L’Italia postcoloniale

14
Dalla Italia noi siamo partiti. […] Trentasei giorni di macchina a vapore, e nella Merica noi siamo arriva’. No’ abbiam trovato né paglia e né fieno. Abbiam dormito sul nudo terreno; come le bestie abbiam riposa’. Merica Merica 1 Che cità e che bele colonie […] che i ga fato per noi [che] ade- so gavemo de tuto … Ricordarsi dei nostri bisnonni 2 I versi iniziali del canto d’emigrazione Merica Merica illustrano la condizio- ne d’indigenza in cui gli emigranti italiani in Brasile si trovarono dopo la lunga traversata dell’Atlantico. Composto nel XIX secolo in dialetto veneto, questo can- to popolare rappresenta le lotte dei contadini settentrionali in un Paese inospita- le, ma nei versi finali celebra il contributo che hanno fornito alla sua crescita. Allo stesso modo, il canto meno noto Ricordarsi dei nostri bisnonni (1963) commemo- ra le conquiste di molti italiani emigrati in Brasile che, costruendo «bele colonie», hanno dato ai loro discendenti la possibilità di «gaver de tuto». La traiettoria ‘dalle stalle alle stelle’ dei due canti si inserisce curiosamente in un’impresa di costruzione «coloniale» che gli ascoltatori sono chiamati a interpretare come progetto migrato- rio di successo. In forte contrasto rispetto alle immagini trasmesse da questi canti, oggi molti brasiliani di discendenza italiana viaggiano in direzione opposta a quel- la dei costruttori della colonia: spinti da esigenze economiche e di sicurezza, come * Questo saggio è stato scritto durante la mia permanenza come Visiting Scholar presso il Center for European and Mediterranean Studies della New York University (2010-2011). Desidero rin- graziare il direttore del centro (Larry Wolff), i docenti e il personale per il loro sostegno. 1 Per il testo integrale e l’mp3 di Merica Merica si veda il sito internet indicato in bibliografia. 2 Per il testo integrale e l’mp3 di Ricordarsi dei nostri bisnonni, si veda Marasca 2013. La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione * Teresa Fiore 061_074_I_3.indd 61 03/02/14 16:39

Transcript of L’Italia postcoloniale

Dalla Italia noi siamo partiti. […] Trentasei giorni di macchina a vapore, e nella Merica noi siamo arriva’. No’ abbiam trovato né paglia e né fieno. Abbiam dormito sul nudo terreno; come le bestie abbiam riposa’.

Merica Merica 1

Che cità e che bele colonie […] che i ga fato per noi [che] ade-so gavemo de tuto …

Ricordarsi dei nostri bisnonni 2

I versi iniziali del canto d’emigrazione Merica Merica illustrano la condizio-ne d’indigenza in cui gli emigranti italiani in Brasile si trovarono dopo la lunga traversata dell’Atlantico. Composto nel XIX secolo in dialetto veneto, questo can-to popolare rappresenta le lotte dei contadini settentrionali in un Paese inospita-le, ma nei versi finali celebra il contributo che hanno fornito alla sua crescita. Allo stesso modo, il canto meno noto Ricordarsi dei nostri bisnonni (1963) commemo-ra le conquiste di molti italiani emigrati in Brasile che, costruendo «bele colonie», hanno dato ai loro discendenti la possibilità di «gaver de tuto». La traiettoria ‘dalle stalle alle stelle’ dei due canti si inserisce curiosamente in un’impresa di costruzione «coloniale» che gli ascoltatori sono chiamati a interpretare come progetto migrato-rio di successo. In forte contrasto rispetto alle immagini trasmesse da questi canti, oggi molti brasiliani di discendenza italiana viaggiano in direzione opposta a quel-la dei costruttori della colonia: spinti da esigenze economiche e di sicurezza, come

* Questo saggio è stato scritto durante la mia permanenza come Visiting Scholar presso il Center for European and Mediterranean Studies della New York University (2010-2011). Desidero rin-graziare il direttore del centro (Larry Wolff), i docenti e il personale per il loro sostegno.

1 Per il testo integrale e l’mp3 di Merica Merica si veda il sito internet indicato in bibliografia.2 Per il testo integrale e l’mp3 di Ricordarsi dei nostri bisnonni, si veda Marasca 2013.

La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione*

Teresa Fiore

061_074_I_3.indd 61 03/02/14 16:39

62 Italia postcoloniale e transnazionale

pure da spirito di avventura o dalla ricerca delle origini familiari 3, stabiliscono così una rotta postcoloniale sui generis.

Il presente saggio affronta questioni di colonialismo e postcolonialismo italiano attraverso la lente prospettica del lungo e geograficamente esteso fenomeno dell’emi-grazione dagli anni Settanta dell’Ottocento in avanti, e alla luce dell’immigrazione contemporanea. Il punto di partenza di questo approccio è il termine «colonia» con il suo duplice riferimento tanto alla comunità emigrata all’estero quanto al territorio colonizzato all’epoca della formazione nazionale dell’Italia e fino a tutto il periodo fascista. La domanda fondamentale sollecitata da tale coesistenza è: qual è il signifi-cato di «postcoloniale» per/in un Paese che ha denominato «colonie» le destinazioni dei suoi emigranti mentre conquistava nuovi territori come colonie e le popolava di emigranti italiani? Tale sovrapposizione mi ha indotto a riflettere su quella che defi-nisco la post«colonialità» emigrante e, più precisamente, sulla rilevanza politica della suddetta post«colonialità» 4 emigrante in un ambito di «postcolonialità indiretta», e cioè la condizione che attribuisco agli immigrati di oggi in Italia i quali provengono perlopiù da colonie che in passato appartenevano ad altri Paesi. Mediante l’analisi del documentario Merica, del 2007, diretto da Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi, che in maniera originale mette a fuoco, da un punto di vista italiano, il movimento circolare dell’emigrazione italiana verso il Brasile e dell’immi-grazione brasiliana in Italia, il saggio esamina esperienze di trasferimento da e verso l’Italia perlopiù rimosse dalla collettività o rappresentate in modo parziale. Nel deco-struire la storia ufficiale dell’indipendenza nazionale italiana in uno spazio dinamico di spostamenti migratori, il saggio in definitiva assegna un ruolo più stratificato al «postcoloniale» italiano nell’ambito degli studi culturali, mentre esplora le sue poten-zialità politiche e le sue raffigurazioni estetiche in rapporto a nozioni d’identità e cit-tadinanza transnazionale italiana.

Il termine «colonia» per definizione si riferisce a un gruppo d’individui che si spostano o vengono trasferiti in un luogo distante da quello di origine, il quale per effetto del loro insediamento viene denominato esso stesso «colonia». Secondo il dizionario Devoto-Oli, nell’antichità questi gruppi avevano diversi gradi di autono-mia rispetto alle città madri: si costituivano principalmente come comunità rurali e commerciali. Infatti, la parola «colono» viene dal latino colere che significa «coltiva-re». All’interno dell’impresa coloniale europea, l’uso moderno del termine si appli-ca più palesemente alla sfera della conquista: la «colonia» è un territorio acquisito con la forza e governato attraverso l’imposizione di un sistema straniero a vari livelli.

3 Secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2012 Caritas-Migrantes, la comunità brasiliana in Ita-lia, con una popolazione di 48.230 persone, è al ventesimo posto tra i gruppi più numerosi d’im-migrati (p. 468).

4 Poiché ho disarticolato il significato del termine «postcoloniale» ampliandolo fino ad abbracciare la comunità emigrante italiana all’estero e a segnalare la sovrapposizione con le esperienze d’im-migrazione in Italia, questo capitolo fa uso del neologismo post«colonia» (insieme all’aggettivo correlato post«coloniale» e al sostantivo post«colonialità») per evidenziare le distinzioni del caso.

061_074_I_3.indd 62 03/02/14 16:39

63La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione

Quest’ultimo tipo di colonia implica anche il trasferimento di una certa parte del-la popolazione della nazione conquistatrice per la formazione di un’infrastruttura amministrativa locale, oltre che per ragioni di espansione demografica ed econo-mica. Le colonie si possono dunque associare con idee di libertà e spontaneità da una parte, e coercizione e assoggettamento dall’altra. Nel caso dell’Italia, si è usato il termine «colonia» per riferirsi simultaneamente alle comunità di emigranti all’este-ro disseminate per il mondo e alle terre sottratte ad altre popolazioni in Africa e nel Mediterraneo nell’ambito del progetto prima coloniale e poi imperiale del Paese. Una terza accezione del vocabolo «colonia» è quella relativa a un’area e a un gruppo di persone dislocate entro i confini del territorio nazionale in base ai piani di boni-fica agraria dell’era fascista che produssero non solo spostamenti demografici interni di popolazioni ma richiamarono anche emigranti dall’estero tramite una politica di forte marca nazionalista 5.

Ampliando il concetto di «continuum migratorio» di Oscar Gaspari 6 e la ricer-ca di Nicola Labanca sui «punti di contatto» 7 tra flussi demografici migratori e colo-niali, in questo saggio propongo pertanto una lettura congiunta delle due nozioni di colonia territoriale e colonia emigrante allo scopo di elaborare un concetto più com-plesso di colonialismo italiano. Visti nel loro insieme, i due processi dell’emigrazione e del colonialismo, che si svilupparono in parallelo fin dal principio della costruzione dell’Italia come nazione moderna, influirono fortemente sulla formazione sia dell’Ita-lia, sia degli italiani all’estero 8, grazie alla circolazione transnazionale di idee, merci e usanze nazionali (e regionali). Tuttavia tanto le forme originarie quanto le ramifi-cazioni attuali di questo peculiare doppio colonialismo dell’Italia complicano quella distinzione relativamente più immediata tra cittadino e suddito che le imprese colo-niali (e imperiali) hanno invece prodotto in altri Paesi e riprodotto nelle ex capitali dell’impero 9. Ai fini del presente saggio, l’oscillazione semantica tra questi due signifi-cati di «colonia» ha importanti conseguenze non soltanto per la formazione dell’iden-tità nazionale italiana ma anche per la percezione della condizione postcoloniale nell’Italia contemporanea dell’immigrazione, un aspetto che spesso rimane trascura-to negli studi sul colonialismo cosí come in quelli su emigrazione e immigrazione.

Fondamentalmente, questa condizione segna l’unicità del caso italiano rispet-to all’esperienza coloniale e postcoloniale di altri Paesi europei. Il retaggio coloniale italiano non è direttamente riconoscibile nella composizione della sua popolazione immigrata: se è vero che la comunità etiope, quella eritrea e quella somala sono pre-senti, esse sono numericamente di gran lunga sorpassate da altri gruppi africani e

5 Per una bibliografia riguardante le colonie interne, cfr. Fuller 2007, p. 252, nota 53.6 Gaspari 2001, p. 323.7 Labanca 2002, p. 195.8 Originariamente formulata da Gabaccia (2000) nel suo libro Emigranti. Le diaspore degli italia-

ni dal Medioevo a oggi in un quadro di dispersione circolare, questa nozione è centrale nel volu-me di Choate (2008) sul colonialismo emigrante Emigrant Nation: The Making of Italy Abroad.

9 Cfr. Mezzadra 2008, pp. 73-88.

061_074_I_3.indd 63 03/02/14 16:39

64 Italia postcoloniale e transnazionale

ancor più dalle comunità dell’Est Europa 10. Questa anomalia è alla base del già cita-to concetto di «postcolonialità indiretta» nel contesto italiano – condizione condivi-sa anche dalla Germania e dai Paesi Bassi, per esempio – dato che alcuni dei grup-pi immigrati vengono da aree che erano sotto il controllo di altre potenze coloniali europee (principalmente Francia e Inghilterra, ma anche Spagna e Portogallo).

L’Italia emerge dunque come luogo postcoloniale atipico, in cui l’uso del ter-mine «postcoloniale» si rivela più complesso che in altre parti d’Europa con rife-rimento a questioni quali per esempio l’italiano come lingua postcoloniale 11 o il postcoloniale in quanto categoria letteraria 12. Per questa ragione, Robert Young identifica l’Italia come laboratorio esclusivo per gli «stimoli provocatori» 13 che il Paese può offrire al campo degli studi postcoloniali in generale. Young eviden-zia l’unicità delle condizioni sociopolitiche del Paese: il recente multiculturalismo legato all’immigrazione; l’influenza culturale di lunga data dei partiti della sinistra all’interno e all’esterno del mondo accademico; un passato di sostegno alle lotte anticoloniali; una solida tradizione di pensiero politico, inclusa la consistente pre-senza della teoria gramsciana nel pensiero postcoloniale internazionale; e un inte-resse marcato per i testi postcoloniali 14. Ciononostante, nel saggio di Young, questi tratti distintivi non vengono né attivamente posti in relazione al peculiare colonia-lismo dell’Italia in termini di durata temporale ed estensione geografica, né colle-gati alla diaspora demografica e culturale del Paese.

In questo saggio, al contrario, elaboro una nozione di postcolonialismo italia-no che, oltre a tenere in considerazione la coesistenza di molteplici retaggi coloniali – sia diretti sia indiretti – pone l’accento sui segni della profonda e duratura eredità lasciata dalla sua emigrazione nel mondo, considerato che, tra il 1876 e il 1976, circa

10 Il Dossier Statistico Immigrazione 2012 fornisce le dimensioni delle comunità singole (p. 468): calcolando il rapporto tra queste e il numero totale degli immigrati – 3.685.385 stimati dal cen-simento del 2011 (p. 12) – risulta che i romeni rappresentano il 27,1%, seguiti in ordine dai marocchini (13,7%) e dagli albanesi (13,3%). Gli eritrei, gli etiopi e i somali insieme costitui-scono meno dello 0,3%.

11 Parati propone un significato allargato di lingua postcoloniale dimostrando che la lingua italia-na unisce gli immigrati al di là delle differenze in quanto fornisce un mezzo per lo scambio di storie di passati coloniali e lotte postcoloniali (2005, p. 60). Analogamente, Burns la considera una «lingua di passaggio» con una funzione liberatrice per gli scrittori migranti (2010, p. 145).

12 All’interno di uno studio sul postcolonialismo italiano, Lombardi-Diop prende in considerazio-ne soggetti postcoloniali sia indiretti sia diretti tra gli scrittori immigrati che analizza (Lombar-di-Diop 2008). Ponzanesi, invece, esplora le scritture postcoloniali italiane all’interno del cor-pus mondiale della letteratura postcoloniale e sostiene che queste non sono privilegiate come le scritture della diaspora indiana in inglese, ad esempio, a causa delle «diverse economie coloniali, linguistiche e di mercato» (2004, p. xiv).

13 Cfr. Young in questo volume.14 Per una ricca bibliografia, aggiornata al 2008, sugli studi postcoloniali sia in Italia sia negli Stati

Uniti, cfr. Mezzadra 2008, pp. 155-171, e l’introduzione al presente volume.

061_074_I_3.indd 64 03/02/14 16:39

65La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione

ventisette milioni di emigranti si spostarono in tutti e cinque i continenti 15. Mi inte-ressa, pertanto, un’ulteriore applicazione del termine «postcoloniale», che è un riflesso di questa massiccia emigrazione e della storia di sfruttamento e lotta ad essa connessa. Postcoloniale in questo senso è pure la condizione di certi discendenti italiani residenti all’estero che, avendo acquisito la cittadinanza italiana, rientrano in una specifica sfera istituzionale e culturale che allo stesso tempo porta con sé forme d’inclusione ed esclu-sione 16. Il retaggio della colonia emigrante garantisce loro uno status post«coloniale» (si noti l’uso intenzionale delle virgolette), ufficialmente concepito come posizione privilegiata per l’accesso apparentemente facile all’Italia (e al mondo «sviluppato») che offre. Tuttavia, in realtà, quei discendenti entrano anche nel mondo dell’immigrazio-ne in Italia, nel quale la condizione postcoloniale generale (da leggere come legata al mondo «sottosviluppato» e «in via di sviluppo») non è affatto privilegiata.

Questa sorta di triangolazione è sostanzialmente al centro di Merica, un docu-mentario che collega attivamente emigrazione, immigrazione e tanto «postcolo-nialità indiretta» quanto post«colonialità» emigrante come elementi fondamentali per leggere la nazione italiana in maniera dinamica. Di conseguenza, il documen-tario decostruisce in modo efficace la visione ideologicamente artefatta dell’emi-grazione come progetto di successo dei «coloni» in terre straniere o come ritorno post«coloniale» di successo in Italia dei discendenti italiani. Con ulteriore sottigliez-za, Merica si addentra nei miti regionali e sonda i retroscena della storia dell’emigra-zione e dell’immigrazione contemporanea scegliendo il Veneto come ambientazione chiave. Importante punto di partenza per gli emigranti italiani diretti in Sud America tra il XIX e il XX secolo, nonché una delle zone più ricche d’Italia al giorno d’oggi, questa regione essenzialmente racchiude le contraddizioni della modernità in Italia.

Girato tra le città di Treviso e Verona e nello stato brasiliano di Espírito Santo (un’area con una grossa concentrazione di italiani), Merica problematizza il concetto di identità nazionale italiana mediante un approccio circolare ai trasferimenti migra-tori verso il e provenienti dal Brasile, ex colonia portoghese con una lunga tradizione d’immigrazione italiana (dal 1875 agli anni Sessanta del Novecento, con un picco intorno al 1887-1920) 17 e, pertanto, con uno dei più alti numeri di discendenti ita-liani nel mondo oggi (circa venticinque milioni, secondo le stime riportate nel docu-mento). Nella vasta letteratura italiana e brasiliana sull’argomento 18, la storia degli

15 Cfr. Franzina 1995, p. 145.16 Viscusi ha applicato il termine «postcoloniale» alla comunità emigrata negli Stati Uniti allo sco-

po d’indicare l’assimilazione della colonia italiana nell’«enorme presenza egemonica» (2010, p. 45) del mainstream americano (il centro dell’impero) nel periodo compreso tra il 1941 e il 1991. Questo uso innovativo all’interno degli studi sull’emigrazione proposto da Viscusi è circoscritto alla sfera del significato culturale piuttosto che essere adottato per esplorare le concrete relazioni di potere evocate dal termine «postcoloniale».

17 Per le statistiche relative ai flussi migratori verso il Brasile, cfr. Trento 2002, pp. 5-6; Franzina 1995, pp. 451-453.

18 Cfr. Franzina 1993, pp. 557-561 e 612-627.

061_074_I_3.indd 65 03/02/14 16:39

66 Italia postcoloniale e transnazionale

italiani in Brasile rivela dimensioni molto cospicue con un flusso pari a un milione e mezzo d’individui in totale, anche per effetto delle politiche locali d’incentivazio-ne dell’immigrazione. Quest’iniziale flusso in uscita di settentrionali verso il Brasile indica due fatti che contraddicono la classica percezione dell’emigrazione: il sogno ‘americano’ cominciò in Sud America anticipando così quello degli Stati Uniti ed ebbe origine, in gran parte, nel Nord, particolarmente in Veneto, la regione che oggi costituisce una delle tre aree principali di destinazione degli immigrati secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2012 19.

Nella percezione comune, allora come oggi, questa emigrazione è rappresenta-ta in termini positivi grazie a una serie di fattori: il considerevole livello d’integrazio-ne economica e sociale raggiunto dalla comunità italiana in Brasile con il passare del tempo; il fabbisogno di manodopera da parte del Paese di accoglienza dopo l’abo-lizione della schiavitù nel 1888; il ruolo del cattolicesimo come religione condivisa; l’alta frequenza di matrimoni misti; le ampie dimensioni della comunità italiana; e la rigorosa etica del lavoro dei suoi membri. Tuttavia il cliché dell’immigrato italia-no benestante in Brasile è stato messo in discussione sotto tanti punti di vista. Dai canti coevi alle lettere che denunciano il livello di sfruttamento esercitato sugli immi-grati dal governo e dagli intermediari, fino ai documenti ufficiali che registrano le fatiche e le angosce del viaggio e dell’insediamento, la tesi della facile affermazione e integrazione in Brasile è difficilmente difendibile, come sostengono molti storici 20.

Sin dalle prime scene Merica propone una palese critica a questa leggenda del successo e una lettura meno celebrativa di quest’esperienza migratoria, antici-pando l’esperienza ugualmente complessa degli attuali immigrati italo-brasiliani in Italia. Nella sequenza iniziale, concepita come un cartone animato che ripren-de lo stile di Emanuele Luzzati, l’artista multimediale Giuseppe Ragazzini usa del-le figure di carta che rappresentano emigranti con la valigia di cartone. Ragazzini rende con efficacia i pericoli in cui gli emigranti incorrevano e lo sfruttamento che subivano: le loro vite, infatti, erano a rischio durante l’insidioso viaggio in mare, e il loro destino era di diventare forza lavoro inghiottita da Paesi-fabbrica, emble-maticamente personificati da un’accogliente eppur divoratrice Statua della Libertà. Per quanto la breve sequenza sia storicamente ambientata nel passato e geografi-camente situata in Brasile, sono ovvi gli echi sul presente degli immigrati divorati con indifferenza dai moderni sistemi economici e similmente vulnerabili nel corso dei loro viaggi, cosicché si stabilisce già dall’inizio la struttura parallela emigrazio-ne-immigrazione del documentario.

Dopo questa penetrante denuncia, Merica passa al racconto delle storie che costituiscono il fulcro del documentario. Pur intrecciando vari fili di esperien-

19 Cfr. Dossier Statistico Immigrazione 2012, p. 104. 20 Nel fornire un resoconto esauriente delle difficoltà incontrate da molti italiani emigranti prima

di ottenere una rispettabile posizione sociale come «coloni», Trento (2002, pp. 7-15) e Fran-zina (1995, pp. 259-279) mettono infatti in discussione il mito del ‘sogno brasiliano’ da altri tanto glorificato.

061_074_I_3.indd 66 03/02/14 16:39

67La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione

ze migratorie dal principio alla fine, i registi seguono il filo rosso della vicenda dei Fantin De Oliveiras, una famiglia di discendenti italiani che cedono al potere della nostalgia per la ‘loro’ terra d’origine, per quanto storicamente distante, oltre che, più comprensibilmente, al potere di attrazione verso un Paese percepito come avanzato dal punto di vista industriale, politicamente democratico e socialmente sicuro. Sono queste le qualità decantate dal giovane Felippe che elogia la libertà offerta dalla cit-tadinanza italiana nel corso di un’intervista condotta nell’appartamento di famiglia a Espírito Santo e in particolare su un balcone ingabbiato da un’alta inferriata che assume un forte valore simbolico di spazio intermedio tra due mondi. La recente decisione del fratello Tiago di trasferirsi in Italia dopo l’acquisizione della cittadinan-za italiana ha provocato in Felippe il desiderio di partire, un’ambizione alimentata per un verso dal suo ‘sentirsi italiano dentro’, nonostante i suoi tenui legami cultura-li con quel Paese, e per un altro verso dall’appoggio della nonna che vede in questo ritorno alle origini il compimento di una profezia biblica.

Introdotta nel 1992, la nuova legge sulla cittadinanza italiana ha in sostan-za confermato il diritto dei discendenti italiani di ottenere il passaporto italiano e i benefici ad esso connessi, ma in aggiunta alle precedenti leggi ha anche esteso l’ido-neità alle generazioni precedenti sulla base dei legami di sangue, appoggiando defini-tivamente la doppia cittadinanza. La risposta che ha fatto seguito a tale opportunità a livello mondiale, particolarmente nei Paesi in via di sviluppo 21, ha prodotto una quantità enorme di richieste 22. La legge sulla cittadinanza, unitamente alla nuova legge elettorale del 2001 che ha garantito il diritto di voto ai cittadini italiani resi-denti oltre i confini nazionali, ha stimolato un forte dibattito perché ha generato un concetto piuttosto complesso d’identità italiana, che andrebbe misurato non solo sulla base di questi diritti «naturali» ma, a conti fatti, sull’effettiva integrazione cultu-rale che promette 23. Nel pubblicizzare l’«aiuto provvidenziale» offerto ai discendenti che cercano di acquisire la cittadinanza straniera, il sito brasiliano Projeto Imigrantes ricorda ai potenziali richiedenti che ottenere un passaporto italiano e dunque euro-peo equivale ad acquisire vantaggi quali la «facile mobilità», «rapide procedure doga-nali» e la «possibilità di studiare, lavorare e stabilire la propria residenza nell’Unione Europea senza dovere ottenere permessi» 24. Merica registra l’effettiva traduzione di questi ‘vantaggi’ nel contesto italiano, una volta che i brasiliani di discendenza italia-na si trasferiscono. Quando Tiago e sua moglie descrivono la vita a Verona, entram-bi parlano della distanza che li divide dagli italiani e in alcuni casi delle forme di aper-

21 Per un’analisi delle richieste presentate in Brasile, cfr. Del Pra’ – Tirabassi 2007. 22 Nel corso di un’intervista inclusa in Merica, il console italiano di Rio de Janeiro parla di un tem-

po di attesa di quindici anni per le domande più recenti pervenute a Espírito Santo. Per la pro-spettiva dei richiedenti brasiliani riguardo alle procedure, cfr. il sito Imigrantes Italianos.

23 Cfr. Tintori 2009 per maggiori dettagli.24 Projeto Imigrantes è uno dei tanti siti di questo genere (cfr. anche Imigrantes Italianos). Merica

dedica un intero segmento alle ricerche genealogiche che coinvolgono uffici anagrafici e attirano l’interesse di numerosi brasiliani di discendenza europea.

061_074_I_3.indd 67 03/02/14 16:39

68 Italia postcoloniale e transnazionale

to razzismo che subiscono. Tiago ricorda chiaramente di essere stato sgridato come un inetto ‘extracomunitario’ da un capo di lavoro che era in realtà a conoscenza del suo status di cittadino italiano. Analogamente, un discendente italiano che vive a Treviso, Idiwaldo Francescon, esprime l’orgoglio culturale che prova nell’aver acqui-sito la cittadinanza e il diritto di voto, ma confessa le tristi complicazioni affrontate per riuscire ad assicurarsi un appartamento in affitto e un contratto di lavoro a nor-ma di legge, dal momento che rimane uno ‘straniero’ agli occhi della gente del posto. Al di là dei possibili vantaggi che questi discendenti hanno tratto dal «programma di rientro» 25 offerto dalla regione Veneto ai «nuovi» italiani provenienti dalle passate «colonie emigranti», a conti fatti provano tutti un senso di delusione per le manca-te promesse di accoglienza culturale e piena stabilità economica che a loro parere la cittadinanza avrebbe dovuto implicitamente garantire 26.

Nel puntare lo sguardo sull’autopercezione di questi cittadini «recenti» come titolari di diritti in quanto «italiani» e al tempo stesso come «soggetti spaesati» in quanto «altri» in un Paese che dopotutto li percepisce come alieni, Merica sve-la sagacemente la natura irrisolta del prefisso «post» nella dinamica postcoloniale italiana. Nelle sue forme più parossistiche, il presunto privilegio di questi soggetti post«coloniali» italiani è un tipo di supremazia fondata su sangue e cultura, come asserito dall’ex sindaco di Treviso Gianfranco Gentilini, noto come lo «sceriffo del-la tolleranza zero» per il suo programma anti-immigrazione in linea con l’approccio della Lega Nord. Merica presenta da un lato l’arringa farsesca di Gentilini a favore dei discendenti italiani da lui considerati come immigrati graditi in quanto condivi-dono con gli italiani i valori della «civiltà», dall’altro il suo anatema contro gli immi-grati in generale, da lui rappresentati come «barbari» che invadono l’Italia. La sup-posta superiorità di questi italiani di ritorno si regge sulla falsa idea di un successo facile e diffuso tra gli italiani all’estero, per cui Gentilini erroneamente caratterizza la passata emigrazione dal Veneto come rapida e riuscita. Tuttavia, come spiega l’italo-brasiliano di seconda generazione Benjamin Falchetto in una delle prime interviste contenute in Merica, gli italiani andarono in Brasile per lavorare la terra, ma, dopo un terribile viaggio transatlantico e un periodo di quarantena sulla costa brasiliana, finirono per vivere in isolamento nella foresta e costruire tutto dal nulla per decenni con il loro duro lavoro «passando una vita da schiavi». Anziché essere coloni rurali, furono in pratica ridotti a soggetti colonizzati nell’ex colonia portoghese 27.

25 Cfr. «Legge regionale 9, gennaio 2003». Il testo contiene una descrizione completa del program-ma d’incentivi per il ritorno dei discendenti veneti nel mondo, che include spese di viaggio, quo-te per le case popolari e opportunità di formazione al lavoro. Merica non parla apertamente di questo programma, ma l’intervista di Pinchiorri ai registi indica che l’argomento è tra quelli che sono stati esclusi dal documentario per motivi di spazio.

26 Per inciso, Merica è stato finanziato in parte con i fondi pubblici della Regione Veneto.27 Il classico resoconto di Adolfo Rossi sull’immigrazione italiana in Brasile, ora disponibile su

Google Books, presenta in dettaglio questo scenario di sfruttamento e sofferenza. Per il titolo si veda la bibliografia.

061_074_I_3.indd 68 03/02/14 16:39

69La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione

L’interpretazione retorica e imbevuta di biopolitica che Gentilini espone con questo atteggiamento così pomposo e acritico parlando degli antenati veneti viene dunque radicalmente scardinata e semmai riorganizzata come storia di privazione dai protagonisti di quell’esperienza. L’inserimento dei commenti sferzanti di Falchetto – deliberatamente ripetuti due volte nel corso del documentario – sottolinea la comu-ne esperienza di esclusione avvertita da questi migranti, che tradisce lo stesso spirito delle leggi brasiliane allora concepite per incentivare i trasferimenti. All’interno di progetti nazionali(sti), di fatto queste leggi fungevano da meccanismi per l’importa-zione di manodopera in modi riconducibili a certe leggi attuali sui flussi d’immigra-zione in varie parti del mondo. Come dice la moglie di Francescon, quei discendenti che vengono in Italia sono così delusi che «la prima cosa a cui pensano è andarsene», visto che li si fa sentire come degli immigrati venuti a rubare il lavoro agli italiani. Merica dunque svela la contraddizione di fondo della legge italiana sulla cittadinan-za che promuove come concetto naturale la cittadinanza secondo la prassi esistente basata sullo ius sanguinis mentre essa è, di fatto, fortemente regolamentata dall’ap-parato burocratico e spesso concessa a questi immigrati senza alcuna contestualizza-zione culturale. Il contrasto tra la situazione di Tiago de Oliveira (o di Francescon) e il fatto che l’accesso alla cittadinanza per gli immigrati non discendenti e i loro figli residenti (o addirittura nati) in Italia non è automatico lascia ampio spazio a una cri-tica dei paradossi creati dal sistema italiano in termini di appartenenza sociale e par-tecipazione civica. In altre parole, in Italia l’ex colonia emigrante è concepita come legittimo luogo d’origine per poter ‘estendere’ l’italianità in termini d’identità e di pratica emigrante post«coloniale», ma la reale esperienza postcoloniale degli immi-grati provenienti da ex colonie territoriali (dell’Italia o di altri Paesi) o senza legami di sangue con l’Italia è, al contrario, un motivo di esclusione istituzionale. Nel mostra-re le aberrazioni di questa «inclusione selettiva e differenziale» 28 i registi di Merica essenzialmente suggeriscono che tutto ciò che la legge produce è non solo un senso di disillusione tra i discendenti, ma anche di eccezionalismo che rischia di generare una depoliticizzazione da parte loro.

L’operaio e attivista Ernesto França Antunes Jr., immigrato brasiliano senza alcun legame diretto con l’Italia (cioè, un soggetto postcoloniale indiretto che si è trasferito in Veneto casualmente per motivi economici), illustra con efficacia questo rischio durante un’intervista inclusa in Merica – e lo fa in un italiano elegante che gli permette di «resistere al paradigma coloniale» 29. A suo parere, i discendenti italiani vivono nell’«ombra» dell’italianità, cioè nella falsa convinzione di avere «autentiche» radici venete, ma a causa dell’ambiente xenofobo che li circonda, alimentato da quel-la stessa Lega Nord che ironicamente esalta le radici regionali, rimangono chiara-mente «stranieri» (paradossalmente i discendenti italiani nel documentario non par-lano l’italiano con scioltezza o non lo parlano per niente). Come afferma Antunes,

28 Mezzadra 2008, p. 102.29 L’espressione originale per indicare quest’atto politico di resistenza è «talking back». Parati

2005, p. 58.

061_074_I_3.indd 69 03/02/14 16:39

70 Italia postcoloniale e transnazionale

quel che succede è che invece un immigrato non discendente «le radici le trova e si appassiona» facendosi coinvolgere attivamente nella società: invece di aspettarsi sola-mente che il governo provveda, ci si può costruire delle radici e appartenere a un luo-go impegnandosi attivamente a cambiarlo. La sua sottile visione delle contraddizioni del sistema coloniale, rafforzata dalla sua partecipazione a programmi di difesa dei diritti degli immigrati attraverso la chiesa protestante, dimostra che i percorsi indivi-duali di successo sono potenziali motori di cambiamento, ma che in una condizione di subalternità essi non possono condurre a una solida integrazione a meno che non siano sorretti da una lotta compatta per i diritti. In un Paese come l’Italia che anco-ra ampiamente considera la presenza delle prime e seconde generazioni d’immigra-ti come un fenomeno alieno rispetto a sé, la «questione dell’immigrazione» richiede una partecipazione collettiva che coinvolga tutti gli immigrati e la gente del posto in un cruciale «conflitto» sociale verso un pieno riconoscimento politico, come nota Sergio Zulian dell’Ufficio Immigrazione di Treviso in Merica.

L’uso originale del termine «postcoloniale» suggerito nel presente saggio indi-rizza pertanto verso un altro campo storico e concettuale. Nel procedere oltre il livello descrittivo (del post«coloniale» come condizione successiva alla colonia emi-grante), esso fornisce un nuovo paradigma critico per interpretare la cittadinanza, la formazione dell’identità nazionale e le forme di sfruttamento dell’economia neolibe-rale all’interno del fenomeno immigratorio tramite un approccio attento all’eredità dell’emigrazione come pure alla metamorfosi del discorso e delle pratiche coloniali nei centri dell’impero. Il pensiero postcoloniale italiano quale strumento di critica alle forze oppressive del mondo contemporaneo può quindi essere potenziato grazie alla memoria degli abusi connessi all’emigrazione unitamente all’attuale condizione neocoloniale di discriminazione (lavoro in nero, molestie sul posto di lavoro, ecc.) di cui fanno esperienza i discendenti italiani che vengono da un’ex colonia europea 30. La post«colonia» emigrante spostata in Italia crea un cortocircuito nella concettualiz-zazione del divario Nord-Sud e della separazione tra i cosiddetti Primo e Terzo mon-do in quanto incarna simultaneamente aspetti di queste varie categorie.

La condizione di spaesamento dei discendenti che scoprono di essere «stra-nieri» a «casa» disarticola la distinzione tra il dentro e il fuori e mette in evidenza a livello concettuale quelle nozioni di divisione e accavallamento che Merica come testo culturale sviluppa in maniera convincente anche sul piano formale, creando una sorta di poetica della post«colonia». L’abile tecnica di montaggio, che fa ricorso a interviste parallele in Italia e Brasile, agisce come ingegnoso dispositivo antiam-nesia che, riportando la storia nel presente e viceversa, dà rilievo alle similarità con-divise da soggetti migranti attraverso lo spazio e il tempo. La sottile architettura di echi, per cui il contenuto delle storie e persino le parole usate per raccontarle sono spesso ripetuti alla lettera o ripresentati in un diverso ambiente, rivela le sottili iro-nie e le palesi bugie dei resoconti sulla migrazione, come si vede dalla giustapposi-

30 È improbabile che una simile esperienza sia condivisa, ad esempio, da un discendente italiano che proviene dagli Stati Uniti.

061_074_I_3.indd 70 03/02/14 16:39

71La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione

zione delle interpretazioni che Gentilini e Falchetto danno dell’emigrazione italiana in Brasile. Analogamente, l’uso sistematico di spazi corrispondenti in Italia e Brasile (chiese per incontri spirituali e sociali; fiere a scopo d’intrattenimento e organiz-zazione politica; bar e negozi per il consumo di beni, musica e giochi del luogo di origine) dà spazio a sentimenti di nostalgia, desiderio di tutela del patrimonio cul-turale e passione e/o orgoglio politici che, a conti fatti, disegnano una mappa con-divisa dai due lati dell’Atlantico. Infine, l’uso non sincronico del suono (in partico-lare di segmenti di programmi radio su politica e beni di mercato), l’inclusione di un ampio ventaglio di lingue miste e inflessioni dialettali, oltre che la qualità pitto-rica delle riprese in cui si avvicendano scenari industriali, rurali e urbani, sono tutte tecniche innovative adottate per la realizzazione del documentario che mettono in risalto un linguaggio visivo e orale capace di riflettere, se non di esprimere, il sen-so di dislocazione raccontato nel film. L’impatto politico di questa estetica migra-toria, come la definirebbe Mieke Bal 31, è reso ancora più significativo dalla natura collaborativa del documentario in cui il contributo individuale dei tre registi non viene specificato. In aggiunta, i loro spostamenti personali, mai rivelati in Merica, conferiscono una qualità metamigratoria al progetto: lo studioso Ragazzi, nato in Cile e in possesso di cittadinanza italiana e francese, l’italiano Manzolini, con titoli universitari conseguiti in Portogallo e Brasile, e il critico cinematografico italiano Ferrone, coregista con Ragazzi di un cortometraggio pluripremiato sulle banlieues francesi, continuano a esplorare questioni sociopolitiche di rilevanza transnazionale con la loro società di produzione multimediale.

La poetica e la politica della post«colonia» che insieme hanno elaborato in Merica si coglie nella scena finale del documentario. Lì, Tiago, l’«italiano stranie-ro», siede solitario nella maestosa Arena di Verona, l’anfiteatro romano della città, nel cui vuoto risuonano le parole che recita mentalmente. Nonostante la decisio-ne di comunicare la sua insoddisfazione alla famiglia, è consapevole che il fratello Felippe continuerà a sognare il «ritorno» in Italia. La sovrapposizione delle parole di Tiago in portoghese e dei sottotitoli in italiano sulla sua figura, ridotta al silenzio dal senso di spaesamento che prova, racchiude la paradossale condizione di Tiago di presenza e assenza in Italia, un Paese simboleggiato dal possente monumento della Roma Imperiale. A dispetto dell’apparente staticità della scena, il copione suggeri-sce che l’attrazione verso l’emancipazione sociale offerta dalle rotte migratorie con-tinuerà a creare aperture vitali. Allo stesso modo l’immagine evoca il cambiamento. Non è una coincidenza che Merica chiuda, prima dei titoli di coda, con una ripresa dell’arena incorniciata da gru per le costruzioni e con una non-enunciazione indica-ta da alcuni puntini nella trascrizione («ma…»), rispettivamente figure di transizione e sospensione e come tali di simultanee possibilità e contraddizioni all’interno delle dinamiche migratorie.

Lo scenario postcoloniale/post«coloniale» in movimento tratteggiato con intelligenza da Merica inevitabilmente provoca lo sconvolgimento e la dislocazio-

31 Cfr. Bal 2007, p. 23.

061_074_I_3.indd 71 03/02/14 16:39

72 Italia postcoloniale e transnazionale

ne di facili supposizioni sull’appartenenza. Nonostante il valore politico di questa postcolonialità rimanga ad uno stato potenziale tra i personaggi post«coloniali» (i discendenti italiani) rappresentati 32, o forse grazie a questo, ciò che emerge con vigore sono gli «stimoli provocatori», per tornare all’intuizione di Young, di espan-dere un rinnovato impegno postcoloniale sia in direzione teorica che in termini di trasformazioni sociali all’interno del «laboratorio Italia» 33. Tracciando la genealogia delle nazioni costruite e decostruite all’estero e investigando il potere della memo-ria, si può immaginare un nuovo spazio aperto ad alleanze non intuitive all’interno di e tra comunità migranti lungo molteplici linee temporali. L’ethos anticoloniale potentemente evocato dagli studi che pongono l’enfasi su «colonialismo» piutto-sto che su «post» nel termine «postcolonialismo» 34 mantiene la sua forza dinami-ca e rivoluzionaria nella complessa lotta postcoloniale/post«coloniale» contro le diseguaglianze sociali che prospetto in questo saggio. Uno scambio attivo tra la post«colonia» emigrante e i soggetti postcoloniali diretti e indiretti come pure con le persone del posto e le seconde generazioni può realmente generare un concet-to più poroso di cittadinanza 35 e forme più flessibili di appartenenza all’interno dell’Italia, intorno ad essa nello spazio dell’Unione Europea, e a distanza nell’im-menso spazio diasporico creato dalla sua emigrazione.

(Traduzione di Eveljn Ferraro)

32 Il documentario non prende in esame un gruppo fortemente visibile all’interno della comunità immigrata brasiliana, cioè i transessuali che raggiungono l’Italia (e l’Europa) lungo le rotte post-coloniali del traffico sessuale internazionale senza avere legami familiari con l’Italia. I cortocir-cuiti concettuali creati dai loro rapporti con la popolazione locale sono ancora più complessi di quelli esaminati in Merica, poiché implicano questioni di razza, genere e sessualità in un sistema di desiderio esotico e trasgressione che erode il tessuto solo apparentemente coerente del Pri-mo Mondo. Per un’interessante esposizione del tema, cfr. il libro Princesa di Fernanda Farias de Albuquerque; per una breve analisi di Princesa, cfr. Bregola 2006.

33 Prendendo in prestito il neologismo di Hardt nel saggio dallo stesso titolo (Hardt 1996), pro-pongo implicitamente di espandere la portata della sua operazione sperimentale includendo la nozione di postcolonialità nelle varie sfaccettature fin qui illustrate.

34 Per un’analisi meticolosa del «post» in postcolonialismo che tiene conto degli studi prodotti in discipline diverse sia in italiano sia in inglese, cfr. Derobertis 2010.

35 Si veda il post nel blog di Ruberto sulle restrizioni imposte dalla legge, ma anche sulle possibilità che essa ha aperto per poter ripensare la cittadinanza (Ruberto 2008). Per un saggio sulle com-plesse formulazioni dell’identità postcoloniale tra i figli d’immigrati, sia nati in Italia, sia venuti in Italia da bambini, cfr. Andall 2010.

061_074_I_3.indd 72 03/02/14 16:39

73La post‘colonia’ degli emigranti nell’Italia dell’immigrazione

BIBLIOGRAFIA

Albuquerque – Iannelli 1997Fernanda Farias de Albuquerque – Maurizio Iannelli, Princesa. Dal Nordest a Rebibbia: Storia di una vita ai

margini, Marco Tropea Editore, Milano, 1997.

Andall 2010Jacqueline Andall, The G2 Network and Other Second-Generation Voices: Claiming Rights and Transforming

Identities, in National Belongings: Hybridity in Italian Colonial and Postcolonial Cultures, a cura di Jac-queline Andall e Derek Duncan, Peter Lang, Oxford-Bern, 2010, pp. 171-193.

Bal 2007Mieke Bal, Lost in Space, Lost in the Library, in Essays in Migratory Aesthetics: Cultural Practices between

Migration and Art-Making, a cura di Sam Durrant e Catherine M. Lord, Rodopi, New York, 2007, pp. 23-36.

Bregola 2006Davide Bregola, America Latina in Italia, in Nuovo planetario italiano, a cura di Armando Gnisci, Città aper-

ta, Troina (Enna), 2006, pp. 353-382.Burns 2010Jennifer Burns, Language and Its Alternatives in Italophone Migrant Writing, in National Belongings: Hybridity

in Italian Colonial and Postcolonial Cultures, a cura di Jacqueline Andall e Derek Duncan, Peter Lang, Oxford-Bern, 2010, pp. 127-145.

Choate 2008Mark Choate, Emigrant Nation: The Making of Italy Abroad, Harvard University Press, Cambridge (MA),

2008. «Colonia», lemma 2, def. 1, Il Dizionario della lingua italiana, Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Le Mon-

nier, Firenze, 1995. Del Pra’ – Tirabassi 2007Alvise Del Pra’– Maddalena Tirabassi, L’America latina: motivazioni per il riacquisto della cittadinanza, in Rap-

porto italiani nel mondo, Fondazione Migrantes, Edizioni Idos, Roma, 2007, pp. 357-369. Derobertis 2010Roberto Derobertis, Fuori centro. Studi postcoloniali e letteratura italiana, in Fuori centro. Percorsi postcoloniali

nella letteratura italiana, a cura di Roberto Derobertis, Aracne, Roma, 2010, pp. 7-31. Dossier Statistico Immigrazione 2012 Caritas-Migrantes, Edizioni Idos, Roma, 2012.Franzina 1995Emilio Franzina, Gli italiani al Nuovo Mondo. L’emigrazione italiana in America 1492-1942, Mondadori,

Milano, 1995. Fuller 2007Mia Fuller, Moderns Abroad: Italian Colonial Architecture and Urbanism, Routledge, New York, 2007.Gabaccia 2000Donna R. Gabaccia, Italy’s Many Diasporas, University of Washington Press, Seattle, 2000. Gaspari 2001Oscar Gaspari, Bonifiche, migrazioni interne, colonizzazioni (1920-1940), in Storia dell’emigrazione italia-

ni. Partenze, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi e Emilio Franzina, Donzelli, Roma, 2001, pp. 323-341.

Hardt 1996Michael Hardt, Introduction: Laboratory Italy, in Radical Thought in Italy: A Potential Politics, a cura di Paolo

Virno e Michael Hardt, University of Minnesota Press, Minneapolis, 1996, pp. 1-10. Imigrantes Italianos, http://www.imigrantesitalianos.com.br, ultima consultazione 27 settembre 2013.Labanca 2002Nicola Labanca, Nelle colonie, in Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina

De Clementi e Emilio Franzina, Donzelli, Roma, 2002, pp. 193-204. «Legge regionale 9, gennaio 2003 n. 2» in Veneti nel mondo, http://www.regione.veneto.it/Servizi+alla+Persona/

Veneti+nel+Mondo, ultima consultazione 27 settembre 2013.

061_074_I_3.indd 73 03/02/14 16:39

74 Italia postcoloniale e transnazionale

Lombardi-Diop 2008Cristina Lombardi-Diop, Italophone Literature, in A Historical Companion to Postcolonial Literatures-Conti-

nental Europe and its Empires, a cura di Lars Jensen, Prem Poddar e Rajeev Patke, Edinburgh Univer-sity Press, Edimburgh, 2008, pp. 293-296.

Marasca 2013Valmor Marasca, Ricordarsi dei nostri bisnonni, in Italia sempre-Musica italiana, http://italiasempre.com/veri-

ta/ricordare1.php, ultima consultazione 27 settembre 2013.Merica, regia di Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi, Mithril Production, 2007, sito

ufficiale: http://www.mericadoc.org, ultima consultazione 27 settembre 2013.Merica Merica, in Italia sempre-Musica italiana, http://italiasempre.com/verita/merica-merica1.php, ultima

consultazione 27 settembre 2013. Mezzadra 2008Sandro Mezzadra, La condizione postcoloniale. Storia e politica del presente globale, ombre corte, Verona, 2008. Parati 2005Graziella Parati, Migration Italy: The Art of Talking Back in a Destination Culture, University of Toronto

Press, Toronto, 2005. Pinchiorri 2013Simone Pinchiorri, Intervista ai registi del documentario Merica, http://www.cinemaitaliano.info/news/01345/

intervista-ai-registi-del-documentario-merica.html, ultima consultazione 27 settembre 2013.Ponzanesi 2004Sandra Ponzanesi, Paradoxes of Postcolonial Culture: Contemporary Women Writers of the Indian and Afro-Ita-

lian Diaspora, SUNY Press, Albany, 2004. Projeto Imigrantes, http://www.projetoimigrantes.com.br, ultima consultazione 27 settembre 2013.Rossi 1902Adolfo Rossi, Condizioni dei coloni italiani nello Stato di S. Paolo del Brasile, in «Bollettino dell’emigrazione»,

7 (1902), pp. 3-88. Ruberto 2008Laura Ruberto, Why I Won’t Vote, in «i-Italy», 31 marzo 2008, http://www.i-italy.org/bloggers/1546/why-i-

won-t-vote, ultima consultazione 27 settembre 2013.Tintori 2009Guido Tintori, Fardelli d’Italia. Conseguenze nazionali e transnazionali delle politiche di cittadinanza italiane,

Carocci, Roma, 2009. Trento 2002Angelo Trento, In Brasile, in Storia dell’emigrazione italiani. Arrivi, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De

Clementi e Emilio Franzina, Donzelli, Roma, 2002, pp. 2-23. Viscusi 2010Robert Viscusi, The History of Italian American Studies, in Teaching Italian American Literature, Film, and

Popular Culture, a cura di Edvige Giunta e Kathleen McCormick, Modern Language Association of America, New York, 2010, pp. 43-58.

061_074_I_3.indd 74 03/02/14 16:39