Le strutture di servizio del cursus publicus in Italia: ricerche topografiche ed evidenze...

241

Transcript of Le strutture di servizio del cursus publicus in Italia: ricerche topografiche ed evidenze...

Cristina Corsi

“Le strutture di servizio del cursus publicus in Italia:

ricerche topografiche ed evidenze archeologiche”

i

SOMMARIO

RINGRAZIAMENTI iii

RIASSUNTI iv

PRESENTAZIONE 1

CAPITOLO I

STORIA DEGLI STUDI 4

CAPITOLO II

VIE DI COMUNICAZIONE E MEZZI DI TRASPORTO IN EPOCA ROMANA

II.1 Il Cursus Publicus 6

II.2 Viae Publicae e Viae Militares: Uomini, armi e merci lungo le vie dell’impero 11

II.3 Vie d’acqua e vie di terra: Produzione, trasporto e distribuzione delle merci 14

II.4 Aspetti sociali delle stazioni nella letteratura antica 15

CAPITOLO III

LE FONTI 20

III.1 Le Fonti Letterarie 22

III.2 Le Fonti Giuridiche 44

III.3 Le Fonti Epigrafiche 53

III.4 Le Fonti Itinerarie 60

III.5 La Tabula Peutingeriana 63

III.6 La Toponomastica 65

III.7 Le Fonti Iconografiche 66

III.8 Conclusioni 70

CAPITOLO IV

CONFRONTI: STAZIONI INDAGATE NELLE PROVINCE 78

CAPITOLO V

RASSEGNA TOPOGRAFICA 83

CAPITOLO VI

RASSEGNA ARCHEOLOGICA 113

CAPITOLO VII

CONCLUSIONI: STAZIONI ITINERARIE E LUOGHI DI SOSTA ENTRO I CONFINI

DELL’ITALIA AUGUSTEA 169

BIBLIOGRAFIA ED ABBREVIAZIONI 193

SOMMARIO ANALITICO 223

INDICE DELLE FONTI CLASSICHE 227

ELENCO DELLE TAVOLE E DELLE FIGURE 230

TAVOLE E FIGURE 234

ii

Ringraziamenti

Questo lavoro riproduce quasi integralmente la mia tesi di Dottorato in Archeologia (Topografia), discussa nell’aprile del

2000 presso l’Università degli Studi di Bologna. Sono profondamente debitrice a Giovanni Uggeri, che in questa

esperienza del dottorato è stato il mio Tutore, della mia intera formazione di “esperta di viabilità romana”: questo lavoro

intende anche inserirsi nelle linee di ricerca che nella sua lunghissima esperienza ha tracciato; un sincero ringraziamento

va a Stella Patitucci per i consigli e l’interessamento al mio lavoro ed alla mia formazione professionale che sempre mi ha

riservato. Ringrazio tutti i membri della commissione di dottorato dell’Università di Bologna, dai quali sono venuti

suggerimenti e consigli: Pier Luigi Dall’Aglio, Giovanni Maria De Rossi, Piero Alfredo Gianfrotta, Cairoli Fulvio

Giuliani, Lorenzo Quilici, Guido Rosada, Daniela Scagliarini e Paolo Sommella. Profondo affetto è per i colleghi che

hanno diviso con me l’esperienza del dottorato, e con i quali si è instaurato un rapporto bellissimo e molto formativo:

come amici e come indispensabili “consulenti” ricordo Giovanna Cera, Riccardo Chellini, e soprattutto Marco Destro,

Luisa Marchi e Maria Milvia Morciano, ai quali tutti va la più profonda stima. Ai più cari tra i colleghi, Federica Montorsi

e David Nonnis, non posso che esprimere la mia sincera gratitudine per aver tanto pazientemente rivisto il mio testo e per

tutti gli indispensabili suggerimenti che mi hanno dato.

Sono debitrice di suggerimenti anche a Manlio Lilli, Sabrina Pietrobono, Pierfrancesco Porena e Massimiliano Valenti,

che mi onorano della loro amicizia.

Alcune delle elaborazioni grafiche sono di Giovanni Contadini, e per la parte informatica sono stata consigliata da

Gianmarco Angelini.

Questa ricerca è stata condotta quasi interamente nelle biblioteche dell’Istituto Archeologico Germanico e della Scuola

Britannica di Roma: ai direttori ed al personale di questi istituti va la mia più profonda riconoscenza per aver messo a

disposizione della comunità scientifica e, soprattutto di noi romani, un incommensurabile patrimonio librario altrimenti,

inaccessibile. Gratitudine va, in particolare, a John ed Erica Hedges che, come redattori di questa serie, hanno accettato

con entusiasmo e calore la proposta di pubblicare la mia ricerca: vedere accolto il mio lavoro tra i volumi dei British

Archeological Reports è per me un onore incommensurabile, e spero di essere all’altezza del prestigio che l’impegno di

tanti studiosi ha costruito in lunghi anni.

La dedica è alla mia famiglia tutta, ma soprattutto ai miei genitori, che non solo mi hanno sempre sostenuto, ma che tanto

mi hanno - anche materialmente - aiutato a portare a termine questa ricerca, ed il pensiero va a chi tanto mi ha

incoraggiato, ma di questa fatica non ha potuto vedere la fine.

iii

SOMMARI

Le strutture di servizio del cursus publicus in

Italia:

Ricerche topografiche ed evidenze

archeologiche.

Questa ricerca mira ad enucleare la consistenza delle

stazioni itinerarie distribuite lungo la viabilità romana

entro i confini dell’Italia Augustea, in base all’evidenza

offerta dagli studi topografici e dal dato archeologico.

Dopo la storia degli studi sull’argomento, che inquadrasse i

lavori – poco numerosi – che fino ad oggi hanno inteso

affrontare una raccolta di dati sulle stazioni stradali

(Capitolo I), si è cercato di presentare una ricostruzione

sintetica dell’organizzazione del cursus publicus nel suo

sviluppo storico, ma anche di mettere a fuoco tutte le altre

attività di trasferimento di merci ed individui che per il

loro svolgersi hanno richiesto l’impianto di strutture

materiali posizionate lungo le strade: tale premessa mira a

quantificare e qualificare il traffico che ha interessato le

stazioni stradali, che le fonti ci dimostrano essere state

frequentate anche dai privati cittadini, ed aver funzionato

da collettori e punti di distribuzione delle merci. Si è

cercato di capire, in particolare, quale fosse il vero

rapporto tra imprenditoria privata e gestione statale

nell’ambito delle stazioni stradali (Capitolo II).

Il capitolo III analizza le fonti antiche (divise in 1.

Letterarie, 2. Giuridiche, 3. Epigrafiche, 4. Itinerarie, 5.

Tabula Peutingeriana, 6. Toponomastiche, 7.

Iconografiche) che contengono un vocabolo che indica il

luogo di una sosta effettuata nel corso di un trasferimento,

nel tentativo di ricostruire il lessico tecnico utilizzato dagli

antichi nel suo evolversi nel tempo, e di enucleare le

informazioni che le fonti ci tramandano circa le scelte

insediative e le dotazioni infrastrutturali che le

caratterizzavano. Attraverso queste fonti si recuperano dei

dati rilevanti anche sull’organizzazione interna e sulla

qualificazione funzionale di alcuni spazi, che resterebbero

inafferrabili da un punto di vista archeologico. Si misura

anche quanto le presenza di queste stazioni e dei luoghi di

sosta in generale fosse rilevante nell’organizzazione

territoriale e per questo rappresentasse un caposaldo delle

esigenze amministrative di un comprensorio. Tale raccolta

dimostra che in antico non vi furono vocaboli riservati al

solo cursus, e che la strutturazione del lessico rimase

fluida, in parallelo con quella materiale, fino al IV secolo

d.C.

Il IV capitolo è dedicato alle fonti archeologiche fuori

dell’Italia Augustea: questi termini di confronto appaiono

particolarmente "illuminanti", in quanto nelle province

molte stazioni sono sorte ex novo in località non ancora

urbanizzate e sono state fatte oggetto di scavi archeologici

estensivi. Per la mancanza di condizionamenti precedenti e

per la chiara articolazione distributiva emersa dagli scavi,

questi siti possono darci veramente un’idea concreta di

come fosse strutturata una stazione stradale nel mondo

romano provinciale.

Nella seconda parte si intraprende una preliminare raccolta

di documentazione sulle stazioni stradali per le quali

sussiste qualche elemento indiziario utile

all’inquadramento delle loro caratteristiche (Capitolo V:

Rassegna Topografica). La schedatura mira a raccogliere

ogni dato utile per diagnosticare le scelte insediative che

furono operate nell’impianto di una stazione, circa il

rapporto tra la stazione ed il territorio circostante, anche

nelle preesistenze, l’integrazione con altre vie di

comunicazione – terrestri, fluviali o marittime -, la

cronologia di alcune occupazioni, lo stanziamento di aree

sepolcrali e luoghi di culto pagani o cristiani ed il

fenomeno della continuità nell’occupazione o nella

funzione. Nel VI capitolo (Rassegna Archeologica), si è

intrapresa la prima schedatura delle emergenze

archeologiche italiane, qualificate o qualificabili come

stazioni stradali, secondo uno schema che mira a rendere

più facilmente comparabili dati di qualità molto diversa.

Qui sono stati presi in considerazione anche alcuni

insediamenti che non sono definibili come "stazioni

itinerarie", perché non risultano menzionati in alcuna fonte

itineraria antica, ma che la contiguità topografica con il

tracciato della strada romana e, spesso, l’integrazione con

esso, l’articolazione planimetrica, e le dotazioni

infrastrutturali qualificano come luogo di sosta legato alla

viabilità: tali complessi archeologici concorrono, quindi,

alla diagnosi delle caratteristiche che una stazione stradale

doveva avere, e consentono di calcolare quanto la cadenza

dei luoghi di sosta fosse integrata con le esigenze del

trasferimento di notizie, individui e merci, a piccola e

grandissima scala, nel campo pubblico come nel privato.

Nelle conclusioni (Capitolo VII) emerge per l’Italia una

situazione assai meno lineare che per le province, anche se

sono documentate alcune costanti nelle scelte topografiche

dei luoghi di sosta, che debbono possedere alcuni requisiti

indispensabili. Quando il dettaglio delle edizioni lo ha

consentito, si è chiarito il rapporto intercorso tra le stazioni

vere e proprie e gli elementi del paesaggio che ne hanno

preceduto e catalizzato lo stanziamento o gli agglomerati

che, viceversa, ne sono stati attratti all’intorno. Si è

verificato che spesso gli stabili si distribuiscono da

entrambi i lati della strada, e si qualificano come strutture

deputate a diverse funzioni (ricezione, ristorazione,

magazzini, impianti termali, esercizi commerciali, botteghe

di artigiani, stalle e aree scoperte). Le aree scoperte,

rappresentano il punto centrale intorno al quale si

dispongono le volumetrie, accogliendo i punti di

rifornimento idrico, ed essendo variamente raccordate al

tracciato stradale (accessi basolati, ingressi carrozzabili,

deverticoli che consentono di raggiungere gli edifici posti

in posizione più arretrata o piazzole che facilitano le

manovre). In molti casi, si è potuto documentare l’impegno

tecnico che ha presieduto alla realizzazione delle

iv

infrastrutture, soprattutto per quanto riguarda le opere di

captazione, approvvigionamento, distribuzione e

smaltimento delle risorse idriche, ed, in particolare, la

costruzione degli impianti termali, che in quasi ogni

complesso corredano la stazione. Nelle tecniche costruttive

si rileva nella maggior parte dei casi una integrazione con

le tecniche locali, e quindi una forte incidenza dei

condizionamenti ambientali, climatici e culturali, che

complicano la diagnosi delle linee progettuali che

presiedettero agli impianti e della eventuale pianificazione

ad opera del potere centrale. Emerge dai manufatti

superstiti un’apparenza contraddittoria di austerità o di

ostentata ricchezza, che per il momento non è chiaramente

spiegabile, ma che è pienamente in linea con quella

mancanza di appiattimento, che caratterizza le soluzioni

metropolitane rispetto a quelle provinciali. A livello

cronologico, si è potuto verificare che, per quanto la

percentuale di impianti assegnabili all’età augustea o ai

decenni iniziali del I secolo d.C. sia piuttosto consistente,

le costruzioni, gli adeguamenti e le ristrutturazioni sono

maggiormente relazionabili ad eventi occasionali

(inondazioni, incendi, crisi economica, ecc.), e raramente

alle attività di restauro e trasformazione dei tracciati viari,

nelle loro singole realtà territoriali, piuttosto che alle fasi di

modificazione dell’amministrazione della vehiculatio.

Questa diversità di soluzioni o imprevedibilità di iniziative

che è stata riscontrata nell’area vicina al centro del potere,

rispetto alla monotonia delle soluzioni più periferiche, è il

risultato storicamente più significativo di questa ricerca.

Las estructuras de servicio del cursus publicus

en Italia:

Estudio topográfico e indicios arqueológicos. Este trabajo tiene como objetivo el análisis de las

estaciones itinerarias distribuidas a lo largo de la red viaria

romana dentro de los límites de la Italia Augustal, en

función de los datos proporcionados por los estudios

topográficos y la arqueología. Tras una historia de la

investigación en torno al argumento, que comprende los

trabajos – poco numerosos – que se han ocupado hasta la

fecha de recoger los datos provenientes de las estaciones

viarias (capítulo I), se ha querido presentar una

reconstrucción sintética de la organización del cursus

publicus en su devenir histórico, sin olvidar las restantes

actividades de transporte de mercancías o individuos que

por su propio desarrollo requerían la instalación de

estructuras materiales situadas a lo largo de las vías. Tal

premisa pretende cuantificar y cualificar el tráfico de las

estaciones viarias, las cuales – según nos muestran las

fuentes – fueron transitadas también por ciudadanos

particulares, funcionando además como puntos de

distribución de las mercancías. Se ha intentado

comprender, en especial, cuál era la verdadera relación

entre iniciativa privada y gestión estatal en el ámbito de las

estaciones viarias (capítulo II).

El capítulo III analiza aquellas fuentes antiguas (divididas

en 1. Literarias; 2. Jurídicas; 3. Epigráficas; 4. Itinerarias;

5. La tabula Peuntingeriana; 6. Toponomásticas; 7.

Iconográficas) que contienen algún vocablo que señala el

lugar de parada efectuada durante un traslado, en el intento

de reconstruir el léxico técnico empleado por los antiguos a

lo largo del tiempo y de extraer las informaciones que nos

transmiten las fuentes acerca de las soluciones de

asentamiento y la dotación infraestructural que las

caracterizaba. Mediante estas fuentes se recuperan también

algunos datos relevantes relativos a la organización interna

y a la cualificación funcional de ciertos espacios, que

resultarían inabordables desde un punto de vista

arqueológico. Se considera además en qué medida la

presencia de tales estaciones y de los lugares de parada en

general era importante en la organización territorial,

constituyendo un punto fundamental de las exigencias

administrativas de una determinada área geográfica. Tal

colección de fuentes demuestra que en la Antigüedad no

existían términos reservados exclusivamente al cursus, y

que la estructuración del léxico – paralelamente a la

estructuración material – permaneció fluida hasta el siglo

IV d.C.

El capítulo IV está dedicado a las fuentes arqueológicas

recabadas fuera del ámbito de la Italia Augustal. Tales

términos de analogía resultan particularmente

esclarecedores, ya que muchas de las estaciones

provinciales surgieron ex novo en localidades todavía no

urbanizadas y han sido objeto de excavaciones

arqueológicas extensivas. Debido a la falta de

condicionamientos precedentes y a la clara articulación

distributiva reflejada por la arqueología, estos yacimientos

pueden proporcionarnos una idea concreta de cómo se

estructuraba una estación viaria en el mundo romano

provincial.

En la segunda parte se realiza una recopilación preliminar

de la documentación de aquellas estaciones viarias de las

cuales subsiste algún elemento útil para la ilustración de

sus características (capítulo V: Análisis topográfico). La

elaboración de las fichas tiene el objetivo de recuperar

cualquier dato válido para dilucidar las soluciones de

asentamiento elegidas a la hora de construir una estación,

la relación entre ésta y el territorio circundante – incluidas

las preexistencias –, la integración con otras vías de

comunicación (terrestres, fluviales o marítimas), la

cronología de algunas ocupaciones, el asentamiento de

áreas sepulcrales y lugares de culto paganos o cristianos y

el fenómeno de la continuidad de ocupación o de función.

En el capítulo VI (Análisis arqueológico) se ha realizado el

primer registro de los restos arqueológicos italianos

cualificados o cualificables como estaciones viarias, según

un esquema que pretende hacer más sencilla la

comparación de datos de muy diversa entidad. Se han

considerado aquí algunos asentamientos que no pueden

definirse como “estaciones itinerarias” – porque no son

mencionados en ninguna fuente itineraria antigua –, pero

que la contigüidad topográfica con el trazado de la vía

romana (y su frecuente integración con el mismo), la

articulación planimétrica y la dotación infraestructural

cualifican como lugar de parada ligado a la vialidad; tales

complejos arqueológicos, por lo tanto, participan de

aquellas características que una estación viaria debía

presentar, y permiten calcular en qué medida la cadencia

v

de los lugares de parada respetaba las exigencias de

traslado de noticias, individuos y mercancías a pequeña y

gran escala, tanto en el campo público como en el privado.

En las conclusiones (capítulo VII) se presenta para Italia

una situación bastante menos lineal que para las

provincias, si bien se documentan ciertas constantes en la

elección topográfica de los lugares de parada, que deben

cumplir algunos requisitos imprescindibles. Cuando lo ha

consentido el detalle de las ediciones, se ha intentado

dilucidar la relación entre los propias estaciones y los

elementos del paisaje que las han precedido y han

catalizado el asentamiento, o con las aglomeraciones que –

viceversa – han crecido en torno a ellas. Se ha podido

verificar que los edificios se distribuyen a menudo a ambos

lados de la vía, siendo destinados a funciones diversas

(recepción, restauración, depósitos, complejos termales,

establecimientos comerciales, talleres artesanales, establos

y áreas al aire libre). Las áreas abiertas constituyen el foco

central en torno al cual se dispone el entramado

constructivo, acogiendo los puntos de abastecimiento

hídrico y articulándose en manera varia con el trazado

viario (accesos empedrados, ingresos transitables, pasajes

que permiten alcanzar los edificios situados en posición

más apartada o explanadas que facilitan las maniobras). En

numerosos casos se ha podido documentar el despliegue

técnico inherente a la realización de las infraestructuras,

sobre todo por lo que se refiere a las obras de captación,

aprovisionamiento, distribución y drenaje de los recursos

hídricos, y en particular a la construcción de los complejos

termales que forman parte casi siempre de las estaciones

viarias. En cuanto a la técnica constructiva, se ha

constatado en la mayor parte de los casos una adecuación a

las técnicas locales, y por lo tanto una fuerte incidencia de

los condicionamientos ambientales, climáticos y culturales

que complica el análisis de las líneas proyectivas que

rigieron la construcción o de una eventual planificación

por parte del poder central. Se desprende de las

construcciones remanentes una apariencia contradictoria de

austeridad o de manifiesta riqueza, que por el momento no

encuentra una clara explicación pero que se sitúa

plenamente en línea con la diversidad que caracteriza las

soluciones metropolitanas con respecto a las provinciales.

A nivel cronológico se ha podido verificar que – aun

cuando el porcentaje de complejos datables en edad

augustal o en los primeros decenios del siglo I d.C. resulta

bastante elevado – las construcciones, los ajustes y las

reestructuraciones se deben poner en relación en la

mayoría de los casos con sucesos ocasionales

(inundaciones, incendios, crisis económicas...) – y en

menor medida con actividades de restauración y

transformación de los trazados viarios, en sus respectivas

modalidades territoriales –, y no tanto con las fases de

modificación de la administración de la vehiculatio.

Esta densidad de soluciones y el carácter imprevisible de

las iniciativas documentado en el área más próxima al

centro del poder, respecto a la monotonía de las soluciones

periféricas, constituye el resultado históricamente más

significativo de este trabajo de investigación.

1

PRESENTAZIONE

“Il fare una lista completa delle moltissime e spesso

contraddittorie opinioni espresse dagli studiosi sul

significato e sull’utilizzazione della terminologia che ha a

che fare con le strutture del cursus publicus, ci sembra

potrebbe già in sé per sé formare oggetto di una ricerca a

parte” (LEVI 1967). In queste parole è già sottolineata una

lacuna nella ricerca topografica, non ancora colmata a

distanza di trent’anni. Come vedremo, infatti, l’attenzione

degli studiosi è stata attratta, fino a tempi recenti, dalla

ricostruzione topografica della viabilità e

dall’identificazione delle stazioni itinerarie, spesso

incentrata sul mero studio toponomastico o sul calcolo

delle miglia; solo di recente si è estesa al suolo italico la

ricerca archeologica sulle strutture di servizio alla viabilità

e si è tentata una raccolta sistematica di dati (Capitolo I:

Storia degli Studi).

Questo lavoro contiene una proposta per una definizione

della realtà “stazione stradale”, che può dirsi solo

preliminare per un tentativo di sintesi.

Poche istituzioni amministrative romane vengono citate

più frequentemente del cursus publicus, ma di rado, nelle

trattazioni archeologiche, si affrontano alcuni aspetti

specifici di questa organizzazione, o più spesso ne vengono

sottovalutate le radicali trasformazioni che l’hanno

interessata: per questo, ho premesso – senza alcuna

presunzione di approfondimento o completezza - un

paragrafo in cui ho cercato di schematizzare le fasi di

istituzione e profonda riorganizzazione del servizio, per

verificare eventuali coincidenze cronologiche con gli

impianti delle strutture archeologiche e della loro

ristrutturazione, ma, soprattutto, di trasferire sul piano

archeologico le più recenti acquisizioni della storiografia

(che molto, in questo campo, è debitrice ad Eck),

affrontando solo le questioni che qui direttamente

interessano, soprattutto per quanto concerne le forme di

gestione1. Oltre alle infrastrutture di servizio alla viabilità

volute, progettate e manotenute ad opera del potere

centrale, sorsero, per iniziativa privata, molte altre strutture

ricettive, di servizio al traffico privato. Per approfondire

questo tema, mi sono potuta avvantaggiare di diversi

contributi bibliografici che hanno inteso indagare le

modalità del “viaggio” e dei trasporti nel mondo antico, ma

mancava, paradossalmente, a tutt’oggi, un inquadramento

sintetico, ma completo, delle questioni pertinenti i traffici,

gli spostamenti e i servizi di comunicazione nel mondo

romano, essendo troppo datate le trattazioni complessive

sul cursus e troppo frammentarie o letterarie quelle sui

viaggi nell’antichità e nel mondo cristiano. Ho cercato di

estrapolare, da questa vastissima messe di dati, le

informazioni circa le attività che si sono svolte lungo le

strade romane, e che per il loro espletamento hanno

richiesto l’impianto di strutture materiali, inquadrabili nel

vasto gruppo dei “luoghi di sosta”. Tra queste attività si

annoverano, infatti, oltre al cursus publicus, diversi servizi

governativi, quali l’annona civile e militare, con l’insieme

di sistemi di trasporto e stoccaggio, la sorveglianza militare

e di pubblica sicurezza, e le postazioni doganali. Ho

cercato, inoltre, di quantificare e qualificare il traffico di

privati cittadini che per motivi svariati si spostavano lungo

le vie dell’impero (Capitolo II: Vie di Comunicazione e

Mezzi di Trasporto in età Romana). In questo contesto, si è

affrontata anche la trattazione di alcune fonti antiche che,

pur relative a tutte queste attività che si svolgevano lungo

la viabilità, non ne descrivono le strutture materiali.

Molte risorse sono state investite nella raccolta delle fonti,

intrapresa con l’intento di chiarire se realmente il mondo

romano non abbia impiegato la terminologia tecnica per le

stazioni stradali in modo differenziato, o se non siano

intercorse nel tempo delle variazioni nel suo impiego. È

stato compilato un corpus delle fonti che menzionano

espressamente il nome generico del luogo di sosta, divise

in fonti letterarie, giuridiche, epigrafiche, itinerarie,

toponomastiche ed iconografiche, distinguendone la

cronologia come precedentemente indicato: ad ogni gruppo

di fonti è stato apposto un paragrafo di osservazioni: alla

fine del capitolo è stato possibile portare a termine delle

conclusioni, che valutano la diffusione cronologica e la

varietà delle sfumature semantiche dei vocaboli impiegati.

La raccolta si è dimostrata più complessa di quanto atteso

(sono state riportate quasi 200 testimonianze): la quantità

di fonti che contemplano vocaboli pertinenti alle stazioni

sono innumerevoli, ma molti di questi brani, anche

autorevolmente citati, sono in realtà da espungersi, in

quanto riferibili ad accezioni terminologiche diverse2.

Ancora più complessa è l’individuazione dei riferimenti

sicuramente inquadrabili nell’ambito del servizio di posta:

in età imperiale, infatti, come già anticipato, la connessione

e l’interrelazione tra vari settori dell’amministrazione

statale, ed in particolare tra quelli che avevano a che fare

con la produzione, lo stoccaggio, il trasporto, la

distribuzione, il commercio, la fiscalizzazione ed il

consumo dei beni, anche per quanto riguardava l’annona

militare, furono inestricabili, al punto tale che spesso

alcune di queste attività amministrative si svolgevano nelle

stesse sedi, che in qualche caso sono appunto individuabili

nelle stazioni postali. Quasi impossibile, quindi, diviene il

distinguere, principalmente nelle fonti epigrafiche, se la

qualifica di statio si riferisca ad un ufficio postale, fiscale,

agrario od annonario, o raduni alcune - o tutte - tra queste

funzioni. Tale assenza di chiarezza si è ripercossa in

qualche caso anche nella bibliografia, che ha presentato

nell’insieme queste fonti o ne ha trascurato una gran parte,

escludendo a priori la possibilità che vi fosse interrelazione

tra i vari tipi di stazioni.

L’inquadramento sinottico, che ha previsto una discussione

di ogni fonte riportata, soprattutto quando è stato possibile

2

offrirne una interpretazione diversa da quella abituale, ha

consentito di acquisire molte informazioni circa le

caratteristiche dei luoghi di sosta e del loro evolversi nel

tempo (Capitolo III: Le fonti).

Fino ad oggi è stata applicata un’automatica equazione tra

località menzionate nelle fonti itinerarie e nella Tabula

Peutingeriana e le “stazioni del cursus publicus”,

equazione che, allo stato attuale della mia ricerca, non

ritengo fondata. Intendo dire, che non si è ancora raggiunto

accordo tra gli studiosi sulla natura di questi documenti e

che, pertanto, non è affermabile con certezza che ad

ognuna delle tappe ivi menzionate corrisponda una

“stazione del cursus”, anzi, con l’esclusione dell’Itinerario

Gerosolimitano che rappresenta una rendicontazione

effettiva di un viaggio “per tappe”, non è certo neanche che

i toponimi sottintendano una stazione stradale, quanto

piuttosto una generica località. Per questo, non volendo

escludere né l’una né l’altra possibilità, ho adottato il

termine di “stazioni itinerarie” per le stazioni di sosta

menzionate nelle fonti e di “luoghi di sosta” per tutte le

altre che restano anonime.

L’intento principale, quindi, di questo lavoro è stato quello

di avviare una raccolta di dati su ciò che è stato interpretato

come esito di una stazione stradale entro i confini

dell’Italia Augustea, raccogliendo la maggior quantità

possibile di dati pubblicati su questi insediamenti, al fine di

isolare caratteristiche archeologico-topografiche che si

ripetono, anche se la documentazione qui raccolta non ha

alcuna pretesa di completezza. Ripercorrendo idealmente

quasi tutte le strade romane d’Italia, ho steso una guida che

– regione per regione – segnala le tappe sulle quali mi sono

soffermata, esaminando alcuni dei complessi monumentali

che si sono attestati sulla viabilità sui quali è stato possibile

condurre almeno una notazione (che non fosse la sola

proposta di identificazione) sulla scelta insediativa che ha

presenziato a quello stanziamento (la presenza di un corso

d’acqua, di un incrocio, di un luogo di culto, di un valico,

di una sorgente termale, ecc.), o sulla cronologia della sua

frequentazione fondata sui materiali di superficie, o sulla

sua organizzazione topografica (caratteristiche orografiche

del sito, fonti di approvvigionamento idrico, risorse

disponibili, attività economiche della zona, presenza o

meno di aree di sepolture, ecc.), su qualche rinvenimento

indicativo dello status giuridico o delle dotazioni

infrastrutturali dell’insediamento (fondato, ad esempio, sui

rinvenimenti epigrafici o su materiali che riportano a culti

o produzioni particolari), o sulla attestazione della sua

continuità d’uso come luogo di sosta (Capitolo VI:

Rassegna Topografica)3. Nel contesto di questa rassegna,

ho segnalato anche alcune strutture di servizio alla

viabilità, o meglio ai viaggiatori ed ai loro animali, che non

si possono ritenere stazioni, ma solo luoghi di sosta,

piazzole attrezzate per il ristoro e per il rifornimento

dell’acqua, che costituiscono una categoria a parte.

Ai complessi monumentali riconosciuti come stazioni

itinerarie, per i quali sussistono sufficienti dati

archeologici, anche se di dubbia o controversa

identificazione, ma anche ad alcuni di quegli insediamenti,

che presentano caratteristiche topografiche e planimetriche

simili alle stazioni, che non sembrano, però, inquadrabili

tra quelle ufficialmente riconosciute e che debbono essere,

quindi, identificate con strutture di servizio al traffico

privato4, sono state dedicate delle schede vere e proprie

che, frazionando le informazioni in diverse voci,

consentono un più immediato confronto tra i vari

insediamenti (Capitolo VII: Rassegna Archeologica).

Particolare attenzione, oltreché all’assetto topografico, alle

dotazioni infrastrutturali ed alle cronologie, è stata

riservata alle caratteristiche della pianta ed alle tecniche

costruttive: pur ammettendo, infatti, un normale

adattamento alle esperienze ed ai materiali locali, ho voluto

verificare se la pianificazione dello Stato trasparisse anche

nelle scelte esecutive e se si potessero enucleare i requisiti

strutturali delle stazioni stradali, isolando le caratteristiche

che le distinguono dagli altri complessi extraurbani

connessi alla viabilità, decantandole dai condizionamenti

derivanti dalle preesistenze, misurando l’incidenza delle

particolarità geomorfologiche, ambientali e culturali, delle

esigenze militari e dei fattori economico-sociali, nel loro

evolversi nel tempo. Il dettaglio archeologico è stato

offerto nella forma della scheda proprio per consentire una

futura e diversa valutazione del dato disponibile. Il lettore

potrà non comprendere la ragione dell’inserimento di

alcuni elementi secondari: proprio l’eliminazione del

requisito accessorio e superfluo è l’obiettivo di un

prossimo approfondimento.

Molte delle notazioni sulle articolazioni planimetriche e

sulle dotazioni infrastrutturali sono state condotte anche

alla luce degli esempi di stazioni documentati nelle

province: in diversi paesi europei, lo studio sulla tipologia

è già stato avviato e rappresenta uno stimolante termine di

confronto per la realtà italica, che appare – lo si può

anticipare – del tutto distinta (Capitolo VI: Confronti).

Nelle conclusioni si è cercato di riassumere quali possano

essere state le caratteristiche strutturali dei vari tipi di

stazioni (marittime, fluviali, urbane, ecc.), quali le tipicità

topografiche, quale l’evoluzione cronologica, ma bisogna

premettere che questo lavoro è fortemente pregiudicato

dalla mancanza di uniformità che macroscopicamente si

impone. Enucleare le diverse peculiarità di queste stazioni,

partendo da un inquadramento generale, fino al particolare,

appare oggi particolarmente arduo, forse impossibile.

Nell’individuazione delle caratteristiche topografiche

“richieste” o comuni ad una stazione itineraria, nella

ricerca di dati ripetitivi nelle dotazioni infrastrutturali o

nella enucleazione di un diagramma delle cronologie si è

infatti potuto, sì, tener conto anche delle informazioni più

scarne raccolte sui luoghi di sosta non indagati

archeologicamente in modo estensivo (le schede

“topografiche” della Rassegna) o sulle stazioni stradali

“anonime” ma le perplessità restano più numerose delle

certezze e le difformità più delle costanti (Capitolo VII:

Conclusioni). Documentata la mancanza di “coerenza”, un

obiettivo possibile per un approfondimento d’indagine

potrebbe essere di chiarirne le ragioni. Questa domanda si

3

aggiunge a quelle alle quali solo parzialmente si può oggi

dare una risposta: come si sono riflessi nelle strutture

materiali i cambiamenti nell’organizzazione generale del

servizio di posta, le diverse ripartizioni degli obblighi di

finanziamento, le esigenze politiche e militari? Come si

sono attivati l’integrazione con alcuni servizi di supporto

logistico agli eserciti, l’adeguamento a norme legislative

volte a reprimere abusi e sprechi, l’ampliamento o la

soppressione di servizi integrativi o istituzionali (ad

esempio, il cursus clabularis), la necessità di garantire la

sicurezza dei viaggiatori e delle merci lungo le vie

dell’impero? E come hanno inciso le variazioni nelle scelte

dei percorsi e la caduta in disuso di determinati itinerari?

Quanto pesarono le differenziazioni regionali, che

traspaiono dagli stessi interventi legislativi?5

La quantità di bibliografia prodotta sulla viabilità romana

in Italia è sterminata, soprattutto se contemplata nel suo

insieme (esegesi delle fonti, ricostruzione dei grandi

itinerari, analisi topografica di tratti viari più o meno estesi,

proposte di identificazione di stazioni specifiche,

bibliografia generica sulle antichità di tutti i centri lambiti

dalle strade romane, di dettaglio sugli scavi che hanno

interessato luoghi di sosta, e via dicendo). Non è stato

facile enucleare le sole informazioni utili, né tantomeno

presentarle organicamente: certo è, che molto ancora

potrebbe emergere dalla scansione della bibliografia

prodotta in ambito locale o dall’esame della

documentazione d’archivio delle Soprintendenze, che in

questa sede non è stato possibile affrontare.

Questo lavoro, è bene sottolinearlo ancora, vuole

presentare solo alcuni aspetti di una questione molto

complessa, che certo non ha una soluzione univoca: qui si

potranno solo prospettare le problematiche che investono

ambiti di studio molto diversi, proponendo, questo sì, un

approccio diverso al concetto di “stazione del cursus”.

1 Nei primi tre secoli dell’impero, come meglio vedremo, emerge l’autonomia e l’indipendenza economica di alcune stazioni stradali, che

funzionano come “aziende”, piuttosto che come uffici di un servizio

governativo, istituzione che appare, al contrario, avere una scarsa connessione con il territorio. 2 Ad esempio, il passo di Svetonio (Tib. 37, 2, fonte n. 58), che viene letto

come l’introduzione da parte di Tiberio di posti di polizia presso le stazioni di posta, non ha nulla a che vedere con la viabilità ma si riferisce

a questioni prettamente militari e di ordine pubblico. 3 Queste notazioni vogliono anche rappresentare un agevole strumento di aggiornamento di questo lavoro, consentendo di riconoscere più

facilmente le località che saranno in futuro oggetto di scavo e che

potranno, quindi, essere “promosse” da schede topografiche a schede documentarie. 4 Si tratta prevalentemente di edifici, posti a ridosso, spesso a cavallo dei

tracciati viari, in qualche caso presso le stazioni della posta imperiale, noti da scavi o da ricerche di superficie, lasciati verosimilmente alla gestione

dei privati, per i quali sono in uso - a seconda della “categoria” - diverse

denominazioni: dal deversorium, confortevole anche per il pernottamento, alla taberna per il ristoro, al più popolare stabulum, fino alle meno

decorose popina e caupona o al più tradizionale thermopolium. Non

potendo dedicare una scheda ad ognuna delle costruzioni segnalate lungo le strade, si è fornito un inquadramento d’insieme che consente, almeno,

di valutare il fenomeno, dedicando una scheda solo ai complessi indagati

con una certa estensione, che sono apparsi veramente interessanti (ad esempio, la “stazione anonima” della via Tiburtina), e che sono stati

oggetto di studi mirati. 5 Vedremo, infatti, soprattutto esaminando le fonti, che molti decreti imperiali interessarono aree limitate dell’impero, rispettando una certa

autonomia regionale, sottolineata negli stessi provvedimenti. “in his

dumtaxat provinciis, in quibus cursus a provincialibus exhibetur (Cod.Theod. VI, 29, 5 = fonte n. 147). Tale, per esempio, è il caso

dell’abolizione del cursus velox in Sardegna (Cod.Theod, VIII, 5, 16),

delle riforme e del regime fiscale stabilito dall’imperatore Settimio Severo per la Gallia e da Giuliano per l’Italia e l’Illirico (Cod.Theod., XI,

1, 9; VIII, 5, 28; CIL, V, 8987 = fonti nn. 130, 159).

I. - Storia degli Studi

4

CAPITOLO I

STORIA DEGLI STUDI

Come è già stato sottolineato, questo filone di ricerca più

archeologico-tipologico che topografico, non ha,

soprattutto nel nostro Paese, una gran tradizione. Di

stazioni stradali ci si è occupati quasi sempre all’interno

degli studi di viabilità o nelle grandi opere di esegesi delle

fonti itinerarie e della Tabula Peutingeriana; ancora, nelle

opere che hanno affrontato il tema dei viaggi e dei trasporti

nel mondo romano, ed in margine, ovviamente, a quelli

che hanno studiato dal punto di vista storico-giuridico il

cursus publicus. Alle origini di questo tema di ricerca,

quindi, sono da porsi gli scritti del Friedländer (Disegno di

storia dei costumi di Roma, II parte, I sezione sui viaggi) e

del Raumer sullo sviluppo del traffico nell’antichità

(1868), nonché le prime trattazioni sul cursus publicus, a

cominciare da quella del Naudet (1858), dalle due

contemporanee del Desjardins e dell’Hudemann del 1878,

(tradotta, la seconda, mezzo secolo dopo, in italiano) e da

quelle maturate soprattutto nelle équipes di lavoro della

Paulys Realenciclopädie der Classichen

Altertumwissenschaft (SEECK 1901; KUBITSCHECK 1916 e

1930 sugli itineraria e sul vocabolo mansio),

dell’Enciclopedia Daremberg-Saglio (Humbert 1887), del

Dizionario epigrafico del De Ruggiero (1910, Bellino),

completate dai contributi di poco più recenti della Ramsay

(1920, mirato ad indagare i precedenti del cursus),

dell’Holmberg (1933) e del Pflaum (1940), aggiornati solo

dall’Eck (1979 e 1989, e 1999 nell’edizione italiana, rivista

sostanzialmente)1.

Parallelamente e complementariamente a questi, sono stati

condotti i primi, e spesso insuperati, studi filologici ma

anche topografici, sugli itinerari e sulla Tabula,

inscindibilmente legati ai primi studi completi di viabilità

romana (il DESJARDINS 1864-1874; il MILLER 1916, il

CUNTZ 1929). Annalina e Mario Levi hanno concentrato le

loro ricerche sulla Tabula Peutingeriana, analizzandola in

ogni dettaglio, al fine di dimostrare l’imprescindibile

relazione tra questo documento e l’organizzazione del

cursus publicus. Individuare la presenza della

pianificazione statale sarebbe, secondo questi Autori, il

metodo migliore per chiarire la genesi, la cronologia, le

caratteristiche ed i dettagli di questo documento per noi

unico. La ricerca Li porta ad affermare che le diverse

tipologie di vignette (su cui vedi cap. III.5) sottintendono

caratteristiche dei luoghi di tappa, indicando - mediante

una simbologia che fa riferimento ad una legenda ancora

da decodificare completamente - quali di questi fossero

meglio attrezzati per il cambio degli animali, le soste, la

ristorazione, i rifornimenti, la protezione, lo svago. Il

grosso limite sarebbe da vedersi nel fatto che “una rigida

classificazione tra i vari posti di tappa del cursus publicus

in realtà non dovette esistere, se non forse durante limitati

periodi di tempo”. Pertanto, proprio basandosi sul raffronto

tra informazioni pertinenti il cursus publicus e la Tabula, i

Levi, individuano due “categorie-base”, distinguendo

luoghi di tappa che nel volumen erano sottolineati dalla

raffigurazione simbolica, e luoghi che al contrario erano

indicati solo dal toponimo. Le stazioni notificate dalle

vignette sarebbero, ovviamente, quelle fornite di

attrezzature migliori (LEVI 1967, pp. 108-111). Non

diversamente, il Bosio ha riesanimato in diversi studi il

rapporto tra questa fonte e la viabilità, inquadrando anche

la tipologia delle vignette, e giungendo a conclusioni non

dissimili dai suoi predecessori.

Non potendo riassumere la storia degli studi della ricerca

topografica applicata alla viabilità, mi limito a ricordare

alcuni contributi che, studiando la toponomastica itineraria

e la terminologia impiegata nelle fonti, hanno consentito di

enucleare alcune caratteristiche particolari dei luoghi di

sosta: tali soprattutto i lavori di Giovanni Uggeri, che ha

arricchito il nostro vocabolario tecnico, documentando

l’esistenza di terminologie impiegate per le stazioni, di uso

limitato nel tempo e riferite ad apprestamenti particolari,

nonché ha inquadrato la terminologia tecnica

dell’Itinerario Marittimo. Ancora alla sola ricerca

toponomastica è dedicato il "gustoso” lavoro di Massimo

Malipiero che, oltre ad una chiara sintesi sull’utilizzo della

terminologia stradale romana e sulla “vita” di queste

stazioni stradali, esamina le diverse categorie di elementi

che hanno dato origine al nome delle stazioni di posta

(MALIPIERO 1984). Al significato tecnico del termine

“forum” nel contesto della viabilità è stato dedicato lo

studio della Ruoff-Väänänen, preceduto solo dalle

notazioni dedicate da molti Autori alla relazione tra i fora e

le strade ad essi collegati ed alla posizione che questi

dovevano occupare lungo il percorso (RUOFF-VÄÄNÄNEN

1978, con bibliog. precedente).

Dalla metà di questo secolo si sono prodotte diverse opere

a carattere più generale che presentavano tutte le

problematiche connesse al viaggio nell’antichità: l’opera

del Kleberg sulle strutture ricettive (1957) e quella dello

Chevallier del 1988 sui viaggi, aggiornata da quella

recentissima dello stesso Chevallier sulla viabilità romana

(1997), dove si affronta anche il problema della tipologia

di queste stazioni stradali, hanno rappresentato un costante

punto di riferimento per la mia ricerca, anche se ho

incontrato difficoltà ad organizzare le notizie

(prevalentemente tratte dalle fonti) distinguendo i

riferimenti ai viaggi privati da quelli sui servizi di

informazione governativi e sulle missioni ufficiali.

Non troppo nutrito è l’elenco degli autori che si sono

occupati specificatamente di viaggio in contesto religioso,

I. - Storia degli Studi

5

a cominciare dal Gorce (1925), al Kötting (1950), fino ai

contributi più recenti della Hunt (1982 e 1984).

Ma, per arrivare al nocciolo della questione, poco

numerosi sono gli studiosi che si sono dedicati

all’inquadramento tipologico delle stazioni, a partire dal

Bender (1975), che ha raccolto alcuni esempi di stazioni

stradali riconosciute nel corso del Novecento,

avvantaggiandosi di uno studio del Filtzinger sulle osterie

nella regione renana settentrionale (FILTZINGER 1970), per

arrivare alla Crogiez che ha dedicato uno studio alle

stazioni del cursus publicus nel tratto di Appia compreso

tra Roma e Terracina ed a quelle della Calabria (CROGIEZ

1990A e 1990B), fino al Black (1995) che ha prodotto uno

studio completo sulle infrastrutture di servizio alla viabilità

in Britannia, ricostruendone le modalità di impianto e

trasformazione nel corso dei vari secoli dell’occupazione

romana. Un cambiamento nell’approccio metodologico

alla questione delle stazioni stradali, con l’accentramento

dell’interesse verso l’organizzazione spaziale di queste

strutture piuttosto che alla loro sola localizzazione

topografica, è stato rimarcato in Italia dalla presentazione

di un breve articolo di Anna Mezzolani (1992), che

raccoglie alcuni dei più noti esempi di stazioni

documentati archeologicamente in Italia (MEZZOLANI

1992), e dalla mostra di Cattolica sui luoghi di sosta lungo

la Flaminia e le vie dei romani (DOVE SI CAMBIA CAVALLO

1995), anche se in quella sede sono stati presentati diversi

contributi che illustravano esempi celebri o è stata

ripercorsa la distribuzione dei luoghi di sosta lungo alcuni

tratti viari, senza intraprendere l’inquadramento tipologico

né una sintesi statistica. Altrettanto sintetico è il contributo

che ho di recente pubblicato, fornendo solo qualche

notazione sulla tipologia delle stazioni stradali più note

(CORSI 2000).

1 La storia degli studi sul cursus publicus è ora in DI PAOLA 1999, pp. 13-20.

II.1– Il cursus publicus

6

CAPITOLO II

VIE DI COMUNICAZIONE E MEZZI DI TRASPORTO IN EPOCA

ROMANA

II.1 Il Cursus Publicus

I precedenti

Che prima di Cesare non esistesse un’organizzazione

statale che si occupasse della trasmissione delle notizie e

del trasporto dei beni dello Stato1 è sostenuto sulla base di

un argomentum ex silentio: nessun autore antico sembra

farne parola, anzi, Cicerone è testimone involontario

dell’assenza del cursus publicus2, dal momento che

incidentalmente ci fa sapere di aver utilizzato per la

trasmissione dei propri messaggi, dei corrieri “personali”,

scelti tra i suoi “dipendenti” (statores), o di aver utilizzato i

tabellari delle compagnie di vettori che usufruivano del

diritto di sequestro dei mezzi di trasporto loro necessari.

Già dall’ultimo secolo della Repubblica, infatti, si diffuse

l’impiego di queste organizzazioni private di messaggeri

(tabellarii, appunto), formate da schiavi, liberti ed anche

individui liberi, e la loro attività, integrata con quella del

servizio pubblico, rimase indispensabile anche in età

imperiale, accrescendosi progressivamente il volume degli

scambi3. Queste compagnie erano in qualche rapporto con i

pubblicani, che pure se ne servivano. Tuttavia, in apparente

antitesi con queste deduzioni, diverse fonti ci prospettano

la possibilità che un servizio di posta statale esistesse già in

età repubblicana, ma la loro interpretazione è discussa

(KUBITSCHEK 1930, coll. 1237-1240; CHEVALLIER 1988,

pp. 153-163). Il passo di Strabone, che ricorda come

Picenti, Lucani e Bruzi fossero puniti da Roma per le

simpatie dimostrate ad Annibale nel corso della seconda

guerra punica, venendo costretti a prestare servizio di

corrieri e portalettere4, è visto come un’attestazione

dell’esistenza del cursus dai Levi, contrariamente dalla

Ramsay (RAMSAY 1920, p. 80 ss.; LEVI 1967, pp. 102-

103), che ritiene che, qualora il servizio fosse stato già

istituzionalizzato, non sarebbe stato considerato umiliante

e punitivo l’essere costretti a tale corvée. Ancora, Appiano

racconta la fuga di Pomponio (amico di Sesto Pompeo, che

aveva intessuto i rapporti tra quest’ultimo e Ottaviano ed

Antonio, quando ancora erano alleati) a bordo delle vetture

statali delle quali si era impossessato fingendosi pretore, e

riuscendo, con lo stesso trucco, a farla franca a molti posti

di guardia, fino ad imbarcarsi su una nave, anch’essa di

proprietà statale, intenzionato a raggiungere Pompeo in

Sicilia (Appian., Bell. Civ., IV, 6, 45). Dall’Hudemann, è

ritenuta attestazione indubitabile dell’esistenza di un

servizio governativo in età repubblicana la testimonianza

di Livio (XLII, 1, 7-12), che adombra la possibilità che tra

i carichi tributari imposti ai vinti da Roma, ci fosse anche

quello di mantenere l’attività dei messaggeri (HUDEMANN

1978). Più discussa è l’interpretazione dell’elogio di Polla

(vedi infra, cap. III.3), che menziona dei tabelarios, da

alcuni ritenuti corrieri5, da altri segnacoli itinerari a forma

di tabula6. In generale, si può ritenere che, forse

limitatamente ad alcuni tratti di viabilità e magari solo in

alcuni periodi, Roma avesse già predisposto un servizio di

messi per il recapito di messaggi, che si avvantaggiavano

dell’uso di luoghi di sosta dove era possibile darsi il

cambio e sostituire gli animali. Per il trasporto di persone

che viaggiavano nell’interesse dello stato, magistrati e

funzionari della repubblica, nonché ambasciatori e

diplomatici stranieri, era verosimilmente più diffuso l’uso

di affittare vetture dai privati o di requisire mezzi ed

animali in virtù di speciali “permessi” accordati dal

governo7. La Ramsay ritiene, piuttosto, che questo servizio

esistesse sull’itinerario che univa Roma alla Sicilia, ma

fosse presto caduto in disuso, classificandosi come un

esperimento non ripetuto. La Rassegna Archeologica,

come anche quella Topografica, dimostrano che

effettivamente alcuni tra gli insediamenti qui riconosciuti

come stazioni stradali presenta delle fasi di impianto

precedenti all’epoca augustea (vedi grafico 3), ma queste

informazioni non possono essere utilizzate per sostenere

che il cursus esistesse già in epoca repubblicana, poiché

non si può dimostrare né che abbiano sempre funzionato

come stazioni stradali, né che fossero inserite nel sistema

governativo, piuttosto che essere sorte spontaneamente

come indispensabili luoghi di sosta lungo la viabilità.

Il salto di qualità si ebbe nel momento in cui Cesare

disposuit soldati a cavallo, perché comunicassero nel più

breve tempo possibile le notizie delle sue vittorie militari

(Caes., Bell.Civ., 101), formalizzando e stabilizzando un

sistema di comunicazione come le staffette, che erano,

ovviamente, pratica abituale nel corso delle compagne

militari, come si evince dallo stesso brano del De Bello

Civile e dal De Bello Hispanico, 2, nonché da Livio (Liv.,

XXXVII, 7, 11; CROGIEZ 1990B, p. 393-396).

Il servizio di posta imperiale

Nei fatti, gli autori antichi (Svetonio in primo luogo: Suet.,

Aug., 49) attribuiscono ad Augusto l’istituzione del cursus

publicus, inteso come “il servizio destinato, al principio

della sua istituzione, a regolare il trasporto delle persone

che viaggiavano nell’interesse dello Stato e degli oggetti

II.1– Il cursus publicus

7

che a questo appartenevano” ( BELLINO 1910). Egli, infatti,

fece disporre lungo le vie militari dei giovani forniti di

cavalli, disposti a distanze cadenzate e in un secondo

momento fece allestire anche dei veicoli perché i

messaggeri lo informassero direttamente di tutti gli

avvenimenti che accadevano nell’impero e fossero anche

in grado di riportare rapporti a voce (Suet., Aug., 49-50).

L’aggiunta rispetto alle disposizioni cesariane (dehinc

vehicula disposuit) era rilevante ed aggravava senza

dubbio il costo del mantenimento ma non si può sostenere,

come si è fatto fino a tempi recenti, che questa estensione

avesse previsto la costruzione delle stazioni dove si potesse

effettuare il cambio dei cavalli8, che sempre dovevano

essere esistite (visto che le forze degli uomini e degli

animali hanno avuto sempre gli stessi limiti), ma che anche

potevano essere sostituite da spazi ricavati entro altre

strutture (il caso della Britannia: infra, cap. IV). In poco

tempo, i costi lievitarono talmente, che l’imperatore

Claudio dovette limitare con un editto le spese di gestione

imposte ai provinciali (CIL, III, 7251 = ILS, 214; ABBOTT -

JOHNSON 1926, p. 354, n. 51; PFLAUM 1940, p. 228 s.; ECK

1999, p. 97 s.). L’evectio, cioè il diritto di usufruire del

servizio di stato, era infatti, sì, riservato all’imperatore ed

ai suoi emissari ma l’elargizione dei diplomata, cioè le

tessere che consentivano l’uso gratuito delle strutture e dei

mezzi9, era divenuta con il tempo piuttosto abituale10. Ciò

che è importante rilevare, e che sembra una conquista

piuttosto recente della storiografia, è che con ogni

probabilità le persone che usufruivano del cursus, anche

quando erano autorizzate, pagavano alcune prestazioni,

con l’eccezione dell’alloggio, e che nel rimborso di queste

spese interveniva l’erario o la cassa imperiale (ECK 1999,

p. 99, con bibliog.). Questo meccanismo è ben illustrato

dall’epigrafe di Burdur (infra, fonte n. 156, cap. III), che

data proprio ai primissimi anni di funzionamento della

vehiculatio, nella fase di passaggio del potere da Augusto a

Tiberio: nell’editto, a firma di Sesto Sotidio Strabone

Libuscidiano, si stabilisce il numero esatto di mezzi ed

animali che la comunità locale è obbligata a mettere a

disposizione ai diversi beneficiari del servizio statale dei

trasporti - forniti, però, dei necessari diplomata - ma si

fissa anche il prezzo che deve essere pagato per ognuno di

questi servizi11. Perfino Galba, nella sua breve permanenza

al potere, si occupò di riformare il finanziamento

dell’organizzazione governativa (Plut., Galb., VIII).

Durante il regno di Vespasiano si ebbero le prime

manifestazioni di scontento: l’imperatore impose per

punizione ai classiarii, che chiedevano il rimborso per le

spese delle scarpe, di esercitare scalzi il loro ufficio (Suet.,

Vesp.,VIII, 5). Più generosamente, Nerva dispensò gli

italici dalle contribuzioni per il cursus publicus: tale

concessione è ricordata nella moneta con la legenda

vehiculatione Italiae remissa (COHEN 1959, p. 143). La

limitazione degli abusi e, conseguentemente, delle spese fu

preoccupazione anche di Traiano, che si servì del cursus

per essere informato il più rapidamente possibile degli

accadimenti politici e militari nell’impero, ma fu molto

avaro nell’elargizione dei diplomata (Plin., Epist., X, 120;

Aur.Vict., Caes., XIII, 5-6) e avocò, con molta probabilità,

le spese al fiscus (BELLINO 1910), almeno per quanto

riguardava l’Italia, considerato che la grande riforma di

Adriano rendeva il servizio totalmente di stato, avocando

al fiscus anche le spese gravanti sui provinciali (statim

cursum fiscalem instituit ne magistratus12 hoc honere

gravarentur: S.H.A., Hadr., VII). In questo contesto,

sarebbe particolarmente rilevante accertare

l’interpretazione da dare al passo di Cassio Dione (LXVIII,

15, 3: fonte n. 125, cap. III), che adombrerebbe la

possibilità che Traiano avesse fatto costruire a sue spese gli

edifici per il pernottamento, almeno lungo la via Appia

(ov è il vocabolo che usa lo storico. Cfr.

ECK 1999, pp. 103-104). Sulla scia dei suoi predecessori,

rimase Antonino Pio, che vehicularum cursum summa

diligentia sublevavit (S.H.A., Ant. Pius, 12), seguito da

Marco Aurelio che si incaricò di altre riforme13, in

particolare allargando le mansioni del praefectus

vehiculorum, sul quale venne a ricadere anche

l’organizzazione degli spostamenti e dei rifornimenti delle

truppe militari. Negli anni a seguire, il costo di tale

amministrazione tornò ad essere talmente gravoso per il

fisco che, soprattutto in tempi burrascosi, si dovette

provare ad invertire il corso della politica fino ad allora

perseguita ed a far gravare di nuovo le spese sui

provinciali, se Settimio Severo (S.H.A., Sept. Sev., XIV, 2;

Amm. XXII, 9; XXVII, 4) dovette ribadire il principio

secondo cui il fisco si caricava gli oneri finanziari,

includendo le spese crescenti per il servizio di polizia,

rendendo, implicitamente, più stretto il legame con le

attività di approvvigionamento degli eserciti. A Settimio

Severo si attribuisce un potenziamento delle strutture

adibite allo stoccaggio ed al deposito anche presso le

stazioni postali, nell’ambito del documentato progetto

imperiale di riorganizzazione del sistema stazionario di

approvvigionamento e distribuzione dei vettovagliamenti

per l’esercito (CHEVALLIER 1972, p. 214). Già il Van

Berchem (VAN BERCHEM 1937, p. 187), infatti, aveva

sottolineato come, nel corso del III secolo, il servizio di

posta e l’annona si fossero sovrapposti, fino a divenire

l’uno parte integrante dell’altra, tanto da non rendere più

comprensibile la differenza tra loro14. Secondo il Pflaum, la

“confusione” sarebbe stata ingenerata dal fatto che la

raccolta delle derrate dell’annona si effettuava nelle stesse

località, urbane ed extraurbane, dove erano già gli uffici

del servizio di posta e che, proprio in virtù del fatto che il

trasporto di tali derrate era affidato ai mezzi ed al

personale del cursus, questo progressivamente avocò a sé

anche gli altri oneri amministrativi e finanziari (SEECK

1901, col. 1850 ss.; PFLAUM 1940, pp. 281-282).

L’aggravio dei costi di gestione registrato in età severiana

è motivato anche dall’introduzione del cursus clabularius,

servizio che si occupava del trasporto delle merci e dei

viaggiatori per mezzo di carri trainati da buoi, contrapposto

al tradizionale cursus velox, finalizzato alla trasmissione

celere di dispacci condotta da corrieri a cavallo ed al

trasferimento rapido di persone mediante raedae15. Le

notizie più complete, che abbiamo sull’organizzazione ed

il funzionamento del cursus, risalgono al IV e V secolo,

periodi per i quali sussiste una ricca documentazione sugli

interventi legislativi attuati dai vari imperatori e raccolti

nel Codex Theodosianus e in varie parti del Corpus Iuris

II.1– Il cursus publicus

8

Civilis di Giustiniano. La maggior parte di questi

documenti è ispirata dalla necessità di porre un limite agli

abusi ed agli sprechi, anche se l’applicazione di tali voleri

imperiali non sempre ottenne risultati efficaci16. Del resto,

sotto Costantino, si era avuta una vera rivalutazione del

ruolo del cursus, indissolubilmente legato alla possibilità

di pianificare prontamente le azioni militari ma,

inevitabilmente, la riattivazione dei compiti aveva

significato una nuovo incremento degli oneri contributivi a

danno dei provinciali (BELLINO 1910, p. 1408). Anche

dell’imperatore Giuliano sappiamo che si rese

protagonista di alcuni mutamenti, individuabili proprio

nella “scansione dei ritmi” delle stazioni (vedi cap. III.3,

fonte n. 159). Con un atto formale (Cod.Theod., VIII, 5,

16), lo stesso imperatore decise l’abolizione del cursus

velox in Sardegna (SESTON 1943, p. 57 ss.). I problemi

fondamentali erano, infatti, sempre riconducibili alle

questioni economiche ed, ancora nel 359, l’imperatore

Costanzo II si preoccupava di alleggerire i costi a carico

dei provinciali d’Illirico, cercando anche di reprimere gli

abusi più sfacciati (Amm., XIX, 11). Tali provvedimenti si

rivelarono tanto efficaci da essere riproposti anche per le

suburbicariae regiones ed altre zone d’Italia da parte di

Valente e Valentiniano (vedi cap. III, fonte n. 130).

L’aver riservato al solo imperatore l’elargizione dei

diplomata (Cod.Theod., VIII, 5, 9), tuttavia, non sortì gli

effetti desiderati, visto l’alto numero di ecclesiastici che

venivano comunque autorizzati ad usufruire delle

prestazioni fornite dallo stato17. Come abbiamo visto,

l’abuso nell’elargizione dei diplomata ed, anzi, la vera e

propria usurpazione dei servizi, divenne con il tempo

sempre più abituale18, anche se nel V secolo Sidonio

Apollinare ancora se ne stupiva. Graziano inasprì

ulteriormente la pressione fiscale, specialmente sui profitti

tratti dall’amministrazione delle stalle (cap. III.2, fonte n.

142 del 377 d.C.).

Dalle fonti sappiamo che l’efficienza del cursus fu

preoccupazione costante anche di Teodorico, come anche

ai tempi di Cassiodoro, fino al regno dei Franchi (per

quanto ovviamente ridotto), tanto da registrare degli

interventi di Carlo Magno, di Ludovico il Pio (LECLERCQ

1948, p. 1637) e dei Vandali in Africa, ai quali il servizio

di posta sopravvisse, almeno fino al declino dei bizantini

(Proc., Hist. Bell., III, 16, 12: HUDEMANN 1878, parr. 46-

54; LEVI 1967, pp. 105-106). In Oriente, fu più precoce

l’abolizione del cursus clabularis, decisa in tutta la diocesi

già sotto il regno di Leone I (tra il 457 e il 474;

Cod.Justin., XII, 50, 22). La riduzione delle spese fu

preoccupazione dello stesso Giustiniano, che si adoperò

perché il numero delle stazioni di tappa fosse

progressivamente decurtato, fino a ridursi ad una sola

stazione per ogni giornata di viaggio e perché i cavalli

fossero sostituiti con i muli19. La necessità di tale servizio

non fu, comunque, mai sottovalutata da Giustiniano che,

come emerge nel Codex ed in altre fonti, considerò

preoccupazione costante il suo mantenimento in efficienza

e la repressione degli abusi (cap. III.1, fonte n. 121),

nonché ne tutelò il ruolo di trait d’union con l’altro grande

impero d’oriente: nel 560, infatti, fu siglato con il re di

Persia l’accordo che garantiva l’uso reciproco dei servizi

postali funzionali alle comunicazioni ed ai trasporti (LEVI

1967, p. 120). A Roma, come in Persia, dove si conosce un

servizio di posta “antenato” di quello romano, questa

istituzione governativa, generata e tutelata da scopi politici,

funzionò sempre come strumento del potere dominante,

linfa della sua propaganda e custode dell’ordine

(HUDEMANN 1878).

È difficile inquadrare l’aspetto organizzativo della

vehiculatio, date le grandi differenziazioni regionali e

cronologiche, che non sempre sono rispettate nelle fonti e

negli studi dei moderni20. All’origine dell’istituzione,

secondo Svetonio (Aug., 49-50), Augusto ne pose a capo se

stesso, anche se è possibile che già da allora fosse

affiancato dal prefetto del pretorio, quasi a sottolineare il

rapporto diretto con il potere militare e la persona

dell’imperatore, ma è altrimenti supponibile che lo stesso

Augusto avesse già formalizzato la carica di praefectus

vehiculorum, che la storiografia assegna tradizionalmente

al II secolo (ECK 1999, pp. 95-99). Probabilmente, già dal

tempo di Augusto, con certezza dall’età flavia,

l’amministrazione centrale del cursus era affidata a liberti

imperiali, qualificati come tabularii a vehicolis, affiancati,

dall’epoca di Traiano in poi, da altri liberti insigniti del

titolo di liberti ab vehiculis et a commentariis vehicolorum,

forse segretari dei primi, con il compito di esecutori

materiali delle disposizioni. Durante il regno di Adriano,

come anticipato, è attestata l’esistenza di un praefectus

vehiculorum, vertice supremo dell’organizzazione e

gradino della carriera equestre che precede il governatorato

delle province. Le competenze di questi praefecti non sono

esplicitate nelle fonti, scarse soprattutto per i primi secoli

dell’impero, e si può solo ipotizzare che esse avessero il

potere di stabilire gli oneri dei quali le varie comunità

dovevano farsi carico, ma – secondo l’Eck – non avevano

alcuna autorità diretta di limitare gli abusi (ECK 1999, pp.

108-109). Dall’epoca severiana in poi, è sempre più

comune il caso di militari incaricati della costruzione o la

ristrutturazione di stazioni postali, come nel caso del

legatus pro praetore di Tracia, che viene incaricato della

costruzione di mercati e di nuovi emporia forniti di

guarnigioni militari, i comandanti delle quali hanno pari

diritti e poteri nella gestione degli edifici pubblici

(praetoria e balnea) di quelli che hanno i magistrati.

Questo sistema incentrato sui praefecti (nel quale, ogni

municipio era probabilmente responsabile

economicamente del mantenimento delle strade e dei

servizi all’interno del proprio territorio) subì una radicale

trasformazione in epoca imprecisata, mediante

l’appaltatura ai mancipes, che si fecero carico di tutti i

compiti pratici dei praefecti, che mantennero solo la

gestione delle clausole degli appalti (ECK 1999, pp. 112-

113). Fino all’epoca Severiana, sono i mancipes che

gestiscono le stazioni, la responsabilità della costruzione

delle quali ricade sulle amministrazioni cittadine (Plut.,

Galb., VIII). In origine, infatti, i mancipes erano impresari

di appalti per edifici pubblici e privati con il compito di

costruire i vari complessi che formavano una stazione.

Successivamente, dall’epoca di Augusto e dell’istituzione

II.1– Il cursus publicus

9

del cursus, sono a capo delle varie stazioni e alla testa di

tutto il personale addetto ai passeggeri ed ai bagagli. La

loro carica durava 5 anni, ed erano comandati in certe

zone. In alternativa ai mancipes, le nostre fonti (in questo

caso non antecedenti al Codex Theodosianus) ci attestano

l’esistenza di decurioni: questa distinzione è, forse, solo

terminologica, dovuta cioè a realtà territoriali diverse (ad

esempio, la carica di curiale è attestata con frequenza in

Africa e Gallia), distinzione che scompare con Costantino

(sopravvive la sola carica di curiales: Cod.Theod., VIII, 5,

35, fonte n. 133: BELLINO 1910, p. 1410). Il manceps come

il decurione aveva il compito di provvedere al regolare

svolgimento delle attività e di dirigere il personale;

controllava la manutenzione delle strade, dirigeva e

provvedeva, di sua iniziativa, ai lavori di restauro.

Con la riforma amministrativa di Diocleziano completata

da Costantino, mentre ai vertici del governo i prefetti del

pretorio erano affiancati dai rectores provinciarum o

praesides, per il servizio di posta venivano creati dei nuovi

direttori, che conservavano il nome di praefecti, ma che si

dividevano le varie strade d’Italia e delle province, e

furono presto sostituiti dai praepositi cursus publicus. Nel

corso del IV secolo, quindi, la praepositura mansionum

conserva la nomenclatura della carica, ma viene riassorbita

dal controllo statale, divenendo nei testi giuridici sinonimo

di exhibitio cursus publici, espletata come munus curiale:

questo può essere un segnale di una radicale

trasformazione nell’organizzazione delle stazioni stradali,

che divengono, ora sì, un prodotto del “dirigismo” del

potere centrale21.

La difficoltà della ricostruzione cronologica resta per il

personale di rango inferiore: le attestazioni del loro ruolo

nell’organizzazione delle stazioni sono contenute quasi

tutte nelle fonti giuridiche, ed è perciò certa la situazione

nel IV secolo, ma non riusciamo a dissipare la nebulosità

che avvolge i secoli precedenti22. Alla gestione delle

singole stazioni presiedevano gli stationarii, personale di

rango inferiore, che procurava gli animali da trasporto e da

soma, perché il cursus non poteva utilizzare animali

destinati all’aratro. Lo stato giuridico di tali funzionari,

come di alcuni di quelli elencati sotto, è ben noto nelle

fonti ma non è possibile capire se vi fossero delle

distinzioni tra i loro ruoli e le loro responsabilità, a seconda

che si trattasse di una stazione militare, fiscale, doganale,

procuratoria annonaria, postale23. La loro carica, di

istituzione piuttosto antica, sopravvive alla riforma di

Diocleziano e Costantino. I tabellarii, a volte detti

tabularii, sono i veri e propri messaggeri, in genere di

condizione servile o liberti. Come abbiamo visto, la loro

attività è già attestata in epoca tardo-repubblicana. I

tabellarii publici sono quelli del servizio statale, addetti

alla trasmissione di dispacci ufficiali, distinti da quelli che

lavorano per compagnie private di recapiti24. I tabellari

diplomarii erano corrieri di particolare affidabilità, ai quali

venivano dati in consegna i messaggi degli imperatori,

mentre gli speculatores (già attestati da Cicerone) erano

impegnati nella consegna dei dispacci urgenti. A Roma

dovettero costituire un corpo piuttosto numeroso se, sia nel

Curiosum (39) che nella Notitia (37), è documentata

l’esistenza di castra tabellariorum (JORDAN 1871, p. 574;

PALOMBI 1993), e la loro “militarizzazione” è crescente,

fino al momento in cui, al tempo di Commodo, sono

comandati da un praepositus tabellariorum (CIL, VI, 746,

8445)25. Ancora, abbiamo tarde testimonianze

dell’esistenza dei veredarii, corrieri utilizzati per le

spedizioni più urgenti: Proc., Hist. Bell., II, 20, 20; VIII, 5,

16 e Proc., Aed., V, 3, 3, fonte 120, cap. III.1. Ai tempi di

Cesare i frumentarii rivestivano il ruolo di addetti agli

approvvigionamenti o furieri, incaricati di allestire gli

accampamenti militari fornendoli dei viveri necessari, ma

con il tempo assunsero un ruolo di tutori dell’ordine e

furono incaricati anche di riportare le “opinioni” dei

viaggiatori, fino a divenire, dopo il regno di Adriano, dei

veri e propri “spioni” al servizio dell’imperatore, ed ebbero

in incarico anche il trasferimento dei detenuti (SINNIGEN

1962). Il loro corpo fu abolito da Diocleziano. Con la

riforma di Costantino, i frumentarii furono sostituiti dagli

agentes in rebus, incaricati della sorveglianza e delle

operazioni di massima riservatezza, quali la trasmissione

degli autografi imperiali, ed erano organizzati militarmente

in una schola agentium. Il carattere militare del loro

officium era così marcato da essere definito militia.

Dipendevano dal princeps agentium, di ordine senatorio,

che sovrintendeva al servizio ispettivo e vigilava sulla

regolarità dei diplomata. I curiosi, almeno in epoca tardo

imperiale, avevano un ruolo molto simile a quello degli

agentes che contemplava le ispezioni e le validazioni dei

diplomata, ma erano destinati prevalentemente alle

province, ed erano legati alle scelte ed alla volontà dei vari

prefetti e vicari. Dal momento che era stata loro affidata la

raccolta delle informazioni sullo stato dei provinciali,

assunsero presto il ruolo di servizio di spionaggio, che li

fece divenire invisi ai provinciali, tanto che il loro corpo fu

abolito da Costantino, che li sostituì con due primipilari,

scelti tra gli agentes. Ancora, sono menzionati i praepositi

regionibus o regionarii, ufficiali di ispezione, sottoposti

agli agentes che avevano assegnate intere diocesi, mentre i

praepositi controllavano solo i distretti che dall’età

costantiniana in poi si dicono provinciae, ed i beneficiarii,

che sono spesso qualificati come agenti per la sicurezza

delle strade e, quindi, spesso messi in relazione con le viae

militares (infra, par. 2).

Ai livelli più bassi, di personale di servizio, in genere di

condizione servile, sono attestati:

- stratores, stallieri e muliones = mulattieri. Erano schiavi

dello stato che avevano la cura di bestie delle quali erano

responsabili. A loro erano affidati i servizi più umili;

- hippocomi, palafrenieri. Curavano le stalle e

accompagnavano i viaggiatori da una tappa all’altra per

riportare indietro i veicoli; come i muliones, avevano in

incarico 3 cavalli;

- bastagarii (alle dipendenze dei curiales), che si

occupavano di tutto il “bagaglio” che veniva al seguito

dell’imperatore e del suo seguito, e catabolenses, che

erano i facchini più umili (“gli uomini di fatica”), dei quali

parleremo in seguito, perché è possibile che non fossero

II.1– Il cursus publicus

10

alle dipendenze dell’organizzazione governativa, ma

membri di società appaltatrici;

- mulomedici, veterinari, presenti solo nelle stazioni più

importanti;

- carpentarii, artigiani addetti alla fabbricazione o alla

riparazione delle carrozze, detti anche rhedarii vehicularii

fabricatores o solo rhedarii;

- apparitores, inservienti;

- vehiculorum opifices, addetti alle riparazioni.

Nelle stazioni poste ad un guado non fornito di ponte,

dovevano trovarsi dei rappresentati del servizio degli

utricularii. Nelle stalle, oltre ai veredi, cavalli in servizio

nel cursus publicus, erano disponibili i parhippi (cavalli di

riserva) e i paraveredi (cavalli in aggiunta alla fornitura

normale).

La strutturazione e la “gerarchia” del personale nei luoghi

di sosta gestiti dai privati e frequentati da viaggiatori non

forniti di diplomata, era assai più snella. Tuttavia, anche

queste locande erano regolamentate dalla legislazione

statale, soprattutto per quanto riguardava gli orari di

apertura ed occasionali ispezioni da parte degli edili prima,

e del prefetto municipale poi26.

II.2 – Viae publicae e viae militares

11

II.2 Viae Publicae e Viae Militares:

Uomini, armi e merci lungo le vie dell’Impero

Non è facile calcolare, anche approssimativamente, il

numero degli individui che si muovevano nell’interesse

dello stato e dei poteri che lo rappresentavano: oltre ai

magistrati che raggiungevano o ritornavano dalle

destinazioni loro assegnate, agli imperatori ed ai principi

della casa imperiale con le loro cohortes amicorum, agli

ambasciatori di ogni terra, ai corrieri che riportavano

notizie sugli sviluppi delle attività militari, sul

mantenimento o meno della pace in ogni regione, e che

tessevano i rapporti tra il governo centrale e le

amministrazioni provinciali, v’erano, poi, i messaggeri

delle curie municipali che rendevano conto delle loro

attività amministrative e riportavano a Roma le loro

richieste27, e coloro che si incaricavano di consegnare gli

acta diurna e gli acta urbana presso i vari ordini

municipali. Ma molti altri calzari, zoccoli di animali e

cerchioni di carri, oltre a quelli che appartenevano a chi si

faceva carico delle comunicazioni, devono aver usurato i

lastricati ed i battuti delle strade romane: eserciti, mercanti,

addetti ai rifornimenti, “oziosi” domini e poveri

nullafacenti, proprietari terrieri che ispezionavano i loro

possedimenti, studiosi in cerca di conoscenze e

saltimbanchi in cerca di successo, curiosi appassionati di

giochi pubblici che richiamavano un grande pubblico,

devoti che consultavano oracoli, nonché, soprattutto in

epoca cristiana, pellegrini e religiosi di ogni grado sociale

e gerarchico, che senza sosta percorsero le vie di terra e

d’acqua di ogni angolo dell’impero28. Il numero dei

viaggiatori privati è difficilmente inquadrabile, o

comunque stimato in modo piuttosto vario dai diversi

studiosi che lo hanno indagato. I Levi, ad esempio,

ritengono che questo fosse considerabilmente basso, non

essendo significativo il numero delle persone che si

spostavano a scopo “turistico” e appena rilevante quello di

coloro che intraprendevano uno spostamento per motivi di

studio o di lavoro. Restano, comunque, dell’idea che, dato

il livello sociale mediamente alto di questi individui, essi

non facessero affidamento sulle strutture di accoglienza

poste lungo le strade, ma si organizzassero

individualmente con mezzi adatti anche al riposo notturno

o ricorressero all’ospitalità di amici e conoscenti (LEVI

1967, pp. 98-100). Eppure, già al tempo di Polibio, almeno

nella Gallia Cisalpina ancora poco romanizzata, sappiamo

che l’abitudine dei viaggiatori a sostare presso le locande

distribuite lungo le strade era tanto diffusa che l’Autore si

dilunga sui loro prezzi (Polyb., II, 15, 5: cap. III, fonte n.

115). Certo è, che la diffidenza ed il timore verso le

pensioni dove si effettuavano le soste fu tanto grande che

abbiamo testimonianza di individui che preferivano

organizzarsi per proprio conto, anche quando non

disponevano di “punti d’appoggio” di loro proprietà o di

proprietà di conoscenti29, portandosi dietro tende, viveri e

pentolame per “campeggiare” lungo le strade, ma tali

testimonianze30 sono riferite ad un’epoca piuttosto “alta”

della vita del servizio di posta, quando era forse ancora

poco diffusa l’abitudine a far affidamento sulle strutture a

supporto della circolazione. Personalmente, preferisco

l’opinione formulata, tra gli altri dallo Chevallier e dal

Casson (CHEVALLIER 1972, pp. 236-238; CASSON 1974, p.

130 ss.), cioè che la quantità di individui che si spostavano

per via di terra fosse, invece, piuttosto considerevole.

Soprattutto attraverso le fonti, infatti, veniamo a

conoscenza di molti viaggi intrapresi con gli scopi più

diversi (da aggiungere a quelli sopra menzionati, per

esempio, coloro che si spostavano “per motivi di salute”,

intenzionati a raggiungere località con climi benefici per le

loro malattie – in particolare, le stazioni termali - o in vero

pellegrinaggio verso i santuari di Asclepio - CASSON 1974,

pp. 82 ss., 130 ss., 267 ss.), e che proprio le lamentele

registrate sulla “scarsità numerica dei luoghi dove

fermarsi, sulle manchevolezze dei loro impianti e gli

apprezzamenti significativi del pochissimo conto nel quale

dovevano essere tenuti gli osti e gli albergatori”,

dovrebbero farci riconoscere quanto tale problema fosse

sentito31. Queste attività innescarono uno sviluppo

naturale di luoghi deputati alla sosta del tutto indipendenti

dal cursus publicus o ad esso affiancati ma distinti32. Dove,

infatti, lo stato si ritraeva, si inseriva il privato che, quasi

sempre organizzato in corporazioni, provvedeva alla

fornitura dei servizi implicati nel trasporto delle merci e

delle persone. Nacquero, così, anche società di vettori: tra

questi i navicularii delle vie d’acqua, distinti in maritimi e

amnici, ed altri che, qualificati come catabolenses in

Cassiodoro (Var., III, 10; IV, 47), sono in rapporti non

chiari con il servizio governativo, ma comunque si

affiancano a questo nel trasporto di colli pesanti come i

blocchi di marmo in arrivo nel porto di Ravenna.

Compagnie più modeste erano quelle dei bastagarii,

vetturini, degli jugarii, noleggiatori di bestie da soma, e dei

cisiarii, che fornivano in affitto le carrozze33.

I complessi dove i privati effettuavano tali soste sono ben

disegnati, almeno nelle caratteristiche più folcloristiche,

nelle fonti, che le classificano con una varietà di epiteti34,

mentre è molto più complessa la loro individuazione sul

piano archeologico35.

Concordemente, è stimata più vasta la categoria dei

pellegrini cristiani, di coloro, cioè, che da ogni angolo

dell’impero si recavano a venerare i luoghi della Terra

Santa, che erano stati teatro dei principali avvenimenti

narrati nelle Scritture, ma anche l’altra Città Santa

dell’impero, Roma, con le sue catacombe, i luoghi dei

martirii e le basiliche di veneranda fondazione (GORCE

1925, pp. 4-6; LEVI 1967, pp. 99-100). Tale forma di

venerazione, che aveva avuto le prime manifestazioni già

II.2 – Viae publicae e viae militares

12

nel II secolo (FLICHE - MARTIN 1936, p. 364) e che, oltre al

già menzionato “pellegrinaggio” pagano verso i santuari di

Asclepio e i luoghi degli oracoli, prima della presa di

Gerusalemme, aveva avuto un precedente ad opera degli

ebrei (HILTBRUNNER 1967, coll. 1489-1490), aveva

ricevuto un forte impulso in epoca costantiniana, e con il

tempo era venuta ad essere considerata una indispensabile

manifestazione della propria fede36. Come tutti gli altri

viaggiatori, anche i pellegrini potevano scegliere se

intraprendere un viaggio per terra o per mare, valutando i

vantaggi ed i rischi dell’una e dell’altra possibilità. Ai

rischi ed ai disagi che abbiamo precedentemente illustrato,

i pellegrini, dal momento che attraversavano luoghi deserti

e periferici, dovevano aggiungere il pericolo di essere

assaliti dai predoni arabi; per questo, in diversi casi, è

attestata l’esistenza di scorte armate (CASSON 1974, pp.

314-319). In assenza di strutture specifiche, i viandanti si

rifacevano alle stazioni stradali presso le quali erano gli

addetti del cursus o a quelle private lungo le strade, quando

non approfittavano dell’ospitalità di conoscenti o di

autorità locali, come era costume di tutti i cittadini

benestanti37. Le taverne per i viaggiatori non erano, però

considerate luoghi adatti a pii viandanti in religioso

cammino (Paolino di Nola si scandalizza per la presenza di

una schiera di tabernae nei pressi della basilica di S.

Felice, con tutta la loro clientela di ubriachi schiamazzanti

che si reca, in poco religiosa venerazione, in visita alla

tomba del martire), ed il divieto di frequentarle, già sancito

per i vescovi, fu esteso a tutti i cristiani. Così il Codex

Canonicum Ecclesiasticorum38 prima, e la Constitutio

Apostolica (VIII, 154: usa il vocabolo `) poi,

ne vietarono la frequentazione ai cristiani se non in caso di

vera necessità, ed il Concilio di Laodicea del 363 rese il

divieto assoluto39, ulteriormente ribadito nel canone XL dei

concili africani (anno 419. Cfr. PARKER ET ALII 1900, p.

144). La progressiva diffusione del costume del

pellegrinaggio aveva, invero, fatto sì che in breve tempo

gli stessi religiosi organizzassero una capillare rete di

assistenza ai pellegrini che potevano contare su hospitia

ben attrezzati e assai numerosi, soprattutto a Roma e

Gerusalemme, gestiti dagli stessi vescovi, che inserivano

l’ospitalità ai viaggiatori tra i loro doveri, ben presto

imitati dai monaci, che ricavarono in molti monasteri dei

deversoria peregrinorum40. Il principale sostenitore della

teoria che l’organizzazione di un servizio di supporto ai

pellegrini, che contemplasse anche la fornitura di guide e

scorte, fosse da considerarsi uno dei doveri del clero fu

proprio Basilio di Cesarea (Epistole XCVIII e CCXLIII),

che sostenne la sua opinione con convinzione tale che

questi ostelli presero inizialmente il nome di basileia41. Il

dovere di allestire strutture per accoglienza fu sancito nel

Concilio di Nicea. Inizialmente, la carità cristiana si

manifestò in diverse forme, dedicandosi ai malati, agli

indigenti, ma anche ai semplici viaggiatori, come è ribadito

nella prima Apologia di S. Giustino (Justin., Apol., I, 67),

ma forse già dal IV secolo tali ostelli furono riservati ai

soli cristiani (ogni viaggiatore veniva fornito di una lettera

di presentazione che ne consentiva il riconoscimento e

l’accoglienza da parte dei correligionari di altre comunità).

Tuttavia, ancora nel VI abbiamo testimonianza della loro

apertura a tutti coloro che ne avevano bisogno

(HILTBRUNNER 1967, col. 1502). Presso queste strutture

era spesso assicurato anche il vitto, ovviamente modesto, a

volte l’assistenza medica, il vestiario ed una sorta di

elemosina, offerta agli ospiti particolarmente bisognosi,

oltre ad un servizio di “guide” ai luoghi venerati. Il

sostentamento economico di tali strutture, fondate

ovviamente sul volontariato, era garantito dalle donazioni,

anche se spesso non si disdegnava, per espletare alcuni

servizi, del lavoro degli stessi ospiti (CASSON 1974, pp.

321-324). La tradizione ecclesiastica, riportata dal

Baronius (Annales Ecclesiastici, ad annum 330, n. 28),

assegna ad Ircano la fondazione del primo xenodochio a

Gerusalemme, mentre il primato occidentale sarebbe

detenuto da quello ostiense voluto da Fabiola42.

Come abbiamo già visto (supra, par. 1), era piuttosto

consistente anche il numero degli ecclesiastici che di

frequente viaggiavano per ritrovarsi ai concili,

accompagnati da un corteggio di preti, diaconi ed accoliti,

che spesso approfittavano del cursus, al punto tale che la

stessa chiesa, nel concilio di Sofia del 343, decretò che

nessuno si presentasse alla corte dell’imperatore a meno

che non vi fosse convocato, ed il canone XXI del concilio

di Sardi impose che “tutti i religiosi che abitavano lungo

una via pubblica interrogassero i vescovi sorpresi sulla

strada circa le motivazioni del loro viaggio e che (…),

qualora queste fossero giudicate futili, si rifiutassero di

firmare le lettere (i documenti, cioè, che li autorizzavano

ad usufruire delle facilitazioni) e di avere rapporti con

loro”43. La chiesa era, invece, esclusa proprio dal servizio

portalettere, per il quale, quindi, doveva organizzarsi da sé,

normalmente aggirando le limitazioni consegnando le

missive personalmente ai funzionari che dovevano

raggiungere le stesse destinazioni44.

Il traffico più consistente, comunque, fu in ogni epoca

imputabile al trasferimento degli eserciti, trasferimento che

implicava anche il movimento di vettovagliamenti,

materiali per l’allestimento dei campi, armi e macchinari.

Dalle fonti scritte, abbiamo qualche descrizione di alcune

di queste marce militari particolarmente rilevanti della

storia di Roma, e recuperiamo qualche accenno sui modi di

pianificazione di questi trasferimenti, ma non abbiamo

informazioni sulle forme di acquartieramento che avevano

luogo durante le soste45, e non possiamo verificare, quindi,

se ci fosse relazione tra il sistema di smistamento e

stoccaggio delle merci e le attività militari, ma all’epoca

dell’imperatore Costanzo (361 d.C.), tale relazione tra

cursus e trasferimento di truppe sembra indiziato dalla

notizia che “id elegit potissimum, ut vehiculis publicis

impositum paullatim praemitteret militem...” (Amm., XXI,

13, 8). Del resto, dal momento che l’annona militare era

tratta dalle contribuzioni in natura esborsate dai

provinciali46, le due amministrazioni dovevano convivere,

o meglio, dividersi gli stessi ambiti, occupandosi entrambe

della raccolta, della gestione, del trasporto e della

distribuzione di tali vettovagliamenti47. Non a caso, nel

poema staziano (Stat., Silv., IV; 9 e 15-19), si menziona un

militare (qualificato come praefectus annonae), che

II.2 – Viae publicae e viae militares

13

doveva occuparsi degli approvvigionamenti e dei quartieri

presso i quali questi sarebbero stati distribuiti durante le

campagne militari48, quartieri che vengono appunto detti

“stationes”. Correlata all’aspetto militare, è anche la

questione della sorveglianza lungo i confini e nelle aree

non pacificate o interessate da criminalità, soprattutto

brigantaggio, risolta mediante l’istituzione di posti di

polizia, che funzionassero anche da punti di riferimento per

le altre attività di sorveglianza e pattugliamento della rete

stradale. Queste stazioni sono localizzate dagli studiosi

moderni lungo le viae militares, anche se la definizione

stessa di via militare è passibile di molti chiarimenti, e non

tutte le strade dai moderni qualificate come tali sembrano

esserlo effettivamente state49.

Come abbiamo già anticipato (supra, par. 1), anche

l’annona civile50 entrò in stretto rapporto con la gestione

dei trasporti, in quanto si occupava di reperire, stoccare,

trasportare e distribuire la quantità di generi alimentari

(grano e di olio, in primo luogo, caro porcina dall’età

severiana in poi) necessaria al fabbisogno annuale delle

popolazioni urbane, sì da mantenerne sotto controllo il

prezzo51. Ancora una volta, lo stretto rapporto tra cursus

publicus e altre amministrazioni è individuabile nella

uniformità delle nomenclature delle cariche: anche

l’annona conosce la carica di tabellarius o tabularius,

sottoposta al praefectus annonae attestata a Roma ed Ostia

(DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v.

Annona). Il cursus publicus, inteso come servizio per la

trasmissione dei messaggi e delle notizie e per il

trasferimento di individui che viaggiavano per conto dello

stato, appare, quindi, legato sin dalle sue origini anche al

complesso sistema dei trasporti delle merci52.

In margine, possiamo ricordare come molte responsabilità,

anche non “prevedibili” e piuttosto curiose, nel corso del

tempo, ricaddero sul servizio di posta, quale, ad esempio,

quella di occuparsi del trasporto di orsi ed altri animali

esotici impegnati nei giochi pubblici, ai quali assistevano

gli stessi imperatori (Symm., Epist., II, 27 (fonte n. 12);

XLVI, 7, 105-106).

II.3 – Vie d’acqua e vie di terra

14

II.3 Vie d’acqua e vie di terra:

Produzione, trasporto e distribuzione delle merci

È ben noto che la maggior parte del “movimento merci” in

epoca antica si è svolto lungo le vie d’acqua (UGGERI

1987, p. 55 ss.; CHEVALLIER 1988, pp. 83-132; UGGERI

1990, p. 176 ss.). Come abbiamo già anticipato (supra, par.

2), è opinione diffusa che i romani non possedettero mai

una vera e propria marina mercantile. Tuttavia, sin da

epoca repubblicana, molte flotte commerciali, anche se non

inquadrate direttamente nell’amministrazione statale,

solcarono le acque del Mediterraneo per il solo interesse di

Roma, da questa, in qualche misura, gestite. La più famosa

è la flotta Alessandrina, assorbita dall’immane compito di

collegare il “granaio di Roma” con il luogo di più

consistente consumo di tale risorsa. Ma anche le altre flotte

marittime e quelle fluviali dovettero essere assai strutturate

ed efficienti; prima di tutte quella del Tevere, di

dimensioni inusitate per un corso d’acqua di così scarsa

portata, che sopportava un eccezionale volume di traffico,

e poi quelle del Reno e del Rodano, articolate, come le

altre, in battelli da alaggio, naves caudicariae, lenunculi,

lintres, traghetti53. Per alcune unità navali dello Stato,

qualificate come tabellariae, si sono proposti i ruoli di

imbarcazioni adibite al trasporto dei dispacci (ROUGÉ

1966, p. 199) o di navi incaricate di scortare i mercantili54.

In contrasto con questo panorama, da alcune parti si è

sottolineato il carattere “terrestre” del cursus (JONES 1964,

p. 830; LEVI 1967, p. 114 ss.), come si evincerebbe dal

fatto che la maggior parte delle fonti si riferisce ad episodi

e interventi costruttivi o legislativi pertinenti a strade e

stazioni terrestri. Lo stato avrebbe trovato più conveniente

non fornirsi di una vera flotta mercantile, ma appaltare i

trasporti civili marittimi alle corporazioni di navicularii,

vincolate da contratti simili a quelli stipulati con i privati,

con la sola eccezione di occasionali requisizioni e servizi

obbligatori55. Secondo Gianfrotta (GIANFROTTA 1990, p.

225), non esistettero navi espressamente adibite al

trasporto dei passeggeri: il solo caso noto sarebbe quello

del traghetto Brindisi - Durazzo (Dig., XIV, 1, 1, 12)

collegato al tessuto viario. Trovandosi nella necessità di

affrontare un viaggio per mare, i cittadini dell’impero

dovevano cercarsi dei “passaggi occasionali” o prendere

accordi presso le sedi delle varie corporazioni

rappresentate nei diversi porti, per usufruire di ospitalità a

bordo di bastimenti che seguivano delle rotte stabilite sulla

base delle esigenze commerciali. Il viaggio per mare,

quando possibile era comunque preferito, essendo sì, più

rischioso, ma in genere molto più breve e meno affaticante

(CASSON 1974, p 149 ss.). Chi sostiene l’opinione

contraria56, rileva invece che, almeno nella media età

imperiale, anche lo stato apprestò dei bastimenti per il

trasporto dei passeggeri. In realtà, ci sono alcune

testimonianze che dimostrano che lo stato si servì diverse

volte di navi per il trasporto di personaggi di rango, e che,

almeno in qualche occasione, le navi delle flotte

governative e alcune di quelle provinciali furono adibite al

trasporto di merci e rifornimenti57. Abbastanza esplicita

sembra la testimonianza di Tacito (Ann., IV, 27, 1)

sull’esistenza, già nella prima fase di istituzione del cursus,

di navi adibite al trasporto di dispacci e di personaggi

autorizzati ad usufruire del servizio statale, almeno nelle

acque dell’Adriatico e lungo le rotte di collegamento con

l’Africa, ma anche con le più lontane province (ECK 1999,

p. 94). In epoca tardo-imperiale e teodoriciana, almeno, è

ben documentata l’integrazione del trasporto fluviale lungo

il Po con il servizio terrestre, e sono menzionate navi

“cursoriae”58.

Tra i documenti in qualche misura ricondotti al cursus

publicus, l’Itinerario Antonino è quello che meglio attesta

l’esistenza di una rete di rotte e scali navali integrati con il

servizio governativo, mentre nella Tabula, stando almeno

all’opinione dei Levi, tali riferimenti sarebbero

rilevantemente pochi (LEVI 1967, p. 114 ss.). La fonte

epigrafica che ricorda la carriera di P. Aelius Liberalis

adombra l’esistenza di un servizio di posta marittimo,

gestito da un procurator pugillationis et ad naves vagas

imperiale, di stanza, probabilmente, ad Ostia59, suggerendo

che le comunicazioni del cursus avvenissero anche per

mare (HUDEMANN 1878, p. 573 ss.). A queste fonti, vanno

aggiunti i dati archeologici che consentono di individuare

il tipo della stazione fluviale, che quasi sempre costituisce

uno snodo tra viabilità fluviale e terrestre e delle

“positiones” marittime, piccoli scali che consentono la

sosta notturna ed il rifornimento, nel corso del cabotaggio,

e che funzionano da piccoli intervalli che separano le

grandi tappe segnate dai porti veri e propri, che sempre si

configurano come nodi di vie di comunicazione marittime

e stradali. La testimonianza oraziana sulla interconnesione

tra la navigazione fluviale e la viabilità terrestre in

prossimità del Decennovio è – come è noto – riferita ad un

periodo anteriore all’istituzione del cursus publicus, ma è

piuttosto probabile che questa sinergia nel trasporto di

merci e passeggeri sia stata attuata anche in epoca

successiva.

Le stazioni dovevano configurarsi strutturalmente come

quella di Fossis o quella anonima della Magliana (infra,

schede I.13 e X.3). Qualora poi si riconducessero i

documenti itinerari al cursus publicus, bisognerebbe

ammettere che le località ivi menzionate come porti

accogliessero stazioni adibite a quel servizio.

II.4 – Aspetti sociali

15

II.4 Aspetti sociali delle stazioni nella letteratura antica

La rete di strade che via via si compose in ogni lembo di

terra occupato da Roma (calcolata nel periodo della sua

massima estensione in circa 400 grandi arterie, per uno

sviluppo di circa 53.000 miglia60) era scandita da una

miriade di posti di tappa, che assolvevano tutti la stessa

funzione di aree di servizio, ma che si caratterizzavano

diversamente a secondo della regione nella quale si

trovavano (più o meno climaticamente ostile o più o meno

abitata) e della diversa qualità delle prestazioni offerte. Le

fatiche del viaggio rendevano obbligatoria una sosta ogni

7-12 miglia, per il cambio degli animali da sella o da tiro

che fossero61. Alla fine di una giornata di viaggio, stimata

in una media di 25-35 miglia62 (che però potevano variare

consistentemente a seconda della difficoltà del percorso o

dell’urgenza del trasferimento63), si trovavano le stazioni

attrezzate anche per il pernottamento, sia strutture

inquadrate nell’ordinamento governativo che sorte per

iniziativa e ad uso dei privati. Lungo i tronconi viari

interessati dal cursus, cioè, è verosimile che le stazioni

stradali fossero principalmente quelle gestite dallo Stato,

ma aperte anche alla fruizione dei privati (appunto, a

pagamento), forse solo nelle regioni economicamente e

demograficamente più attive affiancate da piccoli esercizi

commerciali privati, mentre lungo altri assi stradali non

serviti dal cursus, questi ultimi rappresentavano l’unica

forma di infrastruttura viaria. Se la fermata era

occasionale, i privati sceglievano le locande lungo le vie,

ma se la sosta era di qualche giorno, certo preferivano gli

alberghi e le camere in affitto dentro le aree urbane

(CASSON 1974, pp. 203-218, fonti p. 353 s.). È opinione

corrente che taverne e locande si trovassero, comunque,

spesso presso le porte delle città64.

Per ricostruire il clima che si respirava in questi locali,

vengono usate indifferentemente fonti provenienti da locali

di centri urbani (più numerose), come dai rinvenimenti

effettuati lungo le strade, ma questa imprecisione non

inficia il quadro che se ne può disegnare. Da questo corpus

piuttosto ricco, emerge uno spaccato pittoresco di

“tenutari”, in parte albergatori e ristoratori, in parte

imbroglioni e lenoni, che vantano le delizie alimentari e

non dei loro locali, che proclamano la convenienza o

l’onestà dei prezzi del loro “hospitium cum prandio”65, e la

protezione degli dei sulle loro stamberghe66. Questi luoghi

sono talmente malfamati che divengono “il luogo di

corruzione dei costumi e perdizione per eccellenza”, al

punto tale, da ispirare diversi decreti che ne limitano le

attività (CASSON 1974, p. 217 ss.), e da richiedere da parte

della Chiesa cristiana una disposizione che consente agli

ecclesiastici di ristorarsi nelle taverne solo quando queste

si trovano lungo le strade e non vi è altra possibilità

(KLEBERG 1957, pp. 94-95).

Per diverse epoche, possediamo la descrizione di come

fosse impiegato il tempo durante le soste dei viaggiatori,

che sembra l’unica cosa immutata nei tanti secoli della

romanità. In questo caso, possiamo immaginare che la

“qualità” - scarsa - delle prestazioni accessorie offerte non

dovette essere dissimile tra gestione pubblica e privata.

Anche i poeti satirici e gli epigrammatisti come Giovenale

e Marziale ci hanno lasciato colorite descrizioni di questi

ambienti: Giovenale, ad esempio, si diverte a deridere un

aristocratico romano che trascorre il suo tempo in un

popina di Ostia, frequentata da “assassini, marinai, ladri e

schiavi fuggitivi, boia e becchini...” (Juv., VIII, 172-176)67.

Neppure la clientela era molto scelta: ai viaggiatori

occasionali, infatti, si univano rappresentanti di

commercio68, mulattieri69 e marinai (Suet., Vitell., VII, 3

(cap. III, n. 96); Plut., de Sanitat. Praec., 16). Orazio ci ha

lasciato, in poche pennellate poetiche, la descrizione del

viaggio effettuato nel 37 a.C. al seguito di Mecenate: le

locande poste lungo le vie, mal frequentate e caotiche,

appaiono comunque già distribuite in un piano organico,

dal momento che sono scandite secondo tappe che

sembrano già fissate dall’esperienza (a proposito della

tappa da Aricia a Forum Appi, Orazio si giustifica dicendo

che hanno preferito dividere in due tranches un tratto che

“viaggiatori più veloci avrebbero percorso in un solo

giorno”70). Ben diverso è il quadro che ci presenta

l’operetta Copa dell’Appendix Vergiliana: qui, alle grazie

della generosa ostessa si intona l’ambiente bucolico di una

fiaschetteria sotto le fronde, all’ombra dei pampini, dove si

ristorano le membra con il vino, le tenerezze delle fanciulle

e i dadi, dove al suono del flauto e della lira si godono i

piaceri della vita (fonte n. 100)71. Nell’età antonina il

panorama che ci viene descritto è sensibilmente diverso: il

viaggio che Elio Aristide intraprende nel 165 in Asia

Minore porta a squallide stamberghe, tanto decrepite da

non poter essere frequentate; mentre dal romanzo

apuleiano traspare un quadro inquietante di predoni che

infestano le strade e di omicidi consumati nello squallore

dei cubicola degli stabula: disavventure non troppo

improbabili anche per i viaggiatori più avveduti (Apul.,

Met., I, 15, fonte n. 75: CHEVALLIER 1988, pp. 53-55). Una

fortuita casualità ci consente di toccare con mano gli

aspetti più materiali di una missione ufficiale: un papiro ci

ha conservato il resoconto delle spese di uno dei servitori

al seguito di Theophane, in viaggio dall’Egitto Superiore

ad Antiochia tra il 317 ed il 323 (si è conservata la

rendicontazione registrata alla partenza da Pelusium,

presso il moderno Porto Said). Il cameriere annota

giornalmente solo le spese per il cibo, calcolando una sorta

di rimborso per l’alloggio ed il foraggio per gli animali: i

rimborsi statali, quindi, coprono solo le spese per i trasporti

e l’alloggio, ma non per il vitto (fonti nn. 122-123, cap. III.

Cfr. CASSON 1974, pp. 190-193). Per il IV secolo abbiamo

le descrizioni di luoghi affollati e rumorosi in Giuliano

(Epist., LXXXIV72) e Gregorio di Nazianzio (ad esempio,

Carm., II, I, XI, 386-485, del 372 d.C.73), che ci raccontano

II.4 – Aspetti sociali

16

di piazzali polverosi trafficati da carrozze e cavalli, una

sorta di fiera molto animata, e locali dove giunge il

tramestio degli uomini e lo scalpitare degli animali, pieni

di servi occupati a maledire ed imprecare, e di mulattieri

ubriachi. Ancora nell’ultimo trentennio del V secolo,

Sidonio Apollinare (Epist., VIII, 11, 3, 42 ss.)

ardentemente spera di non finire nelle madidae tabernae di

Burdigala, costretto a “tapparsi il naso per non sentire i

fumi maleodoranti della cucina e gli sgradevoli odori dei

salsicciotti appesi al soffitto, dove i vapori delle pentole si

mescolano a quelli delle padelle scoppiettanti”, sordide

locande che ricordano le fumosae popinae di Ausonio

(157, 21). In ogni epoca, comunque, gli osti e gli

albergatori, in genere individui liberi, spesso di origine

greca od orientale, vennero sempre considerati infidi e

furfanti, al punto da divenire “maschere” nella letteratura

antica, tipizzazione alla quale non sfuggirono neanche le

poco onorate consorti, in genere ritenute delle streghe

(Apul., Met., I, 6. Cfr. CHEVALLIER 1972, p. 219).

Tradizionalmente, infatti, erano proprio le donne a gestire

questi locali (BAGNANI 1958, pp. 439-442), anche se

spesso i proprietari di un locale, uomini e donne,

preferivano farsi rappresentare da un institor che gestisse i

loro affari, affiancato da altro personale, in genere di

condizione schiavile, che si occupava delle cucine, delle

pulizie, del trasporto bagagli e della portineria (CASSON

1974, p. 208). La mobilia di tali alberghi doveva essere

piuttosto “essenziale”, oltre ai letti (lectus o lectulus), vi

erano una sorta di materassi (che certo non godevano di

ottima fama e dovevano essere ben ispezionati prima

dell’uso, se per le cimici era popolare l’epiteto di

“cauponarum aestiva animalia”74), e pochi “complementi

d’arredo”, costituiti soprattutto dalle lampade e dalle

lucerne per l’illuminazione.

Le insegne delle locande, spesso accattivanti o spiritose,

diedero di frequente il nome all’intero complesso: dalle

figure di uomini (Ad Fratres, Ad Centuriones), di animali

(Ad Gallum Gallinaceum, Ad Draconem, Ad Aquilam,

ecc.), di oggetti (Ad Rotam, Ad Ensem), di piante (Arbor

Felix), al tipo stesso degli edifici ( Ad Pictas, Ad Stabulum,

ecc.), alle divinità (Ad Martis, Ad Herculem, Ad Templum,

ecc. Cfr. FRIEDLÄNDER 1922, p. 347; KLEBERG 1957, pp.

65-66, 115-119; MALIPIERO 1982).

Come si è potuto constatare, non ho mai fatto riferimento

alla differenza – generalmente affermata – tra stazioni

stradali definite dagli antichi “mansiones”, intese come

luoghi di sosta molto attrezzati, che contemplano la

possibilità di pernottamento, e “mutationes”, cioè stazioni

adibite al solo cambio dei cavalli e quindi con una

dotazione infrastrutturale molto semplificata, perché, come

meglio si vedrà nei capitoli III e VII, tale distinzione è

stata introdotta in età tardo imperiale e anche da un punto

di vista archeologico tale diversificazione appare piuttosto

evanescente.

.

1 Servizi di posta efficienti che prevedevano la dislocazione sul territorio

di stazioni per la sosta ed il cambio degli animali erano già noti in Persia,

dal V secolo a.C., nell’Egitto Tolemaico ed in Cina dal III secolo a.C.:

HOLMBERG 1933, pp. 17-32; PFLAUM 1940, pp. 18-21; VAN’T DACK

1962, pp. 338-341; NEEDHAM 1971, pp. 3, 34-38. 2 Il Brunt, accolto dall’Eck, sottolinea come non sia appropriato usare il

termine “cursus publicus” per i primi secoli dell’impero, essendo questo

impiegato solo in età tardo imperiale (un sinonimo corretto potrebbe essere vehiculatio), ma lo stesso Eck lo adotta perché non è soggetto a

fraintendimenti, contrariamente alla traduzione moderna di “servizio di

posta”, da Lui – giustamente – bandita (ECK 1999, p. 93, nota 1). L’espressione “servizio di posta” viene, invece, qui utilizzata, perché

molto diffusa nella bibliografia sulla viabilità romana. 3 Fonti in RAMSAY 1920, p. 79 ss.; VAN OOTEGHEM 1959, pp. 189-193; CASSON 1974, pp. 220-222. Ai tabellarii publici venivano affidati, in

occasioni particolari, anche i dispacci ufficiali che dai governatori

provinciali venivano spediti a Roma. Nel 168 a.C., ad esempio, un tabellarius che afferma di giungere dalla Macedonia annuncia al console

C. Licinio la vittoria di L. Emilio Paolo su Perseo: Liv., XLV, 1, 6, 7. Lo

stesso Antonio, si presenta al portiere della casa di Fulvia come “tabellarius a Marco”: Cic., Phil., II, 77, fonte n. 105. Una lettera, in

queste condizioni di precarietà, poteva impiegare tempi diversissimi per

giungere a destinazione: al tempo di Cicerone, le spedizioni tra Roma ed

Atene, ad esempio, potevano richiedere tra le 3 e le 7 settimane,

dall’Egitto a Roma potevano impiegare anche 20 giorni, da 50 a 100 dalla

Siria. In molte occasioni, soprattutto prima che tali “agenzie” di recapiti si strutturassero, le missive ed i bagagli venivano spediti approfittando di

commercianti che facevano gli stessi itinerari: Plaut., Miles Glor., 131. 4 “J` `”: Strabo, V, 4, 13. Gli autori greci, trattando del servizio di posta impiantato dai Gran Re di Persia,

distinguono gli hjmerodromoiv, cioè i messaggeri a piedi che svolgono un

servizio regolare, quotidiano, dagli ajggaroiv, i corrieri a cavallo che portavano notizie importanti ed urgenti (Herodot., III, 126; VI, 105; VIII,

98) e che hanno una corrispondenza con i cursores romani (Nep., Milt.,

4,3, Liv., XXXI, 24). L’episodio è commentato da Gellio (X, 3, 19). Cfr. HUDEMANN 1878. 5 DESJARDINS 1878, p. 53; HUMBERT 1887, p. 1648; RAMSAY 1920, pp.

81-83. Cfr. SCHROFF 1932, col. 1845. Bibliografia completa in CROGIEZ

1990B, p. 392 ss. 6 Tra questi l’editore Th. Mommsen nel CIL, I, 551; CIL, I2, 638; il

Kornemann (KORNEMANN 1953, p. 996) e l’Holmberg (HOLMBERG 1933, p. 36). Il Cary (CARY 1936, pp. 166-167) avanza l’ipotesi che si trattasse

di “cartelli stradali”, seguito da Susini e Bracco, che interpretano

tabellarius come “pannello riassuntivo dell’itinerario” (SUSINI 1984, pp. 103-110, BRACCO 1958, pp. 93-97); mentre il Grenier (GRENIER 1931,

pp. 79-81) vi vede una specie di marciapiede. Proprio sull’esistenza dei

tabellarii sono incentrati gli altri documenti, discussi in DESJARDINS

1878. 7 HOLMBERG 1933, p. 33, cita Cato, Orig., fr. II, p. 37 ed. Jordan, e Cic., de Leg., III, 8, 18 (riferito al 198 a.C.). 8 La Crogiez sottolinea che l’espressione svetoniana “celerius ac sub

manum” implichi un miglioramento nella qualità e nell’estensione del servizio, e non una innovazione: CROGIEZ 1990B, p. 394. 9 I diplomata, definiti nelle fonti anche tractoriae (sc. litterae),

contenevano informazioni molto dettagliate sul nome del beneficiario, sull’itinerario da percorrere, il numero delle tappe previste, la durata del

viaggio, il tipo ed il numero dei veicoli. Il controllo di tali documenti

veniva effettuato nelle stazioni stesse, dove, se pure non si pernottava, era stabilita una sosta per un determinato numero di ore. I diplomata, secondo

BELLINO 1910, pp. 1418-1419, avrebbero concesso il diritto al vitto dei

viaggiatori ed al foraggio per gli animali che li accompagnavano, ma – come abbiamo visto – tale opinione è contraddetta dalle fonti: sulla base

di Cod.Theod., VIII, 5, 9 e VIII, 6, 2 (fonte n. 150) sembra che l’evectio

autorizzasse il solo trasporto, mentre la tractoria concedesse anche il diritto al vitto ed alloggio: CASSON 1974, p. 184. Particolare privilegio

era la concessione dei paraveredi, cavalli di sostegno. Sull’evoluzione

dell’evectio vedi DI PAOLA 1999, pp. 61-73. 10 La frequenza con la quale questi abusi venivano perpetrati è

testimoniata indirettamente dalla numerosa raccolta di azioni legislative

volte a punirli e reprimerli, o dai documenti nei quali si tenta di motivare tali abusi: ad esempio, Plin., Epist., X; 120; S.H.A., Pertin., I, 6; Jul.,

Epist., VIII (sulla facilità con la quale questi permessi vengono elargiti);

II. - Note

17

XV; XXVI, ecc. Il numero dei fruitori si incrementò con la concessione

ai vescovi del diritto di servirsi delle attrezzature del cursus, elargita per

la prima volta da Costantino in occasione del concilio di Nicea del 325,

ribadita in occasione dell’adunanza dei vescovi d’Oriente a Seleucia e contestata già da Ammiano Marcellino (Amm., XXI, 16, 18). Costantino

garantì sia agli ortodossi che agli scismatici il diritto ai cavalli da sella per

i cavalieri ed alle raedae per chi non andava a cavallo, che gli imperatori successivi allargarono fino al vitto ed alloggio: GORCE 1925, pp. 28-57.

Occasionalmente, alcuni privati cittadini di alto rango, anche cristiani,

ebbero il privilegio di usufruire del servizio pubblico, come è ben evidente nelle fonti: ad esempio, il caso di Melania (GORCE 1925, p. 47

ss.; LECLERCQ 1948, coll. 1634-1635; GORGE 1962, pp. 226-229; LEVI

1967, pp. 107-108, n. 124) e di Gregorio di Nissa (che, nel 380, impossessatosi di un carro del cursus, viaggiò instancabilmente,

trasformandolo in una sorta di cappella viaggiante: GORCE 1925, p. 48).

Basilio richiese alle autorità di concedere l’uso del cursus ad un gruppo di cristiani che dovevano trasportare il corpo di un parente, ed ancora,

abbiamo notizia di un indemoniato che chiese all’imperatore di

autorizzarlo ad utilizzare il servizio di stato per recarsi presso S. Ilarione: GORCE 1925, pp. 45-46; CASSON 1974, p. 302. 11 DI PAOLA 1999, pp. 26-31. Da rilevare che nel testo epigrafico si

specifica che l’alloggio nella mansio è gratuito per il solo imperatore e

per il suo seguito, e per i magistrati che prestano servizio nelle province.

L’esistenza della struttura per il pernottamento entro la città di Sagalassos

è data per scontata (non sembra, cioè, di recente fondazione), mentre è necessario ribadire che i privati non possono usufruire di nessuna di

queste agevolazioni. 12 I magistrati ricordati sono forse gli impiegati delle varie stazioni, che

comprendono anche i curiales (Plut., Galb., VIII), che eseguivano le

requisizioni per provvedere a quanto necessario per il funzionamento della posta: infra. 13 CIL, XIII, 13283; CIL, VI, 559. All’epoca di Marco Aurelio risalirebbe

l’unica emissione monetale che raffigurava, nei panni di una donna, la

personificazione del cursus publicus, con la legenda “v”. 14 Nell’età di Severo Alessandro – e forse, già all’epoca di Caracalla -,

prima di partire per la campagna militare, è previsto che si disponga dettagliatamente il piano di marcia dell’esercito, pianificando tutte le

tappe presso le quali si effettueranno i rifornimenti, intessendo la

relazione tra servizio di posta ed annona militare, quando già è scontata la presenza delle pattuglie sulle strade (S.H.A., Sev. Alex., XLV, 47). 15 PFLAUM 1940, pp. 91-121; LEVI 1967, pp. 103-106. Per le vicende del

cursus dopo Severo, vedi in particolare ZAWADZKI 1960, pp. 89-90. 16 L’elenco delle azioni intraprese dal potere imperiale a tale scopo è

piuttosto nutrito: Cod.Theod., VIII, 5, 5-9; VIII, 5, 18-20; VIII, 5, 47-49,

ecc. 17 Amm., XXI, 16, 18. In Cod.Theod., VIII, 5, 12, del 362 d.C.,

l’imperatore Giuliano l’Apostata si scaglia contro le pretese arroganti di

molti notabili che hanno portato il cursus publicus all’inefficienza. Altre fonti in CASSON 1974, pp. 188-189, 302, 351-52. 18 Si può ricordare il passo in cui Simmaco parla di un viaggio verso la

Spagna, da compiersi nel 399, per il quale chiede l’autorizzazione ad utilizzare per la famiglia i cavalli del cursus publicus: Symm., Epist., VII,

82. 19 Lo stesso imperatore decise l’abolizione del servizio lungo il tratto Calcedone-Dacibiza, sostituito da un servizio navale che collegava

direttamente Bisanzio con Elenopoli: LEVI 1967, p. 106. 20 ARCE 1990 sulle fonti che attengono al cursus nella Hispania. 21 DI PAOLA 1999, p. 41 ss. Da rilevare, che è qui ammessa l’esistenza

delle stazioni stradali gestite da mancipes, intesi come “managers delle

mansiones, titolari delle imprese di trasporti”. 22 Ci sono diverse attestazioni epigrafiche o anche fonti letterarie che

citano alcuni ruoli inseriti nel sistema dei trasporti, ma in queste fonti non

è possibile assicurarsi della pertinenza al cursus publicus di queste cariche. 23 Come abbiamo visto, questa duplicità costituisce un esito di una certa

sovrapposizione nei ruoli di questi apparati stazionari che emerge sia nelle trattazioni giuridiche che nelle altre fonti: PUGLISI 1987, p. 255 ss. 24 Ai tabellarii si rivolgevano anche gli ecclesiastici che, autorizzati ad

usare le strutture del cursus per i trasporti e le soste, non potevano usufruire del servizio di posta. Proprio da alcuni autori cristiani sappiamo

che questi individui non godevano di molta stima: erano trascurati nel

vestire e nell’igiene, capricciosi sulle destinazioni loro affidate, impiccioni sul contenuto delle missive e indisponenti: in Paulin., Epist.,

XXII, 2 ci viene descritto a vividi colori un monaco, con scarsa

vocazione, che non consegna neppure le missive che gli vengono affidate.

Cfr. GORCE 1925, pp. 226-239. 25 Per il rapporto tra tabellarii e cursus, vedi SCHROFF 1932, col. 1884 ss. 26 CHEVALLIER 1972, p. 219, senza fonti. La legislazione cercava, ad esempio, di tutelare i frequentatori della cauponae soprattutto dai furti,

dal momento che i tenutari di questi locali erano ritenuti responsabili per

il bagaglio al seguito dei viaggiatori (a volte, assai ingombrante, comprendente, cioè, viveri, “casalinghi” di prima necessità, biancheria e

vestiario: CASSON 1974, pp. 176-184, con fonti a pp. 349-351. Vedi cap.

III, fonti nn. 152-153), ma imponeva delle regole anche sull’instrumentum e la supellex da impiegarsi: CROOK 1967, pp. 226-228:

Dig., XXXIII, 7, 13, ss. 27 Qualora queste fossero state ritenute futili, i latori sarebbero stati condannati a tornare a destinazione a loro spese: HUDEMANN 1878, par.

43. 28 CASSON 1974, p. 128 ss.; sulla composizione sociale dei viaggiatori nelle province occidentali vedi FRÉZOULS 1989. 29 La fonte principale è, ovviamente, Cicerone, ma vi sono altre

testimonianze interessanti anche di epoca successiva: CASSON 1974, p. 197 ss., 352-353. Cicerone possedeva un deversorium ad Anagni, che

usava come base quando si recava nei suoi possedimenti di Arpino,

sostando anche a Lanuvium e Sinuessa nel corso del viaggio verso le sue

ville sul mare. 30 Soprattutto Livio, XLII, 1, 9 ss.: “i magistrati intraprendono il viaggio

con muli carichi di vettovaglie, tende e tutto l’equipaggiamento militare, così da non dover chiedere nulla agli alleati. Sono soliti alloggiare presso

privati cittadini ed approfittare dell’ospitalità offerta con discrezione e tatto. Le loro case in Roma, del resto, erano aperte a coloro che

solitamente li ospitavano”. Cesare fu ospite del padre di Catullo a Verona:

CHEVALLIER 1972, p. 219. Lo stesso Cesare, sorpreso da una tempesta nel corso di un viaggio, è costretto a riparare presso la capanna di un

pover’uomo, trascorrendo la notte sotto la tettoia dell’ingresso: Plut.,

Caes., XVII, 11. Anche di Catone il Giovane sappiamo che, in occasione di un viaggio, preferiva inviare dei suoi dipendenti, che allestissero il

necessario per la sosta presso la dimora di un conoscente; qualora in

quella località non avesse conoscenti, riparava in un albergo o si faceva ospitare dai magistrati locali: Plut., Cato min., 12. In quattro casi diversi,

abbiamo attestazione epigrafica di una controversia tra Settimio Severo e

la classe senatoria, a proposito dell’esenzione dei senatori dall’obbligo di ospitalità: AE 1977, 807, p. 231 s. 31 Non a caso, infatti, sono i letterati romani, che devono aver fatto

esperienza di viaggio, che ci trasmettono queste lagnanze. Elio Aristide,

ad esempio, lamenta le pessime condizioni degli alberghi d’Asia, tanto

orribili da non poterci sostare, più spesso fatiscenti o abbandonati: infra,

par. 4. 32 La toponomastica ci tramanda l’esistenza di alcuni di questi piccoli

“agglomerati” di strutture pubbliche e private, attraverso le nomenclature

di Tabernis, Tres Tabernae, ecc: CHEVALLIER 1972, p. 218. Cfr. infra, cap. III.6. È verosimile che le stazioni ufficiali si presentassero in modo

migliore ed offrissero dei servizi più qualificati, mentre le locande private

raramente potessero garantire qualità ed igiene, come è vanto dell’epigrafe di Ombos (fonte n. 183, cap. III.3). 33 HUDEMANN 1878. Secondo il BELLINO (1910, p. 1414), sia i

catabolenses che i bastagarii sono addetti del cursus. 34 Infra, cap. III; KLEBERG 1957, pp. 1-25. 35 In realtà, negli Autori moderni c’è spesso tendenza a trasferire a questo

tema testimonianze archeologiche e letterarie od epigrafiche pertinenti a locande e taverne poste in città (con i casi eccezionali di Ostia, Ercolano e

Pompei). Immaginiamo, certo, che gli arredi o le insegne non differissero

molto tra città e campagna, ma il clima dovette essere diverso se sono gli alberghi e le stamberghe poste lungo le strade a stimolare a tal punto la

fantasia degli antichi: infra, par. 4 36 Hier., Epist., XLVI, 8-9; XLVII, 2. LECLERCQ 1925, col. 2748 ss.; LEVI

1967, pp. 99-100; WILKINSON 1971, pp. 10-13; CASSON 1974, p. 304 ss.

Nel capitolo III, par. 1, verranno citati alcuni dei documenti che, in

diverse forme, ci sono giunti con le narrazioni dei viaggi fatti da alcuni personaggi celebri. 37 I vescovi, ad esempio, erano legati da un vicendevole patto di ospitalità:

GORCE 1925, pp. 137-141. Paola, facoltosa vedova in pellegrinaggio in Palestina, fu invitata dal governatore di Palestina a trascorrere la notte

nella sua casa di Gerusalemme, ma rifiutò per sistemarsi in una

modestissima stanzetta a Betlemme: TOBLER 1879, pp. 29-40. 38 II, 26: “ut clerici edendi vel bibendi causa tabernas non ingrediantur,

nisi peregrinationis necessitate”.

II. - Note

18

39 Canone XXIV: PARKER ET ALII 1900, p. 144. Cfr.: GORCE 1925, p. 145;

KLEBERG 1957, pp. 94-96. 40 Vedi cap. III, fonte n. 126. Sulla scorta di S. Girolamo (Hier., Epist.,

CVIII, 14), sembra, comunque, evincersi che progressivamente si impose una differenza tra gli ospizi posizionati lungo le strade (che restavano

luoghi di sosta e d’incontro) e quelli che si trovavano entro i monasteri,

dove si effettuavano soggiorni più lunghi e più dedicati alla meditazione ed alla preghiera: LECLERCQ 1925, col. 2766. 41 GORCE 1925, pp. 146-147, CORSI cs. Sulla terminologia di questi

edifici per accoglienza vedi cap. III; sulla loro struttura vedi cap.VII. 42 LECLERCQ 1925, coll. 2749-2750. Cfr. fonte n. 91, e cap. VII,

xenodochia. 43 HEFELE – LECLERCQ 1907, pp. 803-804: “Quod ita demum compleri poterit, si unusquisque qui in canali constitutus est, cum progredientem

episcopum viderit, inquirat transitus eius, causas videat, quo tendat

agnoscat et si eum invenerit…propter desideria et ambitiones ad comitatum pergat, neque in litteris eius suscribatur, neque in

communione recipiantur”. “Canali” è tradotto con “via pubblica” perché

considerato traduzione latina del greco vn. GORCE 1925, pp. 36-37. 44 GORCE 1925, p. 205 ss.; DI PAOLA 1999, pp. 33-40, anche sulle

implicazioni politiche della concessione dell’uso del cursus agli ecclesiastici da parte di Costantino e dei suoi successori. 45 Vedi, ad esempio, le fonti nn. 10, 15, 37, 46, 47, cap. III. 46 Oltre al “paniere” di generi alimentari che l’annona doveva distribuire (detti cellaria: pane, olio, vino, carne, aceto), era considerato dovere

dell’annona militare anche la fornitura di foraggio per gli animali, legna e vestiario: DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v. annona. 47 Lo stesso imprescindibile legame tra viabilità ed annona militare è

sostenuto da Van Berchem e Reed (VAN BERCHEM 1973) a proposito dell’Itinerario Antonino: vedi cap. III.4. 48 DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v. annona;

ROSTOVTZEFF 1933, p. 551 ss.; JONES 1964, pp. 458 s., 626 s. 49 ŠAŠEL 1977, p. 235, con bibliografia critica. Generalmente, le viae

militares sono descritte come strade che nascono con un prevalente scopo

strategico, e che così vengono qualificate in un’epoca ben definita, ma che con il mutare della situazione geopolitica e militare, sono considerate

viae publicae ad ogni effetto. Il significato è presto banalizzato, indicando

una via di grande importanza pubblica che gode di uno stato giuridico particolare: CHEVALLIER 1997, p. 32. Da alcuni passi di Cicerone

(riportati in ŠAŠEL 1977, p. 238-241) si evince che tali viae militares

erano fornite di veri e propri allestimenti militari, oltreché di più semplici

posti di guardia, di stazioni per le segnalazioni, magazzini e fortini, ma il

significato tecnico del termine “via militaris” subì un’evoluzione dal

momento della sua comparsa, nel II secolo a.C., fino all’epoca tardo romana, nella quale l’accezione originaria sarebbe andata perduta. Le vie

militari sarebbero da localizzarsi tutte lungo il Limes, e la loro

organizzazione sarebbe avvenuta in tempi diversi, poco dopo la pacificazione di Dalmazia e Macedonia prima, e di Tracia poi;

l’istituzione di un “servizio informazioni” che riportasse in brevissimo

tempo i dispacci tra i comandi militari provinciali ed il quartier generale è, verosimilmente, da attribuirsi allo stesso Augusto. In quest’ottica, viene

sottolineato il ruolo egemone che i militari avrebbero svolto nella

gestione della viabilità, per quanto concerneva la sicurezza e la trasmissione delle notizie: ŠAŠEL 1977, p. 242 ss. 50 DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v. annona;

ROSTOVZEF 1933, p. 185 ss.; ECK 1999, pp. 151-194, sull’istituzione alimentare e sul rapporto tra la sua amministrazione e quella delle strade.

Anche per l’annona civile come per la vehiculatio, fu Augusto a

razionalizzarne la strutturazione con l’istituzione della Praefectura Annonae. 51 L’annona è attestata in diverse amministrazioni municipali, tuttavia, per

l’importanza che rivestì, in genere con questo termine si indica l’apparato organizzativo che si occupava del mantenimento della smisurata

popolazione di Roma. La popolazione della città di Romolo raggiunse,

infatti, livelli impensabili per il mondo antico, tanto da detenere il record di consistenza demica mai registrato fino alla rivoluzione industriale: LO

CASCIO 1990, pp. 229-236. La pressione politica che l’impero nascente

impose ai vinti fece sì che questi fossero costretti ad una specializzazione produttiva innaturale per un’economia contadina, e coltivassero quella

sola risorsa indispensabile a Roma che era il grano, raccolto in qualità di

contribuzione in natura. La preoccupazione annonaria è già presente (o, almeno, proiettata dalla storiografia antica) nei primi secoli della

repubblica, quando le quantità di grano necessarie al fabbisogno di Roma

venivano reperite in Etruria meridionale, nel Lazio meridionale, nella

Pianura Pontina, in Campania, e da queste regioni trasportate per vie di

terra con costi elevatissimi. La sottomissione della Sicilia, della Sardegna

e poi della Spagna dirottò l’obbligo della produzione granaria per il mantenimento di Roma su queste terre, dalle quali si potevano effettuare

trasporti via mare, alleggerendo così la pressione sul centro Italia

tirrenico, che poté dedicarsi a produzioni agricole più redditizie e differenziate. Il fattore trasporto (calcolato come rapporto costo/qualità-

deperibilità della merce alimentare) innescò la trasformazione del

paesaggio agrario nelle regioni più vicine a Roma, che si specializzano in produzioni alimentari “di valore”, trasportabili in tempi rapidi via terra

(orticoltura, pollame ed altri animali da cortile, selvaggina e pesce):

CARANDINI 1985. Nell’età repubblicana, la questione venne risolta dando in appalto ai decumani la riscossione delle decimae dei raccolti, ma il

ruolo di questi si limitava al reperimento ed allo stoccaggio presso i porti

di tali smisurate quantità di grano (deportatio ad aquam), lasciando aperto il problema del trasporto e della distribuzione. In mancanza di una flotta

commerciale statale (LO CASCIO 1990, p. 242 con altra bibliog., ma vedi

par. 3), il compito di trasferire i carichi dagli horrea dei porti provinciali che via via divenivano più strutturati, venne affidato inizialmente a

singoli, con compiti e qualifiche piuttosto ambigue: mercator,

navicularius e negotiator indicano spesso lo stesso individuo che si

occupa di reperire e raccogliere la merce, ma che è anche proprietario

della nave ed intermediario tra le parti (su queste distinzioni vedi: DE

SALVO 1992, p. 207 ss.). Il passaggio dalla repubblica al principato segna, anche in questo caso, una conquista della burocrazia imperiale che si

accolla progressivamente i ruoli lasciati precedentemente in gestione ai beneficiari degli appalti. Parallelamente all’irrigidirsi della

regolamentazione dei prezzi, diminuisce la redditività di tale attività, che

comporta anche dei seri rischi. Per arginare la “crisi della quantità e della disponibilità degli armatori” si dovettero prendere alcuni provvedimenti,

primi fa i quali la costruzione di impianti portuali sicuri ed efficienti

(Ostia, Anzio, Centumcellae, Tarracina, ecc.), ai quali corrispose la nascita e la crescita incontrollata del potere delle corporazioni (DI PORTO

1984). In età imperiale, alla fine di un lungo processo formativo che

occupa almeno gli ultimi due secoli dell’età repubblicana, l’annona appare ben definita sul piano giuridico e burocratico. In generale,

bibliografia e inquadramento aggiornato in DE SALVO 1992, pp. 16-17, p.

79 ss. 52 Per fornire qualche esempio di come fossero ordinarie le

sovrapposizioni tra le varie attività governative, possiamo ricordare la

località di Poetovio, dove anche l’imperatore Costanzo Gallo fece tappa

(Amm., XIV, 11, 19), che è ricordata nelle fonti epigrafiche come sede di

una stazione fiscale (PUGLISI 1987, p. 245 nota) e come tappa

nell’Itinerario Antonino (129), nell’Itinerario Burdigalense (561, 4) e nella Tabula. In Ammiano (I, 100) viene anche ricordato come luogo

dove, in palatio extra muros, fu rinchiuso Cesare Gallo (354 d.C.).

Poetovio si trova nella Pannonia Superiore, sulla strada che collega Aquileia al Danubio, percorrendo le sponde della Drava. Qui si trovava

un campo di legionari, e, forse nell’età di Adriano, vi fu stanziata la statio

Poetovionensis del publicum portorium Illyirici. 53 In generale, DE SALVO 1992, pp. 26-34 con bibliog., e p. 144 ss. Dalle

fonti si conoscono anche navi costruite per trasportare merci specifiche

(ad esempio, le navi per il trasporto del bestiame, per i marmi, o comunque destinate ad imbarcare un solo tipo di carico: naves vinariae,

granariae, stipate di dolii per il trasporto dei generi alimentari, vino in

primo luogo) o per trasporti eccezionali, quali quelli degli obelischi: GIANFROTTA 1990, pp. 218-219. 54 Sen., Epist., LXXVII, 1. Con l’incrementarsi del volume degli scambi e

del traffico via mare, crebbero anche le esigenze di strutture portuali adeguate ed aumentò anche l’ambiziosità dei progetti, fino a quello

futuristico di Nerone di aprire un canale che consentisse il trasporto per

alaggio delle merci sdoganate nel porto di Puteoli che unisse il lago

d’Averno ai dintorni della capitale. Come il suo predecessore Claudio ed

il suo successore Traiano, anche Nerone fu costretto a ripiegare sul più

fattibile progetto di un porto da lui stabilito ad Antium, ma la tecnica delle fossae non fu abbandonata. 55 ROSTOVZEV 1933, p. 440. Per tutta la discussione sul ruolo assunto da

queste corporazioni si rimanda, ovviamente, al contributo della DE SALVO

1992. 56 HUDEMANN 1878, par. 60 ss; p. 537 ss.; HOLMBERG 1933, p. 69;

KORNEMANN 1953, col. 1009. Cfr. FRIEDLÄNDER 1922, p. 331, nota 7. 57 ROSTOVZEV 1933, p. 189 ss. Per le fonti vedi LEVI 1967, pp. 114-116 e

nota 144.

II. - Note

19

58 Sid.Apoll., Epist., I, V, 2, del 467, per il tratto Pavia - Ravenna;

Cassiod., Var., II, 31; IV, 45. 59 CIL, XIV, 2045 = ILS, 1534. HENZEN 1875, p. 5; MEIGGS 1973, p. 302

il vocabolo pugillator è inteso nel senso di colui che trasporta le tavolette iscritte (dette pugillates), mentre le naves vagae sono le navi veloci per il

trasferimento dei dispacci o, meglio, le navi che non hanno il loro porto

nella provincia d’origine e che non seguono rotte fisse: cfr. DE SALVO 1992, p. 214, nota 144, con bibliog. Tuttavia, l’iscrizione non ha ancora

trovato un confronto e, quindi, la sua interpretazione resta incerta:

PASCHETTO 1912, p. 201; LE GALL 1953, p. 236. 60 GUALANDI 1990, p. 199 ss. L’estensione della rete viaria viene

calcolata in 120.000 km. da QUILICI 1991, p. 17. 61 Tale cifra è stata calcolata sulla base delle tratte viarie descritte nell’itinerario Burdigalense, che scrupolosamente elenca il numero delle

stazioni per cambio degli animali (vedi infra, cap. III, par. 4):

GELSOMINO 1966, pp. 169-170. 62 Plin., N.H., VI, 102 ss., XII, 64 e 65 (= cap. III, fonti nn. 2, 3, 4) . Dalla

V satira di Orazio (vedi cap. III, nota 9) ricaviamo dati disomogenei, che

fanno oscillare le giornate di viaggio da un minimo di 3 ad un massimo di 38 miglia: CHEVALLIER 1972, p. 213 ss. Le cifre di 35-40 miglia potevano

essere coperte in occasioni particolari, a prezzo di un grande

affaticamento. CHEVALLIER 1988, p. 62, calcola una media di 20 miglia

giornaliere per un pedone, più 5/10 se si usa un carro o un cavallo.

Procopio (Hist. Arc., XXX, 3 e 5, fonte n. 119) ci attesta che un

messaggero copriva in media 8 tappe, a volte meno, comunque, difficilmente meno di 5, a seconda delle difficoltà del percorso e del

traffico che lo interessava, mentre sulla base di Vegezio (I, 9) si può affermare che la distanza tra due mansiones attrezzate per il

pernottamento fosse di 36 miglia, tratta di marcia che usualmente

percorreva un legionario in una giornata. 63 Una delle lettere che Ovidio spedisce dal Ponto (Ovid., Pont., IV, 5, 7),

impiega solo 9 giorni per coprire il tratto Brindisi - Roma, con una media

di circa 40 miglia al giorno. Nel caso di eventi bellici, poi, i tempi si contraevano ulteriormente: è documentato il caso di Cesare che, allo

scoppio della guerra gallica, si precipitò da Roma a Ginevra, percorrendo

circa 100 miglia per giornata (Plut., Caes., XVII, 5). 64 Plaut., Pseud., 658-9: “Ego devortor extra portam huc in tabernam

tertiam…”; KLEBERG 1957, p. 49 ss; 68 s. Questa affermazione, tuttavia,

fondata anche sulla testimonianza forzosamente interpretata di Cicerone e Properzio, non trova grande riscontro nella documentazione archeologica:

infra, cap. VII. L’unico studio dettagliato, quello del Kleberg su Pompei,

dimostra, infatti, che la densità delle locande è sì maggiore presso le porte

della cinta muraria, ma che esercizi commerciali di questo tipo sono

diffusi in tutta l’area urbana: KLEBERG 1957. 65 CIL, XIII, 2031 = ILS, 6037. L’iscrizione, che declama in versi la convenienza economica ed i vantaggi per la salute di chi sosta presso

l’hospitium di Septumanus, proviene da Lugdunum, dove si ritiene che

fosse “supra portam xenodochii collocata”. Trattandosi di un titulus urbano, non è stato inserito tra le fonti raccolte nel cap. III. 66 Fonti e commento in KLEBERG 1957, pp. 114-119; CASSON 1974, pp.

218, 351-352. 67 GUALANDI 1990, p. 212; ma anche questo passo non è riferito alle

taverne lungo le vie, bensì a quelle urbane. 68 Apul., Met., I, 4, fonte n. 74; Dig., XVII, 2, 52, 15, fonte n. 151. 69 Nella Appendix Vergiliana ci viene descritto a vividi tratti un tale

Sabinus, mulio più veloce di tutti, che ora, deposte le briglie, è divenuto

sacerdote dei Castori, Catalepton, X, 1 ss. 70 Cap. III.1, fonte n. 88. CHEVALLIER 1988, pp. 8-10. 71 Che in questo caso ci si riferisca ad un luogo di sosta lungo la viabilità

sembra garantito non solo dal clima tutto “agreste” del poemetto, ma anche dal duplice riferimento al viandante “aestivo defessum pulvere” (v.

5), che “pampinea fessus requiescit sub umbra” (v. 31) e all’asellus che

“lassus iam sudat “ (v. 25) . 72 Del 362-363 d.C., dove si insiste sul divieto imposto ai sacerdoti di bere

nelle osterie. È interessante notare che l’imperatore ribadisce che i pagani

devono sentire la necessità di istituire degli xenodochia per stranieri e bisognosi. Cfr. Jul., Epist., LXXXIX, 289a-292b (sulla filantropia), dove

si sostiene che i cristiani si dedicano ad attività caritative solo per

interesse e che in realtà non fanno altro che imitare i precetti già stabiliti in età antica da Omero (Od., XIV, 56-58). 73 Anno 372: “Mi trovavo ad una stazione lungo la grande strada della

Cappadocia, all’incrocio tra tre vie, senza acqua, senza forze, senza alcuna disponibilità di viveri, presso un piccolo villaggio orrendo. Qui è

tutto uno strepito di carri, un sollevarsi di polvere, di grida e ululati, di

sovrintendenti, schiavi e popolani, di viaggiatori e vagabondi”. 74 Nel Vangelo apocrifo di Giovanni, di IV-V secolo, che narra del

viaggio dell’apostolo da Laodicea ad Efeso, si racconta della sosta presso

un albergo abbandonato: “il primo giorno arrivammo ad una locanda deserta (in greco, pandokeion), dove cercammo un letto per Giovanni,

imbattendoci in uno strano caso. C’era un giaciglio senza coperte,

stendemmo i nostri mantelli, ma era infestato dalle cimici…”: Acta Johannis apocr., LX, 1, 8; cfr. JAMES 1924, p. 242.

III – Le fonti

20

CAPITOLO III

LE FONTI

Principale intento di questa raccolta è quello di fornire un

quadro quanto più possibile completo delle fonti

riguardanti le strutture per la sosta lungo la viabilità. È

stata operata una distinzione per definizioni (vocaboli) e

all’interno di ogni voce è stato seguito l’ordinamento

cronologico, dando la precedenza a quelle sicuramente in

rapporto con il cursus publicus, fino a quelle pertinenti al

trasferimento di viaggiatori privati ed, in ultimo, alla

versione greca di alcuni termini, con l’obiettivo di

ricostruire una sequenza cronologica - qualora esista -

nell’utilizzo di questa terminologia, riportando, se

possibile, queste trasformazioni semantiche all’evoluzione

del servizio di posta. Troppo spesso, infatti, si è cercata

una risposta univoca che soddisfacesse ogni schematismo,

dimenticando che il servizio di posta, strettamente legato

ad esigenze amministrative e militari sempre diverse, ha

avuto molti secoli di storia, nel corso dei quali le attività ed

i servizi, i luoghi di tappa e le strade, hanno subito molte

modificazioni, lasciando alle loro spalle una vera e propria

stratigrafia, da ricostruire anche nei suoi mutamenti sul

piano archeologico e terminologico. A tale scopo, la

raccolta è divisa in «categorie» (fonti letterarie, giuridiche,

epigrafiche, itinerarie, ecc.), supponendo che l’attendibilità

della «qualificazione» data ai luoghi di sosta lungo la

viabilità, sia diversa a seconda del contesto, oltreché della

cronologia. Vale a dire, che la terminologia utilizzata da un

poeta come Orazio o uno storico come Ammiano non può

essere messa sullo stesso piano di un editto imperiale o di

una fonte itineraria, essendo richieste a tali formulazioni

gradi di specificità e proprietà di linguaggio estremamente

diversi. Tuttavia, non ho potuto applicare una divisione tra

le fonti riferibili al cursus publicus e quelle che fanno

riferimento a più generici luoghi di sosta lungo una strada;

il contesto è stato discusso caso per caso, ma spesso mi

sono dovuta arrendere all’incertezza.

Come si è già anticipato (presentazione), la varietà di

epiteti che la latinità (estesa in senso geografico e

cronologico) ci ha lasciato per indicare i luoghi dove era

possibile effettuare una sosta nel corso di un viaggio, o più

genericamente ci si poteva rifocillare o concedersi dello

svago, è disarmante1. Solo per citarne alcuni tra quelli che

vedremo in dettaglio, oltre ai termini “tecnici” veri e propri

del servizio di posta (cioè mansio, mutatio e statio),

abbiamo deversorium, hospitium, caupona, stabulum,

taberna, popina, cenatio, ganeum, gargustium,

thermopolium, xenodochium. Per questo, ho cercato di

raccogliere tutti i passi nei quali le fonti antiche

riportavano il termine con cui qualificavano il luogo della

fermata: anche se la maggior parte di essi si riferisce a

luoghi di sosta frequentati nel corso di viaggi intrapresi da

«privati», l’uso dell’uno piuttosto dell’altro è comunque

interessante per ricostruire la tipologia di queste strutture

ed individuarne alcune caratteristiche. In molti casi, poi,

soprattutto i lemmi mansio, statio e mutatio sono apparsi

avvolti in una indissipabile ambiguità di significato,

vagando da un’accezione “materiale”, cioè spaziale, ad una

più concettuale, temporale. Vi era, inoltre, il sospetto che

almeno gli autori di opere letterarie, anche storiografiche,

non avessero mai tanto sottilizzato sulla distinzione tra

luoghi del cursus e luoghi privati: ad esempio, il brano

tratto da Ammiano (n. 103) qualifica come taberna un

luogo dove sosta una scorta di armati che conducono dei

prigionieri e che, quindi, se proprio non era attrezzata con

delle celle, almeno doveva essere controllata in qualche

misura da parte dello stato.

La quantità di fonti riconducibili a questo tema si è rivelata

in qualche modo superiore alle aspettative, ma mi si è

presentato un certo imbarazzo nel discernere quali, tra

queste, effettivamente fossero inquadrabili nelle attività del

cursus o riferibili ai viaggi intrapresi da privati cittadini, e

quali, invece, alle altre attività dell’organizzazione statale

(mi riferisco all’annona, alle dogane, alle stazioni militari:

supra, cap. II.2).

Un’altra difficoltà è stata rappresentata dalla necessità di

discernere in quali occasioni i termini più generici (tipo

villa, taberna, horrea, caupona, ecc.) fossero da riferirsi ai

luoghi di sosta posti lungo le strade, e non ad edifici con

scopi diversi, posti o non entro le mura urbane o,

comunque, non pertinenti al tema. Si è cercato, in questo

caso, di inglobare in questo «corpus» solo le fonti riferibili

con più probabilità a soste effettuate lungo le vie, ma molte

di quelle escluse sono state citate nel capitolo precedente o

nella analisi dei dati che segue ogni paragrafo. Sono stati,

quindi, esclusi vocaboli come ganea, ganeum, gurgustium,

e pochissimo spazio si è lasciato alle attestazioni di

caupona ed alle sue varianti, perché rari sono i casi in cui è

dimostrabile la pertinenza ad ambito extraurbano, anche se

è probabilmente il vocabolo più di frequente utilizzato nel

significato di albergo per i viaggiatori2. Tra le fonti

letterarie, poco spazio è stato riservato anche a popina e

taberna (la pregnanza tecnica del secondo è, invece,

attestata dagli itinerari e dalla toponomastica. Infra,

paragrafi 4 e 6). In questo senso, lo stesso aggettivo

“tecnico” è usato per due diversi livelli di qualificazione:

stricto sensu riferito al cursus, lato sensu attribuito

all’intero settore economico preposto all’assistenza ed

all’accoglienza dei viaggiatori lungo le strade romane.

Non sono state inserite le fonti pertinenti i servizi di posta

esistenti prima dell’introduzione del cursus publicus3 ed,

esulando dal tema, sono state escluse molte delle fonti

(anche archeologiche) pertinenti l’attività di accoglienza

praticata dalle organizzazioni ecclesiastiche, rimandando

per il resto alle trattazioni specifiche4. Ci si è limitati, nel

dettaglio, al solo periodo in cui c’è sovrapposizione tra

III – Le fonti

21

attività «laica» e cristiana e tali istituzioni - almeno quelle

poste lungo la viabilità -, non effettuando selezione tra gli

«ospiti», non esercitano attività diverse dalle altre.

La raccolta delle fonti, ovviamente, oltrepassa i confini

della Penisola italica, che costituiscono, invece, il limite

topografico della ricerca prettamente archeologico-

documentaria. Solo tra le fonti epigrafiche si sono escluse

le citazioni delle località provinciali dove sono state

individuate delle stazioni, dalle quali proviene la sola

menzione del luogo, dal momento che non sono rilevanti

per la ricostruzione della varietà terminologica, e spesso

non è certa la loro appartenenza al cursus publicus,

essendo state qualificate come stazioni fiscali (PUGLISI

1987, p. 243, nota 1) o militari (PUGLISI 1987, p. 247, nota

2).

Nella maggior parte dei casi, si è deciso di non limitare la

citazione alle sole, poche parole direttamente «in

questione», ma di riportare i passi in modo quanto più

completo, ritenendo che la possibilità di decodificare l’uso

appropriato della terminologia delle stazioni sia

determinata anche dalla comprensione del contesto e

dell’avvenimento o della motivazione che hanno portato

alla citazione. Per questo, ho creduto opportuno anche

allegare la traduzione di questi brani, derivata dalla lettura

dell’intero contesto, traduzione letterale che per le fonti

epigrafiche è stata sostituita da una sintesi del contenuto.

Questo sistema ha anche consentito di appurare che molte

citazioni (pedissequamente ripetute nelle trattazioni sul

cursus publicus) non hanno in realtà a che vedere con esso,

poiché si riferiscono, sì, ad una sosta effettuata nel corso di

un viaggio o di una campagna militare, ma non hanno

alcun riferimento alle strutture materiali del sistema dei

trasporti. Tali fonti sono state, comunque, qui raccolte e

discusse. Ugualmente, molte altre fonti, interessanti per

l’argomento qui trattato, ma non in diretta relazione con la

questione delle strutture materiali disposte lungo la

viabilità sono state citate in nota nel corso della trattazione,

non venendo però inserite in questo «corpus».

In fase di ricostruzione del tessuto insediativo del servizio

di posta bisognerà tener presente che non possediamo

quasi nessuno strumento per conoscere la prima fase di vita

del servizio e che, anzi, il vuoto di documentazione

ufficiale inghiotte due secoli abbondanti della sua storia.

Questa raccolta mira anche a colmare questa lacuna,

fornendo informazioni che, certo, non possono essere

messe a confronto con la qualità dei dati contenuti nelle

fonti itinerarie, ma che ci prospettano quanto fosse

rilevante e sfaccettato il ruolo svolto dai luoghi di tappa

posizionati lungo le strade, nella vita quotidiana di tanti

cittadini romani, fino nelle più lontane province.

III.1 - Le fonti letterarie

22

III.1 - Le Fonti Letterarie

È quasi superfluo ribadire in che misura le fonti letterarie

antiche costituiscano un’inesauribile riserva di preziose ed

insostituibili informazioni per la ricerca archeologica

(ALFIERI 1994), ma piace ricordare il recente contributo di

Chevallier che sottolinea la rilevanza di questi apporti per

la ricerca topografica incentrata sulla viabilità

(CHEVALLIER 1995).

La «priorità» riservata agli autori di trattati geografici,

naturale per una trattazione di questo tipo, viene delusa

dalla scarsa tecnicità con la quale costoro descrivono i

luoghi di tappa distribuiti lungo la viabilità, limitandosi

alla sola menzione dei toponimi e delle distanze che

intercorrono tra l’una e l’altra località5. Ciò potrebbe essere

imputato alla cronologia di alcuni autori e delle loro fonti

(Strabone, ad esempio, completa la sua opera quando il

cursus publicus è di recentissima istituzione e le sue fonti,

certo, non lo contemplavano). Il problema della cronologia

delle “fonti delle fonti” si ripropone anche per gli storici,

essendo difficile discernere, pure quando è nota la

cronologia dell’informazione, se l’autore abbia o meno

adeguato linguisticamente al suo tempo il termine tecnico

impiegato per indicare il posto di tappa, secondo quanto

qui ci interessa6. Il problema è particolarmente complesso

nel caso dell’Historia Augusta, opera di difficile

inquadramento anche dal punto di vista storiografico, che

ci menziona, però, più di ogni altra i luoghi di sosta

utilizzati nel corso degli eventi narrati, impiegando,

verosimilmente, una terminologia appropriata, desunta da

documenti ufficiali7.

Molte delle nostre citazioni vanno ricondotte alle

campagne militari: nella trattatistica bellica, infatti, è

esplicitamente raccomandato ai comandanti di fornirsi di

itinerari e di carte che contengano informazioni anche sulla

«scansione» dei vari luoghi dove è possibile sostare e

rifornirsi (genericamente detta intervalla locorum),

oltreché sulla topografia dei luoghi, sulla viabilità, ed in

particolare sullo stato di praticabilità, sulle scorciatoie,

ecc., sì da pianificare al meglio le campagne militari8;

numerosi sono, anche, i passi nei quali i predicatori della

nuova fede si appropriano di questo linguaggio militare per

spronare i soldati di Cristo. Anche la trattatistica

agronomica offre qualche spunto di riflessione, almeno

sulla complessità degli interessi economici che gravano

sull’intero apparato.

Poeti e retori forniscono il quadro vivido ed attualizzato

del vissuto di questi alberghi per viaggiatori: se l’Iter

Siculum di Lucilio ci è giunto troppo frammentario per

risultare interessante in questo contesto, la celebre satira I,

5 di Orazio, scritta a ricordo di una sua «missione

diplomatica», acquista per noi un significato

particolarmente rilevante, perché effettuato prima che

Augusto istituzionalizzasse il cursus9. La narrazione, ora

serena ora concitata, dei numerosi viaggi effettuati da

Cicerone ci regala diverse opportunità di fotografare i

luoghi, oltreché i modi di questi spostamenti, ma la sua

testimonianza termina con troppo anticipo rispetto alla

formalizzazione dell’ufficio di posta, per poterne offrire

informazioni in dettaglio. Più tecnica appare, quindi, la

terminologia di Simmaco (CHEVALLIER 1988, pp. 10-11) e

di altri epistolari, nonché dei panegiristi e di alcuni autori

cristiani, mentre deludente è il vaglio dell’opera di Plinio il

Giovane, che non si rivela più fruttifero di quello degli

epigrammi e delle satire di Marziale e Giovenale. Il

Satyricon e le Metamorfosi ci delineano i modi del viaggio

degli individui privati: ma se Apuleio si rivela una fonte

importante per la terminologia del II secolo d.C.

(CHEVALLIER 1988, pp. 7-8), il Satyricon, riportandoci

sempre a locande ed alberghi urbani, resta rilevante solo

per conoscere l’atmosfera di questi locali (vedi supra, par.

II.4). La testimonianza di Aristide e della sua disastrosa

“spedizione” attraverso l’Asia Minore è più degna di

considerazione da questo punto di vista tematico, perché ci

riporta un resoconto dettagliato delle difficoltà che un

viaggiatore incontra lungo la strada.

Tra queste fonti, sono stati introdotti anche i “diari di

viaggio” dei pellegrini che hanno attraversato l’Impero

diretti verso la Terra Santa, in qualche caso vicini dal

punto di vista formale agli itinerari veri e propri: tra essi, la

Peregrinatio Egeriae ad Loca Sancta, resoconto del

pellegrinaggio dall’Occidente verso la Palestina e

Costantinopoli, di una viaggiatrice di nome Egeria,

avvenuto alla fine del IV secolo d.C., probabilmente nel

393-410. Nel 436 si compie il viaggio di Melania la

Giovane, che ha, sì, l’autorizzazione ad usufruire del

cursus, ma che incontra delle difficoltà a farsi rispettare11.

In questo paragrafo, per semplificare, sono stati introdotti

anche alcuni stralci di epistole tramandate dai papiri

d’Egitto, privilegiando l’aspetto letterario e “corsivo” dei

contenuti rispetto al tipo di supporto materiale che ce le ha

conservate.

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

23

Mansio

1 Plin., N.H, VI, 96: .

Opera del 77 d.C.;

mare tra India e Persia

«Onesicriti et Nearchi navigatio12

nec nomina omnia habet

mansionum nec spatia...»

«Il rapporto di viaggio di Onesicrito e

Nearco non menziona né tutte le

stazioni di tappa né tutte le distanze...»

2 Plin., N.H, VI, 102:

Opera del 77 d.C.;

Egitto, lungo il Nilo

«A Copto camelis itur, aquationum

ratione mansionibus dispositis:

prima appellatur Hydreuma.....»

«Da Copto in poi si prosegue a dorso di

cammello, incontrando, a determinati

intervalli, delle stazioni per il

rifornimento dell’acqua: la prima si

chiama Idreuma...»

3 Plin., N.H, XII, 64:

Opera del 77 d.C.;

penisola Arabica =

Kohlan nel Wadi Baihan

«Caput eorum Thomna abest a

Gaza, nostri litoris in Iudaea

oppido, (XXIIII) XXXVII d p.,

quod dividitur in mansiones

camelorum LXV»

«La capitale (dei Gebbaniti) Thomna

dista da Gaza, città della Giudea posta

sulle rive del mar Mediterraneo, 2437

miglia e mezzo13, una distanza che si

percorre in 65 tappe di cammello.»

4 Plin., N.H, XII, 65: ;

penisola Arabica.

«Iam quacumque iter est aliubi pro

aqua, aliubi pro pabulo aut pro

mansionibus variisque portoriis

pendunt, ut sumptus in singulas

camelos X- DCLXXXVIII ad

nostrum litus colligat...»

«Per tutto il viaggio si paga per l’acqua,

per il pascolo o per le soste o per

pedaggi vari: si raggiunge così la spesa

di 688 denari a cammello per il viaggio

fino alla costa del Mediterraneo...»

Sulla scorta delle fonti giuridiche,

pabulum si può forse tradurre «foraggio

per gli animali o rifornimento»: cfr.

fonti nn. 130 e 146.

5 Suet., Tit., X, 3: :

Episodio datato all’80

d.C.; opera del 119-121

d.C.

«Deinde ad primam statim

mansionem febrim nanctus...»

(L’imperatore Tito, nel corso di un

viaggio verso la Sabina) «viene assalito

dalle febbri alla prima sosta...»

6 Apul., Met., I, 17, 8:

Età antonina (regno di

Marco Aurelio?)

«Sumo sarcinulam et pretio

mansionis stabulario persolutus,

capessimus viam.»

«Prendo il mio bagaglio, e dopo aver

pagato all’albergatore il prezzo del

soggiorno, riprendiamo il cammino.»

7 Apul., Met., VIII, 23:

Età antonina (regno di

Marco Aurelio?)

«Hac quoque detestabili deserta

mansione, paganos in summo luctu

reliquentes...»

«Lasciato anche questo odioso

soggiorno, lasciando gli abitanti in un

doloroso lutto...»

8 Paneg., VI, 16, 1

(Costantino Augusto):

310 d.C.14

«...ut lente et cunctanter... itinere

confecto consumptis copiis

mansionum, ne qui consequi posset

exercitus...»

(Massimiano) fa offerte agli dei

«...cosicché lentamente e prudentemente

portato a termine il viaggio,

premurandosi di consumare tutte le

riserve di viveri nelle mansiones,

affinché nessun esercito potesse

seguirlo...»

9 Lact., de Mort. Pers.,

XXIV, 6-7:

314-15 d.C.?

«(Constantinus) sublatis per

mansiones multas omnibus equis

publicis evolavit... (Imperator

Galerius Maximianus). Poscebat

equos publicos, ut eum retrahi

faceret. Nudatus ei cursus publicus

nuntiatur..»

«(Costantino) divorò la strada,

sottraendo in molte mansiones tutti i

cavalli del servizio postale...

(L’imperatore Galerio). Ordina di

seguirlo con i cavalli pubblici, ma gli

viene risposto che le stalle del cursus

sono vuote...»15

(cfr. Cod.Theod., VIII, 5, 35, fonte n.

133).

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

24

10 Lact., de Mort. Pers.,

XLV, 6:

314-15 d.C.?

Dintorni di Bisanzio

«Et iam Licinius festinato itinere

cum paucis Hadrianopolim

venerat, cum ille (Maximinus)...

processit ad mansionem milia

decem et octo; nec enim poterat

ulterius, Licinio iam secundam

mansionem tenente distantem

milibus totidem.»

«Intanto Licinio, a marce forzate, era

venuto con pochi soldati ad

Adrianopoli, mentre Massimino avanzò

per 18 miglia fino alla stazione di posta,

ma non poteva andare oltre perché

Licinio occupava la mansio successiva

che era ad ugual distanza».

11 Symm., Epist., I, 20, 3:

«Sed fessus virium, quas diu

morbus exhausit, itiones longas et

mansiones asperas … opportuna

vitavi.»

«Ma privo di forze, che mi erano state

tolte da una lunga malattia, volli evitare

il viaggio interminabile e le mansiones

prive di ogni comfort.»

12 Symm., Epist., II, 27:

365 d.C.

«...quot numero animalia

conlocaris et quo apparatu

instruxeris mansiones et quantum

in titulis fiscalibus exigendis tua

cura promoverit.»

(Qualora il fratello Flavio, al momento

della stesura del rapporto, rivestisse

ancora la carica di vice prefetto)

«specifichi bene il numero degli animali

disponibili, le risorse messe a

disposizione per le mansiones, i prelievi

fiscali effettuati con cura.»

13 Symm., Epist., VII, 32,

1:

396 d.C.

«Minuentur tamen labor intervallis

brevibus mansionum.»

«Tuttavia, con tappe brevi tra le

mansiones, si diminuisce la fatica.»

14 Symm., Epist., VIII, 58,

1:

«Redire consilium est paulatim

mansionibus in spatia minora

divisis.»

«Si è ritenuto di fare ritorno facendo la

strada a piccole tappe.»

15 Ambr., in Psalm. 118,

V, 2, 2-3:

386-388 d.C.

«Miles qui ingreditur iter, viandi

ordinem non ipse disponit sibi nec

pro suo arbitrio viam carpit..., sed

itinerarium ab imperatore

accipit..., praescripto incedit

ordine... rectaque via conficit iter,

ut inveniat commeantuum parata

subsidia. Si alio ambulaverit

itinere..., annonam non accipit,

mansionem paratam non invenit.

(Imperator) ideo et stativas

ordinat; triduo ambulat exercitus,

quarto requiescit die. Eliguntur

civitates, in quibus triduum,

quadriduum et plures

interponantur dies, si aquis

abundant, commerciis

frequentantur…»

«un soldato che si accinga ad una

marcia, non decide per suo conto le

tappe, né sceglie la strada a suo

piacimento..., ma si attiene all’itinerario

scelto dall’imperatore ... e procede

secondo un ordine prestabilito... e segue

la via giusta, affinché ad ogni tappa

trovi apprestate le vettovaglie. Infatti, se

cambiasse itinerario..., non troverebbe

fornite le mansiones... (L’imperatore),

quindi, stabilisce in quali luoghi si

riceve l’annona: l’esercito marcia per 3

giorni, il quarto si riposa. Vengono

anche pianificate le città presso le quali

si soggiornerà per 3 o 4 giorni o anche

più, a seconda che vi sia ricchezza di

risorse idriche e vivacità di scambi

commerciali». Cfr. HUDEMANN 1878, p.

121 s.

16 Ambr., in Psalm. 118,

V, 3, 3-5:

386-388 d.C.

«(patres nostri)... quorum stativae

omnes mansionesque descriptae

sunt.»

«(I nostri padri), …dei quali ci sono

state narrate tutte le tappe e le soste più

lunghe.»

17 Ambr., in Psalm. 118,

V, 5, 1 ss.

386-388 d.C.

«Sed revertamur ad confectionem

itineris et ordinem mansionum...

Fige tabernaculum in Sochoth.

Haec prima tibi statio sit; Sochoth

prima mansio significat

«Torniamo alla pianificazione del

viaggio ed alla successione delle tappe.

Stabilisci il tuo tabernacolo a Sochoth,

che sia la tua prima sosta, ché Sochoth

significa appunto «tabernacolo»...

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

25

«tabernaculum»... Sequitur mansio

in Myrra...; non omnes mansiones

aequales sunt...»

Fermati poi a Myrra...; non tutte le

stazioni sono uguali»

18 Ambr., de Obitu Valent.,

24:

392 d.C.

«Ecce postridie litterae de

instruendis mansionibus, invectio

ornamentorum regalium aliaque

huiusmodi, quae ingressurum iter

imperatorem significarent.»

(Ambrogio viene sollecitato

dall’imperatore Valentiniano ad

intraprendere un viaggio verso il confine

per fare da mediatore con i barbari) «Ed

ecco che già il giorno dopo vengono

inviate le missive con le disposizioni per

l’apprestamento delle mansiones con

ogni sorta di beni, come se si attendesse

l’imperatore stesso.»

19 Peregrinatio Egeriae,

IV, 8:

Fine IV d.C.,

forse 393-4 d.C.

«…ac sic ergo fecimus ibi

mansionem.»

«… e lì, quindi, facemmo sosta…»

La parola mansio è usata come

sinonimo di pernoctatio.

20 Peregrinatio Egeriae,

VI, 1:

«Ac tertia die inde maturantes

venimus denuo ad mansionem id

est in desertum Faran...»;

«Euntes adhuc aliquantulum inter

montes pervenimus ad mansionem,

quae erat iam super mare...»

«Alle soglie del terzo giorno, da lì

affrettataci, raggiungemmo di nuovo la

mansio che si trova nel deserto di

Fara…»;

«…ci eravamo già inoltrati un po’ tra i

monti quando raggiungemmo la mansio

che si trovava nei pressi del mare…»

21 Peregrinatio Egeriae,

VI, 4:

«Nos autem eodem itinere et

eisdem mansionibus, quibus

ieramus, reversi sumus...»

«Così ripercorremmo lo stesso itinerario

dell’andata, fermandoci presso le stesse

mansiones presso le quali avevamo

sostato nel corso del viaggio di

andata…»

22 Peregrinatio Egeriae,

VII, 2:

«...usque ad Arabiam civitatem

mansiones quattor per heremo sic

tamen per heremum ut cata

mansiones monasteria sint cum

militibus et praepositis qui nos

deducebant de castro ad castrum.»

«…fino alla città di Arabia sono quattro

mansiones attraverso il deserto, deserto

dove devono essere stanziati dei

quartieri militari per ogni stazione, dove

sono soldati ed ufficiali, che ci

scortavano da una tappa all’altra…»

23 Peregrinatio Egeriae,

VIII, 1 e IX, 1:

«Nos autem, ut veniremus ad

mansionem Arabiae...»;

«...ea die, qua venimus ad

mansionem Arabia...»

«Noi, quindi, non appena giungemmo

alla mansio in Arabia…»;

«…proprio quel giorno in cui

giungemmo alla mansio in Arabia…»

24 Peregrinatio Egeriae,

IX, 7:

«Et inde proficiscens denuo

faciens iter per singulas mansiones

Egypti, per quas iter habueramus,

perveni ad fines Palestinae. Et

inde in nomine Christi Dei nostri

faciens denuo mansiones aliquot

per Palestina regressa sum in

Helia, id est in Ierosulimam.»

«Facemmo ritorno, attraverso l’Egitto,

ripercorrendo le stesse tappe che

avevamo fatto, finché arrivammo ai

confini della Palestina. E di là ritornai

indietro nel nome di Cristo, Dio nostro,

attraverso la Palestina fermandomi

presso alcune mansioni, fino ad Helia,

cioè Gerusalemme…»

25 Peregrinatio Egeriae,

X, 8:

«...nobiscum rogantes moveramus

de mansione...»

«(Il presbitero del posto) che avevamo

invitato a venire con noi ci avvertì della

stazione…»

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

26

26 Peregrinatio Egeriae,

XIII, 2:

«... ab Ierusolima usque ad

Carneas eundo per mansiones

octo...»

«…andando da Gerusalemme a Carneas

ci sono 8 tappe…»

27 Peregrinatio Egeriae,

XVI, 7:

«...iter facientes per singulas

mansiones, per quas ieramus tres

annos.»

«…dividendo il nostro cammino in

singole tappe, per coprire le quali

impiegammo tre anni.»

28 Peregrinatio Egeriae,

XVII, 2 (47):

Mesopotamia

«Hic locus (apud Edessam, ubi

corpus sancti Thomae apostoli

iacet) de Ierusolima vicesima et

quinta mansione est.»

«Questo luogo (cioè, il sepolcro con le

reliquie di S. Tommaso Apostolo,

presso Edessa), si trova alla

venticinquesima mansio da

Gerusalemme».

29 Peregrinatio Egeriae,

XVIII, 1:

«...de Antiochia ad Mesopotamiam

habens iter per mansiones seu

civitates aliquot provinciae Siriae

Celen...»

«… il viaggio tra Antiochia e la

Mesopotamia prevede alcune tappe

nelle mansiones o nelle città della

provincia di Celesiria...»

30 Peregrinatio Egeriae,

XIX, 1:

«Ac sic denuo faciens iter per

mansiones aliquot perveni ad

civitatem...»

«Ritornando indietro, facendo sosta

presso alcune mansiones,

raggiungemmo la città…»

31 Peregrinatio Egeriae,

XIX, 11:

Mesopotamia

«Locus ille... decima mansione est

hinc intus in Persida.»

«Quel luogo si trova alla decima mansio

all’interno della Persia.».

32 Peregrinatio Egeriae,

XX, 12:

«Nam hinc usque ad Nisibin

mansiones sunt quinque, et inde

usque ad Hur, que fuit civitas

Chaldeorum, aliae mansiones sunt

quinque.»

«Infatti sono cinque mansiones fino a

Nisibi e altre cinque fino ad Hur, che è

una città caldea.»

33 Peregrinatio Egeriae,

XXI, 5:

«...regressi sumus per iter vel

mansiones, quas veneramus de

Antiochia.»

«Ritornammo indietro seguendo lo

stesso cammino, vale a dire, fermandoci

presso le stesse mansiones presso le

quali ci eravamo fermati venendo da

Antiochia.»

34 Peregrinatio Egeriae,

XXII, 1:

«Et sic proficiscens de Antiochia

faciens iter per mansiones aliquot

perveni ad provinciam, quae

Cilicia appellatur...»

«…lasciando Antiochia, scandendo il

cammino in alcune tappe, giungemmo

alla provincia che si chiama Cilicia…»

35 Peregrinatio Egeriae,

XXII, 2:

«Sed quoniam de Tharso tertia

mansione, id est in Hisauria, est

martyrium Sanctae Teclae...»

«Ma, poiché a tre tappe da Tarso (ossian

in Isauria), c’è il martyrium di Santa

Tecla …»

36 Peregrinatio Egeriae,

XXIII, 6:

«Ac sic perveniens eadem die ad

mansionem, quae appellatur

Mansocrenas...»

«Così giungendo nello stesso giorno

presso la mansio che è chiamata

Mansocrenae…»

37 Veg., Epit. Rei Mil, III,

8, 1 ss.:

Fine IV o inizio V

secolo

(388-395, sotto

Teodosio I?)

«Consequens videtur, itineris

observatione descripta, ad

castrorum, in quibus manendum

est, venire rationem. Non enim

belli tempore ad stativam vel

mansionem civitas murata semper

occurrit...»

«Descritte le precauzioni che si devono

prendere nel corso dei trasferimenti,

sembra opportuno ora trattare degli

accampamenti nei quali si deve

soggiornare. Infatti, in tempo di guerra,

non sempre è possibile fare rifornimento

o sostare presso una città fortificata....»

“Mansio” indica qui la sola «fermata».

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

27

38 Amm., XVI, 12, 70:

Episodio datato 357

d.C.;

opera del 390 circa

«(Julianus)... Ab Argentorato cum

pugnaretur, mansione

quadrigesima disparatus...»

«(L’imperatore Giuliano)... pur essendo

distante, al momento della battaglia,

quaranta giorni di marcia...»

39 Hier., in Ion., II, 2, (p.

1131 c):

396 d.C.

«Finge aliquem hora nona

egressum esse de mansione et

alterius diei hora tertia ad

mansionem alteram pervenisse...»

«Fai conto che un uomo esca da una

mansio alla nona ora ed il giorno

seguente giunga alla mansio successiva

alla terza ora...»

40 Hier., Epist., LXXVIII,

2, 1:

Ante 399 d.C. 16

«Quas graeci *` vocant,

nos propter linguae proprietatem

significantius ‘mansiones’ sive

quia de exercitu dicitur ‘castra’

transtulimus. Fit autem catalogus

mansionum a prima usque ad

ultimam; et numerantur simul

quadraginta duae, de quibus

Matheus loquitur…» (Matt., I, 17).

«Quelle che i greci chiamano

«aparseis», noi, in latino, le diciamo

«mansiones», così come se si tratta di

accampamenti dell’esercito traduciamo

con «castra». Dunque, si faccia un

elenco delle mansiones, dalla prima

all’ultima, e si numerino fino a 42, che

sono quelle delle quali parla l’apostolo

Matteo.»

41 Rufin., Basil. Hom., I, 3,

p. 1726c:

400 d.C. circa

«Ita et eos qui iter agunt et

asperas ac difficiles vias incedunt

opportunae spes refovet

mansionis...»

«Così, anche quelli che sono in

cammino e che percorrono strade

impervie e difficoltose, li rifocilla la

speranza di trovare mansiones nel

momento opportuno...»

42 Sulp. Sev., Epist., 1, 10:

Post 400 d.C.

«Cum ad dioecesim quandam pro

sollemni cons†.etudine (sicut

episcopis visitare ecclesias suas

moris est) media fere hieme

Martinus venisset, mansionem ei in

secretario ecclesiae clerici

paraverunt…»

«Nel bel mezzo dell’inverno, Martino

va in visita ad una diocesi, come è

consuetudine che facciano i vescovi

nelle occasioni solenni, e gli viene

preparato un alloggio nella sacrestia

della chiesa...»

In questo passo, “mansio” è impiegato

nel senso di luogo dove si pernotta: cfr.

fonte n. 141.

43 Aug., Tract. in Epist.

Ioh., X; 6:

416 d.C. circa

«His utimur quasi in via; quasi in

mansionibus stabulorum reficimur,

et transimus.»

«Di tutte queste cose serviamoci come

se fossimo sempre in viaggio, come se

fossimo nelle mansiones degli alberghi

ristoriamoci e ripartiamo.»

44 Eustath., Bas. Hex., 8, 2,

p. 947b:

circa 440 d.C.

«Quapropter imitandi sunt nobis

obliviosi viatores, qui cum aliquid

in mansione relinquerit pretiosum,

quamvis maximam partem viam

progrediendo confecerint,

revertuntur...»

«Per questo, noi dobbiamo imitare i

viaggiatori smemorati, che, qualora si

accorgano di aver dimenticato nella

mansio qualcosa di prezioso, per quanto

cammino possono aver fatto, ritornano

indietro....»

45 S.H.A., Sept. Sev., XXII,

4:

Episodio datato al 211

d.C.; autore di inizio V?

«Post murum apud vallum visum

in Britannia cum ad proximam

mansionem rediret...»

«Un’altra volta, (l’imperatore) dopo

aver ispezionato il vallo (di Luguvallum)

in Britannia, mentre tornava alla mansio

più vicina...»

46 S.H.A., Sev. Alex., XLV,

2:

Episodio datato al 222-

235 d.C.

«Tacebantur secreta bellorum,

itinerum autem dies publice

proponebantur, ita ut edictum

penderet ante menses duo, in quo

scriptum esset: «Illa die, illa hora

ab urbe sum exiturus et, si di

«Rimanevano celati i segreti di guerra,

ma si divulgavano le notizie inerenti le

marce di trasferimento, con un editto

emanato con due mesi di anticipo: nel

tal giorno, alla tale ora, partirò da Roma

e, agli dei piacendo, mi fermerò nel

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

28

voluerint, in prima mansione

mansurus», deinde per ordinem

mansiones, deinde stativae, deinde

ubi annona esset accipienda, et in

quidem eo usque quamdiu ad fines

barbaricos veniretur.»

luogo stabilito per la prima tappa.

Seguiva l’elenco dei luoghi di sosta, dei

soggiorni, dei luoghi di rifornimento, fin

nei pressi del territorio dei barbari.»

47 S.H.A., Sev. Alex.,

XLVII, 1:

Episodio datato al 222-

235 d.C.

«(Alexander) milites expeditionis

tempore sic disposuit, ut in

mansionibus annonas acciperent

nec portarent cibaria decem et

septem, ut solent, dierum nisi in

barbarico...»

«Alessandro dispose che i soldati,

durante le spedizioni militari,

ricevessero l’annona (cioè il

rifornimento di viveri) nelle mansiones,

e non avessero quindi a portare in spalla

- come avviene di solito - le provviste

per 17 giorni, se non quando si

trovavano in territorio barbarico...»

48 S.H.A., Sev. Alex.,

XLVIII, 4:

Episodio datato al 222-

235 d.C.

«Et cum ipse pedes iter faceret,

illum invitavit ad laborem; quem

post quinque milia cunctantem

equo sedere iussit, cumque post

duas mansiones equo etiam

fatigatus esset, carpento

imposuit.»

(L’imperatore mette alla prova il

senatore Ovinio Camillo che trama una

rivolta).

«Intrapresa la marcia a piedi,

(l’imperatore) lo volle al suo fianco, ma

dopo 5 miglia, vedendolo ormai stanco,

lo fece salire a cavallo e, dopo 2 tappe,

lo fece montare in carrozza perché

anche il cavallo lo affaticava».

49 S.H.A., Max., XXXI, 2:

238 d.C.: morte di

Massimino il Trace e

suo figlio

«Canes circa tentorium eius in

secunda mansione ultra duodecim

ulularunt...»

«Durante la seconda sosta, alcuni cani,

in numero maggiore di dodici, si misero

ad ululare intorno alla tenda

(dell’imperatore)...»

50 S.H.A., Aurel., XXXV,

5:

Episodio del 275 d.C.

«Sed cum iter faceret, apud

Caenophrurium mansionem, quae

est inter Heracleam et Byzantium,

malitia notarii sui et manu

Mucaporis interemptus est.»

(Aureliano muove guerra ai persiani)

«ma durante il viaggio, alla mansio

Cenofrurio17, che si trova tra Heraclea e

Bisanzio, fu ucciso per mano di

Mucapore, su istigazione di un suo

segretario.»

51 Cassiod., Var., VIII, 32,

1:

Circa 527 d.C.

«Nymphadius, ... itineris

longiquitate confectus, animalia

fessa reparare contendens, ad

fontem Arethusae in Scyllacino

territorio constitutae elegit ponere

mansionem, eo quod ipsa loca et

pasturarum ubertate fecunda sint

et aquarum inundatione

pulchrescant.»

«Nimfadio, sfinito dalla lunghezza del

viaggio ed intenzionato a far riposare gli

animali, decise di fare tappa presso la

fonte Aretusa, nel territorio di Squillace;

lì, infatti, il foraggio è reso

particolarmente rigoglioso

dall’abbondanza di acqua.»

Questo passo non si può riferire con

certezza al cursus publicus, ma ci

ricorda, ancora una volta, quali sono le

caratteristiche principali che soddisfano

le esigenze di un qualsiasi viaggiatore.

52 Cassiod., Var., X, 28, 1:

Atto del 535-536 d.C.;

pubblic. 537 d.C.

«Et ideo arcarios prorogatores

tritici, vini et casei, macellarios,

vinarios, capitularios

horreariorum et tabernariorum,

fenerarios et cellaritas, qui ad

urbem Romam vel ad mansionem

pertinent Ravennatem...»

«E perciò i cassieri che concedono una

deroga di grano, di vino o di formaggio,

i macellai, i vinai, i collettori di imposte

dei magazzini e delle botteghe, i fattori18

ed i magazzinieri che fanno capo a

Roma o alla mansio ravennate...».

Qui si tratta probabilmente di

un’accezione amministrativa.

III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio

29

53 Ven.Fort., Vita Leob.,

XV, 49:

Circa 530 d.C.

(senex) «Qui cum in quadam

mansione hospitaretur et vidisset

nocte in somnis pavimentum

nucibus stratum...»

(Il vecchio) «il quale, ospitato in una

mansio, vedesse di notte durante il

sonno il pavimento ricoperto di noci...»

Mutatio

54 Amm., XXI, 9, 4:

Episodio datato al 361

d.C.; opera del 390 circa

«Praefectus praetorio Taurus...,

mature discessit, vectusque

mutatione celeri publici cursus,

transitis Alpibus Iuliis...»

«Il prefetto del pretorio Tauro… fuggì

in fretta, e mutando rapidamente le

vetture del servizio pubblico, attraversò

le Alpi Giulie...»

55 Cassiod., Var., I, 29, 2:

Atto del 507-511 d.C.;

pubblic. 537 d.C.

«...terrarum spatia, quae veredis

antea licuerunt, mutationibus suis

a possessore vindicata restituat, ut

nec illis parvo spatio indicantur

damna et istis recuperata

sufficiant.»

«...ogni lembo di terra, che è

ufficialmente assegnato alle mutationes,

che è caduto in possesso dei privati, sia

rivendicato per il servizio pubblico, ed i

proprietari indennizzati nella giusta

misura per la loro perdita.»

56 Cassiod., Var., IV, 47,

6:

Atto del 507-511 d.C.;

pubblic. 537 d.C.

«Si quos autem intemperans culpa

perculerit, collectam quantitatem

per vices agentes mancipibus

mutationum volumus applicari, ut

cursualis tractus inde habeat

remedium...»

«Se tuttavia una colpa smodata li ha

mandati in rovina, diamo ordine che la

quantità raccolta sia distribuita ai

mancipes delle mutationes per mezzo

dei funzionari incaricati, affinché sia

garantito il funzionamento del

servizio...»

57 Cassiod., Hist. Eccl., VI,

45, 2:

Post 540, ante 583 d.C.

«plus quam viginti mutationes ab

eo loco usque ad eius exercitum

esse videntur…»

«il suo esercito si trovava a più di 25

mutationes da quel luogo».

Statio

58 Suet., Tib., XXXVII, 2:

14-37 d.C. (episodio

datato forse al 31 d.C).

«In primis tuendae pacis a

grassaturis ac latrociniis

seditionumque licentia curam

habuit. Stationes militum per

Italiam solito frequentiores

disposuit.»

«Particolar cura egli ebbe nel tutelare la

tranquillità pubblica dalle rapine, dai

latrocinii e dalla licenza delle sedizioni;

perciò distribuì in tutta l’Italia

distaccamenti di soldati più numerosi

del solito.»

59 Suet., Nero, XXXVII, 2:

Episodio datato al 65

d.C.; opera del 119-121

d.C.

«...Salvidieno Orfito obiectum est

quod tabernas tres de domo sua

circa forum civitatibus ad

stationem locasset…»

«A Salvidieno Orfito fu richiesto di

cedere in affitto alla stazione tre locali

commerciali entro il perimetro della sua

casa che si trovava nei pressi del foro.»

60 Plin., Epist., I, 13, 2:

97 d.C.

«Plerique in stationibus sedent

tempusque audiendi fabulis

conterunt...»

«La maggior parte se ne sta seduta nelle

sale di ritrovo ed ammazza il tempo in

chiacchiere...».

Secondo l’Editore (TRISOGLIO 1973), le

stationes sono locali paragonabili ai

nostri caffè, nei quali si ritrovavano gli

sfaccendati per passare il tempo.

III.1 - Le fonti letterarie: sv. statio

30

61 Plin., Epist., II, 9, 5:

97 o 100 d.C.

«Itaque prenso amicos, supplico,

ambio, domos stationesque

circumeo... »

«Perciò acciuffo i miei amici, li

scongiuro, cerco di strappare voti da

ogni parte, passo di casa in casa e di

ritrovo in ritrovo...».

Qui, il vocabolo è impiegato nel senso

di crocicchio o piazza dove la gente si

ferma a parlare.

62 Juv., XI, 2-5:

Traiano ed Adriano

«...quid enim maiore cachinno /

excipitur vulgi quam pauper

Apicius? omnis / convictus

thermae stationes, omne theatrum /

de Rutilio (loquuntur)…»

«... e chi viene sbeffeggiato in pubblico

più del povero Apicio? In ogni convito,

presso le terme, nei luoghi di ritrovo e in

ogni teatro si parla di Rutilio...»

- Ambr., in Psal. 118, V,

5, 1 ss.:

386-388 d.C.

vedi supra fonte n. 17.

63 Amm., XIV, 11, 6:

Episodio datato al 354

d.C.; opera del 400 d.C.

circa

«(Constantii soror)... cum

Bithyniam introisset, in statione

quae Caenos Gallicanos

appellatur, absumpta est vi

febrium repentina.»

«(La sorella dell’imperatore Costanzo),

appena giunta in Bitinia, morì nella

stazione di Caenos Gallicanos, colta da

improvviso e violento attacco di

febbre.»

64 Amm., XIX, 8, 5-6:

Episodio datato al 359

d.C.; opera del 400

circa.

«(Marcellinus)... ad decimum

lapidem tandem perveni. In qua

statione lenius recreati, cum ire

protinus peregremus...»

(Marcellino fugge dalla città di Amida

in fiamme) «... raggiunsi finalmente il

decimo miglio. Ci riposammo un po’ in

questa stazione, dal momento che

eravamo vinti dalla stanchezza

dell’eccessivo cammino percorso...»

65 Amm., XXI, 15, 2

Episodio datato al 361

d.C.

«(Constantius)...petit per vias

difficiles Mobsucrenas, Ciliciae

ultimam hinc pergentibus

stationem, sub Tauri montis

radicibus positam...»

«(L’imperatore Costanzo), si diresse

lungo strade difficili verso

Mopsucrenae, ultima stazione della

Cilicia (per coloro che provengono da

Antiochia), posta alla base del monte

Tauro...»

66 Amm., XXVII, 4, 8

Episodio datato al 365-7

d.C.; Tracia

«(Thracia)... Macedonicis iungitur

collimitiis, per artas

praecipitesque vias, quae

cognominantur Acontisma: cui

proxima Arethusa cursualis est

statio, in qua visitur Euripidis

sepulcrum...»

«(La Tracia)...è congiunta alle regioni

confinanti della Macedonia attraverso

strade strette e perimetrate da burroni,

chiamate Acontisma: nei pressi si trova

la stazione postale di Aretusa, dove si

vede la tomba di Euripide...»

67 Amm., XXVIII, 6, 27:

Episodio datato al 376

d.C.

«(Palladius)... in statione primis

tenebris observata custodum

absentia, qui festo die Christiani

ritus in ecclesia pernoctabant,

innodato gutture laquei nexibus

interiit.»

«(Palladio), durante una sosta nel

viaggio, al calar delle tenebre, approfittò

dell’assenza delle guardie, che

trascorrevano la notte in chiesa in

occasione di una festa cristiana e,

annodatosi una corda al collo, morì

impiccato.»

68 Amm., XXXI, 11, 2:

Episodio datato al 378

d.C.

«(Valens) unde cum itinere edicto

per tesseram Nicen venisset, quae

statio ita cognominatur...»

«(L’imperatore Valente) giunto dopo

una marcia predisposta per iscritto alla

stazione di Nice...»

L’Editore (SELEM 1973) predilige

l’interpretazione in senso “militare”,

mentre io credo che l’espressione “per

III.1 - Le fonti letterarie: sv. statio

31

tesseram” indichi, invece, l’uso del

cursus e che, quindi, la stazione non sia

militare.

Stativae

69 Fronto, ad M. Caes.,

III, 4, 47-48:

143 d.C.

A Marco Aurelio

«‘Magnum iter (ex Asia), et

festinatum!’ Navibusne an equis

<an> diplomatibus facit haec tam

velocia stativa?”

«‘È un lungo viaggio (quello dall’Asia),

anche se compiuto in fretta!’ Hai

coperto queste tappe così velocemente

usando le navi o con le autorizzazioni a

servirti dei cavalli del cursus?»

- S.H.A., Sev. Alex., XLV,

2

Episodio datato al 222-

235 d.C.; autore di fine

V secolo d.C.?

vedi supra fonte n. 4619.

- Veg., Epit. Rei Mil., III,

8, 1 ss.

Fine IV o inizio V

secolo d.C.

vedi supra fonte n. 37.

70 Peregrinatio Egeriae,

XVIII, 1

Fine IV secolo d.C.

(393-394?)

«...necesse me fuit ibi facere

stativam...»

«…lì mi fu necessario fare una sosta

prolungata…»

Forse, è inteso solo in senso

cronologico.

71 Peregrinatio Egeriae,

XIX, 3:

«...necesse me fuit ibi stativa

triduana facere.»

«lì mi fu necessario fare una sosta di tre

giorni…»

72 Peregrinatio Egeriae,

XXIII, 2:

«...malui ergo perexire illuc, ut

stativam, quam factura eram, ibi

facerem.»

«non volli passare da quella parte, per

poter fare là la sosta alla quale mi

accingevo.»

73 Peregrinatio Egeriae,

XXIII, 6:

« ...ubi facta stativa triduana, in

nomine Dei profecta sum...»

«…dopo aver fatto una sosta di tre

giorni, ripresi il mio cammino nel nome

del Signore…»

Stabulum

- Suet., Vitell., VII, 6:

Episodio del 69 d.C.;

opera del 119-121 d.C.

vedi infra fonte n. 96.

74 Apul., Met., I, 4:

Età Antonina (regno di

Marco Aurelio)

«... et quod ingressui primum

fuerit stabulum prandio

partecipabo.»

Durante il viaggio verso la Tessaglia, il

protagonista dell’opera incontra altri

due viaggiatori «ad uno dei due

promette un pranzo al primo luogo di

sosta», in cambio della narrazione di

storie mirabolanti20.

75 Apul, Met., I, 15 e ss.:

Età Antonina (regno di

Marco Aurelio)

«...inquam ‘valvas stabuli absolve,

antelucio volo ire’. Janitor pone

stabuli ostium humi cubitans etiam

nunc semisonnus... »

«...gridai ‘apri le porte dell’albergo,

voglio partire prima che faccia giorno’.

Il portiere, che era sdraiato per terra

dietro la porta, tutto assonnato...».

III.1 - Le fonti letterarie: sv. stabulum

32

- Apul., Met., I, 21 Vedi infra, fonte n. 112.

76 Apul., Met., IX, 4:

Età Antonina (regno di

Marco Aurelio)

«Nec paucis casulis atque castellis

oberratis, devertimus ad

quempiam pagum..., et hospitio

proximi stabuli recepti...»

«Dopo aver sostato presso diverse

casupole e fondi fortificati, ci

fermammo in un villaggio. ... dove,

ottenuto alloggio presso il più vicino

albergo...»

77 Apul., Met., X, 1:

Età Antonina (regno di

Marco Aurelio)

«Confecta campestri nec adeo

diffiili via ad quadam civitatulam

pervenimus, nec in stabulo, sed in

domo cuiusdam decurionis

devertimus.»

«Alla fine del viaggio attraverso le

campagne, non troppo difficoltoso,

arrivammo in una piccola città, dove ci

fermammo non presso un albergo, ma

presso la casa di uno dei senatori

locali.»

- Plin., Epist., VI, 19, 4:

Inizio II d.C.

vedi infra, fonte n. 89.

78 Cypr., Epist., LXVIII, 3,

3:

Metà III d.C.

«Quid enim si in mari portus

aliquis munitionibus suis ruptis

infestus et periculosus esse

navibus coeperit, nonne

navigantes ad alios proximos

portus naves suas dirigunt, ubi sit

tutus accessus et salutaris introitus

et statio sicura? Aut si in via

stabulum aliquod obsideri et teneri

a latronibus coeperit, ut quisquis

ingressus fuerit insidiantium illic

infestatione capiatur, nonne

commeantes hac opinione

comperta stabula alia in itinere

adpetunt tutiora, ubi sint fida

hospitia et receptacula

commeantibus tuta?»

«Se un porto di mare, una volta che

sono state annientate le sue difese, è

divenuto pericoloso e sconsigliabile,

forse che i marinai non fanno rotta verso

altri porti vicini con le loro navi e non

cercano un riparo sicuro e fortificato?

Oppure, se lungo una strada, una

locanda viene assalita ed occupata dai

briganti, e chiunque vi giunga sia

esposto ad un assalto, forse che i

viaggiatori che se ne accorgono non

vanno a cercarne un’altra più sicura,

dove si offra ai clienti un’ospitalità più

affidabile?»

79 Hier., Homil. Orig. in

Luc., 34, 3:

349-450 d.C.

«…pandochium, id est stabulum,

quod universos volentes introire

suscipiat…»

«…un pandokeion, cioè un ostello che

accolga tutti quelli che desiderano

soggiornarvi…»

80 Aug., in Psalmos,

XXIV, 6:

415 d.C. circa.

«Tota ista vita et omnia quibus

uteris in hac vita, sic tibi debent

esse tamquam stabulum viatori

non tamquam domum habitatori.»

«Tutta questa vita e tutto ciò di cui fai

uso nel suo corso devi utilizzarli come

un viaggiatore si serve di un albergo,

non come un proprietario che risiede

nella sua casa.»

81 Aug., Serm., XIV, 6:

413-418 d.C.

«(Dives) sciat se viam ambulare et

in has divitias tamquam in stabulo

intrasse. Reficiat, viator est,

reficiat se et transeat, non secum

tollit quod in stabulo invenit.»

«(Il ricco) sappia di essere un pellegrino

sulla terra ed entri nel suo stato di

ricchezza come si entra in un albergo. Si

ristori pure, è un viandante, ma si

rimetta in viaggio e non porti via con sé

nulla di ciò che ha trovato nell’albergo.»

82 Aug., Tract. in Euan.

Ioh., XL, 10:

413-418 d.C.

«... iter agis, stabulum est haec

vita. Utere nummo, quomodo

viator in stabulo utitur mensa,

calice, urceo, lectulo, dimissurus

non permansurus.»

«... porta avanti il tuo cammino, questa

vita è solo un luogo di sosta. Serviti del

denaro come un viaggiatore in un

albergo fa uso del cibo, delle bevande,

dei servizi, del letto, sempre pronto ad

andar via, non a rimanere.»

III.1 - Le fonti letterarie: sv. stabulum

33

- Aug.,Tract. in Epist.

Ioh., X; 6:

416 d.C. circa

Vedi supra, fonte n. 43.

83 Aug., Serm., CLXXVII,

2:

430 d.C.?

«(Haec) sint tamquam stabulum

viatoris, non tamquam praedium

possessoris.»

«(Queste cose) devono essere

considerate come un albergo per un

viaggiatore, non come un appezzamento

per un proprietario terriero.»

84 Aug., Serm.,

CLXXVIII, 8, 9:

430 d.C.?

«In hoc mundo ambo viatores

huius vitae (o viae) unum stabulum

intravistis.»

«in questo mondo entrambi devono

essere considerati come viaggiatori che

attraversano questa vita: sei entrato in

un albergo.»

85 Aug. Serm., CC, 1,1:

430 d.C.?

« (magnum sacramentum)

abscondebatur in stabulo, et

agnoscebatur in coelo; ut agnitus

in coelo manifestaretur in

stabulo…»

« (il grande mistero) si nascondeva in

una stamberga, ed era conosciuto in

cielo; cosicché conosciuto in cielo, si

manifestasse nella stamberga…»

86 Acta Petri apocr., 15:

Forse IV secolo d.C.

«Dicit tibi Iesus Christus:

«Ommutesce coactus nomine meo

et exi a Roma usque venturo

sabbato» Continuo autem

ommutescens et coaitus exivit a

Roma usque sabbato, et in

stabulum manebat.»

“(Il figlio di Pietro, di soli 7 mesi,

interprete della volontà di Gesù, dice al

mago Simone): “non aprire più bocca e

lascia Roma fino al prossimo sabato”.

Così, costretto a starsene zitto, uscì da

Roma e se ne rimase in un albergo».

87 S.H.A., Sept. Sev., I, 10:

Episodio della vita di

Settimio Severo 193-

211 d.C.; autore di fine

V?

«Dormienti etiam in stabulo

serpens caput cinxit et sine noxa ...

abiit.»

«Una volta. mentre dormiva in una

locanda, un serpente gli si attorcigliò

intorno alla testa ma... se ne andò senza

morderlo.»

Hospitium

88 Hor., Sat., I, 5, 1-6

37 a.C.

«Egressum magna me accepit

Aricia Roma / hospitio modico;

rhetor comes Heliodorus, /

Graecorum longe doctissimus;

inde Forum Appi / differtum nautis

cauponibus atque malignis. / Hoc

iter ignavi divisimus, altius ac nos

/ praecinctis unum: minus est

gravis Appia tardis.»

«Aricia mi accolse in un modesto

albergo, una volta lasciata la grande

Roma; mi era compagno il retore

Eliodoro, di gran lunga il più dotto dei

greci; poi sostammo a Forum Appi,

località zeppa di barcaioli e di osti

bricconi. Per pigrizia dividemmo in due

parti questo tratto che avrebbe costituito

una sola tappa per gente più svelta di

noi: la via Appia riesce meno faticosa a

chi va piano.»

89 Plin., Epist., VI, 19, 4:

Inizio II d.C.

«Eosdem... urbem Italiamque non

pro patria, sed pro hospitio aut

stabulo quasi peregrinantes

habere.»

«(i candidati)…quasi considerassero

Roma e l’Italia non come la loro patria,

ma come una specie di albergo o di

locanda per dei viandanti.»

90 Plin., Epist., VIII, 8, 6:

primo decennio II d.C.

«Balineum Hispellates... publice

praebent, praebent et hospitium.»

«Gli abitanti di Spello...mettono a

disposizione un bagno a spese della

città, così come offrono gratuitamente

un alloggio.»

III.1 - Le fonti letterarie: sv. hospitium

34

91 Hier., Epist., LXXVII,

10:

399 d.C.

«...emitur hospitium et ad

hospitium turba concurrit...

Adducunt maria, quos in gremio

suo terra suscipiat. Mittit Roma

properantes, quos navigaturos

litus molle confoveat... Nec solum

inopum necessitas sustentatur, sed

prona in omnes munificentia

aliquid et habentibus providet.

Xenodochium in portu Romano

situm totus pariter mundus

audivit.»

«...si compra un ostello ed una folla vi

accorre ... Dal mare, giungono a questo

ristoro i viaggiatori. Altri ne arrivano da

Roma, che qui si rifocillano prima di

prendere il mare... Questa generosità

non è riservata ai soli poveri, ma a tutti

coloro che ne abbiano bisogno. E la

fama dello xenodochio fondato nel porto

di Roma raggiunge tutto il mondo.»21

92 S.H.A., Hadr., X, 6:

Episodio datato al regno

di Adriano;

autore di fine V?

«(Hadrianus) aegros milites in

hospitiis suis videret, locum castris

caperet...»

«(Adriano) andava a visitare i soldati

malati nei loro quartieri, sceglieva il

luogo adatto per gli accampamenti...»

93 S.H.A, Aurel., VII, 8:

Episodio datato al regno

di Aureliano; autore di

fine V d.C.?

«(Milites) ... in hospitiis caste se

agant...»

Aureliano dispone che «(i soldati) si

comportino correttamente dove vengono

ospitati...».

Nello stesso paragrafo, è ricordata

l’estrema severità dell’imperatore nel

punire gli abusi dei soldati nei luoghi in

cui vengono ospitati: ad esempio, è

menzionato l’episodio di un soldato

squartato a metà perché reo di aver

commesso adulterio con la moglie del

suo «ospite» (VII, 4).

- Cypr., Epist., LXVIII, 3,

3:

vedi supra fonte n. 78.

Deversorium

Diversorium

- Varro, Re Rust., I, 2, 23: vedi infra fonte n. 99.

94 Cic., ad Fam., VI, 19, 1:

45 a.C.

«Eius (Maculae) Falernum mihi

semper idoneum visum est

deversorio, si modo tecti satis est

ad comitatum nostrum

recipiendum. Ceteroqui mihi locus

non displicet. Nec ea re Petrinum

tuum deseram; nam et villa et

amoenitas illa commorationis est,

non devorsori.»

«La proprietà di Macula a Falerno mi è

sempre sembrata adatta come luogo

dove effettuare una tappa, dal momento

che riesce ad ospitare anche tutto il mio

seguito. E comunque, il luogo non mi

dispiace. a per questo motivo non

abbandonerò la tua proprietà a Petrino;

solo che quella villa e la amenità del

luogo sono più adatte ad un soggiorno e

non ad una sosta».

95 Hor., Epist., I, 15, 10:

23-18 a.C.

«Mutandus locus est et deversoria

nota / praeteragendus equus.»

Orazio viene convinto a lasciare le

acque termali di Baia e Cuma: «Devo

cambiare obiettivo e guidare il mio

cavallo attraverso le tappe note.»

96 Suet., Vitell., VII, 6:

episodio del 69 d.C.

«(Vitellius) ...tota via caligatorum

quoque militum obvios exosculans

perque stabula ac deversoria

mulionibus ac viatoribus praeter

modum comis...»

«(Vitellio) ricoprendo di lodi anche i

soldati semplici che incontrava lungo

ogni strada e oltremodo affabile presso

le locande e gli alberghi con gli stallieri

ed i viaggiatori....»

III.1 - Le fonti letterarie: sv. taberna

35

Taberna

97 Varro, Re Rust., I, 2, 23:

37 a.C.

«ut etiam, si ager secundum viam

et opportunus viatoribus locus,

aedificandae tabernae

deversoriae, quae tamen, quamvis

sint fructuosae, nihilo magis sunt

agriculturae partes»

«qualora una tenuta agricola si trovi in

prossimità di una via trafficata e presso

un luogo comodo per la sosta, è

opportuno costruire una taverna per

accogliere i viaggiatori che comunque,

per quanto sia redditizia, non supera la

rendita agricola.»

98 Cic., de Inv., II, 4, 14:

81-82 a.C.

«In itinere quidam proficiscentem

ad mercatum quendam et secum

aliquantum nummorum ferentes est

comitatus. Cum hoc, ut fere fit, in

viam sermonem contulit; ex quo

factum est ut illud iter familiarius

facere vellent. Quare cum in

eadem tabernam divertissent,

simul cenare et in eodem loco

somnum capere voluerunt.»

«Lungo la via un viaggiatore si unisce

ad un altro che è in viaggio d’affari e

quindi ha con sé del denaro.

Cominciano a chiacchierare, diventano

amici e decidono di fermarsi nella stessa

locanda, di cenare insieme e di dividere

la stessa camera.»

99 Cic., pro Cluent., 163:

65 a.C.

«Atque etiam, ut nobis renuntiatur,

hominem multorum hospitem,

Ambivium quendam, coponem de

via Latina, subornatis qui sibi a

Cluentio servisque eius in taberna

sua manus adlatas esse dicat.»

«Ed inoltre, come ci viene riferito,

questo tale Ambivio, uomo di grande

«ospitalità», oste lungo la via Latina, si

dice essere stato ucciso da quelli che

erano stati corrotti da Cluenzio e dai

suoi servi nella sua taberna.»

Secondo Kleberg (KLEBERG 1957, p.

43), è indizio che le taverne sono poste

presso le porte urbane.

100 App. Verg., Copa, 1-3:

Età tiberiana o metà I

secolo a.C.

«Copa Surisca... ebria famosa22

saltat lasciva taberna...»

«L’ostessa Sirisca ubriaca ... si

abbandona ad una danza sensuale, nella

ben nota taverna...»

101 Prop., IV, 8, 17-19:

Circa 14 a.C.

«Appia, dic quaeso, quantum te

teste triumphum / egerit effusis

per tua saxa rotis; / turpis in

arcana sonuit cum rixa taberna.»

Properzio chiama «a testimone la via

Appia del clamore con cui la sfacciata

Cinzia ha guidato il carro a folle

velocità sul selciato, dopo il chiasso

causato per una rissa poco elegante in

una taverna appartata.»

102 Tac., Hist., II, 64, 1:

Episodio datato al 69

d.C.; opera dell’inizio

del II d.C.

«Igitur Vitellius metu et odio, quod

Petroniam uxorem eius mox

Dolabella in matrimonium

accepisset, vocatum per epistulas

vitata Flaminiae viae celebritate

devertere Interamnium atque ibi

interfici iussit. Longum interfectori

visum: in itinere ac taberna

proiectum humi iugulavit...»

«Vitellio, quindi, spinto da odioso

timore perché Dolabella aveva sposato

Petronia che era stata prima sua moglie,

lo fece convocare con una lettera che

ingiungeva di evitare la Flaminia perché

troppo frequentata, e di dirigersi altresì

verso Interamnium23. All’esecutore

dell’omicidio il viaggio sembrò troppo

lungo: lo gettò a terra e lo scannò in una

taverna lungo la strada...»

La lettera che contiene istruzioni precise

sull’itinerario del viaggio, potrebbe

essere intesa come un diploma: la

taberna sarebbe, in tal caso, una

stazione del cursus. Sulla base della

notazione che Tacito inserisce di

seguito, sembra evincersi che Vitellio

abbia firmato la lettera con il nome di

Germanico (ARICI 1970, p. 207, nota 4).

III.1 - Le fonti letterarie: sv. taberna

36

103 Amm., XV, 3, 10:

Episodio datato al 355

d.C.;

opera del 400 d.C circa.

«Teutomeres... onustos omnes

catenis (ut mandatum est)

perducebat. Sed ubi ventum est

Aquileiam, Marinus tribunus ex

campidoctore eo tempore vacans,

..., in taberna relictus, dum

parantur itineri necessaria, lateri

cultrum longiorem casu repertum

impegit...»

«Teutomere... li conduceva tutti in

carcere carichi di catene. Ma, appena

giunti ad Aquileia, Marino, che era

divenuto tribuno soprannumerario da

istruttore delle reclute che era, ...lasciato

solo nell’albergo, mentre si facevano i

preparativi per il viaggio, si trafisse il

fianco con un lungo coltello trovato per

caso...»24

Caupona

104 Lucil., Carm., III (Iter

Siculum), 127-129 (ed.

Marx):

119-116 a.C.

«Hinc media remis Palinurum

pervenio nox \ caupona hic tamen

Syra ...»

«Da lì, a forza di remare, giungemmo a

Palinuro a mezzanotte, dove trovammo

alloggio presso una caupona con

un’ostessa siriana…»

105 Cic., Phil., II, 77

(XXXI):

44 a.C.

«Cum hora diei decima fere ad

Saxa Rubra venisset, delituit in

quadam cauponula atque ibi se

occultans perpotavit ad

vesperam.»

«(Antonio) Giunto a Saxa Rubra circa

alle quattro del pomeriggio, riparò

presso una stamberga e lì rimase

nascosto gozzovigliando fino a sera».

- Hor., Sat., I, 5, 50-51:

37 a.C.

Vedi infra fonte n. 110.

Popina

106 Suet., Vitell., XIII, 6:

Episodio collocabile nel

I secolo d.C.; opera del

119-121 d.C.

«Ut autem homo non profundae

modo sordidae gulae, ne in

sacrificio quidem umquam aut

itinere ullo temperavit, quin inter

altaria ibidem statim viscus et

farris frusta paene rapta e foco

mandaret circaque viarum popinas

fumantia obsonia vel pridiana

atque semesa.»

«Quell’uomo era di un appetito senza

limiti, che non aveva alcuna decenza nel

limitarsi, neppure mentre celebrava un

sacrificio o era in viaggio, che non

riusciva a trattenersi dal divorare i

brandelli di carne e le focacce di crusca

sull’altare appena tolte dal fuoco e nelle

osterie lungo le strade, le pietanze

ancora roventi o gli avanzi del giorno

prima o quelli già sbocconcellati.»

Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta

- Varro, Re Rust., I, 2, 23:

37 a.C.

Vedi supra fonte n. 97.

107 Col., I, 5, 6:

metà I secolo d.C.

«(villa)...Nec paludem quidem

vicinam esse oportet aedificiis nec

iunctam militarem viam... Haec

autem praetereuntium viatorum

populationibus et adsiduis

devertentium hospitiis infestat rem

familiarem.»

«Non è opportuno che le costruzioni

(della villa) si trovino vicino ad una

palude né ad una via militare… Queste

infatti comporterebbero che la proprietà

privata fosse invasa da un viavai di

viaggiatori e da un affollamento di

ospiti.»

108 Hor., Sat., I, 5, 37-38:

37 a.C.

«In Mamurrarum lassi deinde urbe

manemus / Murena praebente

domum, Capitone culinam.»

«Facciamo poi tappa nella città di

Mamurra (Formia), dove Murena ci

offre l’alloggio e Capitone il vitto.»

III.1 - Le fonti letterarie: ville rustiche

37

109 Hor., Sat., I, 5, 45-47:

37 a.C.

«Proxima Campano ponti quae

villula, tectum / praebuit et

parochi quae debent ligna

salemque. / Hinc muli Capuae

clitellas tempore ponunt.»

«Nei pressi di Ponte Campano una

villula offre ospitalità, mentre i parochi

provvedono la fornitura di sale, legno e

fieno. Qui, presso Capua, all’ora

prevista, i muli depongono i basti.»

I parochi sono fornitori che a spese

dello stato sono tenuti a provvedere i

magistrati in missione ufficiale.

110 Hor., Sat., I, 5, 50-51:

37 a.C. «Hinc nos Coccei recipit

plenissima villa / quae super est

Caudi cauponas.»

«Qui (cioè presso Capua) ci accoglie la

villa di Cocceio, fornita di ogni bene, al

di sopra delle osterie di Caudio.»

111 Hor., Sat., I, 5, 79-80:

37 a.C.

«...nos vicina Trivici / villa

recepisset lacrimoso non sine

fumo....»

«Ci accolse una villa vicino a Trevico,

anche questa densa di fumo che fa

lacrimare...»

112 Apul., Met., I, 21:

Età Antonina (regno di

Marco Aurelio 161-180

d.C.)

Tessaglia

«Nam comites uterque ad villulam

proximam laevorsum abierunt.

Ego vero quod primum ingressui

stabulum conspicatus sum

accessi.»

«Entrambi i miei compagni di viaggio

imboccarono il deverticolo a sinistra,

che portava ad una fattoria lì vicino. Io,

invece, arrivai fino al primo albergo che

trovai non appena entrato in città.»

Da rilevare, che qui lo stabulum è entro

l’area urbana.

- Apul. Met., IX, 4

Età Antonina (regno di

Marco Aurelio)

vedi supra, fonte n. 76.

- Apul., Met., X, 1: vedi supra, fonte n. 77.

113 Amm., XXIX, 6, 7:

Episodio datato al 373-

374 d.C.; opera del 400

circa

«Paulo enim afuit, quin filia

caperetur Constanti, cibum sumens

in publica villa, quam appellant

Pistrensem, cum duceretur

Gratiano nuptura...»

«Poco, infatti, mancò che (i Quadi)

catturassero la figlia dell’imperatore

Costanzo II, mentre si ristorava in una

villa pubblica, detta Pistrense (circa

XXVI miglia da Sirmio), durante il

viaggio che la conduceva sposa a

Graziano...».

114 Rutil. Nam., de Red., I,

377:

416 d.C.,

Faleria, presso

Piombino

«Egressi villam petimus lucoque

vagamur...»

«Appena sbarcati, cerchiamo il luogo

dove sostare e facciamo una passeggiata

nei boschi…»

Villa come luogo di sosta e

pernottamento gestito da un vilicus.

Pandokei`on

115 Polyb., II, 15, 5

Ultimo ventennio del II

secolo a.C.

«Poiou`ntai gaVr taVÇ kataluvseiÇ oiJ diodeuvonteÇ thVn cwvran ejn toi`Ç pandokeivoiÇ, ouj sumfwnou`nteÇ periV tw`n kataV mevroÇ ejpithdeivwn, ajll* ejrwtw`nteÇ povsou toVn a[vdra devcetai.»

«I viaggiatori che in questo paese si

fermano nelle locande non contrattano

per ogni singolo articolo di cui fanno

richiesta, ma pagano una quota

giornaliera ciascuno.»

116 Strab., XII, 8, 17:

Circa 18 d.C.; Carura,

confine tra Frigia e

Caria

«@Orion dev ejsti th`Ç FrugivaÇ kaiV th`Ç KarivaÇ taV Kavroura: kw`mh d ejstiVn au{th pandocei`a e[cousa kaiV zestw`n uJdavtwn ejkbolavÇ, taVÇ meVn ejn tw/` potamw/` Maiavndrw/, taVÇ d* ujper tou` ceivlouÇ. KaiV dhv potev fasi pornoboskoVn aujlisqevnta ejn toi`Ç

«Carura segna il confine tra Frigia e

Caria. È un villaggio, ha alberghi e

sorgenti di acqua termale bollenti,

alcune nel fiume Meandro, altre sopra le

sue sponde. Inoltre, si dice che una

volta, quando un lenone prese alloggio

con un numeroso seguito di donne

III.1 - Le fonti letterarie:le fonti greche

38

pandoceivoiÇ suVn pollw/` plhvqei gunaikw`n, nuvktwr genomevvou seismou`, sunafanisqh`nai pavsaiÇ.»

presso quegli alberghi, ebbe luogo un

terremoto durante la notte…»

- Hier., Homil. Orig. in

Luc., 34, 3:

349-350 d.C.

Vedi supra fonte n. 79.

117 Melania, 56

437 d.C.

«&Hmei`Ç deV di* o{lhÇ cionizovmenoi th`Ç hJmevraÇ ajnendovtwÇ thVn poreivan ejpoiouvmeqa, ou[te ghn ou[te o[roÇ blevponteÇ plhVn tw`n pandoceivon, ejn oi|Ç kateluvomen ejspevraÇ.»

«E noi, coperti di neve, continuiamo il

nostro cammino per tutto il giorno,

senza vedere altro che gli alberghi

presso i quali pernottiamo.»

StaqmovÇ

118 Jul., Epist., LVIII;399

363 d.C.

«*EpeiV deV diabaVÇ movliÇ h\lqon eijÇ toVn prw`ton staqmovn, ejnneva pou scedoVn h\san w|rai, kaiV ejdexavmhn ei[sw th`Ç aujlh`Ç toV plei`ston th`Ç par* uJmi`n boulh`Ç.»

«Dopo aver superato con qualche

difficoltà il confine, giunsi alla prima

stazione, circa alla nona ora, ed allora

ricevetti presso il mio quartier generale,

la maggior parte dei tuoi senatori».

119 Proc., Hist. Arc., XXX,

3-4:

Circa 550 d.C.

«ejÇ hJmevraÇ oJdoVn eujzwvvnw/ ajndriV staqmouVÇ katesthvsanto, phV meVn ojktwV, phV deV touvtwn ejlavssouÇ, ouj mevntoi h|sson ejk tou` ejpiV plei`ston h] kataV pevnte. i{ppoi deV i{stanto ejÇ tessaravkonta ejn staqmw/` eJkavstw/`. JiJppokovmoi deV kataV lovgon tou` tw`n i{ppwn mevtrou ejtetavcato ejn pa`si staqmoi`Ç.»

(Gli imperatori dei tempi antichi hanno

fatto costruire queste stazioni. nella

seguente maniera) «entro la distanza

compresa in un giorno di viaggio di un

viaggiatore senza bagagli25, hanno

costruito delle stazioni, a volte in

numero di 8, a volte meno, ma in genere

mai meno di 5. Ad ognuna è assegnato

un numero di 40 cavalli e un numero di

stallieri per ogni stazione in proporzione

al numero degli animali».

Basivleion

120 Jul., Epist., LVIII; 400

363 d.C.

«kaiV taV basivleia polutelh` meVn h{kista: phlou` gaVr h\n movnon kaiV xuvlwn oujdeVn poikivlon e[conta.»

Durante un viaggio da Antiochia a

Hierapolis di Siria, l’imperatore

Giuliano riceve una delegazione presso

la stazione di Bathna, in Siria.

«Questo alloggio imperiale non è affatto

sontuoso, perché costruito solo con

sabbia e tronchi di legno e non ha

decorazioni.»

Kataluthrivon

121 Proc., de Aed., V, 3, 3:

Circa 560 d.C.

«kaiV taV ejkeivnh/ basivleia, ejk moivraÇ h[dh katapeptwkovta tinovÇ, ajnenewvsato spoudh/` a{panta, e[ti mevntoi kaiV balanei`on ejn tw/` kataluthrivw/ tw`n beredarivwn kaloumevnwn ejk palaiou` diefqarmevnon.»

«Tra gli edifici che Giustiniano può

vantarsi di aver restaurato o ripristinato,

c’è anche il kataluterìon dei veredarii di

Nicea, che aveva giaciuto in abbandono

per lungo tempo.»

III.1 - Le fonti letterarie:le fonti greche

39

*Allaghv

122 Papyri in Rylands

Library 1952, IV, p.

104-107, nn. 630-638,

righe 203-506:

passim, ad esempio,

righe 385 ss. e 399.

«[ejn *All]agh/` [timh`Ç] oi[nou a[riston ... » «…th`Ç hJ[mevraÇ] ejv th/` ajl[l]ag[h/`] Bhtavrou...»

Lungo la via del ritorno, la comitiva fa

sosta in una mutatio lungo la via tra

Ptolemaide e Cesarea, così come il giorno

successivo, che concludono pernottando a

Antipatris. L’autore del resoconto

sottolinea che la taverna pressa la quale

pernottano non ha nulla da offrire e si

trova in un luogo piuttosto desolato.

123 Eustath., ad Iliad., 531,

21

«aiJ deV iJstorivai staqmouVÇ oi[dasi levgon kaiV taVÇ wJrismevnaÇ ei[t* oi\n tetagmevnaÇ ejvodivouÇ ajnapauvlaÇ, toi`Ç ei[te iJppeusin ei[te pazodrovmoiÇ a{Ç kaiV aVllagaVÇ e\legonv tinesa...»

«Gli storici definiscono stazioni i luoghi

di fermata dove riposano coloro che

stanno effettuando un viaggio, disposte a

distanze cadenzate, destinate sia a chi va a

cavallo che a piedi, altrimenti dette

“mutationes”…»

Oijkiva

124 Dio.Cass., LXXVIII, 9,

6:

Episodio datato al 212

d.C.

«e[xw dhV touvtwn aJpavntwn kaiV oijkivaÇ aujtw/` pantodapavÇ, ejpeidhV th`Ç &RwvmhÇ ejxwvrmhse, kaiV kataluvseiÇ poluteleiÇ ejn mevsaiÇ tai`Ç oJdoi`Ç kaiV tai`Ç bracutavtaiÇ oijkeivoiÇ dapanhvmasi kataskeuavzein hjnagkazovmeqa, ejv ai|Ç oujc o{son oujk ejvnw/vkhsev pote, ajll* oujdeV o[yesqai aujtw`n tinaV e[melle.»

«Noi siamo stati costretti a costruire a

nostre spese dei palazzi molto sontuosi

dove lui (Caracalla) potesse soggiornare

quando fosse stato fuori Roma, e luoghi di

tappa con ogni comodità anche nelle tratte

dei viaggi più brevi. »

v

125 Dio.Cass., LXVIII,

15, 3:

Episodio datato al

110 d.C., opera ante

222 d.C.

«KaiV kataV touVÇ aujtouVÇ crovnouÇ tav te e{lh taV Pompti`na wJdopoihvse livqw/`, kaiV taVÇ oJdouVÇ paroikodomhvmasi kaiV gefuvraiÇ megaloprepestavtaiÇ ejxepoivse.»

«(Traiano) in quello stesso periodo costruì

una strada pavimentata attraverso le Paludi

Pontine e fece costruire come infrastrutture

per la viabilità edifici e ponti magnifici.»

Katagwgiva

126 Basil., Epist., XCIV: «tivna deV ajdikou`men, katagwvgia toi`Ç xevnoiÇ oijkodomou`nteÇ, toi`Ç te kataV pavrodon ejpifoitw`si kaiV toi`Ç qerapeivaÇ tinoVÇ diaV thVn ajsqevneian deomevnoiÇ, kaiV thVn ajnagkaivvan touvtoiÇ paramuqivan ejgkaqistw`nteÇ, touVÇ vnosokomou`ntaÇ, touVÇ ijatreuvontaÇ, taV vnwtofovra, touVÇ parapevmpontaÇ.»

«Forse siamo in errore quando costruiamo

gli ospizi per gli stranieri, per coloro che

vengono a visitarci nel corso di un viaggio,

e per coloro che necessitano assistenza

perché sono malati, e quando ci spingiamo

oltre, fornendo assistenza agli infanti,

medici, bestie per il viaggio e

accompagnatori?».

III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni

40

Osservazioni

La parola mansio è quella che ha impiego più naturale, dal

momento che è collegata al verbo manere = sostare /

permanere, assumendo molte sfaccettature, ben cesellate

nel linguaggio ciceroniano26. È evidente, quindi, che, pur

non comparendo esplicitamente in rapporto con il cursus

prima del IV secolo d.C., ha radici semantiche ben

profonde, dal momento che il verbo manere è di frequente

utilizzato proprio per indicare l’atto dei viaggiatori del

sostare lungo il percorso (ad esempio: Hor., Sat., I, 5, vv.

86-87: «Quattor hinc rapimur viginti et milia raedis, /

mansuri oppidulo, quod versu dicere non est, signis

perfacile est...» «per 24 miglia filiamo in carrozza, volendo

far tappa in un paesino che non è possibile designare

nell’esametro, mentre è facile riconoscerlo per

contrassegni»27) o, comunque, di stasi temporanea, come è

riproposto in forma tautologica nel passo che racconta

come i soldati di Settimio Severo occuparono Roma e «in

templis, in porticibus, in aedibus Palatinis quasi in stabulis

manserunt»28. Già Plinio il Vecchio (fonti nn. 2, 3, 4) ci

propone schemi di itinerari ben collaudati, scanditi in tappe

prestabilite e pianificabili, ma il contesto geografico

“esotico” nel quale sono ambientati è piuttosto costrittivo

(nelle regioni desertiche non sarebbe possibile altrimenti),

e, comunque, la quantificazione dei costi ci riporta ad un

contesto commerciale in cui si muovono i privati.

Nemmeno il passo svetoniano (n. 5) ci assicura l’impiego

“tecnico”, in senso itinerario, del termine, riferendosi, sì,

ad un viaggio imperiale, ma essendo carente in ogni

dettaglio pratico sul luogo della fermata: l’espressione

“prima mansio” può, perfino, essere intesa in senso

cronologico, piuttosto che topografico. Al contesto privato

ci riporta il viaggio materiale e spirituale di Apuleio:

almeno nel passo n. 7, nel vocabolo “mansio” si potrebbe

cogliere la pregnanza “spaziale-materiale”, sospettabile

anche in quello precedente. È, perciò, solo nel IV secolo

che le fonti letterarie ci presentano il vocabolo mansio

riferito con certezza ad un luogo di sosta del cursus, che,

almeno fino alla narrazione della Peregrinatio Egeriae,

appare esclusivo di autorità politiche e militari (fonti nn. 9,

12). Alla fine del IV, comunque, il meccanismo di

programmazione di un viaggio, attraverso l’individuazione

e la scelta dei luoghi dove effettuare le fermate, è talmente

ovvio da essere luogo comune (passi nn. 15, 18).

L’accezione “temporale”, tuttavia, non scompare, e in

Vegezio e nella Peregrinatio Egeriae (fonti nn. 29, 36, 37,

71, 72) ritorna nel senso di breve sosta contrapposto a

stativa, cioè soggiorno più lungo, sosta, pausa del viaggio

durante la quale si riposa o si effettua un rifornimento.

Sono certamente viaggiatori privati quelli che dimenticano

qualcosa di molto importante in una mansio e che per

questa distrazione devono tornare sui loro passi per

recuperarla (n. 39). Con il tempo, il termine torna ad

indicare la semplice sosta, anzi, diventa sinonimo di

pernoctatio29 o, comunque, di soggiorno presso un

domicilio o un «ente assistenziale»30. Il suo uso è così

comune, da indicare tutte le soste effettuate nel corso di

piccoli e grandi spostamenti, fino ad ingenerare il

clamoroso anacronismo della fonte n. 16, dove l’esodo

dall’Egitto verso la terra promessa è visto come un viaggio

programmato in ogni tappa e dettaglio, uso echeggiato in

Vulg., Exod., 17, 1: “per mansiones Israelitarum ab

Aegypto proficiscientium”. Perfino in Cassiodoro, che

dovrebbe rappresentare “l’ibrido” tra la forma letteraria e

quella giuridica, “mansio” indica il semplice atto del

fermarsi (con l’eccezione della sfumatura amministrativa

di Var., X, 28, 1, fonte n. 52). In epoca cristiana, del resto,

si ha quasi un abuso del termine per indicare le varie tappe

di avvicinamento alla fede e a Dio (vedi ad esempio

Rufin., Orat.Greg.Nazianz.Inter., IX, 8); il senso figurato è

anche in Cassian., Conl., XXI, 28, 231. Ancora, nella

Peregrinatio Egeriae e in CIL IX, 2826, 1232 è anche

utilizzato in abbinamento con pastura per indicare il nostro

“vitto e alloggio”. Nella stessa Peregrinatio Egeriae (nn.

26, 28, 31), in Ammiano (n. 38) e nella fonte epigrafica n.

158, il termine mansio rappresenta un’unità di misura di

distanza33. Questa voce divide con il lemma «statio» una

molteplicità di accezioni che convivono: anche la mansio,

infatti, può essere intesa come una base militare (PUGLISI

1987, p. 261, nota 31).

Il vocabolo mutatio appare, invece, tra le fonti letterarie

con estrema parsimonia: in Ammiano, per quanto connesso

al cursus, non sembra esserci riferimento ad una struttura

monumentale ma al solo atto del cambio degli animali,

come è confermato da un altro passo in cui “mutatio” viene

letto in legatura con il “per” che precede la parola34, mentre

in Cassiodoro è questo il vocabolo tecnico per indicare le

stazioni35, seppure pervaso di una pregnanza prettamente

amministrativa che lo accomuna alle fonti giuridiche

contemporanee (infra, par. III.2). È confermata, quindi,

l’opinione dei Levi, secondo i quali il vocabolo mutatio

non compare prima del IV secolo (cioè, con l’Itinerario

Burdigalense). Come le mansiones, anche le mutationes

diventano in epoca tarda delle unità di misura, come

accade in Cassiodoro (n. 57).

Il termine statio compare, al contrario, piuttosto di

frequente, nei testi letterari, ma in nessuno di questi casi è

ravvisabile la connotazione tecnica, indicando una lounge,

all’aperto o ricavata negli edifici pubblici, un crocicchio o

una piazza dove si ritrovano i circoli di persone per

chiacchierare o fare affari36, almeno fino all’ultimo quarto

del IV secolo d.C. (Ambrogio ed Ammiano, nn. 17, 66,

67). L’idea di luogo fortificato è alternativa a quella di

luogo di incontro, ma altrettanto antica, come dimostra

Cicerone37, e più ordinaria nella tarda latinità (n. 78). Il

passo svetoniano della biografia di Tiberio (XXXVII, 2,

qui n. 58) per quanto autorevolmente citato, non sembra

potersi considerare pertinente a questo “corpus”, dal

momento che non vi si coglie alcun riferimento alle

stazioni di posta, né alla viabilità. Ancora al tempo

dell’Historia Augusta, il vocabolo statio è preferibilmente

utilizzato in contesti non tecnici, soprattutto per indicare il

centro simbolico dell’autorità imperiale38 o riferito ai

quartieri militari39, ed è assai usuale la connessione ai posti

di guardia militari (come nel passo di Svetonio appena

citato) o a sedi di partenza dell’esercito impegnato in

campagne o manovre40. In generale, sembra potersi

affermare che proprio questo vocabolo, che per noi è il più

III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni

41

usuale, è quello che ha un impiego meno tecnico, per

quanto riguarda la viabilità, riferendosi nella maggior parte

dei casi ai posti militari o alle stazioni fiscali o

amministrative, poste - queste ultime - spesso nelle aree

pubbliche dei centri urbani (vedi brano n. 59). Nella

maggior parte dei casi, quindi, soprattutto quando non vi è

specificazione, il lemma va riferito a stazioni di tipo

diverso41. Restano, comunque, esempi significativi dell’uso

di questo vocabolo in senso tecnico le fonti nn. 63 e 66,

anzi, in Ammiano è il vocabolo che materialmente indica il

luogo della sosta nel corso di un viaggio, pur essendo

evidente, in altri passi dello stesso Autore, la connotazione

militare della stazione42; oppure è utilizzato nell’accezione

di semplice località43. Almeno nella seconda metà del IV

secolo i vocaboli “mansio” e “statio” diventano

interscambiabili: l’esempio del passo ambrosiano n. 17, ci

mostra come, in una spericolata alternanza di accezioni

letterali e significanze simboliche, la ricerca interiore è

visualizzata come un viaggio a tappe che procede di

«stazione in mansione».

Da parte di alcuni autori, le “stativae” sono state ritenute

una categoria particolare di luoghi di tappa (LEVI 1967, p.

110). Le fonti disponibili, al contrario, ci presentano le

stativae come un posto adatto ad un rifornimento in ambito

militare ed un “rifocillamento” in quello civile, che si può

effettuare in luoghi diversi, ma che certo predilige i centri

abitati e floridi. Nel passo 46 si citano mansiones, stativae

e luoghi speciali dove si riceve l’annona, ma più che classi

particolari di aree di servizio, le stativae sembrano dei

luoghi prescelti per un soggiorno di un certo periodo ed è

presumibile che a tale scopo venissero scelti dei centri

abitati. Come è ben chiarito dal confronto con l’altro passo

della biografia di Alessandro Severo (n. 47), cioè, si parla

solo di una pianificazione di queste soste prolungate, dal

momento che vengono elaborati dei veri e propri

programmi di viaggio con le stazioni di tappa, le date

preventivate per l’arrivo e la cadenza dei rifornimenti

annonari. Nella Peregrinatio Egeriae (passi n. 70, 71, 72,

73), poi, il termine acquista una significato «cronologico»

piuttosto che topografico, venendo ad indicare una sosta

nel corso di un viaggio di varia durata (ad esempio, stativa

triduana). Resta, comunque, piuttosto evidente che per

questo vocabolo si possa escludere una corrispondenza

tecnica, bensì indichi solo una fermata più prolungata nel

tempo.

Gli stabula appaiono piuttosto precocemente, già nel I

secolo d.C., ad indicare (nella seconda accezione del

termine: KLEBERG 1957, pp. 18-19) prevalentemente un

albergo fornito di stalla o ricovero per gli animali44,

fondamentalmente come trasposizione latina del greco

pandokeion45, anche se la prima volta il lemma appare in

Varro, Ling.Lat., V, 15, dove è contrapposto a taberna,

proprio ad indicare l’albergo diverso dalla bottega46. In

Cicerone (fonte n. 98) è esplicita la presenza delle stanze

per dormire, e già nel Satyricon stabulum e deversorium

appaiono impiegati indifferentemente47. In Apuleio (Met.,

I, 21) è compiuta l’associazione con l’albergo d’area

urbana, dal momento che è definito stabulum quello di

Hypata, gestito da una vecchia ostessa (caupona anu); del

resto, già nel caso di Mart., VI, 94, 3 non si può sostenere

la pertinenza alla viabilità, anzi, forse, è intenzionale

proprio la contrapposizione tra locale in città e campagna.

Ad alberghi urbani è sempre riferito in Tert. Apol., XLII,

2, mentre S. Agostino (brani nn. 80, 82, 83, 84) ribadisce la

relazione tra lo stabulum ed i viaggiatori48, sancendo anche

l’associazione tra mansio e stabulum, dando l’impressione

che la prima sia solo una parte della seconda (n. 43). Sulla

base della ricchezza delle attestazioni, comunque, si può

affermare che fu il termine più in voga per qualificare i

ricoveri per i viaggiatori e che, nel corso di un viaggio,

anche un imperatore poteva trovarsi a passarci la notte (n.

87). Quasi un ossimoro si può considerare l’impiego che

ne fa Frontone (n. 69), esaltando lo stridente contrasto tra il

concetto di stativa e la rapidità del viaggio, ribadendo in

ogni caso il legame tra le stativae ed il cursus.

L’abbinamento tra stazione di posta e stalla ritorna nelle

allegorie dipinte dagli autori cristiani, ad esempio, da

Cesario di Arles nella prima metà del VI secolo49, venendo

anche a confermare la popolarità del vocabolo mutatio

nell’epoca tardo romana.

Il termine hospitium si riconduce ad hospes, lemma che

indica sia chi offre che chi riceve ospitalità, e inizialmente

designa l’atto stesso dell’accoglienza di amici-ospiti,

progressivamente andando ad indicare il luogo dove questi

individui vengono ospitati. Tale vicendevole ospitalità è

esercitata tra individui facoltosi che si vantano di non

dover dividere con i più umili i servizi delle pubbliche

locande (Cic., de Div., I 57 «alterum ad cauponem

devertisse, ad hospitem alterum», ribadito dal sarcastico

«hominem multorum hospitem Ambivium quendam

cauponem de via Latina» del brano n. 99, che si può

affiancare all’osservazione di Seneca, de Benef., I, 14, 1:

«nemo se stabularii aut cauponis hospitem iudicat», che

ancora una volta insiste sulla mala fama di questi locali).

Nella satira oraziana (n. 88), prima ancora

dell’istituzionalizzazione del servizio di posta, appare per

la prima volta l’hospitium modicum nel significato tecnico

di locanda presso la quale sostano i viaggiatori, ribadito ai

vv. 71-76 dove è menzionato l’hospes: è ben evidente che

la locanda è fitta di clienti (convivae)50. In Apuleio (Met., I,

7) è usato come sinonimo di stabulum per lo stesso albergo

di Hypata in Tessaglia di Met., I, 21 (fonte n. 112: qui il

protagonista specifica: lectulo refovere, cibo satiare,

poculo mitigare, fabulis permulcere, fornendoci uno

stringato ma efficace elenco di tutte le prestazioni che

vengono richieste ad un esercizio alberghiero di questo

tipo. Forse non è un caso che tutti gli hospitia menzionati

si trovino in centri urbani, anche se sono utilizzati come

motel nel corso di un viaggio. Fino al II secolo, comunque,

“hospitium” ha, sì, il significato di locanda dove pernottare

ma è privo di ogni connotazione caritatevole,

trasmettendoci la fase semantica originaria del vocabolo; al

contrario, in epoca cristiana, il vocabolo acquisisce un

significato particolare, venendo ad indicare i luoghi dove,

per interessamento stesso del clero (vedi supra, cap. II.2),

possono sostare i pellegrini, ma il senso originario si

conserva fino alla tarda romanità, indicando più

III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni

42

genericamente un alloggio, in alternativa a mansio51.

Nell’Historia Augusta (n. 92), tuttavia, almeno in un caso,

è definita “hospitium” una stazione particolare, dove viene

prestata assistenza medica agli infermi (infra, par. III.2,

Osservazioni), ma non si può escludere che si tratti

dell’infermeria all’interno del castrum.

Anche il lemma deversorium ha diverse attestazioni che gli

sono verosimilmente derivate dal significato di locus

devertendi vel deversandi e quindi di hospitium, habitatio

(ThLL, sv. deversorium) e che, di conseguenza, lo legano

concettualmente alla viabilità. Spesso indica

un’installazione privata, che i ricchi facevano allestire

proprio per consentire la sosta lungo le vie che portavano

alle loro lontane proprietà (n. 94). In Varrone (n. 98), il

vocabolo diventa un aggettivo che qualifica le tabernae

poste secundum viam, e nell’Epistola di Orazio (n. 95),

anch’essa probabilmente precedente alla formalizzazione

del servizio di posta, i deversoria vengono menzionati

come delle località ben note, che un viaggiatore abituato a

frequentare quegli itinerari conosce “a menadito”. Dalle

opere letterarie questo termine è però destinato a

scomparire precocemente52: l’ultima attestazione è quella

svetoniana n. 96, che ancora una volta ci presenta i

deversoria come locali frequentati da stallieri e viaggiatori,

stabilendo la sinonimia tra deversorium e stabulum.

Sono stati forniti pochissimi esempi dell’uso della voce

“taberna”, perché è assai difficile accertarne la pertinenza

alla viabilità extraurbana. In questa sede si può riportare

l’opinione del Kleberg, che vede un’evoluzione semantica

che privilegia prima il significato di bottega, esercizio

commerciale, e poi quello di albergo o locanda (KLEBERG

1957, pp. 20-23). Come abbiamo già detto, in ogni caso, la

pregnanza tecnica di taberna è dimostrata dalla frequenza

con la quale appare nelle fonti itinerarie (CHAPOT 1873-

1907, p. 11); qui basti ricordare i casi letterari di Paolo

Diacono nell’epitome di Festo (p. 45), che nomina le

“Caediciae tabernae in via Appia (quae) a domini nomine

sunt vocatae”. I passaggi di Tacito ed Ammiano (nn. 102,

103) sembrano confermare la relazione con il cursus se,

come abbiamo visto, si interpreta come un diploma la

missiva che Vitellio spedisce a Dolabella e si ammette

l’esistenza di una “guardina” nella stazione di Aquileia

dove sosta il drappello di militari incaricati della scorta del

prigioniero Marino.

Tra i sinonimi più comuni di taberna, Orazio utilizza

quello di caupona per istituire un confronto tra l’ottima

accoglienza ricevuta nella villa di Cocceio e

l’evidentemente altrettanto rinomato trattamento offerto

dalle osterie di Caudio nel Sannio (che non sono messe,

però, in rapporto con la viabilità: n. 110), e fa esplicito

riferimento ai caupones di Forum Appi (n. 88). Apuleio,

invece, utilizza il termine caupona per il locale di

ristorazione entro l’area urbana, ed in un caso ci menziona

perfino un rappresentante di generi alimentari

(cauponarum merces di Met., I, 5) che le rifornisce. A

detta dello stesso Prisciano, che ci ha conservato il passo di

Lucilio qui riportato con il numero 104, almeno in quella

citazione, “caupona significat tam ipsam tabernam quam

mulierem”. È dichiarato, invece, il rapporto topografico tra

le strade e le popinae frequentate da Vitellio (n. 106),

mentre nell’Historia Augusta l’uso di questo vocabolo è

riservato ai malfamati locali situati, verosimilmente, entro i

centri urbani e negli accampamenti, dove i soldati

dilapidano le loro sostanze.

Le uniche due fonti letterarie, che ci narrano viaggi

effettuati per tappe prima che Augusto istituisse il cursus

publicus, sono Lucilio ed Orazio che, come abbiamo visto,

ci descrivono locali di folcloristica frequentazione, situati

entro centri abitati; ma nella stessa satira oraziana ed in

Cicerone compaiono spesso anche riferimenti a soste fatte

presso ville private. Nel passo di Orazio, abbiamo prova

della consuetudine dei viaggiatori benestanti di fare

riferimento alle residenze extraurbane degli amici e dei

conoscenti (su cui vedi supra, cap. II.2), dal momento che

il proprietario della villa presso la quale pernotta la

comitiva di “diplomatici” è lo stesso Cocceio, uno dei

comites di Orazio. Nei brani nn. 108 e 111, al contrario, la

villula e la villa sono manifestamente luoghi deputati alla

sosta dei viaggiatori “comuni”. Su questo tipo di attività

commerciale le fonti più interessanti sono Varrone e

Columella. Il primo raccomanda l’impianto di strutture atte

alla ristorazione ed al servizio alberghiero presso le ville

rustiche, poste in prossimità delle grandi strade, mentre il

secondo sconsiglia proprio la costruzione di complessi

residenziali presso le vie militari. Il consiglio di Varrone

appare molto convincente, poiché è espresso da un autore

che certo non si distingue per lo spirito innovativo (e la sua

“resistenza” si misura nella considerazione che, comunque,

il reddito che si ricava da una attività di questo tipo sia

inferiore a quello della tenuta agricola). Varrone, quindi,

sembra far tesoro di una esperienza già consolidata53, che

supera i limiti geografici e cronologici dell’agronomo, dal

momento che è confermata, nel secolo VI, dalla

osservazione di Procopio che ricorda come tutti i

proprietari di terre, soprattutto se i loro possedimenti si

trovano nell’entroterra, siano straordinariamente ricchi, e

prospere siano tutte le regioni attraversate da strade di

grande traffico (Proc., Hist. Arc., XXX, 5).

Come è evidente nel passo n. 76, le possibilità che si

offrono ad un viaggiatore sono numerose: ancora nel II

secolo d.C., specialmente in regioni con poche

infrastrutture, è abitudine pernottare in casulis atque

castellis.

A Roma è variamente attestata l’esistenza di una villa

publica, dove vengono alloggiati gli hospites dello Stato54,

ma non si può stabilire l’identificazione topografica con la

villa publica del Campo Marzio, dove sappiamo furono

accolti “non hospites ma ambasciatori di uno Stato

nemico” (MARCHETTI 1922). Un papiro egiziano ci ha

fortunosamente conservato un’epistola che la cancelleria

tolemaica inviò nel 112 a.C. alla capitale del distretto,

ordinando che Lucio Memmio, senatore di Roma,

intenzionato a visitare i dintorni di Arsinoe, venisse accolto

III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni

43

in grande stile: già in età ellenistica, quindi, in casi

eccezionali, quali visite di personaggi eminenti, venivano

approntati degli allestimenti speciali. In quell’occasione,

vennero preparati con particolare fasto gli ambienti

destinati ad ospitare le personalità, e facilitati gli accessi ai

luoghi che avrebbero visitato, procurando fino il cibo

adatto all’espletamento dei sacrifici (HUNT – EDGAR 1932-

1934, pp. 416-417).

In greco, la traduzione corrente di mansio è

alternativamente v o v, mentre jv è più

comunemente usato come sinonimo di mutatio

(KUBITSCHECK 1930, coll. 1231-1232). Procopio fa,

invece, abuso del vocabolo v, utilizzato per

ogni tipo di luogo di sosta55. v sarebbe da

collegarsi, in alcuni casi, anche a stabulum, indicando

luoghi dove si custodiscono i cavalli ed i buoi56, ma la

traduzione più precisa di stabulum è (Vulg.,

Luc. 10, 34; fonte n. 79). Per l’albergatore è, appunto,

preferito v, mentre il latino assorbe la

trascrizione dal greco , vocabolo riferito ad

un ospite privato. Il passo di Polibio (n. 115) è stato qui

inserito, anche se cronologicamente non pertinente a

questa raccolta, per dimostrare che esiste una radicata

tradizione per queste strutture ricettive, che sono in alcune

occasioni preesistenti all’introduzione del cursus.

Monhv è attestato in senso tecnico in epoca più recente

(molto diffuso negli acta dei concili: Conc. Ephes., I, c. 36

e Conc. Calchedon., acta 9) ma ha un uso tecnico riferito

alle stazioni stradali già in Pausania (10, 31, 7), mentre

ov è più frequente in epoca ellenistica, quando

trova un uso ricorrente nelle narrazioni dell’anabasi di

Alessandro e delle tappe che di giorno in giorno il suo

esercito percorre (Senofonte, soprattutto). Entrambi i

vocaboli, comunque, trovano la loro giusta spiegazione

nelle glosse di Esichio. Cassio Dione predilige oijkiva e la

variante v, parole da lui usate in senso

strettamente tecnico: è esplicito qui il riferimento a

strutture di servizio alla viabilità costruite per volere degli

imperatori (fonti nn. 124-125).

Molto interessante si rivela la glossa in margine alla voce

: iv, «mansio habens tria tecta»57, che

potrebbe sottintendere una caratteristica architettonica

consueta nelle stazioni (forse, intende tre diversi complessi

monumentali, ad esempio: la locanda, le stalle, i

magazzini). Un pervicace riferimento alle stalle è anche

contenuto nella glossa III, 313, 43, che traduce

Jà con mansio equorum.

III.2 - Le fonti giuridiche

44

III.2 - Le fonti giuridiche

Le fonti giuridiche ci prospettano una varietà di

vocabolario più ridotta rispetto alle fonti letterarie,

trasmettendoci, però, alcune voci che le fonti letterarie non

utilizzano. Le normative qui riportate, tratte quasi

integralmente dal Codice Teodosiano e dal Corpus Iuris

Civilis di Giustiniano, abbracciano un arco cronologico

piuttosto ridotto, concentrandosi nei secoli IV e V d.C. Ciò

che le caratterizza ulteriormente, rispetto a quelle letterarie,

è che sono attinte proprio dalla legislazione che regola ed

amministra il cursus publicus e, più in generale, il traffico

di uomini e merci lungo le strade dell’impero58,

garantendoci una più pregnante “tecnicità” del vocabolario

impiegato. Come vedremo, l’analisi completa e comparata

di tutti i brani che contengono la menzione del nome

comune attribuito alla stazione di sosta smentisce

l’opinione, piuttosto diffusa (LEVI 1967, p. 109), che nel

Codice Teodosiano59 in particolare, ma in generale in tutte

le fonti giuridiche, i termini statio, mutatio e mansio siano

impiegati senza distinzione: tale mancanza di specificità è,

in realtà, rilevabile solo nel passo n. 143, dove i termini

“mutatio” e “statio” sembrano usati senza distinzione, ma

anche in questo caso si può trovare una spiegazione,

ritenendo il secondo un vocabolo generico, che può essere

impiegato come sinonimo di molti tipi di stazioni, e che

semplicemente si riferisce ad un luogo sede di un ufficio

imperiale. Tale precisione nella scelta terminologica è

confermata anche nel Corpus Iuris Civilis: nel Codex

Justinianus, come nel Digesto, si parla spesso di cursus (il

rescritto imperiale L è intitolato proprio “De cursu publico

angariis et parangariis”), ma più spesso c’è riferimento

agli uomini e ai mezzi, mentre è povero di citazioni delle

strutture materiali.

Mansio

127 Cod.Theod., XII, 1, 21:

Imp. Costantino

335 d.C.

«Quoniam Afri curiales conquesti

sunt quosdam in suo corpore post

flamonii honorem et sacerdotii vel

magistratus decursa insignia

praepositos conpelli fieri

mansionum, quod in singulis

curiis sequentis meriti et gradus

homines implere consuerunt,

iubemus nullum praedictis

honoribus splendentem ad

memoratum cogi obsequim, ne

nostro fieri iudicio iniuria

videatur.»

«Dal momento che i decurioni d’Africa

hanno registrato un reclamo da parte di

certe persone ai loro ordini, che dopo

aver rivestito le cariche di flamen e

sacerdozio o altre cariche magistratuali

(municipali), sono costretti ad effettuare

servizio nelle mansiones come

praepositi, servizio che in ogni

consiglio comunale sono soliti effettuare

uomini di grado e rango inferiore,

ordiniamo che nessun individuo sia

costretto a prestare il suddetto servizio

obbligatoriamente, cosicché nessuna

ingiustizia sembri perpetrata per Nostra

volontà.»

128 Cod.Theod., VIII, 10, 2:

= Cod.Just., XII, 61, 2

344 d.C.

Imp. Costanzo

DE CURIOSIS

«Praeter sollemnes et canonicas

pensitationes, multa a

provincialibus indignissime

postulantur ab officialibus et

scholasticis non modo in

civitatibus singulis, sed et

mansionibus, dum ipsis et

animalibus eorundem alimoniae

sine pretio ministrantur.»

«In aggiunta alle consuete e regolari

tassazioni, da parte di apparitori ed

avvocati vengono richieste, senza

vergogna, ai provinciali d’Africa molte

altre cose, non solo nei vari municipi ma

anche nelle mansiones, mentre i mezzi

di sostentamento sono forniti a queste

persone ed ai loro animali senza

pagamento.»

129 Cod.Just., X, 26, 2:

Imperatori Valente e

Valentiniano 364 d.C.

«Cum ad quamquam urbem

mansionemve accesseris, protinus

horrea inspicere te (Artemius

Praesidis corrector Lucaniae et

Brittiorum) volumus, ut

devotissimis militibus effloratae et

incorruptae species

praebeantur...»

(Gli imperatori ordinano) «A te,

Artemio governatore della Lucania e dei

Brutti, quando sei in visita in una città o

una mansio, di ispezionare per prima

cosa i magazzini, per garantire che ai

soldati vengano forniti viveri di prima

scelta ed in ottimo stato di

conservazione.»

III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mansio

45

130 Cod.Theod., XI, 1, 9:

Imperatori Valente e

Valentiniano

365 d.C.

«Tabulariorum fraudes se

resecasse per suburbicarias

regiones vir clarissimus Anatolius

consularis missa relatione testatus

est, quod pabula, quae hactenus

ex eorum voluntate atque arbitrio

ad mutationes mansionesque

singulas animalibus cursui

publicus deputatis repente atque

improvise solebant convehi, nunc

in consilio ratione tractata pro

longinquitate vel molestia itineris

ab unoquoque oppido certo ac

denuntiato tempore devehi

ordinavit. Quod iubemus, ut etiam

per omnes Italiae regiones pari

ratione servetur.»

«Anatolio ci ha inviato una relazione in

cui ci informa di aver eliminato le

attività fraudolente dei tabularii in tutta

la regione suburbicaria, dove ha imposto

che questi rifornimenti siano trasportati

da una città in tempi prestabiliti e noti,

calcolati sulla base della lunghezza e

della difficoltà del viaggio, dopo averne

discusso in consiglio, mentre prima

questi rifornimenti era abitudine fossero

inviati senza la dovuta notifica, sulla

base delle decisioni prese dai tabularii

alle varie mutationes e mansiones, per

mezzo degli animali assegnati al cursus

publicus.»

Gli imperatori, ritenendo valida

l’indagine condotta dal consolare

Anatolio sulle regioni suburbicarie,

decidono di estendere le medesime

innovazioni ad altre regioni d’Italia,

mirando a evitare i soprusi dei tabellarii

(tabularii) e a regolare il sistema delle

requisizioni dei materiali per il

fabbisogno del cursus.

131 Cod.Theod., VIII, 5, 23:

Impp. Valente e

Valentiniano

365 d.C.

DE CURSU PUBLICO

«Locandi autem erunt per

singulas mansiones vel quo

longius sinceritas tua

procurationem eorum

existimaverit porrigendam».

«Tali supervisori siano disposti ad ogni

mansio o anche a distanza maggiore,

come la Vostra Sincerità stabilirà che la

loro supervisione sia da imporsi».

Gli imperatori danno disposizioni sulla

distribuzione del personale nelle singole

mansiones.

Cfr. Cod.Theod., VIII, 5, 65 (= fonte n.

149).

132 Cod.Theod., I, 16, 12:

Impp.

Valente, Valentiniano e

Graziano

369 d.C.

«...Addimus sane, ut eius, qui

provinciae praesidentem propria

possessione susceperit, ager,

quem diversorium habuerit

praedictus in transitu, fisci viribus

vindicetur. Ita enim iudices

mansiones instruere et instaurare

nitentur.»

«Ogni proprietà privata che abbia

ospitato un governatore nel corso di un

suo viaggio, sia reclamata tra le risorse

del fisco. Così, quindi, i «iudices» si

occupino di costruire e mantenere

efficienti le mansiones.»

133 Cod.Theod., VIII, 5, 35:

= Cod.Just., XII, 50, 8:

Impp. Valente, Graziano

e Valentiniano

378 d.C.

DE CURSU PUBLICO

«A nullo umquam oppido aut

frequenti civitate, mansione

denique adque vico, uno die ultra

quinque veredorum numerus

moveatur, ac si quis eorum, qui

praepositi vocantur aut mancipes,

publico denique cursui nomine

aliquo praesunt...»

(Gli imperatori ordinano che) «da

nessuna città, municipio popoloso,

mansio o vico partano più di 5 cavalli

del servizio postale al giorno, neppure

se lo richiedono alcuni dei supervisori o

dei mancipes preposti al cursus.» Cfr.

SEECK 1876, p. 38 ss.

134 Cod.Just., XII, 35, 11

Impp. Graziano

Valentiniano e Teodosio

384 d.C.

«Tribuni vel milites nullam

evagandi per possessiones

habeant facultatem: cum signis

propriis in mansionibus solitis ac

publicis maneant....»

«Sia agli ufficiali che ai soldati semplici

non è consentito di girovagare nelle

proprietà altrui: piuttosto, restino sotto

le loro insegne nelle mansiones abituali

e pubbliche...»

III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mansio

46

135 Cod.Theod., XI, 1, 21:

= Cod.Just., X, 16, 8:

Impp. Valentiniano,

Teodosio e Arcadio

385 d.C.

«Nemo possessorum ad

instruendas mansiones vel

conferendas species [excepta

limitaneorum annona] longius

delegetur, sed omnis itineris ac

necessitatis habita ratione

[delegentur].»

«Nessun proprietario terriero sia

incaricato dei rifornimenti delle

mansiones o di raccogliere le derrate più

a lungo, [eccetto che nel caso

dell’annona per la milizia posta ai

confini], ma sia presa ragionevole

considerazione dell’intero viaggio e

delle necessità che comporta.»

136 Cod.Theod., XII, 6, 21:

= Cod.Just., X, 72, 9:

Impp. Valentiniano,

Teodosio e Arcadio

386 d.C.

«Modios aeneos atque60 lapideos

cum sextariis atque ponderibus

per mansiones singulasque

civitates iussimus collocari, ut

unusquisque tributarius sub oculis

constitutis rerum omnium modiis

sciat...»

«Ordiniamo che tali moggi in bronzo e

in pietra, insieme ai sestarii e alle

libbre61 (cioè contenitori che servono da

«misurini» di tali unità), siano depositati

in ogni municipio ed in ogni mansio,

cosicché ogni contribuente abbia sotto

gli occhi la misura della quantità

stabilita di ogni merce e sappia quanto

deve pagare.»

137 Cod.Theod., XII, 1, 119:

Impp. Valentiniano,

Teodosio e Arcadio

388 d.C.

«Claudiopolis, Prusiadis ac Tottai

et Doridis oppidorum sive

mansionum per Bithyniam

curiales publicis inludere

functionibus per suam fugam

cognovimus...»

«Abbiamo appreso che i decurioni delle

città e delle mansiones di Claudiopoli,

Prusiade, Tottaus e Doris, attraverso la

Bitinia, stanno eludendo il loro servizio

obbligatorio con la fuga...».

138 Cod.Theod., VII, 10, 1:

Impp. Arcadio, Onorio e

Teodosio

405 d.C.

NE QUIS IN PALATIIS MANEAT

«Nulli manendi intra palatia

nostra in qualibet civitate vel

mansione facultas pateat, sed ea

provinciarum rectores et vicarios

inlustrissimae praefecturae per

dioeceses, quas sortiti sunt,

maneat cura, ut ab eorum

usurpatione, qui in his transeuntes

manere consueverant, sacrae

domus serventur immunes,

eorundem provisione nulla

neglegentia vel senio

quatiantur...Ii quoque, qui

huiusmodi sibi mansionem prava

temeritate praesumpserint, si vel

dignitate aliqua vel fortunis

nituntur, XX librarum auri

condemnationi subiaceant: qui

humilioris fortunae sunt, exilio

tradantur. Equos sane non nostros

ab stabulis prohiberi palatiorum

supervacuum iudicamus.»

«Nessuno abbia il privilegio di sostare

nei nostri palazzi, sia entro i municipi

che presso le mansiones. I governatori

delle province ed i vicari delle prefetture

illustri (praefetti praetorii), attraverso le

diocesi alle quali sono stati assegnati,

avranno la responsabilità di tenere

lontani dalle sacre dimore imperiali le

usurpazioni dei viaggiatori che hanno

preso l’abitudine di sostarvi. Attraverso

l’impegno dei predetti magistrati,

nessuna di queste residenze sia

danneggiata per incuria o

deterioramento. Coloro che, comunque,

in spregio della legge, occuperanno tali

residenze, qualora siano ricchi o di alto

rango, paghino 20 libre d’oro di multa,

mentre, se sono nullatenenti siano

esiliati. Naturalmente, riteniamo

superfluo proibire che i cavalli non

nostri, siano ricoverati nelle stalle dei

nostri palazzi.»

139 Dig., L, 4, 18, 10: «Hi quoque, qui... curatores ad

exstruenda vel reficienda aedificia

publica sive palatia sive navalia

vel mansiones destinantur, ...

muneribus personalibus

adstringuntur.»

«Anche coloro che... sono stati designati

come supervisori alla costruzione o al

restauro di edifici pubblici, sia palazzi

che arsenali che mansiones, siano

costretti a versare munera personali».

III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mansio

47

140 Lex Burg., Lib. Const.,

XXXVIII, 3: 62

V-VI secolo d.C.

«Ubicumque eos (legatos

extranearum gentium) mansio

contulerit, unum porcum et unum

vervecem praesumendi habeant

facultatem.»

«Dovunque sia necessaria una sosta a

costoro (gli ambasciatori delle

popolazioni straniere), abbiano il diritto

di impossessarsi di un maiale o di un

montone.»

141 Lex Burg., Lib. Const.,

XXXVIII, 5-6:

V-VI secolo d.C.

«5. Hiemis autem tempore si quid

legatus foeni aut ordei

praesumpserit, similiter a

consistentibus intra villae ipsius,

tam Burgundionum quam

Romanis, sine contradictione

aliqua conferatur. Quod tamen a

maioribus personis praecipimus

custodiri. 6. Ceterum si talis

persona est, quae ex munificentia

nostra legatum possit excipere,

ipse tantum sua expensa legatis

una nocte praeparet

mansionem...»

«5. Durante l’inverno, se un

ambasciatore avanza pretese di fieno od

orzo, allora sia portato dagli abitanti

della zona senza discussione nella villa

dello stesso, sia che si tratti di burgundi

che di romani. Tuttavia, riteniamo che

debba essere ospitato dai più abbienti. 6.

Se si tratta di un personaggio che

potrebbe essere considerato un nostro

emissario, allora lo stesso gli prepari

l’ospitalità per la notte a sue spese...»

Mutatio

- Cod.Theod., XI, 1, 9:

Imperatori Valente e

Valentiniano

365 d.C.

Vedi supra fonte n. 130.

142 Cod.Theod., VIII, 5, 34:

= Cod.Just., XII, 50, 7:

Impp. Valente, Graziano

e Valentiniano

377 d.C.

«Praeterea in singulis

mutationibus arbitramur ternis

veredis muliones singulos posse

sufficere. Nam ut stabula inpensis

publicis extruantur, contra

rationem est cum provincialium

sumptu citius arbitremur et utilius

adparanda.»

«Riteniamo che in ogni mutatio sia

adeguato avere un cocchiere ogni tre

cavalli da staffetta. Infatti, non è

ragionevole che le stalle siano

mantenute a spese dello stato, dal

momento che potrebbero più

speditamente e vantaggiosamente essere

rifornite a carico dei provinciali.»

143 Cod.Theod., VIII, 5, 36:

Impp. Graziano,

Valentiniano e Teodosio

381 d.C.

«Mancipibus supra lustrale

tempus cura non inmineat

mancipatus: nec intra triginta

dies63... amplius cuiquam liceat ex

mutatione discedere. Quod si

supra praescribtum numerum

dierum ab statione, quam

receperit, excesserit, capitali

animadversione puniatur.»

«Un manceps non può restare in carica

più di 5 anni e non può allontanarsi per

più di 2 (?) giorni ogni 30 dalla mutatio.

Se si allontana per un periodo superiore

al suddetto dalla stazione che gli è stata

assegnata, allora sia punito con la pena

capitale.»

144 Cod.Just., XII, 50, 15:

Impp. Arcadio e Onorio

395 d.C.

«Si quis vel per unam mutationem

veredum (mulamve aut bovem?)

superducendum esse crediderit, in

quadruplum superductorum

animalium pretium fisci viribus

inferat.»

«Se si ritiene che qualcuno abbia

usufruito in una mutatio di un numero di

animali eccessivo (sia che si tratti di

muli che di buoi), sia condannato a

rimborsare il fisco di una somma pari al

quadruplo del costo degli animali presi

in sovrappiù».

145 Cod.Just., XII, 50, 17:

Impp. Arcadio e Onorio

398 d.C.

«Nemo mulionem mutationibus

deputatum vel per sollicitationem

vel per receptionem subtrahere

audeat, decem libras argenti

poenae nomine reformidans

inferre.»

«A nessun sia consentito sottrarre un

mulattiere assegnato ad una mutatio né

esercitando pressioni né convincendolo;

sia condannato all’ammenda di 10 libre

d’argento.»

III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mutatio

48

146 Cod.Just., XII, 50, 18:

Impp. Arcadio e Onorio

400 d.C.

«Animalia publica, dum longe

maiore ac periniquo pretio pabula

aestimantur per mancipes atque

apparitores, aperte vexantur. Ne

id contingat sublimitas tua

disponat, ut neque pabula

mutationibus desint, neque

provinciales ultra quam iustitiae

sinit ratio praegraventur.»

«Per quanto riguarda gli animali del

cursus, quando il costo del foraggio sia

stato valutato ad un prezzo assai

maggiorato ed irragionevole per i

mancipi e gli apparitori, siano perseguiti

manifestamente. Affinché ciò non

avvenga, la tua eccellenza disponga che

non manchino mai alle mutationes i

rifornimenti di foraggio, né i provinciali,

siano gravati senza ragione oltre ogni

forma di equità.»

Statio

147 Cod.Theod., VI, 29, 5:

Imp. Costanzo

359 d.C.

«...in his dumtaxat provinciis, in

quibus cursus a provincialibus

exhibetur, quoniam avaritiae

occurri paene [i]am non potest ,

singulos solidos per singulas

raedas, id [es]t quas quadrigas vel

flagella appellant, percipiatis per

id tempus, quo curarum et cursus

tuendi sollicitudinem sustinebitis.

E cursu vero clavulari singu[l]as

angarias, in his scilicet

stationibus, in quibus cursus est

conlocatus, ad exhibendam

humanitatem64 venientibus

excusetis.»

«Dal momento che è impossibile

eliminare la tua ingordigia, potrai

chiedere solo 1 solido per ogni carro a 4

ruote (quadriga o flagella), ma solo in

quelle province in cui il cursus è a

carico dei provinciali e solo per il tempo

in cui sei in missione e controlli il

cursus. Quanto al cursus clabularius, ti

sarà concesso, naturalmente, solo in

quelle stazioni attrezzate come strutture

assistenziali, e ti sarà concesso un solo

carro (angaria) per ogni convoglio che

arriva».

Da notare che, dal momento che non si

riesce ad eliminare la corruzione, si

preferisce cercare di «regolarla», ma

solo se a farne le spese sono i

provinciali!

148 Cod.Theod., VI, 29, 6:

Impp. Graziano,

Valentiniano e Teodosio

381 d.C.

«...ita (principes et scholares)

caute atque ita sollerter, ut sub

binorum tantum copia veredorum,

ultra usurpatione cessante, ne

capita contrahantur remotas

quoque peragrent stationes et

callida machinamenta

commeantium ac simulatae

observationis ingenia et fraudes

depellant.»

«(gli ufficiali e le guardie di palazzo)

dovranno essere così prudenti e discreti

che useranno solo due cavalli del

servizio di posta, e non perpetueranno

tutte le ulteriori usurpazioni, cosicché

non potranno accumulare viveri.

Visiteranno anche le stazioni più remote

e sopprimeranno i furbi trucchetti dei

viaggiatori e gli intrighi e le frodi di chi

si finge supervisore.»

- Cod.Theod., VIII, 5, 36: Vedi supra fonte n. 143.

149 Cod.Theod., VIII, 5, 65:

Impp. Arcadio, Onorio e

Teodosio

404 d.C.

«Per stationes singulas idoneos

mancipes volumus conlocari,

amotis [cursus publici male

gerentibus?], ne deinceps

usurpantium praesumptionibus

atteratur...»

«È nostro volere che per ogni stazione

siano assegnati dei supervisori efficienti,

cosicché il servizio postale non sia da

ora in poi angariato dalle pretese di

quelle persone che ne usurpano l’uso,

grazie alla rimozione di tali supervisori

[che amministrano male il servizio?].»

III.2 - Le fonti giuridiche: sv. stativae

49

Stativae

150 Cod.Theod., VIII, 6, 2:

= Cod.Just., XII, 51, 1:

Impp. Teodosio,

Arcadio e Onorio

392 d.C.

«Tractoriae cum stativis solitis

bidui tantummodo tempus

accipiant. Nulli vero penitus cum

necessariis praebeantur nisi his

tantummodo, qui animalia atque

equos sacro usui necessarios

prosequuntur...»

«Le tractoriae che danno diritto alle

quantità ordinarie di rifornimenti,

abbiano una scadenza entro soli due

giorni, ma nessuna persona riceva dei

rifornimenti eccetto quelli che

accompagnano gli animali ed i cavalli

che sono necessari ai sacri usi

imperiali...»

Praetorium

- Cod.Theod., VII, 10, 2:

407 d.C.

Vedi supra, fonte n. 154.

Stabulum

- Cod.Theod., VII, 10, 1: vedi supra, fonte n. 138.

- Cod.Theod., VIII, 5, 34: vedi supra, fonte n. 142.

- Dig., IV, 9, 1 ss.: vedi infra, fonte n. 152.

- Dig., XLVII, 5, 1: vedi infra, fonte n. 153.

151 Dig., XVII, 2, 52, 15: «Si quis ex sociis propter

societatem profectus sit, veluti ad

merces emendas, eos dumtaxat

sumptuum societati imputabit qui

in eam rem impensi sunt: viatica

igitur et meritorium et stabulorum,

et iumentorum carrulorum

vecturas vel sui vel sarcinarum

suarum gratia vel mercium recte

imputabit.»

«Se uno dei soci deve intraprendere un

viaggio d’affari, ad esempio, per

vendere delle merci, gli venga fornito da

parte della società tutto l’occorrente per

il viaggio: le provvigioni per gli affitti e

gli alberghi e le vetture con le bestie da

soma e da corsa, a seconda della

quantità del suo bagaglio o delle merci.»

Diversorium

- Cod.Theod., I, 16, 12: Vedi supra fonte n. 132.

Caupona

152 Dig., IV, 9, 1 ss.: NAUTAE, CAUPONES,

STABULARII UT RECEPTA

RESTITUANT

passim, ad esempio, 5:

«Nauta et caupo et stabularius

mercedem accipiunt non pro

custodia, sed nauta ut traiciat

vectores, caupo ut viatores manere

in caupona patiatur, stabularius ut

permittat iumenta apud eum

stabulari…»

«Gli addetti al trasporto navale, i

tenutari di locande e gli stallieri non

sono pagati per la custodia delle merci,

ma per il servizio…»

III.2 - Le fonti giuridiche: sv. palatium

50

153 Dig., XLVII, 5, 1 ss.: FURTI ADVERSUS NAUTAS,

CAUPONES, STABULARIOS

«1. In eos, qui naves, cauponas,

stabula exercebunt, si quid a

quoquo eorum quosve ibi habebunt

furtum factum esse dicetur,

iudicium datur....

6. Caupo praestat factum eorum,

qui in ea caupona eius cauponae

exercendae causa ibi sunt: item

eorum, qui habitandi causa ibi

sunt: viatorum autem factum non

praestat. Namque viatorem sibi

eligere caupo vel stabularius non

videtur nec repellere potest iter

agentes…»

«1. Se si dice che un furto è stato

commissionato da coloro che gestiscono

navi, osterie, alberghi o da qualcuno che

hanno ospitato sulla nave, sarà intentata

causa, sia che il furto sia stato

commissionato per iniziativa del

comandante della nave, sia che sia stato

commesso da un passeggero. 6. L’oste

sia responsabile per coloro che lavorano

nella sua osteria: parimenti per quelli

che sono pensionanti nell’albergo;

invece, non c’è responsabilità per i

viaggiatori di passaggio. Infatti un oste

o un albergatore non possono scegliere

tra i viaggiatori né possono respingere

gli agenti di viaggio».

La “direzione”, cioè, è responsabile solo

per i furti perpetrati dai clienti abituali.

Palatium

- Cod.Theod., VII, 10, 1:

Impp. Arcadio, Onorio e

Teodosio

405 d.C.

vedi supra, fonte n. 138.

154 Cod.Theod., VII, 10, 2

Impp. Arcadio, Onorio

e Teodosio

407 d.C

«Ordinarii iudices in remotis ab

aggere publico civitatibus, si

praetoria non sint, metu legis

adempto, quae de palatiis lata est,

in aedibus, etiamsi palatii nomine

nuncupentur, commanendi habeant

facultatem.»

«Quando i giudici ordinari sono in

municipi lontani dalle vie pubbliche

(agger), se non ci sono residenze

ufficiali dei governatori (praetoria), non

temano la legge che riguarda i palazzi

(Cod.Theod., VII, 10, 1) ed abbiano il

privilegio di sostare in quelle dimore

che sono chiamate palazzi».

Nei praetoria sostano i viaggiatori

comuni, nei palatia gli imperatori e i

membri della famiglia imperiale.

- Dig., L, 4, 18, 10: Vedi supra, fonte n. 139.

Palatia e mansiones sono messi in

relazione.

Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta

155 Cod.Theod., XI, 16, 15:

= Cod.Just, X, 48, 12:

Impp. Arcadio e Onorio

382 d.C.

«Publicis vel sacris aedibus

construendis atque reparandis,

hospitalium domorum minime

curae subiaceant...»

Alcuni alti dignitari e funzionari

imperiali «sono esentati dall’obbligo di

finanziare costruzioni e restauri di

edifici pubblici e sacri o di ospitare e

rifornire nelle loro case gli ospiti di

stato...»

- Lex Burg., Lib. Const.,

XXXVIII, 5-6:

V - VI d.C.

Vedi supra, fonte n. 141.

III.2 - Le fonti giuridiche: osservazioni

51

Osservazioni

Anche tra le fonti giuridiche, è il vocabolo “mansio” che

vanta il maggior numero di attestazioni: qui, l’impiego è

molto più uniforme, riferendosi sempre ad una realtà

topografica, escludendo, invece, ogni connotazione

cronologica della sosta65. Anzi, l’analisi dei contesti nei

quali è utilizzato, che lo vede spesso in abbinamento con

“civitas”66, sembra attestare che il linguaggio giuridico gli

assegni una connotazione amministrativa, quasi una

“categoria” per un’unità territoriale soggetta ad un

determinato decreto (Nn. 127, 131, 134, 135, e Cod.Just.,

X, 16, 8), luoghi nei quali il potere imperiale è costretto ad

intervenire per limitare gli abusi perpetrati da funzionari

governativi poco onesti (n. 128). Il confronto con gli stralci

che riportano il lemma “mutatio” dimostra che le

mutationes vengono menzionate quando le decisioni prese

sono estremamente pratiche (ad esempio, i tempi ed i modi

dei rifornimenti o il numero degli addetti - nn. 142, 143,

144, 146 e Cod.Just., XII, 50, 7) o magari comportano dei

costi di attuazione più ridotti. In questo senso, credo che si

possa sostenere che l’uno non indichi una categoria di

stazioni diversa dall’altra, ma venga solo impiegato in

contesti differenti. Nella pratica, infatti, non sembra che si

possa cogliere una diversità nella regolamentazione

amministrativa, ad esempio, dei rifornimenti o della

gestione del personale e degli animali. Nel solo caso n.

130, in cui i due vocaboli sono affiancati (non a caso,

forse, tale distinzione appare alla metà del IV secolo, in

contemporanea con l’Itinerario Burdigalense), non si

rileva, infatti, alcuna peculiarità nella pianificazione dei

rifornimenti. Il vocabolario giuridico ci prospetta anche

una maggiore coerenza nell’impiego del vocabolo: in tutti i

brani riportati è certo il riferimento al cursus, con la sola

esclusione del n. 134, dove, comunque, è da sottintendersi

l’ambientazione in aree extraurbane delle inopportune

escursioni dei militari entro proprietà private. In alcuni

brani è fornita anche una qualificazione strutturale delle

mansiones, intese come edifici da instruere o restaurare

(nn. 132, 139).

Come abbiamo già anticipato, e come è confermato dallo

scarso numero si attestazioni, il lemma “statio” non ha

alcun “risvolto” tecnico; esso nasce, verosimilmente, come

termine specifico in ambito militare, venendo presto esteso

a molti uffici sedi, di numerosi settori amministrativi,

giudiziari, militari e d’ordine pubblico, riferendosi, ad

esempio, nel passo n. 143 solo al luogo dove si esercita

l’incarico. Nel caso dei passi nn. 147 e 148, la pertinenza

al servizio di posta è esplicitata dalla menzione del cursus

publicus stesso, nel n. 148 da quella dei cavalli e dei

viaggiatori.

I passaggi n. 147 e Cod.Theod., VII, 5, 11 adombrano

l’esistenza di stazioni particolari, dove era possibile il

trasporto degli infermi e dei soldati feriti. Tale possibilità

potrebbe essere confermata dalla fonte n. 92 e da

Ammiano (Amm., XX, 4), dove si descrive un

accampamento di petulantes che hanno al seguito le loro

famiglie.

Alle stativae è stata riservata una sola citazione: qui, ho

fornito un’interpretazione diversa rispetto all’editore67, che

ritiene di vedere nel vocabolo un riferimento ad una

struttura materiale ben definita, deputata appunto ai

rifornimenti: in realtà, mi sembra che nelle tractoriae sia

registrato solo il diritto ad una quantità di rifornimento

abituale.

Gli stabula non appaiono qui come unità autonome,

contrariamente a quanto emerge soprattutto nelle fonti

epigrafiche nn. 171, 172, quanto piuttosto come parte

integrante dei complessi destinati alla sosta dei viaggiatori,

sia privati (n. 151) che «ufficiali»68, indicando, nel passo n.

141, il reparto economicamente più gravoso di una

stazione69. Nel Digesto è manifesta anche la diffusione

lungo gli itinerari terrestri delle cauponae e la frequenza

con cui gli stessi viaggiatori ricorrono all’uso delle

stabulae nel corso del loro viaggio, dal momento che in

esso è contenuta la legislazione pertinente gli oneri dei

marinai, dei locandieri e degli stallieri e le responsabilità

sui beni, i bagagli e le merci al seguito di «vectores et

viatores». Più di frequente, però, nel Corpus Iuris Civilis,

cauponae e tabernae vengono menzionate come luoghi

“incriminati”, perché vi si esercita abusivamente la

prostituzione; in tutti questi casi, non sembra che sia intesa

distinzione tra esercizi siti in aree urbane o lungo la

viabilità70.

Il vocabolo palatium, come anche quello di praetorium (su

cui, infra, par. III.3), tra le varie estensioni semantiche

raccolte nel corso dell’età imperiale, acquisì presto anche

un significato tecnico per il cursus, andando ad indicare le

stazioni più attrezzate e lussuose, sì da poter ospitare

l’imperatore stesso o qualcuno dei suoi emissari (UGGERI

1995, pp. 137-140). Tali dimore potevano trovarsi sia

presso stazioni isolate che presso le civitates attraversate

dagli itinerari (n. 138) o lontane dalla grande viabilità (n.

154). La loro rilevanza è già percepita nella fonte itineraria

più «antica» tra quelle a noi giunte, cioè nella media età

imperiale, con la stazione di Ad Palatium sulla via Claudia

Augusta, tra Verona e Trento (It.Ant., 275,8). Questo

termine, come appunto praetorium, trova conferma nella

toponomastica (vedi par. III.6). Da questi rescritti imperiali

non emerge un profondo interesse per il loro buon

funzionamento e manutenzione (contrariamente a quanto

avviene per le mansiones: brano n. 129), quanto piuttosto

la volontà di interrompere l’abuso che viaggiatori di ogni

classe sociale ne fanno «usurpandone» i servizi, come

sembra ormai essere divenuta consuetudine. Per la sosta

degli imperatori o dei loro inviati è, comunque, prevista

una sistemazione che mira ad eliminare «omni tam

mensorum quam etiam hospitum iniquitate» (cioè, ogni

sopruso da parte delle persone acquartierate), concedendo

agli acquartierati 1/3 ed ai padroni i 2/3 della domus e dei

servizi (ergasteria e stabula): Cod.Theod., VII, 8, 5 del

398 d.C. (impp. Arcadio e Onorio)71. L’abitudine a sostare

presso i privati resta ben radicata, al punto tale che i

III.2 - Le fonti giuridiche: osservazioni

52

soprusi a danno dei possessores devono essere

regolamentati per legge (n. 134).

Le fonti giuridiche qui presentate (n. 132) ci dimostrano

(come verrà confermato dalle fonti epigrafiche nn. 160,

162, 172) quanto, ancora nella seconda metà del IV secolo,

la strutturazione dei luoghi di sosta lungo le strade fosse

estremamente fluida, e come, anzi, cresca l’ingerenza dello

stato che vuole “accaparrarsi” gli appezzamenti ed i

complessi architettonici atti ad essere trasformati in

mansiones. Perciò, almeno fino alla fine del IV secolo,

saranno in corso non solo l’attività di manutenzione, ma

anche quelle di trasformazione, adeguamento e

costruzione. Il paragrafo XXXVIII delle leggi dei

Burgundi (n. 140) è stato qui presentato per fornire un

quadro di come progressivamente si fosse deteriorato

l’intero sistema dei trasporti: sembra inevitabile, infatti,

almeno in questa provincia occidentale, il ricorso

all’ospitalità presso i privati. Da un punto di vista

cronologico, “mansio” appare impiegato in un arco di

tempo più vasto, mentre nella generazione 365-400 d.C. e

nella cancelleria di Arcadio e Onorio si esaurisce l’uso di

“mutatio”. Su questa base, quindi, si può insistere sul fatto

che, almeno le fonti giuridiche di IV secolo impieghino,

contrariamente a quanto sostenuto72, il vocabolario in modo

distinto, facendo riferimento, però, non alla differenza di

strutture tra le varie stazioni, quanto alla loro diversa

qualificazione giuridica.

III.3 – Le fonti epigrafiche

53

III.3 -Le fonti epigrafiche

Tra le fonti epigrafiche qui raccolte, compaiono dei

documenti inquadrabili anche in altri paragrafi: tra le

fonti storiche, infatti potrebbero essere radunate, ad

esempio, le fonti nn. 159, 166, 169, che ricordano

l’attività svolta dagli imperatori Nerone, Traiano e

Giuliano. Ciò che qui maggiormente interessa rilevare è

che “l’immediatezza” della trascrizione epigrafica

dell’evento ci conserva la terminologia più comune per

l’epoca dell’incisione. A parte, invece, sono da indagare

l’elogio di Polla73 ed i bicchieri argentei di Vicarello,

meglio comprensibili se inquadrati tra le fonti itinerarie74.

In questi documenti non è indicata la “qualifica” di

nessuna delle tappe menzionate ma qui se ne riporta la

lista, per poter rialzare la cronologia di queste stazioni, ad

un’epoca ben anteriore a quella delle fonti itinerarie75.

Per quanto riguarda la voce “statio”, data la difficoltà

nell’accertarne la pertinenza alle stazioni di posta, si

rimanda alla esauriente raccolta di Puglisi (PUGLISI 1987,

pp. 243-249, note 1 e 2), rinviando ad un secondo

momento il confronto con la lista delle località, comprese

nel territorio dell’Italia augustea, indicate negli itinerari e

nella Tabula. Sono stati qui citati, infatti, solo due

esempi: il passo 161, perché riferito alla località di

Poetovio, citata come luogo di sosta dell’imperatore

Gallo (supra, par. 1) e sede di uno scavo archeologico, e

l’iscrizione riferibile ad Aquae Labodes in Sicilia (AE,

1982, 841), perché fa esplicito riferimento al cursus

publicus (n. 162).

.

Mansio

156 AE 1976, 65376 Burdur,

Asia Min. (Pisidia);

anni iniziali del regno di

Tiberio

«...Mansionem omnibus qui erunt

ex comitatu nostro et militantibus

ex omnibus provincis et principis

optimi libertis et servis et iumentis

eorum gratuitam praestari oportet,

ita ut reliqua ab imitis gratuita non

e(x)igant [...]…»

Il legato pro pretore di Tiberio Cesare

Augusto, Sesto Sotidio Strabone

Libuscidiano, dà disposizioni (in un

testo bilingue latino-greco) agli abitanti

di Sagalassos e dei centri vicini circa le

forniture di mezzi di trasporto e bestie

da soma che devono prestare

gratuitamente ai viaggiatori in transito:

«(Gli abitanti di Sagalassos) dovranno

fornire alloggio gratuito a tutti quelli del

mio seguito, ai militari in transito che

provengono dalle altre province, ai

liberti ed agli schiavi del migliore tra i

principi, e alle loro bestie da soma,

cosicché non facciano richiesta di altri

servizi gratuiti...»

157 CIL, III, 7000

= MAMA, VII, 305

= AE 1981, 77977

Richiesta degli abitanti

di Orcistus, in Frigia

324-326 d.C.; il I

rescritto di Costantino

data al 326-330 d.C.

«... Ita enim ei situ adque ingenio

locus opportunus esse perhibetur

ut ex quattuor partibu[s e]o

totidem in sese confluan[t] viae,

quibus omibus [p]ublicis mansio

tamen u[tilis adque accomo]da

esse dicat[u]r, aquaru[m] ibi

abundantem aflu[en]tiam, labacra

quoqu[e] publica priva[taqu]e,

forum istatuis veterum principum

ordinatum, populum

commanentium adeo celebrem [ut

se]dilia [qu]ae ibidem sunt [fa]cile

compleantur, pra[eter]ea ex

decursibus praeterfluentium

[a]quarum aquimolin[a]rum

numerum copiosum...»

Il prefetto del pretorio Flavio Ablabio

invia agli abitanti di Orcistus la risposta

dell’imperatore Costantino riguardo alla

loro richiesta di reintegrare Orcistus

nello stato di civitas. Tra i pregi della

nuova civitas, vengono elencati i suoi

monumenti e si decanta «l’ottima

posizione topografica della città, sita

presso un importante nodo stradale dove

confluiscono 4 vie, presso il quale si

trova la mansio del cursus publicus, in

grado di soddisfare tutte le pubbliche

esigenze, dal momento che qui

confluisce grande abbondanza d’acqua,

che consente l’impianto di molti

labacra, sia pubblici che privati; vi è poi

un foro adornato con le statue dei

principi dei tempi passati, e la

popolazione è tanto numerosa che i posti

disponibili vengono subito tutti riempiti.

La ricchezza di corsi d’acqua è tale che

III.3 – Le fonti epigrafiche

54

vi è una gran quantità di mulini ad

acqua.»

Nel II rescritto (datato al 331 d.C., qui

non riportato), l’imperatore revoca alla

stessa comunità la tassa municipale

definita pecunia pro cultis.

158 CIL, V, 2108:

Asolo, chiesa di S.

Floriano presso

Marostica

(Il defunto) «…qui vixi[t]

an[nos] plus minus XL Martina

cara coniux, qu[e] venit de Gallia

per mansiones L ut

commemo[r]aret memoriam

du[lcissi]mi mariti…»

Una vedova deve attraversare 50

mansiones per poter raggiungere la

tomba del marito: cioé, gli intervalli tra

l’una e l’altra sono così regolari da poter

essere usati come unità di misura.

Mutatio

159 CIL, V, 8658, 8987

= ILS, 75578

362-363 d.C.

Concordia

«...Ab (sic, scilicet ob) insignem

singularemque erga rem publicam

suam faborem d(ominus) n(oster)

Iulianus invictissimus princeps

remota provincialibus cura,

cursum fiscalem breviatis

mutationum spatiis fieri iussit...»

L’imperatore Giuliano stabilisce che

vengano abbreviate le distanze tra una

mutatio e l’altra.

160 CIL, IX, 2826, 4

via Bifernum – Termoli,

territorio dei Frentani,

tra Sannio e Apulia

«Ad principis Iustitiam pertinet

omn[em peraeque tollere

que]relam maxime ubi de publico

et privat[o commodo agitur et]

inolita renovare mandata si [quis

homines scelerati fraudolento]

gaudere ben(e)ficio mutationibus

[cupiunt temporumque lapsu et]

vicisitudine prop[rii] comm[odi

causa abuti]. ... qui ... [ausi fuerint

vel ex]tra designatos et stationales

cal[les per campum vel sil]vam

pasturam et mansionem facere ...»

Editto pertinente le disposizioni sulla

pastorizia e sull’uso del tratturo, mirante

ad eliminare gli abusi di chi si permette

di stazionare e far pascolare gli animali

fuori delle aree e dei tratturi abituali.

L’espressione “beneficio mutationibus

gaudere” potrebbe sottointendere

l’abuso nell’utilizzo dei mezzi e degli

apprestamenti del cursus, mentre il

vocabolo “mansionem” è usato in senso

generico, indicando la sola sosta dei

pastori e delle greggi.

Statio

161 AE, 1981, 724, AE,

1982, 841:

225 d.C.

Turicevac, Dardania,

Moesia

MIRDITA 1980, p. 186,

n. 1.

«...[pro] salute Belli[ci Au]g(usti)

n(ostri), vil(ici) stationis

Petobionen[sis] et Moes(iae)

r(egionis) Aq(uensis) Castricius

Bellici vik(arius) V(otum)

S(olvit)...»

Si menziona una stazione di dogana del

Portorium Illyrici (Poetovio, Ptuj), della

quale Bellicus è vilicus e vice

Castricius79.

162 CIL, X, 2, 7200:

metà IV sec. d.C.

«Pro beatitudine temporum

d(ominorum) n(ostrorum)

Constanti et Constantis

Aug(ustorum) stationem a solo

fecerunt Vitrasius Orfitus et

Fl(avius) Dulcitius v(iri)

c(larissimi) consulares

p(rovinciae) S(iciliae), instante

Fl(avio) Valeriano ducenario

agente in reb(us) et p(rae)p(osito)

cursus publici.»

I consolari di Sicilia fanno costruire una

statio ad Aquae Labodes (Terme

Selinuntine).

PACE 1935, p. 437.

III.3 – Le fonti epigrafiche

55

Catabulum

163 AE, 1976, 502:

208 d.C.

Da Mayence

(Mongaticum) Germania

HERZ 1976, pp 192-193,

n. 2.

«In (h)o(norem) d(omus) d(ivinae)

I(ovi) O(ptimo) M(aximo) Silvano

et Dianae sanctae, genio catabul(i)

co(n)s(ularis) ceterrisque (sic) diis

immortalibusque pro se suisque

T(itus) Maximius Felix...»

A Roma il catabulum è l’ufficio centrale

del cursus, posto lungo la via Lata; qui

sembra indicare l’ufficio del servizio di

posta del governatore.

Praetorium

- CIL, III, 6123:

61 d.C.

vedi infra, fonte n. 166.

- AE, 1912, 193:

circa 61 d.C.

(regno di Nerone)

vedi infra, fonte n. 167.

- IVANOV 1973, 209:

circa 61 d.C.

(regno di Nerone)

vedi infra, fonte n. 168.

164 CIL, III, 2809:

epoca di M. Aurelio e

Commodo

Scardona (Dalmazia)

«Praetori[um vetustate]

conlapsum burnistae[? ---]ses ex

pec(unia) [publica refecer(unt)]

Scapul[a Tertullus] leg(atus)

Augg P[rovinciae Dalmatiae]

restit[uit]80.»

Menzione di un praetorium, che non

sembra però legato alla viabilità.

165 AE, 1992, 892

ZUCCA 1992, pp. 595-

626:

epoca severiana

211-217 d.C (solo

Caracalla)?

Muru de Bangius -

Sardegna (prov.

Oristano)

«--- domini n(ostri) M. Aureli

Antonini -- propter compendium

itineris --- commeantium -

Aurelius ---proc(urator)

Aug(usti) pra?ef(ectus)

prov(inciae) Sard(iniae)

praetorium --- so, pecunia

publica ---e civitatis Foro

Traianensium re?stituit

dedicavitque.»

Si menziona il restauro e

l’inaugurazione da parte di un Aurelio

(...), di un edificio, associato forse a

balnea, hospitium e tabernae, lungo una

via secondaria, che abbrevia il percorso

a vantaggio dei viaggiatori, che unisce

Forum Traiani alla via Turris – Carales.

Taberna

166 CIL, III, 6123 = 14207 =

ILS, 231 = AE 1900,

1881

61 d.C.

presso il fiume Syrmus

(oggi Stréma), nei

dintorni di Mihilci,

lungo la via

Philippopolis - Oescus,

Tracia

«[Ner]o C[la]udius divi Claudi

f(ilius) Germ(anici) Caesaris

n(epos) Ti(beri) Caesaris Aug(usti)

pron(epos). divi Aug(usti)

abn(epos) Caesar Aug(ustus)

Germ(anicus) pontif(ex) max(imus)

trib(unicia) pot(estate) VIII,

imp(erator) VIII, co(n)s(ul) IIII

p(ater) p(atriae), tabernas et

praetoria per vias militares fieri

iussit per Ti(tum) Iulium Iustum

proc(uratorem) provinciae

Thrac(iae).»

Nerone dà l'incarico al procuratore di

Tracia di costruire tabernas et praetoria

lungo le strade a carattere militare.

III.3 – Le fonti epigrafiche

56

167 AE 1912, 193: .

circa 61 d.C.

(regno di Nerone).

Bucin-Prohod, (Sofia),

lungo la via Serdica –

Montana

IVANOV 1973, p. 211;

ŠAŠEL 1977, pp. 239-

240, n. 13.

« [Nero Claudius] divi C[laudi f.

G]erm. Ca[esaris n. Ti.] Caesaris

[Aug. pr]on. [div]i Au[g abn.

Ca]esar Aug. Ge[rm. po]ntif. max.

trib. p[ot. VIII] imp. VIII cos. III[I]

p.p. [ta]bernas et praeto[ria pe]r

vias militare[s fie]ri iussit per [T.

Iuli]um Ustum proc. [pro]vinciae

Thrac.»

Stesso contenuto del n. precedente.

168 IVANOV 1973, 209:

circa 61 d.C.

(regno di Nerone).

Da Ihtiman (Sodia),

identificata con la

mansio Helice, lungo la

via Singidunum -

Serdica.

ŠAŠEL 1977, p. 240.

«[Ner]o Clau[dius] divi Claud[i f.]

Germ. Caesa[ris n.] Ti. Caesaris

A[ug. pron.] divi Augusti abn.

C[aesar] Aug. Germ. pon[tif. max.]

trib. pot. VIII im[p. VIII] cos. IIII

p.[p.] tabernas et pr[aetoria] per

vias [militares fieri iussit per T.

Iulium Ustum proc. provinciae

Thrac.].»

Stesso contenuto del n. 166. L’editore

dà per certo che sia da integrarsi il nome

dello stesso proconsole.

È evidente, quindi, che all’epoca di

Nerone, si ebbe una vera pianificazione

regionale, che interessò molti tronconi

di viabilità, di una vasta estensione

territoriale.

169 AE 1979, 620, p. 192:

101-102 d.C.

Fele-Yassibel, Anatolia

MITCHELL 1978, pp. 93-

96.

«Imp(erator) Caes(ar) Nervae

f(ilus) Traianus Aug(ustus)

Ger(manicus) pontif(ex)

max(imus), trib(unicia) pot(estate),

co(n)s(ul) IIII, p(ater) p(atriae),

Q(uintus) Orfitasius Aufidius

Umbrus leg(atus) Aug(usti) pro

pr(aetore) tabernam cum

porticibus a novo fecit.»

L’imperatore Traiano fa costruire per

interessamento del legato di Galatia Q.

Aufidio Umbro lungo la via Sebaste,

che univa Iconium ad Antiochia di

Pisidia, questa taberna con portici.

170 AE 1978, 86:

Fondi, presso Latina.

PESIRI 1978, p. 172, n.

14, fig. 7.

«[...]o tibi veivas [...]c etiam dum

veiv[...] [...]re ut fructu(m?)

pe[rcipias?] [...tab]ernas has

qu[ae?...].»

Un personaggio ignoto dà disposizioni

testamentarie sull’uso del terreno che

circonda il mausoleo e le tabernae che

vi si trovano.

Stabulum

171 AE 1959, 179:

175-180 d.C.

Dolnité, Tracia.

TSONTCHEV 1959, p.

161 ss., tav. XIX.

«Imp(erator) Caesar, divi Veri

frater, divi Antonini Pii filius, divi

Hadriani nepos, divi Traiani

pronepos, divi Nervae abnepos,

M(arcus) Aurelius Antoninus,

Augustus, Germanicus,

Sarmaticus, Pontifex maximus,

tribunicia pot(estate), co(n)s(ul)

III, pat(er) pat(riae), stabula

vetustate dilapsa a solo sua

pecunia restituit.»

Marco Aurelio fa ricostruire lungo

questa strada gli stabula vetustate

dilapsa82.

172 CIL, VI, 1, 1774:

Impp. Graziano,

Valentiniano e Teodosio

379-393 d.C.

Cassia, loc. La Storta.

«...Valerius Anthidius v(ir)

c(larissimus) a(gens) v(ice)

Praef(ectorum) praet(orio)

stabulum ne animalia cursus

publici longi itineris labore diutius

deperirent providit, constituit,

aedificavit adque dedicavit.»

Valerio Antidio, vicario del Prefetto del

pretorio fa costruire una stalla

(occupandosi della disposizione, della

costruzione e della dedica), per facilitare

il cambio degli animali, affinché non

siano stremati da un tratto di strada

troppo lungo.

III.3 – Le fonti epigrafiche

57

Burgus speculatorius

(Speculatorum)

173 CIL, VIII, 2495:

188 d.C.

Numidia, nei dintorni di

El-Kantara.

«Imp(eratori) Caes(ari) [M.]

Au[relio] [C]ommo[d]o

Antonino Pio Felicie Augu(usto)

[G]erm(anico) Sarm(atico)

Britannic[o] p.p., trib. p[ot]e.

XIII cos. V, burgum

Commodianum [sp]eculatorium

inter duas vias ad salutem

commeantium nova tute[l]a

c[o]nstitui iussit [Ti. Claudi]us

[G]ordia[nus]....»

Sotto l’imperatore Commodo, viene

costruito un punto d’avvistamento

fortificato. Il contenuto è simile a quello

del passo seguente, ma qui viene

indicata la funzione di questa

fortificazione, a tutela dei viaggiatori.

174 CIL, VIII, 2494:

211-217 d.C.

Numidia, nei dintorni di

El-Kantara

MOMMSEN 1852, p. 168.

«Imper(atori) Caes(ari) M. Aurelio

Severo Antonino Aug(usto),

burgum speculatorum

Anto(nianorum) M. Val(erius)

Senecio, leg(atus) eius pr(o)

pr(aetore), c(larissimus) v(ir), fieri

iussit...»

Sotto Caracalla venne costruito, per

interessamento del legato pro pretore, un

edificio fortificato funzionale

all’avvistamento83

Balnea – Balineus

175 AE, 1950, 126, pp. 44-

45:

III sec. d.C.?

Ain Wis (Thenadassa?),

Tripolitania, Tunisia

GOODCHILD - WARD

PERKINS 1949, pp. 84-

88.

«M(arcus) Coeli[us _ _ _]ninus [_

_ _ ] balneum v[etustate

corrup]tum restituendum [curavit]

eidem assam cellam a solo fecit et

cylisterium instituit curante Iunio

Sucesso c(enturione) principe.»

«Marco Celio [...] (forse lo stesso

praepositus del distaccamento) si è

incaricato di ricostruire lo stabilimento

termale reso inagibile dal tempo e di

costruire ex novo una sudatio e di

istituire un cylisterium84, per

interessamento del centurione capo

Giunio Sucesso»85. In questo caso, il

balneum appare solo come parte del

tutto.

176 CIL, XIV, 4015:

VIII miglio della via

Nomentana,

prop.Capobianco

«In [hi]s praedis Aureliae

Faustinianae Balineus lavatur

more urbico et omnis humanitas

praestatur.»

La proprietaria di un piccolo

stabilimento termale, Aurelia

Faustiniana, si vanta di fornire dei

servizi degni di una città, e di offrire ai

visitatori ogni comodità.

Non è possibile precisare il luogo di

rinvenimento del frammento.

Locum ad peregrinorum hospitalitatem

177 CIL, VIII, 5341:

379-383 (Graziano,

Valentiniano II e

Teodosio) o 408-423

d.C. (Onorio e

Teodosio)

da Guelma (Calama),

Africa

«Beatissimis temporibus

dominorum nostroru[m Honori?]

et Theodosi semper et ubique

vincentium administrante

Pomp[...] v(iro) c(larissimo)

amplissimoque proconsule et

Thersio Crispino Megethio v(iro)

c(larissimo) le[g(ato)] ...

Valentinus vir honestissimus

curator re(i) p(ublicae) locum

rui[nis obsi]tum, qui antea

squalore et sordibus foedebatur,

ad ne[cessa]rium usum et ad

peregrinorum hospitalitatem in

Il senatore Valentino, curatore, al tempo

dei legati Pomp(...) e Tersio Crispino

Megezio, sotto gli imperatori (Onorio?)

e Teodosio, fa ricostruire a sue spese

l’ostello, un tempo devastato dalla

rovina e dalla desolazione,

trasformandolo in un confortevole luogo

per l’accoglienza dei pellegrini.

III.3 – Le fonti epigrafiche

58

meliorem [statum] ad [us]um et

aspectum propria pecunia

reformavit. Felici[ter].»

Atrium cum quadriporticum

178 DE ROSSI 1866, p. 50:

Porto, cd. Xenodochio

di Pammachio

LECLERQ 1925, coll.

2765-2767.

«[... fecit?] atrium cum

quadriporticum sed[...] et

columnas cum [cisterna?...]

[Qu]isq(ue) siti veniat cupiens

(h)aurire fluenta [...]»

(Pammachio?) si incarica della

costruzione di un edificio formato da un

quadriportico con cisterna, per

accogliere gli “assetati”.

Vedi supra, par. 1, fonte n. 89.

StaqmovÇ

179 IGRR, I, 1142

137 d.C.

Antinoupoli, Egitto

«...paraV thVn *EruqtraVn qavlassan uJdreuvmasin aftqovnoiÇ kaiV staqmoi`Ç kaiV frourivoiÇ dieilhmmevnen e[temen...»

Adriano fa costruire pozzi, stazioni e

castelli lungo la strada per il Mar Rosso.

v

180 IGRR, III, 639:

Arneae, 112-117 d.C.

«…ejpeskeuvasan toV parovikon kaiV taV ejn aujtw/`, tacei`on genovmenon gumnavsion...»

Sotto il regno di Traiano, Diotimo e sua

moglie Lalla si incaricano di trasformare

a loro spese il vecchio ginnasio in luogo

di accoglienza pubblico.

Monhv

181 Revue

Archéologique,

XLII, 1953, n. 76,

pp. 189-190:

214-215 d.C.

Apamea di Siria

MOUTERDE 1952, p.

355 ss.

«[&UpeVr swsthrivaÇ kaiV nivkhÇ tou` kurivou hJm]w`n A<uv>tok[r. M. Aujr.] *Antwneivnou [Eujseb.] Eujtucou`Ç ajnikhv<t.> Seb. kaiV tw`n iJerw`n stratopevdwn kaiV th`Ç iJera`Ç sunklhvtou kaiV d<hv>[m]ou &Rwmaivwn, hJ boulhV [ka]iV oJ dh`moÇ Kl. *Apa[mev]wn *AntwneinoupovlewÇ, ajparcom. ejn [a]ujth/` ajpoV th`Ç mon. th`Ç gÇ’»

(L’imperatore Caracalla) in questa città

inaugura (un edificio? la sua

spedizione?), a partire dalla mansio n.

20386.

182 AE 1957, 167:

post 237 d.C.

Da Sülmenli, Phrigia

ZAWADSKI 1960, p.

80 ss.

«…[…]ontai eijÇ monhvn...» Si tratta degli atti frammentari di un

processo che coinvolge due comunità di

Frigia per la ripartizione delle angareia.

Secondo l’editore, vi si traggono

informazioni, non solo sul

funzionamento del cursus, ed in

particolare sulla fornitura di veicoli al

servizio da parte dei provinciali, ma

anche sulla topografia dei luoghi. Sulla

base di questa iscrizione infatti, sarebbe

possibile localizzare la mansio presso

Anosos.

*Apanththvrion

183 SGUÄ, IV, 7475:

VI o VII sec. d.C.

Ombos, 25 miglia a

N di Aswan, Egitto

«Tou`to toV thlikou`ton ajgat(on) th`Ç oikodomhÇ tou` ajpanththrivou ejgevneto ejpiV tw`n aijsivwn crwvnwn...»

La placca affissa sull’insegna della

taverna informa gli avventori che «è

stata portata a termine una completa

ristrutturazione dell’edificio pubblico, e

che è stato rimosso tutto il materiale di

III.3 – Le fonti epigrafiche

59

scarico accumulato in così tanto tempo...

Tutto l’edificio è stato rinnovato e

ricostruito dalle fondamenta, per il

comfort degli stranieri e di coloro che

non hanno diritto alle requisizioni».

Osservazioni

Le fonti epigrafiche si rivelano estremamente parsimoniose

nell’impiego dei vocaboli che la bibliografia moderna ha

ritenuto “propri” del servizio di posta: nelle 4 attestazioni

di “mansio” qui riportate, tuttavia, l’impiego del termine è

inequivocabilmente tecnico, mentre nella fonte 156

(MITCHELL 1976), è confermata l’accezione “antica” di

mansio, come semplice sosta-alloggio.

Come già anticipato e come confermato da un

ritrovamento recente (fonte n. 165), il vocabolo praetorium

è ben inquadrabile tra la terminologia tecnica. Proprio nella

fonte n. 165 ha un significato simile a quello visto per

palatium, forse in sostituzione di questo, come luogo di

sosta lungo la viabilità, particolarmente attrezzato per

ospitare dignitari, funzionari e forse l’imperatore stesso87 e

probabilmente è da leggersi nello stesso significato

nell’epigrafe di Scardona (n. 164). Tale accezione è

confermata dall’utilizzo che praetorium conosce

nell’Itinerario Antonino e nella Tabula Peutingeriana88.

Secondo i Levi (LEVI 1967, p. 110), i passi nn. 138 e 154

sottintenderebbero che i praetoria sono luoghi per i

viaggiatori comuni mentre i palatia sono riservati agli

imperatori ed ai membri della casa imperiale. In qualche

modo, si può mettere quest’uso a confronto con il passo n.

181, dove i phrouria sono contrapposti agli stathmoi. In

altri casi, è verosimile che il vocabolo sottintenda la sede

dove risiede il magistrato, localizzabile in area urbana,

anche se, almeno in un caso, proprio il pretorio di

Gerusalemme viene ricordato come luogo in cui il

proconsole di Palestina, in virtù di una amicizia personale,

ospitò la pellegrina Paola (Hier., Epist., CVIII, 9).

In ambito epigrafico, sono piuttosto frequenti le

attestazioni dei termini taberna e stabula, che garantiscono

una maggior aderenza alla realtà edilizia. L’abbinamento

dei due vocaboli torna in un’epigrafe funeraria AE 1898, n.

15 (“NSc”, 1897, p. 425) da Puteoli, dove si ricordano i

vari edifici costruiti in tutelam monumenti: forse i dubbi di

Tsontchev sulla pertinenza al cursus sono leciti.

Come esemplificazione della gran varietà tipologica delle

strutture private che sfruttano commercialmente il transito

dei viaggiatori, è stata inserita la fonte n. 170, che ricorda

la costruzione di tabernae entro il terreno di pertinenza di

un sepolcro: tale abitudine ha una conferma archeologica

nelle numerose e varie attestazioni di edifici di vario tipo

localizzate tra le tombe, lungo le strade, prevalentemente

in prossimità dei centri abitati (infra, par. 8 e cap. VII). Ha

forse a che vedere con la cattiva fama di questi luoghi

l’epigrafe AE 1934, 72, che ricorda un tale P. Paetinius

Clementinianus occisus in stabulo scelere ann. XVIII,

rinvenuta a Trebnje in Slovenia.

Almeno lungo alcuni itinerari, ritenuti particolarmente “a

rischio”, doveva essere prevista una varietà di edifici

fortificati, occupati da militari che accompagnassero, in

scorte armate, i viaggiatori che ne erano ritenuti degni.

Tale necessità, come abbiamo visto, è ben esplicitata nella

Peregrinatio Egeriae (supra, par. 1. LEVI 1967, pp. 112-

113, nota 139). Qui, si è fornito un esempio dell’impiego

del vocabolo burgus speculatorius, perché, almeno nel

passo n. 173, vi è chiaro riferimento alla tutela dei

viaggiatori.

Le fonti epigrafiche ci attestano, più delle altre, quanto la

presenza di ambienti termali fosse ritenuta indispensabile

al funzionamento di una stazione per i viaggiatori, anche

per le piccole aree di servizio private. Nei casi delle fonti

nn. 175 e 176 la pertinenza al tema delle stazioni è

sostenuta sulla base del luogo di rinvenimento.

Ad un’epoca piuttosto alta dell’organizzazione

ecclesiastica ed ad ambiente provinciale risale la fonte n.

177, che non conosce ancora un termine appropriato per gli

ostelli dei pellegrini, come ancora accade nel porto

dell’Urbe (n. 178).

Il vocabolo catabulum, oltre alla tarda attestazione nelle

fonti per la topografia di Roma89, conosce la sola altra

attestazione qui riportata90. Il catabulum (dal greco

katavboloÇ) è l’ufficio centrale del cursus, dove si trovavano

le stalle e le scuderie per i trasporti postali, localizzabile a

Roma alla fine della via Lata, forse sul lato settentrionale

della via, presso la chiesa di S. Marcello (HÜLSEN 1899).

In greco, è confermata dal testo bilingue di Burdur, fonte n.

155, la traduzione di mansio con staqmovÇ, almeno per la

prima età imperiale, mentre la fonte epigrafica n. 178 ci

conserva una rarissima attestazione di un altro vocabolo,

che attinge al verbo ajpantavw, che vuol appunto dire

incontrarsi, e che viene tradotto nel Thesaurus con

“deversorium”.

III.4 - Le fonti itinerarie: l’Antonino

60

III.4 - Le fonti itinerarie

La pratica del viaggio, privato od ufficiale che fosse,

rendeva necessario l’uso di “guide” che riportassero nel

dettaglio l’elenco delle strade percorribili, delle tappe

possibili e delle distanze che tra esse intercorrevano. Molto

probabilmente esistevano due classi di itinerari: la prima

“ufficiale”, pertinente, cioè, al transito dei corrieri del

servizio di posta statale, dei funzionari dello stato e del

movimento delle truppe militari91, strettamente connesso

all’amministrazione stessa delle strade; la seconda

“privata”, utilizzata, cioè, dai cittadini che per scopi

commerciali, “turistici” o religiosi, si trasferivano da un

capo all’altro dell’impero. Dalla possibilità di discernere in

queste fonti quanto fosse ufficiale e quanto privato,

dipende anche la nostra capacità di comprendere da un

punto di vista archeologico i resti delle stazioni. Del

vastissimo complesso di redazioni di itinerari che il mondo

romano ha certamente prodotto, che - se pure a carattere

“privato” - erano comunque tratte dai referti minuziosi ed

“ufficiali” strettamente pertinenti al cursus publicus o agli

altri settori dell’amministrazione statale, solo pochi sono,

purtroppo, giunti fino a noi; nessuno di questi documenti -

con l’eccezione della versione “epigrafica” dei bicchieri di

Vicarello - databile nella sua redazione definitiva prima del

III secolo. All’origine di tutte le compilazioni di età

imperiale possiamo porre la carta redatta da Agrippa ed

esposta nella Porticus Vipsania, esito dell’ambizioso

progetto di castrametazione di tutti i territori sottomessi da

Roma, concertato con il celebre Suocero, che ebbe come

risultato, almeno, questa carta dell’Ecumene corredata da

qualcosa di simile a dei commentaria, pubblicati,

probabilmente postumi, a cura di Augusto stesso. Che già

in epoca alta esistessero degli itinerari che scandivano le

tappe lungo la viabilità principale è dimostrato dall’elogio

di Polla (capitolo III.3) e dalla narrazione di Orazio (fonte

n. 109), che ci racconta di aver raggiunto Capua

“tempore”, cioè all’ora prevista sulla base di qualche

“programma di viaggio”.

L’Itinerario Antonino

La fonte itineraria superstite più antica, ed anche più

completa, è quella intitolata nei codici Imperatoris

Antonini Augusti Itineraria Provinciarum et Maritimum,

citato indifferentemente come Itinerarium Provinciarum o

Itinerarium Antonini (qui It.Ant., sulla base dell’edizione

Cuntz), che contempla, oltreché itinerari terrestri di molte

regioni mediterranee, anche un’appendice riportante le

rotte marittime di congiungimento tra molte località del

Mediterraneo, espresse - secondo l’uso della marineria

greca - in stadi, con l’importante eccezione della rotta dal

Portus Augusti ad Arelatum, riportata in miglia, in quanto

navigazione di piccolo cabotaggio (da ultimo CALZOLARI

1997, pp. 411-413). A tutt’oggi, non è stato ancora trovato

accordo né sulla datazione complessiva dell’opera né sulla

sua natura. Per quanto concerne la datazione, alla

cronologia tradizionale che pone la redazione del nucleo

principale dell’opera all’epoca di Caracalla (MANSUELLI

1957, p. 225 ss., con bibliog.), sembra oggi preferita quella

agli anni Ottanta del III secolo, formulata già dal

Kubitscheck e dal Miller92, mentre permangono sostanziali

discordie sull’interpretazione da dare a questo documento,

per la compilazione del quale si è proposto uno scopo

contemplato dalle amministrazioni governative (il cursus o

l’annona) o un mero diletto ad uso privato (pellegrinaggio,

opera erudita, diario di viaggio o guida turistica. Da ultimo

CALZOLARI 1997, p. 375 ss., con bibliogr.). In alternativa,

l’Itinerario Antonino rappresenterebbe una raccolta di

viaggi pianificati per gli imperatori o gli eserciti, alcuni dei

quali sarebbero poi stati effettivamente portati a termine,

come nel caso del viaggio di Caracalla verso l’Oriente del

214-15 d.C.93 In quest’ottica, le stazioni che in alcuni casi

vengono elencate nei codici in testa all’elenco delle tappe,

sarebbero da interpretarsi come stativae94. Di certo, questo

documento assembla piuttosto disordinatamente fonti di

cronologia e tipologia diversa (anche cartografiche), sulla

base delle quali si riconoscono apporti databili almeno fino

all’età costantiniana (CALZOLARI 1997, p. 380 ss.). Il dato

cronologico più interessante in questo contesto, è la

menzione, lungo la via tra Catania ed Agrigento (94, 2-3),

di “mansiones nunc institutae”: la ricerca archeologica,

riconoscendo presso Piazza Armerina la stazione di

Philosophiana, ha posto alla prima metà del IV secolo il

termine cronologico per l’aggiornamento delle

informazioni operato dal redattore dell’opera rispetto alle

sue fonti (UGGERI 1982-83, pp. 437-438; CARANDINI -

RICCI - DE VOS 1982, p. 22), attestandoci anche come la

parte “materiale” del cursus fosse in continua evoluzione.

La disorganicità dell’insieme è, comunque, tale da

privilegiare l’opinione che non si tratti di un documento

ufficiale ma piuttosto di una compilazione erudita, di

scarsa praticità. Per fornire qualche esempio, si può notare

che nell’It.Ant. non troviamo Forum Popili, come è

indicato invece nella Tabula, ma, segnalata quasi allo

stesso punto, la stazione di Ad Calorem: se non si deve

attribuire questa discrepanza alla diversa cronologia delle

due fonti (ma in questo caso, la mancata menzione di un

centro importante in epoca tardo repubblicana

nell’Itinerario, centro menzionato nella Tabula, militerebbe

a favore di una cronologia molto alta della fonte originaria

di quest’ultima), la scelta di un insediamento di carattere

locale al posto di un centro amministrativo ne ribadirebbe

la natura di documento privato.

La terminologia

L’Itinerario Antonino ignora il termine mutatio mentre ci

attesta la diffusione, oltreché della qualifica di civitas,

vicus e colonia, dei vocaboli mansio (oltre al passo citato

supra, It.Ant., 6, 3 in Africa, 305, 5-6 nei dintorni di Roma

e 387, 5-6 in quelli di Milano, 127, 12 per Sirmione e 129,

1-3 per Longatico e Adrante, ecc.), praetorium (259, 11 -

261, 3, via tra Emona e Sirmio: “sed mansio Augusti in

praetorio est”, ed altri casi in cui è solo toponimo, tipo

Praetorio Latovicorum in Pannonia di It.Ant., 259, 13),

III.4 - Le fonti itinerarie: il Burdigalense

61

villa (un solo caso in Italia, quello di Rostrata Villa presso

Roma95; al contrario, piuttosto frequente in Africa), nonché

di centri con funzioni specifiche di difesa militare che

vengono qualificati come castra, castella e praesidia. Le

menzioni di stazioni termali poste in rapporto con le

mansiones della viabilità sono piuttosto poche, soprattutto

se comparate al totale delle segnalazioni riportate nella

Tabula (per l’Italia, un totale di 2 nell’Itinerario rispetto

alle 13 della Tabula). Anche la presenza di dati sui

trasporti marittimi e la rilevanza assegnata ai porti fluviali,

rimarca la differenza tra questo documento e la

Peutingeriana ( LEVI 1967 p. 117 nota 151), venendo,

quindi, a ridimensionare - qualora si accetti la pertinenza al

cursus di questo documento - l’opinione secondo la quale,

la marineria commerciale romana non conobbe “servizi” di

Stato (supra, cap. II. 3).

L’Itinerario Marittimo

La stessa disorganicità si riscontra nell’Itinerario

Marittimo, che pur attingendo prevalentemente a fonti di

origine greca, integrate con dati provenienti dal mondo

romano, non riesce né chiaro né completo. Esso, tuttavia,

prevede, come ha documentato Giovanni Uggeri, una

terminologia tecnica molto specialistica nella

qualificazione delle tappe menzionate nell’Itinerario

(UGGERI 1968). Il tecnicismo del linguaggio è dovuto alla

natura del documento, uno strumento per “navigatori”, che

riproduce il modello del portolano ma che, nel caso della

rotta distinta con il titolo Item Itinerarium portuum vel

positionum navium ab Urbe Arelatum usque (It. Mar., 497,

9 - 508, 2), dove non a caso le distanze sono espresse in

miglia romane, ci riconduce alla marineria romana, forse

alla stessa corporazione dei Naviculari Marini Arelatenses

noto da altre fonti (UGGERI 1968, p. 247). Proprio in questa

lista di tappe compare il termine positio, maggiormente

correlabile all’attività del cursus publicus,

intenzionalmente distinto da “portus” e anche da “statio”,

vocabolo quest’ultimo che, pur non comparendo in questo

testo, è indicato dagli autori antichi come sinonimo di

“positio” (UGGERI 1968, p. 245, nota 3). Il termine plaga o

plagia, apposto come qualificazione di molti scali siciliani,

e della sola località di “Vintimilia (Albintimilium), plagia”

tra quelle incluse nell’Italia augustea, sembra, invece,

utilizzato per definire un approdo poco sicuro, come ben

sottolinea Servio nel commentare l’Eneide, definendolo un

tipo di statio “mala” o “minus fida” (Serv., ad Aen., II, 3;

WESSELING 1735, p. 96, 7; UGGERI 1968, pp. 237-239).

L’Itinerario Burdigalense

L’Itinerarium Burdigalense vel Hierosolymitanum

(variamente denominato, a seconda che si privilegi la città

di partenza o d’arrivo) è più manifestamente inquadrabile

tra le guide per “turismo religioso”, per quanto sia

sostenuta la sua derivazione dall’Itinerario Antonino. Si

tratta della sintetica elencazione delle tappe effettuate da

un anonimo pellegrino d’Aquitania, in viaggio da

Burdigala verso la Terra Santa, viaggio che inizia nella

primavera del 333 d.C., per concludersi 15 mesi più tardi,

nell’estate dell’anno successivo (CALZOLARI 1997, p. 135).

Da Burdigala, il tragitto prevede il superamento delle Alpi

attraverso il passo del Monginevro, la via per Milano ed

Aquileia, attraverso i Balcani per Serdica, Costantinopoli e

Antiochia, fino a Gerusalemme, da dove si ritorna indietro

ripercorrendo il tratto da Cesarea ad Eraclea di Tracia,

deviando per la costa adriatica, traghettando da Valona ad

Otranto, e “risalendo” l’Italia da Brindisi a Benevento, fino

a Roma, Rimini e riprendendo la via dell’andata da Milano

verso la Gallia.

La stesura dell’itinerario, nella forma nella quale ci è

pervenuto, è datata intorno alla metà del IV secolo, da

alcuni proprio agli anni 333-334 d.C. (UGGERI 1983, p.

148, con bibliog.), più genericamente agli anni ’30 o ’40

(CALZOLARI 1997, pp. 133-134, con bibliog.). Anche la

natura e le finalità di questo documento sono state oggetto

di discussione: è stato ritenuto qualcosa di simile ad un

“diario di viaggio”, fondato sull’esperienza diretta di un

viaggiatore che scrupolosamente registra le sue tappe

(BOSIO 1983A, p. 45) o una forma di compilazione erudita,

che si avvale, come base, di un documento cartografico

simile alla Tabula, che “traduce” come una legenda, quindi

in “categorie”, le vignette, deducendone le potenzialità

delle strutture di ricezione.

Con meno incertezza, si può asserire che questo

documento sia l’esito di due “fonti” diverse: l’una

prettamente itineraria, l’altra con le caratteristiche di un

“itinerarium ad loca sancta”, contenente riferimenti a

luoghi di culto e venerazione cristiani (ed ebraici, in poche

occasioni) ed alle Scritture (CALZOLARI 1997, pp. 132-133,

con bibliog.). Per quanto comunemente affermato,

comunque, non si può ricondurre questo documento al

servizio di posta statale: in nessun passo del documento,

infatti, è indicato che il pellegrino in questione abbia

usufruito del cursus, sebbene è possibile che tale privilegio

gli fosse stato accordato, come è testimoniato per altri

pellegrini di alto lignaggio (supra, cap. II.2)96.

La terminologia

Nonostante il carattere privato, manifesto, appunto, nella

forma di sommaria relazione di viaggio, l’Itinerario

Burdigalense è - tra quelli conservati - l’unico che indichi

sempre la “qualifica” delle tappe, classificate in civitates,

vici, mansiones, mutationes, fora, fornendo, al termine di

ogni itinerario, la cifra totale delle mansiones e delle

mutationes, quasi sottintendendone un mutuo rapporto

numerico97. Tuttavia, quando alla fine di ogni segmento di

itinerario, compreso tra due “capolinea” importanti, si

riporta il totale parziale delle miglia e delle stazioni

incontrate, nel novero delle mansiones vengono incluse

anche le civitates, mentre quello delle mutationes

comprende tutti i luoghi di sosta elencati (che siano stati,

cioè, precedentemente qualificati come civitates,

mansiones o mutationes: CUNTZ 1929, p. 87). Il vocabolo

mutatio infatti, appare, sì, per la prima volta proprio in

III.4 - Le fonti itinerarie: il Burdigalense

62

questo documento (LEVI 1967, p. 109), ma la “tecnicità”

della distinzione terminologica impiegata nel documento

sembra inficiata dal fatto che alcune tappe vengano

alternativamente qualificate come mansiones o come

civitates (KUBITSCHECK 1916, col. 2358), e che le località

qualificate come vici nell’Itinerario Antonino, vengano qua

completate da un’apposizione diversa (ad esempio, il vicus

Forum Flamini dell’Antonino diventa “civitas” nel

Burdigalense, i vici Helvillum e Fidentiola diventano

“mansiones”, e il vicus Cale appare nella lista del

Gerosolimitano come “mutatio”). Si verificano, inoltre,

alcune duplicazioni nelle apposizioni: ad esempio, il vicus

“Forno Novo” (Forum Novum) viene qualificato anche

come mutatio (It.Burd., 610, 10). La scarsa “scientificità”

della redazione è, del resto, evidente nella semplificazione

(che diventa macroscopico errore) dell’equivalenza tra

stadio e miglio, riportata al rapporto di 1:10, anziché il

corretto 1:8 (UGGERI 1983, p. 150). In un solo caso, il

luogo itinerario viene qualificato come castellum

(Carcassonne, in Gallia: It.Burd., 551, 9), mentre molte

tappe restano prive di ogni attributo se non lo stesso

toponimo (Ad Pirum, In Summas Alpes, ecc.). Entro i

confini dell’Italia augustea, poi, noto che la preposizione

“ad”, seguita dall’accusativo, è quasi sempre parte del

toponimo (Ad Medias, Ad Decimum, Ad Fines, Ad IX,

ecc.), e che in rarissimi casi indica un bivio, o meglio la

stazione posizionata presso il deverticolo (Ad Cottias, Ad

Flexum), caso più frequente nell’Itinerario Antonino (vedi

Ad Turres, scheda VII.1). Questo dettaglio potrebbe

confermare che l’autore del Burdigalense ha seguito solo

un suo itinerario diretto, senza soffermarsi sui deverticoli

che da questo si distaccano, rimarcando la sua distanza

dall’Antonino che, quasi nella trasposizione di una carta,

cerca di inquadrare ogni itinerario nell’intera rete viaria.

Il confronto tra i due itinerari e la Tabula Peutingeriana, ci

conferma che l’Itinerario Burdigalense è molto più

dettagliato rispetto agli altri due, contenendo l’elencazione

anche delle tappe intermedie, quasi sempre “saltate” negli

altri documenti. In pochi casi, infatti, si verifica

coincidenza tra le citazioni dei luoghi di sosta qualificati

nel Burdigalense come mutationes e gli stessi toponimi (o

simili, comunque senza l’apposizione mutatio) di It.Ant. e

Tab.: per l’Italia possiamo ricordare Cottiae (ricorrente sia

in It.Ant. che in Tab., definito, però, in It.Burd. “Ad

Cottias”), in Puglia Butruntos e Turres Aurilianas, che

dovrebbe corrispondere a Turribus di It.Ant., e

Valesium/Balentium; lungo la via Appia, Forum Appi,

menzionata anche in It.Ant. 107, 4 e Ad Pontem

Campanum della Tabula; il Cales vicus citato anche

dall’Antonino (125,7) e le mutationes di Ad Rubras, Ad

Vicesimum, Aqua Viva segnalate anche nella Tabula, lungo

la via Flaminia.

III.5 – La Tabula Peutingeriana

63

III.5 - La Tabula Peutingeriana

Nel corredo di viaggio di un privato come di un inviato

ufficiale, magistrato o comandante che fosse, non doveva

mancare anche la rappresentazione “figurata” dei luoghi da

percorrere; sappiamo, infatti, dalle stesse fonti che

itineraria non tantum adnotata sed etiam picta

accompagnavano i generali nell’esplorazione (Veg., III, 6,

su cui supra, par. 1). La Tabula Peutingeriana costituisce

l’unico documento di una certa completezza giunto fino a

noi98, nella redazione medievale di XII-XIII secolo, che

riporta con poche aggiunte una versione assegnabile alla

metà del IV secolo d.C.99

Anche per questo documento, resta il disaccordo sulla sua

natura: per i Levi ed il Bosio (LEVI 1967, p. 21; BOSIO

1983A) il documento è perfettamente inquadrabile

nell’ambito del cursus publicus, ma – notando la frequenza

con cui ricorrono le stazioni termali ed i riferimenti ai

viaggi di piacere – non escluderei che si possa riportare

alla “famiglia” dei documenti privati.

L’interesse principale, ai fini di questa ricerca, è costituito

dalla presenza nel codice di numerose “vignette” che in

alcuni casi accompagnano l’indicazione grafica della

stazione. Negli 11 fogli superstiti tra quelli in cui è stato

diviso il volumen, compaiono 555 illustrazioni, che

simboleggiano gli insediamenti posti lungo la viabilità, che

si possono raccogliere in 8 tipi principali:

- a doppia torre, della quale è visibile solo la fronte, in

qualche caso circondata da una linea semicircolare che

potrebbe interpretarsi come un fossato; è la vignetta più

frequente: compare 429 volte, con 79 varianti e 4 tipi

principali (“a-d”). Dai Levi è stata ritenuta simbolo di una

stazione di tappa attrezzata per il cambio degli animali e di

ristoro; più precisamente il Bosio ritiene questa vignetta un

mezzo per rimarcare un centro di particolare importanza

logistica per la viabilità, anche dal punto di vista militare e

commerciale;

- "a tempio", di cui si vede una sola fronte ed un lato (“e”);

- edificio a pianta rettangolare con corte centrale, del quale

si ha una visione "a volo d’uccello": è stato interpretato dai

Levi come l’indicazione di una stazione stradale

particolarmente attrezzata e dal Bosio come simbolo di una

stazione termale (“f”);

- edificio composito, formato da due o più serie di unità

parallele, viste dall’alto che simboleggia gli horrea (“g”);

- mura di città di forma varia (“h-i”);

- personificazioni di città (Roma e Costantinopoli, “j”);

- porti (“k”);

- fari (“l”).

III.5 – La Tabula Peutingeriana

64

I primi tre tipi sono i più frequenti, ed anche quelli più

strettamente in relazione con le strutture del cursus

publicus, facendo riferimento - secondo i Levi - a

complessi meglio attrezzati per le soste, anche prolungate,

ed i rifornimenti dei viaggiatori (LEVI 1967, p. 97 ss.). Tali

vignette corredano, sì, l’indicazione di luoghi “sperduti”,

ma nella maggior parte dei casi (in Italia 81 su 105, cioè

circa il 77%100) riconducono a centri urbani. La

distribuzione di queste illustrazioni sulla Tabula non

sembra riconducibile a criteri “grafici” (alla disponibilità,

cioè, di spazio101) e va perciò indagata. L’opinione dei Levi

è, come anticipato, che si riferiscano a stazioni

ufficialmente collegate con il cursus (escludono, cioè, la

possibilità che esistesse un’organizzazione articolata, una

“rete alberghiera” alla quale potessero far riferimento i

viaggiatori privati, possibilità ammessa, invece, da altri);

l’inquadramento di questo documento alla luce del

formalismo che presiedeva alle attività governative

renderebbe piena ragione della schematizzazione operata

(LEVI 1967, p. 97 ss.). L’imprescindibile rapporto tra il

cursus publicus e il documento cartografico sarebbe

evidente anche nel fatto che le vignette sono posizionate ad

“esaltare” località dove, attraverso altre fonti, soprattutto

epigrafiche, siamo a conoscenza che fossero impiantate

delle stazioni di tabellarii102 o che fossero sedi di

importanti attività governative (LEVI 1967, pp. 121-122,

nota 162).

Gli “analisti” del volumen hanno tentato anche per la

Tabula una “decodificazione” delle scelte adottate

dall’Autore nella declinazione dei nomi geografici,

ritenendo che il semplice ablativo sia impiegato più

frequentemente negli idronimi e nei nomi delle mansiones

(ad esempio, Utricio), mentre l’aggiunta all’ablativo della

preposizione “in” sia caratteristica della connotazione

ambientale, e sia, anzi, quasi esclusivo dei valichi e delle

cime alpine (in Alpe Graia, in Summo Poenino; BOSIO

1983A; BOSIO 1992, pp. 62-80).

Tra i toponimi che qualificano tecnicamente le località, la

Tabula menziona direttamente tabernae e praetoria

(BOSIO 1983A, p. 99; UGGERI 1995, p. 151).

La Tabula, contrariamente all’Itinerario Antonino, ci

riporta un numero considerevolmente scarso di dati sulle

navigazioni marittime e fluviali: solo nell’area del Delta

del Nilo, infatti, sono messi in evidenza mediante le

vignette degli apprestamenti funzionali ai trasporti di merci

e persone, mentre in Italia un solo tratto rettilineo, che usa

lo stesso inchiostro rosso che è usato per i segmenti

stradali, tra Ostiglia e Ravenna indica un tratto di

navigazione fluviale, rimarcata dalla didascalia ab Hostilia

per Padum, evidentemente inquadrata nel servizio statale

di comunicazioni, che non sembra articolarsi in tappe

(LEVI 1967, p. 114 ss.). Come hanno fatto rilevare i Levi,

la “presentazione” delle vignette nell’area del Delta del

Nilo, diversificata rispetto alle altre, ci testimonia

un’ulteriore gamma di possibilità che si offrivano ad un

viaggiatore per avere ospitalità: l’indicazione di sei templi,

individuati dalla vignetta “tempio” e precisati dalla

didascalia (3 volte Iseum e 3 volte Serapeum), non sembra

da attribuirsi ad un interesse religioso e logografico, bensì -

nella logica che vede nella Tabula un documento ufficiale

dell’organizzazione governativa della posta - come

indicazione di luoghi presso i quali era possibile

pernottare, come è confermato dalla notizia che - almeno

in epoca tolemaica - i sacerdoti dei templi di Iside

dovevano fornire alloggio e apprestare rifornimenti ai

soldati ed ai funzionari statali che attraversavano il Paese

(LEVI 1967, p. 85 nota 60; p. 118.).

In diverse occasioni, si è sostenuto che la discrepanza tra il

numero delle miglia misurate sul terreno e la cifra indicata

nel volumen, non sia imputabile ad un errore di trascrizione

verificatosi nel tempo, quanto piuttosto ad una

convenzione che il redattore della carta avrebbe adottato,

dividendo in due parti uguali la distanza totale tra due

tappe note per localizzarne una intermedia non notagli

(GELSOMINO 1966; UGGERI 1975, p. 163; UGGERI 1979,

nota 140; UGGERI 1984, p. 405).

Osservazioni

Queste fonti itinerarie, come la Tabula, confermano il

significato tecnico del vocabolo taberna già presente nelle

fonti letterarie ed epigrafiche, che tante volte è presente

come parte del toponimo, sia come nome proprio che come

nome comune103, ed anche di stabulum (It.Ant., 390, 1; 354,

2; 390, 6; Tab.Peut., II, 5; X, 2).

La sovrapposizione tra dati archeologici e fonti itinerarie

consentirà anche di verificare quanto comunemente si

afferma, cioè che la maggior frequenza delle tappe

ricordate nell’Itinerario Burdigalense e nella Tabula

sottintendano un potenziamento delle strutture e dei luoghi

di ricezione del cursus in epoca severiana e costantiniana

(UGGERI 1983, p. 352 e passim con bibliog.), o piuttosto,

come io credo, semplicemente tradiscano una diversa

natura e funzionalità di questi documenti.

Proprio il confronto tra queste diverse fonti, ci suggerisce

che ad itinerari uguali potevano corrispondere luoghi di

sosta molto diversi: le discrepanze possono essere

attribuite, specialmente nel caso di tappe intermedie tra

centri abitati di maggior tradizione, a una diversa

cronologia delle fonti che risentono, quindi, della costante

“mobilità” di queste aree di servizio, soggette in ogni

epoca a ristrutturazioni e traslazioni, dovute

prevalentemente a fattori di ordine economico; in qualche

caso si può pensare a delle leggere variazioni di percorso,

oppure a semplici scelte individuali diverse, che

privilegiano una tappa anziché un’altra: in questi casi, è

necessario presupporre l’esperienza personale della fonte o

del compilatore.

III.6 – La Toponomastica

65

III.6 - La Toponomastica

Rappresentando un vastissimo campo d’indagine

antichistica, la toponomastica stradale ed, anzi, di specifico

contenuto itinerario, non può essere in questa sede oggetto

di trattazione approfondita, esulando dal “punto di vista

archeologico” che qui si è inteso affrontare. In ogni caso,

dal momento che l’identificazione delle tappe del cursus -

in assenza di altri dati - verrà suggerita sulla base della

toponomastica, è bene menzionare alcuni dei lavori che

maggiormente forniscono contributi a questo studio, a

cominciare da quelli che affrontano lo studio della

toponomastica relativa alle installazioni per il servizio di

posta e la sosta dei viaggiatori. In particolare, si possono

ricordare i contributi che indagano la diffusione dei termini

praetorium e palatium104.

Ciò che emerge è che le nostre fonti itinerarie hanno

“salvato” solo una percentuale di quanto è esistito e,

soprattutto, di quanto si è avvicendato sul territorio nel

corso dei secoli durante i quali si sono costruite e

manotenute le strade romane.

Che i luoghi di tappa - magari anche “ufficiali” - lungo le

strade fossero, nel complesso dello sviluppo diacronico,

molto più numerosi di quanto risulti sulla base delle fonti

itinerarie, è testimoniato proprio dalla frequenza con la

quale sopravvivono toponimi di natura itineraria lungo i

percorsi delle strade romane: i toponimi derivati

dall’ordinale delle miglia rappresentano un vero e proprio

campo di indagine, per la ricostruzione della rete viaria

romana e anche per misurare il grado di attrazione

esercitato dai grandi centri urbani sugli abitati circostanti105.

I casi più frequenti riportano, infatti, cifre ordinali inferiori

alla decina, che si riferiscono alla più vicina città o,

magari, ad un confine, mentre più rari sono i casi di

toponimi numerali che si riferiscono alla distanza misurata

da Roma in regioni lontane della capitale, o computate da

un altro grande capolinea (CALZOLARI 1986; MOLLO

MEZZENA 1995, p. 176). A strutture di servizio al traffico

sono da ricondursi anche i toponimi che contengono la

radice di balneum, dal momento che gli stabilimenti

termali hanno rappresentato, come abbiamo già anticipato,

ma come verificheremo nel dettaglio più avanti, una

infrastruttura indispensabile all’efficienza di un luogo di

sosta (UGGERI 1983, p. 227). Sulla base della

toponomastica, si può proprio registrare l’estrema

frequenza dell’attestazione di stabilimenti termali o più

modesti “bagni” lungo la viabilità106. Anche la persistenza

di toponimi che contengono il vocabolo Taverna è da

ricondursi all’esistenza di luoghi di tappa, spesso non

ricordati nelle fonti itinerarie ma che hanno sicuramente

funzionato, per brevi o lunghi lassi di tempo, da stazioni

stradali107. Ancora, sulla natura itineraria di alcune località

ci informano i toponimi che contengono relitti delle attività

connesse al traffico ed ai trasporti che vi si sono svolte:

tale, ad esempio, l’odierna Bordonchio, dove si conservano

resti di un consistente abitato antico con sepolcreto, al VII

miglio della via Popilia, nella regio VIII. Il toponimo,

infatti, potrebbe derivare da burdunculus, cioè da burdo =

mulo108. Soprattutto negli ambienti meno popolati e

climaticamente più ostili, è frequente il caso il cui la

toponomastica ci informa sul fenomeno di agglutinamento

di diverse funzioni presso la stessa stazione stradale (che

lungo la maggior parte di queste strade assolve anche la

funzione di controllo militare): tale è il caso, ad esempio,

delle stazioni africane che nel toponimo fanno riferimento

alle divinità venerate presso templi e sacelli (Ad

Mercurium, Ad Dianam, Ad Amonem - sic). In altri casi i

toponimi ci confermano che presso alcune di queste

stazioni si svolgevano anche attività amministrative (ad

Basilicam109), o che presso le stazioni si trovavano il luogo

di raccolta e lo snodo di determinate attività commerciali e

smistamento, come trapela attraverso il toponimo ad

Capsum110, in riferimento al recinto dove si rinchiudono gli

animali, soprattutto le fiere (da cui l’ipotesi del Romanelli

che si potesse trattare delle gabbie per le bestie destinate

agli spettacoli circensi: ROMANELLI 1970, pp. 22-23), ma

anche attività di lavorazione dei prodotti agricoli111.

Ribaltando la prospettiva, alcune ricerche sono state

dedicate ad individuare i fattori che hanno suggerito la

nomenclatura delle stazioni stesse112.

Insoluta resta, comunque, la questione se questa ricchezza

di attestazioni di installazioni viarie che esulano dalle fonti

itinerarie conservate indichi che - al momento della

redazione di questi documenti - queste stazioni non fossero

più attive o che non rientrassero tra quelle che

rispondevano a determinati requisiti (ad esempio, quelle

che fossero parte integrante del cursus, che fossero gestite

dallo Stato, o rivestissero un’importanza particolare, che

offrissero servizi ricettivi più completi, ecc.):

l’individuazione dei criteri che hanno presieduto alla

selezione delle tappe da segnalare è la linea di ricerca che

consentirà di chiarire finalmente la natura di queste fonti.

III.7 - Le fonti iconografiche

66

III. 7 - Le fonti iconografiche

Sono state qui considerate solo le fonti iconografiche che

almeno qualche dettaglio riconduce alla sosta nel corso di

un viaggio, tralasciando quelle, pur interessanti, riferite

alla vita degli ostelli e delle stamberghe.

N. 184: Iscrizione e rilievo con dialogo tra viaggiatore e

copa, da Isernia. Età augustea? (Parigi, Museo del Louvre).

Viti ne sostiene un impiego come insegna di una taverna, e

non come epigrafe funeraria, e ne propone la provenienza

dalla contrada Trinità, pur ammettendo che una “mutatio”

potesse trovarsi anche alla Taverna della Croce, ma che la

vera mansio di Aesernia fosse, da ricercarsi qui, un miglio

a S della città, accanto al ponte di Giancanise, alle

Quadrelle.

CIL, IX 2689; VITI 1989.

N. 185a: Quadretto paesistico dell’Antiquarium comunale

di Roma (Celio). Età antonina finale.

Nel primo è raffigurato un viandante nell’atto di

allontanarsi da un edificio rustico (la campagna è

simboleggiata da un volatile da cortile), davanti al quale è

una donna stante, colta nell’atto di salutarlo: non è certo

che si tratti di una stazione, ma è curioso il fatto che

l’edificio sia articolato in tre corpi di fabbrica affiancati

(singolare coincidenza con la fonte citata qui a p.xx), che

sembrano avere tutti un secondo piano, coperti con tetti a

spiovente, decorati da acroterii.

FROVA 1961, p. 418, fig. 387

N. 185b: Quadretto paesistico dell’Antiquarium comunale

di Roma (Celio). Età antonina finale

Un viaggiatore (?) a cavallo si allontana da un edificio

identificato con una locanda, davanti alla quale sono

raffigurate due persone (un uomo e una donna?) nell’atto

di congedarsi da lui. L’edificio è a due piani, coperto con

tetto a falde; l’ingresso principale si apre con una piccola

tettoia. FROVA 1961, p. 418, fig. 388.

N. 186: “Mosaico di Orfeo” a Leptis Magna, da una

fattoria. II secolo d.C.?

In un piccolo riquadro, parte di un mosaico con scene di

Orfeo che incanta gli animali, è una scena raffigurante una

donna, che esce da un edificio a pianta rettangolare, a due

piani con tetto spiovente, decorato da corna apotropaiche

di cervo sul colmo, che offre dei viveri ad un uomo

partente, vicino ad un cavallo trattenuto da un servo.

FROVA 1961, p. 703, fig. 606.

N. 187: Frammento di coperchio di sarcofago in marmo

bianco. 275-290 d.C. (Roma, Museo Nazionale Romano).

Davanti ad uno sfondo rappresentato (da destra a sinistra)

da un arco di porta urbica, un albero, una costruzione

identificabile forse con un monumento funerario ed un

edificio a due piani con balcone, sul quale è affacciata una

persona, completato da “dettagli” come un miliario ed una

meridiana, è raffigurato un carro, trainato da due cavalli,

sul quale viaggiano due persone, precedute da un uomo a

piedi (forse, un cursor) che dialoga con una donna ed un

fanciullo. Tra le varie interpretazioni che sono state date

all’iconografia, non credo che quella che vi vede l’arrivo

della comitiva presso una stazione stradale sia la più

convincente, e che piuttosto vi si debba vedere un’allegoria

del cursus vitae del defunto.

Da ultima SPINELLI 1991, pp. 66-67.

N. 188 - Rilievo raffigurante i viaggiatori in arrivo nel

porto di Ostia. Dall’Isola Sacra. III secolo d.C.

Da sinistra, giunge il veliero in porto (simboleggiato dal

faro), a destra, due viaggiatori sono già seduti a tavola

nella taverna, dove vengono serviti da un oste. Dietro a

quest’ultimo, l’arredo consueto, costituito dal bancone

sormontato da una fila di tre scaffali sui quali sono disposti

molti contenitori per liquidi e poche olle.

III.7 - Le fonti iconografiche

67

Fonte n. 184: Iscrizione e rilievo con dialogo tra viaggiatore e copa, da Isernia

Fonte n. 186: “Mosaico di Orfeo” a Leptis Magna, da una fattoria.

III.7 - Le fonti iconografiche

68

Fonti nn. 185a e 185b: Quadretti paesistici dell’Antiquarium comunale di Roma (Celio).

III.7 - Le fonti iconografiche

69

Fonte n. 187: Frammento di coperchio di sarcofago in marmo bianco. 275-290 d.C. (Roma, Museo Nazionale

Romano).

Fonte n. 188 - Rilievo raffigurante i viaggiatori in arrivo nel porto di Ostia. Dall’Isola Sacra.

Osservazioni

Per quanto questi documenti non concorrano ad

approfondire significativamente la conoscenza che

abbiamo sulla tipologia architettonica delle stazioni

stradali, mi è sembrato interessante constatare che in tutte

queste raffigurazioni, quelle che sembrano installazioni

viarie siano sempre simboleggiate da edifici a due piani. È

singolare, poi, che in queste iconografie si ritrovino

raffigurate volumetrie semplificate, rappresentate appunto

da un solo edificio, e più articolate (i tre nuclei della fonte

185b), varietà che trova conferma archeologica e

filologica.

III.8 – Le Fonti. Conclusioni

70

III. 8 - Le Fonti - Conclusioni

Credo che l’acquisizione più importante di questa raccolta,

sia rappresentata dalla conferma che la questione delle

stazioni stradali non si può esaurire con il cursus publicus:

solo dal IV secolo, le semplici direttive governative cedono

il posto all’invadenza dei burocrati dello stato, che rilevano

la gestione di queste stazioni inserite nel sistema statale dei

trasporti fino a quel momento indicato con il nome di

vehiculatio. Fino ad allora, e di nuovo dal termine dello

stesso secolo IV, la mancanza di selezione nell’uso dei

termini che qualificano il luogo della sosta di magistrati e

imperatori, di eserciti e messageri, di privati cittadini anche

nelle vesti di pellegrini, così come la dimestichezza che gli

autori antichi mostrano con questa terminologia che a noi

appare tecnica dimostrano che la maggior parte di queste

stazioni furono aperte a tutti113 e che, al contrario,

occasionalmente coloro che pure erano in missione

ufficiale si rifacevano a strutture di servizio alla viabilità

non propriamente “governative”. Anche quando traspare

l’interessamento del potere centrale nella commissione

della costruzione di un nuovo luogo di sosta, non viene

utilizzato il vocabolario tecnico del cursus come ci si

aspetterebbe, al punto tale che non credo si possa

inquadrare automaticamente queste fonti tra quelle

pertinenti al servizio di posta, potendosi riferire a delle

infrastrutture di servizio a tutta la viabilità.

La varietà terminologica e le diverse accezioni nella

loro evoluzione, hapax

Come abbiamo visto, il numero di vocaboli latini e greci

che indicano i luoghi di sosta lungo le strade, è vastissimo:

dai più abituali di mansio, mutatio e statio, a quelli più

vaghi di taberna, deversorium, stabulum, caupona, e

popina, a quelli più specifici di hospitium e xenodochium,

a quelli che sottintendono una venatura cronologica per la

sosta come stativa, a quelli più ricercati di palatium e

praetorium.

In greco è confermato che il vocabolo pandokei`on è

quello di uso meno specifico, essendo usato per i luoghi di

sosta privati, mentre per le stazioni si usa staqmovÇ,

sostituito dal II secolo da monhv: stathmos resta in uso

fino ad epoca tarda per i luoghi di sosta privati.

Da ultimo, voglio menzionare l’impiego di termini

associati in qualche modo al servizio di posta che

rappresentano degli hapax, tutti comunque legati all’Urbe:

il catabulum (su cui vedi supra, cap. III.3 – osservazioni),

l’area carruces ed il mutatorium Caesaris, luoghi dove i

membri della famiglia imperiale potevano “lasciare

parcheggiati” i mezzi di trasporto, per rispettare il divieto

di circolazione nell’area urbana introdotto nella prima età

imperiale, localizzabili entrambi, sulla base dei cataloghi

regionari e del fr. 3 della Forma Urbis, all’inizio della via

Appia (JORDAN - HÜLSEN 1907, p. 205).

Sottolineo che solo il IV secolo vede lo strutturarsi del

vocabolario tecnico: prima di allora, non ci sono vocaboli

esclusivamente impiegati per le strutture governative, ed il

lessico è anche più ampio. Nel corso del IV secolo, invece,

c’è un intervallo, durante il quale il lemma mansio viene

utilizzato solo in sicura pertinenza al cursus; in questo

stesso periodo compare mutatio tra le parole “itinerarie” ed

il secolo si chiude con la sostituzione di statio a mansio,

come è ben esemplificato da Ammiano (anche se statio,

conserva la connotazione alternativa di luogo fortificato e

di sede generica di un’attività statale). Prima del IV secolo

(dall’età Costantiniana, direi) e di nuovo dalla fine dello

stesso IV d.C., i lemmi mansio e mutatio indicano luoghi

frequentati anche da viaggiatori privati, perciò non

riservati al personale del servizio di posta ed ai privilegiati

forniti di autorizzazione governativa; al tempo stesso,

personaggi di rango elevato, anche nel corso delle loro

missioni ufficiali, vengono detti sostare presso tabernae e

stabula. In questo senso, credo che si possa ribaltare ciò

che fino ad oggi si è sostenuto, cioè che il cursus avesse

una sua terminologia al momento della sua istituzione e

che la specificità si fosse persa con il passare del tempo: mi

sembra, invece, che anche per il cursus il periodo di

riforma che si avvia con Diocleziano e Costantino ma

soprattutto l’epoca delle grandi sistematizzazioni che inizia

con il Codex Theodosianus abbiano comportato una

formalizzazione, che è anche irrigidimento ed al tempo

stesso un’attuazione completa delle sue premesse. Tale

opinione troverebbe conferma nel fatto che – almeno nei

paesi come la Britannia, dove l’indagine archeologica è

facilitata dalla rarefazione dell’occupazione romana – le

mutationes non si qualificano sul piano archeologico fino

al IV secolo, essendo il cambio dei cavalli effettuato fino a

quell’epoca, con ogni probabilità, presso edifici di altro

tipo (infra, cap. VII).

L’impossibilità di decodificare l’accezione esatta dei

lemmi (e, quindi, la loro corrispondenza a diversi tipi di

strutture materiali) deriverebbe - secondo il Puglisi - dalla

stessa inestricabilità delle diverse funzioni che nel corso

del tempo si sono sovrapposte o sostituite le une alle altre

all’interno degli stessi stabilimenti. In assenza di studi

specifici sull’insieme del “sistema stazionario”, non credo

che si possa affermare che esso crebbe costantemente per

importanza e sviluppo quasi tentacolare, al punto da

rendere pressoché indistinguibili le funzioni militari da

quelle civili, i ruoli di pubblica sicurezza da quelli

esattoriali, la responsabilità della distribuzione delle merci

dal loro stesso commercio al minuto. Certo, le stazioni

militari furono in molti casi dislocate, oltreché ovviamente

lungo i confini e presso le civitates, anche presso le

stazioni postali, i nodi di comunicazione stradale, fluviale e

portuale, nonché presso “i collettori alimentari e idrici” e ci

può essere stato agglutinamento dei luoghi, ed anche di

III.8 – Le Fonti. Conclusioni

71

alcuni ruoli, ma non si possono accreditare come sinonimi

i vocaboli horreum, mansio, statio e statio agraria,

castrum, praetorium, munitio, canaba, prata legionis,

hibernum e via dicendo. Né tantomeno ritengo che le

stazioni civili (intese come fiscali) e militari possano aver

assunto “carattere di hospitia, pensioni, soggiorni,

insediamenti di negotiatores e mercatores - morantes,

stagionali o consistentes, integrati - peregrini, avventori,

viaggiatori”114.

Scelte Insediative / Caratteristiche Topografiche

Le fonti ci aiutano ad individuare alcune caratteristiche

topografiche che hanno influenzato la scelta di stabilire il

luogo della tappa in un’area anziché un’altra.

Fonti di approvvigionamento idrico

Come sarà ben evidente nella disamina del dato

archeologico, la presenza di abbondanti risorse idriche

costituirà sempre la conditio sine qua non per l’impianto di

un luogo di sosta: nella fonte AE 1950, 26 (n. 175) la

scelta della stazione militare stradale ricade su Ain Wif per

la presenza della sorgente, anche se da un punto di vista

militare la presenza di una corona di colline all’intorno non

la rende una scelta ottimale (GOODOCHILD - WARD

PERKINS 1949, p. 84).

L’abbondanza d’acqua è esaltata tra le ricchezze della città

di Orcistus e della sua mansio (fonte n. 157).

Incroci

Nella stessa fonte n. 157 è documentata epigraficamente la

scelta del sito fondata sulla presenza di un incrocio.

Planimetrie e volumetrie

Articolazione per padiglioni distinti

Molto interessante si rivela la glossa in margine alla voce

: ì, “mansio habens tria tecta”115, che

potrebbe sottintendere una caratteristica architettonica

consueta nelle stazioni (forse, intende tre diversi complessi

monumentali, ad esempio: la locanda, le stalle, i

magazzini), caratteristica, che occasionalmente si ritrova

nella documentazione iconografica.

Forme di fortificazione e presenza di guarnigioni

Con l’esclusione dell’attestazione dei burgi speculatorii,

non ci sono riferimenti espliciti in queste fonti ai sistemi

difensivi adottati. Nel passo Peregrinatio Egeriae n. 22,

c’è, invece, un diretto riferimento alla presenza di

guarnigioni nelle stazioni ed alla sorveglianza che i militari

esercitano sulla sicurezza dei viaggiatori (probabilmente, si

tratta di privati cittadini, anche se di rango elevato) ma è

anche chiaro che si tratta di una situazione particolare, che

colpisce l’immaginazione della protagonista.

Horrea e stalle

L’importanza degli horrea come “ragion d’essere” e

funzione principale della stazione è esaltata nella fonte n.

129, dove l’interesse è concentrato sui devotissimi milites,

rendendo probabile una connessione con l’annona militare.

La rilevanza, anzi la centralità, delle stalle all’interno di

una stazione è sottolineata dal fatto che la parola stabulum

che, in origine, indica appunto il ricovero dei cavalli, viene

ad indicare lo stesso edificio per l’attività ricettiva.

Strutture deperibili

Le fonti ci conservano anche modelli che non sarebbero

altrimenti potuti giungere fino a noi: nel clima agreste della

Copa dell’Appendix Vergiliana ci si configura una locanda

caratterizzata in buona parte da strutture posticce116. In altri

casi, è verosimile che tettoie e pergolati abbiano

completato le volumetrie degli edifici, restando – da un

punto di vista archeologico – piuttosto evanescenti.

Dotazioni infrastrutturali

Terme

In diverse località (tutte urbane) è attestato epigraficamente

l’uso di mettere a disposizione (gratuitamente) la fruizione

degli impianti termali, non solo per i cittadini, ma anche

per i frequentatori occasionali ed i viaggiatori di passaggio:

“colonis, incolis, peregrinis” a Neapolis - Cittanuova nella

regio X (CIL, V, 376); “incolis, hospitibus, adventoribus”

a Vercellae (CIL, V, 6668); “colonis, incolis, hospitibus,

adventoribus” a Praeneste (CIL, XIV, 2979). Le grandi

stazioni termali, che senza dubbio sono attrezzate con

strutture ricettive efficienti, appaiono altresì nelle fonti

essere state sfruttate anche come luoghi di tappa nel corso

di un viaggio, come emerge dalla narrazione del viaggio di

Elio Aristide, cui già abbiamo accennato (supra, cap. II. 4:

Ael. Arist., Orat., XXVII, 1-8 = II, pp. 452-4 Keil).

Edifici per il culto

La fonte n. 67 (Amm., XXVIII, 6, 27), ci rivela che presso

le stazioni o nei loro immediati dintorni, almeno nella

seconda metà del IV secolo, non era inusitata la presenza

di un luogo di culto cristiano (una vera ecclesia, in

quell’episodio, dove i soldati della scorta “pernoctabant”,

celebrando una vigilia).

Celle

Alcuni episodi storici ci attestano che in alcune stazioni

sostarono drappelli di militari che scortavano dei

prigionieri: è possibile, perciò, che alcuni locali fossero

attrezzati per la detenzione (certo, di durata brevissima),

muniti cioè come guardine.

Infermerie

Abbiamo visto come le fonti ci informino sulla presenza di

dotazioni e servizi altrimenti inafferabili sul piano

archeologico: tale è il caso dell’assistenza ai feriti, che

secondo alcuni studiosi viene esercitata in stazioni a questo

deputate, ma che, probabilmente, richiede solo dei locali ad

essa riservati.

Organizzazione interna e caratteristiche folcloristiche.

Forma di frequentazione

Da S. Paolino da Nola sappiamo che nell’ospizio da lui

fondato erano state installate delle banchine lungo le pareti,

destinate a tre diverse categorie di ospiti: indigenti, uomini

anziani e donne anziane (Paulin., Poem., XX, 114 ss.) ma

tale distinzione si inquadra in un contesto di abituale

divisione dei frequentatori di locali pubblici sulla base del

sesso e del ruolo.

Utilizzo di strutture private

L’insieme della raccolta ci attesta come fosse, comunque,

diffuso ancora in epoca tarda il ripiego, perfino da parte

degli imperatori, a sostare presso domicili privati. Per la

sosta degli imperatori o dei loro inviati è in ogni caso

III.8 – Le Fonti. Conclusioni

72

prevista una sistemazione che mira ad eliminare “omni tam

mensorum quam etiam hospitum iniquitate” (cioè, ogni

sopruso da parte delle persone acquartierate), concedendo

agli acquartierati 1/3 ed ai padroni i 2/3 della domus e dei

servizi (ergasteria e stabula). Come attesta l’iscrizione di

Arneae (fonte n. 180), altri centri provvidero a dotarsi di

strutture proprie, dove ospitare gli inviati del governo

centrale ed i titolari di autorizzazioni a spese pubbliche.

Questa iniziativa, che trova una soluzione ad una questione

documentabile anche attraverso altre fonti (BLACK 1995,

pp. 7-11), unitariamente alla considerazione che le spese

sostenute dalle comunità per l’alloggio ed il rifornimento

degli emissari del governo e degli eserciti in transito

fossero decurate dall’insieme delle contribuzioni che le

comunità stesse dovevano all’erario, conferma che il

cursus publicus fu inteso dai romani essenzialmente come

un sistema amministrativo, che regolamentava i rimborsi

per le spese sostenute dai magistrati e dai messaggeri in

viaggio, piuttosto che come organismo stanziato sul

territorio con delle strutture proprie. L’abitudine a sostare

presso i privati restò, infatti, ben radicata, al punto tale che

le prevaricazioni a danno dei possessores dovettero essere

regolamentate per legge. Il poemetto di Rutilio Namaziano

conferma che, ancora alle soglie del V secolo, fare scalo

presso le sontuose ville che si attestano sulla costa tirrenica

era consuetudine almeno dei viaggiatori di un certo rango.

Organizzazione del personale

Almeno in un caso abbiamo documentato che il personale

che operava nella statio (quasi sicuramente una mansio)

era di condizione servile, di proprietà dello stato (CIL, II,

2011). Attraverso le fonti (non raccolte, però, in questo

capitolo) siamo informati sui mestieri che venivano

esercitati presso alcune stazioni, e perciò anche su alcuni

edifici che servivano per la loro attuazione117.

Folclore

Il quadro che emerge complessivamente da questi

frammenti è assai vivo e variopinto: scopriamo, ad

esempio, che l’abitudine dei nostri contemporanei di

saccheggiare gli alberghi ha origini antiche (Aug., Serm.,

XIV, 6, qui fonte n. 81).

Tipi di stazioni

Stazioni urbane

Come è evidente negli itinerari, la maggior parte delle

stazioni di posta si trovano presso dei centri abitati ma,

contrariamente a quanto abitualmente si sostiene, le fonti

scritte non sono esplicite nel localizzarle alle porte della

città (Prop., IV, 8, 19 (n. 99) e Cic., pro Cluent., 163 (n.

97). Infra, cap. VII). Piuttosto è da rilevare quanto queste

fonti siano scarse: la maggior parte dei riferimenti a soste

effettuate nel corso di un viaggio presso aree urbane è

inserito in un contesto di viaggio privato, in cui il

pernottamento viene effettuato in locande e taverne come

quelle documentate a Pompei con tanta dovizia di

particolari. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata

dallo “stabulum”, che viene descritto abitualmente come

un edificio posizionato alle porte delle città, con un cortile

per parcheggiare i veicoli, e le stalle per lasciare gli

animali durante la notte, “potendo permettersi il lusso di

estendersi nello spazio, come avviene per l’edificio (lo

stabulum Hermetis) alle porte di Pompei” (KLEBERG 1957,

p. 43; CASSON 1974, p. 205 ss.; fig. 180). Questa

localizzazione extramuranea non è, comunque, la regola

per le stazioni “ufficiali”, come è provato dal frequente

rinvenimento di documenti epigrafici che attestano la

presenza delle stationes (spesso di tipo imprecisato) nei

centri cittadini. In qualche caso la fonte rappresenta l’unico

documento per diagnosticare la presenza di una struttura

deputata alla pubblica ospitalità all’interno dei centri

urbani: in bibliografia viene menzionato il caso

dell’iscrizione di Volubilis (AE, 1922, 57), ma in questo

caso il vocabolario scelto nel formulario epigrafico è

particolarmente ambiguo.

Ville utilizzate come luoghi di sosta

Le fonti letterarie illustrano entrambi gli aspetti di questo

problema: siamo spettatori della consuetudine di tanti

antichi a sostare presso dimore private di conoscenti o di

personaggi che accolgono ospiti in virtù dell’appartenenza

alla stessa classe sociale, ma altresì abbiamo la prova che

anche nel corso di missioni ufficiali ci si rifece a strutture

di accoglienza avviate da imprenditori privati e ricavate

entro i loro possedimenti rustici, e di come tale forma di

imprenditoria fosse diffusa, perfino raccomandata ai

possessores dagli agronomi. Tale fenomeno appare

spontaneo almeno fino al IV secolo, epoca in cui attraverso

le fonti giuridiche percepiamo l’interessamento da parte

del potere centrale ad assicurarsi il controllo sulle strutture

edilizie meglio inserite nel sistema dei trasporti. Questo

dato è rilevantissimo, perché conferma che per tutta

l’epoca alto e medio imperiale (oltreché, ovviamente, in

quella precedente) non si applicò un rigido controllo sulle

“stazioni stradali”, che quindi potevano benissimo

configurarsi come piccoli insediamenti rustici a lato delle

strade, la nascita e prosperità dei quali era regolata dalla

sola legge della domanda e offerta di servizi e prestazioni.

Cronologia

Secondo quanto emerge da Plinio (N.H., VI e XII, fonti 1-

4), la distribuzione dei luoghi di tappa nelle regioni del

Vicino Oriente è già ben strutturata alla metà del I secolo

d.C., ma credo che questa compiutezza riguardi solo le vie

“carovaniere”, perché nelle regioni desertiche, per ovvie

ragioni, non ci si può affidare al caso o all’iniziativa

spontanea ma bisogna poter contare su luoghi di sosta e di

rifornimento ben cadenzati118. Le fonti presentate ci

dimostrano, infatti, quanto, ancora nella seconda metà del

IV secolo, la strutturazione delle stazioni lungo le strade

fosse ancora estremamente fluida e come, anzi, crescesse

l’ingerenza dello stato che voleva “accaparrarsi” gli

appezzamenti ed i complessi architettonici atti ad essere

trasformati in mansiones, e dalle fonti giuridiche e dalle

attestazioni epigrafiche di restauri e nuovi impianti si

evince come fosse preoccupazione costante del potere

mantenere in efficienza il servizio. Perciò, almeno fino alla

fine del IV secolo, saranno in corso non solo l’attività di

manutenzione, ma anche quelle di trasformazione,

adeguamento e costruzione. Le fonti confermano che le

regioni con una tradizione insediativa ed edilizia radicata

non intraprendono la costruzione di nuovi impianti, ma più

spesso provvedono all’adeguamento di strutture

III.8 – Le Fonti. Conclusioni

73

preesistenti: tale è il già menzionato caso di Arneae, dove è

il ginnasio che viene trasformato in mansio atta ad

ospitare, a spese della comunità cittadina, le persone che

viaggiano “rei publicae causa”. Da un punto di vista

cronologico, per alcune aree provinciali, il quadro è

diverso, ed anzi, anche le fonti ci dimostrano come, già nel

V secolo, progressivamente si fosse deteriorato l’intero

sistema dei trasporti: sembra inevitabile, infatti, almeno in

questa provincia occidentale, il ricorso all’ospitalità presso

i privati. Le concordanze tra alcuni dati epigrafici e desunti

da fonti itinerarie consentono di individuare le cronologie

delle modificazioni che hanno interessato alcuni percorsi.

Amministrazione e gestione

Con grandissima evidenza nelle fonti giuridiche, ma anche

in alcuni carteggi tra notabili ed imperatori, emerge che la

preoccupazione principale degli amministratori fu quella di

limitare gli abusi, che devono essere stati molto numerosi e

piuttosto sfacciati. Proprio coloro che avrebbero dovuto

garantire la “moralità” e la trasparenza dei criteri di

assegnazione delle tractoriae e delle evectiones dovettero,

infatti, spesso essere richiamati all’ordine o subire le

pressioni di conoscenti che chiedevano favoritismi. Lo

Stato appare solo nel IV secolo come organismo di rigida

regolamentazione del funzionamento delle stazioni

stradali, che quasi vengono uniformate alle civitates ed ai

vici nelle forme di amministrazione e nelle normative per

le contribuzioni. Solo in questo periodo, infatti, la vita

delle stazioni stradali (almeno di quelle inserite nel sistema

viario come gangli della catena dei trasferimenti di merci,

individui ed informazioni) sembra regolamentata nel

dettaglio, e la stessa gerarchia del personale appare

irrigidirsi, di pari passo con l’arricchirsi delle figure

professionali che ne animano le attività, di certo sempre

più diversificate. La complessità delle funzioni che una

stazione stradale assolve nel sistema economico e sociale

romano sembra, infatti, potersi paragonare solo alla

polifunzionalità di molte di queste stazioni inserite nel

sistema difensivo militare, come caposaldi dei limites

dell’impero o come centri di raccolta e smistamento dei

viveri destinati agli eserciti e come tappe dei trasferimenti

delle truppe. In questo senso, la definizione di “sistema

stazionario” sembra rendere maggiormente giustizia

all’insieme di questi insediamenti viari.

1 Una raccolta quasi completa delle attestazioni pertinenti le locande

(incentrata, però, sulle taberne urbane) è in KLEBERG 1957, passim, da

integrarsi con le notazioni della recensione di BAGNANI 1958. 2 KLEBERG 1957, pp. 5-7: copo o caupo indica in epoca più antica un

albergatore, più che un commerciante al dettaglio, accezione nella quale

viene sostituito con il tempo da deversitor / deversor. 3 Sulle quali vedi: KUBITSCHECK 1930, coll. 1233-1237; HOLMBERG

1933, p. 17 ss. 4 La terminologia cristiana, oltre ad hospitium, adotta dal greco “xenodocheion”, che nelle fonti “laiche” è impiegato nel senso di albergo,

distinto da pandokeion, che intende la locanda:HILTBRUNNER 1967, coll.

1487-1503; GORCE 1925, pp. 146-155; LECLERQ 1925. 5 Ad esempio, Strabone e Plinio vengono indicati come fonti per la

ricostruzione della viabilità e per la risoluzione dell’annosa questione dei

fora, ma dal momento che il loro contributo si limita alla menzione delle località, non apportano alcun dato risolutivo per individuare la

classificazione assegnata alle varie tappe che scandiscono le strade. 6 Nel passo n. 1, ad esempio, è problematico discernere se con il vocabolo mansio Plinio indichi una tappa generica nel corso di una navigazione di

cabotaggio, o intenda qualcosa di simile alle stazioni del cursus,

riportandole al servizio di posta del Gran Re. 7 Credo che si possa istituire un parallelo, infatti, tra l’osservazione

condotta dal Mazzarino circa l’utilizzo del Codex Theodosianus da parte

dell’A. nella biografia di Severo Alessandro, traslando all’epoca di quest’ultimo la disposizione emanata da Arcadio nel 405 sui tassi

d’interesse, e la frequenza con cui, proprio nella vita dello stesso Severo

si fa riferimento ai luoghi di sosta. Sempre a Severo Alessandro, l’autore della biografia riporta una “riforma del sistema stazionario”

(caratterizzata dall’incardinamento delle stazioni ai problemi di

approvvigionamento, stanziamento, produzione agricola, difesa militare e collegamento), che sembra adombrare scelte teodosiane, attuate,

soprattutto nelle regioni limitanee tra il 379 ed il 395 d.C. (PUGLISI 1987,

p. 261 ss.). Tale tendenza ad utilizzare i «dati tecnici» della legislazione imperiale, è stata rilevata anche in altri casi (vedi la disanima di

MAZZARINO 1983, p. 237 e ss. con bibliografia). 8 Veg., Epit. Rei Mil., III, 6: «Primum itineraria omnium regionum, in quibus bellum geritur, plenissime debet habere perscripta: ita, ut locorum

intervalla non solum passuum numero, sed etiam viarum qualitates perdiscat; compendia, diverticula, montes, flumina ad fidem descripta

consideret usque eo, ut sollertiores duces, itineraria provinciarum, in

quibus necessitas geritur, non tantum adnotata, sed etiam picta habuisse firmentur, ut non solum consilio mentis, verum adspectu oculorum viam

profecturis eligerent.» 9 Orazio intraprende il viaggio, che si svolge nella primavera del 37 a.C.,

insieme al solo retore Eliodoro, ma a Terracina si incontra con Mecenate,

Cocceio e Fonteio, mentre a Sinuessa si «accodano» anche Virgilio,

Tucca e Vario. Mecenate e Cocceio Nerva intendono raggiungere Brindisi, dove incontreranno Antonio in qualità di emissari di Ottaviano

(allo scopo del viaggio, l’Autore fa riferimento solo ai vv. 27-29). La

comitiva segue il percorso della via Appia da Roma a Benevento, da dove - attraverso una viabilità secondaria - raggiunge Canosa e prosegue,

attraversando Ruvo e Bari, lungo la via costiera fino a Brindisi. Le tappe

sono le seguenti: Roma - Aricia (XVI miglia), nella prima giornata di viaggio; Forum Appi (XXVII miglia) nella seconda, mentre Feronia (XVI

miglia ) è raggiunta all’alba del III giorno, viaggiando di notte sulle

barche del Decennovio, terzo giorno durante il quale si arriva ad Anxur (III miglia); nel quarto giorno si coprono i tratti Anxur - Fundi (XIII

miglia) - Formia (XIII); nel quinto Formia - Sinuessa (XVIII) - Pons

Campanus (VIIII); nel sesto si raggiunge Capua (XVII milgia), nel settimo Caudis (XXI), nell’ottavo Beneventum (XI); lunghe tappe

vengono affrontate nel nono (Beneventu - Trevicum XXV?), nel decimo

(Trevicum - Ausculum Apulum (? XXIIII miglia) e undicesimo giorno (Canusium, a XXV miglia). Ancora XIII miglia vengono coperte nel

dodicesimo (Canosa - Ruvo) e tredicesimo (Ruvo - Bari) giorno di

viaggio, ben XXXVII nel quattordicesimo (Bari - Gnatia) e addirittura

XXXVIIII miglia vengono percorse nell’ultimo per raggiungere il

«capolinea» dell’Appia. 10 L’opera, redatta per mano di una Beatissima sanctimonialis che nei codici è tramandata anche con il nome Eucheria, è detta anche Sanctae

Silviae Aquitanae Peregrinatio o Peregrinatio Aetheriae. Si data alla fine

del IV d.C. ed è preziosa non solo per le notizie sulla liturgia e la topografia dei luoghi di culto, ma anche come documento del linguaggio

popolare dell’epoca (LECLERCQ 1925, coll. 2749-2750.; WILKINSON

1971; LEVI 1967, p. 29; ATTI PEREGRINATIO AETHERIAE 1990, NATALUCCI 1991, e tutta la bibliografia citata in CORSI cs.). Il testo è qui

riprodotto sulla base del Corpus Christianorum, series latina, CLXXV,

III. Note

74

pp. 37-90 (Franceschini Ae. – Weber R. edd.); Patrologia Latina. Supplementum I, (Hamman A. ed.), 1958, coll. 1045-1092. Vedi anche

Concordantia in Itinerarium Egeriae, Blanckman D.R. - Betts G.G.

editors, Hildesheim-Zürich-New York, 1989. 11 RAMPOLLA 1905, nota XXXIII, p. 233; GORGE 1962; CASSON 1974,

pp. 301-302; infra fonte n. 117. La giovane ricchissima matrona,

seguendo le orme dell’omonima nonna ed in pieno accordo con il marito Piniano, decide di vendere tutti i suoi beni e di devolverne il ricavato in

beneficenza, prima di intraprendere il pellegrinaggio in Terra Santa: nella

maggior parte dei casi, durante il viaggio, Melania è ospite di vescovi e notabili, ma - almeno in un caso - sosta presto una taberna, in greco

pandokeion (Vita Mel., 56): ŠPIDLÍK 1996, con bibliog. 12 Nearco condusse la flotta di Alessandro dall’Indo alla foce dell’Eufrate, tra il settembre ed il dicembre del 325 a.C. L’opera è, in realtà, una

trattazione molto sintetica, più povera di informazioni rispetto a quella di

Arriano, scritta a meno di un secolo di distanza (Indikà, 20-43). Plinio conosce il periplo di Nearco attraverso Onesicrito, a sua volta mediato da

Giuba: FGrHist., 134, f 28; FGrHist., 133, f. 13. 13 Equivalenti a 3607, 5 km. Data l’esagerazione della cifra, da alcuni si è proposto l’emendamento XIIII. 14 Questo panegirico, dedicato all’imperatore Costantino e inserito nella

raccolta dei XII Panegyrici Latini, non riporta il nome di alcun autore. Fu

declamato a Trier per l’anniversario della fondazione della città,

probabilmente nel 310 d.C., in un periodo, comunque compreso tra il 307

(alleanza tra Massimiano e Costantino) ed il 311 (perché Costantino non ha ancora visitato la città di Autun, dove, invece, risulta essere stato nel

311 sulla base del Panegirico V): commento e bibliografia in NIXON -

RODGERS 1994, pp. 211-253. 15 La narrazione di questo episodio storico ci è giunta in molte versioni,

raccolte e commentate in DI PAOLA, 1999, p. 33 ss. 16 La lettera è inviata a Fabiola, su cui vedi fonte n. 91. 17 Località sita circa 50 miglia ad ovest di Bisanzio. 18 Nel latino tardo il vocabolo “cellarites”, attestato solo al plurale, indica gli amministratori di una tenuta, ma anche gli usurai. 19 Nell’altro passo dell’Historia Augusta (n. 47) il rifornimento dei viveri

è descritto come un “in mansionibus annonas accipere”: vedi infra. 20 Nell’edizione Loeb (HANSON 1989, p. 11), si interpreta «I will invite

you to share dinner with me at the first inn after we come into town…». 21 La lettera è indirizzata ad Oceano e narra la vita avventurosa di Fabiola, ricca matrona romana (alla quale è indirizzata la lettera di S. Gerolamo

fonte n. 40), che pentita del comportamento poco morale da lei tenuto,

aveva fatto pubblica ammenda e penitenza con un pellegrinaggio in Terra

Santa e che al suo ritorno aveva provveduto alla costruzione di questo

ostello per i viaggiatori ad Ostia, insieme a Pammachio, vedovo di

Paulina. La pia donna non era aliena ad atti di questo tipo: nella stessa lettera LXXVII, al par. 6, si ricorda la fondazione di un “nosokomeion, in

quo aegrotantes colligeret de plateis et consumpta languoribus atque

inedia miserorum membra refovet”, dove, cioè, accoglieva i sofferenti dalle strade, offrendo ristoro alle loro membra esauste di stenti e dolori. 22 È altrimenti attestata la lectio «fumosa», su cui vedi KLEBERG 1957, p.

96. 23 Si tratta probabilmente di Terni. 24 I prigionieri sono stati ritenuti colpevoli dall’imperatore Costanzo,

sobillato da una spiata, di aver criticato il regime. Ammiano menziona solo i due ufficiali della guardia imperiale come incaricati dell’arresto e

del trasferimento a Milano dall’Illirico (tant’è vero che i due vengono

anche condannati all’esilio per quest’episodio); perciò il luogo dove sostano deve essere in qualche modo inserito nell’organizzazione militare

o giudiziaria. 25 Circa 24 miglia: cfr. Ibid., III, 1, 17. 26 A titolo esemplificativo, si possono ricordare i passi ciceroniani: ad

Att., II, 16, 4, 3 del 59 a.C.: «Nam ita deplorat primis versibus mansionem

suam...» («Nelle prime righe deplora la propria permanenza (in Asia)...»);

ad Quint., III, 1, 9, 4; 18, 4 del 54 a.C.: «...quod tibi mea permissio

mansionis tuae grata est...», «...mandata de mea mansione...» («...ti è

gradita la mia accondiscendenza al tuo permanere lì...»; «approvo la tua decisione di restare...»); ad Att., VIII, 15, 2, 8, del 49 a.C.: «Cautior certe

est mansio, honestior existimatur traiectio («Rimanere è certo la

decisione più prudente, ma passare il mare la ritengo certo la cosa più onesta»); ad Att., IX, 5, 1, 5-6, dello stesso anno: «iter ad superum,

navigatio infero, discessus Arpinum ne hunc fugisse, mansio Formiis.”

(«il viaggio verso l’Adriatico, la navigazione per il Tirreno, il trasferimento ad Arpino per non dare l’impressione che voglio sfuggirlo,

la permanenza a Formia...»); ad Att., IX, 10, 8, 10, dello stesso 49 a.C.:

«...non paenitere me consili de tua mansione....» («...non mi pento di

averti consiliato di restare...»); ad Att., XI, 6, 6, 2, del 48 a.C.:

«Perniciosa loquebatur de mansione tua» («(Fannio) parlava in modo

minaccioso perché eri rimasto»); ad Fam., IV, 4, 5, 6, del 46 a.C.: «is (Servius) mecum saepe de tua mansione aut decessione communicat.»

(«Discuto spesso con lui se tu debba rimanere o ritornare.»); ad Att., XVI,

1, 3, 2, del 44. a.C.: «Videndum est ut mansio laudetur» («Sarà da vedersi se sarà approvata anche la mia permanenza»). 27 Si tratta forse di Asculum Apulum: la cosa che lo fa riconoscere è che ci

si compra l’acqua di ottima qualità, al punto che i viaggiatori accorti sono soliti portarsene un po’ sulle spalle per il resto del viaggio. 28 S.H.A., Sept. Sev., VII, 2. 29 Come dimostra il passo n. 49, riferito agli orribili presagi che annunciano la morte dell’imperatore Massimino il Trace, che dorme nella

sua tenda. 30 Vedi, ad esempio, l’uso che ne fa Greg. Tur., Glor. Mart., 47, p. 450, 13 (« ad hospitium ...pauperis divertunt mansionis postulando

necessitatem») e l’It.Ant.Plac., rec. a 21 (“opus..., in quo christiani..., ad

mansionem ascendunt”): ThLL, s.v. mansio. L’Itinerarium Antonini Placentini scritto intorno al 570 d.C. e generalmente attribuito a S.

Antonino da Piacenza, narra stringatamente del viaggio da Costantinopoli

all’Eufrate, attraverso la Palestina, l’Arabia e l’Egitto: MILANI 1977. 31 Cassiano, Conlatio Abbatis Piamun, «Et quadraginta similiter

mansiones quibus eam mystice pertransisse describitur, non incongrue

coaptantur», riferito ai quaranta giorni del digiuno nelle Scritture. 32 «<ex>tra .. stationales cal<les>... pasturam et mansionem...» 33 In una rilevante accezione “mansio” è sinonimo di aedificium, fabrica (Plin. N.H., XVIII, 23, 194; Pallad., I, 95: KUBITSCHECK 1930, coll.

1231-1232) ma può indicare anche una porzione di un edificio sacro (CIL,

VI, 348 = 30745 e 2158). “Mansio”, inoltre, è attestato come sinonimo di casa nel linguaggio popolare provinciale, in specie tra i contadini ed i

militari, e sopravvive fino al francese maison: ERNOUT 1946, pp. 115-

116. 34 Amm., XIV, 11, 19: «(Gallus)... itineribus rectis permutatione

iumentorum emensis, venit Petobionem oppidum Noricorum...»

«(l’imperatore Gallo)... per via diretta e sostando solo per il cambio delle bestie, giunse a Petobio, città del Norico...». Episodio datato al 354 d.C.

35 In quest’Autore, infatti, “mansio” è impiegato nel significato di sosta:

n. 51. 36 Cfr. Mart., V, 20, 9 «campus, porticus, umbra, virgo, thermae, / haec

essent loca semper»; VII, 76, 2 «per convivia, porticus, theatra...». 37 Cic., ad Att., VI, 9, 5, 7: del 50 a.C.: «In arce Atheni statio mea nunc placet.» («Per ora la mia cittadella è sull’acropoli di Atene»); Cic, ad

Fam., XII, 15, 2, 13: del 43 a.C.: «…ut etiam a Rhodiis urbe, portu,

statione quae extra urbem est, commeatu…” («... da arrivare a sbarrare l’accesso alla città di Rodi, al porto, ai posti di guardia sistemati fuori

dalla città...»). 38 Ad esempio, S.H.A., Ael., I, 1: «locum in hac statione quam temperas», su questo trono che tu ora reggi; Clod.Alb., II, 3: «procuratio stationis

Augustae», elezione alla dignità imperatoria, che torna in Comm., I, 8 e

Avid. Cass., VII, 1. 39 S.H.A., Hadr., XXIII, 8: «ad stationes militum ... processisset». 40 I casi di CIL, III, 4288; VI, 8518, 8532, 8772-8776; ecc. 41 Basti pensare alla statio annonae del foro Boario di Roma CIL, VI, 8473, alla statio aquarum o al piazzale delle Corporazioni di Ostia, con le

stationes dei vari corpora, alla statio patrimonii di CIL, VI, 8505 o statio

marmorum (CIL, VI, 410) della stessa capitale; la statio Augusta Mediolanensis Portinaria (AE 1979, 182, su una lucerna rinvenuta ad

Ercolano e conservata a Napoli: CERULLI IRELLI 1974, pp. 126-130, fig.

120); la statio privata per Tusciam et Picenum (AE 1980, 758); le stationes municipales o municipiorum, cioè gli edifici a cui facevano capo

gli inviati dei municipia di Plin., N.H., XVI, 236. PUGLISI 1987, pp. 254-

255: rimando a questo articolo per la vasta raccolta di fonti letterarie,

epigrafiche e giuridiche sull’attestazione e l’impiego del vocabolo

“statio”. 42 Il caso di Amm., XVIII, 7, 8; XXIX, 5, 9; XXI, 12, 3; XXV, 9, 3; XXIX, 6, 11; XX, 5, 2; ecc. Anche l’espressione «in statione quadam sub

pellibus mansit» (Amm, XIII, 3, 8) viene interpretata generalmente dagli

editori come pertinente ad un avamposto allestito con tende. 43 Amm., XIV, 2, 3; XXIII, 6, 46; XXVII, 8, 6, e Amm., XXVI, 8, 5

(Arintheus...ubi Damastanam tetigit, in qua statione perisse diximus

Iovianum...»). Si presta forse a duplice interpretazione l’espressione «stationes transit oscuras» che Ammiano (XXII, 8, 7) utilizza per

III. Note

75

riassumere l’insieme delle località poco note della Tracia, contrapposte

alle più celebri città di Calcedone e Crisopoli. 44 La presenza dei quali, non precisata nelle fonti letterarie, è certa sulla

base di quelle giuridiche: ad esempio, nel Digesto, IV, 9, 5. 45 Corpus Glossarium Latinorum (Götz ed.), III, p. 20, 31; p. 92, 5; p.196,

44; p. 269, 14. 46 «In(de) locarium quod datur in stabulo et taberna, ubi consistant» (cioé, il diritto di occupazione del suolo, concesso per la costruzione di un

albergo o di una bottega, dove i clienti possano fermarsi). 47 Cfr. Satyr., VI, 13 con XV, 18: KLEBERG 1957, p. 18. 48 Stabulum viene definita anche la tradizionale stalla dove i Vangeli

ambientano la nascita di Gesù: n. 85. 49 Caes.Arel., Serm. 161, 1, p. 626, 24: «quia ecclesiae... quaedam mutationes et velut spiritalia stabula sunt, per quae ad aeternam

beatitudinem curritur”; e p. 627, 4: «quia velut de Christi mutationibus

sollicitus fuit, iuste stabularii nomen accepit Paulus», che trovano un confronto nella Vulgata, I Cor., 9, 24 e II Cor., 11, 28. 50 Hor., Sat., I, 5, 71-76: «Tendimus hinc recta Beneventum, ubi sedulus

hospes / paene macros arsit dum turdos versat in igni. / Nam vaga per veterem dilapso flamma culinam / Volcano summum proberabat lambere

tectum. / Convivas avidos cenam servosque timentis / tum rapere atque

omnis restinguere velle videres” («Da qui ci dirigiamo direttamente a

Benevento, dove un oste zelante per poco non prende fuoco mentre fa

girare sul fuoco magri tordi. Le fiamme guizzanti si propagano per tutta la

vecchia cucina; il fuoco si affretta a lambire il soffitto. Allora avresti potuto vedere i clienti affamati e i servi impauriti mettere in salvo la cena

e tutti affaccendarsi a spegnere il fuoco»). 51 Ad esempio, n. 93 e S.H.A., Prob., IV, 7: «Hospitia eidem ut tribunis

legionum praeberi iubebis» (gli farai assegnare un alloggio come si fa per

i tribuni delle legioni). 52 Nelle fonti giuridiche conosce una sola attestazione (n. 132), congrua a

questa accezione letteraria. 53 Probabilmente, è da inquadrarsi anche in questo contesto la contesa giudiziaria dell’epoca di Tiberio che vede un ex pretore punire, durante la

sua edilità, gli inquilinos praediorum suorum contra vetitum cocta

vendentes: Suet., Tib., 33-36. 54 Liv., XXXIII, 24, 5: «Macedones deducti ... in villam publicam ibique

eis locus et lautia (= necessaire) praebita». 55 Proc., de Aed., I, 11, 28 (presso Costantinopoli, dove l’imperatore Giustiniano e l’imperatrice Teodora fanno costruire un largo ospizio,

destinato ad accogliere tutti i senzatetto che accorrono a Costantinopoli e

coloro che si trovavano in difficoltà finanziarie); V, 2, 5 (ad Helmopoli di

Bitinia); V, 3, 3 (fonte n. 120); VI, 1, 13 (Taphosiris d’Egitto, dove si

costruisce una residenza per i magistrati in area urbana). 56 Esichio, sv. v, ed Eustath., Il, V, 531: KUBITSCHECK 1930, coll. 1247-1248. 57 Glossae Latinogrecae et Graecolatinae, Goetz G. - Gundermann G.

edd., II, Lipsiae, 1888, 558, 55, adn. 3. 58 Non bisogna dimenticare che proprio da questi codici è tratta la

maggior parte delle informazioni utili alla ricostruzione dell’intero

sistema di posta (vedi cap. II). Troppo spesso, però, viene sottovalutata la relatività di queste notizie a ben determinati ambiti cronologici. 59 Il Codex Theodosianus è citato secondo l’edizione curata da Th.

Mommsen con l’apparato critico di P. Krüger, Theodosiani libri XVI, Berlino, 1905, mentre per l’interpretazione del testo ci si è avvalsi di

HARRIES – WOOD 1993. 60 Cod.Theod.: seu. 61 Il modius è una unità di misura di capacità, usata prevalentemente per il

grano, corrispondente a l. 8,75; il pondus è l’unità di peso per eccellenza,

qui usato come sinonimo di libbra. Il sextarius è, invece, una unità di misura per liquidi, equivalente ad 1/6 di congio, cioè circa ½ litro. 62 Lex Burgundionum, Liber constitutionum: MGH, Liber Legum, I, 2, 1,

1892. 63 È caduto il numero: si può ipoteticamente integrare con biduo. 64 Su questo tipo di stazioni, attrezzate anche per il ricovero dei feriti, vedi

infra. 65 Nel significato di sosta è impiegato solo nella legge dei Burgundi (nn.

140, 141), dove si “rispolvera” l’accezione originaria del termine, che

abbiamo tratto dalle fonti letterarie: supra, par. III.1, Osservazioni. 66 Nn. 129, 133, 136, 138 e Cod.Just., XII, 50, 8 e X, 72, 9. Nel periodo

tardo antico, quella di “piccolo centro abitato” è un’accezione che ricorre

piuttosto di frequente. 67 HARRIES – WOOD 1993: “Le tractoriae che danno diritto al soggiorno

nelle solite stazioni (dove si effettua il rifornimento)”.

68 Nel passo n. 138 sono letteralmente le stalle dei palazzi imperiali. 69 La premura dello stato per quanto riguarda l’edificazione e la buona

manutenzione delle stalle e dei magazzini al servizio dello stato è presente

in molti provvedimenti di legge, ma in questi casi è piuttosto esplicito il posizionamento topografico di questi entro i municipia o, comunque in

aree urbane dove sono acquartierati i militari (Cod.Theod., XV, 1, 16;

XV, 1, 35). Stessa sollecitudine (studio) per la costruzione di horreum vel stabulorum fabricas da parte dei provinciarum iudices è in Cod.Theod.,

XV, 1, 37 (Impp. Arcadio e Onorio, del 398) dove il riferimento alla

municipalità è meno esplicito. 70 Ad esempio, Cod.Just., IIII, 56, 2; Dig., XXIII, 2, 43: multae cauponae

quae adsolent sub pretextu instrumentii cauponii prostitutas muliere

habere. Questo tema è affrontato anche da Cicerone, de Inv., II, 4, 14. 71 Il dubbio che si tratti di sistemazioni entro aree urbane permane anche

per il passo n. 155 e Cod.Just., X, 48, 12. 72 Alla bibliografia già citata nell’introduzione di questo paragrafo, si può aggiungere CHEVALLIER 1988, p. 63, che ritiene che il cursus publicus

abbia perso, nel corso dei secoli, una distinzione terminologica ben chiara

al momento della sua istituzione. 73 CIL, I2, 638; CIL, X, 6950 = ILLRP, 454 ; MILLER 1916, p. LXXII;

BRACCO 1960, p. 149 ss., LEVI 1967, p. 102, nota. 111, con bibliografia.

Per la discussione, vedi supra, cap. II, 1. Da Polla in Lucania (Forum

Popilii), 132 a.C.: “P. Popilius C. f. cos., viam fecei ab Regio ad Capuam

et in ea via ponteis omneis miliarios tabelariosque poseiuei; hince sunt:

Nouceriam meilia I Capuam XXCIIII

Muranum XXIIII Cosentiam CXXIII

Valentiam CXXX

Ad Fretum Ad Statuam CCXXXI

Regium CCXXVII

suma af Capua Regium meilia CCC, (....) eidemque primus fecei ut de agro poplico aratoribus cederent paastores, forum aedisque poplicas heic

fecei.” 74 Si tratta di quattro vasi argentei inscritti, ritrovati nel 1852 insieme ad altri ex voto ed un tesoretto di monete, presso la fonte termale di Aquae

Apollinares, dedicata al dio Apollo. Riportano l’itinerario da Gades a

Roma, indicando le distanze parziali e la somma con alcune leggere varianti; potrebbero essere riconosciuti come un’offerta deposta da un

cittadino di Gades allo stesso dio nella prima metà del I sec d.C. Il

viaggiatore, una volta lasciata Cadice, attraversava Corduba, Tarraco,

Narbona, Nemausus, Arelate e Glanum e, dopo aver superato le Alpi,

Susa e Torino , percorrendo la via Aemilia prima e la Flaminia poi,

raggiungeva Roma. Bibliografia: CIL, XI, 3281-83, p. 496; MILLER 1916, p. LXXI; HELBIG 1963, p. 609, n. 834; PARIBENI 1932, p. 297, nn. 1009-

1012; HEURGON 1952, pp. 39-50. Sulla scoperta ed il contesto

archeologico vedi qui, scheda VII.18. 75 Le tappe che interessano l’Italia, nella “collazione” delle 4 versioni

sono:

Summas Alpes (Druantio in IV, Gruentia in II)

Gaesaeone m. V

(Tyrio in IV) (In Alpe Cottia in II m. XXIIII)

(Ad Martis in II m. XXIII)

Segusione m. XXIIII Ocelo m. XX

(Ad Fines in II) -

Taurinis m. XX Quadrata m. XXIII

Rigomago m. XVI

Cuttias m. XXIIII Laumellum m. XII

Ticinum m. XXI

Lambrum m. XX Placentia m. XVI

Florentia m. XV

Parma m. XXV Lepido Regio m. XVIII

Mutina m. XVII

Bononia m. XXV Claterno m. X

Foro m. XIII

III. Note

76

Faventia m. X

Foro m. X

Caesena m. XIII

Arimino m. XX Pisauro m. XXIIII

Fano m. VIII

Foro m. XVI Ad Cale m. XVIII

Haesim m. XIIII

Helvillum m. X Nuceria m. XV

Mevania m. XVIIII

Ad Martis m. XVI Narnia m. XVIII

Ocricolo m. XII

Ad XX m. XXIIII Roma m. XX 76 Questo documento epigrafico, rappresenta una eccezionale fonte per

comprendere i meccanismi di mantenimento del cursus a carico dei provinciali in epoca alto-imperiale: MITCHELL 1976. 77 KUBITSCHECK 1930, col. 1247, ss.; CHASTAGNOL 1981, pp. 381-416.

La lettura proposta nel CIL è leggermente diversa da quella qui presentata

sulla base di Chastagnol. Questa mansio di Orcistus non è menzionata in

alcun itinerario; le XXXII miglia che la Tabula Peutingeriana indica tra

Tricomia e Pessinunte, lungo la via Dorylaeum - Pessinunte, sembrano suggerire che la strada transitasse più a nord di Orcistus, scegliendo un

percorso più diretto. In tal caso, la deviazione del percorso e l’impianto della mansio ad Orcistus potrebbero essere avvenimenti databili dopo

l’inizio del IV secolo (CHASTAGNOL 1981, p. 403) oppure bisogna

intendere che questa mansio non fosse inserita nel sistema governativo. Chi volesse ricondurre il termine mansio al solo cursus dovrebbe, infatti,

ammettere che in questo caso la Tabula non ne rappresenta una fedele

ricostruzione. 78 Vengono qui presentate le integrazioni del Dessau, non pienamente

conformi a quelle del CIL che, ad esempio, lascia aperta la scelta tra gli

imperatori Giuliano e Gioviano. 79 Un personaggio di nome Bellicus Cesaris è ricordato dello stesso

portorium, mentre un Bellichus si qualifica come contrascriptor stationis

a St. Oswald: MIRDITA 1980, p. 186.. 80 Il legato potrebbe essere identificato con Scapula Tertullo, dedicatario

della “missiva” di Marco Aurelio e Commodo in Dig., 1, 18, 14; o suo

figlio console nel 195, successivamente proconsole d’Africa . 81 TSONTCHEV 1959, pp. 159-160; PFLAUM 1960, n. 31; ŠAŠEL 1977, p.

239, n. 12. Tsontchev dubita che le taberne ed i praetoria debbano essere

identificati con strutture di servizio alla viabilità, che avrebbero dovuto essere già apprestate dai tempi d’Augusto. 82 Sulla diffusione del vocabolo stabulum nella terminologia del cursus

vedi HUMBERT 1887, pp. 1645-1656. 83 Delle due vie qui ricordate, l’una è quella menzionata anche negli

itinerari che percorre la valle fluviale, l’altra è quella che attraversa la

catena montuosa per giungere a Bescera. 84 Questo vocabolo non è altrimenti attestato: si tratta, verosimilmente,

della trasposizione del greco tev, cioè un luogo in cui si

“sguazza”. 85 Ain Wif è un’oasi che si trova circa 15 km. ad est del villaggio Tazzoli,

resa fertile dalla presenza della sorgente. L’impianto romano, definito

dagli scavatori una “military road-station”, scelse la sponda prospiciente la sorgente di un piccolo pianoro privo, al contrario degli altri scelti come

sedi di posti di guardia militari, di ogni difesa. I pochi resti attualmente

visibili consentono, comunque, di riconoscere una piccola chiesa ed una articolata sequenza di ambienti disposti disordinatamente. Dall’iscrizione

apposta su un altare, sappiamo che questa località fu sede nell’epoca di

Settimio Severo della coorte Hamiorum (?), un distaccamento della legione III Augusta. La via punteggiata da insediamenti fortificati da

Leptis Magna a Turris Tamalleni, menzionata anche nell’Itinerario

Antonino, non ha lasciato tracce del suo transito sul terreno, se non i suoi miliari; su questa base, comunque, si può identificare questa località con

la stazione di Thenadassa: GOODCHILD - WARD PERKINS 1949, p. 88. 86 Questa formula presuppone, secondo l’editore, l’esistenza di un itinerario ufficiale, che sarebbe stato divulgato per il viaggio che

Caracalla compie attraverso le province tra il 214 ed il 215 d.C. Questo

itinerario sarebbe stato alla base della compilazione del percorso da Roma a Hiera Sycaminos dell’Itinerario Antonino: MOUTERDE 1952, loc. cit. 87 MILLER 1916, p. 976; CUNTZ 1929, p. 130; PFLAUM 1940; SARIA 1954,

col. 1634; PEKARY 1968, pp. 164-166. 88 UGGERI 1995, p. 141, nota 40: ad esempio, il Praetorium Latobicorum

ricordato negli itinerari e nella Tabula lungo la via tra Emona e Siscia ed

il Praetorium Laverianum scheda II.2. Alla trattazione di Uggeri, si può oggi aggiungere proprio la fonte n. 165, dove la pertinenza al nostro tema

è assicurata dalla menzione di un “itinerario compendiato” a vantaggio

dei viaggiatori. 89 Lib.Pont., I, p. 164 cfr. Vita Marcelli, , II, p. 9, ed. Duschesne: JORDAN

- HÜLSEN 1907, p. 205; LANCIANI 1890, pp. 470-472; COARELLI 1993. È

ritenuto la sede delle scuderie dei catabolenses sulla base di Cod.Theod., XIV, 3, 9-10. Questo complesso di edifici è localizzato orientativamente

nella Regio VII, alla sinistra della via Lata, presso la chiesa di S, Marcello

al corso, dove sono stati individuati i resti di un portico, identificato con la Porticus Vipsania. 90 Come catabulum veniva tradizionalmente qualificato un edificio tardo

imperiale di S. Maria Capua Vetere, intendendo con questo termine, però, il luogo dove si credeva fossero chiuse le fiere destinate agli spettacoli del

vicino anfiteatro capuano. L’edificio è identificato, attualmente, con il

battistero della basilica costantiniana di Capua: PAGANO-ROUGETET

1984. 91 Quanto fosse ben sentita la necessità di tali “corredi” da parte dei

comandanti militari è evidente nelle fonti citate nel paragrafo 1, dove

sono descritte le operazioni che precedono una campagna militare

(S.H.A., Alex. Sev., XLV; Ambr., Comm. in Psalm., II, 18 e Serm. 2 e

Veg., III, 6). 92 KUBITSCHECK 1916, coll. 2336-2338, MILLER 1916, p. LIV. L’ipotesi è

stata formulata sulla base dell’osservazione che nel documento compaiono nomi di località attestate solo dopo il 286 (ad esempio,

Dioclitianopolis di 330, 6 ed Heraclea di 330, 3: KUBITSCHECK 1916,

coll. 2337-38). Recentemente questa cronologia è stata abbassata al 310 d.C.: REED 1978, pp. 229-230. Il dibattito resta aperto per quel che

riguarda la data di stesura finale del documento, perché le epoche di

formazione delle vari parti che lo compongono sono, invece, piuttosto chiare: tra le tranches più antiche, va sicuramente menzionato l’itinerario

“marittimo” che percorre le coste tirreniche tra Roma ed Arles (It.Ant.,

497, 9 - 508, 2), datato a prima del 107 d.C.: LUGAND 1926, pp. 124-139. Il Kubitscheck ha, comunque, datato ad età severiana la carta che avrebbe

costituito la fonte principale di questa compilazione. 93 VAN BERCHEM 1937, pp. 166-181; MOUTERDE 1952, p. 355; RIVET

1970, p. 34 ss.; VAN BERCHEM 1973, pp. 123-126; REED 1978. 94 Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che, nel caso

britannico, gli itinerari alternativi, proposti con una certa frequenza,

indicherebbero luoghi dove sarebbero reperibili, nel corso di marce

militari, generi estremamente diversi: REED 1978, pp. 235-254. Come

edificio cardine di una stativa vengono indicati gli horrea simili a quelli rinvenuti in Austria, a Veldidena presso Innsbruck, datati al IV secolo

d.C., “utilizzati come primipilares per l’annona degli eserciti di

frontiera”: RICKMAN 1971, p. 289. 95 La toponomastica ci conserva, comunque, un numero rilevante di nuclei

fondiari integrati nel sistema delle stazionario come ville-mansioni con il

nome dei vecchi proprietari: ad esempio, i casi omonimi della stazione Anneiano nel Veneto e in Etruria, di Honoratianum e Caelianum nella

regio II, e molti altri in Sicilia e nelle altre province. Secondo

CHEVALLIER 1972, p. 214, questi complessi sarebbero da interpretarsi come possedimenti imperiali, saltus dove gli stessi imperatori avrebbero

pernottato, che, trovandosi in posizioni ideali, sarebbero stati tramutati da

luoghi di sosta temporanea a stazioni permanenti, perfino fortificati con castella, ma sempre nomenclati con il nome dei vecchi proprietari. Meno

dubitativamente, si può affermare che la diversa incidenza di questi

latifondi sulla viabilità sia spia delle condizioni socio-economiche delle regioni interessate: UGGERI 1982-1983, pp. 437-438. 96 È, altresì, possibile che egli abbia fatto sosta presso le stazioni del

cursus, pagando le prestazioni come privato e che, quindi, il suo diario di

viaggio rappresenti una autorevole testimonianza per la ricostruzione del

servizio di posta lungo l’itinerario descritto, ma, come abbiamo visto

(supra, par. 1, Osservazioni), non si può escludere che le qualifiche di “mansio” e “mutatio” si riferiscano a strutture private. 97 Il rapporto oscilla tra 6 e 8 mutationes per ogni mansio: It.Burd., 550,

3; 581, 7; 616, 3; 617, 2. 98 Più antico, tra quelli superstiti, solo lo scudo di Dura Europos: bibliog.

in CAPPELLI - PESANDO 1991, pp. 43-44. 99 La datazione oscilla tra il 170 d.C., in relazione alla cartografia di Tolemeo (Cuntz), all’epoca dei Severi con aggiornamenti di metà IV

(Levi), al III secolo (Kubitscheck), alla metà del IV (UGGERI 1969, pp.

III. Note

77

127-171; BOSIO 1974), al 365-366 (Miller), ad un più generico IV secolo

(Desjardins). 100 Sei vignette sono riservate agli stabilimenti termali, e solo 18

segnalano luoghi non qualificabili come centri abitati di un certo rilievo (ad esempio, Sublanuvium, la stessa Baccano, l’incrocio Ad Bivium, ecc.) 101 Effettivamente ci sono alcuni casi sospetti, quali quelli di Minturnae e

Sinuessa, che in età tardo-imperiale non si qualificano come centri di grande rilevanza o, ancora più manifesti, quelli di Pompei ed Oplontis,

che dovevano essere già state inghiottite dalla lava da almeno due secoli e

mezzo. Da prendere in considerazione, poi, l’ipotesi di Enrico Stanco che le vignette siano state aggiunte solo in un secondo momento, scardinando

alcuni degli “incastri” di didascalie che fino a quel momento si erano

integrate: STANCO 1996. 102 In Italia, per esempio, Torino (CIL, V, 6964 = Dessau 1701) e Puteoli

(CIL, X, 1741). 103 Ad esempio, It.Ant., 8, 1; 240, 1; 318, 3; 329, 9; It.Burd., 607, 7; 613, 6; 617, 2); Tab.Peut., III, 3; IV, 1; VII, 1 e 3; VIII, 3. 104 UGGERI 1983, pp. 318-320. In aggiunta agli esempi ivi citati, si

potrebbero menzionare i casi ricordati dalla Mollo Mezzena in Val d’Aosta, a Montjovet, dove si conserva un toponimo il Palazzo a Borgata

Palazzo - frazione Ciseran (MOLLO MEZZENA 1992A, p. 279) e quello

toscano della borgata Burchio, loc. Palazzolo, dove è stata riconosciuta

dall’Alfieri la stazione Ad Aquileiam, toponimo che potrebbe

sottintendere il plurale di Aquilegium, da Aquilex, Aquileges aquarum,

cioè i rabdomanti, per antonomasia, etruschi: ALFIERI 1986. 105 Molti di questi numerali sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, altri

sono rintracciabili nella documentazione di epoca medievale e moderna. Non tutti, e sono molto numerosi, ovviamente, possono ricondursi

all’esistenza di un piccolo centro abitato o di una stazione: diversi sono

derivati dalla sola distanza in miglia, spesso segnalata dalla presenza della pietra miliare. CALZOLARI 1986. 106 PIERI 1919, p. 333, sv. balineum, balneum; PIERI 1969, p. 328, sv.

balneum; PATITUCCI UGGERI 1974, p. 136; UGGERI 1984, p.407. 107 UGGERI 1983, p. 250: ricordo l’esempio segnalato lungo la via Appia

Traiana, nella regio II, dove l’esistenza di installazioni viarie potrebbe

essere desunta dalla presenza di due masserie presso Ostuni dette Taverna Piccola e Taverna Grande (Ad Tabernas?). Perplessità possono essere,

invece, avanzate sull’ipotesi che riconduce il toponimo Masòn, attestato

lungo il percorso che costeggia il torrente Aldegà, nei pressi di Cadianum, nella regio X, alla presenza di una antica mansio, presso la quale sorse la

chiesa dei santi Giovanni e Macario, in epoca medievale di proprietà

dell’ordine dei Cavalieri di Malta, che ne avrebbe ereditato anche la

funzione, come si evincerebbe dall’attestazione del toponimo Mansio

Templi. BOSIO 1991, p. 52. 108 UGGERI 1984, p. 403. Sulla località: MANSUELLI 1949, p. 43 ss., nn. 2-9. 109 È il toponimo di due stazioni africane ricordate dagli itinerari “Ad

Basilicam”: Tab., II, 5; e “Ad Basilicam. Daidumene”: Tab., III, 3; It.Ant., 40. 110 Due volte in Africa - “Ad Capsum Juliani”: Tab., II, 2, e “Ad Capsum

Ultimum”: Tab., VIII, 1. 111 “Ad stabulum olearum” in Africa: Tab., II, 4 nella regione Cuicul, per

la presenza di impianti per la lavorazione delle olive. 112 Ricordo qui solo quella di MALIPIERO 1984: supra, cap. II.4. 113 Una differenza poteva essere costituita dalla gratuità dei servizi o dal

“rimborso spese” della quale godevano i personaggi forniti di

autorizzazione. 114 PUGLISI 1987, pp. 248-251. Né le fonti né i dati archeologici

consentono di misurare il progressivo incremento dei ruoli assegnati a

queste stazioni, che avrebbe portato, secondo lo stesso Puglisi, alla creazione di organismi produttivi autonomi, ispirati alle forme di

produzione schiavistica, fino a divenire, nel IV secolo, il centro

propulsore e di riferimento dello “sfruttamento agricolo sedentario di

distaccamenti militari e provinciali, in specie limitanei”, che avrebbero

unito agli officia fiscali, di appaltatura, di requisizione di merci e bestiame

e gestione dei servizi, anche la stessa produzione delle derrate e l’allevamento di bestie da soma e da trasporto, oltreché piccole attività

artigianali e perfino estrattive. 115 Glossae Latinogrecae et Graecolatinae, Goetz G. et Gundermann G editores, II, Lipsiae, 1888, 558, 55, adn. 3. 116 “Sunt topia et calibes, cyathi, rosa, tibia, chordae, / Et triclia umbrosis

frigida harundinibus”: “Ecco, all’intorno tra il fogliame ombrosi pergolati e coppe; e tra il profumo della rosa si spande il suono del flauto e della

lira, e frascheti di canne sono prodighi di amabili ombre”.

117 In tali casi, l’attestazione di un mestiere collegato ai trasporti o al

cursus viene interpretata come prova per l’esistenza di una stazione: infra,

cap. VII. Rapporto con le fonti scritte. 118 Del resto, Plinio sottolinea l’efficienza dell’organizzazione e la comodità di poter disporre di carte ed itinerari (nota che queste stazioni

hanno un nome: fonte n. 2), quando sottolinea che al tempo del periplo di

Nearco e Onesicrito le tappe non erano menzionate (n. 1). L’informazione è completa quando si sottolinea che i servizi sono a pagamento ma che i

pedaggi sono pretesi non dall’amministrazione dello stato, bensì da

custodes satellitesque et ostiarii et ministri (guardie e loro aiutanti, portieri e servi).

IV. – Confronti dalle Province

78

CAPITOLO IV

CONFRONTI:

STAZIONI INDAGATE NELLE PROVINCE

Come abbiamo visto (Capitolo I), diverse ricerche hanno

già affrontato la questione della raccolta dei dati sulle

stazioni messe in relazione con il cursus publicus, e hanno

potuto fondarsi su scavi estensivi, documentati

archeologicamente con gran dovizia di particolari. A titolo

di confronto, presento brevemente alcuni di questi

insediamenti, procedendo per province da nord verso sud,

raccogliendo insieme le stazioni urbane e quelle fortificate,

premettendo che per validare il confronto tra questi dati e

quelli che ho raccolto in Italia, bisognerebbe che fossero

precisati i criteri che hanno presenziato alla qualificazione

di un insediamento come stazione: specificati solo dal

Black, consistono nella relazione topografica con la strada,

nelle caratteristiche della planimetria, ma anche nelle

tecniche costruttive.

Britannia

Dei numerosi esempi della Britannia, il più interessante è

quello di Inchtuthil (fig. 1), impiantato in età flavia,

perché presenta caratteristiche assai qualificanti per una

stazione. È organizzato in padiglioni distinti: una lunga fila

di baracche a pianta uniforme, interpretate come

contubernia, un altro edificio a pianta allungata corredato

da un impianto termale ed associato ad un cortile di

servizio, ed un terzo complesso, con vani distribuiti intorno

ad un cortile, all’interno del quale si individuerebbero la

cucina, la sala da pranzo e, soprattutto, una sala di

rappresentanza (BLACK 1995, pp. 17-18). In questo caso, è

ritenuta particolarmente significativa la distinzione tra

alloggi di prima e seconda “categoria”, che si ritrova anche

in altri casi (infra, cap. VII). La fila uniforme di vani

affiancati (contubernia) è presente anche a Richborough

(fig. 2), dove si riconoscono anche i granai (BLACK 1995,

p. 19-20), mentre nel complesso di Newstead (fig. 3), forse

di epoca flavia, almeno per gli ambienti 10 e 13, si può

ragionevolmente sostenere l’identificazione con delle

stalle, mentre il locale n. 14 potrebbe essere qualificato

come un alloggio per i cocchieri.

Gallia

Presso Thésèe a Loir-et-Cher, in Francia, località

identificata con la Tasciaca menzionata nella Tabula

Peutingeriana, sono stati rimessi in luce i resti di tre

edifici, distribuiti su tre livelli, raccordati da un recinto,

uno dei quali (Fig. 4, A), identificato con una sala di

rappresentanza o una basilica, aveva sicuramente una

destinazione pubblica. Era costituito da un vasto ambiente

(m. 40x13,5), aperto sulla corte con una galleria, terminata

alle estremità da due padiglioni, e completato sul lato

orientale da un altro locale più piccolo (CHEVALLIER 1997,

p. 288; fig. 4, B).

Presso Chameleux – Williers, in Lussemburgo, lungo la

strada Reims – Tréves, è stato oggetto di scavo un

insediamento, che si trova al fondo di una piccola valle

attraversata da un ruscello (fig. 5), vissuto tra il I e l’inizio

del V secolo d.C., epoca in cui fu abbandonato a causa di

ripetuti incendi ed inondazioni, anche se fu poi ricostruito

nello stesso punto e con le stesse caratteristiche, sopra

l’accumulo di detriti. La prima fase è costituita da edifici di

legno, sostituiti tra il III ed il IV secolo da edifici con

zoccolature in pietra, alzati di legno e coperture a lastre

d’ardesia, con pianta in genere rettangolare allungata,

divisa in pochi vani coassiali comunicanti, con un piccolo

portico aperto sulla via. Si dispongono perpendicolarmente

alla strada, su entrambi i lati, l’uno separato dall’altro per

ridurre il rischio di incendio. Tra questi, lo Scavatore ha

riconosciuto la stazione della posta, che si impianta in un

edificio preesistente, non lontano da una sorgente, ed è

costituita da alcuni vani aperti su una corte accessibile

dalla strada mediante un ingresso ampio (fig. 5, C), che

conserva le tracce dei carri, contornato dagli alloggi, dalle

scuderie e dalle rimesse per i carri, con una cantina,

accessibile nell’angolo in fondo al cortile (fig. 5, D),

servita da una scala di legno, dove erano sistemati dolii ed

anfore (CHEVALLIER 1997, p. 286). Sul lato opposto della

strada si trova un altro edificio, noto più

frammentariamente, che è stato ritenuto parte integrante

della stazione stradale.

Norico

Ad Immurium (oggi Moosham), località posta lungo la

strada da Salisburgo a Kaernten, presso un importante

nodo viario, si riconoscono due edifici per accoglienza

(fig. 6, A-B e J), uno stabilimento termale ed un mitreo.

Gli edifici accolgono anche locali adibiti alle lavorazioni

artigianali; quello più a nord (J) ricorda maggiormente

quello A del Piccolo S. Bernardo (scheda XI.4), dal

momento che ha un ingresso al cortile nel lato lungo

frontale (BENDER 1975, p. 24, fig. 26). Nelle costruzioni A

e B si identificano degli esercizi commerciali; a parte è lo

stabilimento termale, mentre negli edifici C ed F i

rinvenimenti localizzano delle officine per la lavorazione

dei metalli e delle stoffe. Da rilevarsi che la strada

importante non è quella che separa i due blocchi di edifici,

ma passa probabilmente in prossimità di quello che è

riconosciuto come il vero edificio postale, circondato da un

piccolo aggregato.

IV. – Confronti dalle Province

79

Presso Styria, nel distretto austriaco, è stata riportata alla

luce una mansio dalla planimetria particolarmente

“convenzionale”. Si tratta di una struttura oblunga, a due

piani, di circa m. 13,5x23, disposta con il lato corto sulla

strada, mentre lungo uno dei lati maggiori era disposto un

cortile per parcheggiare i veicoli. Al pian terreno si trovano

una stalla, che poteva ospitare circa una dozzina di bestie,

un’officina con tutto l’arredo dell’opificio e della fonderia

di un maniscalco, un ufficio, una cucina ed una sala da

pranzo. Questi ultimi tre locali si aprivano a sud, ma in una

seconda fase erano stati comunque forniti di pavimento su

suspensurae per migliorarne il riscaldamento. Il piano

superiore, costruito prevalentemente in legno e, quindi,

quasi totalmente distrutto, ospitava le camere da letto.

Costruita sotto Augusto, rimase continuamente in uso per 3

secoli1.

Siria

Lungo la via per Gerico, è stata ben documentata una

struttura di servizio, sulla riva sinistra del Wadi es Sidr,

all’incrocio tra la strada per Ramallah, su un terrazzamento

allungato verso la strada; data l’assenza di fonti itinerarie

per quel tratto viario, questa stazione resta anonima (fig.

7). L’edificio principale è costituito da grandi vani disposti

sui tre lati di un cortile scoperto, aperto sulla strada

mediante una galleria (fig. 7, E). Per l’ambiente B si

avanza l’identificazione con la scuderia. “G” è un bacino

d’acqua rifornito attraverso una conduttura, che corre sul

muro, dalla grande cisterna “H”, che poteva essere alta fino

al secondo piano. A questa se ne aggiungeva un’altra, poco

distante. La datazione non è precisata, ma spazia dall’età

romana alla bizantina (BEAUVERY 1957, pp. 86-94).

Numidia

Nella parte meridionale della Numidia, Baradez ha

documentato due stazioni stradali, planimetricamente

molto simili: quella più grande (m. 33x37) è aperta su un

solo lato, con ampio cortile, intorno al quale si dispongono

vari ambienti, in qualche caso comunicanti (fig. 8). Le

murature sono con alto zoccolo in pietrame a piccola

pezzatura legato da malta ed intonacato esternamente o in

blocchi di pietra trattati a bugnato. Gli elevati erano in

“terra battuta” (pisé?; ROMANELLI 1970, pp. 22-23, fig. 8).

In entrambi questi complessi, si conservano resti di

torcularia per le olive: si ha quindi, una perfetta conferma

del dato toponomastico che in Africa conosce una tappa

itineraria Ad Stabulum olearum (supra, cap. III.5).

Egitto

Presso la stazione di Bab el Mukheinig (fig. 9), l’edificio

per accoglienza ha una pianta molto larga e poco profonda,

che lo avvicina ai tipi attestati presso Ponte di Nona (qui,

scheda n. I.8) e a Wadi es Sidr in Siria. Presso

quest’insediamento si è riconosciuto un vasto recinto per

gli animali. La stazione non sembra fortificata, quanto

piuttosto controllata da una torre posizionata alla sommità

della collina restrostante (REDDÉ - GOLVIN 1987, p. 30).

Stazioni fortificate

Le trattazioni sui vari Limites dell’impero consentono di

arricchire molto il campionario di stazioni che univano le

funzioni di postazione militare con quelle di luoghi di sosta

e servizio alla viabilità: non potendo affrontare il tema

degli insediamenti fortificati che presidiavano i Limites, e

che spesso includevano le stazioni2, presento – per il

continente europeo - i soli casi di Carleon e Saalburg-

Kastells, perché almeno nel primo caso, l’edificio sede del

cursus è stato riconosciuto in una struttura fortificata

organizzata intorno ad una corte, posizionata a sud

dell’anfiteatro. In origine aveva l’aspetto di uno

stabilimento termale, ma il complesso fu completamente

ristrutturato in età adrianea e di nuovo all’inizio del III

secolo: qui come ad Inchtuthil, l’impianto data alla

fondazione del campo legionario, ma la stazione assume

l’aspetto caratteristico solo nell’età adrianea (REDDÉ -

GOLVIN 1987, p. 30).

Come esempio di stazione presso un castrum, il Bender

indica quella di Saalburg-Kastells nella Germania

settentrionale (fig. 10), dove identifica come mansio un

edificio a corte, posto appena fuori del circuito murario,

lungo la strada romana, alle spalle del quale si trova uno

stabilimento termale, esempio “ibrido”in cui la stazione

postale è in realtà priva di difese proprie.

Nelle province meridionali, si ripete il modello del recinto

a pianta regolare (quadrato e rettangolare), di dimensioni

varie, fortificato da torrioni agli angoli (a volte solo presso

l’ampio ingresso e sul lato frontale) ma spesso non ne è

nota l’articolazione planimetrica interna. Quando è stato

possibile tracciare la scansione delle volumetrie, si è potuto

verificare che, nei recinti più piccoli, si ha una

distribuzione dei vani lungo i tre lati disposti ad “U”

rispetto a quello d’ingresso, e che - soprattutto nelle

regioni calde e desertiche - è il punto d’acqua

(regolarmente un grande bacino o cisterna, più di rado una

sorgente), che funge da fulcro della planimetria. Questa

caratteristica viene ereditata e rispettata anche nelle

stazioni di sosta più tarde, come i khan dell’Anatolia, come

è confermato dal caso del fortino-stazione di Bir

Hammamat, in Egitto, con il pozzo di epoca islamica, che

riadatta verosimilmente quello romano (REDDÉ - GOLVIN

1987, pp. 8-9).

Tra gli esempi ben documentati in Egitto, possiamo

ricordare quelli di Kasr al Banat (fig. 11), a 50 km. da

Qeft, con attestazioni epigrafiche di età di Augusto ed

Adriano, con due pozzi-cisterna, uno dei quali rifornisce

un bacino (REDDÉ - GOLVIN 1987, pp. 7-8), o El Homra a

129 km. da Qeft (fig. 12), con vani che si dispongono su

tutti i lati del vasto recinto, alla sommità del quale si

poteva accedere mediante le numerose rampe di scale

(REDDÉ - GOLVIN 1987, p. 16). Recinti dalla planimetria

molto semplificata, con un’articolazione interna quasi mai

nota, sono stati riconosciuti come sedi delle mutationes

menzionate nel Burdigalense anche in Tracia: la mutatio

Purdis sarebbe da riconoscersi nel recinto a pianta

rettangolare, con due torrioni sul lato frontale, con

IV. – Confronti dalle Province

80

murature in pietrame legato da malta, alternato a ricorsi di

laterizi, posta a m. 500 di distanza dalla strada che unisce

Salonicco a Xanti, presso il paese moderno di

Pondolivado, tra Acontisma e Topiro (MOUTSOUPOLOS

1979, p. 214); uguale aspetto fortificato (con un muro di

fortificazione completato anche da torri angolari circolari e

da torri a pianta rettangolare sui lati) avrebbe avuto la

mutatio di Breirophara (MOUTSOUPOLOS 1979, p. 216). I

perimetri fortificati più ampi hanno un’articolazione

interna appena più complessa, come quello di El Mweith

(fig. 13), in Egitto3 o composita, come avviene a Tell al

Zarqa (fig. 14), sempre in Egitto, insediamento a 116 km.

da Qeft, circondato da muri con cammino di ronda.

All’interno si riconoscono gli alloggi per i militari, e

colpisce il gigantesco pozzo al centro, accessibile mediante

una scala.

Un caso eccezionale è quello del Mons Claudianus (figg.

15-16), indagato nei dettagli da Th. Kraus, J. Röder e W.

Müller-Wiener (KRAUS - RÖDER 1962; KRAUS - MÜLLER-

WIENER 1967): mi limito a sottolinerare la sistemazione

fuori della cinta fortificata di una vasta palizzata per gli

animali (ben delineata nella fase di II secolo d.C.), e la

presenza di uno stabilimento termale, affiancato da un

edificio definito genericamente abitativo dagli editori,

appena fuori dalla porta del fortilizio, nella fase basso

imperiale, caratteristica che trova confronto a Saalburg

Kastells.

Più articolate e composte da vari edifici appaiono le

stazioni distribuite lungo la strada che unisce Qena ad Abu

Sha’ar: quella di El Heita (fig. 17), è difesa ulteriormente

da una fortezza arroccata sulla collina retrostante, mentre

la stazione vera e propria è costituita da un recinto con torri

angolari, che racchiude diverse costruzioni, una almeno

delle quali è qualificabile come cisterna, a sud

dell’ingresso. All’angolo sud-est del fortino si addossa un

vasto recinto, ritenuto destinato ad accogliere il bestiame4.

Almeno un rinvenimento epigrafico data forse all’età di

Domiziano, o meglio a quella di Elagabalo, mentre i rari

rinvenimenti monetali riportano alla tetrarchia5.

Bisogna rimarcare, però, che la configurazione a posto

militare di molte stazioni stradali, non è esclusiva delle

regioni limitanee: allo scarso stato di conservazione che

caratterizza gli insediamenti del cuore dell’Impero,

sopperisce la tradizione toponomastica, che conserva, in

Italia come in Francia, il ricordo di castra e torri

fortificate, funzionali al controllo della viabilità, impiantate

soprattutto in epoca basso-imperiale (CHEVALLIER 1997, p.

285).

Stazioni urbane

Ad Augusta Raurica (Augst, in Svizzera), dove è attestata

la presenza di una stazione di beneficiarii e dove si

effettuava la raccolta dell’annona militare, la stazione (fig.

18) è stata identificata sulla base della planimetria e della

vicinanza ad un grande complesso per immagazzinamento:

appena entro le mura, lungo la viabilità che entra dalla

porta occidentale, si trovano un complesso commerciale,

un albergo e un granaio, lambito da un acquedotto. La

corte, aperta sulla strada, è delimitata da due blocchi di

costruzioni ad “U”, con alzato in legno su zoccolature in

pietra: al suo interno, si segnalano la presenza di ambienti

ad uso abitativo con cucina, di ambienti ad uso termale, di

un locale identificato con una macelleria ed un

abbeveratoio. Alcune parti di questi monumenti sono datati

al II secolo d.C. finale (BENDER 1975, pp. 25-26).

Ad Ambrussum, sulla via Domitia, presso un oppidum già

strutturato nel III secolo a.C., la cui occupazione dura tra il

30 a.C. ed il 240 d.C., con una breve rioccupazione dopo

l’abbandono nel IV secolo, J.L. Fiches ha riconosciuto la

stazione nella parte bassa della città. Si tratta di un edificio

il cui impianto data al I secolo d.C., costituito da una

grande corte chiusa, con ampio ingresso carrozzabile,

fiancheggiata da due ali, l’una con quattro vani affiancati,

aperti su un peristilio (interpretata come alloggio per i

viaggiatori), l’altra che funzionava da alloggio per il

personale di servizio ed includeva le scuderie. È

caratteristica, inoltre, la presenza di un pozzo, una macina,

un forno per il pane ed una fonderia. L’abitato è articolato

in una piazza, intorno alla quale sono alcuni isolati separati

da vicoli, ed è dotato di un impianto termale pubblico

(FICHES 1981; FICHES 1989).

Osservazioni

Sulla base delle esemplificazioni qui brevemente

presentate, si può osservare che:

Scelte insediative e caratteristiche topografiche

- Il riconoscimento di una stazione stradale è fondata,

oltreché sulle ovvie premesse di carattere topografico

(presenza di un importante asse viario, concordanza con i

dati itinerari, o sulla base della considerazione delle

esigenze dei sistemi di trasporto antichi, soprattutto in aree

poco popolate e climaticamente ostili), sulle caratteristiche

planimetriche degli edifici e sulle qualificazioni funzionali

delle loro parti.

- La contiguità topografica con la strada caratterizza quasi

tutti questi edifici, con l’esclusione di alcuni della

Britannia, dove le mansiones scelgono posizioni

leggermente arretrate rispetto alla strada (anche 100 m.).

Nel caso di Chameleux, si avrebbe perfino una

duplicazione delle strutture della stazione sul lato opposto

della strada.

- Si verificano entrambe le condizioni: gli agglomerati che

sono attigui ad una stazione sono preesistenti ad essa, e

rappresentano anzi il polo che ne ha attratto l’impianto;

oppure, gli abitati sorgono intorno alle stazioni, per un

fenomeno spontaneo o indotto, per funzionare da centro-

servizi alla viabilità ed anche come luoghi dove si

raccoglievano le contribuzioni.

- È indispensabile che nei pressi della stazione si trovi una

fonte di approvvigionamento idrico, come è dimostrato

anche dai dati più frammentari: esempi provengono dalla

Macedonia (la località di Basilake, identificata con il Fons

di Tab., VIII, 3, lungo la strada tra Philippopolis e

Neapolis: SAMARTZIDOU 1990), dove si ritrova la fonte

con tracce della sua fruizione in età antica, e dalla Siria,

IV. – Confronti dalle Province

81

dove in una località a sud di Bab-el-Hawa, lungo la strada

tra Antiochia sull’Oronte e l’Eufrate, nel tratto tra

Antiochia e Caldice, a lato di un tratto di strada romana

molto conservato (di m. 6,50 di ampiezza, con fondo

stradale a blocchi), si trova un abbeveratoio scavato nella

roccia, il cui fondo era reso accessibile da gradini,

sistemato in uno spiazzo livellato a lato della strada,

servito da una serbatoio, che conteneva l’acqua nelle

stagioni più arse (LEVI 1938, pp. 8-9, tav. I, d).

- Nel caso della stazioni localizzate presso gli abitati, viene

ammessa sia la possibilità che si trovino appena fuori della

cinta muraria, che entro il perimetro cittadino, in

prossimità delle porte. A tal proposito, il Bender ritiene

diagnostica la presenza di un horreum extraurbano o posto

ai confini dello spazio urbano.

Luoghi di culto

Luoghi di culto pagani sono attestati presso alcune di

questa stazioni, come Bir Hammamat dove è noto un

santuario di Pan, ad Immurium dove è un mitreo, a Tell al

Zarqa dove sarebbe stato identificato un sacello dedicato

ad una divinità sconosciuta.

Planimetria e volumetrie

- La maggior parte di questi apprestamenti sulle strade

(mansiones, ma anche vici) sono forniti di cinte difensive.

- La caratteristica planimetrica dominante è l’articolazione

intorno ad un’area scoperta, ai lati della quale si

distribuiscono i vari corpi di fabbrica. Tra questi, sono

facilmente riconoscibili quelli destinati agli alloggi per

frequentatori di medio livello, uniformi nelle loro

articolazioni, come gli alloggi delle caserme (contubernia);

potevano essere anche distinti in due complessi (come a

Inchtuthill, Chemsford e Rottweil)6.

- Nell’area gallica sembra caratteristico un edificio a pianta

allungata tipo quello di Albert della Somme, nella Francia

settentrionale (AGACHE 1978, pp. 286, 287 fig. II, p. 352),

che trova un confronto anche in area Cisalpina nell’edificio

A di S. Bartolomeo al Mare (scheda n. IX.3, Lucus

Bormani).

- La forma ad ampio cortile perimetrato da ambienti con al

centro un punto d’acqua è ereditato nel mondo islamico: i

khan differiscono da luogo a luogo, ma in genere hanno

delle dotazioni comuni: stalle, alloggi, spazi aperti destinati

comunque al bestiame, depositi e magazzini, ed in qualche

caso sono corredati da servizi aggiuntivi di lusso come il

bagno (hammam), le latrine, il forno, la sala di preghiera7.

- Sulla base della planimetria, o meglio del dato di scavo,

sono riconoscibili spesso le stalle, i magazzini, e il

quartiere del personale (in Britannia, solo Inchtuthill

presenta tutte queste caratteristiche). Il numero di stalle e

capannoni per i veicoli che si sono potuti documentare con

certezza è piuttosto limitato (esempi a Chelmsford,

Chester, Corbridge e Richborough), ma ci sono tanti

ambienti coperti, disposti lungo i perimetri delle aree

scoperte, accessibili dal cortile, che possono aver svolto

questa funzione. Al contrario i granai, più facilmente

riconoscibili, si sono potuti localizzare quasi dovunque. In

qualche caso, è significativa la presenza di una sala di

rappresentanza dove le autorità locali avrebbero potuto

discutere i loro affari.

Dotazioni infrastrutturali

- Quasi sempre, entro il complesso della stazione o nelle

sue immediate vicinanze, era uno stabilimento termale;

nelle province con clima più rigido, alcune delle stanze

adibite a soggiorno e stanze da letto erano fornite di

riscaldamento.

- Non c’è riferimento nelle edizioni alla presenza di

acquedotti che abbiano servito questi complessi: nel caso

di Augusta Raurica, l’acquedotto è tangente alla stazione,

ma non è certo che la rifornisse.

Criteri progettuali e tecniche costruttive

- L’impegno tecnico nell’edificazione distingue spesso una

stazione rispetto alle altre costruzioni: almeno in Britannia

(ma probabilmente anche in altre province), anche nei

centri urbani, le stazioni rappresentano gli unici edifici

costruiti in muratura, oltretutto dotati d’impianti termali e

sistemi di riscaldamento, assai rari in una provincia con

una così bassa incidenza della romanizzazione.

- L’uniformità nelle dimensioni degli impianti termali del I

e II secolo, induce il Black a ritenere che fossero progettati

ad uso esclusivo delle stazioni e che, qualora queste si

trovassero localizzate presso castra o villaggi, gli abitanti

ne fossero esclusi dalla fruizione.

- La progettazione almeno in una fase iniziale in Britannia

sarebbe stata affidata ai militari, come emerge dal fatto che

sono previsti solo gli alloggi per i personaggi di alto rango,

dal momento che i viaggiatori di basso livello sociale

potevano sistemarsi presso strutture private.

- Negli esempi inquadrati tipologicamente dal Black,

esistevano alloggi di duplice livello, di prima classe e di

livello medio, come nelle stazioni di Saalburg ed Eining. I

viaggiatori di grado inferiore, anche in missione ufficiale,

come i militari, almeno in qualche caso, potevano trovare

alloggio presso le strutture private dei piccoli abitati. In

Britannia, in particolare, si ritiene che le mansiones fossero

riservate solo agli alti ufficiali e che i soldati semplici e gli

ufficiali dei gradi inferiori potessero sostare presso le

strutture di ricezione dei vici: in questo senso, vicus

sottintenderebbe un sinonimo di mutatio, luogo, cioè, dove

i provinciali sono obbligati a mantenere economicamente il

servizio di posta mediante una contribuzione “in natura”

(fornendo, appunto, gli animali) (BLACK 1995, p. 89).

Cronologia

- Il confronto delle cronologie, indica che in alcune

province è facilmente diagnosticabile un periodo di attività

più intensa nei nuovi impianti e nelle ristrutturazioni

radicali (ad esempio, in Britannia è l’età adrianea che vede

l’attuazione di un progetto a larga scala).

- Prima del IV secolo, sempre su suolo Britannico, non è

riconoscibile archeologicamente nessun edificio qualificato

come mutatio; è possibile che il cambio dei cavalli prima

di allora fosse effettuato presso strutture deperibili, come

stalle costruite in legno.

IV. – Confronti dalle Province

82

- L’adozione del modello a corte centrale intorno alla quale

si dispongono tutti gli immobili non si afferma prima della

seconda metà del II secolo d.C.

- In Britannia, la stessa fase adrianea sarebbe caratterizzata

dall’aggiunta, presso le stazioni, dei fabbricati destinati ad

ospitare i privati cittadini .

- Sono attestati casi in cui “le fondazioni” o le ricostruzioni

ab imis sono dovute a fattori localizzati (ad esempio,

Chameleux dopo l’inondazione), ma, in generale, la

costruzione, la riedificazione, gli ampliamenti ed i restauri

sono stati messi in relazione con fasi dell’occupazione

romana e di ristrutturazione dei singoli tracciati viari; non

sembra, quindi, potersi intravedere, nella complessità del

mondo romano, una politica di intervento conformata alle

fasi di riorganizzazione del cursus.

1 Beiblatt in “Jahresshefte des österreichischen Archaeologischen

Instituts”, XXVII, 1932, pp. 194-222; CASSON 1974, p. 201. 2 Per l’Africa settentrionale vedi le opere di BARADEZ 1949 e TROUSSET

1974; mentre lungo il confine siriaco, il caso archeologicamente meglio

documentato è quello indagato dal Poidebard, lungo il limes di Chalcis, dove sono stati catalogati diversi tipi di stazioni fortificate: POIDEBARD

1934. In molti casi, però, per quanto sia conosciuta la struttura fortificata, non si possono reperire dati sulla stazione vera e propria, come nei casi di

Ad Statuas, castrum fortificato lungo la strada tra che segue il Danubio

(THE ROMAN FORT AT ACS 1989) e dell’insediamento romano nel Tossal de Cal Montblanc, presso Abesa, La Noguera, Lleida, in Spagna. È

fornito di cinta fortificata protetta da una torre, ed è ritenuto una stazione

stradale, perché si attesta lungo la strada antica di collegamento tra i fiumi Ribagorçana e Farfanya. È stato solo oggetto di ricerche topografiche, ma

si evidenzia bene un recinto di forma quasi quadrangolare, con un

bastione a pianta quadrata, molti resti di edifici e l’imboccatura di due cisterne. Datazione: dalla prima epoca imperiale al basso impero (ROVIRA

PORT – GASCA COLOBRANS 1990). 3 A 64 km. da Qeft, a pianta rettangolare con torri agli angoli, in pietra legata da malta. Qui la cisterna è localizzata in un angolo a lato

dell’ingresso. REDDÉ - GOLVIN 1987, p. 8. 4 Allo stesso scopo si ritiene destinato il recinto individuato presso la

stazione di El Saquia, rilevata dallo Wilkinson: REDDÉ - GOLVIN 1987,

pp. 25-30. 5 REDDÉ - GOLVIN 1987, pp. 21-25. Tutti questi edifici sembrano costruiti

in mattoni crudi. 6 In alcuni casi ripetono proprio il modello delle baracche dei militari, con una serie di celle di dimensioni uniformi a schiera, che si aprono su una

sala di rappresentanza: BLACK 1995, pp. 91, fig. 67. 7 C’è una leggera differenza tra i caravanserragli urbani e quelli stradali: questi ultimi, eredi di quelli achemenidi e bizantini, hanno una pianta più

compatta, a volte fortificata, fornita di un solo accesso, largo a sufficienza

per far passare gli animali da soma, e sono sempre dotati di una fonte di approvvigionamento idrico. I caravanserragli sono di tre tipi: a corte (con

un recinto rettangolare con un unico accesso su uno dei lati brevi; i vani si

dispongono tutt’intorno, separati a blocchi, o uniti con facciate decorate da pilastri e arcate); a sala coperta (più piccoli, con un edificio spartito in

tanti vani, simmetricamente organizzati e coperti con cupole e volte); di

tipo “combinato” tra i due precedenti, come il Sultan han presso Kayseri-Sivas, sulla strada tra Konya e Aksaray: CRESTI 1993.

83

CAPITOLO V

RASSEGNA TOPOGRAFICA

PREMESSA ALLE SCHEDE DELLA RASSEGNA

Le schede che seguono non si presentano, di necessità,

omogenee: in molti casi sono stata costretta a schedare

edifici che non sono identificabili con le stazioni vere e

proprie ma con gli edifici che le contornavano o che da

esse sono stati attratti (i casi delle necropoli o degli edifici

di culto cristiani) o a presentare la scheda di uno

stabilimento termale pubblico di grande impegno tecnico

che solo marginalmente deve aver interessato il luogo di

sosta vero e proprio, rappresentandone cioè spesso la

calamita che lo aveva fatto stanziare in quell‟area,

garantendone la frequentazione ed alleggerendolo dalla

necessità dell‟impianto di uno stabilimento termale

proprio.

Qualora per alcune tappe vengano avanzate diverse

proposte di identificazione, e per una soltanto o per diverse

di queste sussistano dei dati materiali sufficienti per

condurre la schedatura, sono state redatte le schede distinte

con la lettera dell‟alfabeto che individua la proposta di

identificazione stessa.

In molte occasioni, non si è potuto limitare il repertorio

bibliografico alla citazione dei soli contributi più recenti,

poiché nella maggior parte dei casi questi insediamenti non

sono stati oggetto di studi d‟insieme o di una edizione

completa, ma piuttosto di segnalazioni molto frammentarie

che hanno dovuto essere prese in considerazione

singolarmente, e pazientemente collazionate nel tentativo

di ricostruire un quadro organico, che tenesse conto anche

dei fattori topografici e dell‟inquadramento nella rete viaria

di epoca romana.

In qualche caso, si sono dovute lasciare delle lacune su

informazioni che non vengono fornite nelle edizioni. Nelle

schede archeologiche alcune voci sono state inserite per

meglio inquadrare proprio queste lacune e consentire al

lettore una valutazione personale della qualità dei dati. La

voce "scavi" vuole, ad esempio, spiegare la carenza di

informazioni sul dato planimetrico (quando le indagini

sono troppo limitate in estensione) o cronologico (quando

si tratta di scavi datati o di emergenzache non hanno

previsto lo studio dei materiali).

Data la vicinanza al confine dell‟Italia Augustea, e visto

che attualmente è parte del territorio nazionale italiano, è

stata inserita qui la scheda della stazione di Sebastum, nel

norico, perché particolarmente interessante e ben

documentata archeologicamente.

V.1 Rassegna topografica: Regio I

84

V. 1. REGIO I

LATIUM ET CAMPANIA

Dell‟articolatissima viabilità che si dipartiva da Roma,

viene qui presa in considerazione solo quella menzionata

nelle fonti itinerarie1. A tale proposito, è opportuno

ricordare che le principali incertezze circa la loro lettura

riguardano l‟omonimia della tappa Ad Pictas che

l‟Antonino propone per le vie Latina e Labicana, prima

della loro congiunzione presso Compitum, e la

ricostruzione della viabilità di collegamento tra Roma,

Ostia ed i centri di Laurentum, Lavinium e Lanuvium2.

Lungo la via Appia ed un tratto della via Tiburtina, sono

stati qui segnalati e brevemente descritti numerosi

rinvenimenti, indagati e conservati in misura molto

diversa, con l‟intento, lì dove la “previdenza” del Canina o

le opportunità di condurre indagini di scavo correlate a

progetti di espansione edilizia o per la realizzazione di

grandi opere pubbliche, permettono di ricostruire nel

dettaglio il panorama che si offriva al viaggiatore che si

allontanava dall‟Urbe, e che poteva usufruire di servizi ed

infrastrutture estremamente diversificati.

I percorsi sono stati articolati come segue:

1) via Appia;

2a) Via Latina;

2b) via Casilina e Labicana;

2c) raccordo tra la via Latina ed Aesernia, via Venafrum

(regio IV);

3) Via Prenestina;

4a) Via Roma- Lavinium - Circei - Tarracina (Severiana);

5a e b) Campi Flegrei;

6a) Via Tiburtina;

6b) Via Tiburtina Cornicolana;

7) Viabilità secondaria, lungo il Tevere.

Via Appia

Ad Nonum Scheda I.1

Villa del Palombaro cd. di Gallieno (fig. 19).

Sub – Lanuvium

a) È certa l‟esistenza di un raccordo stradale tra la cittadina

e l‟Appia antica che corre alle falde dell‟altura su cui sorge

il centro, oltre a quello che si stacca nei pressi di Monte

Cragnoletto; è verosimile, perciò, che sia antica anche la

strada ricalcata dalla via papalina, detta Aurelia vecchia,

che dal paese raggiunge la consolare presso il castello di S.

Gennaro (detto “il Castellone”): qui si troverebbe la

stazione, ma la localizzazione non è certa. La sommità

della piccola altura è perimetrata da un muro medievale in

blocchetti di tufo, che si aprivano verso una rampa dove

era l‟ingresso della fortificazione, sul lato della strada

moderna, ma questa cinta è stata preceduta da una più

antica, a blocchi di opera quadrata, ben visibili sul lato

dell‟ingresso, frammentariamente a ponente, e sotto il

terrazzamento artificiale che, in una fase intermedia tra le

due, ha ospitato una villa romana. Il terrazzamento,

orientato a mezzogiorno, è contenuto da muri in opera a

sacco, contraffortati verso valle; sulla sua superficie

restavano nel dopoguerra una serie di 5 vani affiancati, in

opera reticolata, coperti a botte3.

Dopo il ponte sul fosso di S. Gennaro, 250 m. prima di

arrivare al castello, sulla sinistra, sono i resti di un edificio

di età romana, in opera laterizia, con una parete curvilinea,

inglobato in un casale in rovina, edificio per il quale il

Quilici ha proposto l‟identificazione con una taberna

(QUILICI 1989B, p. 81, fig. 45). Dopo il castello di S.

Gennaro, si conserva un altro ponte sul fosso Martinella.

CRESSEDI 1949, pp. 95-96.

b) Per Quilici è più verosimile la localizzazione della

stazione più a nord, presso i grandi resti di calcestruzzo ora

inglobati in una villetta, a destra della strada antica, dove

questa si separa dalla SS. 7, dopo Monte Cragnoletto. Si

conserva, qui, anche parte del muro di contenimento del

terrapieno in opera quadrata di travertino, su cui sorgeva la

villa, muro che delimita anche il marciapiede.

QUILICI 1989B, p. 77, fig. 42.; p. 81, fig. 45.

Ad Sponsas Scheda I.2

a) In località Soleluna, all‟incrocio tra la via Appia e la via

Velletri - Satricum – Anzio (detta via Mactorina).

b) Il de la Blanchère l‟aveva invece localizzata presso

Ponte di Mele, all‟incrocio con la via di Civitana, dove

sono resti antichi, messi in relazione con quelli di Vigna

Capocchio e della Civitana, che sono però pertinenti a

impianti rustici.

PELZER WAGENER 1913, pp. 401-402.

Stazione anonima in loc. “Le Castella”

Loc. Le Castella, comune di Cisterna di Latina, prov. di

Latina.

Interessante caso di continuità di un insediamento romano

in epoca medievale: si ipotizza l‟esistenza di un impianto

termale connesso ad una stazione di sosta, dove la presenza

della strada romana avrebbe attratto l‟impianto di una

basilica, dal significativo nome di S. Andrea in Silice.

Presso il luogo di culto, sarebbe sorto un primo castello,

detto vetus, rimpiazzato da un nuovo nel 12014. Le

strutture della chiesa reimpiegavano già, probabilmente,

parti del preesistente edificio romano, ed il sito era già

fortificato, come sembra anche evincersi sulla base

dell‟esistenza di un fossato, ancora oggi individuabile a

sud della chiesa5. Tra reperti mobili, è rilevante una fistula

plumbea, riportante il nome del proprietario al genitivo,

ricondotta in via ipotetica all‟impianto termale lungo la

strada, o, meglio, al proprietario di una villa rustica. Sulla

base del rinvenimento di una lastra a bassorilievo

raffigurante una processione di cavalieri, si ipotizza la

V.1 Rassegna topografica: Regio I

85

presenza di un luogo di culto di epoca classica (V secolo

a.C.).

COSTE 1990, p. 132; PETTI 1991.

Tres Tabernae Scheda I.3

Ad Flexum

Tradizionalmente è riconoscita nella Taverna di S. Cataldo,

dove la via Latina incrocia la Casilina moderna, ma di

recente si è proposta un‟identificazione leggermente

spostata, alla chiesa di S. Maria del Piano, che riusa

murature di epoca romana. Da qui provengono anche molti

materiali di età romana e sono attestati due tratti basolati,

riconducibili, in via di ipotesi, alla via Latina ed al

deverticolo per Venafrum.

VALENTI 1999, p. 141.

Tripontium

Loc. Tor Tre Ponti, 1 km a sud dell‟incrocio tra l‟Appia e

la strada Latina - Latina scalo. Casale seicentesco sulla

sinistra, dove sono murati alcuni miliari, davanti alla

chiesa di S. Paolo. A m. 500 dal borgo, si trova un ponte

antico a due arcate sul fiume Ninfa (detto “di Traiano”), ed

altri 20 m. a sud, è un piccolo ponte romano sul canale

Striscia. In epoca medievale sorse qui la chiesa di S. Maria

Treponti. Il tratto di Appia tra Tripontium e Forum Appi ha

subito rifacimenti soprattutto tra l‟epoca di Nerva e quella

di Traiano.

ROMAGNOLI 1966; COSTE 1990, p. 127.

Forum Appi

Loc. Borgo Faìti, prima del bivio tra l‟Appia e la via per

Sezze. Della stazione, che doveva costituire solo una parte

dell‟abitato sorto intorno al foro che portava il nome del

fondatore della via Appia Claudia, resta solo un‟area di

frammenti fittili triturati dalle arature, a sinistra della

strada, specialmente dietro il grande casale di Frappo, dove

si trovano blocchi parallelepipedi di tufo e un rudere

laterizio. Prima del casale, c‟è il ponte romano sul fosso

Cavata. Nel tratto compreso tra Forum Appi e Terracina, la

via Appia prendeva nome di Decennovium, in riferimento

alle 19 miglia (circa 28 km) di distanza tra le due località.

Questo tratto era particolare perché, da qui, il canale che

fiancheggiava la strada, alimentato anche dalle acque dal

Canale di Ninfa, diveniva navigabile (e lo era ancora alle

chiatte nei primi decenni del secolo), potendosi usare le

barche fino alla rupe di Leano, dove il canale sfociava in

mare. Tale possibilità fu sfruttata da Orazio, nel corso del

suo celebre viaggio fino all‟Adriatico, che ricorda Forum

Appi “gremito di battellieri e di osti imbroglioni”.

In epoca medievale, è attestata nell‟area del borgo la chiesa

di S. Leonardo de Silice.

QUILICI 1989A, p. 10; CANCELLIERI 1990, pp. 61-67;

COSTE 1990, p. 127.

Ad Medias

Loc. Casale di Mesa, 12, 5 km. a s. di Borgo Faìti. Qui si

trova il casale di posta pontificio più articolato, che

perpetua la mansio di Ad Medias, dalla quale deriva lo

stesso nome di Mesa, intendendosi la metà del percorso del

Decennovio. Davanti al casale, sembra potersi ricostruire

un allargamento della sede stradale, che si amplia in uno

spiazzo lastricato. Ai lati del portone del casale, sono

collocati i cippi miliari traianei XLVIII e XLVIIII, trovati

nel corso dei lavori settecenteschi di ripristino dell‟Appia

(CIL, X, 6833 e 6835)6. Sullo stesso lato sinistro

dell‟Appia, sono i resti di un grande mausoleo in

calcestruzzo, presumibilmente di tarda età repubblicana. A

m. 300 dal casale, in direzione Terracina, il Lugli aveva

segnalato una fontana abbeveratoio, costruita con mattoni

antichi, con cortina esterna in opera mista di tufelli e

laterizi e rivestimento interno in cocciopesto, servita da

una conduttura in terracotta a sezione rettangolare,

struttura della cui antichità non era, però, certo. All‟altezza

del Casale si staccava la via di collegamento con le pendici

dei monti Ausoni, che seguiva un asse centuriale: il suo

prolungamento ideale verso la costa raggiungerebbe il lago

di Fogliano, e quindi la stazione di Ad Turres Albas.

All‟inizio del XII secolo è qui attestata la presenza di una

chiesa dedicata alla SS. Trinità, e nel XIII secolo un

hospitalis per i pellegrini7.

CANCELLIERI 1975; CANCELLIERI 1987, p. 62, nn. 28-30;

QUILICI 1989A, pp. 13-15; COSTE 1990, pp. 127-128;

QUILICI 1990, p. 55, n. 28.

Tarracina

Presso l‟antica colonia si possono segnalare diverse

emergenze archeologiche, riconducibili alle funzioni di

servizio alla viabilità, anche se non si può indicare con

sicurezza la stazione stradale di epoca imperiale, da

localizzarsi presso il tracciato della strada consolare

radicalmente trasformato in età traianea. Le segnalazioni

pertinenti alla via Appia repubblicana che seguono,

tuttavia, sono interessanti per comprendere come potessero

essere organizzati i luoghi di sosta prima della

strutturazione del servizio di posta imperiale.

a) secondo l‟Apollonj Ghetti, la via Appia repubblicana,

detta Appia Claudia all‟altezza di Piazza della Repubblica,

piegava a sinistra e saliva verso il perimetro del tempio,

fiancheggiata da edifici tra i quali “la stazione porticata

adibita al cambio dei cavalli ed al ristoro dei viaggiatori”,

sulla quale, però, non vengono forniti dettagli8.

APOLLONJ GHETTI 1982, p. 24.

b) La via Appia più antica, che dopo aver attraversato la

città, sale verso il monte alle spalle del tempio di Giove,

sempre costellata di sepolcri; si separa dalla via per il

tempio all‟altezza del bivio per il cimitero, e raggiunge il

crinale del monte, dove, presso la sella montana, al Saltus

Lautulae, si trova la Piazza Palatina (già piazza dei

Paladini), dove è uno spiazzo, di circa 22 m. di raggio, in

parte ricavato nel banco roccioso, e ampliato verso il

pendio da muri in opera quasi quadrata di calcare,

attrezzato per consentire il riposo degli uomini e degli

animali9.

LUGLI 1926, coll. 201-202, fig. 23; Carta n. 2, senza

numero di riferimento per la segnalazione; BROCCOLI

1975; QUILICI 1989A, pp. 23-25.

c) Stabilimenti termali posti in prossimità degli accessi

cittadini: le cd. “Terme Nettunie”, subito fuori del

perimetro urbano, proprio in prossimità del tratto basolato

V.1 Rassegna topografica: Regio I

86

dell‟Appia10, e un altro complesso termale molto vasto e

molto articolato, completato da ambienti residenziali

riccamente decorati (mosaici attribuibili al II - III secolo)

posizionato sulla destra della via Appia provenendo da

Roma, a 30-50 m. di distanza da essa, circa m. 500 prima

della Porta Romana del centro moderno, in loc. Prebende o

S. Cesareo (presso la moderna stazione ferroviaria),

DE ROSSI 1987, pp. 25-39; MALIZIA 1988.

Sinuessa

La stazione si trova, secondo il Lugli, presso i Bagni

Minerali, a 2 km. dal centro abitato. In via ipotetica, si

possono, quindi, ricondurre alla stazione le Terme sulfuree

Sinuessane, in parte inglobate da stabilimenti moderni:

resti del complesso terrazzato sono localizzati sul pendio

del Monte Pizzuto, alle falde del quale corre l‟Appia (in

prossimità del Casino Tranzo, si stacca la via Domiziana).

Si tratta di resti di murature in opera reticolata e opera

laterizia11.

LUGLI 1952, p. 286; FERRONE - PAGANO 1976, pp. 26-29;

33-36; PAGANO 1990.

2a) Via Latina

Stazione anonima al IV miglio Scheda I.4

Ad Bivium Scheda I.5

Stazione anonima presso Rossilli Scheda I.6

Compitum Anagninum

La stazione stradale si localizza presso l‟Osteria della

Fontana, incrementando il numero di attestazioni del

fenomeno della continuità registrabili tra luoghi di sosta

antichi e moderni, e della presenza, presso le stazioni

stradali, di importanti fonti di approvvigionamento idrico,

o punti d‟acqua molto popolari. In questo punto, si ha

anche la confluenza con la via Labicana.

BARBETTA 1995, p. 80.

2b) Via Labicana

Ad Statuas Scheda I.7

3) Via Prenestina

Stazione anonima presso Ponte di Nona (“Ad IX”?)

Scheda I.8

4) Via Lavinium - Circei - Tarracina (Via Severiana?)

Secondo la Egidi, solo la ricostruzione del tracciato più

costiero, lungo le dune che separano i laghi costieri dal

mare, consente di rispettare il computo delle miglia

indicato nella Tabula, sia nei totali che nei parziali (EGIDI

1980, p. 123), mentre la Brandizzi Vittucci, che ritiene

valida la denominazione di via Severiana solo per il tratto

tra Ostia (Porta Marina) e il praedium imperiale presso Tor

Paterno, la ricostruisce piuttosto interna (BRANDIZZI

VITTUCCI 1998).

Ad Turres Albas Scheda I.9

5a) Via Neapolis - Puteoli

Stabilimento termale presso Via Terracina, Napoli

Si trova tra il IV ed il V miglio della via Puteoli - Neapolis

(ad una distanza di circa miglia 5 da entrambe le città),

presso lo sbocco della Crypta Neapolitana, la galleria

aperta in età traianea (102 d.C.), per abbreviare il tragitto

verso Puteoli, esattamente dove si uniscono la via per

Cryptam e quella per colles (detta, anche, Antiniana, da un

praedium Antonianum), nel punto in cui si diparte anche il

bivio per la località di Pianura (CASTAGNOLI 1977). Le

terme (Tav. XII, c), scavate nel 1939, sono tuttora in buone

condizioni di conservazione. In particolare, sono famosi i

mosaici del frigidarium, del vestibolo e della latrina, a

soggetto marino. Il nucleo principale risale alla prima metà

del II d.C., ma le modifiche apportate successivamente ne

hanno variato considerevolmente l‟aspetto e le funzioni.

L‟ingresso attuale non si apre sulla strada romana

(conservata per un tratto alle spalle dell‟Istituto d‟Arte),

ma anticamente il complesso era servito da un deverticolo

basolato che è ben conservato. Lo stabilimento era

alimentato da una diramazione dell‟acquedotto del Serino.

Data la rilevanza di questo nodo viario, è stato suggerito di

localizzare nei dintorni di questo stabilimento termale, un

luogo di sosta, che non è stato, però, menzionato in alcuna

delle fonti superstiti. Secondo lo Johannowski, presso

questo incrocio, nella località Cupa Marzano, andrebbe

localizzata l‟antica Marcianum, località di incerta

collocazione, nota dalle fonti che raccontano la traslazione

delle reliquie di S. Gennaro. Da collegare al Marcianum,

ed alla traslazione delle reliquie, “nelle vicinanze di questo

luogo di sosta”, avanzi di murature sul colle S. Angelo che

sembrano appartenere ad una cappella cristiana.

JOHANNOWSKI 1952, pp.141 142; LAFORGIA 1981;

LAFORGIA 1985, pp. 340-347; I CAMPI FLEGREI 1990, pp.

46-55.

5b)Via Campana da Capua a Puteoli

In Vinias

Stazione localizzata presso l‟incrocio tra la via Campana e

la via di collegamento tra Puteoli e Cuma, o meglio, sulla

base delle fonti imperiali, si può ritenere che la statio fosse

posta lungo una variante della via Neapolis - Puteoli -

Cuma, che evitava l‟attraversamento di Puteoli. La statio

sarebbe stata pertanto collegata a Puteoli stessa attraverso

un raccordo. Dal momento che la tappa è segnalata a breve

distanza dalla città di Pozzuoli, è possibile che il luogo di

sosta fosse di ridotte dimensioni e non offrisse molti

servizi, di agevole reperimento nel centro urbano, e non si

può escludere, quindi, che essa vada individuata in

qualcuno dei complessi inseriti tra i monumenti funerari,

della necropoli di via Celle o del Fondo Fraia, che,

presentandosi con delle caratteristiche diverse, sono stati

V.1 Rassegna topografica: Regio I

87

riconosciuti come horrea (vedi supra, Ad Quartum), o

come complessi di incerta funzione12.

DUBOIS 1907, p. 241.

Ad Quartum

L‟esistenza di questa stazione è supposta sulla base del

toponimo. Tra il IV ed il V miglio sono segnalati molti

resti di edifici, identificati con horrea, che potrebbero

essere messi in relazione con la stazione, ma che sono

tuttora inediti. In particolare, presso la Masseria Crisci,

sono conservati i resti monumentali di una struttura a due

piani in opera reticolata, identificati in via ipotetica con

strutture per l‟immagazzinamento di derrate alimentari.

All‟intorno, molti monumenti funerari.

CHIANESE 1938, pp. 47-65; JOHANNOWSKI 1952, p. 141;

QUILICI 1970, p. 189-190, pensa invece a strutture

connesse con complessi agricoli; PAGANO 1980-81, pp.

257-264; I CAMPI FLEGREI 1990, p. 151.

6a) Via Tiburtina

Stazione anonima presso Rebibbia Scheda I.10

Villa rustica (stazione anonima?) presso lo stabilimento

industriale Alenia

In località Settecamini, all‟altezza del Km. 11,700 della via

Tiburtina si è indagata una grande villa rustica, all‟interno

della quale si è ritenuto di riconoscere strutture di servizio

per i viaggiatori. Si sono rinvenuti i resti di due ambienti,

interpretabili verosimilmente come cortili, pavimentati con

un basolato simile a quello della arteria viaria. All‟intorno,

vi sono strutture archeologiche, delle quali sopravvivono

solo le fondazioni. I pochi lacerti di murature individuati

sono opera reticolata di tufelli. Alcuni frammenti di

mosaico e di intonaco dipinto rinvenuti tra i materiali

dispersi indiziano la presenza di ricche finiture all‟interno

degli ambienti destinati alla residenza. L‟impianto data alla

fine dell‟età augustea, ma sono stati rinvenuti nei dintorni

materiali ceramici databili fino alla fine del V secolo d.C.

MESSINEO - STAFFA 1981.

Stabilimento termale in loc. Casale Bonanni

All‟altezza del km. 13,400, si trova un‟altra piazzola di

sosta, con impianto termale datato alla prima età imperiale

(fig. 20), frequentato fino ad età tarda.

CALCI - MESSINEO 1991-92.

Stazioni anonime presso Settecamini

Schede I.11 e I.12

Ad Aquas Albulas –

Terme di Agrippa o della Regina Zenobia

Presso Bagni Albule (detto anche Bagni di Tivoli), sulle

sponde del lago della Regina in località Bagni Vecchi,

lungo la variante più antica della via Tiburtina,

corrispondente alla moderna via di Casal Bianco13, è un

grandioso stabilimento termale che sfrutta le risorgive di

acqua sulfurea, che originano i laghi di questa località, da

sempre nota con il nome di Albule. Lo stabilimento doveva

occupare un‟area di circa mq. 6000, ed era articolato in

almeno due corpi di fabbrica, disposti a squadra, su due

terrazzi di livello diverso. Si riconosce una grande aula,

probabilmente absidata su entrambi i lati corti, in via

ipotetica identificata con un heliocaminus, a lato della

quale sono almeno altri due locali absidati, a pianta

rettangolare, di dimensioni differenti (Tav. XIII, f). Al di

sotto del livello pavimentale della grande aula, si trovano

una serie di vani rettangolari coperti a volta, forse, costruiti

nel solo intento di rialzare il piano di spiccato dell‟aula

stessa. Sulle sponde del lago, sono stati rilevati altri

consistenti resti dello stesso stabilimento, di planimetria,

però, frammentaria. Le decorazioni architettoniche ed i

rivestimenti erano di particolare pregio. L‟impianto risale

ai primi decenni del II d.C. (sotto il regno di Adriano). È

attestata una frequentazione, di tipo imprecisato, in epoca

precedente. Mentre è assolutamente immotivata

l‟attribuzione tradizionale ad Agrippa, è interessante

rilevare che in quest‟area doveva localizzarsi il praedium

assegnato da Aureliano alla regina Zenobia, durante il

coatto “soggiorno romano”: pur essendo probabile che il

toponimo “Palatio”, segnalato in questa zona almeno dal

1402, si riferisca ad un unico, maestoso complesso, è,

comunque, suggestiva la relazione con il toponimo di

attinenza itineraria. Qualora si accetti la ricostruzione della

viabilità proposta dal Mari, e si “grazi”, quindi, la cifra

itineraria tràdita, è evidente che il luogo di sosta deve

essersi trovato negli immediati dintorni dello stabilimento

termale; altrimenti, si deve pensare che la Tabula (che non

riporta, in questo caso, la tipica vignetta) sottintenda un

bivio diretto a questa località, piuttosto che ritenere che la

stazione sia da localizzarsi presso la moderna frazione di

Bagni.

MARI 1983, pp. 18-19; pp. 295-318, nn. 339-34; THOMAS

ASHBY 1986, pp. 45-46.

6b) Via Tiburtina Cornicolana

Da Settecamini a Guidonia-Montecelio; corrisponde

all‟attuale via di Casal Bianco, n. 28 bis.

Stazione anonima lungo la via Tiburtina Cornicolana

Luogo di sosta recentemente indagato lungo la via (fig.

21); l‟impianto è datato al I secolo d.C., con fasi di

occupazione che giungono al IV-V secolo. Si articola in

una serie di vani aperti su di un cortile. Nei dintorni, sono

segnalate alcune tombe alla cappuccina.

MARI - MOSCETTI 1991-92.

7) Viabilità secondaria, lungo il Tevere.

Stazione anonima presso la Magliana Scheda I.13

V. 2 Rassegna topografica: Regio II

88

V. 2 REGIO II

APULIA ET CALABRIA

La regio II è interessata:

1a) dall‟attraversamento del tratto finale dell‟Appia

repubblicana (da Caudis a Beneventum, Canusium -

Tarentum) e dal suo prolungamento fino a Brindisi. Esiste

una variante per compedium documentata dall‟Antonino,

ma si tratta solo di una tangenziale che evita Taranto.

L‟Antonino segnala anche un raccordo tra Tarentum e

Variis (Bari), senza tappe intermedie;

1b) “Limitone dei Greci”14;

2a) dall‟Appia Traiana che riprende verosimilmente la via

Minucia, da Beneventum ad Aecas, Herdoniae, Canusium,

Butuntum, Celia, Egnatia, Brundisium;

2b) piccolo raccordo disegnato nella Tabula da Aecas per

Arpos - Sipontum (via costiera);

3) la prosecuzione della via Appia Traiana da Brindisi

verso sud (Otranto): “via Traiana Calabra;

1a) Via Appia

Pons Aufidi

Genericamente, la stazione dovrebbe trovarsi presso il

ponte S. Venere sull‟Ofanto (antico Aufidus). Quello

conservato è di età medievale, mentre quello romano si

trovava immediatamente a valle di quello moderno.

Secondo il BUCK 1971, la stazione si dovrebbe localizzare

750 m. a valle del ponte S. Venere e del ponte della

ferrovia. La strada passa ad est sopra Isca della Ricotta fino

a Masseria Leonessa, dove è stato segnalato un

insediamento romano oggetto di scavi15. L‟area sepolcrale

si trova ad est della grande costruzione moderna; la sua

frequentazione è datata tra il III secolo a.C. ed il II d.C.

L‟insediamento abitativo si disloca ad ovest e sud: qui

sono stati segnalati resti di una cisterna romana.

QUILICI 1989A, p. 53, tav. 4.

Silvium

Altura di Botromagno, sul poggio che precede il fosso di

Gravina. La stazione doveva trovarsi su questa sponda

dove era un abitato peucetico. In epoca tardo-antica,

l‟abitato si spostò sulla sponda opposta (Gravina).

Le indagini archeologiche hanno riportato alla luce resti

databili per la maggior parte ad epoca repubblicana, mentre

scarsissime sono le tracce della frequentazione di epoca

primo-imperiale: l‟occupazione successiva all‟epoca

repubblicana deve essere stata limitata nel tempo e nello

spazio, riconducibile, secondo gli stessi scavatori, solo ad

una mansio di ampiezza modesta. I dati di epoca imperiale

attendono, comunque, l‟edizione16.

QUILICI 1989A, pp. 54-55; BOTROMAGNO 1992, pp. 121-

122.

Sub Lupatia

a) In Loc. Taverna, presso le Masserie S. Pietro e S.

Filippo, lungo la carrareccia che ripete la antica via Appia,

e che da questo punto si stacca dal tratturo che da Altamura

ha conservato l‟antica consolare. Qui, conserva il nome di

Appia o di Carrara. Questa carrareccia è quella che

incrocia la via Laterza – Castellaneta a 5, 6 km. da Laterza.

LUGLI 1952, p. 290; DONVITO 1988 indica masseria

Viglione.

b) In Loc. Taverna Candile o Cannile, dove la via di

collegamento tra Ionio e Adriatico, che nella Tabula

conduce a Norve, e ripete in parte il tratturo Orsanese,

incrocia l‟Appia. Questa zona è particolarmente ricca di

sorgenti di acqua potabile. Qui sono stati segnalati

rinvenimenti di tombe con corredi e la presenza di edifici

antichi, dei quali resta visibile una cisterna inglobata in una

costruzione moderna.

RUTA - RICCHETTI 1988.

Ad Canales

a) Alla confluenza delle gravine S. Stefano e Castellaneta,

dove si stacca la strada per Minerva, con resti di un ponte

antico.

UGGERI 1983, pp. 200-202.

b) Tra Lemme e Palagiano, a nord della strada moderna

che qui riprende l‟antica, avanzi di grandi cisterne romane

e un rudere di recinto rettangolare in opera reticolata detto

Parete Pinto. Il nome moderno dell‟abitato potrebbe

derivare da palatianum, magari riferito ad un fondo. La

foto aerea ha consentito di individuarne l‟impianto

ortogonale, che lo qualificherebbe, secondo gli editori,

come “una borgata romana sorta nel sito di una stazione

stradale” che, tuttavia, è preferibile ritenere anonima,

poiché non rispetta l‟indicazione delle miglia fornita da

It.Ant,. 121, 5-7.

LUGLI 1939, tavv. X-XV; LUGLI 1952, pp. 290-291;

QUILICI 1989A, p. 56.

Mesochorum Scheda II.1

Stazione anonima presso Madonna di Gallano?

A nord-est di Oria, in contrada Madonna di Gallano, si

trovano alcuni rinvenimenti interpretabili come i resti di

una villa con terme, che può aver funzionato da stazione.

La zona archeologica si estende per circa 3 ettari. Nei

pressi della linea ferroviaria, infatti, sono stati rinvenuti i

resti di un calidarium e della villa rustica della quale

faceva parte, databili alla metà del I secolo a.C. La zona è

ricca di fonti di approvvigionamento idrico, ed un pozzo

tuttora funzionante riporta, sulla base delle sue

caratteristiche costruttive, all‟epoca greco-messapica.

Questo stesso insediamento è stato identificato, sulla scorta

di Uggeri, con una statio o mutatio sull‟Appia, che corre

tangente all‟impianto, ritenuto tipologicamente simile a

quello di Valesio17.

QUILICI - QUILICI GIGLI 1975A, pp. 90-91, n. Q 34; MARIN

1986, p. 47; MARUGGI 1991.

V. 2 Rassegna topografica: Regio II

89

Stazione anonima presso S. Giorgio - Masseria Masina

Abitato rustico sorto attorno ad una cisterna, importante

luogo di approvvigionamento idrico della zona, ai margini

di un fundus, lungo la strada romana. Cronologia dalla

tarda età repubblicana, con floruit di media e tarda età

imperiale. Abbandono nel V-VI secolo d.C.

MANACORDA - VOLPE 1994.

1b) Limitone dei Greci

Stazione anonima presso Masseria Malvindi -

Campofreddo

Impianto termale oggetto di indagini di scavo, con

necropoli. Secondo COCCHIARO 1991, p. 140, il complesso

oggetto di indagini archeologiche, dislocato lungo l‟arteria

nota come “Limitone dei Greci”, è di epoca coeva

all‟impianto termale di Valesio.

QUILICI - QUILICI GIGLI 1975A, p. 124 n. X2, prima degli

interventi di scavo; COCCHIARO 1988.

2a) Via Appia Traiana

Forum Novum

A) In loc. Montemale - Rione S. Arcangelo, a sud del

paese di Paduli, lungo la carrareccia che riprende la

consolare, ben individuata dai ponti di S. Valentino e sul

fosso Ponticello. La stazione “doveva avere un suo decoro,

dato il materiale architettonico occasionalmente sparso che

ancora vi si trova”.

B) Oppure presso Rione Fornonuovo (per presunta

relazione toponimica)

ASHBY - GARDNER 1916, pp. 125-129; QUILICI 1989A, p.

67; CALZOLARI 1997, pp. 160-161.

Aquilonis

Sul versante sud-orientale del monte S. Vito, presso

l‟omonimo casale, superati i casali di Tre Fontane18. I

toponimi del luogo sottolineano la presenza di acque: la

stessa stazione prende nome dal fiume Aquilone (oggi

Celone), e la vena d‟acqua fu ivi condotta per la mutatio. Il

casale, che ha ereditato la funzione di ricovero per i

viaggiatori, e che si trova a lato del valico (971 m. sl.m.),

ha preso nome da una cappella cinquecentesca. Anche la

stazione aveva un santuario, come sappiamo dall‟epigrafe

murata nel casale (del 213 d.C.), che ricorda la dedica da

parte di un centurione, M. Aurelio Nigrino, del boschetto

che circondava le sorgenti del fiume Aquilonis al culto

della famiglia imperiale di Caracalla. Presso S. Vito, sono

stati segnalati resti di strade basolate, e qui si trova

l‟incrocio con una via che si dirige a nord direttamente a

Luceria.

ALVISI 1970, pp. 33-34.

Ad Speluncas – Speluncae

A Torre di S. Sabina, in loc. Mezzaluna, frammentari resti

di epoca repubblicana ed imperiale concentrati presso la

strada moderna e nella zona della “mezza luna” marittima

dove forse è da localizzare lo scalo portuale, attestano

l‟esistenza di un insediamento che prendeva nome dalla

presenza di caverne, ricavate nella parete della scarpata che

digrada verso il fiume della Mezza Luna. La stazione

sorgeva, probabilmente, in prossimità dell‟incrocio tra la

via Traiana e la diramazione per il porto di Carbinia, oggi

Carovigno. Si ricostruisce frammentariamente una struttura

di recinzione, della quale resta un solo angolo; a nord-est

di questo, sono conservati parzialmente i muri perimetrali

di un vano. Nell‟area sono frammentariamente attestati

mosaici. Vicino al toponimo Case Vecchie sono segnalate

almeno 5 grotte, alcune delle quali manifestamente

artificiali, che sono separate dall‟argine del fiume da un

muro a secco che le recintava, ed era a sua volta sostruito

da un muro che terrazzava il pendio e arginava il corso

d‟acqua. Sopra il pianoro, resti di molte strutture

cementizie fortemente danneggiate, tra cui un condotto

scavato nel banco e rivestito con tegole e pietre squadrate

allettate nella malta. A sud di questo complesso si trovano

due cisterne, una delle quali (ipogea) è recintata da un

muretto a secco, mentre l‟altra, ancora in uso, è scavata

nella roccia, con copertura a volta. Ancora, strutture

murarie di epoca romana sono state interrate dalle dune

sabbiose ed, in parte, intaccate dai lavori di cavatura di

sabbia, mentre a nord-est è stato scavato un grande fossato,

con canale scavato nella parte mediana del suo fondo

piatto. Sul pianoro della masseria, sono tombe a fossa

intagliate nella roccia e tombe a camera rupestri. È

interessante rilevare che nella zona si trovano cave di

“tufino” sfruttate anche in antico. Alcuni rinvenimenti di

superficie attestano una frequentazione già dal IV - III

secolo a.C., ma la maggior parte dei resti sono attribuibili

all‟epoca imperiale, tra I e IV secolo d.C. Alcuni reperti

(anche monetali) suggeriscono, comunque, che la

frequentazione dovette rimanere assidua anche dopo il IV

secolo. Nel 1226 è documentata l‟esistenza di un ospizio

per i pellegrini affidato all‟ordine dei Cavalieri Teutonici

ed annesso alla chiesa di S. Sabina.

GELSOMINO 1966, pp. 191-193; UGGERI 1974, pp. 220 -

228; COPPOLA 1977, pp. 66-74; 105-110; UGGERI 1983,

pp. 254-256.

2b) Via (Beneventum – Aequum Tuticum) Aecas -

Sipontum

Nel tratto compreso tra Nuceria Apula e Luceria, andrebbe

localizzata la tappa di:

Praetorium Laverianum

a) In località posta Montaratro, dove la foto aerea ha

permesso di individuare un recinto circondato da un

fossato. Nei dintorni sono segnalati resti di una necropoli e

di un abitato di epoca romana.

ALVISI 1970, pp. 62-63.

b) Scheda II.2

Se, seguendo l‟ipotesi del Volpe, non facciamo passare da

Luceria il raccordo tra Aecas e Arpi disegnato sulla

Tabula, ma direttamente, lungo la valle del Celone,

possiamo localizzare il Praetorium presso S. Giusto, che

rispetta la distanza di 9 miglia rispetto a Sipontum (quella

da Aecas non è indicata).

VOLPE- BIFFINO - PIETROPAOLO 1996.

V. 2 Rassegna topografica: Regio II

90

3) Via Traiana “Calabra”, da Brundisium verso sud

Stazioni anonime a sud di Brundisium

Diverse segnalazioni archeologiche, localizzate a margine

della strada romana, indiziano la presenza di complessi

funzionali al ristoro dei viaggiatori ed al cambio degli

animali, allo stoccaggio e allo smistamento delle merci,

non menzionati in alcuna delle fonti itinerarie superstiti. Si

tratta dell‟insediamento fuori della porta Lecce di Brindisi,

lungo la strada che conduce a sud, in contrada S. Rosa, con

molti rinvenimenti di scarichi di anfore; un complesso

forse identificabile con una villa rustica presso Masseria

Flaminio e una costruzione con cupola presso la masseria

del Trullo.

UGGERI 1979; UGGERI 1983, pp. 123, 275-276.

Carte in QUILICI - QUILICI GIGLI 1975A, tavv. N e O, senza

indicazione della viabilità.

Valesium Scheda II.3

Hydruntum

La strada campestre che corre verso Serrano, Masseria

Torcito, Masseria Lama, Polluce, Masseria Maramonte,

arriva in cima al canale del Rio Grande e scende verso la

foce dell‟Idro, attraversando l‟area cimiteriale romana e

bizantina delle catacombe di S. Giovanni. Sull‟Idro doveva

sorgere la stazione postale, a poco meno di un miglio dal

porto.

UGGERI 1979, pp. 129-130; UGGERI 1983, p. 57, con

bibliog.

V.3 Rassegna topografica: Regio III

91

V. 3. REGIO III

LUCANIA ET BRUTTII

Soltanto studi recenti hanno consentito di incrementare la

conoscenza della rete viaria calabrese di epoca romana19,

precedentemente poco nota, a causa della scarsa

persistenza di manufatti stradali e della scarsa quantità di

miliari rinvenuti, con l‟eccezione dell‟importante elogio di

Polla di epoca repubblicana. Sulla base delle fonti

itinerarie si ricostruiscono tre tracciati principali: quello

più interno, che da Capua raggiunge Regium, che

costituisce il prolungamento ideale in direzione sud-

occidentale della via Appia (è l‟unico riportato - in due

leggere varianti - nell‟Itinerario Antonino; CANTARELLI

1980, pp. 935-936), e le due vie costiere, tirrenica (che si

ricongiunge a quella più interna presso la foce del fiume

Savuto) e ionica, segnate nella Tabula20, entrambe riprese

dall‟Anonimo Ravennate e da Guidone. A queste, si può

aggiungere una sola via transistmica segnalata - pure

confusamente - nella Tabula, tra Vibo e Scolacium.

Le stazioni itinerarie sono state distribuite lungo 4 itinerari

principali:

1) l‟antica via assiale da Capua a Regium, che, con tappe e

cifre diverse, è indicata nell‟elogio di Polla, nell‟Antonino

e nella Tabula;

2) la via Tirrenica indicata solo dalla Tabula;

3) la via Ionica che da Regium segue la costa fino a

Tarentum;

4) via transistmica tra Vibo Valentia e Scolacium -

Croton/Annibali (della quale è nota solo una stazione

anonima).

1) Via Capua - Regium21

Nel tratto tra Caprasia e Cosentia, le nostre due fonti

principali propongono lo stesso itinerario, con la differenza

che nella porzione iniziale, la Tabula indica la località di

Interamnium anziché Summuranum, privilegiando una

tappa diversa, e prima di Cosentia inserisce l‟indicazione

(con l‟inchiostro nero, specifico dei nomi dei luoghi di

tappa) “Crater flumen”, allungando di molto la somma

delle distanze rispetto all‟Itinerario Antonino22. Qualche

discrepanza si registra anche nel tratto successivo, dal

momento che l‟Itinerario Antonino registra una tappa,

indicata con il nome di Ad Sabutum Fluvium. Secondo la

Andronico (ANDRONICO 1991), basta reintegrare nella

Tabula l‟indicazione di Ad Sabutum Fluvium, e posporre la

cifra VIII alla distanza tra Annicia e Vibo. In questo caso la

sequenza delle stazioni tra fl. Sabutum e Vibo sarebbe

diversa rispetto all‟Antonino, ma il totale ritornerebbe23.

In questa sede viene seguita la ricostruzione del Taliano

Grasso, che localizza presso la stessa strada (indagata e

documentata archeologicamente) tutte le tappe indicate

nelle fonti, ma che le lascia distinte, senza cercare di far

coincidere l‟It.Ant. con la Tabula, attribuendo le differenze

semplicemente a delle scelte di località diverse24.

L‟Itinerario Antonino fornisce poi due versioni che variano

prima di Vibo: la prima colloca Ad Angitulam a XIII miglia

da Ad Turres, senza arrivare a Vibo, mentre la seconda

indica XXI miglia tra Ad Turres e Vibo25.

Nerulum La stazione stradale, dove si incrociano la via Herculia e la

Popilia -Annia, è ovviamente distinta dall‟abitato; quello

romano è certamente nella Conca di Castelluccio sul Lao,

ma non ne è certa la sua discendenza da quello preromano,

e nemmeno la scelta fra le località sotto menzionate:

a) Scheda III.1

In località Pian delle Vigne (probabilmente, la stessa

indicata in qualche edizione con il toponimo di Vigna della

Corte):

BOTTINI 1988, pp. 228; 235-263; LA TORRE 1990A, p. 156

con bibliog.

b) Presso Laino Bruzio, dove è un‟area archeologica che

presenta resti che spaziano dal Bronzo finale all‟epoca

imperiale, ma in questo caso è meglio pensare che da qui

passi un deverticolo che si stacca da Morano per arrivare a

Laino e da qui raggiungere il Tirreno nei pressi di Praia a

Mare: GIVIGLIANO 1994A, p. 305 con bibliog.; indagini

archeologiche che privilegiano la Collina S. Gada.

c) GIVIGLIANO 1994A, p. 305, invece, preferisce Rotonda,

nella conca montana del Mercure-Lao;

d) Presso lo stesso Castelluccio:

BOTTINI 1990.

Caprasia

L‟identificazione tradizionale nella valle del Crati, presso

Tarsia (Nissen, Miller, Cantarelli), è stata sostituita da

quelle di:

a) Zona tra S. Marco e Roggiano, in loc. Casello-Masseria

Campagna, alla destra del fiume Follone. La statio è

localizzata presso un complesso di età imperiale, del quale

sono noti almeno due nuclei: nel più rilevante, è segnalato

un complesso di età imperiale costituito da una villa rustica

di I - II secolo d.C., della quale restano ruderi di strutture

murarie e materiali del crollo, oltreché frammenti

architettonici, ceramici e reperti monetali. I materiali del

secondo nucleo attestano l‟esistenza di un edificio

riscaldato mediante tubuli fittili, con un deposito di derrate

e un‟area destinata alla produzione industriale, attestata dal

rinvenimento di una matrice in metallo con iscrizione NA.

Sulla base dei rinvenimenti monetali, si può sostenere che

la datazione copra almeno l‟età medio-repubblicana, ma

può essere estesa fino al II secolo d.C. Questo

V.3 Rassegna topografica: Regio III

92

insediamento, tuttavia, noto solo sulla base delle ricerche

di superficie, si configura come una grande villa rustica,

unità produttiva presso la quale si praticano attività

agricole e manifatturiere, dove sono ricavati anche edifici

lussuosi per il soggiorno e bagni termali. Solo l‟esplicito

rapporto topografico con la strada romana, non ancora

noto, quindi potrebbe confermare la funzione di luogo di

sosta e potrebbe far concorrere questo complesso alla

diagnosi di interessanti elementi circa l‟organizzazione

interna di una stazione, sia dal punto di vista planimetrico

che economico.

GUZZO 1981, p. 132, n. 158; TALIANO GRASSO 1994A, p.

10, scheda n, 125, p. 27.

b) All‟incrocio tra la via Annia e la via trasversale istmica

Cerelis-Thurii, nei pressi di Serra dell‟Ospedale e in

località Cona (a SW di Tarsia, sulla dorsale che separa il

bacino del Follone da quello del Crati), dove oltre ai resti

di un lastricato stradale N-S, è localizzato un vasto

insediamento tardo-imperiale.

TALIANO GRASSO 1994A, pp. 10-11, schede nn. 130, 148,

p. 29.

Aquae Angae

La stazione potrebbe essere localizzata a S. Eufemia

Vetere al torrente Bagni, presso l‟Abbazia, dove si trova

una villa rustica con impianto termale. Tutta l‟area che

comprende le contrade Terravecchia, Iardino di Renda,

Abbazia, Bosco Amatello e Cerzeto è, in realtà interessata

da un vasto insediamento, rilevabile sulla base dei

rinvenimenti di superficie, che riporta ad un centro di metà

IV secolo a.C. Si può ritenere che il borgo di S. Eufemia

abbia assolto alla funzione di acropoli, mentre nelle

contrade Bosco Amatello e Cerzeto siano ravvisabili le

necropoli. (SPADEA 1982, tav. 18, n. 5).

SPADEA 1990 (su Terina);

TALIANO GRASSO 1994A, p. 18, scheda 77, p. 24 bibliog.

Annicia

L‟identificazione più sostanziata è quella con il complesso

monumentale molto vasto, del quale però solo si conosce

la parte termale, alla Frazione Acconia, in loc. “Mura degli

Elleni”. La porzione conservata ha pianta vagamente

rettangolare, e si articola in un vasto locale absidato,

disposto longitudinalmente sul lato nord (Tav. XIII, c),

intorno al quale si dispongono gli ambienti riscaldati. Non

sono rimaste tracce in superficie dell‟area destinata ai

servizi, che poteva trovarsi nella parte orientale o

meridionale. Sul lato settentrionale, come abbiamo visto,

poteva trovarsi un ambiente porticato, o comunque

recintato. Le murature sono prevalentemente a cortina

laterizia con nucleo cementizio con grossi ciottoli di fiume,

in qualche caso a laterizio pieno, con alcuni tratti con

paramento a ciottoli, mentre le volte sono in cementizio

gettato su centine lignee, o su volte costruite in tubuli

laterizi. La sala A aveva una volta a crociera centrale

affiancata da due volte a botte. Lo scavo ha consentito di

porre la datazione dell‟impianto alla fine del III secolo d.C.

È possibile che il frigidarium sia stato trasformato, in

epoca altomedievale, in luogo di culto cristiano. Le terme

sono state scavate, ma non sono state pubblicate

dettagliatamente. Non è indicato il rapporto topografico

con la strada, e questo rende solo possibile

l‟identificazione del complesso con una stazione.

ARSLAN 1966, pp. 23-47; CANTARELLI 1980, p. 143;

ARSLAN 1983, pp. 282-283; CROGIEZ 1990B, p. 427;

TALIANO GRASSO 1994A, p. 19, scheda 59, p. 23.

Nicotera

Dal momento che la cifra itineraria è troppo elevata, o la si

corregge o si pensa ad una deviazione per l‟interno,

localizzando la mansio:

a) Scheda III.2

A sud di Nicotera Marina, presso S. Teodoro, in loc. Casini

Mortelleto dove si hanno dei resti di una villa con terme:

LATTANZI 1983A, pp. 551-555.

b) Oppure tra le contrade Romano e Ferilla - S. Giovanni,

ad ovest di Nicotera, dove sono noti resti di edifici abitativi

di epoca romana, di materiali architettonici e di molto

materiale ceramico, dispersi in un‟ampia zona, ma i

tracciati viari che attraversano quest‟area sembrano essere

stati secondari rispetto alla viabilità principale26.

La stazione romana si troverebbe, comunque, nei dintorni

della città greca di Medma, colonia di Locri, localizzata

nella zona di Rosarno, sul pianoro di Pian delle Vigne.

2) Via “Tirrenica” da Blanda Iulia a Vibo Valentia

Attestata solo dalla Tabula (poi Guido e Ravennate), si

tratta di un itinerario costiero, già individuabile in età

preistorica, che secondo il Taliano Grasso dopo Tanno fl.

doveva confluire nella via Annia di cui sopra27.

Blanda Iulia

a) Nei pressi di Poiarelli di Tortora (CS):

Città antica sulla sommità del colle Palecastro: resti di

un‟area pubblica, forse forense, completata dalla presenza

di due edifici templari. Secondo LA TORRE 1990B, “la

stazione di Blanda la si può definitivamente ubicare ai

piedi della collina del Palecastro (...) come stanno

dimostrando i recentissimi scavi ad opera della

Soprintendenza Archeologica della Calabria”, ma non sono

stati a tutt‟oggi forniti dettagli su queste ricerche.

ORSI 1921; SCHMIEDT 1975, pp. 78-79: nella carta di p.

8028; GUZZO 1976, pp. 138-143; ANDRONICO 1991, p. 179;

LA TORRE 1991; LAGONA 1994; TALIANO GRASSO 1994B,

p. 52, scheda 60, pp. 60-61; LA TORRE 1999, pp. 111-114.

b) La Crogiez (CROGIEZ 1990B, pp. 416-417) localizza la

stazione a Maratea, dove sono note almeno due ville, una

in loc. Santavenere, una marittima a Capo La Secca:

BOTTINI 1988, p. 230 senza bibliog.

Lavinium

Per la stazione, in qualche modo erede della città lucana di

Laos (colle di S. Bartolo di Marcellina: GRECO 1989

propende per Scalea, senza precisazioni), sono possibili

due identificazioni:

a) Scheda III.3

In Località Foresta - Fondo Acquaviva. Insediamento

romano di epoca imperiale, posto alla destra del fiume Lao,

riconducibile ad un impianto per la produzione e la

V.3 Rassegna topografica: Regio III

93

lavorazione dei prodotti agricoli. Qui, come nelle altre ville

dei dintorni, si rinvengono tombe nelle immediate

vicinanze delle costruzioni residenziali, che indiziano la

presenza di una strada.

GUZZO 1981, p. 133, n. 167; GRECO 1982, p. 62, tav. II, N.

5; SMURRA 1989, pp. 162, 172, 174-175;

TALIANO GRASSO 1994B, p. 52, nota 14, scheda 56; LA

TORRE 1999, pp. 190-191, nn. 119-120 e p.192, nn. 122-

123.

b) In Contrada Fischia di Scalea. Questa identificazione,

fondata sul conteggio delle miglia, a partire da Blanda, è

contestata dal Taliano Grasso (loc.cit.).

ANDRONICO 1991, p. 179.

c) Lungo l‟asse stradale, nella piana costiera a sud del

torrente Abatemarco, che fa parte dell‟estuario del fiume

Lao sono segnalati i resti di numerose ville, contornate da

necropoli (in loc. Tredoliche, anche un grande mausoleo).

Questo secondo complesso di ville rustiche si trova a sud

della foce del Laos e del suo estuario, il cui

attraversamento è documentato in due punti dalla foto

aerea e da un tratto basolato, confermando l‟esistenza di

due varianti. Sul tracciato della strada gravitano comunque

solo le ville di S. Maria del Cedro - loc. Carcere

dell‟Impresa, nota da rinvenimenti di superficie (LA TORRE

1991, pp. 149-152) e Diamante, loc. Palazzo Catalano

Gonzaga, con strutture murarie in opera incerta e laterizia

(LA TORRE 1990b, p. 74); recenti ricerche hanno riportato

alla luce in località Varchera resti di strutture

monumentali, ricondotte ad un edificio templare.

TALIANO GRASSO 1994B, p. 52, schede 16, 18, 46-48, 13;

LA TORRE 1999, p. 134, 200-201, n. 130.

3) Via Ionica

Leucopetra Scheda III.4

L‟abitato si localizza tra Punta di Pellaro e Capo

dell‟Armi, la stazione della Tabula presso la loc. Lazzaro.

La strada, secondo TURANO 1970, p. 171, avrebbe aggirato

il promontorio da S. Elia, verso Casalotto, Piano del Capo,

avrebbe raggiunto la q. 147, e si sarebbe diretta a Riace.

Scyle Scheda III.5

Altanum Scheda III.6

a) Presso Casignana

b) In alternativa alla proposta di identificazione contenuta

nella scheda III.6, si può avanzare quella di Ardore Marina

- Contrada Giudeo, dove si trova uno stabilimento a

carattere utilitaristico, di epoca imperiale e tarda, esteso

per un‟area di circa m. 200x400, scavato limitatamente nel

1978, ma già noto dal XIX secolo, su cui, però, non è

possibile fornire ulteriori dettagli. Su queste strutture si

sarebbe impiantato un piccolo luogo di culto cristiano, con

relativa necropoli. Sulla base delle tecniche costruttive in

pietrame senza legante, si data l‟impianto intorno al III

secolo d.C., ma i materiali attestano fasi tardo antiche, fino

al VI-VII, forse senza soluzione di continuità fino

all‟epoca medievale, alla quale apparterrebbe la chiesetta.

Quando l‟edificio era già parzialmente abbandonato, si

inserirono in questi ruderi delle tombe, spesso a

deposizioni plurime, con corredo ceramico databile al VI-

VII secolo d.C.

FOTI 1978, pp. 147-148; SABBIONE 1979, p. 385;

SABBIONE 1984.

Locri Scheda III.7

Subsicivum

a) Lo Schmiedt (SCHMIEDT 1975, pp. 113-115) localizza

alla foce del F. Torbido, identificato con la Sagra di

Strabone, un luogo di ancoraggio di epoca forse greca,

trasformato poi in positio romana, insabbiato a causa di

movimenti bradisismici. Nei dintorni di Marina di Gioiosa

sono stati segnalati molti resti archeologici, tra cui un

teatro (datato tra III e IV secolo d.C.), un edificio termale

ed aree sepolcrali, sia di epoca greca che romana, certo

pertinenti ad un centro abitato che deve essere stato citato

nelle fonti. Secondo altri, l‟edificio teatrale apparterrebbe

ad una villa privata, datata tra il I a.C. ed il IV secolo

d.C.29.

FERRI 1926; BARILLARO 1979, p. 63-66, con bibliog. (lo

stesso Autore, a p. 59, segnala ben 4 località con ville

rustiche di grandi dimensioni, tra cui quella di Torre di

Spina, databile tra il II ed il IV secolo d.C.); COSTABILE

1976, pp. 118.120 (segnala i resti di un edificio termale,

nei pressi della torre del Cavallaro, che furono nuovamente

interrati, e che si trovano nei pressi di una vecchia stazione

postale); GRECO 1981, p. 96; COSTAMAGNA - SABBIONE

1990, p. 302; PAOLETTI 1994A, pp. 513-514.

b) Presso il Naniglio, lungo la strada tra Gioiosa Jonica e

Mammola, dove è stato esplorato un grande ambiente

ipogeo coperto da volte a crociera impostate su due file di

quattro pilastri ciascuna, riconosciuto come sostruzione di

una terrazza sulla quale sarebbe sorta una grande villa

rustica con terme datata tra il II ed il IV secolo d.C.

L‟ipogeo sarebbe stato trasformato in oratorio cristiano:

GUZZO 1981, p. 129, n. 83, con bibliog.;

LA VILLA ROMANA DEL NANIGLIO 1988, pp. 57-129;

COSTAMAGNA - SABBIONE 1990, pp. 298-301, per il

repertorio grafico e fotografico

Netum

La strada romana, qui come in altri punti della costa ionica,

attraversa il fiume a monte della foce, dove è noto un tratto

basolato, non lontano dalla “Pietra del Tesauro”, rudere di

mausoleo di II secolo d.C. Qui, in località Pizzuta - Santi

Quaranta, su una piccola altura, spianata alla sommità, che

domina la confluenza dei fiumi Vitravo e Neto, si trova un

“importante complesso del periodo imperiale”, costituito

da una villa datata tra I e IV secolo d.C., e resti di sepolture

tardo-antiche.

GIVIGLIANO 1994A, p. 320, nota 367; TALIANO GRASSO

1993, p. 24, scheda 66.

Stazione anonima presso Cropalati

Contrada Strange, all‟attraversamento del fiume Trionto,

antico Traes: insediamento di età romana, datato sulla base

dei rinvenimenti di superficie, tra la fine del IV ed il VI

secolo d.C., posizionato sul pendio che domina il fiume.

V.3 Rassegna topografica: Regio III

94

TALIANO GRASSO 1993, p. 21, scheda 27.

Thurium - Turis

Non ci sono dati negli scavi per localizzare la mansio. È

interessante tuttavia, in loc. Casa Bianca, l‟edificio a corte

con ingresso porticato, costituito da una serie di vani

uguali disposti sui lati del cortile, adibito forse a

magazzino pubblico. Questa zona era già periferica quando

l‟edificio fu costruito, in età tardo-repubblicana, sulla

plateia N-S, ma fu precocemente abbandonato, alla metà

del I secolo d.C., e progressivamente spoliato e obliterato

dall‟espansione della necropoli.

PAOLETTI 1994B.

Ad Vicesimum Scheda III.8

Siris

Loc. S. Pietro, che indica il ciglio verso mare del grande

pianoro della Trisaia, allungato verso mare sulla sponda

destra del Sinni, l‟antico Siris, nella Tabula deformato in

Semnum, addirittura Scinasium nel Ravennate. Il toponimo

“S. Pietro” ricorda una cappella dedicata al Santo,

innalzata a protezione dei viaggiatori che intraprendevano

il guado del Sinni (dove, cioè, il tratturo Regio che

ricalcava la strada ionica, segnava il varco di S. Pietro).

Qui viene menzionata una costruzione “bizantina”, oggi

non più esistente, che doveva essere erede dell‟edificio

romano della stazione di Semnum, posto 4 miglia prima di

Heraclea, la cui esistenza sarebbe attestata dalla presenza

di murature in opera reticolata. Il resto del pianoro, tra il

fosso Carpati ed il Sinni, è occupata da una vasta necropoli

di epoca ellenistica e romana, estesa per un‟area di circa 3

ettari, con tombe a incinerazione e inumazione, a

cappuccina e costruite in alzato. Alle spalle di questo

nucleo, nella porzione del pianoro della Trisaia che prende

il nome di Piano del Forno, si trova un‟area di circa

180.000 mq. di estensione, interessata dalla presenza di

numerosissimi silos interrati, scavati nei banchi di

puddinga, a pianta circolare con copertura ad ogiva, e

destinati alla conservazione dei cereali. Tale smisurato

deposito di merci poteva essere in relazione con uno scalo

portuale, che scartando la zona prettamente costiera, già

acquitrinosa in epoca romana, sarebbe da localizzarsi

presso lo sbocco del fosso La Torre.

QUILICI 1967, pp. 135-137, n. 65-66.

4) Via transistmica

Stazione anonima presso Malvito Scheda III.9

I resti indagati in località Paciuri di Malvito (CROGIEZ -

LUPPINO 1990) sono stati inizialmente candidati per la

localizzazione della stazione di Caprasia, della via Capua

– Regium, ma tale ipotesi, di difficile conciliazione con il

dato topografico è stata oggi quasi completamente

abbandonata. Seguendo il La Torre, infatti, possiamo

preferire la ricostruzione della strada Capua – Regium

lungo la valle del Crati, e non ad ovest della colline che la

delimitano, come l‟identificazione con Malvito

comporterebbe; perciò, Malvito può essere ritenuta una

stazione stradale pertinente ad un deverticolo.

Stazione anonima presso Croceferrata

Dal Barillaro, viene proposta la funzione di luogo di sosta

per la villa nota con il nome di “Palazzi”. Si tratta di una

“villa -fortezza panoramica, di età imperiale, affacciata sia

sullo Ionio che sul Tirreno, con nucleo centrale a pianta

circolare (bastione turrito)”, riccamente decorata e

sovrapposta a resti di età greca, ma manca la certezza del

rapporto topografico con la strada romana.

BARILLARO 1979, pp. 40-41.

V.4 Rassegna topografica: Regio IV

95

V. 4. REGIO IV

SAMNIUM

Le difficoltà interpretative principali in questa regione

riguardano l‟esistenza o meno di due centri con il nome di

Bovianum (l‟una “vetus”, l‟altra “Undecumanorum”) e le

“modalità” del raccordo viario tra questo centro e la via

Adriatica all‟altezza di Teneum Apulum. Se, con il

Caroccia, distinguiamo i due centri, possiamo identificare

la Bovianum della Tabula con Pietrabbondante,

“capolinea” della via che da Aesernia, passando per

Aufidena, raggiunge Ad Pirum e Ad Canales; e quella

dell‟Antonino, con Boiano (CARROCCIA 1989, p. 14-17,

con bibliog.; contra LA REGINA 1966, pp. 278-286), che è

attraversata dalla via che raccorda Aesernia con Saepinum,

ma non è menzionata sulla Tabula. Il “punto di contatto”

tra la via Aufidena - Bovianum e quella Bovianum -

Geronum è rappresentata, secondo lo stesso Carroccia, dal

tratturo Celano - Foggia: ma la sequenza delle stazioni

sarebbe invertita!30 Se, invece, seguiamo la ricostruzione

del Miller della sequenza Bovianum - Ad Canales - Ad

Pirum - Geronum, possiamo conservare le identificazioni

tradizionali di Boiano, Campobasso, e Campolieto, ma

dobbiamo spostare quella di Geronum a Torrezeppa - S.

Vito (DE FELICE 1994, pp. 36-37). Da Saepinum è, poi,

indicato un deverticolo che si arresta dopo sole 6 miglia

“contro” la catena montuosa: tale segmento è stato

prolungato dal Miller, fino a riunirsi con Bovianum, mentre

il La Regina lo ha raccordato con la vignetta dalla strana

didascalia Hercul’Rani, identificata con il santuario di

Ercole Quirino di Campochiaro. Il Carroccia lo ritiene,

invece, un semplice raccordo tra Saepinum ed il

“Quadrivio di Monteverde”, dove è indicata un‟osteria31.

Viabilità

1) Via Salaria da Roma per Ausculum (regio V), fino al

Vicus Falacrinus;

2) via (Tiburtina) Valeria per Carsioli -Alba Fucens -

regione Peligna (nuova Claudia Valeria) fino all‟Adriatico;

3) da Corfinium a Beneventum, via Aesernia, collegamento

tra Claudia Valeria e Appia;

4) via Adriatica.

1) Via Salaria da Eretum all’Adriatico

Stazione anonima in Val Roviano

Dove termina il viadotto, movimentato sul lato strada da

nicchie semicircolari e quadrate, si trovano delle

sostruzioni in calcestruzzo, che l‟Ashby vide molto più

complete e per le quali propose una ricostruzione “ a

giardino”: forse il complesso era completato da arginature

del corso d‟acqua che gli conferivano una pianta quadrata,

indiziando la presenza di un luogo di sosta.

ASHBY 1912, pp. 227-228; QUILICI 1993, pp. 110-111.

Aquae Cutiliae Scheda IV.1

Vicus Falacrinus

Nella valle Falacrina, sono noti i resti della villa imperiale

in loc. Vicenne, sul Monte di Tito. Le distanze miliari

corrispondono al sito di Colicelle, presso la chiesa di S.

Silvestro (edificata nel IV secolo, reimpiegando strutture

più antiche), dove però i resti di epoca romana sono poco

significativi. La Santangelo (SANTANGELO 1975-76)

propone perciò l‟identificazione di Falacrine con i resti del

complesso monumentale di Torrita di Amatrice (infra,

scheda IV.2), che dista, però, da Interocrium quasi 22

miglia anziché le 16 indicate dalla Tabula.

SPADONI - REGGIANI 1992, pp. 165, 167.

Stazione anonima presso Torrita di Amatrice

Scheda IV.2

2) via (Tiburina) Claudia Valeria

Statulae Scheda IV.3

3) via “Transappenninica” da Corfinium a Saepinum

Saepinum

Nella zona di Altilia. L‟abitato è attraversato dalla viabilità

principale, ed il tratturo Boianum - Beneventum

rappresenta il cd. decumano della città. È molto

interessante la presenza di tanti elementi correlati:

provenendo da Beneventum, si incontra, prima di entrare

nella piazza del foro, la fontana del Grifo,

monumentalmente molto conservata, incastrata tra la

crepidine della strada basolata ed il retrostante edificio

detto “Casa dell‟impluvio Sannitico”32. Poco oltre, sullo

stesso lato settentrionale della strada, è dislocato un

complesso non ancora completamente indagato, ma per il

quale si ipotizza la funzione di terme forensi; questo

edificio si apre sulla strada, appena prima dello slargo della

piazza lastricata, con un portico, alle spalle del quale è

un‟esedra, che “poteva essere provvista di gradini e

destinata ad essere un piacevole luogo di sosta al riparo del

portico”. Un‟altra fontana si trovava proprio nella piazza

del foro e di altre due, poste sullo stesso lato del cd.

decumano ma in prossimità dell‟uscita dal centro urbano in

direzione di Bovianum, restano i basamenti: proprio a

ridosso delle mura presso la porta sud-est, si trovano degli

altri impianti termali, forniti anche di ampie latrine.

V.4 Rassegna topografica: Regio IV

96

SAEPINUM 1982, pp. 107-116.

4) Via Adriatica da nord a sud

Stazione anonima presso Casalbordino scheda IV.4

Uscosium

a) La mansio omonima del vicus, localizzato dal Romanelli

in Contrada Casalino, doveva trovarsi a poca distanza

dall‟attraversamento del fiume Sinarca, dove

corrispondono le miglia indicate dalle fonti itinerarie e

sono stati rinvenuti numerosi reperti.

b) Oppure, sul ciglio del Monte Antico, ad ovest di S.

Giacomo degli Schiavoni: qui le ricognizioni hanno

individuato molti indizi riconducibili ad un insediamento

imperiale, una villa o una fattoria, con necropoli.

A MEDITERRANEAN VALLEY 1995, p. 229, nn. C90, C90a,

D35, D38.

c) Gli stessi editori del volume preferiscono identificare il

centro romano in un‟area ad est di S. Giacomo, dove scavi

e ricerche di superficie hanno consentito di individuare un

centro esteso per 16 h., con resti di murature ancora in

vista, materiali che riconducono ad edifici decorati

lussuosamente (mosaici, intonaci, statue marmoree, ecc.),

servito da una grande cisterna laterizia, di I-II secolo d.C.,

con necropoli (CIL, IX, 2828).

A MEDITERRANEAN VALLEY 1995, pp. 229-230.

V.5 Rassegna Topografica: Regio V

97

V. 5 REGIO V

PICENUM

Tra le due fonti itinerarie principali, la via Salaria presenta

delle differenze nella scelta delle tappe e nelle distanze che

intercorrono, soprattutto nel tratto ad est di Falacrine.

Nell‟Itinerarium Antonini, inoltre, è detta “Salaria” anche

la via Adriatica compresa tra Ausculum ed Hadria,

autorizzando gli Autori moderni a ritenere che le due fonti

indichino due varianti diverse, una vetus ed una nova (su

cui vedi CONTA 1982, pp. 361-362).

Per quanto concerne, invece, il deverticolo che da

Helvillum raggiunge Ancona, per ovviare all‟eccessiva

brevità dell‟itinerario indicato nell‟Antonino, rispetto alle

distanze reali, si può credere, con lo Stanco, che nel codice

sia avvenuto quello che è forse avvenuto per il passo della

via alternativa tra Roma e Cosa (su cui, vedi regio VII, Via

Aurelia), cioè sarebbe sparita tutta la colonna di destra. La

località della prima riga è integrabile sulla base dei

bicchieri di Vicarello, mentre per tutte le tappe successive

permangono “insanabili” incertezze33.

Si sono seguiti gli itinerari:

1) via Salaria da Vicus Badies a Castrum Truentinum;

2) Via da Ancona ad Urbs Salvia.

1) Via Salaria da Vicus Badies a Castrum Truentinum

Ad Aquas Scheda V.1

2) Via tra Ancona ed Urbs Salvia

Helvia Ricina - Ricina

A Villa Potenza, dove sono stati riconosciuti i resti

dell‟abitato antico, è stato riportato alla luce anche un

tratto basolato che attraversa il centro abitato: si tratta,

forse, della stessa strada di collegamento tra Ricina e Trea.

Lungo questa strada, si conosce una struttura porticata, alla

spalle della quale, si aprono locali riconosciuti come

tabernae e magazzini, ma allo stato attuale della ricerca,

non è possibile chiarire il rapporto tra queste strutture e la

topografia urbana.

MERCANDO 1971.

V.6 Rassegna Topografica: Regio VI

98

V. 6 REGIO VI

UMBRIA

Nella Regio VI la viabilità romana è rappresentata

prevalentemente dalla via Flaminia e dalla sua variante, per

le quali restano solo incertezze da un punto di vista

cronologico (e soprattutto della priorità dell‟una sull‟altra),

mentre la ricostruzione dei tracciati (segnata da tappe

importanti, spesso a continuità di vita) non presenta grandi

difficoltà.

Si sono, quindi, presi qui in considerazione i percorsi:

1a) via Flaminia da Roma a Pisaurum – Ad Aquilam;

1b) deverticolo da Narnia a Nuceria;

2) via litoranea da Ad Aesim a Pisaurum;

3) deverticolo da Narnia a Nuceria.

1a) Via Flaminia da Roma verso nord

Ad Vicesimum

a) Posizionata sulla via Flaminia presso Morlupo, al Km.

31,300. Oltre a scarsi resti dell‟insediamento romano, qui è

stata indagata una catacomba molto simile anche nella

cronologia a quella di La Storta (scheda VII.13).

FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 81, 294-306, 369; FIOCCHI

NICOLAI 1994, pp. 250-251.

b) Secondo Calzolari, che riprende l‟Ashby, la stazione è

da localizzarsi presso la Madonna della Guardia.

ASHBY 1921, p. 132; CALZOLARI 1997.

Aqua Viva

a) Riconosciuta circa km. 4 a sud-est di Civita Castellana,

in località Bivio di Faleria, già Bivio di Stabia, dove una

strada secondaria si stacca dalla Flaminia. Scoperta nel

1968 dalle ricerche topografiche, che potevano indicare

diversi nuclei di costruzioni (almeno una decina), alcune

delle quali riccamente decorate. Le strutture appaiono qui

decisamente distanziate le une dalle altre. Sulla strada si

attesta un mausoleo, vicino al quale è individuata sulla

base dei materiali di superficie, l‟abitazione della stessa

coppia di defunti, che doveva essere assai vasta e

riccamente decorata. I materiali che affiorano nell‟area di

frammenti ricondotta alla villa vicina al mausoleo sono

databili tra la fine dell‟età repubblicana ed il IV secolo

d.C., ma altre costruzioni limitrofe hanno una vita più

limitata, genericamente fissata tra l‟età augustea e la

media età imperiale (un solo caso di limite cronologico

attestato nel IV). La maggior quantità di reperti è

assegnabile, comunque, tra il I a.C. ed il II d.C.

POTTER 1979, pp. 117-118.

b) Loc. Torre dei Pastori, dove sono stati individuati,

attraverso le ricerche di superficie, i resti di una strada

basolata, ed alcune aree di frammenti fittili, raccolti

intorno ai ruderi dello stabilimento termale oggetto di

indagine alla fine degli anni ‟50 (Tav. XIII, a)34 e della

chiesetta medievale, detta della Madonna di Acquaviva.

Qui si trovano anche un fontanile ed un cippo miliare, con

iscrizione abrasa, oggi trafugato. Dagli scavi delle terme

proviene un‟iscrizione (AE, 1964, n. 203, a-b), che

dovrebbe contenere un riferimento alla dedica di un

monumento pubblico (lo stabilimento termale, appunto) da

parte di Giunio Basso.

EVRARD 1962; CAMILLI cs.

Ad Haesim

Presso passo della Scheggia. L‟abitato doveva essere

localizzato presso il cimitero, dove sono segnalati dei resti,

tra cui alcune iscrizioni (CIL, XI, 5866, 5873, 5892, 5918)

e diversi avanzi di costruzioni, alcuni dei quali identificati

con ville, e soprattutto una fontana pubblica absidata, con

cisterna, “a servizio della strada”. Poco oltre, la

Soprintendenza ha scavato una necropoli tardo imperiale.

Da qui, si diparte un bivio per Gubbio-Perugia.

ASHBY 1921, p. 133; MERCANDO - BRECCIAROLI

TABORELLI - PACI 1981, p. 328, nn. 79-84; CAMERIERI

1997, pp. 61-62; LUNI 1987, pp. 154-155; LUNI 1995A, pp.

59-63.

Stazione anonima presso fiume Metauro.

Nei dintorni dell‟attraversamento del Metauro, alla

confluenza con il Candigliano, si rinvengono resti di

sepolture distribuite lungo la via tra Calmazzo e Ponte

Rotto, pertinenti ad un abitato da cui si dipartiva il

deverticolo per Urbinum Mataurense e Tifernum

Mataurense (presso S. Angelo in Vado), che risaliva la

valle del Metauro.

LUNI 1995A, pp. 76-78.

Stazione anonima presso Serraungarina

In loc. Tavernelle, sotto Serrungarina, lungo la via

Flaminia, resti di una struttura in rapporto con l‟antica via

lastricata, che passava sulla fronte dell‟edificio, fondata su

una consistente massicciata che sulla superficie conserva i

solchi dei carri. Si tratta dei muri perimetrali e divisori di

un edificio porticato, che ha un cortile su tre lati dei quali

si dispongono vani ordinati, ma di dimensioni diverse,

identificati con delle taberne. La struttura è ritenuta anche

sede di attività artigianali. La cronologia è fissata tra l‟età

augustea e quella tardo-imperiale. Nei pressi di

quest‟edificio, la strada si allargava a formare un piazzale,

nel quale era sistemata un‟edicola con portico sulla fronte,

dedicata probabilmente ad Attis (rinvenimento di una testa

marmorea). Il toponimo “Casalis Tavernula” è già attestato

in un codice di VII-X secolo (Codice Bavaro).

MERCANDO - BRECCIAROLI - PACI 1981, p. 327, n. 48;

QUIRI 1987, pp190-191; LUNI 1995A, p. 80.

V.6 Rassegna Topografica: Regio VI

99

Ad Octavum

Presso Saltara, in fraz. Calcinelli: resti di un edificio di

epoca romana a tre ambienti, con murature in laterizio e

pavimenti in opera spicata e opus signinum, definito

“probabile mutatio” (segnalazione 1937(archivio sopr.):

MONTECCHINI 1879, pp. 102-104; MERCANDO -

BRECCIAROLI - PACI 1981, pp. 326-327, n. 43; LUNI 1987,

pp. 174-175; LUNI 1995A, p. 81; CALZOLARI 1997, nota

205, p. 178, con bibliog.

Stazione anonima presso Cattolica Scheda VI.1

Con l‟attraversamento del Tavollo e del fiume Conca

(antico Crustumius), la Flaminia entrava nella regio VIII.

2) Via litoranea da Ad Aesim a Pisaurum

Ad Aquilam

In loc. Pieve di S. Cristoforo, presso Colombarone, nel

comune di Pesaro, erano già state segnalate delle strutture

più antiche sottostanti la chiesa moderna (parzialmente

indagate nel XVIII secolo), ma sulla base della

documentazione superstite, l‟Università di Bologna, ha

intrapreso delle indagini stratigrafiche, che hanno previsto

anche delle campagne di ricerche geofisiche, localizzate

presso quella che fino agli inizi degli anni ‟90 si poteva

definire la basilica paleocristiana citata nel Liber

Pontificalis, come sede di un incontro avvenuto nel 743 tra

l‟esarca Eutichio ed il papa Zaccaria, nei pressi di una

basilica detta appunto Ad Aquilam. La basilica doveva

essere erede di un vicus romano, per il quale si è avanzata,

data la posizione lungo la via Flaminia35, a 8 miglia circa

da Pesaro e a 16 circa da Rimini, la funzione di luogo di

sosta. Di tutto il piccolo abitato si conoscono solo

frammentari rinvenimenti, tra cui un condotto alla

cappuccina, alcune strutture murarie, un vasto locale

riconosciuto sulla base dei numerosi rinvenimenti di anfore

tipo Dressel 6, come magazzino, un vano - a q. 40 - con

orientamento nord-ovest, ed un altro ambiente - a q. 50 -

che è stato occupato da una costruzione moderna. Sotto la

chiesa moderna, si trovano i resti della “basilica” indagata

nel ‟700, che secondo l‟Olivieri ed il Lazzarini, era

articolata in una serie di ambienti ricavati in un edificio

rettangolare, raccolti simmetricamente intorno ad un cortile

circolare, preceduti da un atrio a forcipe. Le verifiche

stratigrafiche hanno consentito di confermare la presenza

di un ambiente circolare (di circa m. 11 di diametro), al

centro del quale si trova un basamento rettangolare, ma

l‟ampliamento dello scavo ha evidenziato la presenza di

altri ambienti (decorati riccamente) riconducibili ad una

villa tardoantica. Sempre presso la cd. basilica, è stata

rinvenuta una fornace rettangolare, con crogiolo in pietra

refrattaria, ed entro uno dei vani, una calcara, forse relativa

al riutilizzo dei materiali della basilica paleocristiana (che

poteva, comunque, trovarsi nei dintorni) per la costruzione

del secondo edificio di culto. Alcuni rinvenimenti monetali

attestano la frequentazione della cd. basilica tra la fine del

V e l‟inizio del VI secolo. Ad epoca successiva sembrano

datare la maggior parte delle sepolture individuate nei

dintorni, ma l‟uso della zona compresa tra “l‟atrium “ della

basilica ed il moderno campo sportivo come area

cimiteriale è perdurato fino al secolo scorso. Per alcuni dei

vani oggetto di indagine sotto la pieve moderna, si è

proposta l‟identificazione con un piccolo ospizio per i

pellegrini. Il fatto che Eutichio scelga questo luogo per

l‟incontro, può sottintendere che qui fossero delle strutture

atte ad accogliere le due delegazioni, ed il seguito dei due

personaggi di rango.

ALFIERI 1983; PIRANI 1983; BRUZZI 1986; DALL‟AGLIO -

DI LUCA 1989; DALL‟AGLIO 1991; LUNI 1995B;

CAMPAGNOLI 1999; DESTRO 2000.

3) Deverticolo da Narnia a Nuceria

Ad Martis

Presso la Chiesa di S. Maria in Pantano, dove si stacca il

bivio per Todi e la via Amerina, così come da qui si

dipartono dei tratturi per Spoletium e Carsulae, e sono stati

segnalati una fonte ed un chiavicotto.

La chiesa di S. Maria in Pantano è stata edificata nel VII-

VIII secolo, all‟interno di una monumentale struttura

romana, della quale si conservano resti significativi, che

sono identificati con la mansio. Le murature romane

costituiscono i fianchi sud e nord della chiesa, conservati

fino alla copertura e sono pertinenti ad un edificio

rettangolare di m. 10,50x12 in opera mista, con opus

incertum e ricorsi di laterizi. Entro la chiesa e nei dintorni

sono avanzi di epigrafi e monumenti funerari, che attestano

la presenza della necropoli e da qui proviene una

frammento di statua muliebre (del tipo della Pudicizia).

L‟abitato, Vicus Martis Tudertium, occupava la zona ad

oriente della Flaminia, alla spalle della chiesa: la nascita

del borgo è dovuta proprio alla necessità di fornire la

Colonia Iulia Fida Tuder di uno sbocco sulla Flaminia, e

risale all‟epoca augustea. Lungo il tracciato della Flaminia,

presso Villa S. Faustino, è stata segnalata una villa romana,

e presso la stessa chiesa di S. Faustino (che contiene resti

di rilievi, iscrizioni e di murature romane), è l‟accesso ad

una catacomba cristiana.

BECATTI 1938, coll. 69-71, 76-77; BRUSCHETTI 1994, p.

169; CAMERIERI 1997, p. 45.

Stazione anonima presso l’area di servizio Agip

All‟altezza del km. 172, 300 della SS. 3, appena a nord del

cd. Ponte Marmoreo, nel 1959, furono riportati alla luce i

resti di una “probabile mansio”, con terme decorate con

mosaici policromi, ora interrati.

SIGISMONDI 1979, p. 12836; PONZI BONOMI 1985, p. 69.

V.7 Rassegna Topografica: Regio VII

100

V. 7 REGIO VII

ETRURIA

Seppure la regio VII vanti un numero di ricerche

topografiche forse superiore a quello di ogni altra regione

in Italia, diverse incertezze permangono ancora non solo

sulle cronologie da assegnarsi alle strutturazioni dei

percorsi ma anche sul loro stesso tracciato topografico e, a

volte, anche sulla nomenclatura delle vie stesse. Si è,

pertanto, deciso di seguire le grandi consolari, ma anche le

numerose varianti preferite spesso nelle fonti itinerarie,

secondo lo schema seguente:

1a) via Aurelia;

1b) variante della via Aurelia tra Roma e la costa;

1c) via Aurelia costiera tra Centumcellae e Forum Aureli;

2) via Clodia;

3a) via Cassia;

3b) via Cassia Adrianea;

4) via Flaminia da Roma ad Horta.

1a) Via Aurelia

Le ricostruzioni più recenti, espungono dalla via Aurelia

disegnata nella Tabula la stazione di Punicum dal tratto tra

Pyrgi e Castrum Novum, perché la somma delle miglia VI

+ VIIII indicata nelle fonti riporta ad una distanza

superiore a quella esistente tra Pyrgi e Castrum Novum,

mentre il tracciato della strada costiera topograficamente

presenta un tracciato obbligato (infatti, la stessa tappa non

è menzionata nell‟Itinerarium Antonini). La stazione

andrebbe posta invece lungo la via tra Pyrgi e Aquae

Apollinares (paleograficamente è una correzione molto

logica), andando così a cadere nei pressi dell‟insediamento

romano di S. Ansino (deformazione di Antonino?), dove

avrebbe preso nome da un grande albero di melograno,

Malum Punicum37. Tuttavia, è anche possibile mantenere la

ricostruzione tradizionale, ritenendo che l‟autore della

Tabula abbia solo commesso un errore nella trascrizione

delle cifre, mantenendo quindi la tappa di Ad Punicum

nella sequenza, e identificandola nei resti presso il Castello

Odescalchi (scheda VII.3). Ad Aquae Apollinares

(identificata sia con Vicarello – scheda VII.16 – che con

Bagni di Stigliano: GASPERINI 1976) arrivano altre due

strade, una – segnata nella Tabula - che si stacca

dall‟Aurelia a Baebiana (Torrimpietra) e che fa le tappe di

Turres (senza distanza miliaria); Turres - Aquae

Apollinares m.p. VIII, un‟altra – indicata in It.Ant., 300,1 e

intitolata “aliter a Roma Cosam” - che arriva ad Aquae

Apollinares da Careiae (su cui vedi oltre; GASPERINI

1976)38.

Lorium

Villa di proprietà imperiale, posizionata nei pressi di un

ponte dell‟Aurelia in località La Bottaccia a Castel di

Guido, in posizione dominante il colle dove il Nibby

riconobbe il praetorium. La villa cadeva in rovina già al

tempo di Diocleziano, ma la frequentazione dell‟area è

attestata fino al IV-V secolo d.C. dalla presenza nei

dintorni di sepolture cristiane, che si aggiungono alle

numerose pagane di varia cronologia. Credo, comunque,

che non si possa distinguere, allo stato attuale della

documentazione, se il toponimo Lorium indicato nelle fonti

itinerarie si riferisca al predio imperiale vero e proprio (in

questo caso, si dovrebbe pensare ad un padiglione

appositamente distaccato in prossimità della strada) o se,

invece, sia stato apposto ad una stazione stradale del tutto

distinta da esso da un punto di vista amministrativo, ma

contigua topograficamente.

NIBBY 1848-49, p. 270 e ss.; DE ROSSI - DI DOMENICO -

QUILICI 1968, pp. 19-20.

Ad Turres Scheda VII.1

Accettando la ricostruzione sopra indicata, e ritenendo

distinti l‟abitato di Turres dalla stazione di Ad Turres,

quest‟ultima è stata localizzata presso il moderno abitato di

Statua: STANCO 1996, p. 89 ss.39.

Baebiana

Le ricerche recenti confermano l‟identificazione con Casal

Bruciato, lungo la via Aurelia, già proposta dal Nibby

(NIBBY 1848-49, p. 297). Infatti, nel 1989-1990, nel corso

di lavori di sistemazione della statale moderna, sono state

rinvenute delle strutture murarie, con fasi edilizie diverse

(in opera reticolata, con rifacimenti in laterizio, opera

mista e muratura a blocchetti). Alcuni dei vani delimitati

da questi setti murari avevano una pavimentazione a

mosaico bianco-nero, mentre altri avevano una

pavimentazione in opera spicata. Si è riconosciuta anche

una vasca, rivestita in cocciopesto, e si è indagata parte

della rete fognante. Davanti a queste strutture, si è riportato

alla luce “un breve tratto di rozzo lastricato o ruderatio in

scheggioni di selce.” Questo dettaglio, si rivela

particolarmente significativo per riconoscere in queste

strutture la stazione di servizio alla viabilità40.

TARTARA 1999, pp. 224-227, scheda 432.

Alsium

In via ipotetica, si è proposto di situare la stazione in Loc.

Muraccio, presso Monteroni nella Tenuta di Palo, dove

restano, però, solo ruderi di un grande ambiente

rettangolare (m. 10,30x4,65), con tre pilastri, disposti

lungo l‟asse principale della camera, definita “piscina a

due navate” dal Lanciani e di una cisterna, mentre nei

dintorni sono segnalate necropoli con tombe ipogee a più

ambienti di età romana. La datazione potrebbe essere

compresa tra la prima età imperiale ed il IV secolo d.C.

LANCIANI, cod. Vat. Lat. 13045, f. 337v; DE ROSSI - DI

DOMENICO - QUILICI 1968, pp. 36-38.

V.7 Rassegna Topografica: Regio VII

101

Fregenae Scheda VII.2

Punicum Scheda VII.3

Tabellaria Scheda VII.4

Quintiana Scheda VII.5

Ad Novas

La stazione è identificata con il sito PR 1 della

ricognizione dell‟ager Cosanus, in località S. Angelo

presso il Chiarone, proprio a lato della strada statale. Si

estende per circa 3 ettari ed è occupato per la maggior

parte da necropoli, con mausolei e tombe alla cappuccina.

Delle tombe monumentali restano frammenti di

decorazione architettonica, tra cui una colonna di granito,

un coperchio di sarcofago con defunto ritratto con un

rotolo nella mano databile al III secolo d.C. Si sono potuti

rilevare una cisterna a due vani di m. 8x21 ed uno scarico

di materiali edilizi, che contempla dei tubuli che indiziano

la presenza di un impianto termale. Si “hanno notizie di

una strada”, identificabile con il percorso interno della via

Aurelia; si rinvengono basoli, alcuni dei quali gettati nel

Chiarone per facilitare il guado (sistemazione che non

ritengo essere antica). Un ponte antico è segnalato in

località Infernetto di Sopra sul Chiarone. I piccoli

insediamenti coloniali sembrano disporsi lungo la via di

collegamento tra questa stazione e Vulci, via che ricalca da

vicino la strada dell‟Abbadia, ma dal II secolo a.C. gli

insediamenti minori sembrano gravitare principalmente

sulla stazione.

LOPES PEGNA 1952-53, p. 387; RICOGNIZIONE

ARCHEOLOGICA NELL‟AGER COSANUS 1982, pp. 374-375,

figg. 5-7, nn. PR 1 e 30.; CAMBI - CELUZZA 1985.

Cosa

a) Scheda VII.6

Presso l‟arx della colonia latina:

FENTRESS - CLAY - HOBART - WEBB 1991.

b) Presso Casa Marotti, alla base del poggio di Ansedonia.

Resti di edifici romani sul poggio a q. 13, al di là della

linea ferroviaria. Il Raveggi identifica con questi resti la

statio di Succosa.

LEVI 1927, p. 479; RAVEGGI 1939, p. 403; CAPPELLETTI

1992, p. 555, n. 99.

Albinia Scheda VII.7

Telamon

a) Scheda VII.8

Presso la collina di Bengodi, in località Valle della Pietra

Vergine:

VON VACANO 1985, p. 162 ss.; 195.

b) Scheda VII.9

Presso Fonteblanda, nord dell‟Osa, nei dintorni della

stazione ferroviaria di Talamone:

LOPES PEGNA 1952, p. 338.

Portus Talamonis?

Loc. Madonna delle Grazie presso Talamone: villa con

impianto termale di proprietà dell‟imperatore Traiano, che,

secondo CIAMPOLTRINI 1994, è da identificarsi con il

Portus Talamonis, ristrutturato da Traiano e servito da un

deverticolo di inusitata ampiezza, che lo collegava alla via

Aurelia.

CORSI 1985; VON VACANO 1985, pp. 189-192;

CAPPELLETTI 1992, pp. 538-539, n. 32.1 e 32.2, con

bibliog.; CIAMPOLTRINI 1994.

Salebrum Scheda VII.10

Ad Piscinas Scheda VII.11

Turrita (Tab.) o Ad Herculem Scheda VII.12

2) Via Clodia

Stazione anonima presso La Storta Scheda VII.13

Careiae

a) S. Maria di Galeria presso torrente Arrone. Secondo il

Fiocchi Nicolai la mansio si trova 2 km. a nord della

località moderna (FIOCCHI NICOLAI 1994, p. 254 ss. fig. 1,

n. 2). Nella chiesa di S. Maria in Celsano a S. Maria di

Galeria sarebbe identificabile il nucleo delle costruzioni

paleocristiane e del nucleo tardantico del luogo di culto

trasformato nell‟VIII secolo in una domusculta da Papa

Zaccaria, facendo slittare il “punto di riferimento” dal XV

al XIV miglio della via Clodia.

b) Per il Pasqui (CARTA ARCHEOLOGICA 1972, p. 297) è da

porsi presso il fabbricato dell‟Osteria Nuova, ma non ci

sono resti se non alcuni basoli reimpiegati nella muratura

del fabbricato moderno.

FIOCCHI NICOLAI 1994, pp. 254-259, con bibliog.;

HEMPHILL 1975, pp. 150-151.

c) Potter (POTTER 1979, p. 117) non indica il toponimo:

colloca la stazione km. 5 a nord-ovest della confluenza tra

Cassia e Clodia (Cfr. WARD PERKINS 1955, pp. 63-64),

dove sono attualmente visibili solo una cisterna ed una

tomba, ma sulla base dei dati di superficie si individuano

edifici su entrambi i lati della strada, per un‟estensione di

circa 0,5 km. Uno di questi, circa m. 200 dalla strada, si

caratterizza come stabilimento termale. Sulla base di

rinvenimenti di superficie, si individuano ambienti

riccamente decorati da colonne con capitelli tuscanici e

corinzi, da mosaici, intonaci dipinti e marmi. La cronologia

spazia dalla fine dell‟età repubblicana fino alla metà del III

d.C., con un floruit localizzato tra il I secolo a.C. ed i primi

secoli dell‟impero.

Stazione anonima presso la villa delle Crocicchie

Su una altura che si affaccia sulla strada, si trova questa

villa rustica, che sembra organizzata per padiglioni (una

residenza genericamente detta “tipo fattoria tardo

repubblicana”, costruita forse nel I d.C., ed un granaio); tra

essi, in epoca posteriore - intorno al III secolo - si inserì

uno stabilimento termale, di modeste dimensioni, ma ben

conservato.

V.7 Rassegna Topografica: Regio VII

102

POTTER 1979, pp. 146-147.

Forum Clodi Scheda VII.14

Sabate Scheda VII.15

Aquae Apollinares Scheda VII.16

3a) Via Cassia

Ad Sextum Scheda VII.17

Ad Vacanas Scheda VII.18

Stazione anonima presso le Masse di S. Sisto

Scheda VII.19

Ad Novas

Presso Acquaviva: resti di età romana pertinenti a terme,

vasche, cortili pavimentati, fistule plumbee, iscrizioni.

LOPES PEGNA 1950-51, pp. 433-434; ARCHEOLOGIA IN

VALDICHIANA 1988, pp. 63-64; MENICHETTI 1992, pp.

336-336, n. 181.

Stazioni anonime nell’Aretino

a) Presso Mariette di Sotto, comune di Civitella in

Valdichiana, Arezzo: resti di strutture architettoniche

pertinenti probabilmente ad una mansio, sulla strada

romana di cui si conosce un tratto del muro di sostegno.

Alcune strutture sono inglobate in una casa colonica

moderna, dove è riconoscibile una cisterna servita da una

conduttura di terracotta.

RITTATORE 1938, pp. 260-261; RITTATORE - CARPANELLI

1951, p. 35, n. 2; MASSERIA 1992, p. 238, n. 31.

b) Presso il Fondaccio, tra Fontiano e Pieve a Quarto,

lungo la via Cortona - Arezzo. Al casale Surigliano, sul rio

delle Casacce. Resti di costruzioni di epoca romana, divisi

per padiglioni, uno dei quali è ritenuto di uso termale. Tra i

rinvenimenti si segnalano un mosaico bianco-nero,

rivestimenti marmorei e colonne sempre di marmo. I

rinvenimenti monetali riportano all‟epoca repubblicana

(serie romano-campana) e primo imperiale. Nei dintorni,

sono segnalate tombe di epoca etrusco-ellenistica e romana

RITTATORE 1938, p. 257; MASSERIA 1992, p. 248, n. 224.

3b) Via Cassia Adrianea

Manliana

A Torrita di Siena, in località Pantani - Le Gore , è stato

oggetto di indagine un vasto complesso, all‟interno del

quale sono riconoscibili l‟impianto termale e l‟area

produttiva,. che comprendeva anche alcune aree sepolcrali

con tombe alla cappuccina. Altri impianti produttivi per la

fabbricazione di ceramica sono segnalati nei dintorni:

queste attività prevedevano la pratica della bollatura, come

è attestato anche dalle fistulae plumbee. La frequentazione

data dal II secolo a.C. fino al V d.C., con un‟occupazione

particolarmente intensa tra il I secolo a.C. ed il II d.C. Da

notare l‟origine “prediale” del nome: lo stesso fenomeno

avviene per la statio Manliana di Maremma presso

Follonica, dove il rinvenimento di una epigrafe con il

nome Manlius rappresenta una puntuale conferma (LOPES

PEGNA 1952-53, p. 381). Anche in questo caso, si deve

sottolineare, però, che si è fatta un po‟ di confusione tra il

centro abitato e la stazione stradale, che non è qui

localizzabile: restano, tuttavia, interessanti i dati sull‟arco

cronologico in cui il centro fu frequentato ed anche sulle

attività produttive, che certo sfruttavano la stazione come

mercato di smistamento.

MARONI 1973, pp. 16, 26-27; ARCHEOLOGIA IN

VALDICHIANA 1988, pp. 211-226; PUCCI 1992, pp. 30-67;

PAPI 1995, pp. 255-258.

Ad Mensulas Scheda VII.20

4) Via Flaminia da Roma ad Horta

Stazione anonima: Terme dei Gracchi

Presso Ponte Nepesino, ponte romano sul fosso Cerreto a

sud di Nepi, sorgenti di acque sulfuree (acqua minerale di

Nepi), che attraggono nella piana a lato del ponte uno

stabilimento termale, che sulla base dei pochi resti visibili,

dovrebbe essere stato particolarmente ricco, e di un piccolo

tempio (molto simile a quello di Ponte di Nona, scheda I.8.

FREDERIKSEN – WARD PERKINS 1957, p. 87.

V.8 Rassegna Topografica: Regio VIII

103

V. 8 REGIO VIII

AEMILIA

Nella regio VIII, l‟asse principale della viabilità è,

naturalmente, rappresentato dalla via Aemilia, alla quale si

aggiungono i raccordi transappenninici con le regioni

tirreniche e la viabilità paradriatica. Da un punto di vista

topografico, questi tracciati non presentano grandi

problemi. In questa sede, quindi, si seguiranno gli itinerari:

1) via Emilia (il capolinea non è posto a Placentia, come

vorrebbe Livio, ma al fiume Trebbia, come indicano i

miliari, dove è il raccordo con la via Iulia Augusta)41;

2a) via Caesena – Adretium;

2b) via Florentia – Faventia.

1) Via Aemilia da Placentia ad Ariminum

Stazione anonima presso Ponte Nure

Località La Cascina S. Martino si trovano resti di edifici di

epoca romana con pavimentazioni a mosaico. Si ritengono

parte di un piccolo agglomerato rustico, sorto alla

confluenza del torrente Nure, presso lo stacco della via che

seguiva la valle, in direzione dei passi appenninici e della

Liguria. In questa località è ricordato un ospedale

medievale.

DALL‟AGLIO 1987, pp. 70-71, 77-78.

Ad Fonteclos

Frazione di Cadeo detta Fontana Fredda (ma la cifra

miliaria VIII indicata in It.Burd. va corretta in XIII miglia),

dove l‟Emilia incrocia la via che porta a Veleia. La

stazione può, in via ipotetica, localizzarsi presso

l‟attraversamento del Clenna fl., ricalcato dal moderno

Scolo Ravacolla. Qui si localizzano delle risorgive tanto

importanti che si scelse di fortificare il villaggio, e di

fondare per interessamento di Teodorico una chiesa

dedicata al Salvatore, che darà al centro il toponimo di

Fontane Theodorici, attestato sin dal IX secolo. Con lo

stesso nome doveva essere indicato l‟ospedale di “precoce

fondazione”.

CORRADI CERVI 1935, pp. 593-594; BONARDI -

DALL‟AGLIO - MARCHETTI 1985, p. 139, tav. VI;

DALL‟AGLIO 1987, pp. 75-78; PELLEGRINI 1995, p. 162.

Ad Tarum

Presso Castelguelfo, circa m. 700 ad est del paese

moderno, dove l‟Emilia supera l‟alveo del Taro che era

attivo in età romana, riconoscibile nel canale di

Castelguelfo. Nel 1170 si ha la notizia della costruzione di

un ponte sul Taro e poco dopo la costruzione di un ospizio

per i pellegrini presso Castelguelfo, dedicato a S. Nicolò.

CORRADI CERVI 1935, pp. 591-593; DALL‟AGLIO 1987, pp.

71-73; DALL‟AGLIO 1990, pp. 71-72; PELLEGRINI 1995,

pp. 160-161.

Pons Secies

Le cifre sono da correggere, perché la mutatio va

localizzata dove la via Aemilia supera il Secchia, su una

delle due sponde42: la stazione è citata solo dal

Burdigalense, che riporta un totale tra Mutina e Regium

inferiore a quello delle altre fonti. Dal momento che il

Secchia ha cambiato corso, è discussa la sua localizzazione

sulla sponda modenese presso Marzaglia o su quella

reggiana presso S. Faustino di Rubiera. Non ci sono

elementi certi per sostenere né l‟una né l‟altra ipotesi, ma il

Dall‟Aglio e la Pellegrini privilegiano la prima, che salva il

dato generico fornito dall‟Itinerario Burdigalense, che cioè

la stazione sia più vicina a Modena che a Reggio. Su

entrambe le sponde, sono attestati toponimi che ricordano

hospitalia medievali (detto di San Severo a Marzaglia e

Ca‟ Ospitale e Ospitaletto a Rubiera).

DALL‟AGLIO 1970; PELLEGRINI 1995, pp. 147-154.

Claterna Scheda VIII.1

Ariminum

Ortalli sottolinea la relazione tra la strada basolata oltre il

ponte di Tiberio (tratto suburbano dell‟Emilia) e un

edificio in corso di indagine presso il complesso

ecclesiastico di S. Giuliano, costruito in opera laterizia, il

cui impianto è datato ad età repubblicana, con numerose

fasi di ristrutturazione. Oltre ad un‟area sepolcrale, è stata

qui individuata una fascia di terreno inedificato (larga circa

m. 5), a lato della consolare.

FONTEMAGGI - PIOLANTI 1995; ORTALLI 1995, pp. 500-

504.

Stazione anonima presso Riccione centro

Nel 1975, uno scavo ha messo in luce nei pressi dell‟ex-

mattatoio, circa a m. 100 dalla sponda destra del Rio Melo,

i resti di una stalla, databile alla metà del III secolo d.C.:

qui sarebbero stati alloggiati gli animali da tiro che

dovevano sforzarsi per trainare i mezzi lungo la salita tra il

ponte sul rio Melo e la sede stradale, rialzata di circa m. 4.

Il ponte conserva resti di epoca romana, ed è ad una sola

arcata.

GHIROTTI – LUNI 1992; LUNI 1995A, p. 100; STOPPIONI

1995, pp. 134-135.

Stazioni anonime presso la periferia di Riccione.

A pochi metri di distanza dal transito della via Flaminia

antica, nel fondo Conti Spina, sono stati rimessi in luce

resti di un torcular che testimonia l‟esistenza di un

impianto produttivo, forse una villa rustica, anch‟essa

attratta dalla presenza della strada, per la quale si ipotizza

V.8 Rassegna Topografica: Regio VIII

104

“un‟offerta di servizi differenziata” che, rispondendo alle

esigenze del traffico stradale, affiancava “alle normali e

prevalenti attività economiche anche quelle della

ristorazione (STOPPIONI 1995, p. 135). Presso S. Lorenzo

in Strada, dal Ghirotti è stato identificato il vicus

Popillo/Pupillo. All‟altezza della curva della via Flaminia,

entro palazzo Conti, resti di impianti di riscaldamento e

ambienti con vasca serviti da canalette: in attesa dei

risultati definiti dello scavo, gli editori propongono per il

complesso una natura itineraria.

STOPPIONI 1993; STOPPIONI 1995, p. 135.

2a) Via Caesena - Adretium

Detta via Sarsinate perché passa da Sarsina, lungo la valle

del Savio.

Stazione anonima presso Bagno di Romagna

Scheda VIII.2

2b) Via Florentia - Faventia

Stazione anonima presso Strada Casale

Scheda VIII.3

V.9 Rassegna Topografica: Regio IX

105

V. 9. Regio IX

Liguria

La mancanza di informazioni archeologiche circa la

maggior parte delle località menzionate nelle fonti

itinerarie, che hanno spesso avuto continuità di vita, fa sì

che siano poche le stazioni della Liguria che possono

essere qui ricordate. La maggior parte dei dati proviene,

infatti, dalle ricerche condotte nella prima metà del secolo,

soprattutto ad opera del Lamboglia: queste ricerche,

seppure ci hanno conservato informazioni preziose, non ci

consentono di valutare appieno le cronologie e le

planimetrie. Di conseguenza, i tronconi viari qui presi in

esame sono molto semplificati, seppure la viabilità romana

della regione fu molto ramificata:

1a) via Aurelia - Aemilia Scauri;

1b) Raccordo da Canalicum verso N per Aquae Statiellae;

2) via Postumia da Genua a Placentia;

3) via Iulia Augusta da Dertona a Pollentia via Aquae

Statiellae.

1a) Via Aemilia Scauri

Alba Docilia Scheda IX.1

Albingaunum

Ad Albenga, scavi molto datati hanno individuato una serie

di edifici suburbani, a lato della strada romana all‟uscita

occidentale della città (già entro i confini di Alassio),

perimetrati da un muro di recinzione: per alcuni di essi (ad

esempio, quello in loc. Merlini o Colombera, posizionato

nella valletta a ponente di Capo Vadino, lungo la via Iulia

Augusta), si può avanzare l‟identificazione con dei recinti

funerari, tipologicamente diffusi nell‟area ligure; per altri,

si possono proporre ipotesi interpretative che li vedono

legati alla viabilità, come per il grande edificio dislocato

immediatamente fuori della porta occidentale della città,

lungo il tratto suburbano del cd. decumano, che accoglie al

centro un basamento per un monumento, ma la planimetria

e la lettura proposta dal Lamboglia, sembrano non

perfettamente aderenti alla realtà, e le ricerche recenti non

hanno potuto confermare che la strada romana passasse

effettivamente in quel punto.

LAMBOGLIA 1935; LAMBOGLIA 1966, pp. 162-166;

SPADEA NOVIERO 1990.

Lucus Bormani

La stazione è da individuarsi tra i diversi resti archeologici,

sparsi in un‟ampia zona, che includono anche le emergenze

riconducibili all‟abitato. Come localizzazioni più

accreditate si possono indicare quelle:

a) Scheda IX.2

Presso Diano Marina:

LAMBOGLIA 1971; MASSABÒ 1987A; GANDOLFI 1991-92,

pp. 138 – 146.

b) Scheda IX.3

Presso S. Bartolomeo al Mare – Rovere:

SURACE 1984; MASSABÒ 1987B; GANDOLFI 1991-92, pp.

146 – 152.

Alcuni rinvenimenti occasionali, effettuati nel corso dei

lavori per la costruzione dell‟autostrada, indizierebbero la

presenza di una sorgente idrotermale ad ovest di Diano

Marina, e a sud di Diano Calderina: questo sarebbe il punto

d‟origine del luogo di culto, frequentato sin dall‟epoca

preistorica, intorno al quale sarebbe poi sorto il santuario

con il bosco sacro, ma i rinvenimenti di epoca preromana e

romana sono localizzati prevalentemente nella zona più a

valle.

BIGA 1983.

Costa Ballenae Scheda IX.4

Il Lamboglia riteneva di identificare la mansio

“all‟incrocio tra la via Iulia Augusta e la valle Argentina”,

ma i rinvenimenti sono dispersi su una vasta area.

LAMBOGLIA 1976A; DURANTE - DE APOLLONIA 1988.

Lumone

Da ricercarsi al limite occidentale del territorio comunale

di Mentone, sul Capo S. Martino, dove è la biforcazione

delle vie Aurelia-Aemilia e Iulia Augusta. I resti della

mansio sono da alcuni additati in quelli racchiusi entro

“villa Lumone”, sul dorso del promontorio sul fianco

orientale del quale corre il torrente Gorbio, interpretabili

come i ruderi di un ninfeo, con tre nicchie (quella centrale

semicircolare, le due laterali a pianta quadrangolare),

costruito in opera reticolata e laterizia, e per questo, datato

al I secolo d.C., intonacato ed “affrescato”.

LAMBOGLIA 1939, pp. 81-82; LAMBOGLIA 1940, pp. 13-15.

1b) da Canalicum per Aquae Statiellae

Crixia

A Piana Crixia, in frazione Pareta, sono ricondotti alla

“mansio sorta sul percorso della via Aemilia Scauri, su un

abitato preesistente di Ligures Montani” … “due livelli

acciottolati sovrapposti, riferiti in via preliminare ad una

piazza o ad un vasto ambiente domestico”; lo strato che li

separava era ricco di materiale ceramico databile alla fine

del I d.C. Il livello acciottolato inferiore sarebbe di età

anteriore e attribuibile ad un nucleo abitato di Ligures

Montani. In questo caso, la consistenza delle informazioni

estratte dallo scavo di ampiezza esageratamente limitata

(un totale di 8 mq. divisi in 3 saggi) sembra veramente

insufficiente per poter trarre delle conclusioni. La ridotta

V.9 Rassegna Topografica: Regio IX

106

estensione dei saggi non consente neanche di valutare se il

piano acciottolato possa essere ricondotto ad una strada o

ad uno spazio scoperto incluso in un edificio. Nel primo

caso, si potrebbe pensare ad una piazzola che dilata

l‟ampiezza della sede carrabile, come è documentato in

altre stazioni, nel secondo ad un cortile incluso in uno

stabilimento di servizio alla viabilità, anche questa

tipologia nota in diversi esempi, ma nessuna di queste

ipotesi può essere accreditata, in mancanza di un

approfondimento dell‟indagine archeologica. Sembra,

inoltre, che, anche in questa occasione, il vocabolo mansio

sia stato impiegato in senso ambiguo, confondendo il

centro abitato con il luogo della sosta.

OLIVIERI 1972; OLIVIERI 1976; OLIVIERI 1976-78; MORRA

1997, p. 37.

2) Via Postumia da Genua a Placentia

Clastidium

L‟abitato preromano dovrebbe localizzarsi sullo sperone

del Pistornile. Per la sua rifondazione nella pianura si

hanno solo elementi sparsi: in effetti, quindi, potrebbe

essere stata la mansio presso il guado della Coppa a

funzionare da punto di riferimento dell‟insediamento

sparso. Si conoscono i resti del ponte sul fiume e la

necropoli disposta lungo le sponde dell‟antico letto del

Coppa.

MARINI CALVANI 1990, p. 790, nota 250, tav. 19.

3) Via Iulia Augusta da Dertona a Pollentia

Aquae Statiellae

Segnalati resti di grandiosi edifici termali, presso la Fonte

Bollente e le Nuove Terme.

BAROCELLI 1932C, con bibliog.

Alba Pompeia

Ad Alba, in località S. Cassiano - corso Europa, in

prossimità dell‟ingresso occidentale della città romana, è

stato rinvenuto un edificio a portico che delimita una vasta

area scoperta (lunga almeno m. 25 in direzione NE-SW, e

larga m. 8), il cui impianto è datato al I-II secolo d.C. I

portici, che si sviluppano solo sui lati lunghi avevano

probabilmente una copertura lignea, ed in un secondo

tempo furono sostituiti e spostati, sì da ridurre l‟ampiezza

del cortile, chiuso sui lati corti da muri continui. Una

porzione di questo fu lastricato con ciottoli. I materiali

della frequentazione prima del crollo e della spoliazione

datano al IV-V secolo (MORRA 1997, p. 34, con foto, ma

senza pianta ). La città è “attraversata” dalla via tra

Pollentia e Aquae Statiellae, ma ha anche un collegamento

privilegiato con la via Hasta - Pollentia (che potrebbe

anche essere ritenuto una diramazione della via Fulvia),

che corre a nord del Tanaro, parallelamente ad esso.

Quindi, nell‟area portuale fluviale, che si trova a N/NE

dell‟abitato, si aveva anche il collegamento (ottenuto

sempre mediante traghetti o ponti natanti) a questa grande

viabilità, oltreché il rifornimento per i navigli e lo

smistamento delle merci. Le evidenze archeologiche non

sono però molte, a causa delle alluvioni fluviali.

BARELLO 1997, p. 566, n. 87, sul rinvenimento monetale;

FILIPPI 1997A, pp. 243-244; FILIPPI 1997B, p. 43.

V. 10 Rassegna Topografica: Regio X

107

V. 10 Regio X

Venetia

La situazione privilegiata di questa regione, che è stata

oggetto di studi dettagliati e documentati e di opere di

sintesi dei dati archeologici e topografici, ha fatto sì che

siano poche ancora le incertezze che permangono sulla

ricostruzione della viabilità della Venetia, per la quale

l‟opera del Bosio ha fornito gli strumenti per una

valutazione delle ricerche fino ad oggi condotte. Le

principali questioni interpretative riguardano la via Claudia

Augusta, per la quale la documentazione epigrafica

adombra la possibilità di due percorsi diversi, dal Po

presso Hostilia l‟uno e da Altinum l‟altro, riuniti a

Tridentum, e l‟eventualità che la via Postumia, quasi

scomparsa nelle fonti itinerarie e sostituita da alcuni suoi

tronconi variamente integrati in itinerari con direttrici

diverse, corresse indipendente dalla via Popillia-Annia nel

tratto finale tra Concordia ed Aquileia.

1) Via da Mediolanum - Tellegate (R. XI) ad Emona (via

del Burdigalense lungo la valle del Frigidum-Vipacco);

2) via Popilia - Annia da Sagis ad Padum ad Altinum;

3) via Claudia Augusta “padana” da Hostilia a Tridentum;

4) via da Aquileia alla Raetia (Auguntum- Veldidena);

5) via da Aquileia verso Tergeste e l‟Istria fino a Pola (Via

Gemina?), e raccordo lungo le coste istriane fino a

Tarsatico.

1) Via da Mediolanum - Bergamum per Emona

attraverso Patavium

Il tratto compreso tra Patavium ed Aquileia è

probabilmente da identificarsi con l‟antica via Annia, che

avrebbe continuato il percorso della via Popilia da Adria: il

nome di Annia avrebbe avuto il sopravvento su quello di

Postumia nel tratto compreso tra Concordia ed Aquileia,

come è attestato epigraficamente in età imperiale. Secondo

il Fraccaro, invece, la Postumia avrebbe conservato un

percorso diverso da quello dell‟Annia, più settentrionale

rispetto a quest‟ultimo (FRACCARO 1957, p. 219 ss.).

Sirmio / Ad Flexum

Da localizzarsi nei pressi di Colombare, alla base della

penisoletta di Sirmione, se si accetta la correzione di XI

miglia in XXI o se si ammette la caduta di una tappa di X

miglia nel tratto compreso tra questa stazione e Brixia43.

Il Bosio ritiene che presso questa località vada anche posta

la tappa Ad Flexum ricordata dal Burdigalense, ma la

caduta di una tappa intermedia rende l‟ipotesi solo

probabile.

Sulla base della cartografia storica, si può localizzare il

deverticolo che consente di raggiungere la penisola di

Sirmione proprio ad est di Colombare, dove nei secoli

scorsi era segnalata una Osteria o Bettola, oggi Trattoria

Lugana Vecchia. Qui un “Dessegno della strada Regia” del

1751 ed il catasto Napoleonico di inizio „800 segnano un

edificio costituito da due corpi di fabbrica, distribuiti alle

estremità di un cortile al centro tra i due, porticato su due

lati. Altri rinvenimenti occasionali di materiale

archeologico di epoca romana attestano la presenza di

necropoli, ma soprattutto il rinvenimento, lungo la sponda

del lago in loc. Lugana Vecchia, di due file parallele di

pali, disposte perpendicolarmente alla riva, riconduce alla

presenza di una struttura portuale costituita dalla

palificazione lignea, contraffortata da cumuli di grossi

ciottoli. È verosimile, quindi, che presso questa stazione si

trovasse lo snodo tra la viabilità terrestre e la via lacustre

che, lungo l‟Adige e l‟Isarco, consentiva di raggiungere

Verona e le Alpi verso Tridentum.

CARTA ARCHEOLOGICA DELLA LOMBARDIA I, pp. 189-194,

nn. 1578-1623; ROFFIA 1994, pp. 111-119; ROFFIA 1998,

p. 132.

Ariolica

A Peschiera, attraverso i molti rinvenimenti di epoca

romana, si può ricostruire l‟orientamento dell‟impianto

urbano; in particolare, si richiama l‟attenzione su di

un‟area acciottolata, solcata dai segni dei carri, interpretata

come una vasta strada o una piazzola, con materiali che ne

attestano una frequentazione almeno tra I e IV secolo d.C.

Diverse fonti epigrafiche ricordano la presenza di una

corporazione di navicularii (CIL, V, 4015, 4017).

CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO II, p. 78, n. 198.3.

Pons Aesonti Scheda X.1

In Alpe Iulia

a) L‟edificio della mansio può forse essere identificato con

un fortino oggetto di qualche indagine di scavo ad opera

del Mirabella Roberti, che nel 1940 vi comandava una

squadra della Guardia di Frontiera.

MIRABELLA ROBERTI 1990, p. 61.

b) Secondo il Bosio è da ricercarsi a Kalce, dove, oltre a

consistenti resti di epoca romana, sarebbe stato rinvenuto

anche un miliario di Traiano:

BOSIO 1970, pp. 191-193.

2) Via Popilia da Ravenna

Le fonti itinerarie non menzionano Adria, che doveva

rappresentare il capolinea antico della via Popilia,

privilegiando la variante costiera.

Hadriani Scheda X.2

Fossis Scheda X.3

3) Via Claudia Augusta “padana” da Hostilia a

Tridentum

Che il capolinea della via si trovasse ad Hostilia, anziché a

Verona è attestato da una pietra miliare rinvenuta a S.

Pietro di Cariano, sulla base del quale si sostiene anche

l‟esistenza di una mansio A Pado, collocata sempre presso

V. 10 Rassegna Topografica: Regio X

108

Ostiglia (BOSIO 1991, pp. 83-85). Data la diversità delle

distanze miliarie indicate dalle fonti itinerarie, e dal

rinvenimento di miliari su entrambe le sponde dell‟Adige,

lo Zarpellon ha proposto di ricostruire due diversi tracciati

sulle due rive, ma più concordemente altri studiosi

ritengono che la strada abbia serpeggiato sui due lati del

fiume, per esigenze topografiche (BOSIO 1991, pp. 86-87,

con bibliog.).

Stazione anonima presso Brentino

Presso Brentino – Belluno, in loc. Servasa, sulla riva

destra dell‟Adige, si trova un vasto complesso, indagato

parzialmente tra il 1968 ed il 197144, tra la strada del

“querel” e la chiesa, costituito da due diverse corti, intorno

alle quali si dispongono ambienti destinati ad uso

residenziale ed alla produzione agricola. Ha orientamento

nord-sud, e si apre a meridione. È caratteristico il sistema

di drenaggio e di approvvigionamento idrico, che ha come

punto di riferimento una fontana a zampillo (quindi,

decorativa, più che funzionale), posta nel centro di uno dei

cortili. La datazione è fissata tra il I ed il III secolo d.C. La

complessità della planimetria ha indotto i primi editori a

riconoscervi una mansio, ma non è possibile identificarla

con una tra quelle ricordate negli itinerari perché non

rispetta alcuna dele distanze miliari stabilite da Verona, e

gli ultimi editori l‟hanno semplicemente catalogata come

“modesto complesso edilizio, a carattere utilitario”.

FRANZONI 1987, p. 85; LE ZONE ARCHEOLOGICHE DEL

VENETO 1987, n. 23, 013.01, p. 118; CARTA

ARCHEOLOGICA DEL VENETO II, 1990, p. 54, n. 72.

4) Via da Aquileia alla Raetia (Auguntum- Veldidena)

Ha in comune con l‟itinerario n. 3 il tratto fino Ad

Tricesimum, dove devia per Iulium Carnicum. Si riuniva

alla via da Verona al Brennero all‟uscita della val Pusteria,

presso Fortezza, a sud di Vipiteno. Le due strade si

separano presso la Stazione della Carnia, attraversando il

Fella e non il Tagliamento (BOSIO 1991, pp. 174-176).

Sebatum Scheda X.4

5) Via da Aquileia verso Tergeste e l’Istria fino a Pola

La strada attraversa San Canzian d‟Isonzo, dove era il

vicus Cansianus, e dove è stata scavata una basilica

paleocristiana di metà IV secolo (MIRABELLA ROBERTI

1990, pp. 65-66, con bibliog.). Nell‟It.Ant., l‟itinerario

terrestre si conclude a Pola, con l‟imbarco per Zara, dove

riprendeva la via terrestre per Salona.

Fons Timavi Scheda X.5

V.11 Rassegna Topografica: Regio XI

109

V. 11 REGIO XI

TRANSPADANA

La strutturazione della rete viaria si completa nell‟area

settentrionale nel corso della prima età imperiale, ma centri

abitati del territorio mantengono la duplice funzione di

centri commerciali e di transito, luoghi di aggregazione di

interi comprensori a vocazione agricolo-manifatturiera,

capoluoghi dotati di infrastrutture e centri di

amministrazione del potere, sedi di sosta e di mercato

lungo le grandi direttrici di traffico. La viabilità presso la

quale sono stati individuati i resti delle stazioni è:

1a) via delle Gallie da Mediolanum - Vercellae al Summus

Poeninus (Gran S. Bernardo), attraverso Augusta

Praetoria;

1b) via da Augusta Praetoria all‟Alpis Graia (Piccolo S.

Bernardo);

2a) via da Vercellae per Laumellum;

2b) via Vercellae – Hasta;

3) via da Cuttiae per Augusta Taurinorum e Alpes Cottie

(Monginevro);

4) via da Pedum a Caburrum;

5) via tra Vercellae e le Alpi lungo il lago Maggiore.

1) Via delle Gallie attraverso la Lombardia e la Val

d’Aosta

Le stazioni sono localizzate lungo la via “publica”, detta

via delle Gallie formalizzata nel 25 a.C.

a) Dalla Pianura Padana all’Alpis Poenina:

Eporedia

Ad Ivrea, ai margini settentrionali della strada per

Bollengo, all‟altezza del km. 2,500 della moderna statale

per Santhià, la località Stallabio tramanda il ricordo della

struttura deputata sin dall‟altomedioevo a luogo di ricovero

per i viaggiatori ed i loro animali. Sulla base dei resti, si

ricostruisce un recinto di m. 100 x 135, sul lato lungo

meridionale del quale si trovano dei setti murari

perpendicolari, disposti ad intervalli di m. 5/6, che non

sembrano ripetersi sul lato ovest. Non è possibile stabilire

da quale lato si accedesse al cortile. L‟impianto potrebbe

essere stato costruito già in epoca salassa, con rifacimenti

in età romana e riutilizzo fino ad epoca longobarda. Sulla

base del toponimo, si ritiene che a questa stazione facesse

riferimento un centro di allevamenti per cavalli (di origini

Salasse) ed anche di addestramento per guidatori di carri e

cavalieri (il nome stesso di Eporedia, di origine gallica

forse preceltica, significa stazione di carri per cavalli).

BAROCELLI 1959, pp. 22-24, n. 13; DONNA DOLMENICO

1980.

Stazione anonima presso Saint Vincent Scheda XI.1

Augusta Praetoria Scheda XI.2

Eudracinum

Saint Rhémy. A Fonteintes, durante lavori edilizi, è stata

recentemente scoperta una mutatio o mansio, ubicata lungo

il percorso della strada romana, in prossimità del Colle, a

circa km. 4 e q. 2050 s.l.m., che dovrebbe rappresentare un

luogo di sosta prima dell‟impervia salita alla sommità del

valico45. In tale località, in corrispondenza dell‟Ospizio

medievale, erano già stati ritrovati, alla fine del secolo

scorso, laterizi e frammenti ceramici.

BAROCELLI 1948, coll. XLIV-XLV; MOLLO MEZZENA

1995, pp. 182-184.

Summus Poeninus o Alpis Poenina Scheda XI.3

1b) Da Augusta Praetoria all’Alpis Graia (Piccolo S.

Bernardo):

Stazione anonima presso La Salle

A monte del ponte romano in località Equilivaz di La

Salle, presso la strada romana, si è riportato alla luce (scavi

del 1987) un complesso archeologico, interpretato come

infrastruttura di servizio alla strada, allungato su una

terrazza rettangolare, parzialmente distrutto, ma dove

ancora si potevano riconoscere vari ambienti. L‟impianto è

datato all‟inizio del I secolo d.C.

MOLLO MEZZENA 1995, p. 182.

Arebrigium

Arvier o Prè-Saint-Didier. Per questa seconda ipotesi è più

favorevole la Mollo, perché tornano le distanze itinerarie e

ci sono rinvenimenti archeologici (?). “Anche il moderno

stabilimento termale sembra insistere sulle rovine di quello

romano”.

BOSIO 1992, p. 72 con bibliog.; MOLLO MEZZENA 1995, p.

182.

Alpis Graia Scheda XI.4

2a) Da Vercellae per Laumellum

Laumellum

Lungo la via tra Ticinum e Cottiae (la via publica forse non

attraversava l‟abitato, ma lo bypassava), il vicus di età

romana si impianta alla prima metà del I secolo d.C., dal

momento che la necropoli di fine età repubblicana di Brelle

dovrebbe riferirsi ad un abitato vicino, ed acquista

maggiore rilevanza in epoca tardo antica, con l‟accrescersi

dell‟importanza della via di collegamento tra Ticinum e le

Gallie46 ed in epoca medievale fu occupato da una castrum.

La struttura di servizio alla viabilità dovrebbe essere

localizzata nell‟area compresa tra la cinta muraria più

antica e quella più piccola medievale, nei pressi

dell‟accesso che guardava Ticinum, nella zona nord del

V.11 Rassegna Topografica: Regio XI

110

dosso, dove sono stati individuati degli edifici,

caratterizzati da una vasta corte, ma che non sono stati

oggetto di scavo. Nel XIV e nel XV secolo sono attestati

due ospedali per i pellegrini.

MACCABRUNI - BLAKE 1990.

2b) Via Vercellae - Hasta (Regio IX)

Attraversa Rigomagus (scheda XI.5) e ad Pontem

(Pontestura). Non è segnata negli itinerari, ma dovrebbe

aver servito da raccordo tra le vie Fulvia (Placentia -

Hasta - Augusta Taurinorum), la via Mediolanum -

Vercellae – Eporedia, e quella Ticinum - Taurinis. Unisce

Vercelli al Monferrato e alla Liguria.

BORLA 1978.

Stazione anonima presso Casina Settime (Ad

Septimum?)

Sulla base del toponimo, i resti archeologici individuati in

Contrada Ciapeli, a Casina Settime, lungo la provinciale

Vercelli - Torino, sono stati ricondotti ad una stazione

stradale (appunto, “Ad Septimum” ) che per l‟Editore,

graviterebbe sulla via Taurinis - Gallia, contando le VII

miglia da Carbantia, anche se è possibile che le VII miglia

siano conteggiate da Vercellae. Dallo stesso Editore

l‟insediamento è detto pagus. Lo sradicamento del bosco

per l‟impianto della risaia ha messo in luce i resti di una

grande costruzione di forma rettangolare, rilevata per tre

lati, della quale restano robusti muri di fondazione. Le

strutture rimesse in luce si articolano in tre vani: il più

grande è un muro di fondazione ad “U”, di m. 0,60 di

spessore, da identificarsi con un blocco di abitazioni.

L‟ambiente con orientamento nord-sud, con fondazioni

poderose, larghe fino a m. 0,80, ha le caratteristiche di una

chiesetta a pianta rettangolare absidata, sul lato occidentale

della quale si apre una piccola cappella (forse il fons

battesimale). Sul lato opposto sono due ambienti affiancati,

di m. 4,85 x 4 e 4,85 x 3,85. Sul lato settentrionale sono

avanzi di muri che proseguono la planimetria di questi, e

che secondo l‟Autore, delimitano il sagrato antistante.

Fuori è una tomba a inumazione con forma a sarcofago,

foderata da laterizi. Le fondazioni sono in ciottoli fluviali

allettati nella malta, ma i molti frammenti laterizi indiziano

la presenza di alzati realizzati con tecniche diverse. Sulla

base delle dimensioni operate nel taglio dei sesquipedali, la

datazione della chiesa è posta tra l‟VIII-IX secolo ed il

XIII. La chiesa, una volta abbandonta quest‟area occupata

sin dall‟età romana, sarebbe stata ricostruita circa 1 km.

più ad ovest, presso la casina, e avrebbe preso la titolatura

S. Maria de Septimo. Altri resti indizierebbero la presenza

di una sepoltura di inumato, perciò il complesso andrebbe

identificato come un luogo di culto con area cimiteriale.

Per quanto, quindi, il toponimo sia di trasparente origine

stradale, non sembra si possano inserire questi dati tra

quelli che qui interessano per capire l‟organizzazione

interna delle stazioni.

BORLA 1979.

3) Da Cuttiae per Augusta Taurinorum e il valico del

Monginevro

Rigomagus Scheda XI.5

4) Via da Pedum a Caburrum

Raccorda tutti i posti doganali allo sbocco delle valli tra

Gallia e Italia: forse sono tutte stazioni delle Quadrigesima

Galliarum.

Stazione presso Germa(---)

In loc. cascina La Reala - S. Lorenzo, nel comune di

Caraglio (prov. Cuneo), è stato parzialmente indagato un

insediamento47, che non si può qualificare come centro

urbano, ma solo come agglomerato rurale sorto in

prossimità di un nodo stradale, del quale possediamo,

attraverso la documentazione epigrafica (CIL, V, 7832 e

7836), la porzione iniziale del nome (variamente integrata)

“Germa(---)”. È possibile che si tratti di una stazione

daziaria. La parte più documentata dallo scavo è un

impianto termale, del quale è stato isolato un nucleo

originario, costituito dalla successione paratattica delle tre

sale, identificate, da est ad ovest, come frigidarium,

tepidarium e calidarium (tav. XIII, e). Esternamente a

questa serie di locali, era uno spazio aperto, forse recintato.

A ridosso del calidarium si posizionò, in un secondo

momento, un piccolo vano, forse destinato a locale di

servizio; non è stato, invece, possibile, individuare il

praefurnium. Ad ovest, separato dal primo nucleo da uno

stretto passaggio, si attesta un altro gruppo di costruzioni,

di funzione imprecisata. Tra i reperti mobili, risaltano

l‟epigrafe con dedica all‟imperatore Caracalla, rinvenuta

dentro la chiesa di S. Lorenzo (CIL, V, 2, 7837) e altre

epigrafi con dediche a Settimio Severo e Marco Aurelio o

Caracalla da località limitrofe. Presso S. Lorenzo è stato

rinvenuto anche un titulo epigrafico che menziona un tale

Rinnius Novicius, che si qualifica come mulio. Il nucleo

più antico dell‟impianto è datato alla fine del I d.C. ed è

possibile che sia stato abbandonato nel corso del III secolo.

Ad un periodo successivo, quindi, forse all‟inizio del IV

d.C., risalirebbe la seconda fase di occupazione. L‟abitato

attesta una frequentazione più intensa dalla metà del I

secolo d.C. Sulla base delle considerazioni di topografia e

del rinvenimento di numerose epigrafi con riferimento ad

eventi pubblici, in questo insediamento bisogna

individuare un piccolo borgo rurale, magari aggregatosi

intorno ad un posto di dogana della Quadrigesima

Galliarum, che rappresenta un interessante esempio di

“economia del transito”, e che troverebbe uno stimolante

confronto nei resti di impianto termale in corso di scavo

presso Borgo S. Dalmazzo, sede documentata di una statio

della Quadrigesima Galliarum. È interessante cercare di

conoscere l‟articolazione interna dell‟agglomerato, per

poter istituire il confronto con le numerose stazioni

doganali note, che in qualche caso hanno anche assunto il

ruolo di stazioni stradali.

MOLLI BOFFA 1980; PELLEGRINO 1989.

Altri resti di stabilimenti termali sono stati oggetto di

indagine in aree limitrofe, del comune di Caraglio:

PELLEGRINO 1990.

5) Via tra Vercellae e le Alpi lungo il lago Maggiore

Stazione anonima presso Romagnano sul Sesia

Presso questo nodo viario, dove si univano le due strade

che correvano su entrambe le rive (Vercelli / Sempione,

V.11 Rassegna Topografica: Regio XI

111

ecc.), sono stati rinvenuti un tesoretto di monete di I secolo

d.C. e molte epigrafi di epoca romana. Nel punto di

passaggio obbligato, dove il fiume sfocia nella pianura,

sono state segnalate le pile di un ponte romano, a valle di

ruderi di epoca medievale. In questa località, l‟occupazione

romana è attestata solo dall‟età imperiale, ma la

frequentazione può essere anticipata probabilmente al I

a.C., e messa in relazione con la deduzione della colonia di

Eporedia.

FOGLIATO 1960.

1 Il tratto iniziale della via Flaminia è stato trattato nella regio VI. 2 Nel primo caso, potrebbe trattarsi di un bivio sulla via Latina che

consentiva di raggiungere il luogo di sosta posizionato sulla Labicana, o di un errore commesso dal compilatore dell‟itinerario, tratto in inganno

dalla lettura di una carta. Il secondo caso è più complesso (vedi la rilettura

della BRANDIZZI VITTUCCI 1998, con bibliog.), ma qui interessa solo rilevare che il nome di questi centri di antica tradizione indicherebbe nella

Tabula una omonima stazione viaria o un bivio per raggiungere il centro

stesso. 3 Della fase medievale del castello, a pianta rettangolare con torrioni

quadrati, restano avanzi della porta d‟accesso e dei vani che la

affiancavano realizzati in opera a saracinesca con blocchetti di selce. 4 Dal V secolo, infatti, esisteva qui un monastero dedicato a S. Andrea,

presso il quale, nel VI, il papa Gregorio Magno fece trasferire la sede

vescovile di Velletri. 5 La chiesa medievale è pavimentata con lastre funerarie di epoca romana. 6 Dentro l‟androne, sono murate diverse altre iscrizioni, tra le quali, ai lati

dell‟ingresso, sono particolarmente importanti le due che ricordano i lavori di restauro apportati alla strada da Teodorico. 7 Atto del 3 nov. 1126 in cod. Vat. Lat. 12632, f. 386: cfr. COSTE 1990, p.

128, nota 8. 8 Nessuna struttura di questo tipo è segnalata dal LUGLI 1926. 9 Fino all‟apertura della via Appia litoranea, il controllo del passo, è stato

fondamentale nelle comunicazioni tra il Lazio e la Campania: “saltum qui super Tarracinam in artas coactus fauces imminet mari” (Liv., XXII, 15,

11). Nel 315 a.C., questo luogo fu teatro di una battaglia tra Romani e

Sanniti, che vide la disfatta dei primi, che si presero la rivincita l‟anno seguente, liberando Tarracina dall‟assedio. Nel 217 a.C. il passo fu

sbarrato per impedire la marcia di Annibale su Roma. Lungo il tratto

discendente della strada antica, in direzione della piana di Fondi, si trovano molti altri ruderi di ville, tra le quali è particolarmente grandiosa,

proprio sulla vetta del monte, quella attribuita all‟imperatore Nerva (che

era nativo di Terracina), o Galba (LUGLI 1926, coll. 194-199, figg. e-g, Carta n. 2, n. 38), organizzata su vasti terrazzamenti. 10 Si tratta dei resti di un imponente monumento, ritenuto

tradizionalmente un edificio termale, ma di recente riconosciuto come villa suburbana (Malizia). Si tratta di un vasto complesso, disposto su una

poderosa sostruzione, allestita ai piedi del monte, formata da ambienti e

corridoi, connessa ad est, con una serie di locali, serviti da un acquedotto. Nella villa Salvini sono inglobate due poderose cisterne. In questo

complesso, sono riconoscibili molte fasi, la prima delle quali è databile

alla fine del I secolo a.C., rimanendo, però, frammentariamente attestata, mentre i lavori più consistenti sono assegnabili ad epoca domizianea o

traianea. Ad una sottofase di poco posteriore risalgono il raddoppio dello spessore delle cisterne ed il loro allacciamento al ramo dell‟acquedotto,

mentre ad età antonina si assegnano i rifacimenti del cortile interno ed il

porticato con volte a crociera. Gli ultimi restauri datano alla prima metà del III secolo. È un‟ipotesi del Lafon che in prossimità delle Terme

Nettunie arrivasse anche il prolungamento della via Fondi - Sperlonga -

Gaeta - Formia, detta Via Flacca, variante costiera dell‟Appia: LAFON

1979. 11 Qui doveva essere stato visto anche il miliario con la cifra CVIIII, di

Costanzo e Massimiano (CIL, X, 6870). 12 Come esempio di horreum, ricordo quello lungo la via Domitiana,

strada di collegamento tra Puteoli e Sinuessa, presso l‟incrocio con la via

Cuma - Capua, che si inoltra verso la piana di Quarto. Tra quelli di tipologia più “ibrida” (nei quali, cioè, la destinazione funeraria è,

comunque, rispettata), cito quello descritto dalla Quilici Gigli, che pensa

ad una struttura collegata alla villa rustica soprastante, entro la quale, sarebbe stato, sì, ricavato il colombario, ma che contemplava anche locali

destinati ad altri scopi (ad esempio, riunioni del collegio funerario):

QUILICI 1970; QUILICI GIGLI 1970. Corrisponde al monumento antico segnalato in QUILICI 1969B, p. 32 ss. 13 La Tabula localizza questa tappa a m. XVI da Roma, che sono

eccessive (per cui, è stato proposto l‟emendamento della cifra tràdita in XIV), ma si potrebbe pensare anche una deviazione dalla località

Martellina, verso le Acque Albule, dove si trova lo stabilimento termale in esame. Questo ramo, da considerarsi a pieno titolo “via Tiburtina”, si

sarebbe ricongiunto alla via più diretta (molto simile a quella moderna

che attraversa Bagni Albule) presso Ponte Lucano: MARI 1983, pp. 18-19. 14 Questa strada non è contemplata nelle fonti itinerarie, ma viene qui

inserita perché, lungo il suo percorso, è stato parzialmente scavato un

complesso che potrebbe essere qualificato come parte di una stazione stradale. 15 BUCK 1971, pp. 76-77. ALVISI 1970 disegna invece la via Appia lungo

un tracciato che passa per Torre della Cisterna, M. Solorso, Madonna

delle Macere (dove è stato rinvenuto il sarcofago di Melfi), Toppa

Laguzzo, Sanzanello, fino a Venusia, facendo tornare perfettamente il

computo delle miglia tra Pons Aufidi e Venusia. 16 Aggiornamenti sono editi nella rivista “Echos”, ma contemplano solo

una grande abitazione di epoca ellenistica. 17 YNTEMA 1993, p. 108: si tratta del sito n. 8-17, coord. 25950-88750, di toponimo non indicato, ma localizzato vicino a Gallana o Gallano, che ha

restituito materiali riconducibili ad un insediamento rustico databile tra il II e la fine del III o l‟inizio del IV, nel quale sono riconoscibili degli

ambienti riscaldati, e che insiste su uno precedente. 18 Io abbandonerei l‟identificazione con Taverna, perché non rispetta il computo delle distanze. 19 Sulle principali località archeologiche interessate dall‟occupazione di

epoca romana, vedi la schedatura piuttosto aggiornata di PAOLETTI 1994A. Le schedature più complete delle ville calabresi sono in

JORQUERA NIETO 1991, ANGELONE - GALLO 1988; SMURRA 1989, ma

sono solo repertori bibliog. con carte poco dettagliate, che non riportano

la viabilità. 20 In questo tratto, la versione della carta che possediamo è

particolarmente confusa. Il nome Crater fl. è apposto sia ad un corso d‟acqua molto a nord (che invece deve essere uno di quelli intorno a

Paestum, somigliante al Laos, ma non identificabile con questo: CROGIEZ

1990B, p. 425), che ad una stazione che si trova su un corso d‟acqua, che resta anonimo, ma che prima della foce sul Tirreno, confluisce nel Tanno

fl. Poiché la somma delle distanze tra Caprasia e Cosentia nella Tabula è

ridondante rispetto alla realtà, la dicitura Crater fl. in inchiostro nero viene considerata non una stazione, ma il nome di un fiume (collocato

piuttosto casualmente, o spostato sul versante tirrenico, mentre dovrebbe

riferirsi al Crati che sfocia nello Ionio), mentre la sua cifra XVIII dovrebbe essere traslata a sud di Cosentia, per segnare la stazione di Ad

Sabutum Fl., saltata nella Tabula, ma conservata in It.Ant.. A questo

proposito, proporrei, più semplicemente, di ritenere che il copista della Tabula abbia solo unito un fiume anonimo, che ha origine negli

Appennini e sfocia nel Tirreno, con il tratto iniziale del Crati, che invece

sfocia nello Ionio, facendo anche slittare la tappa del Crater fl., non

presso questo unico corso d‟acqua che è stato disegnato, ma presso

l‟affluente anonimo del Tanno. In questo caso la cifra XXVI miglia tra

Caprasia e Crater fl. andrebbe riferita al tratto Caprasia - Cosentia. Nei due fiumi della costa tirrenica, confluenti alla foce, uno dei quali è

definito Tanno, si devono vedere, l‟Amato e il più settentrionale Savuto

(distante però alla foce 20 km. dall‟Amato) o il torrente Bagni, che nasce nella zona dei Bagni di Caronte, presso Sambiase, identificata con Aquae

Angae, che sfocia a soli 2 km. dall‟Amato (La Torre), oppure il Rannu o

fiume Grande (Tanno) e il Savuto, che ancora oggi hanno la foce in comune. Sull‟idrografia vedi LA TORRE 1999, p. 135 ss. 21 La via, che è nota attraverso l‟eccezionale testimonianza dell‟elogio di

Polla, è detta via Popilia o Annia, dal momento che è dibattuto se nel frammento di epigrafe caduto, contenente il nome del personaggio che

nell‟elogio si vanta di aver costruito la via e dotato il percorso di

infrastrutture, si debba integrare il nome del console L. Popilius Laenas del 132 a.C., che avrebbe visto la sua opera completata nell‟anno

successivo da T. Annius Rufus, pretore del 131 console del 128 a.C., o

quello del console del 153 a.C., T. Annius Luscus: bibliog. in LA TORRE

1990A, pp. 151-152; GIVIGLIANO 1994A, pp. 287-293. È importante

rilevare che le fonti itinerarie più tarde conservano sostanzialmente la

scansione delle tappe indicate nell‟iscrizione di Polla, precisando solo l‟itinerario con numerose tappe intermedie. Secondo una teoria superata,

V. - Note

112

la strada antica avrebbe avuto la numerazione a partire da Reggio, che tornando, quindi verso nord, registra prima la tappa Ad Fretum - Ad

Statuam (miliario VI), cioè il bivio per il posto d‟imbarco per Messina

centro. Da lì avremmo (da sud a nord): Ad Fretum / Ad Statuam - Valentia LI

Valentia Cosentia LVII

Cosentia Muranum o Summuranum ? XLIX Già nel I a.C., tuttavia, sarebbe stata apprestata la variante per Ad Mallias

che raggiungeva Ad Columnam, dove ci si imbarcava per la Sicilia e non

per Messina. Tale variante è quella seguita dall‟Antonino. 22 Tale indicazione (che rappresenta anche una duplicazione

dell‟indicazione del corso d‟acqua ripetuto in inchiostro rosso più sotto),

viene ritenuta pertinente ad un bivio dal Taliano Grasso, mentre per il Givigliano indica una tappa lungo la via, richiedendo, perciò, di emendare

le distanze che intercorrono tra le tappe per far tornare la cifra

complessiva: GIVIGLIANO 1994A, pp. 313-315. 23 La diversità comunque sarebbe solo nella scelta della tappa Ad Turres

di It.Ant. al posto di Temesa e di Aquae Angae della Tabula, perché l‟altra

discordanza, cioè la menzione di Ad Angitulam in una sola delle due redazioni dell‟It.Ant., è da intendersi come un bivio per la costa ionica.

Questo stesso bivio sarebbe indicato nella Tabula con il nome di Annicia,

e lo stabilimento termale dell‟Angitula sarebbe indicato dalle Aquae Angae. Altrimenti, seguendo la ricostruzione del La Torre, possiamo:

- reintegrare la tappa e le XVIII miglia saltate tra Cosentia ed Ad Sabutum

fl.; - riportare la cifra XX che sembra riferita nella Tabula alla Temesa

dell‟interno (che viene soppressa) alla distanza tra Ad Sabutum fl. e Aquae Angae;

- posporre le cifre che seguono: Aquae Angae - XI - Annicia - VIII - Vibo 24 Preferisco, però, chiamare la località, indicata a 20 miglia da Cosentia, Terina (e non Temesa, che credo sia invece da cercare nella via costiera

tirrenica), e lascio aperta la possibilità che la via per Aquae Angae e

Annicia da Vibo della Tabula non sia necessariamente quella Regium-Capua. Infatti, si potrebbe sottoporre a verifica l‟ipotesi che da Cosentia

la Tabula segua una via diversa rispetto all‟It.Ant. (che segue invece la

via Capua- Regium), via che al di là della catena montuosa raggiunge Terina e torna verso Vibo, facendo tappa ad Aquae Angae, riunificandosi

alla via Capua - Regium presso il bivio Ad Angitulam di It.Ant., nella

Tabula reso con Annicia. La strada in realtà, qui non è disegnata, ma la sua esistenza è confermata da Guidone e dal Ravennate. 25 Anche per il tratto finale della via sussistono alcune incertezze, che

hanno dato luogo a diverse interpretazioni: per il Taliano Grasso (TALIANO GRASSO 1996, pp. 187-188), se uniamo i dati dell‟It.Ant. e

della Tabula, lasciando la cifra totale XVII registrata presso Reggio25,

otteniamo la serie: Regium - tappa “terme” = m.p. X sulla via Annia;

Regium - tappa anonima = m.p. VII, e

tappa anonima - Leucopetra = m.p. V sulla via ionica Trovo più convincente l‟interpretazione della Andronico, che cioè

l‟It.Ant. e la Tabula riportino tra Vibo e Regium lo stesso itinerario, che,

però, in It.Ant. fa tappa a Nicotera e Ad Mallias, nella Tabula a Tauriana e Arciade; che nella Tabula sia saltato il toponimo Columna da riferirsi

alla cifra XII ed alla vignetta terme, e che da lì intercorrano XVII miglia a

Regium. 26 Descrizione e bibliografia in COLICELLI 1996, pp. 191-195. 27 Così si spiegherebbe la brevità della cifra XI tra Tanno e Vibo: si

contano le miglia solo fino alla confluenza. 28 Segnala resti di epoca romana proprio presso l‟antico scalo portuale,

localizzato nell‟antica rientranza marina tra La Secca e Torre della Nave.

Tali rinvenimenti di epoca romana sono segnalati in “NSc” 1981, p. 137, senza precisazioni. 29 La presenza di un edificio per spettacoli presso una dimora privata

trova un confronto nella villa di Ponza. 30 Il raccordo tra il tratto diretto a Corfinio e quello di Ad Pirum,

disegnato nella Tabula, è irragionevole dal punto di vista topografico, ma

il copista è stato costretto a questa incongruenza, perché non era altrimenti possibile unirlo a Bovianum (qualora la si identifichi con

Pietrabbondante: CARROCCIA 1995, p. 121-126). 31 CARROCCIA 1989, p. 21. Già il Mommsen seguito dal La Regina (LA

REGINA 1966) avevano spostato il segmento della Tabula che si stacca da

Saepinum ad ovest degli Appennini (contro i quali si interrompe) verso

Aecas, per poter associare il santuario di Ercole Quirino di Campochiaro (CB) con la tappa di Hercul’Rani, ma secondo CARROCCIA 1995, p. 128 è

meglio lasciarlo dove è, semplicemente ad indicare la deviazione da

Saepinum verso Larinum e la costa, intendendo sottolineare soprattutto ai viaggiatori provenienti da Aequum Tuticum e Beneventum, la presenza

dell‟importantissimo “Quadrivio di Monteverde” di Vinchiaturo, incrocio

di piste tratturali ricalcate dalla “SS. 17 Nazionale dei Pentri” e dalla “SS. 87 Sannitica”. Non a caso, a controllo di questo incrocio viario, in località

“La Rocca” si conservano resti di fortificazioni sannitiche ed i ruderi

dell‟abbadia benedettina di “ S. Maria a Monte o di Guglieto”, edificata, forse, sul luogo di un tempio pagano e sui terreni di un probabile

praedium Juliani: CARROCCIA – RUTA 1987-88, pp. 265-266 e n. 23 s. 32 La fontana presenta un bacino rettangolare di m. 3 x 1,85, alto m. 0,89, decorato sul lato di fondo dal pannello con il grifo, e sistemato su di un

basamento formato da basoli di forma rettangolare. La datazione di questa

fontana, che sembra doversi riconoscere in quella menzionata da un documento epigrafico con la dedica di due lacus ad opera di due membri

della gens Ennia (Caio e Lucio, forse padre e figlio), in occasione di una

magistratura locale, è fissata alla piena età augustea: GAGGIOTTI 1975. 33 STANCO 1996, pp. 96-97: l‟integrazione sarebbe la seguente:

ab Helvillo Anconam L (ad Aesim X)

ad Calem XIIII (xx -) ad Pirum VIII (xx -)

Senagallia VIII (xx -)

ad Aesim XII (xx -) Ancona VIII 34 Si tratta di strutture conservate fino ad un massimo di m. 0.70

d‟elevato, con murature in opera vittata, riccamente rivestite da lastre di marmo e mosaici. I resti, localizzati sulla destra della via Flaminia, in loc.

Ponte Riotorto, sono stati dall‟Editrice ricondotti ad una villa privata, perché ritenuti di piccole dimensioni. 35 La via Flaminia antica correva più a monte dell‟attuale, attraverso

Vallugola, ma qui si trovava l‟incrocio tra la Flaminia e la via diretta a questo scalo portuale marittimo che, oltre Colombarone, proseguiva verso

Forum Sempronii. 36 L‟Autore riferisce solo del mosaico, che forse aveva una forma circolare e per il quale, quindi, si propone l‟identificazione con il fondo di

una vasca, e suggerisce una più generica identificazione con una villa

“vicina alla Flaminia”. 37 Così le 6 miglia sarebbero riferite al tratto Pyrgi - Punicum (mancano

quelle Punicum - Aquae Apollinares). 38 Nella Tabula, tra Aquae Apollinares e Tarquinii sono segnate XII miglia, che sono troppo poche rispetto alla distanza reale: qui andrebbe

considerato nome di stazione l’indicazione Lacus et Mons Ciminus, da

correggere in Lucus e da identificarsi con il santuario di Grasceta dei Cavallari (in SANTUARI D‟ETRURIA 1985, pp. 155-156), restituendo così

le distanze: Aquae Apollinares - Lucus (VII m.p.) - Tarquinii XII m.p. Il

lucus cadrebbe presso il toponimo Torcimina: STANCO 1996. 39 L‟It. Ant. propone la sequenza Lorium - Turres X - Pyrgi XII, e XII

miglia da Alsium, lungo la via Aurelia; la Tabula, invece, come abbiamo

visto, posiziona Ad Turres sulla via tra Baebiana e Aquae Apollinares. Se la identifichiamo con Statua tornano tutte le distanze di It.Ant. 40 L‟edizione completa dello scavo è prevista ad opera della

Soprintendenza Archeologica per l‟Etruria Meridionale. 41 DALL‟AGLIO 1992, p. 183, assegna i tratti glareati segnalati nella

pianura presso Brescello alla via che nella Tabula Peutingeriana viene

disegnata sulla sinistra del Po, subparallela al fiume, ma più arretrata, che congiunge Placentia al delta del fiume. 42 L‟epigrafe CIL, XI, 826, ricorda la ricostruzione del ponte sul Secchia

nel 260 d.C., ad opera degli imperatori Licinio Valeriano e Licinio Gallieno ed il cesare Cornelio Salonino. 43 BOSIO 1991, pp. 100-102. La tappa mancante potrebbe essere

identificata con Ariolica, riportata dalla Tabula. 44 Nel 1993 si lamenta ancora la pubblicazione della sola notizia. 45 Oltre alle stazioni ricordate negli itinerari, si è proposto di identificare

dei luoghi di sosta presso: Saint Pierre (loc. Castello Sarriod de la Tour: MOLLO MEZZENA 1992A, p. 278, fig. 18); Chatillon (casello autostradale:

MOLLO MEZZENA 1992A, pp. 278-279, fig. 19); Arnad (impianto rustico,

in diretto rapporto con la viabilità che sembra però concentrato sulla produzione agricola e sulla lavorazione dei derivati dell‟allevamento, che

occupa strutture preesistenti. MOLLO MEZZENA 1992A, p. 279, fig. 21). 46 L‟abitato romano doveva occupare la parte settentrionale del moderno centro di Lomello. La cinta muraria è di datazione molto discussa, ma è

possibile che possa essere assegnata al III-IV secolo. Oltre all‟edificio che

qui si presenta, si conoscono resti di un edificio pavimentato a mosaico. 47 Rinvenuto occasionalmente nel 1976, è stato oggetto di un‟indagine

condotta dalla Soprintendenza nel 1977.

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

113

CAPITOLO VI

RASSEGNA ARCHEOLOGICA

VI. 1. Regio I

Latium et Campania

N. I.1 Ad Nonum - “Villa e mausoleo di

Gallieno” Località Casale del Palombaro

Presso S. Maria delle Mole, comune di Marino, prov. di

Roma

Viabilità: Via Appia, a destra della via, a nord di Bovillae.

Tipo di insediamento: Grandioso complesso, identificato

da alcuni con la villa imperiale di proprietà di Gallieno,

circondato da monumenti funerari, uno dei quali, un

mausoleo a pianta circolare con peristasi di colonne, è stato

assegnato allo stesso imperatore. Nei dintorni, è attestata,

sulla base del rinvenimento di ex voto, la presenza di un

santuario, già attivo nel II secolo a.C. In due punti, prima e

dopo il sepolcro di Gallieno, è evidente un allargamento

della sede stradale, ottenuto nella porzione precedente al

sepolcro, con una carrabile laterale aggiunta di m. 2 di

ampiezza (Tav. X, nn. 3-5).

Topografia: Tra la sommità ed il declivio di un pianoro,

allungato tra la via Appia ed il fosso di Fiorano.

Scavi: I resti furono già scavati nel 1792 da Hamilton, che

sostenne di avervi rinvenuto un tempio rotondo con

peristasi di colonne. Fu oggetto di ricerche ancora nel 1862

e nel 1926-27.

Conservazione: Di tutti “i favolosi avanzi di mirabili

fabriche” descritti, sono attualmente visibili solo quelli

rilevati dal De Rossi (fig. 19).

“Villa” Articolazione Planimetrica: Gli unici dati certi sulla

planimetria si ricavano dal rilievo del De Rossi, che poté

verificare solo l‟esistenza di gallerie, su una delle quali, si

innestano dei corridoi perpendicolari. Il Lugli aveva visto

una galleria parallela alla via Appia, sovrastata da una

teoria di ambienti, coperti a volta e disposti

ortogonalmente all‟asse della galleria sottostante. Altri

nuclei isolati di costruzioni nell‟area della villa, tra cui un

estradosso di volta laterizia, murature in opera reticolata e

mista, una conserva d‟acqua, resti di tubature in piombo e

terracotta.

Caratteristiche: Ricchissimi resti delle decorazioni

musive e a stucco, di intonaco dipinto e di decorazioni

architettoniche in marmo.

Tecniche costruttive: Le gallerie erano chiuse da murature

in opera reticolata e coperte a volta.

Reperti mobili: Dagli scavi, provengono numerosi

frammenti di statue: da Hamilton fu rinvenuta la replica del

Discobolo dei Musei Vaticani, che egli riteneva essere

sistemata negli intercolumni del “tempio”.

Cronologia: Dall‟età repubblicana alla piena età imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: L‟identificazione con la

villa di proprietà di Gallieno nasce sulla base della notizia

di Aurelio Vittore, che l‟imperatore fu ucciso da

Massimiano Erculio presso Tres Tabernae sull‟Appia, e

che fu sepolto al IX miglio della stessa via e si suppone,

perciò, che lì si trovasse questa sua proprietà, ma

l‟attribuzione è discussa e non è confermata da elementi

archeologici determinanti. Secondo il Canina, la villa fu

“ridotta a servire di prima stazione della via Appia” solo

alla fine dell‟impero, perché compare nel solo Itinerario

Burdigalense. Anche dopo le indagini di scavo di inizio

secolo, i dati che emergono sulla planimetria del

monumento sono pochissimi: secondo il De Rossi, la

documentazione grafica del Rosa, edita anche dal Canina,

è puramente convenzionale. L‟edificio disegnato dal

Canina, da lui posizionato alle spalle dei monumenti

funerari che si allineano sul lato destro dell‟Appia, a poco

più di m. 20 di distanza rispetto alla strada, è molto vasto,

con una pianta rettangolare. Più dei ¾ della sua superficie

sarebbero stati costituiti da una enorme area scoperta

recintata, aperta solo al centro del lato lungo verso l‟Appia.

Solo una fascia (di circa 10 m. di larghezza) di vani si

sarebbe disposta a ridosso del lato lungo opposto a quello

d‟ingresso: qui, almeno nella porzione SE, ma

probabilmente anche in quella NE, si sarebbero individuate

delle serie parallele di vani paratattici, disposti sui due lati

di uno stretto corridoio. Questa planimetria trova un

suggestivo confronto con quelle degli edifici “a corte”

ricostruiti in alcune stazioni stradali, soprattutto delle

province, ed in particolare gli alloggi (o magazzini?) che

ripetono il modello dei “contubernia”, si inquadrano

perfettamente (anche a livello dimensionale) con quelli

raccolti presso varie stazioni (infra, cap. VII). Tale

constatazione, se per un verso conferma l‟ipotesi che il

Canina si sia ispirato a modelli noti per fornire una

ricostruzione di una stazione stradale, per un altro instilla il

dubbio che egli abbia invece avuto elementi archeologici ai

quali agganciarsi per fornire questa planimetria dal

momento che, alla metà dell‟800, difficilmente lo studioso

avrebbe potuto conoscere questi dati, individuati ed

elaborati in scavi archeologici molto più recenti.

Bibliog.: CANINA 1852, pp. 299-300, Tav. XLVII, n. XV e

XVI del IX miglio; DE ROSSI 1979, pp. 250-258, n. 220;

QUILICI 1989b, pp. 58-59; CROGIEZ 1990a.

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

114

N. I.2 Ad Sponsas Contrada Sole Luna

Comune di Velletri, prov. di Roma

Viabilità: Tra il XXI ed il XXII miglio dell‟Appia, presso

il quadrivio che conduce a Velitrae da una parte, ed al

mare dall‟altra.

Tipo di insediamento: Sulla base dei resti di superficie, si

ipotizza che in questa località si trovasse un piccolo

abitato. La documentazione grafica pubblicata dal Mancini

attesta, in questo punto, la presenza di un edificio più

antico, a ridosso del quale si sarebbe impiantato un

complesso basilicale cristiano con annesso un cimitero1. Il

rinvenimento, presso la strada romana, di molte fosse

contenenti ex-voto fittili, è stato ricondotto alla

segnalazione, circa m. 60 ad ovest di queste fosse, di una

“grandiosa costruzione a guisa di piattaforma, di m.

40x20”, con orientamento ovest-est, interpretata come la

fondazione di un tempio (per il quale il Nardini propose la

dedica al Sole ed alla Luna!). Presso questa stessa località,

è la catacomba citata dal Fiocchi Nicolai a conferma della

relazione tra cimiteri ipogei paleocristiani e stazioni

(scheda VII.13. Cfr. cap. VII), ma la ricchezza della

documentazione epigrafica attesta anche l‟esistenza di una

precedente necropoli pagana, attiva già nella prima età

imperiale. Il manufatto cristiano insiste su strutture in

opera reticolata, che ipoteticamente possono ricondursi

all‟epigrafe dedicatoria di Domiziano (NARDINI 1922)2, e

che qui vengono presentate.

Topografia: Km. 5 a sud di Velletri, all‟incrocio tra

l‟Appia e la via di Lazzaria, che in antico recava a

Satricum.

Scavi: Segnalazioni di inizio secolo; scavi del 1922

(MANCINI).

Conservazione: Fino a qualche tempo fa si conservavano

molti resti di edifici e sepolcri, oltreché del basolato e dei

marciapiedi, ed un sepolcro cristiano

Struttura di servizio (fig. 22)

Articolazione Planimetrica: L‟edificio in questione non è

mai stato oggetto di descrizione analitica, ma sulla base

della documentazione, si può descrivere come un edificio

piuttosto articolato, estendentesi fin sulla crepidine

dell‟Appia. La porzione indagata consiste in un vasto

ambiente rettangolare (forse, un cortile - fig. 22, A),

intorno a cui si dispongono - lungo almeno due lati - serie

paratattiche di vani, e sul lato est (aperto solo a sud) un

corridoio3. Sulla base dei dati presentati dagli scavatori,

non è possibile capire se anche il nucleo indicato in pianta

con la lettera B ed il muro di recinzione, che si protende a

sud, fossero pertinenti a questa fase.

Tecniche costruttive: Opera reticolata con scapoli di

selce.

Reperti mobili: Cippo con iscrizione che ricorda il

restauro della via Mactorina, da parte di un membro della

gens Ottavia (NARDINI 1918).

Cronologia: Sulla base delle tecniche edilizie, si può

proporre una generica datazione dell‟impianto entro la

prima metà del I d.C.

Continuità: Secondo il Mucci, l‟identificazione della

stazione in questo luogo sarebbe confermata dalla

segnalazione, in un documento d‟archivio, di un fundus

duo amanti, dato che ribadirebbe, quindi, l‟ipotesi che a

dare il nome alla stazione sarebbe stato un rilievo funerario

raffigurante due coniugi.

Osservazioni / Interpretazione: La planimetria nota è

piuttosto frammentaria, ma la vastità dell‟area scoperta

centrale (che poteva essere affiancata da un‟altra ancora,

più a sud) induce a ritenerla destinata ad area di parcheggio

per i veicoli, mentre i locali che si dispongono intorno al

cortile A, avrebbero potuto essere destinati ad alloggio dei

viaggiatori e al deposito delle derrate. Il vano localizzato

nella porzione sud-ovest di questo settore (fig. 22, “c”),

accessibile non dal cortile A ma dallo spazio scoperto

esterno, potrebbe essere interpretato come stalla. Per poter

localizzare la stazione in questo punto, il Mucci opera tutta

una macchinosa equiparazione delle fonti, inserendo, tra le

altre cose, la tappa di Tres Tabernae nell‟Itinerario

Burdigalense, che non la riporta, per poter colmare la

lacuna di VI miglia rispetto al totale tra Roma e Terracina.

Il luogo di rinvenimento dei votivi di terracotta ed la cd.

platea del tempio sono da localizzarsi a m. 400 circa di

distanza dai resti della supposta stazione, e sono in

relazione alla via Mactorina, di ascendenza molto antica:

per questo, la presenza del luogo di culto, più che essere

significativa per la localizzazione del luogo di sosta, è

indicativa per diagnosticare l‟intensità delle comunicazioni

tra il mare ed i rilievi albani. Questa stazione - o meglio, il

nucleo insediativo che si immagina cresciuto nei suoi

immediati dintorni - avrebbe costituito, infatti, il “centro

commerciale” di Velitrae sull‟Appia.

Bibliog.: NARDINI 1922; MANCINI 1922; MANCINI 1924;

CRESSEDI 1949, PP. 98-100; MUCCI 1975; CRESCENZI 1981,

pp. 63-65; MELIS – QUILICI GIGLI 1983, pp. 9-18; QUILICI

1989B, p. 85.

N. I.3 Tres Tabernae Località Piscina di Zaino

Comune di Cisterna di Latina, prov. di Latina

Viabilità: Via Appia, tra Ad Sponsas e Forum Appi, presso

il bivio tra l‟Appia nella Pianura Pontina e la strada per

Ninfa, che ricalca abbastanza fedelmente quella antica per

Norba.

Tipo di insediamento: In origine, lungo questo tratto di

Appia, gli insediamenti dovevano essere distribuiti in

modo piuttosto continuo, almeno nella zona compresa tra i

km. 57 e 59 della moderna statale, ma delle presenze

antiche segnalate in epoche diverse, resta solo il complesso

recentemente indagato che qui si presenta. Quest‟ultimo si

qualifica come un edificio residenziale, con fronte sulla

strada, interessato, dopo l‟abbandono, dall‟impianto di

sepolture in anfore, alla cappuccina e a “cupa”.

Rinvenimenti occasionali testimoniano la presenza di

edifici destinati ad uso funerario, almeno di epoca medio

imperiale.

Scavi: Soprintendenza Archeologica, maggio-dicembre

1993

Conservazione: Le strutture si conservano fino al piano di

spiccato o poco più.

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

115

Struttura di servizio (fig. 23) Articolazione Planimetrica: L‟asse attorno a cui

sembrano disposti i vari ambienti è costituito da una strada

di dimensioni limitate, perpendicolare alla consolare,

bordata da crepidini che mostrano di essere state

risistemate in più punti, e che - data l‟ampiezza limitata -

consentiva un traffico a senso unico, ma che prevedeva,

nella porzione centrale, uno slargo destinato alle manovre.

Da questa strada si entrava in un vano piuttosto ampio (d),

all‟interno del quale potevano accedere i veicoli, come

attesta la presenza di solchi di carro sulla soglia

dell‟ambiente stesso. Tale vano fu interessato, in una

seconda fase, da spartizione in spazi più ridotti, come

dimostrato dalla presenza di setti murari di fattura diversa.

Da questo locale si accedeva ad un altro (c), che separava

quest‟ala da un‟altra serie di edifici, che si aprivano sulla

stessa strada interna con delle colonne laterizie (due ai lati

dell‟ingresso e due (?) angolari). Nella parte finale del

blocco di edifici allungati alle spalle di questi, sono state

riportate alla luce porzioni del locale “l”, collegato

mediante il “disimpegno i” al vano “g”, tutti serviti anche

dal corridoio “h” che, a sua volta, si apriva con due gradini

su uno spazio scoperto, forse utilizzato come giardino, ed

interessato in una fase successiva, dalla costruzione di un

muro di recinzione di ben m. 76 di larghezza, di lunghezza

non accertata. Per lo spazio identificato dalla lettera “c” si

avanza l‟ipotesi che si tratti di un angiporto. Nello spazio

compreso tra questi vani e la via Appia, è stata riconosciuta

una cisterna, in parte obliterata dal successivo impianto di

una canaletta per lo smaltimento delle acque.

Sul lato opposto della strada, si trovano una serie di

ambienti interessati da rifacimenti così numerosi da

renderne difficile l‟interpretazione ma, almeno per quello

indicato con la lettera “q”, la presenza di una

pavimentazione in basoli di selce riconduce ad un utilizzo

a stalla.

Caratteristiche: Del vano “d” non restano tracce della

pavimentazione. Il vano “g” è rivestito da intonaco

monocromo bianco, ed è pavimentato a mosaico

ugualmente bianco, mentre il corridoio “h” presenta una

pavimentazione in battuto.

Tecniche costruttive: Le murature dell‟ambiente “d” sono

realizzate in opera reticolata di fattura grossolana, risarcita

in molti punti, mentre quelle del vano “g”, pure in opera

reticolata, sono di fattura più curata.

Le murature dei vani disposti lungo il lato sud-orientale del

deverticolo, sono in opera incerta con rifacimenti in opera

vittata.

Reperti mobili: Nel vasto spazio occidentale, sono stati

accumulati (forse, intenzionalmente) materiali

architettonici di rivestimento, che attestano la presenza di

decorazioni di fattura piuttosto fine. Sono stati

occasionalmente rinvenuti materiali bronzei e marmorei

databili ad epoca altomedievale (i secondi, riconducibili ad

un edificio di culto).

Cronologia: Le varie tecniche edilizie attestano

un‟occupazione del complesso tra il I ed il VI secolo d.C.,

occupazione che ha previsto impianti e ristrutturazioni.

Le tombe entro anforaceo datano ad epoca successiva

all‟abbandono, mentre, probabilmente, quelle di tipologia

diversa, sono di epoca anteriore (per quelle a cupa, ad

esempio, i confronti riportano al III-V secolo).

Continuità: Nel IV secolo, Tres Tabernae è menzionata

come sede vescovile.

Osservazioni / Interpretazione: Per quanto sia stato

interessato da numerosi rifacimenti e restauri, dalla

omogeneità degli orientamenti, traspare in questo edificio

una pianificazione originaria organica, sempre rispettata.

L‟identificazione di questo complesso con la stazione

viaria non è certa, ma la rilettura dei dati itinerari

recentemente elaborata, la rende piuttosto probabile. La

presenza di interventi di restauro assegnabili, sulla base

delle tecniche che sfruttano molto materiale di reimpiego,

fino ad epoca tardo imperiale, dimostra quanto fosse

rilevante questo complesso. La stazione di Tres Tabernae,

del resto, rivestì sempre una notevole importanza come

punto di transito e di sosta, come testimoniano Cicerone

(Ad Att., I, 13, 1; II, 10; II, 12, 2; II, 13, 1) e gli Atti degli

Apostoli: qui avvenne, infatti, l‟incontro tra S. Paolo,

prigioniero, ed i cristiani di Roma (Act.Apost., XXVIII,

15). Questo centro divenne molto precocemente sede

vescovile (già nel 313) e le fonti ne attestano la centralità

ancora nei secoli V e VI, mentre la migrazione della sede

vescovile data solo alla fine del IX.

Bibliog.: QUILICI 1989a, p. 8; CASSIERI 1995.

N. I.4 Stazione anonima al IV miglio della via

Latina Località Quadraro

Comune di Roma, prov. di Roma

Viabilità: Via Latina, IV miglio

Tipo di insediamento: Oltre al complesso identificato con

la mansio, immediatamente a nord, sono stati scavati i resti

di un sontuosa villa datata tra il I ed il IV d.C., e si

riconoscono le fondazioni di imponenti monumenti

funerari. In quest‟area doveva, inoltre, trovarsi

l‟antichissimo tempio della Fortuna Muliebre. Almeno una

trentina di tombe alla cappuccina si sono impiantate nella

zona del “portico”.

Topografia: Il complesso è localizzato nel triangolo

delimitato, in direzione NW-SE, dalla via Latina e

dall‟acquedotto Claudio e, in direzione est-ovest,

dall‟acquedotto Marcio ricalcato dal papalino acquedotto

Felice.

Scavi: tra 1987 e 1993.

Conservazione: Discreta (il muro in opera quadrata si

conserva fino a m. 2,50 dal piano di spiccato). Attualmente

le strutture riportate alla luce sono state reinterrate.

Struttura di servizio (fig. 24) Articolazione Planimetrica: Della struttura di prima fase

si conosce solo il lungo muro in opera quadrata, con

andamento NNW-SSE (leggermente divergente, quindi,

rispetto a quello ESE-WNW della via Latina), con lacerti

di pavimentazione in cocciopesto, sotto la quale si

aprivano tre cisterne ipogee raggiungibili mediante due

pozzi. Nella parte settentrionale, si trovano tre vani con

suspensurae, realizzati però in epoca successiva e destinati

ad un utilizzo termale. In prosecuzione di questo muro in

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

116

opera quadrata, ma con andamento divergente, si trova

un‟altra muratura, che ha, forse, funzionato come muro di

fondo di un portico, aperto in direzione della strada. Alle

spalle di questo muro si trovavano altri locali decorati con

rivestimenti musivi, uno dei quali è stato riconosciuto

come latrina. Dopo quasi quattro secoli, questo edificio fu

trasformato in un monumento funerario, mediante la

costruzione di un‟esedra con bancone di blocchi di tufo,

sul quale è stato ritrovato il sarcofago. Il vano absidato si

apriva su uno spazio pavimentato in lastre di peperino e

materiale di reimpiego.

Caratteristiche: Gli ambienti ad est del muro in opera

quadrata sono decorati con mosaici bianco e nero.

Tecniche costruttive: Le murature di due degli ambienti

termali sono in opera vittata, mentre il muro di fondo (?)

del portico è in opera quasi reticolata. La sala absidata è in

opera laterizia.

Reperti mobili: Alcuni frammenti architettonici che sono

stati reimpiegati anche nelle pavimentazioni in battuto,

provengono forse dal tempio della Fortuna Muliebre.

Cronologia: L‟edificio che contemplava il muro in opera

quadrata risale agli inizi del I secolo a.C., e la

trasformazione in monumento funerario risale alla fine del

III d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Non mi sembra che i dati

di scavo siano sufficienti per sostenere che “le

caratteristiche del complesso lo fanno ritenere un luogo di

sosta e ristoro, una mansio”, soprattutto qualora l‟ingresso

al complesso sia da intendersi sul lato orientale (il testo

non è chiaro), cioè dalla parte opposta rispetto alla via

Latina.

Bibliog.: EGIDI 1995, pp. 312-314.

N. I.5 Ad Bivium Colle La Maiorana

Comune di Artena, prov. di Roma.

Viabilità: “raccordo” tra via Latina e via Labicana

Tipo di insediamento: Le emergenze archeologiche

occupano un‟area di 15 ettari, per la maggior parte

interessati da un latifondo imperiale o senatorio, all‟interno

del quale si è svolta almeno l‟attività di lavorazione dei

prodotti agricoli, ma per il quale non si esclude il

coinvolgimento in attività manifatturiere o di produzione di

ceramiche. Tale insediamento ha rappresentato, anche in

epoca medio e tardo-imperiale, un punto di riferimento, sì

da essere prescelto per l‟impianto di un cimitero

paleocristiano sub divo, connesso alla catacomba di S.

Ilario, ed per l‟edificazione ancora in epoca altomedievale

di una chiesa. Il praedium si sarebbe posizionato presso un

santuario repubblicano, l‟esistenza del quale è attestata da

numerosi rinvenimenti sporadici. Tale santuario era

probabilmente connesso al punto di passaggio tra Latium

Vetus e Novus, e quindi al culto di Giano4. Sono stati

indagati, inoltre, i resti di una domus tardo-repubblicana,

che sarebbe stata occupata fino al V secolo d.C., e, nei

dintorni, è anche una cava antica di tufo, interessata,

almeno nel I d.C., dall‟impianto di alcune tombe alla

cappuccina. Sul versante est del colle, lungo il declivio che

si allunga verso la strada romana, si trova una vasca,

scavata nel banco di tufo, alimentata da un cunicolo che

adduce l‟acqua di una sorgente.

Topografia: Colle molto allungato, delimitato sui due lati

da due corsi d‟acqua. L‟insediamento si trova sulla

sommità e sul ciglio, lungo il tracciato della via che univa

la Latina alla Labicana, attestata dalla presenza di

numerosi basoli e di una tagliata.

Scavi e ricerche: Di tutto l‟insediamento di Colle

Maiorana, è stata oggetto di scavo solo una domus tardo-

repubblicana nel 1983, mentre, negli anni 1987-89, sono

state condotte le ricerche presso il cimitero e la basilica di

S. Ilario Ad Bivium.

Conservazione: I resti del Colle Maiorana sono stati

oggetto di molte distruzioni in epoca recente, sì da essere

ridotti a pochi resti di superficie.

Latifondo Imperiale?

La porzione nord-occidentale del colle, prende il nome di

Colle dell‟Imperatore, proprio per la presenza di resti

monumentali, da sempre noti. Tali resti,

frammentariamente descritti, dei quali meglio si conoscono

un edificio in opera cementizia a pianta rettangolare5, una

cisterna sotterranea6, un cunicolo, ed alcuni muri di

terrazzamento, vengono ricondotti ad un grande

possedimento imperiale o senatorio.

Caratteristiche: Gli ambienti pertinenti alla villa sono

sempre stati descritti sommariamente, ma si può evincere

che fossero riccamente decorati, alcuni riscaldati. Sono

stati rinvenuti, altresì, frammenti di rivestimenti in

cocciopesto, di molte lastrine di marmo colorato, forse

pertinenti ad un opus sectile, di colonne, capitelli e

materiali architettonici di marmo.

Tecniche costruttive: La cisterna è realizzata in opera

cementizia, il cunicolo in opera reticolata.

Reperti mobili: Tra i rinvenimenti degni di nota, segnalo

una base iscritta con preghiera a Giano (QUILICI 1982, pp.

172-181, scoperta in quell‟occasione), una dedica a

Silvano (CIL, X, 5962), un testo epigrafico di ispirazione

tardo-stoica, molti frammenti di statue, molti materiali

architettonici di marmo e granito e materiale ceramico

databile fino al V-VI secolo.

Cronologia: I materiali votivi del santuario datano al IV -

II secolo a.C., mentre i resti riconducibili alla villa

spaziano tra la fine dell‟età repubblicana ed almeno il V-VI

d.C. Luttazzi insiste su una datazione della “stazione” al III

d.C.

“Domus”

Articolazione Planimetrica: Direttamente sulla via di

raccordo Latina-Labicana, si apre l‟ala settentrionale di

questo edificio, identificato con una domus. La parte nota è

costituita da un complesso dalla planimetria piuttosto

regolare, con due blocchi di vani simmetricamente disposti

ai lati di un peristilio, circondato su tre lati da un portico,

aperto su un vano qualificato come tablino.

Caratteristiche: Sono stati raccolti moltissimi frammenti

di intonaco dipinto, e di lastrine di marmo pertinenti a

rivestimenti in opus sectile. Il pavimento del porticato C1

era a mosaico bianco e nero, mentre i vani E ed F erano

impermeabilizzati internamente con cocciopesto su cui era

allettato l‟opus sectile. Il peristilio era sostenuto da colonne

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

117

di marmo, terminate da capitelli ionici. Tra i materiali

recuperati figurano tessere di mosaico policromo e tubuli

di terracotta per il riscaldamento degli ambienti.

Tecniche costruttive: I muri che delimitano l‟ambiente O

ed un muro perimetrale di D sono in opera laterizia.

Reperti mobili: Oltre ai citati frammenti architettonici, si

sono recuperate parti di statue.

Cronologia: Impianto di I d.C., con restauri consistenti di

II secolo. Il periodo di maggior vitalità è, forse, da

riconoscersi tra la fine del III e l‟inizio del IV secolo.

Dopo l‟abbandono, avvenuto nel V d.C., si impiantarono

qui delle tombe di inumati.

Area Sepolcrale di S. Ilario

Tombe scavate nel banco di tufo e coperte alla cappuccina,

sostituite, in una seconda fase, da tombe costruite con

muretti in tufelli e laterizi, che delimitano “cassoni”

quadrati, pavimentati e coperti con tegole.

Reperti mobili: Come materiale di costruzione della

chiesa, è stato reimpiegato un frammento di una lastra di

marmo, con dedica a Caracalla, posta tra il 196 ed il 211.

Cronologia: L‟area funeraria si impiantò nel IV secolo

d.C., forse dopo la prima utilizzazione della catacomba, ma

il suo uso durò almeno fino al VII secolo.

Osservazioni / Interpretazione: Si ritiene che l‟area

sepolcrale abbia potuto contenere almeno 800 individui:

tale consistente comunità è ricondotta allo stesso

insediamento di Colle Maiorana. La presenza di una

tagliata alla base del colle attesta che la via di

collegamento tra la Latina e la Labicana passasse proprio

in vicinanza di questi resti.

Bibliog.: QUILICI 1982, pp. 126-134; 172-181, tav. CIX,

nn. 270-272; FIOCCHI NICOLAI 1988-1989; FIOCCHI

NICOLAI 1990; QUILICI 1991, p. 53; CARROCCIA 1995, p.

129; LUTTAZZI 1996; PRACCHIA - PETRASSI - CIFARELLI

1998, pp. 179-191.

N. I.6 Stazione anonima presso Rossilli Rossilli

Comune di Gavignano, prov. Roma.

Viabilità: Via Latina, a m. XXXV da Roma.

Tipo di insediamento: Grande villa, che in epoca

repubblicana potrebbe essere stata di proprietà della

famiglia degli Hordeonii; secondo gli editori, dopo la

guerra sociale, sarebbe stata confiscata e, in epoca

augustea, sarebbe stata trasformata in mansio. La villa

padronale avrebbe fatto capo ad un settore produttivo che,

oltre ad una non documentata attività di lavorazione dei

prodotti della terra, avrebbe svolto attività manifatturiere

(sulla base della presenza di diverse fornaci nei dintorni,

per la produzione di laterizi e ceramica) ed estrattive

(individuata una cava di pozzolana). Tra la fine del VI e

l‟inizio del VII secolo si impiantarono qui delle sepolture

di inumati.

Articolazione planimetrica: (fig. 25) Il complesso

abbaziale reimpiega moltissime strutture murarie di epoca

romana, realizzate in tecniche diverse. Nella figura è

indicata con la lettera A la chiesa abbaziale, con B-F dei

ripostigli e locali di servizio, con L-M quello che in origine

era un portico (su cui si impianta il campanile b), diviso in

un secondo momento (M fu trasformato in sacrestia), con

N-O un edificio medievale di incerta funzione, ma di

sicura origine romana, con P un ninfeo e con R-Q

“l‟Osteria di Rossilli”. Presso il ninfeo, è stata scavata una

vasca di forma quadrata, rialzata e ristrutturata, con

materiali di recupero, ininterrottamente, fino al 1600.

Tecniche costruttive: Sotto il complesso abbaziale sono

stati individuati lacerti di cortine a tecniche diverse. Il

ninfeo P era costruito in opera reticolata, con scapoli di due

materiali diversi, disposti cromaticamente, mentre la vasca

era costruita in origine in “cementizio a scapoli di calcare”.

Cronologia: La villa è sicuramente abitata fino ad epoca

tardo imperiale.

Continuità: Dal 1182 è attestata l‟esistenza del complesso

abbaziale, che riusa moltissime strutture murarie romane.

La costruzione indicata in pianta con R/Q era nota

nell‟Ottocento come “Osteria di Rossilli”: è fondata su

strutture romane in opera incerta, e al piano terreno

funzionava come stalla, ma questa non deve essere stata la

sua funzione originaria, perché, in almeno una porzione, si

trovava un pavimento a mosaico policromo. Uno dei

sepolcri romani nei dintorni (sito presso l‟incrocio tra la

via Latina e la via che oggi porta a Gavignano), è stato

trasformato, nel VI-VII secolo d.C., in chiesa, dedicata a S.

Margherita.

Osservazioni / Interpretazione: La ricostruzione della

storia dell‟unità produttiva non è documentabile: è tuttavia

verosimile, che i proprietari della villa (se, come è logico,

la pars residenziale è da individuarsi nella costruzione

dell‟abbazia), posizionata ad una certa distanza dal

tracciato stradale, abbiano inteso allestire un luogo di sosta

lungo la strada, per incrementare le fonti di guadagno

dell‟intera azienda. Ritengo, infatti, che l‟ipotesi della

confisca non possa essere documentata.

Bibliog.: LUTTAZZI - PERIN 1998.

N. I.7 Ad Statuas Località Fontanile della Pidocchiosa, S. Cesareo.

Comune di Zagarolo, prov. di Roma

Viabilità: Via Labicana.

Tipo di insediamento: Piazzola di sosta con fontana

abbeveratoio posizionata lungo la strada; sul lato opposto

edificio di prima età imperiale (figg. 26, 27).

Topografia: Entrambe le emergenze solo localizzate

proprio a ridosso della crepidine della strada antica.

Scavi: Anni ‟80, in occasione della costruzione della

bretella autostradale.

Conservazione: Compromessa dalla costruzione

dell‟autostrada.

Struttura di servizio? (fig. 26)

Il settore indagato archeologicamente contiene porzioni di

almeno cinque o sei vani, con orientamento congruente,

perpendicolare all‟asse stradale, sul lato settentrionale della

piazzola lastricata. Questo monumento si trova a m. 1,5 di

profondità rispetto al livello del basolato di III secolo.

Caratteristiche: In un vano, tracce di pavimentazione in

opera spicata, in un altro, lacerti di cocciopesto.

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

118

Tecniche costruttive: Opera incerta a scapoli di selce.

Reperti mobili: Molti materiali di ferro (numerosissimi

chiodi rovinati dal fuoco) e molte scorie di fusione del

ferro.

Cronologia: Sulla base delle tecniche edilizie proporrei un

impianto entro il I secolo d.C., mentre gli editori fissano

l‟abbandono e la distruzione nel III secolo d.C.

Vasca

Fontana abbeveratoio di forma semicircolare, che accoglie

al centro un pozzo di forma circolare, con pedarole (altre

quattro fosse sono state scavate nel fondo della vasca, ma

in un‟epoca successiva all‟abbandono).

Caratteristiche: Rivestimento interno in cocciopesto.

Tecniche costruttive: La vasca è costruita in opera vittata.

Cronologia: I saggi sotto il basolato hanno datato il manto

stradale attualmente visibile al III secolo d.C.; la tecnica

edilizia della vasca viene datata all‟inizio del IV, quindi, in

una fase immediatamente successiva.

Continuità: Il nome antico deriverebbe dalla vicinanza di

una sontuosa villa attribuita a Cesare, che ancora nel IV

secolo fu interessata da restauri ad opera di Massenzio

(resti in località La Villetta), mentre il toponimo moderno

conserva il ricordo della fonte di approvvigionamento

idrico, che ha avuto un uso continuato attraverso i secoli.

L‟Osteria di S. Cesareo è già attestata nel XVII secolo.

Osservazioni / Interpretazione: Se pure le dimensioni

ridotte della porzione indagata del monumento non

consentono di formulare una valutazione articolata, si può

rilevare che si tratta di un edificio adibito ad attività

artigianali, verosimilmente la lavorazione del ferro, e che

tale attività, anche se non necessariamente inquadrata

ufficialmente tra quelle della stazione viaria, è certamente

da porsi in relazione con essa. La ristrutturazione del

tracciato viario nel III secolo deve aver comportato

l‟obliterazione di questo edificio (e, forse, di altri), ma ne

ha previsto la sostituzione con la costruzione della piazzola

e della fontana abbeveratoio (non sappiamo, se nei dintorni

fu ricostruito anche un edificio di servizio): in questo caso

sembra potersi ipotizzare l‟esistenza di un piano organico

di risistemazione dell‟area.

Bibliog.: QUILICI 1985; GATTI - REGGIANI 1993, pp. 11-

12; BARBETTA 1995, pp. 57-58.

N. I.8 Stazione anonima presso Ponte di

Nona (“Ad Nonum”?) Ponte di Nona

Comune e provincia di Roma

Viabilità: Via Prenestina, presso lo stacco del deverticolo

che conduce, probabilmente, alla villa in località

Capotostolo.

Tipo di insediamento: Agglomerato sorto attorno al

tempio di una divinità salutare, oggetto di culto sin dall‟età

del Ferro, interessato in epoca romana dall‟impianto di un

edificio termale, di una villa di età imperiale, di un edificio

rotondo e di un‟area di necropoli con tombe a camera (fig.

28). L‟insediamento visse fino al IV secolo almeno,

continuando ad essere attraversato dalla strada e a

controllare il ponte (resti di quello repubblicano, inglobato

in quello imperiale). Il tempio era circondato da un recinto

sacro, che si allungava verso una vasca circolare, a lato

della quale si trovava un edificio, identificato con una

mansio.

Topografia: Sommità di un colle, delimitato ad ovest dal

fosso di Ponte di Nona, scavalcato dal maestoso ponte

romano. Nei dintorni è localizzata la fonte di acqua

“magnesiaca” che ha dato origine al culto.

Scavi: Scavi abusivi nel 1845; scoperte occasionali,

soprattutto di materiali votivi, alla fine del secolo scorso

(documentate dal Lanciani e dall‟Ashby). Scavi di

ampiezza limitata sono stati condotti dal Pasqui e dal

Mancini nel 1912. Da allora, l‟area è stata solo interessata

da ricerche di superficie, condotte dal Castagnoli, dal

Cozza, dal Quilici, e da indagini attraverso le foto aeree,

che hanno preceduto la distruzione.

Conservazione: Si conserva il ponte, mentre il resto

dell‟insediamento è stato distrutto tra il 1963 ed il 1964

dall‟apertura di una cava di pozzolana.

Abitato Le ricerche hanno consentito di individuare le seguenti

unità (fig. 28):

a) Ninfeo, scavato nel tufo, con due nicchie e canali che vi

adducono l‟acqua minerale.

b) Mansio?: edificio a pianta rettangolare molto allungata

(lungh. N-S m. 26), che nella parte meridionale presenta

una serie di vani affiancati (largh. m. 3,4), uno dei quali, è

stato riconosciuto come frigidario, ed un altro come

calidario con ipocausto (fig. 29, c). I tre vani si aprono su

uno stretto corridoio, che sbocca in un ambiente circolare

(fig. 29, i), per il quale è stata avanzata l‟identificazione

con una latrina. Al centro dell‟edificio, si trova un cortile

(b), pavimentato con grosse pietre gabine di forma

irregolare. Intorno all‟angolo sud-ovest della costruzione,

sono due tratti di muratura che sembrano recintare uno

spazio aperto (fig. 29, e). Diversi ambienti (d, f, g)

ospitano dei pozzetti circolari, di funzione imprecisata.

c) Ipogei funerari.

d) Costruzione circolare di m. 10 di diametro.

e) Recinto, indagato per una largh. di m. 17,5 e una lungh.

di m. 21,5, ma che, sulla base delle foto aeree, sembra

arrivare a m. 40 circa. Presso gli angoli, si trovano delle

fosse di deposizione di ex voto (fig. 28, k-l).

g) Resti di murature.

i) Edificio di età tarda (fig. 28, A), di forma rettangolare

allungata (m. 25x8), diviso in due ampi locali coassiali, sul

lato meridionale dei quali si addossano altri due piccoli

vani, forse seguiti da altri non conservati. All‟interno

dell‟ambiente più grande si trova la buca per alloggiare un

dolio (fig. 28, “a”).

l) Piccolo spiazzo pavimentato a blocchi di selce, con resti

di un basamento in cementizio, che sostiene un blocco

ancora in opera: si tratta, forse, dell‟allestimento per

collocare la pietra miliare in posizione evidenziata.

m) Colombari.

n, o, q) Cunicoli di drenaggio.

p) Resti di una villa rustica, della quale si conservano

frammenti delle ricche decorazioni a stucco.

r) Resti di calcestruzzo, forse pertinenti ad una cisterna.

s, t) Sepolcri.

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

119

v) Resti di calcestruzzo e di rivestimenti in cocciopesto.

Caratteristiche: I vani a pianta circolare dell‟edificio “b”

(fig. 29, “h” e “i”) sono pavimentati a mosaico bianco.

Tecniche costruttive: Le murature dell‟edificio “b”, sono

in opera laterizia: quelle esterne hanno uno spessore di m.

0,60, mentre il recinto “e” è in parte in blocchi non

squadrati di pietra e parte in opera laterizia. I muri

dell‟edificio “i” sono a blocchetti parallelepipedi di tufo, di

m. 0,60 di spessore, mentre la costruzione “d” è in blocchi

di tufo senza legante ed il recinto “e” in blocchi di tufo

squadrati.

Reperti mobili: Terracotte votive anatomiche, che forse

riconducono al culto di Asclepio.

Cronologia: Il centro fiorì tra il 250 ed il 150 a.C., epoca

dopo la quale le attestazioni si fanno frammentarie, ma che

sulla base della presenza di ceramica sigillata (italica?) e di

monete che coprono l‟arco cronologico fino a Costantino

II, si possono accertare fino alla tarda età imperiale. Lungo

la strada, si trovano mausolei e resti di abitazioni di età

imperiale. Si ritiene che il luogo di sosta per i viaggiatori

cominciò ad essere frequentato nel momento in cui entrò in

crisi il santuario. L‟area stessa del tempio, fu

“rinconvertita”, intorno al V secolo d.C., in vigneto. Il

ponte superstite è stato costruito alla fine del II secolo, al

massimo, nel I secolo a.C. ma ne sostituisce uno più

antico. Sulla base delle tecniche costruttive, si può

ipotizzare che la “mansio” (edificio b) fosse costruita

intorno alla metà del I secolo d.C.

Continuità: Gli itinerari antichi che si sono conservati non

menzionano questa tappa: sulla base del toponimo,

comunque, si può sostenere una manifesta relazione con la

località “miliaria”.

Osservazioni / Interpretazione: La planimetria

dell‟edificio b trova un confronto abbastanza significativo

nella stazione di Bab el Mukheinig in Egitto (supra, cap.

IV e infra, cap. VII). Anche per quest‟insediamento, come

per altri in Etruria (ad esempio, Careiae), Potter sottolinea

la mancanza di pianificazione e la casualità con cui gli

edifici si allineano lungo la strada, secondo un processo

naturale.

Bibliog.: PASQUI 1912; MANCINI 1912; QUILICI 1974, pp.

363-381, n. 224; POTTER 1979, pp. 119-120; POTTER 1989,

pp. 7-9.

N. I.9 Ad Turres Albas Torre di Fogliano, località Archi di S. Donato

Comune e prov. di Latina

Viabilità: via Severiana, secondo la ricostruzione di Egidi,

tra Clostris e Circeios

Tipo di insediamento: Non è possibile, allo stato attuale

delle ricerche, stabilire se il complesso individuato sia una

porzione di una villa o la struttura della statio vera e

propria, ma è verosimile che questo edificio non fosse

isolato. È stato segnalato il rinvenimento di almeno un

tomba terragna, di datazione imprecisata.

Topografia: Tra i due laghi costieri di Fogliano e dei

Monaci, alla foce del canale Rio Martino, che ricalca

probabilmente l‟antica fossa artificiale scavata per la

bonifica delle Paludi Pontine da Cornelio Cethego nel II

a.C.

Scavi e Ricerche: Le strutture erano già state segnalate

alla fine del secolo scorso dall‟Elter, che ricordava

murature conservate per “centinaia di metri”, ma i resti

oggi localizzati non sono mai stati oggetto di scavo.

Conservazione: La visibilità dei resti è fortemente

compromessa dalla fitta boscaglia che li ricopre, ma alcuni

tratti di muratura sono conservati fino a quasi 2,50 m. di

altezza.

Struttura di servizio? (fig. 30)

Articolazione Planimetrica: Serie paratattica di ambienti

disposti ortogonalmente rispetto al canale, dove si

dovevano trovare opere di bonifica già in antico. In una

seconda fase edilizia, lungo un allineamento

perpendicolare all‟asse dei vani, si impostò un portico, del

quale restano due colonne laterizie, che dovevano

sostenere la tettoia. Altri resti di forma imprecisata si

trovano su entrambe le sponde del canale. Sulla base della

descrizione della stratificazione archeologica entro la quale

era stata scavata la tomba di Kamenio, sembra evincersi

che vi fosse un vano con suspensurae a pilastrini di

mattoni.

Caratteristiche: L‟Elter segnalò la presenza di mosaici, di

pavimenti in opus spicatum, di frammenti di stucchi e di

rivestimenti marmorei, e di fistulae di piombo per

l‟adduzione dell‟acqua.

Tecniche costruttive: Opera reticolata con scapoli di tufo

e di calcare del Circeo, con ammorsature a blocchetti.

Reperti mobili: Una delle fistulae recava il marchio

Silanae M. F. (CIL, X, 2, 8296). Nei dintorni fu rinvenuta

un‟epigrafe che ricordava l‟esecuzione di lavori idraulici,

eseguiti per l‟interessamento di un certo Phaenippus, e la

lastra funeraria di un tale Kamenio, vissuto tra il 343 ed il

385 d.C., che aveva, tra le altre cose, ricoperto la carica di

sacerdote di molti culti misterici ed orientali, quali Mitra,

Bacco, Cibele, Ecate.

Cronologia: Sulla base delle tecniche edilizie, propongo

una datazione della prima fase delle strutture note tra la

fine del I secolo a.C. e l‟inizio del I d.C., mentre la

realizzazione delle colonne laterizie non dovrebbe risalire a

prima della fine dello stesso secolo.

Osservazioni / Interpretazione: Le strutture murarie a

ridosso del canale, erano ritenute dall‟Elter come pertinenti

a peschiere. Se la fistula bollata è da riferirsi alle strutture

della stazione, è evidente che la proprietà e la gestione

devono essere state affidate, almeno al momento del loro

impianto, ad un privato.

Bibliog.: ELTER 1884, pp. 67 – 79; EGIDI 1980, pp. 123 –

125.

N. I.10 Stazione anonima presso Rebibbia Località Rebibbia - Via Cannizzaro

Comune di Roma, prov. di Roma

Viabilità: Via Tiburtina Km. 14 circa; tratto compreso tra

il bivio per Settecamini e via S. Simone.

Tipo di insediamento: Edificio di servizio per i

viaggiatori? (figg. 31-32)

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

120

Topografia: Sul lato meridionale della via antica.

Scavi: Rinvenimenti occasionali nel 1966; indagini nel

1983.

Struttura di servizio:

Articolazione Planimetrica: Allo stato di indagine

definitivo, il monumento si presenta articolato in tre vani

(fig. 31, nn. I, III, IV) disposti sul lato settentrionale di una

corte centrale (nn. II, V). La corte centrale ha subito diversi

innalzamenti: l‟ultimo ha obliterato, sotto un pavimento

lastricato, il pozzo per l‟approvvigionamento idrico. Nella

prima fase, in realtà, la struttura aveva una semplice pianta

rettangolare, che si trovava nell‟angolo di un‟area

delimitata da un muro di recinzione ad “L”. Nella seconda

fase, oltre al bancone addossato al muro 2, si datano gli

avanzi di pilastri, che possono essere ricondotti alla

presenza di un portico delimitante un‟area scoperta. Nella

terza fase si alzarono i muri nn. 67, 10, 14, 4, ed i banconi

in calcestruzzo dell‟ambiente IV (nn. 23-25);

contemporaneamente, fu anche apprestato l‟alloggio per il

fornello ed aperto il pozzo nella corte centrale. Lo stesso

ambiente IV fu coperto ed aperto sulla strada, e si

definirono i perimetri degli ambienti I e III. In una

sottofase legata a questa terza si ebbe il rialzamento del

pavimento dell‟ambiente IV, realizzato in più momenti.

Nella quarta fase, questo stesso vano IV fu chiuso e si

demolirono i banconi, mentre si ebbe la creazione

dell‟accesso carrozzabile basolato (US 30). La quinta fase

(fig. 32) previde un considerevole riporto di materiale di

scarico e la chiusura del passaggio tra i locali II e V, con la

costruzione dei muri 5 e 9, ed altri riporti si ebbero in una

fase ancora successiva, durante la quale fu anche realizzata

la piazzola.

Tecniche costruttive: Le murature di I fase sono in opera

reticolata di tufelli, quelle della II fase in opera vittata,

come pure i rifacimenti del IV secolo sono in opera listata.

Reperti mobili: Ceramica sigillata africana ed invetriata.

Cronologia: Frequentazione occasionale (?) di tarda età

repubblicana. I fase (impianto): età augustea; II fase: II

d.C.; III fase: seconda metà II d.C. – inizi III secolo d.C.,

con interventi fino alla fine del III; IV fase: prima metà IV

secolo; V fase metà IV secolo d.C. – inizi V d.C.; VI fase:

prima metà V secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Secondo gli scavatori,

anche per quest‟edificio, vista la stretta relazione con il

tratto stradale, è plausibile una destinazione al servizio dei

viaggiatori. Nella primissima fase, forse, erano condotte

qui anche altre attività economiche, che non si è potuto

documentare archeologicamente, ma quanto all‟uso di

questa struttura come taberna, vale il confronto con quella

di Pompei, Regio I, ins. 10, n. 13 (PARKER 1978, p. 33, fig.

21), mentre per l‟articolazione planimetrica di III fase si

può istituire il parallelo con il celebre stabulum Hermetis,

della stessa Pompei (PARKER 1978, p. 6, fig.1).

Bibliog.: STAFFA 1986, con bibliog.

N. I.11 Stazione anonima presso Settecamini Via Tiburtina, all‟altezza del Km. 14

Settecamini, prov. Roma

Viabilità: Via Tiburtina

Tipo di insediamento: Sono stati oggetto di indagine

diversi nuclei insediativi, che sono forse riconducibili ad

un piccolo agglomerato rustico, raccoltosi intorno ad

un‟area di sosta. Ruderi ricondotti ad una villa suburbana

sono stati individuati presso l‟incrocio tra la via Tiburtina e

la strada per Montecelio (presso il Giardino Pubblico).

Oltre a quella che qui si presenta, un‟altra “struttura di

servizio” è stata oggetto di parziali indagini lungo lo stesso

tratto di via Tiburtina, presso il “Tabacchificio Gianni”.

Diversi materiali archeologici sono conservati nella

proprietà al n. civico 101 di via di Casal Bianco,

confermando l‟esistenza in quest‟area di un centro demico,

con relativa necropoli.

Scavi: 1981-1985 Soprintendenza.

Struttura di servizio Località: Via Tiburtina - incrocio con via di Casal Bianco -

presso la chiesetta settecentesca (fig. 33)

Tipo di insediamento: Edificio per lavorazione o

distribuzione ed approvvigionamento agricolo. Si conosce,

in realtà, solo il piazzale basolato adiacente il tracciato

della strada. Al km. 14,700 sul lato opposto della strada,

sono stati individuati i resti di un‟altra cisterna.

Topografia: Pendio di un piccolo pianoro tagliato dalla

strada incassata nel banco tufaceo.

Pianta: È stato possibile condurre le indagini solo in

un‟area di m. 24x18, dove sono state rimesse in luce

alcune strutture murarie allineate secondo i tratti di strada

antica (fig. 33). Si tratta di alcuni ambienti posti

immediatamente a sud della strada basolata, distribuiti

intorno ad un ampio cortile con due ingressi, attraversato

da un deverticolo basolato della via (fig. 34). Nel cortile

sono stati rinvenuti dei blocchi di tufo di sostegno per delle

tettoie, tre vasche-abbeveratoio, un pozzo cilindrico

centrale comunicante mediante un condotto sotterraneo

con una vasca posta all‟esterno del cortile. Anche il lato

settentrionale, affacciato direttamente sulla strada, era

porticato, come attesta il rinvenimento di altri tre blocchi

parallelepipedi. Sul lato opposto si trovano, invece, dei

vani destinati alle lavorazioni agricole, ed in particolare il

locale che ospitava il torcular.

Caratteristiche: I pavimenti sono in cocciopesto o in

opera spicata.

Tecniche costruttive: Le strutture perimetrali sono

realizzate in opera reticolata di tufelli con spallette a

blocchetti di tufo; interamente a blocchetti sono realizzate

alcune murature degli ambienti "industriali", mentre

numerosi sono i muretti alzati con materiali di recupero.

Reperti mobili: Rinvenuti tutti in seconda giacitura.

Presso questi resti è stato rinvenuto il miliario riportante la

cifra IX ed i nomi di Valentiniano e, forse, di Valente e

Graziano (367-375).

Cronologia: Dalla metà del I secolo a.C. al V secolo d.C.

Continuità: Presso questo bivio si trova l‟Osteria del

Forno che ha ereditato le funzioni di luogo di sosta: ancora

alla metà dell‟800 questo casale viene ricordato come

“stazione sulla via Tiburtina” (NIBBY 1848-49, p. 71).

Osservazioni / Interpretazione: Come emerge anche dal

confronto con le schede nn. I.10 e I.12 e con i dati raccolti

nella Rassegna Topografica cap. V, è evidente in questo

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

121

tratto una forte concentrazione di luoghi di sosta, che si

presentano anche con una cronologia piuttosto uniforme.

Credo che questa situazione, più che essere ritenuta

eccezionale, debba considerarsi testimonianza quasi

completa di una situazione che in antico deve essersi

spesso ripetuta. È piuttosto singolare, invece, che proprio

da queste strutture, che non possono essere riconosciute in

alcuna tappa menzionata nelle fonti antiche, provengano i

dati sull‟articolazione planimetrica e sulle dotazioni

infrastrutturali più significativi.

Bibliog.: GIANFROTTA 1979 (con bibliog. sui rinvenimenti

più antichi e frammentari); MESSINEO – STAFFA 1981;

STAFFA 1984; CAIOLA – MARRA - MESSINEO - STAFFA

1986; MESSINEO 1987; CALCI - CECI – MESSINEO 1988.

N. I.12 Stazione anonima presso Settecamini Via di Casal Bianco

Settecamini, prov. Roma

Viabilità: Lungo la via Tiburtina antica, tra il km. 14,500

ed il km. 14,900 della statale moderna.

Tipo di insediamento: Oltre ai resti di una cisterna

all‟altezza del km. 14,500, che rappresenta forse l‟unico

resto di una sontuosa villa, e di molti monumenti funerari,

abbiamo, a sud, tre pozzi, posizionati a cadenza regolare in

blocchetti di tufo (fig. 35), e - ad est - l‟edificio identificato

come taberna .Appena prima dei pozzi, sul lato opposto

della strada, è un edificio a pianta rettangolare suddiviso in

tre navate7 (fig. 35).

Scavi: 1987-1988, Soprintendenza.

Conservazione: Buona, fino a circa m. 1,50 di altezza dal

suolo.

Struttura di servizio (fig. 36) Articolazione Planimetrica: Complesso di notevole

estensione, con un ampio cortile a pianta rettangolare, che

si apriva sulla strada con un portichetto a quattro pilastri,

raccordati, poi, da un muro di chiusura. All‟interno del

cortile, nell‟angolo sud-est, sono state rinvenute due

vasche, collegate tra loro, delle quali l‟una, quadrata, più

grande, e l‟altra di forma rettangolare, con fossa di

decantazione. Nell‟angolo opposto, presso un ingresso

secondario del cortile, è una cisterna, in un secondo

momento trasformata in locale, mediante l‟abbattimento di

una parete, forse destinata a ricovero per gli animali, come

farebbe pensare la presenza della canaletta scavata nel

piano pavimentale. Presso questa cisterna è una calcara8. Il

blocco orientale di edifici si articola intorno ad un “atrio”

centrale (Fig. 36, B), aperto anch‟esso sulla strada, con due

pilastri, e sugli altri tre lati, dai quali si accede ai vani A e

B (nel secondo, si impiantò, in un momento successivo,

una scala di accesso al piano superiore). “Nell‟atrio”, il cui

livello pavimentale fu rialzato due volte, si trovano due

banchine, edificate in una seconda fase. Nel vano D si

trovano una vasca (con fondo rialzato e foro di uscita) ed

un pozzo circolare, con imboccatura segnata dall‟usura

delle corde. Alle spalle di questo nucleo, si trova un altro

ambiente, delimitato a S da un lungo muro di cinta, e nel

lato occidentale del quale si apre una grande nicchia

rettangolare, identificata, in via ipotetica, con una alcova.

La comunicazione tra questo vano e l‟atrio fu spostata dal

centro al vano C. Il lato sud, invece, si apriva verso un

altro spazio recintato da un muro e lastricato da basoli, nel

quale si conservano le basi di tre pilastri. L‟edificio ha

subito molti rimaneggiamenti, che hanno comportato la

costruzione e l‟obliterazione delle vasche e delle banchine.

Caratteristiche: Sono conservati lacerti di pavimenti in

cocciopesto (nel cortile e nell‟atrio), e di mosaico

geometrico bianco e nero (nell‟alcova). Sono stati raccolti

frammenti di rivestimenti parietali in intonaco dipinto, e

parti di elementi laterizi per colonne.

Tecniche costruttive: Opera reticolata con spallette a

blocchetti, o di soli filari di blocchetti. La scala è in opera

listata, mentre i pilastri sono in blocchetti di tufo.

Reperti mobili: Pronti per essere distrutti in una calcara,

sono stati trovati numerosi materiali architettonici di

marmo e travertino. Presso la taberna, sono stati rinvenuti

due miliari: l‟uno, che riporta la cifra miliaria VIIII,

ricorda il restauro della strada di Massenzio, l‟altro (senza

cifra), menziona i tre cesari Licinio Liciniano, Costantino

II e Giulio Crispo (317-323 d.C.). Un altro miliario,

sempre riportante la cifra VIIII, proviene dai dintorni

dell‟edificio basilicale, sul lato opposto della strada, ed è

attribuibile a Valente e Graziano.

Cronologia: Le tecniche murarie riportano al I secolo a.C.,

mentre i materiali datano tra il II ed il IV-V d.C. Il mosaico

è datato al II d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Sulla base della presenza

della scala d‟accesso al piano superiore, si propone

l‟identificazione con il “modello” tradizionale della

taberna o caupona con piano superiore riservato agli

alloggi ed alle camere da letto. Da rimarcare che, negli

immediati dintorni, all‟altezza del km. 13,900, si trova un

edificio analogo: se entrambi sono da interpretarsi come

luoghi deputati all‟ospitalità, è da sottolineare la varietà

dell‟offerta nella ricezione alberghiera di questa zona.

Bibliog.: CALCI - MESSINEO 1989-90.

N. I.13 Stazione anonima alla Magliana Località Magliana Vecchia

Comune di Roma, prov. di Roma

Viabilità: Via “alzaia” lungo la sponda destra del Tevere

(via Campana?).

Tipo di insediamento: Scalo fluviale con deposito o

stazione di sosta lungo una delle vie alzaie: un asse

stradale basolato è stato parzialmente riportato alla luce

immediatamente a nord del complesso. Oltre al ponte su un

affluente del Tevere oggi scomparso, del quale restano due

ruderi pertinenti l‟uno al rifacimento dell‟altro, qui è stata

riportata alla luce una chiusa. Dopo l‟abbandono, l‟area fu

riutilizzata a scopo funerario.

Topografia: Area pianeggiante (q. media 7), a poche

centinaia di metri dal corso attuale del Tevere, ma presso

un‟ansa abbandonata di questo, sulla sponda destra, in

prossimità della confluenza con un fosso completamente

interrato.

Scavi: Soprintendenza, dal 1988 al 1991.

Conservazione: Le strutture erano state già livellate a m.

VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I

122

0,70/ 0,80 dal piano di spiccato in occasione della

costruzione del progettato idroscalo e dei lavori di

drizzagno del Tevere. Il deposito di anfore è, invece, stato

ritrovato in situ.

Struttura di servizio (fig. 37) Articolazione Planimetrica: In direzione del fiume si

trova uno spiazzo lastricato con grossi basoli, alle spalle

del quale si trovano diversi ambienti, alcuni con vasche.

Quello riconducibile alla fase originaria è il vano A-B, solo

in una seconda fase diviso da un tramezzo, in un angolo

del quale è ricavata la vasca in muratura D, servita da una

canaletta di terracotta. In fase con la divisione di A e B,

dovrebbe trovarsi la vasca E, coeva ad un rialzamento del

livello pavimentale. Questa vasca è inglobata in una

piattaforma, che include anche il pozzo circolare, entro la

quale furono ricavati a nord-est i vani allungati F e G, e, ad

ovest, forse, dei locali di simile forma. Della prima fase di

occupazione dell‟area restano solo tratti di conglomerato

cementizio sotto i vani A e B.

Caratteristiche: Uno dei vani conserva il pavimento in

opera spicata. Le vasche sono rivestite di cocciopesto. Le

strutture erano servite da canalette e da un pozzo con

pedarole.

Tecniche costruttive: Le murature dello stabilimento sono

in opera incerta e reticolato, quelle della vasca D sono in

opera incerta, mentre quelle della vasca E sono in opera

reticolata.

Cronologia: L‟area attesta di essere stata frequentata

almeno tra il II a.C. ed il III secolo d.C. La costruzione del

vano A+B data al II secolo a.C., la loro divisione e la

costruzione della vasca E al I secolo a.C. In epoca ancora

posteriore fu rialzato il fondo della stessa vasca E e, forse,

allestito lo spiazzo basolato. Il ponte più antico data alla

tarda età repubblicana, mentre il secondo fu costruito nel

corso del II secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Istituendo un confronto

tra questo complesso e quello della stazione fluviale di

Fossis (scheda n. X.3), è evidente come, seppure qui non

sono state riportate alla luce delle vere e proprie banchine,

la presenza dello spiazzo lastricato sia indicativa di

un‟effettiva funzione di luogo di scarico e smistamento

merci. Inoltre in questo scalo è più esplicita la connessione

tra la via d‟acqua e quella di terra ed il ruolo di nodo di

comunicazione. Per le vasche si suppone una funzione

inquadrata nella lavorazione dei prodotti agricoli (olio e

vino).

Bibliog.: CARTA DEL SUBURBIO E DELL‟AGRO ROMANO

1988, F. 23s, n. 269; CIANFRIGLIA - DOUKORI - PULIMANTI

- REGGI 1991-92; CATALLI 1993; CATALLI - COLETTI 1995.

VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II

123

VI. 2 Regio II

Apulia et Calabria

N. II.1 Mesochorum Contrada Misicuro

Comune di Carosino, prov. Taranto.

Viabilità: Via Appia, tra Taranto ed Oria

Tipo di insediamento: Il nome indica una località,

imperniata intorno alla viabilità, a metà strada tra Taranto

ed Oria. L‟abitato di epoca messapica è localizzato e ben

documentato su una altura fortificata in contrada

Vicentino, mentre la stazione è stata riconosciuta 2,5 km.

ad est, presso la Masseria Misicuro, lungo il tracciato della

via Appia, che è ben riconoscibile sul terreno arato.

All‟altezza del casino Pignatelli, nella contrada Misicuro,

sono stati rilevati i resti di un insediamento rustico, fiorito

soprattutto nel IV secolo a.C., mentre nella Masseria

Galeone sono stati individuati i resti di un impianto termale

proprio a lato della strada romana, del quale le arature

riportano occasionalmente in superficie dei materiali. Dello

stesso centro abitato è stata individuata la necropoli. Nella

zona antistante la masseria, sono state riportate alla luce 18

tombe a sarcofago e 30 tombe a fossa rivestite da lastroni

di pietra.

Topografia: Immediatamente a nord della Masseria

Galeone, in contrada Misicuro. La strada antica arrivava da

Monteiasi e qui si riuniva al tronco che consentiva

l‟attraversamento della città.

Scavi e ricerche: Già nel secolo scorso erano stati qui

segnalati dei rinvenimenti, tra i quali una iscrizione

messapica. Nel 1870, durante i lavori di spianamento di un

dosso per la costruzione dell‟aia della fattoria, si rinvenne

la necropoli.

Impianto termale

Si conserva solo la porzione sud-ovest di un vano,

riscaldato mediante sopraelevazione del piano di calpestio

su suspensurae. All‟intorno, emergono altri resti di

murature, pertinenti ad altri vani.

Caratteristiche: Pavimento in laterizi rivestiti di

cocciopesto.

Tecniche costruttive: Fondazioni in opera a sacco, alzati a

conci di tufo legati da malta; suspensurae fatte con bessali

impilati.

Cronologia: La datazione dell‟insieme delle emergenze è

fissata tra il II secolo a.C. ed il IV d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Anche se i dati

archeologici sono pochi, l‟attestazione della presenza della

strada ed il rispetto della distanza in miglia fornita dalle

fonti rendono questa identificazione certa.

Bibliog.: DEGRASSI 1963; FORNARO 1973, p. 174-179;

UGGERI 1983, pp. 212-213; QUILICI 1989A, pp. 57-59.

N. II.2 Praetorium Laverianum? Località S. Giusto

Comune di Lucera, provincia di Foggia

Viabilità: Lungo la via tra Aecas e Sipontum

Tipo di insediamento: Grosso impianto produttivo di

epoca imperiale, con quartiere residenziale e aree deputate

alla lavorazione dei prodotti agricoli; basilica con battistero

e basilica cimiteriale. L‟insediamento originario doveva

occupare un‟area di almeno 2 o 3 ettari. In una fase

piuttosto tarda (quando, cioè, era già in corso l‟abbandono

del complesso 1), le strutture vennero interessate

dall‟impianto di tombe a cappuccina. Il territorio

circostante è interessato da una centuriazione piuttosto

vasta, estesa tra Foggia e Troia, pertinente all‟ager

Aecanus e forse Collatinus.

Topografia: Pianoro leggermente rilevato sulla piana

fluviale, dove scorre il torrente Celone, in prossimità con la

confluenza del Iorenzo. Nei pressi dell‟area archeologica si

trova una sorgente ancora attiva.

Scavi: Tre campagne di scavo tra il 1995 ed il 1997, hanno

indagato tre grandi nuclei di edifici b (fig. 38) .

Conservazione: Attualmente, i lavori per la costruzione di

una diga, hanno ridotto l‟area dello scavo ad “un‟isola” di

circa un ettaro di ampiezza. Le murature, intaccate dai

mezzi meccanici, sono conservate per una media di 2 o 3

filari, fino ad un massimo di 5 o 6.

Complesso 1: ambienti di servizio e alloggi (fig. 39)

Articolazione Planimetrica: Si sviluppa in larghezza, con

orientamento NNE-SSW, per un totale di 58 mq. indagati.

All‟interno si riconoscono due raggruppamenti di ambienti

(lettera A): 4, 5, 9, 21, 22, 2, 3 e 10, 11, 16, 17, 18, 19, 20.

L‟ambiente 4 è interpretabile come una cucina: la presenza

di una base di muratura (m. 6, 20x0,90), aggiunta in una

seconda fase, che può essere interpretata come sostegno

per un bancone o una mangiatoia, indizia una

trasformazione d‟uso.

Caratteristiche: Negli ambienti 4 e 9 è presente una base

circolare al centro del locale, funzionale al posizionamento

di un pilone per il sostegno delle coperture. Nel vano 4, il

pavimento è in battuto, con tracce di bruciato.

Tecniche costruttive: I muri perimetrali sono tutti in opera

incerta, di fattura molto accurata, con blocchi di pietra di

medie dimensioni.

Cronologia: La fase edilizia rilevante sembra una sola;

solo i rifacimenti nell‟ambiente 2 e la costruzione del vano

1 risalgono ad un periodo successivo.

Villa: settore produttivo e residenziale (fig. 40)

Articolazione Planimetrica: La porzione indagata ha una

pianta compatta, dove si riconoscono l‟ambiente 6, per la

pigiatura e la torchiatura dell‟uva (calcatorium);

l‟ambiente 7, che la presenza di 26 contenitori interrati e

VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II

124

della grande vasca (n. 114) qualifica come cella vinaria;

l‟ambiente 23, che con il n. 12, assolve alle funzioni

residenziali.

Caratteristiche: L‟ambiente 6 è pavimentato a lastre di

terracotta e calcare; l‟ambiente absidato n. 12 è

pavimentato, come il n. 23, a mosaico policromo.

Tecniche costruttive: Sono impiegate prevalentemente

due tecniche, entrambe messe in opera accuratamente e

con perizia: a pietre di medie dimensioni (di forma

irregolare), disposte a ricorsi sulle cortine, e nucleo

cementizio; a blocchi di pietra di piccole dimensioni,

inframezzati da ricorsi di grandi tegole, legate con malta.

Reperti mobili: Un frammento di statua di Ercole.

Cronologia: I vani residenziali nn. 12 e 23 appartengono

ad una prima fase e sono stati successivamente inglobati

nella parte produttiva, a seguito di una “ruralizzazione” del

complesso. Sinteticamente, si può rilevare come:

- nella prima fase (I-III secolo d.C.: impianto della villa)

convivessero attività residenziali e produttive,

rappresentate dai due torchi e dalla vasca n. 114;

- nella seconda fase, tra IV e V d.C., il ruolo produttivo sia

stato incrementato, con l‟aggiunta di nuovi dolii interrati,

della vasca n. 83 e, soprattutto, la trasformazione dei locali

residenziali in ambienti per la lavorazione dei prodotti

agricoli. Tale trasformazione, più che ad una crisi, viene

attribuita ad una “riconversione”;

- nella terza fase, databile tra la seconda metà del V ed il

VI, si verificasse, al contrario, una contrazione della

produzione, con l‟abbandono della vasca 114 e di alcuni

dolii con materiali di scarto databile alla metà del V secolo

d.C.;

- l‟abbandono definitivo del sito sia siglato dai riempimenti

di natura alluvionale.

Battistero

Pianta: Nucleo centrale a pianta circolare esternamente,

ottagonale all‟interno, con deambulatorio collegato ad

alcuni vani di accesso.

Tecniche costruttive: In opera incerta e listata.

Caratteristiche delle sepolture: A fossa, foderate di

pietrame o coperte da tegole.

Cronologia: L‟abbandono è segnato dall‟impianto di

sepolture molto povere.

Ecclesia

Pianta: A tre navate, con abside, nartece e pastophoria,

occupati da sepolture di rilievo. La basilica è circondata da

altri ambienti di servizio e affiancata a nord-ovest da una

seconda basilica cimiteriale.

Caratteristiche: Pavimenti musivi delle navate con

tematiche tipiche delle basiliche nordafricane di VI secolo.

Tecniche costruttive: Opera listata, a pietre sbozzate,

alternate a filari di laterizi.

Reperti mobili: Nell‟ambiente 34 era deposto un tesoretto

di 900 monete databili tra IV e VI secolo d.C.

Cronologia: L‟impianto paleocristiano è di seconda metà

V secolo. L‟abbandono, dovuto ad un incendio, databile

dopo la metà del VI secolo, è seguito dall‟impianto delle

sepolture, forse accompagnato da un impaludamento di

tutta la piccola valle.

Osservazioni / Interpretazione: Tra le diverse

identificazioni possibili per il complesso di culto cristiano,

gli editori privilegiano quella con il monasterium detto, in

una lettera di papa Gelasio I (del 493-494), in territorio

lucerino. In via ipotetica, suggeriscono anche

l‟identificazione della villa rustica di epoca imperiale con

un fundus imperiale, documentato nel territorio aecano

sulla base di un documento epigrafico già dal I secolo d.C.:

per tale praedium si avanza l‟identificazione con il

praetorium Laverianum, posizionato sulla Tabula tra

Aecas e Sipontum, nei pressi di Luceria. Per sostenere tale

ipotesi, è necessario ritenere che la strada indicata nella

Tabula non passasse per Luceria e che, quindi,

l‟indicazione di “Nuceria” apposta al lato della vignetta del

Praetorium non sia l‟indicazione di un luogo di tappa

lungo la strada ma solo una localizzazione geografica della

città più vicina ad esso. A favore di tale ipotesi, milita la

cifra VIIII miglia apposta sulla carta tra il Praetorium e

Arpi, che corrispondono alla distanza reale tra i due, anche

se la Tabula è piuttosto chiara nel raccordare Aecas con

Luceria; tuttavia, il Praetorium potrebbe trovarsi tra questa

via e l‟Adriatico, in quel rettangolo cioè tra Aecas -

Luceria, Arpi ed il mare. Bisogna sottolineare, però, che,

contrariamente a quanto sostenuto dagli editori, questo

complesso non presenta alcuna caratteristica delle stazioni

di sosta, qualificandosi, invece, come un impianto

funzionale alla lavorazione dei prodotti agricoli. Anche la

cronologia delle strutture indagate non milita a favore di

una stazione stradale, che avrebbe avuto una vita

estremamente breve e non coerente con la cronologia della

fonte stessa. Il complesso ecclesiastico costruito presso una

stazione troverebbe diversi confronti, almeno nell‟ambito

provinciale “italiano”, come è attestato a Philosophiana, in

Sicilia, e presso Nurachi, in Sardegna (infra, cap. VII).

Bibliog.: VOLPE- BIFFINO - PIETROPAOLO 1996; VOLPE ET

ALII 1997; S. GIUSTO 1998.

N. II.3 Valesium, mutatio Valentia Località S. Stefano - La Chiesa

Comuni di Torchiarolo e San Pietro Vernotico (Prov.

Brindisi)

Viabilità: via Traiana “calabra”, circa a metà tra Brindisi e

Lecce.

Tipo di insediamento: Abitato messapico, occupato già

nell‟età del Ferro, che tra il IV ed il primo quarto del II

secolo a.C. rappresentò uno dei centri più fiorenti del

Salento. Occupa un‟area di circa 70 ettari, chiusi entro una

cinta muraria di oltre 3 km. A partire dalla fine del III

secolo a.C., l‟abitato subisce una forte contrazione,

riducendosi probabilmente ad un solo nucleo produttivo,

rurale ed industriale (con una fabbrica di ceramica comune

e oggetti di terracotta), attivo fino al I secolo a.C.

L‟occupazione dell‟area, per quanto non sussistano tracce

monumentali, dovette perdurare fino a tutto il II ed anche il

III secolo d.C. Nel IV secolo avvenne la radicale

trasformazione, con l‟impianto dell‟edificio termale, che si

sovrappose parzialmente ad un edificio repubblicano per il

quale si ipotizza la stessa funzione di luogo di sosta (fig.

42). Nella zona compresa tra il centro di Valesio ed il

mare, sono stati rilevati diversi edifici rurali di età romana,

VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II

125

sia repubblicana che imperiale, mentre in località Bartoli,

circa 800 m. ad est del circuito murario, si hanno resti di

un‟area sepolcrale ininterrottamente utilizzata tra la metà

del II secolo a.C. e il terzo quarto del III d.C.

Topografia: Piccolo pianoro appena rialzato sulla pianura

circostante, rimarcato dal perimetro delle mura. L‟edificio

termale si trova lungo la strada che attraversa da nord a sud

l‟abitato, ritenuta il tracciato proprio della via Traiana (fig.

41). La strada, quasi in prossimità del centro geometrico

della cinta muraria di forma pseudo pentagonale, incrocia

il torrente detto Canale Infocaciucci, che attraversa

l‟abitato da ovest ad est.

Scavi: Tra il 1984 ed il 1990, ad opera dell‟Università

“Vrije” di Amsterdam.

Conservazione: La parte inferiore dell‟edificio è molto

conservata. Gli alzati sono conservati fino ad una media di

circa m. 1 dal piano di spiccato (con altezze molto

disuguali tra una porzione e l‟altra).

Edificio repubblicano (Fig. 43)

Al limite meridionale del complesso termale, gli scavi

hanno rimesso in luce i resti di un edificio più antico, in

parte distrutto dall‟impianto delle stesse terme.

Pianta: Si distinguono due sezioni, l‟una costituita da un

gruppo di ambienti raccolti intorno ad un cortile (lettera A,

fig. 43), l‟altra - ad ovest della prima - costituita

principalmente da un vano (lettera B nella pianta fig. 43),

raccordato al primo nucleo con delle murature conservate

frammentariamente. A nord di questo secondo nucleo sono

stati rinvenuti i resti di una pavimentazione a ciottoli

pertinente ad un edificio ipoteticamente assegnato ad epoca

repubblicana.

Tecniche costruttive: Gli alzati erano realizzati con pietre

(a secco?) e differiscono quindi dalle tecniche

precedentemente in uso.

Caratteristiche: Il cortile è pavimentato in parte in terra

battuta ed in parte a lastre di pietra, ed accoglie un pozzo.

Il vano (lettera B nella pianta fig. 43) era pavimentato con

dei sesquipedali sistemati in una griglia regolare ottenuta

con tesserae di terracotta. Manca, per il resto, ogni tipo di

rivestimento o materiale architettonico di pregio.

Cronologia: Costruito poco dopo la metà del II secolo

a.C., la sua occupazione dura 40 o 50 anni, fino all‟inizio

del I secolo a.C.

Osservazioni / Interpretazione: Data la vicinanza alla

strada principale che attraversa l‟abitato, e data la

“sovrapposizione” quasi perfetta con il più recente edificio

termale, è stata suggerita per questo monumento

l‟identificazione con un luogo di servizio alla viabilità

antenato della mutatio. Questo edificio mancava di ogni

genere di abbellimento, come appare anche dalla modestia

del cortile che, in contrasto con tutti gli altri edifici tardo

repubblicani, non era perimetrato da un colonnato. Questa

essenzialità nella planimetria e nei decori rappresenta,

secondo gli editori, una motivazione aggiuntiva per

qualificare il complesso non come una villa rustica, ma

piuttosto come un luogo deputato all‟assistenza ai

viaggiatori. Si sostiene anche che funzionasse come centro

di raccolta e smistamento per il mercato di Brindisi.

Edificio termale (fig. 44-45)

La costruzione tardo imperiale comportò la totale

distruzione di tutti gli edifici preesistenti (l‟esistenza dei

quali è attestata dalla presenza di scarichi di materiale

edilizio e ceramico), dal momento che previde la

realizzazione di una grande fossa di fondazione, fino a

raggiungere il banco roccioso. Nella parte destinata ai

servizi, la profondità della fossa è inferiore: non raggiunge

il banco e spesso risparmia i resti delle costruzioni

precedenti.

Articolazione Planimetrica: Il complesso, di forma

piuttosto regolare, ha una larghezza est-ovest di quasi 25

metri ed una lunghezza conservata per 28 m.

L‟articolazione planimetrica prevede la divisione in due

aree, configurate come due “L” incastrate: sui lati sud ed

est sono disposti gli ambienti balneari (nn. I-VIII), mentre

lungo quello settentrionale ed occidentale sono distribuiti i

locali adibiti ai servizi. L‟ingresso (n. I) si apre proprio

sulla strada, con un piccolo portico colonnato. Attraverso

un corridoio (II) si arrivava al grande vestibolo

pavimentato a mosaico, sul quale si apriva l‟apoditerio (n.

IV) e da dove si accedeva al frigidarium n. V con grande

vasca. Da qui si raggiungevano i vani VI e VII, che

assolvevano entrambi la funzione di tepidaria, forniti di

pavimento rialzato su suspensurae (il n. VII è in

comunicazione con la fornace disposta nel locale XII). Nel

grande ambiente VIII era posto il calidarium, con due

grandi vasche rettangolari ed una più piccola circolare,

riscaldate dalla fornace sistemata nella stanza XIV. Nel

locale XI è ricavata una latrina. Il grande locale X funzionò

per un determinato periodo come cerniera tra le due parti

del complesso, ma ad un certo momento fu chiusa la porta

che consentiva l‟accesso al n. IX, ritenuto dagli editori un

cortile scoperto, che ospitava il pozzo dove si attingeva

l‟acqua. Il locale XV era probabilmente un magazzino per

il combustibile. Con i numeri XVI e XVII sono indicati

due vasti stanzoni, conservati solo nella porzione

meridionale, per i quali si è proposta l‟identificazione con

delle stalle.

Caratteristiche: Le sale termali conservano parte della

loro ricca decorazione: quasi tutte avevano un pavimento a

mosaico bianco e nero, a partire dal mosaico a grandi

tessere bianco e nero del vestibolo (III) che raffigura un

kantharos. Quasi tutte le sale termali avevano rivestimenti

marmorei e ad intonaco dipinto; i locali adibiti ai servizi

sono invece pavimentati in terra battuta. Il riscaldamento

degli ambienti era ottenuto mediante i condotti fittili, che

dagli ipocausti risalivano le pareti.

Tecniche costruttive: Il banco roccioso fu regolarizzato

con gettate di malta e pietre. A ridosso delle pareti della

fossa furono costruite le fondazioni, controterra lungo il

perimetro esterno e a facciavista nei lati interni. Le

murature sono realizzate con spezzoni di pietra allettati

ordinatamente nella malta, regolarizzati nella forma solo in

prossimità delle spallette e degli spigoli. La differenza tra

fondazioni ed alzati è solo negli spessori, più ampi, delle

parti inferiori dei muri, rivestiti di uno strato di malta

anche sulla risega delle fondazioni; le murature erano

rivestite anche sui lati esterni di intonaco. Le suspensurae

sono realizzate con i bessali. Secondo gli editori, le volte

dei padiglioni termali erano a botte, rivestite esternamente

di spioventi lignei e tegole, mentre gli ambienti di servizio

VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II

126

erano coperti a terrazza.

Cronologia: La costruzione dell‟edificio termale è stata

datata, sulla base dei reperti ceramici, all‟inizio del IV

secolo d.C., datazione confermata dalle notazioni stilistiche

sui mosaici e sulle tecniche costruttive impiegate. Rimase

in funzione fino alla prima metà del V secolo, quando

venne abbandonato, ma non demolito, sì che le sue

strutture vennero in parte reimpiegate nella costruzione nel

XIII secolo di un casale fortificato, che contemplava forse

la presenza di un luogo di culto, che deve aver dato origine

al toponimo. Sepolture di epoca medievale sono state

rinvenute in tutta l‟area.

Osservazioni / Interpretazione: Gli edifici che servivano

da alloggio per il personale di servizio dovevano essere

nelle vicinanze, ma a tutt‟oggi non ne resta traccia.

L‟edificazione dello stabilimento termale, all‟inizio del IV

secolo, in un‟area urbana che non attesta forme di grande

vitalità per l‟epoca tardo-imperiale, è fatto sicuramente

degno di nota: non si può accertare l‟intervento di un

potere centrale, che abbia in qualche modo stabilito di

“spezzare” un tratto di strada troppo lungo, forse, tracciato

in un territorio troppo poco abitato, con la creazione di una

tappa, ma riesce difficile, in questo caso, credere ad un

fenomeno economico spontaneo di avviamento di

un‟attività di ricezione, anche se la presenza dell‟edificio

repubblicano, qualora gli si riconosca la funzione di luogo

di accoglienza per viaggiatori, potrebbe aver costituito la

motivazione di questa scelta.

Bibliog.: UGGERI 1983, p. 55, nota 27, 277-278; BOERSMA

- YNTEMA 1987; BOERSMA 1991A; BOERSMA 1991B;

BOERSMA 1995.

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

127

VI. 3. Regio III

Lucania et Bruttii

N. III.1 Nerulum o stazione anonima nei pressi Località Vigna della Corte

Comune di Castelluccio Inferiore, prov. di Potenza.

Viabilità: Incrocio tra via Popilia – Annia e via Herculia

Tipo di insediamento: Villa rustica con fornace e

necropoli. È stato scavato solo il complesso più

meridionale, ma a nord sono noti altri nuclei di costruzioni.

La strada è detta “tangente” all‟insediamento, e come via

publica è preferita questa pedemontana a quella, comunque

non lontana, lungo il torrente Mangosa, a sud di questo

nucleo.

Topografia: A valle della SS. 19, all‟ingresso occidentale

di Castelluccio Inferiore, nella conca omonima. Pendio

collinare, presso un corso d‟acqua, con orientamento

NW/SE.

Scavi: 1983-89, comprendono una campagna di indagine

geofisica.

Conservazione: Le murature sono conservate quasi solo al

livello di fondazione.

Saggio 3 (figg. 46-47)

Localizzato nella porzione più a monte e più settentrionale.

Ha rilevato la presenza di strutture murarie, simili per

tecnica a quelle dell‟edificio principale, ma con diverso

orientamento, completate da un‟abside realizzata con

tecnica diversa. I resti di intonaco dipinto con figure

umane, databili all‟XI-XII secolo, indiziano la presenza di

un insediamento (cenobitico?) di epoca bizantina. Presso

l‟incrocio tra i due muri principali, sepoltura a fossa

bisoma, rivestita da ciottoli solo sui lati brevi.

Edificio meridionale

Articolazione Planimetrica: Sono stati individuati almeno

12 ambienti, che sembrano rappresentare l‟ala sud di un

edificio che si apriva su uno spazio scoperto, dove si trova

la fornace. La vaschetta n. 10 potrebbe essere pertinente ad

un ambiente “igienico”.

Caratteristiche: Il cortile n. 5 è pavimentato in

cocciopesto, con sporadiche tessere musive; i livelli

pavimentali degli altri vani sono andati quasi

completamente distrutti. Nel vano 4, strato preparatorio per

un pavimento musivo o in semplice cocciopesto.

Comunque, nello scavo sono state rinvenute molte tessere

di mosaico e frustuli di intonaco parietale dipinto a fasce

rosse o decorato da tarsie marmoree. La fornace produceva

sicuramente tegole, ma non si può escludere che

contemplasse anche la produzione di vasellame.

Tecniche costruttive: Murature a sacco, con ciottoli e

schegge di pietrame legati da malta, soprattutto nella prima

fase. Si rinvengono anche blocchi squadrati di tufo, di

reimpiego. Non è possibile precisare la funzione né la

cronologia di una serie di fori per l‟impianto di pali.

Cronologia: Nell‟edizione è proposta solo una cronologia

relativa, che definisce le murature a secco, pertinenti a vani

di dimensioni diverse di una fase edilizia precedente.

Osservazioni / Interpretazione: Nella pubblicazione, non

è molto chiaro il rapporto con la viabilità. Lungo il

tracciato della via da Capua, troviamo altre fornaci di tipo

“modesto” come questo, da mettersi in relazione, secondo

gli editori, per non precisate motivazioni, ad edifici per la

sosta; tra queste, vengono menzionate quelle nel territorio

di Rivello: BOTTINI 1988, p. 241.

Bibliog.: BOTTINI – DE MAGISTRIS 1987, con bibliog.

precedente; BOTTINI 1988, pp. 228; 235-263;

BOTTINI 1990, p. 161; LA TORRE 1990A, p. 156 con

bibliog.

N. III.2 Nicotera Località S. Teodoro - Casini Mortelleto9

Nicotera Marina, comune di Nicotera, prov. di Catanzaro

Viabilità: Via Tirrenica, tra Vibo e Medma.

Tipo di insediamento: Scalo portuale con emporion,

localizzato sulle sponde di una laguna costiera. Il bacino

lagunare poteva essere raggiunto attraverso lo stesso delta

del fiume Mesima, ma è possibile che vi fosse un accesso

in antico anche presso la fossa S. Antonio, nel centro

moderno di Nicotera Marina. Le due sacche lagunari erano

messe in comunicazione attraverso un canale visibile nella

foto aerea. I rinvenimenti archeologici sono distribuiti in

due nuclei principali: in Località Timpa, presso il centro

moderno, resti qualificati come “villa”, che sembrano

maggiormente riconducibili alle strutture portuali; e, più a

sud, in Località S. Teodoro - Mortelleto, dove è

localizzabile un vero insediamento, esteso per circa 90

ettari, con resti di strutture residenziali, di molti horrea, di

due acquedotti e di alcune cisterne, e di una necropoli.

L‟insediamento è servito da una ramificazione di un

acquedotto in tubuli di terracotta, che forse deriva da un

acquedotto su pilastri, che sembra attingere dal Sovereto;

altrimenti, sarebbe da considerarsi una diramazione

dell‟acquedotto che dal monte Poro scendeva verso lo

stesso corso d‟acqua.

Topografia: Piana costiera, interessata da due sacche

lagunari, collegate tra loro da un canale artificiale di m. 18

di larghezza e di km. 2 circa di lunghezza.

Scavi: Sopralluoghi condotti “alcuni anni fa” rispetto al

1994 da Iannelli M.T. e Givigliano G.P.

Strutture termali

All‟interno del complesso residenziale, vissuto sin dal

periodo tardo repubblicano, nel quale, dopo una

distruzione violenta avvenuta prima del IV secolo10, e che

vide anche un incendio, si impiantò una necropoli, sono

stati indagati solo alcuni vani a destinazione termale.

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

128

Articolazione Planimetrica: Gli ambienti indagati sono

distribuiti in due blocchi: quello più settentrionale con tre

vani, e quello più a sud con due, ma altri resti ci indicano

che il sito fu occupato estensivamente, come attestano la

presenza di lacerti di pavimenti in battuto e tratti di

canalizzazioni. Dell‟impianto termale restano alcune

vasche intonacate, e locali che alloggiano tappeti di

suspensurae.

Caratteristiche: Sulla base dei rinvenimenti occasionali

(frammenti di lastre marmoree di rivestimento e tessere di

mosaico), si può sostenere la presenza di locali

elegantemente decorati. Alcuni pavimenti sono in

cocciopesto

Tecniche costruttive: Murature in opus mixtum, a ricorsi

di grosse pietre calcaree legate con malta e mattoni.

Reperti mobili: Molto abbondanti le monete. Una fibula

bronzea ad anatrella di VI-VII secolo d.C.

Cronologia: La datazione è fissata tra la metà del I secolo

d.C. e la metà del V. In epoca imprecisata, fu aggiunto un

secondo piano e tamponate molte aperture. Nel IV secolo

ci si impianta una necropoli, con alcune sepolture ad

enchytrismos (datazione sulla base dei materiali di corredo

alla metà del IV secolo).

Continuità: La trasformazione dell‟aggregato da stazione

in centro urbano è attribuita dal COLICELLI 1996, p. 191,

all‟epoca tarda, in concomitanza con la trasformazione di

Nicotera in sede vescovile (prima del 596 d.C.). Nell‟area

dell‟insediamento di S. Teodoro - Mortelletto, è attestato il

toponimo “Gurni”, che viene fatto derivare dal greco

“goûrna”, che significa pozza d‟acqua.

Osservazioni / Interpretazione: COLICELLI 1996 avversa

questa identificazione, sostenendo che la strada doveva

correre più arretrata rispetto alla costa, paludosa e con foci

di fiumi molto ampie.

Bibliog.: ARSLAN 1974, pp. 1-8; LATTANZI 1983A, pp.

551-555; COLICELLI 1996, pp. 184-189.

N. III.3 Lavinium Località Fischia

Comune di Scalea, provincia di Cosenza

Viabilità: Via Tirrenica, tra Blanda e Cerilli.

Tipo di insediamento: Villa con pars rustica e pars

residenziale, e necropoli con tombe alla cappuccina.

Villa

Articolazione Planimetrica: Villa con ambiente

colonnato. Particolarmente conservate le strutture per la

produzione, con torcular e lacus vinarius.

Reperti mobili: Due crogioli per fondere l‟oro databili, in

via ipotetica, tra I e III secolo d.C.; un‟erma di marmo,

assegnabile al I secolo d.C.

Cronologia: La maggior parte delle strutture viene

assegnata ad una generica epoca imperiale (che può dirsi,

forse, prima). Ricostruibili una serie di fasi edilizie, spesso

connesse a variazioni d‟uso: ad esempio, uno dei due

torcularia viene impiantato, forse nel IV secolo, in un

locale con pavimento musivo, che perde quindi la sua

originaria funzione residenziale.

Osservazioni / Interpretazione: Anche in questo caso, la

scelta operata dagli studiosi della località ove posizionare

la stazione itineraria sembra dettata dalla sola presenza di

resti di epoca romana, che non presentano, peraltro, alcuna

caratteristica che li qualifichi come luoghi di sosta. Tale

identificazione, contestata anche dal Taliano Grasso, che la

ritiene da abbandonarsi, è invece prudentemente accettata

dal La Torre, che però sottolinea che in questo

agglomerato, privo di una strutturazione urbanistica, possa

riconoscersi l‟abitato della Lavinium nota dalle sole fonti

itinerarie, e che la stazione di sosta possa essere da questa

distinta.

Bibliog.: GUZZO 1975; GUZZO 1981, p. 133, n. 168;

SMURRA 1989, pp. 171-174; JORQUERA NIETO 1991, p. 35,

n. 84; PAOLETTI 1994A, p. 477; TALIANO GRASSO 1994B,

p. 52, scheda 55; LA TORRE 1999, pp. 185-189.

N. III.4 Leucopetra Località Lazzaro, contrada Lia - già Podere Maropadi

Comune di Motta S. Giovanni, prov. Reggio Calabria

Viabilità: Via Ionica, tra Regium e Decastadium.

Tipo di insediamento: Nel tratto costiero tra Pellaro,

Lazzaro e Motta S. Giovanni, sono noti resti archeologici,

per la maggior parte riconducibili a ville. Presso una di

queste ville, da alcuni identificata con quella di P.

Valerio11, si localizza la stazione. Sulla base di Cicerone si

può immaginare che già la vasta villa di epoca tardo

repubblicana fosse dotata di porto di attracco. Sono

segnalati anche resti di mausolei e di altri monumenti

funerari, che possono fornire qualche indizio sul transito

della strada. La “borgata”, in epoca romana, si sarebbe

estesa tra Punta di Pellaro e Capo dell‟Armi, più

precisamente tra Lazzaro e Saline, come attestano i

numerosi rinvenimenti. Nella frazione Lazzaro di Motta S.

Giovanni numerose segnalazioni di epoca romana e

bizantina ci indiziano la presenza di una “comunità di

qualche rilievo”, anche in epoca tardo antica ed

altomedievale. A nord dell‟area della villa è localizzata una

necropoli di IV - VI secolo d.C.

Topografia: Presso il promontorio di Capo d‟Armi,

identificato con Leucopetra, in prossimità della foce della

fiumara S. Vincenzo. La fiumara di S. Vincenzo avrebbe

svolto le funzioni di porto canale, rappresentando un riparo

meno agevole, ma più protetto dai venti sudorientali

rispetto alla rada a sud-est dello stesso promontorio di

Capo Dell‟Armi.

Scavi: Oggetto di interventi di emergenza da parte della

Soprintendenza negli anni ‟80.

La “villa”

Articolazione Planimetrica: La villa di Lazzaro, ha

mostrato di estendersi ben oltre quanto si immaginasse,

andando ad occupare tutta la fascia costiera allungata

lungo la sponda destra della fiumara S. Vincenzo, in

prossimità della foce, attestando resti di costruzione fino

alla battigia. In quest‟area, oltre ai resti di costruzioni in

opera cementizia pertinenti alla pars rustica, sono stati

individuati resti di edifici da interpretarsi come locali di

servizio o adibiti al deposito o lavorazione di prodotti

agricoli; quelli più prossimi al mare sono stati rinvenuti

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

129

coperti da materiale di scarico di tipo anforario e, più

genericamente, ceramico.

Caratteristiche: Sono stati segnalati frammenti di colonne

di granito.

Tecniche costruttive: Le murature della parte residenziale

della villa sono in opera laterizia, mentre nella parte

ritenuta pertinente ad edifici di servizio, le fondazioni sono

a ciottoli di fiume, con alzati in mattoni crudi.

Reperti mobili: In questa zona sono stati rinvenuti anche

reperti mobili riconducibili ad ambito cristiano ed ebraico,

nonché titoli sepolcrali e scarti di fornace.

Cronologia: Sulla base della tecnica edilizia laterizia,

proporrei una datazione nei secoli centrali dell‟impero (II

d.C.?).

Osservazioni / Interpretazione: La maggior parte dei

complessi archeologici distribuiti lungo questa fascia

costiera sono interpretabili come ville, non presentano,

cioè, caratteristiche che li qualifichino come stazioni,

anche se non si può escludere, con la Costamagna, che

“attorno alle originarie strutture gestionali del latifondo, si

siano andate aggregando le funzioni di una stazione”. Per

poter sostenere l‟identificazione di questi resti con una

stazione itineraria, mancano, tuttavia, soprattutto dati circa

il tracciato stradale: la via in prossimità della costa

rocciosa è quasi impraticabile, e dei rilievi interni non si

conosce ancora l‟assetto insediativo antico. Alcuni autori

ritengono perfino che il toponimo segnato sugli itinerari

possa sottintendere una sola indicazione geografica.

Bibliog.: DI LORENZO 1888; “NSc”, 1922, pp. 149-150;

PUTORTÌ 1935-1936; TURANO 1970; COSTABILE 1980;

COSTABILE 1988; CROGIEZ 1990B, pp. 407-408;

COSTAMAGNA 1991, pp. 615-616; ANDRONICO 1997.

N. III.5 Scyle Contrada Deri - Località S. Pasquale

Comune di Bova Marina, prov. di Reggio Calabria.

Viabilità: Via Ionica, tra Decastadium e Hypporum.

Tipo di insediamento: Abitato vissuto almeno dal II d.C.

fino al VI secolo, di cui si conoscono meglio le fasi più

tarde, ma che presentava anche materiali più sporadici di

epoca ellenistica. Tra il IV ed il V secolo d.C., fu in uso un

impianto sinagogale, mentre tra il V ed il VI secolo si ebbe

l‟abbandono del luogo e l‟impianto di una necropoli.

Topografia: Sulla riva sinistra della fiumara S. Pasquale,

in prossimità della foce. Ad ovest della fiumara, si erge il

Capo S. Giovanni, che ripete una situazione orografica

simile a quella di Lazzaro: il promontorio offre un riparo

sottovento e forse la fiumara è sfruttata come porto-canale.

La strada doveva deviare verso monte per aggirare il

promontorio, discendendo contemporaneamente nella valle

adiacente, per attraversare la vallata dove il guado era più

agevole.

Scavi: Rinvenimenti occasionali nel 1960; prospezioni

della fondazione Lerici. L‟area è stata oggetto di alcune

campagne di scavo tra il 1983 ed il 1987, in occasione

della ricostruzione della SS. 106.

Conservazione: Le strutture sono conservate solo fino al

piano di spiccato.

“L’abitato” Si tratta di una serie di strutture, distribuite lungo la costa

per circa m. 100, che includono gli impianti termali già

noti. Ad ovest c‟è l‟edificio a corte, articolato in almeno 3

corpi di fabbrica, intorno a cui si sviluppa un abitato,

databile tra il II ed il VI secolo d.C. Al limite di quest‟area

si trovano una necropoli ed una sinagoga. Tra i due blocchi

di edifici c‟è uno spazio vuoto che potrebbe essere

identificato con una strada.

Complesso A (fig. 48)

Articolazione Planimetrica: Serie di vani orientati

astronomicamente, posizionati a nord-ovest dell‟area

indagata, aperti a sud su un‟area libera.

Complesso B – sinagoga (fig. 48)

Articolazione Planimetrica: Orientamento NE-SW, sia

delle strutture di prima che di quelle di seconda fase,

aperto a nord-ovest su un‟area libera, ma recintata. È

articolato in due aule, quasi quadrate, affiancate da tre vani

rettangolari, che a sud-ovest sono ulteriormente seguiti da

locali di servizio. Una delle due aule costituisce il fulcro

intorno a cui si articola il complesso. L‟aula centrale si

apre a sud verso uno dei vani, ripavimentato nella fase

finale con dei laterizi e perciò identificato con un cortile.

Caratteristiche: L‟aula centrale è pavimentata a mosaico e

presenta una nicchia, alla quale si appoggia una sorta di

bancone. I motivi decorativi del tappeto musivo

richiamano espressamente dei temi esclusivi del repertorio

ebraico, e ci consentono quindi di identificare in questo

complesso una sinagoga, che nel 1985 era l‟unica

conosciuta in Italia con quella di Ostia

Cronologia: L‟impianto è inquadrabile nei primi decenni

del IV secolo d.C. Una trasformazione piuttosto radicale è

databile all‟inizio del VI, ma non sembra aver inciso sulle

funzioni del complesso.

3) Complesso C - Necropoli

Articolazione Planimetrica: È separato dal complesso B

da uno spazio libero, che potrebbe essere interpretato come

un asse stradale: è orientato come l‟asse della sinagoga, ed

articolato in una sequenza di tre ambienti raccordati ad un

quarto, retrostante, più piccolo degli altri ed occupato da

un focolare. Per gli ambienti stretti e molto allungati si è

proposta l‟identificazione con rampe di scale. A nord-

ovest, si trova la necropoli, costituita da sepolture molto

ravvicinate.

Tecniche costruttive: Fondazioni e zoccolature in ciottoli

di fiume ed alzati in mattoni crudi e graticcio.

Caratteristiche: Le tombe di epoca più tarda sono a

cassone in muratura per gli adulti e diversi enchytrismoi

per i fanciulli.

Cronologia: Costruiti con la seconda fase della sinagoga.

4) Impianto termale

Durante la costruzione della villa Nesci, a breve distanza

dalla zona scavata, nella zona compresa tra quest‟ultima e

la linea di costa, sono stati rinvenuti i resti di ambienti

termali, decorati probabilmente a mosaico, attributi alla

villa che avrebbe rappresentato il nucleo di coagulamento

dell‟insediamento.

Reperti mobili dall’insediamento: All‟epoca

dell‟abbandono dovrebbe datarsi il tesoro di 3079 monete

di bronzo, scaglionate tra il V ed il VI secolo.

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

130

Cronologia dell’insediamento: Nell‟intero complesso si

distinguono almeno tre fasi: a) complesso architettonico

dell‟area nord-ovest (A), presso la fiumara; b) costruzione

della sinagoga e delle strutture limitrofe più antiche; c)

interventi nel complesso della sinagoga (fig. 48) e

complesso SE, che però non sono precisabili nel tempo.

Distruzioni intenzionali e violente si datano tra VI e VII

secolo.

Osservazioni / Interpretazione: LATTANZI 1987 lo

definisce espressamente statio costiera. Questa

identificazione è abbastanza condivisa, ma il problema

delle miglia resta insolubile. Per le proposte di

“aggiustamento “ delle indicazioni miliarie negli itinerari

vedi KAHARSTEDT 1960, p. 56. Secondo la Costamagna,

qui come a Lazzaro, è la presenza della villa che ha attratto

l‟abitato: “le strutture della statio si sarebbero coagulate

intorno ad essa”. Secondo Rubinich (in appendice a

COSTAMAGNA 1991, pp. 631-642, la gran varietà tipologica

e la gran quantità di frammenti e di produzioni

individuabili di anfore, indiziano la presenza di un

emporio, da localizzarsi nei dintorni di questo complesso.

Bibliog.: LATTANZI 1983B, p. 124; LATTANZI 1987, pp.

109-110; LATTANZI 1988, pp. 419-421; CROGIEZ 1990b,

pp. 408-409; COSTAMAGNA 1991; COSTAMAGNA 1995.

N. III.6 Altanum “a” Casignana - Località Palazzi

Comune di Casignana, prov. di Reggio Calabria

Viabilità: Via Ionica12, tra Hipporum e Locri

Tipo di insediamento: Si definisce genericamente come

un complesso insediativo, in cui ruderi distanti tra loro

anche un centinaio di metri sono distribuiti in un‟area di

almeno 15 ettari. Fino ad oggi, è stata scavata un‟area di

circa m. 60x70, nella quale emergono poderosi impianti

termali, pertinenti con ogni probabilità ad una villa rustica.

Quasi nulla si può dire degli altri edifici, sezionati dal

passaggio della statale n. 106. Il nucleo principale

dell‟insediamento è organizzato con la caratteristica

disposizione a corpi di fabbrica sparsi, che si

distribuiscono in un‟area di circa h. 6. Le strutture più

settentrionali non presentano caratteristiche riconducibili

ad un uso termale. Secondo l‟Arslan, l‟esedra sarebbe stata

trasformata nel V secolo in battistero a pianta ottagonale.

Prospiciente al mare è la necropoli, con tombe alla

cappuccina, o in fosse rivestite di pietre, sia ad inumazione

che incinerazione, di epoca coeva a quella della villa.

Dell‟epoca bizantina, del VII secolo in particolare, restano

scarichi di materiale ceramico, non riconducibili per il

momento ad abitati nei dintorni.

Topografia: Lungo la strada statale 106, al km. 82, a metà

strada tra Bianco e Bovalino, all‟estremità inferiore delle

pendici di un contrafforte della catena dell‟Aspromonte,

nelle adiacenze della foce del Bonamico, a poche centinaia

di metri dalla linea di costa, 12 km. a S di Locri.

Scavi: Rimesso alla luce fortuitamente nel 1963, è stato

oggetto di scavi a più riprese tra il 1980 ed il 1989. Altre

campagne di scavo erano ancora in corso nel 1996.

Conservazione: Le murature sono conservate fino ad

un‟altezza di m. 1, 50.

Stabilimento Termale (fig. 49)

Articolazione Planimetrica: Nella prima fase la

planimetria non era regolare: l‟aspetto definitivo fu

raggiunto nel IV secolo. Gli impianti termali veri e propri

sarebbero localizzati in un padiglione isolato, e

prevederebbero un calidarium, un frigidarium ed una

natatio, serviti da un praefurnium. Le strutture della prima

fase sono state quasi del tutto obliterate: pochi resti sotto il

portico di un‟esedra di oltre m. 6 di diametro, abbattuta

nella seconda fase e pertinente ad una grande sala (m.

26x6, 70), successivamente frazionata negli ambienti 1,

2+8+13+14, 9, e una vasca, trasformata in una seconda

fase in sala ottagona con nicchie (fig. 49, n. 12). Tale

trasformazione risalirebbe al III secolo, epoca in cui

sarebbero state aperte le grandi finestre che avrebbero

trasformato quest‟ambiente in heliocaminus, fornito di

nicchie e decorato da un bellissimo mosaico, con una

grande vasca con gradini (n. 22), alla quale se ne aggiunse

una piccola ellittica (21), sistemata - danneggiando il

mosaico - dove in origine era una porta. La presenza di un

impianto di riscaldamento molto efficiente ha consentito di

riconoscere come essudationes due piccoli locali absidati,

rivestiti da lastre di marmo di reimpiego. Dal grande

salone n. 9, si accedeva ad una grande piscina circolare (m.

6 di diam., n. 26 in pianta), aperta con tre grandi finestre,

inquadrate da pilastri, accanto alla quale era un‟altra vasca

più piccola (n. 27), entrambe riempite d‟acqua fredda. Dal

locale n. 30, a cui si accedeva scendendo delle scale che

arrivavano dal piano di calpestio, si snodava il corridoio di

servizio e di alimentazione del praefurnium (n. 35).

Tecniche costruttive: Opera laterizia. Le murature del

locale di servizio n. 30 e di alcuni vani d‟accesso erano in

opera mista con ricorsi di mattoni e grossi ciottoli disposti

in qualche tratto a spina di pesce. La sala n. 12 era forse

coperta a crociera.

Caratteristiche: Il salone n. 9 era pavimentato a mosaico

figurato con Nereidi13; la piscina circolare era rivestita di

mosaico sul fondo e di marmi sulle pareti. La maggior

parte degli ambienti sono decorati da intonaco dipinto. I

pavimenti “rustici” sono di malta costipata, mentre in altri

vani si conserva la pavimentazione in opus sectile di

marmo, o a mosaico. I mosaici sono riconducibili a due

fasi: l‟una, in opus tessellatum di marmo, prevede

l‟impiego di due o tre colori, a motivi geometrici; l‟altra in

opus vermiculatum, con piccole tessere policrome, che

disegnano motivi figurati, zoomorfi, vegetali, umani (nel

frigidarium, ad esempio, coppia di Nereidi a cavallo di

leoni). Il portico è, invece, pavimentato in semplici lastre

di cotto. La sala ottagona era rivestita di lastre di marmo, e

forse la stessa volta tappezzata di paste vitree, pavimentata

con lastre di marmo, risarcite in più punti, in un secondo

momento, con frammenti laterizi. La differenza principale

tra la fase più antica e quella più recente, sembra proprio

che sia nell‟ampiezza degli ambienti originari, frammentati

in un secondo momento in piccoli locali, serviti da

numerosi corridoi e vani di passaggio.

Cronologia: Sulla base dei reperti mobili e delle

considerazioni stilistiche sui mosaici, sono state

individuate 4 fasi costruttive: una datata alla fine del I

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

131

secolo d.C. (alla quale si attribuiscono la grande sala

obliterata, e i vani 3 e 4), ed una di seconda metà II o al

massimo inizio III (alla quale risale il frazionamento della

sala absidata). Tra i primi decenni del III ed il IV secolo

d.C., durante la terza fase, caratterizzata

dall‟ingrandimento in direzione ovest e sud, intervengono

dei mutamenti nel gusto che impongono la costruzione

degli ambienti absidati, o comunque planimetricamente più

articolati, ma soprattutto è certa la destinazione termale

attestata dalle vasche (n. 26); a questa terza fase

appartengono i pavimenti a mosaico, che sulla base di

considerazioni stilistiche portano a ritenere appartenenti ad

una prima sottofase i pavimenti dell‟ambiente 25, la vasca

26, un lembo residuo nel corridoio 15, ed il grande

mosaico figurato della sala 9, mentre di poco più tarde

sono la vasca 8 e l‟ambiente 7. Alla quarta fase risale il

momento di maggior espansione del complesso, con la

creazione della sala ottagona (12) con le due vasche fredde

(21-22) e il mosaico figurato con lacerto di pavone,

l‟ambulacro 19 ed i locali ai quali si accedeva da questo

(nn. 24, 36 - con le vasche riscaldate 32 e 33 -, 29, 20). Lo

stabilimento termale fu abbandonato nel corso della prima

metà del V, ma l‟occupazione dell‟area continuò fino al

VII, come attestano alcuni scarichi di ceramica e delle

sepolture che si innestano sulle strutture in parte già ridotte

a ruderi (nel corridoio 35 presso la vasca 33, ed

internamente ed esternamente al vano indicati con il n. 16,

fig. 49).

Altre strutture Per il grosso rudere a monte del complesso termale,

posizionato a lato di un‟area che sembra sistemata a

giardino, sul quale l‟edificio principale si apre con un

portico su colonne in laterizio (pianta n. 17), si può

proporre l‟identificazione con una fontana monumentale,

con vasca absidata e una grande apertura sulla fronte, che

probabilmente sosteneva un serbatoio d‟acqua. Nell‟area

scoperta antistante il complesso, sono stati riportati alla

luce dei muri a secco, con orientamento diverso rispetto a

quelli del complesso termale, relativi probabilmente a fasi

di occupazione molto tarde del complesso.

Toponomastica: Sulla base del toponimo moderno

Casignana, si ricostruisce il prediale Casinianus. Il

toponimo Palazzi, molto diffuso in Calabria, per indicare

resti monumentali (a S. Lucido, a Belvedere Marittimo, a

Buonvicino e Riace, a Ricadi, a Croceferrata, in Località

Grotteria - su cui vedi supra), più che alla terminologia

itineraria, sembra da ricondursi ad una denominazione

popolare per la presenza di resti antichi monumentali.

Osservazioni / Interpretazione: La statio di Altanum,

prima delle scoperta di questo monumento, era localizzata

presso Bovalino Marino. Secondo gli editori, l‟estremo

lusso e la vastità di questi ambienti, riccamente decorati

con marmi e mosaici figurati, fanno ritenere di essere in

presenza di una struttura pubblica (ma, nota bene, a

proposito degli scavi di Malvito – scheda III.9 - si sostiene

l‟esatto contrario). Non avendo certezze sulla viabilità, non

si può dare l‟identificazione per sicura, visto che anche le

distanze itinerarie sono molto incerte: potrebbe trattarsi

anche di una statio sviluppatasi intorno ad un nucleo

originario della villa. COSTAMAGNA - SABBIONE 1990, p.

297, sostengono che la mancanza di simmetria e regolarità

nella disposizione degli ambienti e nell‟articolazione del

“percorso” termale militi a favore di un uso privato. Per

quanto non emergano caratteristiche precipue di una

stazione, ma anzi il complesso si caratterizzi decisamente

come una villa rustica, la contiguità topografica con la

strada, che sulla base del rinvenimento, avvenuto durante

un sopralluogo, di due grosse pietre che sembrano basoli (a

lato della strada moderna, all‟altezza del km. 82 della SS.

106), e di alcune osservazioni da me condotte sulle

fotografie aeree, potrebbe ricalcare proprio la statale

moderna, venendo così ad attraversare l‟insediamento,

potrebbe effettivamente qualificare questo complesso come

una villa rustica, che avrebbe funzionato da “polo” di

attrazione e riferimento per l‟impianto della stazione

stradale.

Bibliog.: BARILLARO 1979, con bibliog. precedente;

SABBIONE 1979, pp. 383-384; LATTANZI 1983A, pp. 544-

546; LATTANZI 1983B, p. 124; FOTI 1987; SABBIONE 1987;

LATTANZI 1988, pp. 421-422; COSTAMAGNA - SABBIONE

1990, pp. 295-298; CROGIEZ 1990B, pp. 409-410;

BARELLO – CARDOSA 1991; SABBIONE – BARELLO - BRIZZI

– CARDOSA 1997.

N. III.7 Locri? Località Quote S. Francesco

Comune di Portigliola, prov. di Reggio Calabria

Viabilità: Via Ionica, tra Altanum e Subsicivum

Tipo di insediamento: In mancanza di dati sulla strada

romana, proporrei di localizzare la stazione tardoromana

presso l‟impianto termale e quella che veniva riconosciuta

come una basilichetta paleocristiana, assegnata ad epoca

giustinianea, al margine meridionale dell‟abitato di Locri,

presso il torrente Portigliola, in località Quote S.

Francesco, circa m. 150 fuori del tratto meridionale delle

mura. Questi resti, insieme con quelli meno conservati

della contrada Tribona, rappresentano quanto resta di un

abitato altomedievale, forse di VII secolo d.C., segnalato

nelle vecchie carte con il nome di Pagliapoli (da

Paleapolis). Questo nucleo insediativo, essendo ormai

abbandonata la zona delimitata dalle mura greche, che

evidentemente non assolvevano più il ruolo difensivo, si

raccoglie intorno alla fiumara Portigliola, che potrebbe

aver funzionato da porto-canale per imbarcazioni di

piccola stazza, non lontano dal “dromo”, l‟arteria stradale

che in epoca tardoromana e medievale percorreva la costa

ionica, in posizione più arretrata rispetto alla via romana,

che correva, invece, in prossimità della linea di costa. Il

“dromo” attraversa l‟abitato antico di Locri, proprio alle

falde degli ultimi rilievi collinari, che si allungano verso il

mare.

L‟area archeologica è distinta in due nuclei, distanti tra

loro una cinquantina di metri (fig. 50).

Topografia: Nella piana costiera, a poche centinaia di

metri dalla linea di costa attuale, in prossimità della

fiumara Portigliola.

Conservazione: Le strutture si conservano in alzato fino a

5 m.

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

132

La cd. basilica paleocristiana

Articolazione Planimetrica: Inizialmente ritenuta una

chiesa a croce greca di epoca giustinianea, è costituita da

una grande aula absidata (J), affiancata da due vani

rettangolari collegati tra loro (K, L). All‟interno delle

pareti dell‟aula sono due file di pilastri che servivano a

sostenere degli archi molto ribassati. L‟abside

esternamente ha una forma poligonale. Attraverso un corpo

di fabbrica accostato a questo e contraffortato, si

raggiungeva un piano superiore che doveva assolvere il

ruolo di residenza particolarmente monumentale, mentre

nella sala inferiore “J” poteva trovarsi il deposito o una

stalla. Questo primo gruppo di costruzione è perimetrato a

sud-ovest da un muro, che si raccorda alla costruzione M,

qualificata come portico. Un‟altra sala absidata è

labilmente testimoniata in posizione affrontata e speculare

a questa.

Caratteristiche: La sala J, che aveva certamente un

secondo piano, non conserva tracce di pavimentazione.

Cronologia: L‟impiego delle stesse tecniche costruttive

per questo complesso e per il corpo di fabbrica ad uso

termale, ci riconduce ad una cronologia ed una

progettazione unitaria.

Stabilimento termale (fig. 50; tav. XIII, b)

Articolazione Planimetrica: Il nucleo più meridionale è

quello che si più ricondurre ad un uso termale, con una sala

centrale circolare (fig. 50, A), di m. 5,50 di diametro,

riscaldata e dotata di suspensurae, movimentata da quattro

nicchie, sulla quale si aprono altri vani, collegato ad un

secondo corpo di fabbrica in cui si intravvedono stanzoni

voltati. In rapporto con questa sala sono le due vasche:

quella a ferro di cavallo (E nella pianta; largh. m. 2,50), e

quella rettangolare (D; m. 2x4, divisa in un‟epoca seriore

in due con un tramezzo), rivestita di cocciopesto, entrambe

servite da condotti per l‟acqua e riscaldate da praefurnia.

Dal vano che ospitava la vasca si passa, attraverso un

corridoio molto allungato, ad un altro di forma irregolare

(B), dotato però di riscaldamento e vicino ad un

praefurnium molto danneggiato, ed ad un altro locale con

suspensurae di forma rettangolare (m. 4x2,70) (F). Anche

il vano C conserva tracce dei tubuli per riscaldamento. Con

la lettera I viene segnalata un‟altra vasca a forma di ferro

di cavallo, e con la lettera H un ambiente, forse scoperto.

Esternamente ai praefurnia, sono presenti resti di murature

a secco da ritenersi pertinenti alle fasi di utilizzo di questi.

Circa 10 m. a monte dell‟edificio, si trovano i resti di una

grande cisterna voltata, che non è stata ancora oggetto di

indagine.

Caratteristiche: La sala circolare del nucleo termale

conserva scarsi lacerti di pavimentazione a lastrine di

marmo. Questo pavimento posa su suspensurae, che

consentono la circolazione del vapor proveniente da

almeno 5 bocche di prefurnio. Le pareti, in prossimità delle

nicchie, conservano tracce di intonaco dipinto.

Tecniche costruttive: Opera mista, con blocchi di calcare

di grande dimensioni provenienti dallo spoglio dei

monumenti della città greca, alternati a ricorsi di mattoni,

anch‟essi di reimpiego. La sala circolare delle terme era in

opera laterizia.

Cronologia: La costruzione degli impianti termali è

databile al III secolo d.C., ma gli strati di crollo forniscono

materiali ceramici databili fino al VII d.C., e non si può

escludere che contengano parte di corredi funerari

sconvolti. Il grosso delle produzioni ceramiche si disloca

tra il IV ed il VII d.C., ma sono presenti anche materiali

che riportano almeno all‟inizio dell‟VIII secolo.

Osservazioni / Interpretazione: Come Crotone, la tappa

di Locri non è segnata né nell‟Itinerario Antonino né nel

Marittimo, mentre nella Tabula è troppo elevata la distanza

miliaria che intercorre tra Locri e Scyle (LX miglia). In

questo caso, secondo la Crogiez, la mancata menzione di

questa tappa nell‟Antonino potrebbe intendere che non a

tutti i toponimi indicati nella fonte debbano corrispondere

di necessità delle stazioni e che, di conseguenza, le località

che sono invece appuntate nella Tabula segnalino anche

entità diverse dai “relais” della posta. L‟Autrice si

sofferma solo sulla possibilità che gli stabilimenti termali

siano parte di una villa, localizzata ai margini del centro

urbano, che in età romana è più contratto. Secondo la

Lattanzi, la cd. basilica è in realtà una dimora signorile,

che riconduce al modello evidenziato a S. Giovanni di

Ruoti, presso Potenza, datato tra il VI ed il VII d.C.14,

mentre per AVETTA - MARCELLI - SASSO D‟ELIA 1991 si

tratta di una villa rustica fortificata. Ritengo, invece, che

l‟estensione dell‟arco cronologico di occupazione di questo

monumento (che coprirebbe i secoli III- VIII iniziale) sia

indizio di un ruolo particolare, e che la contiguità con la

nuova viabilità ionica (più arretrata rispetto alla costa

paludosa di quella romana classica) non sia casuale,

soprattutto in considerazione della grave crisi che investe

l‟antica colonia di Locri, alla quale quest‟insediamento

sottrae – per reimpiegarli nelle murature - perfino i blocchi

della cinta muraria greca.

Bibliog.: LATTANZI 1983A, pp. 546-549; LATTANZI 1983B,

pp. 124-126; COSTAMAGNA - SABBIONE 1990, pp. 286-291,

per il repertorio fotografico; CROGIEZ 1990B, p. 410;

AVETTA - MARCELLI – SASSO D‟ELIA 1991.

N. III.8 Ad Vicesimum Piano della Lista - Località Valle dei Greci e Madonna

della Salute (Amendolara Marina)

Comune di Amendolara, prov. Cosenza

Viabilità: Via Ionica, tra Heraclea e Thurii

Tipo di insediamento: La stazione potrebbe localizzarsi

presso la statale 106 che attraversa la seconda terrazza, in

località Masseria Lista. Qui, si trovano resti di stabilimenti

termali pubblici. Negli anni ‟70 erano ancora visibili in

superficie i resti di lunghi tratti murari, distribuiti su di una

superficie di circa 3000 mq. Altri resti, prevalentemente di

murature in opera mista, distribuiti su una superficie di 200

mq. occupavano la terrazza detta Valle dei Greci. In totale,

le emergenze di superficie attestano un‟estensione

dell‟area occupata da costruzioni antiche di 10200 mq.

L‟abitato è servito da un acquedotto che termina in un

cisterna presso la cappella dell‟Annunziata. Di questo

acquedotto sono noti le opere di captazione, la condotta

adduttrice, il serbatoio d‟accumulo e la rete di

distribuzione; è possibile che l‟acquedotto si allungasse

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

133

lungo la viabilità. La strada antica è probabilmente

ricalcata dall‟attuale statale 106, dal momento che questo

sembra il punto più agevole per l‟attraversamento del

torrente Straface.

Topografia: Pianoro allungato verso la costa, che

costituisce una delle ultime propaggini dei rilievi collinari

costieri, in prossimità del canale di Bartolini, non lontano

dal corso attuale del torrente Straface. Dista dalla costa

circa m. 400.

Scavi e ricerche: L‟area non è stata mai oggetto di

indagine di scavo ma solo di ricerche topografiche e di

documentazione grafica di alcune emergenze.

Conservazione: Le porzioni di muratura conservate non

superano spesso il livello di spiccato.

Piano della Lista

Località Madonna della Salute (fig. 51)

In un‟area di circa 8000 mq. si riconoscono diversi

monumenti, conservati quasi tutti fino al solo livello di

spiccato, che sono stati distinti in alcuni nuclei e

posizionati nella pianta. Oltre a questi, sono stati segnalati

un condotto in muratura, coperto alla cappuccina, e vani

absidati con pavimenti che alloggiavano delle suspensurae.

Complesso “1”: Si ricostruiscono alcuni vani, di forma

prevalentemente rettangolare, di dimensioni diverse, ma di

orientamento coerente, delimitati da murature di circa 50

cm. di spessore. Le strutture continuano sotto la chiesa

della Madonna della Salute, dove sono state segnalate delle

strutture absidate con suspensurae, facendo supporre la

loro identificazione con degli impianti termali.

Strutture “2”: Murature con diverso orientamento rispetto

alle precedenti, che presentano però lo stesso spessore.

Muro “5”: Unica muratura che lo spessore (m. 1) qualifica

come perimetrale, ma che potrebbe anche essere

identificato con un muro di sostruzione.

Caratteristiche: Tra i rinvenimenti occasionali, si

segnalano resti di condutture impiegate, probabilmente, per

riscaldare gli ambienti.

Tecniche costruttive: Murature di ciottoli legati da malta

nelle cortine, e nucleo cementizio a scaglie.

Località Valle dei Greci

Struttura “r”: Presso l‟abbeveratoio della masseria è il

muro, lungo circa 15 m., in opera listata (?), di m. 0,65 di

spessore, al quale ne corre parallelo un altro, lungo m. 11 e

spesso m. 0, 45, che conserva parte dell‟attacco della volta.

Nei pressi, ruderi di un altro ambiente voltato, a pianta

quadrata, di circa 2, 5 m. di lato. Nella parte bassa di

questa stessa area, sono ricostruibili le piante di altri 6 o 7

vani, appoggiati ad un muro perimetrale, lungo almeno 30

m.. Ancora, si conserva parte di una costruzione cilindrica,

di circa m. 3 di diametro, conservata fino ad un‟altezza di

m. 3.

Caratteristiche: Resti di rivestimenti e pavimentazioni in

cocciopesto con inserimenti di ciottoli di mare, e pavimenti

a mosaico.

Tecniche costruttive: Opera incerta e mista.

Cronologia: Il materiale raccolto in superficie riconduce al

III-IV secolo d.C., ma in assenza di scavi è difficile fornire

precisazioni.

Osservazioni / Interpretazione: Per quanto l‟Autrice

della carta archeologica privilegi l‟area della Masseria

Lista come sito della stazione, mi sembra che l‟area

archeologica della Madonna della Salute (indicata nella

carta SETTEMBRINI 1996, p. 115, con il n. 21) graviti

maggiormente sulla strada romana, qualora essa debba

essere riconosciuta nel tracciato della moderna statale.

Tuttavia, la modestia dei resti attualmente oggetto di

indagine non consente di giungere a delle conclusioni

definitive. Emerge, al contrario, con una certa chiarezza

come anche in questo caso, seppure l‟abitato è costiero e

limitrofo alla viabilità, la stazione debba essere individuata

in un complesso da questo distinto. In questo caso, anche il

dato archeologico rende evidente che l‟abitato si sviluppò

intorno alla stazione, come è del resto desumibile dal

toponimo, dalla marcata connotazione “itineraria”.

Bibliog.: LAVIOLA 1972; DE LA GENIERE 1971; GUZZO

1979, pp. 31-32; DE LA GENIERE ET ALII 1980; TUCCI

1987; CROGIEZ 1990B, pp. 413-415; SETTEMBRINI 1993;

SETTEMBRINI 1996, pp. 124-131.

N. III.9 Stazione anonima presso Malvito Malvito - Località Pauciuri

Comune di Malvito, provincia di Cosenza

Viabilità: via Transistmica.

Tipo di insediamento: Nei dintorni di un asse stradale,

sono dislocati diversi complessi monumentali di epoca

romano-imperiale, che soppiantano delle strutture per lo

stoccaggio di epoca repubblicana. Il monumento più vasto

è da interpretarsi come una grande villa, che contempla

quartieri residenziali, termali e per la produzione

manifatturiera. In epoca tardo-romana, parte degli edifici

fu interessata dall‟impianto di una necropoli, che fu

utilizzata fino ad epoca altomedievale, forse in relazione

con un abitato, l‟esistenza del quale sarebbe ipotizzabile

sulla base dei reperti ceramici (fig. 52).

Topografia: Ai piedi di Mottafollone, nella piana del

fiume Esaro, sulla sponda sinistra del fiume, non lontano

dalla confluenza del Rosa nell‟Esaro.

Scavi: a più riprese tra il 1979-1985, 1989, 1990-94 (ed

ancora in corso?).

“L’abitato” (fig. 52)

Le campagne di prospezioni geoelettriche del 1992 (che

hanno indagato quasi 20.00 mq. di superficie), hanno

consentito di radiografare un enorme complesso orientato

ENE-WSW, costituito da molti vani disposti

principalmente intorno ad una corte porticata (circa m.

27x17), complesso del quale è stata rimessa in luce dagli

scavi la porzione est, pertinente ad ambienti termali. A

sud-est di questo edificio, le prospezioni hanno consentito

di individuare diversi blocchi di costruzioni, quasi tutti con

orientamento congruo al primo gruppo. Tra i riquadri D7 e

E7 è segnalato un edificio rettangolare (circa m. 14x10); in

G6 e 7 una striscia orientata secondo gli stabilimenti

termali (una strada?), ed una perpendicolare a questa in H9

e I9. Le tracce evidentissime dei riquadri F/G - 7/8,

corrispondono alle fondazioni di due case moderne.

Saggio nel quadrato G5 (m. 10x5): Intersezione tra la via

e un muro ad essa parallelo; la via è larga almeno 4 m., è

formata da 4 strati preparatori ed uno di copertura formato

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

134

da ghiaia mista a malta, senza materiali. La via lambisce il

muro est-ovest, che qui si interrompe. Lungo il lato ovest

della strada, è un bacino con pareti a tegole e fondo di

bipedali. Epoca imprecisabile, ma materiali

prevalentemente di epoca repubblicana.

Gli horrea Le indagini al di sotto dei livelli di epoca imperiale, hanno

consentito di ricostruire la planimetria di due edifici, che si

fronteggiano, l‟uno sul lato nord, l‟altro a sud.

Contenevano numerosi dolii, altri erano interrati nello

spazio che li separava. Il troncone del muro B41 arriva a

ridosso dell‟abside ovest della sala ad ipocausto. A nord

della canaletta, è stato messo alla luce un nuovo troncone

di muro, che per la quota, la tecnica costruttiva, ed il

rivestimento di intonaco, corrisponde perfettamente ai muri

degli horrea già scoperti. L‟edificio di prima fase, molto

grande, usato appunto come magazzino o cantina, è diviso

in due da un tramezzo, intonacato su entrambi i lati, entro

il quale si apriva una porta, murata in un secondo

momento. Alla stessa fase repubblicana possono ricondursi

altri resti, il più interessante dei quali è una struttura

composta da tegole, posate direttamente sulla terra.

Delimitano un bacino rettangolare tra i muri A35 e B23.

All‟interno, terra molto argillosa con una forte presenza di

calce. A sud di questo bacino, è stata rimessa in luce

un‟altra struttura realizzata nello stesso modo ma un po‟

più piccola, con al fondo una tegola sistemata di piatto.

Questa struttura è ritenuta di epoca repubblicana ma non è

possibile relazionarla ad alcuna altra.

Caratteristiche: Il piano di calpestio del “magazzino” è

costituito dal terreno vergine, in cui sono stati alloggiati

almeno 5 dolia. Non sono attestati rivestimenti marmorei,

né stucchi né mosaici.

“La villa”

Ad ovest, portico con colonne di mattoni, che occupa tutta

la larghezza dell‟edificio, dove si trovano vani con

rivestimenti di intonaco dipinto a motivi decorativi. Non si

conosce ancora l‟intera estensione del complesso.

Saggio nel quadrato B5 (m. 6x15, ad ovest): Ha

confermato la pianta delle prospezioni, con soli livelli di

fondazione costruiti con la stessa tecnica di quelli già

descritti, pertinenti al portico, senza livelli pavimentali e

scarsissimi materiali.

Saggio non meglio precisato: Grande edificio,

profondamente intaccato dalle arature, di almeno 10 m. di

larghezza, completato sul lato settentrionale da un‟abside

di 5m di diametro.

Le terme (fig. 53)

Articolazione Planimetrica: Nella seconda fase di vita di

questo insediamento, le strutture murarie del grande vano

(il magazzino?) vengono sfruttate per inserirvi una serie di

vasche ed un impianto di riscaldamento ad ipocausto. Il

“quartiere termale” si articola in due sale calde, un

tepidarium con l‟ipocausto a forma di croce, apodyterium e

salone freddo molto vasto, locali di servizio ad est, latrine

pubbliche, una cisterna a sud. L‟orientamento del

complesso è dato da due muri paralleli con andamento

nord-sud: l‟uno (A33) è infatti la fondazione del portico, di

cui restano anche le basi dei pilastri di mattoni. A questo

muro A33, si lega un pavimento di terra battuta e ghiaia,

interrotto a nord da una canaletta che gli è contemporanea.

Più internamente, fu costruito un muro parallelo a questo

(A24), ma che reimpiega dei rocchi di colonna del primo

portico. Perpendicolarmente ad A33, è un altro setto

murario, che rappresenta una terza fase, di poco più tarda

di quella descritta, ma che sembra comunque corrispondere

ad un cambiamento di funzione (B44). A nord dell‟area di

scavo sono state riportati alla luce i resti del frigidarium

con una vasca rivestita di intonaco idraulico. È servita da

due gradini sul lato nord e due a sud, ma è parzialmente

obliterata da un muretto di fattura e cronologia diversa. A

sud si trova la cisterna e l‟angolo sud-est del portico. Al

centro è stato asportato il crollo di un intonaco dipinto a

fasce rosse, che posava sui livelli repubblicani.

Latrina: Adiacente alla sala C24 (riconosciuta come un

calidarium), con planimetria canonica, a pianta

rettangolare (m. 4,50x3), si apriva ad ovest attraverso una

porta successivamente murata.

Praefurnium: Il più antico è quello ad est, dietro il muro

della latrina. Anche questo, come gli altri due, è a pianta

circolare. Serviva la sala del laconicum e del calidarium.

Fu successivamente murato e rimpiazzato da quello

indicato con il numero C26 e C29.

Laconicum: Si trovava presso il castellum aquae, che

serviva anche un ninfeo assai simile a quello di piazza

Armerina.

Tecniche costruttive: La sala a croce è in opera laterizia.

Le murature della III fase sono molto rozze. In generale, le

tecniche costruttive sono spoglie, povere e senza orpelli:

sono a secco, senza fondazioni e reimpiegano materiali da

costruzione delle murature preesistenti.

Reperti mobili: La maggior parte dei rinvenimenti mobili

si colloca cronologicamente tra il I a.C. ed il II secolo d.C.,

e riconduce ad una attività artigianale, di lavorazione del

cuoio e della tela.

La necropoli

I livelli superiori del settore nord sono stati sconvolti dallo

scavo di almeno 76 tombe, con l‟orientamento consueto,

che contenevano pochissimo materiale. Le tombe sono a

fossa, orientate ESE-WNW, in qualche caso rivestite con

murature di pietra o foderate da tegole e blocchi di pietra di

reimpiego, legati con malta. Sono state individuate più di

80 tombe.

Reperti mobili: Non ci sono corredi funerari, se non, in un

solo caso, una croce-reliquiario di fattura bizantina di XI -

XII secolo. Il periodo di frequentazione ha lasciato una

quantità discreta di monete di bronzo, tutte databili al IV

secolo, unite a frammenti di sigillata D.

Cronologia dell’insediamento: Le strutture di epoca

romana spaziano dal II secolo a.C. al basso impero;

suggerirei di articolarle in 4 fasi: 1) fine II a.C. - I secolo

a.C.: horrea; 2) I - II secolo d.C.: terme; 3) II - IV secolo

d.C.: diversi edifici, di uso non chiaro, che arrivano fino

all‟epoca altomedievale; 4) V-VII secolo: necropoli,

attestata ancora nel XII. Le terme, che si impiantano alla

fine del I d.C. sulle strutture di epoca tardo-repubblicana,

sono state utilizzate con certezza fino al IV secolo d.C., ma

l‟occupazione, in forme da definire, è durata almeno fino al

V secolo come attesta la presenza di ceramica ad onde. Nel

dettaglio: dalla fine del I secolo d.C.: praefurnium,

VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III

135

castellum aquae, laconicum e calidarium; seconda fase

con espansione a N, i tepidaria, le vasche, la latrina, ed i

nuovi praefurnia; fase di abbandono della latrina,

dell‟apodyterium e del tepidarium occidentale. Nella terza

fase, si impiantano delle strutture murarie con tecnica

rudimentale, di difficile lettura perché in parte sconvolte

dalla necropoli. La terza fase è rappresentata soprattutto

dalle murature della sezione N dello scavo del complesso

termale, con tecnica costruttiva totalmente differente: priva

di fondazioni, con materiale di reimpiego utilizzato senza

malta. La cronologia e l‟uso di questi vani doveva ancora

essere chiarita nel 1990, ma il rinvenimento di una moneta

bronzea di Magnenzio conferma che l‟occupazione durò

almeno fino al IV secolo. In epoca altomedievale, si

impianta la necropoli.

Osservazioni / Interpretazione: Questo complesso è stato

qualificato come mansio poiché è lontano da ogni ambito

urbano conosciuto e si trova nella valle dell‟Esaro che

congiunge la costa ionica a quella tirrenica, ma al

momento non si trova alcuna traccia di strada, sia che si

cerchi quella transistmica che la via Capua - Regium 15.

Sulla base dei dati di superficie, sembra che l‟insediamento

sia piuttosto vasto (D‟Ippolito vi vede Temesa!). Secondo

la Crogiez, solo l‟avanzare delle indagini consentirà di

confermare o smentire, l‟identificazione con la mansio di

Caprasia: le distanze della Tabula tornerebbero se si

riconosce Interamnium a Fedula. Ma non sappiamo

neanche se la via Annia - Popilia seguisse la valle del Crati

o passasse lungo le colline più ad ovest. Taliano Grasso

(bibliog. sotto) ritiene che questa stazione sia invece

pertinente alla via transistmica, mentre è d‟accordo con la

Crogiez ANDRONICO 1991, p. 179, (Malvito è della via

Popilia). Per FOTI 1987, p. 309, si tratta di un deverticolo

che unisce la via Popilia a Cirella. Gli editori ritengono che

la povertà delle tecniche costruttive e la scarsa qualità dei

rivestimenti, non consentano di identificare questo

complesso con villa rustica (specialmente al confronto con

altre tipo Piazza Armerina), ma che la varietà

nell‟articolazione planimetrica degli edifici e la presenza di

assi stradali frapposti tra loro possa confermare

l‟identificazione con una stazione stradale.

Bibliog.: LATTANZI 1983A, p. 573-575; FLAMBARD –

LUPPINO 1985; CROGIEZ – LUPPINO 1990; CROGIEZ 1991;

CROGIEZ - LUPPINO 1991; CROGIEZ – LUPPINO 1995;

CROGIEZ – KEMORVANT 1993; CROGIEZ 1996.

VI. 4 Rassegna Archeologica: Regio IV

136

VI. 4. Regio IV

Samnium

N. IV.1 Aquae Cutiliae Paterno - Località Caporio, presso la diruta Pieve di S.

Maria dei Cesoni

Cittaducale, prov. di Rieti

Viabilità: Via Salaria, tra Reate ed Interocrium.

Tipo di insediamento: Vicus16 raccoltosi intorno ad un

luogo di culto, incentrato sul Lacus Cutiliae. Il vicus è

attestato dai numerosi rinvenimenti, distribuiti lungo la via

Salaria, tra le località di Paterno a Caporio. In epoca

imprecisabile, il settore a nord-ovest della piscina viene

trasformato in luogo di culto cristiano, noto dal XII secolo

con il nome di S. Maria in Cesonis, ma che può risalire ad

epoca più antica, anche con altra titolatura. A poche

centinaia di metri dal complesso termale (Località Ortali),

è stata localizzata la villa dei Flavi, costruita dopo la metà

del I d.C., ma forse già “disdegnata” da Domiziano, in

quanto troppo poco “lussuosa”.

Topografia: I terreni della zona, fortemente solubili,

danno luogo a fenomeni di carsismo, associati a

manifestazioni di vulcanesimo secondario, tra cui sorgenti

di acque sulfuree. L‟impianto termale è posizionato su una

serie di quattro terrazzamenti, larghi circa m. 400,

delimitati ad ovest dal ruscello di S. Maria, e a sud dalla

via di S. Maria, che ricalca l‟antica Salaria. Il cortile con la

piscina si posiziona tra il terzo ed il quarto terrazzo.

Scavi: L‟esplorazione è iniziata nel secolo scorso, ma gli

scavi scientifici sono stati condotti tra il 1969-74, 1978-80,

1982-84, 1986-.

Conservazione: Buona per la maggior parte delle strutture,

che si conservano in alzato anche fino a 5 m.

Complesso termale terrazzato (fig. 54) Pianta: Al centro di un vasto cortile, si trova la grande

natatio (m. 60x24, m. 1,80 di profondità), intorno alla

quale si trovano disposti gli altri edifici: sui lati orientale e

settentrionale si distribuiscono delle strutture di

contenimento del terrazzo superiore, movimentate da

nicchie (una delle quali, absidata e di dimensioni maggiori,

si qualifica come un ninfeo- fig. 54, A), dietro alle quali

corre un corridoio a “T” (fig. 54, B), mentre nell‟angolo

nord-ovest si trova un edificio più articolato, che si

qualifica come un complesso a sé stante. Quest‟ultimo è

costituito da una serie di vani rettangolari. Il piano

superiore era accessibile mediante una scala: qui si trovano

alcuni locali serviti da un corridoio, che si apre in fondo su

un vano di forma irregolare, e, lateralmente, su un altro a

pianta rettangolare che è scandito dalle basi di quattro

pilastri.

Caratteristiche: In uno dei vani del livello superiore, si

conserva un lacerto di pavimentazione musiva. Altri resti

di decorazione musiva policroma, di rivestimenti parietali

ad intonaco dipinto a motivi floreali, frammenti di

decorazioni architettoniche in marmo e di antefisse di

terracotta, sono stati rinvenuti sporadici, insieme ad una

notevole quantità di stucchi in seconda giacitura e ad un

frammento di lastra Campana. La piscina, accessibile

mediante delle scalette, era impermeabilizzata con uno

strato di cocciopesto, e rivestita da lastre di marmo.

Tecniche costruttive: La fase costruttiva principale è in

opera incerta nelle porzioni superiori degli alzati, e in

opera quadrata nelle fondamenta e nei primi ricorsi delle

murature in alzato, occasionalmente anche negli angoli,

come rinforzo. Gli interventi di rimaneggiamento e

restauro sono caratterizzati dall‟impiego del laterizio

(porzione superiore del ninfeo), e opera mista (primo

locale tra quelli del settore est). I vani del complesso

occidentale sono coperti a volta, come anche il corridoio a

“T”.

Cronologia: Sulla base dei reperti e delle tecniche edilizie

l‟impianto della struttura è fissato all‟inizio del I secolo

a.C.; l‟abbandono può essere datato al IV d.C. Nel V

secolo, il monumento fu utilizzato a scopo funerario.

Tombe

Nell‟ambiente D‟, ad ovest del ninfeo, sono state rinvenute

due tombe, una delle quali alla cappuccina, ed una con

rivestimento di tegole infisse.

Cronologia: V - prima metà VI secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: La qualità delle

decorazioni architettoniche e dei rivestimenti è stimata

particolarmente alta. La tecnica costruttiva mista, in opera

incerta e quadrata, è caratteristica di alcune costruzioni

(soprattutto ville rustiche) sabine, quindi, qui è più

pressante il richiamo agli usi locali che ad una

pianificazione centrale. A detta degli stessi editori, la

conoscenza del monumento è ancora insufficiente per

comprenderne l‟organizzazione: gli alloggi per gli ospiti

potrebbero, infatti, trovarsi anche presso il santuario di

Vacuna, non ancora localizzato. Come planimetria di

confronto viene proposto l‟impianto termale di Stabiae,

che è contornato da un edificio interpretato come

hospitium.

Bibliog.: REGGIANI 1979, con bibliog. precedente; DE

PALMA 1985; MENOTTI 1988; SPADONI – REGGIANI 1992,

pp. 157-162.

N. IV.2 Stazione anonima presso Torrita di

Amatrice Torrita, contrada Campo

Comune di Amatrice; prov. di Rieti

Viabilità: Via Salaria, tra Falacrinae e Vicus Badies

Tipo di insediamento: Villa rustica?

Topografia: Spartiacque dell‟Appennino (q. 1005 s.l.m.),

sulla destra della via, al km. 141, 500 della statale

moderna.

VI. 4 Rassegna Archeologica: Regio IV

137

Scavi: Scoperte episodiche tra il 1918 ed il 1932; dal 1954

sono stati avviati degli scavi ad opera della

Soprintendenza, che sono proseguiti fino al 1956, e di

nuovo nel 1971.

Struttura di servizio (fig. 55) Articolazione planimetrica: Complesso a pianta

rettangolare, con corpo principale costituito da un peristilio

quadrangolare (m. 28,60x26,20), posato su uno stilobate di

blocchi squadrati, sul quale restano quattro basi di colonne

di pietra calcarea bianca. Sul lato nord-est si dispongono

gli ambienti termali (sette quelli indagati), su quello

meridionale vani di forma più irregolare, che le

pavimentazioni in opera spicata qualificano come di

servizio. Al centro del portico è un basamento di m.

3x3,50.

Caratteristiche: I vani con funzioni balneari hanno

pavimenti in cocciopesto, posato negli ambienti riscaldati

sulle suspensurae di bipedali. Il podio nel cortile è

pavimentato con bipedali e sesquipedali.

Tecniche costruttive: Murature di prima fase in opera

incerta, di seconda in opera quasi reticolata e reticolata,

sostituite da paramenti con scapoli allettati quasi

orizzontalmente. Nella terza fase è stata impiegata anche la

tecnica mista, con ricorsi in opera vittata e laterizia.

Reperti mobili: Un frammento di cornice architettonica di

un certo pregio.

Cronologia: Impianto di fine I secolo a.C., ampliamenti

consistenti di età flavia e rimaneggiamenti fino al III d.C.

L‟occupazione continuò verosimilmente fino al IV secolo.

Per la tecnica vittata di terza fase la datazione può, forse,

essere anticipata al II secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: La Santangelo lo

identifica senza esitazione con il vicus Falacrinae, e si

spinge fino a riconoscere nel basamento al centro del

cortile il podio del capitolium, mentre la Reggiani è più

propensa a vedervi una villa, sulla base anche del

confronto con quella vicina della località Cottanello nel

comune di Collesecco, anche se non esclude

l‟identificazione con il foro di un vicus, proponendo,

quindi, una fruizione pubblica per gli stabilimenti termali e

le taberne fino ad oggi riportate alla luce.

Bibliog.: SANTANGELO 1975-76; REGGIANI 1981, pp. 286-

292; SPADONI- REGGIANI 1992, pp. 165-167; QUILICI

1993, p. 144.

N. IV.3 Statulae Località “La Statura”

Comune di Goriano Siculi, prov. de L‟Aquila

Viabilità: Via Claudia Valeria

Tipo di insediamento: Abitato sorto in prossimità di un

incrocio tra la via Claudia Valeria che lo attraversa,

ricalcata dal tratturo “Regio”, e la strada tra Sulmo e

Superequum. Occasionalmente, sono state riportate alla

luce delle sepolture, prevalentemente di epoca

repubblicana, e di resti di un ustrino. Una piccola necropoli

con tombe alla cappuccina è stata scavata in contrada

Salcone, lungo la strada tra Forca Caruso e Goriano Siculi.

In località La Statura, si sono ritrovati circa 20 pozzi

cilindrici (diam. da m. 0,60 a m. 1), di profondità variabile,

che al fondo accoglievano un grosso contenitore per

derrate (quelli che sono stati svuotati hanno restituito molti

scarichi domestici). A sud di Goriano Siculi, nella valle

Orfecchia, sono ancora visibili i resti di un acquedotto,

costruito in opera cementizia, con copertura a cappuccina,

che è ritenuto piegare verso Statulae.

Topografia: Ad ovest del Colle S. Donato, nella sella tra

due piccole alture, delimitata a nord dal Lamartora, a est

dalla Portella, ad ovest dalla Cona. Attualmente, in questa

zona si cava la pozzolana.

Scavi: Ai rinvenimenti occasionali, hanno fatto seguito

alcune brevi campagne di indagine condotte alla fine del

secolo scorso.

Resti di strutture utilitaristiche

Sono stati scavati tratti di murature che non sono stati

descritti, ma di alcuni di essi sappiamo che erano

particolarmente sviluppati in lunghezza (almeno m. 46). È

stata riportata alla luce una cella vinaria, caratterizzata

dalla presenza di molti dolii interrati, perimetrata da

murature frammentarie.

Caratteristiche: Sulla base del rinvenimento di un tubulo

fittile, si può evincere la presenza di ambienti riscaldati.

Tecniche costruttive: Forse si tratta di opera laterizia.

Reperti mobili: Si conoscono rinvenimenti occasionali di

materiale ceramico, monete, statuette fittili, un bronzetto di

Ercole, armi e frammenti epigrafici. Nel corso di uno

scavo, si è rinvenuto un dolio contenete numerosi pesi da

telaio.

Cronologia: Sulla base delle scarne notizie fornite dagli

editori, si può solo affermare che il complesso fu occupato

con certezza in epoca imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: L‟identificazione di

questi resti con quelli della stazione viaria è motivata dalla

posizione presso l‟incrocio di due strade di rilevante

importanza, ed anche dalla particolarità delle emergenze

segnalate, che attestano una pressante preoccupazione per

lo stoccaggio delle riserve alimentari e per lo smaltimento

dei rifiuti. Anche la presenza di oggetti di culto, differenzia

questi resti da quelli di un semplice magazzino.

Bibliog.: DE NINO 1878; DE NINO 1886; DE NINO 1889;

VAN WONTERGHEM 1984, pp. 108-109, n. 39; p. 11, n. 47.

N. IV.4 Stazione anonima presso

Casalbordino Località Casette Santini

Comune di S. Stefano di Casalbordino, prov. di Chieti

Viabilità: Via Adriatica tra Lanciano e Histonium

Tipo di insediamento: Insediamento viario posizionato

direttamente sul mare, definito dagli editori statio, in epoca

paleocristiana completato dall‟impianto di una chiesa,

trasformatasi nell‟abbazia benedettina di S. Stefano in

Rivo Maris. Oltre ai resti ricondotti alla stazione (fig. 56,

nn. 3-5), vi sono quelli di una villa rustica, posta sulla

collina, poco arretrata, che si protende verso il mare, sui

resti della quale, in età paleocristiana, si impiantò la

basilica (nn. 1-2). Il complesso funzionale alla viabilità è

diviso in due unità, poste l‟una a monte e l‟altra a valle

VI. 4 Rassegna Archeologica: Regio IV

138

della linea ferroviaria, che ricalca molto da vicino il

tracciato dell‟antica strada litoranea.

Topografia: Nella fascia costiera, in prossimità di un

piccolo promontorio.

Scavi: 1991. Al 1975 risalgono gli scavi all‟interno

dell‟abbazia, che hanno permesso di riconoscere i resti

della basilica paleocristiana.

Settore a valle (fig. 56, n. 3)

Articolazione Planimetrica: Sono stati indagati 5 vani

affiancati, all‟interno dei quali è stata rilevata la presenza

di vasche-abbeveratoio e mangiatoie, qualificando così il

complesso come un‟area destinata al ricovero degli

animali.

Settore a monte (fig. 56, n. 4)

Articolazione Planimetrica: Vasto peristilio intorno al

quale si dispongono vari ambienti, indiziando una funzione

residenziale.

Cronologia: Impianto di tarda età repubblicana, con varie

ristrutturazioni di età imperiale.

Reperti mobili: I materiali ceramici arrivano fino al IV-V

secolo, ma si rinvengono anche materiali altomedievali di

VII-IX secolo.

Osservazioni / Interpretazione: Gli editori sottolineano la

rilevanza della continuità d‟occupazione, che accomuna

quest‟insediamento ad altri, posizionati come questo lungo

la viabilità. Con il tempo, alcuni di questi piccoli aggregati

si trasformano in strutture religiose territoriali, destinate a

divenire “un punto di riferimento per le superstiti forme di

popolamento rurale”. Dal XII secolo, sulla traccia della

viabilità romana, si impiantò il tratturo L‟Aquila – Foggia,

e si ipotizza che presto intorno a questo centro religioso si

fosse strutturata una stazione di ricovero delle greggi.

Bibliog.: STAFFA 1992; STAFFA – PELLEGRINI 1993, p. 22.

VI.5 Rassegna Archeologica: Regio V

139

VI. 5 Regio V

Picenum

N. V.1 Ad Aquas S. Maria (in Marsia)

Comune di Acquasanta Terme, prov. di Ascoli Piceno

Viabilità: Via Salaria, tra Surpicanum ed Ausculum

Tipo di insediamento: Borgo aggregatosi intorno ad uno

stabilimento termale, che sfruttava delle polle di acqua

sulfurea. Nei pressi delle terme, sono state rinvenute molte

vasche di terracotta ed altri “resti di vasche”. La cisterna

delle terme può localizzarsi sotto l‟attuale chiesa del

Crocifisso, già di S. Maria; presso questa stessa chiesa,

sono stati trovati i resti di una tomba a fossa, coperta da

lastre a spiovente di travertino, di epoca romana. La via

Salaria raggiungeva questa località attraversando il rio

Garaffo ed il torrente Rio.

Topografia: Lo stabilimento doveva occupare il pendio

che si trova ad ovest della chiesa, e le pendici fino alla

strada moderna.

Scavi: Condotti tra il 1815 ed il 1819: la documentazione è

stata di recente recuperata e riesaminata. Nel 1985 è stato

effettuato uno scavo all‟interno della sagrestia, che ha

consentito di riconoscere alcuni elementi raffigurati nella

pianta di corredo alla documentazione ottocentesca.

Conservazione: Ciò che si era potuto riscoprire dei resti

indagati nell‟800 è andato distrutto nel corso dei lavori di

costruzione di un tunnel stradale.

Stabilimento termale Pianta: La pianta ottocentesca (“in parte fantasiosa”)

raffigura un edificio a corte porticata, di forma rettangolare

con ampie absidi in ognuno dei lati. Nella metà occidentale

(?), si posiziona la grande cisterna, contraffortata

esternamente da pilastri semicircolari (m. 20,24x9,90). Un

altro tratto di muratura è stato rimesso in luce a circa m. 50

di distanza dalla chiesa, ma tutta l‟area è stata sconvolta

dalla costruzione del manufatto stradale moderno.

Caratteristiche: Nell‟area interessata dai lavori di

ammodernamento della statale, si è “intravisto” un

pavimento in mattoni. Al centro del cortile, è posizionato

un mosaico bianco e nero con motivo a stella.

Tecniche costruttive: Il muro indagato sotto la sagrestia e

quello rinvenuto nell‟area della SS. 4 sono a blocchi

squadrati di travertino. Tra i resti sconvolti dai lavori

moderni, erano anche dei blocchi di opus coementicium

pertinenti ad una volta. Sono stati, inoltre, raccolti scapoli

di reticolato e frammenti di mattoni.

Reperti mobili: Materiali architettonici. L‟epigrafe CIL,

V, 8807, che menziona dei balnea, assegnata dall‟autore

del manoscritto Caucci a questa località (forse, sulla scorta

dell‟errata assegnazione del Muratori al territorio di

Ausculum nello stesso CIL), proviene, in realtà, da Asolo.

Osservazioni / Interpretazione: Poiché le sorgenti termali

sono esaurite, mentre sono ancora attive nel vicino paese di

Acquasanta Terme, per lungo tempo si è localizzata la

stazione romana presso quest‟ultimo. Anche se i dati

archeologici sono molto frammentari, questo insediamento

ben si inquadra nella categoria dei luoghi di tappa che

sorgono (probabilmente spontaneamente) nei pressi delle

stazioni termali.

Bibliog.: CONTA 1982, pp. 124-143, n. 34, figg. 41-43;

CONTA 1987.

VI.6 Rassegna Archeologica: Regio VI

140

VI. 6 Regio VI

Umbria

N. VI.1 Stazione anonima presso Cattolica Comune di Cattolica, prov. di Forlì

Viabilità: Via Flamina, tra Pisaurum e Ariminum.

Tipo di insediamento: Abitato di epoca romana, datato tra

il I ed il IV secolo d.C., sorto verosimilmente a seguito

dell‟impianto di una stazione. Entrambi i complessi che qui

si presentano sembrano adibiti a scopo utilitaristico.

Topografia: Presso fiume Conca, l‟antico Crustumius, in

prossimità del confine amministrativo augusteo tra i

territori di Pisaurum e Ariminum, a metà tra le due tappe

(17-18 km. da ognuna). È quasi certo che la fascia di

territorio nella quale si stabilirono i complessi qui

presentati fosse delimitata da un lato dalla via Flaminia e

dall‟altro dal mare.

Scavi: Sono stati indagati parzialmente due complessi,

entrambi orientati lungo l‟asse stradale della Flaminia.

Complesso di Casa Filippini - Struttura di servizio?

(fig. 57)

Articolazione Planimetrica: Si riconoscono almeno due

vani affiancati, che nella prima fase non presentano

partizioni interne. Nella zona sud è un focolare, con piano

di lavorazione in laterizio. I due vani furono interessati da

una trasformazione in area porticata e, solo in seguito ad

ulteriori rifacimenti, riacquisirono la loro planimetria

originaria. Nella limitrofa casa De Nicolò è stata

recuperata una pavimentazione a mosaico.

Caratteristiche: Particolarmente efficiente è l‟impianto di

adduzione e smaltimento delle acque. Alcuni dei piani di

lavoro mostrano di essere stati rialzati più volte. Il mosaico

recuperato presso la Casa De Nicolò è del tipo utilizzato in

questa regione per pavimentare ambienti di lavoro.

Reperti mobili: Il consistente strato di riempimento del

cortile di Casa Filippini ha restituito molto materiale

ceramico databile, senza soluzione di continuità, tra il I

secolo d.C. e l‟epoca rinascimentale. Tra i reperti, anche

numerosi frammenti di intonaco dipinto, sia a motivi

geometrici che figurati.

Cronologia: Si può rilevare che l‟edificio è stato

interessato da due fasi, che non hanno comportato, a

quanto sembra, variazioni d‟uso: la trasformazione

potrebbe datare tra la fine del I secolo a.C. e la metà del II

d.C.

Continuità: Diversi documenti d‟archivio attestano

l‟esistenza di una locanda in questo edificio, almeno a

partire dal Quattrocento.

Area di Piazza Mercato Ortofrutticolo

Non è possibile ricostruire la planimetria del complesso,

ma si possono individuare degli ambienti accostati,

separati da stretti angiporti o corridoi, di norma percorsi da

canalette. Sono presenti diverse vasche servite da canalette

di adduzione dell‟acqua e di bocchette per lo smaltimento

del troppo pieno, funzionali probabilmente a lavorazioni

industriali. L‟acqua veniva attinta da un pozzo.

Caratteristiche: alcune delle vasche sono rivestite in

spicato; il pozzo è delimitato da ciottoli.

Cronologia: Non è possibile indicare una cronologia

assoluta, ma solo rilevare che l‟edificio fu interessato da

una seconda fase che previde, probabilmente, l‟abbandono

e l‟obliterazione delle strutture destinate alle lavorazioni.

In via ipotetica, si può estendere a questo complesso la

cronologia individuata per il complesso di Casa Filippini.

Osservazioni / Interpretazione: La frammentarietà dei

rinvenimenti non consente di identificare in questi resti una

mansio, e di identificare le strutture di servizio alla

viabilità, tuttavia, la coincidenza con la localizzazione a

metà del tracciato viario tra Pisaurum ed Ariminum, rende

ragionevole l‟ipotesi che qui sorgesse un luogo di sosta.

Nel secolo scorso, è stata rinvenuta un‟epigrafe che ricorda

la messa in opera, da parte degli edili - per rispetto delle

delibere dei decurioni -, di una stadera bronzea pubblica,

corredata dei pesi conformi alle normative, che avrebbe

dovuto eliminare gli imbrogli sui pesi e sulle misure: tale

rinvenimento rappresenta un eccezionale elemento di

conferma alle norme legislative che sanciscono che presso

le stazioni si conservino gli strumenti per controllare le

unità di misura applicate (fonte giuridica n. 136, cap. III).

Bibliog.: LUNI 1995a, pp. 95-98; MAIOLI 1995.

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

141

VI. 7 Regio VII

Etruria

N. VII.1 Ad Turres? Statua

prov. Roma

Viabilità: via Aurelia, tra Baebiana ed Alsium?

Tipo di insediamento: Abitato, articolato in una parte

sulla sommità della collina (trasformata in epoca

medievale in un castrum), occupata da varie costruzioni di

epoca imperiale, tra cui due cisterne, e strutture distribuite

a lato della via Aurelia, ben documentata: si riconoscono

grandi strutture residenziali, un impianto termale, tombe

monumentali di età imperiale, e aree di sepolture diverse

(anche tardo antiche). Un tratto lastricato a pietre di calcare

potrebbe essere interpretato come una “piazzetta” del

complesso; mentre alcuni rinvenimenti consentono di

individuare alcune delle vie lastricate di accesso alla

sommità della collina. Si conserva il ponte dell‟antica

Aurelia presso il fosso Cupino.

Topografia: Base di una collina, presso un fosso, in

prossimità del lastricato stradale. Qui si staccava il

deverticolo per Caere.

Scavi e ricerche: Solo interventi di emergenza da parte

della Soprintendenza, a partire dal 1984. Oggetto di

ricognizioni estensive ancora negli anni ‟90 (fig. 58).

Villa? - Parte Residenziale

Localizzabile sulla sommità della collina, dove sfrutta dei

terrazzamenti artificiali, disponendosi con orientamento

nord-sud.

Articolazione Planimetrica: Nella sua parte orientale,

lungo il declivio della collina, doveva trovarsi l‟impianto

termale, alimentato da cisterne. A questo sono

riconducibili le segnalazioni di vasche, delle quali una con

l‟imboccatura di una fogna a cappuccina che scorre verso il

fosso Cupino (grande ambiente rettangolare (m. 3x 4,65)

coperto a botte), di un condotto fognario e, forse, i

rinvenimenti dei mosaici.

Caratteristiche: Sulla base dei rinvenimenti di superficie,

si può evincere la presenza di sale pavimentate a mosaico

ed opus sectile, rivestite di intonaci dipinti e lastre

marmoree, oltreché di vani di servizio pavimentati in opus

spicatum. Dalla via di S. Martino, proviene un mosaico in

bianco e nero con figure di Tritone e di animali, ora a Villa

Giulia. Pavimentazioni in battuto.

Tecniche costruttive: Murature in opus mixtum a

reticolato di calcare entro specchiature in laterizio; le

condutture idriche di smaltimento sono alla cappuccina.

L‟ambiente coperto a botte ha murature dello spessore di

m.1, rivestite esternamente da cortina in opera reticolata di

tufo, con ammorsature laterizie.

Reperti mobili: Forse una statua, ora ai Musei Vaticani, il

rinvenimento della quale avrebbe dato il nome alla località.

Cronologia: Databile, sulla base dei reperti ceramici e

delle tecniche edilizie, nella prima metà del II secolo d.C.

Struttura di Servizio?

Diverse strutture, parzialmente indagate dalla

Soprintendenza potrebbero essere ricondotte ad una

mansio molto strutturata, articolata in diversi complessi. Su

queste strutture si è impiantata la necropoli tardo antica,

della quale sono state individuate 7 tombe terragne.

A1) Edificio utilitaristico lungo la via Aurelia antica

(fig. 59)

Articolazione Planimetrica: Si accede alle strutture

rimesse alla luce attraverso una rampa basolata che si

stacca direttamente dalla via Aurelia. Si conoscono due

gruppi di ambienti disposti all‟estremità di un corridoio,

rispetto al quale corre parallelo un condotto foderato di

tegole. Lungo il corridoio si aprono altri vani, interpretati

come magazzini o taberne, che sono pertinenti però ad una

fase molto più tarda, perché le loro murature, che non

rispettano l‟orientamento delle fondazioni sottostanti,

impiegano come coementa frammenti di ceramica

postmedievale.

Tecniche costruttive: Paramento a blocchetti di calcare.

Pavimento in cocciopesto. Il corridoio è pavimentato con

le tegole.

Cronologia: Generica datazione all‟età imperiale. Da

notare, la continuità di occupazione anche in epoca tardo

medievale e moderna, con una tipologia di edificio che

sembra almeno continuare la funzione utilitaristica del

complesso romano.

A2) Impianto Termale

Nella zona adiacente l‟autostrada sono stati individuati i

resti di uno stabilimento termale, affiancato ad un vasto

cortile pavimentato in opera spicata, di cui sono

riconoscibili il praefurnium, e una vasca semicircolare con

rivestimento di marmi policromi.

Tecniche Costruttive: La prima fase è attestata dalle

murature in opera reticolata e laterizia, mentre la seconda

si presenta con murature che adoperano materiali di

reimpiego e obliterano parte delle strutture più antiche.

Cronologia: La prima fase si può fissare tra I e III secolo

d.C., mentre per la seconda si può genericamente indicare

l‟epoca tardo imperiale.

B) Edifici presso il ponte sul fosso Cupino, sia a destra

che sinistra (area chiusa dal piazzale dei Vivai Statua)

(fig. 60).

Lungo la strada statale Aurelia.

Articolazione Planimetrica: Alcuni locali si

distribuiscono ai lati di una biforcazione stradale, rimessa

in luce per circa m. 12: si tratta della confluenza tra

l‟Aurelia e il deverticolo che si dirige verso Ceri. La

porzione indagata, che sembra pertinente ad un edificio di

grandi dimensioni, presenta una serie di vani disposti

parallelamente al tracciato stradale, addossati al muro di

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

142

cinta, aperto sulla strada con una soglia su una “piazzola”,

pavimentata con materiale di spoglio di pavimentazioni

stradali ormai cadute in disuso. Al di sotto della

“piazzola”, corre un impianto fognario. Nelle immediate

vicinanze del fosso, sono i resti delle spallette del ponte

romano e delle sue opere di sostruzione e contenimento.

Tecniche costruttive: Murature in opera incerta di calcare.

C) Area produttiva? (fig. 61)

Presso l‟incrocio con via di S. Martino, alla destra della

moderna statale, nei pressi del cimitero moderno di

Palidoro, immediatamente a ridosso del tratto basolato

romano della via, ben conservato.

Articolazione Planimetrica: La porzione occidentale

(ambienti c e d) ha una forma irregolare, scandita in due

ambienti. la parte occidentale, (vani a e b) sembra

rispettare ameno in parte l‟orientamento della strada, sulla

quale si affaccia direttamente. Il pavimento è stato

obliterato da un crollo e da una devastazione che ha

interessato anche una fornace per la lavorazione di

suppellettili in vetro, la cui esistenza è attestata dalla

porzione di muratura semicircolare e dalla presenza di

numerose scorie di vetro.

Tecniche costruttive: Gli ambienti “c” e “d” sono

perimetrati esternamente da una muratura ad angolo ottuso

in opera reticolata, chiusa da un muro in opera incerta. I

muri dei vani a e b sono in opera laterizia. Lo spazio aperto

sulla strada (a) è pavimentato con dei tegoloni. Qui si

rinvengono anche delle murature in opera mista con

paramenti a pietre irregolari di calcare intramezzate da

ricorsi di laterizi di reimpiego.

Cronologia dell’insediamento: I materiali di superficie

attestano una precoce occupazione del sito, che si sarebbe

strutturato come nucleo abitato presso il nodo stradale già

nel II secolo a.C. Comunque, sulla base delle tecniche

edilizie, si può fissare l‟insieme degli impianti indagati

all‟epoca primo-imperiale, datazione alla quale

riporterebbe anche la tecnica del mosaico. Le murature in

opera mista di fattura irregolare ed i reperti ceramici

attestano un protrarsi dell‟insediamento almeno fino al V-

VI secolo, come confermano le sette sepolture scavate nel

1983-84. A questa occupazione sarebbe seguita una

distruzione violenta, che avrebbe comportato anche le

sepolture (“dalle caratteristiche di urgenza e casualità”) di

epoca barbarica. Dopo un periodo imprecisato, forse

intorno all‟XI secolo, sarebbe avvenuta la rioccupazione e

dopo poco la fondazione del castrum.

Continuità: L‟Anziani riconobbe in alcuni resti di

murature in opera reticolata, alla base della torre

medievale, “le torri” che avrebbero dato il nome alla

località. La torre di avvistamento fu, comunque, ricostruita

più tardi, a Palidoro, alla foce del Cupino.

Osservazioni / Interpretazione: Questa sarebbe solo la

stazione che indica il bivio per il vero centro di Turres, che

in età augustea avrebbe preso il posto di Baebiana e che

sarebbe da identificarsi con Castel Giuliano. Nell‟età

augustea, quindi, sarebbe avvenuta una traslazione della

via Aurelia più verso valle. In questo modo anche le vie

dalla costa per Aquae Apollinares diventerebbero due: una

più antica (Tabula), che da Baebiana/Torrimpietra va a

Turres/Castel Giuliano con XII miglia e da lì a Aquae

Apollinares/Stigliano con VIII miglia, abbandonata a

vantaggio di quella che si stacca da Ad Turres. La

Cosentino identifica, invece, questi stessi resti con la

stazione di Baebiana. Qualunque sia il nome da assegnare

a quest‟insediamento, resta importantissima la sua

strutturazione: la scelta topografica di un bivio, la presenza

di un corso d‟acqua e del ponte per attraversarlo

rappresentano elementi coagulanti del piccolo borgo, che

nasce, credo, proprio in funzione della strada, e rappresenta

insieme il mercato presso il quale distribuire i prodotti

fabbricati nell‟area e il “committente” delle attività

“terziarie” (ristorazione, ospitalità alberghiera, servizio

igienico-sanitario delle terme, manutenzione mezzi e

piccolo artigianato). La vicinanza con l‟Urbe, almeno in

questo caso, non rappresenta, quindi, un limite

all‟espansione dell‟agglomerato, che si presenta, anzi,

piuttosto esteso ed articolato, smentendo la cadenzata

regolarità che vogliamo attribuire alle stazioni stradali,

conteggiando – arbitrariamente – il numero di mutationes

frapposte tra due mansiones.

Bibliog.: ANZIANI 1913, p. 178; DE ROSSI - DI DOMENICO

- QUILICI 1968, pp. 27-34, con bibliog. prec.; COSENTINO

1990; ENEI 1991; ENEI 1992, p. 80, e nota 31; STANCO

1996, pp. 89-92.

N. VII.2 Fregenae Torre di Maccarese

Comune di Roma, prov. di Roma

Viabilità: Percorso costiero da Portum a Centumcellae,

alternativo alla via Aurelia.

Tipo di insediamento: Colonia. Resti di edifici, aree

sepolcrali e di uno stabilimento balneare (fig. 62).

Topografia: Lungo la costa, alla foce dell‟Arrone, circa m.

600 di distanza dal mare, ad est della pineta costiera,

presso una macchia di faggi.

Struttura di servizio (fig. 62) Articolazione Planimetrica: Indagata una porzione

rettangolare allungata, articolata in una serie di ambienti

sul lato del mare e due vasti recinti sul lato opposto

identificati con giardini o palestre. L‟ambiente A, un

rettangolo stretto ed allungato (m. 15, 70x3,95), forse

scoperto, occupa l‟angolo sud-ovest della costruzione: in

una seconda fase, fu ricavato sul lato nord un vano (B),

accessibile dall‟ambiente C, del quale serviva come

spogliatoio o guardaroba. Al centro era la sontuosa sala D

(m. 10,50x5,90), che dava accesso all‟ambiente E, sul

fondo del quale un corridoio dava accesso a due vani

affiancati (G ed F). Nell‟angolo NE, era un‟altra stanza (H)

forse l‟ultima della serie: da qui si dipartiva un altro muro

di recinzione. Di fronte, isolato dal resto, il bagno I, aperto,

forse anche in antico, sul lato sud.

Caratteristiche: L‟ambiente C ha una vasca profonda

pochi centimetri rivestita di “opus signinum”

(probabilmente cocciopesto). Le sale D, E, F e G erano

pavimentate a mosaico in bianco e nero, con motivi

prevalentemente geometrici o floreali; perfino la soglia di

travertino tra le stanze D ed E e quella del vano F erano

rivestite a mosaico. Il bagno I aveva una vasca sul fondo,

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

143

accessibile mediante una scaletta; sul lato esterno nord, era

un incasso circolare nel terreno che dovrebbe aver ospitato

la caldaia per riscaldare l‟acqua.

Tecniche costruttive: Tutte le murature sono realizzate in

opera reticolata con testate a blocchetti di tufo. Il muro

perimetrale, costruito con la stessa tecnica, ha dei piccoli

contrafforti sul lato esterno. Nel vano H restauri in opus

mixtum di reticolato e ricorsi laterizi. Con la stessa tecnica

sono realizzate le murature del bagno I, rivestito di

intonaco a pietrisco.

Cronologia: I secolo d.C.; restauri in opus mixtum dell‟età

adrianea.

Osservazioni / Interpretazione: Per l‟identificazione con

lo stabilimento di servizio alla viabilità, alla scarsa

qualificazione funzionale delle strutture potrebbe sopperire

la posizione a ridosso della strada romana. È rilevante,

altresì, la scelta topografica di stanziarsi presso la foce di

un corso d‟acqua, che deve aver funzionato anche da

approdo per piccole imbarcazioni.

Bibliog.: LUGLI 1929, pp. 168-172; DE ROSSI - DI

DOMENICO - QUILICI 1968, pp. 42-43.

N. VII.3 Punicum S. Marinella – Castello Odescalchi

Comune di S. Marinella, prov. di Roma

Viabilità: Via Aurelia, tra Panapionem e Castrum Novum.

Tipo di insediamento: Porto con villa romana,

probabilmente amministrato dalla colonia di Castrum

Novum.

Topografia: Sulla costa, dove attualmente sorge il Castello

Odescalchi.

Villa privata utilizzata come struttura di servizio?

Articolazione Planimetrica: Individuata una sola galleria,

prospiciente il mare, che dava accesso ad una sala con

loggia e, attraverso una scala, anche ad una costruzione

sotterranea. Alle spalle, verso l‟entroterra, sono ricordati

solo resti frammentari di sale di rappresentanza.

Caratteristiche: Nella sala, resti di rivestimenti parietali e

pavimentali in marmo policromo (marmo nero, marmo

africano e pario per le pareti; marmo giallo, grigio, rosso,

pavonazzetto e brecciato per il pavimento). Di marmo

bianco erano anche i gradini della scala. Resti di volte e

pavimenti mosaicati, tra i quali uno raffigurava

probabilmente una pianta di città.

Tecniche costruttive: Murature in opera reticolata “della

più perfetta”. Resti di murature in opera reticolata e

laterizia nel cosiddetto Giardino del Castello Odescalchi.

Reperti mobili: Un torso marmoreo di Meleagro, materiali

architettonici in marmo, in parte conservati nel cortile del

castello Odescalchi. Condutture plumbee con bollo del

proprietario, dal Bormann identificato con il celebre

giureconsulto Domizio Annio Ulpiano, ucciso nel 228 d.C.

Cronologia: Prima età imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: In questo caso, pur

ammettendo possibile l‟ipotesi dello Stanco che espunge la

tappa di Punicum dal tracciato costiero, per reinserirla

lungo la via di collegamento tra Pyrgi ed Aquae

Apollinares (supra, cap. V.7), si presenta l‟identificazione

tradizionale presso questo porto, perché è piuttosto logico

che qui si trovasse una stazione stradale di interscambio

con il piccolo scalo portuale, qualunque fosse il suo nome.

I resti noti, tuttavia, rendono difficile l‟estrapolazione di

dati circa la tipologia di questi insediamenti: l‟alta qualità

dei rivestimenti non milita, a mio giudizio, a favore di un

uso di queste architetture come luogo di sosta aperto ad

ogni tipo di pubblico avventore.

Bibliog.: BRAUN 1838, pp. 1-4; ABEKEN 1839, p.85;

ABEKEN 1840, p. 115; STELLA 1930, p. 121; DE ROSSI - DI

DOMENICO – QUILICI 1968, p. 65; GIANFROTTA 1972, pp.

81-82.

N. VII.4 Tabellaria Casale Calcarello

Comune di Tarquinia, prov. di Viterbo

Viabilità: Via Aurelia, tra Minio e Gravisca.

Tipo di insediamento: Grande “residenza” isolata;

necropoli con tombe alla cappuccina più a nord, lungo la

strada.

Topografia: Alla sommità di piccola altura nella piana

costiera

Struttura di servizio Articolazione Planimetrica: Alla fine del secolo scorso,

erano rilevabili una serie di vani contigui addossati ad un

lungo corridoio ad “L”, che devono aver funzionato come

strutture di terrazzamento.

Tecniche costruttive: I muri di terrazzamento sono in

conglomerato cementizio.

Reperti mobili: Ceramica, laterizi, lastre di rivestimento di

marmo e tessere di mosaico bianco-nero.

Cronologia: Età romana tarda, secondo il Pasqui.

Osservazioni / Interpretazione: In questo caso, da un

punto di vista planimetrico, non si rileva alcuna

particolarità che distingua questo insediamento rispetto ad

una villa rustica, ma la posizione lungo la via Aurelia ne

qualifica il ruolo. In questo senso, si può avanzare

l‟ipotesi, confermata da altri insediamenti, che in alcuni

casi le stazioni si qualifichino archeologicamente proprio

con l‟aspetto di ville extraurbane. La datazione ad età

romana tarda proposta dal Pasqui potrebbe essere rivista

sulla base dello studio dei reperti ceramici, ma se fosse

confermata, addurrebbe una conferma alla teoria elaborata

per altri contesti geografici (ad esempio, per la Britannia:

BLACK 1995), che la definitiva strutturazione del sistema

delle stazioni stradali lungo le strade romane non avesse

trovato compimento se non nel corso del IV secolo d.C.

Bibliog.: PASQUI 1885, p. 519 ss.; LOPES PEGNA 1952-53,

p. 38; MELIS –SERRA 1968, pp. 97-98.

N. VII.5 Quintiana Casale del Cazzanello

Comune di Tarquinia, provincia di Viterbo

Viabilità: Via Aurelia costiera, tra Martanum e Regisvilla.

Tipo di insediamento: Villa marittima. Il complesso era

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

144

molto più esteso di quanto non sia lo scavo attuale,

specialmente verso il mare e verso nord. Il sito era

comunque già occupato in epoca etrusca, come attestano

rinvenimenti di ceramica attica di V secolo a.C. ed altri

frammenti di produzione etrusca.

Topografia: Piana costiera, presso la battigia attuale. Nei

pressi, piccolo corso d‟acqua.

Scavi: Dall‟inizio degli anni ‟90, ad opera di una équipe

dell‟Università di Tokio.

Conservazione: Buona: in alzato fino ad una media di m.

1 di altezza.

Villa (fig. 63)

Articolazione Planimetrica: I fase: viste solo le creste dei

muri sotto il mosaico del vano 1 e nella sua anticamera,

oltre a basi quadrate nei vani 11 e 13; si pensa, perciò,

all‟esistenza di un colonnato appoggiato su quelle basi. II

fase: sala con estensione est-ovest, con abside, aperta sul

lato ovest del presunto peristilio. Si può avanzare

l‟identificazione con un triclinio, forse completato da ali

sui lati. I suoi pavimenti erano a mosaico bianco e nero,

con motivi geometrici, databili, come la soglia a mosaico

con motivo vegetale, alla fine dell‟età repubblicana - prima

età augustea; la datazione è confermata anche dai bolli (ad

esempio, Diogenes Dolabellae) e dai frammenti di lastre

Campana. Anche i pavimenti musivi dell‟ambulacro e dei

vani 12 e 14 possono essere ritenuti coevi. III Fase:

ristrutturazione del peristilio e del corridoio, divisione

dell‟ambiente 13 in più vani. Sulla base di un bollo, la

datazione è posta in età flavia - adrianea. IV fase :

impianto della sala trichora databile al IV secolo. Tra il

corridoio e l‟ambulacro, mediante variazione dei livelli

pavimentali, fu allestita la rampa, oggi visibile. Il

pavimento fu rivestito da un tappeto musivo policromo,

con scene di caccia e motivi geometrici. V fase :

abbandono e impianto nella sala trichora di una fornace e

due cisterne (n. 5 e 6). Il confronto per la fornace ed i

rinvenimenti monetali e ceramici datano questa fase tra il

V ed il VI secolo. Forse ci fu un abbandono totale nel

periodo delle invasioni saracene, perché riappare solo la

vetrina pesante databile tra il IX ed il X secolo.

Caratteristiche: Le pareti erano ricoperte da intonaci

dipinti, di diverse fasi, alcuni di tipo marmorizzato. Alla

fase 4 risalgono i rivestimenti delle pareti a lastra di

marmo del corridoi e dell‟ambulacro.

Tecniche costruttive: Cortine laterizie?

Reperti mobili: Importante il rinvenimento di lastre

Campana e di bolli laterizi prevalentemente in cartiglio

rettangolare, tra cui il Diogenes Dolabellae, già attestato

nella zona, ed interpretato come bollo di possesso.

Cronologia: Dopo un‟occupazione imprecisabile di tarda

età repubblicana, si ha l‟impianto (fine repubblica – primo

impero), con consistenti ristrutturazioni tra la fine del I e

l‟inizio del II secolo d.C., ed ancora nel IV secolo.

L‟abbandono, nel V secolo, è rimarcato dall‟impianto di

una fornace.

Osservazioni / Interpretazione: L‟incertezza che permane

circa l‟esistenza di una strada romana lungo la costa

tarquiniese, rende questa identificazione solo ipotetica.

Con maggior sicurezza, si può confermare che le tappe

delle rotte di cabotaggio, puntualizzate nell‟Itinerario

Marittimo, siano state spesso rappresentate da ville

marittime, presso le quali, come è confermato anche da

Rutilio Namaziano, era possibile fare scalo ed essere

ospitati.

Bibliog.: DE ROSSI 1968, p. 121; AOYAGI 1995; AOYAGI -

FOSCHI 1997.

N. VII.6 Cosa “a” Ansedonia

Comune di Orbetello, prov. di Grosseto

Viabilità: Via Aurelia, tra Succosa ed Albinia

Tipo di insediamento: Colonia latina

Topografia: Sulla sommità dell‟arce, presso il cd. tempio

“D” (fig. 64).

Scavi: Quest‟area è stato oggetto di indagine nel corso

della campagna 1990, ma l‟ambiente più grande

dell‟edificio I (a, nella figura 64) era già stato scavato dal

Brown nel 1951.

Struttura di servizio (figg. 64-65)

In quest‟area di scavo (detta Arx II) sono stati riportati alla

luce i resti di due edifici, separati dal transito di una

piccola strada imbrecciata, che si staccava dalla via Sacra

diretta verso la postierla.

Edificio I

Articolazione Planimetrica: A nord della stradina si trova

un complesso, tagliato da un più recente muro di

fortificazione che ne ha distrutto la porzione settentrionale,

porzione che terminava forse contro il podio del tempio D.

Si articola in tre ambienti affiancati. Lungo il suo asse

maggiore si rinvenne una fila di rocchi di colonne di

reimpiego e blocchi di muratura, e altri rocchi a seguire la

parete ovest. Era pavimentato in terra battuta coperta da

resti di una travatura carbonizzata e materiale di copertura

in concotto, simile a quello rinvenuto nel cortile. Sul

pavimento erano sparsi alcuni strati di granaglie

carbonizzate e alcuni recipienti da fuoco (contenitori e

coperchi), frantumati ma completi. I resti di materiali

lignei carbonizzati fanno supporre la presenza di

pavimentazioni o contenitori lignei. Gli altri due vani (b e

c) sono stati ricavati nel banco roccioso, così come sono

ricavate nella pietra le basi delle murature di alzato e della

parete divisoria tra i due. Le irregolarità del banco erano

state colmate con terra battuta. I livelli pavimentali

sembrano intoccati, ma sono stati asportati gli strati di

distruzione e di occupazione. L‟ambiente “b” era

probabilmente scoperto, accessibile mediante una piccola

rampa dal lato nord.

Cronologia: Questo edificio, sulla base del materiale

contenuto nella fossa di fondazione del muro orientale del

vano “a”, sembra datarsi dopo il tardo V o l‟inizio del VI

secolo d.C., mentre per la sua distruzione, sulla base del

materiale in uso, si può avanzare una datazione al VI

secolo.

Osservazioni / Interpretazione: Seppure non sussistano

molti confronti, questo edificio è stato identificato con un

granaio, sulla base dei resti del pavimento ligneo che

doveva essere soprelevato sui rocchi di colonna per

mantenere asciutte le derrate. Nel cortile “b” si sarebbero

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

145

quindi svolte le operazioni di carico e scarico, mentre

l‟interno del tempio D, che in epoca tarda appare

pavimentato con ciottoli allettati nel battuto a base di

malta, poteva essere sfruttato quale spazio aggiuntivo per

lo stoccaggio.

Edificio II (figg. 64-65)

Articolazione Planimetrica: Al momento delle sua

costruzione, un muro separava l‟edificio dalla stradina. Si

articola in due vani affiancati, il più meridionale dei quali

(fig. 64, “a”) riempie lo spazio fino al capitolium. La

profondità di entrambi corrisponde a quella della cella del

tempio. Davanti al vano A si trovavano 4 basi di colonna

che dovevano sorreggere un portico che si apriva come la

fronte del tempio ad oriente. Dal portico, pavimentato con

lastre di pietra, si accedeva al tempio stesso (mediante una

porta tagliata nel podio e raggiunta da una rampa di

gradini) e alla strada mediante una rampa.

Caratteristiche: Il pavimento del vano A era intagliato

nella roccia e poi regolarizzato con un battuto di terra e

pietrame (tra cui, tessere di mosaico che provengono

verosimilmente dal tempio). Anche questo vano era

verosimilmente ricoperto da un impiantito ligneo. Il vano b

ha anch‟esso un piano pavimentale scavato nella roccia,

ma è rivestito da intonaco.

Tecniche costruttive: Entrambi gli edifici sono costruiti in

pietrame, accuratamente legato con una malta contenente

molta cenere.

Reperti mobili: Ceramica da cucina, da mensa, da fuoco e

contenitori per derrate.

Cronologia: Le tecniche costruttive dei due edifici sono

talmente simili da far pensare ad una stessa cronologia.

Anche questo edificio, come il n. I, è precedente

all‟impianto delle fortificazioni tarde, che lo risparmiano.

Interpretazione: Questo II complesso viene identificato

con un granaio per fieno e foraggio, e una stalla (B, a

livello inferiore, poteva essere divisa da tramezzi lignei).

Osservazioni: Sulla base dei dati raccolti da RICKMAN

1971, p. 289, circa i magazzini “fortificati” e sul loro ruolo

nella catena di distribuzione dei viveri per gli eserciti nei

luoghi di frontiera, e del passo SHA, Gord., 28, la Fentress

pensa ad una mansio, potendo essa contenere viveri per

almeno una cinquantina di giorni e 10-15 cavalli. La

mansio si sarebbe quindi in epoca tarda spostata in

posizione arroccata per contrastare l‟insicurezza dei tempi.

Sarebbe stata ancora in uso all‟epoca della costruzione del

muro di fortificazione (datato al pieno VI secolo) che

completa il circuito repubblicano. Dagli editori, viene

ricordato come confronto per un‟occupazione tardoantica e

altomedievale del “castellum” e della sua fortificazione, il

caso di Ordona (MERTENS 1971, pp. 18-21).

Bibliog.: FENTRESS - CLAY - HOBART - WEBB 1991;

CELUZZA – FENTRESS 1994, pp. 601-606.

N. VII.7 Albinia Torre Saline

Comune di Orbetello, prov. Grosseto

Viabilità: Via Aurelia, tra Succosa ed Hasta.

Tipo di insediamento: Villa marittima. Nelle vicinanze è

stata individuata una fornace per ceramica di età romana,

che ha prodotto anfore greco-italiche, laterizi e, forse,

ceramica comune.

Topografia: Foce del fiume Albegna, nell‟area occupata

dal fortilizio e dalle saline senesi e spagnole, sulle sponde

del fiume, oggi regolarizzate dalle opere di bonifica. Il

complesso è attualmente tagliato dal passaggio del fiume,

che in epoche più antiche sfociava più a nord.

Struttura di servizio (figg. 66-67)

Articolazione Planimetrica: È un complesso molto vasto,

in cui si riconoscono due corti (“k” e “ ”), la prima delle

quali è attraversata da diverse canalette, tra loro raccordate

da un nucleo di vani di dimensioni piuttosto omogenee

innestati su un asse di simmetria. Nell‟angolo sud-est del

cortile “K” si trovano altre strutture conservate molto

frammentariamente. L‟impianto termale che era previsto

nella prima fase, fu obliterato dalla ristrutturazione di età

claudia.

Caratteristiche: Pavimenti musivi e marmi policromi. I

locali di dimensioni minori sono stati ritenuti vani-scala.

Reperti mobili: Diversi frammenti di statue di marmo,

delle quali la più rilevante è una statua “eroica”

identificabile con l‟imperatore Gallieno, ritratto

nell‟atteggiamento di Iuppiter.

Cronologia: Dal primo quarto del I secolo a.C. al III-IV

d.C. Non ci sono tracce di occupazione dopo il VI secolo

d.C. Radicale ristrutturazione alla metà del I secolo d.C.

Tra la fine del III ed i primi decenni del IV secolo d.C. una

porzione dell‟impianto fu utilizzata come discarica.

Osservazioni / Interpretazione: Si ritiene che tale

costruzione fosse organizzata funzionalmente come un

tipico edificio per accoglienza, con locali per i servizi al

piano terra ed alloggi riservati al piano superiore. Secondo

Ciampoltrini, la villa era di proprietà imperiale: si

tratterebbe, quindi, di “un complesso giuridicamente di

natura privata, ma con funzioni pubbliche”, dove

l‟innalzamento di un monumento celebrativo a Gallieno -

Iuppiter ha forte impatto propagandistico.

Bibliog.: CARCHIDIO 1824, pp. 22, 29-30; CARDARELLI

1924-25, II, p. 205; II.1, pp. 25-26; BRONSON-UGGERI

1970, p. 212, n. 80; CIAMPOLTRINI 1985, pp. 43-47;

CAPPELLETTI 1992, pp. 547-548, nn. 54.1, 54.2,

CIAMPOLTRINI 1997.

N. VII.8 Telamon “a” Bengodi - Valle della Pietra Vergine

Comune di Orbetello, prov. di Grosseto

Viabilità: Via Aurelia, tra Albinia ed Hasta.

Tipo di insediamento: Villa (scarsi resti) e strutture per

rifornimento idrico. Sul colle di Bengodi, abitato di origine

etrusca. All‟intorno, numerose testimonianze di necropoli e

monumenti funerari di età repubblicana ed imperiale (fig.

68, “2”). Questo insediamento si trova sul versante

orientale del piccolo golfo di Talamone, che fu il primo ad

essere occupato, ma che perse probabilmente di

importanza già nell‟età imperiale, e certamente in quella

tardoantica e medievale, a vantaggio della costa

occidentale, dove sorse anche il borgo medievale di

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

146

Talamone, come dimostra l‟impianto della villa traianea

presso Madonna delle Grazie, che dominava uno scalo

frequentato in tempi diversi: VON VACANO 1985, pp. 190-

195.

Topografia: I resti della villa si trovano sulla sommità,

spianata forse artificialmente, del Poggio di Bengodi, che

rappresenta l‟appendice settentrionale del colle di

Talamonaccio. Alle pendici del poggio, verso mare, si

trovava la fontana quasi ricavata nella scogliera, poco

sopra il livello del mare. L‟altura è stata interessata

dall‟impianto di una cava.

Struttura di servizio

Articolazione Planimetrica: Assai scarsi i resti: la

struttura più rilevante è una fontana, accessibile dal mare,

attraverso una scala a sei gradini di pietra pomice, servita

da un condotto che attinge ad un pozzo (fig. 68).

Caratteristiche: La vasca era in parte scavata nello stesso

banco roccioso della scogliera ed in parte costruita sul lato

a mare in muratura e, verosimilmente, protetta da una

copertura. La vasca era servita da un cunicolo, in parte

scavato integralmente nel masso, in parte coperto da

tegole, terminante a circa m. 35 di distanza dalla fontana in

un pozzo circolare protetto da un parapetto in muratura che

serviva anche alla decantazione delle acque.

Cronologia: La necropoli è assegnabile ad età romana

imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: Alle falde settentrionali

del poggio, si rinvennero resti di tombe a fossa coperte da

lastroni di arenaria, con poveri oggetti di corredo, che

dovrebbero risalire ad epoca successiva alla costruzione

del cunicolo. È rilevante il fatto che le riserve idriche

raccolte nelle vasche fossero rese accessibili dal mare. Si

spiega così chiaramente la menzione del Portus Telamonis

nell‟Itinerario Antonino, nel contesto della rotta di

cabotaggio tra Roma e Arelatum.

Bibliog.: PASQUI 1908, pp. 100-104; CAPPELLI 1930, pp.

300-302; SOMMELLA 1967, pp. 27-29; VON VACANO 1985,

p. 162 ss.; 195; CAPPELLETTI 1992, p. 540, n. 38.

N. VII.9 Telamon “b” Terme Osa

Comune di Orbetello, prov. di Grosseto

Viabilità: Via Aurelia, tra Albinia ed Hasta.

Tipo di insediamento: In via ipotetica, è stata proposta

l‟identificazione della stazione stradale con alcuni resti,

noti frammentariamente e dispersi ai lati dell‟Aurelia

romana, lungo la strettoia tra il poggio Civitella, la collina

di Bengodi e Fonteblanda. In particolare, si propone di

localizzarla proprio presso la fontana moderna di

Fonteblanda, ad est della moderna stazione ferroviaria di

Talamone, ma non ci sono dati certi, se non la

segnalazione di murature romane inglobate in costruzioni

moderne e rinvenimenti di frammenti architettonici di

marmo. Nella zona a sud, sono stati segnalati altri resti di

epoca romana: tra questi, si possono ricordare gli avanzi

del ponte dell‟Aurelia sull‟Osa, all‟estremità sud della

strettoia, presso il casello ferroviario dell‟Osa, visibili nel

secolo scorso ma oggi interrati, cisterne e condutture

antiche presso i poderi Ospedaletto Nuovo e Ospedaletto

Vecchio, e murature presso le Terme Osa, che potrebbero

ricondursi ad uno stabilimento termale di età imperiale.

Topografia: Localizzata alle falde del colle di

Talamonaccio, a nord dell‟attraversamento dell‟Aurelia sul

fiume Osa.

Cronologia: Secondo il Von Vacano, la costruzione dei

vari edifici segnalati risalirebbe all‟età repubblicana,

mentre l‟impianto delle terme sarebbe di prima età

imperiale.

Continuità: Da segnalare la presenza del toponimo

Ospedaletto.

Osservazioni / Interpretazione: Anche se in questo caso i

dati sono estremamente frammentari, credo che questa

proposta di identificazione vada preferita alla prima

(scheda VII.8) perché questo insediamento si troverebbe ad

essere proprio distribuito lungo la strada romana, e perché

ritengo indicativa la presenza dello stabilimento termale e

la vicinanza al punto di attraversamento di un corso

d‟acqua di media portata.

Bibliog.: GAMURRINI 1889, p. 689; LOPES PEGNA 1952, p.

338; RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA NELL‟AGER COSANUS

1983, pp. 442-443, figg. 4-6 (Valle Albenga n. T. 219);

VON VACANO 1985, PP. 195-196

N. VII.10 Salebrum Località Le Paduline

Comune di Castiglion della Pescaia, prov. di Grosseto

Viabilità: Via Aurelia, tra Umbro e Manliana.

Tipo di insediamento: Abitato romano, definito dal Curri

“oppidum”. Dalla fotografia aerea si ricostruisce un

perimetro ellittico, attualmente tagliato da due rami di un

canale artificiale, detti Paduline e Serramartini. Si sono

riconosciuti i resti di un edificio termale privato, di alcune

strade lastricate e delle aree di necropoli con tombe alla

cappuccina che lo circondavano, oltreché di edifici

riconducibili a ville o a edifici di tipologia non chiara.

Presso la foce del Bruna, sono state viste delle fondazioni

sommerse, costituite da dolii tagliati a metà, riempiti di

pozzolana ed “impilati” gli uni sugli altri.

Topografia: Circa m. 500 ad est del centro medievale, ai

piedi dello sperone roccioso sul quale sorge il borgo, in

prossimità dell‟attuale linea di costa e del transito di una

strada romana identificata dal Repetti con l‟Aurelia.

Scavi e ricerche: Le prime indagini risalgono al XVI

secolo, mentre i resti dell‟edificio termale “privato” sono

stati riportati alla luce nel 1830. Qui sono state anche

condotte saltuarie campagne di scavo tra il 1972 ed il 1978.

Menichetti definisce “recenti” gli scavi della villa e della

struttura di servizio.

Conservazione: Fino ad un massimo di m. 1,70 di altezza.

Struttura di servizio?

Edificio posto più a nord rispetto a quello riconosciuto

come una villa rustica.

Articolazione Planimetrica: Sono stati indagati solo

alcuni ambienti “con murature in cementizio e ricorsi in

laterizio, alcuni dei quali provvisti di sistemi di

riscaldamento, altri adibiti a cucine o latrine”.

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

147

Caratteristiche: Sono stati raccolti molti frammenti di

intonaco dipinto, di lastre di rivestimento in marmo

lunense e di cornici di marmo. In alcuni punti è stato

rinvenuto il pavimento a mosaico bianco/nero, allettato su

uno spesso strato di cocciopesto.

Tecniche costruttive: In opera mista con specchiature a

reticolato inserite nella muratura in opera laterizia, mentre

il cunicolo è realizzato in opera a sacco, internamente

rivestito da uno spesso strato di malta.

Reperti mobili: Dagli scavi dell‟impianto termale,

provengono alcuni frammenti di statue di marmo, repliche

di età romana di alcuni modelli di Artemide ed un busto

dell‟imperatore Adriano. Tra i rinvenimenti occasionali, si

segnalano alcuni elementi architettonici e dei frammenti di

affresco oggetto di uno studio specifico.

Cronologia: Età imperiale. Tra fine I secolo d.C. e primi

decenni del II d.C. (tra Domiziano ed Adriano), si pone la

fase più vitale del complesso monumentale, anche se non è

chiaro se tale osservazione, condotta sui resti della “villa

rustica” dalla quale provengono gli affreschi, possa

estendersi anche alle altre porzioni di edifici note.

Osservazioni / Interpretazione: L‟assenza di una

edizione completa17, corredata da un rilievo scientifico18,

non consente di precisare il rapporto topografico tra i vari

monumenti noti o parzialmente indagati. I resti presentati

dal Curri (e da lui definiti in opera reticolata), sono in

realtà in opera mista, e sono forse da identificarsi con

quelli indagati nel 1978-79, e ricondotti al settore termale

di un più vasto complesso. Questo si comporrebbe di un

settore termale a sud-est, uno di servizi (latrine) a sud-

ovest ed uno residenziale a nord-est, settori che, con

orientamento diverso (dovuto a condizionamenti della

morfologia e a scelte “estetiche”), si raccordano intorno al

cortile F. In rapporto topografico non chiaro con questo, “a

m. 10 dal ponte Giorgini”, è un altro (?) edificio costituito

da due corpi di fabbrica, il più orientale dei quali è stato

ricondotto ad una villa rustica, mentre quello più

settentrionale, che qui si presenta, non è stato identificato.

Se la stazione stradale è effettivamente da riconoscersi nei

resti descritti, è evidente il suo collegamento con l‟abitato

e con il piccolo porto. Questa identificazione è confermata

anche dalla posizione topografica alle falde dell‟altura,

dove è lambita dalla viabilità e dove funziona da snodo con

l‟impianto portuale.

Bibliog.: CURRI 1978; pp. 40; 172-182, nn. 106-107;

CYEGELMAN – DANTI 1991; MENICHETTI 1992, p. 444, nn.

198-199.

N. VII.11 Ad Piscinas Località Calignaia

Viabilità: Via Aurelia, tra Ad Fines e Turrita

Tipo di insediamento: Piccolo insediamento frequentato

sin dal VII secolo a.C. e perdurato fino all‟età romana,

l‟esistenza del quale è documentata dai rinvenimenti

ceramici. Resti consistenti della strada romana, tagliata

nella roccia, larga circa m. 2,80, lastricata e utilizzata in

epoche successive. Nei dintorni sono state rinvenute

diverse tombe alla cappuccina di età romana

Topografia: Scogliere sopra la spiaggia, nel tratto

compreso al di sotto della strada romana.

Articolazione Planimetrica: Non indagabile.

Caratteristiche: Si tratta di numerose “vasche” e “scale”,

distribuite lungo un tratto di costa di quasi 2 km., in origine

forse cave di pietra, che mostrano di essere state adottate a

riserva idriche, uso da cui deriverebbe il toponimo romano.

Tecniche costruttive: Scavato nel banco roccioso.

Reperti mobili: Ceramica di impasto di età etrusca e

ceramica grezza romana, molta ceramica aretina, raccolta

in alcuni saggi di scavo.

Cronologia: La frequente attestazione di ceramica aretina

suggerisce che il periodo di maggior frequentazione è

inquadrabile nella prima età imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: È interessante in

confronto con l‟apprestamento per il rifornimento idrico di

Telamon “a” (qui, scheda n. VII.8): in quella situazione le

vasche di acqua dolce sono rese accessibili anche dal mare,

rientrando in un servizio di acquatico fornito alle

imbarcazioni che seguivano le rotte di cabotaggio, mentre

qui l‟inaccessibilità dal mare rende queste riserve idriche

disponibili solo ai mezzi terrestri. Nell‟edizione non viene

specificata l‟origine dell‟acqua (c‟è una sorgente?), ma

l‟antichità della frequentazione sembra confermare

l‟importanza di questo punto di rifornimento: in questo

senso, le strutture della stazione stradale possono essere

state anche costituite da semplici tettoie di protezione delle

vasche.

Bibliog.: SORDI 1971, pp. 307 e ss.; SORDI 1973-74;

CARDINALI 1992, pp.169-170, n. 16.

N. VII.12 Turrita o Ad Herculem? Torretta Vecchia in Val di Tora

Comune di Collesalvetti, prov. Livorno

Viabilità: Raccordo tra Vada Volaterrana e Pisae

Tipo di insediamento: L‟impianto si caratterizza come

una villa rustica con pars residenziale, costituita da un

vasto complesso edilizio con settore termale Nei pressi, è

localizzata la necropoli. Tombe alla cappuccina sono

segnalate lungo la strada.

Topografia: Sulla via Aurelia, a 3 km. Da Collesalvetti e

19 d Pisa.

Scavi: Il monumento era stato già parzialmente indagato

alla fine dell‟800, e nel 1935. Dall‟inizio degli anni ‟90, ne

è stata riportata alla luce più della metà dell‟estensione

totale.

Struttura di servizio o villa (fig. 69) Articolazione Planimetrica: Complesso edilizio molto

vasto, con asse mediano est-ovest, lungo circa m. 83,

articolato intorno ad un vasto cortile porticato, sul quale si

aprono numerosi ambienti, mentre tutto il settore

occidentale si caratterizza come termale. Sul lato

occidentale del portico si aprono i vani pavimentati a

mosaico.

Caratteristiche: I mosaici della palestra presso il portico

ovest sono in bianco e nero, a motivi geometrici, datati ad

età antonino-severiana (II - inizio III secolo d.C.). Il più

conservato è nel frigidario, assegnato ad epoca

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

148

costantiniana, come altri lacerti di tappeto musivo

variamente distribuiti. Sono stati recuperati molti materiali

architettonici in marmo.

Cronologia: 5 fasi, tra il I a.C. fino alla metà del VI secolo

d.C.19 La prima fase, che ha lasciato pochi resti nel settore

sud-orientale, si chiude entro la prima metà del I a.C. La

monumentalizzazione del complesso risale ad età

severiana, con i due pavimenti musivi meglio conservati

ma anche la fase di primo quarto di IV secolo è molto

importante.

Reperti Mobili: Molti frammenti architettonici di marmo.

L‟iscrizione funeraria “NSc” 1889, p. 297, è stata datata

post 535.

Osservazioni / Interpretazione: Ciampoltrini definisce

quest‟impianto una villa rustica, che “si sta rivelando una

mansio, impiantata nel II d.C.”. Ma secondo CECCARELLI

LEMUT - PASQUINUCCI 1991, pp. 117 e 120, la strada,

ricostruita sulla base dei documenti medievali, passava

piuttosto lontano da Collesalvetti, a ovest. Questo

insediamento è dal Gamurrini identificato con la statio di

Triturrita.

Bibliog.: REPETTI 1834-1846, sv. Torretta in Val di Tora;

GAMURRINI 1889, pp. 268-269; RIESCH 1936; LOPES

PEGNA 1952-53, pp. 396-399; CECCARELLI LEMUT -

PASQUINUCCI 1991, pp. 116 - 117; CIAMPOLTRINI 1991,

pp. 687-691; ESPOSITO - PALERMO 1995.

N. VII.13 Stazione anonima presso La Storta Cappella della Madonna di Bracciano

La Storta, prov. Roma

Viabilità: Bivio tra le vie Cassia e Clodia

Tipo di insediamento: Edificio abitativo con cunicoli-

cisterna, utilizzati in una seconda fase come corsie

cimiteriali. Alla fase di vita dell‟edificio è probabilmente

da attribuirsi anche la frequentazione di una piccola

necropoli localizzata nelle vicinanze, della quale restano

una tomba alla cappuccina (fig. 70, O) ed una epigrafe

funeraria reimpiegata nelle murature di seconda fase. Della

catacomba, l‟uso della quale inizia forse verso la fine del

V, furono esplorati solo alcuni bracci (fig. 70, A-D),

saccheggiati e devastati in antico. Ne sono stati rilevati 3,

per un‟estensione complessiva di 35 m. lineari. I loculi

nelle pareti sono stati scavati scalpellando il signino di

rivestimento delle pareti della cisterna.

Topografia: Ciglio di un basso poggio

Conservazione: Le murature furono rase quasi

integralmente al suolo in età antica.

Struttura di servizio (fig. 70) Articolazione Planimetrica: Ricostruibile, solo per grandi

linee, un edificio a pianta rettangolare con 3 ambienti sul

lato occidentale. All‟interno del vano al centro del lato (I),

è una vaschetta quadrata di un metro di lato (H). Sono

evidenti due fasi costruttive: alla prima si possono

assegnare le murature indicate con la lettera G e quelle

indicate con la lettera F, conservate solo fino al piano di

spiccato dalle fondazioni; alla seconda sono attribuibili i

muri indicati in pianta con la lettere M ed N ed il pilastro l

a rinforzo dei due muri preesistenti.

Caratteristiche: Il vano I è pavimentato in cocciopesto.

Nella testata del muro N è stato reimpiegato un blocco di

marmo con iscrizione sepolcrale proveniente da un

monumento sepolcrale limitrofo. La vaschetta è rivestita da

intonaco dipinto a motivi floreali; con intonaco dipinto a

motivi geometrici erano rivestiti anche gli altri vani, che

presentavano uno zoccolo a lastre di marmo.

Tecniche costruttive: I muri della prima fase (G) e la

vaschetta sono realizzati in opera reticolata con ricorsi di

laterizi; quelli assegnabili alla seconda fase sono in opera

laterizia o in opera mista di blocchi di tufo e ricorsi in

mattoni.

Reperti mobili: Frammenti di marmo tra cui un acroterio

con palmette e volute, anfore, monete. Databile alla

seconda fase è un gruzzolo di 1170 monete di bronzo di

metà V secolo d.C.: la formazione del deposito sembra

però da ritenersi più tarda di circa mezzo secolo; inoltre,

paste vitree, piccoli oggetti di bronzo, dolii, ceramica

comune, tegole con bollo.

Cronologia: La prima fase di vita dell‟edificio si protrasse

dalla prima età imperiale almeno alla seconda metà del III

secolo d.C., la seconda fase si conclude probabilmente con

la fine del V secolo. Ad età tardo imperiale va assegnato

l‟utilizzo dei cunicoli come catacomba, frequentata

probabilmente da coloro che risiedettero in contrada

Pantanaccio (ad est della Cassia, circa a m. 200 di distanza

dalla catacomba) dove affiorano altri resti. Il Fiocchi

Nicolai preferisce una datazione iniziale dell‟uso

cimiteriale della catacomba al IV secolo inoltrato, insieme

alla ristrutturazione dell‟edificio abitativo tardo romano.

Continuità: Le funzioni di ricovero per i viaggiatori

sarebbero state ereditate in età altomedievale dalla statio

Johannis IX ricordata nell‟Itinerario di Sigerico della fine

del X secolo, ma i rinvenimenti recenti spingono a

localizzare la statio non presso La Storta, ma presso la

Giustiniana: FIOCCHI NICOLAI 1994, pp. 251-253; STERPOS

1964, p. 40 propone l‟area di Isola Farnese.

Osservazioni / Interpretazione: L‟attenzione prestata alla

decorazione della vasca H indizia una sua destinazione

d‟uso a fontana, escludendone cioè un impiego per

lavorazioni artigianali o agricole. Le informazioni che si

recuperano sulla struttura residenziale non sono molte, ma

quest‟insediamento concorre alla delineazione delle

caratteristiche topografiche che hanno attratto i luoghi di

sosta lungo la viabilità: la posizione “ad bivium” si rivela,

senza ombra di dubbio, la ragion d‟essere di

quest‟insediamento, che deve essere stato contornato da un

piccolo aggregato rurale. Quest‟ultimo deve aver avuto una

durata superiore a quella del luogo di sosta, come è

evidente dalla trasformazione d‟uso delle cisterne. Questo

dato cronologico, che appare in controtendenza rispetto

alla norma, adduce, forse, un ulteriore elemento per

ritenere questa stazione “privata”, non inserita, cioè, nel

sistema amministrativo del cursus, che – come meglio

vedremo – sembra vivere nel IV secolo il suo periodo di

maggiore prosperità (infra, cap. VII). La catacomba ha un

confronto ottimale, che ne conferma la cronologia al IV

secolo inoltrato, nella catacomba della mansio Ad

Vicesimum sulla via Flaminia presso Morlupo (vedi supra,

p. 98). Questo complesso funerario paleocristiano è uno

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

149

dei due soli monumenti ascrivibili con certezza ad epoca

così alta in tutto il territorio di Forum Clodii (l‟altro è un

edificio di culto presso S. Maria di Galeria). La catacomba

è detta dal Fiocchi Nicolai ad Bivium: la posizione alla

biforcazione è comune per le stazioni stradali in ambito

laziale: GAZZETTI 1985, pp. 39-50; COSENTINO 1990, 297-

304.

Bibliog.: STEFANI 1913, pp. 384-391; FIOCCHI NICOLAI

1994, p. 248 ss., figg. 2-4.

N. VII.14 Forum Clodi S. Liberato

Comune di Bracciano, prov. di Roma

Viabilità: Via Clodia, tra Sabatum e Blera

Tipo di insediamento: Sono noti diversi resti riconducibili

all‟abitato sparsi in un‟area di ca. 1 km. quadrato: tra

questi, un complesso monumentale dalla singolare

planimetria è stato candidato come struttura di servizio alla

viabilità, per la sua contiguità topografica con un piazzale

lastricato che si apre sulla strada basolata, sulla quale

prospettano anche altri fabbricati. Sotto il ciglio

dell‟altipiano sono resti di tombe a cappuccina, in parte

obliterate dalla costruzione degli edifici sul lato del

pianoro, ma è possibile che ci fossero anche dei veri e

propri con monumenti funerari (segnalati dal Bondi e dal

Nibby), attualmente non più visibili. Sull‟orlo del pianoro,

verso il tracciato della Clodia, è un muro in opera a sacco

forse a sostegno del terrapieno. Sono segnalati anche

avanzi di un acquedotto a cortina laterizia e volta a botte

che conduce l‟acqua al complesso dal fosso della Fiora.

Topografia: Piccolo pianoro limitato a sinistra dalla

Clodia ed a destra dalla via per Aquae Apollinares.

Struttura di servizio ?

Sul ciglio destro dell‟altipiano fu scavato un edificio di cui

si vide una porzione di una pianta a poligono stellato “i lati

dei cui angoli salienti misuravano circa m. 3,50 di

lunghezza”, per il quale il Pasqui ipotizzò un‟estensione di

ca. mq. 150; affianco ad esso, un altro vano a pianta

circolare di circa m. 3 di diametro. Rovine di altri edifici

sono disseminate nel piccolo pianoro; tra esse, un vano

rettangolare in opera reticolata o incerta con scapoli di

basalto, con rivestimento interno in signino. Nel punto in

cui la Clodia raggiunge l‟altopiano, si rinvenne un muro

ortogonale all‟andamento della strada.

Caratteristiche: Dietro la casa rustica, i lavori agricoli

scoprirono nel 1888 resti di pavimenti a mosaico in pasta

vitrea policroma con figurazione di animali.

Tecniche costruttive: Il vano rettangolare visto dal Pasqui

era pavimentato in signino con murature in opera a sacco

(“muramento ad emplecton”); le murature degli edifici a

pianta “stellata” e circolare erano in opera laterizia,

pavimentati a calce battuta (?). Il muro ortogonale alla

strada è in opera mista di reticolato e laterizio. Nella

fondazione alla base della torretta posta a lato della chiesa

è conservato un tratto di muratura di due o tre filari in

opera quadrata di tufo.

Reperti mobili: Blocchi di peperino e marmo,

rivestimenti, basi, colonne e frammenti di fregi e

trabeazioni marmoree; alcuni frammenti di statue di

marmo tra i quali resti di una statua muliebre, ed una testa

barbata più grande del naturale, chiave d‟arco decorata con

bucranio databile al I secolo d.C., qualche moneta enea di

II e III secolo d.C. Nella muratura della chiesa dedicata a

S. Liberato sono inseriti frammenti di decorazioni

architettoniche datate dal Pasqui al II e III secolo d.C. e

resti di statue, materiali architettonici ed epigrafi tra le

quali una dedica a Druso, un titolo onorario

dell‟imperatore Licinio Valeriano, oltre ad un‟iscrizione di

Germanico (CIL, XI, I, nn. 3306-07, 3309-10, 3312, 3316,

3318). Accantonata nel piazzale è una trabeazione di

marmo a lacunari con rosette e mensole decorate con

foglie. Non distante dalla crepidine della strada,

ortogonalmente ad essa, parallelamente ad una muratura in

opera mista di reticolato e ricorsi laterizi, si rinvennero due

grandi basamenti marmorei per statue, entrambi con

iscrizione. Presso il muro ortogonale alla strada si recuperò

la base di una statua con iscrizione dedicatoria.

Reperti mobili: Dalle tombe alla cappuccina provengono

balsamari, pochi unguentari di vetro e qualche pasta vitrea

Cronologia: Dalla prima età imperiale almeno al III secolo

d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Anche in

quest‟occasione, non è possibile selezionare tra i pochi

resti noti quali possano ricondursi allo stabilimento di

servizio alla viabilità, ma anche se “nebulosa”,

l‟articolazione interna del piccolo abitato – che dalla

qualifica di “forum” è riportato ad una data di fondazione

piuttosto antica – con una piazza monumentale, uno

stabilimento termale, dei monumenti funerari e alcune aree

sepolcrali, e molti apprestamenti per la valorizzazione di

monumenti onorari, risulta molto interessante. L‟elemento

più significativo è costituito dalla presenza della piazza

lastricata, che rappresenta un‟espansione del basolato

stradale stesso, e che trova un confronto in altre stazioni,

indagate più estensivamente (ad esempio, Ad Vacanas –

scheda VII.18).

Forum Clodii è uno dei centri che diventa più

precocemente diocesi nel Lazio, cioè già nel 313 d.C. Non

ci sono però resti paleocristiani, se non sospetti per alcune

strutture sotto la chiesa di S. Liberato, che avrebbe dovuto

ospitare le reliquie del martire Marciano, che una passio

confrontata con altri documenti e con il Liber Pontificalis,

permette di localizzare presso il XXVIII miglio della via

Clodia (FIOCCHI NICOLAI 1994, p. 245 ss.).

Bibliog.: NIBBY 1848-49, p. 318; DESJARDINS 1859;

PASQUI 1889; CARTA ARCHEOLOGICA 1972, pp. 298-300;

QUILICI – QUILICI GIGLI 1975B, n. 88; PACI 1977; FIOCCHI

NICOLAI 1988.

N. VII.15 Sabate Tenuta comunale I Quarticcioli; località Fonte Li Santi

Comune di Bracciano, prov. di Roma

Viabilità: Via Clodia, tra Lacus Sabatinus e Forum Clodii.

Tipo di insediamento: Vasto complesso insediativo

(villa?), del quale sono stati indagati gli impianti termali di

piccole dimensioni. Affioramenti di superficie

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

150

suggeriscono la presenza del nucleo della villa sulla

sommità del colle.

Topografia: Gli impianti termali scavati si trovano alle

falde del colle, sulla sponda sinistra del fosso

Sbrigliavacche.

Stabilimento termale - Struttura di servizio

(tav. XIII, d)? Articolazione Planimetrica: Un ambiente quadrato

absidato (m. 5,20 di lato) al quale si accede attraverso un

piccolo vano rettangolare con due nicchie sui lati brevi a

sua volta preceduto da un vestibolo. A settentrione la

stanza absidata si apre con due porte parallele su altri due

ambienti.

Caratteristiche: Lacerti di pavimentazioni a mosaico

bianco-nero e di rivestimenti parietali a lastre di marmo.

L‟ambiente absidato ha il piano di calpestio incassato nel

suolo ed è rivestito di cocciopesto fino ad m. 1,50 di

altezza. La parte superiore della parete è intonacata.

Tecniche costruttive: Murature in opera incerta con alcuni

ricorsi di mattoni.

Reperti mobili: Solo frammenti di rivestimenti

architettonici in marmo ed intonaco.

Cronologia: Età imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: Lo stabilimento termale è

nettamente separato dal resto del complesso, più arretrato

rispetto alla consolare. La vicinanza del primo all‟asse

stradale dovrebbe, inequivocabilmente, sottintendere una

destinazione “pubblica” delle terme, a fruizione dei

viaggiatori. Non si può escludere, quindi, che il

distaccamento di questo padiglione sia stato intrapreso dai

proprietari della villa, per incrementare le fonti di reddito

dell‟impresa. La struttura è stata probabilmente spoliata in

antico.

Bibliog.: DESJARDINS 1859; MENGARELLI 1899; QUILICI –

QUILICI GIGLI 1975B.

N. VII.16 Aquae Apollinares ? Bagni di Vicarello

Comune di Bracciano, prov. di Roma

Viabilità: Indicato nelle fonti lungo la via che si stacca da

Ad Turres per Caere, e posizionato in realtà lungo la via di

collegamento tra la Clodia e la Cassia.

Tipo di insediamento: Si tratta di un luogo di culto

connesso alla presenza della sorgente termale, frequentata

già in età protostorica ed etrusca, come santuario di

pertinenza della città di Sabate, ad ovest di Trevignano,

distrutta dai romani dopo Veio ed inclusa, dopo il 387 a.C.

nella tribù Sabatina. Per questa stazione termale, tuttavia,

resta incerta l‟identificazione con le Aquae Apollinares

note dalle fonti, Aquae per le quali si è proposta anche

l‟identificazione con i resti di Stigliano (supra, p. 100).

Non dovette esistere comunque un centro amministrativo e

commerciale, almeno fino alla fondazione di Forum Clodii

(scheda VII.14). Lo stabilimento termale (fig. 71) fu

edificato in età flavia, come la villa di Vicarello, assegnata

in via ipotetica all‟imperatore Domiziano, posta in

posizione più avanzata rispetto allo stabilimento, proprio

sulle sponde del lago di Bracciano (l‟antico Sabatinus).

Questa villa e lo stabilimento erano raccordate da una

strada basolata. Presso la villa, passava anche la viabilità di

collegamento tra la Cassia e la Clodia, via che costeggiava

il lago Sabatino, l‟Alsietino ed il lago di Baccano (oggi

prosciugato, cfr. scheda VII.18), e che in questo tratto è

ricalcata dalla moderna via di collegamento tra Settevene e

Palo. Nella zona, persistono numerosi resti interpretati

come “avanzi di ville” (ad esempio, in località Vigna

Grande, Vigna Campana, Vigna Orsini e Sette Botti) ma,

sulla base della vicinanza con lo stabilimento termale ed

della contiguità topografica con la viabilità romana, non si

può escludere che la stazione possa essere identificata

proprio nelle strutture della “villa” di Vicarello. Non

lontano dalla “villa di Domiziano” è una tomba a camera

scavata nel tufo, con banchina ricavata nella pietra, di

cronologia incerta.

Topografia: La villa si trova proprio sulle sponde del lago,

che si è innalzato rispetto all‟epoca romana, e livella

mediante la sostruzione, il pendio tra il poggio retrostante e

la riva del lago.

Scavi e Ricerche: Dopo la scoperta occasionale del

deposito votivo nel 1852, dal 1974 sono state condotte

alcune campagne di ricerca topografica ad opera del

Colini, ed alcune campagne di scavo ad opera della

Soprintendenza negli anni ‟80.

Conservazione: La maggior parte dei resti sono inglobati

in edifici rinascimentali o moderni, o comunque interessati

da riuso. Il complesso termale è stato tagliato

dall‟attraversamento della strada moderna che conduce alle

Terme di Vicarello.

Villa “di Domiziano” (fig. 72) Articolazione Planimetrica: Si estendeva per circa mq.

5000: si suppone che fosse articolata in una parte destinata

alla produzione ed alla lavorazione dei prodotti agricoli, ed

in una parte residenziale, che si apriva scenograficamente

in un porticato sulle sponde del lago. Il nucleo A è stato

riconosciuto come un‟opera di sostruzione, articolata in

vani lunghi e stretti che sono disposti in due file ortogonali

tra loro e che, nell‟angolo conservato, si attestano contro

un muro obliquo di spina. Almeno una parte della sua

facciata era completata da arconi su pilastri. L‟angolo

settentrionale della struttura è stato interessato dallo scavo

di una “cantina” sotterranea antica, costituita da un

corridoio allungato sul quale si aprono un totale di 10

piccoli vani di forma diversa. La costruzione B della fig.

72 viene definita un portichetto con volticelle, ma credo

che sia più corretto qualificarla come una serie di celle

affiancate coperte a volta. Si ritiene che fosse parte del

recinto della villa. I setti murari C restano di lettura incerta.

Nei dintorni è una cisterna ancora funzionante, due

vaschette rivestite di cocciopesto, inglobate in un fontanile

moderno.

Caratteristiche: All‟interno di alcuni dei vani della

piattaforma A sono ricavati dei banconi nella roccia. Su

alcuni dei setti murari del complesso B si conservano

lacerti di intonaco dipinto in rosso. Sono stati segnalati

resti di stucchi di pregevole fattura.

Tecniche costruttive: I complessi A e C sono costruiti in

opera laterizia, mentre il blocco di costruzioni B è in opera

mista di reticolato e mattoni.

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

151

Reperti mobili: Sui celebri bicchieri vedi la bibliografia e

le osservazioni al capitolo II.3.

Cronologia: Età domizianea.

Lo stabilimento termale (fig. 71)

Articolazione Planimetrica: Il punto di fuoriuscita della

sorgente è stato inglobato nello stabilimento termale

moderno ma restano tracce di una sua

monumentalizzazione architettonica (fig. 71, n. 1), forse

una piscina, inserita nel complesso monumentale

(verosimilmente, la terma vera e propria) a cui sono

assegnabili anche i resti indicati con i nn. 3 e 4 (vasche con

sedili, pavimenti a mosaico, condutture fognarie, ecc.). Il

Colini riteneva che lo spazio a sud e ad ovest della

sorgente, fosse lasciato libero per consentire la sosta ed il

parcheggio dei veicoli, visto che è lambito dalla strada

romana, indicata con il n. 13. Con i nn. 5 e 6 sono indicati i

resti di una grande cisterna dell‟acqua Traiana, che presso

il lago di Bracciano, aumentava la sua portata,

alimentandosi con un‟altra vena. Il monumento più

conservato è il “ninfeo di Apollo”, con atrio, salone

centrale con nicchioni, e apprestamenti per le scenografie

dell‟acqua. Del vasto complesso a sud del ninfeo, a causa

dell‟impianto delle costruzioni moderne, si può dire poco:

è verosimile che si trattasse di uno spazio scoperto

circondato da portici.

Cronologia: Età domizianea.

Osservazioni / Interpretazione: La planimetria della cd.

villa di Domiziano resta molto incompleta, ed anche i dati

sui materiali rinvenuti non attestano inequivocabilmente

che si tratti di una villa con parte fructuaria: il numero e la

grandezza delle macine conservate presso i casali moderni,

non viene specificato. Credo che il sincronismo tra la

costruzione della villa e dello stabilimento presso la

sorgente termale, la sistemazione della viabilità di accesso

e la sua contiguità con le strutture della villa, e il distacco

di un ramo dall‟acquedotto in epoca di poco successiva,

stiano ad indicare che ci fu un progetto molto completo di

qualificazione dell‟area, funzionale alla fruizione delle

acque salutari, che può aver contemplato anche l‟impianto

di una stazione di sosta.

Bibliog.: MARCHI 1852A; MARCHI 1982B; COLINI 1967-

68; GASPERINI 1976; COLINI 1979; VIRGILI 1988; VIRGILI

1994; HODGES 1995. KÜNZL 1992, sui rinvenimenti.

N. VII.17 Ad Sextum Tomba di Nerone

Comune di Roma, prov. di Roma.

Viabilità: Lungo il tratto di strada comune alle vie Clodia

e Cassia, all‟altezza della biforcazione della via veientana.

Tipo di insediamento: Villa rustica.

Topografia: Sommità di un basso sperone tufaceo che

tende a smottare verso ovest. La strada si trova sulla

sponda del fosso dell‟Acquatraversa.

Villa? (fig. 73) Articolazione Planimetrica: Si sono potuti indagare solo

due ambienti e porzioni di altri due posti a sud della strada

moderna (che ricalca forse l‟antica) parallelamente ad essa:

essi rappresentano probabilmente il lato posteriore

dell‟edificio che prospettava direttamente sulla strada. Dei

due vani scavati quasi integralmente, uno (fig. 73, “room

1”) ha pianta rettangolare ed uno (“room 2”) quadrata con

abside. Internamente alla parete sud-est è stata aggiunta, in

età posteriore al regno di Gallieno (259-268 d.C.), una

piccola costruzione rettangolare di nucleo cementizio e

cortina di mattoni rivestita di marmo, della quale non è

facile precisare la destinazione, ma che potrebbe essere

interpretata come un pilastro di sostegno al muro

perimetrale.

Caratteristiche: L‟ambiente 1 ha un pavimento a mosaico

bianco-nero con figurazione geometrica ed era rivestito da

intonaco dipinto (fig. 73). L‟ambiente 2 conserva tracce di

una pavimentazione in opus sectile; al centro dell‟abside è

un piedistallo che per quanto di rozza fattura sembra da

assegnarsi all‟impianto originario. Da questo vano si

accede ad un terzo, forse pavimentato e rivestito da lastre

di marmo.

Tecniche costruttive: Murature in opus reticulatum con

scapoli di tufo, con spallette in blocchi sempre di tufo

Reperti mobili: Busto di marmo (Dioniso?) frammentario,

frammenti di una statua maschile nuda o seminuda

(Ercole?), altri resti di statue di marmo, frammenti di

epigrafi su lastre di marmo, lastre e materiali architettonici

di marmo, una statuetta frammentaria in terracotta, una

antefissa a palmetta, una moneta di Gallieno, ceramica

sigillata italica, ceramica a pareti sottili, lucerne, ceramica

comune, anfore, frammenti di vetri per finestre.

Cronologia: Costruzione di età tiberiana; manomissioni

databili verso il terzo quarto del III secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Ritengo che la contiguità

con il tracciato stradale (anche se la posizione di quello

antico non è accertata archeologicamente) rappresenti una

seria motivazione per identificare in questi resti la stazione.

La definizione di villa rustica andrebbe, quindi, espunta:

nessun elemento archeologico attesta che presso

quest‟insediamento si svolgesse dell‟attività produttiva.

Bibliog.: WARD PERKINS 1955, p. 58 ss.; WARD PERKINS

1957, p. 143 ss.; WARD PERKINS 1959; MESSINEO ET ALII

1983, p. 136 ss.; EQUINI SCHNEIDER 1984, pp. 9-20.

N. VII.18 Ad Vacanas – Baccanas Campocroce

Valle di Baccano, prov. di Roma

Viabilità: via Cassia .

Tipo di insediamento: (fig. 74) Piccolo abitato, distribuito

su entrambi i lati della strada romana, e raccolto intorno ad

una piazza lastricata delimitata da un portico colonnato e

riconosciuta come piazza forense. Quest‟ultima, di forma

trapezoidale (m. 19x41x26, fig. 75), è lastricata con

blocchi di forma regolare di tufo; il raccordo con la strada

era ottenuto mediante un propileo monumentale, affianco

al quale era un portico che si apriva con colonnato sulla

piazza, e con pilastri sulla strada. Dei diversi complessi

monumentali che si dispongono ai lati della strada, oltre ad

uno stabilimento termale, uno è stato qualificato come

“albergo”, mentre in un altro si è riconosciuta una caserma.

Altri edifici più frammentariamente attestati vengono

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

152

qualificati come tabernae od officine. Lungo la consolare,

è la necropoli a cappuccina e con recinti funerari che

inglobano fosse.

Topografia: Piccola valle, anticamente occupata dal lago

di Bracciano. Presso Ad Vacanas, è il bivio della strada per

Forum Clodii, segnato dalla presenza di una fontana.

Stabilimento termale (figg. 77-79) Articolazione Planimetrica: I locali si dispongono intorno

ad un‟area scoperta, pavimentata in spicato (m. 13x14),

definita cortile o palestra. Nel complesso che si affaccia

sulla strada con un portico ad un solo spiovente (fig. 77) si

riconoscono l‟apodyterium, due calidaria, due tepidaria,

un frigidarium ed, ovviamente, il vano con il praefurnium

e gli ipocausti.

Caratteristiche: Il pavimento del cortile scoperto è in

opus spicatum, mentre gli ambienti termali hanno in genere

pavimentazioni musive in bianco e nero figurate o a lastre

di marmo.

Tecniche costruttive: Nella prima realizzazione le

murature sono in opera reticolata, sostituite in una seconda

fase dall‟opera laterizia. Al IV secolo d.C. risalgono i

restauri in opera vittata.

Reperti mobili: La maggior parte è stata rinvenuta in

seconda giacitura.

Cronologia: La prima fase è ascrivibile all‟ultimo quarto

del I secolo a.C., mentre la prima ristrutturazione è da porsi

alla fine del I - inizio II secolo d.C. Gli ultimi restauri sono

di IV secolo; al V secolo d.C. si data l‟abbandono.

Il cd. albergo (fig. 76)

Articolazione Planimetrica: Sul lato opposto della strada

rispetto alle terme si trova un edificio a pianta rettangolare

(m. 26x10), orientato parallelamente alla strada, verso la

quale si aprono 5 vani rettangolari, 4 dei quali hanno

dimensioni omogenee, mentre uno è di dimensioni quasi

doppie. Alle spalle di questi si trovano altrettanti vani, più

piccoli, ai quali probabilmente si accedeva dai primi.

Tecniche Costruttive: Opera incerta?

La cd. caserma (fig. 80)

Articolazione Planimetrica: All‟estremità settentrionale

dell‟area di scavo, direttamente sulla crepidine della strada,

si addossa un edificio di m. 30x20 circa, articolato in vani

che si aprono su un cortile, separato da un nucleo di altre

costruzioni da un deverticolo basolato che si stacca

perpendicolarmente alla consolare.

Caratteristiche: Il cortile è pavimentato in opera spicata.

Tecniche Costruttive: Opera quadrata di tufo con

rifacimenti e risarciture in laterizio.

Le tabernae (fig. 74)

Articolazione Planimetrica: Si tratta di una serie di vani

che si trovano ai limiti meridionali dell‟area di scavo,

articolati in due locali, che si aprivano sul deverticolo

basolato attraverso un portico.

Cronologia: La data di impianto risale, forse, alla fine del

I – inizio II secolo d.C.

Cronologia dell’insediamento: La datazione della

necropoli copre i secoli I-VI d.C. Lo scavo di fori di palo

nel lastricato della piazza forense indica che in epoca

tardo-antica vi si impiantarono strutture posticce.

Continuità: La Passio Sancti Alexandri di V-VI secolo

attesta l‟esistenza di una basilica dedicata a questo martire,

il cui sacrificio si sarebbe consumato nei primi anni del III

secolo e che avrebbe subito la prima parte del martirio in

una villa imperiale posta al XIII miglio della via Cassia,

villa che che si è potuta assegnare, sulla base di un bollo

rinvenuto su di una fistula, all‟imperatore Geta. Tale

chiesa, che avrebbe avuto un ampliamento ad opera di

Damaso, si può ubicare sulla base della Passio e di alcuni

rinvenimenti archeologici circa 1 miglio a sud della

mansio. A partire dal IX secolo, l‟abitato si sposta verso il

XIX miglio della via Cassia, acquistando il nome di

Osteria dell‟Ellera. Dopo l‟abbandono, risorge nel secolo

scorso, al XX miglio, il Postiglione Chigi.

Osservazioni / Interpretazione: Questo insediamento

rappresenta un osservatorio privilegiato per

l‟individuazione dei connotati di una stazione stradale:

l‟estensione degli scavi, l‟assenza di continuità di vita, e

l‟indiscutibilità della sua identificazione ne fanno un caso

unico in Italia. Certo, Baccano deve essere stata una

stazione di una certa rilevanza, e la presenza della piazza

forense ci indica che le funzioni di luogo di mercato e

riunione, magari anche di amministrazione della giustizia

del comprensorio, possono aver avuto il sopravvento sulle

funzioni di semplice stazione stradale, ma l‟indagine di

questo stesso processo evolutivo è per questa ricerca

particolarmente stimolante. Con l‟esclusione della

presenza di un luogo di culto, infatti, Ad Vacanas contiene

tutti gli elementi che faticosamente e frammentariamente si

recuperano presso le altre stazioni: la contiguità

topografica con la strada, esaltata dalla posizione “a

cavallo” di essa, la presenza di un grande spazio lastricato,

che rappresenta una dilatazione dello stesso basolato, lo

stabilimento termale, l‟edificio per accoglienza di

planimetria caratteristica, l‟attestazione di altri complessi

che potevano essere adibiti a funzioni diverse20

(commerciali, di deposito, di ristorazione, ecc.).

Bibliog.: GAZZETTI 1985, p. 39-46; GAZZETTI 1986, pp.

155-165; FIOCCHI NICOLAI 1986; FIOCCHI NICOLAI 1988,

pp. 106-111; GAZZETTI 1995.

N. VII.19 Stazione anonima presso le Masse

di S. Sisto Comune di Viterbo, prov. di Viterbo.

Viabilità: Via Cassia.

Tipo di insediamento: Resti frammentari di diversi edifici

raccolti intorno ai resti di un grande stabilimento termale,

ai quali si assegnano funzioni diverse (anche di luogo di

lavorazione dei prodotti agricoli), ma che sono in diretto

rapporto con la viabilità. Negli immediati dintorni di

questo complesso si impiantò una necropoli con tombe alla

cappuccina che – nei rari casi in cui lo stato di

conservazione consente l‟indagine – possono essere datate

dopo la metà del II secolo d.C. Lo stabilimento termale era

servito anche da un acquedotto, che terminava in un

castellum. L‟insediamento si trova immediatamente a lato

dell‟antica via Cassia (della quale sono stati segnalati

diversi tratti lastricati con basoli o grandi pietre calcaree),

che qui si divideva in due rami che si riunivano proprio

sotto Viterbo.

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

153

Topografia: Alle falde di un vasto pianoro, nella piana

attraversata dalla via Cassia, presso il fosso Freddano, in

prossimità di sorgenti sulfuree. I resti di quello che

potrebbe essere riconosciuto come un luogo di sosta si

trovano a sud-est delle Masse.

Scavi: I ruderi dello stabilimento termale sono stati oggetto

di documentazione alla fine dell‟800 durante le

ricognizioni per la Forma Italiae (fig. 81). La struttura di

sosta è stata scavata dalla Soprintendenza tra il 1982 ed il

1983.

Conservazione: Mentre i ruderi dello stabilimento termale

principale sono sempre stati visibili, la conservazione dei

resti indagati recentemente è molto scarsa: le murature

sono conservate appena sopra il piano di spiccato, e la

maggior parte delle tombe hanno la stratigrafia sconvolta.

Edificio Termale (fig. 81)

Articolazione Planimetrica: Grande aula rettangolare

(fig. 81, A), dalla quale si accede a diversi vani, affiancata

da un altro edificio (C) e da 3 piscine (B, D).

Stazione stradale ? (fig. 82)

Le trincee di scavo hanno intercettato diverse emergenze

archeologiche:

Saggio A: Vasca di forma quadrata e resti di locali adibiti

allo stoccaggio delle merci alimentari.

Saggio B: Tombe alla cappuccina.

Saggio C: Edificio sistemato su un terrazzamento verso il

fosso (fig. 83, muro 1), in cui sono frammentariamente

riconoscibili degli ambienti disposti ad “L”, alcuni dei

quali (fig. 83, ambiente 2) conservano le suspensurae e

possono, quindi, essere definiti termali. L‟ambiente 1 è

pure pavimentato in signino, ed ha le pareti decorate da

intonaco dipinto. Le murature sono in blocchi e ciottoli

legati con malta o opera reticolata.

Saggio D: resti frammentari di murature.

Saggio E: struttura semicircolare con fondazioni a blocchi

ed alzato in blocchetti legati da malta (fig. 84). A nord,

resti di una gradinata a blocchi di peperino. È stata

riportata alla luce l‟imboccatura di un pozzo, ma la

presenza di una falda acquifera non ha consentito di

completare l‟indagine.

Saggio F: Tratto basolato che corre a lato di una vasca

costruita in cementizio rivestito di cocciopesto e intonaco,

e servita da una canaletta a tubuli di terracotta (fig. 85). La

via Cassia, ben conservata in diversi punti, è in questo

punto delimitata da uno spiazzo lastricato, che si allarga

verso le strutture antiche.

Saggi G1, G2, G3, G4, G5: resti di basolato e di sepolture

alla cappuccina, per la maggior parte sconvolte.

Cronologia: Genericamente la data dell‟impianto si può

fissare, sulla base delle tecniche costruttive, in epoca tardo

repubblicana. L‟abbandono definitivo dell‟insediamento è

avvenuto nel VI secolo (probabilmente a seguito di una

distruzione violenta). Le statistiche delle attestazioni dei

materiali dimostrano che tra il IV ed il V secolo questo

complesso ebbe una frequentazione relativamente intensa.

Osservazioni / Interpretazione: La presenza di sorgenti di

acque sulfuree ha senza dubbio stimolato l‟impianto di un

complesso termale, che seppure ignorato dalle fonti

antiche, deve essere stato relativamente frequentato.

L‟Editrice sottolinea il carattere rustico del complesso,

documentato dalla presenza di impianti per la lavorazione

di prodotti agricoli (ad esempio, la vasca del saggio A), ma

credo che ancor più rilevante sia la marcata contiguità con

il lastricato stradale, che qui come a Settecamini (scheda

I.11) e Ad Nonum (scheda I.1), si allarga fino a ridosso

dell‟edificio. La presenza di piccoli saloni termali

nell‟edificio del saggio C potrebbe riferirsi ad uno

stabilimento di sosta, che alle funzioni di cambio dei

cavalli e ristorazione aggiunge quello di stazione termale

che sfrutta le vicine sorgenti sulfuree.

Bibliog.: CARTA ARCHEOLOGICA 1972, p. 85 ss.; BARBIERI

1992-93.

N. VII.20 Ad Mensulas Pieve di S.Pietro

Comune di Sinalunga, prov. di Siena.

Viabilità: Via Cassia, tra Manliana e Ad Umbro

Tipo di insediamento: Sulla base delle segnalazioni di

resti antichi, interrati alla profondità di circa m. 2, nei

dintorni della chiesa e della stazione ferroviaria, si

potrebbe ipotizzare la presenza di un abitato. Secondo il

Gamurrini, i resti della chiesa potrebbero anche

interpretarsi come avanzi di un tempio pagano. A circa m.

100 di distanza dalla pieve, furono rinvenuti i resti di una

struttura identificata come un sacello dedicato ad Ercole.

Struttura di servizio Articolazione Planimetrica: Non indagabile. Resti

frammentariamente attestati di fabbricati romani disposti

nei dintorni della chiesa e della stazione ferroviaria di

Sinalunga, con le fondamenta a circa m. 2 di profondità.

Caratteristiche: Individuati diversi tratti di tubature

plumbee, dal Gamurrini ritenuti pertinenti ad edifici

termali.

Tecniche costruttive: Murature in opera quadrata

sarebbero incluse nelle pareti della chiesa della pieve. A

blocchi squadrati senza legante è anche il muro ad angolo

che perimetrava il vano all‟interno del quale fu rinvenuta la

statuetta di Ercole.

Reperti mobili: Oltre a resti di età pre-protostorica ed

etrusca, sono state rinvenute numerose epigrafi funerarie di

età romana, una statuetta fittile di Eracle ed assi onciali

datati al II secolo a.C., oltreché altre monete romane e

frammenti di un bassorilievo di pietra raffigurante animali.

Cronologia: I pochi frustuli della stipe votiva del “sacello

di Ercole” non ne attestavano la frequentazione oltre l‟età

cesariana.

Continuità: Notizie d‟archivio ricordano la pieve già nel

715, come baptisterium in Mesalas Sanctae Matris

Ecclesiae; altrove è la titolatura “ad mensulas”.

Osservazioni / Interpretazione: È probabile che il terreno

ove sorse la chiesa fosse un‟area funeraria di proprietà

della famiglia Umbricia. Il dato più rilevante resta, in

questo caso, la connessione tra un‟area interessata da una

stazione stradale ed un luogo di culto.

Bibliog.: REPETTI 1834-46, s.v. Asinalonga; “BullInst”

1834, p. 200; GAMURRINI 1898A; GAMURRINI 1898B;

MARONI 1973, pp. 28-32; CHERICI 1987, p. 166, n. 4;

MENICHETTI 1992, pp. 329-330, n. 120.

VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII

154

VI.8 Rassegna Archeologica: Regio VIII

154

VI. 8 Regio VIII

Aemilia

N. VIII.1 Claterna Località Osteria Grande, Fondi Foresti e Malaraggia

Comune di Castel S. Pietro (Terme), prov. di Bologna

Viabilità: Via Emilia, tra Ad Silarum e Bononia.

Tipo di insediamento: Centro antico ora localizzato tra

Maggio di Ozzano e riva destra del torrente Quaderna.

Della città si può dire che nei sobborghi orientali sono

localizzati impianti per la produzione artigianale, datati

alla prima fase di epoca repubblicana, mentre nella prima

età imperiale nella stessa area, delimitata da un lato dalla

via Emilia e dall‟altro da una strada glareata parallela,

agganciata ad un sistema viario, sorse l‟edificio che qui si

presenta.

Topografia: L‟insediamento identificato con la mansio si

trova presso un fiume ed il suo punto di attraversamento,

tra la sponda del corso d‟acqua ed il declivio di un‟altura.

La fascia di terreno interposta tra la strada ed i fabbricati è

stata notevolmente rialzata, tra la fine dell‟età

repubblicana e la prima età imperiale, inquadrandosi

nell‟opera di riassetto viario operato da Augusto nel 2 a.C.

per l‟intera via Emilia.

Scavi: Nei pressi del suburbio orientale del centro

romano, molti resti si stanno recuperando grazie a ricerche

di superficie e scavi.

Struttura di servizio? (fig. 86)

Articolazione Planimetrica: Si tratta di complesso

articolato, che assolveva diverse funzioni oltre a quella

itineraria, calamitato comunque dalla presenza della

strada, composto da una serie di 5 edifici affiancati,

disposti longitudinalmente. La loro ampiezza era,

probabilmente, diversa, ma la loro profondità era uniforme

(circa m. 25): per l‟edificio 1 è quasi certa la presenza di

un ampio porticato, sulla fronte della via Emilia, mentre

sul retro era lasciato libero lo spazio delimitato dalla

strada B. L‟edificio 2 si articola intorno ad un ampio

cortile, funzionale allo svolgimento delle attività

industriali (metallurgiche). I cinque edifici presentano

“un‟alternanza equilibrata” tra spazi coperti e chiusi, con

caratteristiche che rimandano ad un uso manifatturiero

(canalette, focolari, ecc.).

Caratteristiche: Prevalenza di apprestamenti per

lavorazioni industriali: un solo pavimento in cocciopesto è

stato trovato nell‟edificio 5.

Cronologia: Le prime attestazioni (materiali mobili e

fondazioni a ciottoli) datano alla fase originaria

dell‟impianto della via Emilia (primi decenni del II secolo

a.C.). L‟agglomerato, che unisce funzioni diverse, ha una

vita intensa fino al II secolo d.C., ma con alcune

trasformazioni resiste fino al IV secolo inoltrato.

Osservazioni / Interpretazione: In generale, Ortalli

pensa ad “una stazione di sosta itineraria, potenziata e

completamente rinnovata in età augustea, nella quale si

affiancano taberne, locande, botteghe, stalle, officine di

fabbro o di altro artigianato, tanto da creare una specie di

sobborgo, quasi un quartiere, alle porte di Claterna”.

L‟organizzazione viaria tradisce la volontà di organizzare

lo scorrimento del traffico a diversi livelli: la strada B è

riconosciuta come viabilità di servizio, mentre la A è un

cardine glareato.

Bibliog.: STOPPIONI 1995, pp. 136-138; ORTALLI 1996.

N. VIII.2 Stazione anonima presso Bagno di

Romagna (Balneum?) Bagno di Romagna

Comune di Bagno di Romagna, prov. di Forlì

Viabilità: Via Cesena - Sarsina – Arezzo

Tipo di insediamento: “Agglomerato insediativo e di

servizi con funzioni prevalentemente itinerarie”. Lungo la

sponda sinistra del Savio, dove correva la strada, sono

stati indagati di recente due complessi monumentali, l‟uno

dei quali associa funzioni di culto ad altre termali-

curative, che sfruttano una sorgente di acque calde

minerali. Più a occidente, presso la circonvallazione di

Bagno, è stato riportato alla luce un altro monumento,

definito sulla base delle caratteristiche una mansio.

Topografia: Sulla sponda sinistra del fiume Savio, presso

una strozzatura della valle, dove confluiscono i percorsi

intervallivi che attraverso i passi di Verghereto, del

Carnaio, dei Mandrioli, di Monte Coronaro, collegano la

valle del Savio a quella del Tevere, del Bidente a al

Casentino. Le sorgenti minerali si trovano a circa m. 200

di distanza dalla “mansio”, a ridosso del greto sinistro del

fiume.

Scavi: Prime scoperte del 1962; indagini della

Soprintendenza dal 1985 al 1988 (almeno). In totale, è

stata indagata un‟area di circa mq. 500.

Conservazione: Il muro della “mansio” in opera vittata è

conservato fino ad una altezza massima di m. 1,60.

“Mansio” (fig. 87)

Articolazione planimetrica: Complesso a pianta

rettangolare, costituito da un muro perimetrale a ridosso di

una parete rocciosa, che delimita uno spazio scoperto e

inedificato, completato contro la roccia da un vano

allungato, forse porticato, servito da un più piccolo cortile

di ingresso, con condotto di scarico e drenaggio, che

attraversava anche gli altri ambienti, organizzati in due

nuclei, e che serviva a smaltire la acque che si

raccoglievano nel cortile stesso ed alle falde del monte.

Questi ultimi si trovano sul lato sud-est, con esposizione

migliore, e sembrano destinati ad uso abitativo: sono

VI.8 Rassegna Archeologica: Regio VIII

155

coperti, alcuni forse riscaldati.

Tecniche costruttive: Il muro di fondo, in opera vittata

era spesso m. 0,50, mentre i muri divisori sono realizzati

con pietrame a secco. Il colonnato aveva un tetto di tegole.

Caratteristiche: I pavimenti sono in cocciopesto o argilla

battuta nei vani coperti, mentre nel cortile c‟è una

massicciata con scaglie di roccia arenacea, coperta da uno

strato di terra molto scura che sembra formata da

abbondanti resti organici (letame animale?).

Reperti mobili: Ci sono sporadiche attestazioni di un

culto imprecisato, tra le quali si segnala un bronzetto di

offerente.

Cronologia: Questo complesso appare attivo nella prima e

media età imperiale.

Osservazioni / Interpretazione: Sulla base dei

consistenti resti organici, la zona scoperta viene

interpretata come una stalla.

Complesso termale

Articolazione Planimetrica: Gli scavi più recenti hanno

consentito di individuare resti archeologici che

testimoniano l‟esistenza di una struttura di notevole

estensione, che contemplava anche una vasca. Infatti,

sotto lo stabilimento moderno delle terme di S. Agnese, si

trova il complesso termale, articolato in due corpi

principali, dei quali quello più orientale è più piccolo e

destinato al culto, mentre quello occidentale sembra ad un

uso funzionale: queste due unità sono raccordate da un

lungo corridoio (almeno m. 40), che può essere

interpretato come una “via tecta”, o meglio come un

colonnato, che racchiudeva un vasto spazio lastricato

scoperto, che arrivava fino al fiume. Il complesso aveva

due accessi contrapposti, il principale dei quali, a ponente,

si apriva sulla strada.

Caratteristiche: L‟area dove si trovava la vasca era

pavimentata in cocciopesto.

Tecniche costruttive: Sostruzioni in opera quadrata;

alzati in cementizio, con cortina di ciottoli, mentre uno dei

muri di seconda fase è in laterizio.

Cronologia: La fondazione dell‟edificio risale al II secolo

a.C., e la sua vita prosegue fino al V d.C., ma

strutturalmente si individua una seconda fase, di I-II

secolo, caratterizzata da un notevole rialzamento dei piani

pavimentali, forse dovuto ad un incremento del livello del

fiume.

Continuità: Gli impianti termali sono ancora attivi ed

ancora meta di turismo21.

Osservazioni / Interpretazione: Risulta molto

significativa l‟ennesima attestazione del rapporto tra

impianti che sfruttano sorgenti termali naturali – connesse

a culti – e luoghi di sosta. È ancora da rimarcarsi

l‟esistenza di luoghi di sosta lungo la viabilità, anche

quando questa non è contemplata nelle fonti itinerarie: tali

insediamenti non sembrano connotarsi in modo diverso

rispetto a quelli “ufficiali” (ad esempio, in questo caso si

può istituire un confronto con Fons Timavi, scheda X.5)

Bibliog.: BERMOND MONTANARI - SUSINI 1961; ORTALLI

1992A, pp. 197-200; ORTALLI 1992B.

N. VIII.3 Stazione anonima presso Strada

Casale Strada Casale

Comune di Brisighella, prov. di Ravenna

Viabilità: Via da Florentia a Faventia.

Tipo di insediamento: Complesso insediativo, con

funzioni prevalentemente utilitaristiche, articolato in

almeno due edifici. In questa località è noto anche un

sepolcreto di epoca romana, dislocato lungo la via antica.

Topografia: Tra S. Cassiano e Brisighella, a XII miglia da

Faventia, tra la strada statale e la ferrovia.

Scavi: Scavi 1973; interventi di pulitura e restauro fino al

1978.

Strutture di servizio (Fig. 88)

Articolazione Planimetrica:

Edificio posizionato lungo il basolato, con una serie di

vani aperti su un cortile rettangolare. A circa 100 m. di

distanza, si trova un altro edificio, sviluppato in lunghezza

(m. 60, con orientamento SW-NE), dove sono stati

riconosciuti, oltre ad un locale che accoglieva diversi

dolii, un magazzino per gli attrezzi ed una fornace per i

laterizi.

Caratteristiche: È conservata parte della pavimentazione

dei cortili in opus spicatum.

Tecniche costruttive: L‟edificio è costruito in opus

mixtum, con un rifacimento.

Reperti mobili: Tra i reperti mobili si segnalano

numerose monete.

Cronologia: La cronologia è fissata tra l‟età augustea ed il

IV secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: In questo caso, la

posizione isolata rispetto a centri abitati e la contiguità

topografica con il basolato rendono molto verosimile

l‟identificazione con una stazione di sosta. La planimetria

dell‟edificio 1, che trova confronti in stabilimenti di

stazioni stradali documentati archeologicamente (infra,

cap. VII) e l‟abbinamento con l‟edificio 2, che potrebbe

essere interpretato come un grande horreum, sembrano

ben accordarsi con i requisiti richiesti ad una stazione

stradale, come li si è potuti qui diagnosticare.

Bibliog.: RIGHINI 1980, pp. 237, 250-252, nn. BR 11, 15,

16; GUALANDI GENITO 1983, p. 447, n. 61; MOSCA 1992,

p. 184.

VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX

156

VI. 9. Regio IX

Liguria

N. IX.1 Alba Docilia Località S. Pietro

Comune di Albisola Superiore, prov. di Savona

Viabilità: Via Iulia Augusta da Genua a Albingaunum; tra

le stazioni di ad Navalia e Vigo Virginis.

Tipo di insediamento: Villa con impianti per la

produzione agricola.

Topografia: Piana fluviale, presso il fiume Sansobbia.

Scavi: Già oggetto di scavo alla fine del secolo scorso, la

villa è stata indagata dalla Soprintendenza, dal 1969 al

1975 (5 campagne).

Conservazione: Scarsa e frammentaria: non è conservato

nemmeno un piano di calpestio, e spesso non è possibile

precisare dove fosse l‟ingresso ai vari ambienti.

Villa (fig. 89)

Pianta: Complesso rettangolare (m. 77x100) diviso nelle

seguenti aree:

a) Quartiere residenziale (fig. 89, nn. 1-39): atrio di

ingresso e due peristili, intorno ai quali si distribuiscono

molti ambienti, presumibilmente dei cubicula. Gli ambienti

a nord sono forniti di riscaldamento e sono, perciò,

interpretabili come quartiere residenziale invernale o bagni

privati.

b) Magazzini e zona industriale (fig. 89, nn. 46-50): vani

disposti intorno ad un cortile molto vasto, adibiti in parte a

magazzini ed in parte a locali per le lavorazioni

"industriali" caratterizzati dalla presenza di vasche.

c) Ambienti termali (fig. 89, a-c): si sono riconosciuti il

praefurnium e il calidarium nelle vicinanze di una grande

cisterna d'acqua.

Caratteristiche: I pavimenti dell‟area a) conservano in

qualche caso resti di mosaicatura, mentre quelli dei

magazzini sono realizzati in cocciopesto o laterizi. I

pavimenti dei saloni termali sono a lastre di marmo. Alcuni

frammenti architettonici, tra cui due capitelli di lesena con

delfini, attestano l‟esistenza di ricche decorazioni

architettoniche.

Tecniche costruttive: Le zone a) e b) hanno dei muretti a

ciottoli di fiume, regolarizzati in qualche tratto

esternamente, legati con malta; in alcune parti sono di

ciottoli solo le due cortine esterne ed il riempimento è in

cementizio. Gli ambienti termali presentano, invece, delle

murature più curate, in diversi casi in laterizio.

Reperti mobili: Monete (databili tra il 231 e il 336 d.C.,

cioè tra Severo Alessandro e Costantino II); lucerne

databili tra il I e il VII secolo d.C.; ceramica sigillata tardo

italica, sud-gallica, africana.

Cronologia: Impianto di metà I secolo d.C. che vive fino

al IV-V secolo. L‟epoca di maggior prosperità è

delimitabile tra la metà del II e la metà del III secolo d.C.

L‟insediamento sopravvive fino ad epoca tardo romana,

individuandosi ancora, nella zona b), alcuni restauri.

Osservazioni / interpretazione: Nelle edizioni, non viene

mai specificato il rapporto topografico con la strada

romana: tale informazione dovrebbe essere considerata

fondamentale per motivare l‟identificazione con la

stazione. Questo complesso monumentale, infatti, non

presenta altre caratteristiche che lo qualifichino come tale,

dal momento che, planimetricamente e da un punto di vista

dell‟organizzazione delle attività economiche, si inquadra

completamente nel modello dell‟unità produttiva

extraurbana con parte residenziale. Resta da stabilirsi,

quindi, se tale “modello” possa essere assunto tra quelli dei

luoghi della sosta, come potrebbe essere confermato anche

da altri esempi (sui quali, però, gravano le stesse

incertezze) o se, al contrario, si debba ricercare la stazione

in altre aree.

Bibliog.: RESTAGNO 1953; RESTAGNO 1958; TINÉ

BERTOCCHI 1971; TINÉ BERTOCCHI 1976; TINÉ BERTOCCHI

1978.

N. IX.2 Lucus Bormani “a” S. Siro - S. Nazario - Diano Marina

Comune di Diano Castello, prov. Imperia

Viabilità: Via Iulia Augusta, tra Albingaunum e Costa

Ballenae.

Tipo di insediamento: L‟abitato romano è stato

riconosciuto dal Lamboglia in un‟area della piana costiera,

proprio alle spalle del centro moderno di Diano Marina,

dove episodici rinvenimenti e la titolatura delle chiese

consentono di posizionare la comunità più antica,

trasferitasi in epoca altomedievale sulle alture retrostanti

(Diano Castello e Diano S. Pietro): si situa tra le due chiese

già distrutte di S. Nazario e S. Siro, dove sono noti resti di

epoca preromana e tardo repubblicana, e dove passava la

via Iulia Augusta. Alcune tombe sono state rinvenute, ma

non documentate, nell‟area della chiesa di S. Nazario.

Nella zona dell‟abitato moderno (presso via Lucus

Bormani) sono stati visti i resti di un vano pavimentato in

“opus signinum” e di altri vani, e più a ponente (sotto il

“grattacielo”) resti di una abitazione e di una conduttura di

scolo di età romana. Presso la via S. Caterina sono stati

indagati i resti di un monumentale edificio porticato, con

pavimento in battuto, impiantato nella tarda età

repubblicana e rimaneggiato una prima volta dopo il 50

d.C., ed una seconda in epoca meno definibile.

Topografia: I resti si concentrano ai due lati del torrente S.

Pietro, nella piana costiera.

Scavi: Dopo alcune segnalazioni e dei rinvenimenti

occasionali nel dopoguerra, si è proceduto a scavi

archeologici a partire dal 1957, a più riprese tra il 1959 ed

VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX

157

il 1975, ed ancora tra il 1986 ed il 1992.

Conservazione: Alcuni dei muri dell‟aula di S. Siro sono

conservati fino a m. 2 di altezza, mentre quasi tutti gli altri

sono stati rinvenuti ormai rasati al livello delle

fondamenta.

Campo S. Siro – Villa rustica?

Pianta: Aula absidata, orientata approssimativamente est-

ovest, di m. 10,50 di lunghezza per m. 6, 20 di larghezza,

con abside larga m. 3,20. Tale sala è stata divisa in un

secondo momento in due parti, mediante un muro

trasversale, sul lato occidentale del quale si addossano

degli altri setti murari che ospitano una vasca (m. 1, 30x2,

10x0,95 di profondità). Sul lato opposto del muro si trova

un piano di calpestio in terra battuta, attraversato da un

canaletta. Esternamente all‟abside, si raccorda un muro a

baionetta preesistente alla costruzione dell‟abside stessa,

che ad esso si appoggia. A tale muro si addossa una

canaletta in muratura, rivestita di cocciopesto, che a sua

volta taglia un muro preesistente. Sui lati nord ed est erano

due aperture, tamponate in un secondo momento. Una

terza apertura metteva in comunicazione la porzione

orientale con quella occidentale, all‟interno della sala

divisa.

Tecniche costruttive: I muri perimetrali sono a blocchetti

di pietra legati con malta; il muro divisorio dell‟aula

presenta la stessa tecnica nella parte inferiore, mentre nella

porzione superiore i blocchi sono tagliati meno

regolarmente e sono legati da sola argilla. I frammenti di

intonaco dipinto recuperati conservano tracce di

incannucciata sul lato posteriore: su tale base si ipotizza

che le murature del complesso rustico di prima fase

potessero essere realizzate a graticcio22.

Caratteristiche: Negli strati di crollo sono state rinvenute

tessere di mosaico bianco e nero. Non si sono trovate

tracce dei piani pavimentali. La vasca è rivestita di

cocciopesto. Nella canaletta posta esternamente all‟abside,

sono stati recuperati frammenti di intonaco monocromo

bianco dipinto a semplici linee rosse.

Reperti mobili: Un‟ara segnalata dal Calamiglia ma mai

ritrovata; una colonna con dedica ad Antonino Pio (forse

una colonna miliare), anch‟essa dispersa. Materiali

architettonici di epoca romana sono stati reimpiegati nella

costruzione della chiesa romanica, attualmente trasformata

in casa colonica.

Cronologia: Il materiale rinvenuto nel riempimento della

canaletta data il suo abbandono alla prima metà del III

secolo d.C.

Interpretazione: L‟aula absidata è tradizionalmente

identificata con la chiesa bizantina o medievale di S. Siro,

discretamente conservata all‟inizio del secolo: essa si

sarebbe impiantata su delle costruzioni preesistenti, in via

ipotetica ricondotte ad una villa rustica.

S. Nazario – Edificio utilitaristico – Edificio di culto

Pianta: La chiesa tardo-romanica, successivamente

sconsacrata e trasformata in vasca di decantazione

dell‟acquedotto civico, posa su resti di un edificio di culto

preesistente, con abside a ferro di cavallo, e basamento

“formato da più assise di blocchetti a gradino”. Tale

edificio obliterava e reimpiegava a sua volta delle strutture

murarie, organizzate in lunghi vani paralleli, con

orientamento est-ovest, dei quali se ne rimisero in luce tre,

che mostravano di proseguire oltre l‟area di scavo. Tali

vani sono stati interpretati come vasche di decantazione.

Sul lato opposto della chiesa trecentesca, sono dei muri a

forma di sperone, che possono aver funzionato da

fondamenta di strutture e da argine al torrente che scorre

nelle vicinanze. Le ricerche più recenti, limitate a saggi di

ridotta superficie, confermano che la zona era occupata da

numerosi edifici di epoca imperiale romana. Il Calamiglia

aveva segnalato resti di un muro di spessore poderoso (m.

1, 50), nel quale sarebbero stati aperti degli arconi. In

generale, quindi, si può ricostruire una sovrapposizione di

tre monumenti: nella prima fase (III secolo d.C.), è attivo

l‟edificio ad uso utilitaristico con le vasche di

decantazione, entro il quale si praticano quindi delle

attività di lavorazione e trasformazione di non meglio

precisate materie prime; nella seconda fase, solo alcune

strutture murarie vengono inglobate in una radicale

trasformazione in edificio di culto che, data la cronologia,

può ritenersi cristiano. Nella terza fase (romanica)

l‟edificio di culto subisce una trasformazione ma mantiene

la sua funzione.

Tecniche costruttive: I vani paralleli avevano murature a

blocchi di arenaria, squadrati rozzamente, disposti a ricorsi

orizzontali. Le porzioni superiori di queste murature erano

state oggetto di rifacimento, con dei blocchetti di pietra di

forma più irregolare ed una malta legante molto terrosa.

L‟abside ed il basamento della chiesa più antica erano a

blocchetti regolarmente squadrati di pietra nera. Il muro di

“contenimento” è a blocchi sgrossati di pietra.

Cronologia: La chiesa più antica è detta di età bizantina o

longobarda, e se ne è proposta una datazione al VI o VII

secolo d.C. Sulla base delle tecniche edilizie le vasche

sono state datate almeno al III secolo d.C., mentre i

rifacimenti delle murature dei questi vani paralleli sono

dette di epoca altomedievale (VII od VIII secolo). Allo

stesso generico periodo altomedievale sono attribuite le

sepolture rinvenute occasionalmente intorno alla chiesa.

Continuità: Bormanus e Bormana sono due divinità liguri,

equivalenti di Apollo e Diana: su tale base viene sostenuta

la continuità toponomastica con Diano.

Osservazioni / Interpretazione: La mansio di Lucus

Bormani è ritenuta una delle più grandi (tra non meglio

precisate altre!), ma è probabilmente confusa con l‟intero

abitato. Non sembra possibile, infatti, data la

frammentarietà dei dati archeologici, proporre una

localizzazione per la stazione vera e propria, per la quale

sembra più convincente l‟identificazione proposta in

località Rovere (scheda IX.3). Più significativi possono

considerarsi i dati circa il legame con un luogo di culto

pagano e la continuità di occupazione, almeno fino ad

epoca altomedievale.

Bibliog.: LAMBOGLIA 1948; GHIGLIAZZA 1950;

LAMBOGLIA 1957; LAMBOGLIA 1958, pp. 129-130;

LAMBOGLIA 1959; LAMBOGLIA 1963B; LAMBOGLIA 1971,

LAMBOGLIA 1976B; MASSABÒ 1987A; GANDOLFI 1991-92,

pp. 138 - 146.

VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX

158

N. IX.3 Lucus Bormani “b” Località Rovere - Località Santuario di Nostra Signora

della Rovere

Comune di S. Bartolomeo al Mare, prov. di Imperia

Viabilità: Via Iulia Augusta, tra Albingaunum e Costa

Ballenae.

Tipo di insediamento: I rinvenimenti, pertinenti ad un

insediamento non meglio qualificabile, di epoca primo

imperiale e tardo romano-bizantina, si distribuiscono in

due nuclei. In contrada Pairola, è stata segnalata una

necropoli usata con sicurezza nell‟epoca tardo-romana e

forse bizantina, con tombe scavate nella roccia e copertura

a doppio spiovente, a sepolture plurime.

Topografia: Il santuario della Madonna della Rovere e

l‟omonima località si trovano a levante di Diano, a circa un

miglio di distanza rispetto all‟area S. Siro - S. Nazario, alla

confluenza delle valli di Diano e del Cervo, nella piana

costiera, sulle ultime propaggini digradanti verso il mare

(che dista 700-800 m.), formate da depositi fluviali. Il

complesso della Rovere si trova sulle sponde del rio della

Madonna.

Scavi: Interventi di emergenza prima del 1983 e dal 1985

al 1992.

Conservazione: Parte delle strutture rinvenute sono state

obliterate dalla costruzione di un edificio scolastico.

Località Rovere - Edifici A e C (fig. 90)

Pianta: Grande struttura (dim. della porzione conservata

m. 32x12,60), con il lato lungo orientato nord-sud,

costituita da una serie di vani paralleli aperti ad occidente

su un lungo corridoio. I vani hanno profondità di m. 7,30

ed una larghezza che varia dai m. 4,30 ai 5,50. Il corridoio,

decorato - o contraffortato - da colonne o pilastri dei quali

si è rinvenuta una base nello spigolo nord, si apriva su di

un‟area scoperta definita “piazza-corte”, in parte occupata

dai materiali di un crollo. Sul lato meridionale del portico,

poteva trovarsi un‟altra ala di edifici, come sembra

attestare l‟abbondante materiale di crollo. Nella “piazza” si

trova un basamento monumentale a gradoni (definito

edificio C), del quale non è stato possibile chiarire la

funzione.

Caratteristiche: I vani erano pavimentati a battuto o a

pietre sparse; il portico aveva, per una parte, un piano

pavimentale di fitto acciottolato, per l‟altra a battuto di

terra con inserimento di poche pietre. Le coperture erano a

tegole e coppi: le tegole erano fissate alla travatura lignea

mediante chiodi di ferro e bronzo, passanti in fori praticati

nei laterizi prima della cottura. I gradoni dell‟edificio C

sono rivestiti accuratamente da lastrine di pietra.

Tecniche costruttive: Fondazioni in pietre a secco,

inzeppate con ciottoli; alzati a spezzoni di pietra legati con

malta molto terrosa. Le strutture dell‟edificio C sono a

grandi blocchi di pietra sgrossati, rinzeppati da ciottoli,

scaglie di pietra e frammenti laterizi.

Località Rovere - Edificio B e pozzo

Si definisce edificio B una coppia di murature disposte ad

angolo ottuso, alle spalle delle quali si trova un pozzo

circolare, di m. 2 di diametro e m. 3,92 di profondità. Il

vasto locale delimitato dalle due murature presenta tracce

di divisione interna. Tra il pozzo e l‟edificio A si trovano, a

quota inferiore, resti di una costruzione preesistente,

costruita a secco, a gradoni, forse pertinente ad un‟opera di

terrazzamento.

Tecniche costruttive: Blocchi di pietra di forma squadrata

ma di dimensioni disomogenee, allettati ordinatamente

nella malta e alternati a filari di blocchi di dimensioni più

regolari. Uno dei due muri dell‟ambiente B è in pietre a

secco.

Interpretazione: Sulla base dei rinvenimenti di scorie di

fusione e sulla presenza di resti di grandi focolari, questo

“edificio” era stato in un primo momento qualificato come

capannone per la lavorazione dei prodotti metallici che

prevedeva un “retrobottega”.

Cronologia del complesso: Gli edifici A e B vengono

assegnati all‟età imperiale, ma alcuni rinvenimenti

sporadici indiziano una frequentazione dell‟area in

un‟epoca anteriore al III secolo a.C. Il crollo dell‟edificio

A, dovuto ad un evento “traumatico”, non supera il II

secolo d.C., mentre l‟edificio B, costruito nella prima età

imperiale (forse, età augustea), sembra abbandonato già

alla fine o anche alla metà del I secolo d.C.

Santuario di Nostra Signora della Rovere - Necropoli

Pianta: All‟interno della navata della chiesa, è stato

rilevato un muro di m. 0,40 di spessore, individuato per

una lunghezza di m. 4,20 (ma che prosegue esteriormente

al lato d‟ingresso della chiesa), associato ad un pavimento

in cocciopesto (dubbio) e ad una “buca di combustione”, di

forma quasi circolare, rivestita di lastre litiche, che

conserva tracce di legname combusto. A ridosso della

chiesa barocca della Madonna della Rovere, sono delle

sepolture, ad inumazione in fosse foderate con lastroni di

pietra e coperte con tegole.

Cronologia: La struttura all‟interno della navata centrale è

datata tra la metà del V e la metà del VI secolo d.C. La

datazione è confermata da alcuni reperti sporadici ed

associata alla “buca di combustione”. Le tombe a cassone

litico si impianterebbero sopra questi livelli e sarebbero

quindi posteriori all‟epoca tardo-romana (la datazione del

Lamboglia era molto più alta, al II-III secolo d.C.).

Osservazioni / Interpretazione: La peculiarità della

planimetria dell‟edificio A, che trova confronti in ambito

cisalpino in particolare con gli edifici del Piccolo S.

Bernardo (scheda XI.4), la precipua tipologia dei

rinvenimenti di quello B, l‟essenzialità delle strutture

architettoniche e l‟assenza di decorazioni suggeriscono agli

editori di identificare in questo complesso le strutture della

mansio, e di ritenere pertinenti al complesso sacrale del

Lucus i rinvenimenti più vicini a Diano Marina (supra,

scheda IX.2). Credo che questa opinione sia condivisibile:

ai resti del santuario di Nostra Signora della Rovere

potrebbe essere facilmente assegnato il ruolo di edificio di

culto cristiano se ne fosse accertata la cronologia tarda,

andando ad ingrossare il numero delle stazioni stradali che

hanno attratto un luogo di venerazione in età cristiana. La

Surace sottolinea come la cronologia di tali strutture sia

diversa da quella tradizionalmente assegnata ai dati

originari contenuti nella Tabula Peutingeriana,

presentando una quasi totale assenza delle attestazioni tra il

II ed il IV secolo d.C.

Bibliog.: SURACE 1984; MASSABÒ 1987B; GANDOLFI

VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX

159

1987-88; GANDOLFI 1991-92, pp. 146 - 152.

N. IX.4 Costa Ballenae Regione Foce; Comune di Sanremo, prov. Imperia;

Casello ferroviario presso Torrente Armea, Comune di

Bussana, prov. Imperia;

Capo Don o Capo S. Siro, Comune di Riva Ligure, prov.

Imperia.

Viabilità: Via Iulia Augusta, tra Lucus Bormani ed

Albintimilium.

Tipo di insediamento: Vicus sorto dove la strada romana

attraversa il corso d‟acqua, abitato che aveva una sua

piccola necropoli ad inumazione di epoca imperiale. Nei

dintorni, si conoscono numerose ville rustiche: quella

indagata più estensivamente si trova presso Bussana, a

levante di Capo S. Siro, “a fianco della via Aurelia”.

Lungo la sponda sinistra del torrente Armea, presso il

cimitero moderno, su un promontorio che digrada verso il

mare, sono state scavate alcune tombe alla cappuccina e in

semplici fosse terragne, databili tra il II ed il III secolo

d.C., attestate presso delle strutture murarie più antiche

forse pertinenti ad un impianto rustico, di cui sono visibili

altri resti presso la foce. In epoca paleocristiana, l‟abitato

romano si trasformò in plebs. È possibile che vada qui

ubicato il castrum Tabia, caposaldo militare bizantino di

VI secolo e che, quindi, la traslazione del castrum verso

l‟interno (presso Taggia) sia avvenuta solo intorno alla

metà del VII secolo. A Taggia è stata scoperta un‟aula

pavimentata a mosaico (per la quale non sono state fornite

informazioni precise), andata distrutta durante le attività

belliche.

Topografia: La mansio viene localizzata nel “giro del

Don” o a Capo S. Siro, alla foce del fiume Argentina, che

in epoca antica doveva trovarsi più vicina al Capo Don.

La zona archeologica definita “Foce”, si estende dallo

sbocco a mare del rio Foce fino a quello del Rio S.

Bernardo, a ponente di Capo Don: il suo nucleo centrale si

trova su una piccola altura protesa verso il mare, che ne ha

eroso una porzione.

Scavi e Ricerche: Tra il 1939 ed il 1940 venne scoperta

presso Capo Don la necropoli. Tra il 1942 ed il 1943 sono

state condotte alcune campagne di scavi, ma si sono anche

avute delle frammentarie indicazioni di rinvenimenti

occasionali, a seguito dell‟attività bellica. Altri

rinvenimenti si sono avuti nel 1985-86.

Conservazione: Alcune porzioni dei monumenti erano

conservate fino a qualche metro di altezza; altre fino al

solo livello dello spiccato.

Insediamento

I rinvenimenti sono raggruppati in almeno due nuclei,

l‟uno (estese rovine) a Capo Don, l‟altro nella regione

Foce.

Regione Foce - villa con impianti termali (fig. 91)

Articolazione Planimetrica: Gli ambienti indagati sono

affiancati gli uni agli altri, apparentemente senza coerenza,

lungo le sponde del torrente foce, con orientamento

secondo i punti cardinali. La porzione occidentale,

costituita da una grande piscina divisa in tre vani il più

meridionale dei quali è absidato, è stata interpretata come

la sezione termale, articolata in calidarium, tepidarium e

frigidarium. Altri resti antichi sono stati inglobati in una

costruzione moderna sulla sponda opposta del rio Foce (la

sinistra).

Tecniche costruttive: Opera listata a ricorsi di laterizi e

specchiature in blocchetti di pietra.

Caratteristiche: I vani del settore termale erano rivestiti

ad intonaco dipinto. Dalla piscina fuoriesce un condotto

fittile, che dopo aver raccolto altri rami di canalizzazioni,

provenienti da altri locali non scavati, scarica in mare.

Cronologia: Sulla base della tecnica costruttiva, l‟impianto

della villa è datato al II secolo d.C.

Continuità: La costruzione moderna che ingloba i resti

sulla sponda sinistra del fiume è detta “Casa ex

Lazzaretto”.

Torrente Armea (fig. 92)

Presso la foce del fiume, sono stati rinvenuti di resti di

argini e muraglioni oggi non più visibili, riferibili alle

strutture del porto canale.

Capo Don - edificio battesimale (fig. 93)

Articolazione Planimetrica: Il battistero, dalla

caratteristica forma ottagonale, con lati ad angoli incurvati,

si posizionò al centro di un‟aula, di forma regolare,

rettangolare o quadrata, pertinente ad un edificio

preesistente. La sala era stata ripartita in due ambienti di

dimensioni disuguali: all‟interno della cella più piccola, è

sistemato un sarcofago di pietra tardo-romano, che

accoglieva delle sepolture plurime.

Caratteristiche: L‟aula è pavimentata in cocciopesto di

rozza fattura; la vasca era foderata con lastre di ardesia e

cornici di marmo di reimpiego.

Reperti mobili: All‟interno di un saggio di

approfondimento, sono stati raccolti materiali di III-IV

secolo d.C.

Cronologia: Sulla base del confronto con i battisteri di

Albingaunum e Forum Julium, la vasca si data al V o VI

secolo.

Osservazioni / interpretazione: Lo stabilimento termale

della villa rustica della Foce è molto modesto. Non viene

specificato il sistema di riscaldamento di questi ambienti,

per cui la stessa identificazione con dei bagni non è certa.

Anche per il nucleo presso il Torrente Armea è stata

proposta l‟identificazione con una mansio: se fossero

meglio conosciuti i resti archeologici, qui si potrebbe

localizzare l‟approdo Tavia Fl., menzionato in It.Ant.

Ritengo che la stazione si possa collocare presso i resti

della Regione Foce, nella posizione strategica di snodo tra

le vie di comunicazioni terrestri, marittime e fluviali. È

significativa anche la vicinanza con l‟edificio battesimale,

perché trova un significativo confronto in altre stazioni

indagate in Italia e nelle province (cfr. scheda II.2

Praetorium Laverianum e cap. VII).

Bibliog.: BAROCELLI 1928, BAROCELLI 1932A;

LAMBOGLIA 1942; Notiziario storico, archeologico e

artistico, sv. Taggia, in “RivIngInt”, I, 1946, p. 13;

LAMBOGLIA 1963A; LAMBOGLIA 1976A; DURANTE - DE

APOLLONIA 1988.

VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X

160

VI. 10 Regio X

Venetia

N. X.1 Pons Aesonti Località Mainizza

Farra d‟Isonzo, prov. di Gorizia

Viabilità: via da Aquileia ad Emona, tra Aquileia e Fluvius

Frigidus.

Tipo di insediamento: Si suppone l‟esistenza di un

piccolo abitato, aggregatosi intorno al punto di

attraversamento della strada sull‟Isonzo, attestato da resti

frammentari del ponte sulla riva sinistra del fiume e,

soprattutto, dal rinvenimento di numerose sepolture in

fosse foderate con lastre di pietra, raccolte in piccoli

nuclei, lungo la strada moderna, lungo le pendici del monte

Fortin e presso la chiesetta di Mainizza. Di fronte a

quest‟ultima, è stato indagato un edificio che è stato

identificato con la mansio.

Topografia: Presso la riva sinistra dell‟Isonzo.

Scavi: Anni „40 -‟50 (Ufficio Tecnico Provinciale di

Gorizia).

Struttura di servizio (fig. 94)? Articolazione Planimetrica: Grande edificio a pianta

rettangolare (m. 12x26,50), diviso in due vani più grandi

separati da uno più piccolo. Quest‟ultimo e quello più

occidentale sono completati sul lato meridionale da tre

“nicchioni” semicircolari, di diverso diametro23. Con le

lettere A e B sono segnati dei tagli operati nelle murature

al livello del piano di spiccato, per il passaggio di canalette

foderate di mattoni, che confluendo nei punti C, D, E; F,

proseguono in un unico canale, che smaltisce le acque

nell‟Isonzo.

Caratteristiche: Lo Scavatore menziona degli ipocausti

realizzati con bessali impilati. Nell‟edificio si

conservavano un lacerto di pavimento a mosaico bianco-

nero e frammenti dei rivestimenti parietali di marmo. Le

altre pavimentazioni erano in cocciopesto e a cubetti

laterizi. Nei dintorni delle strutture, si è rinvenuto un “tubo

di acquedotto” e diverse fistulae di piombo.

Tecniche costruttive: Opera laterizia?

Reperti mobili: Nel monumento sono stati raccolti

numerosi reperti numismatici che datano dall‟epoca giulio-

claudia al regno di Arcadio ed Onorio. Presso la sponda

destra del fiume, è stata rinvenuta una piccola ara dedicata

all‟Aesontius.

Cronologia: Sulla base delle notizie fornite sui

rinvenimenti monetali, proporrei un‟occupazione di prima

età imperiale, che potrebbe perdurare almeno fino al II d.C.

o, forse, sulla base dalla datazione della necropoli, fino al

IV secolo. La datazione delle sepolture era stata fissata dal

Dreossi ad età longobarda, ma secondo lo Stucchi, il

nucleo principale data ad epoca imperiale (dal II al IV-V

secolo d.C.). Solo dalle poche tombe scavate presso la

chiesetta, provengono materiali di stile bizantino.

Continuità: L‟importanza strategica di questo luogo e del

punto di attraversamento del fiume, fu tale che la località

venne menzionata in molte occasioni, in epoca tardo-antica

e altomedievale, fino alle soglie dell‟età moderna: BOSIO

1991, p. 204, nota 1.

Osservazioni / Interpretazione: La pianta e la dotazione

tecnica di questa porzione di edificio nota (suspensurae,

rivestimenti parietali in marmo, tubuli e fistulae) indizia un

uso termale di queste sale, anche se la mancanza di vasche

vere e proprie non consente di confermare quest‟ipotesi

(potrebbe trattarsi solo di vani riscaldati per un uso

residenziale).

Bibliog.: DREOSSI 1943; STUCCHI 1947; BOSIO 1963-64.

N. X.2 Hadriani S. Basilio

Comune di Ariano Polesine – prov. di Rovigo

Viabilità: Variante della via Popilia che partendo da

questa località raggiunge Altino, percorribile anche per vie

d‟acqua.

Tipo di insediamento: Abitato con nuclei insediativi privi

di un vero tessuto urbanistico, circondato da diverse

piccole necropoli. Ad esso fa riferimento la “villa rustica”

interpretata come mansio.

Topografia: A ridosso del Po di Gori, nell‟immediato

retroterra costiero, al riparo delle dune in un‟area libera

dalle acque e geologicamente abbastanza consistente.

Scavi: Tra il 1977 ed il 1980.

Struttura di servizio (fig. 95) Alla prima fase dell‟edificio è assegnabile solo un

ambiente absidato (fig. 95, 1) ritenuto pertinente ad una

struttura termale. Nella seconda fase, le murature di questo

vano vengono sfruttate per la costruzione di due locali

contigui, ai quali se ne affiancano diversi altri: per essi è

ipotizzabile la funzione di depositi, ripostigli e dispense.

Nell‟ala sud si costruisce un portico, mentre nella parte

nord si trova un cortile scoperto. A questa fase è

assegnabile anche l‟uso dell‟ambiente 2, interpretato

inizialmente come forno per i laterizi, e successivamente

come praefurnium, collegato alla vasca posta a sud (fig.

95, n.5). La terza fase, che segue un‟alluvione, presenta

solo dei riutilizzi per usi domestici o per servitù.

L‟insediamento di S. Basilio aveva un porto come è

attestato dal rinvenimento presso lo scavo della villa

rustica dei resti di due chiatte che trasportavano blocchi di

marmo rosa di Domegliara.

Caratteristiche: Il cortile scoperto è pavimentato in cotto,

mentre la vasca n. 5 è pavimentata a cubetti laterizi e

rivestita in cocciopesto. Il pavimento del vano absidato è in

opera spicata. Le pareti della cisterna sono rivestite in

VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X

161

cocciopesto.

Tecniche costruttive: Filari regolari di mattoni (anche in

fondazione). A volte le murature sono realizzate con dei

rudimentali "cassoni" di tegole poste in verticale riempite

di frammenti laterizi. Le murature della terza fase sono di

riutilizzo, con pochi focolari in mattoni e pavimenti in terra

battuta. La maggior consistenza geologica di questo

terreno rende superflue le sottofondazioni a palificazione

lignea.

Reperti mobili: Ceramica a vernice nera padana, sigillata

norditalica e africana, ceramica a pareti sottili, lucerne,

anfore nord-orientali; un sarcofago in marmo greco di

ambiente padano nord-orientale (II-III secolo d.C.).

Cronologia: I fase: I a.C. - metà I d.C. (realizzazione del

vano absidato 1); II fase (imponente ristrutturazione, in

coincidenza con la ristrutturazione viaria di età claudia):

dalla seconda metà del I d.C. al III secolo d.C.; III fase

(segue un‟alluvione): dalla metà del III secolo alla fine del

V d.C.

Continuità: Le fonti altomedievali attestano l‟uso della via

endolagunare fino al V-VI secolo.

Osservazioni / Interpretazione: In questo caso sembra

che la definizione di villa rustica sia impropria: anche se lo

scavo non ha interessato tutto il complesso, non sono

attestate strutture destinate alla produzione agricola o

all‟industria alimentare, mentre appare particolarmente

interessante la presenza dello scalo fluviale.

Bibliog.: DALLEMULLE 1976; DALLEMULLE 1977; UGGERI

1981; D‟ABRUZZO – BONOMI – MENGOTTI – TONIOLO

1982; TONIOLO 1987.

N. X.3 Fossis Corte Cavanella d‟Adige

Comune di Loreo, prov. di Rovigo

Viabilità: Prolungamento o variante della Popilia dell‟età

di Claudio, che unisce Hadriani (vedi scheda X.2) ad

Altino24. Da questa stazione si diparte il percorso di

collegamento con Evrone (Vallonga) sull‟Annia.

Tipo di insediamento: Villa rustica con approdo fluviale.

Topografia: Presso l‟antico cordone di dune litoranee che

segna una delle antiche linee di costa; la villa si trova

presso la riva destra dell‟Adige, su un culmine di dosso

sabbioso, in posizione elevata rispetto alla campagna

circostante. Doveva esistere un alveo che attraversava

quest‟area in direzione est-ovest.

Scavi: 1981-1984.

Conservazione: Stato di conservazione scarso: al piano di

spiccato o al solo livello di fondazione.

Struttura di servizio (fig. 96) Pianta: Accanto a due ambienti di incerta funzione (fig.

96, nn. 1-2), si trovano due corridoi (fig. 96, nn. 4-5) che

delimitano una serie di tre ambienti (5-7) dei quali

soprattutto il n. 6 - caratterizzato dalla presenza dell‟abside

quasi circolare, contraffortato esternamente da muretti-

doveva rivestire una funzione residenziale. Questo nucleo

si affacciava su una corte porticata: l‟intero complesso era

recinto da un lungo muro contraffortato da pilastri (fig. 96,

A), all‟interno del quale la presenza di alcuni recipienti di

pietra e terracotta fa supporre un loro utilizzo come

alloggiamenti per i pali di sostegno di un loggiato. A

questo muro si addossa il piccolo ambiente (E), definito

dagli scavatori "a fuoco". L‟area a nord-est era lambita

dalle acque come si evince dalla presenza di palizzate

lignee. Qui erano anche le strutture per

l‟approvvigionamento idrico rappresentate da una vasca in

mattoni (n. 8) e da una strana pedana di pali di legno

disposti "a zatterone" fissati con dei frammenti laterizi,

interpretata come un sistema per la captazione delle acque.

In una seconda fase, la corte fu obliterata e le costruzioni si

espansero verso nord-ovest, sopra un rialzamento

artificiale del terreno di ca. m. 0,50, realizzato con il

terreno di riporto dello scavo della darsena artificiale

coperta per una lunghezza di m. 23,50 con una tettoia di

tegole e coppi sostenuta da pilastri di sesquipedali. La

darsena era collegata alla via d‟acqua mediante un canale

artificiale: al suo interno si rinvenne lo scafo di una

imbarcazione di legno a fondo piatto adatta per la

navigazione lagunare e fluviale.

Caratteristiche: I pavimenti sono poco conservati: quello

dell‟ambiente 3 è in opus signinum con crustae marmoree,

mentre quelli dei corridoi 3 e 4 sono in cubetti laterizi.

Tecniche costruttive: Le murature della prima fase sono

in blocchi trachitici dei Colli Euganei legati da malta senza

nucleo cementizio, mentre le strutture della II fase sono in

laterizio. In alcuni casi (per esempio, il muro A), si trovano

delle sottofondazioni in pali lignei conficcati nel suolo.

Cronologia: I fase di età augustea- metà I secolo d.C.; II

fase dalla metà del I d.C. al III-IV secolo d.C.:

l‟abbandono è causato da un‟alluvione.

Osservazioni / Interpretazione: La complessità e

l‟impegno tecnico richiesto dalle modifiche apportate

all‟impianto nella II fase, fanno supporre l‟esistenza di un

piano di risistemazione territoriale condotto

dall‟amministrazione dello Stato.

Bibliog.: SANESI MASTROCINQUE 1985; SANESI

MASTROCINQUE - BONOMI - TONIOLO 1986; SANESI

MASTROCINQUE – BONOMI - D'ABRUZZO – TONIOLO 1986;

SANESI MASTROCINQUE 1987; SANESI MASTROCINQUE

1990.

N. X.4 Saebatum S. Lorenzo di Sebato, già di Valpusteria

Comune di Brunico, prov. di Bolzano

Viabilità: Via Aquileia - Veldidena “per compendium”, tra

Sulavione e Littamum.

Tipo di insediamento: Abitato retico (che conobbe il

massimo sviluppo nel V-IV secolo a.C.) e romano, esteso

almeno 9-10 ettari, preceduto da fasi di occupazione nel

mesolitico ed in epoca pre-protostorica. La fase romana

previde una sovrapposizione alle emergenze preesistenti

(quasi tutte distrutte violentemente in un unico momento),

che vennero pressoché integralmente atterrate. La stessa

strada che attraversa l‟abitato, diretta al valico alpino,

obliterò le più antiche necropoli e tutte le strutture

superstiti del villaggio. Da questa strada principale si

staccavano almeno altre due arterie: l‟una diretta al fiume,

VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X

162

ed un‟altra che si dirigeva verso la Val Badia. Tutte le

costruzioni si affollano lungo la strada, ma sono piuttosto

diradate, spesso intervallate da aree destinate alle

coltivazioni ortive. Tuttavia, l‟aggregato è continuo e non

organizzato per nuclei distinti, come inizialmente si

ritenne. Diversi edifici parzialmente indagati possono

essere messi in relazione con le strutture in dotazione alla

mansio (infra, gli edifici cd. “con suspensurae”, “a pianta

poligonale” e sulle due sponde del Rienza). A lato della

strada romana, all‟uscita dall‟abitato in direzione E, è stata

liberata dagli scavi una fascia di terreno, larga m. 3 e lunga

circa 40, coperta da diversi piani di calpestio, alternati a

focolari e buche per palo, pertinenti a strutture lignee, che

si affacciavano sul tracciato e che, per tale motivo, sono

state interpretate come tabernae. Sempre in prossimità

della strada, è stato rinvenuto un pozzo, che attesta

ininterrotte fasi d‟utilizzo tra il I ed il IV secolo. Gli scavi

recenti hanno riportato alla luce una abitazione costruita

nell‟epoca di Gallieno, denominata “casa Puenland”, dal

nome del proprietario del fondo, corredata di forno e di

forgia e completata, forse, da un magazzino. L‟abitazione

aveva un ambiente riscaldato, mediante un ipocausto con

prefurnio.

Topografia: Gli scavi del Brusin avevano indagato l‟area

ai lati del torrente Rienza, poco a monte della confluenza

con il Gadera, ma i resti antichi si distribuiscono lungo

tutto il corso del Rienza, tra S. Lorenzo e Brunico.

Scavi e Ricerche: Scavi del 1938-40 diretti dal Brusin;

prospezioni geofisiche intraprese per la costruzione della

circonvallazione, che hanno consentito l‟indagine

stratigrafica di oltre 10.000 mq. e hanno avviato le nuove

indagini della Soprintendenza e dei gruppi archeologici, a

partire dal 1981.

“Edificio con suspensurae” (fig. 97) Posizionato ai piedi del colle dello Stormo o

dell‟Imperatore, presso la chiesa di S. Croce, dove è stata

anche rinvenuta una tomba con corredo di armi.

Conservazione: Piuttosto scarsa, in quanto compromessa

dai lavori di costruzione della strada moderna.

Articolazione Planimetrica: Serie di ambienti a pianta

rettangolare affiancati ad uno absidato. Alcuni di essi sono

forniti di pavimentazione sopraelevata su suspensurae.

Caratteristiche: Il vano absidato era pavimentato “da una

striscia di pavimento in calcestruzzo, da cui si stacca una

specie di corridoio, con pavimento a ciottoloni. Sono stati

raccolti frammenti di intonaco dipinto.

Tecniche costruttive: La prima fase è realizzata con

murature a ciottoli legati da malta; la seconda prevede un

raddoppiamento dello spessore dei muri, ottenuto con

conglomerato ricco di malta e pochi coementa, tra i quali si

segnalano frammenti di rivestimenti parietali dipinti.

Reperti mobili: Un‟ara votiva con dedica I.O.M. / D.O.,

ed una fontanina marmorea. Le monete rinvenute coprono

un arco cronologico fino al IV secolo.

Osservazioni: Il Borda contesta, e ne condivido la

posizione, l‟equazione tra ambienti dotati di suspensurae

ed impianti termali.

Edificio “a pianta poligonale” (fig. 97)

Conservazione: Le murature sono conservate fino a m. 1

di altezza dal suolo.

Articolazione Planimetrica: Sono ravvisabili due nuclei

di strutture distinti, ma sono ritenuti parte di uno stesso

complesso, stabilimento balneare il primo, ninfeo il

secondo

Caratteristiche: Uno dei pavimenti, detto “a ciottoli

fluviali, è stato sovrapposto di opera signina”, mentre un

altro era a piccole lastre di marmo. Di marmo erano, forse,

anche i rivestimenti parietali.

Tecniche costruttive: Muri spessi m. 0.60, a filari di

ciottoli allettati nella malta a spina di pesce.

Edificio presso la riva sinistra del Rienza

Articolazione planimetrica: Serie di ambienti rettangolari

ed absidati molto vasti, tra i quali si distinguono due vani

attigui ad est, entrambi absidati, serviti da tre praefurnia, e

recinti da un muro. Un secondo muro di recinzione

abbraccia tutto il complesso.

Cronologia: Il muro di recinzione più corto è assegnato ad

una imprecisata prima fase, mentre per quello più lungo,

che recinge il complesso, detto di seconda fase, si ipotizza

una generica datazione ad epoca tardo-imperiale.

Edificio presso la riva destra del Rienza

Sulla sponda destra del fiume, a nord del borgo moderno di

S. Lorenzo.

Conservazione: In parte distrutto dalla strada moderna,

che lo ha tagliato a metà e ne ha obliterato la porzione più

a monte. Con le fondazioni, si raggiungono i m. 2-3 di

altezza delle murature conservate.

Articolazione Planimetrica: Edificio con orientamento

NE-SW, con la fronte, larga m. 69, che si apre al centro in

un ampio emiciclo alle estremità del quale sono due

ambienti a pianta rettangolare. Secondo il Brusin, in questi

due vani si trovavano le scale di accesso al piano superiore,

ma non ne restano tracce. Non ci sono elementi neanche

per ricostruire l‟articolazione planimetrica della parte

posteriore del complesso, forse un cortile recintato,

distrutto integralmente da un incendio.

Caratteristiche: Il livello pavimentale dell‟emiciclo e dei

due vani era a quota inferiore rispetto al resto dell‟edificio,

forse per adattarsi a quello della strada antistante, ma fu

rialzato in un secondo momento.

Tecniche costruttive: Doppi filari di ciottoli con malta,

alternati a filari di pietre più piccole, e di taglio più

regolare, con conci di pietra sagomati posti negli angoli.

Lo spessore delle murature è di m. 0,60. Non si può

escludere, che la porzione posteriore dell‟edificio fosse

realizzata con materiale deperibile.

Osservazioni / Interpretazione: Il Borda suggerisce il

confronto con il burgus di Harlech, presso Weissenburg in

Baviera, che si presenta come una costruzione quadrata, di

m. 32 di lato, con fronte articolata in modo uguale a questa

di Sebato, con una parte posteriore costituita da un cortile

delimitato da un porticato ligneo, datato al I secolo d.C.

Cronologia: Secondo il Brusin, che si basa sul confronto

con l‟edificio d‟Oltralpe, l‟impianto daterebbe alla seconda

metà di I d.C., mentre il Borda propende per una datazione

dell‟impianto tra la fine del II e l‟inizio del III secolo d.C.

Restauri e modifiche furono, comunque, operati, nella

seconda metà del IV secolo.

VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X

163

Tecniche costruttive: In generale, per la fase romana, gli

editori distinguono tre principali tecniche, alle quali

assegnano cronologie distinte: a) muratura legata da malta

di I-II d.C., senza ipocausto, di III secolo se presenta

l‟ipocausto; b) con zoccolo di pietrame legato da argilla ed

alzato in legname, di IV secolo; c) interamente in legno di

seconda metà IV-VI secolo d.C.

Reperti mobili: Negli strati ghiaiosi che si sono

sovrapposti sopra il manto della strada romana, sono stati

rinvenuti migliaia di chiodini per calzature, che

quantificano l‟intenso traffico pedonale di epoca romana.

Cronologia dell’insediamento: I materiali dell‟abitato

attestano, in generale, un impianto di epoca giulio-claudia,

che oblitera quello retico di V-IV secolo a.C., mentre i

livelli recenziori sono datati da reperti monetali e ceramici

al III-IV secolo d.C. Le fasi di crisi, iniziate già nel V

secolo, sono attestate, tra le altre cose, da un improvviso

incremento delle sepolture di infanti. Tuttavia, pure se in

dimore lignee, posate sullo spianamento delle macerie

degli edifici preesistenti, almeno in alcune abitazioni, la

vita continuò fino alla metà del V - VI secolo. Della strada

romana che attraversa l‟abitato sono note due fasi: la

prima, datata genericamente al I d.C., è messa in relazione

con le operazioni militari condotte da Druso mentre, la

seconda, di III secolo d.C., è forse da riconnettersi alla

presenza, attestata epigraficamente, di militari di Settimio

Severo (CIL, V, 1, 1838-1839).

Osservazioni / Interpretazione: In questo caso è attestata

archeologicamente la contiguità tra l‟edificio identificato

come mansio ed il tracciato stradale: il piano di spiccato

delle strutture è in relazione stratigrafica con il manto

stradale di seconda fase. È particolarmente interessante la

soluzione tecnica dell‟emiciclo nell‟edificio 3: si può

interpretare come una forma “elegante” di piazzola, atta a

rendere più agevoli le manovre dei mezzi. La striscia di

terreno inedificato lungo la strada trova un confronto in

quelli individuati ad Ariminum, Ariolica e nella necropoli

di Puteoli (infra, cap. VII). Credo che in questo caso, data

la condizione climatica alpina, la presenza di ambienti

riscaldati non possa essere automaticamente assegnata a

stabilimenti termali. L‟identificazione tra questa località e

la tappa menzionata nell‟Itinerario Antonino è possibile

solo “reintegrando” la cifra X nell‟indicazione della

distanza miliaria XXIII tra Auguntum (ad est di Linz) e

Littamum (qualora corrisponda a S. Candido).

Bibliog.: MAYER 1938; BRUSIN 1941; BORDA 1949;

BAGGIO 1982; BAGGIO 1983; BAGGIO – DAL RI 1984; RIZZI

1985.

N. X.5 Fons Timavi Duino e S. Giovanni di Duino

Comune di Monfalcone, prov. di Gorizia

Viabilità: Via “Gemina”, da Aquileia a Tergeste

Tipo di insediamento: L‟arco adriatico tra le colline che

rappresentano le ultime propaggini dei rilievi carsici ed il

mare, in prossimità del corso e delle sorgenti del Timavo,

appare fittamente occupato da insediamenti abitativi, con

le relative necropoli (una villa romana in località Tavoloni,

un sepolcreto con tombe alla cappuccina, presso la

chiesetta di S. Antonio, sulla collinetta omonima, ed

un‟abitazione rurale, un edificio da interpretarsi forse come

magazzino, databile dopo il 221 d.C., in località Bertina e

altre due ville presso Monfalcone, posizionate tra la via

Aquileia-Tergeste ed il mare25), gli impianti termali

connessi alla presenza delle sorgenti termo-minerali e

molti luoghi di culto, anche di tradizione antichissima.

Sull‟isola parva, sorgevano l‟impianto termale principale

(quello raffigurato nella Tabula), che sfruttava sorgenti di

acqua calda, e l‟edificio ad “U”. Presso quest‟ultimo, è

stata anche rinvenuta una imbarcazione antica,

completamente interrata dai detriti che hanno saldato

l‟isola alla terraferma. La stazione stradale, invece, sarebbe

sorta lungo la strada che costeggia il Lisert, e che corre sul

piede dei rilievi carsici, a circa un chilometro di distanza

dallo stabilimento termale. Dove la strada attraversava il

corso d‟acqua, sotto il ponte della SS. 14, presso il paese di

S. Giovanni di Duino, sono stati rinvenuti i conci della

ghiera del ponte romano, con l‟epigrafe che ricorda la

Legio XIII (Gemina). La foce del Timavo era sfruttata in

epoca antica come porto fluviale. Presso le sorgenti del

Timavo, oltre a quello del Divo Timavo stesso, assimilato

a Diomede, sono attestati numerosissimi culti, legati in

parte alle acque salutari, in parte ad Ercole, e presso una

grotta, già abitata nel Ferro, è attestato il culto di Mitra:

tale mitreo, datato intorno al 100 d.C., si attesterebbe come

uno dei più antichi tra quelli noti in Italia. La maggior

parte degli ex-voto del culto salutifero provengono dalla

zona della chiesa di S. Giovanni di Duino, indiziando una

netta separazione tra il luogo dove si effettuavano i

trattamenti terapeutici (cioè, presso lo stabilimento

dell‟isoletta) e il luogo di culto, dove si depositavano le

offerte. La venerazione di età pagana trova una

continuazione in quella cristiana di S. Giovanni Battista, al

quale viene dedicata la basilica paleocristiana di V secolo,

preceduta forse da un sacello più antico.

Topografia: La strada corre ai piedi della collina sulla

quale sorge l‟impianto termale: in epoca antica, qui si

allungava un braccio di mare, ora interrato, nel quale si

trovava un‟isoletta, nota anche attraverso la testimonianza

di Plinio, distinta in due alture (quella detta di S. Antonio e

quella de La Punta). I due complessi monumentali situati

sull‟isola erano tra loro collegati da una strada. La zona

che il toponimo odierno Lisert indica come desertum era

paludosa ed è stata bonificata solo negli anni ‟30:

corrisponde, con ogni probabilità, al “laghetto” raffigurato

nella Tabula sotto la vignetta del Fons Timavi, da ritenersi,

quindi, un lago costiero (certo di ampiezza e rilevanza

minori rispetto a quello che assume nella raffigurazione

della Tabula).

Scavi: Dopo le occasionali ricerche dei secoli passati, una

porzione dello stabilimento termale romano è stata oggetto

di indagine tra il 1911 ed il „13 per opera di un‟équipe

austriaca, all‟interno del cortile del complesso termale

moderno di S. Antonio. L‟edificio presso la collina della

Punta è stato indagato tra il 1970 ed il 1973.

Conservazione: L‟impianto di una cava e una gran

quantità di rifiuti industriali hanno in parte distrutto, in

parte obliterato i resti dello stabilimento termale. Una parte

VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X

164

delle strutture antiche è ancora interrata sotto l‟edifico

moderno, ormai abbandonato.

S. Giovanni - Collina di S. Antonio - Impianto termale

(fig. 98)

Articolazione Planimetrica: Edificio quadrato che

circondava la sorgente presso l‟altura di S. Antonio, che

accoglieva una grande piscina-calidarium, accessibile

attraverso gradini di marmo su tutti i lati. Accanto a questo

era un altro edificio, a corte, con pianta rettangolare, con

peristilio movimentato da esedre, variamente interpretato,

quasi certamente da identificarsi con la palestra-giardino

dello stesso stabilimento termale. Pianta rettangolare ha

anche il padiglione messo in evidenza nello scavo

archeologico entro il cortile dello stabilimento moderno,

ripartito in quattro vani di dimensioni uguali (m. 3x5),

raccordati mediante un locale delle stesse dimensioni ad

una serie di vani più piccoli (m. 3x4), andando così ad

assumere una lunghezza totale in senso est-ovest di m. 50

circa (fig. 98). Altri resti di murature, di forma e funzione

imprecisata, si sono rinvenute presso il lato occidentale

dell‟altura di S. Antonio.

Caratteristiche: Alcune stanze avevano un pavimento a

cubetti laterizi ed erano rivestite da intonaco dipinto.

Restano lacerti di pavimentazioni a mosaico di bella fattura

e molti elementi decorativi. Resti di pavimentazioni a

mosaico sono stati rinvenuti anche nel padiglione scavato

nel 1911. È rilevante il numero delle fistulae aquariae

rinvenute, quasi tutte con i marchi di fabbrica.

Collina della Punta - Edificio ad “U”

Pianta: Edificio molto ampio, a pianta rettangolare,

aperto, come lo stabilimento termale, verso la palude del

Lisert, protetto verso mare dalla collina della Punta.

Presenta due lunghe ali parallele di vani paratattici

collegate sul lato settentrionale da un‟ala trasversale, che

racchiudono un vasto spazio centrale.

Caratteristiche: Da questo edificio proviene un bel

mosaico bianco e nero con delfini affrontati. Alcuni

ambienti erano pavimentati a lastre di cotto.

Cronologia: I motivi iconografici dei mosaici vengono

fatti risalire ad un periodo compreso tra la fine dell‟epoca

repubblicana ed il II secolo d.C. Lo sfruttamento delle

sorgenti, però, deve essere stato ininterrotto fino al V

secolo, epoca in cui sembra arrestarsi a causa delle

invasioni di popolazioni transalpine. I materiali votivi,

tipologicamente tutti affini (arule con iscrizione), non

possono risalire a prima del secondo quarto del I secolo

a.C., mentre le iscrizioni dedicatorie non scendono oltre il

II secolo d.C. La sistemazione della rete viaria risalirebbe

alla metà del I secolo a.C.: a quell‟epoca dovrebbero

assegnarsi anche le opere murarie ai piedi della collina di

S. Giovanni di Duino presso il corso del fiume, ricondotte

a strutture portuali.

Duino - Acquedotto “Randaccio” - Foci Timavo

Struttura di sosta? (fig. 99)

La strada attraversa la zona di S. Giovanni al Timavo,

sdoppiandosi in due varianti: lungo la più ripida delle

quali, presso l‟area dell‟acquedotto Randaccio, alle

Risorgive del Timavo, si trova un altro edificio ad “U”.

Alle spalle di questo monumento si rintracciano proprio i

solchi dei carri che hanno intaccato il banco roccioso.

Articolazione planimetrica: Il complesso, disposto su tre

livelli con orientamento NW-SE, si estende per circa

10.000 mq., lungo il pendio della collina digradante verso

il mare. Al livello superiore sono stati messi in luce un

ambiente (fig. 99, I) e parte di un secondo, attrezzato,

quest‟ultimo con le suspensurae. Del livello intermedio si

conoscono due sale, piuttosto grandi, raccordate tra loro da

un muro (fig. 99, nn. II e V): la II fu interessata, in epoca

posteriore, dall‟impianto di un rozzo focolare, posizionato

nell‟angolo nord-est sopra il mosaico pavimentale. Al

livello inferiore sono stati liberati due vani, che derivano

dalla divisione di una sala unica all‟origine: il n. IV era

stato interessato, come il II, dall‟impianto di un altro

focolare, circoscritto da quattro sesquipedali affiancati.

Caratteristiche: Lungo le pareti, decorate con pitture

policrome, erano sistemati i tubuli per il riscaldamento.

Il vano I (forse) è pavimentato a “tessere di cotto”; la sala

n. II è pavimentata a mosaico bianco e nero, con un motivo

a stelle di losanghe (fig. 99), restaurato in antico con lacerti

di cocciopesto. Con un tappeto musivo bianco-nero di

pregevole fattura erano pavimentati anche i locali IV e X,

mentre il n. V aveva un mosaico a tessere solo bianche.

Tecniche costruttive: Sono solo dette di “buona fattura”!

Sulla base della documentazione fotografica, si può

suggerire che fossero a lastre di pietra tagliate piuttosto

regolarmente, disposte a ricorsi intervallati da letti di

malta.

Cronologia: Si sono succeduti ampliamenti e rifacimenti

tra il I a.C. ed il II secolo d.C.: al I secolo a.C. data

l‟impianto, che ha subito una prima risistemazione nel I

d.C. ed un riutilizzo nel II, continuato fino al III secolo,

quando l‟insediamento è “scaduto” ad una occupazione di

modesta entità e vitalità. Al II secolo data, invece,

l‟abbandono dei due vani posti a quota inferiore (nn. IV e

X).

Osservazioni / Interpretazione: L‟edificio dell‟altura

della Punta è stato interpretato dalla Bertacchi, sulla scorta

di un modello di villa rustica isolato nel Cividalese, come

una villa che contemplava alcuni ambienti per lo

sfruttamento dei poteri medicamentosi delle acque termali

che sgorgavano anche presso la collina della Punta. Come

mansio, la Maselli Scotti candida, in via ipotetica,

l‟edificio dell‟acquedotto Randazzi, che però non sembra

caratterizzarsi molto diversamente da quello di

Monfalcone, che prevede anche l‟accesso dal mare.

Entrambi, comunque, presentano connotazioni piuttosto

caratteristiche e molto significativa appare la connessione

con il tracciato viario.

Bibliog.: REISCH 1913; STICOTTI 1920; BOSIO 1973;

BERTACCHI 1974, pp. 392-399;BERTACCHI 1979, pp. 285-

288; SCOTTI MASELLI 1977; SCOTTI MASELLI 1978; SCOTTI

MASELLI 1979, pp. 366-370; MARCHIORI 1982;

MIRABELLA ROBERTI 1990, pp. 67-68 e pp. 70-73, con

bibliog.

VI.11 Rassegna Archeologica: Regio XI

165

VI. 11 Regio XI

Transpadana

N. XI.1 Stazione anonima presso S. Vincent Saint Vincent – Chiesa Parrocchiale

Comune di Saint Vincent, provincia di Aosta

Viabilità: Via delle Gallie, tra Eporedia e Augusta.

Tipo di insediamento: Impianto termale tardo antico,

sorto nelle immediate vicinanze della via pubblica.

Restano tracce della strada romana e le rovine del ponte

antico sul torrente Cillan.

Topografia: La costruzione segue la forte pendenza della

collina con andamento N-S. La strada si trova a monte.

Scavi: 1969-1972.

Impianto termale (figg. 100-101)

Articolazione planimetrica: A schema distributivo assiale

est-ovest, costituito “dalla successione paratattica dei vani

del blocco termale”, l‟edificio prospetta a sud su un ampio

pianoro, che si ritiene inedificato per consentire una

maggiore insolazione. Questi vani sembrano essere solo

parte di un complesso più vasto, aperto su uno spazio

scoperto e gravitante sulla strada. Le indagini sono limitate

e complicate dalle sovrapposizioni e dall‟impianto di una

necropoli con tombe a fossa entro l‟aula absidata che a sua

volta si insedia nel fabbricato nel IV secolo, munita di

contrafforti esterni . Con l‟abbandono, nel V secolo, l‟aula

absidata viene trasformata in luogo di culto e di sepoltura.

Cronologia: I resti più antichi datano al I secolo a.C., ma

l‟impianto termale è stato costruito solo alla fine del II o

all‟inizio del III secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: Si è inizialmente

avanzata l‟identificazione con una villa ma gli sviluppi

dello scavo hanno portato a pensare ad una struttura

connessa al transito, una mansio vera e propria o un

complesso termale collegato ad un vicus. Per gli impianti

termali minori legati al transito vedi PELLEGRINO 1989, pp.

39-40.

Bibliog.: MOLLO MEZZENA 1982, pp. 298-310; MOLLO

MEZZENA 1992a, p. 279, fig. 20a e b; MOLLO MEZZENA

1995, p. 182, figg. p. 181-183.

N. XI.2 Augusta Praetoria Località Saraillon

Comune di Aosta, prov. di Aosta

Viabilità: Via delle Gallie

Tipo di insediamento: Impianto rustico localizzato fuori

della cinta muraria della colonia, sede della Statio

Quadrigesima Galliarum (CAVALLARO – WALSER 1988,

pp. 52-53, n. 17).

Topografia: Lungo la strada che viene dal Poeninus, circa

m. 800 prima della porta Principalis sinistra, ad occidente

della rampa.

Scavi: 1972.

Struttura di servizio?

I resti sono riconducibili ad un impianto rustico,

pluristratificato, vissuto tra il II secolo ed il tardo impero,

nel quale sono stati enucleati i settori utilitaristici e quelli

destinati alla produzione artigianale. Proprio in un

ambiente di questi sono stati rinvenuti residui di

combustione e scorie ferrose, sparsi intorno a dei pilastri di

cementizio che devono aver funzionato da supporto di un

porticato o di una tettoia, interpretati come i resti di una

officina di fabbro.

Tecniche costruttive: Le prime fasi prevedevano delle

murature in opera incerta che manifestavano la tendenza a

regolarizzarsi, mentre per le fasi più tarde sono attestate

murature a blocchi squadrati di pietra messe in opera con

tessitura non molto regolare.

Cronologia: Prima frequentazione di II-I secolo a.C. ma

l‟impianto sorge forse nel corso del II d.C., e perdura

almeno fino al IV secolo d.C.

Osservazioni / Interpretazione: La presenza di una

officina di fabbro è ritenuta dall‟Editore abbastanza

significativa per riconoscere in questo sito una stazione

viaria.

Bibliog.: MOLLO MEZZENA 1982, pp. 291-292, tav. I, n. 9;

MOLLO MEZZENA 1995, p. 182.

N. XI.3 Summus Poeninus Gran S. Bernardo - Plan de Jupiter (Plan de Joux) Comune

di Saint Rhémy, prov. Aosta

Viabilità: Via da Augusta Praetoria, dove si biforca da un

lato verso l‟Alpis Graia (Piccolo S. Bernardo) e dall‟altro

verso il Gran S. Bernardo-Summus Poeninus (fig. 169).

Tipo di insediamento: Santuario del dio Poeninus presso

uno sperone di roccia (fig. 102, “A”); tempietto di

fondazione augustea (fig. 102, “B”).

Topografia: Piccolo piano tra alcune sporgenze rocciose ai

piedi del monte Chanalettaz.

Scavi: Tra il 1760 e 1764 e tra il 1837-38 3 1871-94, per

un totale di circa mq. 1800.

Conservazione: Scarsa, di poco superiore al piano di

spiccato.

Insediamento (fig. 103) Mansio (fig. 102, “D”)

Conserva solo le fondamenta semidistrutte. L‟edificio ha

un ampio cortile a pianta rettangolare circondato da

ambienti stretti e lunghi.

Tecniche costruttive: Muratura di piccole pietre legate

con calce tenera disposte in strati orizzontali e riquadrate

quando necessario. Le divisioni interne sono realizzate con

il legname. Le murature hanno uno spessore di m. 0,90, ed

è pertanto presumibile che il piano superiore fosse

costruito in legno.

VI.11 Rassegna Archeologica: Regio XI

166

Mansio (fig. 102, “C”)

Simile alla precedente, nella pianta e nelle tecniche

costruttive.

Mansio

Lungo la strada che conduce a Saint Rhémy, a 2 km. di

distanza dal Plan de Jupiter, al di sotto delle strutture di

una casa moderna, frammentari elementi archeologici

sembrano potersi ricondurre ad un edificio per accoglienza

di età romana.

Reperti mobili: Soprattutto ceramiche sigillate galliche;

molte monete di tipo gallico dal deposito presso la rupe;

molti laterizi con bollo di prima età imperiale, pertinenti

alla fase dell‟impianto. Monete carolinge di IX secolo, che

attestano la continuità della frequentazione, per tutto il

corso dell‟alto medioevo, anche prima della fondazione

dell‟ospizio.

Cronologia: Impianto di età imperiale iniziale (in base ai

bolli laterizi). Sulla base dei reperti ceramici, si può

confermare una frequentazione concentrata nei primi due

secoli dell‟impero.

Continuità: Almeno dal IX secolo d.C. esiste in quest‟area

un ricovero per viaggiatori e pellegrini. Nell‟XI secolo S.

Bernardo di Metone vi fonda una Casa Ospitale.

Osservazioni / Interpretazione: Questo nucleo

insediativo ha da sempre costituito uno dei punti di

riferimento per la ricostruzione della tipologia delle

stazioni stradali, anche sulla base della assoluta certezza

nell‟identificazione. In tale contesto, appare

particolarmente indicativa la planimetria degli edifici

addetti all‟accoglienza, articolati in vani di dimensioni

piuttosto omogenee distribuiti intorno ad un vasto cortile

accessibile dalla strada. Anche la ricostruzione del

monumento con un secondo piano trova confronti

particolarmente significativi in edifici privati ma

ugualmente destinati alla ricezione turistica in centri urbani

come Pompei. Da sottolineare anche la connessione, più

volte registrata, tra stazione stradale e luogo di culto.

Bibliog.: CASTELFRANCO 1889; pp. 75-87; FERRERO 1890,

pp. 273-274, 294-306; BAROCELLI 1948, coll. LXV-LVI;

pp. 54-62; CHEVALLIER 1972, p. 156; ARCHEOLOGIA IN

VAL D‟AOSTA 1991, pp. 157-173; DENTI 1991, p. 230;

MOLLO MEZZENA 1992B; MOLLO MEZZENA 1995.

N. XI.4 Alpis Graia Piccolo S. Bernardo

Comune La Thuile, prov. di Aosta

Viabilità: Via da Augusta Praetoria, dove si biforca da un

lato verso l‟Alpis Graia (Piccolo S. Bernardo) e dall‟altro

verso il Gran S. Bernardo (Summus Poeninus).

Tipo di insediamento: Santuario a frequentazione

prevalentemente militare, in cui si trovano un recinto sacro

di epoca preromana e due edifici di culto (da cui

provengono dediche a Giove Dolicheno, Marte ed Ercole:

fig. 104, B-C). Per il secondo di essi (C) Barocelli ha

avanzato l‟ipotesi di identificazione con una mansio.

Topografia: Piccolo altipiano alla sommità del valico.

Scavi: Dall‟inizio del Novecento al 1914 e nel 1928-30.

Conservazione: Conservata solo la zoccolatura di

pietrame.

Mansio (fig. 104, A, figg. 172-173)

Grande edificio rettangolare (m. 25x67,50) dominato da un

vasto cortile circondato da una serie di locali con l‟ingresso

sulla strada a nord, monumentalizzato da un portico.

L‟androne è sufficientemente grande per farci passare un

carro. Il settore occidentale è occupato da ambienti

interpretabili come magazzini o scuderie. È possibile che

alcune parti dell‟edificio risalgano ad una seconda fase non

ben identificabile.

Tecniche costruttive: Muretti a schegge di pietrame di

piccole dimensioni con fronti rivestite da schegge spaccate

a metà e disposte con una certa regolarità. Gli angoli sono

rinforzati da blocchi di tufo alpino. Lo spessore dei muri

maestri raggiunge i m. 0,70, mentre nelle pareti divisorie è

di m. 0,40. È possibile che esistesse un secondo piano

costruito in legno.

Mansio o edificio di culto (fig. 104, C; fig. 107)

Si trova nei pressi della colonna detta "di Giove". Secondo

l‟opinione del Barocelli, l‟edificio fu adibito - almeno

inizialmente - a ricovero. È costituito da vari locali disposti

intorno ad un cortile centrale. Vi si accede dalla strada a

sud, attraverso una piccola salita: l‟ingresso era forse

preceduto da un portico. Sul lato opposto si trova un locale

indipendente, utilizzato per un culto religioso ascrivibile

con ogni probabilità a Giove.

Tecniche costruttive: Uguale a quella dell‟edificio a). Lo

spessore dei muri è, però, maggiore (m. 0,8) ed è pertanto

più certo che vi fosse un altro piano interamente o

parzialmente costruito in legno.

Reperti mobili: Molte monete la cronologia delle quali

spazia dalla prima età imperiale ad Aureliano, con una

maggior concentrazione dei rinvenimenti per l'epoca

compresa tra la seconda metà del I d.C. e la prima metà del

II d.C.; presente in gran quantità la ceramica sigillata

gallica; molti laterizi bollati.

Cronologia: Inizio dell‟età imperiale (in base ai bolli

laterizi), in concomitanza con la sistemazione della strada.

Nell‟eventualità che le fasi costruttive siano due, esse sono

da porsi in un limitato arco di tempo.

Continuità: Nel secolo XI sorge l‟Ospizio od Ospitale del

Monte della Colonna di Giove (nel luogo in cui è sorto

successivamente quello moderno). Dal XIII secolo,

l‟Hospitale Montis Columpne Iovis inizia ad assumere il

nome di Piccolo S. Bernardo.

Osservazioni / Interpretazione: Oltre che per la

planimetria, che appare in questi edifici per accoglienza

particolarmente tipologizzata, questo insediamento risulta

particolarmente importante per la relazione che si può

stabilire tra stazione e “situazione” topografica

significativa: la scelta del valico non è, ovviamente

casuale, ed è anche all‟origine della continuità che arriva

fino ai giorni nostri. In questo quadro rientra anche il

collegamento con il luogo di culto che appare, sì, corredo

della stazione ma che l‟ha preceduta.

Bibliog.: BAROCELLI 1924; BAROCELLI 1932B, cap. VI;

BAROCELLI 1948, coll. LXIII-LIV; pp. 1-10; WALSER

1986, pp. 71-73; DENTI 1991, p. 230, fig. 208; MOLLO

MEZZENA 1995.

VI.11 Rassegna Archeologica: Regio XI

167

N. XI.5 Rigomagus Trino - Località Le Verne

Comune di Tricerro, prov. di Vercelli

Viabilità: Si è proposto il tracciato Vercellae - Hasta, poco

a sud dell‟incrocio con la via da Cottiae a Taurinis. La

strada potrebbe passare a monte del vecchio spalto fluviale

(detto “costa”) del Po.

Tipo di insediamento: La mansio sarebbe isolata, a nord

del centro di origine celtica di Rigomagus, identificato nel

centro di Trino.

Topografia: Piana fluviale. Il livello superficiale di epoca

romana non sembra molto diverso da quello attuale,

trovandosi la risega di fondazione a soli m. 0, 25-0,40 di

profondità.

Struttura di servizio (fig. 108)

Pianta: Teorie di vani affiancati, che sembrano disposte a

blocchi all‟esterno del vasto cortile porticato (del quale

non si vede l‟accesso). Tutt‟intorno al recinto corre una

strada larga m. 3,60; tra il blocco di edifici più

monumentali e il lato ovest del cortile è stato messo in luce

un tratto di strada larga m. 1,10, pavimentata con ciottoli

frammisti a pochi frammenti laterizi. Il cortile misura m.

52x60, il muro perimetrale è spesso solo m. 0,30, ma è

contraffortato lungo tutti i lati esterni da pilastri a base

rettangolare di m. 0,45x0, 60, che raggiungono i m. 0,90 di

lato negli angoli. Con l‟esclusione delle basi di colonna,

disposte regolarmente ogni m. 2,50 lungo tutti i lati del

cortile, i saggi non hanno rilevato la presenza di alcuna

struttura entro l‟area scoperta. Il portico, che correva

tutt‟intorno, aveva un tetto a tegole e coppi su travatura

lignea, che posava su un lato sulle colonne, sull‟altro sui

contrafforti, disposti regolarmente in corrispondenza con

quelle. Il complesso occidentale (“C” nella fig. 108) si

articola in due aule absidate affrontate, simmetricamente

contrapposte ai lati di un vano nel quale sono ricavati due

piccoli locali (“h” nella pianta), vano attraversato da

canalette che portano l‟acqua all‟esterno. L‟ambiente

centrale era forse coperto da un tetto sostenuto da colonne,

delle quali resta un basamento.

Caratteristiche: Nell‟angolo nord-est del recinto, entra

una canaletta che corre coperta da sesquipedali nel tratto

esterno (internamente è al livello della superficie di

calpestio), composta con elementi prefabbricati, scaricando

nel pozzo (“b” nella pianta), nell‟angolo opposto della

corte. Un‟altra canaletta (c, nella pianta), costruita e

coperta con sesquipedali, porta, invece, l‟acqua all‟esterno

del recinto, verso un pozzetto di cui restano scarse tracce.

Tutti i vani del blocco C - escluso lo spazio centrale

indicato con “e” ed “f” nella pianta - sono pavimentati in

cocciopesto.

Tecniche costruttive: Le fondazioni dell‟area B (cortile)

sono costruite con cortine di ciottoli di medie dimensioni,

allettati ordinatamente a ricorsi orizzontali, che contengono

un nucleo formato da argilla e sabbia in cui sono gettati

alla rinfusa ciottoli più piccoli. Gli alzati sono invece

realizzati in laterizio con sesquipedali di m.

0,45x0,30x0,06, misura qui canonica, interi. Le fondazioni

dei pilastri sono più robuste, a grandi ciottoli. Le

fondazioni del settore C sono piuttosto robuste (fino a m. 1

di spessore), realizzate a strati di grossi ciottoli allettati

nella malta di calce e ghiaia. Secondo l‟Editore, lo spessore

delle fondazioni del blocco C è tale da giustificare

l‟esistenza di un secondo piano. Le costruzioni dei blocchi

A, D, F si presentano molto più modeste, con fondazioni di

m. 0,45-0,60 di spessore, realizzate con ciottoli e

frammenti laterizi mescolati con l‟argilla e la sabbia. In

particolare nel settore A si individuano tratti di fondazioni

costruite con tecniche diverse che potrebbero riferirsi a

costruzioni innalzate in epoche diverse.

Cronologia: Non vengono fornite indicazioni circa i

rinvenimenti datanti. Genericamente, proporrei una

datazione nell‟età imperiale.

Interpretazione / Note: Nei blocchi A, D, F andrebbero

individuati degli edifici di incerta destinazione (osterie e

alberghi per i viaggiatori comuni, stalle, magazzini,

botteghe, ecc.). Ad un‟epoca molto posteriore risalirebbero

le costruzioni indicate in figura con A/1 ed E, realizzate

con materiale di reimpiego. Secondo il Borla, nel cortile

(di oltre 3000 mq., perimetrato da 220 m. lineari di tettoia,

che coprivano circa 660 mq.), potevano essere sistemati

dei tramezzi lignei che garantivano la funzione di stalle,

magazzini, parcheggio veicoli, officine di carradori.

Almeno la canaletta scoperta “a” poteva funzionare da

abbeveratoio per le bestie. Le dimensioni “canoniche”

delle due aule sottintenderebbero il progetto statale, i due

locali “h” sarebbero destinati alle abluzioni.

L‟identificazione di questo complesso con una stazione

stradale è stato recentemente messo in discussione da

RUBINO 1999.

Bibliog.: SOMMO 1982, p. 315, tav. 114; BORLA 1980;

RUBINO 1999.

1 L‟edificio a pianta basilicale è distante circa 40 m. dal lastricato

dell‟Appia, ma si apre sul lato opposto, rispettando probabilmente la presenza di sepolcri pagani di epoca precedente. La costruzione è in opera

mista di tufelli e ricorsi molto frequenti di laterizi (ogni 30 cm.), larga m.

15, 75 e lunga almeno m. 18,60. L‟aula era divisa in tre navate di ampiezza disuguale da due file di 3 pilastri ciascuna, che terminavano

contro un muro con tre aperture. La presenza di una quarta fila di pilastri

ci induce a pensare ad un atrio. Anche l‟abside è decentrata rispetto all‟asse principale. Nel pavimento erano ricavate molte formae, a più

livelli di deposizioni. Nel pavimento dell‟aula e nei rivestimenti delle

fosse sono reimpiegate diverse epigrafi, alcune delle quali datano all‟ultimo ventennio del IV secolo, ed è stata rinvenuta riutilizzata anche

l‟epigrafe che ricorda la dedica dell‟area a scopi funerari: NARDINI 1922,

p. 250. 2 L‟epigrafe, molto mutila, non menziona la dedica di un edificio pubblico, come è sostenuto dal Cressedi. 3 La figura che correda l‟edizione (qui n. 23) non riporta orientamento

astronomico, che, quindi, viene sottinteso a nord. 4 Culto attestato dal rinvenimento di un testo epigrafico con invocazione

alla pace, datato tra la seconda metà del II e l‟inizio del III d.C.: QUILICI

1982, pp. 127-128, con bibliog. 5 Secondo il Quilici è da ritenersi una cisterna, mentre è un‟ipotesi del

Luttazzi che tale costruzione sia da interpretarsi come un monumento

funerario di età medio-repubblicana. 6 Ancora oggi, la cisterna alimenta un fontanile moderno, ed è pertanto

VI. - Note

168

possibile che questa fosse la sua funzione in età romana. 7 Con muri perimetrali in opera incerta, misura m. 14x10,60. Degli 8

pilastri gli ultimi 2 del lato di fondo hanno corrispondenza con 2 muri in

blocchetti di tufo addossati alle pareti laterali. Per questo edificio, si è proposta dubitativamente l‟identificazione con un monumento a scopo

funerario ma si è, altresì, suggerito il confronto con strutture a 3 navate

inserite in complessi agricoli attestate in Britannia: CALCI – MESSINEO

1989-90, p. 146 con bibliog. In alternativa, proporrei l‟identificazione con

un luogo di riunione della comunità rurale dislocata nei dintorni. 8 Seppure non è indicato nell‟edizione, è verosimile che la calcara sia stata apprestata in età medievale. 9 Il Casino Mortelleto è l‟antico Convento di S. Teodoro: con i due

toponimi sono indicati i resti della stessa villa (ritenuti, invece, distinti dalla CROGIEZ 1990B, pp. 427-428). 10 L‟esistenza di quest‟incendio è negata dal COLICELLI 1996, p. 186, nota

47, che ritiene che sia avvenuta confusione nella bibliografia con dati pertinenti ai resti della località S. Romano. 11 Qui, Cicerone fu costretto a sostare, nel 44 a.C., dopo esservi stato

spinto dai venti contrari, mentre era diretto in Grecia. 12 In questo punto, la strada antica dovrebbe passare parallelamente alla

SS. 106. 13 La ricerca delle matrici per il repertorio dei mosaici, conduce, secondo Barillaro, all‟Africa romana, qui come a S. Aloe di Vibo Valentia, con la

quale quest‟impianto avrebbe in comune il frigidarium a transetti laterali

(aditus a latere positi), e le maestranze africane sarebbero le stesse impegnate nella tessitura dei mosaici di Piazza Armerina; gli studi più

recenti, invece, enucleano una forte componente di originalità per il mosaico delle Nereidi ed una più generica ascendenza dall‟Africa per i

motivi geometrici. 14 GUALTIERI – SALVATORE - SMALL 1983, p. 83 ss.; SMALL – BUCK

1994: la pianta è molto simile ma più articolata, tuttavia, non sono stati

ritrovati resti di viabilità tangente all‟insediamento. 15 Nelle pubblicazioni più recenti, anche la Crogiez propone una localizzazione lungo la via Transistmica, rinunciando a quella lungo la via

Capua – Regium inizialmente proposta. 16 La denominazione di “vicus” è attestata dalle fonti letterarie: SPADONI -

REGGIANI 1992, pp. 160-161. 17 Lo scavo è rimasto inedito a causa della morte di C. Curri, a cui era

stata affidata l‟edizione. Presso l‟Assessorato alla Cultura del Comune di Grosseto, è conservato un dattiloscritto intitolato “La via Aurelia nella

Maremma Toscana da Cosa a Populonia”, curato da Curri C. e Masini I.,

con sintesi delle scoperte. 18 Quello presentato in CYEGELMAN – DANTI 1991 non consente di

riconoscere le tecniche edilizie adottate. 19 Il Gamurrini non riteneva che l‟insediamento superasse i primi secoli dell‟impero. 20 L‟interpretazione dell‟edificio settentrionale come caserma è solo

ipotetica. 21 La leggenda di S. Agnese, santa di origine locale (diversa dall‟omonima

romana), che ha dato il nome agli impianti moderni in quanto collegata ad

una miracolosa guarigione operata dalle acque minerali, riprende quello della ninfa legata al culto di queste acque, narrato da Marziale, IX, 58, 1-

4, che ricorda la ricchezza di acque sorgive nel territorio di Sarsina. 22 L‟incannucciata poteva, altresì, costituire la base di una controsoffittatura intonacata. 23 Nella pianta di corredo alla pubblicazione, i “nicchioni” sembrano vere

e proprie absidi, ma la presenza di un muro che divide gli ambienti dalle nicchie, suggerisce che queste abbiano un piano di calpestio ad un livello

leggermente superiore. 24 È un itinerario alternativo percorribile anche per via d‟acqua (It.Ant., 26, 6-7: Navigatur Septem Maria Altinum usque). Nella Tabula questa

mansio si trova a VI miglia dalla località Septem Maria. 25 Localizzate in via della Mandria e via Colombo.

VII. - Conclusioni

169

CAPITOLO VII

CONCLUSIONI

STAZIONI ITINERARIE E LUOGHI DI SOSTA ENTRO I CONFINI

DELL’ITALIA AUGUSTEA

Fonti di ogni tipo concorrono a delineare un quadro

generale della varietà delle installazioni viarie, delle loro

modalità di funzionamento e delle più diversificate forme

di integrazione con le infrastrutture territoriali e con gli

organi di gestione e amministrazione statale e locale. Tale

varietà - se pure trova testimonianze in tutte le province

romane - appare quasi peculiare del suolo italico:

l’antichità della strutturazione della rete viaria romana

deve avere qui profondamente inciso sulla formazione di

questi luoghi di sosta, così come l’intensità della sua

frequentazione ha ingenerato numerosi fenomeni di nascita

spontanea di complessi adibiti al servizio della viabilità.

Questa duplicità di “committenza” pubblica e privata, di

nascita spontanea o pianificata, di semplice luogo di sosta

o di più articolato centro di riferimento per il popolamento

locale, di esercizio commerciale funzionale alla sola

ricezione o di unità produttiva diversificata, insidia, come

un insormontabile limite, la sintesi delle caratteristiche

sostanziali di una stazione stradale e spesso la stessa

comprensione di un complesso archeologico, quando i dati

sono troppo frammentari o limitati in estensione. Il

confronto con quanto acquisito negli altri paesi rende

ancora più salda la convinzione che – da un punto di vista

prettamente archeologico – molto si dovrà ancora elaborare

in Italia. La mole del lavoro affrontato, però, ha permesso

di raccogliere alcune sostanziali acquisizioni e di delineare

linee di ricerca che ci consentano una maggiore

integrazione con i dati prodotti in campo scientifico

internazionale. Colpisce, tuttavia, la quantità di perplessità

che ancora aleggiano su molte delle identificazioni qui

proposte. Come si è visto, nella schedatura ho cercato di

includere la maggior parte dei complessi archeologici

qualificati come stazioni stradali in sede di edizione, anche

quando questa qualificazione dà adito a perplessità.

Ancora una volta, sottolineerei che considero improprio

ritenere che presso ognuna delle località segnalate nelle

fonti itinerarie si trovassero delle stazioni del cursus: le

tappe dell’Antonino sono piuttosto rarefatte, quelle più

fitte e ben cadenzate del Burdigalense potrebbero far

riferimento ad un viaggio intrapreso da un privato, quelle

della Tabula sembrano rispondere maggiormente a delle

scelte “turistiche”, e le sue vignette – se anche non vi sono

state apposte in un secondo momento – mettono in

evidenza soprattutto i centri urbani, anche quando questi

sono spariti da tempo (i casi notissimi di Pompei ed

Oplontis, ad esempio), mentre non sottolineano quasi mai

le tappe presso le quali l’archeologia ha individuato centri

importanti (i due valichi del S. Bernardo, le stazioni

fluviali di Fossis e Hadriani, Alba Docilia, Ad

Turres/Statua, Tres Tabernae, ecc.; al contrario, la vignetta

è apposta a Vacanas). Al tempo stesso, non credo che le

fonti superstiti ci conservino traccia di tutte le strutture

viarie anche di impegno tecnico consistente e quindi,

verosimilmente, di committenza statale che hanno

funzionato nei primi quattro secoli dell’Impero1, e che

neanche ripercorrano tutta la viabilità che è stata

interessata dal funzionamento del cursus publicus: riportati

sulla base cartografica, infatti, i vari itinerari contemplati

nelle fonti lasciano delle “zone d’ombra” e al contrario si

addensano in altre zone, dove non appare molto sensato

duplicare il servizio di posta, per raggiungere le stesse

località.

Stazioni stradali e luoghi di sosta. Mansiones e

mutationes

Sulle strade romane si affollarono, quindi, stazioni stradali

vere e proprie e più semplici taverne e locande: la ricerca

archeologica ne ha individuate alcune, che sono state

oggetto anche di ricostruzioni molto accurate. Sulla base di

questi studi, possiamo dedurre che la differenza principale

tra le stazioni governative e le taverne fu nella integrazione

o meno dei servizi offerti presso lo stesso stabilimento.

Nelle stazioni stradali vere e proprie, infatti, si

agglutinavano diverse attività e varie infrastrutture: oltre

all’attività di accoglienza, di ristorazione e cambio degli

animali, v’erano sempre un impianto termale, stalle,

magazzini ed officine, presso i quali si potevano forse

anche acquistare prodotti finiti e commissionare

riparazioni e manutenzione dei mezzi. Nelle piccole

locande, invece, il servizio offerto era ridotto

all’essenziale: oltre al rifornimento di viveri e d’acqua,

forse offrivano solo il pernottamento e lo stallaggio; lo

stabilimento termale è sempre segnalato negli immediati

dintorni (ad esempio, lungo la via Tiburtina, schede I.11-

I.12 e terme in loc. Casale Bonanni, supra p. 87), ma è

disgiunto da esso (escludendo Ponte di Nona e la stazione

anonima della via Latina che hanno le terme dentro il

fabbricato – nn. I.8 e I.4). La differenza tra “stazioni

itinerarie” e “stazioni anonime” non si misurerebbe,

quindi, nella diversità delle dimensioni dell’edificio per

ospitalità, ma nella complessità dell’articolazione

VII. - Conclusioni

170

dell’insieme. Le eccezioni si potrebbero spiegare notando

che alcune di quelle stazioni “anonime” non sono state

menzionate nelle fonti itinerarie per un caso fortuito, o

forse, perché quel tratto viario non era inserito nel sistema

stazionario governativo, o per una cronologia non congrua

tra la redazione della fonte e il periodo di attività della

stazione (un caso potrebbe essere Ponte di Nona, ma

potrebbero rientrare in questa casistica anche Malvito e

Bagno di Romagna, nn. III.9 e VIII.2) o ancora si deve

desumere da questa “assenza” che tali fonti non sono da

ritenersi fedeli registri del sistema delle stazioni stradali.

Nelle quantificazioni statistiche, comunque, non è stata

fatta distinzione, tra dati provenienti da stazioni itinerarie e

stazioni anonime, perché la frammentarietà delle

informazioni non consente di applicare distinzioni troppo

sottili e perché, comunque, ho ritenuto che i criteri che

presiedettero allo stanziamento di un luogo di sosta e le

esigenze che li sollecitarono furono uniformi. La

distinzione tra luoghi di sosta più o meno articolati, però,

non sembra esprimibile con i termini di mansio e mutatio:

se questa differenziazione è esistita in un limitato periodo

di tempo, da un punto di vista archeologico non è

verificabile in Italia. Solo nel caso di Valesium (scheda

II.3), infatti, possiamo affermare di conoscere

archeologicamente abbastanza approfonditamente

un’installazione definita “mutatio”: qui la sosta non era

troppo affrettata, dal momento che tutto il complesso ruota

intorno all’impianto termale! Quindi, la situazione si

configura diversamente rispetto alla Britannia, dove,

invece, questa distinzione sembra prendere corpo nel corso

del IV secolo (supra, cap. IV).

Gli apprestamenti di servizio alla viabilità conoscono, poi,

tutta un’altra categoria di agevolazioni per i viaggiatori, di

tipo, però estremamente semplificato: piazzole di sosta con

fontane o ninfei2 si intervallano alle stazioni vere e proprie,

insieme ad esedre con sedili per riposarsi, ma questo tipo

di infrastruttura viaria esula dal tema che qui mi sono

proposta.

Scelte insediative e caratteristiche topografiche

Ribadito, quindi, che ad alcuni di questi insediamenti non

riconosco la sola funzione di luogo dove si riposano e si

rifocillano i messaggeri e si cambiano gli animali del

servizio di posta, ma anche di punti nevralgici della catena

di distribuzione delle merci, e che credo che, oltreché ai

personaggi di rango che viaggiavano nell’interesse dello

Stato, siano stati aperti anche a tutta la schiera dei

viaggiatori comuni (che potevano, comunque, far

riferimento anche ad “attività ricettive” sorte per iniziativa

privata), si può approfondire la ricerca delle loro

caratteristiche, enucleando anche fattori diversi da quello

puramente planimetrico, allargando il campo alla maglia

insediativa che li circonda, ai poli di attrazione che hanno

funzionato nella zona (sorgenti termali e luoghi di culto, ad

esempio), al tipo di attività che vi si svolgevano, oltre a

quelle ovvie di accoglienza e scuderia.

Era mia intenzione cercare di enucleare quali

caratteristiche topografiche o, più genericamente, quali

unità geomorfologiche avessero attratto lo stanziamento di

una stazione stradale. Premesso che le stazioni stradali

debbono rispondere a delle necessità del traffico, e che

soprattutto devono rispettare dei ritmi di scansione che

rispondano alle esigenze degli uomini e degli animali e che

quindi la fascia di territorio in cui la stazione potesse

essere impiantata fosse piuttosto limitata, è altresì

verosimile che - entro quella fascia - lo stanziamento abbia

privilegiato un’area piuttosto che un’altra. Per poter

quantificare questi dati nel modo più completo possibile,

ho preso in considerazione anche informazioni circa la

localizzazione topografica di molte stazioni per le quali

non sussistono consistenti resti archeologici, ma che

possono fornire qualche indicazione in materia (Rassegna

Topografica, cap. V). È stato difficile stabilire cosa inserire

nelle statistiche: in alcuni casi, infatti, ipotesi di

localizzazione apparivano “ghiotte” per poter documentare

numericamente alcune scelte insediative (ad esempio,

presso corsi d’acqua e loro punti di attraversamento, presso

incroci, mercati, ecc.) o per misurare l’incidenza della

continuità, ma spesso tali proposte si fondano proprio su

questi elementi, applicando un metodo di indagine inverso

rispetto a quello che qui mi sono proposta, con il rischio di

inquinare le conclusioni. Tra i numerosi casi di

localizzazione che hanno adottato un procedimento

opposto, posso citare quelli di Sirpium e Super Thamari,

lungo la via Beneventum – Bovianum, la prima localizzata

presso la Taverna di Pontelandolfo (per la continuità:

CARROCCIA – RUTA 1987-88, p. 264, n. 22; CARROCCIA

1989, pp. 27-28, tav. XIV.), la seconda presso Ponte

Stretto di Morcone (CARROCCIA 1989, pp. 27-28, tav.

XIV) dove si trova la deviazione per Aequum Tuticum, e

ancora quelli di Larinum all’incrocio tra la strada ed il

fiume Biferno, dove sono segnalati resti di un ponte

(CARROCCIA 1995, p. 115 e nota 29; DE FELICE 1994, p.

36) e Teanum Apulum (posto a Coppa di Civitate o

Taverna presso l’antico ponte di Civitate, sul fiume

Fortore-Fertor - ALVISI 1970, pp. 50-54; CARROCCIA

1995, p. 115), localizzazioni proposte sulla base della

presenta degli antichi punti di attraversamento di corsi

d’acqua.

Fonti di approvvigionamento idrico

La disponibilità di acqua potabile rappresenta una delle

discriminanti che consentono o meno l’impianto di un

insediamento abitativo in antico, ma si può sostenere che,

nel caso di una stazione stradale, vista la cospicuità

dell’utenza, la disponibilità d’acqua doveva essere assai

maggiore. Volendo considerare qui solo la disponibilità

naturale d’acqua (vedremo tra le soluzioni tecniche e le

dotazioni infrastrutturali i metodi adottati per portare

l’acqua dove non c’era o distribuirla in più punti),

possiamo notare che in pochissimi casi è menzionata nelle

edizioni la presenza di una sorgente (I.5 Ad Bivium, S.

Giusto-Praetorium Laverianum II.2, Telamon VII.8,

Aquilonis - supra, p. 89 - e Ad Fonteclos - supra, p. 103 -,

Chamelux tra gli esempi delle province che ho dato come

confronto), ma la presenza di pozzi, fontane e vasche

sottintende generalmente la captazione di una vena o di

una falda acquifera (nn. I.7 Ad Statuas, I.8 Ponte di Nona,

VII. - Conclusioni

171

I.10 stazione anonima presso Rebibbia, I.12 stazione

anonima presso Settecamini, VII.13 anonima presso La

Storta, VII.19 stazione anonima presso le Masse di S.

Sisto, IX.2-3 Lucus Bormani). Nelle regioni più aride, poi,

è la presenza della conserva d’acqua che rappresenta la

ragione d’essere della stazione stessa: in Italia è stato

ricordato il caso della stazione anonima presso S. Giorgio

– Masseria Masina (supra, p. 89) nella regio II, ma esempi

ben più eclatanti si possono raccogliere nelle province

calde e desertiche, come si è evidenziato nel capitolo V

(tutti gli esempi della Siria e dell’Egitto).

Corsi d’acqua e ponti

La vicinanza ad un corso d’acqua è attestata in 43 casi sui

68 delle schede archeologiche (= al 53%), rivelandosi assai

incidente sulle caratteristiche topografiche preferite per

una stazione, e la sua rilevanza è confermata dai dati

raccolti nella rassegna topografica, a proposito della quale

posso segnalare i casi di Netum (supra, p. 93),

Interamnium3 e della stazione anonima presso il fiume

Metauro, che scelgono il punto di confluenza di due fiumi.

Presso un fiume sono anche le stazioni di Ad Fonteclos

nella regio VIII, quelle di Minio, Martha4 e Umbro nella

regio VII5 e Fluvius Frigidus nella regio X

6, che tutte

riprendono nome dal fiume presso il quale si stanziano.

Oltre che come fonte di approvvigionamento idrico, la

presenza di un corso d’acqua è un elemento che incide

profondamente sulla viabilità, sia che sia stato edificato un

ponte in materiale più o meno durevole, sia che sia che sia

stato apprestato un traghetto o sia possibile guadarlo,

perché il ponte richiede manutenzione, soprattutto se è di

legno o di barche, il traghetto necessita un piccolo molo ed

una base per il personale e per le imbarcazioni, il guado

prevede, in genere, che vi sia un edificio presso il quale

ristorarsi7. Tra i casi che ho potuto prendere in esame sono

attestati 9 ponti (Ponte di Nona/Ad Nonum I.8, anonima

alla Magliana I.13, Tabellaria VII.4, Ad Turres VII.1,

Claterna VIII.1, Pons Aesonti X.1, Fons Timavi X.5,

stazione anonima presso S. Vincent XI.1); in tutti gli altri

casi, il ponte può non essere stato trovato o può essere

stato sostituito da un guado, come si è proposto per le

stazioni di Ad Turres Albas I.9 e Ad Aquas V.1. Tra le

segnalazioni della Rassegna Topografica, ponti sono

conosciuti a Forum Appi, Larinum e Teanum Apulum

(supra), Lavinium (dove la strada attraversa il fiume Laos

prima che si apra nell’estuario: TALIANO GRASSO 1994B, p.

52, schede 16, 18, 46-48, 13; supra, p. 92), Ad Rotas,

Pallanum (PELLEGRINO – CARROCCIA 1980, p. 358), ed i

casi “eponimi” di Pons Secies (supra, p. 103), Lorium

(supra, p.100) e Pons Aureoli8, oltre ad esempi

documentati presso le supposte stazioni stradali non

menzionate dagli itinerari, come nel caso di quella

segnalata in loc. “Le Castella”, lungo la via Appia (supra,

pp. 84-85), quella presso le cd. Terme dei Gracchi (supra,

p. 102), nella regio VI, e quella individuata nel centro di

Riccione (regio VIII: supra, p. 103).

Porti - Foci e snodi vie d’acqua e terra

Ancora più significativa è la scelta topografica alla foce dei

corsi d’acqua, in posizione tale da sfruttare la possibilità di

approdo per i bastimenti che giungevano dal mare, e di

smistamento delle merci per quelli che risalivano le vie

d’acqua interne. In questi casi, le stazioni stradali

assurgono a snodi delle vie di comunicazione, e nella

maggior parte dei casi sono inserite entro insediamenti di

una certa complessità. Legati alla presenza di un porto-

canale sono gli insediamenti di Leucopetra (III.4),

Salebrum VII.12, Lorium (supra, p. 100). A Scyle (scheda

III.5) sono i reperti anforari, che presentano grande varietà

tipologica, che indiziano la funzione di emporion per il

porto-canale che si crede ricavato presso la foce della

fiumara S. Pasquale, protetta anche dalla presenza di

promontorio, e la stessa definizione di emporion viene data

a Nicotera (scheda n. III.2). Presso le foci dei corsi d’acqua

si possono ricordare ancora Locri (n. III.7), Hydruntum,

Siris (supra, p. 94) e Ad Haesim9, e la presenza di uno

scalo portuale è quasi certa anche presso la stazione

anonima di Casalbordino (IV.4).

Come abbiamo già anticipato (cap. II, par. 3), molte delle

località menzionate negli itinerari si trovano presso i punti

di sovrapposizione tra le vie di terra e quelle d’acqua,

adombrando – qualora si riconduca queste fonti al servizio

di posta governativo – un’estensione dell’autorità del

cursus publicus anche a queste ultime. Piuttosto noti sono i

casi di Fossis e Hadriani (schede X.2-3) ma altri esempi,

seppure meno documentati archeologicamente, si posso

estrapolare dall’elenco delle stazioni menzionate nelle

fonti antiche: Sagis. Ad Padum, che nella stessa

apposizione rimarca la rilevanza della strada che segue il

Po10

, la stazione di VII Maria, posta nella zona

endolagunare alla quale si accedeva mediante la fossa

Flavia11

, e le due sui due rami del Meduacus, Minor e

Maior12

. Si può ricordare anche che, se si accetta la

ricostruzione “centrale” del tracciato della via di

collegamento tra Bononia ed Aquileia, le tappe di Vicus

Varianus, Vicus Serninus e Anneianus verrebbero a

localizzarsi presso i punti di attraversamento dei tre

principali corsi d’acqua della zona: il Panaro, il Po e

l’Adige13

. In ogni caso, lo scavo archeologico dello scalo

fluviale della Magliana (I.13), vicino a Roma, attesta che la

tessitura delle interconnessioni tra vie di terra e d’acqua fu

più fitta di quanto i documenti antichi testimonino. A

questi esempi, bisogna aggiungere i casi di stazioni

localizzate presso laghi: il caso, cioè, delle stazioni termali

di Aquae Albulae (supra, p. 87) e Aquae Apollinares (n.

VII.16), tra quelle schedate, e di Sirmio/Ad Flexum sul

lago di Garda, dove sono state documentate delle strutture

per approdo, costituite da palificazioni lignee (supra, p.

107).

Valichi

Il valico ha costituito in ogni epoca un punto molto

importante delle strade, come è evidente dalle numerose

indicazioni trasmesse dalle fonti14

, e come tale è stato

spesso rimarcato dalla presenza di luoghi di sosta,. In

questa raccolta, una posizione privilegiata hanno le due

stazioni del S. Bernardo, perché hanno potuto essere

indagate abbastanza estensivamente. Qui sono da rilevare

VII. - Conclusioni

172

la presenza dei luoghi di culto e l’assenza di impianti

termali, anche se il pessimo stato di conservazione di

entrambi questi insediamenti non consente ulteriori

approfondimenti. Tra quelle che, al contrario, non hanno

restituito emergenze significative, si può ricordare la

stazione del Mons Imeus15

.

Incroci e mercati

La disposizione topografica teneva conto anche di altri

fattori, l’importanza dei quali emerge fino nel toponimo16

:

si preferivano incroci tra vie o i punti in cui si staccavano

dei deverticoli di viabilità secondaria (12 casi accertati: Ad

Sponsas I.2, Tres Tabernae I.3, Ad Bivium I.5, Ad Nonum-

Ponte di Nona I.8, Settecamini I.11, Mesochorum II.1,

Nerulum III.1, Ad Turres VII.1, Forum Clodi VII.14, Ad

Vacanas VII.18, Fossis X.3; da includere anche i casi di

Ad Speluncas supra, p. 89, e Aquae Angae supra, p. 92),

rimarcando il fatto che alcune stazioni potevano nascere

proprio dove si staccava il bivio per una località posta in

regioni più interne rispetto alla strada e assumerne il nome

(ho accettato l’identificazione di Statua con la stazione di

Ad Turres, intesa come bivio per Turres, identificata con

Castel Giuliano scheda VII.1; più certi sono i casi di

“filiazione” delle stazioni distinte dai centri di più antica

tradizione: Succosa e Sublanuvium17

). Ancora più

incidente, è la presenza di stazioni nelle forcelle delle

biforcazioni stradali, come è stato accertato per Ad Sextum,

alla biforcazione tra la Clodia/Cassia e la via Veientana, e

per la stazione anonima presso La Storta, alla biforcazione

di Clodia e Cassia (nn. VII.13 e 17).

Presso gli incroci erano situati anche molti dei mercati,

alcuni preesistenti alla stazione, altri strutturatisi proprio in

funzione di questa, soprattutto perché una stazione

rappresenta un importante luogo di consumo ed un’ottima

piazza dove proporre mercanzie alla clientela di passaggio.

Non è facile ricostruire il rapporto di causa ed effetto

(quale, cioè, abbia generato la nascita dell’altro): nel caso

di Ad Sponsas, ad esempio, data l’antichità della via Appia

e della sua intensa frequentazione credo che sia stato

spontaneo il fenomeno di strutturazione di un agglomerato

che abbia funzionato come “scalo” del centro antico di

Velitrae, più arretrato ed arroccato rispetto alla consolare, e

che questo nucleo insediativo abbia attratto poi il luogo di

sosta, ma in altri casi ritengo che si possa sostenere il

contrario. Tra gli esempi che ho raccolto nella Rassegna

Topografica (cap. V), alcuni concorrono ad incrementare il

numero di attestazioni di stazioni stradali localizzate presso

importanti incroci: tali quelle di Teate Marrucinorum,

lungo la via Claudia Valeria, nella regio IV18

, di Ad

Haesim (supra, p. 98), allo stacco dell’importante via per

Agubium – Perusia, ed in quella anonima

all’attraversamento del Metauro, dove questo stacco si

combina con quello della via che risale l’omonima valle,

ed ancora Ad Fonteclos nella regio VIII, dove la via Emilia

incrocia la via che porta a Veleia (supra, p. 103); ma si può

anche fare il caso di una stazione che – almeno sulla base

dei rinvenimenti di superficie – si posiziona lungo l’asse

viario che raccorda il centro abitato alla viabilità di grande

scorrimento, come nel caso di Pyrgi e della via Aurelia

(DE ROSSI – DI DOMENICO – QUILICI 1968, p. 42).

Rapporto tra stazioni stradali ed aggregati limitrofi

Questo tipo di indagine è reso particolarmente complesso

dalla mancanza di distinzione che spesso si opera in

bibliografia tra il luogo deputato al servizio alla viabilità e

l’aggregato che in alcuni casi è attestato nei suoi dintorni

ed eventualmente ne divide il nome, anche quando

l’abitato è un centro urbano vero e proprio (il caso di Lucus

Bormani IX.2, Cattolica (scheda n. VI.1), Crixia “mansio

sorta …su un abitato preesistente di Ligures Montani”19

, e

Pitinum20

). Si può osservare, comunque, che tra i nostri 68

esempi, 26 confermano di essere stati circondati da abitati

più o meno grandi. Nel caso di Vacanas (n. VII.18) è

proprio in questo senso che si sta allargando la ricerca,

indagando anche le forme di occupazione del suolo e di

sfruttamento delle risorse della zona limitrofa alla stazione.

A Statulae (n. IV.3) si può supporre un fenomeno di

derivazione: se la stazione prende il nome da questo

piccolo abitato, è possibile che sia nata successivamente a

questo, in rapporto topografico molto stretto, mentre per

Clasidium si propone una sostituzione nel ruolo di punto di

riferimento per il popolamento sparso, traslato dall’abitato

più antico alla stazione stradale di più recente impianto

(supra, p. 106). In alcune situazioni, sono insediamenti

diversi che sembrano attrarre lo stanziamento di una

stazione: tale è il caso di grandi complessi produttivi, veri e

propri latifondi nel ben documentato caso siciliano, che

possono motivare lo stanziamento di una stazione stradale:

tale, almeno, è l’ipotesi formulata per la stazione di Scyle

(n. III.5). Nel caso di Aquaviva ad esempio, A. Camilli

sostiene che sia stata la stazione ad attrarre l’insediamento,

cronologicamente di poco successivo, ipotesi avanzata

anche dalla Settembrino per Ad Vicesimum III.8, e che è

sostenuta per l’insediamento che sarebbe sorto in

connessione con l’impianto dell’anonima mansio presso

Cattolica (scheda VI.1).

Alcune stazioni stradali hanno rappresentato senza dubbio

dei poli di coagulazione del popolamento sparso,

accentrando nelle loro strutture le diverse attività (anche

amministrative e giudiziarie, nei casi dei fora) che abbiamo

elencato in questa trattazione. Questo è documentabile,

però, soprattutto per le stazioni che, nel momento della

redazione dei documenti itinerari, avevano già raggiunto le

dimensioni di un abitato, e che per questo vengono

insignite della qualifica di “vicus” o “civitas”: fa eccezione

la stazione di Ad Novas lungo l’Aurelia, che sembra

rappresentare un punto di riferimento per il popolamento

già in età tardo-repubblicana (supra, p. 101). Nel caso di

Statua (n. VII.1 identificata con Ad Turres, ma anche

Baebiana), l’aggregato rurale, presso il quale si esercitano

anche alcune attività industriali, è preesistente: il salto di

qualità nella consistenza demografica e nelle infrastrutture

avviene proprio con l’età augustea. Anche Saebatum (n.

X.4) dimostra di essere un abitato di ben più antica

tradizione, anche se la coincidenza cronologica tra la

fondazione (pure incerta) dell’installazione “postale” e la

fase di maggior vitalità tra quelle registrate in epoca

imperiale deve farci intendere che forse l’inserimento in

una via di traffico e la “promozione” a tappa itineraria

VII. - Conclusioni

173

hanno positivamente inciso sulla prosperità dell’abitato.

La stessa priorità dell’abitato rispetto alla stazione si

verifica nei casi di Ponte di Nona (I.8) e della già

menzionata Statulae (IV.3), ed è suggerita per Roscianum,

nella regio III, centro antico localizzato presso Rossano,

nella piana costiera a NW del centro storico di Rossano

(resto toponomastico), tra le località di Ariano e Palazzo,

dove sono stati segnalati imprecisati resti di acquedotti,

ruderi di edifici e reperti mobili (TALIANO GRASSO 1993,

pp. 20-21).

Necropoli

In rapporto con la presenza di un nucleo insediativo nei

pressi della stazione è l’attestazione di aree sepolcrali, di

estensione e tipologia molto varia: dalle tombe alla

cappuccina o a fossa semplice (Tres Tabernae I.3, dove

sono attestate anche delle tombe a cupa ed in contenitori da

trasporto, Ad Bivium I.5, Ad Turres Albas I.9, anonima

sulla via Latina I.4, presso il cd. Praetorium Laverianum

II.2, a Lavinium III.3, ad Altanum III.6, Statulae IV.3, Ad

Aquas V.1, Tabellaria VII.4, Ad Herculem VII.12, Lucus

Bormani IX.3, Costa Ballenae IX.4, Pons Aesonti X.1)

fino ipogee (anonima presso La Storta VII.13, Alsium

supra, p. 100) o dei veri e propri monumenti funerari

(Ponte di Nona I.8, stazione anonima sulla via Latina I.4,

Settecamini I.12, Ad Turres VII.1, Telamon VII.8, Forum

Clodi VII.14) che ripetevano i paesaggi delle consolari

all’uscita delle aree urbane maggiori. Ho raccolto nelle

schede un totale di 42 casi (quindi, più della metà), che

aumentano qualora si vogliano includere i casi in cui le

sepolture si sono insediate quando almeno alcune parti

della stazione erano state già abbandonate: nel caso della

stazione anonima presso La Storta (n. VII.13), i cunicoli-

cisterna che prima servivano la villa vengono sfruttati

come corsie cimiteriali. In alcuni casi si ha continuità

nell’uso delle aree sepolcrali tra età pagana e cristiana (Ad

Sponsas I.2).

Rapporto con catacombe cristiane

Nella regione laziale sono molto comuni le relazioni

topografiche tra cimiteri cristiani ipogei e stazioni di tappa,

relazione che – data l’incidenza – non sembra doversi

ritenere occasionale: si possono segnalare i casi di Lorium

e Baebiana sull’Aurelia, Ad Vacanas sulla Cassia, la

stazione anonima presso La Storta alla biforcazione tra

Cassia e Clodia (Ad Bivium?), Ad Rubras ed Ad Vicesimum

sulla via Flaminia, Ad Bivium sulla Labicana, Ad Decimum

sulla via Latina, Ad Sponsas sull’Appia. Come è evidente,

la maggior parte di questi toponimi dimostra che si tratta di

aggregati sorti intorno alla stazione e che, quindi, questa ha

rappresentato una salda componente del paesaggio

insediativo (FIOCCHI NICOLAI 1988, p. 384-385, nota 1768;

FIOCCHI NICOLAI 1994, pp. 253-254). A questi esempi,

rilevati dal Fiocchi Nicolai, vorrei aggiungere la

catacomba di S. Senatore presso la chiesa di S. Maria della

Stella ad Albano Laziale (prov. di Roma), perché ritengo

che un luogo di sosta sorgesse nei pressi dei Castra

Albana, lungo la via Appia, dove sono noti anche

complessi termali molto vasti (QUILICI 1989B, pp. 69-70) e,

fuori dei confini del Lazio, la presenza – probabilmente

non casuale - di una catacomba nei dintorni della stazione

di Ad Martis, lungo il deverticolo che dalla Flaminia si

dirigeva verso Narnia e Nuceria (supra, p. 99).

Luoghi di culto preesistenti e coevi:

In una inestricabile connessione causa-effetto, anche la

presenza di luoghi di culto, pure di modeste dimensioni

come dei semplici sacelli, o di templi più vasti è

caratteristica di alcune stazioni21

(le stationes di Ad

Herculem e Ad Martis sono segnate addirittura nel nome

dalla presenza del luogo di culto). Presso alcune di esse

poteva essere ricavato uno spazio dedicato alla venerazione

degli dei, in alcuni casi dei veri e propri templi: così presso

Ad Nonum sulla via Appia n. I.1 (dove il tempio è stato

segnalato ma non più rintracciato), presso Ad Sponsas n.

I.2 (dove è solo ipotetica l’interpretazione di un grande

basamento, oggi non più visibile, come tempio), presso Ad

Bivium (I.5, dove era un santuario con un edificio di culto,

attribuibile con una certa sicurezza a Giano), presso la

stazione anonima della via Latina (n. I.4) che si posiziona

non lontano dal tempio della Fortuna Muliebre di

antichissima tradizione, presso Ad Mensulas (VII.20) che

accoglie il tempio (ipotizzato) ed il sacello dedicato ad

Ercole protettore dei viaggiatori; nelle stazioni del S.

Bernardo con gli edifici di culto legati a Giove (assimilato

in entrambi i casi a divinità preromane, connesse con la

natura dei luoghi e propiziatrici dei viaggi: nn. XI.3-4), e

ancora presso la stazione anonima di Serraungarina (supra

p. 98) con l’edicola dedicata forse ad Attis ed in quella

ugualmente anonima presso le Terme dei Gracchi (supra,

p. 102) con il piccolo tempio. In quasi tutti questi

insediamenti l’antichità del culto milita a favore di una

posteriorità della stazione ad esso22

, ma quando si

rinvengono solo statue di divinità – non potendo nemmeno

escludere che in alcuni casi non si tratti di simulacri di

culto ma di statue che decoravano ville e giardini – si può

avanzare l’ipotesi che appartenessero a piccoli luoghi di

venerazione (statue di divinità sono state rinvenute nelle

stazioni nn. II.3 Praetorium Laverianum, Ad Sextum

VII.19, Lorium supra, p. 100). La presenza di un mitreo a

Fons Timavi n. X.5 trova confronto, invece, con lo stesso

tipo di luogo di culto ad Immurium (supra, p. 78). In

generale i culti salutari sono più antichi dell’impianto della

stazione; questa considerazione può estendersi a molte

località segnalate nelle fonti itinerarie con il nome del

santuario (Jovis Larene23

, “Hercul’Rani”24

, Templum Jovis

Poenini id est Aguvium25

, e Fanum Fugitivi presso il valico

di Monte Somma), ma non credo che si possa ritenere che

queste tappe segnalino sempre delle stazioni del servizio di

posta: qui si è presentato il caso di Lucus Bormani (IX.2-

3), che sembra attestare effettivamente (soprattutto

nell’ipotesi “b”) la presenza della stazione stradale ed è,

quindi, possibile che anche in altri casi le stazioni stradali

distribuite lungo i percorsi che si avvicinavano a questi

santuari (senza, tuttavia, raggiungerli) abbiano preso nome

da questi celebri luoghi di culto, ma è altresì possibile che

– soprattutto l’Autore della Tabula – intendesse richiamare

solo l’attenzione su queste località, di interesse “turistico-

erudito”. Per mancanza di dati, non sempre i templi si

possono mettere in fase con il periodo di frequentazione

VII. - Conclusioni

174

delle stazioni: presso Ad Nonum I.1 la presenza del tempio

non è neanche sicura, ad Ad Sponsas I.2 è stato segnalato

ma non più visto. In quest’ultimo esempio, comunque, la

presenza del luogo di culto non è ritenuta significativa

come fattore di attrazione della stazione.

In molti casi è attestata la presenza di materiali votivi, che

però non presentano cronologia coerente a quella degli

insediamenti qualificati come stazioni, pertanto è la

stazione che si stabilisce in un luogo di culto di secoli

precedente e che nasce proprio in relazione ad una intensa

frequentazione di viaggiatori. In questo frangente, il culto

preesistente deve essere ritenuto solo un aggiuntivo

stimolo per la scelta del luogo ove stabilire la stazione, in

quanto tradizionale centro di aggregazione (nn. I.1 e I.2

dove la mansio sembra sorgere proprio con la crisi della

frequentazione religiosa, e I.5 Ad Bivium e Ad Decimum

sulla via Latina: QUILICI GIGLI 1981, pp. 95-97). Non

bisogna, infatti, esaltare l’incidenza di queste premesse,

perché tali coincidenze non sono troppo significative: il

caso dell’Appia, ad esempio, attesta che la nascita di questi

luoghi di culto è legata ad altri fattori, diversi da quelli

della frequentazione, e che la sistematizzazione del

tracciato stradale non tiene conto della posizione di molti

di questi piccoli santuari (MELIS - QUILICI GIGLI 1983, pp.

30-31).

La scarsa qualità dei dati, non consente di quantificare ed

approfondire la relazione con le sorgenti di acque termali o

minerali, gli impianti termali che le sfruttavano e con i

luoghi di culto che le rimarcavano: solo Fons Timavi (X.5),

tra le numerosissime stazioni termali ricordate nelle fonti

itinerarie ha restituito un edificio che in via ipotetica può

essere ricondotto ad una struttura di servizio stradale. Gli

altri 4 esempi qui riportati (Aquae Angae supra, p. 92,

Aquae Cutiliae IV.1, la statio Ad Aquas V.1 e le Aquae

Apollinares VII.16, per quest’ultime sole è documentata la

sede di un culto importante) non presentano edifici che

rispondano a quelle caratteristiche (a meno che, nel caso

delle Apollinares, non lo si voglia identificare nella cd.

Villa di Domiziano), indiziando, comunque, la possibilità

che anche in questo caso il culto non abbia inciso

sull’impianto della stazione stradale, e confermando,

indirettamente, l’ipotesi che i documenti itinerari - la

Tabula in primo luogo – non traslino automaticamente un

elenco di stazioni stradali.

A proposito dei luoghi di culto, un discorso a parte si può

riservare a quelli cristiani, perché – data la recenziorità

assodata di questi rispetto agli impianti delle stazioni – la

loro presenza meglio si inquadra tra i parametri che

servono a misurare l’incidenza della continuità, ma in

questo contesto, voglio ricordare che presso una delle

stazioni che ho presentato si trova una delle uniche due

aule di culto ebraico di epoca romana conosciute in Italia,

di datazione peraltro piuttosto bassa (inizio IV secolo

d.C.): la destinazione sinagogale di alcuni locali di Scyle

(scheda III.5) appare del tutto eccezionale. Più che al ruolo

di stazione stradale credo che questa singolarità si debba

ricondurre alla presenza dello scalo portuale, che secondo

l’Editrice si configurava come un vero e proprio emporion,

aperto quindi alla frequentazione anche di genti allogene.

Propaganda

È evidente che la frequentazione intensa che doveva

caratterizzare questi luoghi invogliava alla propaganda:

così si spiegano l’abbondanza dei miliari con iscrizioni

celebrative (I.12 stazione anonima sulla via Tiburtina)e le

iscrizioni che ricordano i meriti di individui e gentes (ad

esempio: Ad Sponsas I.2,: gens Octavia che ricorda la sua

attività per la via Mactorina; Ad Turres Albas n. I.9 con

l’iscrizione di Phenippus che ricorda la sua attività di

bonifica delle acque costiere; il testo tardo stoico di Ad

Bivium I.5; il miliario (?) di Antonino Pio da Lucus

Bormani n. IX.2). In molti casi si sfruttava l’utenza con

intento propagandistico di grande effetto per il culto

imperiale, attestato dal recupero di statue (Albinia VII.7:

Gallieno; Salebrum VII.10: Adriano). Da Forum Clodi (n.

VII.14) proviene una ricca collezione di documenti

epigrafici che celebrano imperatori e alcuni noti

personaggi della casa imperiale o magistrati locali. Un caso

analogo è quello della “mutatio Aquilonis”, registrata dal

Burdigalense, dalla quale proviene un documento

epigrafico che attesta il culto di tutta la famiglia imperiale

al tempo di Caracalla (supra, p. 89). Da menzionare, poi, il

basamento che lungo la strada enfatizzava probabilmente

proprio il miliario di Ponte di Nona sulla via Prenestina (n.

I.8), che accoglieva, con ogni probabilità, un’altra

iscrizione celebrativa.

Edifici a pianta basilicale

In due casi (schede I.12 e VII.18), vi è un edificio con

caratteristica pianta a basilica, integrato nella “piazza

forense” di Baccano e, al contrario, isolato ma prospiciente

la strada sulla via Tiburtina. Anche se la seconda

esemplificazione è di incerta interpretazione (non si può

escludere che si tratti di un edificio ad uso funerario),

queste presenze, se la cronologia è davvero congrua con

quella della stazione stradale della quale fanno parte o

presso la quale sono situate, lasciano intravvedere

un’interessante conferma di quanto sopra sostenuto (cap.

II), che cioè presso queste stazioni si svolgessero anche

delle attività amministrative e politiche.

Planimetrie e Volumetrie

Gli abitati

Quando la conoscenza archeologica degli aggregati

raccolti intorno alle stazioni è sufficiente, si è potuta

verificare una certa omogeneità nella disposizione delle

costruzioni, che appaiono continue e tutte raccolte lungo

l’asse viario: tale è la conformazione di Ad Vacanas (n.

VII.18) e di Saebatum (n. X.4), che trovano un confronto

pieno nell’abitato di Chameleux (supra, cap. IV). Troppo

evanescenti sono i dati provenienti da Nicotera (III.2), Ad

Vicesimum (III.8) e Leucopetra (n. III.4) per poter

ricostruire le dinamiche interne agli abitati, se fossero cioè

continui o a nuclei distinti, ma è interessante misurare

almeno la loro estensione. Se si avessero delle certezze

sull’identificazione del vero e proprio stabilimento stradale

nelle località di Mesochorum (II.1), Locri (III.7), Lucus

VII. - Conclusioni

175

Bormani (IX.2-IX.3) e Fons Timavi (X.5), si potrebbe

rilevare la tendenza dei luoghi di sosta a distanziarsi

topograficamente rispetto al piccolo nucleo abitato di

antica tradizione.

Gli edifici “a corte”

(Tav. VIII) Presso le due stazioni del S. Bernardo, si

individua una tipologia architettonica di edifici per

accoglienza, che sarà molto diffusa soprattutto nelle

province. Si tratta di edifici a corte, con l’ingresso

variamente aperto su un lato corto o lungo, comunque

sufficientemente ampi per il passaggio di un carro, con

ambienti più o meno vasti (a volte, con divisioni realizzate

in materiale deperibile), disposti quasi sempre sui tre lati

rimanenti, per i quali – in qualche occasione – si riconosce

la destinazione d’uso, attraverso la presenza di vasche-

abbeveratoio per gli animali, di piccoli forni per le cucine,

di impianti di riscaldamento funzionali al soggiorno. La

maggior parte di questi edifici viene ricostruita con un

secondo piano, spesso ligneo. Il modello dell’edificio A

dell’Alpis Graia, di impianto augusteo, con l’ingresso sul

lato lungo frontale, sembra esportato senza sostanziali

variazioni a Moosham - Immurium. Uguale disposizione ha

la piccola stazione di Wadi es Sidr in Siria (supra, p. 79),

che però propone un modello piuttosto semplificato, con

un’offerta di prestazioni molto limitata (il rifornimento

idrico, lo stallaggio, forse la ristorazione). La forma

allungata, con l’apertura sul lato maggiore, è tipica anche

dello stabilimento di Ponte di Nona (n. I.8), che come già

rilevato, trova confronto con quello di Bab el Mukheinig in

Egitto, che pure ha un vasto recinto per gli animali, ma non

sembra fortificata, quanto piuttosto controllata da una torre

posizionata alla sommità della collina retrostante (REDDÉ -

GOLVIN 1987, p. 30). Una corte allungata

perpendicolarmente rispetto alla strada è l’edificio

“postale” di Chameleux – Williers, costituito da alcuni

vani aperti su un cortile accessibile dalla strada mediante

un ingresso ampio. “Da manuale” è poi l’esempio (non

documentabile graficamente) del cortile della stazione

anonima di Serraungarina (supra, p. 98), sui 3 lati del

quale si aprono dei locali, cortile che si affaccia sulla

strada con un portico. In scala più piccola, l’edificio a

rettangolo allungato sembra anche il modello più di

frequente adottato per gli stabula, intesi come stazioni di

sosta alle porte delle città, che di norma presentano un

cortile per parcheggiare i veicoli e le stalle per lasciare gli

animali durante la notte (CASSON 1974, p. 205 ss.). Il

complesso documentato a Rigomagus (n. XI.5)

incarnerebbe il modello più schematizzato, dove l’area a

corte è, sì, cinta da un muro perimetrale e decorata da

colonne o pilastri lungo tutto il suo perimetro (colonnato

che potrebbe sostenere gli ambienti del secondo piano), ma

non ha partizioni al piano inferiore, almeno non in

materiale durevole. Ad un modello simile si potrebbero

ricondurre le planimetrie degli edifici noti più

frammentariamente, come quelli di Tres Tabernae (I.3),

Torrita di Amatrice (IV.2) e l’edificio del saggio C delle

Masse di S. Sisto (VII.19). Una pianta ad “U” è tipica dei

complessi di Bagno di Romagna (VIII.2) e Fons Timavi

(X.5). L’edificio rilevato a Ad Sponsas (n. I.2) è piuttosto

frammentario, ma sulla base dell’edito si può ritenere che

le aree scoperte fossero due: l’una, molto ampia, adibita

verosimilmente a parcheggio dei veicoli, forse attrezzata

con ricoveri per gli animali, l’altra (A, nella fig. 22)

avrebbe potuto funzionare, invece, da cortile intorno al

quale si disponevano gli ambienti destinati all’accoglienza.

Edifici a corte, per i quali non sono state edite delle

planimetrie che ne consentano una valutazione concreta e

che ne permettano il confronto con gli altri esempi, sono

menzionati presso Altanum (se la si localizza ad Ardore

Marina, supra, p. 93), Alba Pompeia e presso le località di

Serraungarina e Brentino, dove, appunto si ipotizza la

presenza di stabilimenti “di posta” (supra, pp. 106; 98;

108). A questo stesso modello deve aver attinto il Canina

nella raffigurazione delle stazioni di Ad Nonum e Aricia

lungo la via Appia (figg. 112-113): se la prima appare

ispirata ai grandi horrea, per la seconda si possono

candidare le grandi ville imperiali. Una variante del

modello planimetrico a corte potrebbe essere ritenuto

quello della “villa rustica”, che vede gli ambienti disporsi

su almeno due lati di un vasto cortile, anche se, a volte, a

questo se ne affiancano altri di dimensioni più piccole, e la

distribuzione delle volumetrie non è omogenea (Albinia,

VII.7): la parte residenziale, che resta ben distinta da quella

“rustica”, secondo il modello varroniano, “squilibra”

l’assialità della planimetria, aggregando più volumetrie

intorno a cortili e peristili aggiuntivi, come avviene ad

Alba Docilia (IX.1), Turrita-Ad Herculem (VII.12), e

Malvito (III.9), ma proprio Alba Docilia trova un

confronto planimetrico quasi perfetto nella stazione di

Kempten (tav. IX; BLACK 1995, p. 62 ss. Sul modello della

“villa”, infra, p. 181).

Articolazione per padiglioni distinti

Abitualmente ricondotto al modello della villa rustica di

tipo varroniano è il grande complesso articolato in

fabbricati distinti, ai quali, spesso anche sulla base dei soli

elementi di superficie, è possibile assegnare il ruolo di

quartieri residenziali, sale termali, edifici adibiti al

deposito delle merci e degli attrezzi, aree deputate alla

lavorazione dei prodotti agricoli. Questa articolazione, ben

documentata tra i nostri esempi a S. Giusto (scheda II.2), è

ravvisabile anche in altri complessi, come quello in via

ipotetica identificato con la stazione di Caprasia nella

regio III (supra, p. 91), e la stessa organizzazione spaziale

per dependances è ravvisabile anche a Sabate (scheda

VII.15). Altrettanto significativi sono i casi di Bagno di

Romagna (n. VIII.2), della villa delle Crocicchie e della

stazione anonima dell’Aretino (supra, pp. 101-102). È

evidente che solo indagini archeologiche approfondite ed

estese possono chiarire la differenza tra le tipiche ville

rustiche ed alcuni tipi di stazioni che conoscono edifici

distinti, come quella di Ad Vacanas, che sulla base della

sola ricerca di superficie, possono essere confuse.

Significativa appare la scelta, operata dai proprietari di

alcune ville, prudentemente un po’ arretrare rispetto alla

viabilità di intensa frequentazione, secondo i precetti

dell’agronomia, di “staccare” uno stabilimento proprio a

ridosso della strada, che funzionasse da luogo di sosta: le

VII. - Conclusioni

176

esemplificazioni qui raccolte (ad esempio, la stazione

anonima presso lo stabilimento Alenia sulla via Tiburtina

(supra, p. 87) o quella presso La Storta, VII.13)

rappresentano solo una piccola parte di una forma di

impresa che deve essere stata quasi la regola, e che trova

quasi una sua ufficializzazione nelle stazioni che nel

toponimo prediale manifestano la loro “dipendenza”

rispetto ad una grande azienda agricola (infra, p. 181).

Strade, accessi basolati e piazze lastricate

Tra le schede archeologiche si contano 45 prove di transito

della strada quasi a ridosso del perimetro dell’edificio o

nelle sue immediate vicinanze. Non sempre si tratta

dell’asse viario principale, ma comunque di una comoda

via di accesso alla struttura: tra quelle della Rassegna

Topografica si può ricordare il caso di Baebiana (supra, p.

100). In diversi esempi la contiguità con la strada è

esplicita: in alcune situazioni sono le costruzioni stesse che

invadono la crepidine (Ad Sponsas I.2), in altre sono i

basolati stradali che si allargano a formare delle piazzole

sulle quali gli edifici prospettano (Ponte di Nona I.8, le

Masse di S. Sisto VII.19), mentre più originale è la

soluzione adottata nell’edificio 3 di Saebatum, con il

grande emiciclo aperto sul fronte strada, quasi a

sottolineare l’integrazione tra lo stabilimento e la sua

funzione di area di sosta e di manovra per i veicoli (n.

X.4). In altri casi ancora la sede carrabile si sdoppia per

poter agevolmente entrare negli appositi spiazzi

(Settecamini I.11). O ancora sono piccoli deverticoli che

garantiscono l’accesso dei mezzi e lo smistamento del

traffico veicolare nei diversi cortili, o anche lo scarico

delle merci (I.3 Tres Tabernae).

Con l’intensità della frequentazione di uomini, animali e

veicoli sono da mettersi in relazione gli spiazzi, spesso

lastricati intorno ai quali si dispongono gli edifici: tale è il

caso, per esempio, delle grandi stazioni di Forum Clodi e

Ad Vacanas (VII.14 e VII.18), mentre meno definiti, ma

pur sempre simili, sono quelli di Statua/Ad Turres n. VII.1

e la piazzola di Ad Nonum sulla via Appia (I.1).

Leggermente distinta planimetricamente ma di identica

funzione è la soluzione adottata nella stazione anonima

della via Tiburtina attraversata da una ramificazione del

lastricato (supra). Simile funzione dovettero avere le

“palestre o giardini” della statio n. VII.2 (Fregenae).

Lungo la via Appia sono documentati diversi casi di

marciapiedi lastricati con la stessa tecnica del manto

stradale, che vengono interpretati come allargamenti della

sede stradale stessa in prossimità di aree di sosta,

funzionali alle manovre e forse adibiti a “parcheggi” (tav.

X; QUILICI 1990, pp. 47-50, 55): qui abbiamo ricordato il

caso di Ad Medias, dove il Decennovio si dilata fino a

divenire una piazzola di sosta, di fronte al casale di posta

moderno, erede di quello antico (supra, p. 85). Presso

Ariminum ed Ariolica, invece, non si è potuta documentare

la lastricatura di questi spazi, ma ugualmente si è rilevata

la presenza di “un’area di rispetto” inedificata, risparmiata

a lato della strada, che deve aver assolto la stessa

funzione26

. In due casi (I.9 Ad Turres Albas e I.11

Settecamini) il portico si apre direttamente sulla strada.

Casi sicuri di accessi carrozzabili sono a Tres Tabernae

I.3, Rebibbia I.10, Settecamini I.11.

I Cortili

Nel 50 % esatto dei casi qui documentati (35 casi) si è

riconosciuta un’area scoperta, genericamente definita

cortile. Si può sostenere che gli spazi scoperti più ampi

servissero da aree di parcheggio per i veicoli, e che invece

quelli più piccoli, magari completati da portici con

rifiniture architettoniche potessero invece funzionare da

fulcri per gli ambienti residenziali. Tali potrebbero essere i

casi di Fregenae (VII.2: palestre o giardini), di Ad Turres

Albas (n. I.9) e Sirmio-Ad Flexum (supra, p. 107), dove la

frammentarietà del dato archeologico non consente di

accertarne la planimetria. Tali cortili sono documentanti

numerosi anche nelle stazioni “anonime”, come quelle

della via Tiburtina Cornicolana (supra, p. 87).

Gli alloggi

Nelle grandi stazioni, si è potuto isolare un modello di

edificio destinato ad alloggio radicalmente ispirato ad una

tipologia architettonica ben documentata negli

accampamenti militari, cioè quello dei contubernia. In

Italia, il solo caso presentabile è quello del cd. albergo di

ad Vacanas (fig. 76), per il quale almeno si può rimandare

allo stringente confronto con un edificio per pernottamento

rilevato a Richborough (fig. 2; BLACK 1995, p. 19-20), a

sua volta non dissimile da quello di Inchtuthil (fig. 1, tav.

XI), dove una lunga file di baracche a pianta uniforme,

interpretate come contubernia, si affianca ad altri

complessi, architettonicamente più rifiniti27

. Questo

modello, che prevede solo gli alloggi per le persone e non

per i mezzi e gli animali, con una forma più stretta ed

allungata rispetto a quelli a corte sopra visionati ma con la

stessa disposizione su tre lati, ha una sorta di capostipite in

Italia negli “hospitalia” di Villa Adriana, che non hanno

alcun rapporto con le stazioni stradali, ma che - dal

momento che propongono un modello elaborato nel centro

del potere – si qualificano come piuttosto significativi

(figg. 109-110)28

. Tra le esemplificazioni qui raccolte si

possono elencare alcune teorie di vani affiancati in file

parallele o appena ruotati rispetto all’asse stradale (Ad

Nonum I.1 e Tres Tabernae I.3 sulla via Appia, e la

stazione anonima sulla via Latina I.4), ma sono esempi

piuttosto lacunosi29

.

I servizi: magazzini, stalle, latrine.

Si è potuta documentare archeologicamente la presenza di

grandi stalle (ribadita anche dalle fonti: supra, cap. III), di

magazzini ampi per la conservazione delle derrate, per la

sistemazione degli attrezzi, di locali adibiti al deposito dei

mezzi di trasporto (carri), inseriti tra le aree più

residenziali destinate all’alloggio ed al ristoro dei

viaggiatori: 10 sono i casi di stalle sicure, tra le schede

della Rassegna Archeologica. Una stalla è anche segnalata

tra le schede della Rassegna Topografica: si tratta di quella

nel centro di Riccione, in un punto in cui sembra certa la

pratica del traino delle chiatte dalla riva (supra, p. 103).

Recinti realizzati in materiale meno deperibile destinati a

VII. - Conclusioni

177

chiudere gli animali sono stati ben documentati presso la

stazione anonima di Casalbordino e le stazioni el Heita e

Bab el Mukheinig (figg. 9, 17).

In poche edizioni si è fatta menzione degli ambienti adibiti

a deposito e magazzino, che devono aver occupato, al

contrario, ampie porzioni degli edifici: casi particolari sono

quelli delle celle vinarie (Praetorium Laverianum II.2,

Statulae IV.3). Un’intera zona adibita allo stoccaggio delle

merci mediante lo scavo di silos è presente

nell’insediamento identificato con Siris: l’identificazione

topografica non è unitariamente accettata ma è suggestiva,

e si candida come opportunità di verificare la

sovrapposizione tra stazioni stradali e centri di

smistamento del traffico commerciale (supra, p. 94). Da

approfondire sono i casi degli edifici dislocati lungo le

strade (qui si è fatto il caso della regione dei Campi

Flegrei, supra p.87) che sono stati qualificati come horrea

ma che potrebbero rappresentare una porzione di stazioni

stradali ben strutturate.

Le latrine, che su un piano archeologico si qualificano

“platealmente”, non sono molto numerose, soprattutto in

rapporto al numero degli impianti termali documentati, ai

quali in genere sono associate; gli esempi di Ponte di Nona

e Valesio si attestano, comunque, come esemplificazioni

dell’integrazione con lo stesso stabilimento dell’ospitalità.

Ancora, tra gli elementi utilitaristici, si può menzionare un

immondezzaio presso la stazione di Statulae (n. IV.3),

dove sono stati ritrovati almeno 20 pozzi, riempiti con

rifiuti domestici.

Dotazioni infrastrutturali e tecniche costruttive

Le fonti di approvvigionamento idrico: sistemi di

captazione, approvvigionamento, distribuzione e

smaltimento (acquedotti, cisterne, pozzi, vasche ed

abbeveratoi).

Come abbiamo già sottolineato, l’acqua è elemento

indispensabile alla vita di una stazione, in alcuni ambienti

particolarmente ostili, la sua ragione d’essere (il caso della

piscina-abbeveratoio in Siria, supra p. 80), quand’anche

non sono le vasche e le loro riserve a rappresentare l’unico

apprestamento riconosciuto della stazione (I.7 Ad Statuas

sulla Labicana, VII.8 Telamon “a” e VII.11 Ad Piscinas: in

questi ultimi due casi, sembra sicuro l’accesso dal mare,

che ne confermerebbe anche un uso per l’acquatico). In

qualche caso, la vasca con l’acqua viene distaccata dal

complesso della stazione, quando questa è leggermente

arretrata rispetto alla strada principale, per essere più

facilmente accessibile, come è nel caso di Ad Bivium n. I.5,

dove è sistemata sul declivio appena a monte della strada.

Alcune di queste, nella decorazione più o meno ricca,

dimostrano di essere state funzionali a dissetare gli uomini

(esempio, stazione anonima presso La Storta n. VII.13).

L’impegno tecnico che presiede alla realizzazione di

alcune di queste cisterne conferma la rilevanza che queste

fonti di approvvigionamento dovevano rivestire. Colpisce

lo scarso numero di vasche-abbeveratoio attestate: solo

nella stazione anonima di Settecamini (n. I.11) sono

attestati ben tre abbeveratoi nello stesso cortile, nell’altra

stazione anonima della stessa via Tiburtina (I.12) una

cisterna costruita in alzato sembra essere trasformata in

stalla con abbeveratoio costituito da una canaletta scavata

nel pavimento; così come abbeveratoi sono documentati

presso alcune delle grandi stazioni “estere” brevemente

presentate (Augusta Raurica): vi è il sospetto, quindi, che

tali elementi siano stati sottovalutati nelle edizioni. La

presenza di fontane è stata documentata presso le stazioni

di Ad Medias sulla via Appia e di Ad Haesim sulla

Flaminia (supra, p. 98), mentre la stazione di Ad Silanos

nella regio X, rimarca nel nome stesso la ragione della sua

esistenza30

. Fontane ed abbeveratoi, indispensabili alla

sopravvivenza di uomini e animali, erano comunque

sistemati lungo le vie anche indipendentemente dalle

stazioni (l’esempio della serie di pozzi che si attesta sulla

via Tiburtina presso Settecamini-Casal Bianco I.12), e

presso le porte urbiche, quando queste erano collegate con

la viabilità importante, come è ben documentato a

Tusculum (MANDRUZZATO 1993). In questi casi, non

escluderei la possibilità che la menzione del centro urbano

nelle fonti sottintenda proprio – e soltanto – che presso tali

nuclei urbani era possibile rifornirsi nel corso di un

viaggio. Non è forse una coincidenza, infatti, che alcune

fontane si trovino in prossimità delle porte urbane, come

avviene a Saepinum con la fontana del Grifo (supra, p. 95)

e ad Herdonia31

. Tali infrastrutture, sia in aree urbane che

lungo le strade, erano apprestate per iniziativa delle

amministrazioni pubbliche, statali e cittadine, ma molti

sono anche i casi in cui è attestata l’iniziativa privata,

secondo una pratica di evergetismo di sicuro riscontro (i

casi della villa dei Quintili, del cd. mausoleo della Celsa

sulla via Flaminia per il privato, della fontana della

Mezzaluna sulla Prenestina, forse, per il pubblico32

).

Diverse, invece, sono le soluzioni tecniche per condurre

l’acqua dove non vi è grande disponibilità naturale: la

presenza di un acquedotto è certa a Nicotera (III.2), Ad

Vicesimum (III.8) e Aquae Apollinares (n. VII.16, dove

sembra distaccato un ramo dell’Aqua Alsietina), possibile a

Pons Aesonti (X.1) e a Statulae (n. IV.3) ed è ipotizzabile

anche che la stazione anonima al IV miglio della via Latina

(n. I.4) fosse servita da un piccolo ramo dell’acquedotto

Claudio che la sovrastava. Non sono ricordate moltissime

cisterne (tralasciando quelle documentate presso gli

stabilimenti termali, I.2, I.3, I.5, I.8, I.12, I.13), ma questo

potrebbe dipendere dalla qualità della documentazione. Il

caso di Alsium (I.3), con la “piscina” di dimensioni

piuttosto anomale, potrebbe confermare che sono elementi

diagnostici molto significativi. In altri esempi, l’acqua era

captata e smaltita mediante cunicoli (Ad Nonum I.1 e Ponte

di Nona I.8, Ad Bivium I.5, Telamon VII.8-9, anonima

presso La Storta VII.13, Ad Turres VII.1), addotta e

distribuita mediante condutture fittili o plumbee (Ad Turres

Albas I.9, Ad Speluncas supra, p, 89, Ad Mensulas VII.20,

Manliana supra, p. 102). Singolare (ma non chiaro) è

l’apparato per la captazione dell’acqua potabile dal fiume

di Fossis X.3; certo è, che le stazioni fluviali usufruissero

di forme di approvvigionamento idrico proprie.

VII. - Conclusioni

178

Le terme

Immancabili presso le stazioni sembrano essere le terme,

meglio identificabili sia in fase di scavo che di ricerca sul

terreno: piccole o grandi, più o meno lussuose, sono

proprio un’infrastruttura indispensabile al ristoro dei

viaggiatori (ne sono attestate in 41 delle 68 stazioni

schedate), ma molte se ne possono ricordare anche tra le

località oggetto della schedatura topografica, non

dimenticando che è proprio la presenza di uno stabilimento

termale disposto lungo la viabilità o in prossimità di essa

che ha indotto gli editori a suggerire la natura itineraria di

molti di questi complessi archeologici: con la sola

eccezione di Careiae (supra, p. 101), infatti, l’elenco

contempla tutte stazioni “anonime” (quella della via

Tiburtina - supra, p. 87), quelle della Madonna di Gallano

(supra, p. 88-89), quella presso la Masseria Malvindi

Campofreddo (supra, p. 89), quella del deverticolo della

via Flaminia presso la stazione Agip (supra, p. 99), quella

delle Terme dei Gracchi (supra, p. 102), quella individuata

nell’Aretino (supra, p. 102) e quella della periferia di

Riccione (supra, p. 103-104), alle quali aggiungerei lo

stabilimento termale di Via Terracina a Napoli, che si trova

anche in una significativa posizione topografica, presso la

biforcazione delle due principali vie di collegamento con

Puteoli). In qualche occasione dei piccoli stabilimenti

termali trovavano posto lungo le consolari, anche tra i

monumenti funerari: un impianto termale è stato rilevato

dal Canina al V miglio della via Appia33

.

Le tavole che raccolgono i vari impianti termali

documentati archeologicamente (tavv. XII-XIII)

dimostrano che la scelta delle planimetrie non seguì alcun

“modello”, a dispetto della consueta uniformità di questi

impianti, anche se alcuni di questi sono noti troppo

frammentariamente per essere oggetto di confronto; basti

rilevare, infatti, che le somiglianze tra questi vari impianti

potrebbero aumentare nel caso in cui si avessero più dati:

ad esempio, i resti di Annicia (supra, p. 92) conservano

solo labili tracce degli altri vani che contornavano la

grande sala absidata, alcuni dei quali potevano essere

scoperti e porticati, facendo così assumere a questo

complesso un aspetto simile a quello delle terme di

Valesium (n. II.3), con il quale divide la cronologia

piuttosto bassa. Al solo livello di notizia, sono ricordati

impianti termali presso la stazione di Scyle (n. III.5).

Gli esempi sopra elencati sono stazioni stradali che

vengono dotate, tra le infrastrutture, di sale termali ma è

ben documentato anche il fenomeno inverso, lo

stanziamento, cioè, di luoghi di sosta o di infrastrutture

viarie presso le sorgenti di acque termo-minerali,

variamente monumentalizzate. Tra i numerosi esempi di

tappe localizzate presse le “Aquae”, tanto diffuse

soprattutto tra quelle segnalate nella Tabula e già ricordate

a proposito della relazione tra stazione e luogo di

venerazione, abbiamo qui presentato le Aquae Angae

(supra), p. 92, le Aquae Cutiliae (n. IV.1), la statio Ad

Aquas (n. V.1), le Aquae Apollinares (VII.16), il Fons

Timavi n. X.5, ma anche stazioni anonime come quelle

delle Masse di S. Sisto (VII.19) e di Bagno di Romagna

(VIII.2)34

o esempi solo indiziari come quello di Sinuessa

(supra, p. 86). Che non fossero esclusivamente stazioni

termali nel senso moderno del termine (cioè, stabilimenti

incentrati e finalizzati al solo sfruttamento delle sorgenti di

acque termo-minerali), ma che intorno a questi edifici

fossero nate anche delle strutture di altro tipo, è

confermato dalla presenza di tombe, fenomeno di

superfetazione che avviene anche ai giorni nostri. Alcuni di

questi, attestano di essere stati parzialmente reimpiegati

dopo l’abbandono, per lo scopo funerario o per l’impianto

di luoghi di culto (Aquae Cutiliae IV.1), e questo potrebbe

indiziare la presenza di nuclei insediativi anche di

cronologia anteriore.

Tecniche costruttive

Tra i dati più prettamente archeologici, quello delle

tecniche con le quali sono state edificate le strutture –

seppure, non sempre indicato – appare uno dei parametri

più indicativi per misurare l’estrema disomogeneità

dell’insieme e l’incidenza della tradizione locale. Nelle

regioni vicine al centro del potere, e quindi in quasi tutte le

stazioni della regio I e nella parte meridionale della regio

VII, nelle infrastrutture viarie come nelle altre

realizzazioni edilizie, le tecniche costruttive si uniformano

quasi completamente a quelle in auge nell’Urbe, con una

consistente attestazione di opera reticolata (I.1, I.2, I.3, I.4,

I.5, I.9, I.10, I.11, I.12, I.13, VII.14, VII.17), alternata

all’opera laterizia (I.8, VII.5), o ad essa associata (VII.1,

VII.2, VII.3, VII.13), con un rilevante impiego del vittato

nelle fase più tarde (ad esempio, I.3, I.4, I.10, VII.18, ecc.),

senza che si registrino differenze tra le realizzazioni che si

possono attribuire all’imprenditoria privata e quelle che

lasciano, invece, presumere l’intervento di un’autorità

centrale. Nelle regioni meridionali, appare, al contrario, più

percepibile l’influenza della tradizione locale,

rappresentata dalle tecniche murarie che impiegano

pietrame di varia forma e pezzatura (III.1, III.9) o ciottoli

(III.4, III.5, III.6), a volte anche messi in opera a secco

(III.1). Nell’Italia settentrionale, non sembra esserci deroga

a questa elementare constatazione, anche se i dati sono più

scarsi (uso di ciottoli nelle murature di Alba Docilia e

Rigomagus, per fare gli esempi più macroscopici): qui

sono i condizionamenti climatici che con quelli culturali

producono i tipi più caratteristici delle zone fredde e

montagnose, come nelle stazioni del S. Bernardo (XI.3 e

XI.4) e di Saebatum (X.4). Proprio in merito a quest’ultima

località, si può sottolineare come, quando lo stabilimento

“postale” è stato riconosciuto entro un insediamento più

vasto, contrariamente a ciò che si è notato in Britannia, le

tecniche edilizie adottate per erigerlo non si distinguano da

quelle adottate nello stesso periodo nelle costruzioni

circostanti.

Qualità - Lussuosità dei rivestimenti e delle

decorazioni architettoniche

Emerge dai manufatti superstiti un’apparenza

contraddittoria di austerità o di ostentata ricchezza, che

trova interpretazioni e giustificazioni diverse. In alcuni casi

(ad esempio, Altanum III.6) si sostiene che la qualità delle

decorazioni architettoniche e dei tappeti musivi siano

VII. - Conclusioni

179

indizio di un impegno economico rilevante tale da essere

attribuito al potere centrale, in altri si sottolinea come la

povertà dei rivestimenti non renda possibile riconoscere

nel complesso una villa padronale, bensì una stazione

(Malvito III.9). Questa mancanza di appiattimento che – è

bene sottolinearlo - è pienamente in linea con la difformità

che caratterizza le soluzioni metropolitane rispetto a quelle

provinciali, rientra comunque nella più vasta problematica

della tipologia della stazione (per una sola sosta o per un

più lungo soggiorno), della attribuzione ad una gestione

pubblica o privata, di quello che oggi definiremmo

“target”, cioè del tipo di fruitori ai quali ogni stazione era

destinata, e ad una eventuale trasformazione dei criteri

informatori nel corso del tempo, o anche ad uno

sdoppiamento di livello delle strutture ricettive all’interno

della stessa stazione. È possibile, cioè, come sembra

documentato in Britannia, che le stazioni governative

prevedessero tipologie diverse di alloggi, per i personaggi

di rango e per i subalterni (BLACK 1995, p. 91). In diversi

casi, si avanza l’ipotesi che - almeno nell’epoca più alta di

istituzione del servizio - i personaggi di rango inferiore

(anche in missione ufficiale) potessero essere alloggiati

presso strutture private, e che i titolari di questi esercizi

fossero rimborsati dalle amministrazioni cittadine delle

spese sostenute35

. Su tale base si fonda il presupposto che

nelle stazioni del servizio governativo fossero previste –

nella fase dell’impianto – solo le strutture per ospitalità di

prima classe, affiancate, solo dopo il II secolo d.C., da

quelle di secondo livello, presupposto che sarebbe

confortato dal dato archeologico (supra, cap. IV).

In Italia nessuna stazione è stata indagata tanto

approfonditamente da poter confermare od escludere

questa possibilità: a Baccano, allo stato attuale della

ricerca, l’edificio per accoglienza sembra di un solo tipo,

ma che fossero contemplate forme di ospitalità di prima e

seconda classe, sembra confermato dalle considerazioni

condotte a proposito degli hospitalia di Villa Adriana.

Alcune di queste differenze potrebbero essere imputate

all’adeguamento a stazione stradale di monumenti

preesistenti o alla pratica di esercitare attività ricettive

entro strutture che pure mantengono la loro connotazione

originaria (ad esempio, le ville marittime, su cui infra, p-

180), oppure - se si ammette per lo stesso stabilimento la

funzione di stazione del cursus publicus e luogo di sosta

per privati cittadini - la lussuosità dei rivestimenti

marmorei e musivi, delle decorazioni architettoniche fittili

e lapidee, l’eleganza dei portici, la presenza di vetrate,

ecc., dovettero rappresentare una delle attrazioni principali

per i viaggiatori che ricercavano anche una sistemazione

molto confortevole, e l’ostentazione del lusso avrebbe

potuto rappresentare un “richiamo turistico”, andando a

costituire una delle preoccupazioni principali degli

architetti. Questa mancanza di “coerenza” si ritrova nella

bibliografia, dove la presenza di un apparato decorativo

complesso viene addotta a giustificare l’identificazione di

una emergenza archeologica con una stazione, con la stessa

frequenza con la quale, al contrario, è la “sobrietà” dei

rivestimenti che viene indicata a motivare l’esclusione

dell’identificazione con una villa a vantaggio di quella con

la stazione: ad esempio, la Crogiez ritiene che gli

stabilimenti postali non dovessero essere lussuosi, ma

sostiene anche che alcuni complessi sono troppo vasti e

lussuosi per non essere ritenuti pubblici36

.

Organizzazione interna

Forme di gestione

È molto difficile stabilire se gli insediamenti qui schedati

fossero di proprietà pubblica o privata: i rinvenimenti di

fistulae con bollo che attestino una proprietà privata sono

solo 3 (Ponte di Nona I.8; Ad Turres Albas I.9 e Punicum

VII.3, quindi 2 stazioni “itinerarie” ed 1 “anonima”),

mentre presso la stazione anonima al IV miglio della via

Latina, la trasformazione in monumento funerario nel III

secolo indizia una proprietà ugualmente privata, ma tutti

questi dati possono essere stati validi solo per un periodo

di tempo, magari per la fase di impianto di un edificio,

successivamente assorbito in un sistema statale, o al

contrario ceduto dall’amministrazione ad un privato. Non è

neppure inevitabile che ad un cambiamento o ad una

diversificazione delle attività economiche attuate in una

unità edilizia dovesse necessariamente corrispondere un

cambio di gestione: quando una villa rustica come quella di

Rossilli (I.6) intraprende l’attività di servizio alla viabilità,

non è inevitabile ricondurre questa trasformazione alla

confisca operata dalle autorità governative, potendosi

anche attribuire all’iniziativa privata. Non si può fare

affidamento neanche sulla tradizione storiografica o sui

dati desunti dall’epigrafia: i fondi di Ad Nonum-mausoleo

di Gallieno, Albinia e Aquae Apollinares vengono

assegnati alla proprietà imperiale, ma senza un

indiscutibile fondamento; mentre è sicuro l’inserimento di

Lorium tra i praedia imperiali, anche se non c’è certezza

sulla reale coincidenza tra la villa e la stazione che poteva

semplicemente avere lo stesso nome. A possedimenti

imperiali riconduce il toponimo di Caesariana, lungo la

via Capua-Regium, nella regio III, ipotesi confortata da

alcuni rinvenimenti epigrafici (KAHARSTEDT 1959, pp.

190-198), e lungo lo stesso tratto viario anche il toponimo

In Marcelliana indizia forme di attrazione vicendevoli tra

vie di comunicazione e grandi possedimenti latifondistici

(infra). Se questi toponimi stradali potessero essere

ricondotti con sicurezza alle unità produttive dalle quali

derivano (allora, il Praetorium Laverianum diventerebbe

esemplificazione eccellente di questo tipo) e non a

stabilimenti specifici che del praedium assumono solo il

nome, si potrebbe documentare più solidamente la varietà

tipologica delle strutture che funzionarono da stazioni

stradali. Quanto alle stazioni che nacquero e funzionarono

come tali, se si ammette che avessero un’attività

economica propria, fondata sugli introiti derivati dal

pagamento da parte dei privati delle prestazioni delle quali

avevano usufruito, si comprende meglio il meccanismo di

assegnazione degli appalti ai mancipes e l’interesse che

questi gestori avevano nell’incrementare la scelta dei

servizi: se si accettano alcune delle identificazioni

proposte, si può affermare che non ci fosse alcun

pregiudizio da parte della gestione circa l’aggiunta di

attività economiche parallele, soprattutto produttive, come

vedremo. Ma si può esemplificare anche il fenomeno

VII. - Conclusioni

180

inverso: la possibilità di realizzare degli introiti fornendo il

servizio dei bagni fu sicuramente tenuta in considerazione

nella scelta operata dai proprietari delle ville private di

apprestare strutture termali in prossimità della strada:

nell’insediamento de La Storta VII.13 è evidente la volontà

di “accaparrarsi” una certa clientela distaccando il nucleo

dei bagni dal resto dell’edificio per posizionarlo proprio a

lato del basolato (infra).

Luoghi di produzione o lavorazione di prodotti agricoli

e industriali - Lo sfruttamento delle risorse

In numerosi contesti, sono stati rinvenuti elementi che

attestano che presso queste stazioni venivano praticate

delle attività di lavorazione e trasformazione delle materie

prime, attività che in qualche caso possono essere ritenute

“di servizio” al traffico dei viaggiatori, mentre in altre

costituiscono probabilmente delle forme di guadagno

parallelo ed aggiuntivo a quello della ricezione. In 12

stazioni è attestata l’attività di lavorazione dei prodotti

agricoli, che potevano anche essere coltivati nella stessa

azienda; in 7 casi la presenza di mezzi per il trattamento di

questi prodotti (torchi, macine, vasche, ecc.) sembra più

consistente, al punto da far ritenere che la produzione

agricola rappresentasse una voce importante, se non la

principale, nel bilancio dell’intero complesso; in qualche

situazione, è l’attività di ricezione (che certo prevede anche

il commercio al minuto) che viene aggiunta nell’economia

di una villa rustica, mediante il distacco di un padiglione

presso la strada (il caso appena ricordato della stazione

anonima presso La Storta n. VII.13 al quale potrebbero

aggiungersi quello della stazione anonima presso la

Madonna di Gallano – supra, pp. 88-89 - e quello della

villa delle Crocicchie sulla via Clodia – p. 101),

quand’anche, essendo manifesta la forma di produzione

che si esercita presso la villa rustica, è l’attività di servizio

alla viabilità che deve essere documentata (schede nn. I.6

Rossilli, II.2 “Praetorium Laverianum”, Caprasia - supra,

p. 91). È, comunque, ovvio che la presenza di una strada

frequentata abbia rappresentato, a dispetto di alcuni

precetti degli agronomi, una forte attrazione sugli impianti

produttivi, per le facilitazioni nella distribuzione che ne

derivavano: è possibile, quindi, che in assenza di indagini

archeologiche estese ed approfondite, non si possa chiarire

se queste unità produttive abbiano anche assolto alla

funzione di luoghi di sosta, o se piuttosto tra esse e la

strada vi sia solo un rapporto topografico, come nel caso

della stazione anonima alla periferia di Riccione, che

privilegia la funzionalità della posizione lungo una via di

traffico rispetto alla sicurezza di una posizione più arretrata

(supra, pp. 103-104).

In ben 18 contesti archeologici, è documentata l’attività

manifatturiera-industriale, mediante la presenza presso 7

stazioni di forni per ceramica e/o laterizi e vetri37

e

contenitori da trasporto, 2 casi di attività di cava praticate

negli immediati dintorni della stazione (anonima presso

Rossilli I.6 e Ad Speluncas, p. 89) , un esempio di atelier

per la lavorazione del cuoio e della tela (Malvito n. III.9), 7

prove di lavorazione dei metalli38

, alle quali si potrebbero

aggiungere alcuni esempi dalla Rassegna Topografica,

come Ad Aquilam, nella regio VI (supra, p. 99; vedi

grafico 1). A proposito di quest’ultimo tipo di lavorazione

“industriale”, data la concomitanza del rinvenimento di

scorie di lavorazione del ferro in tre località distinte, ma

associate al “cursus” (stazioni itinerarie lungo la via Iulia

Augusta: Diano Marina, loc. Rosciano-Turco e Nuovo

Ospedale, S. Bartolomeo e Piana Crixia), si è avanzata

l’ipotesi che tali attività, più che legate alle esigenze di vita

quotidiana, siano da riconnettersi a dei “servizi” offerti

nell’ambito delle stazioni (SURACE 1984, pp. 192-193,

MESSINEO 1991, pp. 179-182). È evidente che le

facilitazioni nel trasporto delle materie prime e nello

smistamento dei prodotti finiti, la possibilità di vendere

alcuni di questi prodotti al minuto e la presenza di una

nutrita committenza per le riparazioni, rendevano una

stazione un luogo privilegiato per l’impianto di una

officina con forno per l’estrazione e la lavorazione dei

metalli. Vi sono, poi, situazioni nelle quali l’edificio della

stazione è localizzato in un’area abitata – un quartiere di

un centro urbano o un aggregato rurale – dove si trovano

altri impianti industriali: tale è il caso di Statua, dove

un’area dell’abitato sembra destinato alla produzione e

lavorazione del vetro, e di Claterna, dove l’edificio

proposto come stazione è integrato in un’area adibita alla

produzione industriale, prevalentemente metallurgica. Il

centro emiliano può essere messo a confronto con quello

pugliese di Sipontum, dove, alle falde del recinto murario,

in prossimità di una porta è stato segnalato un quartiere per

la produzione industriale ed un edificio termale39

. I casi di

Cattolica e Riccione, archeologicamente documentati in

modo frammentario, sono al contrario ben inquadrati nelle

vicende storico-economiche del comprensorio, che ha visto

il trasferimento della maggior parte delle attività produttive

in quartieri più periferici a partire dall’inizio dell’età

imperiale40

.

Tipi di stazioni

Urbane

La maggior parte delle tappe segnalate nelle fonti itinerarie

corrisponde ad insediamenti urbani, dove è maggiormente

possibile che presso lo stesso edificio fossero accorpate

funzioni diverse, ed in questo caso è possibile che almeno

per le stazioni fiscali o di polizia fosse prediletta una

posizione nel centro cittadino (come è documentato nella

fonte n. 59, cap. III41

). Purtroppo, nessuna fonte classica e

pochissime fonti archeologiche ci forniscono informazioni

sulla dislocazione delle stazioni postali nei centri urbani:

solo il caso di Roma, con il “misterioso” catabulum, è

sicuro, ma è evidente che si tratta di una situazione

eccezionale, mentre la stazione di Cosa (n. VII.6) – se

davvero è da ritenerla tale – costituisce un ripiego tardo-

romano in posizione fortificata (e quindi, piuttosto

inaccessibile!), che certo non deve essere stata la regola in

età imperiale. In Italia, l’unica identificazione di stazione

urbana indiscutibile è stata proposta per Valesium, nella

Regio II, tappa qualificata come “mutatio Valentia”

nell’Itinerario Burdigalense, localizzata entro l’abitato

racchiuso da mura, attraversato dalla via Traiana “calabra”

(BOERSMA 1995). Qui, però, è stato riportato alla luce solo

un complesso monumentale, con una destinazione

VII. - Conclusioni

181

prevalentemente termale, che si impianta solo all’inizio del

IV secolo, in parte sulle rovine di un precedente edificio di

epoca tardo repubblicana che – secondo gli Editori –

sembra aver assolto le stesse funzioni di luogo di sosta, ma

la mancanza di indagini sulla effettiva consistenza

dell’abitato nel momento dell’impianto della stazione (che

in base ai dati oggi disponibili sembra addirittura

abbandonato) inficia in parte le osservazioni che si

potrebbero condurre sul rapporto topografico tra le due

entità. Più significativo, quindi, è l’esempio di Augusta

Raurica (Augst, in Svizzera), con la stazione periferica ma

integrata nel tessuto urbano, anche a livello di

infrastrutture (viabilità, magazzini, terme, forse

acquedotto; supra, p. 80). La stessa posizione alla periferia

dell’abitato si ritrova a Claterna (n. VIII.1), ma se è ben

documentata l’attività produttiva artigianale, non

altrettanto certa può dirsi la funzione di stabilimento

postale. Ovviamente, non si può escludere la possibilità

che i luoghi di sosta e le stesse stazioni si trovassero in

qualche caso anche a ridosso del perimetro dei centri

urbani, quando questi erano attraversati dalla viabilità

principale. Soprattutto se si considera che molte città

potevano aver accolto la legislazione che vietava la

circolazione dei carri entro il perimetro urbano42

, doveva

essere in qualche modo prevista la presenza di un

“parcheggio di scambio”, dove poter posteggiare i veicoli

dei privati che preferivano alloggiare in centro e

provvedere al cambio degli animali e del personale delle

staffette, oltreché accogliere le strutture per lo stoccaggio e

la distribuzione delle merci43

. Una prova potrebbe venire

da Augusta Praetoria (n. XI.2), dove però è attestata con

sicurezza solo la pratica di attività artigianali e non di

luogo di sosta, e l’identificazione è solo ipotetica. Le stesse

incertezze gravano sulle proposte di identificazione

formulate per gli edifici alla periferia di Alba Pompeia

(supra, p. 106). Altrettanto dubbia è l’identificazione

suggerita per Helvia Ricina nella regio V, in questo caso

dovuta alla mancanza di elementi archeologici (supra, p.

97). È possibile che, nei casi in cui il centro veniva

attraversato dalla viabilità principale, le funzioni di

ricezione e accoglienza dei viaggiatori venissero

demandate alle infrastrutture cittadine, pubbliche e private:

qui ho ricordato due esempi di centri attraversati

dall’Appia, che presentano degli stabilimenti termali di

vaste dimensioni, localizzati, forse non fortuitamente,

presso gli accessi cittadini (Aricia e Tarracina, pp. 85-86),

ma si possono fare anche i casi di Saepinum nella regio IV

(supra, p. 95) e Septempeda nella regio V (LANDOLFI

1987), che presentano degli stabilimenti termali proprio a

ridosso delle mura cittadine.

Gli stabula alle porte delle città avevano un vasto cortile e

le stalle; diversi esempi sono a Pompei (fig. 111): al pian

terreno avevano un’anticamera affacciata sulla strada,

fiancheggiata su entrambi i lati da piccole stanze per la

cucina, la sala dove si mangiava, la “reception” e, in un

angolo, la latrina; attraverso l’anticamera si giungeva in un

cortile dove si potevano parcheggiare i carri, e sul retro

c’era un riparo che serviva da stalla. Aperte sul cortile vi

erano alcune camere da letto, ma la maggior parte di queste

si trovava al piano superiore. Le taverne localizzate nel

centro cittadino non avevano né il cortile né l’anticamera:

al pian terreno erano le cucine, la sala ristorante, il banco,

la latrina e forse alcune camere da letto, mentre altre si

trovavano al piano superiore. Normalmente, il ristorante

aveva un’entrata separata aperta sulla strada, dal momento

che era frequentato da avventori di ogni tipo e non solo dai

clienti dell’albergo. I servizi igienici erano più essenziali,

potendo sfruttare gli stabilimenti termali sempre presenti

nei dintorni. Gli alberghi di Pompei sono tutti piccoli, in

genere non hanno più di 12 stanze, ma si tratta di una

piccola città. Nelle grandi città come Roma dovevano

esistere complessi ben più vasti, non dissimili da quello

scavato nel Foro, che ha più di 30 piccole celle senza

finestre, servite da un corridoio stretto e basso, che può

essere interpretato come un ostello a basso prezzo o un

postribolo (KLEBERG 1957, pp. 32-35; CASSON 1974, p.

207 ss.; LUGLI 1947, pp. 139-164).

Fluviali

Pochi sono i punti di contatto da un punto di vista

planimetrico tra le tre stazioni fluviali qui raccolte (troppo

poco conosciute in estensione), accomunate, però, dalle

radicali trasformazioni che hanno interessato l’assetto

idrogeologico del circondario, venendo oggi a trovarsi tutte

lontane dal corso d’acqua. Se la porzione nota

dell’insediamento di Fossis (X.3) non può dirsi

caratteristica, non altrettanto vale per lo scalo di Hadriani

(X.2), raccolto intorno ad una darsena, e per quello della

Magliana, con un ampio spiazzo basolato che agevola le

operazioni di carico e scarico.

Marittime

Molti di questi complessi sono posizionati presso foci di

fiumi, funzionando da scali sia per il traffico marittimo a

grande percorrenza che per quello di smistamento lungo le

vie di penetrazione interna: tali sono i casi di Albinia VII.7,

Fregenae VII.2, Costa Ballenae IX.4, Fons Timavi X.5,

posizionata ai margini di una laguna. Alcuni scali si

qualificano come più prettamente marittimi, perché non

sono posizionati presso corsi d’acqua navigabili, come nei

casi di Ad Speluncas, Leucopetra III.4, Quintiana, VII.5 e

Telamon a VII.8. Non è agevole delineare delle

caratteristiche che accomunino le varie stazioni marittime,

tutte troppo frammentariamente note, ma piuttosto diversi

dovettero essere gli stabilimenti destinati alle funzioni di

ricezione e deposito ricavati entro complessi portuali

articolati, magari parti di fondazioni coloniali come

Fregenae (n. VII.2) rispetto ai piccoli scali che si attestano

presso le ville marittime. Certo è che alcune “ville

marittime”, completate spesso da peschiere e piccoli moli o

approdi, funzionarono da scali delle rotte di cabotaggio,

ma non so spiegare come alcune di esse potessero essere

inserite nel sistema governativo di gestione dei trasporti.

Nella maggior parte dei casi, infatti, i resti individuati sono

porzioni di lussuosi quartieri residenziali, certo non

accessibili agli equipaggi delle piccole imbarcazioni che lì

potevano attraccare (Punicum n. VII.3 e Quintiana n.

VII.5: non sembrano proprio destinate a marinai e

mulattieri!). Le fonti non ci aiutano a capire quale

VII. - Conclusioni

182

meccanismo regolasse l’ospitalità; nel corso del viaggio di

Rutilio Namaziano sappiamo, ad esempio, che questa

piccola delegazione veniva accolta presso le sontuose ville,

che in qualche caso coincidono con quelle menzionate tra

le tappe della rotta di cabotaggio lungo le coste tirreniche

tra Roma ed Arelatum riportata dall’Itinerario Marittimo.

Ma tali ville erano accessibili a tutti o solo a personaggi di

rango come Rutilio, che viaggia probabilmente alla spese

del cursus? Queste ville erano padronali o in qualche modo

erano rientrate tra i possedimenti dello Stato o

dell’imperatore? Se erano private, è possibile che i

proprietari le aprissero all’ospitalità di personaggi

facoltosi, magari per concorrere alle spese di manutenzione

di queste dimore, come attualmente avviene per ville e

casali, adibiti ad alberghi di lusso e saloni per ricevimenti?

O, ancora, era imposto a questi facoltosi cittadini di

accogliere e rifornire a loro spese le persone che

viaggiavano “rei publicae causa”, o il cursus si ritagliava

uno spazio entro l’ampia articolazione di queste ville?

Ville

Un pari numero di incertezze avvolge la questione delle

“ville” adibite a luoghi di sosta. In molti casi, infatti, le

stazioni additate nelle fonti vengono riconosciute – anche a

costo di forzare alcuni dati itinerari – in complessi

monumentali che hanno proprio l’aspetto delle ville

extraurbane, articolate in corpi edificati distinti, destinati

alla produzione, alle lavorazioni, ai servizi ed alla

residenza dei proprietari. Tale fenomeno è particolarmente

evidente nella regio III, dove la quasi totalità delle

identificazioni proposte fa riferimento ad una villa (il caso

tra i tanti della stazione anonima presso Croceferrata –

supra, p. 94), ma sul piano archeologico, entro questa

raccolta, risaltano gli esempi di S. Giusto-Praetorium

Laverianum (II.2), Malvito (III.9), Tabellaria (VII.4),

Turrita (VII.12), Alba Docilia (IX.1), ai quali va aggiunta

la appena menzionata Quintiana (VII.5), in un elenco che

un ampliamento dell’estensione degli scavi archeologici

che hanno interessato questi complessi potrebbe certo

allungare (basti pensare ad Annicia nella regio III),

Leucopetra (III.4), Fregenae VII.2, Ad Sextum VII.17).

Del resto, la pertinenza del richiamo al “modello” delle

ville rustiche di età imperiale è confermata dalla presenza

di strutture destinate alla produzione agricola ed anche

“industriale”, rilevata presso molte di queste località

appena richiamate. Abitualmente, questo fenomeno viene

spiegato con la forte attrazione che le grandi ville

esercitano sulla viabilità locale, calamitandone i tracciati,

soprattutto nelle regioni dove domina il latifondo, quali ad

esempio la Sicilia (UGGERI 1982-83, pp.437-438) e, sulla

base della più recente bibliografia, la Calabria moderna,

ma questa notazione deve essere approfondita. Non credo,

infatti, che le strutture del luogo di sosta – del cursus o

private che fossero – potessero in alcun modo essere

coincidenti o limitrofe ad una residenza padronale, poiché

erano certo frequentate da individui di infima estrazione

sociale, sempre animate da una scomposta confusione, ed

erano anche un potenziale covo di criminalità. Tantomeno,

credo possibile che impianti termali di lusso smodato

potessero essere divisi tra padroni della villa e personale

del servizio di posta o viaggiatori e frequentatori

occasionali. È evidente quindi che, se pure i nuclei dei

grandi latifondi devono aver costituito un polo d’attrazione

per l’impianto di nuovi luoghi di sosta, in quanto centri di

popolamento rurale, luoghi di produzione e consumo, già

inseriti nel circuito commerciale e nella rete dei trasporti,

dispensatori di servizi che li rendeva autosufficienti (non

solo produzione alimentare ma anche manifatturiera,

centro di produzione artigianale e di manutenzione attrezzi

e mezzi), tuttavia non possono essere ritenuti coincidenti

con la stazione vera e propria, che deve aver previsto uno

stabilimento destinato a questa esclusiva funzione,

topograficamente ben distinto. Quando la ricerca

archeologica individua, senza incertezze, la stazione presso

un complesso che planimetricamente e funzionalmente si

accredita come “rustico” (il caso di Alba Docilia, IX.1),

bisogna ammettere che il vasto campionario dei tipi

possibili per una stazione accolga anche un “modello” che

radicalmente si ispira a quello delle ville extraurbane.

Ancora diverse sono le situazioni nelle quali è attestata

l’iniziativa dei proprietari delle ville (prudentemente ritirati

sulle sommità dei poggi e dei rilievi) che distaccano dei

nuclei di costruzioni ai lati delle strade, articolati

prevedibilmente in osterie ed alberghi, piccoli impianti

termali, esercizi commerciali per la vendita dei prodotti del

fondo. Occorre, comunque, accettare come possibile anche

il caso in cui, proprio in prossimità della strada, si attesti

un’unità produttiva indipendente, che non attua servizio

alla viabilità, ma semplicemente sfrutta i vantaggi che in

tempi di pace derivano dalla posizione lungo un importante

asse di comunicazione, come è stato di recente illustrato da

Gaetano Messineo per la via Flaminia44

.

Stazioni doganali

La scarsa estensione degli scavi archeologici che le hanno

interessate non consente di comprendere quale fosse

l’articolazione interna delle stazioni doganali, e come

eventualmente si attuasse la sovrapposizione con altre

attività amministrative, come quella del cursus publicus.

Tuttavia, in alcuni casi si può provare la sovrapposizione

tra luoghi dove si esercitano attività doganali e stazioni

itinerarie: subito fuori dei confini dell’Italia Augustea (ma

entro quelli della Repubblica Italiana) si possono ricordare

la statio Bilachiniensis, in località Camporosso, a

Chiusaforte, presso il valico di Tarvisio (già in territorio

norico), che potrebbe integrare la tappa di XXX miglia che

l’Itinerario Antonino ha dimenticato45

, e quella Plorucensis

nella regio X46

, che si aggiungono a quella di Poetovio che

abbiamo ricordato nel capitolo II.3.

Xenodochia

In questa sede non è stato affrontato il discorso dei luoghi

di sosta in età cristiana47

, perché esulante dal tema, ma si

può fare un riferimento al celebre edificio fondato a Porto

per interessamento della nobiltà romana per ospitare i

bisognosi ed i viaggiatori, perché di fondazione

particolarmente antica, risalente cioè già all’epoca in cui

Portus è ricordata come tappa nelle fonti itinerarie. Il

VII. - Conclusioni

183

complesso monumentale indagato nella seconda metà

dell’800 in località Poledrara è stato identificato, sulla base

dell’epigrafe ritenuta damasiana (fonte epigrafica n. 178)48

,

con l’ospedale eretto nel 396 circa da papa Siricio, amico

personale di S. Girolamo, per il ricovero dei pellegrini che

giungevano a Roma49

, identificazione contestata già

all’inizio del Novecento, perché il frammento epigrafico è

stato ricondotto ad un anonimo di VI secolo50

. Il contenuto

dell’iscrizione resta, però, un ottimo appiglio per

riconoscere in questa struttura un edificio adibito

all’ospitalità dei bisognosi, e la cronologia dell’impianto,

confermata dai dati archeologici stratigrafici, non contrasta

con quella della fonte geronimiana, che ricorda l’attività

“evergetica” di Fabiola (fonte n. 91: LXXVII, 10). La

planimetria rimessa in luce dai primi scavatori (troppo

sospetta nella sua assoluta regolarità e nella ostentata

metodicità della distribuzione dei vani e dei corridoi, che

garantirebbero un agevole accesso ad ogni ambiente) si

distinguerebbe rispetto a quelle dei luoghi di sosta “laici”,

per la centralità assegnata all’aula di culto e per la

mancanza di un cortile adibito al parcheggio dei veicoli,

privilegiando l’aspetto di ospedale per pellegrini e malati,

rispetto a quello di stazione viaria. Tuttavia, non trovo

probante l’affermazione del Février, condivisa dal Testini,

che tale complesso non possa essere riconosciuto come

uno xenodochio, per la predominanza dello spazio

assegnato all’aula di culto rispetto agli ambienti di servizio

e, quindi, adibiti all’ospitalità51

. Credo, infatti, che la

porzione del monumento nota non rappresenti la totalità

delle emergenze e che, comunque, troppo pochi siano gli

esempi di strutture di questo tipo fino ad oggi conosciute

per poterne formulare un “canone”. Gli esempi di

xenodochia noti sono pochi, ma quello ostiense trova un

eccezionale confronto in quello riconosciuto in Siria, a

Tourmain52

.

Cronologie

Bisogna premettere che la disomogeneità della

documentazione impedisce di acquisire delle sicurezze

sulle fasi di impianto, occupazione ed abbandono di molte

stazioni, e la mancata indicazione della cronologia dei

materiali e spesso delle strutture non consente di stabilire

dei sincronismi sulle frequentazioni, ad esempio, dei

luoghi di culto attestati nei dintorni o anche nell’uso delle

aree sepolcrali (il caso del n. I.2 Ad Sponsas: a quale epoca

sono da assegnarsi il tempio e i votivi rinvenuti nei

dintorni?). Nella maggior parte delle esemplificazioni,

l’Italia, paese di lunghissima tradizione insediativa,

propone il caso di insediamenti posti lungo la viabilità che

si impiantano o vivono una radicale trasformazione nella

primissima età imperiale, ma escluderei interventi sulle

stazioni di sosta localizzate in fasi cronologiche precipue

(grafici 2 e 3): un addensamento degli impianti si ha in età

augustea, ma non può essere riferito stricto sensu alla

creazione del cursus, vista la floridità di tale fase

cronologica da una prospettiva edilizia in Italia, anzi, non è

nemmeno così significativa con l’esclusione della

sistemazione della via Emilia, per la quale è proposto un

rapporto tra ammodernamento del tracciato viario e

adeguamento delle infrastrutture, stazioni comprese

(scheda VIII.1). Questa relazione con le fasi di restauro

della strada viene evocata anche a proposito di Ad Statuas

I.7 ed Hadriani X.2 (epoca giulio claudia).

Come ho già rilevato, molto significativa è anche la

quantità delle “preesistenze”, che confermano la tendenza

registrata su suolo italico all’adeguamento di complessi già

attivi, o che può sottintendere anche una prevedibile

preesistenza di strutture di servizio alla viabilità prima

dell’istituzione del cursus53

. Molto ricca è anche la fase

degli impianti nel periodo compreso tra i Flavi e gli

Antonini, che, effettivamente, può essere messa in

relazione con i numerosi interventi legislativi intrapresi

soprattutto da Traiano per ottimizzare la funzionalità del

cursus, mentre la povertà del numero di fondazioni che

interessa la prima metà del III secolo, che contraddice le

fonti scritte, può motivarsi con una attività edilizia

concentrata nelle altre province. Alcuni “episodi”

confermano da un punto di vista archeologico ciò che è

manifesto nelle fonti, cioè l’incrementarsi, l’infittirsi delle

stazioni impiantate lungo le strade nel corso del IV secolo,

e nuovi impianti si registrano ancora alla fine dell’impero

d’Occidente. Non è da sottovalutare, infatti, il fenomeno

inverso alla precocità dell’insediamento: tralasciando il

caso di Locri, che è solo una proposta di identificazione da

me avanzata, si può ricordare il caso di Tabellaria, lungo

la via Aurelia (scheda VII.4) che appare di impianto tardo-

imperiale. Spesso l’abbandono viene siglato

dall’iseriemento di tombe entro le strutture fatiscenti della

stazione, ma tale evento può anche essere letto come una

forma di continuità nello stanziamento di un gruppo umano

nelle zone limitrofe.

Il fenomeno della continuità

Nella quantificazione delle attestazioni di continuità presso

le stazioni stradali romane è stato complesso valutare i

parametri da prendere in considerazione, stabilire, cioè,

cosa considerare attestazione del fenomeno ma soprattutto

distinguere i casi in cui la localizzazione della stazione

itineraria fosse sicura, e non fondata proprio sulla

continuità, in epoca medievale o anche moderna, nella

funzione di luogo di sosta; qui, si può estrapolare

l’esempio di Cattolica, scheda VI.1, dove, per la proposta

di identificazione, alla scarsa qualificazione delle strutture

superstiti, sopperisce la presenza di una taverna

quattrocentesca. Anche ad Eporedia (supra, p. 109) è lo

stallabio medievale, che conserva scarsissimi resti di

elementi preesistenti, che viene indicato come possibile

sede della stazione postale romana: questa coincidenza,

qualora fosse verificata, rappresenterebbe un’eccezionale

forma di continuità, perché non sarebbe limitata alla

attività di ricezione, ma proprio a quella di stallaggio e

cambio degli animali da trasporto e da soma del pubblico

servizio. Credo che la rilevanza assegnata dagli studiosi

alla presenza di elementi di continuità per una proposta di

identificazione sottintenda una valorizzazione delle

caratteristiche topografiche di un sito scelto come luogo di

sosta, caratteristiche che, in mancanza di cambiamenti

significativi dei sistemi di trasporto e trazione fino al XIX

VII. - Conclusioni

184

secolo, sono rimaste sostanzialmente invariate. Tutti gli

elementi sopra indicati (la presenza di fonti di

approvvigionamento idrico, di corsi d’acqua, di incroci,

ecc.54

) hanno concorso, infatti, a far sì che la situazione

restasse immutata nel corso dei secoli, anche quando

l’organizzazione e la manutenzione delle infrastrutture

viarie sono venute meno. Per 11 degli insediamenti

schedati si può rilevare una generica forma di continuità

che si esplicita in strutture per l’accoglienza dei viaggiatori

solo dove sono documentati gli ospizi per pellegrini (i casi

del S. Bernardo – XI.3 e XI.4 - e Ad Speluncas - supra, p.

89-), mentre da espungere sembra il caso della stazione

anonima presso La Storta, perché la stazione ricordata

nell’itinerario di Sigerico viene ora ad essere localizzata in

un’altra posizione (scheda VII.13); ma la Rassegna

Topografica ne ha segnalati moltissimi altri: Ad Medias

sulla via Appia (supra, p. 85), Ad Aquilam presso

Colombarone, vicus che assolve il ruolo di luogo di

incontro in epoca altomedievale (supra, p.

99), della

stazione anonima di Ponte Nure e Ad Tarum, presso

l’attraversamento della via Emilia sul corsi d’acqua

ricordati nel toponimo (supra, p. 103), Ad Fonteclos e Pons

Secies (supra, p. 103), Sirmio-Ad Flexum sul lago di Garda

che mantiene per secoli il ruolo di “osteria” (supra, p.

107), Eudracium (supra, p. 109) e Tribus Tabernis,

identificata con Monestirolo, dove nel medioevo è

documentato l’hospitale S. Michaelis Atastaverna,

corruzione del nome della mutatio antica (FRACCARO

1957, p. 240). Altri ancora se ne possono segnalare, come

Ad Canales nella regio IV, che ha un erede nella località

Taverna Canale, in contrada Cerreto, dove la tradizione

localizza S. Seleucio de Pictis (CARROCCIA – RUTA 1987-

88, pp. 260-261; RUTA 1988, p. 602; CARROCCIA 1989, p.

20). In qualche misura, possono essere considerati

manifestazioni di continuità anche alcuni fenomeni che si

completano entro l’età romana, come quelli di Valesium

(scheda II.3), dove un edificio repubblicano (in realtà,

piuttosto frammentariamente noto) è ritenuto antenato di

quello tardo imperiale, e di Malvito (III.9), dove precedenti

per lo “stabilimento postale” sono indicati nei magazzini,

di epoca tardo repubblicana.

La maggior parte delle forme di continuità è riconducibile

alla presenza di luoghi di culto cristiani (l’esemplificazione

di Aqua Viva sulla via Flaminia, supra p. 98), ma

l’importanza assunta da molti degli aggregati sorti intorno

alle stazioni può evincersi sulla base della designazione a

sede vescovile: tra i soli 8 centri nel Lazio che vantano una

sede vescovile già in età costantiniana, figurano 3 “stazioni

stradali” (Tres Tabernae e Ad Quintana tra quelle che il

toponimo indica come borghi nati intorno alla stazione, e

Forum Clodii, probabilmente già centro di un certo

rilievo), che si uniscono ad abitati di ben maggiore

tradizione (Tarracina, Praeneste, Centumcellae, Ostia e

Porto, forse Albano: FIOCCHI NICOLAI 1994, p. 245 con

bibliogr.), adombrando la possibilità che il ruolo di

stazione li privilegi nella scelta55

. Del resto, la scelta dello

stanziamento della comunità cristiana presso un abitato

sede in epoca romana di una stazione è definito dallo

Zucca “prassi dell’evangelizzazione” (ZUCCA 1985, p. 27).

Luoghi di culto cristiani

Come anticipato, frequentemente templi cristiani, a volte

dalla caratteristica pianta a basilica vengono fondati presso

le stazioni stradali (presso S. Maria di Siponto è stata

indagata una basilica di età tardoantica - MAZZEI 1988;

FABBRI 1992 - e una è segnalata presso la stazione

anonima in loc. “Le Castella”: supra, pp.

84-85); in

qualche caso hanno annesso un cimitero (I.2 Ad Sponsas).

Il caso di S. Giusto (scheda II.2), se è corretta

l’identificazione con una stazione itineraria, costituisce una

conferma, in ambito italico, della tendenza delle ecclesiae

a strutturarsi presso i luoghi di sosta, come è documentato

per la Sicilia e la Sardegna: Philosophiana (chiesetta

martiriale: WILSON 1990, pp. 223-225) in Sicilia e la

stazione sul deverticolo della via a Tibulas Sulcis, che

collegava Cornus ad Othoca, evitando Tharros, presso

Nurachi56

(ecclesia battesimale, localizzata in un’area

cimiteriale: PANI ERMINI 1994, p. 398) in Sardegna. Gli

editori delle ecclesiae di S. Giusto hanno proposto alcuni

confronti per lo stanziamento di una basilica con battistero

in ambito provinciale italiano (scheda II.2), ma - entro i

confini dell’Italia augustea - mi sembra che si possano

addurre anche altri esempi (IX.4 Costa Ballenae e la

stazione detta In Marcelliana, dove sarebbe localizzata una

chiesa battesimale che Cassiodoro dice fondata presso

luogo dove si tenevano le nundinae, sulla via Capua –

Regium (BRACCO 1958), alle quali potrebbe aggiungersi

anche la chiesetta sorta sui resti della stazione di Ad

Flexum sulla via Latina, qualora ne venisse confermata

l’identificazione- supra, p. 85). Un battistero è ricordato

nelle fonti altomedievali anche presso l’ecclesia della

pieve sorta presso la stazione di Ad Mensulas (n. VII.20).

La presenza di luoghi di culto cristiani è stata ipotizzata

anche ad Altanum (qualora la si identifichi con Ardore

Marina), Lucus Bormani IX.3, ed è confermata dai

rinvenimenti mobili a Tres Tabernae, mentre un

insediamento cenobitico è ipotizzato a Nerulum III.1 (?), e

si ritiene che ad Annicia il frigidarium sia stato trasformato

in luogo di culto cristiano, ed uguale sorte avrebbe avuto la

grande piscina dello stabilimento termale di Statulae (n.

IV.3), mentre a Casignana (identificata con la stazione di

Altanum, n. III.6) possa essere stata adattata a battistero

un’esedra. A Siris la presenza di una cappella dedicata a S.

Pietro a protezione dei viaggiatori che attraversavano il

fiume (supra, p. 94 è combinata con la caratteristica

topografica del guado. Questo fenomeno dell’impianto di

chiese cristiane presso i luoghi della sosta non sarebbe

limitato alle stazioni itinerarie, ma anche a quelle che non

ci sono note dalle fonti, come è ben esemplificato a

Casalbordino (IV.4). Da notare in margine, la rimarcata

somiglianza tra la planimetria della basilica di Ad Sponsas

dei primi decenni del IV secolo e quella di S. Giusto, di

simile cronologia; anche le dimensioni, sono talmente

simili da rendere sovrapponibili quasi alle perfezione i due

rilievi.

Rapporto con le fonti scritte

Da un punto di vista archeologico, l’affannosa ricerca che

vuole identificare sul terreno le “stazioni” menzionate nelle

VII. - Conclusioni

185

fonti non ha dato molte soddisfazioni. Solo Baccano ed i

due valichi del S. Bernardo hanno restituito avanzi di

stazioni articolate secondo i canoni che, più o meno

motivatamente, gli studiosi contemporanei hanno

elaborato. In pochi casi è certa l’identificazione con una

tappa itineraria (Valesium, Hadriani, Fossis, Fons Timavi,

Summus Poeninus ed Alpis Graia, Ad Vacanas), anche se è

significativo che i complessi archeologici più articolati si

trovino in località note dalle fonti itinerarie. Trovo

quantomeno curioso che in qualche caso la mancanza di

emergenze archeologiche nelle aree di localizzazione

generica delle tappe indicate nelle fonti venga spiegata con

l’inesistenza dello stesso luogo di sosta: così, cioè, si

sostiene a proposito di Locri III.7 e Leucopetra III.4, per le

quali si avanza l’ipotesi (CROGIEZ 1990B, pp. 411-412) che

siano delle sole indicazioni geografiche!

Credo che sia impreciso sostenere che i luoghi di sosta

citati esclusivamente nel Burdigalense si siano strutturati

solo nel IV secolo: la diversa natura di questo documento

rispetto agli altri e la sua maggior accuratezza nella

registrazione delle tappe rende difficile il confronto; i

piccoli luoghi di sosta qui menzionati possono essere

sempre esistiti e saliti alla ribalta delle cronache in questa

sola occasione (il caso di Ad IX sull’Appia e Valesio57

).

Tuttavia, diversi insediamenti attestano un impianto tardo,

di IV secolo appunto, o anche recenziore, andando a

completare il quadro che si evince dalle fonti giuridiche di

serio interessamento da parte del potere centrale per la

manutenzione ed, anzi, l’incremento del servizio di posta o

comunque delle infrastrutture legate alla viabilità in epoca

tardo imperiale. È opportuno segnalare che alcune fonti

epigrafiche attestano la presenza di funzionari o

“operatori” del cursus in località che non sono state

menzionate tra le tappe degli itinerari; se in qualche caso il

rapporto topografico tra informazione contenuta nella fonte

e luogo di ritrovamento della fonte stessa non è

significativo, in altri è più stretto: proprio dalla stazione

anonima presso La Storta proviene la fonte epigrafica n.

172 che esplicitamente ricorda un intervento attuato dal

cursus publicus per la costruzione di una stalla per il

cambio degli animali, confermando che le fonti itinerarie

non hanno esaurito tutte le stazioni che nel tempo si sono

impiantate sul territorio e che, qualche volta, esigenze

finanziarie e politico-amministrative o fasi di crisi che

hanno interessato i territori limitrofi hanno condannato alla

fine. Un’altra interessante iscrizione proviene da Pian di

Bezzo, presso Sarsina, località attraversata dalla viabilità di

collegamento transappenninica tra Arezzo e Cesena, non

ricordata nelle fonti itinerarie; il cippo sepolcrale, databile

ad epoca giulio-claudia, delimita l’area di proprietà del

collegium muliones, che può, in via ipotetica, essere

ricondotto al personale del cursus (ORTALLI 1982).

Osservazioni

In generale, gli impianti italici non consentono di

riconoscere sincronismi tra le trasformazioni

amministrative che hanno interessato il cursus, con la

rilevante eccezione dell’epoca traiano-adrianea, né di

ritrovare sul territorio indizi delle più macroscopiche

caratteristiche “attese” sulla base delle fonti; non c’è

traccia, ad esempio, di grandi edifici utilitaristici per

immagazzinamento, come richiederebbe il ruolo di centro

annonario che è stato assegnato alle maggiori tra le

stazioni, né di alcuna forma di fortificazione, che possa

almeno suggerire la presenza di piccole guarnigioni a

garanzia della pubblica sicurezza, mentre, al contrario, tali

considerazioni si possono condurre sull’attività edilizia che

ha interessato le stazioni stradali nelle varie province

dell’impero. La mancanza di edizioni degli scavi complete,

che contemplino la presentazione delle fasi, rappresenta ad

oggi un insormontabile limite per verificare se alcune di

questa stazioni abbiano risentito dell’abolizione del cursus

clabularis e, quindi, delle stalle che accoglievano gli

animali da traino. Senza dubbio, sono più numerosi i casi

in cui è la tradizione locale, nelle tecniche e nei modelli,

che incide; ricordiamo in questa sede solo il caso della

Calabria dove le stazioni si qualificano come ville, e quello

del Piemonte dove il confronto più frequente è con edifici

a pianta allungata, tipici della Gallia.

La pianificazione statale ed il rapporto con il cursus

publicus

Come si è visto, i dati archeologici raccolti in Italia sono

ancora troppo frammentari per poter riconoscere con

certezza le linee direttive della pianificazione statale

nell’allestimento delle stazioni stradali, ma si possono

condurre delle osservazioni generali. Solo per Fossis (n.

X.3) e Rigomagus (n. XI.5) è esplicitamente sostenuto che

l’impegno tecnico nella trasformazione operata nella

seconda fase è stato tale da richiedere un intervento statale,

ma almeno per il secondo esempio è lecito nutrire delle

perplessità: il fabbricato è, sì, vasto, ma da un punto di

vista architettonico non tanto impegnativo da sottintendere

un intervento del potere centrale. Piuttosto, è evidente che

un insediamento che presenta una singolare piazza

perimetrata e lastricata, nonché edifici per ospitalità dalla

planimetria tanto ispirata all’architettura militare come

Baccano deroghi alla nascita spontanea, ed anzi

platealmente espliciti la committenza dello Stato. La stessa

cosa può sostenersi per Forum Clodi, ma in questo caso è

una considerazione più scontata, o quantomeno

prevedibile, data l’antichità del centro, che svolge il ruolo

di “forum” già dall’età repubblicana.

Con poche eccezioni, quindi, le stazioni stradali in Italia

non nascerebbero per iniziativa dell’amministrazione del

cursus, ma verrebbero da questo assorbite in un sistema

statalista che ne assume la gestione, intervenendo nella

costruzione di nuovi impianti solo in casi particolari. Non

necessariamente, perciò, esiste la “stazione del cursus”, ma

piuttosto è corretto riferirsi ad una stazione stradale presso

la quale vehiculatio interviene garantendo alcuni servizi, o

meglio, la qualità di questi (che dovevano rispondere a dei

livelli standard). Viaggiare a spese del cursus

significherebbe quindi solo usufruire della gratuità di

queste prestazioni.

Se si deve escludere l’esistenza di uno o più “modelli”

VII. - Conclusioni

186

meccanicamente applicati nell’edificazione di una stazione

stradale, sembrano sussistere, tuttavia, elementi sufficienti

per ritenere che, almeno in un ristrettissimo numero di casi

in Italia, fossero applicati, per dirla con il Sommella, dei

“piani programmatici” che contenevano le linee generali

delle caratteristiche topografiche e dell’organizzazione

planimetrica, raramente anche volumetrica, che dovevano

essere soddisfatte, lasciando aperta per tutti gli altri casi la

prospettiva che lo Stato intervenisse in regioni

demograficamente ed economicamente già prospere e

attive, solo nell’inquadramento di questi insediamenti nel

più ampio sistema viario, e nell’assegnazione degli appalti

per la gestione di queste stazioni, garantendo, come si

diceva, la qualità dei servizi e sovrintendendo

all’amministrazione ed all’articolazione interna del

personale.

Densità di attestazione lungo alcuni assi stradali

Tra i fenomeni che la Rassegna Topografica ha consentito

di rilevare, risalta quello della estrema densità di

occupazione lungo i margini dei più frequentati assi

stradali, soprattutto intorno all’Urbe. Il suburbio di Roma

deve aver vissuto una situazione piuttosto particolare: la

densità di strutture di servizio che ho illustrato per le vie

Appia e Tiburtina non deve aver costituito la regola, ma

certo le aree ad elevata densità di popolazione possono

aver conosciuto delle situazioni simili. Una conferma

potrebbe venire dalle diverse segnalazioni che interessano

l’area limitrofa alla via Flaminia, all’altezza di Riccione,

dove è manifesto che quando sono possibili le indagini

archeologiche, queste mettono in evidenza una densità di

occupazione del suolo nelle aree limitrofe alle strade di

grande traffico, che è da mettersi in relazione con

un’attività di servizio alla viabilità, oltreché di

sfruttamento delle vie di comunicazione per la

distribuzione delle merci prodotte nella stessa piccola

azienda (supra, pp. 103-104).

Confronto con le altre tipologie

La Crogiez enuclea, sulla base delle sue ricerche sul suolo

italico, diversi tipi di stazioni postali, così raggruppabili:

- gruppi di stabilimenti separati, a caratterizzazione

funzionale diversa, disposti su di un lato di una strada e

circondati spesso all’intorno da un recinto;

- “village-rue” o “Strassendorf”, complessi di edifici

disposti a cavallo della strada, all’interno dei quali è

difficile identificare la vera e propria “area di servizio”;

- tipo urbano, cioè localizzato all’ingresso degli abitati e

degli accampamenti, rappresentato sempre dal modello di

edificio a corte interna, spesso fornito di impianti termali,

immediatamente a lato della via. Si trova di frequente

presso abitati di più antica fondazione e sembra il più

diffuso in Italia (ma non ci sono esempi né bibliografia:

CROGIEZ 1990B, p. 391). Questa formulazione, per quanto

incompleta, inquadra piuttosto bene ciò che si è potuto

documentare più estensivamente, ma tralascia di segnalare

la varietà degli esiti e, soprattutto, non contempla lo

stabilimento isolato, più o meno vasto.

Nell’opera del Black si misura la differenza tra la

situazione italica e quella delle più lontane province: è

evidente che in una regione che si presentava poco

popolata e che non aveva strutture insediative già

stabilizzate, l’impatto della romanizzazione fu molto

efficace, evidente in una uniformità di esiti che tradisce

anche un chiarissimo intervento del potere centrale che non

trova confronto in Italia, dove evidentemente le stazioni

itinerarie si adattarono ai modelli insediativi già avviati da

molti secoli. Dal confronto tra il presente lavoro e quello

britannico, emerge anche che nella “provincia” non è

ritenuto importante il problema della scelta topografica e

non si prendono in esame le dotazioni infrastrutturali, se

non gli stabilimenti termali; data la qualità dei dati

planimetrici a disposizione, lo studio è incentrato sulle

strutture e non si pongono problemi di continuità o di

interrelazione con luoghi di culto o centri di tradizione

antica: la pianificazione operata dallo Stato è tanto

manifesta che non è richiesta l’indagine di altri parametri

(tecniche costruttive, livello delle rifiniture, materiali,

ecc.). Nella Britannia è anche molto più facile riconoscere

le fasi che hanno interessato i monumenti, e ricostruire,

quindi, un’evoluzione cronologica, che è piuttosto lineare.

Lo Chevallier, come elementi caratterizzanti elenca: a)

l’articolazione frequente in edifici distinti con qualifiche

funzionali diverse, raccordati da un recinto; b) la presenza

di una vasta corte porticata, con un ingresso carrozzabile,

attrezzata in genere con abbeveratoi; c) la presenza di stalle

e scuderie; d) la presenza di alloggi di pianta uniforme,

spesso accostati in file di cubicola; e) una taverna; f) uno

stabilimento termale, corredato da un buon impianto

idraulico per l’approvvigionamento, la distribuzione e lo

smaltimento delle acque; g) la presenza di un piccolo

abitato, presso il quale siano reperibili i servizi basilari,

quali le botteghe dei fabbri, per la ferratura dei cavalli e le

riparazioni dei mezzi, di negozi e magazzini; h)

“eventualmente” un ufficio amministrativo/sede, ad

esempio, dei beneficiarii e dei doganieri, i) un’infermeria;

l) la vicinanza ad un santuario o una necropoli

(CHEVALLIER 1997, p. 284).

La ricchezza di questo campionario dimostra che realtà

geografiche e politiche distinte conobbero, nel tempo, esiti

molto diversi e che anche le “categorie” di queste stazioni

prevedevano molti livelli. Sembra impossibile, quindi,

riassumere in una tipologia tante possibilità differenti, e

tantomeno è possibile stilare un rigido elenco delle

caratteristiche alle quali dovevano conformarsi o delle

attività che vi si dovevano svolgere, ma in aree geografiche

più ristrette emergono costanti che possono concorrere alla

delineazione delle linee progettuali alle quali erano

ispirate.

VII. - Note

187

1 Mi sembra significativa la mancata “citazione” nelle fonti dello scalo

portuale della Magliana (scheda I.13), che data la vicinanza con Roma e

la posizione lungo un fiume di tale portata economica, difficilmente non fu incluso nel sistema governativo di smistamento delle merci. 2 Come quella di Ad Statuas n. I.7, dove la ristrutturazione della strada

comporta la fine del fabbricato, in cui si svolgono attività legate alla lavorazione dei metalli, e la costruzione della piazzola. 3 Alla confluenza tra i fiumi Esaro e Coscile, a Piana di Cammarata,

dove è una vasta area di frammenti fittili. Nei pressi, a nord del toponimo “Il Torrione”, dove è stata localizzata la fortezza normanna di

Scribla, nel sito oggi occupato dal monastero di S. Antonio, dovrebbe

essere localizzato il Palatium Sanctii Antonii de Strada, dove nel XIII secolo pernottò Carlo d’Angiò (DURRIEU 1867, p. 171). Non lontano

dalla villa di Camarelle è ancora in luce il battuto della strada romana.

TALIANO GRASSO 1994A, p. 10, con bibliog., anche per diverse identificazioni; GIVIGLIANO 1994A, p. 313, con bibliog.; GIVIGLIANO

1994B. Un’altra ipotesi di localizzazione candida la contrada Fedula, a

ovest di Torre Mordillo, sulla riva sinistra dell’Esaro, dove sono stati segnalati i resti di una villa: KAHRSTEDT 1960, p. 93; CANTARELLI

1980, p. 106; TALIANO GRASSO 1994A, p. 10, scheda 122. 4 Martha fl., localizzata presso la collina sulla sponda sinistra del Marta (Casale Procojo?) ca. 400 m. dalla ferrovia: PASQUI 1885, p. 519;

LOPES PEGNA 1952-53, p. 386. 5 Esistono due toponimi uguali nella stessa regio VII: l’ipotesi di ALFIERI 1986 è che presso gli Appennini questo toponimo, apposto

sulla Tabula Peutingeriana, indichi il corso alto del fiume, mentre il

secondo, posizionato presso il mare, indichi la foce dell’Ombrone. I ruderi della stazione fluviale sono segnalati circa 2 km. ad est della

vecchia foce del fiume Ombrone, nell’ultima ansa del fiume, indagati da

A. Salvagnoli, presso il deverticolo per Roselle e valle dell’Orcia in Val di Chiana. CARDARELLI 1932, pp. 207-208; MENICHETTI 1992, pp. 443-

444, n.196. L’attraversamento del fiume nella parte interna potrebbe

trovarsi al ponte sull’Ombrone, presso Asciano, secondo il Maroni che

ricostruisce, però, un percorso diverso (resti di un pavimento a mosaico,

pertinente probabilmente ad un edificio termale: “NSc” 1899, p. 6;

MARONI 1973, p. 63), o presso l’attraversamento dell’Ambra, dove si ha anche la confluenza con la via da Clusium: ALFIERI 1986. 6 Tappa erroneamente localizzata dal Burdigalense intorno a Milano, è

invece da cercarsi XXXVI miglia ad est di Aquileia (sulla base di It.Ant.), cioè presso Audissina nella valle del Vipacco, dove sono

testimonianze archeologiche di età romana, ricondotte ad un castrum

che controllava l’accesso alla valle. Il fiume adombrato nel toponimo dovrebbe essere identificato con l’Hübel, un affluente del Vipacco. La

doppia denominazione (mutatio Castra è definita nel Burdigalense)

attesterebbe la duplice funzione, militare e commerciale, dell’aggregato. PETRU 1971, p. 98 ss.; BOSIO 1991, pp. 206-207; VEDALDI IASBEZ

1994, p. 445-446 con bibliog. 7 Presso la stazione della via Aurelia di Ad Novas, alcuni basoli sono stati gettati nel fiume in epoca imprecisata per facilitarne il guado:

supra, p. 101. 8 Si localizza presso Canonica d’Adda, proprio sul punto di

attraversamento del fiume. Questa località, indicata nei documenti

medievali come Vicus Pontis Aurioli, ha conservato fino a poco tempo fa il nome di Pontirolo: MILANO CAPITALE 1990, p. 238. 9 Presso la foce dell’Esino, sulla sponda sinistra, dove si intersecano la

via litoranea e quella che percorre la valle “verso Iesi”. DALL’AGLIO 1987, pp. 334-335;DALL’AGLIO 1991, p. 17. 10 Il ricordo del trivio che le tre vie di comunicazione creano resta nel

toponimo “Valle Trebba”. Qui sono segnalate testimonianze sporadiche di età romana, disperse presso la necropoli etrusca, mentre resti

monumentali sono in località Burchioletto: BOSIO 1967, pp. 60-61;

UGGERI 1981, p. 51. 11 La stazione si localizza in Loc. Fornaci di Loreo, a nord di Contarina.

Lo scalo fluviale è ricordato come portus Lauretum e delle Fornaci in

epoca medievale, ma non presenta resti archeologici di età romana: BOSIO 1967, p. 72. 12 Meduacus Minor è riconosciuta presso Lova, dove sono documentati

numerosi rinvenimenti di strutture e materiali sporadici di età romana;

qui la strada incrociava il ramo principale dell’omonimo fiume: BOSIO

1967, pp. 81-82; CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO IV, p. 111-112,

nn. 13-18. Meduacus Maior è presso Sanbruson, da dove provengono materiali sporadici ed un miliario. Secondo il Bosio, corrisponde alla

mansio di Ad Duodecimum, indicata dal Burdigalense lungo il tratto

Patavium-Altinum: la rilevanza dello scalo sul Brenta e delle due vie che qui si incrociavano giustificherebbe la presenza di due toponimi

diversi per un luogo di sosta molto articolato. CARTA ARCHEOLOGICA

DEL VENETO IV, pp. 67-68, nn. 244-247; BOSIO 1991, p. 73. Il fiume Meduacus in antico si divideva in due rami presso Padova,: il maior

correva ad est e sfociava nei pressi di S. Ilario, di fronte a Malmocco, il

minor si dirigeva verso Camino, passava per Brentasecca, dove si scindeva ulteriormente: il ramo principale, ricalcato dal Cornio, sfociava

in laguna a Lova, l’altro raggiungeva Campagnola e si univa al Retrone

(Retenus), scorrendo fino sotto Edrone, dove era la fossa Clodia, che lo metteva in comunicazione con il mare. 13 Oltre che sull’epoca della strutturazione definitiva del tracciato, forse

ad opera del console M. Emilio Lepido (durante il suo primo o secondo consolato, cioè nel 187 o nel 175 a.C.), permangono molte incertezze

sulla ricostruzione del tratto tra Mutina ed Este, al punto tale che sono

stati proposti tre diversi percorsi, distinti come occidentale, centrale ed orientale. Il primo viene ricostruito tra Este ed Hostilia via Legnago, ma

viene quasi concordemente scartato perché ricalca troppo da vicino

l’altro itinerario menzionato nell’Antonino tra Bononia e Verona; il percorso “centrale” attraversa Montagnana, mentre quello “orientale”

passa per Ferrara prima di tornare verso Modena. In quest’ultimo caso,

proprio “l’irrazionalità” del percorso ha spinto alcuni autori a scartarlo, privilegiando quello centrale, più diretto (ROSSETTO 1982B, pp. 191-

193). In nessun caso, comunque, viene rispettata la distanza miliaria

indicata nella fonte, che appare in esubero di circa X miglia (BOSIO

1991, pp. 31-40, con bibliog.). Incertezze permangono, quindi, sulla

identificazione delle tappe di Vicus Varianus, Vicus Serninus e Anneianus, che la ricostruzione “mediana” localizza presso Castelnuovo

Bairano il primo (ROSSETTO 1982A, p. 127; ROSSETTO 1982B), e

Montagnana il secondo (FRANZONI 1987, p. 40; ROSSETTO 1982B, p. 191). 14 Annotiamo il caso di Ad Pirum Summas Alpes, corrispondente alla

Selva di Piro e Vallo Romano presso il Valico di Piro, più duro ma molto più breve di quello del Passo del Preval. Restano tracce molto

chiare della via romana che attraversava il poderoso vallo costruito a

difesa dei confini orientali. PUSCHI 1905, pp. 120-121, 124-125; BOSIO

1973, coll. 65-66; ULBERT 1981; BOSIO 1991, pp. 206-207. 15 Presso il valico di Forca Caruso: VAN WONTERGHEM 1984, pp. 107-

108, n. 37. 16 La Compitum mutatio di It.Burd., identificata a S. Giovanni di

Compito, 18 km. da Rimini e 12 da Cesena. Il toponimo indica

l’incrocio di strade. Scavi ancora in corso hanno consentito di individuare, oltre Savignano sul Rubicone, resti archeologici di un

impianto rustico (?), edifici sacrali (?), aree sepolcrali, presso un

incrocio con una strada centuriale che deve aver attratto il popolamento. Rinvenuto anche un miliario. Da verificare il rapporto con Ad

Confluentes, località indicata nella Tabula al posto del compitum:

STOPPIONI 1995, p. 136; CALZOLARI 1994, p. 45; CALZOLARI 1997, p. 163 con bibliog. 17 Anche le stazioni di Laurentum e Ad Turres sulla via Roma-Circei

sarebbero da ricercarsi, secondo la BRANDIZZI VITTUCCI 1998, presso l’incrocio tra questa strada e la viabilità di raccordo con gli omonimi

centri. 18 È ubicata presso un quadrivio, in località “S. Filomena o Villa Mezzanotte”, dove la “Claudia-Valeria” s’intersecava con il tratturo

“Aquila-Foggia” e con la strada raggiungeva Pinna: CARROCCIA 1995,

p. 126. 19 Supra, p. 105. In questi casi, gli studiosi moderni impiegano il

vocabolo mansio in un’accezione molto vicina a quella tardo-antica:

supra, cap. III.3. 20 Abitato nei dintorni di L’Aquila, sulla via Claudia Nova, dove è

attestato epigraficamente un santuario della dea Feronia, che l’iscrizione

dice essere a 1210 passi dalla via poplicam Campanam, poco dopo lo stacco dalla via Salaria, presso il deverticolo per Amiternum (CIL, IX,

4321). L’abitato si stanzia sul colle che si allunga sul lago di Vetoio; la

porzione settentrionale del colle è occupata dalla necropoli. Sulla sommità del colle sono segnalati molti frammenti fittili. Nella zona è

stato rinvenuto un cippo che ricorda restauri della strada operati sotto

Magnenzio e Valente, Valentiniano e Graziano: MARINANGELI 1957-60. 21 Il luogo di culto pagano rappresenta spesso una premessa per la scelta

insediativa, mentre quello cristiano è qui considerato tra i fenomeni di

continuità. Nelle osservazioni apposte al capitolo III, invece, la presenza di un luogo di culto cristiano è stata inserita tra le “dotazioni

infrastrutturali”, perché la fonte lo presenta come servizio garantito

VII. - Note

188

presso la stazione. 22 Fenomeni analoghi avvengono anche in epoche più recenti: POTTER

1979, p. 132, ci ricorda il caso de La Storta, dove una stazione stradale –

già lontana erede di quella anonima VII.15 - sorse presso la chiesa del XVI secolo dedicata alla visione di S. Ignazio di Loyola. 23 Secondo Carroccia, si trova a Pettorano sul Gizio, dove si è

perpetuata la “Taverna di S. Gerardo”, alla periferia dell’abitato, sul tratturo “Celano-Foggia”, ricalcato dalla viabilità romana e

successivamente dalla “ Napoleonica ”. A lato della ben conservata

Taverna di S. Gerardo, “si trovano rocchi di colonne ed imponenti basoli, in calcare duro locale, riutilizzati per coprire un muro di

sostegno di un piazzale antistante dove, fino a tempi non lontani, l’8 di

agosto, si adunavano i pellegrini, provenienti da tutta la regione; forse, nel medesimo luogo, dove, in antico, schiavi e liberti, confluivano, per

partecipare al culto dei Lari, ed, ai nostri giorni, per portarsi, in

preghiera, a Gallinaro, piccolo centro della Val di Comino”: CARROCCIA 1995, p. 127. VAN WONTERGHEM 1984, p. 55 e 62, fig. 16,

n. 164, pp. 273-274, pone la mansio presso Campo di Giove, che

rispetta la distanza di VII miglia da Sulmona riportata nella Tabula. Qui è localizzato un importante incrocio, e nei dintorni ci sono alcune

segnalazioni di epoca romana e preromana, ma sono disperse in una

zona piuttosto ampia. DE STEPHANIS 1900, p. 220 s., fa coincidere lo Jovis Larene della Tabula con un piccolo pianoro situato a monte

dell’abitato, a lato della vecchia “Napoleonica”, grazie al toponimo di

“Campo S. Giovenale”, Iunare in dialetto. 24 Per l’identificazione di questo santuario, le ipotesi più accreditate

sono due: secondo La Regina, è da identificarsi con il santuario di Ercole Quirino o Curino presso Campochiaro, in località Civitella, poco

lontano dal transito del tratturo Pescasseroli - Candela. In questo caso,

però la stazione non potrebbe coincidere con il santuario, perché quest’ultimo è sulle pendici di una altura e la sua cronologia non è

coerente con quella della Tabula, dal momento che, dopo una crisi

profonda seguita alla guerra sociale, conosce solo una frequentazione episodica, che non supera il II secolo d.C.: CAPINI 1980, con bibliog.;

CAPPELLETTI 1991. In alternativa, bisognerebbe reintegrare, sulla base

della menzione di una tappa “Rani” del Ravennate, la stazione “Rani” nella sequenza Aesernia, Cluturnum, Bovianum, Rani, Equum Tuticum,

Herdonia, che viene identificata con la via Herculia. Il toponimo Rani

sarebbe, quindi, da ritenersi una deformazione di pagus Herculaneus, documentato dalla Tabula bronzea dei Ligures Baebiani di CIL, IX,

129; potrebbe essere localizzato presso il luogo di rinvenimento di

quest’ultima, in loc. Macchia di Circello, sul Tammaro: CARROCCIA –

RUTA 1987-88, pp. 265-266; RUTA 1988, p. 604; POCETTI 1993, p. 47 s.

dove si stabilisce la relazione tra “Monte Grani” nella Tabula e “Rane”

negli altri itinerari più tardi. 25 “Tempio di Iovis Penninus id e(st) Agubio”: la vignetta sulla Tabula

che rimarca questa tappa è simile a quella di Fanum Fortune. Il

santuario sarebbe nel passo della Scheggia, presso “Piaggia dei Bagni”: FORNI 1974-75, pp. 66-67. 26 Supra, pp. 103 e 107. Tra i numerosi esempi, segnalo quello della

Necropoli del fondo Fraia di Puteoli. 27 Supra, p. 78. In questo caso, è ritenuta particolarmente significativa la

distinzione tra alloggi di prima e seconda “categoria”, che si ritrova

anche in altri casi: BLACK 1995, pp. 17-18. 28 Identificati sin dal tempo della loro scoperta - nel 1881 - con

“ospitali”, foresterie, vengono oggi riconosciuti come alloggi destinati

ad accogliere i membri delle delegazioni e le scorte al seguito dei personaggi di rango, che venivano verosimilmente sistemati in ambienti

di ben altra sontuosità. L’edificio si trova sul lato nord-orientale del

“Cortile delle Biblioteche”, e si articola in due serie di 5 vani affiancati (ognuno dei quali presenta in fondo una nicchia a pianta rettangolare),

che si fronteggiano sui due lati di un corridoio, che sbocca, in fondo, in

una sala ampia, fiancheggiata da altri locali, aperti sia sul corridoio che sulla sala stessa. Alla destra dell’ingresso, invece, si trova una spaziosa

latrina. Le strutture superstiti non consentono di scegliere tra le due

ipotesi ugualmente possibili sulla presenza o meno di un secondo piano, ma, in ogni caso, sembra che il vasto atrio restasse aperto a galleria e

soprelevato sugli altri, per migliorare l’illuminazione. I cubicola

avevano rivestimenti pavimentali a mosaico bianco-nero, la latrina in opera spicata, mentre le pareti dei vani erano rivestite da intonaci dipinti

e stucchi. Proprio sulla base della sintassi dei motivi decorativi

pavimentali, si ipotizza che i letti fossero sistemati nelle nicchie più grandi, e che quelle più piccole funzionassero, invece, da ripostigli,

mentre lo spazio centrale dei locali restasse sgombro. La cronologia del

primo impianto è molto incerta: più che all’inizio del regno adrianeo, è possibile che si debba ricondurre al secolo precedente : BORGIA 1981. 29 Del resto, edifici per accoglienza si costruivano anche in età più

antica, soprattutto presso i santuari, e le planimetrie, meno regolari, ma pur sempre ordinate, appaiono rispondere a esigenze pratiche

elementari, piuttosto che ispirarsi a “modelli” canonizzati: di cronologia

pienamente raffrontabile con le stazioni stradali qui esaminate, è il caso del santuario di Hera Lacinia, nella regio III. Qui, nella seconda metà

del I secolo a.C. era stato impiantato un edificio termale ad uso “dei

frequentatori del santuario”, e secondo Florian Seiler (SEILER 1984) i due edifici a peristilio detti A e B, posizionati nei pressi della

fortificazione del santuario di I secolo a.C., erano destinati al servizio

dei frequentatori, già da epoca molto antica, poi adattati, in una non meglio precisata epoca romana, a bagno pubblico: PAOLETTI 1994A, p.

525 ss. Se si potesse dimostrare la relazione con il luogo di sosta

romano, sarebbe un interessante caso di adattamento di modelli allogeni in epoca romana. 30 A nord del paese di Artegna, a sud di Gemona del Friuli, dove si trova

ancora una fontana detta Silans. Il toponimo indica un luogo particolarmente ricco di sorgenti. Qui la strada si riunisce alla via che

proviene da Iulia Concordia, ugualmente diretta al Noricum, che

consente di evitare Aquileia. BOSIO 1970, pp. 156, 177; BOSIO 1973, coll. 61-62. 31 Seppure non ci sono dati per individuare tra gli edifici indagati entro

la cinta muraria quello che può aver servito da stazione stradale, è interessante notare la presenza di un abbeveratoio subito all’interno del

perimetro cittadino, dove la via Traiana, che entra nell’abitato dalla porta nord-ovest e piega ad angolo retto in prossimità del foro (e dove si

trova un’altra fontana-ninfeo), fuoriesce attraverso la porta NE:

HERDONIA 1994, pp. 213-215, fig. 207, H. Secondo la ALVISI 1970, FF. 175, 187 questa stazione è da posizionarsi lungo l’Appia Traiana prima

della mutatio XI che si trova a sud-est). 32 Sulla presenza di fontane e fontanili lungo la viabilità, oltreché presso le stazioni, vedi MANDRUZZATO 1993. 33 Oltre il V miglio della via Appia, sul lato destro della strada, poco

oltre il monumento funerario di M. Calvio Rufo e Salvia Urbana, reliquie di uno stabilimento termale di modeste dimensioni,

“primieramente destinato a prestare l’uso di bagni per i passeggieri più

agiati”, del quale restavano pavimenti a mosaico: CANINA 1852, pp. 278-279, Tav. XLVI, n. XXI del V miglio. 34 Ricordo che solo presso queste ultime sono stati individuati gli

stabilimenti adibiti al servizio viario, e che pertanto permangono forti dubbi sull’inserimento delle prime nel sistema del cursus. 35 Tale sarebbe, per esempio, il caso documentato a Pompei secondo il

BLACK 1995, p. 9. 36 Il complesso di Malvito è messo a paragone con quello di Piazza

Armerina, al confronto del quale appare inaspettatamente misero, e

quindi non qualificabile come dimora di un dominus! 37 Nn. I.5, I.6, III.1, III.4, VII.7, VIII.1, X.2 e VII.1 (vetro) ai quali va

aggiunta Manliana supra, p. 102. 38 I.7, III.3, VIII.3, XI.2, più Caprasia supra, p. 91. Rimarchevole è il rinvenimento presso la stazione di Lavinium, nella regio III, di due

crogioli per la fusione dell’oro (n. III.3), ma le perplessità che

riguardano l’effettiva identificazione di questo insediamento, che si configura come una villa rustica, con la stazione stradale,non consente

di approfondire questo tema. 39 Questo complesso dovrebbe trovarsi all’interno delle mura, che sul lato opposto sono interessate dall’addossamento di altri pavimenti di

cocciopesto, completati in alzato da strutture posticce, delle quali

restano i fori per l’alloggiamento dei pali. Queste strutture sono state impiantate tra la metà del I a.C. e la metà del I d.C., modificate in epoca

tardoantica dall’impianto di altri locali che hanno obliterato l’accesso

alla porta: FABBRI 1992. 40 MAIOLI 1995, pp. 118-119. Sul ruolo economico svolto dalle ville

nello sviluppo diacronico dell’economia imperiale vedi SCAGLIARINI

1968, pp. 22-28. 41 In genere, si sostiene che le stazioni del cursus delle aree urbane si

trovassero alle porte delle città, spesso al di fuori, come sembra

evincersi dalla testimonianza di Cicerone (Cic., pro Cluent., 163) e Properzio (Prop., 4, 8, 19) ma., pur trascurando il fatto che il primo

visse quando il cursus publicus non esisteva in quanto tale, e l’altro

quando era di recentissima istituzione, dobbiamo ammettere che non abbiamo nessun riscontro archeologico che confermi quest’ipotesi, anzi,

almeno sulla base degli esempi qui riportati, sembra potersi sostenere il

VII. - Note

189

contrario. 42 La Lex Iulia Municipalis (CIL, I2, 593) stabiliva, infatti, il divieto di

circolazione dei carri nelle aree urbane durante le ore diurne. 43 Un esempio potrebbe essere l’edificio a corte segnalato a Thurium, che potrebbe aver accorpato le funzioni di area di sosta e magazzino

pubblico, ma la sua fine è abbastanza precoce: supra, p. 94. 44 MESSINEO 1991, pp. 136-142: una struttura “idraulica”, presso il fosso del Mugnaio, nel tratto di Flaminia a nord di Ad Rubras, viene

interpretata come una fontana o “peschiera” inserita in un quadriportico

della pars dedicata all’otium di una villa. 45 Il nome è attestato epigraficamente. Da qui provengono due miliari,

oltre a molti reperti mobili di pregio e una testa maschile di statua con

berretto frigio: RIGONI 1972; RIGONI 1977. 46 L’esistenza di questa stazione doganale, posta dove la strada

attraversa le località di Ospedaletto, Venzone e Resiutta, è supposta

sulla base di un documento epigrafico che ricorda la presenza di una stazione doganale (statio Plorucensis, sede del portorium: AE, 1923,

46), presenza confermata da numerosi resti di epoca romana, tra cui un

vasto edificio diviso in cinque ambienti. Alcuni autori localizzano qui la tappa dimenticata nell’Itinerario Antonino. PELLEGRINI 1917; EGGER

1922-24; DERINGER 1949, p. 210. 47 Una raccolta di esempi di edifici per ospitalità sorti nei pressi dei più importanti santuari orientali (di IV-V secolo) è in CORSI cs. 48 Tale iscrizione, tratta secondo il De Rossi dal carme del Salterio di

David di S. Gerolamo, si ritrova incisa (con gli stessi errori di ortografia) sul labbro di un pozzo di marmo, sito nel convento di S.

Bartolomeo all’Isola Tiberina, dove si era trasferita la sede dei vescovi portuensi, dopo l’abbandono del porto. Il De Rossi ritenne, quindi, che

quella vera fosse stata lì trasferita dallo xenodochio portuense, dove è

stata rinvenuta l’iscrizione “gemella”. 49 Costruito per interessamento di Pammachio, che forse sarebbe da

identificarsi con il personaggio di nome Galliano, ricordato nella

biografia di Papa Silvestro del Liber Pontificalis, come costruttore dell’ospizio di Ostia. Quadriportico connesso ad una basilica coassiale

(a 3 navate, con due absidi ed ambienti laterali), che sui rimanenti tre

lati dà accesso ad alcuni ambulacri, a loro volta affiancati da altri ambienti. L’abside è anulare, come quello della prima basilica

lateranense; a lato, è il vano G, che accoglie un pozzo. Al centro poteva

essere una puteale con cisterna, decorato da colonne sormontate dagli epistili, sui quali è stata ritrovata l’iscrizione frammentaria fonte

epigrafica n. 176. Il complesso era situato in prossimità di una strada

basolata, forse un deverticolo della grande strada che circondava l’esagono di Traiano. Sulla base delle tecniche costruttive e dei

materiali rinvenuti, anche le ricerche più recenti hanno potuto

confermare l’occupazione della struttura alla metà del IV secolo. L’abbandono data al X - XI secolo d.C., epoca in cui furono qui ricavate

delle tombe a fossa. La datazione dell’iscrizione, ritenuta erroneamente

di tipo filocaliano, è stata posticipata al VI secolo (non attribuibile, perciò, a Pammachio né ad un suo diretto erede). Nei pressi di questo

monumento, è stato recentemente riportato alla luce un ninfeo. DE

ROSSI 1866, pp. 50-51; 99; LANCIANI 1866, pp. 100-104; LUGLI -

FILIBECK 1935, pp. 147-148; FÉVRIER 1958, p. 316; TESTINI 1975, pp.

53, nota 46; TESTINI 1986, pp. 298-299; COCCIA 1993; COCCIA –

PAROLI 1993, pp. 178-180; PAROLI 1996. 50 FÉVRIER 1958, p. 316, interpreta questo edificio di culto come la

basilica dei SS. Pietro e Paolo, ricordata in una bolla di Benedetto VIII. 51 Il Testini localizzerebbe, in via ipotetica, il vero xenodochio presso la basilica di S. Ippolito all’Isola Sacra: TESTINI 1986, pp. 298-299. 52 Si tratta di un’aula absidata, divisa in tre navate da una fila di pilastri,

con due vani che affiancano l’abside, ed un atrio, sul lato d’ingresso, ugualmente incluso tra due vani più piccoli, aperto in un monumentale

portico di pietra. L’eccezionale stato di conservazione di questo

monumento consente di conoscere anche l’articolazione del piano superiore, dove erano ricavati gli alloggi. È stato calcolato che il

dormitorio potesse ospitare fino a 400 persone (40x75 piedi):

LECLERCQ 1925, coll. 2752-2753. 53 Tra i tanti esempi raccolti nella Rassegna Topografica cap. V,

menziono le attestazioni di epoca repubblicana che si sono potute

diagnosticare presso la stazione anonima segnalata nell’Aretino: supra, p. 102. 54 Nel caso di Aquilonis nella regio II (supra, p. 89) e del Gran S.

Bernardo è la posizione di valico che ha generato la continuità della presenza del ricovero per i viaggiatori fino ai nostri giorni. 55 Un chiesa pievana con battistero è documentata presso la stazione di

Ad Mensulas, lungo la via Cassia (n. VII.20). 56 La stazione è ipoteticamente nomenclata “Annuagras”, forse forma

corrotta di Ad Nuragas, attestata dal Ravennate e da Guidone: ZUCCA

1985, p. 27. 57 In questo caso è vero che lo stabilimento termale sembra impiantarsi

solo nel IV secolo, ma dagli editori è ritenuto erede di un edificio

repubblicano che avrebbe assolto le stesse funzioni di luogo di sosta.

190

0

5

10

15

20

25

30

Fasi di impianto delle stazioni

Sottofase nonprecisabile

Sottofase 2

Sottofase 1

A B C D E F GRAFICO 2

Tipi di Attività attestate

7

7

7

21

Produzione di ceramiche e/o tegole

Lavorazione di prodotti agricoli

Lavorazione dei metalli

Attività estrattive

Lavorazione cuoio

e tela

GRAFICO 1

191

GRAFICO 3. FASI DI IMPIANTO E OCCUPAZIONE DEGLI INSEDIAMENTI

SCHEDATI.

A1 A A2 B1 B B2 C1 C C2 D1 D D2 E1 E E2 F1 F F2 G1 G G2 H

I.1

I.2

I.3

I.4

I.5

I.6

I.7

I.8

I.9

I.11

I.12

I.13

II.1

II.2 x x x x x

II.3 x x

III.2

III.3

III.4

III.5

III.6

III.7

III.8

III.9

IV.1

IV.2 x x x x x

IV.3 x x

IV.4

V.1 x

VII.1

VII.2

VII.3

VII.4

VII.5

VII.6

VII.7

VII.8

VII.10

VII.12 x x x x x x

VII.13 X x x x

VII.14 x x x

VII.15 ? ?

VII.17

VII.18 x x x x

VII.20 x

VIII.1

192

A1 A A2 B1 B B2 C1 C C2 D1 D D2 E1 E E2 F1 F F2 G1 G G2 H

VIII.2

VIII.3

IX.1

IX.2 x x x

IX.3 x x

IX.4

X.1

X.2

X.3

X.4

X.5

XI.2

XI.3

XI.4

XI.5

LEGENDA

Attestazione certa

Attestazione incerta

Frequentazione dell’area o dell’insediamento

Fase di restauro o trasformazione

A Preaugustea A1 MEDIO-REPUBBLICANO

A2 I SECOLO A.C.

B Primo imperiale B1 AUGUSTEO

B2 GIULIO-CLAUDIO

C Imperiale C1 FLAVIO – TRAIANEO (SECONDA META’ I D.C. – INIZI II D.C.)

C2 ANTONINO (INIZIO II – FINE II D.C.)

D Medio Imperiale D1 SEVERIANO

D2 META’ III D.C.

E Tardo Imperiale E1 FINE III D.C. – INIZIO ETA’ COSTANTINIANA

E2 META’ IV D.C.

F Fine Imperiale F1 FINE IV D.C. – INIZIO V D.C.

F2 INIZIO – FINE V SECOLO D.C.

G Tardo Romano G1 VI SECOLO D.C.

G2 VII SECOLO D.C.

H Tardo Antico H1 VIII SECOLO D.C.

Alto Medievale H2 IX – X SECOLO D.C.

Abbreviazioni Bibliografiche

193

ABBREVIAZIONI

AE “L’Année Èpigraphique”, Paris, 1888 - - BTCGI Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia e nelle Isole

Tirreniche (Nenci G. - Vallet G. edd.), Roma - Pisa, 1977 - - BullIst “Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica”, Roma, 1829 - - FIRA Fontes Iuris Romani Antejustiniani, Riccobono S. ed., Firenze, 1940-43. ILLRP Degrassi A. ed., Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae, Firenze, 1957-63. ILS Dessau H. ed., Inscriptiones Latinae Selectae, Berlin, 1892-1916. JAT “Journal of Ancient Topography – Rivista di Topogtafia Antica”, (Roma, Torino),

Galatina, 1991 - - JRS “The Journal of Roman Studies”, London, 1911 - - MAMA Monumenta Asiae Minoris Antiqua, London, 1993. MGH Monumenta Germaniae Historica, Auctorum Antiquissimorum, V, I, Mommsen

T. ed., Berlin, 1882 - - MEFRA “Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Antiquité”, Roma, 1971 - - “ Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen Age”, Roma, 1971 - - NSc “Atti Accademia Nazionale dei Lincei: Notizie degli Scavi di Antichità”, Roma,

1876 - -

PAULY-WISSOWA Paulys Realencyclopädie der Classichen Altertumwissenschaft, Stuttgart, 1893 - -

PBSR “Papers of the British School at Rome”, London, 1902 - -0 QuadAEI “Quaderni del Centro di Studio per l’Archeologia Etrusco-Italica”, Roma. RAC “Rivista di Archeologia Cristiana”, Città del Vaticano, 1924 - - RendLinc “Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei”, Classe di Scienze morali,

storiche, filologiche, Roma, 1847 - - RivIngIntem “Rivista Ingauna Intemelia”, Istituto di Studi Liguri (Bordighera), 1946 - - SGUÄ Preisigkes F., Bilabel F., (et alii), Sammelbuch Griechischer Urkunde aus

Ägypten, Heidelberg, 1913 - - StRom “Studi Romani. Rivista trimestrale dell’Istituto di Studi Romani”, Roma, 1953 - - ThLL Thesaurus Linguae Latinae, Lipsiae, 1936-1966.

Abbreviazioni Bibliografiche

194

BIBLIOGRAFIA

A MEDITERRANEAN VALLEY 1995

AA.VV., A Mediterranean Valley. Landscapes Archaeology and Annales History in the Biferno Valley, (Barker G. ed.), London - New York, 1995.

ABBOTT – JOHNSON 1926

Abbott F.F. - Johnson A.C., Municipal Administration in the Roman Empire, Princeton, 1926.

ABEKEN 1839

Abeken G., Scavi. S. Marinella, in “BullInst”, 1839, p. 85.

ABEKEN 1940

Abeken G., Scavi di S. Marinella, in “BullInst”, 1840, pp. 113-115.

ADAMESTEANU 1974

Adamesteanu D., La Basilicata antica. Storia e monumenti, Cava dei Tirreni, 1974.

ADEMOLLO 1880

Ademollo A., Scavi della Serrata Martini presso Castiglione della Pescaia, Firenze, 1880.

AGACHE 1978

Agache R., La Somme pré-romaine et romaine d’aprés les prospectiones aériennes à basse altitude, Amiens, 1978.

ALFIERI 1967

Alfieri N., Problemi della rete stradale attorno a Ravenna, in Corsi sull’arte ravennate e bizantina, XIV, Ravenna, 1967, pp. 7-20.

ALFIERI 1983

Alfieri N., Ipotesi sulla pianta del 1782, in AA.VV., La pieve di S. Cristoforo Ad Aquilam, (Gradara 1980), Pesaro, 1983, pp. 79-89.

ALFIERI 1986

Alfieri N., Ad Aquileia, in “Aquileia Nostra”, 57, 1986, coll. 453-468.

ALFIERI 1994

Alfieri N., Le fonti letterarie antiche, in “JAT”, IV, 1994, pp. 7-22.

ALVISI 1970

Alvisi G., La viabilità romana della Daunia, Bari, 1970.

ANDRONICO 1991

Andronico E., La viabilità romana nel territorio dell’odierna Calabria, in Viae publicae Romane 1991, pp. 177-181.

ANDRONICO 1997

Andronico E., Scoperta di pavimenti musivi in contesto di villa romana di età imperiale, in località

Lazzaro di Motta S. Giovanni (Reggio Calabria), in Atti del IV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, (Palermo 1996), Ravenna, 1997, p. 401 ss.

ANGELONE - GALLO 1988

Angelone R. - Gallo A., Le ville romane del Bruzio, in De Franciscis A. (ed.), La villa romana del Naniglio di Gioiosa Ionica, Napoli, 1988.

ANTICHITÀ NEL TERRITORIO DI BRACCIANO 1994

Antichità tardoromane e medievali nel territorio di Bracciano, (Bracciano 1991), Viterbo, 1994.

ANZIANI 1913

Anziani D., Les voies romaines de L'Etrurie méridionale, in “MEFRA”, XXXII, 1913, pp. 169-244, tav. III.

AOYAGI 1995

Aoyagi M. ed., Preliminary Report of the Excavation 1994 of Roman Villa at Cazzanello (Tarquinia), 1995.

AOYAGI – FOSCHI 1997

Aoyagi M. - Foschi E., I mosaici pavimentali della villa romana di Cazzanello (Tarquinia): problemi di datazione e restauro conservativo, in Atti del IV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, (Palermo 1996), Ravenna, 1997, pp. 815-828.

APOLLONJ GHETTI 1982

Apollonj Ghetti F.M., Terracina. Cardine del Lazio costiero, Roma, 1982.

ARCE 1990

Arce J., El cursus publicus en la Hispania tardorromana, in La red viaria en la Hispania romana, Zaragoza, 1990, pp. 35-40.

ARCHEOLOGIA IN VAL D’AOSTA 1991

AA.VV., Archeologia in Val d’Aosta dal Neolitico alla caduta dell’impero romano (3500 a.C. - I sec. d.C.), Cat. Mostra, Aosta, 1991.

ARCHEOLOGIA IN VALDICHIANA 1988

AA.VV., (Paolucci G. ed.), Archeologia in Valdichiana, Roma, 1988.

ARICI 1970

Arici A. ed., Storie, Dialogo degli oratori, Germania, Agricola di Tacito, Torino, 1970.

ARSLAN 1966

Arslan E.A., L’edificio termale romano detto “Tempio di Castore e Polluce” presso Curinga (Catanzaro), in “Klearchos”, VIII, 1966, pp. 23-47.

Abbreviazioni Bibliografiche

195

ARSLAN 1969-70

Arslan E., Relazione preliminare sugli scavi effettuati nel 1966-69 a Roccelletta di Borgia (Scolacium), “Atti del Centro di Studi e Documentazione sull’Italia Romana”, II, 1969-70, pp. 17-77.

ARSLAN 1974

Arslan E.A., Ville e città romane in Calabria, in “Magna Grecia”, sett-ott. 1974, pp. 1-8.

ARSLAN 1983

Arslan E.A., La ricerca archeologica nel Bruzio, in Bretti, Greci e Romani, Atti V Convegno di Storia Calabra, (Cosenza-Vibo Valentia-Reggio Calabria 1973), Roma, 1983, pp. 269-310.

ASHBY 1912

Ashby Th., Appunti sulla via Salaria, in “Römische Mitteilungen”, XXVII, 1912, pp. 222-223.

ASHBY 1921

Ashby Th., The via Flaminia, in “JRS”, XI, 1921, pp. 125-190.

ASHBY - GARDNER 1916

Ashby T. - Gardner R., The via Traiana, in “PBSR”, VIII, 1916, pp. 104-171.

ATLANTE DELLA TOSCANA 1992

AA.VV., (Torelli M. ed.), Atlante dei siti archeologici della Toscana, Roma, 1992.

ATTI VENOSA 1990

Salvatore M. ed., Basilicata. L’espansionismo romano nel sud-est d’Italia. Il quadro archeologico, Atti Convegno (Venosa 1987), Venosa, 1990.

AVETTA - MARCELLI - SASSO D’ELIA 1991

Avetta L. - Marcelli M. - Sasso D’Elia L., Quote S. Francesco, in “MEFRM”, 103, 2 1991, pp. 599-609.

BAGGIO – DAL RI 1984

Baggio E. - Da Ri L., San Lorenzo di Sebato - Bolzano, in “Aquileia Nostra”, LVI, 1984, coll. 290-291.

BAGGIO 1982

Baggio E., San Lorenzo di Sebato (Bolzano), in “Aquileia Nostra”, LIII, 1982, coll. 321-322.

BAGGIO 1983

Baggio E., San Lorenzo di Sebato (Bolzano), in “Aquileia Nostra”, LIV, 1983, col. 344.

BAGNANI 1958

Bagnani G., in “American Journal of Philology”, 79, 1958, pp. 431-444.

BARADEZ 1949

Baradez J., Fossatum Africae, Paris, 1949. BARBETTA 1995

Barbetta S., Via Labicana, Roma, 1995. BARBIERI 1992-93

Barbieri G., Località. Paliano – Saggi di scavo presso le terme romane delle “Le Masse di S. Sisto”, in “NSc”, 1992-93, pp. 5-66.

BARELLO 1997

Barello F., in AA.VV., (Filippi F. ed.), Alba Pompeia.

Archeologia della città dalla fondazione alla tada antichità, “QuadArchPiem”, Monografie, 6, Alba, 1997, p. 566.

BARELLO - CARDOSA 1991

Barello F. - Cardosa M., “Casignana Palazzi”, in “MEFRM Age”, 103, 2, 1991, pp. 669-687.

BARILLARO 1979

Barillaro E., La villa di Casinius a Casignana, Chiaravalle Centrale, 1979.

BAROCELLI 1924

Barocelli P., La strada e le costruzioni romane dell'Alpis Graia, in “Mem. Acc. Scienze Torino”, II, LXVI, 1924.

BAROCELLI 1928

Barocelli P., F. 102 San Remo, Edizione Archeologica della carta d’Italia 1:100000, Firenze, 1928.

BAROCELLI 1932A

Barocelli P., Capo San Siro (Riva Ligure) - Avanzi Di Probabile Mansione Romana, In “Nsc”, 1932, P. 26.

BAROCELLI 1932B

Barocelli P., Inscriptiones Italiae, XI, Augusta Praetoria, Roma, 1932.

BAROCELLI 1932C

Barocelli P., Aquae Statiellae, In “Bollettino Della Società Piemontese Di Archeologia”, 1-2, XVI, 1932, pp. 17-25.

BAROCELLI 1948

Barocelli P., Augusta Praetoria, (Forma Italiae - Regio XI Transpadana), Roma, 1948.

BAROCELLI 1959

Barocelli P., Ivrea. Edizione Archeologica della Carta d’Italia, F. 42, Firenze, 1959.

BARTOCCINI 1958

Bartoccini R., Tre anni di scavi a Vulci, in “Atti VII Conv. Arc. Class.”, 1958, pp. 257-281.

BEAUVERY 1957

Beauvery R., La Route romaine de Jérusalem à Jericho, in “Revue Biblique”, 64, 1957, pp. 72-101.

BECATTI 1938

Becatti G., Tuder-Carsulae, Roma, 1938. BELLINO 1910

Bellino S., in Dizionario Epigrafico, II, 2, 1919, pp. 1404-1425, s.v. cursus publicus.

BELLONI ZECCHINELLI 1960

Belloni Zecchinelli M., La strada Regina nella storia e nel paesaggio, Como, 1960.

BELOCH 1926

Beloch K.J., Römischen Geschichte bis zum Beginn der Punischen Kriege, Weimar, 1926.

BENDER 1975

Bender H., Römische Strassen und Strassenstationen, (Limesmuseum Aalen. Kleine Schriften zur Kenntnis der römischen Besetzungsgeschichte Südwestdeutschlands, 13), Stuttgart, 1975.

Abbreviazioni Bibliografiche

196

BERMOND MONTANARI - SUSINI 1961

Bermond Montanari G. - Susini G., Bagno di Romagna (Forlì), in “NSc”, 1961, p. 240-250.

BERTACCHI 1974

Bertacchi L., Un anno di scavi archeologici ad Aquileia, in Aquileia e l’Africa, “Antichità Altoadriatiche”, V, 1974, pp. 385-399.

BERTACCHI 1978

Bertacchi L., Il basso Isonzo in epoca romana, un ponte e un acquedotto, in “Aquileia Nostra”, XLIX, 1978, coll. 29-76.

BERTACCHI 1979

Bertacchi L., Presenze archeologiche romane nell’area meridionale del territorio di Aquileia, in Il Territorio di Aquileia nell’antichità, “Antichità Altoadriatiche”, XV, 1, Udine, 1979, pp. 259-289.

BERTINETTI 1991

Bertinetti M., I fora, in Viae Publicae Romanae 1991, p. 38.

BIAGETTI – FORNI 1982

Biagetti E. - Forni G., Stele funeraria iscritta e autonomia municipale di Forum Flamini, in “Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria”, LXXIX, 1982, pp. 13-16.

BIGA 1983

Biga F., Documenti d’archivio inediti relativi al cippo miliario augusteo di Chiappa (valle Cervo). La via romana e la fonte idrotermale nel Dianese, in “RisStLig”, XLIX, 1-4, 1983, pp. 179-189.

BLACK 1995

Black E.W., Cursus Publicus. The Infrastructures of Government in Roman Britain, (BAR, British Series, 241), Oxford, 1995.

BOERSMA 1990

Boersma J., Oria and Valesio, Amsterdam, 1990. BOERSMA 1991A

Boersma J., Le terme tardoromane di Valesio, in Les thermes romains, Actes de la table ronde organisée par l’École Française de Rome, (Rome 1988), Roma, 1991, pp.161-173.

BOERSMA 1991B

Boersma J., A Roman Republican building at Valesio (BR), Salento, in “Mededelingen van het Nederlands Instituut te Rome, Antiquity”, L, 1991, pp. 15-135.

BOERSMA 1995

Boersma J., Mutatio Valentia. The Late Roman Baths at Valesio, Salento, Amsterdam, 1995.

BOERSMA – YNTEMA 1987

Boermsa J. - Yntema D., Valesio. Storia di un insediamento apulo dall’Età del Ferro all’epoca tardoromana, Fasano, 1987.

BONARDI - DALL’AGLIO - MARCHETTI 1985

Bonardi S. - Dall’Aglio P.L. - Marchetti G., Geomorfologia e vicende storiche: la pianura Piacentina tra T. Nure e T. Ongina, in “Padusa”, XXI,

1985, pp. 133-148. BONORA MAZZOLI - DALL’AGLIO 1983

Bonora Mazzoli G. - Dall’Aglio P.L., La viabilità romana nella pianura modenese e reggiana. Ipotesi di ricostruzione, in Viabilità antica e medievale nel territorio modenese e reggiano, Modena, 1983, pp. 7-33.

BORDA 1949

Borda M., Una mansio nel Norico: Sebastum, in “Cultura Atesina”, III, 1949, pp. 1-6.

BORGIA 1981

Borgia E., Tivoli (Roma). Villa Adriana. Gli Hospitalia, in “Bollettino d’Archeologia”, 8, 1981, pp. 73-83.

BORLA 1978

Borla S., La strada Vercellae - Hasta per Rigomagus, in “Antiqua”, XI, 1979, pp. 40-43.

BORLA 1979

Borla S., Ad Septimum, un pagus sulla via romana Ticinum - Taurinis, in “Antiqua”, XII, 1979, pp. 66-68.

BORLA 1980

Borla S., La mansio di Rigomagus, Trino, 1980. BOSIO 1963-64

Bosio L., Ponte Sonti (Tab. Peutingeriana), in “Atti Ist. Veneto Sc. lett. Arti”, CXXII, 1963-64, pp. 157-172.

BOSIO 1967

Bosio L., I problemi portuali della frangia lagunare veneta nell’antichità, in Venetia. Studi miscellanei di archeologia delle Venezie, I, Padova, 1967, pp. 3-96.

BOSIO 1970

Bosio L., Itinerari e strade della Venetia romana, Padova, 1970.

BOSIO 1973B

Bosio L., La Venetia orientale nella descrizione della Taula Peutingeriana, in “Aquileia Nostra”, XLIV, 1973, coll. 37-84.

BOSIO 1974

Bosio L., L’Istria nella descrizione della Tabula Peutingeriana, Trieste, 1974.

BOSIO 1983A

Bosio L., La Tabula Peutingeriana. Una descrizione pittorica del mondo antico, Rimini, 1983.

BOSIO 1983B

Bosio L., Mutatio Apicilia. Una posta stradale lungo la via Annia. in Studi forogiuliesi in onore di C.G. Mor, Udine, 1983, pp. 41-46.

BOSIO 1990

Bosio L., La via Popilia - Annia, in “Antichità Altoadriatiche”, XXXVI, 1990, pp. 43-60.

BOSIO 1991

Bosio L., Le strade romane della Venetia e dell'Histria, Padova, 1991.

Abbreviazioni Bibliografiche

197

BOSIO 1992

Bosio L., Le Alpi Occidentali e la Valle d’Aosta nella descrizione della Tabula Peutingeriana, in Atti Cong. Inter. A.I.C.C., Saint Vincent, 1992, pp. 62-80.

BOTROMAGNO 1992

AA.VV. (Small A.M. ed.), An Iron Age and Roman Repubblican Settlement at Botromagno, Gravina di Puglia. Excavations of 1965-1974, I, The Site, London 1992.

BOTTINI 1988

Bottini P., La conca di Castelluccio dalla romanizzazione al medioevo, in AA.VV., (P. Bottini ed.), Arte, Archeologia e Storia alle sorgenti del Lao, Matera, 1988, pp. 227-275.

BOTTINI 1990

Bottini P., La conca di Castelluccio e il problema di Nerulum, in Basilicata. L’espansionismo romano nel sud-est d’Italia, Atti del convegno di studi (Venosa 1987), Venosa, 1990, pp. 159-167.

BOTTINI – DE MAGISTRIS 1987

Bottini P. - De Magistris E., sv. Castelluccio, in “BTCGI”, V, 1987, pp. 105-110.

BRACCO 1958

Bracco V., Marcellianum ed il suo battistero, in “RAC”, 34, 1958, pp. 193-207.

BRACCO 1960

Bracco V., Il tabellarius di Polla, in “Epigraphica”, XLVII, 1985, pp. 93-97.

BRANDIZZI VITTUCCI 1998

Brandizzi Vittucci P., Considerazioni sulla via Severiana e sulla Tabula Peutingeriana, in “MEFRA”, CX, 2, 1998, pp. 929-993.

BRAUN 1838

Braun E., Scavi. Roma- S. Marinella, in “Bull.Inst.”, 1838, pp. 1-4.

BROCCOLI 1975

Broccoli U., Alcune novità epigrafiche e topografiche a Terracina, in “Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale”, VIII, 2, 1975, pp. 21-28.

BRONSON - UGGERI 1970

Bronson R.C. – Uggeri G., Isola del Giglio, Isola di Giannutri, Monte Argentario, Laguna di Orbetello, in “StEtr”, XXXVIII, 1970, pp. 201-214.

BRUNT 1971

Brunt P.A., Italian Manpower 225 B.C. - A.D 14, Oxford, 1971.

BRUSCHETTI 1994

Bruschetti P., Infrastrutture della via Flaminia presso Massa Martana, in “Atlante Tematico di Topografia Antica”, II, 1994, pp. 167-172.

BRUSIN 1941

Brusin G., L’identità di Sebastum con S. Lorenzo in Valpusteria, in “Archivio per l’Alto Adige”, XXXVI, 1941, pp. 325-327.

BRUZZI 1986

Bruzzi G., Prospezioni geofisiche nella zona della

basilica di S. Cristoforo “Ad Aquilam”, in Ricerche e Studi nella regione Marche, Atti VI Congresso Naz. Archeologia Cristiana, (Pesaro - Ancona 1983), Firenze, 1986, II, pp. 433-441.

BUCK 1971

Buck J.B., The via Herculia, in “PBSR”, XXIX, 1971, pp. 66-87.

BURGERS 1994

Burgers G.J., Mesagne, Muro Tenente, in Notiziario delle Attività di Tutela, Soprintendenza Archeologica della Puglia, in “Taras”, XIV, 1, 1994, pp. 113-114.

BUSSI 1941

Bussi V., Carbantia e Ad Medias degli itinerari romani, in “Bollettino storico bibliografico subalpino”, XLIII, 1941, pp. 39-50.

CABROL - LECLERQ 1907-53

Cabrol F. - Leclerq H., Dictionnaire d’archéologie chrétienne et de liturgie, Paris, 1907 – 1953.

CAGIANO DE AZEVEDO 1974

Cagiano De Azevedo M. - Schmiedt G., Tra Bagnoregio e Ferento, Ricognizioni Archeologiche in Etruria, 1, Roma, 1974, pp. 43-46.

CAIOLA - MARRA - MESSINEO - STAFFA 1986

Caiola A..F - Marra A.M. - Messineo G. - Staffa A.R., Via Tiburtina - Settecamini, in “BullCom”, XCI, 1986, pp. 678-690.

CALCI - CECI - MESSINEO 1988

Calci C. – Ceci F. - Messineo G., Scavi in località Settecamini, via Casal Bianco, in Archeologia Laziale IX, “QuadAEI”, XVI, 1988, pp. 164-166.

CALCI - MESSINEO 1989-90

Calci C. – Messineo G., Settecamini, in “BullCom”, XCIII, 1, 1989-90, pp. 137-149.

CALCI - MESSINEO 1991-92

Calci C. – Messineo G., Settecamini - Casale Bonanni, in “BullCom”, XCIV, 1, 1991-92, pp. 91-93.

CALZOLARI 1986

Calzolari M., “Ad Sextum miliarem” (It.Burd., 564, 4). I toponimi derivati dalle distanze in miglia come fonte per la ricostruzione della rete stradale di età romana, in “Atti MemDepStorPatriaProvModenesi”, ser. XI, VIII, 1986, pp. 27-56.

CALZOLARI 1989

Calzolari M., Il Po tra geografia e storia: l’età romana, in “Civiltà padana. Archeologia e storia del territorio”, I, 1989, pp. 13-35.

CALZOLARI 1994

Calzolari M., Contributi toponomastici alla ricostruzione della rete stradale dell’Italia Romana, in Opere di Assetto territoriale e urbano, “Atlante Tematico di Topografia Antica”, III, 1994, pp. 35-67.

CALZOLARI 1996A

Calzolari M., Introduzione allo studio della rete stradale dell’Italia romana: l’Itinerarium Antonini, in “Atti della accademia Nazionale dei Lincei.

Abbreviazioni Bibliografiche

198

Memorie”, serie IX, VII, 4, Roma, 1996, pp. 369-520. CALZOLARI 1996B

Calzolari M., I Laghi di Mantova in età romana, in Acque interne, uso e gestione di una risorsa, (Antico gallina M. ed.), Milano, 1996, pp. 123-138.

CALZOLARI 1997

Calzolari M., Ricerche sugli itinerari romani. L’Itinerarium Burdigalense, in Studi in onore di Nereo Alfieri, Ferrara, 1997, pp. 125-189.

CALZOLARI - RAGAZZI 1978

Calzolari M. - Ragazzi G., Condizioni del territorio dall’epoca romana alla fine del Medioevo, in Memorie Storiche di Rivara, Bomporto, 1978.

CAMBI - CELUZZA 1985

Cambi F. – Celuzza M.G., La centuriazione, la viabilità e gli insediamenti, in La romanizzazione dell’Etruria 1985, pp. 104-106.

CAMERIERI 1997

Camerieri P., Il tracciato della via Flaminia, in L’antica via Flaminia in Umbria, Roma, 1997, pp. 21-72.

CAMILLI CS.

Camilli A., Mutatio Aquaviva, in Proceedings of the XVth International Congress of Classical Archaeology, (Amsterdam 1998), cs.

CAMPAGNOLI 1999

Campagnoli P., La Bassa valle del Foglia e il territorio di Pisaurum nell’antichità, Bologna, 1999.

CANCELLIERI 1975

Cancellieri M., Un sepolcro romano a Mesa, in “Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale”, VII, 2, 1975, pp. 5-20.

CANCELLIERI 1987

Cancellieri M., La media e bassa valle dell’Amaseno. La via Appia a Terracina: materiali per una carta archeologica, in “Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale”, XII, 1987, pp. 41-104.

CANCELLIERI 1990

Cancellieri M., Il territorio pontino e la via Appia, in La Via Appia, Archeologia Laziale X, “Quad AEI”, 18, 1990, pp. 61-71.

CANINA 1852

Canina L., Esposizione topografica della prima parte dell’antica via Appia dalla porta Capena alla stazione dell’Ariccia. Sezione I: dal miglio quarto al nono”, in “Annali dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica”, 1852, pp. 254-300. Tavole illustrative nei “Monumenti. Annali e Bullettini pubblicati dall’Instituto di Corrispondenza Archeologica”, V, tavv. XLV-XLII.

CANINA 1853

Canina L., Esposizione topografica della prima parte dell’antica via Appia dalla porta Capena alla stazione dell’Ariccia. Sezione III: dalla stazione del nono miglio a Boville”, in “Annali dell’Instituto di

CANINA 1854

Canina L., Esposizione topografica della prima parte dell’antica via Appia dalla porta Capena alla stazione dell’Aricia. Sezione IV: da Boville ad Aricia, in “Monumenti ed Annali dell’’Instituto di Corrispondenza Archeologica”, 1854, pp. 95-108, tavv. XXIV-XXVI.

CANOSA 1990

Canosa M.G., Tricarico, in Atti Venosa 1990, pp. 111-123.

CANTARELLI 1980

Cantarelli F., La via Regio-Capuam: problemi storici e topografici, in “L’Universo”, 6, nov.dic., 1980, pp. 929-968.

CANTARELLI 1981

Cantarelli F., La via Regio-Capuam: problemi storici e topografici, in “L’Universo”, gen.feb., 1981, pp. 89-150.

CAPINI 1980

Capini S., Il santuario di Ercole a Campochiaro, in AA.VV., Sannio. Pentri e Frentani dal IV al I sec. a.C., Catalogo della mostra (Isernia, 1980), Roma, 1980, pp. 197-206.

CAPPELLETTI 1991

Cappelletti M., La fase romana del santuario di Campochiaro, in AA.VV., Samnium: archeologia del Molise, (Capini S. - Di Niro A. edd), Roma, 1991, pp. 237-239.

CAPPELLETTI 1992

Cappelletti M., Foglio 135 Orbetello, in Atlante della Toscana 1992, pp. 533-560

CAPPELLI 1930

Cappelli A., Talamone, in “NSc”, 1930, pp. 300-302. CAPPELLI - PESANDO 1991

Cappelli R. - Pesando F., Gli itinerari romani. Repertorio bibliografico, in Viae Publicae Romanae 1991, pp. 41-44.

CARANDINI 1985

Carandini A., Orti e frutteti intorno a Roma, in AA.VV., Misurare la terra: centuriazioni e coloni nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio: materiali da Roma e dal Suburbio, Modena, 1985, pp. 66-74.

CARANDINI – RICCI – DE VOS 1982

Carandini A. – Ricci A. – de Vos M., Filosofiana. La villa di Piazza Armerina, Palermo, 1982.

CARCHIDIO 1824

Carchidio F., Memorie storiche dll’antico e moderno Telamone nell’Etruria Marittima, I, Firenze, 1824.

CARDARELLI 1924-25

Cardarelli R., Confini fra Magliano e Marsigliana

Abbreviazioni Bibliografiche

199

ecc., in “Maremma. Bollettino della Società Storica Maremmana”, II, 1924; II.1, 1925.

CARDARELLI 1932

Cardarelli R., Studi sulla topografia medievale dell’antico territorio vetuloniese, in “StEtr”, VI, 1932, pp. 145-240.

CARDINALI 1992

Cardinali C., Foglio 111 Livorno, in Atlante della Toscana 1992, pp. 166-173.

CARROCCIA 1989

Carroccia M., Strade ed insediamenti del Sannio in epoca romana nel segmento V della Tabula Peutingeriana, Campobasso, 1989.

CARROCCIA 1995

Carroccia M., Questioni di metodo della Tabula Peutingeriana e problemi di viabilità romana nel territorio abruzzese-molisano, in “JAT”, V, 1995, pp. 111-130.

CARROCCIA – RUTA 1987-88

Carroccia M. – Ruta R., Vie ed insediamenti del Sannio nella ‘Tabula Peutingeriana’, in “ RendPontAccRomArch”, 60, 1987-88, pp. 254-266.

CARTA ARCHEOLOGICA 1972

Gamurrini G.F. – Cozza A. – Pasqui A. – Mengarelli R., Carta Archeologica d’Italia (1881-1897). Materiali per l’Etruria e la Sabina, (Castagnoli F. ed), Firenze, 1972.

CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO II

Capuis L. – Leonardi G. - Pesavento Mattioli S. - Rosada G., Carta Archeologica del Veneto, II, Modena, 1990.

CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO IV

Capuis L. – Leonardi G. - Pesavento Mattioli S. - Rosada G., Carta Archeologica del Veneto, IV, Modena, 1994

CARTA ARCHEOLOGICA DELLA LOMBARDIA I

AA.VV., (Rossi F. ed.), Carta Archeologica della Lombardia, I, La Provincia di Brescia, Modena, 1991.

CARTA DEL SUBURBIO E DELL’AGRO ROMANO 1988

AA.VV., Carta Archeologica, naturale e paesistica del Suburbio e dell’Agro Romano, Roma, 1988.

CARY 1936

Cary M., Direction-post on Roman roads, in “The Classical Review”, L, 1936, pp. 166-167.

CASSIERI 1995

Cassieri N., Recenti rinvenimenti lungo la via Appia nel territorio pontino, in Archeologia Laziale XII, 2, “QuadAEI”, XXIV, 1995, pp. 575-581.

CASSON 1974

Casson L., Travel in the Ancient World, London, 1974.

CASTAGNOLI 1977

Castagnoli F., Topografia dei Campi Flegrei, in I Campi Flegrei nell’archeologia e nella storia, Atti Convegno Internazionale Accademia dei Lincei,

CASTELFRANCO 1889

Castelfranco P., Nuovi scavi eseguiti nell’area del tempio di Giove Penino, nel Comune di S. Remy, in “NSc”, 1889, pp. 75-87.

CATALLI 1993

Catalli F., Acquisizioni nell’area della Magliana, in Archeolgia Laziale XI, “QuadAEI”, XXI, 1993, pp. 109-112.

CATALLI – COLETTI 1995

Catalli F. – Coletti C.M., Acquisizioni archeologiche e paleoambientali nell’area della Magliana, in Archeolgia Laziale XII, 1, “QuadAEI”, XXIII, 1995, pp. 333-340.

CAVALLARO – WALSER 1988

Cavallaro A.G. - Walser G., Iscrizioni di Augusta Praetoria, Aosta, 1988.

CECCARELLI LEMUT - PASQUINUCCI 1991

Ceccarelli Lemut M.L. – Pasquinucci M., Fonti antiche e medievali per la viabilità nel territorio pisano, in “Bollettino Storico Pisano”, LX, 1991, pp. 111-138.

CELUZZA – FENTRESS 1994

Celuzza M.G. – Fentress E., La Toscana centro-meridionale: i casi di Cosa-Ansedonia e Roselle, in AA.VV., (Francovich R. – Noyé G. edd.), La storia dell’Alto Medioevo italiano (VI-X secolo) alla luce dell’archeologia, Firenze, 1994, pp. 601-613.

CERRI 1972

Cerri A., Una mutatio romana in Lomellina: Duriae/Durnae, in “Athenaeum”, L, 1972, pp. 36-44.

CERULLI IRELLI 1974

Cerulli Irelli G., La casa “del colonnato tuscanico” ad Ercolano, in “Mem. Acc. Arch. Lett. e Belle Arti di Napoli”, VII, 1974.

CHAPOT 1873-1907

Chapot V., Taberna, in Dictionnaire des Antiquités, 1873-1907, pp. 8-11.

CHASTAGNOL 1981

Chastagnol A., L’inscription constantinienne d’Orcistus, in “MEFRA”, XCIII, 1, 1981, pp. 381-416.

CHERICI 1987

Cherici A., Carta archeologica del territorio cortonese, in Cortona struttura e storia. Materiali per una conoscenza operante della città e del territorio, Cortona, 1987, pp. 139 - 237.

CHEVALLIER 1972

Chevallier R., Les Voies romaines, Paris, 1972. CHEVALLIER 1988

Chevallier R., Voyage et déplacement dans l’empire Roman, Paris, 1988.

CHEVALLIER 1995

Chevallier R., Les textes littéraires latins et grecs

Abbreviazioni Bibliografiche

200

concernant la voirie romaine, in “JAT”, V, 1995, pp. 7-30.

CHEVALLIER 1997

Chevallier R., Les voies Romaines, Paris, 1997. CHIANESE 1938

Chianese G., Campania Romana, I, 1938. CIAMPOLTRINI 1985

Ciampoltrini G., Una statua ritratto di età imperiale dalla foce dell’Albegna, in “Prospettiva”, 43, 1985, pp. 43-47.

CIAMPOLTRINI 1991

Ciampoltrini G., Aspetti dell’insediamento tardoantico ed altomedievale nella Tuscia: due schede d’archivio, in “Archeologia Medievale”, XVIII, 1991, p. 687- 697.

CIAMPOLTRINI 1994

Ciampoltrini G., Il deverticolo dall’Aurelia al Portus Telamonis: un contributo per la tecnica stradale nell’Etruria Costiera, in Strade Romane. Percorsi e infrastrutture, “Atlante Tematico di Topografia Antica”, II, Roma, 1994, pp. 179-182.

CIANFRIGLIA - DOUKORI - PULIMANTI – REGGI 1991-92

Cianfriglia L. - Doukori A. - Pulimanti A. - Reggi A., Via della Magliana, in “BullCom”, XCIV, 1, 1991-92, pp. 243-246.

CIPOLLA 1885

Cipolla C., Concordia, in “NSc”, 1885, p. 492. CIVILTÀ DEI ROMANI 1990

AA.VV., Civiltà dei Romani, La città, il territorio, l’impero, Milano, 1990.

COARELLI 1988

Coarelli F., Colonizzazione romana e viabilità, in “DialArch”, serie III, 6, 1988, 2, pp. 35-48.

COARELLI 1993

Coarelli F., Catabulum, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, (Steinby E..M. ed.), I, Roma, 1993, p. 256.

COCCHIARO 1988

Cocchiaro A., Mesagne, Malvindi - Campofreddo, in Notiziario delle Attività di Tutela, Soprintendenza Archeologica della Puglia, in “Taras”, VIII, 1-2, 1988, pp. 167-168.

COCCHIARO 1991

Cocchiaro A., La viabilità di età romana in Puglia, in Viae Publicae Romanae 1991, pp. 137-141.

COCCIA - PAROLI 1993

Coccia S. - Paroli L., Indagini preliminari sui depositi archeologici della città di Porto, in Archeologia Laziale XI, “QuadAEI”, XXI, 1993, pp. 175-180.

COCCIA 1993

Coccia S., Il “Portus Romae” fra tarda antichità ed altomedioevo, in AA.VV., (Delogu P. - Paroli L. edd.), La storia economica di Roma nell’Alto Medioevo alla luce dei recenti scavi archeologici, Firenze, 1993, pp. 177-200.

CODAGNONE 1992

Codagnone A., F. 105 Lucca, in Atlante della Toscana 1992, pp. 65-91.

COHEN 1959

Cohen H., Description historique des monnaies frappés sous l’Empire romain, Paris, 1959-1962.

COLICELLI 1996

Colicelli A., La viabilità romana nei Bretti tra i fiumi Angitola e Mesima (It.Ant. 105-106, 111), in “JAT”, VI, 1996, pp. 117-196.

COLINI 1967-68

Colini A. M., La stipe delle acque salutari di Vicarello. Notizie sul complesso della scoperta, in “RendPontAccRomArch”, LX, 1967-68, pp. 35-36.

COLINI 1979

Colini A. M., Vicarello. La sorgente termale nel tempo, Roma, 1979.

COLONNA 1955

Colonna G., Pallanum una città dei Frentani, in “Archeologia Classica”, VII, 1955, p. 164-178.

CONTA 1982

Conta G., Il territorio di Asculum in età romana, Asculum II, 1, Pisa, 1982 (rist.1985).

CONTA 1987

Conta G., La stazione termale di Ad Aquas lungo la via Salaria, in Le strade nelle Marche 1987, pp. 431-436.

COPPOLA 1977

Coppola D., Civiltà antiche nel territorio di Torre S. Sabina, ricostruzione topografica ed avvicendamenti culturali, in “ Ricerche e Studi ”, X, 1977, pp. 47-110.

CORRADAZZI 1974

Corradazzi G., La strada romana nel bresciano e bergamasco, Brescia, 1974.

CORRADI 1968

Corradi G., Le strade romane dell'Italia occidentale, Torino, 1968.

CORRADI CERVI 1935

Corradi Cervi M., Due mutationes dell’Emilia occidentale. Mutatio Ad Tarum e mutatio ad Fonteclos, in “Historia. Studi Storici per l’Antichità Classica”, IX, 1935, pp. 591-594.

CORSI 1985

Corsi L., La villa di Talamone, in La romanizzazione dell’Etruria 1985, pp. 155-158.

CORSI 2000

Corsi C., Stazioni stradali e cursus publicus. Note di tipologia dell’insediamento lungo la viabilità romana, in “Orizzonti”, I, 2000, cs.

CORSI CS.

Corsi C., Luoghi di sosta lungo le vie di pellegrinaggio in età tardoantica, in Atti Convegno di Studi “I pellegrinaggi nell’età tardoantica e medievale”, (Ferentino 1999), Centro di Studi Internazionali “G. Ermini”, cs.

Abbreviazioni Bibliografiche

201

COSENTINO 1990

Cosentino R., Statua, in AA.VV., Caere ed il suo territorio da Agylla a Centumcellae, Roma, 1990, pp. 297-304.

COSTABILE 1976

Costabile F., Municipium Locrensium, Napoli, 1976. COSTABILE 1980

Costabile F., Ricerche di topografia antica fra Motta S. Giovanni e Reggio di Calabria, in “RivStorCal”, I, 1-2, 1980, pp. 11-27.

COSTABILE 1988

Costabile F., Testimonianze paleocristiane e giudaiche da Leucopetra, in “RivStorCal”, IX,1-4, 1988, pp. 255-265.

COSTAMAGNA 1991

Costamagna L., La sinagoga di Bova Marina nel quadro degli insediamenti tardo antichi della costa ionica meridionale della Calabria, in “MEFRM”, 1991, 103, 2, (Actes de la table ronde sur la Calabre de la fin de l’Antiquité au Moyen Âge, École Francais de Rome, 1989), pp. 611- 630.

COSTAMAGNA 1995

Costamagna L., Il restauro del mosaico della sinagoga di Bova Marina, Atti del II Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (Roma 1994)”, Bordighera, 1995, pp. 209-214.

COSTAMAGNA - SABBIONE 1990

Costamagna L. - Sabbione C., Una città in Magna Grecia. Locri Epizefiri, Reggio Calabria, 1990.

COSTE 1990

Coste J., La via Appia nel Medio Evo e l’incastellamento, in La Via Appia, Archeologia Laziale X, “QuadAEI”, XVIII, 1990, pp. 127-137.

CRESCENZI 1981

Crescenzi L., Velletri. Archeologia, territorio, museo, Velletri, 1981.

CRESSEDI 1949

Cressedi G., L’Appia antica dal miglio XIX al XXVII, in “RendLinc”, ser. VIII, 4, 1949, pp. 86-106.

CRESTI 1993

Cresti F., in Enciclopedia dell’arte medievale, IV, Roma, 1993, sv. Caravanserraglio, pp. 253-256.

CROGIEZ 1990A

Crogiez S., Les stations du cursus publicus de Rome à Terracine, in Archeologia Laziale, X, 1, “QuadAEI”, XVIII, 1990, pp. 95-103.

CROGIEZ 1990B

Crogiez S., Les stations du cursus publicus en Calabre. Un état de la recherche, in “MEFRA”, 102, 1, 1990, pp. 389-431.

CROGIEZ 1991

Crogiez S., Malvito, loc. Pauciuri – prov. di Cosenza, in “MEFRM”, 103, 2, 1991, (Actes de la table ronde sur la Calabre de la fin de l’Antiquité au Moyen Âge,

École Française de Rome, 1989), p. 869-873. CROGIEZ 1996

Crogiez S., Pauciuri (com. de Malvito, prov. Cosenza), in “MEFRA”, CVIII, 1, 1991, p. 478.

CROGIEZ - KEMORVANT 1993

Crogiez S. - Kemorvant A., Pauciuri (com. de Malvito, prov. Cosenza), in “MEFRA”, CV, 1, 1993, pp. 458-462.

CROGIEZ - LUPPINO 1990

Crogiez S. - Luppino S., Pauciuri (com. de Malvito, prov. Cosenza), in “MEFRA”, CII, 1, 1990, pp. 486-490.

CROGIEZ - LUPPINO 1991

Crogiez S. - Luppino S., Pauciuri (com. de Malvito, prov. Cosenza), in “MEFRA”, CIII, 1, 1991, pp. 349-353.

CROGIEZ - LUPPINO 1995

Crogiez S. - Luppino S., Pauciuri (com. de Malvito, prov. Cosenza), in “MEFRA”, CVII, 1, 1995, p. 523.

CROOK 1967

Crook J., Law and Life of Rome, London, 1967. CUNTZ 1929

Cuntz O., Itineraria Romana, Lipsiae, 1929. CURRI 1978

Curri C.B., Vetulonia I, (Forma Italiae, Regio VII, 5), Firenze, 1978.

CYEGELMAN – DANTI 1991

Cyegelman M. – Danti C., I frammenti di affresco provenienti dalle’edificio romano delle Paduline – Castiglion della Pescaia (Grosseto), in “Kölner Jahrbuch für Vor- und FrühGeschichte”, XXIV, 1991, pp. 51-58.

D’ABRUZZO – BONOMI – MENGOTTI – TONIOLO 1982

D’Abruzzo M. – Bonomi S. – Mengotti C. – Toniolo A., Testimonianze di traffici commerciali in età romana nel delta padano attraverso alcune classi di materiali dello scavo di S. Basilio di Ariano Polesine (Rovigo), in “Padusa”, XVIII, 1982, pp. 36-52.

DALL’AGLIO 1970

Dall’Aglio P.L., Mutatio Ponte Secies, in “Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le antiche Provincie Modenesi”, X, V, 1970, pp. 75-80.

DALL’AGLIO 1987

Dall’Aglio P.L., La via Aemilia tra Parma e Placentia. Problemi storico-topografici, in “Padusa”, XXIII, 1987, pp. 67-94.

DALL’AGLIO 1990

Dall’Aglio P.L., Parma ed il suo territorio in età romana, Sala Baganza, 1990.

DALL’AGLIO 1991

Dall’Aglio P.L., La viabilità di età romana, in AA.VV., (Dall’Aglio P.L. - De Maria S. - Mariotti A. edd.), Archeologia delle valli marchigiane Misa, Nevole e Cesano, Perugia, 1991, pp. 12-23.

Abbreviazioni Bibliografiche

202

DALL’AGLIO 1991

Dall’Aglio P.L., Colombarone (Pesaro). Basilica paleocristiana di San Cristoforo “ad Aquilam”, in “Bollettino d’Archeologia”, 9, 1991, pp. 33-37.

DALL’AGLIO 1992

Dall’Aglio P.L., Acciottolati stradali in età romana e rete viaria principale nel territorio reggiano, in Tecnica stradale romana, Atlante tematico di Topografia Antica, I, Roma, 1992, pp. 179-186.

DALL’AGLIO - DI RUTA 1989

Dall’Aglio P.L. - Di Ruta M.T., Gli interventi dell’Olivieri nel sito della basilica di S. Cristoforo “Ad Aquilam” alla luce dei recenti scavi, in AA.VV., L’antichità classica nella Marche tra Seicento e Settecento, Atti del Convegno (Ancona - Pesaro 1987), Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche, XCIII, 1989, pp. 169-190.

DALLEMULLE 1976

Dallemulle U., S. Basilio (Ariano Polesine). Scavo nell'area di un insediamento romano, in “Padusa”, XII, 1976, pp. 154-159.

DALLEMULLE 1977

Dallemulle U., S. Basilio (Ariano Polesine). Seconda campagna di scavo, in “Padusa”, XIII, 1977, pp. 113-124.

DA SKYLLETIUN A SCOLACIUM 1989

AA.VV., (Spadea R. ed.), Da Skylletiun a Scolacium, il parco archeologico della Roccelletta, 1989.

DEGRASSI 1963

Degrassi N., in Vie di Magna Grecia, Atti II Conv. Studi della Magna Grecia, (Taranto, 1962), Napoli, 1963, p. 71.

DEGRASSI 1968

Degrassi A., Scritti vari di antichità, 3, Venezia-Trieste, 1968, pp. 195-204.

DE FELICE 1994

De Felice E., Larinum, (Forma Italiae, 36), Firenze 1994.

DE LA GENIÉRE 1971

de La Geniére J., Amendolara (Cosenza). Campagne del 1967 e 1968 (Relazione preliminare), in “NSc”, 1971, pp. 493-475.

DE LA GENIÉRE ET ALII 1980

de La Geniére et Alii, Amendolara (Cosenza), in “NSc”, 1980, pp. 305-393.

DEL CORNO 1880

Del Corno V., Le stazioni Quadrata e di Ceste lungo la strada romana da Pavia a Torino, in “Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino”, III, 1880, pp. 232-297.

DE NINO 1878

De Nino, Raiano e Goriano Sicoli, in “NSc”, 1878, pp. 319-321.

DE NINO 1886

De Nino, Goriano Sicoli, in “NSc”, 1886, p. 321.

DE NINO 1889

De Nino, Raiano e Goriano Sicoli, in “NSc”, 1889, pp. 344-346.

DENTI 1991

Denti M., I Romani a nord del Po, Milano, 1991. DE PALMA 1985

De Palma G., Terme di Cotilia, in Archeologia Laziale, VII,1, “QuadAEI”, XI, 1985, pp.185 - 192.

DE ROSSI 1866

De Rossi G.B., Dello xenodochio di Pammachio e d’alcuni altri cristiani monumenti testè rinvenuti in Porto, in “BullArchCrist”, 1866, pp. 50-51, 99.

DE ROSSI 1968

De Rossi G.M., La via Aurelia dal Marta al Fiora, in La Via Aurelia 1968, pp. 121-155.

DE ROSSI 1979

De Rossi G.M., Bovillae, (Forma Italiae, Regio I, 15), Firenze, 1979.

DE ROSSI 1987

De Rossi G.M., Documentazione d’archivio. Anzio e Terracina, in “Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale”, XII, 1987, pp. 19-39.

DE ROSSI – DI DOMENICO – QUILICI 1968

De Rossi G.M. – Di Domenico P.G. – Quilici L., La via Aurelia da Roma a Civitavecchia, in La via Aurelia 1968, pp. 10-88.

DE SALVO 1992

De Salvo L., Economia privata e pubblici servizi nell’impero romano. I corpora naviculariorum, Kleio. Studi Storici a cura di Salvatore Calderone, 5, Messina, 1992.

DESJARDINS 1859

Desjardins E., Découverte de la position des villes de Sabate, du Forum Clodii, de la station ad Novas, in “AnnInst”, XXXI, 1859, pp. 34-44.

DESJARDINS 1864-74

Desjardins E., La Table de Peutinger, Paris, 1864-74. DESJARDINS 1878

Desjardins E., Les Tabellarii, courriers, porteurs de dépêches chez les Romains, in “Mélanges Section Historique et Philologique de l’École des Hautes Études”, 35, 1878, pp. 51-81.

DESTRO 2000

Destro M., Recenti rinvenimenti di carattere funerario nell’area pesarese: via Fellini – Loc. Colombarone, in “Picus”, 2000, cs.

DICTIONNAIRE DES ANTIQUITES

Daremberg M.Ch. – Saglio E (Edd.), Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines, Paris, 1873 - -

DI LORENZO 1888

Di Lorenzo A.M., Lazzàro, in “NSc”, 1888, pp. 67-68, 398.

DI NIRO 1980

Di Niro A., Il santuario di S. Giovanni in Galdo, in AA.VV., Sannio. Pentri e Frentani dal IV al I sec.

Abbreviazioni Bibliografiche

203

a.C., Catalogo della mostra (Isernia, 1980), Roma, 1980, pp. 269-281.

DI PAOLA 1999

Di Paola L., Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus, “Pelorias”, 5, Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Messina, 1999.

DI PORTO 1984

Di Porto A., Impresa collettiva e schiavo “manager” in Roma antica (II a.C. – II d.C.), Milano, 1984.

DIZIONARIO EPIGRAFICO

De Ruggiero E., Dizionario epigrafico di antichità

romane, Roma, 1895 - - DONNA D’OLMENICO 1980

Donna d’Oldenico G., Lo stallabio di Ivrea nell’organizzazione salassa e romana dei traffici transalpini, in AA.VV., Studi di archeologia dedicati a P. Barocelli, Torino, 1980, pp. 301-312.

DONVITO 1988

Donvito A., Egnazia. Dalle origini alla riscoperta archeologica, Fasano, 1988.

DOVE SI CAMBIA CAVALLO 1995

AA.VV., Dove si cambia cavallo. Luoghi di sosta lungo la Flaminia e le vie dei Romani, (Catalogo mostra Cattolica 1996), Villa Verucchio, 1995.

DREOSSI 1943

Dreossi F., Farra d’Isonzo, in “Nsc”, 1943, pp. 189-198.

DUBOIS 1907

Dubois Ch., Pouzzoles Antiques, (Bibliothèque des Écoles Françaises d’Athènes et de Rome, 98), Paris, 1907.

DURANTE - DE APOLLONIA 1988

Durante D. - De Apollonia M., Albintimilium. Antico municipio romano, Cavallermaggiore, 1988, pp. 306-309.

DURRIEU 1867

Durrieu P., Les archives Angevines de Naples. Études sur les Registres du Roi Charles I (1265-1285), I-II, Paris, 1867.

ECK 1979

Eck W., Die Staatliche Organisation Italiens in der hohen Kaiserzeit, München, 1979.

ECK 1989

Eck W., Die Staatliche Administration des Römischen Reiches in der hohen Kaiserzeit, Nürnberg, 1989.

ECK 1999

Eck W., L’Italia nell’impero romano. Stato e amministrazione in epoca imperiale, Bari, 1999 (edizione italiana, riveduta ed ampliata, di ECK 1979).

EGGER 1922-24

Egger R., Eine römische Strassenstationen in Resiutta, in “Jahreshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes in Wien”, XXI-XXI, 1922-24, coll. 313-314.

EGIDI 1980

Egidi P., Una statio romana sulla via Severiana: ad

EGIDI 1995

Egidi R., Ritrovamenti al IV miglio della via Latina antica, in Archeolgia Laziale XII, 1, “QuadAEI”, XXIII, 1995, pp. 309-317.

ELTER 1884

Elter A., Antichità Pontine, in “BullInst”, 1884, pp. 56-79.

ENEI 1991

Enei F., Ad Turres sull’antica via Aurelia. Osservazioni e ritrovamenti, in “StRom”, XXXIX, 1991, pp. 98-108.

ENEI 1992

Enei F., Ricognizioni archeologiche nell’Ager Caeretanus: rapporto preliminare, in Papers of the Fourth Conference of Italian Archaeology, 3, (London 1990), Londra, 1992, pp. 71-90.

EQUINI SCHNEIDER 1984

Equini Schneider E., La “tomba di Nerone” sulla via Cassia, Roma, 1984.

ERNOUT 1946

Ernout A., Philologica., in “Études et Commentaires”, I, 1946.

ESPOSITO – PALERMO 1995

Esposito A. - Palermo L., La mansio romana di Collesalvetti, in Atti del II Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, (Roma 1994), Bordighera, 1995, pp. 133-142.

EVRARD 1962

Evrard G., Une iscription inédite d’Aqua Viva et la carrière des Iunii Bassi, in “MEFRA”, LXXIV, 1962, 2, pp. 607-647.

FENTRESS – CLAY - HOBART - WEBB 1991

Fentress E. - Clay T. - Hobart M. - Webb M., Late roman and medieval Cosa I: the Arx and the structure near the Eastern Height, in “PBSR”, LIX, 1991, pp. 197-230.

FERRERO 1890

Ferrero E., Il Gran S. Bernardo. Relazione degli scavi al Plan de Jupiter, in “NSc”, 1890, pp. 273-274, 294-306.

FERRI 1926

Ferri S., Gioiosa Ionica (Marina), Teatro e rinvenimenti varii, in “NSc”, 1926, pp. 332-338, tav. IX.

FERRONE – PAGANO 1976

Ferrone C. - Pagano A., Sinuessa, ricerche storiche e topografiche, Napoli 1976.

FÉVRIER 1958

Février P.A., Ostie et Portus à la fin de l’antiquité, in “MEFRA”, LXX, 1958, pp. 295-530.

FICHES 1981

Fiches J.P., Recherches archéologiques dans le

Abbreviazioni Bibliografiche

204

quartier bas d’Ambrussum, Caveirac, 1981. FICHES 1989

Fiches J.P., L’Oppidum d’Ambrussum et son territoire, Paris, 1989.

FILIPPI 1991

Filippi F., Viabilità ed insediamenti nel Piemonte sud occidentale, in Viae Publicae Romae 1991, pp. 211-212.

FILIPPI 1997A

Filippi F., Alba. Indagini in centro storico. 1. Regione San Cassiano. Insediamento rurale di età romana imperiale, in “QuadArchPiem”, 14, pp. 243-244.

FILIPPI 1997B

Filippi F., Urbanistica ed architettura e La documentazione archeologica, in AA.VV., (Filippi F. ed), Alba Pompeia. Archeologia della città dalla fondazione alla tada antichità, “QuadArchPiem”, Monografie, 6, Alba, 1997, pp. 41-294.

FILTZINGER 1970

Filtzinger Ph., Römischer Weinkeller Oberriexingen, Stuttgart, 1970.

FIOCCHI NICOLAI 1986

Fiocchi Nicolai V., La basilica di S. Alessandro “Ad Baccanas” al XX miglio della via Cassia: un intervento Damasiano?, in Saecularia Damasiana, Città del Vaticano, 1986, pp. 305-322.

FIOCCHI NICOLAI 1988

Fiocchi Nicolai V., I cimiteri paleocristiani del Lazio, I, Etruria Meridionale, Città del Vaticano, 1988.

FIOCCHI NICOLAI 1988-1989

Fiocchi Nicolai V., Scoperta della basilica di S. Ilario ad bivium presso Valmontone, in “RendPontAcc”, LXI, 1988-1989, pp. 71-102.

FIOCCHI NICOLAI 1990

Fiocchi Nicolai V. et alii, Scavi nel cimitero e nella basilica di S. Ilario ad Bivium presso Valmontone, in Archeologia Laziale X, 2, “QuadAEI”, XIX, 1990, pp. 275-286.

FIOCCHI NICOLAI 1994

Fiocchi Nicolai V., Monumenti paleocristiani nel territorio di Forum Clodi, in Antichità nel Territorio di Bracciano 1994, pp. 243-274.

FLAMBARD - LUPPINO 1985

Flambard J.M. - Flambard A. M. - Luppino S., Malvito (Pauciuri, prov. Cosenza), in “MEFRA”, XCVII, 1985, pp. 558-562.

FLICHE – MARTIN 1936

Fliche A. – Martin V., Historie de l’Église, III, Paris, 1936

FOGLIATO 1960

Fogliato D., La “mansio” al ponte di Romagnano sul Sesia, in Atti e Memorie del III Congresso Piemontese di Antichità ed Arte, (Varallo sul Sesia), Torino, 1960, pp. 235-241.

FOGOLARI 1957

Fogolari G., Il Museo Nazionale Atestino in Este,

FONTEMAGGI – PIOLANTI 1995

Fontemaggi A. - Piolanti O., Il popolamento di Ariminum: testimonianze archeologiche, in Pro poplo Arimenese. Atti Convegno Internazionale (Rimini 1993), Faenza, 1995, pp. 532-561.

FORNARO 1973

Fornaro A., Il problema di Mesochorum, in “ArchStorPugl”, XXVI, 1973, pp-173-213.

FORNI 1974-75

Forni G., Due documenti del pontificato di Pio VII relativi alla via Flaminia, in “RendPontAccRomArch”, XLVII, 1974-75, pp. 55-67.

FORTE 1934

Forte G., Di Castiglione della Pescaia presidio aragonese dal 1447 al 1460, in “Maremma”, 1934.

FOSCHI 1960-63

Foschi U., Strade romane tra Ravenna, Rimini e Cesena attraverso il territorio cervese, in “Atti e Mem. Dep. St. Patr. Romagna”, n.s., XII-XIV, 1960-63, pp. 43-56.

FOTI 1978

Foti G., Attività della Soprintendenza Archeologica della Calabria, in “Klearchos”, XX, 1978, pp. 147-157.

FOTI 1987

Foti G., L’attività archeologica in Calabria, in Siris e l’influenza ionica in Occidente, Atti del XX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto 1980), Taranto, 1987, pp. 299-317.

FRACCARO 1957

Fraccaro P., Opuscula, III, Pavia, 1957. FRANCESCHINI 1986

Franceschini A., Giurisdizione episcopale e comunità altopolesane: Bergantino, Melara, Bariano, Trecenta (sec. X-XIV), Bologna, 1986.

FRANZONI 1973

Franzoni L., Miliario inedito dell’imperatore Gioviano (363-364) a Tregnago, in Il territorio veronese in età romana, Atti del Convegno (Verona 1971), Verona, 1973, pp. 471-493.

FRANZONI 1987

Franzoni L., Il territorio veronese, in AA.VV., (Cavalieri Manasse G. ed.), Il Veneto in età romana, II, Verona, 1987.

FREDERIKSEN – WARD PERKINS 1957

Frederiksen M.W. - Ward Perkins J.B., The Ancient Road Systems of the Central and Northern Ager Faliscus, in “PBSR”, 25, 1957, pp. 67-208.

FRÉZOULS 1989

Frézouls E., Déplacements à l'intérieur des provinces occidentales sous le Haut-Empire. Quelques exemples, in “Ktema”, XIV, 1989, pp. 123-138.

FRIEDLÄNDER 1922

Friedländer L., Darstellungen aus der Sittengeschichte

Abbreviazioni Bibliografiche

205

Roms, I, Leipzig, 1922. FROVA 1961

Frova A., L’arte di Roma e del mondo romano, Torino, 1961.

GAGGIOTTI 1975

Gaggiotti M., La fontana del Grifo a Saepinum, Documenti di antichità italiche e romane, 3, Chieti, 1975.

GAMURRINI 1889

Gamurrini G.F., Collesalvetti. avanzi di antiche costruzioni ed epigrafe cemeteriale cristiana scoperta in “Torretta vecchia”, in “NSc”, 1889, pp. 268-269.

GAMURRINI 1898A

Gamurrini G.F., Sinalunga. Ricognizione delle mansiones ad Novas, ad Statuas, ad Graecos, lungo la via Cassia, da Chiusi a Firenze, in “NSc”, 1898, pp. 271-276.

GAMURRINI 1898B

Gamurrini G.F., Sinalunga, in “NSc”, 1898, pp. 271-276.

GANDOLFI 1987-88

Gandolfi D., Relazione sulle campagne di scavo 1986-

87 nel complesso archeologico di San Bartolomeo al Mare, in “RivIngInt”, XLII-XLIII, 1987-88, pp. 122-129.

GANDOLFI 1991-92

Gandolfi D., Attività archeologica nell’area Lucus Bormani, in “RivIngInt”, XLVI-XLVII, 1-4, 1991-92, pp. 137-152.

GASPERINI 1976

Gasperini L., Scoperte archeologiche a Stigliano, Bracciano, 1976.

GASPERINI 1980

Gasperini L., Il milliario delle Macchie di S. Ginesio, in “Piceno”, IV, 1, 1980, pp. 41-52.

GATTI – REGGIANI 1993

Gatti S. - Reggiani A.M., Da Fiano Romano a S. Cesareo. Archeologia preventiva per un’opera pubblica, Roma, 1993.

GAZZETTI 1985

Gazzetti G., La valle di Baccano in età romana, in “Bollettino d’Arte”, LXX, ser. VI, 29, 1985, pp. 39-46.

GAZZETTI 1986

Gazzetti G., La "mansio" di Vacanas al XXI miglio della via Cassia, in Archeologia nella Tuscia, II, Roma, 1986, pp. 155-165.

GAZZETTI 1991

Gazzetti G., Il complesso termale della mansio di Ad Vacanas, in Les thermes romains, Actes de la table ronde organisée par l’Ècole Français de Rome, (Rome 1988), Roma, 1991, pp. 175-183.

GAZZETTI 1995

Gazzetti G., La mansio di Ad Vacanas al XXI miglio

GELSOMINO 1966

Gelsomino R., L‘Itinerario Burdigalense e la Puglia, in “Vetera Christianorum”, III, 1966, pp. 161-208.

GENTILI 1969

Gentili G.V., Scavi e scoperte nell’ultimo quinquennio nel Bolognese e nella Romagna, in “Atti e Mem. Dep. St. Patr. Romagna”, n.s., XX, 1969, pp. 1-19.

GEYER 1898

Geyer P., Itinera Hierosolymitana, saecula IIII-VIII, Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, XXXVIIII, Pragae-Vindobonae-Lipsiae, 1898.

GHIGLIAZZA 1950

Ghigliazza P., Nuovi rinvenimenti a Diano Marina, in “RivIngInt”, V, 1, 1950, pp. 23-24.

GHIROTTI – LUNI 1992

Ghirotti L. - Luni M., La via Flaminia nell’Ager Gallicus, Riccione, 1992.

GIANFROTTA 1979

Gianfrotta P.A., Materiali archeologici a Settecamini (Roma), in “Archeologia Classica”, XXXI, 1979, pp. 96-107.

GIANFROTTA 1972

Gianfrotta P.A., Castrum Novum, (Forma Italiae, Regio VII, 3), Roma, 1972.

GIANFROTTA 1990

Gianfrotta P.A., Navi, flotte, porti e il viaggio per mare, in Civiltà dei Romani 1990, pp. 215-228.

GIARDINO 1982

Giardino L., Metaponto tardo imperiale e Turiostu: proposta di identificazione in margine ad un miliarium di Giuliano l’Apostata, in “Studi di Antichità”, III, 1982, pp. 155-173.

GIARDINO 1983

Giardino L., La viabilità nel territorio di Grumentum in età repubblicana ed imperiale, in AA:VV., Studi in onore di Dinu Adamesteanu, Galatina, 1983, pp. 195-217.

GIARDINO 1985

Giardino L., Le valli dell’Agri e del Sinni in età romana (III a.C. - V d.C.), in Il Museo Nazionale della Siritide di Policoro. Archeologia della Basilicata meridionale (Bianco S. e Tagliente M. edd.), Bari, 1985, pp. 113- 118.

GIVIGLIANO 1994A

Givigliano G.P., Percorsi e strade, in AA. VV. (Settis S. ed.), Storia della Calabria Antica, II, Tarquinia, 1994, pp. 241-362.

GIVIGLIANO 1994B

Givigliano G.P., in “BTCGI”, XIII, 1994, s.v. Piano di Cammarata, pp. 524-525

GONELLA – RONCHETTA 1980

Gonella L. – Ronchetta Bussolati D., Pollentia Romana. Note sull’organizzazione urbanistica e

Abbreviazioni Bibliografiche

206

territoriale, in Studi di Archeologia dedicati a Pietro Barocelli, Torino, 1980, pp. 95-108.

GOODCHILD – WARD PERKINS 1949

Goodchild R.G. - Ward Perkins J.B., The Limes Tripolitanus in the light of recent discoveries, in “JRS”, XXXIX, 1949, pp. 81-95.

GORCE 1925

Gorce D., Les voyages, l'hospitalité et le port des lettres dans le monde chrétien des IV et V siècles, Thése, Faculté des lettres de l'Université de Poitiers, Weipion-sur-Meuse et Paris, 1925.

GORGE 1962

Gorge G., Vie de Sainte Melanie, Sources chrétiennes, 90, Paris, 1962.

GRASSO 1906-07

Grasso G., La descrizione bruzzio-calabrese nell’Anonimo Ravennate, in “Studi medievale”, II, 1906-1907, pp. 446-455.

GRECO 1981

Greco E., Magna Grecia, Roma-Bari, 1981. GRECO 1982

Greco E., La bassa valle del Laos, in AA.VV., Temesa ed il suo territorio, Taranto, 1982, pp. 57-62.

GRECO 1989

Greco E., Laos: topografia e storia, in AA.VV., Laos I. Scavi a Marcellina 1973-85, Napoli, 1989, pp. 54-55.

GRENIER 1931

Grenier A., Manuel d'archéologie gallo-romaine, I, Paris, 1931.

GROSS 1975

Gross W.H., Tabellarius, Der Kleine Pauly, V, 1975, coll. 475-476.

GUALANDI 1990

Gualandi M., Strade, viaggi, trasporti e servizi postali, in Civiltà dei Romani 1990, pp. 199-213.

GUALANDI GENITO 1983

Gualandi Genito M.C., Cultura materiale dell’Emilia Romagna: un’indagine interpretativa sulla presenza di fornaci ed officine ceramiche in età romana, in AA.VV., Studi sulla città antica - Emilia-Romagna, Roma, 1983, pp. 399-463.

GUALTIERI – SALVATORE – SMALL 1983

Gualtieri M. - Salvatore M. - Small A, Lo scavo di S. Giovanni di Ruoti ed il periodo tardo antico in Basilicata, Bari, 1983.

GUZZO 1975

Guzzo P., Due crogioli per oro da Scalea, in “MEFRA”, LXXXVII, 1975, pp. 69-79.

GUZZO 1976

Guzzo G.P., Epigrafi latine dalla provincia di Cosenza, in “Epigraphica”, XXVIII, 1976, pp. 129-143.

GUZZO 1979

Guzzo P.G., Tracce archeologiche dal IV al VII sec. d.C. nell’attuale provincia di Cosenza, in “MEFRM”, XCI, 1979, pp. 21-39.

GUZZO 1981

Guzzo P.G., Il territorio dei Bruttii, in Società romana e produzione schiavistica (Giardina A. - Schiavone A. edd.), I, Roma-Bari, 1981, pp. 115-135.

HANSON 1989

Hanson J.A., Apuleius Metamorphoses, Harvard University Press, 1989.

HARRIS 1971

Harris W.V., Rome in Etruria and Umbria, Oxford, 1971.

HARRIES – WOOD 1993

Harries J.- Wood I. edd., The Theodosian Code, London, 1993.

HEFELE – LECLERQ 1907

Hefele C.J. – Leclerq H., Histoire des Conciles, I, 2, Paris, 1907.

HELBIG 1963

Helbig W., Führer durch die öffentlichen Sammlungen classicher Altertümer in Rom, I, Tübingen, 1963.

HEMPHILL 1975

Hemphill P., The Cassia – Clodia Survey, in “PBSR”, XLIII, 1975, pp. 118-175.

HENZEN 1875

Henzen G., in “BullInst”, 1875, pp. 3-14. HERDONIA 1994

AA.VV. (Mertens J. ed.), Herdonia. Scoperta di una città, Bari, 1994.

HERZ 1976

Herz P., Neue Benefiziarier Altäre aus Mainz, in “ Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik”, XXII, 1976, pp. 191-199.

HERZIG 1970

Herzig H., Namen und Daten der via Aurelia, in “Epigraphica”, 32, 1970, pp. 50-65.

HEURGON 1952

Heurgon J., La date des goblets des Vicarello, in “Revue des études Anc.”, LIV, 1952, pp. 39-50.

HILTBRUNNER 1967

Hiltbrunner O., Xenodocheion, in PAULY-WISSOWA, coll. 1487-1503.

HINRICHS 1967

Hinrichs F.T., Der römischen Strassenbau zur Zeit der Gracchen, in “Historia”, XVI, Wiesbaden, 1967.

HODGES 1995

Hodges R., The Archaeology of the Vicarello Estate, Lake Bracciano, in “PBSR”, LXIII, 1995, pp. 245-249.

Abbreviazioni Bibliografiche

207

HOLMBERG 1933

Holmberg E.J., Zur Geschichte des Cursus Publicus, Diss. Uppsala, 1933.

HUDEMANN 1878

Hudemann E.E., Geschischte des römischen Postwesens während der Kaiserzeit, Berlin, 1878, trad.it. Storia del servizio postale romano durante l'epoca imperiale, Biblioteca di storia economica di V. Pareto, VI, Milano, 1929, p. 437 ss.

HÜLSEN 1894

Hülsen C., Anneiano, in PAULY-WISSOWA, I, 1894, col. 2257.

HÜLSEN 1899

Hülsen , Catabulum, in PAULY-WISSOWA, III, 2, 1899, coll. 1782-1783.

HUMBERT 1887

Humbert G., cursus publicus, in Daremberg-Saglio, I, 2, 1887, pp. 1645-1672.

HUNT 1982

Hunt E.D., Holy Land and Pilgrimage in the Later Roman Empire 312-460, Oxford, 1982.

HUNT 1984

Hunt E.D., Travel, tourism and piety in the Roman empire. A context for the beginnings of Christian pilgrimage, in “EchosCl”, III, 1984, pp. 391-417.

HUNT - EDGAR 1932-34

Hunt A. - Edgar C., Select Papyri, Oxford, 1932-1934.

I CAMPI FLEGREI 1990

AA.VV., I Campi Flegrei. Un itinerario archeologico, Venezia, 1990.

IVANOV 1973

Ivanov T., Neuentdeckte Inschriften über die Bautätigkeit Neros in Thrakien, in “Archaeologia Polona”, 14, 1973, pp. 209-213.

JAMES 1924

James M., The Apocryphal New Testament, Oxford, 1924.

JOHANNOWSKY 1952

Johannowski W., Contributi alla topografia della Campania Antica, in “Rendiconti della Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli”, XXVII, 1952, pp. 83-146.

JOHANNOWSKY 1975

Johannowsky W., Problemi archeologici campani. Ager Falernus, in “Rendiconti della Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli”, L, 1975, pp. 3-38.

JONES 1964

Jones A.H.M., The Later Roman Empire. 284-602, Oxford, 1964.

JORDAN 1871

Jordan H., Topographie der Stadt Rom im Altertum, II, Berlin, 1871.

JORDAN - HÜLSEN 1907

Jordan H. - Hülsen Ch., Topographie der Stadt Rom im Altertum, I, 3, Berlin, 1907.

JORQUERA NIETO 1991

Jorquera Nieto J.M., Un primer inventario de las villas romanas del Bruzio: producción de vino y aceite, in “Archivio Storico per la Calabria e la Lucania”, LVIII, 1991, pp. 5-58.

JURKIC GIRARDI 1978-79

Jurkic Girardi V., Promontore antica, in Atti Rovigno, IX, 1978-79, pp. 249-261.

KAHRSTEDT 1959

Kahrstedt U., Ager Publicus und Selbstverwaltung in Lukanien und Bruttium, in “Historia”, VIII, 1959, pp. 190-198.

KAHRSTEDT 1960

Kahrstedt U., Die Wirtschaftliche Lage Grossgriechenlands in der Kaiserzeit, in “Historia”, Einzelschriften, IV, Wiesbaden, 1960.

KALBY 1971

Kalby L.G., Contributi e note su nuove documentazioni paleocristiane nella Campania meridionale, in Atti II congresso Naz. di Arch. Crist., (Matera 1969), Roma, 1971, pp. 245-255.

KLEBERG 1957

Kleberg T., Hotels, restaurants et cabarets dans l'antiquité romaine, Bibliotheca Ekmaniana Universitatis regiae Upsaliensis, Uppsala, 1957.

KORNEMANN 1953

Kornemann E., Postwesen, in PAULY-WISSOWA, XXII, I, 1953, coll. 988-1014.

KÖTTING 1950

Kötting B., Peregrinatio Religiosa. Wallfahrthen in der Antike und das Pilgerwesen in der alten Kirche, Münster, 1950.

KRAUS - MÜLLER-WIENER 1967

Kraus Th. – Müller Wiener W., Mons Claudianus-Mons Porphyrites; Bericht über die zweite Forschungsreise 1964, “Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts Abteilungen Kairo”, 22, 1967, pp. 108-205.

KRAUS - RÖDER 1962

Kraus Th. – Röder J., Mons Claudianus. Bericht über eine erste Erkundungsfahrt in März 1961, “Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts Abteilungen Kairo”, 18, 1962, pp. 80-116.

KUBITSCHECK 1902

Kubitscheck W., Eine römische Strassenkarte, in “Jahreshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes in Wien”, V, 1902, p. 31 ss.

KUBITSCHECK 1916

Kubitscheck W., Itinerarien, in PAULY-WISSOWA, IX, 1916, coll. 2308-2366.

KUBITSCHECK 1930

Kubitscheck W., Mansio, in PAULY-WISSOWA, XIV, 1930, coll. 1231-1251, s.v..

Abbreviazioni Bibliografiche

208

KÜNZL 1992

Künzl E. – Künzl S., Aquae Apollinares / Vicarello (Italien), in Les eaux thermales et les cultes des eaux en Gaule et dans les provinces voisines, Actes du Colloque, (Aix-Les-Bains 1990), “Caesarodunum”, XXVI, Tours, 1992, pp. 273-288.

LAFON 1979

Lafon X., La voie littorale Sperlonga-Gaeta-Formia, in “MEFRA”, 91, 1, 1979, p. 399-429.

LAFORGIA 1981

Laforgia E., Edificio termale romano di Fuorigrotta, in “Monumenti Acc. Arch. Lett. E Belle Arti di Napoli”, IV, 1981.

LAFORGIA 1985

Laforgia E., I complessi termali, in AA.VV., Napoli Antica, Napoli, 1985, pp. 340-347.

LAGONA 1994

Lagona S., Nuove indagini nel territorio di Tortora (Cosenza), in “AITNA - Quaderni di Topografia Antica”, I, 1994, pp. 43-48.

LAMBOGLIA 1935

Lamboglia N., Alassio: scavo di un edificio suburbano di Albingaunum, in “Bollettino della regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria. Sezione Ingauna ed Intemelia”, II, 1935, pp. 348-359.

LAMBOGLIA 1937

Lamboglia N., La via Aemilia Scauri, in “Athenaeum”, XV, 1937, pp. 57-68.

LAMBOGLIA 1939

Lamboglia N., Liguria Romana, Istituto di Studi Romani, Alassio, 1939.

LAMBOGLIA 1940

Lamboglia N., Mentone Intemelia, in “Rivista di Studi Liguri”, VI, 1-4, 1940, pp. 9-25.

LAMBOGLIA 1942

Lamboglia N., Nuovi scavi a Taggia e Sanremo, in “Rivista di Studi Liguri”, VIII, 1942, pp. 25-40.

LAMBOGLIA 1948

Lamboglia N., Scoperte archeologiche a Diano, in “RivIngInt”, III, 3-4, 1948, p. 48.

LAMBOGLIA 1957

Lamboglia N., La scoperta dei primi avanzi del Lucus Bormani, in “RivIngInt”, XII, 1957, pp. 5-11.

LAMBOGLIA 1958

Lamboglia N., Restauri e saggi di scavo alla Madonna della Rovere, in “RivIngInt”, XIII, 3-4, 1958, pp. 124-134.

LAMBOGLIA 1959

Lamboglia N., L’esplorazione della zona del Lucus Bormani (Diano Marina), in “RivIngInt”, XIV, 1959, pp. 123-124.

LAMBOGLIA 1963A

Lamboglia N., La demanializzazione e lo scavo della villa romana in regione Foce a Sanremo, in “RivIngInt”, XVIII, 1963, pp. 99-102.

LAMBOGLIA 1963B

Lamboglia N., Nuovi scavi nell’area di Lucus Bormani, in “RivIngInt”, XVIII, 1963, pp. 106-107.

LAMBOGLIA 1966

Lamboglia N., Albenga romana e medievale, Bordighera, 1966.

LAMBOGLIA 1971

Lamboglia N., Nuove scoperte nell’area del Lucus Bormani (Diano Marina), in “RivIngInt”, XXVI, 1971, pp. 73-76.

LAMBOGLIA 1976A

Lamboglia N., Sanremo, in Archeologia in Liguria, I, Scavi e scoperte 1967-75, Genova, 1976, pp. 169-170.

LAMBOGLIA 1976B

Lamboglia N., Diano Marina, in Archeologia in Liguria. Scavi e scoperte 1967-75, I, Genova, 1976, pp. 167-168.

LANCIANI 1866

Lanciani R., in “BullArchCrist”, 1866, pp. 99-103. LANCIANI 1890

Lanciani R., L’Itinerario di Einsedeln e l’Ordine di Benedetto Canonico, in “Monumenti dei Lincei”, I, 1890, pp. 440-551.

LANDOLFI 1987

Landolfi M., Septempeda e l’agro settempedano: contributi alla ricostruzione della rete viaria antica, in Le strade nelle Marche 1987, pp. 403-416.

LA REGINA 1966

La Regina A., Le iscrizioni osche di Pietrabbondante e la questione di Bovianum Vetus, in “Rheinisches Museum für Philologie”, 109, 1966, pp. 260-286.

LA REGINA 1990

La Regina A., Il Molise, Roma, 1990. LA REGINA 1994

La Regina A. – Coarelli F., Abruzzo e Molise, Bari, 1994.

LA ROMANIZZAZIONE DELL’ETRURIA 1985

AA.VV., (Carandini A. ed.), La romanizzazione dell’Etruria. Il territorio di Vulci, (Cat. Mostra Orbetello 1985), Milano, 1985.

LA TORRE 1990A

La Torre G.F., Per lo studio della viabilità romana in Calabria: considerazioni sul tracciato della via cosiddetta Annia o Popilia dalla Conca di Castelluccio a Vibo, in “Klearchos”, XXXII, 1990, pp. 149-192.

LA TORRE 1990B

La Torre G.F., Kerilloi, Cerillae, Cerelis. Dati per la storia di un insediamento minore della Lucania tirrenica, in “QuadIstArchUnivMessina”, V, 1990, pp. 67- 89.

LA TORRE 1991

La Torre G.F., Tortora (CS). Loc. Palecastro. Blanda alla luce delle prime ricerche, in “BollArch.”, VIII, 1991, pp. 133-155.

Abbreviazioni Bibliografiche

209

LA TORRE 1999

La Torre G.F., Blanda. Lavinium. Cerillae. Clempetia. Temesa, (Forma Italiae, Lucania et Bruttium, 1), Firenze, 1999.

LATTANZI 1981

Lattanzi E., Attività della Soprintendenza Archeologica della Calabria nel 1980, in “Klearchos”, XXIII, 1981, pp. 133-150.

LATTANZI 1983A

Lattanzi E., L’attività archeologica in Calabria nel 1982, in Magna Grecia e Mondo Miceneo, Atti XXII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto 1982), Taranto, 1983, pp. 539-575.

LATTANZI 1983B

Lattanzi E., Attività della Soprintendenza Archeologica della Calabria nel 1983, in “Klearchos”, XXV, 1983, pp. 123-131.

LATTANZI 1987

Lattanzi E., Attività della Soprintendenza Archeologica della Calabria, in “Klearchos”, 1987, pp. 99-111.

LATTANZI 1988

Lattanzi E., L’attività archeologica in Calabria nel 1985, in Neapoli, Atti XXV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto 1985), Taranto, 1988, pp. 417-431.

LATTANZI 1996

Lattanzi E., Attività della Soprintendenza Archeologica della Calabria nel 1993, in Magna Grecia, Etruschi e Fenici, Atti XXXIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto 1993), Taranto, 1996, pp. 725-743.

LA VIA APPIA A TERRACINA 1988

Mari A.R., Malizia A.B., Longo P., Pasquali M.I., La via Appia a Terracina, Casamari, 1988.

LA VIA AURELIA 1968

AA.VV., (Castagnoli F. ed.), La via Aurelia da Roma a Forum Aurelii, in “QuadIstTopAnt”, IV, 1968.

LA VILLA ROMANA DEL NANIGLIO 1988

AA.VV., (De Franciscis A. ed.), La villa romana del Naniglio di Gioiosa Ionica. Relazione preliminare delle campagne di scavo 1981-86, Napoli, 1988.

LAVIOLA 1972

Laviola V., Amendolara romana, in “Magna Grecia”, 7, 5-6, 1972, pp. 6-8.

LAZZARO 1979

Lazzaro L., Contributo alla conoscenza della zona termale aponense romana: l’area vicina al Colle Montagnone, in “Archeologia Veneta”, II, 1979, pp. 121-138.

LECLERQ 1948

Leclerq H., Poste publique et privée, in CABROL -

LECLERQ 1907-53, XIV, 2, Paris, 1948, col. 1631 ss. LECLERQ 1925

Leclerq H., in CABROL - LECLERQ 1907-53, VI, Paris, 1925, coll. 2747-2770, sv. Hôpitaux, hospices,

hôtelleries. LE GALL 1953

Le Gall J., Le Tibre fleuve de Rome dans l’antiquité, Paris, 1953.

LE STRADE NELLE MARCHE 1987

AA.VV., Le strade delle Marche. Il problema nel tempo, Atti del Convegno (Fano, Fabriano, Pesaro, Ancona 1984), in “Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche”, 89-91, (1984-86), Ancona, 1987.

LEVI 1927

Levi D., Escursione archeologica nell’ Agro Cosano, in “StEtr”, I, 1927, pp. 477-485.

LEVI 1938

Levi D., Le grandi strade romane in Asia, in AA.VV., Le grandi strade del mondo romano, IX, Istituto di Studi Romani, Spoleto, 1938.

LEVI 1967

Levi A. e M., Itineraria Picta. Contributo allo studio della Tabula Peutingeriana, Roma, 1967.

LEVI 1978

Levi A. - Levi M., La Tabula Peutingeriana, Bologna, 1978.

LE ZONE ARCHEOLOGICHE DEL VENETO 1987

AA.VV., Le zone archeologiche del Veneto, Venezia, 1987.

LO CASCIO 1990

Lo Cascio E., L’organizzazione annonaria, in Civiltà dei Romani 1990, pp. 229-248.

LOPES PEGNA 1950-51

Lopes Pegna M., Itinera Etruriae, I, in “StEtr”, XXI, 1950-51, pp. 407-442.

LOPES PEGNA 1952

Lopes Pegna M., Castiglioncello, in “NSc”, 1952, p. 30.

LOPES PEGNA 1952-53

Lopes Pegna M., Itinera Etruriae, II, in “StEtr”, XXII, 1952-53, pp. 381-410.

LO SCHIAVO 1991

Lo Schiavo C., La statio Ad Pirum, in AA.VV., (Dall’Aglio P.L. - De Maria S. - Mariotti A. edd.), Archeologia delle valli marchigiane Misa, Nevole e Cesano, Perugia, 1991, pp. 24-27.

LUCIDI 1796

Lucidi E., Memorie storiche dell’antichissimo municipio ora terra dell’Ariccia, I, Roma, 1796.

LUGAND 1926

Lugand R., Note sur l’Itineraire Maritime da Rome a Arles, in “MEFRA”, XLIII, 1926, pp. 124-139.

LUGLI – FILIBECK 1935

Lugli G. - Filibeck G., Il porto di Roma imperiale e l’agro portuense, Roma, 1935.

LUGLI 1926

Lugli G., Ager Pomptinus, I, Anxur- Tarracina,

Abbreviazioni Bibliografiche

210

(Forma Italiae, Regio I), Roma 1926. LUGLI 1928

Lugli G., Ager Pomptinus, II, Circei, (Forma Italiae, Regio I), Roma, l928.

LUGLI 1929

Lugli G., Fregenae. Resti di edificio balneare nel campo delle Corse, in “NSc”, 1929, pp. 168-172.

LUGLI 1939

Lugli G., Saggi di esplorazione archeologica a mezzo della fotografia aerea, Roma, Istituto di studi Romani, 1939.

LUGLI 1947

Lugli G., Monumenti minori del Foro Romano, Roma, 1947.

LUGLI 1952

Lugli G., Osservazioni sulle stazioni della via Appia antica da Roma a Otranto, in “Festschrift für Rudolf Egger”, I, Klagenfurt, 1952, pp. 276-293.

LUGLI 1963

Lugli G., Il sistema stradale della Magna Grecia, in Vie di Magna Grecia, Atti II Conv. di Studi di Taranto (Taranto, 1962), Napoli, 1963, pp. 23-37.

LUNI 1987

Luni M., Nuovi documenti sulla Flaminia dall’Appennino alla costa adriatica, in Le strade nelle Marche 1987, pp. 139-180.

LUNI 1990

Luni M., Nuovi documenti sulla Flaminia dall’Appennino alla costa adriatica, Urbino, 1990.

LUNI 1995A

Luni M., La via Flaminia dagli Appennini ad Ariminum, in Dove si cambia cavallo 1995, pp. 36-105.

LUNI 1995B

Luni M., Topografia storica di Pisaurum e del territorio, in AA.VV., Pesaro nell’antichità. Storia e Monumenti, I, 2, Venezia, 1995, pp. 85-140.

LUTTAZZI 1996

Luttazzi A., L’identificazione di colle Maiorana con la Statio ad Bivium, in “Archeologia Uomo Territorio”, 15, 1996, pp. 91-111.

LUTTAZZI - PERIN 1998

Luttazzi A. - Perin A., Il complesso di Rossilli, in “Forma Urbis”, 11, 1998, pp. 26-31.

LUTTREL 1980

Lutrel A., Roman Anguillara, in Roman Villas in Italy, Recent excavations and research, London, 1980, pp. 45-51.

MACCABRUNI - BLAKE 1990

Maccabruni C. - Blake H., Laumellum, in Milano Capitale 1990, pp. 246-247.

MAIOLI 1995

Maioli M.G., La mansio di Cattolica, in Dove si cambia cavallo 1995, pp. 109-132.

MALIPIERO 1984

Malipiero M., Mansiones e Mutationes della Venetia Romana, in “Archeologia Veneta”, 7, 1984, pp. 261-283.

MALIZIA 1988

Malizia R., Il basamento struttivo e gli ambienti orientali delle “Terme Nettunie”, in AA.VV., La via Appia a Terracina, Casamari, 1988, pp. 111-141.

MANACORDA – VOLPE 1994

Manacorda D. - Volpe G., Brindisi, San Giorgio- Masseria Masina, in Notiziario delle Attività di Tutela, Soprintendenza Archeologica della Puglia, in “Taras”, XIV, 1, 1994, pp. 107-109.

MANCINI 1912

Mancini G., Via Prenestina, in “NSc”, 1912, pp. 265-269.

MANCINI 1922

Mancini G., Scoperta di un antico sepolcreto cristiano nel territorio veliterno, in “Nuovo Bull.Arch.Crist.”, 1922, pp. 132-138.

MANCINI 1924

Mancini G., Velletri. Scoperta di un antico sepolcreto cristiano nel territorio veliterno, in località Solluna, in “NSc”, 1924, pp. 341-353.

MANDRUZZATO 1993

Mandruzzato L., Fontane ed abbeveratoi lungo le vie della campagna romana, in “Bollettino dell’Unione Storia ed Arte”, XXXVI, 1993, pp. 31-36.

MANSUELLI 1948

Mansuelli G. A., Caesena, Forum Popili, Forum Livi, Italia Romana: Municipi e Colonie, Regio VIII, Aemilia, Roma, 1948.

MANSUELLI 1949

Mansuelli G.A., Edizione archeologica della Carta d’Italia 1:100.000, Foglio 101 (Rimini), Firenze, 1949.

MANSUELLI 1957

Mansuelli G. A., Gli itinerari, in Mansuelli G. A., Alfieri N., Castagnoli F., Geografia e Topografia Storica, Enciclopedia Classica, III, X, 4, Torino, 1957, p. 145 ss.

MANTOVANI 1892

Mantovani P., Il Museo Archeologico e Numismatico di Livorno, Livorno, 1892.

MARANGIO 1971-73

Marangio C., Rinvenimenti archeologici lungo alcune strade del Brindisino, in “AnnFacLettLecce”, 6, 1971-73, pp. 149-174.

MARANGIO 1975

Marangio C., La romanizzazione “dell’ager Brundisinus”, in “Ricerche e Studi”, VIII, 1975, pp. 105-133.

MARCHETTI 1922

Marchetti M., in Dizionario Epigrafico, III, 1922, pp. 1044-1060, sv. Hospitium.

Abbreviazioni Bibliografiche

211

MARCHETTI – DALL’AGLIO 1990

Marchetti G. - Dall’Aglio P.L., Geomorfologia e popolamento antico nel territorio piacentino, in Storia di Piacenza, I, Piacenza, 1990, pp. 543-685.

MARCHI 1852A

Marchi G., Le Acque Apollinari e la loro Stipe, in “Civiltà Cattolica”, 1852, p. 468 ss.

MARCHI 1852B

Marchi G., La stipe tributata alle divinità delle Acque Apollinari scoperta al cominciare del 1852, Roma, 1852.

MARCHIORI 1982

Marchiori A., Le terme romane di Monfalcone, localizzazione del centro termale, in “Aquileia Nostra”, LIII, 1982, coll. 101-128.

MARI 1983

Mari Z., Tibur, III, Firenze, 1983. MARI - MOSCETTI 1991-92

Mari Z. - Moscetti E., Rinvenimenti lungo la via 28 bis (Guidonia-Montecelio), in “BullCom”, XCIV, 1, 1991-92, pp. 100-115, n. 9.

MARIN 1973

Marin M.D., Il problema delle tre “Salapia”, in “ArchStorPugl”, 26, 1973, pp. 365-388.

MARIN 1986

Marin M.M., La viabilità antica tra Taranto e Brindisi: la via Appia antica, in “ArchStorPugl”, 39, 1986, pp. 27-68.

MARINANGELI 1957-60

Marinangeli G., Pitinum: mansio sulla Claudia Nova, in “BullDepAbrStorPatria”, XLVII-L, 1957-60, pp. 287-339.

MARINAZZO 1979

Marinazzo A., Scavo di una villa romana a Francavilla Fontana (Brindisi), in “Ricerche e Studi”, XII, 1979, pp. 131-139.

MARINI CALVANI 1990

Marini Calvani M., Archeologia, in Storia di Piacenza, II, 1990, pp. 765-906.

MARONI 1973

Maroni A., Prime comunità cristiane e strade romane nei territori di Arezzo-Siena-Chiusi, Siena, 1973.

MARTINORI 1930

Martinori E., Via Cassia e sue deviazioni, Roma, 1930.

MARUGGI 1991

Maruggi G.A., Oria, Madonna di Gallano, in Notiziario delle Attività di Tutela, Soprintendenza Archeologica della Puglia, in “Taras”, XI, 2, 1991, pp. 288-289.

MASSABÒ 1987A

Massabò B., Diano Castello, in Archeologia in Liguria, III.2, Scavi e scoperte 1982-86, Genova, 1987, pp. 473-476.

MASSABÒ 1987B

Massabò B., S. Bartolomeo al Mare, in Archeologia in Liguria, III.2, Scavi e scoperte 1982-86, Genova, 1987, pp. 471-472.

MASSERIA 1992

Masseria C., F. 114 Arezzo, in Atlante della Toscana 1992, pp. 225-269.

MAYER 1938

Mayer M.C., La fontanina di S. Lorenzo in Pusteria, in “Archivio per l’Alto Adige”, XXXIII, 1938, pp. 591-595.

MAZZARINO 1983

Mazzarino S., Il pensiero storico classico, 3, Roma-Bari, 1983.

MAZZEI 1988

Mazzei M., Manfredonia, S. Maria di Siponto, in Notiziario delle Attività di Tutela, Soprintendenza Archeologica della Puglia, in “Taras”, VIII, 1-2, 1988, pp. 158-160.

MEIGGS 1973

Meiggs R., Roman Ostia2, Oxford, 1973. MELIS – QUILICI GIGLI 1983

Melis F. - Quilici Gigli S., Votivi e luoghi di culto nella campagna di Velletri, in “Archeologia Classica”, XXXV, 1983, pp. 1-44.

MELIS – SERRA 1968

Melis F. - Serra F., La via Aurelia da Civitavecchia al Marta, in La via Aurelia 1968, pp. 89-105.

MENGARELLI 1899

Mengarelli R., Bracciano - Resti di edificio termale, scoperti in località detta i Quarticcioli, in “NSc”, 1899, pp. 428-429.

MENGARELLI 1941

Mengarelli R., Pagi e necropoli etrusche nella zona litoranea tirrena tra i fiumi Mignone ed Arrone, in “NSc”, 1941, pp. 344-369.

MENICHETTI 1992

Menichetti M., F. 121 Montepulciano e Foglio 127 Piombino, in Atlante della Toscana 1992, pp. 315-384; pp. 417-445.

MENOTTI 1988

Menotti E.M., Cittaducale: scavi nel complesso monumentale noto come terme di Cotilia, in Archeologia Laziale, IX, “QuadAEI”, XVI, 1988, pp. 350-354.

MERCANDO 1971

Mercando L., Villa Potenza (Macerata). Rinvenimenti in proprietà A.G.I.P., in “NSc”, 1971, pp. 402-423.

MERCANDO - BRECCIAROLI TABORELLI - PACI 1981

Mercando L. - Brecciaroli Taborelli L. - Paci G., Forme di insediamento nel territorio marchigiano in età romana: ricerca preliminare, in AA.VV., (Giardina A. - Schiavone A. edd.), Società romana e produzione schiavistica, I, L’Italia: insediamenti e forme economiche; Bari, 1981, pp. 311-347.

Abbreviazioni Bibliografiche

212

MERTENS 1971

Mertens J, Ordona III, Brussel, 1971. MESSINEO 1987

Messineo G. La via Tiburtina a Settecamini, in Archeologia Laziale, VIII “QuadAEI”, XIV, , 1987, pp. 135-138.

MESSINEO 1991

Messineo G., La via Flamia. Da porta del Popolo a Malborghetto, Roma, 1991.

MESSINEO – CARBONARA 1993

Messineo G. – Carbonara A., Via Flaminia, Roma 1993.

MESSINEO ET ALII 1983

Messineo G. et alii, Contributi alla rete viaria antica nel settore Nord del suburbio di Roma, in Archeologia Laziale, V, QuadAEI”, VII, 1983, p. 136 ss.

MESSINEO – STAFFA 1981

Messineo G. - Staffa A.R., Via Tiburtina. Nuovi elementi topografici. Il tratto tra il fosso di Pratolungo e Settecamini, in Archeologia Laziale, IV, “QuadAEI”, V, 1981, pp. 159-161.

MEZZOLANI 1992

Mezzolani A., Appunti sulle mansiones in base ai dati archeologici, in Tecnica Stradale Romana, “Atlante tematico di Topografia Antica”, I, Roma, 1992, pp. 105-113.

MILANI 1977

Milani C., Itinerarium Antonini Placentini. Un viaggio in Terra Santa del 560-570 d.C., Vita e Pensiero, VII, Milano, 1977.

MILANO CAPITALE 1990

AA.VV., Milano capitale dell’impero romano, 284-402 d.C., Catalogo mostra (Milano 1990), Milano, 1990.

MILLER 1916

Miller K., Itineraria Romana, Stuttgart, 1916. MIRABELLA ROBERTI 1952A

Mirabella Roberti M., Monfalcone, in “Fasti Archaeologici”, VII, 1952, p. 289, n. 3731.

MIRABELLA ROBERTI 1952B

Mirabella Roberti M., Notiziario archeologico, in “Atti e Memorie Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, LIV, 1952, pp. 206-207.

MIRABELLA ROBERTI 1971

Mirabella Roberti M., I cimeli archeologici, in Museo teatrale alla Scala, Milano, 1971.

MIRABELLA ROBERTI 1990

Mirabella Roberti M., Via Gemina, in “Antichità Altoadriatiche”, XXXVI, 1990, pp. 61-77.

MIRABELLA ROBERTI 1992

Mirabella Roberti M., Le terme romane di Monfalcone, in “Caesarodunum”, XXVI, 1992, pp. 311-315.

MIRDITA 1980

Mirdita Z., Novitates epigraphicae e Dardania

collectae, (Croato con riass. in tedesco), Arheološki Vestnik, 31, 1980, pp. 186-198.

MITCHELL 1976

Mitchell S., Requisition transport in the roman empire: a new inscription from Pisidia, in “JRS”, LXVI, 1976, pp. 106-131.

MITCHELL 1978

Mitchell S., A Latin Inscription from Galatia, in “Anatolian Studies”, XXVIII, 1978, pp. 93-96.

MOLLI BOFFA 1980

Molli Boffa C., Rinvenimenti archeologici a Caraglio (CN), in Studi di Archeologia dedicati a P. Barocelli, Torino, 1980.

MOLLO MEZZENA 1982

Mollo Mezzena R., Augusta Praetoria. Aggiornamento sulle conoscenze della città e del suo territorio, in Atti del Congresso sul Bimillenario della città di Aosta (Aosta 1975), Bordighera 1982, pp. 205-315.

MOLLO MEZZENA 1992A

Mollo Mezzena R., Augusta Praetoria tardoantica. Viabilità e territorio, in Felix Temporis Reparatio - Milano Capitale dell’impero, Atti del Convegno Archeologico Internazionale, (Sena Chiesa G. - Arslan E.A. edd.), (Milano 1990), Milano, 1992, pp. 273-320.

MOLLO MEZZENA 1992B

Mollo Mezzena R., La strada romana in Valle d’Aosta: procedimenti tecnici e costruttivi, in Tecnica Stradale Romana, “Atlante tematico di Topografia Antica”, I, Roma, 1992, pp. 57-72.

MOLLO MEZZENA 1995

Mollo Mezzena R., Le mansiones romane in Valle d’Aosta, in Dove si cambia cavallo 1995, pp. 173-185.

MOMMSEN 1852

Mommsen T., Sui governatori della Numidia e sui sexfascales e quinquefascales, in “BullInstArch”, 1852, pp. 165-176.

MONTECCHINI 1879

Montecchini P., La strada Flaminia detta del Furlo e i luoghi da essa attraversati nel tratto da Ponte Voragine alla città di Fano, Pesaro, 1879 (ristampa a cura di M. Luni, Pesaro, 1993).

MOREL 1984

Morel J.P., Gli scavi del santuario di Vastogirardi, in Sannio. Pentri e Frentani tra VI e I sec. a.C., Atti del Convegno (Campobasso, 1980), Matrice, 1984, pp. 35-41.

MORRA 1997

Morra C., Il popolamento del territorio: la carta archeologica, in AA.VV., (Filippi F. ed.), Alba Pompeia. Archeologia della città dalla fondazione alla tada antichità, “QuadArchPiem”, Monografie, 6, Alba, 1997, pp. 30-40.

MOSCA 1992

Mosca A., Via Quinctia. La strada romana fra Fiesole e Pisa, I. Da Firenze ad Empoli, in “JAT”, II, 1992,

Abbreviazioni Bibliografiche

213

pp. 49-64. MOSCA 1995

Mosca A., I ponti romani della VII Regio (Etruria), in “JAT”, V, 1995, pp. 31-86.

MOSCATELLI 1984

Moscatelli U., Studi di viabilità antica. Ricerche preliminari sulle valli del Potenza, Chienti e Fiastra, Raccolta di studi sui Beni Culturali ed Ambientali delle Marche, X, Pollenza, 1984.

MOUTERDE 1952

Mouterde P., Une dédicace d’Apamée de Syrie à l’approche de Caracalla et l’Itinerarium Antonini, in “Comptes Rendus des Séances de l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres”, Paris, 1952, pp. 355-363.

MOUTSOPOULOS 1979

Moutsopoulos N.K., “De via militari Romanorum”. Mutatio, mansio e castra nella parte tracese della via Egnatia, in Studi Castellani in onore di Pietro Gazzola, Roma, 1979, pp. 193-222.

MUCCI 1975

Mucci A., Ad Sponsas al XXV miglio della via Appia antica, in “Bollettino dell’Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale”, VIII, 1, 1975, pp. 41-54.

MURO TENENTE 1995

AA.VV., Muro Tenente. L’archeologia di una città messapica, Amsterdam, 1995.

NARDINI 1918

Nardini O., Velletri, in “NSc”, 1918, pp. 138-141. NARDINI 1922

Nardini O., Iscrizioni rinvenute in contrada Solluna,“NSc”, 1922, pp. 250-251.

NARDINI 1939

Nardini O., Velletri. Scoperte varie di antichità nel territorio, in “NSc”, 1939, pp. 88- 98.

NATALUCCI 1991

Natalucci N., Egeria. Il pellegrinaggio in Terra Santa, Firenze, 1991.

NAUDET 1858

Naudet M., De l'administration des postes chez les Romains, Institut de France, Acad. des Inscript. et Belles Lettres, Mémoires, XXIII, 1858, II, pp. 166-240.

NEEDHAM 1965

Needhamm J., Science and Civilization in China, IV, 2, Cambridge, 1965.

NEEDHAM 1971

Needhamm J., Science and Civilization in China, IV, 3, Cambridge, 1971.

NIBBY 1848-49

Nibby A., Analisi storico-topografico-antiquaria della Carta dei dintorni di Roma, II, Roma, 1848-1949.

NICOSIA 1968

Nicosia F., Schedario topografico dell’archeologia dell’agro fiorentino, in “StEtr”, XXXV, pp. 280 ss.

NIERI CALAMARI 1932

Nieri Calamari N., Edizione archeologica della Carta d’Italia 1: 100.0000, Foglio 100 (Forlì), Firenze, 1932.

NISSEN 1902

Nissen H., Italische Landeskunde, II, 1, Berlin, 1902. NIXON – RODGERS 1994

Nixon C.E.V. – Rodgers B.S., In Praise of Later Roman Emperors. The XII Panegyrici Latini, Berkeley-Los Angeles-Oxford, 1994.

OLIVIERI 1972

Olivieri L., Le pievi medievali dell’alta Val Bormida, in “RivIngIntem”, XXVII, 1-4, 1972, pp. 17-34.

OLIVIERI 1976

Olivieri L., Piana Crixia, in Archeologia in Liguria, I, Scavi e scoperte 1967-1975, Genova, 1976, pp. 131-132.

OLIVIERI 1976-78

Olivieri L., Primi scavi nella mansio romana di Crixia (Piana, Savona), in “RivIngIntem”, XXXI-XXXIII, 1-4, 1976-1978, pp. 198-202.

ORSATTI 1982

Orsatti B., Tentativo di ricostruzione del tracciato della Claudia Nova, in “Boll. DeputAbruzzese di StPatria”, LXXII, l982, pp. 321-344.

ORSI 1921

Orsi P., Tortóra, Avanzi dell’antica Blanda, in “NSc”, 1921, pp. 467-468.

ORTALLI 1982

Ortalli J., La stele sarsinate dei muliones, in “Epigraphica”, XLIV, 1982, pp. 201-207.

ORTALLI 1992A

Ortalli J., Caesena - Sassina – Balneum: vie e infrastrutture viarie antiche nella valle del Savio, in La viabilità tra Bologna e Firenze nel tempo - Problemi generali e nuove acquisizioni, Atti del Convegno (Bologna 1989), Bologna, 1992, pp. 197-210.

ORTALLI 1992B

Ortalli J., Acque e culti salutari dell’Appennino romagnolo. Il complesso termale di Bagno di Romagna, in Les eaux thermales et les cultes des eaux en Gaule et dans les provinces voisines, Actes du Colloque, (Aix-Les-Bains 1990), “Caesarodunum”, XXVI, Tours, 1992, pp. 317-347.

ORTALLI 1995

Ortalli J., Nuove fonti archeologiche per Ariminum: monumenti, opere pubbliche ed assetto urbanistico tra la fondazione coloniale ed il principato di Augusto, in Pro poplo Arimenese. Atti Convegno Internazionale (Rimini 1993), Faenza, 1995, pp. 469-529.

ORTALLI 1996

Ortalli J., Assetto e destinazione funzionale del complesso: una “mansio” sulla via Emilia, in AA.VV., Castel S. Pietro e il territorio claternate. Archeologia e documenti, (Ortalli J. ed), I, Castel S.

Abbreviazioni Bibliografiche

214

Pietro Terme, 1996, pp. 173-179. PACE 1935

Pace B., Arte e civiltà della Sicilia antica, I, Città di Castello, 1935 (I2, 1958).

PACI 1977

Paci G., Senatori e cavalieri romani nelle iscrizioni di Forum Clodi, “Quaderni della Forumclodi”, 4, 1977.

PAGANO – ROUGETET 1984

Pagano M. - Rougetet J., Il battistero della basilica costantiniana di Capua (cosiddetto Catabulum), in “MEFRA”, XCVI, 1984, pp. 987-1016.

PAGANO 1979

Pagano A., Note su una località della Via Appia tra Sinuessa e Capua: il pons Campanus, in “Rendiconti della Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli” LIII, 1979, pp. 227-234.

PAGANO 1980-81

Pagano M., Sulla carta archeologica del comune di Quarto Flegreo, in “Puteoli”, 4-5, 1980-81, pp. 257-264.

PAGANO 1990

Pagano M., Sinuessa. Storia e archeologia di una colonia romana, Sessa Aurunca, 1990.

PALOMBI 1993

Palombi D., Castra Tabellariorum, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, (Steinby E.M. ed.), I, Roma, 1993, p. 255.

PANI ERMINI 1994

Pani Ermini L., La storia dell’Alto medioevo in Sardegna alla luce dell’archeologia, in Storia dell’Alto Medioevo italiano alla luce dell’archeologia (Francovich R, - Noyé Gh. edd.), Firenze, 1994, pp. 387-401.

PAOLETTI 1994A

Paoletti M., Occupazione romana e storia della città, in AA.VV. (a cura di S. Settis), Storia della Calabria Antica, II, Tarquinia, 1994, pp. 465-556.

PAOLETTI 1994B

Paoletti M., Copia ed il suo territorio in età romana: problemi di storia urbana, in Sibari e la Sibaritide, Atti del Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto – Sibari 1992), Taranto, 1994, pp. 379-430.

PAPI 1995

Papi E., Bollo su lamina di piombo dalla Mansio Manliana (Torrita di Siena), in “Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik”, 106, 1995, pp. 255-258.

PAPYRI IN RYLANDS LIBRARY

Hunt A. et Alii, Catalogue of the Greek Papyri in the John Rylands Library at Manchester, Manchester, 1891-

PARIBENI 1932

Paribeni R., Le Terme di Diocleziano ed il Museo Nazionale Romano, Roma, 1932.

PARKER 1978

Parker J., Inns at Pompei. A Short Survey, in

PARKER ET ALII 1900

Parker et Alii edd., A Select Library of Nicene and Post-Nicene Fatlees of Christian Councils of the Undivided Church, Oxford-New York, 1900.

PAROLI 1996

Paroli L., Scavi recenti a Porto, in “RAC”, 72, 1996, pp. 410-414.

PASCHETTO 1912

Paschetto L., Ostia colonia romana. Storia e monumenti, Roma, 1912.

PASQUI 1885

Pasqui A., Sopra l’ubicazione dell’antica Tarquinia, in “NSc”, 1885, pp. 513-524.

PASQUI 1889

Pasqui A., Forum Clodii, in “NSc”, 1889, pp. 5-9. PASQUI 1908

Pasqui A., Talamone. Scoperte sul colle di Bengodi, in “NSc”, 1908, pp. 100-104.

PASQUI 1912

Pasqui A., Via Prenestina, in “NSc”, 1912, pp. 197-199.

PASSERINI 1953

Passerini A., Il territorio insubre in età romana, in Storia di Milano, I, Milano, 1953, pp. 111-214.

PATITUCCI UGGERI 1974

Patitucci Uggeri S., Scavi nella Ferrara medievale. Il castrum e la seconda cerchia, in “Archeologia Medievale”, I, 1974, pp. 111-147.

PEKÁRI 1968

Pekári T., Untersuchungen zu den Römischen Reichstrassen, Bonn, 1968.

PELLEGRINI 1917

Pellegrini G., Resiutta. Tombe e ruderi di edifici dell’età romana, in “NSc”, 1917, p. 232.

PELLEGRINI 1995

Pellegrini S., La via Aemilia da Bononia a Placentia. Ricostruzione del tracciato in età romana, in Agricoltura e commerci nell’Italia antica, “Atlante Tematico di Topografia Antica”, Suppl. I, Roma, 1995, pp. 141-167.

PELLEGRINO 1980

Pellegrino A., Monte Pallano. Note sul centro in età preromana e romana, in Settima Misc. greca e Romana, Roma 1980, p. 349-364.

PELLEGRINO 1989

Pellegrino F., L’impianto termale di Germa(---). Contributo allo studio della romanizzazione del Piemonte sud occidentale, in AA.VV., Caraglio e l’arco Alpino occidentale tra antichità e medioevo, Cuneo, 1989, pp. 35-55.

PELLEGRINO 1990

Pellegrino F., Saggi di scavo a Caraglio, in “QuadArchVen”, IX; 1990, pp. 37-63.

Abbreviazioni Bibliografiche

215

PELZER WAGENER 1913

Pelzer Wagener A., Roman remains in the Town and Territory of Velletri, in “AmJourArch”, XVII, 1913, pp. 399-428.

PESIRI 1978

Pesiri G., Iscrizioni di Fondi e del circondario, in “Epigraphica”, XL, 1978, pp. 162-184.

PETROCCIA 1962

Petroccia D., Origini e rovine di Equum Tuticum, in “Samnium”, XXXV, 1962, pp. 141-159.

PETTI 1991

Petti G., Cisterna (Latina). Località Le Castella. Un sito archeologico distrutto, in “Bollettino d’Archeologia”, 8, 1991, pp. 92-98.

PFLAUM 1940

Pflaum H.G., Essai sur le cursus publicus sous le Haut Empire romain, (Institut de France, Acad. des Inscript. et Belles Lettres, Mémoires, XIV), Paris, 1940.

PFLAUM 1960

Pflaum H. G., Les carrières procuratoriennes équestres sous le Haut-Empire Romain, I, Paris, 1960.

PICCARRETA 1977

Piccarreta F., Astura, (Forma Italiae, Regio I, 13), Firenze, 1977.

PIERI 1919

Pieri S., Toponomastica della valle dell’Arno, Roma, 1919.

PIERI 1969

Pieri S., Toponomastica della Toscana meridionale, Siena, 1969.

PIRANI 1983

Pirani V., Ritrovamenti archeologici nella zona della pieve di S. Cristoforo, in AA.VV., La pieve di S. Cristoforo Ad Aquilam, (Gradara 1980), Pesaro, 1983, pp. 47-59.

PLESNICAR-GEC 1992

Plesnicar-Gec L., Emona nel IV secolo: problemi di collegamento con Milano e l’area padana, in Felix Temporis Reparatio - Milano Capitale dell’impero, (Sena Chiesa G. – Arslan E.A. edd.), Atti del Convegno Archeologico Internazionale, (Milano 1990), Milano, 1992, pp. 219-226.

POCCETTI 1993

Poccetti P., Su alcuni riflessi toponomastici del culto di Ercole in area sabellica e le vie della transumanza, in Per la conoscenza dell’antico Sannio, Giornata di Studi (Isernia 1992), Roma 1993, pp. 47-63.

POIDEBARD 1934

Poidebard A., La trace de Rome dans la Désert de Syrie, Paris, 1934.

PONZI BONOMI 1985

Ponzi Bonomi L., Nocera Umbra in età romana, in Il territorio nocerino tra preistoria ed altomedioevo, (Cat. mostra), Firenze, 1985, pp. 62-69.

POTTER 1979

Potter T.W., The Changing Landscape of South Etruria, London, 1979.

POTTER 1989

Potter T. W., Una stipe votiva da Ponte di Nona (ad Nonum), Roma, 1989.

PRACCHIA – PETRASSI - CIFARELLI 1998

Pracchia S. - Petrassi R. - Cifarelli M., Elementi minori di un paesaggio archeologico. Una lettura dell’Alta Valle Latina, Roma, 1998.

PRATILLI 1745

Pratilli F.M., Della Via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi, Napoli, 1745.

PUCCI 1984

Pucci G., Empoli in età romana, in Città di Empoli, Empoli, 1984, pp.15-22.

PUCCI 1992

AA.VV., (Pucci G. ed.), La fornace di Umbricio Cordo. L’officina di un ceramista romano e il territorio di Torrita di Siena nell’antichità, Firenze, 1992.

PUGLISI 1987

Puglisi G., Stationes agrariae. Aspetti dell’organizzazione annonaria nell’impero tardoantico, in “Studi Tardoantichi”, IV, 1987, pp. 243-278.

PUSCHI 1905

Puschi A., La strada romana da Aquileia ad Emona ed una recente pubblicazione che la riguarda, in “Archeografo triestino”, s. III, I, 1905, pp. 109-125.

PUTORTÌ 1935-36

Putortì N., La villa di Publio Valerio a Leucopetra, in “Italia Antichissima”, fasc. IX-X, 1935-36, pp. 75-85.

QUARTO FLEGREO 1980

AA.VV., Materiali per lo studio storico archeologico del territorio flegreo. Quarto Flegreo, Napoli, 1980.

QUILICI 1967

Quilici L., Siris - Heraclea, (Forma Italiae, Regio III, 1), Roma, 1967.

QUILICI 1969A

Quilici L., Il problema culturale archeologico dei Campi Flegrei, in “ParPass”, XXIV, 1969, pp. 224-240.

QUILICI 1969B

Quilici L., La Via Campana antica e la nuova tangenziale est-ovest della città di Napoli, in “Italia Nostra”, 62, 1969, pp. 32-48.

QUILICI 1970

Quilici L., Cuma: due monumenti sulla via per Capua, in “Archeologia Classica”, 22, 1970, pp. 184-190.

QUILICI 1974

Quilici L., Collatia, (Forma Italiae, Regio I, 10), Roma, 1974.

QUILICI 1982

Quilici L., La Civita di Artena, Latium Vetus, IV, Roma, 1982.

Abbreviazioni Bibliografiche

216

QUILICI 1984

Quilici L., Le due case sulla via Flaminia, in “Boll. Unione Storia e Arte” 1984, pp. 43-49.

QUILICI 1985

Quilici L., Segnalazioni in margine alla costruenda autostrada Fiano-S. Cesareo, in Archeologia Laziale VII, “QuadAEI”, XI, 1985, pp. 156-161.

QUILICI 1989A

Quilici L., Via Appia dalla pianura Pontina a Brindisi, Roma, 1989.

QUILICI 1989B

Quilici L., Via Appia da porta Capena ai Colli Albani, Roma, 1989.

QUILICI 1990

Quilici L., Il rettifilo della via Appia tra Roma e Terracina. La tecnica costruttiva, in La Via Appia, Archeologia Laziale X, “Quad AEI”, 18, 1990, pp. 41-60.

QUILICI 1991

Quilici L., Le strade, viabilità tra Roma e Lazio, Roma, 1991.

QUILICI 1993

Quilici L., La via Salaria da Roma all’alto Velino. La tecnica costruttiva dei manufatti stradali, in Strade romane. Percorsi ed infrastrutture, “Atlante Tematico di Topografia Antica”, III, 1993, pp. 85-154.

QUILICI – QUILICI GIGLI 1975A

Quilici L. - Quilici Gigli S., Repertorio dei beni culturali archeologici della provincia di Brindisi, (Quaderni Ammin. Prov. di Brindisi, 11), 1975.

QUILICI – QUILICI GIGLI 1975B

Quilici L. – Quilici Gigli S., Cenni sui valori archeologici del comprensorio del Lago di Bracciano, in “Bollettino Unione Storia ed Arte”, XVIII, 1975, pp. 14-22.

QUILICI GIGLI 1970

Quilici Gigli S., Pozzuoli: un colombario sulla via Campana, in “Archeologia Classica”, XXII, 1970, pp. 190-196.

QUILICI GIGLI 1981

Quilici Gigli S., Roma. Via della Bufalotta. Un deposito votivo nella tenuta della Bufalotta, in “NSc”, 1981, pp. 77-97.

QUIRI 1987

Quiri P., Recenti interventi di scavo e restauro su manufatti romani della via Flaminia, in Le strade nelle Marche 1987, pp. 82-138.

RADKE 1967

Radke G., Namen und Daten Beobachtungen zur Geschichte des römischen Strassenbau, in “Museum Helveticum”, XXIV, 1967, pp. 221-235.

RADKE 1973

Radke G., Viae Publicae Romanae, in PAULY-WISSOWA, suppl. XIII, München, 1973, coll. 1417-1686; ediz. italiana: Radke G., Viae Publicae

Romanae, Bologna, 1981. RAMIERI 1996

Ramieri A.M., I servizi pubblici, Roma, 1996. RAMPOLLA 1905

Rampolla M., Santa Melania Giuniore, senatrice romana, Roma, 1905.

RAMSAY 1920

Ramsay A.M., A Roman postal service under the Republic, in “JRS”, X, 1920, p.79 ss.

RAVEGGI 1939

Raveggi P., Recenti ritrovamenti nell’agro Cosano e Talamonese, in “StEtr”, XIII, 1939, pp. 403 e ss.

REDDÉ – GOLVIN 1987

Reddé M. - Golvin J.Cl., Du Nil à la mer Rouge: documents anciens et noveaux sur les routes du désert oriental d’Égypte, in “Karthago”, XXI, 1987, pp. 5-64.

REED 1978

Reed N., Pattern and Purpose in the Antonine Itinerary, in “American Journal of Philology”, 99, 1978, pp. 228-254.

REGGIANI 1944

Reggiani P., Contributo allo studio di Forlì romana, in Emilia Romagna, II, Firenze, 1944, pp. 217-262.

REGGIANI 1979

Reggiani A.M., Le terme di Cotilia, in Archeologia Laziale, II, “QuadAEI”, III, 1979, pp. 91-98.

REGGIANI 1981

Reggiani A.M., I Flavi e l’attività edilizia romana in Sabina, in Atti Congresso Internazionale di Studi Vespasianei, I, (Rieti 1976), Rieti, 1981, pp. 277-294.

REISCH 1913

Reisch E., Die Grabungen des Österreichischen archäologischen Institutes während der Jahre 1912 und 1913, in “Jahreshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes in Wien”, XVI, 1913, Beiblatt, col. 107.

REPETTI 1834-46

Repetti E., Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Firenze, 1834-1846.

RESTAGNO 1953

Restagno D., Le rovine di Alba Docilia e la chiesa di S. Pietro in Albissola, in “RivIngInt”, VIII, 1953, pp. 52-58.

RESTAGNO 1958

Restagno D., Inizio dell'esplorazione di Alba Docilia a S. Pietro di Albissola, in “RivIngInt”, XIII, 1958, pp. 67-70.

RICKMAN 1971

Rickman G.E., Roman Granaries and Store Buildings, Cambridge, 1971.

RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA NELL’AGER COSANUS

1982

AA.VV., Ricognizione archeologica nell’Ager Cosanus e nella valle dell’Albegna. Rapporto

Abbreviazioni Bibliografiche

217

preliminare 1981, in “Archeologia Medievale”, IX, 1982, pp. 365-386.

RIESCH 1936

Riesch H., Rassegna degli scavi e delle scoperte, Prov. di Livorno, Collesalvetti, in “StEtr”, 1936, pp. 375-376.

RIGHINI 1980

Righini V., Un museo archeologico per Faenza. Repertorio e progetti, Bologna, 1980.

RIGONI 1972

Rigoni M., Camporosso in Val Canale: probabile identificazione dell’antica stazione romana sul tracciato Aquileia - Virunum, in “Aquileia Nostra”, XLIII, 1972, coll.21-40.

RIGONI 1977

Rigoni M., Camporosso: una stazione romana tra la Venetia e il Noricum, in “Aquileia Nostra”, XLVIII, 1977, coll. 193-208.

RITTATORE 1938

Rittatore F., Resti etrusco-romani nell’Aretino, in “StEtr”, XII, 1938, pp. 257-261.

RITTATORE – CARPANELLI 1951

Rittatore F. – Carpanelli F., Edizione Archeologica della Carta d’Italia 1: 100.000, F. 114 (Arezzo), Firenze, 1951.

RIVET 1970

Rivet A.L.F., The British Section of the Antonine Itinerary, in “Britannia”, I, 1970, pp. 34-82.

RIZZI 1985

Rizzi G., Recenti scavi a Sebastum in Pusteria (BZ), in “Archeologia, Uomo, Territorio”, IV, 1985, pp. 215-223.

RIZZI ZANNONI 1806

Rizzi Zannoni G.A., Atlante oroidrografico del Regno di Napoli, Napoli, 1806.

ROFFIA 1994

Roffia E., Sirmione in età romana, in AA.VV., (Criniti N. ed.), Catullo e Sirmione. Società e cultura della Cisalpina alle soglie dell’impero, Brescia, 1994, pp. 111-131.

ROFFIA 1998

Roffia E., Le ville della sponda meridionale e occidentale, in AA.VV., (Roffia E. ed.), Ville romane sul lago di Garda, San Felice del Benaco, 1998, pp. 129-140.

ROMAGNOLI 1966

Romagnoli C., Il ritrovamento di un ponte romano presso Tor Tre Ponti (1932), in “Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale” IV, l966, pp. 267-276.

ROMANELLI 1970

Romanelli P., Topografia e Archeologia dell’Africa Romana, Enciclopedia Classica, III, 10, 7, Torino 1970.

ROSADA 1980

Rosada G., Portus Aedro – Vallonga (Padova), in

ROSSETTO 1982A

Rossetto E., La stazione Vico Variano dell’Itinerarium Antonini e il percorso della strada romana da Este a Modena, in “Padusa”, XVIII, 1982, pp. 125-135.

ROSSETTO 1982B

Rossetto E., La mansio Anneiano dell’Itinerarium Antonini e il percorso della strada romana da Este a Modena, in “Archeologia Veneta”, V, 1982, pp. 191-205.

ROSTOVZEV 1933

Rostovzev M., Storia economica e sociale dell'impero romano, Firenze, 1933.

ROUGÉ 1966

Rougé J., Recherches sur l’organisation du commerce maritime en Mediterranée sous l’empire romaine, Paris, 1966.

ROVIRA PORT – GASCA COLOBRANS 1990

Rovira Port J. - Gasca Colobrans M., Una statio con restos de una turris, en el Tossal de cal Montblanc (Albesa, La noguera, Leida) y su via romana, in La red viaria en la Hispania romana, Zaragoza, 1990, pp. 35-40.

RUBINO 1999

Rubino M., in “Atlante Tematico di Topografia Antica”, VIII, 1999, cs.

RUOFF VÄÄNÄNEN 1978

Ruoff Väänänen E., Studies on the Italian Fora, in “Historia”, Einzelschriften, XXXII, 1978.

RUTA 1986

Ruta R., Un antico centro scomparso della Peucetia: Netion, in “Taras”, VI, 1-2, 1986, pp. 79-96.

RUTA 1988

Ruta R., Contributo alla ricostruzione della viabilità antica del Molise. Rilettura critica della Tabula Peutingeriana, in “Athenaeum”, XLVI, 1988, pp. 598-604.

RUTA - RICCHETTI 1988

Ruta R. - Ricchetti G., Una importante via istmica della Peucezia e la connessa ipotesi di identificazione dell’antica Lupatia, in “ArchStorPug”, 41, 1988, pp. 195-208.

S. GIUSTO 1998

Volpe G. – Biffino A. – Blundo A.G. et Alii, San Giusto. La villa. Le ecclesiae. Primi risultati degli scavi nel sito rurale di S. Giusto (Lucera). 1995-1997, Bari, 1998.

SABBIONE 1979

Sabbione C., Ricerche archeologiche nei territori di Locri e delle sue subcolonie, in Gli Eubei in Occidente, Atti XVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto 1978), Taranto, 1979, pp. 382-398.

SABBIONE 1984

Sabbione C., sv. Ardore, in “BTCGI”, III, 1984, pp.

Abbreviazioni Bibliografiche

218

293-294. SABBIONE 1987

Sabbione C., sv. Casignana, in “BTCGI”, V, 1987, pp. 40-41.

SABBIONE – BARELLO - BRIZZI - CARDOSA 1997

Sabbione C. - Barello F. – Brizzi M. - Cardosa M., I mosaici dell’edificio termale in contrada Palazzi di Casignana (Reggio Calabria), in Atti del IV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, (Palermo 1996), Ravenna, 1997, pp. 385- 400.

SAEPINUM 1982

AA.VV., Saepinum. Museo documentario dell’Altilia, Campobasso, 1982.

SAGLIO 1887

Saglio E., in Dictionnaire des Antiquités, sv. caupona, I, 2, 1887, pp. 973-974.

SAMARTZIDOU 1990

Samartzidou S., Εγνατια οδος , in Πολις και κωρα σθην αρχαια Μακεδονια και Θρακη, Thessalonike, 1990, pp. 559-578.

SANESI MASTROCINQUE 1985

Sanesi Mastrocinque L., L’insediamento romano di Corte Cavanella (Loreo). Rapporto preliminare, in “QuadArchVen”, I, 1985, pp. 11-23.

SANESI MASTROCINQUE 1987

Sanesi Mastrocinque L., L’insediamento romano di Corte Cavanella di Loreo, in AA.VV. (Buchi E. ed.), Il Veneto nell'età romana, II, Verona, 1987, pp. 291-300.

SANESI MASTROCINQUE 1990

Sanesi Mastrocinque L., Loreo (Rovigo). Località Corte Cavanella Scavo di abitato romano, in “BolldArch”, 4, 1990, pp. 47-49.

SANESI MASTROCINQUE – BONOMI – D’ABRUZZO –

TONIOLO 1986

Sanesi Mastrocinque L. – Bonomi S. – D’Abruzzo M. – Toniolo A., L’insediamento romano di Corte Cavanella di Loreo, in AA.VV., L’antico Polesine. Testimonianze archeologiche e paleoambientali, Padova, 1986, pp. 237-257.

SANESI MASTROCINQUE - BONOMI - TONIOLO 1986

Sanesi Mastrocinque L. – Bonomi S. – Toniolo A., L'insediamento romano di Corte Cavanella di Loreo, in “QuadArchVen”, 1986, pp. 25-31.

SANTANGELO 1975-76

Santangelo M., Falacrinae, Torrita di Amatrice (Sabina, Rieti), in “Fasti Archaeologici”, XXX-XXXI, 1975-76, n. 11770.

SANTUARI D’ETRURIA 1985

AA.VV., (Colonna G. ed.), Santuari d’Etruria, Milano, 1985.

SARIA 1954

Saria B., Praetorium, in PAULY-WISSOWA, XXII, 2, 1954, coll. 1634-1635.

ŠAŠEL 1977

Šašel J, Viae militares, in Studien zu den militärgrenzen Roms, Vorträge des 10. Internationalkongresses in der Germania Inferior, II, Köln, 1977, pp. 235-244.

SCAGLIARINI 1968

Scagliarini D., Ravenna e le ville romane in Romagna, Quaderni di Antichità Ravennati, 10, Ravenna, 1968.

SCARPA BONAZZA 1962

Scarpa Bonazza Buora Veronese B., L’agro di Concordia, in AA.VV., Iulia Concordia dall’età romana all’età moderna, Treviso, 1962, pp. 76-102.

SCHMIEDT 1975

Schmiedt G., Antichi porti d’Italia, Firenze, 1975. SCHROFF 1932

Schroff M., Tabellarius, in PAULY-WISSOWA, 2, IV, 1932, coll. 1844-1847.

SCOTTI MASELLI 1977

Scotti Maselli F., Scavi della Soprintendenza Archeologica di Trieste, in “Atti e Memorie Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, n.s., XXV, 1977, pp. 457-459.

SCOTTI MASELLI 1978

Scotti Maselli F., Scavi della Soprintendenza Archeologica di Trieste, in “Atti e Memorie Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, n.s., XXVI, 1978, pp. 385-389.

SCOTTI MASELLI 1979

Scotti Maselli F., Il territorio sudorientale di Aquileia, in Il territorio di Aquileia nell’antichità, “Antichità Altoadriatiche”, XV, 1, Udine, 1979, pp. 345-381.

SCOTTI MASELLI 1982

Scotti Maselli F., Materiali romani rinvenuti alle fonti del Timavo (recupero 1969 e 1950), in Ritrovamenti archeologici recenti e recentissimi nel Friuli - Venezia Giulia, Trieste, 1982, pp. 81-84.

SCOTTI MASELLI 1995

Scotti Maselli M., Mosaici dall’agro sud-orientale di Aquileia, in Atti del II Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico, (Roma 1994), Bordighera, 1995, pp. 9-16.

SEECK 1876

Seeck O., Notitia Dignitatum utriusque Imperii, Berlin, 1876.

SEECK 1901

Seeck O., Cursus Publicus, in PAULY-WISSOWA, IV, 1901, coll. 1846-1863.

SEILER 1984

Seiler F., Un complesso di edifici pubblici nel Lacinio di Capo Colonna, in Crotone, Atti XXIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, (Taranto 1983), Taranto, 1984, pp. 231 -242.

SELEM 1973

Selem A., Le Storie di Ammiano Marcellino, Torino, 1973.

Abbreviazioni Bibliografiche

219

SENSI 1994

Sensi L., Forum Novum, in Enciclopedia dell’Arte Antica, Supplemento 1971-1994, II, Roma, 1994, pp. 694-695.

SESTON 1943

Seston W., Notes sur l’Historie Auguste, in “Revue des Études Anciennes”, XLV, 1943, pp. 47-60.

SETTEMBRINI 1993

Settembrini A., L’acquedotto romano di Amendolara in Calabria, in “JAT”, III, 1993, pp. 195-200.

SETTEMBRINI 1996

Settembrini A., L’insediamento antico nel territorio tra Sybaris e Siris. Carta archeologica (F. 222 IV), in “JAT”, VI, 1996, pp. 105-158.

SETTIS 1964

Settis S., Tauriana (Bruttium), Note storico-archeologiche, in “RendLinc”, 1964, pp. 117-144.

SIGISMONDI 1979

Sigismondi G., Nuceria in Umbria, Foligno, 1979. SINNIGEN 1962

Sinnigen W.G., The origins of the frumentarii, in “MAAR”, XXVII, 1962, p. 213 ss.

SMALL – BUCK 1994

Small A. - Buck J.R., The Excavations of S. Giovanni di Ruoti, I, Toronto-Buffalo-London, 1994.

SMURRA 1989

Smurra M., Contributo per una carta delle “ville” romane nella provincia di Cosenza, in AA.VV., Studi e Materiali di Geografia storica della Calabria, 1, Cosenza, 1989, pp. 134-147.

SOMMELLA 1967

Sommella P., Antichi campi di battaglia in Italia, in “QuadIstTopAnt”, III, 1967.

SOMMO 1982

Sommo G., Vercelli e la memoria dell’antico, Vercelli, 1982.

SORDI 1971

Sordi M., La via Aurelia da Vada a Pisa nell’antichità, in “Athenaeum”, XLIX, 1971, pp. 302-312.

SORDI 1973-74

Sordi M., La “statio ad Piscinas” sull’Aurelia ed alcuni insediamenti preromani e romani nel Livornese, in “Atti del Centro di Studi e Documentazione sull’Italia Romana”, V, 1973-74, pp. 297-303.

SORDINI 1894

Sordini G., Vetulonia. Studi e ricerche, Spoleto, 1894. SPADEA 1982

Spadea R., L’area di Piano della Tirena e di S. Eufemia Vetere, in Temesa ed il suo territorio, Atti del colloquio di Perugia e Trevi 1981, Taranto, 1982, pp. 79-89.

SPADEA 1990

Spadea R., sv. Lamezia, in “BTCGI”, VIII, Pisa-

Roma, 1990, p. 417-423. SPADEA 1991

Spadea R., Il territorio a sud del Savuto: ancora su Temesa e Terina, in Épéios et Philoctète en Italie, Actes du Colloque International du Centre de Recherches Archéologiques de l’Université de Lille III, (Lille 1987), (de La Geniére J. ed), Napoli, 1991, pp. 117-130.

SPADEA NOVIERO 1990

Spadea Noviero G., Albenga, in Archeologia in Liguria. Scavi e Scoperte 1982-86, III.2, Genova, 1990, pp. 435-442.

SPADONI - REGGIANI 1992

Spadoni Cerroni M.C. – Reggiani Massarini A.M., Reate, Pisa, 1992.

ŠPIDLÍK 1996

Špidlík T., Melania la Giovane la benefattrice. 383-440, Milano, 1996.

SPINELLI 1991

Spinelli M., Frammento di coperchio di sarcofago con scena di viaggio, in Viae Publicae Romanae 1991, pp. 66-67.

STAFFA 1984

Staffa A.R., Via Tiburtina km. 13,500 - 16: località Settecamini, in “BullCom”, LXXXIX, 1984, pp. 124-126.

STAFFA 1986

Staffa A.R., Località Rebibbia, via Cannizzaro. Un punto di sosta lungo la via Tiburtina antica fra l’età di Augusto e la tarda antichità, in “BullCom”, XCI, 2, 1986, pp. 642-678.

STAFFA 1992

Staffa A.R., (Chieti) Casalbordino, loc. Casette Santini, in “Archeologia Medievale”, XIX, 1992, pp. 592-593.

STAFFA – PELLEGRINI 1993

Staffa A.R. – Pellegrini W. Edd., Dall’Egitto Copto all’Abruzzo Bizantino.I Bizantini in Abruzzo (sec. VI-VII), (Catalogo Mostra Crecchio 1993), Mosciano S. Angelo, 1993.

STANCO 1996

Stanco E.A, Ricerche sulla topografia dell’Etruria, in “MEFRA”, CVIII, 1, 1996, pp. 83-104.

STEFANI 1913

Stefani E., Scoperte archeologiche al bivio della Cassia e della Clodia, in “NSc”, 1913, pp. 384-391.

STELLA 1930

Stella L., Italia antica sul mare, Milano, 1930. STERPOS 1964

Sterpos D., Firenze – Roma, Roma, 1964. STICOTTI 1920

Sticotti P., Monfalcone, tombe ed iscrizioni, in “NSc”, 1920, pp. 99-100.

STOPPIONI 1993

Stoppioni M.L., Un impianto produttivo da Riccione,

Abbreviazioni Bibliografiche

220

in “Studi e Documenti di Archeologia”, VIII, 1993, pp. 199-211.

STOPPIONI 1995

Stoppioni M.L., Luoghi di tappa in Romagna, in Dove si cambia cavallo 1995, pp. 132-142.

STUCCHI 1947

Stucchi S., Farra d’Isonzo – Sepolcreto romano di età imperiale, in “NSc”, 1947, pp. 21-30.

STUCCHI 1948

Stucchi S., Il tracciato della strada romana da Aquileia a Lubiana nella valle del Vipacco, in “Ce Fastu ? Rivista della Società Filologica Friulana”, XXIV, 1948, pp. 19-23.

SURACE 1984

Surace A., San Bartolomeo al Mare, in Archeologia in Liguria, II, Scavi e scoperte 1976-81, Genova, 1984, pp. 189-196.

SUSINI 1957

Susini G., Profilo di storia romana della Romagnola, in “Studi Romagnoli”, 8, 1957, pp. 3-45.

SUSINI 1967

Susini G., Per una problematica della colonizzazione romana: i quesiti del Dismano, in “Studi Romagnoli”, 18, 1967, pp. 227-254.

SUSINI 1984

Susini G., Le Lapis de Polla, in “Analecta Academiae”, XLVI, 1984, pp. 103-110.

TALIANO GRASSO 1993

Taliano Grasso A., Alcune note sulla viabilità romana nel territorio dei Bruttii: Turios - Meto (Itin.Anton. 114), in Strade romane. Percorsi e infrastrutture, “Atlante tematico di Topografia Antica”, II, 1993, pp. 19-34.

TALIANO GRASSO 1994A

Taliano Grasso A., Considerazioni Topografiche sulla via Annia tra Muranum e Valentia, in “Atlante Tematico di Topografia Antica”, III, 1994, (Roma, 1995), pp. 7-33.

TALIANO GRASSO 1994B

Taliano Grasso A., La viabilità romana tra Blanda Iulia e Vibo Valentia (Lucania e Bruttii), in “AITNA - Quaderni di Topografia Antica”, I, (Catania), 1994, pp. 51-68.

TALIANO GRASSO 1996

Taliano Grasso A., Un nuovo metodo d’indagine per l’identificazione delle stazioni del cursus publicus, in Vir Bonus dicendi peritus. Omaggio dell’Università dell’Aquila a Giovanni Garuti, San Severo, 1996, pp. 181-191.

TARGONI TOZZETTI 1751

Targoni Tozzetti G., Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, 1751.

TARTARA 1999

Tartara P., Torrimpetra. F. 149 I NO, (Forma Italiae, Regio VII, 39), Firenze, 1999.

TESTAGUZZA 1970

Testaguzza O., Portus. Illustrazione dei porti di Claudio e Traiano e della città di Porto a Fiumicino, Roma, 1970.

TESTINI 1975

Testini P., La basilica di S. Ippolito, in Veloccia Rinaldi M.L. - Testini P., Ricerche archeologiche nell’Isola Sacra, Roma, 1975, pp. 41-132.

TESTINI 1986

Testini P., Damaso e il santuario di S. Ippolito a Porto, in Saecularia Damasiana, Atti Convegno Internazionale, (Città del Vaticano 1984), Città del Vaticano, 1986, pp. 293-303.

THE ROMAN FORT AT ACS 1989

AA.VV. (Gabler D. ed.), The Roman Fort at Acs - Vaspustza, (BAR International Series), 531, 1989.

THOMAS ASHBY 1986

AA.VV., Thomas Ashby: un archeologo fotografa la campagna romana tra ’800 e ’900, Roma, 1986.

TINÉ BERTOCCHI 1971

Tiné Bertocchi F., Scavi a S. Pietro di Albissola (antica Alba Docilia), in “RivIngInt”, XXVI, 1971, pp. 64-66,

TINÉ BERTOCCHI 1976

Tiné Bertocchi F., Albisola, in Archeologia in Liguria. Scavi e scoperte 1967-1975, Genova, 1976, pp.113-122.

TINÉ BERTOCCHI 1978

Tiné Bertocchi F., Alba Docilia (Albisola), in AA.VV., Restauri in Liguria, Genova, 1978, p. 95 ss.

TOBLER 1879

Tobler T., Itineraria Hierosolymitana et descriptiones Terrae Sanctae, Geneva, 1879,

TONIOLO 1987

Toniolo A., L'insediamento di S. Basilio di Ariano Polesine, in AA.VV. (Cavalieri Manasse G. ed.), Il Veneto nell'età romana, II, Verona, 1987, pp. 301-308.

TOSI 1987

Tosi G., Patavium e la zona termale euganea (Montegrotto ed Abano Terme), in AA.VV., (Cavalieri Manasse G. ed.), Il Veneto nell’età romana, Verona, 1987, pp.180-191,

TOYNBEE 1965

Toynbee T.P., Hannibal's Legacy, Edimburgh, 1965. TOZZI 1984A

Tozzi P., Caratteristiche e problemi della viabilità nel settore meridionale del territorio di Mediolanum, in “Athenaeum”, n.s., LXII, 1984, pp. 230-251.

TOZZI 1984B

Tozzi P., Il territorio di Ticinum romana, in Storia di Pavia, I, Milano, 1984, pp. 151-182.

TOZZI 1987

Tozzi P., Lettura topografica del territorio, in AA.VV., (Broglio G. - Cracco Ruggini L. edd.),

Abbreviazioni Bibliografiche

221

Storia di Vicenza. Il territorio, la preistoria, l’età romana, Vicenza, 1987, pp. 131-144.

TOZZI 1990

Tozzi P., Gli antichi caratteri topografici di Placentia, in Storia di Piacenza, I, Piacenza, 1990, pp. 319-392.

TOZZI 1990

Tozzi P., Gli antichi caratteri topografici di Placentia, in Storia di Piacenza, I, Piacenza, 1990, pp. 319-392.

TRISOGLIO 1973

Trisoglio F., Opere di Plinio Cecilio Secondo, Torino, 1973.

TROUSSET 1974

Trousset P., Recherches sur le limes Tripolitanus, Paris, 1974.

TSONTCHEV 1959

Tsontchev D., La voie romaine Philippopolis-Sub Radice, in “Latomus”, 18, 1959, pp. 154-170.

TUCCI 1987 E 1988

Tucci A., Per una carta archeologica di Amendolara, in “Magna Graecia”, XXII, 7-8, 1987, pp. 22-23; XXIII, 3-6, 1988, pp. 26-27.

TURANO 1970

Turano C., Leucopetra, in “Archeologia Classica”, XXII, 1970, 1-2, pp. 164-173.

TURCI 1962

Turci R., Guida al Museo Archeologico di Forlì, Milano, 1962.

UGGERI 1968

Uggeri G., La terminologia portuale romana e la documentazione dell'"Itinerarium Antonini", in “Studi Italiani di Filologia Classica”, XL, 1968, pp. 225-254.

UGGERI 1969

Uggeri G., La Sicilia nella “Tabula Peutingeriana”, in “Vichiana”, VI, 1969, pp. 127-171.

UGGERI 1974

Uggeri G., Gli insediamenti rupestri medievali, problemi di metodo e prospettive di ricerca, in “Archeologia Medievale”, I, 1974, pp. 195-230.

UGGERI 1975

Uggeri G., La romanizzazione dell’antico delta padano, (Atti e Mem. Deput. Prov. Ferrar. Storia Patria, XX), Ferrara, 1975.

UGGERI 1979

Uggeri G., La via Traiana “calabra”, in “Ricerche e Studi. Quaderni del Museo Archeologico Provinciale “Francesco Ribezzo” di Brindisi”, XII, 1979, pp. 115-130.

UGGERI 1981

Uggeri G., Aspetti della viabilità romana nel delta padano, in “Padusa”, XVII, 1981, pp. 40-58.

UGGERI 1982-83

Uggeri G., Città e contado in Sicilia fra il III ed il IV

UGGERI 1983

Uggeri G., La viabilità romana nel Salento, Mesagne, 1983.

UGGERI 1984

Uggeri G., La via Popilia e i collegamenti stradali tra Rimini e Ravenna in età romana, in Culture figurative e materiali tra Emilia e Marche - Studi in onore di Mario Zuffa, I, Rimini, 1984, pp. 401-417.

UGGERI 1987

Uggeri G., La navigazione interna della Cisalpina in età romana, in Vita sociale, artistica e commerciale di Aquileia romana, Atti XVI Sett. Studi Aquileiesi, (Aquileia 1985), Udine, 1987, 2, pp. 305-350.

UGGERI 1990

Uggeri G., Aspetti archeologici della navigazione interna nella Cisalpina, in “Antichità Altoadriatiche”, XXXVI, 1990, pp. 175-196.

UGGERI 1995

Uggeri G., Le stazioni postali romane nella terminologia tardo antica, in “Mélanges Raymond Chevallier (Bedon R. - Martin P. M., ed.)”, II, 2, “Caesarodunum”, XXIX, Tours, 1995, pp. 137-144.

UGGERI 1997

Uggeri G., Il nodo itinerario di Ravenna in età romana, in Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, XLIII, Ravenna, 1997, pp. 887-910.

ULBERT 1981

Ulbert T., Ad Pirum (Hrušica), Späterömische Passbefestigung in den Julischen Alpen, Münchener Beiträge zur Vor- und Frühgeschichte, XXXI, München, 1981.

VALENTI 1999

Valenti M., Osservazioni sul percorso della via Latina tra Aquinum e Ad Flexum, in “Terra dei Volsci”, 1999, 2, pp. 127-144.

VAN BERCHEM 1937

Van Berchem D., L’annone militaire dans l’empire romain au 3e. siécle, Paris, 1937.

VAN BERCHEM 1973

Van Berchem D., L’Itinéraire Antonin et le voyage de Caracalla, in “Comptes Rendus des Séances de l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres”, 1973, pp. 123-126.

VAN OOTEGHEM 1959

van Ooteghem J., Le service postal à Rome, in “Les Études Classiques”, XXVII, 1959, pp. 187-197.

VAN WONTERGHEM 1984

Van Wonterghem F., Superaequum-Corfinium-Sulmo, (Forma Italiae, Regio IV, 1), Firenze, 1984.

VAN’T DACK 1962

Van’t Dack E., Postes et télécommunications Ptolémaïques, in “Chronique d’Égypte”, 37, 1962, pp. 338-341.

Abbreviazioni Bibliografiche

222

VEDALDI IASBEZ 1994

Vedaldi Iasbez V., La Venetia orientale e l’Histria. Le fonti letterarie greche e latine fino alla caduta dell’impero romano d’Occidente, Roma, 1994.

VENTURO 1994

Venturo D., in Notiziario delle Attività di Tutela, Soprintendenza Archeologica della Puglia, in “Taras”, XIV, 1, 1994, pp. 94-95.

VIAE PUBLICAE ROMANAE 1991

AA.VV., (Cappelli R. ed.), Viae Publicae Romanae, (Cat. Mostra Roma 1991), Roma, 1991.

VIALE 1971

Viale V., Vercelli ed il Vercellese nell’antichità, Vercelli, 1971.

VIRGILI 1988

Virgili P., La grande villa di Vicarello, in “BStorArte”, 31, 1988, pp. 53-59.

VIRGILI 1994

Virgili P., L’archeologia del lago Sabatino, in Antichità nel Territorio di Bracciano 1994, pp. 187-204.

VITI 1989

Viti A., Ad Calidium. L’insegna del piacere nel rilievo di Lucio Calidio Erotico, in “Almanacco del Molise”, II, 1989, pp. 115-135.

VOLPE - BIFFINO – PIETROPALO 1996

Volpe G. - Biffino A., Pietropaolo L., La villa, la statio, l’ecclesia. Scavi nel sito tardoantico di S. Giusto (Lucera), in “Vetera Christianorum”, 33, 1996, pp. 163-218.

VOLPE ET ALII 1997

Volpe G. et Alii, Il complesso paleocristiano di S. Giusto (Lucera). Seconda relazione preliminare (scavi 1996), in “Vetera Christianorum”, 34, 1, 1997, pp. 111-152.

VON VACANO 1985

Von Vacano O.W., Gli etruschi a Talamone, Bologna, 1985.

WALSER 1986

Walser G., Die Via per Alpes Graias in den Antiken Itineraren, in “Historia”, Einzelschriften, XLVIII, 1986, pp. 55-77.

WARD PERKINS 1955

Ward Perkins J.B., Southern Etruria and the Ager Veientanus, in “PBSR”, XXV, 1955, p. 58 ss.

WARD PERKINS 1957

Ward Perkins J.B., Etruscan and Roman Roads in Southern Etruria, in “JRS”, XLVII, 1957, p. 143 ss.

WARD PERKINS 1959

Ward Perkins J.B., Excavation of a Roman Building near Tomba di Nerone, in “PBSR”, XXVII, 1959, p. 131- 155.

WEBER 1929

Weber E., Tabula Peutingeriana. Codex Vindobonensis 384. Kommentar, Graz, 1929.

WESSELING 1735

Vetera Romanorum itineraria, sive Antonini Augusti Itinerarium, Wesseling P. ed., Amstelodami, 1735.

WILKINSON 1971

Wilkinson J., Egeria’s Travels, London, 1971. WILSON 1990

Wilson R.J.A., Sicily under the Roman Empire, Warminster, 1990.

WISEMAN 1970

Wiseman T.P., Roman Republican Road Building, in “PBSR”, XXXVIII, 1970, pp. 122-152.

WISEMAN 1971

Wiseman T.P., Via Aurelia Nova and via Aemilia Scauri, in “Epigraphica”, XXXIII, 1971, pp. 27-32.

YNTEMA 1993

Yntema D., In Search of an Ancient Countryside, The Amsterdam Free University Field Survey at Oria, Amsterdam, 1993.

ZANDA – PREACCO ANCONA - SOMÀ 1994

Zanda E. - Preacco Ancona C. - Somà M., Nuclei di necropoli di Forum Fulvi e Hasta, in “QuadArchPiem”, 12, 1994, pp. 169-180.

ZASO 1968

Zaso A., Loc. Dugenta e S. Giorgio la Molara, in “Samnium”, 1968, p. 129.

ZAWADZKI 1960

Zawadzki T., Sur une inscription de Phrygie relative au cursus publicus, in “Revue des Études Anciennes”, LXII, 1960, pp. 80-94.

ZUCCA 1985

Zucca R., Ad Nuragas in età romana e altomedievale, in AA.VV., Nurachi. Storia di una ecclesia, Oristano, 1985, pp. 27-31.

Indici

223

SOMMARIO ANALITICO

PRESENTAZIONE 1

CAPITOLO I

STORIA DEGLI STUDI 4

CAPITOLO II

VIE DI COMUNICAZIONE E

MEZZI DI TRASPORTO IN EPOCA ROMANA 6

II.1 Il cursus publicus 6

I precedenti 6

Il servizio di posta imperiale 6

II.2 Viae publicae e viae militares:

Uomini, armi e merci lungo le vie dell’impero 11

II.3 Vie d’acqua e vie di terra:

Produzione, trasporto e distribuzione 14

II.4 Aspetti sociali delle stazioni

nella letteratura antica 15

CAPITOLO III

LE FONTI 20

III.1 - Le Fonti Letterarie 22

Mansio 23

Mutatio 29 Statio 29

Stativae 31

Stabulum 31 Hospitium 33

Deversorium Diversorium 34

Taberna 35 Caupona 36

Popina 36 Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta 36

Pandokeiovn 37

StaqmovÇ 38 Basivleion 38

Kaluthrivon 38

*Allagh 39 Oijkiva 39

v 39

Katagwgiva 39 Osservazioni 40

III.2 - Le Fonti Giuridiche 44

Mansio 44 Mutatio 47

Statio 48

Stativae 49 Praetorium 49

Stabulum 49

Diversorium 49 Caupona 49

Palatium 50

Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta 50 Osservazioni 51

III.3 - Le Fonti Epigrafiche 53

Mansio 53 Mutatio 54

Statio 54

Catabulum 55 Praetorium 55

Taberna 55

Stabulum 56 Burgus speculatorius (Speculatorum) 57

Balnea – Balineus 57

Locum ad peregrinorum hospitalitatem 57 Atrium cum quadriporticum 58

StaqmovÇ 58

v 58 Monhv 58

*Apanththvrion 58

Osservazioni 59

III.4 - Le Fonti Itinerarie 60

L’Itinerario Antonino 60

La terminologia 60 L’Itinerario Marittimo 61

L’Itinerario Burdigalense 61 La terminologia 61

III.5 - La Tabula Peutingeriana 63

Osservazioni 64

III.6 - La Toponomastica 65

III. 7 - Le Fonti Iconografiche 66

Osservazioni 69

III. 8 - Le Fonti - Conclusioni 70

La varietà terminologica, hapax 70

Scelte Insediative / Caratteristiche Topografiche 71 Planimetrie e volumetrie 71

Dotazioni infrastrutturali 71

Organizzazione interna e caratteristiche folcloristiche 71 Tipi di stazioni 72

Cronologia 72

Amministrazione e gestione 73

CAPITOLO IV

CONFRONTI - STAZIONI INDAGATI DALLE PREOVINCE 78

Britannia 78

Gallia 78 Norico 78

Siria 79

Numidia 79 Egitto 79

Stazioni fortificate 79

Stazioni urbane 80 Osservazioni 80

Scelte insediative e caratteristiche topografiche 80

Luoghi di culto 81 Planimetrie e volumetrie 81

Dotazioni infrastrutturali 81

Criteri progettuali e tecniche costruttive 81 Cronologia 81

CAPITOLO V

RASSEGNA TOPOGRAFICA 83

PREMESSA ALLE SCHEDE DELLA RASSEGNA 83

V. 1. REGIO I

LATIUM ET CAMPANIA 84

1A) Via Appia 84

Ad Nonum Scheda I.1 84

Sub – Lanuvium 84 Ad Sponsas Scheda I.2 84

Stazione anonima in loc. “Le Castella” 84

Tres Tabernae Scheda I.3 85

Ad Flexum 85

Tripontium 85 Forum Appi 85

Ad Medias 85

Tarracina 85 Sinuessa 86

2a) Via Latina 86

Stazione anonima al IV miglio Scheda I.4 86 Ad Bivium Scheda I.5 86

Stazione anonima presso Rossilli Scheda I.6 86

Compitum Anagninum 86

2b) Via Labicana 86

Indici

224

Ad Statuas Scheda I 86

3) Via Prenestina 86

Stazione anonima a Ponte di Nona Scheda I.8 86

4) Via Lavinium - Circei - Tarracina 86

Ad Turres Albas Scheda I.9 86

5a) Via Neapolis - Puteoli 86

Stabilimento termale presso Via Terracina, Napoli 86

5b)Via Campana da Capua a Puteoli 86 In Vinias 86

Ad Quartum 87

6a) Via Tiburtina 87

Stazione anonima presso Rebibbia Scheda I.10 87

Villa rustica presso lo stabilimento industriale Alenia 87 Stabilimento termale in loc. Casale Bonanni 87

Stazioni anonime presso Settecamini Schede I.11 e I.12 87 Ad Aquas Albulas – Terme di Agrippa o della Regina Zenobia 87

6b) Via Tiburtina Cornicolana 87

Stazione anonima lungo la via Tiburtina Cornicolana 87

7) Viabilità secondaria, lungo il Tevere. 87

Stazione anonima presso la Magliana Scheda I.13 87

V. 2 REGIO II

APULIA ET CALABRIA 88

1a) Via Appia 88

Pons Aufidi 88

Silvium 88

Sub Lupatia 88 Ad Canales 88

Mesochorum Scheda II.1 88

Stazione anonima presso Madonna di Gallano? 88 Stazione anonima presso S. Giorgio - Masseria Masina 89

1b) Limitone dei Greci 89

Stazione anonima presso Masseria Malvindi - Campofreddo 89

2a) Via Appia Traiana 89

Forum Novum 89

Aquilonis 89 Ad Speluncas – Speluncae 89

2b) Via per Aecas - Sipontum 89

Praetorium Laverianum Scheda II.2 89

3) Via Traiana “calabra”, da Brundisium 90

Stazioni anonime a sud di Brundisium 90

Valesium Scheda II.3 90 Hydruntum 90

V. 3. REGIO III

LUCANIA ET BRUTTII 91

1) Via Capua - Regium 91

Nerulum Scheda III.1 91 Caprasia 91

Aquae Angae 92

Annicia 92 Nicotera Scheda III.2 92

2) Via “Tirrenica” da Blanda Iulia a Vibo Valentia 92

Blanda Iulia 92 Lavinium Scheda III.3 92

3) Via Ionica 93

Leucopetra Scheda III.4 93 Scyle Scheda III.5 93

Altanum Scheda III.6 93

Locri Scheda III.7 93 Subsicivum 93

Netum 93

Stazione anonima presso Cropalati 94 Thurium - Turis 94

Ad Vicesimum Scheda III.8 94 Siris 94

4) Via transistmica 94

Stazione anonima presso Malvito Scheda III.9 94 Stazione anonima presso Croceferrata 94

V. 4. REGIO IV

SAMNIUM 95

1) Via Salaria da Eretum all’Adriatico 95 Stazione anonima in Val Roviano 95

Aquae Cutiliae Scheda IV.1 95

Vicus Falacrinus 95

Stazione anonima presso Torrita di Amatrice Scheda IV.2 95

2) Via (Tiburina) Claudia Valeria 95

Statulae Scheda IV.3 95

3) Via “Transappenninica” da Corfinium a Saepinum 95

Saepinum 95

4) Via Adriatica da N a S 96

Stazione anonima presso Casalbordino Scheda IV.4 96 Uscosium 96

V. 5 REGIO V

PICENUM 97

1) Via Salaria 97 Ad Aquas Scheda V.1 97

2) Via tra Ancona ed Urbs Salvia 97

Helvia Ricina - Ricina 97

V. 6 REGIO VI

UMBRIA 98

1a) Via Flaminia Da Roma Verso Nord 98 Ad Vicesimum 98

Aqua Viva 98

Ad Haesim 98 Stazione anonima presso fiume Metauro. 98

Stazione anonima presso Serraungarina 98

Ad Octavum 99 Stazione anonima presso Cattolica Scheda VI.1 99

2) Via Litoranea da Ad Aesim a Pisaurum 99

Ad Aquilam 99

3) Deverticolo da Narnia a Nuceria 99

Ad Martis 99

Stazione anonima presso l’area di servizio Agip 99

V. 7 REGIO VII

ETRURIA 100

1a) Via Aurelia 100

Lorium 100

Ad Turres Scheda VII.1 100 Baebiana 100

Alsium 100 Fregenae Scheda VII.2 101

Punicum Scheda VII.3 101

Tabellaria Scheda VII.4 101 Quintiana Scheda VII.5 101

Ad Novas 101

Cosa Scheda VII.1 101 Albinia Scheda VII.7 101

Telamon Schede VII.8 VII.9 101

Portus Talamonis? 101 Salebrum Scheda VII.10 101

Ad Piscinas Scheda VII.11 101

Turrita o Ad Herculem Scheda VII.12 101

2) Via Clodia 101

Stazione anonima presso La Storta Scheda VII.13 101

Careiae 101 Stazione anonima presso la villa delle Crocicchie 101

Forum Clodi Scheda VII.14 102

Sabate Scheda VII.15 102 Aquae Apollinares Scheda VII.16 102

3a) Via Cassia 102

Ad Sextum Scheda VII.17 102 Ad Vacanas Scheda VII.18 102

Stazione anonima presso le Masse di S. Sisto Scheda VII.19 102

Ad Novas 102 Stazioni anonime nell’Aretino 102

3b) Via Cassia Adrianea 102

Manliana 102 Ad Mensulas Scheda VII.20 102

4) Via Flaminia da Roma ad Horta 102

Stazione anonima: Terme dei Gracchi 102

V. 8 REGIO VIII

AEMILIA 103

1) Via Aemilia da Placentia ad Ariminum 103

Stazione anonima presso Ponte Nure 103

Indici

225

Ad Fonteclos 103

Ad Tarum 103

Pons Secies 103 Claterna Scheda VIII.1 103

Ariminum 103

Stazione anonima presso Riccione centro 103 Stazioni anonime presso la periferia di Riccione . 104

2a) Via Caesena - Adretium 104

Stazione anonima presso Bagno di Romagna Scheda VIII.2 104

2b) Via Florentia - Faventia 104

Stazione anonima presso Strada Casale Scheda VIII.3 104

V. 9. REGIO IX

LIGURIA 105

1a) Via Aemilia Scauri 105

Alba Docilia Scheda IX.1 105

Albingaunum 105

Lucus Bormani Scheda IX.2 IX.3 105 Costa Ballenae Scheda IX.4 105

Lumone 105

1b) Da Canalicum Per Aquae Statiellae 105

Crixia 105

2) Via Postumia Da Genua A Placentia 106

Clastidium 106

3) Via Iulia Augusta da Dertona a Pollentia 106

Aquae Statiellae 106

Alba Pompeia 106

V. 10 REGIO X

VENETIA 107

1) Via Mediolanum - Bergamum 107

Sirmio / Ad Flexum 107

Ariolica 107 Pons Aesonti Scheda X.1 107

In Alpe Iulia 107

2) Via Popilia da Ravenna 107

Hadriani Scheda X.2 107

Fossis Scheda X.3 107

3) Via Claudia Augusta “Padana 108

Stazione anonima presso Brentino 108

4) Via da Aquileia alla Raetia 108

Sebatum Scheda X.4 108

5) Via Da Aquileia verso Tergeste E L’istria 108

Fons Timavi Scheda X.5 108

V. 11 REGIO XI

TRANSPADANA 109

1) Via delle Gallie 109

A) Dalla Pianura Padana all’Alpis Poenina: 109

Eporedia 109

Stazione anonima presso Saint Vincent Scheda XI.1 109 Augusta Praetoria Scheda XI.2 109

Eudracinum 109

Summus Poeninus o Alpis Poenina Scheda XI.3 109

1b) Da Augusta Praetoria all’Alpis Graia (Piccolo S. Bernardo):109

Stazione anonima presso La Salle 109

Arebrigium 109 Alpis Graia Scheda XI.4 109

2a) Da Vercellae per Laumellum 109

Laumellum 109

2b) Via Vercellae - Hasta (Regio Ix) 110

Stazione anonima presso Casina Settime (Ad Septimum?) 110

3) Da Cuttiae per Augusta Taurinorum 110

Rigomagus Scheda XI.5 110

4) Via da Pedum a Caburrum 110

Stazione presso Germa(---) 110

5) Via tra Vercellae e le Alpi lungo il lago Maggiore 111

Stazione anonima presso Romagnano sul Sesia 111

CAPITOLO VI

RASSEGNA ARCHEOLOGICA 113

VI. 1. Regio I

Latium et Campania 113

N. I.1 Ad Nonum - “Villa e mausoleo di Gallieno” 113

N. I.2 Ad Sponsas 114

N. I.3 Tres Tabernae 114

N. I.4 Stazione anonima al IV miglio della via Latina 115 N. I.5 Ad Bivium 116

N. I.6 Stazione anonima presso Rossilli 117

N. I.7 Ad Statuas 117 N. I.8 Stazione anonima presso Ponte di Nona (“Ad Nonum”?) 118

N. I.9 Ad Turres Albas 119

N. I.10 Stazione anonima presso Rebibbia 119 N. I.11 Stazione anonima presso Settecamini 120

N. I.12 Stazione anonima presso Settecamini 121

N. I.13 Stazione anonima alla Magliana 121

VI. 2 Regio II

Apulia et Calabria 123

N. II.1 Mesochorum 123

N. II.2 Praetorium Laverianum? 123

N. II.3 Valesium, mutatio Valentia 124

VI. 3. Regio III

Lucania et Bruttii 127

N. III.1 Nerulum o stazione anonima nei pressi 127

N. III.2 Nicotera 127

N. III.3 Lavinium 128 N. III.4 Leucopetra 128

N. III.5 Scyle 129

N. III.6 Altanum “a” 130 N. III.7 Locri? 131

N. III.8 Ad Vicesimum 132

N. III.9 Stazione anonima presso Malvito 133

I. 4. Regio IV

Samnium 136

N. IV.1 Aquae Cutiliae 136

N. IV.2 Stazione anonima presso Torrita di Amatrice 136

N. IV.3 Statulae 137 N. IV.4 Stazione anonima presso Casalbordino 137

VI. 5 Regio V

Picenum 139

N. V.1 Ad Aquas 139

VI. 6 Regio VI

Umbria 140

N. VI.1 Stazione anonima presso Cattolica 140

VI. 7 Regio VII

Etruria 141

N. VII.1 Ad Turres? 141

N. VII.2 Fregenae 142 N. VII.3 Punicum 143

N. VII.4 Tabellaria 143

N. VII.5 Quintiana 143 N. VII.6 Cosa “a” 144

N. VII.7 Albinia 145

N. VII.8 Telamon “a” 145 N. VII.9 Telamon “b” 146

N. VII.10 Salebrum 146

N. VII.11 Ad Piscinas 147 N. VII.12 Turrita o Ad Herculem? 147

N. VII.13 Stazione anonima presso La Storta 148

N. VII.14 Forum Clodi 149 N. VII.15 Sabate 149

N. VII.16 Aquae Apollinares ? 150

N. VII.17 Ad Sextum 151 N. VII.18 Ad Vacanas – Baccanas 151

N. VII.19 Stazione anonima presso le Masse di S. Sisto 152

N. VII.20 Ad Mensulas 153

VI. 8 Regio VIII

Aemilia 154

N. VIII.1 Claterna 154

N. VIII.2 Stazione anonima presso Bagno di Romagna 154 N. VIII.3 Stazione anonima presso Strada Casale 155

Indici

226

VI. 9. Regio IX

Liguria 156

N. IX.1 Alba Docilia 156 N. IX.2 Lucus Bormani “a” 156

N. IX.3 Lucus Bormani “b” 158

N. IX.4 Costa Ballenae 159

VI. 10 Regio X

Venetia 160

N. X.1 Pons Aesonti 160

N. X.2 Hadriani 160

N. X.3 Fossis 161 N. X.4 Saebatum 161

N. X.5 Fons Timavi 163

VI. 11 Regio XI

Transpadana 165

N. XI.1 Stazione anonima presso S. Vincent 165 N. XI.2 Augusta Praetoria 165

N. XI.3 Summus Poeninus 165

N. XI.4 Alpis Graia 166 N. XI.5 Rigomagus 167

CAPITOLO VII

CONCLUSIONI

STAZIONI ITINERARIE E LUOGHI DI SOSTA

ENTRO I CONFINI DELL’ITALIA AUGUSTEA 169

Stazioni stradali e luoghi di sosta.

Mansiones e mutationes 169

Scelte insediative e caratteristiche

topografiche 170

Fonti di approvvigionamento idrico 170 Corsi d’acqua e ponti 171

Porti - Foci e snodi vie d’acqua e terra 171

Valichi 171 Incroci e mercati 172

Rapporto tra stazioni stradali ed aggregati limitrofi 172

Necropoli 173 Rapporto con catacombe cristiane 173

Luoghi di culto preesistenti e coevi 173

Propaganda 174

Edifici a pianta basilicale 174

Planimetrie e Volumetrie 174

Gli abitati 174

Gli edifici “a corte” 175 Articolazione per padiglioni distinti 175

Strade, accessi basolati e piazze lastricate 176

I Cortili 176 Gli alloggi 176

I servizi: magazzini, stalle, latrine. 176

Dotazioni infrastrutturali

e tecniche costruttive 177

Le fonti di approvvigionamento idrico: sistemi di

captazione, approvvigionamento, distribuzione e smaltimento (acquedotti, cisterne, pozzi, vasche ed abbeveratoi). 177

Le terme 178

Tecniche costruttive 178 Qualità - Lussuosità dei rivestimenti 178

Organizzazione interna 179

Forme di gestione 179 Luoghi di produzione o lavorazione di prodotti agricoli

e industriali o sfruttamento delle risorse 180

Tipi di stazioni 180

Urbane 180

Fluviali 181

Marittime 181 Ville 182

Stazioni doganali 182

Xenodochia 182

Cronologie 183

Il fenomeno della continuità 183

Luoghi di culto cristiani 184

Rapporto con le fonti scritte 184

Osservazioni 185

La pianificazione statale ed il rapporto con il cursus publicus 185 Densità di attestazione lungo alcuni assi stradali 186

Confronto con le altre tipologie 186

Indici

227

Indice delle fonti classiche

citate nel testo, contenenti riferimenti ai luoghi di sosta lungo la viabilità o all’amministrazione del cursus publicus.

Il numero in grassetto fa riferimento alle pagine nelle quali il passo è riportato in lingua originale.

Acta Petri apocryphis,

15 33

AE,

1900 = CIL, III, 6123 .............................................. 55

1912, 193 ................................................................. 56

1922, 57 ................................................................... 72

1950, 126 ........................................................... 57; 59

1957, 167 ................................................................. 58

1959, 179 ................................................................. 56

1976, 502 ................................................................. 55

1976, 653 ........................................................... 53; 59

1978, 86 ............................................................. 56; 59

1979, 620 ........................................................... 53; 56

1981, 724 ........................................................... 53; 54

1981, 779 = CIL, III, 7000 ...................................... 53

1982, 841 ........................................................... 53; 54

1992, 892 ................................................................. 55

Ael. Arist.,

Orat., XXVII, 1-8.................................................... 71

Ambr.,

de Obitu Valent., 24 .......................................... 25; 40

in Psalm. 118, V, 2, 2-3 .................................... 24; 40

in Psalm. 118, V, 3, 3-5 .................................... 24; 40

in Psalm. 118, V, 5, 1 ss. ....................... 24; 30; 40; 41

Amm.,

XIV, 11, 6 ................................................................ 30

XV, 3, 10 ..................................................... 20; 36; 42

XVI, 12, 70 ........................................................ 27; 40

XIX, 11...................................................................... 8

XIX, 8, 5-6 .............................................................. 30

XX, 4 ....................................................................... 51

XXI, 13, 8 ................................................................ 12

XXI, 15, 2 ................................................................ 30

XXI, 9, 4.................................................................. 29

XXII, 9 ...................................................................... 7

XXVII, 4 ................................................................... 7

XXVII, 4, 8 ....................................................... 30; 40

XXVIII, 6, 27 .................................................... 30; 40

XXIX, 6, 7 ............................................................... 37

XXXI, 11, 2 ............................................................. 30

App. Verg.,

Copa, 1-3 ................................................................. 35

Apul.,

Met., I, 15 .......................................................... 15; 31

Met., I, 17, 8 ...................................................... 23; 40

Met., I, 21 .......................................................... 37; 41

Met., I, 4 .................................................................. 31

Met., I, 5 .................................................................. 42

Met., I, 6 .................................................................. 16

Met., I, 7 .................................................................. 41

Met., VIII, 23 ..................................................... 23; 40

Met., IX, 4 ................................................... 32; 37; 42

Met., X, 1........................................................... 32; 37

Aug.,

in Psalmos, XXIV, 6 ......................................... 32; 41

Serm., CC, 1, 1 ........................................................ 33

Serm., CLXXVII, 2 ........................................... 33; 41

Serm., CLXXVIII, 8, 9 ...................................... 33; 41

Serm., XIV, 6 .......................................................... 32

Tract. in Epist. Ioh., X, 6 ............................. 27; 33; 41

Tract. in Euan. Ioh., XL, 10 .............................. 32; 41

Aur.Vict.,

Caes., XIII, 6 ............................................................. 7

Aus.,

157, 21 ..................................................................... 16

Basil.,

Epist., XCIV ............................................................ 39

Epist., XCVIII ......................................................... 12

Epist., CCXLIII ....................................................... 12

Caes.,

Bell. Civ., III, 101 ...................................................... 6

Bell. Hisp., 2 .............................................................. 6

Cassiod.,

Hist. Eccl., VI, 45, 2 .......................................... 29; 40

Var., I, 29, 2 ............................................................ 29

Var., IV, 47, 6 ......................................................... 29

Var., VIII, 32, 1 ....................................................... 28

Var., X, 28, 1 ..................................................... 28; 40

Cato,

Orig., fr. II, p. 37 ..................................................... 78

Cic.,

ad Fam., VI, 19, 1 ............................................. 34; 42

de Inv., II, 4, 14 ................................................. 35; 41

de Leg., III, 8, 18 ..................................................... 78

Phil., II, 77 ........................................................ 36; 78

pro Cluent., 163................................................. 35; 41

CIL,

I, 551 ....................................................................... 78

I2, 638 ...................................................................... 78

II, 2011 .................................................................... 72

III, 2809 ............................................................. 55; 59

III, 6123 = 14207 .............................................. 53; 55

III, 7000 ................................................................... 53

III, 7251 ..................................................................... 7

V, 2108 .................................................................... 54

V, 8658, 8987 .................................................... 53; 54

V, 8987 ...................................................................... 8

VI, 1, 1774 .............................................................. 56

VI, 746 ...................................................................... 9

VI, 8445 .................................................................... 9

VIII, 2494 .......................................................... 57; 59

VIII, 2495 .......................................................... 57; 59

VIII, 5341 .......................................................... 57; 59

IX, 2826, 4 .............................................................. 54

Indici

228

X, 2, 7200 .......................................................... 53; 54

XIV, 4015 .......................................................... 57; 59

Cod.Just.,

X, 16, 8 .............................................................. 46; 51

X, 26, 2 .............................................................. 44; 51

X, 48, 12 .................................................................. 50

X, 61, 2 .............................................................. 44; 51

X, 72, 9 .................................................................... 46

XII, 35, 11 ................................................... 45; 51; 52

XII, 50, 15 ......................................................... 47; 51

XII, 50, 17 ............................................................... 47

XII, 50, 18 ................................................... 23; 48; 51

XII, 50, 22 ................................................................. 8

XII, 50, 7 ........................................................... 47; 51

XII, 50, 8 ................................................................. 45

XII, 51, 1 ................................................................. 49

Cod.Theod.,

I, 16, 12 ................................................. 45; 49; 51; 52

VI, 29, 5 ............................................................ 48; 51

VI, 29, 6 ............................................................ 48; 51

VII, 10, 1 ............................................... 46; 49; 50; 51

VII, 10, 2 ..................................................... 49; 50; 51

VII, 8, 5 ................................................................... 52

VIII, 10, 2 .......................................................... 44; 51

VIII, 5, 11 ................................................................ 51

VIII, 5, 16 ............................................................ 8; 78

VIII, 5, 23 .......................................................... 45; 51

VIII, 5, 34 ................................................ 8; 47; 49; 51

VIII, 5, 35 ............................................................ 9; 45

VIII, 5, 36 .............................................. 44; 47; 48; 51

VIII, 5, 65 .......................................................... 48; 51

VIII, 5, 9 .................................................................... 8

VIII, 6, 2 .................................................................. 49

XI, 1, 21 ............................................................ 46; 51

XI, 1, 9 .............................................. 8; 23; 45; 47; 51

XI, 16, 15 ................................................................ 50

XII, 1, 119 ............................................................... 46

XII, 1, 21 ........................................................... 44; 51

XII, 6, 21 ................................................................. 46

Col.,

I, 5, 6 ................................................................. 36; 42

Cypr.,

Epist., LXVIII, 3, 3 ..................................... 32; 34; 40

Dig.,

IV, 9, 1 .................................................................... 49

L, 4, 18, 10 .................................................. 46; 50; 51

XIV, 1, 1, 12 ............................................................ 14

XVII, 2, 52, 15 .................................................. 49; 51

XLVII, 5, 1 ........................................................ 49; 50

Dio. Cass.,

LXVIII, 15, 3 .................................................... 39; 43

LXXVIII, 9, 6 .................................................... 39; 43

Eustath.,

ad Iliad., 531, 21 ..................................................... 39

Bas. Hex., 8, 2 ......................................................... 27

Fronto,

ad M. Caes., III, 4, 47-48 .................................. 31; 41

Gell.,

X, 3, 19 .................................................................... 78

Greg. Naz.,

II, I, XI, 386-485 ..................................................... 15

Herod.,

III, 126 ..................................................................... 78

VI, 105 .................................................................... 78

VIII, 98 .................................................................... 78

Hier.,

Epist., CVIII, 9 ........................................................ 59

Epist., LXXVII, 10 ............................................ 34; 58

Epist., LXXVIII, 2, 1 .............................................. 27

Homil. Orig. in Luc., 34, 3 ................................ 32; 43

in Ion., II, 2 ........................................................ 27; 40

Hor.,

Epist., I, 15, 10 .................................................. 34; 42

Sat., I, 5, 1-6 ................................................ 33; 41; 42

Sat., I, 5, 37-38 ........................................................ 36

Sat., I, 5, 45-47 ............................................ 37, 42; 60

Sat., I, 5, 50-51 ............................................ 36; 37; 42

Sat., I, 5, 79-81 .................................................. 37; 42

IGRR,

I, 1142 ..................................................................... 58

III, 639 ............................................................... 58; 72

Jul.,

Epist., VIII ............................................................... 78

Epist., XV ................................................................ 78

Epist., XXVI ........................................................... 78

Epist., LVIII, 399 .................................................... 38

Epist., LVIII, 400 .................................................... 38

Epist., LXXXIV ...................................................... 15

Justin.,

Apol., I, 67 ............................................................... 12

Juv.,

VIII, 172-176 .......................................................... 15

XI, 2-5 ..................................................................... 30

Lact.,

de Mort. Pers., XXIV, 6-7 ................................ 23; 40

de Mort. Pers., XLV, 6 ..................................... 24; 40

Lex Burg.,

Lib. Const., XXXVIII, 3 ................................... 46; 52

Lib. Const., XXXVIII, 5-6 .......................... 27; 47; 50

Liv.,

XXXI, 24 ................................................................. 78

XXXVII, 7, 11 .......................................................... 6

XLII, 1, 7-12 ............................................................. 6

XLV, 1, 6, 7 ............................................................ 78

Lucil.,

Carm., III, (Iter Siculum), 127-129 ......................... 36

Mart.,

VI, 94, 3 .................................................................. 41

Nep.,

Milt., 4, 3 ................................................................. 78

Paneg.,

VI, 16, 1 .................................................................. 23

Paul.,

in Fest., Gloss Lat., p. 45 ........................................ 42

Peregrinatio Egeriae,

IV, 8 ........................................................................ 25

VI, 1 ........................................................................ 25

VI, 4 ........................................................................ 25

VII, 2 ....................................................................... 25

Indici

229

VIII, 1 ...................................................................... 25

IX, 7 ........................................................................ 25

X, 8 .......................................................................... 25

XIII, 2 ................................................................ 26; 40

XVII, 2 .............................................................. 26; 40

XVIII, 1 ................................................. 26; 31; 40; 41

XIX, 1...................................................................... 26

XIX, 11.............................................................. 26; 40

XIX, 3.......................................................... 31; 40; 41

XVI, 7...................................................................... 26

XX, 12 ..................................................................... 26

XXI, 5...................................................................... 26

XXII, 1 .................................................................... 26

XXII, 2 .................................................................... 26

XXIII, 2 ....................................................... 31; 40; 41

XXIII, 6 ................................................. 26; 31; 40; 41

Plaut.,

Miles Glor., 131 ...................................................... 78

Plin. Jun.,

Epist., I, 13, 2 .......................................................... 29

Epist., II, 9, 5 ........................................................... 30

Epist., VI, 19, 4 ................................................. 32; 33

Epist., VIII, 8, 6 ....................................................... 33

Epist., X, 120 ....................................................... 7; 78

Plin.,

N.H., VI, 102 ..................................................... 23; 40

N.H., VI, 96 ............................................................. 23

N.H., XII, 64 ...................................................... 23; 40

N.H., XII, 65 ...................................................... 23; 40

Plut.,

de Sanitat. Praecep., 16 .......................................... 15

Galb., VIII ............................................................. 7; 8

Polyb.,

II, 15, 5 .................................................................... 11

Proc.,

de Aed., V, 3, 3 ................................................ 8; 9; 38

Hist. Arc. vel Aned., XXX, 3-4 ................................ 38

Hist. Bell., II, 20, 20 .................................................. 9

Hist. Bell., III, 16, 12 ................................................. 8

Prop.,

IV, 8, 17-19 ............................................................. 35

Revue Archeéologique,

XLII, 1953, n. 76 ..................................................... 58

Rufin.,

Basil. Hom., I, 3, 1726c ........................................... 27

Rutil. Nam.,

de Red., I, 377 ......................................................... 37

S.H.A.,

Ant. Pius, 12 .............................................................. 7

Aurel., VII, 6. .......................................................... 42

Aurel., VII, 8 ........................................................... 34

Aurel., XXV, 5 ........................................................ 28

Hadr., VII .................................................................. 7

Hadr., X, 6 .................................................. 34; 42; 51

Max., XXXI, 2 ......................................................... 28

Pertin., I, 6 .............................................................. 78

Sett. Sev., I, 10 ................................................... 33; 41

Sett. Sev., XIV, 2 ....................................................... 7

Sett. Sev., XXII, 4 .................................................... 27

Sev. Alex., XLV, 2 ....................................... 27; 31; 41

Sev. Alex., XLVII, 1 .......................................... 28; 41

Sev. Alex., XLVIII, 4 ............................................... 28

Sen.,

de Benef., I, 14, 1..................................................... 41

Sid. Apoll.,

Epist., VIII, 11, 3, 42 ss. .......................................... 16

Stat.,

Silv., IV, 15-19 ........................................................ 12

Silv., IV, 9 ............................................................... 12

Strab.,

XII, 8, 17 ................................................................. 37

Strabo,

V, 4, 13 .................................................................... 78

Suet.,

Aug., 49-50 ................................................................ 7

Nero, XXXVII, 2............................................... 29; 41

Tib., XXXVII, 2 ...................................................... 29

Tit., X, 3 ............................................................ 23; 40

Vitell., VII, 3 ........................................................... 15

Vitell., VII, 6 ............................................... 31; 34; 42

Vitell., XIII, 6 .................................................... 36; 42

Sulp.Sev.,

Epist., I, 10 .............................................................. 27

Symm.,

Epist., CV, 105-106 ................................................. 13

Epist., I, 20, 3 .......................................................... 24

Epist., II, 27 ................................................. 13; 24; 40

Epist., VII, 32, 1 ...................................................... 24

Epist., VIII, 58, 1 ..................................................... 24

Epist., XLVI, 7 ........................................................ 13

Tac.,

Ann., IV, 27, 1 ......................................................... 14

Hist., II, 64, 1 .......................................................... 42

Tert. Apol.,

XLII, 2 ..................................................................... 41

Varro,

Re Rust., I, 2, 23 .................................... 34; 35; 36; 42

Veg.,

Epit. Rei Mil., III, 8, 1 ss. .................................. 31; 40

Epit. Rei Mil., III, 8, 2 ............................................. 26

Ven.Fort.,

Vita Leob., XV, 49 .................................................. 29

Elenco Tavole e Figure

230

Elenco tavole e figure

Per cercare di ovviare alle rimarcate differenze di resa grafica nei rilievi e nelle carte “corografiche”, e per fornire uno

strumento di valutazione al lettore, si è deciso di ridurre la documentazione grafica in scala quanto più possibile uniforme.

Si è scelta la scala 1:200 per i rilievi delle strutture riconducibili alle stazioni stradali, più raramente la scala 1:400 per i

rilievi di strutture di maggior dimensioni, che non si sarebbero potute altrimenti acquisire. La scala 1:400 è stata adottata

anche per le tavole comparative degli stabilimenti termali, dove anche si è adottato un orientamento uniforme a nord,

orientamento che – essendo apparso condizionato da fattori topografici sempre diversi, legati prevalentemente alla viabilità

- è stato, invece, lasciato invariato nelle rielaborazioni grafiche delle strutture residenziali.

Le piante generali, come anche la maggior parte delle piante delle stazioni stradali provinciali presentate come confronto,

sono state ridotte in scala 1:1000.

Quando si è presentata la carta topografica pubblicata dagli editori, si è adeguata la scala ad un formato standard,

differente a seconda dell’ampiezza dell’area geografica inquadrata.

Tav. I: Le schede delle Regiones I – Latium et Campania e IV - Samnium

Tav. Ia: Le schede delle Regiones I e VII nei dintorni di Roma

Tav. II: Le schede della Regio II – Apulia et Calabria

Tav. III: Le schede della Regio III – Bruttii

Tav. IV: Le schede delle Regiones V – Picenum, VI – Umbria e VII – Etruria

Tav. V: Le schede della Regio VIII – Aemilia

Tav. VI: Le schede delle Regiones IX – Liguria e XI – Transpadana

Tav. VII: Le schede della Regio X – Venetia

Tav. VIII: Edifici a corte da varie stazioni in Italia e nelle province. Scala 1:1000. a) Augusta Raurica (da BLACK 1995);

b) Rigomagus (da BORLA 1980); c) Tres Tabernae (da CASSIERI 1995); d) Saint Albans (da BLACK 1995); e) Alpis Graia

(da MOLLO MEZZENA 1995); f) Ad Sponsas (da MANCINI 1924).

Tav. IX: Edifici con più corti. Scala 1:1000. a) Kempten (da BLACK 1995); b) Alba Docilia (da TINÉ BERTOCCHI 1978).

Tav. X: Sezioni della via Appia, nei punti in cui la crepidine della strada si allarga a formare un marciapiede-piazzola. 1:

Villa dei Quintili; 2: Casal Rotondo; 3-4: prima e all’altezza del Mausoleo di Gallieno (scheda I.1: Ad Nonum); 5: dopo il

IX miliario; 6: al Casale di Mesa. Scala 1:200 (da QUILICI 1990).

Tav. XI: Hospitalia e contubernia. Scala 1:400. a) Carnuntum (da BLACK 1995); b) Villa Adriana (da BORGIA 1981); c)

Rottweil (da BLACK 1995); d) Inchtuthill (da BLACK 1995); e) RICHBOROUGH (da BLACK 1995); f) Ad Vacanas (da

GAZZETTI 1995).

Tav. XII: Stabilimenti termali in Italia: a) Valesium (da BORSMA 1995); b) Altanum (SABBIONE – BARELLO – BRIZZI –

CARDOSA 1997); c) Napoli (Soprintendenza Archeologica); d) Ad Vacanas (GAZZETTI 1985); e) MALVITO (FLAMBARD –

LUPPINO 1985). Scala 1:400.

Tav. XIII: Stabilimenti termali in Italia: a) Aqua Viva (EVRARD 1962); b) Locri (AVETTA – MARCELLI – SASSO – D’ELIA

1991); c) Annicia (ARSLAN 1966); d) Sabate (MENGARELLI 1899); e) Germa(--) (MOLLI BOFFA 1980); f) Aquae Albulae

(MARI 1983). Scala 1:400.

Fig. 1. Pianta generale della mansio di Inchtuthil. Scala 1:1000 (da BLACK 1995).

Fig. 2. Pianta degli edifici E ed F della mansio di Richborough. Scala 1:400 (da BLACK 1995).

Fig. 3. La mansio di Newstead, nella sua fase principale. Scala 1:1000 (da BLACK 1995).

Fig. 4. La stazione di Thésèe, presso Loir-et-Cher. Scala 1:1000 (da CHEVALLIER 1998).

Fig. 5. La stazione di Chameleux – Williers: rilievo dell’abitato e delle strutture della stazione. Scala 1:400 (da MERTENS

1971)

Fig. 6. La stazione di Immurium presso Moosham. Scala 1:1000 (da BENDER 1975).

Fig. 7. La stazione di Wadi es Sidr. Scala 1:400 (da BEAUVERY 1952).

Fig. 8. La stazione della Numidia meridionale. Scala 1:400 (da ROMANELLI 1970).

Fig. 9. La stazione di Bab el Mukheinig. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 10. Il castrum di Saalburg-Kastells. Scala 1:1000 (da BENDER 1975).

Fig. 11. La stazione di Kasr al Banat. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 12. La stazione di El Homra. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 13. Il fortino di El Mweith. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 14. Il fortino di Tell al Zarka. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 15. Il Mons Claudianus nella fase di II secolo d.C. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 16. Il Mons Claudianus nella fase tardo imperiale. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Elenco Tavole e Figure

231

Fig. 17. La stazione di El Heita. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).

Fig. 18. La mansio di Augusta Raurica. Con la lettera “h” sono indicati gli ambienti dotati di ipocausto. Scala 1:1000 (da

BENDER 1975).

Fig. 19. La Via Appia dal miglio VIII al miglio IX nel rilevamento del Canina (1852-54), con indicazione della stazione

di Ad IX.

Fig. 20. Stabilimento termale in loc. Casale Bonanni, lungo la via Prenestina. Scala 1:200 (da CALCI – MESSINEO 1991-

92).

Fig. 21. Resti del luogo di sosta lungo la via Tiburtina Cornicolana. Scala 1:200 (da MARI – MOSCETTI 1991-92).

Fig. 22. Scheda I.2: Ad Sponsas. Struttura di servizio (? A-B) e basilica cimiteriale cristiana. Scala 1:200 (da MANCINI

1924).

Fig. 23. Scheda I.3: Tres Tabernae. Scala 1:400 (da CASSIERI 1995).

Fig. 24. Scheda I.4: Stazione anonima al IV miglio della via Latina. Dettaglio del complesso adibito a luogo di sosta.

Scala 1:400 (da EGIDI 1995).

Fig. 25. Scheda I.6: Stazione anonima presso Rossilli. Pianta del complesso localizzato presso la chiesa abbaziale, a lato

della via Latina. Scala non indicata (da LUTTAZZI – PERIN 1998).

Fig. 26. Scheda I.7: Visione prospettica della fontana-ninfeo della stazione di Ad Statuas (da MANDRUZZATO 1993).

Fig. 27. Scheda I.7: Ad Statuas. Scala 1:200 (da GATTI - REGGIANI 1993).

Fig. 28. Scheda I.8: Stazione anonima al IX miglio della via Prenestina (Ad Nonum?). Pianta del complesso archeologico.

Scala 1:1000 (da QUILICI 1974).

Fig. 29. Scheda I.8: Stazione anonima al IX miglio della via Prenestina (Ad Nonum?). L’edificio identificato come

struttura di sosta. Scala 1:200 (da MANCINI 1912).

Fig. 30. Scheda I.9: Ad Turres Albas. Resti della stazione. Scala 1:400 (da EGIDI 1980).

Fig. 31. Scheda I.10: Stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Rebibbia. Scala 1:200 (da STAFFA 1985).

Fig. 32. Scheda I.10: Ricostruzione della stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Rebibbia, nel corso della V Fase

(IV secolo d.C.) (da STAFFA 1985).

Fig. 33. Scheda I.12: La via Tiburtina antica tra i km. 14,500 e 14,900. Scala 1:1000 (da CALCI – MESSINEO 1989-90).

Fig. 34. Scheda I.12: Stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Settecamini. Scala 1:200 (da CALCI – MESSINEO

1989-90).

Fig. 35. Scheda I.11: La via Tiburtina antica tra il bivio di Settecamini e via M. Simone. Scala 1:1000 (da CALCI –

MESSINEO 1989-90).

Fig. 36. Scheda I.11: Stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Settecamini. Scala 1:200 (da STAFFA 1985).

Fig. 37. Scheda I.13: Stazione anonima presso la Magliana. Scala 1:200 (da CIANFRIGLIA ET ALII 1991-92).

Fig. 38. Scheda II.:2: San Giusto (Praetorium Laverianum?). Pianta dell’area archeologica. In retinato, il battistero e le

ecclesiae. Scala 1:1000 (da SAN GIUSTO 1998).

Fig. 39. Scheda II.2: San Giusto (Praetorium Laverianum?). Il complesso 1: ambienti di servizio e gli alloggi. Scala 1:200

(da SAN GIUSTO 1998).

Fig. 40. Scheda II.2: San Giusto (Praetorium Laverianum?). Villa: settore produttivo e residenziale. Scala 1:200 (da SAN

GIUSTO 1998).

Fig. 41. Scheda II.3: Valesium. Carta schematica della localizzazione dello stabilimento termale entro la cinta muraria (da

BOERSMA 1995).

Fig. 42. Scheda II.3: Valesium. Pianta d’insieme dell’area scavata. Scala 1:1000 (da BOERSMA 1995).

Fig. 43. Scheda II.3: Valesium. Pianta dell’edificio repubblicano. Scala 1:200 (da BOERSMA 1995).

Fig. 44. Scheda II.3: Valesium. Pianta dello stabilimento termale. Scala 1:200 (da BOERSMA 1995).

Fig. 45. Scheda II.3: Valesium. Ricostruzione dello stabilimento termale, visto da SW. Scala 1:200 (da BOERSMA 1995).

Fig. 46. Scheda III.1: Nerulum. Pianta delle strutture archeologiche. Scala 1:200 (da BOTTINI 1988).

Fig. 47. Scheda III.1: Nerulum. Caratterizzazione delle fasi e delle funzioni dei vani. Scala 1:200 (da BOTTINI 1988).

Fig. 48. Scheda III.5: Scyle. Planimetria generale dello scavo con indicazione delle fasi:1) in bianco IV- V secolo d.C.; 2)

in puntinato (VI secolo). Scala 1:200 (da COSTAMAGNA 1991).

Fig. 49. Scheda III.6: Altanum a. Casignana, loc. Palazzi. L’edificio termale. Scala 1:400 (da SABBIONE – BARELLO -

BRIZZI - CARDOSA 1997).

Fig. 50. Scheda III.7: Locri. Quote S. Francesco. Planimetria generale dell’area archeologica. Scala 1:400 (da AVETTA -

MARCELLI – SASSO D’ELIA 1991).

Fig. 51. Scheda III.8: Ad Vicesimum. Carta dell’area archeologica in loc. Piano della Lista. Scala 1:1000 (da TUCCI 1987).

Fig. 52. Scheda III.9: Stazione anonima presso Malvito. Insieme delle emergenze archeologiche oggetto di scavo e

rilevate mediante indagini geofisiche di resistività. Scala 1:1000 (da CROGIEZ - KEMORVANT 1993).

Fig. 53. Scheda III.9: Stazione anonima presso Malvito. Pianta del complesso termale. Scala 1:200 (da FLAMBARD -

LUPPINO 1985).

Fig. 54. Scheda IV.1: Aquae Cutiliae. Stabilimento termale. Pianta. Scala 1:400 (da DE PALMA 1985).

Fig. 55. Scheda IV.2: Stazione anonima presso Torrita di Amatrice. Scala e orientamento non indicati. (da SPADONI –

REGGIANI 1992).

Elenco Tavole e Figure

232

Fig. 56. Scheda IV.4: Stazione anonima presso Casalbordino. I resti della stazione presso S. Stefano in Rivo Maris. Scala

1:1000 (da STAFFA – PELLEGRINI 1993).

Fig. 57. Scheda VI.1: Stazione anonima presso Cattolica. Planimetria dello scavo in casa Filippini. Scala non

determinabile (da MAIOLI 1995).

Fig. 58. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Stralcio catastale con il posizionamento dei tre settori di scavo. Scala 1:1000

(da COSENTINO 1990).

Fig. 59. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Settore A. Tratto della via Aurelia e sepolture terragne. Scala 1:200 (da

COSENTINO 1990).

Fig. 60. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Settore B. Aurelia antica. Scala 1:200 (da COSENTINO 1990).

Fig. 61. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Settore C. Scala 1:200 (da COSENTINO 1990).

Fig. 62. Scheda VII.2: Fregenae. Resti delle strutture murarie. Scala 1:200 (da LUGLI 1929).

Fig. 63. Scheda VII.5: Quintiana. Pianta dell’area esplorata della villa rustica, con indicazione delle fasi edilizie e delle

funzioni assegnabili ai vani. Scala 1:200 (da AOYAGI - FOSCHI 1997).

Fig. 64. Scheda VII.6: Cosa. Pianta dell’arx. A tratteggio i resti delle strutture di fortificazione di VI secolo d.C. e in nero

quelle ricondotte alla mansio. Scala 1:1000 (da FENTRESS – CLAY – HOBBART – WEBB 1991).

Fig. 65. Scheda VII.6: Cosa. Ricostruzione del castrum localizzato sull’arx nel VI secolo d.C. (da FENTRESS – CLAY –

HOBBART – WEBB 1991).

Fig. 66. Scheda VII.7: Albinia. Pianta delle strutture esplorate in loc. Torre delle Saline. Scala 1:200 (da CIAMPOLTRINI

1997).

Fig. 67. Scheda VII.7: Albinia. Ricostruzione assonometrica delle strutture esplorate in loc. Torre delle Saline. Scala

1:200 (da CIAMPOLTRINI 19997)

Fig. 68. Scheda VII.8: Telamon a. Pianta delle strutture per l’approvvigionamento idrico presso la Collina di Bengodi.

Scala 1:400 (da PASQUI 1908).

Fig. 69. Scheda VII.12: Turrita o Ad Herculem. Collesalvetti. Planimetria dell’edificio con caratterizzazione delle

funzioni dei vani. Scala non determinabile (da ESPOSITO - PALERMO 1995).

Fig.70. Scheda VII.13: Stazione anonima presso La Storta. Pianta dei resti archeologici, con indicazione delle fasi e delle

funzioni assegnabili ai vani. Scala 1:200 (da STEFANI 1913).

Fig. 71. Scheda VII.16: Aquae Apollinares ?. Pianta generale dei resti antichi presso le terme di Vicarello. Scala 1:1000

(da COLINI 1979).

Fig.72. Scheda VII.16: Aquae Apollinares? Dettaglio delle sostruzioni della villa. Scala 1:1000 (da VIRGILI 1988).

Fig. 73. Scheda VII.17: Ad Sextum. Pianta della porzione indagata. Scala 1:200 (da WARD PERKINS 1959).

Fig. 74. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Pianta generale dell’area di scavo. Scala 1:1000 (da GAZZETTI 1995).

Fig. 75. Scheda VII.18: Ad Vacanas. La piazza lastricata. Scala 1:400 (da GAZZETTI 1995).

Fig. 76. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Il cd. Albergo. Scala 1:200 (da GAZZETTI 1995).

Fig. 77. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Le terme. Scala 1:400 (da GAZZETTI 1995).

Fig. 78. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Le terme: visione assonometrica dei resti. Scala 1:400 (da GAZZETTI 1995).

Fig. 79. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Le terme. Ipotesi di ricostruzione (da GAZZETTI 1995).

Fig. 80. Scheda VII.18: Ad Vacanas. La cd. Caserma. Scala 1:200 (da GAZZETTI 1995).

Fig. 81. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Pianta dei ruderi rilevati alla fine dell’800. Scala non

indicata (da CARTA ARCHEOLOGICA 1972).

Fig. 82. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Planimetria generale dello scavo con indicazione

dei saggi (stralcio della carta catastale del Comune di Viterbo, ff. 224-225) (da BARBIERI 1992-93).

Fig. 83. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Pianta dei resti individuati entro il saggio C. Scala

1:200 (da BARBIERI 1992-93).

Fig. 84. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Resti della struttura semicircolare rilevata nel saggio

E. Scala 1:50 (da BARBIERI 1992-93).

Fig. 85. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. La vasca a lato del basolato individuata entro il

saggio F. Scala 1:50 (da BARBIERI 1992-93).

Fig. 86. Scheda VIII.1: Claterna. Castel S. Pietro. Pianta generale dei rinvenimenti. In grigio gli assi stradali ipotizzati o

intercettati. Con il tratto punto/linea sono indicati gli ingombri ipotetici degli edifici. Scala 1:10.000 (da ORTALLI 1996).

Fig. 87. Scheda VIII.2: Stazione anonima presso Bagno di Romagna. Resti archeologici del luogo di sosta. Scala 1:200

(da ORTALLI 1992).

Fig. 88. Scheda VIII.3: Stazione anonima presso Strada Casale. Pianta dell’edificio. A tratteggio i muri di prima fase, in

chiaro in muri della seconda. Scala 1:400. (da MAIOLI 1990).

Fig. 89. Scheda IX.1: Alba Docilia. Pianta della struttura di servizio. Scala 1:700 circa (da TINÉ BERTOCCHI 1976)

Fig. 90. Scheda IX.3: Lucus Bormani b. Pianta dei resti dell’edificio A. Scala 1:200 (da SURACE 1984).

Fig. 91. Scheda IX.4: Costa Ballenae. Regione Foce: pianta dei resti dello stabilimento termale. Scala 1:200 (da

LAMBOGLIA 1942).

Fig. 92. Scheda IX.4: Costa Ballenae. Area del torrente Armea. Resti di strutture murarie d’arginatura al corso d’acqua e

di tombe terragne (nn.1,4) e alla cappuccina (nn. 2-3, 6-5). Scala 1:200 (da LAMBOGLIA 1942).

Elenco Tavole e Figure

233

Fig. 93. Scheda IX.4: Costa Ballenae. Capo Don. Resti dell’edificio battesimale. Scala 1:200 (da LAMBOGLIA 1942).

Fig. 94. Scheda X.1: Pons Aesonti. Rilievo delle strutture presso la chiesetta di Mainizza. Scala 1.200 (da DREOSSI

1953).

Fig. 95. Scheda X.2: Hadriani. Pianta dei resti della struttura di sosta. Scala 1:200 (da DALEMULLE 1986).

Fig. 96. Scheda X.3: Fossis. Pianta dei resti della struttura di sosta e della darsena. Scala 1:400 (da SANESI

MASTROCINQUE 1986).

Fig. 97. Scheda X.4: Saebatum. Planimetria generale dell’abitato con gli edifici “con suspensurae” e a “pianta poligonale.

Scala 1:400 (da BRUSIN 1940).

Fig. 98. Scheda X.5: Fons Timavi. Resti dello stabilimento termale. Scala e orientamento non indicati (da SCOTTI

MASELLI 1979).

Fig. 99. Scheda X.5: Fons Timavi. Pianta dell’edificio presso S. Giovanni di Duino (scala 1:200), con dettaglio dei

rivestimenti pavimentali degli ambienti II e IV. Scala 1:200 (da SCOTTI MASELLI 1979).

Fig. 100. Scheda XI.1: Stazione anonima presso Saint Vincent. Pianta dei resti dello stabilimento termale presso la chiesa

parrocchiale. Scala 1:200 (da MOLLO MEZZENA 1995).

Fig. 101. Scheda XI.1: Stazione anonima presso Saint Vincent. Assonometria ricostruttiva dei resti dello stabilimento

termale presso la chiesa parrocchiale. Scala 1:200 (da MOLLO MEZZENA 1995).

Fig. 102. Scheda XI.3: Summus Poeninus. Pianta dei resti archeologici al valico del Gran S. Bernardo. Scala 1:1000

(elaborazione da BAROCELLI 1948).

Fig. 103. Scheda XI.3: Summus Poeninus. Ricostruzione ideale dell’insediamento del Gran S. Bernardo (da DENTI 1991).

Fig. 104. Scheda XI.4: Alpis Graia. Pianta dei resti al valico del Piccolo S. Bernardo (rielaborazione da BAROCELLI

1948).

Fig. 105. Scheda XI.4: Alpis Graia. Pianta della “mansio orientale” (fig. precedente, “A”). Scala 1:200 (da MOLLO

MEZZENA 1995).

Fig. 106. Scheda XI.4: Alpis Graia. Ricostruzione ideale dell’edificio A (da CHEVALLIER 1998).

Fig. 107. Scheda XI.4: Alpis Graia. Pianta dell’edificio “C”. Scala 1:200 (da BAROCELLI 1948).

Fig. 108. Scheda XI.5: Rigomagus. Pianta della struttura di sosta. Scala 1:400 (da BORLA 1973).

Fig. 109. Villa Adriana, Tivoli. Pianta degli “hospitalia”. Scala 1:400 (da BORGIA 1981).

Fig. 110. Villa Adriana, Tivoli. Ipotesi ricostruttive per gli “hospitalia”. Scala 1:400 (da BORGIA 1981).

Fig. 111. Il cosiddetto stabulum Hermetis di Pompei. Scala 1:200 (da PARKER 1978).

Fig. 112. Dettaglio della carta della via Appia del Canina (1852-54). La stazione di Ad IX.

Fig. 113. Particolare della stazione di Aricia nel rilevamento del Canina (1852-54).