motivi per cuiNanni, nell’esame delle prime intitolazioni lucchesi, inserisce Giulia fra i “santi dell’etàromana”: cfr. L. NANNI, La parrocchia studiata nei documenti lucchesi dei secoli VIII-XIII, Roma 1948, p. 49.

107 Die Kanonessammlung des Kardinals Deusdedit, ed. V. W. von Glanvell, Aalen

in seguito. Ben più importanti delle considerazioni topografiche so-no quelle storiche, a partire da quanto ho presentato nello studiosulla chiesa di S. Giulia a Lucca.

Rinviando a quello per ulteriori precisazioni e per indicazioni bi-bliografiche più dettagliate105, ne presenterò qui sinteticamente leconclusioni. Ho già detto della chiesa di S. Giulia in Lucca: l’origi-ne molto probabilmente risale alla prima metà del VII secolo e laprimitiva intitolazione a S. Giulia può essere confermata dall’esi-stenza di altre due chiese intitolate alla santa.

La prima è la chiesa di S. Giulia di Controne (oggi S. GiovanniBattista di Pieve dei Monti di Villa, Bagni di Lucca: figura 1 e 5),attestata già come ecclesia baptismalis in un documento del 772, ilcui tenore fa pensare a un’istituzione ormai consolidata: difficil-mente quindi una chiesa sorta in conseguenza della traslazione. An-che l’estensione del territorio soggetto e il suo successivo sdoppia-mento106 sembrano difficilmente conciliabili con una fondazione dipoco anteriore al 772, anche se di per sé non sono indicatori in asso-luto di antichità.

Ad anni ancora precedenti possiamo risalire con la notizia di unmonasterium sancte Iulie nel Rosellano (figura 1, n. 1), che compa-re solo in due documenti riportati assieme nella Collectio Canonumdel cardinal Deusdedit, scritta alla fine dell’XI secolo. Si tratta di unlungo elenco di beni, “patrimonia beati Petri apostoli”, che vannodalla città di Lucca, col suo territorio, fino a quello Rosellano: inquest’ultimo, fra l’altro, si trovano

Et due curtes, que uocantur Piscaria et Flacianum, cum caio suo, qui di-citur tertio, una cum monasterio sancte Iulie nec non et uilla magna et fos-sa, que uocatur Flexu, cum omnibus eis pertinentibus: posite sunt prefatoterritorio Rosellano…107

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1967 (ripr. di Paderborn 1905), p. 355. I due documenti sono riportati anche nel Libercensuum: cfr. S. SODI - M. L. CECCARELLI LEMUT, La diocesi di Roselle-Grosseto dalleorigini all’inizio del XIII secolo, Ospedaletto (Pisa) 1994 (Quaderni Stenoniani, 2),pp. 40-41 e nota 162.

108 Cfr. P. M. CONTI, Il ‘monasterium’, sacello di fondazione privata e le missionicattoliche nella Tuscia del secolo VIII, in Studi storici. Miscellanea in onore di ManfredoGiuliani, Parma 1965, pp. 81-102; per l’uso del vocabolo, cfr. anche P. Aebischer, “Mo-nasterium” dans le latin de la Tuscie longobarde, in “Anuario de Estudios Medievales”,2 (1965), pp. 11-30; C. VIOLANTE, Pievi e parrocchie nell’Italia centrosettentrionale du-rante i secoli XI e XII, in Le istituzioni ecclesiastiche della ‘Societas Christiana’ dei se-coli XI-XII. Diocesi, pievi e parrocchie. Atti della sesta Settimana internazionale di stu-dio (Milano, 1-7 settembre 1974), Milano 1977; ora in ID., Ricerche sulle istituzioni ec-clesiastiche dell’Italia centro-settentrionale nel Medioevo, Palermo 1986, p. 160.

109 W. KURZE, Notizie dei Papi Giovanni VII, Gregorio III e Benedetto III nella rac-colta dei canoni del Cardinal Deusdedit, in ID., Studi Toscani. Storia e Archeologia, Ca-stelfiorentino 2002, pp. 397-414 (trad. it. di Notizen zu den Päpsten Johannes VII., Gre-gor III. und Benedikt III. in der Kanonessammlung des Kardinals Deusdedit, in “Quellenund Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken”, 70 [1990], pp. 23-45).

110 CITTER, Gerarchie sociali, cit., p. 361, carta a p. 362 .111 Cfr. E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, V, Firenze

1972 (ripr. anast. di Firenze 1843), p. 781.112 Cfr. C. CITTER, Gli edifici sacri medievali nella Provincia di Grosseto in base al-

l’evidenza archeologica, in Guida agli edifici sacri: abbazie, monasteri, pievi e chiesemedievali della provincia di Grosseto, a cura di C. Citter, Siena 1996, p. 150; ID., Gerar-chie sociali, cit., p. 361, dove l’Autore identifica addirittura, sia pure con dubbio, S. Giu-lia con la località Casoni del Terzo.

113 Sull’estendersi dei territori lucchesi nella Tuscia meridionale, cfr. Bergamaschi, S.Giulia a Lucca, cit., pp. 766-769, p. 769, nota 26, con bibliografia.

Il vocabolo monasterium è da intendere probabilmente, in questocaso, non nell’accezione più comune, ma in quella di ‘oratorio pri-vato inserito nell’ordinamento diocesano e pievano’, uso attestato inparticolare nel secolo VIII108. Wilhelm Kurze, analizzando i due do-cumenti visti da Deusdedit, giunge alla conclusione che essi riman-dano a beni che appartenevano al patrimonio di S. Pietro già primadell’inizio dell’VIII secolo109, tanto che, secondo Carlo Citter, “èovvio che la traslazione delle reliquie di S. Giulia a Brescia è poste-riore alla prima menzione della chiesa qui in esame”110. Quanto al-l’identificazione del luogo, si può solo supporre una sua ubicazionesull’antico lago di Prile, o nei suoi pressi: Villamagna potrebbe in-fatti collocarsi “nel vallone della Fossa presso Grosseto”111 e il to-ponimo Flexu rimanda all’ansa di un corso d’acqua; per la curtisFlacianum è stata proposta l’identificazione con la località Casonidel Terzo (cioè al terzo miglio da Roselle)112. In ogni caso va sotto-lineato il fatto che anche questa intitolazione si trovi in territoriesplicitamente indicati come di pertinenza lucchese113.

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114 M. L. CECCARELLI LEMUT - S. SODI, Il sistema pievano nella diocesi di Pisa dall’e-tà carolingia all’inizio del XIII secolo, in “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 58(2004), pp. 413-414; sui dati archeologici, F. REDI, Vicende costruttive e storiche dellapieve di S. Giulia di Caprona, in “Studi Medievali”, 22 (1981), pp. 726 (nota 11) e 727; G.CIAMPOLTRINI, Nuove iscrizioni pisane e volterrane, in “Epigraphica”, 63 (1981), p. 230.

115 G. CICCONE - S. POLIZZI, Le istituzioni pubbliche ed ecclesiastiche a Livorno fra il1000 e il 1400, in “Studi Livornesi”, 1 (1986), pp. 27-31; CECCARELLI LEMUT - SODI, Ilsistema pievano, cit., pp. 403-404.

116 Cfr. L. CARRATORI SCOLARO, Vicopisano, Buti, Bientina e Calcinaia, in La pianu-ra di Pisa e i rilievi contermini. La natura e la storia, a cura di R. Mazzanti (“Memoriedella Società geografica italiana”, 50 [1994]), pp. 251-283; paragrafo b. Il territorio delpiviere di Buti, pp. 266-269.

Se per le intitolazioni fin qui presentate, a partire dalla chiesa inLucca, si può ragionevolmente escludere che siano sorte in seguitoalla traslazione, più difficile è invece pronunciarsi sull’epoca di fon-dazione delle due chiese in diocesi di Pisa. Di S. Giulia di Caprona(figure 1 e 5, n. 3), sull’Arno alle spalle di Pisa, nominata per la pri-ma volta in un documento del 1096, si sa che l’edificio attuale insi-ste su fondazioni di età imperiale e alto medioevale114. Per S. Giuliadi Porto Pisano (figure 1 e 5, n. 2), nei pressi del luogo in cui poisarebbe sorta Livorno, nominata per la prima volta nell’891115, lascarsità dei resti rende aleatoria la possibilità di ricostruirne le origi-ni per via archeologica. Mi riesce però assai difficile immaginareche proprio per quest’ultima si sia dovuto attendere il momento del-la traslazione, visto che si tratta dell’approdo più vicino alla Gorgo-na e che non poteva non avere contatti con l’isola e con la comunitàmonastica lì residente.

Meno nota e di più complessa identificazione la “edicola di S.Giulia a Buti” citata da Terreni nella sua ricostruzione dell’itinera-rio della traslazione. L’edificio non è segnalato in un recente studiosul piviere di Buti116, ma una prima indagine sul posto mi ha portatoa identificare, grazie alla segnalazione di alcuni anziani, una cappel-la, una semplicissima edicola senza scritta dedicatoria, su una stradasterrata che scende da Castel di Nocco verso il piano di Cascine, al-l’interno della quale si trova un piccolo quadro, di età abbastanzarecente, in cui è raffigurata una giovane in abiti da popolana orantein ginocchio di fronte a una piccola croce: niente che possa inequi-vocabilmente dichiarare l’attribuzione a s. Giulia (figure 1 e 5, n. 4,e figure 6, 7, 8).

Una notizia su S. Giulia si trova però, secondo Valdiserra, “in un«Campione» dell’Archivio Parrocchiale di Buti. È la descrizionedel percorso della Rogazione di San Marco del 25 aprile 1671 fatta

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117 E. VALDISERRA, Memorie di Buti, Pisa 1976, p. 135. Ringrazio Pamela Petrognanidell’Archivio Storico di Buti per la ricerca e la segnalazione.

118 Ringrazio don Alessandro Pierotti e Franco Lari per avermi dato l’opportunità diaccedere all’Archivio.

119 Nel testo, molto slavato e di difficile lettura (ringrazio Gabriele Zaccagnini perl’aiuto), ai luoghi indicati seguono i testi liturgici prescritti: per S. Agata “Evangelio Ac-cesserunt ad Iesum <<…>>, Verso Diffusa est”; per S. Michele “Evangelio Accesseruntdiscipuli ad Iesum”.

120 E. BONCINELLI, Storia di Vico Auserissola (Vicopisano) e suo distretto, Sala Bolo-gnese, Forni, 1984 (Biblioteca istorica della antica e nuova Italia, ripr. facs. di Venezia,

dal Pievano Giovanni Cioni…”, da cui riporto l’ultima parte:“… per la «Via di Costa» si raggiungeva «La Veletta» quindi, aggi-rando il Monte d’Oro (o S. Agata) ci si portava a S. Giulia nel Pog-gio ed a Castel di Nocco dove veniva fatta un’ultima sosta nellaChiesa dedicata a S. Michele Arcangelo. Da qui si scendeva su Bu-ti…”117. La posizione indicata dal percorso della processione, comedescritto da Valdiserra, corrisponde esattamente a quella dell’attualeedicola.

Una ricerca nell’Archivio Parrocchiale di Buti118 mi ha consentitodi identificare un “Campione F”, che può forse essere all’originedella descrizione di Valdiserra. Nel primo foglio, che reca in testa ladata “MDCXI” (ma scritta in modo tale che si presta a una lettura“MDC71”), alle prime righe in cui si legge “Questo libro di cartape-cora bianca… segnato F è della Pieve di S. Gio. Bat.a di Buti… Co-minciato al 1° di gennaio 1611 dal Rev.°… Flaminio… Guerraz-zi…” (pievano dal 1598 al 1635) segue un testo, di mano diversa,dal titolo “Processione da farsi il giorno di S. Marco Evangelista” efirmato “Giovanni Cioni Pievano di Buti” (dal 1647 al 1693). Nelladescrizione della processione non compaiono né S. Giulia, né altrifra i toponimi indicati da Valdiserra, ma solo, per la parte qui presain esame, “S. Agata” (di incerta lettura) e “S. Michele”119; è lecitoquindi supporre che la descrizione fornita dall’Autore sia una sua ri-costruzione, a partire dagli elementi presenti nel “Campione”, masenza distinguere chiaramente i dati ricavati direttamente dalla fonte.

Un’altra informazione si trova in uno scritto della fine dell’Otto-cento: “Esisteva pure una chiesa di S. Giulia nel luogo ora denomi-nato il Poggio, ove l’odierno proprietario Signor Ferdinando Filippiin sua memoria ha costruito un tempietto. Nel giorno di S. Marco laprocessione ritornando dalle Cascine giunta dinanzi il molino Cecca-relli si ferma, ed il clero stando voltato verso il monte del poggio re-cita alcune preci, appunto in memoria della chiesa di S. Giulia”120.

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M. Fontana, 1886-1890), p. 124. Ringrazio Franco Lari, di Buti, per la segnalazione deltesto e per l’identificazione del “molino Ceccarelli”.

121 ASPi, Fiumi e fossi, n. 1555 (Calcinaia e Buti, a. 1428), f. 540 r, l. 14; non hoesaurito la ricerca sul volume, che contiene numerosi fogli slavati.

122 La chiesa non risulta comunque fra quelle elencate sotto la pieve di Buti nelle Ra-tiones Decimarum per la diocesi di Pisa: ‘Rationes Decimarum Italiae’ nei secoli XIII eXIV. Tuscia I, La decima degli anni 1274-1280, a cura di P. Guidi - M. Giusti, Città delVaticano 1932 (Studi e testi, 58), pp. 179 (1275-76) e 188 (1276-77); Rationes decima-rum... Tuscia II, La decima degli anni 1295-1304, a cura di M. Giusti - P. Guidi, Città delVaticano 1942 (Studi e testi, 98), pp. 238-239 (1296-97).

123 Ringrazio Mario Nobili (comunicazione orale) per l’informazione sulla viabilità.Per il documento, L. MURATORI, Antiquitates Italicae Medii Aevi, V, Mediolani, ex typo-graphia Societatis Palatinae, 1741, col. 478c. Per l’ubicazione, U. FORMENTINI, Chiese lu-nesi dipendenti dai monasteri attoniani dell’Emilia (I Quaderni Giovane Montagna, 15),Parma 1937, p. 4.

Dal confronto fra le due notizie mi pare si possa desumere che laprocessione delle Rogazioni, alla fine dell’Ottocento, non percorre-va più l’ampio circuito ricostruito da Valdiserra, che scendeva daButi a Cascine e quindi aggirava il Monte S. Agata, toccando forseS. Giulia e attraversando Castel di Nocco, ma al ritorno seguiva unpercorso simile a quello dell’andata, dato che il “molino Ceccarelli”si trovava lungo il corso del Rio Magno, di fronte al cimitero di Bu-ti. Niente invece possiamo ricavare riguardo all’epoca della fonda-zione e a quella della soppressione di una chiesa (o più verisimil-mente, data la conformazione del terreno, una cappella) dedicata aS. Giulia. Una prima sommaria lettura di un registro di estimi del1428 mi ha però consentito di trovare la menzione di un “uliveto…posto in luogo S. Iulia”121: si può quindi ritenere probabile che lafondazione della chiesa fosse precedente a tale data122.

Anche della più settentrionale fra le intitolazioni qui esaminate,ben poco si può sapere: una cappella “Sanctae Iuliae de Nuceto”,nominata solo in un documento del 1106 che la assegna, assieme almonastero di S. Michele di Monte de’ Bianchi e ad altre due cappel-le in Lunigiana, al monastero di Canossa. La località è da identifica-re probabilmente col paese di Noceto nella valle di Gragnana a N-Odi Carrara (figure 1 e 5, n. 7), sulla strada che ancora oggi viene se-guita per passare dalla Versilia alla Lunigiana interna (per esempioa S. Michele) e da lì, eventualmente, alla alta Garfagnana123. Restada verificare se possa identificarsi proprio nella cappella “de Nuce-to” una chiesa ricordata nelle Rationes decimarum del 1302 per ladiocesi di Reggio Emilia: “E. Dompnus Bertholameus rector eccle-

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124 ‘Rationes decimarum Italiae’ nei secoli XIII e XIV. Aemilia. Le decime dei secoliXIII-XIV, a cura di A. Mercati et alii, Città del Vaticano 1933 (Studi e testi, 60), p. 296,n. 3571.

125 Cfr. G. PISTONI, La pieve dei monti. Monchio nel Frignano. Con le memorie sul-l’eccidio scritte dall’arciprete don Luigi Braglia, a cura di G. Fantozzi, Bologna, Grafi-che Dehoniane, 1993, pp. 15, nota 1, e 91-94; ‘Rationes decimarum … Aemilia, cit., p.280 (decime della diocesi di Modena nel XIII secolo).

126 Una copia, prima a S. Francesco, è ora conservata nel Museo Diocesano, un’altraa S. Caterina: cfr. Andrea del Sarto, catalogo completo dei dipinti, a cura di A. Natali - A.Cecchi, Firenze, Cantini, 1989, pp. 117-118 (riproduzione a p. 117), da completare con P.Donati - F. Bonatti, Le arti a Sarzana, Sarzana, Buonaparte, 1999, pp. 57-59. S. Giulia,raffigurata in basso a destra, non presenta alcun attributo specifico, ma solo la palma.

127 CDL, III, 1, cit., doc. n. 44, 772, 11 novembre, p. 255: si tratta del diploma diAdelchi (cfr. supra, alla nota 38), che costituisce la conferma di beni precedenti. Il mona-

sie S. Iulie”, sotto la voce “De monesterio de Canusio”124. La chie-sa difficilmente può essere identificabile, a mio parere, con la omo-nima chiesa di Monchio (figura 1, n. 8), sia perché sita in diocesi diModena, sia perché normalmente ricordata come pieve e denomina-ta “plebs de Montibus” (da cui “Monchio”), senza intitolazione125.

A Sarzana sono conservate due tavole, copie di una Sacra con-versazione di Andrea del Sarto (l’originale è andato distrutto a Ber-lino nel 1945), in cui è raffigurata la Madonna col Bambino, circon-data dai santi Benedetto (o Romualdo), Onofrio, Pietro, Marco, An-tonio da Padova, Caterina d’Alessandria, Giulia e Celso, due deiquali (Benedetto e Celso) pare alludano al nome del committente,Benedetto Celsi. La tavola orginale, probabilmente nata con altradestinazione, venne acquistata dal giureconsulto sarzanese a condi-zione che venissero inseriti in primo piano i santi Celso e Giulia. Sela presenza a Sarzana può far pensare alla sopravvivenza di un cultonella stessa zona a cui apparteneva anche S. Giulia di Noceto, vadetto però che l’inserimento della santa nel quadro è dovuto alleesigenze del committente, la cui moglie si chiamava Giulia126.

In conclusione, dalle intitolazioni non si può ricavare alcuna in-dicazione certa sul percorso della traslazione: nemmeno possiamosapere se il corpus fosse passato da Porto Pisano, come si dà solita-mente per scontato e sarebbe anche ragionevole pensare, oppure dauno dei diversi approdi del sistema portuale pisano (vedi figura 5),se non addirittura da Luni, per dirigersi poi verso il Monte Bardone(attuale passo della Cisa), alle pendici del quale è documentato, apartire dal diploma di Adelchi del 772, un monastero dipendente daS. Salvatore di Brescia: “ in finibus Sorianense in loco que diciturMonte [Lungo…” (figura 1, lett. d)127.

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stero in questione si trovava a Montelungo, “in finibus Sorianense”, e non a Soriano, co-me in BROGIOLO, Desiderio e Ansa a Brescia, cit., p. 149. Cfr. anche BETTELLI BERGAMA-SCHI, Seta e colori, cit., pp. 81-82.

Zaccagnini, invece, all’interno di un ragionamento sul ruolo di Lucca nelle traslazionidi età longobarda, osserva la “singolare coincidenza” fra tre intitolazioni a s. Torpè e al-trettante a s. Giulia: a S. Rossore (area portuale, come Porto Pisano), a Zambra (nelle im-mediate vicinanze di Caprona) e a Buti; una quarta, a Moxi in Val di Fine, si trova in area“lucchese” meridionale, analogamente (anche se non vicino) a S. Giulia nel Rosellano.Secondo l’Autore, quindi, “Per le prime tre chiese non si può non pensare a un «corri-doio» fra la costa e Lucca, corridoio che passava appunto per Zambra-Caprona (attraver-samento dell’Arno), per poi attraversare il Monte Pisano e ridiscendere verso la piana diLucca passando per Buti (evitando le paludi pedemontane).” e quindi per santa Giulia“potrebbe esserci un collegamento con la traslazione dalla Gorgona a Brescia”; anche nelcaso di s. Torpè “tutto sembra rimandare a una via preferenziale, a un «corridoio agiogra-fico» fra il mare e Lucca.” (ZACCAGNINI, I calendari liturgici, cit., p. 58. L’idea è senz’al-tro suggestiva, ma, dopo le considerazioni fin qui esposte, la considero un’ipotesi ancorada approfondire.

128 Una traccia di ricerca, che approfondirò in un secondo momento (cfr. supra, nota102) è l’osservazione su come tutte le intitolazioni fin qui esaminate sembrino disporsi,più o meno, in zone che corrispondono al confine con i territori rimasti bizantini dopo laprima conquista longobarda. Si vedano però le avvertenze sull’uso di toponimi e dedica-zioni nel ricostuire insediamenti longobardi e “frontiere militari”, in S. GASPARRI, Lafrontiera in Italia (sec. VI-VIII). Osservazioni su un tema controverso, in Città, castelli,campagne nei territori di frontiera (secoli VI-VII). 5° seminario sul tardoantico e l’alto-medioevo in Italia sentrosettentrionale. Monte Barro - Galbiate (Lecco), 9-10 giugno1994, a cura di G.P. Brogiolo, Mantova 1995 (Documenti di Archeologia, 6), pp. 9-19, inparticolare p. 11.

129 Ringrazio Gabriella Rossetti per l’osservazione.130 ZACCAGNINI, I calendari liturgici, cit., p. 62.

Non intendo invece entrare nel merito dei motivi e delle modalitàcon cui il culto si sarebbe diffuso128; non si può certo escludere chealcune delle intitolazioni oggi note in Toscana siano sorte in seguitoalla traslazione: se non per il passaggio diretto del corpus, per la ri-sonanza che avrebbe potuto suscitare l’iniziativa regia nell’ulteriorediffusione di un culto già presente in Toscana129. Ma se non si pos-sono valutare le tappe della traslazione, si deve tuttavia ritenere cheLucca, per le ragioni prima esposte, abbia costituito il perno di tuttol’evento.

Una controprova può essere considerato lo scarso rilievo del cul-to di s. Giulia a Pisa: titolare di due pievi nella diocesi (Caprona ePorto Pisano – Liburna), ma ignorata in città, se non addirittura“censurata”; gli studi di Gabriele Zaccagnini in questo stesso volu-me indicano, da un lato, che “per tutto l’alto medioevo Lucca è statala vera protagonista dell’agiografia della Toscana occidentale e for-se dell’intera Tuscia annonaria”130, dall’altro la deliberata omissio-

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Sul confronto fra Pisa e Lucca nel culto di s. Giulia, cfr. BERGAMASCHI, S. Giulia aLucca, cit., pp. 779-782; per Pistoia, Ibidem, p. 782, nota 68. Un’ulteriore conferma po-trebbe essere costituita dal fatto che in tutta l’area della Toscana orientale – Umbria set-tentrionale Giulia s’incontra solo “nel calendario annesso all’ordinario della canonica diS. Florido di Città di Castello, imparentato con la liturgia lucchese di S. Frediano” (co-municazione scritta di Pierluigi Licciardello, che ringrazio). Poiché però il Calendario(fine XII-XIII secolo) non appare derivato da quello lucchese, tanto che l’unico santolucchese è, ovviamante, Frediano (cfr. P. LICCIARDELLO, Un codice della canonica di S.Florido e altri manoscritti liturgici da Città di Castello, in “Bollettino della Deputazionedi Storia Patria per l’Umbria”, 104 [2007], pp. 59-63), la presenza di Giulia mi pare pos-sa essere significativa di un suo particolare culto a S. Frediano, quindi a Lucca.

131 ZACCAGNINI, Il santorale pisano, cit., pp. 47-48. Il mio studio dei due Calendaripisani conservati a Pisa (S. Giulia a Lucca, cit., pp. 780-781; la datazione proposta per ilCalendario annesso all’Evangelistario può essere ora integrata con quella di Zaccagnini:Il santorale, cit., p. 41) aveva solamente evidenziato l’assenza di Giulia, mentre l’analisidi Zaccagnini, condotta su tre codici, mostra come il calendario pisano sia sostanzialmen-te derivato da quello lucchese, tanto che nell’esemplare più vicino all’archetipo di deriva-zione lucchese Giulia è ancora compresa (New York, Morgan Library, MS M. 737, f. 2v);restano comunque da chiarire in modo più approfondito i motivi di questa deliberataomissione della santa negli altri due codici.

132 S. P. P. SCALFATI, Carte dell’Archivio della Certosa di Calci. 1 (999-1099); 2(1100-1150), Roma 1977 e 1971 (Thesaurus Ecclesiarum Italiae VII, 17 e 18); per lechiese in Corsica, ID., Les propriétés du monastère de la Gorgona en Corse (XIe et XIIe

siècles), in Corsica monastica. Studi di storia e di diplomatica, Pisa 1992 (prima in “Étu-des Corses”, 8 [1977]), pp. 65-78 e 96, tab. VIII. Ringrazio Silio Scalfati per avermi con-fermato, in una comunicazione orale, di non aver mai incontrato il nome di Giulia in nes-sun documento del monastero della Gorgona. Sui testi a stampa, fra Cinque e Seicento,che rendono nota la traslazione e la presenza delle reliquie a Brescia, cfr. BERGAMASCHI,“La vita di santa Giulia”, cit., § 3.

133 Cfr. CICCONE, La leggenda di Livorno, cit., p. 19 e qui § 3, passim.134 F. CORSI MASI, Storia, leggenda, tradizione popolare: una tavola del Trecento

con santa Giulia e storie, in “Comune notizie”, 2003, n. 43 n. s., pp. 33-44, con biblio-

ne di Giulia in due dei tre Calendari pisani pervenutici131. È da no-tare inoltre che nelle carte del monastero della Gorgona, come inquelle della sua dipendenza pisana di S. Vito, la martire non figuramai fra i santi titolari e che fra le 19 chiese di cui il monastero entròin possesso in Corsica tra la fine dell’XI e i primi del XIII secolo,non ce n’è una dedicata a S. Giulia132.

D’altra parte, per quel che può valere un argumentum e silentio,bisogna ricordare che in Toscana non si conserva, a quanto mi risul-ta, alcuna testimonianza riguardo alla traslazione, se non molto tar-da e il più delle volte poco fondata133; anche la celebre “tavola di S.Giulia” (ora nel Museo dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento edi S. Giulia di Livorno), riferibile al terzo decennio del XIV secolo,nei riquadri con scene tratte dalla Passio si arresta alla deposizionenell’isola della Gorgona134. Unica eccezione è il Pisa, Arch. Cap.

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grafia e ottime riproduzioni. Riproduzione dei riquadri anche in Culto e storia in SantaGiulia, cit., pp. 185-192. Se la tavola fosse stata commissionata per il monastero di S. Vi-to, dipendente dalla Gorgona, come sostenuto dalla Corsi Masi, non sarebbe sorprendenteche la storia si concludesse alla Gorgona. Se invece (come ritengo più probabile) era de-stinata alla Confraternita livornese, basterebbe da sola a smentire tutte le ipotesi, tuttoraaccreditate a Livorno, sull’importanza della traslazione a Brescia nel sorgere, o nell’af-fermarsi, del culto a Porto Pisano.

135 BERGAMASCHI, Una redazione ‘bresciana’, cit., pp. 647-656; sulla probabile pro-venienza dell’antigrafo per Giulia nel C 181, Ibidem, pp. 664-666. Un caso limite di testoagiografico estraneo al contesto pisano, in G. BERGAMASCHI, Una traduzione sconosciutadi Nicola d’Otranto: la Istoria beate Fotine nel Passionario pisano C 181, in “Nea Rho-me”, 5 (2008), pp. 209-257.

136 L’argomento verrà trattato in “Ne in occultis…”, cit., e qui presento solo gli ele-menti strettamente necessari.

137 Ciccone, per esempio, ha lasciato balenare il sospetto che la composizione dellaPassio sia decisamente tarda, basandosi su una datazione dei suoi testimoni al XII-XIIIsecolo: CICCONE, La leggenda di Livorno, cit., p. 14.

C 181, testimone della Passio II, ma le caratteristiche del Passiona-rio rivelano che non era previsto per un uso liturgico e che la pre-senza di un santo non è, di per sé, indicativa di un culto praticato aPisa e quindi anche il racconto della traslazione è avulso dal conte-sto agiografico toscano135.

6. I protagonisti della traslazione: Ansa e Desiderio

6.1. Le fonti per s. GiuliaC’è un altro aspetto che mi pare interessante da sottolineare: il

ruolo di Ansa e Desiderio, come viene descritto dalle fonti, e l’as-senza nel racconto della traslazione di s. Giulia di alcuni dei topoiche spesso arricchiscono tale tipo di narrazione agiografica. Sareb-be però improprio attribuire all’epoca dei fatti ciò che va invece ri-condotto all’agiografo (o a chi comunque riporta una testimonianza)e spiegato con i suoi fini, la sua committenza, la cultura del suotempo. È necessario quindi, in via preliminare, inquadrare le diverseredazioni della Passio nell’epoca di composizione136. Le redazioniche possiamo prendere in considerazione sono la Passio II, cioèquella che contiene la clausula de translatione, e l’Additamentum alMartirologio di Adone, ma almeno un cenno è necessario sulla Pas-sio I, quella cioè presentata all’inizio, che si conclude con la deposi-tio alla Gorgona: non ci sono valide ragioni per sospettare che possaesser stata composta dopo la traslazione a Brescia137, anzi ci sono

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138 Cfr. supra, nota 6 e il ragionamento alle pp. 155-157. Ringrazio Silio Scalfati (co-municazione orale) per avermi confermato nell’opinione che ben difficilmente la compo-sizione della Passio potrebbe essere attribuita agli eremiti della Gorgona. E secondo Zac-cagnini “è dunque più che verosimile l’ipotesi che Lucca abbia avuto un ruolo di primopiano in questo grande progetto agiografico-cultuale che ha coinvolto numerosi corpisanti… fino alle scritture o alle riscritture agiografiche”: ZACCAGNINI, I calendari liturgi-ci, cit., p. 59.

139 BETTELLI BERGAMASCHI, Monachesimo femminile, cit., pp. 72-73; GAVINELLI, Laliturgia del cenobio, cit., pp. 127-128; Ead., Il gallo di Ramperto: potere, simboli e scrit-tura a Brescia nel secolo IX, in Margarita amicorum. Studi di cultura europea per Ago-stino Sottili (= Bibliotheca Erudita, 26), I, a cura di F. Forner, C. M. Monti, P. G.Schmidt, Milano, Vita e Pensiero, 2005, p. 404; G. ANDENNA, Le monache nella cultura enella storia europea del primo medioevo, in Arte, cultura, cit., pp. 23-29. Sui rapporti delmonastero bresciano non solo con l’ambiente carolingio, ma con quello transalpino in ge-nerale, U. Ludwig, Il Codice memoriale e liturgico di San Salvatore / Santa Giulia. Bre-scia e Reichenau, in Culto e storia, cit., pp. 103-119. Più difficile invece stabilire l’epocadi composizione e i destinatari della versione compendiata Passio II.b, il cui desinit con-tiene una notitia de translatione: cfr. supra, p. 162.

140 J. DUBOIS - J. L. LEMAITRE, Sources et méthodes de l’hagiographie médiéval, Pa-ris 1993, p. 112.

motivi per supporre che possa risalire al VII secolo e che sia statacomposta in ambiente lucchese138.

La Passio II è un ampliamento della Passio I: il modello vienesostanzialmente rispettato nel contenuto, ma dilatato con aggiuntedi diversa entità, dalle semplici ridondanze (per esempio “poculiscrapulatus” diventa “poculis et epulis nimiis crapulatus”) alle fre-quenti citazioni scritturali, fino ad interi brani di tono omiletico cherichiamano, per esempio, lo stile di Gregorio Magno. Al termine laPassio II presenta, sempre insieme a considerazioni parenetiche, ilresoconto della traslazione, già citato per la parte essenziale. Lacomposizione può essere datata, per un concorrere di motivi filolo-gici e storici, fra i primi anni del IX secolo e i primi del X e il desti-natario non può che essere riconosciuto nell’ente beneficiario dellatraslazione. Lo stile ricercato, il tono aulico, le citazioni dotte diquesta seconda redazione, inoltre, fanno pensare che fosse indiriz-zata a un pubblico colto e raffinato, che li sapesse apprezzare. Di-versi passi, poi, sembrano addirittura ammonimenti esplicitamenterivolti a un pubblico di potenti, come poteva essere l’ambiente ca-rolingio che gravitava – e si scontrava – intorno al monastero bre-sciano139.

Il primitivo Martirologio di Adone, composto fra l’853 e l’860140,venne in seguito arricchito dei cosiddetti Additamenta, nuove notizieagiografiche, o ampliamenti di alcune fra quelle che nella versione

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141 J. DUBOIS - G. RENAUD, Le Martyrologe d’Adon. Ses deux familles, ses trois re-censions. Texte et commentaire, Paris 1984 (Sources d’histoire médiévale, 179), p. 166.

142 G. DE MANTEYER, Le Martyrologe d’Adon (850) et ses additions (886-1121), in“Bulletin de la Societé d’études Historiques Scientifiques et Litteraires des Hautes-Al-pes”, 59 (1940), studio ultimato nel 1898, come lascia capire un estratto pubblicato a par-te: Le Martyrologe lyonnais d’ Adon (850), avec ses additions de Besancon (850-886),Brescia (886-1010), Apt (1010-1064), Gap (1064-1100) et Toulon (1121-1587), Gap1898-1940; il secondo titolo, che fissa i termini estremi post quem e ante quem delle noti-zie bresciane, distoglie l’attenzione da quanto detto esplicitamente per due volte dall’Au-tore, cioè che l’insieme delle aggiunte composte a Brescia è databile “probablement dansla première moitié du Xe siècle” (pp. 176 e 202); all’interno di queste, il gruppo in parti-colare delle “notizie bresciane” (di cui fa parte Giulia) “ne peut dater au plus tot que del’extrème fin du IXe siècle”: pp. 168-175, la citazione a p. 175.

143 PL 123, col. 426. Relativamente alla notitia de translatione, l’edizione PL è stataconfrontata anche col manoscritto Bologna, Bibl. Univ. 1553 (f. 2v), che corrisponde per-fettamente; per il codice bolognese, proveniente dalla biblioteca dei canonici di S. Gio-vanni de foris di Brescia, cfr. S. GAVINELLI, Cultura e scrittura a Brescia in età romanica,in Società bresciana e sviluppi del romanico. Atti del Convegno, Brescia 9-10 maggio2002, a cura di G. Andenna e M. Rossi, Milano 2007, pp. 74-75.

144 Per il primo, gravemente acefalo (f. 25r), cfr. W. LEVISON, Conspectus codicumhagiographicorum, in MGH, Scriptores Rerum Merovingicarum, VII, 2, Hannoverae-Lipsiae 1920, 695, n. 797, dove viene datato “saec. X (non XII)”; Mazal invece al XII,nella didascalia a una riproduzione: “Italienische romanische Minuskel, Initiale; Oberita-lien, Anfang des 12. Jahrhunderts” (O. MAZAL, Buchkunst der Romanik, Graz 1978, 35,abb. 36). Simona Gavinelli ha confermato e precisato l’area di esecuzione (Italia nordoc-cidentale) e ha datato la mano all’XIex-XIIin. Una prima analisi agiografica del Passiona-rio sembrerebbe ricondurlo al monastero femminile dei SS. Faustino e Giovita, nell’IsolaComacina, probabilmente in qualche modo in rapporto col monastero bresciano di S. Sal-

originale erano molto stringate. Per Giulia, ad esempio, si leggevasolo “Eodem die [XI KL. IUN.], apud Corsicam, sanctae Iuliae, quaecrucis suppliciis passa est.”141. L’Additamentum per Giulia, in parti-colare, fa parte di un gruppo composto e aggiunto a Brescia, nel mo-nastero dei SS. Faustino e Giovita, probabilmente nella prima metàdel X secolo142. Consiste in un compendio della Passio I, a cui segueuna breve notitia de translatione:

…Et ibi, videlicet in ipsa Margarita insula condientes corpus eius cumaromatibus, posuerunt in monumento cum gaudio.

Postea autem de ipsa insula, Anza regina, uxor Desiderii regis Longo-bardorum, praecepit corpus eius afferri, et in monasterio quod ad honoremipsius construxit, Brixiae mirificentissime collocavit. Praestante dominonostro… Amen143.

La stessa notitia si legge pure su due testimoni della Passio I, ilWien, Österreichische Nationalbibliothek, lat. 332, (XIex-XIIin) e ilBrescia, Biblioteca Queriniana, Ms. Fè 14 (XII-XIII secolo)144. Da

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vatore - S. Giulia, e quindi interessato a ricordare la traslazione. Il secondo testimone,fortunatamente completo (pp. 448-452), si trova in un Passionario di sicura provenienzabresciana segnalatomi da Simona Gavinelli, che ringrazio, da lei identificato in un fondofinora non studiato: cfr. S. GAVINELLI. Testimonianze grafiche e culti santorali a Brescia,in Musica e liturgie, cit., pp. 38-42.

145 Per un procedimento analogo, in un testo agiografico bizantino, cfr. BERGAMA-SCHI, Una traduzione sconosciuta, cit., p. 227.

146 In corsivo, qui e nei passi successivi, le espressioni più significative, che verranno

un punto di vista filologico, ci sarebbero motivi per pensare che dal-la Passio II fosse stata riassunta la clausula, da apporre al terminedi un compendio della Passio I (l’Additamentum). Questa sinteticaclausula sarebbe poi stata trascritta anche al termine di qualche co-pia della Passio I.

Da un punto di vista agiografico, però, una ricostruzione del ge-nere presenta un vistoso punto debole: saremmo cioè costretti apensare che dal momento della traslazione fino alla composizionedella Passio II, dunque per almeno mezzo secolo, se non di più, nelmonastero di S. Salvatore le monache avrebbero celebrato la festadi s. Giulia (ammesso che non festeggiassero già, fin dall’inizio, an-che la Traslazione!) leggendo un testo agiografico che non ricordala presenza del corpus nel proprio monastero, ma si conclude con“pervenerunt in insulam Gorgonensem et… posuerunt in monumen-to cum gaudio magno. Gesta sunt autem haec… in hoc loco, ubi flo-rent orationes sanctorum … Amen”. Non è pensabile.

Ne consegue, a mio parere, una diversa conclusione sui rapportifra le diverse redazioni. Poco dopo l’arrivo delle reliquie di Giulia,alla preesistente Passio I sarebbe stato aggiunto un aggiornamento,consistente in una rapida notitia. Su questa redazione “provvisoria”,che definirei Passio I.b, avrebbe operato l’agiografo della Passio II,ampliando con le stesse modalità e la storia della santa e il raccontodella traslazione145. L’autore dell’Additamentum (che si potrebbedefinire Passio I.c) avrebbe pure operato sulla Passio I.b, compen-diando la storia della santa, ma non quella della traslazione, giàtroppo stringata per essere ulteriormente ridotta.

Rivediamo ora, a confronto, i testi in questione nei passi essenzia-li, accostando ad essi l’iscrizione e il passo della Baitelli già visti.

Postea autem de ipsa insula, Anza regina, uxor Desiderii regis Longo-bardorum, praecepit corpus eius afferri, et in monasterio quod ad honoremipsius construxit, Brixiae mirificentissime collocavit. (Additamentum ≈Passio I.b)146

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in seguito esaminate. Si noterà che il compendio Passio II.b (supra, p. 162) riporta laclausula de translatione praticamente alle stesse dimensioni di quella nella Passio I.b.Una tabella sinottica con la notizia de translatione nelle diverse redazioni, ora in BERGA-MASCHI, Il carme, cit., appendice D.

147 E proprio la sottrazione della preziosa reliquia potrebbe spiegare quella sortadi damnatio memoriae che colpisce il culto di Giulia a Pisa: cfr. supra, pp. 185-187.

148 Si può discutere su quanto il pericolo corso dai corpi santi a causa di invasioni(dai Normanni agli Ungari) fosse reale o solamente percepito o addirittura pretestuoso: inogni caso per l’Italia è documentata una serie impressionante di attacchi dei Saraceni, so-prattutto alle isole: cfr. TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., pp. 35-38; ID, “Nunc in monaste-rio prefato Clavadis nostro tempore conditus requiescit.” Il trasferimento di Calocero aCivate e altre traslazioni di santi nella provincia ecclesiastica di Milano tra VIII e X se-colo, in Età romanica. Metropoli, contado, ordini monastici nell’attuale provincia di Lec-co (XI-XII secolo). Atti del Convegno, 6-7 giugno 2003, Varenna - Villa Monastero, a cu-ra di C. Bertelli, Ginevra - Milano 2006, pp. 164-165. D’altra parte proprio l’Autore sot-tolinea: “sebbene anche il Lanzoni ritenga facile che, in età longobarda, altre reliquie cri-stiane, dopo quelle di Agostino, fossero prelevate da tali regioni [Sardegna e Corsica],pricipalmente a causa dell’estendersi della minaccia araba [nota 85: LANZONI, Le diocesi,II, 700-701], non è questa una spiegazione universale da assumersi senza verifiche.” (TO-MEA, Intorno a s. Giulia, cit., p. 38). In ogni caso, vorrei ricordare che in questa sede noninteressa tanto accertare la storicità dei fatti raccontati, quanto il modo in cui dall’agio-grafo venivano percepiti e raccontati.

Postea vero… Dei nutu inspirata Ansa regina, uxor Desiderii gentisLongobardorum regis, audiens eius venerabilia gesta atque miracula, eiusdesiderio accensa, praecepit eius corpus debita cum veneratione sibi affer-ri. Tunc apud Brixiam civitatem… monasterium… dedicavit, ubi corpusipsius mirificentissime collocavit. (clausula della Passio II)

Divae Iuliae Virginis et Martyris Corpus donatum… (iscrizione)

Donarono questo gran tesoro del corpo di santa Giulia... Desiderio, etAnsa ultimi re de Longobardi ad Anselperga… Le Croniche nostre riferi-scono, il dono esser stato fatto… (Baitelli)

Guadagnini così commenta l’iscrizione: “Il dono dunque del ve-nerabil Corpo fu fatto dai Monaci Gorgonesi nel 762”. Mi riescedifficile pensare a un dono spontaneo dei monaci ai regnanti147,mentre più plausibile mi pare l’esposizione dei fatti (Donarono… ildono) da parte della Baitelli, la quale non per niente si rifà alle“Croniche nostre”.

La regina dunque ordina, i sovrani donano; non c’è bisogno dievocare il pericolo delle incursioni saracene per trovare una spiega-zione148: dalla clausula de translatione, nella Passio II, non traspareneanche l’ombra di un tentativo di giustificare la rimozione di uncorpo santo dal luogo in cui riposava. È vero che la traslazione si col-

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149 La svolta era avvenuta, come ha chiaramente illustrato Tomea proprio a propositodelle reliquie romane traslate a Brescia, dopo che le rapine di Astolfo, in occasione del-l’assedio di Roma durante i primi tre mesi del 756, avevano mostrato il rischio che deri-vava dal mantenere i corpi dei martiri in luoghi al di fuori delle mura: TOMEA, Intorno as. Giulia, cit., pp. 54-55 e note relative, con ricca bibliografia, a cui aggiungerei solo AN-DRIEU, Les ‘Ordines romani’, IV, cit., in particolare pp. 378-384, dove l’Autore mostracome il principio della “inviolabilità” non sia da prender sempre strettamente alla lettera.

150 Su tutta la vicenda e la tradizione sulla traslazione, cfr. TOMEA, Intorno a s.Giulia, cit., pp. 34-36 e 39-41 con le note relative.

151 Cfr. Ibidem, pp. 38-39 e note relative.152 Cfr. Ibidem, p. 46 e nota 139 a p. 89-90, ma anche nota 30 a p. 67.153 Cfr. M. BETTELLI BERGAMASCHI, Ramperto vescovo di Brescia (sec. IX) e la “Hi-

storia de translatione beati Filastrii”, in EAD., Gaudenzio e Ramperto, vescovi bresciani,a cura di G. Bergamaschi, Milano 2003 (Studi di storia del cristianesimo e delle chiesecristiane, 5; prima in “Archivio Ambrosiano”, 28 [1975], pp. 48-140), pp. 85-203, in par-ticolare 112-120.

loca proprio nel periodo in cui si sta verificando una svolta radicalenella tradizione sul culto delle reliquie, quando ormai anche i papistanno abbandonando il principio, fino a quel momento tenacementedifeso, della inviolabilità dei corpi santi e della loro sepoltura149, mala giustificazione (reale che fosse, o dettata dai canoni del genere,non è qui rilevante), compare anche in seguito.

6.2. Confronto con altre TranslationesPuò essere utile, come termine di confronto, prendere in conside-

razione altre due traslazioni, di poco precedenti, esse pure da un luo-go di sepoltura insulare. La prima è la traslazione dalla Sardegna dis. Agostino, voluta da Liutprando in un anno compreso fra il 722 e il725 e descritta quasi contemporaneamente da Beda150. La seconda èla traslazione dalla Corsica a Treviso dei santi Fiorenzo e Vindemia-le, avvenuta anch’essa in età liutprandea, come viene descritta in untesto (BHL 3053) probabilmente prodotto in epoca non anteriore allametà del IX secolo (quindi non troppo distante, se non coevo allacomposizione della Passio II con la clausula de translatione)151. Aquesti testi ne accosterò altri due: il primo (BHL 3020, probabilmen-te del X secolo), descrive la traslazione di Fermo e Rustico da Trie-ste a Verona, da parte del vescovo Annone, probabilmente avvenutafra 759 e 765152. Il secondo, diverso per il tipo di luoghi coinvolti,ma che potrebbe essere coevo come stesura alla Passio II e dellastessa area, è il racconto della traslazione effettuata nell’838 dal ve-scovo di Brescia Ramperto del suo predecessore Filastrio, dalla chie-sa extrameniale di S. Andrea alla cattedrale iemale di Brescia153.

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154 Bedae De temporum ratione, LXVI, ed. Th. Mommsen, in Monumenta Germa-niae Historica, Auctores antiquissimi, XIII, Berolini 1981 (1a ed. 1898), p. 321 (= Cor-pus Christianorum. Series latina, 123 B, Turnholti 1977, p. 535). I corsivi, qui come intutte le citazioni, sono miei.

155 AASS Maii, I, Parisiis - Romae 1866, p. 277, n. 5.156 S. MAFFEI, Istoria diplomatica che serve d’introduzione all’arte critica in tal ma-

teria…, in Mantova, per Alberto Tumermani, 1727, pp. 313-314.157 Historia venerabilis Ramperti episcopi Brixiensis de translatione beati Filastrii,

in BETTELLI BERGAMASCHI, Gaudenzio e Ramperto, cit., pp. 181-182, ll. 15-28.158 Gli esempi potrebbero essere certamente moltiplicati e un’indagine più precisa,

ampia e puntuale potrebbe mettere in luce altri aspetti o inquadrare meglio quelli qui pre-sentati.

Liudbrandus audiens quod Sarraceni depopulata Sardinia etiam loca fe-darent illa, ubi ossa sancti Augustini episcopi propter vastationem barbaro-rum olim translata et honorifice fuerant condita, misit et dato magno prae-tio accepit et transtulit ea in Ticinis ibique cum debito tanti patri honorerecondidit154.

…postquam a Saracenis captam Corsicam multasque ecclesias Dei afundamentis destructas relatu multorum comperissemus, ego Titianus,sanctae Tarvisianae ecclesiae episocopus, nutu divino ad praefatam perveniinsulam… Triduano vero ieiunio peracto, cum magno tremore ac reveren-tia accessimus ad tumulos… ad Tarvisianum solum, Deo miserante, perve-nimus et in locis venerabilibus, ubi nunc requiescunt, …collocavimus inbasilica sancti Ioannis Baptistae…155

Inde quoque propter metum paganorum elevantes… exuvias, perduxe-runt usque in oppidum Tregesti. Eodem quippe tempore in urbe Veronen-sium Anno… comperiensque beatorum corpora… fuisse reperta, cum inex-plicabili exiens gaudio et exultatione… pervenit festinanter ad locum, ubisancti Dei sub nimia veneratione conditi habebantur. Dedit igitur argenti etauri pondus immensum, emitque sanctorum corpora… non longe foras mu-ros civitatis, in basilica, quae a priscis in eorum fuerat honore constructatemporibus, sub omni diligentia condidit156.

…dum officii assiduitas et abundantia luminaria in eo venerabili loconon essent, quo beatissimae memoriae Filastrii corpus iacebat… ieiuniis etorationibus intervenientibus… sexto idus aprilis, non sine timore fodien-do… venerandum corpus reperiens, maximo cum timore, ut puta, tam vene-rabilem glebam tam immeritus contingens, elevavi, collocans in feretri lo-cello. Deinde, quinto idus aprilis… maximi cum horrore timoris summaquereverentia, idem corpus transtulimus in matrem ecclesiam hyemalem no-stram Brixiensem, penes altare sanctae Dei genitricis Mariae, ubi prae-scriptorum pontificum erat sedes157.

Per meglio cogliere le differenze, ho provato a disporre in una ta-bella sinottica gli elementi salienti delle diverse narrazioni158.

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159 Non ho preso in considerazione, per queste riflessioni comparative, le fonti piùtarde presentate nel § 1, a proposito della traslazione dalla Corsica a Brescia. Il pagamen-to di cui parla il Chronicon Novaliciense, per esempio, data la scarsa attendibilità dellafonte, sembra piuttosto la ripresa di un luogo comune. Quanto alla traslazione voluta daLiuprando, dove Beda dice “dato magno pretio”, si potrebbe pensare a un’altra ipotesi,cioè che si riferisse non tanto a un “acquisto” della salma, quanto al noleggio delle navipisane destinate all’impresa: cfr. ZACCAGNINI, Il santorale pisano, cit., p. 56.

160 In comune con la traslazione del vescovo Tiziano, quella di Ansa ha solo il “nutudivino” (“Dei nutu inspirata”), ma non c’è traccia del contorno reverenziale che precedee accompagna il prelievo dei corpi santi.

Dal confronto appare evidente come i diversi racconti abbianopunti in comune e differenze. La translatio di Fermo e Rustico sipresenta sostanzialmente come un fatto venale: il metus paganorum,infatti, non si riferisce alla traslazione di Annone, ma a quella prece-dente dall’Istria a Trieste, città dove i santi non solo non correvanoalcun pericolo, ma anzi erano sepolti “sub nimia veneratione”.

Manca qualsiasi atteggiamento reverenziale, ma tutto si riduce,in modo disincantato, a una questione di soldi, dichiarata senza al-cuna reticenza con l’uso del verbo “emere”. In tutte le altre, invece,la giustificazione è premessa indispensabile, anche quando si trattisolo di una carenza nel culto prestato come nel caso di Filastrio.

L’elemento che tutti i racconti hanno in comune è la destinazionefinale, in cui si sottolinea il rilievo dato alla nuova collocazione delsanto.

Ciò che più colpisce, nel modo in cui viene presentato l’agire diAnsa nella clausula della Passio II, non è tanto l’assenza di un pa-gamento159, o del timore reverenziale (al cui posto c’è un più blan-do “debita cum veneratione”, riferito comunque al trasporto e nonalla elevatio160), o di un pericolo (presunto o reale) che avrebberocorso le reliquie, quanto l’immediatezza con cui il desiderio dellaregina si trasforma in realtà: eius desiderio accensa, praecepit… si-bi afferri. Quanto di questa presentazione può essere attribuito allasensibilità personale e all’ambiente culturale dell’agiografo e quan-to al modo in cui era stato percepito l’avvenimento dalle monache etramandato all’interno del monastero?

Se, come argomentato precedentemente, il primo nucleo del rac-conto della traslazione è la notitia nella Passio I.b, gli elementi sa-lienti sono il praecepit e il mirificentissime; il resto sarebbe da attri-buire all’agiografo di età carolingia. Difficile sottrarsi alla sugge-stione di un punto di vista interno al monastero: la badessa Ansel-perga riceve dai regali genitori un dono prezioso, che conferisce

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161 Ai racconti di traslazione in generale possono essere estese le osservazioni diGeary in Furta sacra: la trafugazione delle reliquie nel Medioevo (secoli IX-XI), Milano,Vita e Pensiero, 2000 (trad. it. di Furta sacra: thefts of relics in the Central Middle Ages,Princeton [NJ] 1990), per esempio pp. 68-70, 89. Un ragionamento analogo si potrebbeforse applicare anche alla traslazione di Filastrio, con cui probabilmente Ramperto inten-deva rilanciare il culto dell’insigne predecessore: se il racconto è privo di particolari “av-venturosi”, esso è infatti ricco invece di miracoli: cfr. BETTELLI BERGAMASCHI, Gaudenzioe Ramperto, cit., pp. 123-131

162 In questo modo si spiegherebbe anche più facilmente la pressoché totale mancan-za di notizie sulla traslazione nelle fonti agiografiche toscane: cfr. supra, p. 186. Quantoalla diffusione del culto nelle proprietà del monastero, cfr. ad esempio nota 102 e testo re-lativo.

prestigio al monastero – e sulla munificenza del dono si concentrala memoria, più che sulle modalità della traslazione.

Alla stessa conclusione si può giungere seguendo un altro per-corso. I racconti di traslazioni hanno come scopo principale di ac-creditare e diffondere il culto di un santo: quanto meno è noto taleculto, tanto più convincente e avvincente dev’essere il racconto, inmodo che possa colpire l’uditorio161. Nel racconto per Giulia nonsolo manca qualsiasi particolare avventuroso, ma – cosa ancora piùsorprendente – non ci sono miracoli. È vero che nella clausula detranslatione (Passio II) si dice che Ansa “audiens eius venerabiliagesta atque miracula, eius desiderio accensa… praecepit…”, ma laPassio I, se si esclude il prodigio della navigazione contro vento,non ne nomina uno solo. La Passio II, poi, dove si conclude la Pas-sio I (“posuerunt in monumento”) aggiunge un generico “ubi mani-festata sunt eius beneficia atque miracula digne venerantibus ea”.In ogni caso, non c’è traccia di miracoli collegati alla traslazione.

La spiegazione mi pare semplice: che bisogno c’era di enfatizzarela traslazione di Giulia? La diffusione del culto era già ampiamentegarantita dalla figura regale della donatrice e dalla potenza dell’entebeneficiario, con proprietà estese dalle Alpi al ducato di Benevento,tali da assicurare automaticamente la diffusione del culto162.

Fra le altre traslazioni possiamo distinguere quelle che vedonocome protagonisti un vescovo che trasla reliquie nella propria città,o da una sede esterna alla cattedrale, nel caso di Ramperto: la trasla-zione di Giulia dovrebbe quindi esssere accostata soprattutto a quel-la voluta da Liutprando. Ma Liutprando (come poi Astolfo) mira adarricchire la capitale del regno sui modelli di Roma e della NuovaRoma, anzi la traslazione, come sottolinea Tomea, “… si poneva in-

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163 TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., p. 39, ma anche 40-41.164 BROGIOLO, Desiderio e Ansa a Brescia, cit., p. 144.

fatti quasi a corollario… della radicale svolta impressa dal monarcaal suo regno con l’elaborazione di una prima cosciente teoria dellaregalità cattolica”163. Con Ansa e Desiderio si assiste invece a unadiversa strategia: non che quello di S. Salvatore fosse l’unico mona-stero fondato dai sovrani, ma il monastero bresciano (anche se fon-dato prima della salita al trono) è sicuramente il fulcro della loroazione.

Un rapporto privilegiato, dunque, fra Ansa e Desiderio e la lorocittà? In questa direzione è orientato Brogiolo, che dedica un saggioai due sovrani e al loro rapporto con S. Salvatore di Brescia: “…sipuò forse parlare di Brescia come nuova capitale ideologica del re-gno”164. Di tutta la ricostruzione storica, però, meno convincente èla parte dedicata a quello che l’Autore ha suggestivamente definito“Il mito di Ansa e Desiderio”.

7. La traslazione nella memoria del monastero bresciano

Brogiolo parte dalla constatazione che “In tutta la ricchissimadocumentazione di età carolingia non compare… alcun accenno allafondazione longobarda” e quindi a suo parere “Il mito si sviluppa,tra X e XI secolo, parallelamente al cambiamento dell’intitolazio-ne…”. Gli “ingredienti del mito” diventano fondamenti della litur-gia “testimoniata dal Rituale [cioè l’Ordinario], risalente… al XIIIsecolo, ma certo più antico per quanto riguarda il culto di SantaGiulia, come suggeriscono quattro fonti liturgiche attribuite al X-XIsecolo”. Si tratta, secondo l’Autore, di “un passo del Martirologiodi Adone del X-XI secolo, un inno tratto da un Lezionario dell’XIsecolo, due passi di breviari pubblicati negli Acta Sanctorum”.

E poiché “Nel costruire la memoria storica del monastero vengo-no invece… ignorate le vicende in età carolingia”, l’Autore si do-manda “Perché nessuno degli imperatori e delle imperatrici carolin-ge entrò nella leggenda? … Una risposta… richiederebbe uno stu-dio della documentazione, in particolare quella liturgica…”. Infine,non essendoci prove che “il mito di Ansa collegata a Santa Giuliafosse vivo nel monastero fin dall’età carolingia”, Brogiolo conclude“L’operazione fu il frutto di un accorto recupero della memoria sto-

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rica… che costruì una leggenda…”, anche in sintonia col progettopolitico di Berengario.

E il saggio termina con un quadro di ampio respiro: “In una pro-spettiva a lungo termine, la leggenda di Santa Giulia e dei suoi fon-datori divenne assieme a quella dei santi patroni Faustino e Giovi-ta… il nucleo fondamentale della memoria storica della città, desti-nato a sopravvivere con le sue suggestioni fino ai nostri giorni”165

All’ipotesi che il “mito” abbia preso avvio durante il regno diBerengario, ha già obiettato Tomea, facendo notare come “un mitolongobardo o, meglio ancora, desideriano” possa essere semmai ri-ferito ad epoche successive, “sulla spinta di nuove formulazioni del-la coscienza cittadina”, mentre “…in realtà Berengario… non avevacerto bisogno dell’ombra del re longobardo…”166.

Ma è appropriato, innanzitutto, parlare di un “mito” di Ansa eDesiderio, collegati a santa Giulia e al cenobio femminile? SempreTomea precisa: “Per questo periodo parlerei piuttosto di una memo-ria… circoscritta all’ambito liturgico-agiografico e, naturalmente, alperimetro di San Salvatore / Santa Giulia…”167. In effetti, se per lericostruzioni storiche che vogliono proiettare nel passato problema-tiche e aspettative del momento può essere corretto usare il termine“mito”, in campo agiografico è forse meglio usare altre categorie.

Per quanto, evidentemente, nella coscienza delle monache gio-cassero anche le provenienze familiari di alto lignaggio, la memoriacollettiva del monastero è prima di tutto memoria dei fatti sacri, allostesso modo in cui il thesaurus del monastero non sono i ricchissimiarredi liturgici (o per lo meno non per il loro valore venale) ma ilpatrimonio delle reliquie168.

Ancora nel Seicento, nelle pagine della Baitelli, dove le figuredei fondatori giganteggiano, è chiaro che essi fanno solo da “spalla”alla santa e traspare l’orgoglio della storica di vivere “in questo san-tissimo monasterio, in cui giace veneratissimo il suo gloriosissimocorpo”, santa di cui si sente condotta a scrivere la Vita anche “peresser stato il suo santissimo nome, si può dire l’oroscopo della mianascita, essendo stato al secolo il mio nome Giulia” 169.

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165 Ibidem, pp. 153-155.166 TOMEA, Intorno a s. Giulia, cit., nota 162, alle pp. 95-96.167 Ibidem.168 Le testimonianze in questo senso sono inequivocabili, dall’Ordinario (cfr. ad

esempio supra, p. 161) alla Baitelli (supra, p. 169).169 BAITELLI, Vita, cit., p. 1b.

170 Mi limito qui alle fonti agiografico-liturgiche, senza prendere in considerazionequelle epigrafico-iconografiche, esaurientemente presentare da Brogiolo (Desiderio eAnsa a Brescia, cit., in particolare p. 154); cfr. anche BERTELLI, Testimonianze epigrafi-che, cit. pp. 45-55.

Non la memoria dei sovrani fondatori, dunque, viene tramandata,ma quella di Giulia, della santa patrona: Ansa e Desiderio sono soloil corollario, l’«accidente», di una sostanza agio-liturgica. Corolla-rio non trascurabile, si tenga presente: chi legava il suo nome a unatranslatio, a una depositio, o addirittura si assicurava una sepolturapresso la tomba di un martire, sapeva di garantirsi meriti per l’al dilà, ma anche, più o meno coscientemente, il ricordo nell’al di qua.

Alla domanda, quindi, “Perché nessuno degli imperatori e del-le imperatrici carolinge entrò nella leggenda?”, si sarebbe tentatidi rispondere sbrigativamente che nessuno ci entrò, semplicementeperché non c’era nessuna leggenda in cui entrare. Poiché unicamen-te all’interno della memoria della santa trovano posto Ansa e (soloin secondo piano) Desiderio, da un punto di vista liturgico-agiogra-fico è perfettamente normale che non trovino posto i grandi perso-naggi della corte carolingia: protagonisti di eventi politici, ma frui-tori di un patrimonio agio-liturgico già definito. E questo, si noti, ciriporta a uno dei temi di partenza: la centralità di Giulia e della tras-lazione voluta da Ansa, all’interno della vita liturgica del monaste-ro, fin dai suoi inizi.

In realtà, come auspicato da Brogiolo, una più precisa conoscen-za delle fonti, ma anche un più accurato quadro agiografico-liturgi-co, non possono che giovare alla comprensione del problema – econfermano il punto di vista di Tomea. Non solo ci aiutano a collo-care Ansa e Desiderio nel ruolo che spetta loro nell’evento agiogra-fico – e nulla di più – ma ci consentono anche di verificare che gli“ingredienti” (non del mito, ma della liturgia per s. Giulia) doveva-no essere disponibili già prima dei tempi di Berengario, se non findall’inizio170.

Come abbiamo già visto, non è pensabile che nel monastero sicelebrassero una o due feste per la santa senza ricordare l’arrivo delcorpus nel cenobio. Ma allo stesso tempo non è pensabile la presen-za di reliquie così importanti senza un Ufficio apposito, con le rela-tive Lectiones. Nel caso di Giulia possiamo ragionevolmente sup-porre che la Passio I fosse giunta dalla Toscana, direi contempora-neamente al corpus: è lecito domandarsi, addirittura, se non fossegiunto anche un Proprio; è un peccato, da questo punto di vista, non

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171 Lucca, Bibl. Cap. 608 (Ordinario della cattedrale di Lucca, XIIIex), ff. 53v-54r. Incorsivo la rubrica e l’antifona, che si spiega con la presenza di un altare dedicato a s. Ni-colao, per il quale cfr. BINI, Notizie della chiesa cit., pp. 38 e 49-50.

172 Su un totale di 19 incipit di antifone e responsori (senza contare quante volte so-no ripetuti) 9 sono tratti dalla Passio e altri quattro sembrano esclusivi del monastero(per esempio Felix Gorgona). Per quanto non sistematici ed esaustivi, controlli su libriliturgici di Brescia e di altre città non hanno mostrato analogie con l’Ufficio per la Santanell’Ordinario, tranne in un caso: al momento di consegnare l’articolo per le bozze, hopotuto prendere visione del contributo di Rodobaldo Tibaldi (che vivamente ringrazio)L’Ufficio liturgico di santa Giulia (Graduale Breviario, cod. Oxford, Bodl. Lib., Canon.Lit. 366, sec. XI), in Musica e liturgie, cit., in cui pure appare chiara la derivazione digran parte dell’ufficio dalla Passio s. Iuliae (BHL 4516). È ancora aperto, però, il pro-blema della destinazione iniziale del codice, anche se per un certo tempo è stato nellemani dei canonici di S. Daniele dipendenti dal monastero femminile (cfr. GAVINELLI,Cultura e scrittura, cit., p. 40), nel quale invece di certo non poteva essere in uso, poi-ché i Notturni sono da IX Lectiones, anziché XII (senza considerare altre anomalie dicarattere liturgico, per le quali rimando al citato articolo di Tibaldi). Resta, naturalmen-te, l’incognita del Proprio lucchese. Silagi, che ha recentemente riprodotto e commenta-to gli inni per s. Giulia, non conoscendo il Proprio dell’Ordinario e quindi il suo rappor-to con la Passio, ha forse un po’ semplificato la genesi dell’Ufficio: cfr. SILAGI, I testi li-turgici, cit., pp. 15-18. Il più antico codice liturgico del monastero bresciano, il Salterio-Collettario Brescia, Biblioteca Queriniana, H.VI.21, del X-XI secolo (GAVINELLI, Cultu-ra e scrittura, cit., pp. 34-35; cfr. anche S. BOYNTON - M. PANTAROTTO, Ricerche sul bre-viario di Santa Giulia (Brescia, Biblioteca Queriniana, ms. H.VI.21), in “Studi medie-vali”, s. III, 42 [2001], pp. 301-318, con datazione al “sec. XI, prima metà”, a p. 304)contiene solo una breve memoria di s. Giulia con antifona, verso, orazione (f. 26rA),non specifiche per Giulia e senza corrispondenza con l’Ufficio dell’Ordinario e del Vat.Barb. lat. 403. Quello di s. Giulia, comunque, è il caso più rilevante, ma non l’unico, diun Proprio peculiare del monastero, come verrà illustrato negli studi complementari al-l’edizione dell’Ordinario.

conoscere l’Ufficio lucchese, la cui esistenza è documentata, per ilXIII secolo, dall’Ordinario della cattedrale:

De sancta Iulia. De sancta Iulia proprietatem legimus; antiphona Beatusvir; missam maiorem apud eius ecclesiam celebramus cum diacono et sub-diacono non canonicis171.

Se si analizza l’Ufficio (per il dies natalis e per la Traslazione)come ci è stato trasmesso dall’Ordinario, a parte formule liturgichegeneriche (antifone come Pulchra facie, o responsori come Specietua, dal Commune virginum), ci si rende conto di aver a che farecon un ricchissimo Proprio peculiare del monastero, in cui si può ri-conoscere per un buon numero delle formule una derivazione dallaPassio I (e solo da quella redazione), a cominciare dall’incipit delprologo (Scriptum est enim)172.

L’Ordinario non fornisce invece gli incipit delle Lectiones per la

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173 N. 140,g nell’edizione di prossima pubblicazione174 N. 94,d nell’edizione di prossima pubblicazione175 Cfr. GAVINELLI, L’Omeliario, cit., p. 352. Il codice non può essere identificato con

l’Officium visto da Faino per diverse ragioni, ma se non altro perché quello era “impres-sum”: cfr. supra, nota 7.

176 Cfr. supra, nota 8 e testo relativo.177 Cfr. GAVINELLI. Testimonianze grafiche, cit., pp. 30-34; cfr. anche supra, nota 10.178 Per la Passio nei due codici, cfr. BERGAMASCHI, Una redazione ‘bresciana’, cit.,

pp. 627-630 e ID., Il carme, cit., §§ a.3.1, a.3.2.

festa, ma si limita a un’indicazione generica (“lectiones .XII. depassione eius”173), mentre per la Traslazione prescrive letture sullapericope “Simile est regnum celorum… ab illo loco ubi dicitur «Sedquinque fatue»”174. C’è però un altro testo, un manoscritto più tardo(Vat. Barb. lat. 403, XVI secolo in.175) che contiene l’Ufficio per s.Giulia e in cui vengono utilizzate, per le Lectiones della festa, partidella Passio II.

Sarebbe arrischiato, comunque, da testimoni del XIII e del XV-XVI secolo (o anche dell’XI, se si considera l’Oxoniense, certamen-te non in uso a S. Salvatore – S. Giulia) inferire indicazioni sul tipodi Ufficio per s. Giulia nei primi tempi del monastero: l’unica ipote-si che si può ragionevolmente proporre, in attesa di ulteriori verifi-che, è che le formule tratte dalla Passio I siano state inserite nel-l’Ufficio prima della composizione della Passio II – sempre chenon venissero da un Ufficio lucchese.

Quanto alle fonti liturgiche elencate da Brogiolo, del Martirologiodi Adone (o meglio, dell’Additamentum per Giulia) si è già detto.

“un inno tratto da un Lezionario dell’XI secolo” è quello pubbli-cato da Brunati (Ergo pii fratres)176 da un manoscritto di cui si era-no poi perse le tracce ma che ho avuto l’occasione di ritrovare: sitratta di un Passionario (Rezzato, Biblioteca Frati Minori France-scani, Y-II-9), di mano bresciana e databile entro la prima metà delXII secolo177; nel codice, a quella che ho definito Passio II segue ilcarme Ergo pii fratres (e niente altro). Gli stessi versi (e solo quelli)si trovano pure in un altro testimone completo della Passio II (Pisa,Arch. Cap. C 181), che, pur essendo più tardo (XIV o XV secolo),testimonia una fase arcaica nella tradizione della redazione178: nededuco che la creazione degli esametri dovrebbe essere non moltoposteriore, se non coeva, a quella della Passio II. Resta aperta unaquestione: se si trattasse di un testo di carattere “epigrafico” (anchese non necessariamente inciso, così come il celebre epitafio di Pao-

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179 AASS M. V, p. 170; Analecta Hymnica, 52, Leipzig 1909, n. 345, pp. 342-345;SILAGI, I testi liturgici, cit., pp. 26-28; sul Breviarium cfr. anche supra, nota 7 e testo rela-tivo. Nell’Ufficio dell’Oxford, Bodl. Lib., Canon. Lit. 366, invece, non sono presenti inniper Giulia, a differenza di altri santi.

180 Se invece l’Autore si riferisce agli inni, vale quanto appena detto. Brogiolo, nellaNota bibliografica (Desiderio e Ansa a Brescia, cit., p. 155), rimanda “per l’apparato cri-tico e le citazioni” al “volume sugli scavi di Santa Giulia, attualmente in preparazione”.Si tratta forse del volume, mai uscito, in cui doveva essere pubblicato anche Architetturae liturgia, di Maria Bettelli?

lo Diacono per la regina Ansa), oppure di una composizione conce-pita per l’Ufficio di s. Giulia. Nel secondo caso, sarebbe interessan-te notare proprio il fatto che non ce ne siano testimonianze nellefonti liturgiche che ci sono giunte.

Sono noti cinque inni, pubblicati sugli AASS “…ex antiquo Bre-viario Brixiensium sanctimonialium regii coenobii S. Iuliae…”, e dalì negli Analecta Hymnica179. Ora, se si esaminano gli incipit degliinni riportati nell’Ordinario, si nota prima di tutto che non c’è Ergopii fratres, ma allo stesso tempo che ci sono solo i primi tre degliinni trascritti sugli AASS e recensiti negli Analecta Hymnica (Cau-sa, corona martyrum; Adest beatae virginis; Beata namque Iulia),mentre mancano gli altri due (Beata virgo Iulia e Rex LombardorumFlavius, proprio quello che celebra la Traslazione). Se, quindi, Ergopii fratres fosse un testo liturgico, si potrebbe sospettare che fossel’unico cantato nei primi tempi del monastero e che i tre presentinell’Ordinario fossero di età posteriore.

Per quanto riguarda invece il Breviarium (cioè l’Officium vistoda Faino), non solo si tratta di un testo certamente posteriore all’Or-dinario, in quanto impressum, ma è anche verisimile che testimo-niasse una fase dell’Ufficio per s. Giulia successiva a quella docu-mentata dall’Ordinario, visto che ci sono due nuovi inni, assenti inquello; in ogni caso, i cinque inni sono tutti presenti nell’Ufficioche si legge nel Vat. Barb. lat. 403 (XVI secolo in.).

Gli ultimi due elementi, infine, citati da Brogiolo, sono “due pas-si di breviari pubblicati negli Acta Sanctorum”: se l’Autore, comepar di capire, si riferisce ai due capitoli della clausula (trascritta pu-re dall’Officium) si tratta evidentemente della Passio II180.

Ricapitolando, l’Additamentum di Adone si colloca al limite del-l’età carolingia, i due capoversi della clausula della Passio II e for-se anche l’inno “tratto da un Lezionario” (cioè Ergo pii fratres) so-no di età carolingia: mancano al momento elementi per precisare ul-

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181 L’argomento viene trattato in BERGAMASCHI, Il carme, cit., § 5.5 e ID., “La Vita, diSanta Giulia”, cit., § 5, a partire dall’osservazione che negli affreschi di Ferramola in S.Maria in Solario (1520) compare, come nell’inno Beata virgo Iulia, il tormento allemammelle.

182 AASS M. V, p. 170.

teriormente la cronologia, ma non ci sono nemmeno argomenti perpoter affermare che debbano collocarsi alla fine, cioè all’epoca diBerengario (e tanto meno all’XI secolo inoltrato), e non abbiamoquindi motivi per negare che in età carolingia venisse ricordata latraslazione (e di conseguenza i suoi promotori); al contrario, un ra-gionamento agiografico può far escludere che essa non venisse ri-cordata.

Si può invece supporre che ci sia stata, fra il XIII secolo (compo-sizione dell’Ordinario) e la fine del XV (Vat. Barb. lat., 403) unafase di rielaborazione, non sappiamo di quale consistenza, dell’Uffi-cio per s. Giulia, testimoniata da due nuovi inni, uno dei quali (RexLombardorum Flavius) è destinato a celebrare proprio la traslazio-ne, mentre l’altro (Beata virgo Iulia) ripercorre più di ogni inno pre-cedente la storia del martirio, ma aggiungendo alcuni particolari chesono estranei alla tradizione come ci è nota fino a quel momento.Non è il caso di esaminare ora in dettaglio questi particolari, o dichiedersi la spiegazione di queste novità, o di valutare le conse-guenze che avranno successivamente181, ma ci si può invece do-mandare se questi inni non testimonino proprio un momento di ri-presa nell’interesse per la santa e la sua storia, compresa la sua pre-senza a Brescia legata anche a Desiderio che nell’inno per la Trasla-zione viene celebrato, in modo del tutto nuovo, come protagonista:

1 Rex Lombardorum FlaviusIllustris DesideriusFundavit hoc coenobiumEt sacravit monialium

2 …Anxae reginae precibus… 182

In conclusione, quindi, non si può parlare di “costruzione di unmito”, né vi è mai stato un “mito di fondazione” all’interno del mo-nastero, e tanto meno una sua risonanza all’esterno. Duole anzi no-tare come Brixia non si sia mostrata felicior e il culto di s. Giulia,

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183 Cfr. supra, note 84-85 e testo relativo; cfr. anche Bertelli, Testimonianze epigrafi-che, cit., p. 48: “Sempre a Brescia, neanche il culto di Santa Giulia sembra sia uscito dal-la cinta del suo aristocratico monastero”.

184 La scelta di usare l’immagine di s. Giulia (un “accorto recupero”, per usare l’e-spressione di Brogiolo), d’altra parte, si è rivelata una felice intuizione per il lancio diun’iniziativa in bilico fra promozione culturale e promozione turistica della città. È inte-ressante notare, a questo proposito, che come durante o al termine dell’età carolingia siverificò, per motivi ancora non del tutto chiariti, un cambio nell’intitolazione, così pure èavvenuto nel corso di questi ultimi anni, quando si è passati dall’uso dell’intitolazione alSalvatore per la prima grande mostra e relativo catalogo (S. Salvatore di Brescia. Mate-riali per un Museo, cit., 1978) all’uso di “S. Giulia”, come a voler marcare una innova-zione nell’iniziativa.

185 Cfr. supra, nota 132 e testo relativo. 186 Cfr. BERGAMASCHI, S. Giulia a Lucca, cit., pp. 775-776.187 Ho fatto riferimento solo alle situazioni principali, senza toccare località dove il

culto è rimasto vitale ma circoscritto entro un ambito strettamente locale, come per esem-pio Monchio (cfr. PISTONI, La pieve dei monti, cit., passim). Allo stesso modo non ho quiminimamente parlato del culto in Corsica, per il quale rimando allo studio della Morac-chini Mazel citato alla nota 3.

nella città e diocesi di Brescia, non abbia mai avuto vigore parago-nabile a quello dei ss. Faustino e Giovita, anzi sia sempre rimasto insecondo piano183, poi quasi eclissato dopo la soppressione del mo-nastero: non di sopravvivenza fino ai nostri giorni, quindi, si deveparlare, ma di una sorta di rinascita, in buona parte dovuta al suc-cesso del complesso museale-espositivo intitolato alla santa184.

A Pisa, invece, si può dire che il culto non abbia mai realmenteattecchito, nonostante in diocesi si trovassero due pievi dedicate allasanta (Caprona e Porto Pisano), ma soprattutto il monastero dellaGorgona, con la dipendenza cittadina di S. Vito185. Persino a Lucca,centro iniziale d’irradiazione del culto, dove rimase importante pertutto il Medioevo186, andò poi progressivamente affievolendosi: og-gi la chiesa è sconsacrata e ben pochi, a Lucca stessa, la conoscono.

Un culto ininterrotto alla santa oggi patrona, pur con alterne vi-cende e aspetti ancora da chiarire, può essere vantato, quindi, soloda Livorno187.

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