Le strutture di servizio del cursus publicus in Italia: ricerche topografiche ed evidenze...
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Cristina Corsi
“Le strutture di servizio del cursus publicus in Italia:
ricerche topografiche ed evidenze archeologiche”
i
SOMMARIO
RINGRAZIAMENTI iii
RIASSUNTI iv
PRESENTAZIONE 1
CAPITOLO I
STORIA DEGLI STUDI 4
CAPITOLO II
VIE DI COMUNICAZIONE E MEZZI DI TRASPORTO IN EPOCA ROMANA
II.1 Il Cursus Publicus 6
II.2 Viae Publicae e Viae Militares: Uomini, armi e merci lungo le vie dell’impero 11
II.3 Vie d’acqua e vie di terra: Produzione, trasporto e distribuzione delle merci 14
II.4 Aspetti sociali delle stazioni nella letteratura antica 15
CAPITOLO III
LE FONTI 20
III.1 Le Fonti Letterarie 22
III.2 Le Fonti Giuridiche 44
III.3 Le Fonti Epigrafiche 53
III.4 Le Fonti Itinerarie 60
III.5 La Tabula Peutingeriana 63
III.6 La Toponomastica 65
III.7 Le Fonti Iconografiche 66
III.8 Conclusioni 70
CAPITOLO IV
CONFRONTI: STAZIONI INDAGATE NELLE PROVINCE 78
CAPITOLO V
RASSEGNA TOPOGRAFICA 83
CAPITOLO VI
RASSEGNA ARCHEOLOGICA 113
CAPITOLO VII
CONCLUSIONI: STAZIONI ITINERARIE E LUOGHI DI SOSTA ENTRO I CONFINI
DELL’ITALIA AUGUSTEA 169
BIBLIOGRAFIA ED ABBREVIAZIONI 193
SOMMARIO ANALITICO 223
INDICE DELLE FONTI CLASSICHE 227
ELENCO DELLE TAVOLE E DELLE FIGURE 230
TAVOLE E FIGURE 234
ii
Ringraziamenti
Questo lavoro riproduce quasi integralmente la mia tesi di Dottorato in Archeologia (Topografia), discussa nell’aprile del
2000 presso l’Università degli Studi di Bologna. Sono profondamente debitrice a Giovanni Uggeri, che in questa
esperienza del dottorato è stato il mio Tutore, della mia intera formazione di “esperta di viabilità romana”: questo lavoro
intende anche inserirsi nelle linee di ricerca che nella sua lunghissima esperienza ha tracciato; un sincero ringraziamento
va a Stella Patitucci per i consigli e l’interessamento al mio lavoro ed alla mia formazione professionale che sempre mi ha
riservato. Ringrazio tutti i membri della commissione di dottorato dell’Università di Bologna, dai quali sono venuti
suggerimenti e consigli: Pier Luigi Dall’Aglio, Giovanni Maria De Rossi, Piero Alfredo Gianfrotta, Cairoli Fulvio
Giuliani, Lorenzo Quilici, Guido Rosada, Daniela Scagliarini e Paolo Sommella. Profondo affetto è per i colleghi che
hanno diviso con me l’esperienza del dottorato, e con i quali si è instaurato un rapporto bellissimo e molto formativo:
come amici e come indispensabili “consulenti” ricordo Giovanna Cera, Riccardo Chellini, e soprattutto Marco Destro,
Luisa Marchi e Maria Milvia Morciano, ai quali tutti va la più profonda stima. Ai più cari tra i colleghi, Federica Montorsi
e David Nonnis, non posso che esprimere la mia sincera gratitudine per aver tanto pazientemente rivisto il mio testo e per
tutti gli indispensabili suggerimenti che mi hanno dato.
Sono debitrice di suggerimenti anche a Manlio Lilli, Sabrina Pietrobono, Pierfrancesco Porena e Massimiliano Valenti,
che mi onorano della loro amicizia.
Alcune delle elaborazioni grafiche sono di Giovanni Contadini, e per la parte informatica sono stata consigliata da
Gianmarco Angelini.
Questa ricerca è stata condotta quasi interamente nelle biblioteche dell’Istituto Archeologico Germanico e della Scuola
Britannica di Roma: ai direttori ed al personale di questi istituti va la mia più profonda riconoscenza per aver messo a
disposizione della comunità scientifica e, soprattutto di noi romani, un incommensurabile patrimonio librario altrimenti,
inaccessibile. Gratitudine va, in particolare, a John ed Erica Hedges che, come redattori di questa serie, hanno accettato
con entusiasmo e calore la proposta di pubblicare la mia ricerca: vedere accolto il mio lavoro tra i volumi dei British
Archeological Reports è per me un onore incommensurabile, e spero di essere all’altezza del prestigio che l’impegno di
tanti studiosi ha costruito in lunghi anni.
La dedica è alla mia famiglia tutta, ma soprattutto ai miei genitori, che non solo mi hanno sempre sostenuto, ma che tanto
mi hanno - anche materialmente - aiutato a portare a termine questa ricerca, ed il pensiero va a chi tanto mi ha
incoraggiato, ma di questa fatica non ha potuto vedere la fine.
iii
SOMMARI
Le strutture di servizio del cursus publicus in
Italia:
Ricerche topografiche ed evidenze
archeologiche.
Questa ricerca mira ad enucleare la consistenza delle
stazioni itinerarie distribuite lungo la viabilità romana
entro i confini dell’Italia Augustea, in base all’evidenza
offerta dagli studi topografici e dal dato archeologico.
Dopo la storia degli studi sull’argomento, che inquadrasse i
lavori – poco numerosi – che fino ad oggi hanno inteso
affrontare una raccolta di dati sulle stazioni stradali
(Capitolo I), si è cercato di presentare una ricostruzione
sintetica dell’organizzazione del cursus publicus nel suo
sviluppo storico, ma anche di mettere a fuoco tutte le altre
attività di trasferimento di merci ed individui che per il
loro svolgersi hanno richiesto l’impianto di strutture
materiali posizionate lungo le strade: tale premessa mira a
quantificare e qualificare il traffico che ha interessato le
stazioni stradali, che le fonti ci dimostrano essere state
frequentate anche dai privati cittadini, ed aver funzionato
da collettori e punti di distribuzione delle merci. Si è
cercato di capire, in particolare, quale fosse il vero
rapporto tra imprenditoria privata e gestione statale
nell’ambito delle stazioni stradali (Capitolo II).
Il capitolo III analizza le fonti antiche (divise in 1.
Letterarie, 2. Giuridiche, 3. Epigrafiche, 4. Itinerarie, 5.
Tabula Peutingeriana, 6. Toponomastiche, 7.
Iconografiche) che contengono un vocabolo che indica il
luogo di una sosta effettuata nel corso di un trasferimento,
nel tentativo di ricostruire il lessico tecnico utilizzato dagli
antichi nel suo evolversi nel tempo, e di enucleare le
informazioni che le fonti ci tramandano circa le scelte
insediative e le dotazioni infrastrutturali che le
caratterizzavano. Attraverso queste fonti si recuperano dei
dati rilevanti anche sull’organizzazione interna e sulla
qualificazione funzionale di alcuni spazi, che resterebbero
inafferrabili da un punto di vista archeologico. Si misura
anche quanto le presenza di queste stazioni e dei luoghi di
sosta in generale fosse rilevante nell’organizzazione
territoriale e per questo rappresentasse un caposaldo delle
esigenze amministrative di un comprensorio. Tale raccolta
dimostra che in antico non vi furono vocaboli riservati al
solo cursus, e che la strutturazione del lessico rimase
fluida, in parallelo con quella materiale, fino al IV secolo
d.C.
Il IV capitolo è dedicato alle fonti archeologiche fuori
dell’Italia Augustea: questi termini di confronto appaiono
particolarmente "illuminanti", in quanto nelle province
molte stazioni sono sorte ex novo in località non ancora
urbanizzate e sono state fatte oggetto di scavi archeologici
estensivi. Per la mancanza di condizionamenti precedenti e
per la chiara articolazione distributiva emersa dagli scavi,
questi siti possono darci veramente un’idea concreta di
come fosse strutturata una stazione stradale nel mondo
romano provinciale.
Nella seconda parte si intraprende una preliminare raccolta
di documentazione sulle stazioni stradali per le quali
sussiste qualche elemento indiziario utile
all’inquadramento delle loro caratteristiche (Capitolo V:
Rassegna Topografica). La schedatura mira a raccogliere
ogni dato utile per diagnosticare le scelte insediative che
furono operate nell’impianto di una stazione, circa il
rapporto tra la stazione ed il territorio circostante, anche
nelle preesistenze, l’integrazione con altre vie di
comunicazione – terrestri, fluviali o marittime -, la
cronologia di alcune occupazioni, lo stanziamento di aree
sepolcrali e luoghi di culto pagani o cristiani ed il
fenomeno della continuità nell’occupazione o nella
funzione. Nel VI capitolo (Rassegna Archeologica), si è
intrapresa la prima schedatura delle emergenze
archeologiche italiane, qualificate o qualificabili come
stazioni stradali, secondo uno schema che mira a rendere
più facilmente comparabili dati di qualità molto diversa.
Qui sono stati presi in considerazione anche alcuni
insediamenti che non sono definibili come "stazioni
itinerarie", perché non risultano menzionati in alcuna fonte
itineraria antica, ma che la contiguità topografica con il
tracciato della strada romana e, spesso, l’integrazione con
esso, l’articolazione planimetrica, e le dotazioni
infrastrutturali qualificano come luogo di sosta legato alla
viabilità: tali complessi archeologici concorrono, quindi,
alla diagnosi delle caratteristiche che una stazione stradale
doveva avere, e consentono di calcolare quanto la cadenza
dei luoghi di sosta fosse integrata con le esigenze del
trasferimento di notizie, individui e merci, a piccola e
grandissima scala, nel campo pubblico come nel privato.
Nelle conclusioni (Capitolo VII) emerge per l’Italia una
situazione assai meno lineare che per le province, anche se
sono documentate alcune costanti nelle scelte topografiche
dei luoghi di sosta, che debbono possedere alcuni requisiti
indispensabili. Quando il dettaglio delle edizioni lo ha
consentito, si è chiarito il rapporto intercorso tra le stazioni
vere e proprie e gli elementi del paesaggio che ne hanno
preceduto e catalizzato lo stanziamento o gli agglomerati
che, viceversa, ne sono stati attratti all’intorno. Si è
verificato che spesso gli stabili si distribuiscono da
entrambi i lati della strada, e si qualificano come strutture
deputate a diverse funzioni (ricezione, ristorazione,
magazzini, impianti termali, esercizi commerciali, botteghe
di artigiani, stalle e aree scoperte). Le aree scoperte,
rappresentano il punto centrale intorno al quale si
dispongono le volumetrie, accogliendo i punti di
rifornimento idrico, ed essendo variamente raccordate al
tracciato stradale (accessi basolati, ingressi carrozzabili,
deverticoli che consentono di raggiungere gli edifici posti
in posizione più arretrata o piazzole che facilitano le
manovre). In molti casi, si è potuto documentare l’impegno
tecnico che ha presieduto alla realizzazione delle
iv
infrastrutture, soprattutto per quanto riguarda le opere di
captazione, approvvigionamento, distribuzione e
smaltimento delle risorse idriche, ed, in particolare, la
costruzione degli impianti termali, che in quasi ogni
complesso corredano la stazione. Nelle tecniche costruttive
si rileva nella maggior parte dei casi una integrazione con
le tecniche locali, e quindi una forte incidenza dei
condizionamenti ambientali, climatici e culturali, che
complicano la diagnosi delle linee progettuali che
presiedettero agli impianti e della eventuale pianificazione
ad opera del potere centrale. Emerge dai manufatti
superstiti un’apparenza contraddittoria di austerità o di
ostentata ricchezza, che per il momento non è chiaramente
spiegabile, ma che è pienamente in linea con quella
mancanza di appiattimento, che caratterizza le soluzioni
metropolitane rispetto a quelle provinciali. A livello
cronologico, si è potuto verificare che, per quanto la
percentuale di impianti assegnabili all’età augustea o ai
decenni iniziali del I secolo d.C. sia piuttosto consistente,
le costruzioni, gli adeguamenti e le ristrutturazioni sono
maggiormente relazionabili ad eventi occasionali
(inondazioni, incendi, crisi economica, ecc.), e raramente
alle attività di restauro e trasformazione dei tracciati viari,
nelle loro singole realtà territoriali, piuttosto che alle fasi di
modificazione dell’amministrazione della vehiculatio.
Questa diversità di soluzioni o imprevedibilità di iniziative
che è stata riscontrata nell’area vicina al centro del potere,
rispetto alla monotonia delle soluzioni più periferiche, è il
risultato storicamente più significativo di questa ricerca.
Las estructuras de servicio del cursus publicus
en Italia:
Estudio topográfico e indicios arqueológicos. Este trabajo tiene como objetivo el análisis de las
estaciones itinerarias distribuidas a lo largo de la red viaria
romana dentro de los límites de la Italia Augustal, en
función de los datos proporcionados por los estudios
topográficos y la arqueología. Tras una historia de la
investigación en torno al argumento, que comprende los
trabajos – poco numerosos – que se han ocupado hasta la
fecha de recoger los datos provenientes de las estaciones
viarias (capítulo I), se ha querido presentar una
reconstrucción sintética de la organización del cursus
publicus en su devenir histórico, sin olvidar las restantes
actividades de transporte de mercancías o individuos que
por su propio desarrollo requerían la instalación de
estructuras materiales situadas a lo largo de las vías. Tal
premisa pretende cuantificar y cualificar el tráfico de las
estaciones viarias, las cuales – según nos muestran las
fuentes – fueron transitadas también por ciudadanos
particulares, funcionando además como puntos de
distribución de las mercancías. Se ha intentado
comprender, en especial, cuál era la verdadera relación
entre iniciativa privada y gestión estatal en el ámbito de las
estaciones viarias (capítulo II).
El capítulo III analiza aquellas fuentes antiguas (divididas
en 1. Literarias; 2. Jurídicas; 3. Epigráficas; 4. Itinerarias;
5. La tabula Peuntingeriana; 6. Toponomásticas; 7.
Iconográficas) que contienen algún vocablo que señala el
lugar de parada efectuada durante un traslado, en el intento
de reconstruir el léxico técnico empleado por los antiguos a
lo largo del tiempo y de extraer las informaciones que nos
transmiten las fuentes acerca de las soluciones de
asentamiento y la dotación infraestructural que las
caracterizaba. Mediante estas fuentes se recuperan también
algunos datos relevantes relativos a la organización interna
y a la cualificación funcional de ciertos espacios, que
resultarían inabordables desde un punto de vista
arqueológico. Se considera además en qué medida la
presencia de tales estaciones y de los lugares de parada en
general era importante en la organización territorial,
constituyendo un punto fundamental de las exigencias
administrativas de una determinada área geográfica. Tal
colección de fuentes demuestra que en la Antigüedad no
existían términos reservados exclusivamente al cursus, y
que la estructuración del léxico – paralelamente a la
estructuración material – permaneció fluida hasta el siglo
IV d.C.
El capítulo IV está dedicado a las fuentes arqueológicas
recabadas fuera del ámbito de la Italia Augustal. Tales
términos de analogía resultan particularmente
esclarecedores, ya que muchas de las estaciones
provinciales surgieron ex novo en localidades todavía no
urbanizadas y han sido objeto de excavaciones
arqueológicas extensivas. Debido a la falta de
condicionamientos precedentes y a la clara articulación
distributiva reflejada por la arqueología, estos yacimientos
pueden proporcionarnos una idea concreta de cómo se
estructuraba una estación viaria en el mundo romano
provincial.
En la segunda parte se realiza una recopilación preliminar
de la documentación de aquellas estaciones viarias de las
cuales subsiste algún elemento útil para la ilustración de
sus características (capítulo V: Análisis topográfico). La
elaboración de las fichas tiene el objetivo de recuperar
cualquier dato válido para dilucidar las soluciones de
asentamiento elegidas a la hora de construir una estación,
la relación entre ésta y el territorio circundante – incluidas
las preexistencias –, la integración con otras vías de
comunicación (terrestres, fluviales o marítimas), la
cronología de algunas ocupaciones, el asentamiento de
áreas sepulcrales y lugares de culto paganos o cristianos y
el fenómeno de la continuidad de ocupación o de función.
En el capítulo VI (Análisis arqueológico) se ha realizado el
primer registro de los restos arqueológicos italianos
cualificados o cualificables como estaciones viarias, según
un esquema que pretende hacer más sencilla la
comparación de datos de muy diversa entidad. Se han
considerado aquí algunos asentamientos que no pueden
definirse como “estaciones itinerarias” – porque no son
mencionados en ninguna fuente itineraria antigua –, pero
que la contigüidad topográfica con el trazado de la vía
romana (y su frecuente integración con el mismo), la
articulación planimétrica y la dotación infraestructural
cualifican como lugar de parada ligado a la vialidad; tales
complejos arqueológicos, por lo tanto, participan de
aquellas características que una estación viaria debía
presentar, y permiten calcular en qué medida la cadencia
v
de los lugares de parada respetaba las exigencias de
traslado de noticias, individuos y mercancías a pequeña y
gran escala, tanto en el campo público como en el privado.
En las conclusiones (capítulo VII) se presenta para Italia
una situación bastante menos lineal que para las
provincias, si bien se documentan ciertas constantes en la
elección topográfica de los lugares de parada, que deben
cumplir algunos requisitos imprescindibles. Cuando lo ha
consentido el detalle de las ediciones, se ha intentado
dilucidar la relación entre los propias estaciones y los
elementos del paisaje que las han precedido y han
catalizado el asentamiento, o con las aglomeraciones que –
viceversa – han crecido en torno a ellas. Se ha podido
verificar que los edificios se distribuyen a menudo a ambos
lados de la vía, siendo destinados a funciones diversas
(recepción, restauración, depósitos, complejos termales,
establecimientos comerciales, talleres artesanales, establos
y áreas al aire libre). Las áreas abiertas constituyen el foco
central en torno al cual se dispone el entramado
constructivo, acogiendo los puntos de abastecimiento
hídrico y articulándose en manera varia con el trazado
viario (accesos empedrados, ingresos transitables, pasajes
que permiten alcanzar los edificios situados en posición
más apartada o explanadas que facilitan las maniobras). En
numerosos casos se ha podido documentar el despliegue
técnico inherente a la realización de las infraestructuras,
sobre todo por lo que se refiere a las obras de captación,
aprovisionamiento, distribución y drenaje de los recursos
hídricos, y en particular a la construcción de los complejos
termales que forman parte casi siempre de las estaciones
viarias. En cuanto a la técnica constructiva, se ha
constatado en la mayor parte de los casos una adecuación a
las técnicas locales, y por lo tanto una fuerte incidencia de
los condicionamientos ambientales, climáticos y culturales
que complica el análisis de las líneas proyectivas que
rigieron la construcción o de una eventual planificación
por parte del poder central. Se desprende de las
construcciones remanentes una apariencia contradictoria de
austeridad o de manifiesta riqueza, que por el momento no
encuentra una clara explicación pero que se sitúa
plenamente en línea con la diversidad que caracteriza las
soluciones metropolitanas con respecto a las provinciales.
A nivel cronológico se ha podido verificar que – aun
cuando el porcentaje de complejos datables en edad
augustal o en los primeros decenios del siglo I d.C. resulta
bastante elevado – las construcciones, los ajustes y las
reestructuraciones se deben poner en relación en la
mayoría de los casos con sucesos ocasionales
(inundaciones, incendios, crisis económicas...) – y en
menor medida con actividades de restauración y
transformación de los trazados viarios, en sus respectivas
modalidades territoriales –, y no tanto con las fases de
modificación de la administración de la vehiculatio.
Esta densidad de soluciones y el carácter imprevisible de
las iniciativas documentado en el área más próxima al
centro del poder, respecto a la monotonía de las soluciones
periféricas, constituye el resultado históricamente más
significativo de este trabajo de investigación.
1
PRESENTAZIONE
“Il fare una lista completa delle moltissime e spesso
contraddittorie opinioni espresse dagli studiosi sul
significato e sull’utilizzazione della terminologia che ha a
che fare con le strutture del cursus publicus, ci sembra
potrebbe già in sé per sé formare oggetto di una ricerca a
parte” (LEVI 1967). In queste parole è già sottolineata una
lacuna nella ricerca topografica, non ancora colmata a
distanza di trent’anni. Come vedremo, infatti, l’attenzione
degli studiosi è stata attratta, fino a tempi recenti, dalla
ricostruzione topografica della viabilità e
dall’identificazione delle stazioni itinerarie, spesso
incentrata sul mero studio toponomastico o sul calcolo
delle miglia; solo di recente si è estesa al suolo italico la
ricerca archeologica sulle strutture di servizio alla viabilità
e si è tentata una raccolta sistematica di dati (Capitolo I:
Storia degli Studi).
Questo lavoro contiene una proposta per una definizione
della realtà “stazione stradale”, che può dirsi solo
preliminare per un tentativo di sintesi.
Poche istituzioni amministrative romane vengono citate
più frequentemente del cursus publicus, ma di rado, nelle
trattazioni archeologiche, si affrontano alcuni aspetti
specifici di questa organizzazione, o più spesso ne vengono
sottovalutate le radicali trasformazioni che l’hanno
interessata: per questo, ho premesso – senza alcuna
presunzione di approfondimento o completezza - un
paragrafo in cui ho cercato di schematizzare le fasi di
istituzione e profonda riorganizzazione del servizio, per
verificare eventuali coincidenze cronologiche con gli
impianti delle strutture archeologiche e della loro
ristrutturazione, ma, soprattutto, di trasferire sul piano
archeologico le più recenti acquisizioni della storiografia
(che molto, in questo campo, è debitrice ad Eck),
affrontando solo le questioni che qui direttamente
interessano, soprattutto per quanto concerne le forme di
gestione1. Oltre alle infrastrutture di servizio alla viabilità
volute, progettate e manotenute ad opera del potere
centrale, sorsero, per iniziativa privata, molte altre strutture
ricettive, di servizio al traffico privato. Per approfondire
questo tema, mi sono potuta avvantaggiare di diversi
contributi bibliografici che hanno inteso indagare le
modalità del “viaggio” e dei trasporti nel mondo antico, ma
mancava, paradossalmente, a tutt’oggi, un inquadramento
sintetico, ma completo, delle questioni pertinenti i traffici,
gli spostamenti e i servizi di comunicazione nel mondo
romano, essendo troppo datate le trattazioni complessive
sul cursus e troppo frammentarie o letterarie quelle sui
viaggi nell’antichità e nel mondo cristiano. Ho cercato di
estrapolare, da questa vastissima messe di dati, le
informazioni circa le attività che si sono svolte lungo le
strade romane, e che per il loro espletamento hanno
richiesto l’impianto di strutture materiali, inquadrabili nel
vasto gruppo dei “luoghi di sosta”. Tra queste attività si
annoverano, infatti, oltre al cursus publicus, diversi servizi
governativi, quali l’annona civile e militare, con l’insieme
di sistemi di trasporto e stoccaggio, la sorveglianza militare
e di pubblica sicurezza, e le postazioni doganali. Ho
cercato, inoltre, di quantificare e qualificare il traffico di
privati cittadini che per motivi svariati si spostavano lungo
le vie dell’impero (Capitolo II: Vie di Comunicazione e
Mezzi di Trasporto in età Romana). In questo contesto, si è
affrontata anche la trattazione di alcune fonti antiche che,
pur relative a tutte queste attività che si svolgevano lungo
la viabilità, non ne descrivono le strutture materiali.
Molte risorse sono state investite nella raccolta delle fonti,
intrapresa con l’intento di chiarire se realmente il mondo
romano non abbia impiegato la terminologia tecnica per le
stazioni stradali in modo differenziato, o se non siano
intercorse nel tempo delle variazioni nel suo impiego. È
stato compilato un corpus delle fonti che menzionano
espressamente il nome generico del luogo di sosta, divise
in fonti letterarie, giuridiche, epigrafiche, itinerarie,
toponomastiche ed iconografiche, distinguendone la
cronologia come precedentemente indicato: ad ogni gruppo
di fonti è stato apposto un paragrafo di osservazioni: alla
fine del capitolo è stato possibile portare a termine delle
conclusioni, che valutano la diffusione cronologica e la
varietà delle sfumature semantiche dei vocaboli impiegati.
La raccolta si è dimostrata più complessa di quanto atteso
(sono state riportate quasi 200 testimonianze): la quantità
di fonti che contemplano vocaboli pertinenti alle stazioni
sono innumerevoli, ma molti di questi brani, anche
autorevolmente citati, sono in realtà da espungersi, in
quanto riferibili ad accezioni terminologiche diverse2.
Ancora più complessa è l’individuazione dei riferimenti
sicuramente inquadrabili nell’ambito del servizio di posta:
in età imperiale, infatti, come già anticipato, la connessione
e l’interrelazione tra vari settori dell’amministrazione
statale, ed in particolare tra quelli che avevano a che fare
con la produzione, lo stoccaggio, il trasporto, la
distribuzione, il commercio, la fiscalizzazione ed il
consumo dei beni, anche per quanto riguardava l’annona
militare, furono inestricabili, al punto tale che spesso
alcune di queste attività amministrative si svolgevano nelle
stesse sedi, che in qualche caso sono appunto individuabili
nelle stazioni postali. Quasi impossibile, quindi, diviene il
distinguere, principalmente nelle fonti epigrafiche, se la
qualifica di statio si riferisca ad un ufficio postale, fiscale,
agrario od annonario, o raduni alcune - o tutte - tra queste
funzioni. Tale assenza di chiarezza si è ripercossa in
qualche caso anche nella bibliografia, che ha presentato
nell’insieme queste fonti o ne ha trascurato una gran parte,
escludendo a priori la possibilità che vi fosse interrelazione
tra i vari tipi di stazioni.
L’inquadramento sinottico, che ha previsto una discussione
di ogni fonte riportata, soprattutto quando è stato possibile
2
offrirne una interpretazione diversa da quella abituale, ha
consentito di acquisire molte informazioni circa le
caratteristiche dei luoghi di sosta e del loro evolversi nel
tempo (Capitolo III: Le fonti).
Fino ad oggi è stata applicata un’automatica equazione tra
località menzionate nelle fonti itinerarie e nella Tabula
Peutingeriana e le “stazioni del cursus publicus”,
equazione che, allo stato attuale della mia ricerca, non
ritengo fondata. Intendo dire, che non si è ancora raggiunto
accordo tra gli studiosi sulla natura di questi documenti e
che, pertanto, non è affermabile con certezza che ad
ognuna delle tappe ivi menzionate corrisponda una
“stazione del cursus”, anzi, con l’esclusione dell’Itinerario
Gerosolimitano che rappresenta una rendicontazione
effettiva di un viaggio “per tappe”, non è certo neanche che
i toponimi sottintendano una stazione stradale, quanto
piuttosto una generica località. Per questo, non volendo
escludere né l’una né l’altra possibilità, ho adottato il
termine di “stazioni itinerarie” per le stazioni di sosta
menzionate nelle fonti e di “luoghi di sosta” per tutte le
altre che restano anonime.
L’intento principale, quindi, di questo lavoro è stato quello
di avviare una raccolta di dati su ciò che è stato interpretato
come esito di una stazione stradale entro i confini
dell’Italia Augustea, raccogliendo la maggior quantità
possibile di dati pubblicati su questi insediamenti, al fine di
isolare caratteristiche archeologico-topografiche che si
ripetono, anche se la documentazione qui raccolta non ha
alcuna pretesa di completezza. Ripercorrendo idealmente
quasi tutte le strade romane d’Italia, ho steso una guida che
– regione per regione – segnala le tappe sulle quali mi sono
soffermata, esaminando alcuni dei complessi monumentali
che si sono attestati sulla viabilità sui quali è stato possibile
condurre almeno una notazione (che non fosse la sola
proposta di identificazione) sulla scelta insediativa che ha
presenziato a quello stanziamento (la presenza di un corso
d’acqua, di un incrocio, di un luogo di culto, di un valico,
di una sorgente termale, ecc.), o sulla cronologia della sua
frequentazione fondata sui materiali di superficie, o sulla
sua organizzazione topografica (caratteristiche orografiche
del sito, fonti di approvvigionamento idrico, risorse
disponibili, attività economiche della zona, presenza o
meno di aree di sepolture, ecc.), su qualche rinvenimento
indicativo dello status giuridico o delle dotazioni
infrastrutturali dell’insediamento (fondato, ad esempio, sui
rinvenimenti epigrafici o su materiali che riportano a culti
o produzioni particolari), o sulla attestazione della sua
continuità d’uso come luogo di sosta (Capitolo VI:
Rassegna Topografica)3. Nel contesto di questa rassegna,
ho segnalato anche alcune strutture di servizio alla
viabilità, o meglio ai viaggiatori ed ai loro animali, che non
si possono ritenere stazioni, ma solo luoghi di sosta,
piazzole attrezzate per il ristoro e per il rifornimento
dell’acqua, che costituiscono una categoria a parte.
Ai complessi monumentali riconosciuti come stazioni
itinerarie, per i quali sussistono sufficienti dati
archeologici, anche se di dubbia o controversa
identificazione, ma anche ad alcuni di quegli insediamenti,
che presentano caratteristiche topografiche e planimetriche
simili alle stazioni, che non sembrano, però, inquadrabili
tra quelle ufficialmente riconosciute e che debbono essere,
quindi, identificate con strutture di servizio al traffico
privato4, sono state dedicate delle schede vere e proprie
che, frazionando le informazioni in diverse voci,
consentono un più immediato confronto tra i vari
insediamenti (Capitolo VII: Rassegna Archeologica).
Particolare attenzione, oltreché all’assetto topografico, alle
dotazioni infrastrutturali ed alle cronologie, è stata
riservata alle caratteristiche della pianta ed alle tecniche
costruttive: pur ammettendo, infatti, un normale
adattamento alle esperienze ed ai materiali locali, ho voluto
verificare se la pianificazione dello Stato trasparisse anche
nelle scelte esecutive e se si potessero enucleare i requisiti
strutturali delle stazioni stradali, isolando le caratteristiche
che le distinguono dagli altri complessi extraurbani
connessi alla viabilità, decantandole dai condizionamenti
derivanti dalle preesistenze, misurando l’incidenza delle
particolarità geomorfologiche, ambientali e culturali, delle
esigenze militari e dei fattori economico-sociali, nel loro
evolversi nel tempo. Il dettaglio archeologico è stato
offerto nella forma della scheda proprio per consentire una
futura e diversa valutazione del dato disponibile. Il lettore
potrà non comprendere la ragione dell’inserimento di
alcuni elementi secondari: proprio l’eliminazione del
requisito accessorio e superfluo è l’obiettivo di un
prossimo approfondimento.
Molte delle notazioni sulle articolazioni planimetriche e
sulle dotazioni infrastrutturali sono state condotte anche
alla luce degli esempi di stazioni documentati nelle
province: in diversi paesi europei, lo studio sulla tipologia
è già stato avviato e rappresenta uno stimolante termine di
confronto per la realtà italica, che appare – lo si può
anticipare – del tutto distinta (Capitolo VI: Confronti).
Nelle conclusioni si è cercato di riassumere quali possano
essere state le caratteristiche strutturali dei vari tipi di
stazioni (marittime, fluviali, urbane, ecc.), quali le tipicità
topografiche, quale l’evoluzione cronologica, ma bisogna
premettere che questo lavoro è fortemente pregiudicato
dalla mancanza di uniformità che macroscopicamente si
impone. Enucleare le diverse peculiarità di queste stazioni,
partendo da un inquadramento generale, fino al particolare,
appare oggi particolarmente arduo, forse impossibile.
Nell’individuazione delle caratteristiche topografiche
“richieste” o comuni ad una stazione itineraria, nella
ricerca di dati ripetitivi nelle dotazioni infrastrutturali o
nella enucleazione di un diagramma delle cronologie si è
infatti potuto, sì, tener conto anche delle informazioni più
scarne raccolte sui luoghi di sosta non indagati
archeologicamente in modo estensivo (le schede
“topografiche” della Rassegna) o sulle stazioni stradali
“anonime” ma le perplessità restano più numerose delle
certezze e le difformità più delle costanti (Capitolo VII:
Conclusioni). Documentata la mancanza di “coerenza”, un
obiettivo possibile per un approfondimento d’indagine
potrebbe essere di chiarirne le ragioni. Questa domanda si
3
aggiunge a quelle alle quali solo parzialmente si può oggi
dare una risposta: come si sono riflessi nelle strutture
materiali i cambiamenti nell’organizzazione generale del
servizio di posta, le diverse ripartizioni degli obblighi di
finanziamento, le esigenze politiche e militari? Come si
sono attivati l’integrazione con alcuni servizi di supporto
logistico agli eserciti, l’adeguamento a norme legislative
volte a reprimere abusi e sprechi, l’ampliamento o la
soppressione di servizi integrativi o istituzionali (ad
esempio, il cursus clabularis), la necessità di garantire la
sicurezza dei viaggiatori e delle merci lungo le vie
dell’impero? E come hanno inciso le variazioni nelle scelte
dei percorsi e la caduta in disuso di determinati itinerari?
Quanto pesarono le differenziazioni regionali, che
traspaiono dagli stessi interventi legislativi?5
La quantità di bibliografia prodotta sulla viabilità romana
in Italia è sterminata, soprattutto se contemplata nel suo
insieme (esegesi delle fonti, ricostruzione dei grandi
itinerari, analisi topografica di tratti viari più o meno estesi,
proposte di identificazione di stazioni specifiche,
bibliografia generica sulle antichità di tutti i centri lambiti
dalle strade romane, di dettaglio sugli scavi che hanno
interessato luoghi di sosta, e via dicendo). Non è stato
facile enucleare le sole informazioni utili, né tantomeno
presentarle organicamente: certo è, che molto ancora
potrebbe emergere dalla scansione della bibliografia
prodotta in ambito locale o dall’esame della
documentazione d’archivio delle Soprintendenze, che in
questa sede non è stato possibile affrontare.
Questo lavoro, è bene sottolinearlo ancora, vuole
presentare solo alcuni aspetti di una questione molto
complessa, che certo non ha una soluzione univoca: qui si
potranno solo prospettare le problematiche che investono
ambiti di studio molto diversi, proponendo, questo sì, un
approccio diverso al concetto di “stazione del cursus”.
1 Nei primi tre secoli dell’impero, come meglio vedremo, emerge l’autonomia e l’indipendenza economica di alcune stazioni stradali, che
funzionano come “aziende”, piuttosto che come uffici di un servizio
governativo, istituzione che appare, al contrario, avere una scarsa connessione con il territorio. 2 Ad esempio, il passo di Svetonio (Tib. 37, 2, fonte n. 58), che viene letto
come l’introduzione da parte di Tiberio di posti di polizia presso le stazioni di posta, non ha nulla a che vedere con la viabilità ma si riferisce
a questioni prettamente militari e di ordine pubblico. 3 Queste notazioni vogliono anche rappresentare un agevole strumento di aggiornamento di questo lavoro, consentendo di riconoscere più
facilmente le località che saranno in futuro oggetto di scavo e che
potranno, quindi, essere “promosse” da schede topografiche a schede documentarie. 4 Si tratta prevalentemente di edifici, posti a ridosso, spesso a cavallo dei
tracciati viari, in qualche caso presso le stazioni della posta imperiale, noti da scavi o da ricerche di superficie, lasciati verosimilmente alla gestione
dei privati, per i quali sono in uso - a seconda della “categoria” - diverse
denominazioni: dal deversorium, confortevole anche per il pernottamento, alla taberna per il ristoro, al più popolare stabulum, fino alle meno
decorose popina e caupona o al più tradizionale thermopolium. Non
potendo dedicare una scheda ad ognuna delle costruzioni segnalate lungo le strade, si è fornito un inquadramento d’insieme che consente, almeno,
di valutare il fenomeno, dedicando una scheda solo ai complessi indagati
con una certa estensione, che sono apparsi veramente interessanti (ad esempio, la “stazione anonima” della via Tiburtina), e che sono stati
oggetto di studi mirati. 5 Vedremo, infatti, soprattutto esaminando le fonti, che molti decreti imperiali interessarono aree limitate dell’impero, rispettando una certa
autonomia regionale, sottolineata negli stessi provvedimenti. “in his
dumtaxat provinciis, in quibus cursus a provincialibus exhibetur (Cod.Theod. VI, 29, 5 = fonte n. 147). Tale, per esempio, è il caso
dell’abolizione del cursus velox in Sardegna (Cod.Theod, VIII, 5, 16),
delle riforme e del regime fiscale stabilito dall’imperatore Settimio Severo per la Gallia e da Giuliano per l’Italia e l’Illirico (Cod.Theod., XI,
1, 9; VIII, 5, 28; CIL, V, 8987 = fonti nn. 130, 159).
I. - Storia degli Studi
4
CAPITOLO I
STORIA DEGLI STUDI
Come è già stato sottolineato, questo filone di ricerca più
archeologico-tipologico che topografico, non ha,
soprattutto nel nostro Paese, una gran tradizione. Di
stazioni stradali ci si è occupati quasi sempre all’interno
degli studi di viabilità o nelle grandi opere di esegesi delle
fonti itinerarie e della Tabula Peutingeriana; ancora, nelle
opere che hanno affrontato il tema dei viaggi e dei trasporti
nel mondo romano, ed in margine, ovviamente, a quelli
che hanno studiato dal punto di vista storico-giuridico il
cursus publicus. Alle origini di questo tema di ricerca,
quindi, sono da porsi gli scritti del Friedländer (Disegno di
storia dei costumi di Roma, II parte, I sezione sui viaggi) e
del Raumer sullo sviluppo del traffico nell’antichità
(1868), nonché le prime trattazioni sul cursus publicus, a
cominciare da quella del Naudet (1858), dalle due
contemporanee del Desjardins e dell’Hudemann del 1878,
(tradotta, la seconda, mezzo secolo dopo, in italiano) e da
quelle maturate soprattutto nelle équipes di lavoro della
Paulys Realenciclopädie der Classichen
Altertumwissenschaft (SEECK 1901; KUBITSCHECK 1916 e
1930 sugli itineraria e sul vocabolo mansio),
dell’Enciclopedia Daremberg-Saglio (Humbert 1887), del
Dizionario epigrafico del De Ruggiero (1910, Bellino),
completate dai contributi di poco più recenti della Ramsay
(1920, mirato ad indagare i precedenti del cursus),
dell’Holmberg (1933) e del Pflaum (1940), aggiornati solo
dall’Eck (1979 e 1989, e 1999 nell’edizione italiana, rivista
sostanzialmente)1.
Parallelamente e complementariamente a questi, sono stati
condotti i primi, e spesso insuperati, studi filologici ma
anche topografici, sugli itinerari e sulla Tabula,
inscindibilmente legati ai primi studi completi di viabilità
romana (il DESJARDINS 1864-1874; il MILLER 1916, il
CUNTZ 1929). Annalina e Mario Levi hanno concentrato le
loro ricerche sulla Tabula Peutingeriana, analizzandola in
ogni dettaglio, al fine di dimostrare l’imprescindibile
relazione tra questo documento e l’organizzazione del
cursus publicus. Individuare la presenza della
pianificazione statale sarebbe, secondo questi Autori, il
metodo migliore per chiarire la genesi, la cronologia, le
caratteristiche ed i dettagli di questo documento per noi
unico. La ricerca Li porta ad affermare che le diverse
tipologie di vignette (su cui vedi cap. III.5) sottintendono
caratteristiche dei luoghi di tappa, indicando - mediante
una simbologia che fa riferimento ad una legenda ancora
da decodificare completamente - quali di questi fossero
meglio attrezzati per il cambio degli animali, le soste, la
ristorazione, i rifornimenti, la protezione, lo svago. Il
grosso limite sarebbe da vedersi nel fatto che “una rigida
classificazione tra i vari posti di tappa del cursus publicus
in realtà non dovette esistere, se non forse durante limitati
periodi di tempo”. Pertanto, proprio basandosi sul raffronto
tra informazioni pertinenti il cursus publicus e la Tabula, i
Levi, individuano due “categorie-base”, distinguendo
luoghi di tappa che nel volumen erano sottolineati dalla
raffigurazione simbolica, e luoghi che al contrario erano
indicati solo dal toponimo. Le stazioni notificate dalle
vignette sarebbero, ovviamente, quelle fornite di
attrezzature migliori (LEVI 1967, pp. 108-111). Non
diversamente, il Bosio ha riesanimato in diversi studi il
rapporto tra questa fonte e la viabilità, inquadrando anche
la tipologia delle vignette, e giungendo a conclusioni non
dissimili dai suoi predecessori.
Non potendo riassumere la storia degli studi della ricerca
topografica applicata alla viabilità, mi limito a ricordare
alcuni contributi che, studiando la toponomastica itineraria
e la terminologia impiegata nelle fonti, hanno consentito di
enucleare alcune caratteristiche particolari dei luoghi di
sosta: tali soprattutto i lavori di Giovanni Uggeri, che ha
arricchito il nostro vocabolario tecnico, documentando
l’esistenza di terminologie impiegate per le stazioni, di uso
limitato nel tempo e riferite ad apprestamenti particolari,
nonché ha inquadrato la terminologia tecnica
dell’Itinerario Marittimo. Ancora alla sola ricerca
toponomastica è dedicato il "gustoso” lavoro di Massimo
Malipiero che, oltre ad una chiara sintesi sull’utilizzo della
terminologia stradale romana e sulla “vita” di queste
stazioni stradali, esamina le diverse categorie di elementi
che hanno dato origine al nome delle stazioni di posta
(MALIPIERO 1984). Al significato tecnico del termine
“forum” nel contesto della viabilità è stato dedicato lo
studio della Ruoff-Väänänen, preceduto solo dalle
notazioni dedicate da molti Autori alla relazione tra i fora e
le strade ad essi collegati ed alla posizione che questi
dovevano occupare lungo il percorso (RUOFF-VÄÄNÄNEN
1978, con bibliog. precedente).
Dalla metà di questo secolo si sono prodotte diverse opere
a carattere più generale che presentavano tutte le
problematiche connesse al viaggio nell’antichità: l’opera
del Kleberg sulle strutture ricettive (1957) e quella dello
Chevallier del 1988 sui viaggi, aggiornata da quella
recentissima dello stesso Chevallier sulla viabilità romana
(1997), dove si affronta anche il problema della tipologia
di queste stazioni stradali, hanno rappresentato un costante
punto di riferimento per la mia ricerca, anche se ho
incontrato difficoltà ad organizzare le notizie
(prevalentemente tratte dalle fonti) distinguendo i
riferimenti ai viaggi privati da quelli sui servizi di
informazione governativi e sulle missioni ufficiali.
Non troppo nutrito è l’elenco degli autori che si sono
occupati specificatamente di viaggio in contesto religioso,
I. - Storia degli Studi
5
a cominciare dal Gorce (1925), al Kötting (1950), fino ai
contributi più recenti della Hunt (1982 e 1984).
Ma, per arrivare al nocciolo della questione, poco
numerosi sono gli studiosi che si sono dedicati
all’inquadramento tipologico delle stazioni, a partire dal
Bender (1975), che ha raccolto alcuni esempi di stazioni
stradali riconosciute nel corso del Novecento,
avvantaggiandosi di uno studio del Filtzinger sulle osterie
nella regione renana settentrionale (FILTZINGER 1970), per
arrivare alla Crogiez che ha dedicato uno studio alle
stazioni del cursus publicus nel tratto di Appia compreso
tra Roma e Terracina ed a quelle della Calabria (CROGIEZ
1990A e 1990B), fino al Black (1995) che ha prodotto uno
studio completo sulle infrastrutture di servizio alla viabilità
in Britannia, ricostruendone le modalità di impianto e
trasformazione nel corso dei vari secoli dell’occupazione
romana. Un cambiamento nell’approccio metodologico
alla questione delle stazioni stradali, con l’accentramento
dell’interesse verso l’organizzazione spaziale di queste
strutture piuttosto che alla loro sola localizzazione
topografica, è stato rimarcato in Italia dalla presentazione
di un breve articolo di Anna Mezzolani (1992), che
raccoglie alcuni dei più noti esempi di stazioni
documentati archeologicamente in Italia (MEZZOLANI
1992), e dalla mostra di Cattolica sui luoghi di sosta lungo
la Flaminia e le vie dei romani (DOVE SI CAMBIA CAVALLO
1995), anche se in quella sede sono stati presentati diversi
contributi che illustravano esempi celebri o è stata
ripercorsa la distribuzione dei luoghi di sosta lungo alcuni
tratti viari, senza intraprendere l’inquadramento tipologico
né una sintesi statistica. Altrettanto sintetico è il contributo
che ho di recente pubblicato, fornendo solo qualche
notazione sulla tipologia delle stazioni stradali più note
(CORSI 2000).
1 La storia degli studi sul cursus publicus è ora in DI PAOLA 1999, pp. 13-20.
II.1– Il cursus publicus
6
CAPITOLO II
VIE DI COMUNICAZIONE E MEZZI DI TRASPORTO IN EPOCA
ROMANA
II.1 Il Cursus Publicus
I precedenti
Che prima di Cesare non esistesse un’organizzazione
statale che si occupasse della trasmissione delle notizie e
del trasporto dei beni dello Stato1 è sostenuto sulla base di
un argomentum ex silentio: nessun autore antico sembra
farne parola, anzi, Cicerone è testimone involontario
dell’assenza del cursus publicus2, dal momento che
incidentalmente ci fa sapere di aver utilizzato per la
trasmissione dei propri messaggi, dei corrieri “personali”,
scelti tra i suoi “dipendenti” (statores), o di aver utilizzato i
tabellari delle compagnie di vettori che usufruivano del
diritto di sequestro dei mezzi di trasporto loro necessari.
Già dall’ultimo secolo della Repubblica, infatti, si diffuse
l’impiego di queste organizzazioni private di messaggeri
(tabellarii, appunto), formate da schiavi, liberti ed anche
individui liberi, e la loro attività, integrata con quella del
servizio pubblico, rimase indispensabile anche in età
imperiale, accrescendosi progressivamente il volume degli
scambi3. Queste compagnie erano in qualche rapporto con i
pubblicani, che pure se ne servivano. Tuttavia, in apparente
antitesi con queste deduzioni, diverse fonti ci prospettano
la possibilità che un servizio di posta statale esistesse già in
età repubblicana, ma la loro interpretazione è discussa
(KUBITSCHEK 1930, coll. 1237-1240; CHEVALLIER 1988,
pp. 153-163). Il passo di Strabone, che ricorda come
Picenti, Lucani e Bruzi fossero puniti da Roma per le
simpatie dimostrate ad Annibale nel corso della seconda
guerra punica, venendo costretti a prestare servizio di
corrieri e portalettere4, è visto come un’attestazione
dell’esistenza del cursus dai Levi, contrariamente dalla
Ramsay (RAMSAY 1920, p. 80 ss.; LEVI 1967, pp. 102-
103), che ritiene che, qualora il servizio fosse stato già
istituzionalizzato, non sarebbe stato considerato umiliante
e punitivo l’essere costretti a tale corvée. Ancora, Appiano
racconta la fuga di Pomponio (amico di Sesto Pompeo, che
aveva intessuto i rapporti tra quest’ultimo e Ottaviano ed
Antonio, quando ancora erano alleati) a bordo delle vetture
statali delle quali si era impossessato fingendosi pretore, e
riuscendo, con lo stesso trucco, a farla franca a molti posti
di guardia, fino ad imbarcarsi su una nave, anch’essa di
proprietà statale, intenzionato a raggiungere Pompeo in
Sicilia (Appian., Bell. Civ., IV, 6, 45). Dall’Hudemann, è
ritenuta attestazione indubitabile dell’esistenza di un
servizio governativo in età repubblicana la testimonianza
di Livio (XLII, 1, 7-12), che adombra la possibilità che tra
i carichi tributari imposti ai vinti da Roma, ci fosse anche
quello di mantenere l’attività dei messaggeri (HUDEMANN
1978). Più discussa è l’interpretazione dell’elogio di Polla
(vedi infra, cap. III.3), che menziona dei tabelarios, da
alcuni ritenuti corrieri5, da altri segnacoli itinerari a forma
di tabula6. In generale, si può ritenere che, forse
limitatamente ad alcuni tratti di viabilità e magari solo in
alcuni periodi, Roma avesse già predisposto un servizio di
messi per il recapito di messaggi, che si avvantaggiavano
dell’uso di luoghi di sosta dove era possibile darsi il
cambio e sostituire gli animali. Per il trasporto di persone
che viaggiavano nell’interesse dello stato, magistrati e
funzionari della repubblica, nonché ambasciatori e
diplomatici stranieri, era verosimilmente più diffuso l’uso
di affittare vetture dai privati o di requisire mezzi ed
animali in virtù di speciali “permessi” accordati dal
governo7. La Ramsay ritiene, piuttosto, che questo servizio
esistesse sull’itinerario che univa Roma alla Sicilia, ma
fosse presto caduto in disuso, classificandosi come un
esperimento non ripetuto. La Rassegna Archeologica,
come anche quella Topografica, dimostrano che
effettivamente alcuni tra gli insediamenti qui riconosciuti
come stazioni stradali presenta delle fasi di impianto
precedenti all’epoca augustea (vedi grafico 3), ma queste
informazioni non possono essere utilizzate per sostenere
che il cursus esistesse già in epoca repubblicana, poiché
non si può dimostrare né che abbiano sempre funzionato
come stazioni stradali, né che fossero inserite nel sistema
governativo, piuttosto che essere sorte spontaneamente
come indispensabili luoghi di sosta lungo la viabilità.
Il salto di qualità si ebbe nel momento in cui Cesare
disposuit soldati a cavallo, perché comunicassero nel più
breve tempo possibile le notizie delle sue vittorie militari
(Caes., Bell.Civ., 101), formalizzando e stabilizzando un
sistema di comunicazione come le staffette, che erano,
ovviamente, pratica abituale nel corso delle compagne
militari, come si evince dallo stesso brano del De Bello
Civile e dal De Bello Hispanico, 2, nonché da Livio (Liv.,
XXXVII, 7, 11; CROGIEZ 1990B, p. 393-396).
Il servizio di posta imperiale
Nei fatti, gli autori antichi (Svetonio in primo luogo: Suet.,
Aug., 49) attribuiscono ad Augusto l’istituzione del cursus
publicus, inteso come “il servizio destinato, al principio
della sua istituzione, a regolare il trasporto delle persone
che viaggiavano nell’interesse dello Stato e degli oggetti
II.1– Il cursus publicus
7
che a questo appartenevano” ( BELLINO 1910). Egli, infatti,
fece disporre lungo le vie militari dei giovani forniti di
cavalli, disposti a distanze cadenzate e in un secondo
momento fece allestire anche dei veicoli perché i
messaggeri lo informassero direttamente di tutti gli
avvenimenti che accadevano nell’impero e fossero anche
in grado di riportare rapporti a voce (Suet., Aug., 49-50).
L’aggiunta rispetto alle disposizioni cesariane (dehinc
vehicula disposuit) era rilevante ed aggravava senza
dubbio il costo del mantenimento ma non si può sostenere,
come si è fatto fino a tempi recenti, che questa estensione
avesse previsto la costruzione delle stazioni dove si potesse
effettuare il cambio dei cavalli8, che sempre dovevano
essere esistite (visto che le forze degli uomini e degli
animali hanno avuto sempre gli stessi limiti), ma che anche
potevano essere sostituite da spazi ricavati entro altre
strutture (il caso della Britannia: infra, cap. IV). In poco
tempo, i costi lievitarono talmente, che l’imperatore
Claudio dovette limitare con un editto le spese di gestione
imposte ai provinciali (CIL, III, 7251 = ILS, 214; ABBOTT -
JOHNSON 1926, p. 354, n. 51; PFLAUM 1940, p. 228 s.; ECK
1999, p. 97 s.). L’evectio, cioè il diritto di usufruire del
servizio di stato, era infatti, sì, riservato all’imperatore ed
ai suoi emissari ma l’elargizione dei diplomata, cioè le
tessere che consentivano l’uso gratuito delle strutture e dei
mezzi9, era divenuta con il tempo piuttosto abituale10. Ciò
che è importante rilevare, e che sembra una conquista
piuttosto recente della storiografia, è che con ogni
probabilità le persone che usufruivano del cursus, anche
quando erano autorizzate, pagavano alcune prestazioni,
con l’eccezione dell’alloggio, e che nel rimborso di queste
spese interveniva l’erario o la cassa imperiale (ECK 1999,
p. 99, con bibliog.). Questo meccanismo è ben illustrato
dall’epigrafe di Burdur (infra, fonte n. 156, cap. III), che
data proprio ai primissimi anni di funzionamento della
vehiculatio, nella fase di passaggio del potere da Augusto a
Tiberio: nell’editto, a firma di Sesto Sotidio Strabone
Libuscidiano, si stabilisce il numero esatto di mezzi ed
animali che la comunità locale è obbligata a mettere a
disposizione ai diversi beneficiari del servizio statale dei
trasporti - forniti, però, dei necessari diplomata - ma si
fissa anche il prezzo che deve essere pagato per ognuno di
questi servizi11. Perfino Galba, nella sua breve permanenza
al potere, si occupò di riformare il finanziamento
dell’organizzazione governativa (Plut., Galb., VIII).
Durante il regno di Vespasiano si ebbero le prime
manifestazioni di scontento: l’imperatore impose per
punizione ai classiarii, che chiedevano il rimborso per le
spese delle scarpe, di esercitare scalzi il loro ufficio (Suet.,
Vesp.,VIII, 5). Più generosamente, Nerva dispensò gli
italici dalle contribuzioni per il cursus publicus: tale
concessione è ricordata nella moneta con la legenda
vehiculatione Italiae remissa (COHEN 1959, p. 143). La
limitazione degli abusi e, conseguentemente, delle spese fu
preoccupazione anche di Traiano, che si servì del cursus
per essere informato il più rapidamente possibile degli
accadimenti politici e militari nell’impero, ma fu molto
avaro nell’elargizione dei diplomata (Plin., Epist., X, 120;
Aur.Vict., Caes., XIII, 5-6) e avocò, con molta probabilità,
le spese al fiscus (BELLINO 1910), almeno per quanto
riguardava l’Italia, considerato che la grande riforma di
Adriano rendeva il servizio totalmente di stato, avocando
al fiscus anche le spese gravanti sui provinciali (statim
cursum fiscalem instituit ne magistratus12 hoc honere
gravarentur: S.H.A., Hadr., VII). In questo contesto,
sarebbe particolarmente rilevante accertare
l’interpretazione da dare al passo di Cassio Dione (LXVIII,
15, 3: fonte n. 125, cap. III), che adombrerebbe la
possibilità che Traiano avesse fatto costruire a sue spese gli
edifici per il pernottamento, almeno lungo la via Appia
(ov è il vocabolo che usa lo storico. Cfr.
ECK 1999, pp. 103-104). Sulla scia dei suoi predecessori,
rimase Antonino Pio, che vehicularum cursum summa
diligentia sublevavit (S.H.A., Ant. Pius, 12), seguito da
Marco Aurelio che si incaricò di altre riforme13, in
particolare allargando le mansioni del praefectus
vehiculorum, sul quale venne a ricadere anche
l’organizzazione degli spostamenti e dei rifornimenti delle
truppe militari. Negli anni a seguire, il costo di tale
amministrazione tornò ad essere talmente gravoso per il
fisco che, soprattutto in tempi burrascosi, si dovette
provare ad invertire il corso della politica fino ad allora
perseguita ed a far gravare di nuovo le spese sui
provinciali, se Settimio Severo (S.H.A., Sept. Sev., XIV, 2;
Amm. XXII, 9; XXVII, 4) dovette ribadire il principio
secondo cui il fisco si caricava gli oneri finanziari,
includendo le spese crescenti per il servizio di polizia,
rendendo, implicitamente, più stretto il legame con le
attività di approvvigionamento degli eserciti. A Settimio
Severo si attribuisce un potenziamento delle strutture
adibite allo stoccaggio ed al deposito anche presso le
stazioni postali, nell’ambito del documentato progetto
imperiale di riorganizzazione del sistema stazionario di
approvvigionamento e distribuzione dei vettovagliamenti
per l’esercito (CHEVALLIER 1972, p. 214). Già il Van
Berchem (VAN BERCHEM 1937, p. 187), infatti, aveva
sottolineato come, nel corso del III secolo, il servizio di
posta e l’annona si fossero sovrapposti, fino a divenire
l’uno parte integrante dell’altra, tanto da non rendere più
comprensibile la differenza tra loro14. Secondo il Pflaum, la
“confusione” sarebbe stata ingenerata dal fatto che la
raccolta delle derrate dell’annona si effettuava nelle stesse
località, urbane ed extraurbane, dove erano già gli uffici
del servizio di posta e che, proprio in virtù del fatto che il
trasporto di tali derrate era affidato ai mezzi ed al
personale del cursus, questo progressivamente avocò a sé
anche gli altri oneri amministrativi e finanziari (SEECK
1901, col. 1850 ss.; PFLAUM 1940, pp. 281-282).
L’aggravio dei costi di gestione registrato in età severiana
è motivato anche dall’introduzione del cursus clabularius,
servizio che si occupava del trasporto delle merci e dei
viaggiatori per mezzo di carri trainati da buoi, contrapposto
al tradizionale cursus velox, finalizzato alla trasmissione
celere di dispacci condotta da corrieri a cavallo ed al
trasferimento rapido di persone mediante raedae15. Le
notizie più complete, che abbiamo sull’organizzazione ed
il funzionamento del cursus, risalgono al IV e V secolo,
periodi per i quali sussiste una ricca documentazione sugli
interventi legislativi attuati dai vari imperatori e raccolti
nel Codex Theodosianus e in varie parti del Corpus Iuris
II.1– Il cursus publicus
8
Civilis di Giustiniano. La maggior parte di questi
documenti è ispirata dalla necessità di porre un limite agli
abusi ed agli sprechi, anche se l’applicazione di tali voleri
imperiali non sempre ottenne risultati efficaci16. Del resto,
sotto Costantino, si era avuta una vera rivalutazione del
ruolo del cursus, indissolubilmente legato alla possibilità
di pianificare prontamente le azioni militari ma,
inevitabilmente, la riattivazione dei compiti aveva
significato una nuovo incremento degli oneri contributivi a
danno dei provinciali (BELLINO 1910, p. 1408). Anche
dell’imperatore Giuliano sappiamo che si rese
protagonista di alcuni mutamenti, individuabili proprio
nella “scansione dei ritmi” delle stazioni (vedi cap. III.3,
fonte n. 159). Con un atto formale (Cod.Theod., VIII, 5,
16), lo stesso imperatore decise l’abolizione del cursus
velox in Sardegna (SESTON 1943, p. 57 ss.). I problemi
fondamentali erano, infatti, sempre riconducibili alle
questioni economiche ed, ancora nel 359, l’imperatore
Costanzo II si preoccupava di alleggerire i costi a carico
dei provinciali d’Illirico, cercando anche di reprimere gli
abusi più sfacciati (Amm., XIX, 11). Tali provvedimenti si
rivelarono tanto efficaci da essere riproposti anche per le
suburbicariae regiones ed altre zone d’Italia da parte di
Valente e Valentiniano (vedi cap. III, fonte n. 130).
L’aver riservato al solo imperatore l’elargizione dei
diplomata (Cod.Theod., VIII, 5, 9), tuttavia, non sortì gli
effetti desiderati, visto l’alto numero di ecclesiastici che
venivano comunque autorizzati ad usufruire delle
prestazioni fornite dallo stato17. Come abbiamo visto,
l’abuso nell’elargizione dei diplomata ed, anzi, la vera e
propria usurpazione dei servizi, divenne con il tempo
sempre più abituale18, anche se nel V secolo Sidonio
Apollinare ancora se ne stupiva. Graziano inasprì
ulteriormente la pressione fiscale, specialmente sui profitti
tratti dall’amministrazione delle stalle (cap. III.2, fonte n.
142 del 377 d.C.).
Dalle fonti sappiamo che l’efficienza del cursus fu
preoccupazione costante anche di Teodorico, come anche
ai tempi di Cassiodoro, fino al regno dei Franchi (per
quanto ovviamente ridotto), tanto da registrare degli
interventi di Carlo Magno, di Ludovico il Pio (LECLERCQ
1948, p. 1637) e dei Vandali in Africa, ai quali il servizio
di posta sopravvisse, almeno fino al declino dei bizantini
(Proc., Hist. Bell., III, 16, 12: HUDEMANN 1878, parr. 46-
54; LEVI 1967, pp. 105-106). In Oriente, fu più precoce
l’abolizione del cursus clabularis, decisa in tutta la diocesi
già sotto il regno di Leone I (tra il 457 e il 474;
Cod.Justin., XII, 50, 22). La riduzione delle spese fu
preoccupazione dello stesso Giustiniano, che si adoperò
perché il numero delle stazioni di tappa fosse
progressivamente decurtato, fino a ridursi ad una sola
stazione per ogni giornata di viaggio e perché i cavalli
fossero sostituiti con i muli19. La necessità di tale servizio
non fu, comunque, mai sottovalutata da Giustiniano che,
come emerge nel Codex ed in altre fonti, considerò
preoccupazione costante il suo mantenimento in efficienza
e la repressione degli abusi (cap. III.1, fonte n. 121),
nonché ne tutelò il ruolo di trait d’union con l’altro grande
impero d’oriente: nel 560, infatti, fu siglato con il re di
Persia l’accordo che garantiva l’uso reciproco dei servizi
postali funzionali alle comunicazioni ed ai trasporti (LEVI
1967, p. 120). A Roma, come in Persia, dove si conosce un
servizio di posta “antenato” di quello romano, questa
istituzione governativa, generata e tutelata da scopi politici,
funzionò sempre come strumento del potere dominante,
linfa della sua propaganda e custode dell’ordine
(HUDEMANN 1878).
È difficile inquadrare l’aspetto organizzativo della
vehiculatio, date le grandi differenziazioni regionali e
cronologiche, che non sempre sono rispettate nelle fonti e
negli studi dei moderni20. All’origine dell’istituzione,
secondo Svetonio (Aug., 49-50), Augusto ne pose a capo se
stesso, anche se è possibile che già da allora fosse
affiancato dal prefetto del pretorio, quasi a sottolineare il
rapporto diretto con il potere militare e la persona
dell’imperatore, ma è altrimenti supponibile che lo stesso
Augusto avesse già formalizzato la carica di praefectus
vehiculorum, che la storiografia assegna tradizionalmente
al II secolo (ECK 1999, pp. 95-99). Probabilmente, già dal
tempo di Augusto, con certezza dall’età flavia,
l’amministrazione centrale del cursus era affidata a liberti
imperiali, qualificati come tabularii a vehicolis, affiancati,
dall’epoca di Traiano in poi, da altri liberti insigniti del
titolo di liberti ab vehiculis et a commentariis vehicolorum,
forse segretari dei primi, con il compito di esecutori
materiali delle disposizioni. Durante il regno di Adriano,
come anticipato, è attestata l’esistenza di un praefectus
vehiculorum, vertice supremo dell’organizzazione e
gradino della carriera equestre che precede il governatorato
delle province. Le competenze di questi praefecti non sono
esplicitate nelle fonti, scarse soprattutto per i primi secoli
dell’impero, e si può solo ipotizzare che esse avessero il
potere di stabilire gli oneri dei quali le varie comunità
dovevano farsi carico, ma – secondo l’Eck – non avevano
alcuna autorità diretta di limitare gli abusi (ECK 1999, pp.
108-109). Dall’epoca severiana in poi, è sempre più
comune il caso di militari incaricati della costruzione o la
ristrutturazione di stazioni postali, come nel caso del
legatus pro praetore di Tracia, che viene incaricato della
costruzione di mercati e di nuovi emporia forniti di
guarnigioni militari, i comandanti delle quali hanno pari
diritti e poteri nella gestione degli edifici pubblici
(praetoria e balnea) di quelli che hanno i magistrati.
Questo sistema incentrato sui praefecti (nel quale, ogni
municipio era probabilmente responsabile
economicamente del mantenimento delle strade e dei
servizi all’interno del proprio territorio) subì una radicale
trasformazione in epoca imprecisata, mediante
l’appaltatura ai mancipes, che si fecero carico di tutti i
compiti pratici dei praefecti, che mantennero solo la
gestione delle clausole degli appalti (ECK 1999, pp. 112-
113). Fino all’epoca Severiana, sono i mancipes che
gestiscono le stazioni, la responsabilità della costruzione
delle quali ricade sulle amministrazioni cittadine (Plut.,
Galb., VIII). In origine, infatti, i mancipes erano impresari
di appalti per edifici pubblici e privati con il compito di
costruire i vari complessi che formavano una stazione.
Successivamente, dall’epoca di Augusto e dell’istituzione
II.1– Il cursus publicus
9
del cursus, sono a capo delle varie stazioni e alla testa di
tutto il personale addetto ai passeggeri ed ai bagagli. La
loro carica durava 5 anni, ed erano comandati in certe
zone. In alternativa ai mancipes, le nostre fonti (in questo
caso non antecedenti al Codex Theodosianus) ci attestano
l’esistenza di decurioni: questa distinzione è, forse, solo
terminologica, dovuta cioè a realtà territoriali diverse (ad
esempio, la carica di curiale è attestata con frequenza in
Africa e Gallia), distinzione che scompare con Costantino
(sopravvive la sola carica di curiales: Cod.Theod., VIII, 5,
35, fonte n. 133: BELLINO 1910, p. 1410). Il manceps come
il decurione aveva il compito di provvedere al regolare
svolgimento delle attività e di dirigere il personale;
controllava la manutenzione delle strade, dirigeva e
provvedeva, di sua iniziativa, ai lavori di restauro.
Con la riforma amministrativa di Diocleziano completata
da Costantino, mentre ai vertici del governo i prefetti del
pretorio erano affiancati dai rectores provinciarum o
praesides, per il servizio di posta venivano creati dei nuovi
direttori, che conservavano il nome di praefecti, ma che si
dividevano le varie strade d’Italia e delle province, e
furono presto sostituiti dai praepositi cursus publicus. Nel
corso del IV secolo, quindi, la praepositura mansionum
conserva la nomenclatura della carica, ma viene riassorbita
dal controllo statale, divenendo nei testi giuridici sinonimo
di exhibitio cursus publici, espletata come munus curiale:
questo può essere un segnale di una radicale
trasformazione nell’organizzazione delle stazioni stradali,
che divengono, ora sì, un prodotto del “dirigismo” del
potere centrale21.
La difficoltà della ricostruzione cronologica resta per il
personale di rango inferiore: le attestazioni del loro ruolo
nell’organizzazione delle stazioni sono contenute quasi
tutte nelle fonti giuridiche, ed è perciò certa la situazione
nel IV secolo, ma non riusciamo a dissipare la nebulosità
che avvolge i secoli precedenti22. Alla gestione delle
singole stazioni presiedevano gli stationarii, personale di
rango inferiore, che procurava gli animali da trasporto e da
soma, perché il cursus non poteva utilizzare animali
destinati all’aratro. Lo stato giuridico di tali funzionari,
come di alcuni di quelli elencati sotto, è ben noto nelle
fonti ma non è possibile capire se vi fossero delle
distinzioni tra i loro ruoli e le loro responsabilità, a seconda
che si trattasse di una stazione militare, fiscale, doganale,
procuratoria annonaria, postale23. La loro carica, di
istituzione piuttosto antica, sopravvive alla riforma di
Diocleziano e Costantino. I tabellarii, a volte detti
tabularii, sono i veri e propri messaggeri, in genere di
condizione servile o liberti. Come abbiamo visto, la loro
attività è già attestata in epoca tardo-repubblicana. I
tabellarii publici sono quelli del servizio statale, addetti
alla trasmissione di dispacci ufficiali, distinti da quelli che
lavorano per compagnie private di recapiti24. I tabellari
diplomarii erano corrieri di particolare affidabilità, ai quali
venivano dati in consegna i messaggi degli imperatori,
mentre gli speculatores (già attestati da Cicerone) erano
impegnati nella consegna dei dispacci urgenti. A Roma
dovettero costituire un corpo piuttosto numeroso se, sia nel
Curiosum (39) che nella Notitia (37), è documentata
l’esistenza di castra tabellariorum (JORDAN 1871, p. 574;
PALOMBI 1993), e la loro “militarizzazione” è crescente,
fino al momento in cui, al tempo di Commodo, sono
comandati da un praepositus tabellariorum (CIL, VI, 746,
8445)25. Ancora, abbiamo tarde testimonianze
dell’esistenza dei veredarii, corrieri utilizzati per le
spedizioni più urgenti: Proc., Hist. Bell., II, 20, 20; VIII, 5,
16 e Proc., Aed., V, 3, 3, fonte 120, cap. III.1. Ai tempi di
Cesare i frumentarii rivestivano il ruolo di addetti agli
approvvigionamenti o furieri, incaricati di allestire gli
accampamenti militari fornendoli dei viveri necessari, ma
con il tempo assunsero un ruolo di tutori dell’ordine e
furono incaricati anche di riportare le “opinioni” dei
viaggiatori, fino a divenire, dopo il regno di Adriano, dei
veri e propri “spioni” al servizio dell’imperatore, ed ebbero
in incarico anche il trasferimento dei detenuti (SINNIGEN
1962). Il loro corpo fu abolito da Diocleziano. Con la
riforma di Costantino, i frumentarii furono sostituiti dagli
agentes in rebus, incaricati della sorveglianza e delle
operazioni di massima riservatezza, quali la trasmissione
degli autografi imperiali, ed erano organizzati militarmente
in una schola agentium. Il carattere militare del loro
officium era così marcato da essere definito militia.
Dipendevano dal princeps agentium, di ordine senatorio,
che sovrintendeva al servizio ispettivo e vigilava sulla
regolarità dei diplomata. I curiosi, almeno in epoca tardo
imperiale, avevano un ruolo molto simile a quello degli
agentes che contemplava le ispezioni e le validazioni dei
diplomata, ma erano destinati prevalentemente alle
province, ed erano legati alle scelte ed alla volontà dei vari
prefetti e vicari. Dal momento che era stata loro affidata la
raccolta delle informazioni sullo stato dei provinciali,
assunsero presto il ruolo di servizio di spionaggio, che li
fece divenire invisi ai provinciali, tanto che il loro corpo fu
abolito da Costantino, che li sostituì con due primipilari,
scelti tra gli agentes. Ancora, sono menzionati i praepositi
regionibus o regionarii, ufficiali di ispezione, sottoposti
agli agentes che avevano assegnate intere diocesi, mentre i
praepositi controllavano solo i distretti che dall’età
costantiniana in poi si dicono provinciae, ed i beneficiarii,
che sono spesso qualificati come agenti per la sicurezza
delle strade e, quindi, spesso messi in relazione con le viae
militares (infra, par. 2).
Ai livelli più bassi, di personale di servizio, in genere di
condizione servile, sono attestati:
- stratores, stallieri e muliones = mulattieri. Erano schiavi
dello stato che avevano la cura di bestie delle quali erano
responsabili. A loro erano affidati i servizi più umili;
- hippocomi, palafrenieri. Curavano le stalle e
accompagnavano i viaggiatori da una tappa all’altra per
riportare indietro i veicoli; come i muliones, avevano in
incarico 3 cavalli;
- bastagarii (alle dipendenze dei curiales), che si
occupavano di tutto il “bagaglio” che veniva al seguito
dell’imperatore e del suo seguito, e catabolenses, che
erano i facchini più umili (“gli uomini di fatica”), dei quali
parleremo in seguito, perché è possibile che non fossero
II.1– Il cursus publicus
10
alle dipendenze dell’organizzazione governativa, ma
membri di società appaltatrici;
- mulomedici, veterinari, presenti solo nelle stazioni più
importanti;
- carpentarii, artigiani addetti alla fabbricazione o alla
riparazione delle carrozze, detti anche rhedarii vehicularii
fabricatores o solo rhedarii;
- apparitores, inservienti;
- vehiculorum opifices, addetti alle riparazioni.
Nelle stazioni poste ad un guado non fornito di ponte,
dovevano trovarsi dei rappresentati del servizio degli
utricularii. Nelle stalle, oltre ai veredi, cavalli in servizio
nel cursus publicus, erano disponibili i parhippi (cavalli di
riserva) e i paraveredi (cavalli in aggiunta alla fornitura
normale).
La strutturazione e la “gerarchia” del personale nei luoghi
di sosta gestiti dai privati e frequentati da viaggiatori non
forniti di diplomata, era assai più snella. Tuttavia, anche
queste locande erano regolamentate dalla legislazione
statale, soprattutto per quanto riguardava gli orari di
apertura ed occasionali ispezioni da parte degli edili prima,
e del prefetto municipale poi26.
II.2 – Viae publicae e viae militares
11
II.2 Viae Publicae e Viae Militares:
Uomini, armi e merci lungo le vie dell’Impero
Non è facile calcolare, anche approssimativamente, il
numero degli individui che si muovevano nell’interesse
dello stato e dei poteri che lo rappresentavano: oltre ai
magistrati che raggiungevano o ritornavano dalle
destinazioni loro assegnate, agli imperatori ed ai principi
della casa imperiale con le loro cohortes amicorum, agli
ambasciatori di ogni terra, ai corrieri che riportavano
notizie sugli sviluppi delle attività militari, sul
mantenimento o meno della pace in ogni regione, e che
tessevano i rapporti tra il governo centrale e le
amministrazioni provinciali, v’erano, poi, i messaggeri
delle curie municipali che rendevano conto delle loro
attività amministrative e riportavano a Roma le loro
richieste27, e coloro che si incaricavano di consegnare gli
acta diurna e gli acta urbana presso i vari ordini
municipali. Ma molti altri calzari, zoccoli di animali e
cerchioni di carri, oltre a quelli che appartenevano a chi si
faceva carico delle comunicazioni, devono aver usurato i
lastricati ed i battuti delle strade romane: eserciti, mercanti,
addetti ai rifornimenti, “oziosi” domini e poveri
nullafacenti, proprietari terrieri che ispezionavano i loro
possedimenti, studiosi in cerca di conoscenze e
saltimbanchi in cerca di successo, curiosi appassionati di
giochi pubblici che richiamavano un grande pubblico,
devoti che consultavano oracoli, nonché, soprattutto in
epoca cristiana, pellegrini e religiosi di ogni grado sociale
e gerarchico, che senza sosta percorsero le vie di terra e
d’acqua di ogni angolo dell’impero28. Il numero dei
viaggiatori privati è difficilmente inquadrabile, o
comunque stimato in modo piuttosto vario dai diversi
studiosi che lo hanno indagato. I Levi, ad esempio,
ritengono che questo fosse considerabilmente basso, non
essendo significativo il numero delle persone che si
spostavano a scopo “turistico” e appena rilevante quello di
coloro che intraprendevano uno spostamento per motivi di
studio o di lavoro. Restano, comunque, dell’idea che, dato
il livello sociale mediamente alto di questi individui, essi
non facessero affidamento sulle strutture di accoglienza
poste lungo le strade, ma si organizzassero
individualmente con mezzi adatti anche al riposo notturno
o ricorressero all’ospitalità di amici e conoscenti (LEVI
1967, pp. 98-100). Eppure, già al tempo di Polibio, almeno
nella Gallia Cisalpina ancora poco romanizzata, sappiamo
che l’abitudine dei viaggiatori a sostare presso le locande
distribuite lungo le strade era tanto diffusa che l’Autore si
dilunga sui loro prezzi (Polyb., II, 15, 5: cap. III, fonte n.
115). Certo è, che la diffidenza ed il timore verso le
pensioni dove si effettuavano le soste fu tanto grande che
abbiamo testimonianza di individui che preferivano
organizzarsi per proprio conto, anche quando non
disponevano di “punti d’appoggio” di loro proprietà o di
proprietà di conoscenti29, portandosi dietro tende, viveri e
pentolame per “campeggiare” lungo le strade, ma tali
testimonianze30 sono riferite ad un’epoca piuttosto “alta”
della vita del servizio di posta, quando era forse ancora
poco diffusa l’abitudine a far affidamento sulle strutture a
supporto della circolazione. Personalmente, preferisco
l’opinione formulata, tra gli altri dallo Chevallier e dal
Casson (CHEVALLIER 1972, pp. 236-238; CASSON 1974, p.
130 ss.), cioè che la quantità di individui che si spostavano
per via di terra fosse, invece, piuttosto considerevole.
Soprattutto attraverso le fonti, infatti, veniamo a
conoscenza di molti viaggi intrapresi con gli scopi più
diversi (da aggiungere a quelli sopra menzionati, per
esempio, coloro che si spostavano “per motivi di salute”,
intenzionati a raggiungere località con climi benefici per le
loro malattie – in particolare, le stazioni termali - o in vero
pellegrinaggio verso i santuari di Asclepio - CASSON 1974,
pp. 82 ss., 130 ss., 267 ss.), e che proprio le lamentele
registrate sulla “scarsità numerica dei luoghi dove
fermarsi, sulle manchevolezze dei loro impianti e gli
apprezzamenti significativi del pochissimo conto nel quale
dovevano essere tenuti gli osti e gli albergatori”,
dovrebbero farci riconoscere quanto tale problema fosse
sentito31. Queste attività innescarono uno sviluppo
naturale di luoghi deputati alla sosta del tutto indipendenti
dal cursus publicus o ad esso affiancati ma distinti32. Dove,
infatti, lo stato si ritraeva, si inseriva il privato che, quasi
sempre organizzato in corporazioni, provvedeva alla
fornitura dei servizi implicati nel trasporto delle merci e
delle persone. Nacquero, così, anche società di vettori: tra
questi i navicularii delle vie d’acqua, distinti in maritimi e
amnici, ed altri che, qualificati come catabolenses in
Cassiodoro (Var., III, 10; IV, 47), sono in rapporti non
chiari con il servizio governativo, ma comunque si
affiancano a questo nel trasporto di colli pesanti come i
blocchi di marmo in arrivo nel porto di Ravenna.
Compagnie più modeste erano quelle dei bastagarii,
vetturini, degli jugarii, noleggiatori di bestie da soma, e dei
cisiarii, che fornivano in affitto le carrozze33.
I complessi dove i privati effettuavano tali soste sono ben
disegnati, almeno nelle caratteristiche più folcloristiche,
nelle fonti, che le classificano con una varietà di epiteti34,
mentre è molto più complessa la loro individuazione sul
piano archeologico35.
Concordemente, è stimata più vasta la categoria dei
pellegrini cristiani, di coloro, cioè, che da ogni angolo
dell’impero si recavano a venerare i luoghi della Terra
Santa, che erano stati teatro dei principali avvenimenti
narrati nelle Scritture, ma anche l’altra Città Santa
dell’impero, Roma, con le sue catacombe, i luoghi dei
martirii e le basiliche di veneranda fondazione (GORCE
1925, pp. 4-6; LEVI 1967, pp. 99-100). Tale forma di
venerazione, che aveva avuto le prime manifestazioni già
II.2 – Viae publicae e viae militares
12
nel II secolo (FLICHE - MARTIN 1936, p. 364) e che, oltre al
già menzionato “pellegrinaggio” pagano verso i santuari di
Asclepio e i luoghi degli oracoli, prima della presa di
Gerusalemme, aveva avuto un precedente ad opera degli
ebrei (HILTBRUNNER 1967, coll. 1489-1490), aveva
ricevuto un forte impulso in epoca costantiniana, e con il
tempo era venuta ad essere considerata una indispensabile
manifestazione della propria fede36. Come tutti gli altri
viaggiatori, anche i pellegrini potevano scegliere se
intraprendere un viaggio per terra o per mare, valutando i
vantaggi ed i rischi dell’una e dell’altra possibilità. Ai
rischi ed ai disagi che abbiamo precedentemente illustrato,
i pellegrini, dal momento che attraversavano luoghi deserti
e periferici, dovevano aggiungere il pericolo di essere
assaliti dai predoni arabi; per questo, in diversi casi, è
attestata l’esistenza di scorte armate (CASSON 1974, pp.
314-319). In assenza di strutture specifiche, i viandanti si
rifacevano alle stazioni stradali presso le quali erano gli
addetti del cursus o a quelle private lungo le strade, quando
non approfittavano dell’ospitalità di conoscenti o di
autorità locali, come era costume di tutti i cittadini
benestanti37. Le taverne per i viaggiatori non erano, però
considerate luoghi adatti a pii viandanti in religioso
cammino (Paolino di Nola si scandalizza per la presenza di
una schiera di tabernae nei pressi della basilica di S.
Felice, con tutta la loro clientela di ubriachi schiamazzanti
che si reca, in poco religiosa venerazione, in visita alla
tomba del martire), ed il divieto di frequentarle, già sancito
per i vescovi, fu esteso a tutti i cristiani. Così il Codex
Canonicum Ecclesiasticorum38 prima, e la Constitutio
Apostolica (VIII, 154: usa il vocabolo `) poi,
ne vietarono la frequentazione ai cristiani se non in caso di
vera necessità, ed il Concilio di Laodicea del 363 rese il
divieto assoluto39, ulteriormente ribadito nel canone XL dei
concili africani (anno 419. Cfr. PARKER ET ALII 1900, p.
144). La progressiva diffusione del costume del
pellegrinaggio aveva, invero, fatto sì che in breve tempo
gli stessi religiosi organizzassero una capillare rete di
assistenza ai pellegrini che potevano contare su hospitia
ben attrezzati e assai numerosi, soprattutto a Roma e
Gerusalemme, gestiti dagli stessi vescovi, che inserivano
l’ospitalità ai viaggiatori tra i loro doveri, ben presto
imitati dai monaci, che ricavarono in molti monasteri dei
deversoria peregrinorum40. Il principale sostenitore della
teoria che l’organizzazione di un servizio di supporto ai
pellegrini, che contemplasse anche la fornitura di guide e
scorte, fosse da considerarsi uno dei doveri del clero fu
proprio Basilio di Cesarea (Epistole XCVIII e CCXLIII),
che sostenne la sua opinione con convinzione tale che
questi ostelli presero inizialmente il nome di basileia41. Il
dovere di allestire strutture per accoglienza fu sancito nel
Concilio di Nicea. Inizialmente, la carità cristiana si
manifestò in diverse forme, dedicandosi ai malati, agli
indigenti, ma anche ai semplici viaggiatori, come è ribadito
nella prima Apologia di S. Giustino (Justin., Apol., I, 67),
ma forse già dal IV secolo tali ostelli furono riservati ai
soli cristiani (ogni viaggiatore veniva fornito di una lettera
di presentazione che ne consentiva il riconoscimento e
l’accoglienza da parte dei correligionari di altre comunità).
Tuttavia, ancora nel VI abbiamo testimonianza della loro
apertura a tutti coloro che ne avevano bisogno
(HILTBRUNNER 1967, col. 1502). Presso queste strutture
era spesso assicurato anche il vitto, ovviamente modesto, a
volte l’assistenza medica, il vestiario ed una sorta di
elemosina, offerta agli ospiti particolarmente bisognosi,
oltre ad un servizio di “guide” ai luoghi venerati. Il
sostentamento economico di tali strutture, fondate
ovviamente sul volontariato, era garantito dalle donazioni,
anche se spesso non si disdegnava, per espletare alcuni
servizi, del lavoro degli stessi ospiti (CASSON 1974, pp.
321-324). La tradizione ecclesiastica, riportata dal
Baronius (Annales Ecclesiastici, ad annum 330, n. 28),
assegna ad Ircano la fondazione del primo xenodochio a
Gerusalemme, mentre il primato occidentale sarebbe
detenuto da quello ostiense voluto da Fabiola42.
Come abbiamo già visto (supra, par. 1), era piuttosto
consistente anche il numero degli ecclesiastici che di
frequente viaggiavano per ritrovarsi ai concili,
accompagnati da un corteggio di preti, diaconi ed accoliti,
che spesso approfittavano del cursus, al punto tale che la
stessa chiesa, nel concilio di Sofia del 343, decretò che
nessuno si presentasse alla corte dell’imperatore a meno
che non vi fosse convocato, ed il canone XXI del concilio
di Sardi impose che “tutti i religiosi che abitavano lungo
una via pubblica interrogassero i vescovi sorpresi sulla
strada circa le motivazioni del loro viaggio e che (…),
qualora queste fossero giudicate futili, si rifiutassero di
firmare le lettere (i documenti, cioè, che li autorizzavano
ad usufruire delle facilitazioni) e di avere rapporti con
loro”43. La chiesa era, invece, esclusa proprio dal servizio
portalettere, per il quale, quindi, doveva organizzarsi da sé,
normalmente aggirando le limitazioni consegnando le
missive personalmente ai funzionari che dovevano
raggiungere le stesse destinazioni44.
Il traffico più consistente, comunque, fu in ogni epoca
imputabile al trasferimento degli eserciti, trasferimento che
implicava anche il movimento di vettovagliamenti,
materiali per l’allestimento dei campi, armi e macchinari.
Dalle fonti scritte, abbiamo qualche descrizione di alcune
di queste marce militari particolarmente rilevanti della
storia di Roma, e recuperiamo qualche accenno sui modi di
pianificazione di questi trasferimenti, ma non abbiamo
informazioni sulle forme di acquartieramento che avevano
luogo durante le soste45, e non possiamo verificare, quindi,
se ci fosse relazione tra il sistema di smistamento e
stoccaggio delle merci e le attività militari, ma all’epoca
dell’imperatore Costanzo (361 d.C.), tale relazione tra
cursus e trasferimento di truppe sembra indiziato dalla
notizia che “id elegit potissimum, ut vehiculis publicis
impositum paullatim praemitteret militem...” (Amm., XXI,
13, 8). Del resto, dal momento che l’annona militare era
tratta dalle contribuzioni in natura esborsate dai
provinciali46, le due amministrazioni dovevano convivere,
o meglio, dividersi gli stessi ambiti, occupandosi entrambe
della raccolta, della gestione, del trasporto e della
distribuzione di tali vettovagliamenti47. Non a caso, nel
poema staziano (Stat., Silv., IV; 9 e 15-19), si menziona un
militare (qualificato come praefectus annonae), che
II.2 – Viae publicae e viae militares
13
doveva occuparsi degli approvvigionamenti e dei quartieri
presso i quali questi sarebbero stati distribuiti durante le
campagne militari48, quartieri che vengono appunto detti
“stationes”. Correlata all’aspetto militare, è anche la
questione della sorveglianza lungo i confini e nelle aree
non pacificate o interessate da criminalità, soprattutto
brigantaggio, risolta mediante l’istituzione di posti di
polizia, che funzionassero anche da punti di riferimento per
le altre attività di sorveglianza e pattugliamento della rete
stradale. Queste stazioni sono localizzate dagli studiosi
moderni lungo le viae militares, anche se la definizione
stessa di via militare è passibile di molti chiarimenti, e non
tutte le strade dai moderni qualificate come tali sembrano
esserlo effettivamente state49.
Come abbiamo già anticipato (supra, par. 1), anche
l’annona civile50 entrò in stretto rapporto con la gestione
dei trasporti, in quanto si occupava di reperire, stoccare,
trasportare e distribuire la quantità di generi alimentari
(grano e di olio, in primo luogo, caro porcina dall’età
severiana in poi) necessaria al fabbisogno annuale delle
popolazioni urbane, sì da mantenerne sotto controllo il
prezzo51. Ancora una volta, lo stretto rapporto tra cursus
publicus e altre amministrazioni è individuabile nella
uniformità delle nomenclature delle cariche: anche
l’annona conosce la carica di tabellarius o tabularius,
sottoposta al praefectus annonae attestata a Roma ed Ostia
(DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v.
Annona). Il cursus publicus, inteso come servizio per la
trasmissione dei messaggi e delle notizie e per il
trasferimento di individui che viaggiavano per conto dello
stato, appare, quindi, legato sin dalle sue origini anche al
complesso sistema dei trasporti delle merci52.
In margine, possiamo ricordare come molte responsabilità,
anche non “prevedibili” e piuttosto curiose, nel corso del
tempo, ricaddero sul servizio di posta, quale, ad esempio,
quella di occuparsi del trasporto di orsi ed altri animali
esotici impegnati nei giochi pubblici, ai quali assistevano
gli stessi imperatori (Symm., Epist., II, 27 (fonte n. 12);
XLVI, 7, 105-106).
II.3 – Vie d’acqua e vie di terra
14
II.3 Vie d’acqua e vie di terra:
Produzione, trasporto e distribuzione delle merci
È ben noto che la maggior parte del “movimento merci” in
epoca antica si è svolto lungo le vie d’acqua (UGGERI
1987, p. 55 ss.; CHEVALLIER 1988, pp. 83-132; UGGERI
1990, p. 176 ss.). Come abbiamo già anticipato (supra, par.
2), è opinione diffusa che i romani non possedettero mai
una vera e propria marina mercantile. Tuttavia, sin da
epoca repubblicana, molte flotte commerciali, anche se non
inquadrate direttamente nell’amministrazione statale,
solcarono le acque del Mediterraneo per il solo interesse di
Roma, da questa, in qualche misura, gestite. La più famosa
è la flotta Alessandrina, assorbita dall’immane compito di
collegare il “granaio di Roma” con il luogo di più
consistente consumo di tale risorsa. Ma anche le altre flotte
marittime e quelle fluviali dovettero essere assai strutturate
ed efficienti; prima di tutte quella del Tevere, di
dimensioni inusitate per un corso d’acqua di così scarsa
portata, che sopportava un eccezionale volume di traffico,
e poi quelle del Reno e del Rodano, articolate, come le
altre, in battelli da alaggio, naves caudicariae, lenunculi,
lintres, traghetti53. Per alcune unità navali dello Stato,
qualificate come tabellariae, si sono proposti i ruoli di
imbarcazioni adibite al trasporto dei dispacci (ROUGÉ
1966, p. 199) o di navi incaricate di scortare i mercantili54.
In contrasto con questo panorama, da alcune parti si è
sottolineato il carattere “terrestre” del cursus (JONES 1964,
p. 830; LEVI 1967, p. 114 ss.), come si evincerebbe dal
fatto che la maggior parte delle fonti si riferisce ad episodi
e interventi costruttivi o legislativi pertinenti a strade e
stazioni terrestri. Lo stato avrebbe trovato più conveniente
non fornirsi di una vera flotta mercantile, ma appaltare i
trasporti civili marittimi alle corporazioni di navicularii,
vincolate da contratti simili a quelli stipulati con i privati,
con la sola eccezione di occasionali requisizioni e servizi
obbligatori55. Secondo Gianfrotta (GIANFROTTA 1990, p.
225), non esistettero navi espressamente adibite al
trasporto dei passeggeri: il solo caso noto sarebbe quello
del traghetto Brindisi - Durazzo (Dig., XIV, 1, 1, 12)
collegato al tessuto viario. Trovandosi nella necessità di
affrontare un viaggio per mare, i cittadini dell’impero
dovevano cercarsi dei “passaggi occasionali” o prendere
accordi presso le sedi delle varie corporazioni
rappresentate nei diversi porti, per usufruire di ospitalità a
bordo di bastimenti che seguivano delle rotte stabilite sulla
base delle esigenze commerciali. Il viaggio per mare,
quando possibile era comunque preferito, essendo sì, più
rischioso, ma in genere molto più breve e meno affaticante
(CASSON 1974, p 149 ss.). Chi sostiene l’opinione
contraria56, rileva invece che, almeno nella media età
imperiale, anche lo stato apprestò dei bastimenti per il
trasporto dei passeggeri. In realtà, ci sono alcune
testimonianze che dimostrano che lo stato si servì diverse
volte di navi per il trasporto di personaggi di rango, e che,
almeno in qualche occasione, le navi delle flotte
governative e alcune di quelle provinciali furono adibite al
trasporto di merci e rifornimenti57. Abbastanza esplicita
sembra la testimonianza di Tacito (Ann., IV, 27, 1)
sull’esistenza, già nella prima fase di istituzione del cursus,
di navi adibite al trasporto di dispacci e di personaggi
autorizzati ad usufruire del servizio statale, almeno nelle
acque dell’Adriatico e lungo le rotte di collegamento con
l’Africa, ma anche con le più lontane province (ECK 1999,
p. 94). In epoca tardo-imperiale e teodoriciana, almeno, è
ben documentata l’integrazione del trasporto fluviale lungo
il Po con il servizio terrestre, e sono menzionate navi
“cursoriae”58.
Tra i documenti in qualche misura ricondotti al cursus
publicus, l’Itinerario Antonino è quello che meglio attesta
l’esistenza di una rete di rotte e scali navali integrati con il
servizio governativo, mentre nella Tabula, stando almeno
all’opinione dei Levi, tali riferimenti sarebbero
rilevantemente pochi (LEVI 1967, p. 114 ss.). La fonte
epigrafica che ricorda la carriera di P. Aelius Liberalis
adombra l’esistenza di un servizio di posta marittimo,
gestito da un procurator pugillationis et ad naves vagas
imperiale, di stanza, probabilmente, ad Ostia59, suggerendo
che le comunicazioni del cursus avvenissero anche per
mare (HUDEMANN 1878, p. 573 ss.). A queste fonti, vanno
aggiunti i dati archeologici che consentono di individuare
il tipo della stazione fluviale, che quasi sempre costituisce
uno snodo tra viabilità fluviale e terrestre e delle
“positiones” marittime, piccoli scali che consentono la
sosta notturna ed il rifornimento, nel corso del cabotaggio,
e che funzionano da piccoli intervalli che separano le
grandi tappe segnate dai porti veri e propri, che sempre si
configurano come nodi di vie di comunicazione marittime
e stradali. La testimonianza oraziana sulla interconnesione
tra la navigazione fluviale e la viabilità terrestre in
prossimità del Decennovio è – come è noto – riferita ad un
periodo anteriore all’istituzione del cursus publicus, ma è
piuttosto probabile che questa sinergia nel trasporto di
merci e passeggeri sia stata attuata anche in epoca
successiva.
Le stazioni dovevano configurarsi strutturalmente come
quella di Fossis o quella anonima della Magliana (infra,
schede I.13 e X.3). Qualora poi si riconducessero i
documenti itinerari al cursus publicus, bisognerebbe
ammettere che le località ivi menzionate come porti
accogliessero stazioni adibite a quel servizio.
II.4 – Aspetti sociali
15
II.4 Aspetti sociali delle stazioni nella letteratura antica
La rete di strade che via via si compose in ogni lembo di
terra occupato da Roma (calcolata nel periodo della sua
massima estensione in circa 400 grandi arterie, per uno
sviluppo di circa 53.000 miglia60) era scandita da una
miriade di posti di tappa, che assolvevano tutti la stessa
funzione di aree di servizio, ma che si caratterizzavano
diversamente a secondo della regione nella quale si
trovavano (più o meno climaticamente ostile o più o meno
abitata) e della diversa qualità delle prestazioni offerte. Le
fatiche del viaggio rendevano obbligatoria una sosta ogni
7-12 miglia, per il cambio degli animali da sella o da tiro
che fossero61. Alla fine di una giornata di viaggio, stimata
in una media di 25-35 miglia62 (che però potevano variare
consistentemente a seconda della difficoltà del percorso o
dell’urgenza del trasferimento63), si trovavano le stazioni
attrezzate anche per il pernottamento, sia strutture
inquadrate nell’ordinamento governativo che sorte per
iniziativa e ad uso dei privati. Lungo i tronconi viari
interessati dal cursus, cioè, è verosimile che le stazioni
stradali fossero principalmente quelle gestite dallo Stato,
ma aperte anche alla fruizione dei privati (appunto, a
pagamento), forse solo nelle regioni economicamente e
demograficamente più attive affiancate da piccoli esercizi
commerciali privati, mentre lungo altri assi stradali non
serviti dal cursus, questi ultimi rappresentavano l’unica
forma di infrastruttura viaria. Se la fermata era
occasionale, i privati sceglievano le locande lungo le vie,
ma se la sosta era di qualche giorno, certo preferivano gli
alberghi e le camere in affitto dentro le aree urbane
(CASSON 1974, pp. 203-218, fonti p. 353 s.). È opinione
corrente che taverne e locande si trovassero, comunque,
spesso presso le porte delle città64.
Per ricostruire il clima che si respirava in questi locali,
vengono usate indifferentemente fonti provenienti da locali
di centri urbani (più numerose), come dai rinvenimenti
effettuati lungo le strade, ma questa imprecisione non
inficia il quadro che se ne può disegnare. Da questo corpus
piuttosto ricco, emerge uno spaccato pittoresco di
“tenutari”, in parte albergatori e ristoratori, in parte
imbroglioni e lenoni, che vantano le delizie alimentari e
non dei loro locali, che proclamano la convenienza o
l’onestà dei prezzi del loro “hospitium cum prandio”65, e la
protezione degli dei sulle loro stamberghe66. Questi luoghi
sono talmente malfamati che divengono “il luogo di
corruzione dei costumi e perdizione per eccellenza”, al
punto tale, da ispirare diversi decreti che ne limitano le
attività (CASSON 1974, p. 217 ss.), e da richiedere da parte
della Chiesa cristiana una disposizione che consente agli
ecclesiastici di ristorarsi nelle taverne solo quando queste
si trovano lungo le strade e non vi è altra possibilità
(KLEBERG 1957, pp. 94-95).
Per diverse epoche, possediamo la descrizione di come
fosse impiegato il tempo durante le soste dei viaggiatori,
che sembra l’unica cosa immutata nei tanti secoli della
romanità. In questo caso, possiamo immaginare che la
“qualità” - scarsa - delle prestazioni accessorie offerte non
dovette essere dissimile tra gestione pubblica e privata.
Anche i poeti satirici e gli epigrammatisti come Giovenale
e Marziale ci hanno lasciato colorite descrizioni di questi
ambienti: Giovenale, ad esempio, si diverte a deridere un
aristocratico romano che trascorre il suo tempo in un
popina di Ostia, frequentata da “assassini, marinai, ladri e
schiavi fuggitivi, boia e becchini...” (Juv., VIII, 172-176)67.
Neppure la clientela era molto scelta: ai viaggiatori
occasionali, infatti, si univano rappresentanti di
commercio68, mulattieri69 e marinai (Suet., Vitell., VII, 3
(cap. III, n. 96); Plut., de Sanitat. Praec., 16). Orazio ci ha
lasciato, in poche pennellate poetiche, la descrizione del
viaggio effettuato nel 37 a.C. al seguito di Mecenate: le
locande poste lungo le vie, mal frequentate e caotiche,
appaiono comunque già distribuite in un piano organico,
dal momento che sono scandite secondo tappe che
sembrano già fissate dall’esperienza (a proposito della
tappa da Aricia a Forum Appi, Orazio si giustifica dicendo
che hanno preferito dividere in due tranches un tratto che
“viaggiatori più veloci avrebbero percorso in un solo
giorno”70). Ben diverso è il quadro che ci presenta
l’operetta Copa dell’Appendix Vergiliana: qui, alle grazie
della generosa ostessa si intona l’ambiente bucolico di una
fiaschetteria sotto le fronde, all’ombra dei pampini, dove si
ristorano le membra con il vino, le tenerezze delle fanciulle
e i dadi, dove al suono del flauto e della lira si godono i
piaceri della vita (fonte n. 100)71. Nell’età antonina il
panorama che ci viene descritto è sensibilmente diverso: il
viaggio che Elio Aristide intraprende nel 165 in Asia
Minore porta a squallide stamberghe, tanto decrepite da
non poter essere frequentate; mentre dal romanzo
apuleiano traspare un quadro inquietante di predoni che
infestano le strade e di omicidi consumati nello squallore
dei cubicola degli stabula: disavventure non troppo
improbabili anche per i viaggiatori più avveduti (Apul.,
Met., I, 15, fonte n. 75: CHEVALLIER 1988, pp. 53-55). Una
fortuita casualità ci consente di toccare con mano gli
aspetti più materiali di una missione ufficiale: un papiro ci
ha conservato il resoconto delle spese di uno dei servitori
al seguito di Theophane, in viaggio dall’Egitto Superiore
ad Antiochia tra il 317 ed il 323 (si è conservata la
rendicontazione registrata alla partenza da Pelusium,
presso il moderno Porto Said). Il cameriere annota
giornalmente solo le spese per il cibo, calcolando una sorta
di rimborso per l’alloggio ed il foraggio per gli animali: i
rimborsi statali, quindi, coprono solo le spese per i trasporti
e l’alloggio, ma non per il vitto (fonti nn. 122-123, cap. III.
Cfr. CASSON 1974, pp. 190-193). Per il IV secolo abbiamo
le descrizioni di luoghi affollati e rumorosi in Giuliano
(Epist., LXXXIV72) e Gregorio di Nazianzio (ad esempio,
Carm., II, I, XI, 386-485, del 372 d.C.73), che ci raccontano
II.4 – Aspetti sociali
16
di piazzali polverosi trafficati da carrozze e cavalli, una
sorta di fiera molto animata, e locali dove giunge il
tramestio degli uomini e lo scalpitare degli animali, pieni
di servi occupati a maledire ed imprecare, e di mulattieri
ubriachi. Ancora nell’ultimo trentennio del V secolo,
Sidonio Apollinare (Epist., VIII, 11, 3, 42 ss.)
ardentemente spera di non finire nelle madidae tabernae di
Burdigala, costretto a “tapparsi il naso per non sentire i
fumi maleodoranti della cucina e gli sgradevoli odori dei
salsicciotti appesi al soffitto, dove i vapori delle pentole si
mescolano a quelli delle padelle scoppiettanti”, sordide
locande che ricordano le fumosae popinae di Ausonio
(157, 21). In ogni epoca, comunque, gli osti e gli
albergatori, in genere individui liberi, spesso di origine
greca od orientale, vennero sempre considerati infidi e
furfanti, al punto da divenire “maschere” nella letteratura
antica, tipizzazione alla quale non sfuggirono neanche le
poco onorate consorti, in genere ritenute delle streghe
(Apul., Met., I, 6. Cfr. CHEVALLIER 1972, p. 219).
Tradizionalmente, infatti, erano proprio le donne a gestire
questi locali (BAGNANI 1958, pp. 439-442), anche se
spesso i proprietari di un locale, uomini e donne,
preferivano farsi rappresentare da un institor che gestisse i
loro affari, affiancato da altro personale, in genere di
condizione schiavile, che si occupava delle cucine, delle
pulizie, del trasporto bagagli e della portineria (CASSON
1974, p. 208). La mobilia di tali alberghi doveva essere
piuttosto “essenziale”, oltre ai letti (lectus o lectulus), vi
erano una sorta di materassi (che certo non godevano di
ottima fama e dovevano essere ben ispezionati prima
dell’uso, se per le cimici era popolare l’epiteto di
“cauponarum aestiva animalia”74), e pochi “complementi
d’arredo”, costituiti soprattutto dalle lampade e dalle
lucerne per l’illuminazione.
Le insegne delle locande, spesso accattivanti o spiritose,
diedero di frequente il nome all’intero complesso: dalle
figure di uomini (Ad Fratres, Ad Centuriones), di animali
(Ad Gallum Gallinaceum, Ad Draconem, Ad Aquilam,
ecc.), di oggetti (Ad Rotam, Ad Ensem), di piante (Arbor
Felix), al tipo stesso degli edifici ( Ad Pictas, Ad Stabulum,
ecc.), alle divinità (Ad Martis, Ad Herculem, Ad Templum,
ecc. Cfr. FRIEDLÄNDER 1922, p. 347; KLEBERG 1957, pp.
65-66, 115-119; MALIPIERO 1982).
Come si è potuto constatare, non ho mai fatto riferimento
alla differenza – generalmente affermata – tra stazioni
stradali definite dagli antichi “mansiones”, intese come
luoghi di sosta molto attrezzati, che contemplano la
possibilità di pernottamento, e “mutationes”, cioè stazioni
adibite al solo cambio dei cavalli e quindi con una
dotazione infrastrutturale molto semplificata, perché, come
meglio si vedrà nei capitoli III e VII, tale distinzione è
stata introdotta in età tardo imperiale e anche da un punto
di vista archeologico tale diversificazione appare piuttosto
evanescente.
.
1 Servizi di posta efficienti che prevedevano la dislocazione sul territorio
di stazioni per la sosta ed il cambio degli animali erano già noti in Persia,
dal V secolo a.C., nell’Egitto Tolemaico ed in Cina dal III secolo a.C.:
HOLMBERG 1933, pp. 17-32; PFLAUM 1940, pp. 18-21; VAN’T DACK
1962, pp. 338-341; NEEDHAM 1971, pp. 3, 34-38. 2 Il Brunt, accolto dall’Eck, sottolinea come non sia appropriato usare il
termine “cursus publicus” per i primi secoli dell’impero, essendo questo
impiegato solo in età tardo imperiale (un sinonimo corretto potrebbe essere vehiculatio), ma lo stesso Eck lo adotta perché non è soggetto a
fraintendimenti, contrariamente alla traduzione moderna di “servizio di
posta”, da Lui – giustamente – bandita (ECK 1999, p. 93, nota 1). L’espressione “servizio di posta” viene, invece, qui utilizzata, perché
molto diffusa nella bibliografia sulla viabilità romana. 3 Fonti in RAMSAY 1920, p. 79 ss.; VAN OOTEGHEM 1959, pp. 189-193; CASSON 1974, pp. 220-222. Ai tabellarii publici venivano affidati, in
occasioni particolari, anche i dispacci ufficiali che dai governatori
provinciali venivano spediti a Roma. Nel 168 a.C., ad esempio, un tabellarius che afferma di giungere dalla Macedonia annuncia al console
C. Licinio la vittoria di L. Emilio Paolo su Perseo: Liv., XLV, 1, 6, 7. Lo
stesso Antonio, si presenta al portiere della casa di Fulvia come “tabellarius a Marco”: Cic., Phil., II, 77, fonte n. 105. Una lettera, in
queste condizioni di precarietà, poteva impiegare tempi diversissimi per
giungere a destinazione: al tempo di Cicerone, le spedizioni tra Roma ed
Atene, ad esempio, potevano richiedere tra le 3 e le 7 settimane,
dall’Egitto a Roma potevano impiegare anche 20 giorni, da 50 a 100 dalla
Siria. In molte occasioni, soprattutto prima che tali “agenzie” di recapiti si strutturassero, le missive ed i bagagli venivano spediti approfittando di
commercianti che facevano gli stessi itinerari: Plaut., Miles Glor., 131. 4 “J` `”: Strabo, V, 4, 13. Gli autori greci, trattando del servizio di posta impiantato dai Gran Re di Persia,
distinguono gli hjmerodromoiv, cioè i messaggeri a piedi che svolgono un
servizio regolare, quotidiano, dagli ajggaroiv, i corrieri a cavallo che portavano notizie importanti ed urgenti (Herodot., III, 126; VI, 105; VIII,
98) e che hanno una corrispondenza con i cursores romani (Nep., Milt.,
4,3, Liv., XXXI, 24). L’episodio è commentato da Gellio (X, 3, 19). Cfr. HUDEMANN 1878. 5 DESJARDINS 1878, p. 53; HUMBERT 1887, p. 1648; RAMSAY 1920, pp.
81-83. Cfr. SCHROFF 1932, col. 1845. Bibliografia completa in CROGIEZ
1990B, p. 392 ss. 6 Tra questi l’editore Th. Mommsen nel CIL, I, 551; CIL, I2, 638; il
Kornemann (KORNEMANN 1953, p. 996) e l’Holmberg (HOLMBERG 1933, p. 36). Il Cary (CARY 1936, pp. 166-167) avanza l’ipotesi che si trattasse
di “cartelli stradali”, seguito da Susini e Bracco, che interpretano
tabellarius come “pannello riassuntivo dell’itinerario” (SUSINI 1984, pp. 103-110, BRACCO 1958, pp. 93-97); mentre il Grenier (GRENIER 1931,
pp. 79-81) vi vede una specie di marciapiede. Proprio sull’esistenza dei
tabellarii sono incentrati gli altri documenti, discussi in DESJARDINS
1878. 7 HOLMBERG 1933, p. 33, cita Cato, Orig., fr. II, p. 37 ed. Jordan, e Cic., de Leg., III, 8, 18 (riferito al 198 a.C.). 8 La Crogiez sottolinea che l’espressione svetoniana “celerius ac sub
manum” implichi un miglioramento nella qualità e nell’estensione del servizio, e non una innovazione: CROGIEZ 1990B, p. 394. 9 I diplomata, definiti nelle fonti anche tractoriae (sc. litterae),
contenevano informazioni molto dettagliate sul nome del beneficiario, sull’itinerario da percorrere, il numero delle tappe previste, la durata del
viaggio, il tipo ed il numero dei veicoli. Il controllo di tali documenti
veniva effettuato nelle stazioni stesse, dove, se pure non si pernottava, era stabilita una sosta per un determinato numero di ore. I diplomata, secondo
BELLINO 1910, pp. 1418-1419, avrebbero concesso il diritto al vitto dei
viaggiatori ed al foraggio per gli animali che li accompagnavano, ma – come abbiamo visto – tale opinione è contraddetta dalle fonti: sulla base
di Cod.Theod., VIII, 5, 9 e VIII, 6, 2 (fonte n. 150) sembra che l’evectio
autorizzasse il solo trasporto, mentre la tractoria concedesse anche il diritto al vitto ed alloggio: CASSON 1974, p. 184. Particolare privilegio
era la concessione dei paraveredi, cavalli di sostegno. Sull’evoluzione
dell’evectio vedi DI PAOLA 1999, pp. 61-73. 10 La frequenza con la quale questi abusi venivano perpetrati è
testimoniata indirettamente dalla numerosa raccolta di azioni legislative
volte a punirli e reprimerli, o dai documenti nei quali si tenta di motivare tali abusi: ad esempio, Plin., Epist., X; 120; S.H.A., Pertin., I, 6; Jul.,
Epist., VIII (sulla facilità con la quale questi permessi vengono elargiti);
II. - Note
17
XV; XXVI, ecc. Il numero dei fruitori si incrementò con la concessione
ai vescovi del diritto di servirsi delle attrezzature del cursus, elargita per
la prima volta da Costantino in occasione del concilio di Nicea del 325,
ribadita in occasione dell’adunanza dei vescovi d’Oriente a Seleucia e contestata già da Ammiano Marcellino (Amm., XXI, 16, 18). Costantino
garantì sia agli ortodossi che agli scismatici il diritto ai cavalli da sella per
i cavalieri ed alle raedae per chi non andava a cavallo, che gli imperatori successivi allargarono fino al vitto ed alloggio: GORCE 1925, pp. 28-57.
Occasionalmente, alcuni privati cittadini di alto rango, anche cristiani,
ebbero il privilegio di usufruire del servizio pubblico, come è ben evidente nelle fonti: ad esempio, il caso di Melania (GORCE 1925, p. 47
ss.; LECLERCQ 1948, coll. 1634-1635; GORGE 1962, pp. 226-229; LEVI
1967, pp. 107-108, n. 124) e di Gregorio di Nissa (che, nel 380, impossessatosi di un carro del cursus, viaggiò instancabilmente,
trasformandolo in una sorta di cappella viaggiante: GORCE 1925, p. 48).
Basilio richiese alle autorità di concedere l’uso del cursus ad un gruppo di cristiani che dovevano trasportare il corpo di un parente, ed ancora,
abbiamo notizia di un indemoniato che chiese all’imperatore di
autorizzarlo ad utilizzare il servizio di stato per recarsi presso S. Ilarione: GORCE 1925, pp. 45-46; CASSON 1974, p. 302. 11 DI PAOLA 1999, pp. 26-31. Da rilevare che nel testo epigrafico si
specifica che l’alloggio nella mansio è gratuito per il solo imperatore e
per il suo seguito, e per i magistrati che prestano servizio nelle province.
L’esistenza della struttura per il pernottamento entro la città di Sagalassos
è data per scontata (non sembra, cioè, di recente fondazione), mentre è necessario ribadire che i privati non possono usufruire di nessuna di
queste agevolazioni. 12 I magistrati ricordati sono forse gli impiegati delle varie stazioni, che
comprendono anche i curiales (Plut., Galb., VIII), che eseguivano le
requisizioni per provvedere a quanto necessario per il funzionamento della posta: infra. 13 CIL, XIII, 13283; CIL, VI, 559. All’epoca di Marco Aurelio risalirebbe
l’unica emissione monetale che raffigurava, nei panni di una donna, la
personificazione del cursus publicus, con la legenda “v”. 14 Nell’età di Severo Alessandro – e forse, già all’epoca di Caracalla -,
prima di partire per la campagna militare, è previsto che si disponga dettagliatamente il piano di marcia dell’esercito, pianificando tutte le
tappe presso le quali si effettueranno i rifornimenti, intessendo la
relazione tra servizio di posta ed annona militare, quando già è scontata la presenza delle pattuglie sulle strade (S.H.A., Sev. Alex., XLV, 47). 15 PFLAUM 1940, pp. 91-121; LEVI 1967, pp. 103-106. Per le vicende del
cursus dopo Severo, vedi in particolare ZAWADZKI 1960, pp. 89-90. 16 L’elenco delle azioni intraprese dal potere imperiale a tale scopo è
piuttosto nutrito: Cod.Theod., VIII, 5, 5-9; VIII, 5, 18-20; VIII, 5, 47-49,
ecc. 17 Amm., XXI, 16, 18. In Cod.Theod., VIII, 5, 12, del 362 d.C.,
l’imperatore Giuliano l’Apostata si scaglia contro le pretese arroganti di
molti notabili che hanno portato il cursus publicus all’inefficienza. Altre fonti in CASSON 1974, pp. 188-189, 302, 351-52. 18 Si può ricordare il passo in cui Simmaco parla di un viaggio verso la
Spagna, da compiersi nel 399, per il quale chiede l’autorizzazione ad utilizzare per la famiglia i cavalli del cursus publicus: Symm., Epist., VII,
82. 19 Lo stesso imperatore decise l’abolizione del servizio lungo il tratto Calcedone-Dacibiza, sostituito da un servizio navale che collegava
direttamente Bisanzio con Elenopoli: LEVI 1967, p. 106. 20 ARCE 1990 sulle fonti che attengono al cursus nella Hispania. 21 DI PAOLA 1999, p. 41 ss. Da rilevare, che è qui ammessa l’esistenza
delle stazioni stradali gestite da mancipes, intesi come “managers delle
mansiones, titolari delle imprese di trasporti”. 22 Ci sono diverse attestazioni epigrafiche o anche fonti letterarie che
citano alcuni ruoli inseriti nel sistema dei trasporti, ma in queste fonti non
è possibile assicurarsi della pertinenza al cursus publicus di queste cariche. 23 Come abbiamo visto, questa duplicità costituisce un esito di una certa
sovrapposizione nei ruoli di questi apparati stazionari che emerge sia nelle trattazioni giuridiche che nelle altre fonti: PUGLISI 1987, p. 255 ss. 24 Ai tabellarii si rivolgevano anche gli ecclesiastici che, autorizzati ad
usare le strutture del cursus per i trasporti e le soste, non potevano usufruire del servizio di posta. Proprio da alcuni autori cristiani sappiamo
che questi individui non godevano di molta stima: erano trascurati nel
vestire e nell’igiene, capricciosi sulle destinazioni loro affidate, impiccioni sul contenuto delle missive e indisponenti: in Paulin., Epist.,
XXII, 2 ci viene descritto a vividi colori un monaco, con scarsa
vocazione, che non consegna neppure le missive che gli vengono affidate.
Cfr. GORCE 1925, pp. 226-239. 25 Per il rapporto tra tabellarii e cursus, vedi SCHROFF 1932, col. 1884 ss. 26 CHEVALLIER 1972, p. 219, senza fonti. La legislazione cercava, ad esempio, di tutelare i frequentatori della cauponae soprattutto dai furti,
dal momento che i tenutari di questi locali erano ritenuti responsabili per
il bagaglio al seguito dei viaggiatori (a volte, assai ingombrante, comprendente, cioè, viveri, “casalinghi” di prima necessità, biancheria e
vestiario: CASSON 1974, pp. 176-184, con fonti a pp. 349-351. Vedi cap.
III, fonti nn. 152-153), ma imponeva delle regole anche sull’instrumentum e la supellex da impiegarsi: CROOK 1967, pp. 226-228:
Dig., XXXIII, 7, 13, ss. 27 Qualora queste fossero state ritenute futili, i latori sarebbero stati condannati a tornare a destinazione a loro spese: HUDEMANN 1878, par.
43. 28 CASSON 1974, p. 128 ss.; sulla composizione sociale dei viaggiatori nelle province occidentali vedi FRÉZOULS 1989. 29 La fonte principale è, ovviamente, Cicerone, ma vi sono altre
testimonianze interessanti anche di epoca successiva: CASSON 1974, p. 197 ss., 352-353. Cicerone possedeva un deversorium ad Anagni, che
usava come base quando si recava nei suoi possedimenti di Arpino,
sostando anche a Lanuvium e Sinuessa nel corso del viaggio verso le sue
ville sul mare. 30 Soprattutto Livio, XLII, 1, 9 ss.: “i magistrati intraprendono il viaggio
con muli carichi di vettovaglie, tende e tutto l’equipaggiamento militare, così da non dover chiedere nulla agli alleati. Sono soliti alloggiare presso
privati cittadini ed approfittare dell’ospitalità offerta con discrezione e tatto. Le loro case in Roma, del resto, erano aperte a coloro che
solitamente li ospitavano”. Cesare fu ospite del padre di Catullo a Verona:
CHEVALLIER 1972, p. 219. Lo stesso Cesare, sorpreso da una tempesta nel corso di un viaggio, è costretto a riparare presso la capanna di un
pover’uomo, trascorrendo la notte sotto la tettoia dell’ingresso: Plut.,
Caes., XVII, 11. Anche di Catone il Giovane sappiamo che, in occasione di un viaggio, preferiva inviare dei suoi dipendenti, che allestissero il
necessario per la sosta presso la dimora di un conoscente; qualora in
quella località non avesse conoscenti, riparava in un albergo o si faceva ospitare dai magistrati locali: Plut., Cato min., 12. In quattro casi diversi,
abbiamo attestazione epigrafica di una controversia tra Settimio Severo e
la classe senatoria, a proposito dell’esenzione dei senatori dall’obbligo di ospitalità: AE 1977, 807, p. 231 s. 31 Non a caso, infatti, sono i letterati romani, che devono aver fatto
esperienza di viaggio, che ci trasmettono queste lagnanze. Elio Aristide,
ad esempio, lamenta le pessime condizioni degli alberghi d’Asia, tanto
orribili da non poterci sostare, più spesso fatiscenti o abbandonati: infra,
par. 4. 32 La toponomastica ci tramanda l’esistenza di alcuni di questi piccoli
“agglomerati” di strutture pubbliche e private, attraverso le nomenclature
di Tabernis, Tres Tabernae, ecc: CHEVALLIER 1972, p. 218. Cfr. infra, cap. III.6. È verosimile che le stazioni ufficiali si presentassero in modo
migliore ed offrissero dei servizi più qualificati, mentre le locande private
raramente potessero garantire qualità ed igiene, come è vanto dell’epigrafe di Ombos (fonte n. 183, cap. III.3). 33 HUDEMANN 1878. Secondo il BELLINO (1910, p. 1414), sia i
catabolenses che i bastagarii sono addetti del cursus. 34 Infra, cap. III; KLEBERG 1957, pp. 1-25. 35 In realtà, negli Autori moderni c’è spesso tendenza a trasferire a questo
tema testimonianze archeologiche e letterarie od epigrafiche pertinenti a locande e taverne poste in città (con i casi eccezionali di Ostia, Ercolano e
Pompei). Immaginiamo, certo, che gli arredi o le insegne non differissero
molto tra città e campagna, ma il clima dovette essere diverso se sono gli alberghi e le stamberghe poste lungo le strade a stimolare a tal punto la
fantasia degli antichi: infra, par. 4 36 Hier., Epist., XLVI, 8-9; XLVII, 2. LECLERCQ 1925, col. 2748 ss.; LEVI
1967, pp. 99-100; WILKINSON 1971, pp. 10-13; CASSON 1974, p. 304 ss.
Nel capitolo III, par. 1, verranno citati alcuni dei documenti che, in
diverse forme, ci sono giunti con le narrazioni dei viaggi fatti da alcuni personaggi celebri. 37 I vescovi, ad esempio, erano legati da un vicendevole patto di ospitalità:
GORCE 1925, pp. 137-141. Paola, facoltosa vedova in pellegrinaggio in Palestina, fu invitata dal governatore di Palestina a trascorrere la notte
nella sua casa di Gerusalemme, ma rifiutò per sistemarsi in una
modestissima stanzetta a Betlemme: TOBLER 1879, pp. 29-40. 38 II, 26: “ut clerici edendi vel bibendi causa tabernas non ingrediantur,
nisi peregrinationis necessitate”.
II. - Note
18
39 Canone XXIV: PARKER ET ALII 1900, p. 144. Cfr.: GORCE 1925, p. 145;
KLEBERG 1957, pp. 94-96. 40 Vedi cap. III, fonte n. 126. Sulla scorta di S. Girolamo (Hier., Epist.,
CVIII, 14), sembra, comunque, evincersi che progressivamente si impose una differenza tra gli ospizi posizionati lungo le strade (che restavano
luoghi di sosta e d’incontro) e quelli che si trovavano entro i monasteri,
dove si effettuavano soggiorni più lunghi e più dedicati alla meditazione ed alla preghiera: LECLERCQ 1925, col. 2766. 41 GORCE 1925, pp. 146-147, CORSI cs. Sulla terminologia di questi
edifici per accoglienza vedi cap. III; sulla loro struttura vedi cap.VII. 42 LECLERCQ 1925, coll. 2749-2750. Cfr. fonte n. 91, e cap. VII,
xenodochia. 43 HEFELE – LECLERCQ 1907, pp. 803-804: “Quod ita demum compleri poterit, si unusquisque qui in canali constitutus est, cum progredientem
episcopum viderit, inquirat transitus eius, causas videat, quo tendat
agnoscat et si eum invenerit…propter desideria et ambitiones ad comitatum pergat, neque in litteris eius suscribatur, neque in
communione recipiantur”. “Canali” è tradotto con “via pubblica” perché
considerato traduzione latina del greco vn. GORCE 1925, pp. 36-37. 44 GORCE 1925, p. 205 ss.; DI PAOLA 1999, pp. 33-40, anche sulle
implicazioni politiche della concessione dell’uso del cursus agli ecclesiastici da parte di Costantino e dei suoi successori. 45 Vedi, ad esempio, le fonti nn. 10, 15, 37, 46, 47, cap. III. 46 Oltre al “paniere” di generi alimentari che l’annona doveva distribuire (detti cellaria: pane, olio, vino, carne, aceto), era considerato dovere
dell’annona militare anche la fornitura di foraggio per gli animali, legna e vestiario: DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v. annona. 47 Lo stesso imprescindibile legame tra viabilità ed annona militare è
sostenuto da Van Berchem e Reed (VAN BERCHEM 1973) a proposito dell’Itinerario Antonino: vedi cap. III.4. 48 DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v. annona;
ROSTOVTZEFF 1933, p. 551 ss.; JONES 1964, pp. 458 s., 626 s. 49 ŠAŠEL 1977, p. 235, con bibliografia critica. Generalmente, le viae
militares sono descritte come strade che nascono con un prevalente scopo
strategico, e che così vengono qualificate in un’epoca ben definita, ma che con il mutare della situazione geopolitica e militare, sono considerate
viae publicae ad ogni effetto. Il significato è presto banalizzato, indicando
una via di grande importanza pubblica che gode di uno stato giuridico particolare: CHEVALLIER 1997, p. 32. Da alcuni passi di Cicerone
(riportati in ŠAŠEL 1977, p. 238-241) si evince che tali viae militares
erano fornite di veri e propri allestimenti militari, oltreché di più semplici
posti di guardia, di stazioni per le segnalazioni, magazzini e fortini, ma il
significato tecnico del termine “via militaris” subì un’evoluzione dal
momento della sua comparsa, nel II secolo a.C., fino all’epoca tardo romana, nella quale l’accezione originaria sarebbe andata perduta. Le vie
militari sarebbero da localizzarsi tutte lungo il Limes, e la loro
organizzazione sarebbe avvenuta in tempi diversi, poco dopo la pacificazione di Dalmazia e Macedonia prima, e di Tracia poi;
l’istituzione di un “servizio informazioni” che riportasse in brevissimo
tempo i dispacci tra i comandi militari provinciali ed il quartier generale è, verosimilmente, da attribuirsi allo stesso Augusto. In quest’ottica, viene
sottolineato il ruolo egemone che i militari avrebbero svolto nella
gestione della viabilità, per quanto concerneva la sicurezza e la trasmissione delle notizie: ŠAŠEL 1977, p. 242 ss. 50 DIZIONARIO EPIGRAFICO, I, 1895, pp. 474-487, s.v. annona;
ROSTOVZEF 1933, p. 185 ss.; ECK 1999, pp. 151-194, sull’istituzione alimentare e sul rapporto tra la sua amministrazione e quella delle strade.
Anche per l’annona civile come per la vehiculatio, fu Augusto a
razionalizzarne la strutturazione con l’istituzione della Praefectura Annonae. 51 L’annona è attestata in diverse amministrazioni municipali, tuttavia, per
l’importanza che rivestì, in genere con questo termine si indica l’apparato organizzativo che si occupava del mantenimento della smisurata
popolazione di Roma. La popolazione della città di Romolo raggiunse,
infatti, livelli impensabili per il mondo antico, tanto da detenere il record di consistenza demica mai registrato fino alla rivoluzione industriale: LO
CASCIO 1990, pp. 229-236. La pressione politica che l’impero nascente
impose ai vinti fece sì che questi fossero costretti ad una specializzazione produttiva innaturale per un’economia contadina, e coltivassero quella
sola risorsa indispensabile a Roma che era il grano, raccolto in qualità di
contribuzione in natura. La preoccupazione annonaria è già presente (o, almeno, proiettata dalla storiografia antica) nei primi secoli della
repubblica, quando le quantità di grano necessarie al fabbisogno di Roma
venivano reperite in Etruria meridionale, nel Lazio meridionale, nella
Pianura Pontina, in Campania, e da queste regioni trasportate per vie di
terra con costi elevatissimi. La sottomissione della Sicilia, della Sardegna
e poi della Spagna dirottò l’obbligo della produzione granaria per il mantenimento di Roma su queste terre, dalle quali si potevano effettuare
trasporti via mare, alleggerendo così la pressione sul centro Italia
tirrenico, che poté dedicarsi a produzioni agricole più redditizie e differenziate. Il fattore trasporto (calcolato come rapporto costo/qualità-
deperibilità della merce alimentare) innescò la trasformazione del
paesaggio agrario nelle regioni più vicine a Roma, che si specializzano in produzioni alimentari “di valore”, trasportabili in tempi rapidi via terra
(orticoltura, pollame ed altri animali da cortile, selvaggina e pesce):
CARANDINI 1985. Nell’età repubblicana, la questione venne risolta dando in appalto ai decumani la riscossione delle decimae dei raccolti, ma il
ruolo di questi si limitava al reperimento ed allo stoccaggio presso i porti
di tali smisurate quantità di grano (deportatio ad aquam), lasciando aperto il problema del trasporto e della distribuzione. In mancanza di una flotta
commerciale statale (LO CASCIO 1990, p. 242 con altra bibliog., ma vedi
par. 3), il compito di trasferire i carichi dagli horrea dei porti provinciali che via via divenivano più strutturati, venne affidato inizialmente a
singoli, con compiti e qualifiche piuttosto ambigue: mercator,
navicularius e negotiator indicano spesso lo stesso individuo che si
occupa di reperire e raccogliere la merce, ma che è anche proprietario
della nave ed intermediario tra le parti (su queste distinzioni vedi: DE
SALVO 1992, p. 207 ss.). Il passaggio dalla repubblica al principato segna, anche in questo caso, una conquista della burocrazia imperiale che si
accolla progressivamente i ruoli lasciati precedentemente in gestione ai beneficiari degli appalti. Parallelamente all’irrigidirsi della
regolamentazione dei prezzi, diminuisce la redditività di tale attività, che
comporta anche dei seri rischi. Per arginare la “crisi della quantità e della disponibilità degli armatori” si dovettero prendere alcuni provvedimenti,
primi fa i quali la costruzione di impianti portuali sicuri ed efficienti
(Ostia, Anzio, Centumcellae, Tarracina, ecc.), ai quali corrispose la nascita e la crescita incontrollata del potere delle corporazioni (DI PORTO
1984). In età imperiale, alla fine di un lungo processo formativo che
occupa almeno gli ultimi due secoli dell’età repubblicana, l’annona appare ben definita sul piano giuridico e burocratico. In generale,
bibliografia e inquadramento aggiornato in DE SALVO 1992, pp. 16-17, p.
79 ss. 52 Per fornire qualche esempio di come fossero ordinarie le
sovrapposizioni tra le varie attività governative, possiamo ricordare la
località di Poetovio, dove anche l’imperatore Costanzo Gallo fece tappa
(Amm., XIV, 11, 19), che è ricordata nelle fonti epigrafiche come sede di
una stazione fiscale (PUGLISI 1987, p. 245 nota) e come tappa
nell’Itinerario Antonino (129), nell’Itinerario Burdigalense (561, 4) e nella Tabula. In Ammiano (I, 100) viene anche ricordato come luogo
dove, in palatio extra muros, fu rinchiuso Cesare Gallo (354 d.C.).
Poetovio si trova nella Pannonia Superiore, sulla strada che collega Aquileia al Danubio, percorrendo le sponde della Drava. Qui si trovava
un campo di legionari, e, forse nell’età di Adriano, vi fu stanziata la statio
Poetovionensis del publicum portorium Illyirici. 53 In generale, DE SALVO 1992, pp. 26-34 con bibliog., e p. 144 ss. Dalle
fonti si conoscono anche navi costruite per trasportare merci specifiche
(ad esempio, le navi per il trasporto del bestiame, per i marmi, o comunque destinate ad imbarcare un solo tipo di carico: naves vinariae,
granariae, stipate di dolii per il trasporto dei generi alimentari, vino in
primo luogo) o per trasporti eccezionali, quali quelli degli obelischi: GIANFROTTA 1990, pp. 218-219. 54 Sen., Epist., LXXVII, 1. Con l’incrementarsi del volume degli scambi e
del traffico via mare, crebbero anche le esigenze di strutture portuali adeguate ed aumentò anche l’ambiziosità dei progetti, fino a quello
futuristico di Nerone di aprire un canale che consentisse il trasporto per
alaggio delle merci sdoganate nel porto di Puteoli che unisse il lago
d’Averno ai dintorni della capitale. Come il suo predecessore Claudio ed
il suo successore Traiano, anche Nerone fu costretto a ripiegare sul più
fattibile progetto di un porto da lui stabilito ad Antium, ma la tecnica delle fossae non fu abbandonata. 55 ROSTOVZEV 1933, p. 440. Per tutta la discussione sul ruolo assunto da
queste corporazioni si rimanda, ovviamente, al contributo della DE SALVO
1992. 56 HUDEMANN 1878, par. 60 ss; p. 537 ss.; HOLMBERG 1933, p. 69;
KORNEMANN 1953, col. 1009. Cfr. FRIEDLÄNDER 1922, p. 331, nota 7. 57 ROSTOVZEV 1933, p. 189 ss. Per le fonti vedi LEVI 1967, pp. 114-116 e
nota 144.
II. - Note
19
58 Sid.Apoll., Epist., I, V, 2, del 467, per il tratto Pavia - Ravenna;
Cassiod., Var., II, 31; IV, 45. 59 CIL, XIV, 2045 = ILS, 1534. HENZEN 1875, p. 5; MEIGGS 1973, p. 302
il vocabolo pugillator è inteso nel senso di colui che trasporta le tavolette iscritte (dette pugillates), mentre le naves vagae sono le navi veloci per il
trasferimento dei dispacci o, meglio, le navi che non hanno il loro porto
nella provincia d’origine e che non seguono rotte fisse: cfr. DE SALVO 1992, p. 214, nota 144, con bibliog. Tuttavia, l’iscrizione non ha ancora
trovato un confronto e, quindi, la sua interpretazione resta incerta:
PASCHETTO 1912, p. 201; LE GALL 1953, p. 236. 60 GUALANDI 1990, p. 199 ss. L’estensione della rete viaria viene
calcolata in 120.000 km. da QUILICI 1991, p. 17. 61 Tale cifra è stata calcolata sulla base delle tratte viarie descritte nell’itinerario Burdigalense, che scrupolosamente elenca il numero delle
stazioni per cambio degli animali (vedi infra, cap. III, par. 4):
GELSOMINO 1966, pp. 169-170. 62 Plin., N.H., VI, 102 ss., XII, 64 e 65 (= cap. III, fonti nn. 2, 3, 4) . Dalla
V satira di Orazio (vedi cap. III, nota 9) ricaviamo dati disomogenei, che
fanno oscillare le giornate di viaggio da un minimo di 3 ad un massimo di 38 miglia: CHEVALLIER 1972, p. 213 ss. Le cifre di 35-40 miglia potevano
essere coperte in occasioni particolari, a prezzo di un grande
affaticamento. CHEVALLIER 1988, p. 62, calcola una media di 20 miglia
giornaliere per un pedone, più 5/10 se si usa un carro o un cavallo.
Procopio (Hist. Arc., XXX, 3 e 5, fonte n. 119) ci attesta che un
messaggero copriva in media 8 tappe, a volte meno, comunque, difficilmente meno di 5, a seconda delle difficoltà del percorso e del
traffico che lo interessava, mentre sulla base di Vegezio (I, 9) si può affermare che la distanza tra due mansiones attrezzate per il
pernottamento fosse di 36 miglia, tratta di marcia che usualmente
percorreva un legionario in una giornata. 63 Una delle lettere che Ovidio spedisce dal Ponto (Ovid., Pont., IV, 5, 7),
impiega solo 9 giorni per coprire il tratto Brindisi - Roma, con una media
di circa 40 miglia al giorno. Nel caso di eventi bellici, poi, i tempi si contraevano ulteriormente: è documentato il caso di Cesare che, allo
scoppio della guerra gallica, si precipitò da Roma a Ginevra, percorrendo
circa 100 miglia per giornata (Plut., Caes., XVII, 5). 64 Plaut., Pseud., 658-9: “Ego devortor extra portam huc in tabernam
tertiam…”; KLEBERG 1957, p. 49 ss; 68 s. Questa affermazione, tuttavia,
fondata anche sulla testimonianza forzosamente interpretata di Cicerone e Properzio, non trova grande riscontro nella documentazione archeologica:
infra, cap. VII. L’unico studio dettagliato, quello del Kleberg su Pompei,
dimostra, infatti, che la densità delle locande è sì maggiore presso le porte
della cinta muraria, ma che esercizi commerciali di questo tipo sono
diffusi in tutta l’area urbana: KLEBERG 1957. 65 CIL, XIII, 2031 = ILS, 6037. L’iscrizione, che declama in versi la convenienza economica ed i vantaggi per la salute di chi sosta presso
l’hospitium di Septumanus, proviene da Lugdunum, dove si ritiene che
fosse “supra portam xenodochii collocata”. Trattandosi di un titulus urbano, non è stato inserito tra le fonti raccolte nel cap. III. 66 Fonti e commento in KLEBERG 1957, pp. 114-119; CASSON 1974, pp.
218, 351-352. 67 GUALANDI 1990, p. 212; ma anche questo passo non è riferito alle
taverne lungo le vie, bensì a quelle urbane. 68 Apul., Met., I, 4, fonte n. 74; Dig., XVII, 2, 52, 15, fonte n. 151. 69 Nella Appendix Vergiliana ci viene descritto a vividi tratti un tale
Sabinus, mulio più veloce di tutti, che ora, deposte le briglie, è divenuto
sacerdote dei Castori, Catalepton, X, 1 ss. 70 Cap. III.1, fonte n. 88. CHEVALLIER 1988, pp. 8-10. 71 Che in questo caso ci si riferisca ad un luogo di sosta lungo la viabilità
sembra garantito non solo dal clima tutto “agreste” del poemetto, ma anche dal duplice riferimento al viandante “aestivo defessum pulvere” (v.
5), che “pampinea fessus requiescit sub umbra” (v. 31) e all’asellus che
“lassus iam sudat “ (v. 25) . 72 Del 362-363 d.C., dove si insiste sul divieto imposto ai sacerdoti di bere
nelle osterie. È interessante notare che l’imperatore ribadisce che i pagani
devono sentire la necessità di istituire degli xenodochia per stranieri e bisognosi. Cfr. Jul., Epist., LXXXIX, 289a-292b (sulla filantropia), dove
si sostiene che i cristiani si dedicano ad attività caritative solo per
interesse e che in realtà non fanno altro che imitare i precetti già stabiliti in età antica da Omero (Od., XIV, 56-58). 73 Anno 372: “Mi trovavo ad una stazione lungo la grande strada della
Cappadocia, all’incrocio tra tre vie, senza acqua, senza forze, senza alcuna disponibilità di viveri, presso un piccolo villaggio orrendo. Qui è
tutto uno strepito di carri, un sollevarsi di polvere, di grida e ululati, di
sovrintendenti, schiavi e popolani, di viaggiatori e vagabondi”. 74 Nel Vangelo apocrifo di Giovanni, di IV-V secolo, che narra del
viaggio dell’apostolo da Laodicea ad Efeso, si racconta della sosta presso
un albergo abbandonato: “il primo giorno arrivammo ad una locanda deserta (in greco, pandokeion), dove cercammo un letto per Giovanni,
imbattendoci in uno strano caso. C’era un giaciglio senza coperte,
stendemmo i nostri mantelli, ma era infestato dalle cimici…”: Acta Johannis apocr., LX, 1, 8; cfr. JAMES 1924, p. 242.
III – Le fonti
20
CAPITOLO III
LE FONTI
Principale intento di questa raccolta è quello di fornire un
quadro quanto più possibile completo delle fonti
riguardanti le strutture per la sosta lungo la viabilità. È
stata operata una distinzione per definizioni (vocaboli) e
all’interno di ogni voce è stato seguito l’ordinamento
cronologico, dando la precedenza a quelle sicuramente in
rapporto con il cursus publicus, fino a quelle pertinenti al
trasferimento di viaggiatori privati ed, in ultimo, alla
versione greca di alcuni termini, con l’obiettivo di
ricostruire una sequenza cronologica - qualora esista -
nell’utilizzo di questa terminologia, riportando, se
possibile, queste trasformazioni semantiche all’evoluzione
del servizio di posta. Troppo spesso, infatti, si è cercata
una risposta univoca che soddisfacesse ogni schematismo,
dimenticando che il servizio di posta, strettamente legato
ad esigenze amministrative e militari sempre diverse, ha
avuto molti secoli di storia, nel corso dei quali le attività ed
i servizi, i luoghi di tappa e le strade, hanno subito molte
modificazioni, lasciando alle loro spalle una vera e propria
stratigrafia, da ricostruire anche nei suoi mutamenti sul
piano archeologico e terminologico. A tale scopo, la
raccolta è divisa in «categorie» (fonti letterarie, giuridiche,
epigrafiche, itinerarie, ecc.), supponendo che l’attendibilità
della «qualificazione» data ai luoghi di sosta lungo la
viabilità, sia diversa a seconda del contesto, oltreché della
cronologia. Vale a dire, che la terminologia utilizzata da un
poeta come Orazio o uno storico come Ammiano non può
essere messa sullo stesso piano di un editto imperiale o di
una fonte itineraria, essendo richieste a tali formulazioni
gradi di specificità e proprietà di linguaggio estremamente
diversi. Tuttavia, non ho potuto applicare una divisione tra
le fonti riferibili al cursus publicus e quelle che fanno
riferimento a più generici luoghi di sosta lungo una strada;
il contesto è stato discusso caso per caso, ma spesso mi
sono dovuta arrendere all’incertezza.
Come si è già anticipato (presentazione), la varietà di
epiteti che la latinità (estesa in senso geografico e
cronologico) ci ha lasciato per indicare i luoghi dove era
possibile effettuare una sosta nel corso di un viaggio, o più
genericamente ci si poteva rifocillare o concedersi dello
svago, è disarmante1. Solo per citarne alcuni tra quelli che
vedremo in dettaglio, oltre ai termini “tecnici” veri e propri
del servizio di posta (cioè mansio, mutatio e statio),
abbiamo deversorium, hospitium, caupona, stabulum,
taberna, popina, cenatio, ganeum, gargustium,
thermopolium, xenodochium. Per questo, ho cercato di
raccogliere tutti i passi nei quali le fonti antiche
riportavano il termine con cui qualificavano il luogo della
fermata: anche se la maggior parte di essi si riferisce a
luoghi di sosta frequentati nel corso di viaggi intrapresi da
«privati», l’uso dell’uno piuttosto dell’altro è comunque
interessante per ricostruire la tipologia di queste strutture
ed individuarne alcune caratteristiche. In molti casi, poi,
soprattutto i lemmi mansio, statio e mutatio sono apparsi
avvolti in una indissipabile ambiguità di significato,
vagando da un’accezione “materiale”, cioè spaziale, ad una
più concettuale, temporale. Vi era, inoltre, il sospetto che
almeno gli autori di opere letterarie, anche storiografiche,
non avessero mai tanto sottilizzato sulla distinzione tra
luoghi del cursus e luoghi privati: ad esempio, il brano
tratto da Ammiano (n. 103) qualifica come taberna un
luogo dove sosta una scorta di armati che conducono dei
prigionieri e che, quindi, se proprio non era attrezzata con
delle celle, almeno doveva essere controllata in qualche
misura da parte dello stato.
La quantità di fonti riconducibili a questo tema si è rivelata
in qualche modo superiore alle aspettative, ma mi si è
presentato un certo imbarazzo nel discernere quali, tra
queste, effettivamente fossero inquadrabili nelle attività del
cursus o riferibili ai viaggi intrapresi da privati cittadini, e
quali, invece, alle altre attività dell’organizzazione statale
(mi riferisco all’annona, alle dogane, alle stazioni militari:
supra, cap. II.2).
Un’altra difficoltà è stata rappresentata dalla necessità di
discernere in quali occasioni i termini più generici (tipo
villa, taberna, horrea, caupona, ecc.) fossero da riferirsi ai
luoghi di sosta posti lungo le strade, e non ad edifici con
scopi diversi, posti o non entro le mura urbane o,
comunque, non pertinenti al tema. Si è cercato, in questo
caso, di inglobare in questo «corpus» solo le fonti riferibili
con più probabilità a soste effettuate lungo le vie, ma molte
di quelle escluse sono state citate nel capitolo precedente o
nella analisi dei dati che segue ogni paragrafo. Sono stati,
quindi, esclusi vocaboli come ganea, ganeum, gurgustium,
e pochissimo spazio si è lasciato alle attestazioni di
caupona ed alle sue varianti, perché rari sono i casi in cui è
dimostrabile la pertinenza ad ambito extraurbano, anche se
è probabilmente il vocabolo più di frequente utilizzato nel
significato di albergo per i viaggiatori2. Tra le fonti
letterarie, poco spazio è stato riservato anche a popina e
taberna (la pregnanza tecnica del secondo è, invece,
attestata dagli itinerari e dalla toponomastica. Infra,
paragrafi 4 e 6). In questo senso, lo stesso aggettivo
“tecnico” è usato per due diversi livelli di qualificazione:
stricto sensu riferito al cursus, lato sensu attribuito
all’intero settore economico preposto all’assistenza ed
all’accoglienza dei viaggiatori lungo le strade romane.
Non sono state inserite le fonti pertinenti i servizi di posta
esistenti prima dell’introduzione del cursus publicus3 ed,
esulando dal tema, sono state escluse molte delle fonti
(anche archeologiche) pertinenti l’attività di accoglienza
praticata dalle organizzazioni ecclesiastiche, rimandando
per il resto alle trattazioni specifiche4. Ci si è limitati, nel
dettaglio, al solo periodo in cui c’è sovrapposizione tra
III – Le fonti
21
attività «laica» e cristiana e tali istituzioni - almeno quelle
poste lungo la viabilità -, non effettuando selezione tra gli
«ospiti», non esercitano attività diverse dalle altre.
La raccolta delle fonti, ovviamente, oltrepassa i confini
della Penisola italica, che costituiscono, invece, il limite
topografico della ricerca prettamente archeologico-
documentaria. Solo tra le fonti epigrafiche si sono escluse
le citazioni delle località provinciali dove sono state
individuate delle stazioni, dalle quali proviene la sola
menzione del luogo, dal momento che non sono rilevanti
per la ricostruzione della varietà terminologica, e spesso
non è certa la loro appartenenza al cursus publicus,
essendo state qualificate come stazioni fiscali (PUGLISI
1987, p. 243, nota 1) o militari (PUGLISI 1987, p. 247, nota
2).
Nella maggior parte dei casi, si è deciso di non limitare la
citazione alle sole, poche parole direttamente «in
questione», ma di riportare i passi in modo quanto più
completo, ritenendo che la possibilità di decodificare l’uso
appropriato della terminologia delle stazioni sia
determinata anche dalla comprensione del contesto e
dell’avvenimento o della motivazione che hanno portato
alla citazione. Per questo, ho creduto opportuno anche
allegare la traduzione di questi brani, derivata dalla lettura
dell’intero contesto, traduzione letterale che per le fonti
epigrafiche è stata sostituita da una sintesi del contenuto.
Questo sistema ha anche consentito di appurare che molte
citazioni (pedissequamente ripetute nelle trattazioni sul
cursus publicus) non hanno in realtà a che vedere con esso,
poiché si riferiscono, sì, ad una sosta effettuata nel corso di
un viaggio o di una campagna militare, ma non hanno
alcun riferimento alle strutture materiali del sistema dei
trasporti. Tali fonti sono state, comunque, qui raccolte e
discusse. Ugualmente, molte altre fonti, interessanti per
l’argomento qui trattato, ma non in diretta relazione con la
questione delle strutture materiali disposte lungo la
viabilità sono state citate in nota nel corso della trattazione,
non venendo però inserite in questo «corpus».
In fase di ricostruzione del tessuto insediativo del servizio
di posta bisognerà tener presente che non possediamo
quasi nessuno strumento per conoscere la prima fase di vita
del servizio e che, anzi, il vuoto di documentazione
ufficiale inghiotte due secoli abbondanti della sua storia.
Questa raccolta mira anche a colmare questa lacuna,
fornendo informazioni che, certo, non possono essere
messe a confronto con la qualità dei dati contenuti nelle
fonti itinerarie, ma che ci prospettano quanto fosse
rilevante e sfaccettato il ruolo svolto dai luoghi di tappa
posizionati lungo le strade, nella vita quotidiana di tanti
cittadini romani, fino nelle più lontane province.
III.1 - Le fonti letterarie
22
III.1 - Le Fonti Letterarie
È quasi superfluo ribadire in che misura le fonti letterarie
antiche costituiscano un’inesauribile riserva di preziose ed
insostituibili informazioni per la ricerca archeologica
(ALFIERI 1994), ma piace ricordare il recente contributo di
Chevallier che sottolinea la rilevanza di questi apporti per
la ricerca topografica incentrata sulla viabilità
(CHEVALLIER 1995).
La «priorità» riservata agli autori di trattati geografici,
naturale per una trattazione di questo tipo, viene delusa
dalla scarsa tecnicità con la quale costoro descrivono i
luoghi di tappa distribuiti lungo la viabilità, limitandosi
alla sola menzione dei toponimi e delle distanze che
intercorrono tra l’una e l’altra località5. Ciò potrebbe essere
imputato alla cronologia di alcuni autori e delle loro fonti
(Strabone, ad esempio, completa la sua opera quando il
cursus publicus è di recentissima istituzione e le sue fonti,
certo, non lo contemplavano). Il problema della cronologia
delle “fonti delle fonti” si ripropone anche per gli storici,
essendo difficile discernere, pure quando è nota la
cronologia dell’informazione, se l’autore abbia o meno
adeguato linguisticamente al suo tempo il termine tecnico
impiegato per indicare il posto di tappa, secondo quanto
qui ci interessa6. Il problema è particolarmente complesso
nel caso dell’Historia Augusta, opera di difficile
inquadramento anche dal punto di vista storiografico, che
ci menziona, però, più di ogni altra i luoghi di sosta
utilizzati nel corso degli eventi narrati, impiegando,
verosimilmente, una terminologia appropriata, desunta da
documenti ufficiali7.
Molte delle nostre citazioni vanno ricondotte alle
campagne militari: nella trattatistica bellica, infatti, è
esplicitamente raccomandato ai comandanti di fornirsi di
itinerari e di carte che contengano informazioni anche sulla
«scansione» dei vari luoghi dove è possibile sostare e
rifornirsi (genericamente detta intervalla locorum),
oltreché sulla topografia dei luoghi, sulla viabilità, ed in
particolare sullo stato di praticabilità, sulle scorciatoie,
ecc., sì da pianificare al meglio le campagne militari8;
numerosi sono, anche, i passi nei quali i predicatori della
nuova fede si appropriano di questo linguaggio militare per
spronare i soldati di Cristo. Anche la trattatistica
agronomica offre qualche spunto di riflessione, almeno
sulla complessità degli interessi economici che gravano
sull’intero apparato.
Poeti e retori forniscono il quadro vivido ed attualizzato
del vissuto di questi alberghi per viaggiatori: se l’Iter
Siculum di Lucilio ci è giunto troppo frammentario per
risultare interessante in questo contesto, la celebre satira I,
5 di Orazio, scritta a ricordo di una sua «missione
diplomatica», acquista per noi un significato
particolarmente rilevante, perché effettuato prima che
Augusto istituzionalizzasse il cursus9. La narrazione, ora
serena ora concitata, dei numerosi viaggi effettuati da
Cicerone ci regala diverse opportunità di fotografare i
luoghi, oltreché i modi di questi spostamenti, ma la sua
testimonianza termina con troppo anticipo rispetto alla
formalizzazione dell’ufficio di posta, per poterne offrire
informazioni in dettaglio. Più tecnica appare, quindi, la
terminologia di Simmaco (CHEVALLIER 1988, pp. 10-11) e
di altri epistolari, nonché dei panegiristi e di alcuni autori
cristiani, mentre deludente è il vaglio dell’opera di Plinio il
Giovane, che non si rivela più fruttifero di quello degli
epigrammi e delle satire di Marziale e Giovenale. Il
Satyricon e le Metamorfosi ci delineano i modi del viaggio
degli individui privati: ma se Apuleio si rivela una fonte
importante per la terminologia del II secolo d.C.
(CHEVALLIER 1988, pp. 7-8), il Satyricon, riportandoci
sempre a locande ed alberghi urbani, resta rilevante solo
per conoscere l’atmosfera di questi locali (vedi supra, par.
II.4). La testimonianza di Aristide e della sua disastrosa
“spedizione” attraverso l’Asia Minore è più degna di
considerazione da questo punto di vista tematico, perché ci
riporta un resoconto dettagliato delle difficoltà che un
viaggiatore incontra lungo la strada.
Tra queste fonti, sono stati introdotti anche i “diari di
viaggio” dei pellegrini che hanno attraversato l’Impero
diretti verso la Terra Santa, in qualche caso vicini dal
punto di vista formale agli itinerari veri e propri: tra essi, la
Peregrinatio Egeriae ad Loca Sancta, resoconto del
pellegrinaggio dall’Occidente verso la Palestina e
Costantinopoli, di una viaggiatrice di nome Egeria,
avvenuto alla fine del IV secolo d.C., probabilmente nel
393-410. Nel 436 si compie il viaggio di Melania la
Giovane, che ha, sì, l’autorizzazione ad usufruire del
cursus, ma che incontra delle difficoltà a farsi rispettare11.
In questo paragrafo, per semplificare, sono stati introdotti
anche alcuni stralci di epistole tramandate dai papiri
d’Egitto, privilegiando l’aspetto letterario e “corsivo” dei
contenuti rispetto al tipo di supporto materiale che ce le ha
conservate.
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
23
Mansio
1 Plin., N.H, VI, 96: .
Opera del 77 d.C.;
mare tra India e Persia
«Onesicriti et Nearchi navigatio12
nec nomina omnia habet
mansionum nec spatia...»
«Il rapporto di viaggio di Onesicrito e
Nearco non menziona né tutte le
stazioni di tappa né tutte le distanze...»
2 Plin., N.H, VI, 102:
Opera del 77 d.C.;
Egitto, lungo il Nilo
«A Copto camelis itur, aquationum
ratione mansionibus dispositis:
prima appellatur Hydreuma.....»
«Da Copto in poi si prosegue a dorso di
cammello, incontrando, a determinati
intervalli, delle stazioni per il
rifornimento dell’acqua: la prima si
chiama Idreuma...»
3 Plin., N.H, XII, 64:
Opera del 77 d.C.;
penisola Arabica =
Kohlan nel Wadi Baihan
«Caput eorum Thomna abest a
Gaza, nostri litoris in Iudaea
oppido, (XXIIII) XXXVII d p.,
quod dividitur in mansiones
camelorum LXV»
«La capitale (dei Gebbaniti) Thomna
dista da Gaza, città della Giudea posta
sulle rive del mar Mediterraneo, 2437
miglia e mezzo13, una distanza che si
percorre in 65 tappe di cammello.»
4 Plin., N.H, XII, 65: ;
penisola Arabica.
«Iam quacumque iter est aliubi pro
aqua, aliubi pro pabulo aut pro
mansionibus variisque portoriis
pendunt, ut sumptus in singulas
camelos X- DCLXXXVIII ad
nostrum litus colligat...»
«Per tutto il viaggio si paga per l’acqua,
per il pascolo o per le soste o per
pedaggi vari: si raggiunge così la spesa
di 688 denari a cammello per il viaggio
fino alla costa del Mediterraneo...»
Sulla scorta delle fonti giuridiche,
pabulum si può forse tradurre «foraggio
per gli animali o rifornimento»: cfr.
fonti nn. 130 e 146.
5 Suet., Tit., X, 3: :
Episodio datato all’80
d.C.; opera del 119-121
d.C.
«Deinde ad primam statim
mansionem febrim nanctus...»
(L’imperatore Tito, nel corso di un
viaggio verso la Sabina) «viene assalito
dalle febbri alla prima sosta...»
6 Apul., Met., I, 17, 8:
Età antonina (regno di
Marco Aurelio?)
«Sumo sarcinulam et pretio
mansionis stabulario persolutus,
capessimus viam.»
«Prendo il mio bagaglio, e dopo aver
pagato all’albergatore il prezzo del
soggiorno, riprendiamo il cammino.»
7 Apul., Met., VIII, 23:
Età antonina (regno di
Marco Aurelio?)
«Hac quoque detestabili deserta
mansione, paganos in summo luctu
reliquentes...»
«Lasciato anche questo odioso
soggiorno, lasciando gli abitanti in un
doloroso lutto...»
8 Paneg., VI, 16, 1
(Costantino Augusto):
310 d.C.14
«...ut lente et cunctanter... itinere
confecto consumptis copiis
mansionum, ne qui consequi posset
exercitus...»
(Massimiano) fa offerte agli dei
«...cosicché lentamente e prudentemente
portato a termine il viaggio,
premurandosi di consumare tutte le
riserve di viveri nelle mansiones,
affinché nessun esercito potesse
seguirlo...»
9 Lact., de Mort. Pers.,
XXIV, 6-7:
314-15 d.C.?
«(Constantinus) sublatis per
mansiones multas omnibus equis
publicis evolavit... (Imperator
Galerius Maximianus). Poscebat
equos publicos, ut eum retrahi
faceret. Nudatus ei cursus publicus
nuntiatur..»
«(Costantino) divorò la strada,
sottraendo in molte mansiones tutti i
cavalli del servizio postale...
(L’imperatore Galerio). Ordina di
seguirlo con i cavalli pubblici, ma gli
viene risposto che le stalle del cursus
sono vuote...»15
(cfr. Cod.Theod., VIII, 5, 35, fonte n.
133).
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
24
10 Lact., de Mort. Pers.,
XLV, 6:
314-15 d.C.?
Dintorni di Bisanzio
«Et iam Licinius festinato itinere
cum paucis Hadrianopolim
venerat, cum ille (Maximinus)...
processit ad mansionem milia
decem et octo; nec enim poterat
ulterius, Licinio iam secundam
mansionem tenente distantem
milibus totidem.»
«Intanto Licinio, a marce forzate, era
venuto con pochi soldati ad
Adrianopoli, mentre Massimino avanzò
per 18 miglia fino alla stazione di posta,
ma non poteva andare oltre perché
Licinio occupava la mansio successiva
che era ad ugual distanza».
11 Symm., Epist., I, 20, 3:
«Sed fessus virium, quas diu
morbus exhausit, itiones longas et
mansiones asperas … opportuna
vitavi.»
«Ma privo di forze, che mi erano state
tolte da una lunga malattia, volli evitare
il viaggio interminabile e le mansiones
prive di ogni comfort.»
12 Symm., Epist., II, 27:
365 d.C.
«...quot numero animalia
conlocaris et quo apparatu
instruxeris mansiones et quantum
in titulis fiscalibus exigendis tua
cura promoverit.»
(Qualora il fratello Flavio, al momento
della stesura del rapporto, rivestisse
ancora la carica di vice prefetto)
«specifichi bene il numero degli animali
disponibili, le risorse messe a
disposizione per le mansiones, i prelievi
fiscali effettuati con cura.»
13 Symm., Epist., VII, 32,
1:
396 d.C.
«Minuentur tamen labor intervallis
brevibus mansionum.»
«Tuttavia, con tappe brevi tra le
mansiones, si diminuisce la fatica.»
14 Symm., Epist., VIII, 58,
1:
«Redire consilium est paulatim
mansionibus in spatia minora
divisis.»
«Si è ritenuto di fare ritorno facendo la
strada a piccole tappe.»
15 Ambr., in Psalm. 118,
V, 2, 2-3:
386-388 d.C.
«Miles qui ingreditur iter, viandi
ordinem non ipse disponit sibi nec
pro suo arbitrio viam carpit..., sed
itinerarium ab imperatore
accipit..., praescripto incedit
ordine... rectaque via conficit iter,
ut inveniat commeantuum parata
subsidia. Si alio ambulaverit
itinere..., annonam non accipit,
mansionem paratam non invenit.
(Imperator) ideo et stativas
ordinat; triduo ambulat exercitus,
quarto requiescit die. Eliguntur
civitates, in quibus triduum,
quadriduum et plures
interponantur dies, si aquis
abundant, commerciis
frequentantur…»
«un soldato che si accinga ad una
marcia, non decide per suo conto le
tappe, né sceglie la strada a suo
piacimento..., ma si attiene all’itinerario
scelto dall’imperatore ... e procede
secondo un ordine prestabilito... e segue
la via giusta, affinché ad ogni tappa
trovi apprestate le vettovaglie. Infatti, se
cambiasse itinerario..., non troverebbe
fornite le mansiones... (L’imperatore),
quindi, stabilisce in quali luoghi si
riceve l’annona: l’esercito marcia per 3
giorni, il quarto si riposa. Vengono
anche pianificate le città presso le quali
si soggiornerà per 3 o 4 giorni o anche
più, a seconda che vi sia ricchezza di
risorse idriche e vivacità di scambi
commerciali». Cfr. HUDEMANN 1878, p.
121 s.
16 Ambr., in Psalm. 118,
V, 3, 3-5:
386-388 d.C.
«(patres nostri)... quorum stativae
omnes mansionesque descriptae
sunt.»
«(I nostri padri), …dei quali ci sono
state narrate tutte le tappe e le soste più
lunghe.»
17 Ambr., in Psalm. 118,
V, 5, 1 ss.
386-388 d.C.
«Sed revertamur ad confectionem
itineris et ordinem mansionum...
Fige tabernaculum in Sochoth.
Haec prima tibi statio sit; Sochoth
prima mansio significat
«Torniamo alla pianificazione del
viaggio ed alla successione delle tappe.
Stabilisci il tuo tabernacolo a Sochoth,
che sia la tua prima sosta, ché Sochoth
significa appunto «tabernacolo»...
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
25
«tabernaculum»... Sequitur mansio
in Myrra...; non omnes mansiones
aequales sunt...»
Fermati poi a Myrra...; non tutte le
stazioni sono uguali»
18 Ambr., de Obitu Valent.,
24:
392 d.C.
«Ecce postridie litterae de
instruendis mansionibus, invectio
ornamentorum regalium aliaque
huiusmodi, quae ingressurum iter
imperatorem significarent.»
(Ambrogio viene sollecitato
dall’imperatore Valentiniano ad
intraprendere un viaggio verso il confine
per fare da mediatore con i barbari) «Ed
ecco che già il giorno dopo vengono
inviate le missive con le disposizioni per
l’apprestamento delle mansiones con
ogni sorta di beni, come se si attendesse
l’imperatore stesso.»
19 Peregrinatio Egeriae,
IV, 8:
Fine IV d.C.,
forse 393-4 d.C.
«…ac sic ergo fecimus ibi
mansionem.»
«… e lì, quindi, facemmo sosta…»
La parola mansio è usata come
sinonimo di pernoctatio.
20 Peregrinatio Egeriae,
VI, 1:
«Ac tertia die inde maturantes
venimus denuo ad mansionem id
est in desertum Faran...»;
«Euntes adhuc aliquantulum inter
montes pervenimus ad mansionem,
quae erat iam super mare...»
«Alle soglie del terzo giorno, da lì
affrettataci, raggiungemmo di nuovo la
mansio che si trova nel deserto di
Fara…»;
«…ci eravamo già inoltrati un po’ tra i
monti quando raggiungemmo la mansio
che si trovava nei pressi del mare…»
21 Peregrinatio Egeriae,
VI, 4:
«Nos autem eodem itinere et
eisdem mansionibus, quibus
ieramus, reversi sumus...»
«Così ripercorremmo lo stesso itinerario
dell’andata, fermandoci presso le stesse
mansiones presso le quali avevamo
sostato nel corso del viaggio di
andata…»
22 Peregrinatio Egeriae,
VII, 2:
«...usque ad Arabiam civitatem
mansiones quattor per heremo sic
tamen per heremum ut cata
mansiones monasteria sint cum
militibus et praepositis qui nos
deducebant de castro ad castrum.»
«…fino alla città di Arabia sono quattro
mansiones attraverso il deserto, deserto
dove devono essere stanziati dei
quartieri militari per ogni stazione, dove
sono soldati ed ufficiali, che ci
scortavano da una tappa all’altra…»
23 Peregrinatio Egeriae,
VIII, 1 e IX, 1:
«Nos autem, ut veniremus ad
mansionem Arabiae...»;
«...ea die, qua venimus ad
mansionem Arabia...»
«Noi, quindi, non appena giungemmo
alla mansio in Arabia…»;
«…proprio quel giorno in cui
giungemmo alla mansio in Arabia…»
24 Peregrinatio Egeriae,
IX, 7:
«Et inde proficiscens denuo
faciens iter per singulas mansiones
Egypti, per quas iter habueramus,
perveni ad fines Palestinae. Et
inde in nomine Christi Dei nostri
faciens denuo mansiones aliquot
per Palestina regressa sum in
Helia, id est in Ierosulimam.»
«Facemmo ritorno, attraverso l’Egitto,
ripercorrendo le stesse tappe che
avevamo fatto, finché arrivammo ai
confini della Palestina. E di là ritornai
indietro nel nome di Cristo, Dio nostro,
attraverso la Palestina fermandomi
presso alcune mansioni, fino ad Helia,
cioè Gerusalemme…»
25 Peregrinatio Egeriae,
X, 8:
«...nobiscum rogantes moveramus
de mansione...»
«(Il presbitero del posto) che avevamo
invitato a venire con noi ci avvertì della
stazione…»
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
26
26 Peregrinatio Egeriae,
XIII, 2:
«... ab Ierusolima usque ad
Carneas eundo per mansiones
octo...»
«…andando da Gerusalemme a Carneas
ci sono 8 tappe…»
27 Peregrinatio Egeriae,
XVI, 7:
«...iter facientes per singulas
mansiones, per quas ieramus tres
annos.»
«…dividendo il nostro cammino in
singole tappe, per coprire le quali
impiegammo tre anni.»
28 Peregrinatio Egeriae,
XVII, 2 (47):
Mesopotamia
«Hic locus (apud Edessam, ubi
corpus sancti Thomae apostoli
iacet) de Ierusolima vicesima et
quinta mansione est.»
«Questo luogo (cioè, il sepolcro con le
reliquie di S. Tommaso Apostolo,
presso Edessa), si trova alla
venticinquesima mansio da
Gerusalemme».
29 Peregrinatio Egeriae,
XVIII, 1:
«...de Antiochia ad Mesopotamiam
habens iter per mansiones seu
civitates aliquot provinciae Siriae
Celen...»
«… il viaggio tra Antiochia e la
Mesopotamia prevede alcune tappe
nelle mansiones o nelle città della
provincia di Celesiria...»
30 Peregrinatio Egeriae,
XIX, 1:
«Ac sic denuo faciens iter per
mansiones aliquot perveni ad
civitatem...»
«Ritornando indietro, facendo sosta
presso alcune mansiones,
raggiungemmo la città…»
31 Peregrinatio Egeriae,
XIX, 11:
Mesopotamia
«Locus ille... decima mansione est
hinc intus in Persida.»
«Quel luogo si trova alla decima mansio
all’interno della Persia.».
32 Peregrinatio Egeriae,
XX, 12:
«Nam hinc usque ad Nisibin
mansiones sunt quinque, et inde
usque ad Hur, que fuit civitas
Chaldeorum, aliae mansiones sunt
quinque.»
«Infatti sono cinque mansiones fino a
Nisibi e altre cinque fino ad Hur, che è
una città caldea.»
33 Peregrinatio Egeriae,
XXI, 5:
«...regressi sumus per iter vel
mansiones, quas veneramus de
Antiochia.»
«Ritornammo indietro seguendo lo
stesso cammino, vale a dire, fermandoci
presso le stesse mansiones presso le
quali ci eravamo fermati venendo da
Antiochia.»
34 Peregrinatio Egeriae,
XXII, 1:
«Et sic proficiscens de Antiochia
faciens iter per mansiones aliquot
perveni ad provinciam, quae
Cilicia appellatur...»
«…lasciando Antiochia, scandendo il
cammino in alcune tappe, giungemmo
alla provincia che si chiama Cilicia…»
35 Peregrinatio Egeriae,
XXII, 2:
«Sed quoniam de Tharso tertia
mansione, id est in Hisauria, est
martyrium Sanctae Teclae...»
«Ma, poiché a tre tappe da Tarso (ossian
in Isauria), c’è il martyrium di Santa
Tecla …»
36 Peregrinatio Egeriae,
XXIII, 6:
«Ac sic perveniens eadem die ad
mansionem, quae appellatur
Mansocrenas...»
«Così giungendo nello stesso giorno
presso la mansio che è chiamata
Mansocrenae…»
37 Veg., Epit. Rei Mil, III,
8, 1 ss.:
Fine IV o inizio V
secolo
(388-395, sotto
Teodosio I?)
«Consequens videtur, itineris
observatione descripta, ad
castrorum, in quibus manendum
est, venire rationem. Non enim
belli tempore ad stativam vel
mansionem civitas murata semper
occurrit...»
«Descritte le precauzioni che si devono
prendere nel corso dei trasferimenti,
sembra opportuno ora trattare degli
accampamenti nei quali si deve
soggiornare. Infatti, in tempo di guerra,
non sempre è possibile fare rifornimento
o sostare presso una città fortificata....»
“Mansio” indica qui la sola «fermata».
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
27
38 Amm., XVI, 12, 70:
Episodio datato 357
d.C.;
opera del 390 circa
«(Julianus)... Ab Argentorato cum
pugnaretur, mansione
quadrigesima disparatus...»
«(L’imperatore Giuliano)... pur essendo
distante, al momento della battaglia,
quaranta giorni di marcia...»
39 Hier., in Ion., II, 2, (p.
1131 c):
396 d.C.
«Finge aliquem hora nona
egressum esse de mansione et
alterius diei hora tertia ad
mansionem alteram pervenisse...»
«Fai conto che un uomo esca da una
mansio alla nona ora ed il giorno
seguente giunga alla mansio successiva
alla terza ora...»
40 Hier., Epist., LXXVIII,
2, 1:
Ante 399 d.C. 16
«Quas graeci *` vocant,
nos propter linguae proprietatem
significantius ‘mansiones’ sive
quia de exercitu dicitur ‘castra’
transtulimus. Fit autem catalogus
mansionum a prima usque ad
ultimam; et numerantur simul
quadraginta duae, de quibus
Matheus loquitur…» (Matt., I, 17).
«Quelle che i greci chiamano
«aparseis», noi, in latino, le diciamo
«mansiones», così come se si tratta di
accampamenti dell’esercito traduciamo
con «castra». Dunque, si faccia un
elenco delle mansiones, dalla prima
all’ultima, e si numerino fino a 42, che
sono quelle delle quali parla l’apostolo
Matteo.»
41 Rufin., Basil. Hom., I, 3,
p. 1726c:
400 d.C. circa
«Ita et eos qui iter agunt et
asperas ac difficiles vias incedunt
opportunae spes refovet
mansionis...»
«Così, anche quelli che sono in
cammino e che percorrono strade
impervie e difficoltose, li rifocilla la
speranza di trovare mansiones nel
momento opportuno...»
42 Sulp. Sev., Epist., 1, 10:
Post 400 d.C.
«Cum ad dioecesim quandam pro
sollemni cons†.etudine (sicut
episcopis visitare ecclesias suas
moris est) media fere hieme
Martinus venisset, mansionem ei in
secretario ecclesiae clerici
paraverunt…»
«Nel bel mezzo dell’inverno, Martino
va in visita ad una diocesi, come è
consuetudine che facciano i vescovi
nelle occasioni solenni, e gli viene
preparato un alloggio nella sacrestia
della chiesa...»
In questo passo, “mansio” è impiegato
nel senso di luogo dove si pernotta: cfr.
fonte n. 141.
43 Aug., Tract. in Epist.
Ioh., X; 6:
416 d.C. circa
«His utimur quasi in via; quasi in
mansionibus stabulorum reficimur,
et transimus.»
«Di tutte queste cose serviamoci come
se fossimo sempre in viaggio, come se
fossimo nelle mansiones degli alberghi
ristoriamoci e ripartiamo.»
44 Eustath., Bas. Hex., 8, 2,
p. 947b:
circa 440 d.C.
«Quapropter imitandi sunt nobis
obliviosi viatores, qui cum aliquid
in mansione relinquerit pretiosum,
quamvis maximam partem viam
progrediendo confecerint,
revertuntur...»
«Per questo, noi dobbiamo imitare i
viaggiatori smemorati, che, qualora si
accorgano di aver dimenticato nella
mansio qualcosa di prezioso, per quanto
cammino possono aver fatto, ritornano
indietro....»
45 S.H.A., Sept. Sev., XXII,
4:
Episodio datato al 211
d.C.; autore di inizio V?
«Post murum apud vallum visum
in Britannia cum ad proximam
mansionem rediret...»
«Un’altra volta, (l’imperatore) dopo
aver ispezionato il vallo (di Luguvallum)
in Britannia, mentre tornava alla mansio
più vicina...»
46 S.H.A., Sev. Alex., XLV,
2:
Episodio datato al 222-
235 d.C.
«Tacebantur secreta bellorum,
itinerum autem dies publice
proponebantur, ita ut edictum
penderet ante menses duo, in quo
scriptum esset: «Illa die, illa hora
ab urbe sum exiturus et, si di
«Rimanevano celati i segreti di guerra,
ma si divulgavano le notizie inerenti le
marce di trasferimento, con un editto
emanato con due mesi di anticipo: nel
tal giorno, alla tale ora, partirò da Roma
e, agli dei piacendo, mi fermerò nel
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
28
voluerint, in prima mansione
mansurus», deinde per ordinem
mansiones, deinde stativae, deinde
ubi annona esset accipienda, et in
quidem eo usque quamdiu ad fines
barbaricos veniretur.»
luogo stabilito per la prima tappa.
Seguiva l’elenco dei luoghi di sosta, dei
soggiorni, dei luoghi di rifornimento, fin
nei pressi del territorio dei barbari.»
47 S.H.A., Sev. Alex.,
XLVII, 1:
Episodio datato al 222-
235 d.C.
«(Alexander) milites expeditionis
tempore sic disposuit, ut in
mansionibus annonas acciperent
nec portarent cibaria decem et
septem, ut solent, dierum nisi in
barbarico...»
«Alessandro dispose che i soldati,
durante le spedizioni militari,
ricevessero l’annona (cioè il
rifornimento di viveri) nelle mansiones,
e non avessero quindi a portare in spalla
- come avviene di solito - le provviste
per 17 giorni, se non quando si
trovavano in territorio barbarico...»
48 S.H.A., Sev. Alex.,
XLVIII, 4:
Episodio datato al 222-
235 d.C.
«Et cum ipse pedes iter faceret,
illum invitavit ad laborem; quem
post quinque milia cunctantem
equo sedere iussit, cumque post
duas mansiones equo etiam
fatigatus esset, carpento
imposuit.»
(L’imperatore mette alla prova il
senatore Ovinio Camillo che trama una
rivolta).
«Intrapresa la marcia a piedi,
(l’imperatore) lo volle al suo fianco, ma
dopo 5 miglia, vedendolo ormai stanco,
lo fece salire a cavallo e, dopo 2 tappe,
lo fece montare in carrozza perché
anche il cavallo lo affaticava».
49 S.H.A., Max., XXXI, 2:
238 d.C.: morte di
Massimino il Trace e
suo figlio
«Canes circa tentorium eius in
secunda mansione ultra duodecim
ulularunt...»
«Durante la seconda sosta, alcuni cani,
in numero maggiore di dodici, si misero
ad ululare intorno alla tenda
(dell’imperatore)...»
50 S.H.A., Aurel., XXXV,
5:
Episodio del 275 d.C.
«Sed cum iter faceret, apud
Caenophrurium mansionem, quae
est inter Heracleam et Byzantium,
malitia notarii sui et manu
Mucaporis interemptus est.»
(Aureliano muove guerra ai persiani)
«ma durante il viaggio, alla mansio
Cenofrurio17, che si trova tra Heraclea e
Bisanzio, fu ucciso per mano di
Mucapore, su istigazione di un suo
segretario.»
51 Cassiod., Var., VIII, 32,
1:
Circa 527 d.C.
«Nymphadius, ... itineris
longiquitate confectus, animalia
fessa reparare contendens, ad
fontem Arethusae in Scyllacino
territorio constitutae elegit ponere
mansionem, eo quod ipsa loca et
pasturarum ubertate fecunda sint
et aquarum inundatione
pulchrescant.»
«Nimfadio, sfinito dalla lunghezza del
viaggio ed intenzionato a far riposare gli
animali, decise di fare tappa presso la
fonte Aretusa, nel territorio di Squillace;
lì, infatti, il foraggio è reso
particolarmente rigoglioso
dall’abbondanza di acqua.»
Questo passo non si può riferire con
certezza al cursus publicus, ma ci
ricorda, ancora una volta, quali sono le
caratteristiche principali che soddisfano
le esigenze di un qualsiasi viaggiatore.
52 Cassiod., Var., X, 28, 1:
Atto del 535-536 d.C.;
pubblic. 537 d.C.
«Et ideo arcarios prorogatores
tritici, vini et casei, macellarios,
vinarios, capitularios
horreariorum et tabernariorum,
fenerarios et cellaritas, qui ad
urbem Romam vel ad mansionem
pertinent Ravennatem...»
«E perciò i cassieri che concedono una
deroga di grano, di vino o di formaggio,
i macellai, i vinai, i collettori di imposte
dei magazzini e delle botteghe, i fattori18
ed i magazzinieri che fanno capo a
Roma o alla mansio ravennate...».
Qui si tratta probabilmente di
un’accezione amministrativa.
III.1 - Le fonti letterarie: sv. mansio
29
53 Ven.Fort., Vita Leob.,
XV, 49:
Circa 530 d.C.
(senex) «Qui cum in quadam
mansione hospitaretur et vidisset
nocte in somnis pavimentum
nucibus stratum...»
(Il vecchio) «il quale, ospitato in una
mansio, vedesse di notte durante il
sonno il pavimento ricoperto di noci...»
Mutatio
54 Amm., XXI, 9, 4:
Episodio datato al 361
d.C.; opera del 390 circa
«Praefectus praetorio Taurus...,
mature discessit, vectusque
mutatione celeri publici cursus,
transitis Alpibus Iuliis...»
«Il prefetto del pretorio Tauro… fuggì
in fretta, e mutando rapidamente le
vetture del servizio pubblico, attraversò
le Alpi Giulie...»
55 Cassiod., Var., I, 29, 2:
Atto del 507-511 d.C.;
pubblic. 537 d.C.
«...terrarum spatia, quae veredis
antea licuerunt, mutationibus suis
a possessore vindicata restituat, ut
nec illis parvo spatio indicantur
damna et istis recuperata
sufficiant.»
«...ogni lembo di terra, che è
ufficialmente assegnato alle mutationes,
che è caduto in possesso dei privati, sia
rivendicato per il servizio pubblico, ed i
proprietari indennizzati nella giusta
misura per la loro perdita.»
56 Cassiod., Var., IV, 47,
6:
Atto del 507-511 d.C.;
pubblic. 537 d.C.
«Si quos autem intemperans culpa
perculerit, collectam quantitatem
per vices agentes mancipibus
mutationum volumus applicari, ut
cursualis tractus inde habeat
remedium...»
«Se tuttavia una colpa smodata li ha
mandati in rovina, diamo ordine che la
quantità raccolta sia distribuita ai
mancipes delle mutationes per mezzo
dei funzionari incaricati, affinché sia
garantito il funzionamento del
servizio...»
57 Cassiod., Hist. Eccl., VI,
45, 2:
Post 540, ante 583 d.C.
«plus quam viginti mutationes ab
eo loco usque ad eius exercitum
esse videntur…»
«il suo esercito si trovava a più di 25
mutationes da quel luogo».
Statio
58 Suet., Tib., XXXVII, 2:
14-37 d.C. (episodio
datato forse al 31 d.C).
«In primis tuendae pacis a
grassaturis ac latrociniis
seditionumque licentia curam
habuit. Stationes militum per
Italiam solito frequentiores
disposuit.»
«Particolar cura egli ebbe nel tutelare la
tranquillità pubblica dalle rapine, dai
latrocinii e dalla licenza delle sedizioni;
perciò distribuì in tutta l’Italia
distaccamenti di soldati più numerosi
del solito.»
59 Suet., Nero, XXXVII, 2:
Episodio datato al 65
d.C.; opera del 119-121
d.C.
«...Salvidieno Orfito obiectum est
quod tabernas tres de domo sua
circa forum civitatibus ad
stationem locasset…»
«A Salvidieno Orfito fu richiesto di
cedere in affitto alla stazione tre locali
commerciali entro il perimetro della sua
casa che si trovava nei pressi del foro.»
60 Plin., Epist., I, 13, 2:
97 d.C.
«Plerique in stationibus sedent
tempusque audiendi fabulis
conterunt...»
«La maggior parte se ne sta seduta nelle
sale di ritrovo ed ammazza il tempo in
chiacchiere...».
Secondo l’Editore (TRISOGLIO 1973), le
stationes sono locali paragonabili ai
nostri caffè, nei quali si ritrovavano gli
sfaccendati per passare il tempo.
III.1 - Le fonti letterarie: sv. statio
30
61 Plin., Epist., II, 9, 5:
97 o 100 d.C.
«Itaque prenso amicos, supplico,
ambio, domos stationesque
circumeo... »
«Perciò acciuffo i miei amici, li
scongiuro, cerco di strappare voti da
ogni parte, passo di casa in casa e di
ritrovo in ritrovo...».
Qui, il vocabolo è impiegato nel senso
di crocicchio o piazza dove la gente si
ferma a parlare.
62 Juv., XI, 2-5:
Traiano ed Adriano
«...quid enim maiore cachinno /
excipitur vulgi quam pauper
Apicius? omnis / convictus
thermae stationes, omne theatrum /
de Rutilio (loquuntur)…»
«... e chi viene sbeffeggiato in pubblico
più del povero Apicio? In ogni convito,
presso le terme, nei luoghi di ritrovo e in
ogni teatro si parla di Rutilio...»
- Ambr., in Psal. 118, V,
5, 1 ss.:
386-388 d.C.
vedi supra fonte n. 17.
63 Amm., XIV, 11, 6:
Episodio datato al 354
d.C.; opera del 400 d.C.
circa
«(Constantii soror)... cum
Bithyniam introisset, in statione
quae Caenos Gallicanos
appellatur, absumpta est vi
febrium repentina.»
«(La sorella dell’imperatore Costanzo),
appena giunta in Bitinia, morì nella
stazione di Caenos Gallicanos, colta da
improvviso e violento attacco di
febbre.»
64 Amm., XIX, 8, 5-6:
Episodio datato al 359
d.C.; opera del 400
circa.
«(Marcellinus)... ad decimum
lapidem tandem perveni. In qua
statione lenius recreati, cum ire
protinus peregremus...»
(Marcellino fugge dalla città di Amida
in fiamme) «... raggiunsi finalmente il
decimo miglio. Ci riposammo un po’ in
questa stazione, dal momento che
eravamo vinti dalla stanchezza
dell’eccessivo cammino percorso...»
65 Amm., XXI, 15, 2
Episodio datato al 361
d.C.
«(Constantius)...petit per vias
difficiles Mobsucrenas, Ciliciae
ultimam hinc pergentibus
stationem, sub Tauri montis
radicibus positam...»
«(L’imperatore Costanzo), si diresse
lungo strade difficili verso
Mopsucrenae, ultima stazione della
Cilicia (per coloro che provengono da
Antiochia), posta alla base del monte
Tauro...»
66 Amm., XXVII, 4, 8
Episodio datato al 365-7
d.C.; Tracia
«(Thracia)... Macedonicis iungitur
collimitiis, per artas
praecipitesque vias, quae
cognominantur Acontisma: cui
proxima Arethusa cursualis est
statio, in qua visitur Euripidis
sepulcrum...»
«(La Tracia)...è congiunta alle regioni
confinanti della Macedonia attraverso
strade strette e perimetrate da burroni,
chiamate Acontisma: nei pressi si trova
la stazione postale di Aretusa, dove si
vede la tomba di Euripide...»
67 Amm., XXVIII, 6, 27:
Episodio datato al 376
d.C.
«(Palladius)... in statione primis
tenebris observata custodum
absentia, qui festo die Christiani
ritus in ecclesia pernoctabant,
innodato gutture laquei nexibus
interiit.»
«(Palladio), durante una sosta nel
viaggio, al calar delle tenebre, approfittò
dell’assenza delle guardie, che
trascorrevano la notte in chiesa in
occasione di una festa cristiana e,
annodatosi una corda al collo, morì
impiccato.»
68 Amm., XXXI, 11, 2:
Episodio datato al 378
d.C.
«(Valens) unde cum itinere edicto
per tesseram Nicen venisset, quae
statio ita cognominatur...»
«(L’imperatore Valente) giunto dopo
una marcia predisposta per iscritto alla
stazione di Nice...»
L’Editore (SELEM 1973) predilige
l’interpretazione in senso “militare”,
mentre io credo che l’espressione “per
III.1 - Le fonti letterarie: sv. statio
31
tesseram” indichi, invece, l’uso del
cursus e che, quindi, la stazione non sia
militare.
Stativae
69 Fronto, ad M. Caes.,
III, 4, 47-48:
143 d.C.
A Marco Aurelio
«‘Magnum iter (ex Asia), et
festinatum!’ Navibusne an equis
<an> diplomatibus facit haec tam
velocia stativa?”
«‘È un lungo viaggio (quello dall’Asia),
anche se compiuto in fretta!’ Hai
coperto queste tappe così velocemente
usando le navi o con le autorizzazioni a
servirti dei cavalli del cursus?»
- S.H.A., Sev. Alex., XLV,
2
Episodio datato al 222-
235 d.C.; autore di fine
V secolo d.C.?
vedi supra fonte n. 4619.
- Veg., Epit. Rei Mil., III,
8, 1 ss.
Fine IV o inizio V
secolo d.C.
vedi supra fonte n. 37.
70 Peregrinatio Egeriae,
XVIII, 1
Fine IV secolo d.C.
(393-394?)
«...necesse me fuit ibi facere
stativam...»
«…lì mi fu necessario fare una sosta
prolungata…»
Forse, è inteso solo in senso
cronologico.
71 Peregrinatio Egeriae,
XIX, 3:
«...necesse me fuit ibi stativa
triduana facere.»
«lì mi fu necessario fare una sosta di tre
giorni…»
72 Peregrinatio Egeriae,
XXIII, 2:
«...malui ergo perexire illuc, ut
stativam, quam factura eram, ibi
facerem.»
«non volli passare da quella parte, per
poter fare là la sosta alla quale mi
accingevo.»
73 Peregrinatio Egeriae,
XXIII, 6:
« ...ubi facta stativa triduana, in
nomine Dei profecta sum...»
«…dopo aver fatto una sosta di tre
giorni, ripresi il mio cammino nel nome
del Signore…»
Stabulum
- Suet., Vitell., VII, 6:
Episodio del 69 d.C.;
opera del 119-121 d.C.
vedi infra fonte n. 96.
74 Apul., Met., I, 4:
Età Antonina (regno di
Marco Aurelio)
«... et quod ingressui primum
fuerit stabulum prandio
partecipabo.»
Durante il viaggio verso la Tessaglia, il
protagonista dell’opera incontra altri
due viaggiatori «ad uno dei due
promette un pranzo al primo luogo di
sosta», in cambio della narrazione di
storie mirabolanti20.
75 Apul, Met., I, 15 e ss.:
Età Antonina (regno di
Marco Aurelio)
«...inquam ‘valvas stabuli absolve,
antelucio volo ire’. Janitor pone
stabuli ostium humi cubitans etiam
nunc semisonnus... »
«...gridai ‘apri le porte dell’albergo,
voglio partire prima che faccia giorno’.
Il portiere, che era sdraiato per terra
dietro la porta, tutto assonnato...».
III.1 - Le fonti letterarie: sv. stabulum
32
- Apul., Met., I, 21 Vedi infra, fonte n. 112.
76 Apul., Met., IX, 4:
Età Antonina (regno di
Marco Aurelio)
«Nec paucis casulis atque castellis
oberratis, devertimus ad
quempiam pagum..., et hospitio
proximi stabuli recepti...»
«Dopo aver sostato presso diverse
casupole e fondi fortificati, ci
fermammo in un villaggio. ... dove,
ottenuto alloggio presso il più vicino
albergo...»
77 Apul., Met., X, 1:
Età Antonina (regno di
Marco Aurelio)
«Confecta campestri nec adeo
diffiili via ad quadam civitatulam
pervenimus, nec in stabulo, sed in
domo cuiusdam decurionis
devertimus.»
«Alla fine del viaggio attraverso le
campagne, non troppo difficoltoso,
arrivammo in una piccola città, dove ci
fermammo non presso un albergo, ma
presso la casa di uno dei senatori
locali.»
- Plin., Epist., VI, 19, 4:
Inizio II d.C.
vedi infra, fonte n. 89.
78 Cypr., Epist., LXVIII, 3,
3:
Metà III d.C.
«Quid enim si in mari portus
aliquis munitionibus suis ruptis
infestus et periculosus esse
navibus coeperit, nonne
navigantes ad alios proximos
portus naves suas dirigunt, ubi sit
tutus accessus et salutaris introitus
et statio sicura? Aut si in via
stabulum aliquod obsideri et teneri
a latronibus coeperit, ut quisquis
ingressus fuerit insidiantium illic
infestatione capiatur, nonne
commeantes hac opinione
comperta stabula alia in itinere
adpetunt tutiora, ubi sint fida
hospitia et receptacula
commeantibus tuta?»
«Se un porto di mare, una volta che
sono state annientate le sue difese, è
divenuto pericoloso e sconsigliabile,
forse che i marinai non fanno rotta verso
altri porti vicini con le loro navi e non
cercano un riparo sicuro e fortificato?
Oppure, se lungo una strada, una
locanda viene assalita ed occupata dai
briganti, e chiunque vi giunga sia
esposto ad un assalto, forse che i
viaggiatori che se ne accorgono non
vanno a cercarne un’altra più sicura,
dove si offra ai clienti un’ospitalità più
affidabile?»
79 Hier., Homil. Orig. in
Luc., 34, 3:
349-450 d.C.
«…pandochium, id est stabulum,
quod universos volentes introire
suscipiat…»
«…un pandokeion, cioè un ostello che
accolga tutti quelli che desiderano
soggiornarvi…»
80 Aug., in Psalmos,
XXIV, 6:
415 d.C. circa.
«Tota ista vita et omnia quibus
uteris in hac vita, sic tibi debent
esse tamquam stabulum viatori
non tamquam domum habitatori.»
«Tutta questa vita e tutto ciò di cui fai
uso nel suo corso devi utilizzarli come
un viaggiatore si serve di un albergo,
non come un proprietario che risiede
nella sua casa.»
81 Aug., Serm., XIV, 6:
413-418 d.C.
«(Dives) sciat se viam ambulare et
in has divitias tamquam in stabulo
intrasse. Reficiat, viator est,
reficiat se et transeat, non secum
tollit quod in stabulo invenit.»
«(Il ricco) sappia di essere un pellegrino
sulla terra ed entri nel suo stato di
ricchezza come si entra in un albergo. Si
ristori pure, è un viandante, ma si
rimetta in viaggio e non porti via con sé
nulla di ciò che ha trovato nell’albergo.»
82 Aug., Tract. in Euan.
Ioh., XL, 10:
413-418 d.C.
«... iter agis, stabulum est haec
vita. Utere nummo, quomodo
viator in stabulo utitur mensa,
calice, urceo, lectulo, dimissurus
non permansurus.»
«... porta avanti il tuo cammino, questa
vita è solo un luogo di sosta. Serviti del
denaro come un viaggiatore in un
albergo fa uso del cibo, delle bevande,
dei servizi, del letto, sempre pronto ad
andar via, non a rimanere.»
III.1 - Le fonti letterarie: sv. stabulum
33
- Aug.,Tract. in Epist.
Ioh., X; 6:
416 d.C. circa
Vedi supra, fonte n. 43.
83 Aug., Serm., CLXXVII,
2:
430 d.C.?
«(Haec) sint tamquam stabulum
viatoris, non tamquam praedium
possessoris.»
«(Queste cose) devono essere
considerate come un albergo per un
viaggiatore, non come un appezzamento
per un proprietario terriero.»
84 Aug., Serm.,
CLXXVIII, 8, 9:
430 d.C.?
«In hoc mundo ambo viatores
huius vitae (o viae) unum stabulum
intravistis.»
«in questo mondo entrambi devono
essere considerati come viaggiatori che
attraversano questa vita: sei entrato in
un albergo.»
85 Aug. Serm., CC, 1,1:
430 d.C.?
« (magnum sacramentum)
abscondebatur in stabulo, et
agnoscebatur in coelo; ut agnitus
in coelo manifestaretur in
stabulo…»
« (il grande mistero) si nascondeva in
una stamberga, ed era conosciuto in
cielo; cosicché conosciuto in cielo, si
manifestasse nella stamberga…»
86 Acta Petri apocr., 15:
Forse IV secolo d.C.
«Dicit tibi Iesus Christus:
«Ommutesce coactus nomine meo
et exi a Roma usque venturo
sabbato» Continuo autem
ommutescens et coaitus exivit a
Roma usque sabbato, et in
stabulum manebat.»
“(Il figlio di Pietro, di soli 7 mesi,
interprete della volontà di Gesù, dice al
mago Simone): “non aprire più bocca e
lascia Roma fino al prossimo sabato”.
Così, costretto a starsene zitto, uscì da
Roma e se ne rimase in un albergo».
87 S.H.A., Sept. Sev., I, 10:
Episodio della vita di
Settimio Severo 193-
211 d.C.; autore di fine
V?
«Dormienti etiam in stabulo
serpens caput cinxit et sine noxa ...
abiit.»
«Una volta. mentre dormiva in una
locanda, un serpente gli si attorcigliò
intorno alla testa ma... se ne andò senza
morderlo.»
Hospitium
88 Hor., Sat., I, 5, 1-6
37 a.C.
«Egressum magna me accepit
Aricia Roma / hospitio modico;
rhetor comes Heliodorus, /
Graecorum longe doctissimus;
inde Forum Appi / differtum nautis
cauponibus atque malignis. / Hoc
iter ignavi divisimus, altius ac nos
/ praecinctis unum: minus est
gravis Appia tardis.»
«Aricia mi accolse in un modesto
albergo, una volta lasciata la grande
Roma; mi era compagno il retore
Eliodoro, di gran lunga il più dotto dei
greci; poi sostammo a Forum Appi,
località zeppa di barcaioli e di osti
bricconi. Per pigrizia dividemmo in due
parti questo tratto che avrebbe costituito
una sola tappa per gente più svelta di
noi: la via Appia riesce meno faticosa a
chi va piano.»
89 Plin., Epist., VI, 19, 4:
Inizio II d.C.
«Eosdem... urbem Italiamque non
pro patria, sed pro hospitio aut
stabulo quasi peregrinantes
habere.»
«(i candidati)…quasi considerassero
Roma e l’Italia non come la loro patria,
ma come una specie di albergo o di
locanda per dei viandanti.»
90 Plin., Epist., VIII, 8, 6:
primo decennio II d.C.
«Balineum Hispellates... publice
praebent, praebent et hospitium.»
«Gli abitanti di Spello...mettono a
disposizione un bagno a spese della
città, così come offrono gratuitamente
un alloggio.»
III.1 - Le fonti letterarie: sv. hospitium
34
91 Hier., Epist., LXXVII,
10:
399 d.C.
«...emitur hospitium et ad
hospitium turba concurrit...
Adducunt maria, quos in gremio
suo terra suscipiat. Mittit Roma
properantes, quos navigaturos
litus molle confoveat... Nec solum
inopum necessitas sustentatur, sed
prona in omnes munificentia
aliquid et habentibus providet.
Xenodochium in portu Romano
situm totus pariter mundus
audivit.»
«...si compra un ostello ed una folla vi
accorre ... Dal mare, giungono a questo
ristoro i viaggiatori. Altri ne arrivano da
Roma, che qui si rifocillano prima di
prendere il mare... Questa generosità
non è riservata ai soli poveri, ma a tutti
coloro che ne abbiano bisogno. E la
fama dello xenodochio fondato nel porto
di Roma raggiunge tutto il mondo.»21
92 S.H.A., Hadr., X, 6:
Episodio datato al regno
di Adriano;
autore di fine V?
«(Hadrianus) aegros milites in
hospitiis suis videret, locum castris
caperet...»
«(Adriano) andava a visitare i soldati
malati nei loro quartieri, sceglieva il
luogo adatto per gli accampamenti...»
93 S.H.A, Aurel., VII, 8:
Episodio datato al regno
di Aureliano; autore di
fine V d.C.?
«(Milites) ... in hospitiis caste se
agant...»
Aureliano dispone che «(i soldati) si
comportino correttamente dove vengono
ospitati...».
Nello stesso paragrafo, è ricordata
l’estrema severità dell’imperatore nel
punire gli abusi dei soldati nei luoghi in
cui vengono ospitati: ad esempio, è
menzionato l’episodio di un soldato
squartato a metà perché reo di aver
commesso adulterio con la moglie del
suo «ospite» (VII, 4).
- Cypr., Epist., LXVIII, 3,
3:
vedi supra fonte n. 78.
Deversorium
Diversorium
- Varro, Re Rust., I, 2, 23: vedi infra fonte n. 99.
94 Cic., ad Fam., VI, 19, 1:
45 a.C.
«Eius (Maculae) Falernum mihi
semper idoneum visum est
deversorio, si modo tecti satis est
ad comitatum nostrum
recipiendum. Ceteroqui mihi locus
non displicet. Nec ea re Petrinum
tuum deseram; nam et villa et
amoenitas illa commorationis est,
non devorsori.»
«La proprietà di Macula a Falerno mi è
sempre sembrata adatta come luogo
dove effettuare una tappa, dal momento
che riesce ad ospitare anche tutto il mio
seguito. E comunque, il luogo non mi
dispiace. a per questo motivo non
abbandonerò la tua proprietà a Petrino;
solo che quella villa e la amenità del
luogo sono più adatte ad un soggiorno e
non ad una sosta».
95 Hor., Epist., I, 15, 10:
23-18 a.C.
«Mutandus locus est et deversoria
nota / praeteragendus equus.»
Orazio viene convinto a lasciare le
acque termali di Baia e Cuma: «Devo
cambiare obiettivo e guidare il mio
cavallo attraverso le tappe note.»
96 Suet., Vitell., VII, 6:
episodio del 69 d.C.
«(Vitellius) ...tota via caligatorum
quoque militum obvios exosculans
perque stabula ac deversoria
mulionibus ac viatoribus praeter
modum comis...»
«(Vitellio) ricoprendo di lodi anche i
soldati semplici che incontrava lungo
ogni strada e oltremodo affabile presso
le locande e gli alberghi con gli stallieri
ed i viaggiatori....»
III.1 - Le fonti letterarie: sv. taberna
35
Taberna
97 Varro, Re Rust., I, 2, 23:
37 a.C.
«ut etiam, si ager secundum viam
et opportunus viatoribus locus,
aedificandae tabernae
deversoriae, quae tamen, quamvis
sint fructuosae, nihilo magis sunt
agriculturae partes»
«qualora una tenuta agricola si trovi in
prossimità di una via trafficata e presso
un luogo comodo per la sosta, è
opportuno costruire una taverna per
accogliere i viaggiatori che comunque,
per quanto sia redditizia, non supera la
rendita agricola.»
98 Cic., de Inv., II, 4, 14:
81-82 a.C.
«In itinere quidam proficiscentem
ad mercatum quendam et secum
aliquantum nummorum ferentes est
comitatus. Cum hoc, ut fere fit, in
viam sermonem contulit; ex quo
factum est ut illud iter familiarius
facere vellent. Quare cum in
eadem tabernam divertissent,
simul cenare et in eodem loco
somnum capere voluerunt.»
«Lungo la via un viaggiatore si unisce
ad un altro che è in viaggio d’affari e
quindi ha con sé del denaro.
Cominciano a chiacchierare, diventano
amici e decidono di fermarsi nella stessa
locanda, di cenare insieme e di dividere
la stessa camera.»
99 Cic., pro Cluent., 163:
65 a.C.
«Atque etiam, ut nobis renuntiatur,
hominem multorum hospitem,
Ambivium quendam, coponem de
via Latina, subornatis qui sibi a
Cluentio servisque eius in taberna
sua manus adlatas esse dicat.»
«Ed inoltre, come ci viene riferito,
questo tale Ambivio, uomo di grande
«ospitalità», oste lungo la via Latina, si
dice essere stato ucciso da quelli che
erano stati corrotti da Cluenzio e dai
suoi servi nella sua taberna.»
Secondo Kleberg (KLEBERG 1957, p.
43), è indizio che le taverne sono poste
presso le porte urbane.
100 App. Verg., Copa, 1-3:
Età tiberiana o metà I
secolo a.C.
«Copa Surisca... ebria famosa22
saltat lasciva taberna...»
«L’ostessa Sirisca ubriaca ... si
abbandona ad una danza sensuale, nella
ben nota taverna...»
101 Prop., IV, 8, 17-19:
Circa 14 a.C.
«Appia, dic quaeso, quantum te
teste triumphum / egerit effusis
per tua saxa rotis; / turpis in
arcana sonuit cum rixa taberna.»
Properzio chiama «a testimone la via
Appia del clamore con cui la sfacciata
Cinzia ha guidato il carro a folle
velocità sul selciato, dopo il chiasso
causato per una rissa poco elegante in
una taverna appartata.»
102 Tac., Hist., II, 64, 1:
Episodio datato al 69
d.C.; opera dell’inizio
del II d.C.
«Igitur Vitellius metu et odio, quod
Petroniam uxorem eius mox
Dolabella in matrimonium
accepisset, vocatum per epistulas
vitata Flaminiae viae celebritate
devertere Interamnium atque ibi
interfici iussit. Longum interfectori
visum: in itinere ac taberna
proiectum humi iugulavit...»
«Vitellio, quindi, spinto da odioso
timore perché Dolabella aveva sposato
Petronia che era stata prima sua moglie,
lo fece convocare con una lettera che
ingiungeva di evitare la Flaminia perché
troppo frequentata, e di dirigersi altresì
verso Interamnium23. All’esecutore
dell’omicidio il viaggio sembrò troppo
lungo: lo gettò a terra e lo scannò in una
taverna lungo la strada...»
La lettera che contiene istruzioni precise
sull’itinerario del viaggio, potrebbe
essere intesa come un diploma: la
taberna sarebbe, in tal caso, una
stazione del cursus. Sulla base della
notazione che Tacito inserisce di
seguito, sembra evincersi che Vitellio
abbia firmato la lettera con il nome di
Germanico (ARICI 1970, p. 207, nota 4).
III.1 - Le fonti letterarie: sv. taberna
36
103 Amm., XV, 3, 10:
Episodio datato al 355
d.C.;
opera del 400 d.C circa.
«Teutomeres... onustos omnes
catenis (ut mandatum est)
perducebat. Sed ubi ventum est
Aquileiam, Marinus tribunus ex
campidoctore eo tempore vacans,
..., in taberna relictus, dum
parantur itineri necessaria, lateri
cultrum longiorem casu repertum
impegit...»
«Teutomere... li conduceva tutti in
carcere carichi di catene. Ma, appena
giunti ad Aquileia, Marino, che era
divenuto tribuno soprannumerario da
istruttore delle reclute che era, ...lasciato
solo nell’albergo, mentre si facevano i
preparativi per il viaggio, si trafisse il
fianco con un lungo coltello trovato per
caso...»24
Caupona
104 Lucil., Carm., III (Iter
Siculum), 127-129 (ed.
Marx):
119-116 a.C.
«Hinc media remis Palinurum
pervenio nox \ caupona hic tamen
Syra ...»
«Da lì, a forza di remare, giungemmo a
Palinuro a mezzanotte, dove trovammo
alloggio presso una caupona con
un’ostessa siriana…»
105 Cic., Phil., II, 77
(XXXI):
44 a.C.
«Cum hora diei decima fere ad
Saxa Rubra venisset, delituit in
quadam cauponula atque ibi se
occultans perpotavit ad
vesperam.»
«(Antonio) Giunto a Saxa Rubra circa
alle quattro del pomeriggio, riparò
presso una stamberga e lì rimase
nascosto gozzovigliando fino a sera».
- Hor., Sat., I, 5, 50-51:
37 a.C.
Vedi infra fonte n. 110.
Popina
106 Suet., Vitell., XIII, 6:
Episodio collocabile nel
I secolo d.C.; opera del
119-121 d.C.
«Ut autem homo non profundae
modo sordidae gulae, ne in
sacrificio quidem umquam aut
itinere ullo temperavit, quin inter
altaria ibidem statim viscus et
farris frusta paene rapta e foco
mandaret circaque viarum popinas
fumantia obsonia vel pridiana
atque semesa.»
«Quell’uomo era di un appetito senza
limiti, che non aveva alcuna decenza nel
limitarsi, neppure mentre celebrava un
sacrificio o era in viaggio, che non
riusciva a trattenersi dal divorare i
brandelli di carne e le focacce di crusca
sull’altare appena tolte dal fuoco e nelle
osterie lungo le strade, le pietanze
ancora roventi o gli avanzi del giorno
prima o quelli già sbocconcellati.»
Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta
- Varro, Re Rust., I, 2, 23:
37 a.C.
Vedi supra fonte n. 97.
107 Col., I, 5, 6:
metà I secolo d.C.
«(villa)...Nec paludem quidem
vicinam esse oportet aedificiis nec
iunctam militarem viam... Haec
autem praetereuntium viatorum
populationibus et adsiduis
devertentium hospitiis infestat rem
familiarem.»
«Non è opportuno che le costruzioni
(della villa) si trovino vicino ad una
palude né ad una via militare… Queste
infatti comporterebbero che la proprietà
privata fosse invasa da un viavai di
viaggiatori e da un affollamento di
ospiti.»
108 Hor., Sat., I, 5, 37-38:
37 a.C.
«In Mamurrarum lassi deinde urbe
manemus / Murena praebente
domum, Capitone culinam.»
«Facciamo poi tappa nella città di
Mamurra (Formia), dove Murena ci
offre l’alloggio e Capitone il vitto.»
III.1 - Le fonti letterarie: ville rustiche
37
109 Hor., Sat., I, 5, 45-47:
37 a.C.
«Proxima Campano ponti quae
villula, tectum / praebuit et
parochi quae debent ligna
salemque. / Hinc muli Capuae
clitellas tempore ponunt.»
«Nei pressi di Ponte Campano una
villula offre ospitalità, mentre i parochi
provvedono la fornitura di sale, legno e
fieno. Qui, presso Capua, all’ora
prevista, i muli depongono i basti.»
I parochi sono fornitori che a spese
dello stato sono tenuti a provvedere i
magistrati in missione ufficiale.
110 Hor., Sat., I, 5, 50-51:
37 a.C. «Hinc nos Coccei recipit
plenissima villa / quae super est
Caudi cauponas.»
«Qui (cioè presso Capua) ci accoglie la
villa di Cocceio, fornita di ogni bene, al
di sopra delle osterie di Caudio.»
111 Hor., Sat., I, 5, 79-80:
37 a.C.
«...nos vicina Trivici / villa
recepisset lacrimoso non sine
fumo....»
«Ci accolse una villa vicino a Trevico,
anche questa densa di fumo che fa
lacrimare...»
112 Apul., Met., I, 21:
Età Antonina (regno di
Marco Aurelio 161-180
d.C.)
Tessaglia
«Nam comites uterque ad villulam
proximam laevorsum abierunt.
Ego vero quod primum ingressui
stabulum conspicatus sum
accessi.»
«Entrambi i miei compagni di viaggio
imboccarono il deverticolo a sinistra,
che portava ad una fattoria lì vicino. Io,
invece, arrivai fino al primo albergo che
trovai non appena entrato in città.»
Da rilevare, che qui lo stabulum è entro
l’area urbana.
- Apul. Met., IX, 4
Età Antonina (regno di
Marco Aurelio)
vedi supra, fonte n. 76.
- Apul., Met., X, 1: vedi supra, fonte n. 77.
113 Amm., XXIX, 6, 7:
Episodio datato al 373-
374 d.C.; opera del 400
circa
«Paulo enim afuit, quin filia
caperetur Constanti, cibum sumens
in publica villa, quam appellant
Pistrensem, cum duceretur
Gratiano nuptura...»
«Poco, infatti, mancò che (i Quadi)
catturassero la figlia dell’imperatore
Costanzo II, mentre si ristorava in una
villa pubblica, detta Pistrense (circa
XXVI miglia da Sirmio), durante il
viaggio che la conduceva sposa a
Graziano...».
114 Rutil. Nam., de Red., I,
377:
416 d.C.,
Faleria, presso
Piombino
«Egressi villam petimus lucoque
vagamur...»
«Appena sbarcati, cerchiamo il luogo
dove sostare e facciamo una passeggiata
nei boschi…»
Villa come luogo di sosta e
pernottamento gestito da un vilicus.
Pandokei`on
115 Polyb., II, 15, 5
Ultimo ventennio del II
secolo a.C.
«Poiou`ntai gaVr taVÇ kataluvseiÇ oiJ diodeuvonteÇ thVn cwvran ejn toi`Ç pandokeivoiÇ, ouj sumfwnou`nteÇ periV tw`n kataV mevroÇ ejpithdeivwn, ajll* ejrwtw`nteÇ povsou toVn a[vdra devcetai.»
«I viaggiatori che in questo paese si
fermano nelle locande non contrattano
per ogni singolo articolo di cui fanno
richiesta, ma pagano una quota
giornaliera ciascuno.»
116 Strab., XII, 8, 17:
Circa 18 d.C.; Carura,
confine tra Frigia e
Caria
«@Orion dev ejsti th`Ç FrugivaÇ kaiV th`Ç KarivaÇ taV Kavroura: kw`mh d ejstiVn au{th pandocei`a e[cousa kaiV zestw`n uJdavtwn ejkbolavÇ, taVÇ meVn ejn tw/` potamw/` Maiavndrw/, taVÇ d* ujper tou` ceivlouÇ. KaiV dhv potev fasi pornoboskoVn aujlisqevnta ejn toi`Ç
«Carura segna il confine tra Frigia e
Caria. È un villaggio, ha alberghi e
sorgenti di acqua termale bollenti,
alcune nel fiume Meandro, altre sopra le
sue sponde. Inoltre, si dice che una
volta, quando un lenone prese alloggio
con un numeroso seguito di donne
III.1 - Le fonti letterarie:le fonti greche
38
pandoceivoiÇ suVn pollw/` plhvqei gunaikw`n, nuvktwr genomevvou seismou`, sunafanisqh`nai pavsaiÇ.»
presso quegli alberghi, ebbe luogo un
terremoto durante la notte…»
- Hier., Homil. Orig. in
Luc., 34, 3:
349-350 d.C.
Vedi supra fonte n. 79.
117 Melania, 56
437 d.C.
«&Hmei`Ç deV di* o{lhÇ cionizovmenoi th`Ç hJmevraÇ ajnendovtwÇ thVn poreivan ejpoiouvmeqa, ou[te ghn ou[te o[roÇ blevponteÇ plhVn tw`n pandoceivon, ejn oi|Ç kateluvomen ejspevraÇ.»
«E noi, coperti di neve, continuiamo il
nostro cammino per tutto il giorno,
senza vedere altro che gli alberghi
presso i quali pernottiamo.»
StaqmovÇ
118 Jul., Epist., LVIII;399
363 d.C.
«*EpeiV deV diabaVÇ movliÇ h\lqon eijÇ toVn prw`ton staqmovn, ejnneva pou scedoVn h\san w|rai, kaiV ejdexavmhn ei[sw th`Ç aujlh`Ç toV plei`ston th`Ç par* uJmi`n boulh`Ç.»
«Dopo aver superato con qualche
difficoltà il confine, giunsi alla prima
stazione, circa alla nona ora, ed allora
ricevetti presso il mio quartier generale,
la maggior parte dei tuoi senatori».
119 Proc., Hist. Arc., XXX,
3-4:
Circa 550 d.C.
«ejÇ hJmevraÇ oJdoVn eujzwvvnw/ ajndriV staqmouVÇ katesthvsanto, phV meVn ojktwV, phV deV touvtwn ejlavssouÇ, ouj mevntoi h|sson ejk tou` ejpiV plei`ston h] kataV pevnte. i{ppoi deV i{stanto ejÇ tessaravkonta ejn staqmw/` eJkavstw/`. JiJppokovmoi deV kataV lovgon tou` tw`n i{ppwn mevtrou ejtetavcato ejn pa`si staqmoi`Ç.»
(Gli imperatori dei tempi antichi hanno
fatto costruire queste stazioni. nella
seguente maniera) «entro la distanza
compresa in un giorno di viaggio di un
viaggiatore senza bagagli25, hanno
costruito delle stazioni, a volte in
numero di 8, a volte meno, ma in genere
mai meno di 5. Ad ognuna è assegnato
un numero di 40 cavalli e un numero di
stallieri per ogni stazione in proporzione
al numero degli animali».
Basivleion
120 Jul., Epist., LVIII; 400
363 d.C.
«kaiV taV basivleia polutelh` meVn h{kista: phlou` gaVr h\n movnon kaiV xuvlwn oujdeVn poikivlon e[conta.»
Durante un viaggio da Antiochia a
Hierapolis di Siria, l’imperatore
Giuliano riceve una delegazione presso
la stazione di Bathna, in Siria.
«Questo alloggio imperiale non è affatto
sontuoso, perché costruito solo con
sabbia e tronchi di legno e non ha
decorazioni.»
Kataluthrivon
121 Proc., de Aed., V, 3, 3:
Circa 560 d.C.
«kaiV taV ejkeivnh/ basivleia, ejk moivraÇ h[dh katapeptwkovta tinovÇ, ajnenewvsato spoudh/` a{panta, e[ti mevntoi kaiV balanei`on ejn tw/` kataluthrivw/ tw`n beredarivwn kaloumevnwn ejk palaiou` diefqarmevnon.»
«Tra gli edifici che Giustiniano può
vantarsi di aver restaurato o ripristinato,
c’è anche il kataluterìon dei veredarii di
Nicea, che aveva giaciuto in abbandono
per lungo tempo.»
III.1 - Le fonti letterarie:le fonti greche
39
*Allaghv
122 Papyri in Rylands
Library 1952, IV, p.
104-107, nn. 630-638,
righe 203-506:
passim, ad esempio,
righe 385 ss. e 399.
«[ejn *All]agh/` [timh`Ç] oi[nou a[riston ... » «…th`Ç hJ[mevraÇ] ejv th/` ajl[l]ag[h/`] Bhtavrou...»
Lungo la via del ritorno, la comitiva fa
sosta in una mutatio lungo la via tra
Ptolemaide e Cesarea, così come il giorno
successivo, che concludono pernottando a
Antipatris. L’autore del resoconto
sottolinea che la taverna pressa la quale
pernottano non ha nulla da offrire e si
trova in un luogo piuttosto desolato.
123 Eustath., ad Iliad., 531,
21
«aiJ deV iJstorivai staqmouVÇ oi[dasi levgon kaiV taVÇ wJrismevnaÇ ei[t* oi\n tetagmevnaÇ ejvodivouÇ ajnapauvlaÇ, toi`Ç ei[te iJppeusin ei[te pazodrovmoiÇ a{Ç kaiV aVllagaVÇ e\legonv tinesa...»
«Gli storici definiscono stazioni i luoghi
di fermata dove riposano coloro che
stanno effettuando un viaggio, disposte a
distanze cadenzate, destinate sia a chi va a
cavallo che a piedi, altrimenti dette
“mutationes”…»
Oijkiva
124 Dio.Cass., LXXVIII, 9,
6:
Episodio datato al 212
d.C.
«e[xw dhV touvtwn aJpavntwn kaiV oijkivaÇ aujtw/` pantodapavÇ, ejpeidhV th`Ç &RwvmhÇ ejxwvrmhse, kaiV kataluvseiÇ poluteleiÇ ejn mevsaiÇ tai`Ç oJdoi`Ç kaiV tai`Ç bracutavtaiÇ oijkeivoiÇ dapanhvmasi kataskeuavzein hjnagkazovmeqa, ejv ai|Ç oujc o{son oujk ejvnw/vkhsev pote, ajll* oujdeV o[yesqai aujtw`n tinaV e[melle.»
«Noi siamo stati costretti a costruire a
nostre spese dei palazzi molto sontuosi
dove lui (Caracalla) potesse soggiornare
quando fosse stato fuori Roma, e luoghi di
tappa con ogni comodità anche nelle tratte
dei viaggi più brevi. »
v
125 Dio.Cass., LXVIII,
15, 3:
Episodio datato al
110 d.C., opera ante
222 d.C.
«KaiV kataV touVÇ aujtouVÇ crovnouÇ tav te e{lh taV Pompti`na wJdopoihvse livqw/`, kaiV taVÇ oJdouVÇ paroikodomhvmasi kaiV gefuvraiÇ megaloprepestavtaiÇ ejxepoivse.»
«(Traiano) in quello stesso periodo costruì
una strada pavimentata attraverso le Paludi
Pontine e fece costruire come infrastrutture
per la viabilità edifici e ponti magnifici.»
Katagwgiva
126 Basil., Epist., XCIV: «tivna deV ajdikou`men, katagwvgia toi`Ç xevnoiÇ oijkodomou`nteÇ, toi`Ç te kataV pavrodon ejpifoitw`si kaiV toi`Ç qerapeivaÇ tinoVÇ diaV thVn ajsqevneian deomevnoiÇ, kaiV thVn ajnagkaivvan touvtoiÇ paramuqivan ejgkaqistw`nteÇ, touVÇ vnosokomou`ntaÇ, touVÇ ijatreuvontaÇ, taV vnwtofovra, touVÇ parapevmpontaÇ.»
«Forse siamo in errore quando costruiamo
gli ospizi per gli stranieri, per coloro che
vengono a visitarci nel corso di un viaggio,
e per coloro che necessitano assistenza
perché sono malati, e quando ci spingiamo
oltre, fornendo assistenza agli infanti,
medici, bestie per il viaggio e
accompagnatori?».
III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni
40
Osservazioni
La parola mansio è quella che ha impiego più naturale, dal
momento che è collegata al verbo manere = sostare /
permanere, assumendo molte sfaccettature, ben cesellate
nel linguaggio ciceroniano26. È evidente, quindi, che, pur
non comparendo esplicitamente in rapporto con il cursus
prima del IV secolo d.C., ha radici semantiche ben
profonde, dal momento che il verbo manere è di frequente
utilizzato proprio per indicare l’atto dei viaggiatori del
sostare lungo il percorso (ad esempio: Hor., Sat., I, 5, vv.
86-87: «Quattor hinc rapimur viginti et milia raedis, /
mansuri oppidulo, quod versu dicere non est, signis
perfacile est...» «per 24 miglia filiamo in carrozza, volendo
far tappa in un paesino che non è possibile designare
nell’esametro, mentre è facile riconoscerlo per
contrassegni»27) o, comunque, di stasi temporanea, come è
riproposto in forma tautologica nel passo che racconta
come i soldati di Settimio Severo occuparono Roma e «in
templis, in porticibus, in aedibus Palatinis quasi in stabulis
manserunt»28. Già Plinio il Vecchio (fonti nn. 2, 3, 4) ci
propone schemi di itinerari ben collaudati, scanditi in tappe
prestabilite e pianificabili, ma il contesto geografico
“esotico” nel quale sono ambientati è piuttosto costrittivo
(nelle regioni desertiche non sarebbe possibile altrimenti),
e, comunque, la quantificazione dei costi ci riporta ad un
contesto commerciale in cui si muovono i privati.
Nemmeno il passo svetoniano (n. 5) ci assicura l’impiego
“tecnico”, in senso itinerario, del termine, riferendosi, sì,
ad un viaggio imperiale, ma essendo carente in ogni
dettaglio pratico sul luogo della fermata: l’espressione
“prima mansio” può, perfino, essere intesa in senso
cronologico, piuttosto che topografico. Al contesto privato
ci riporta il viaggio materiale e spirituale di Apuleio:
almeno nel passo n. 7, nel vocabolo “mansio” si potrebbe
cogliere la pregnanza “spaziale-materiale”, sospettabile
anche in quello precedente. È, perciò, solo nel IV secolo
che le fonti letterarie ci presentano il vocabolo mansio
riferito con certezza ad un luogo di sosta del cursus, che,
almeno fino alla narrazione della Peregrinatio Egeriae,
appare esclusivo di autorità politiche e militari (fonti nn. 9,
12). Alla fine del IV, comunque, il meccanismo di
programmazione di un viaggio, attraverso l’individuazione
e la scelta dei luoghi dove effettuare le fermate, è talmente
ovvio da essere luogo comune (passi nn. 15, 18).
L’accezione “temporale”, tuttavia, non scompare, e in
Vegezio e nella Peregrinatio Egeriae (fonti nn. 29, 36, 37,
71, 72) ritorna nel senso di breve sosta contrapposto a
stativa, cioè soggiorno più lungo, sosta, pausa del viaggio
durante la quale si riposa o si effettua un rifornimento.
Sono certamente viaggiatori privati quelli che dimenticano
qualcosa di molto importante in una mansio e che per
questa distrazione devono tornare sui loro passi per
recuperarla (n. 39). Con il tempo, il termine torna ad
indicare la semplice sosta, anzi, diventa sinonimo di
pernoctatio29 o, comunque, di soggiorno presso un
domicilio o un «ente assistenziale»30. Il suo uso è così
comune, da indicare tutte le soste effettuate nel corso di
piccoli e grandi spostamenti, fino ad ingenerare il
clamoroso anacronismo della fonte n. 16, dove l’esodo
dall’Egitto verso la terra promessa è visto come un viaggio
programmato in ogni tappa e dettaglio, uso echeggiato in
Vulg., Exod., 17, 1: “per mansiones Israelitarum ab
Aegypto proficiscientium”. Perfino in Cassiodoro, che
dovrebbe rappresentare “l’ibrido” tra la forma letteraria e
quella giuridica, “mansio” indica il semplice atto del
fermarsi (con l’eccezione della sfumatura amministrativa
di Var., X, 28, 1, fonte n. 52). In epoca cristiana, del resto,
si ha quasi un abuso del termine per indicare le varie tappe
di avvicinamento alla fede e a Dio (vedi ad esempio
Rufin., Orat.Greg.Nazianz.Inter., IX, 8); il senso figurato è
anche in Cassian., Conl., XXI, 28, 231. Ancora, nella
Peregrinatio Egeriae e in CIL IX, 2826, 1232 è anche
utilizzato in abbinamento con pastura per indicare il nostro
“vitto e alloggio”. Nella stessa Peregrinatio Egeriae (nn.
26, 28, 31), in Ammiano (n. 38) e nella fonte epigrafica n.
158, il termine mansio rappresenta un’unità di misura di
distanza33. Questa voce divide con il lemma «statio» una
molteplicità di accezioni che convivono: anche la mansio,
infatti, può essere intesa come una base militare (PUGLISI
1987, p. 261, nota 31).
Il vocabolo mutatio appare, invece, tra le fonti letterarie
con estrema parsimonia: in Ammiano, per quanto connesso
al cursus, non sembra esserci riferimento ad una struttura
monumentale ma al solo atto del cambio degli animali,
come è confermato da un altro passo in cui “mutatio” viene
letto in legatura con il “per” che precede la parola34, mentre
in Cassiodoro è questo il vocabolo tecnico per indicare le
stazioni35, seppure pervaso di una pregnanza prettamente
amministrativa che lo accomuna alle fonti giuridiche
contemporanee (infra, par. III.2). È confermata, quindi,
l’opinione dei Levi, secondo i quali il vocabolo mutatio
non compare prima del IV secolo (cioè, con l’Itinerario
Burdigalense). Come le mansiones, anche le mutationes
diventano in epoca tarda delle unità di misura, come
accade in Cassiodoro (n. 57).
Il termine statio compare, al contrario, piuttosto di
frequente, nei testi letterari, ma in nessuno di questi casi è
ravvisabile la connotazione tecnica, indicando una lounge,
all’aperto o ricavata negli edifici pubblici, un crocicchio o
una piazza dove si ritrovano i circoli di persone per
chiacchierare o fare affari36, almeno fino all’ultimo quarto
del IV secolo d.C. (Ambrogio ed Ammiano, nn. 17, 66,
67). L’idea di luogo fortificato è alternativa a quella di
luogo di incontro, ma altrettanto antica, come dimostra
Cicerone37, e più ordinaria nella tarda latinità (n. 78). Il
passo svetoniano della biografia di Tiberio (XXXVII, 2,
qui n. 58) per quanto autorevolmente citato, non sembra
potersi considerare pertinente a questo “corpus”, dal
momento che non vi si coglie alcun riferimento alle
stazioni di posta, né alla viabilità. Ancora al tempo
dell’Historia Augusta, il vocabolo statio è preferibilmente
utilizzato in contesti non tecnici, soprattutto per indicare il
centro simbolico dell’autorità imperiale38 o riferito ai
quartieri militari39, ed è assai usuale la connessione ai posti
di guardia militari (come nel passo di Svetonio appena
citato) o a sedi di partenza dell’esercito impegnato in
campagne o manovre40. In generale, sembra potersi
affermare che proprio questo vocabolo, che per noi è il più
III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni
41
usuale, è quello che ha un impiego meno tecnico, per
quanto riguarda la viabilità, riferendosi nella maggior parte
dei casi ai posti militari o alle stazioni fiscali o
amministrative, poste - queste ultime - spesso nelle aree
pubbliche dei centri urbani (vedi brano n. 59). Nella
maggior parte dei casi, quindi, soprattutto quando non vi è
specificazione, il lemma va riferito a stazioni di tipo
diverso41. Restano, comunque, esempi significativi dell’uso
di questo vocabolo in senso tecnico le fonti nn. 63 e 66,
anzi, in Ammiano è il vocabolo che materialmente indica il
luogo della sosta nel corso di un viaggio, pur essendo
evidente, in altri passi dello stesso Autore, la connotazione
militare della stazione42; oppure è utilizzato nell’accezione
di semplice località43. Almeno nella seconda metà del IV
secolo i vocaboli “mansio” e “statio” diventano
interscambiabili: l’esempio del passo ambrosiano n. 17, ci
mostra come, in una spericolata alternanza di accezioni
letterali e significanze simboliche, la ricerca interiore è
visualizzata come un viaggio a tappe che procede di
«stazione in mansione».
Da parte di alcuni autori, le “stativae” sono state ritenute
una categoria particolare di luoghi di tappa (LEVI 1967, p.
110). Le fonti disponibili, al contrario, ci presentano le
stativae come un posto adatto ad un rifornimento in ambito
militare ed un “rifocillamento” in quello civile, che si può
effettuare in luoghi diversi, ma che certo predilige i centri
abitati e floridi. Nel passo 46 si citano mansiones, stativae
e luoghi speciali dove si riceve l’annona, ma più che classi
particolari di aree di servizio, le stativae sembrano dei
luoghi prescelti per un soggiorno di un certo periodo ed è
presumibile che a tale scopo venissero scelti dei centri
abitati. Come è ben chiarito dal confronto con l’altro passo
della biografia di Alessandro Severo (n. 47), cioè, si parla
solo di una pianificazione di queste soste prolungate, dal
momento che vengono elaborati dei veri e propri
programmi di viaggio con le stazioni di tappa, le date
preventivate per l’arrivo e la cadenza dei rifornimenti
annonari. Nella Peregrinatio Egeriae (passi n. 70, 71, 72,
73), poi, il termine acquista una significato «cronologico»
piuttosto che topografico, venendo ad indicare una sosta
nel corso di un viaggio di varia durata (ad esempio, stativa
triduana). Resta, comunque, piuttosto evidente che per
questo vocabolo si possa escludere una corrispondenza
tecnica, bensì indichi solo una fermata più prolungata nel
tempo.
Gli stabula appaiono piuttosto precocemente, già nel I
secolo d.C., ad indicare (nella seconda accezione del
termine: KLEBERG 1957, pp. 18-19) prevalentemente un
albergo fornito di stalla o ricovero per gli animali44,
fondamentalmente come trasposizione latina del greco
pandokeion45, anche se la prima volta il lemma appare in
Varro, Ling.Lat., V, 15, dove è contrapposto a taberna,
proprio ad indicare l’albergo diverso dalla bottega46. In
Cicerone (fonte n. 98) è esplicita la presenza delle stanze
per dormire, e già nel Satyricon stabulum e deversorium
appaiono impiegati indifferentemente47. In Apuleio (Met.,
I, 21) è compiuta l’associazione con l’albergo d’area
urbana, dal momento che è definito stabulum quello di
Hypata, gestito da una vecchia ostessa (caupona anu); del
resto, già nel caso di Mart., VI, 94, 3 non si può sostenere
la pertinenza alla viabilità, anzi, forse, è intenzionale
proprio la contrapposizione tra locale in città e campagna.
Ad alberghi urbani è sempre riferito in Tert. Apol., XLII,
2, mentre S. Agostino (brani nn. 80, 82, 83, 84) ribadisce la
relazione tra lo stabulum ed i viaggiatori48, sancendo anche
l’associazione tra mansio e stabulum, dando l’impressione
che la prima sia solo una parte della seconda (n. 43). Sulla
base della ricchezza delle attestazioni, comunque, si può
affermare che fu il termine più in voga per qualificare i
ricoveri per i viaggiatori e che, nel corso di un viaggio,
anche un imperatore poteva trovarsi a passarci la notte (n.
87). Quasi un ossimoro si può considerare l’impiego che
ne fa Frontone (n. 69), esaltando lo stridente contrasto tra il
concetto di stativa e la rapidità del viaggio, ribadendo in
ogni caso il legame tra le stativae ed il cursus.
L’abbinamento tra stazione di posta e stalla ritorna nelle
allegorie dipinte dagli autori cristiani, ad esempio, da
Cesario di Arles nella prima metà del VI secolo49, venendo
anche a confermare la popolarità del vocabolo mutatio
nell’epoca tardo romana.
Il termine hospitium si riconduce ad hospes, lemma che
indica sia chi offre che chi riceve ospitalità, e inizialmente
designa l’atto stesso dell’accoglienza di amici-ospiti,
progressivamente andando ad indicare il luogo dove questi
individui vengono ospitati. Tale vicendevole ospitalità è
esercitata tra individui facoltosi che si vantano di non
dover dividere con i più umili i servizi delle pubbliche
locande (Cic., de Div., I 57 «alterum ad cauponem
devertisse, ad hospitem alterum», ribadito dal sarcastico
«hominem multorum hospitem Ambivium quendam
cauponem de via Latina» del brano n. 99, che si può
affiancare all’osservazione di Seneca, de Benef., I, 14, 1:
«nemo se stabularii aut cauponis hospitem iudicat», che
ancora una volta insiste sulla mala fama di questi locali).
Nella satira oraziana (n. 88), prima ancora
dell’istituzionalizzazione del servizio di posta, appare per
la prima volta l’hospitium modicum nel significato tecnico
di locanda presso la quale sostano i viaggiatori, ribadito ai
vv. 71-76 dove è menzionato l’hospes: è ben evidente che
la locanda è fitta di clienti (convivae)50. In Apuleio (Met., I,
7) è usato come sinonimo di stabulum per lo stesso albergo
di Hypata in Tessaglia di Met., I, 21 (fonte n. 112: qui il
protagonista specifica: lectulo refovere, cibo satiare,
poculo mitigare, fabulis permulcere, fornendoci uno
stringato ma efficace elenco di tutte le prestazioni che
vengono richieste ad un esercizio alberghiero di questo
tipo. Forse non è un caso che tutti gli hospitia menzionati
si trovino in centri urbani, anche se sono utilizzati come
motel nel corso di un viaggio. Fino al II secolo, comunque,
“hospitium” ha, sì, il significato di locanda dove pernottare
ma è privo di ogni connotazione caritatevole,
trasmettendoci la fase semantica originaria del vocabolo; al
contrario, in epoca cristiana, il vocabolo acquisisce un
significato particolare, venendo ad indicare i luoghi dove,
per interessamento stesso del clero (vedi supra, cap. II.2),
possono sostare i pellegrini, ma il senso originario si
conserva fino alla tarda romanità, indicando più
III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni
42
genericamente un alloggio, in alternativa a mansio51.
Nell’Historia Augusta (n. 92), tuttavia, almeno in un caso,
è definita “hospitium” una stazione particolare, dove viene
prestata assistenza medica agli infermi (infra, par. III.2,
Osservazioni), ma non si può escludere che si tratti
dell’infermeria all’interno del castrum.
Anche il lemma deversorium ha diverse attestazioni che gli
sono verosimilmente derivate dal significato di locus
devertendi vel deversandi e quindi di hospitium, habitatio
(ThLL, sv. deversorium) e che, di conseguenza, lo legano
concettualmente alla viabilità. Spesso indica
un’installazione privata, che i ricchi facevano allestire
proprio per consentire la sosta lungo le vie che portavano
alle loro lontane proprietà (n. 94). In Varrone (n. 98), il
vocabolo diventa un aggettivo che qualifica le tabernae
poste secundum viam, e nell’Epistola di Orazio (n. 95),
anch’essa probabilmente precedente alla formalizzazione
del servizio di posta, i deversoria vengono menzionati
come delle località ben note, che un viaggiatore abituato a
frequentare quegli itinerari conosce “a menadito”. Dalle
opere letterarie questo termine è però destinato a
scomparire precocemente52: l’ultima attestazione è quella
svetoniana n. 96, che ancora una volta ci presenta i
deversoria come locali frequentati da stallieri e viaggiatori,
stabilendo la sinonimia tra deversorium e stabulum.
Sono stati forniti pochissimi esempi dell’uso della voce
“taberna”, perché è assai difficile accertarne la pertinenza
alla viabilità extraurbana. In questa sede si può riportare
l’opinione del Kleberg, che vede un’evoluzione semantica
che privilegia prima il significato di bottega, esercizio
commerciale, e poi quello di albergo o locanda (KLEBERG
1957, pp. 20-23). Come abbiamo già detto, in ogni caso, la
pregnanza tecnica di taberna è dimostrata dalla frequenza
con la quale appare nelle fonti itinerarie (CHAPOT 1873-
1907, p. 11); qui basti ricordare i casi letterari di Paolo
Diacono nell’epitome di Festo (p. 45), che nomina le
“Caediciae tabernae in via Appia (quae) a domini nomine
sunt vocatae”. I passaggi di Tacito ed Ammiano (nn. 102,
103) sembrano confermare la relazione con il cursus se,
come abbiamo visto, si interpreta come un diploma la
missiva che Vitellio spedisce a Dolabella e si ammette
l’esistenza di una “guardina” nella stazione di Aquileia
dove sosta il drappello di militari incaricati della scorta del
prigioniero Marino.
Tra i sinonimi più comuni di taberna, Orazio utilizza
quello di caupona per istituire un confronto tra l’ottima
accoglienza ricevuta nella villa di Cocceio e
l’evidentemente altrettanto rinomato trattamento offerto
dalle osterie di Caudio nel Sannio (che non sono messe,
però, in rapporto con la viabilità: n. 110), e fa esplicito
riferimento ai caupones di Forum Appi (n. 88). Apuleio,
invece, utilizza il termine caupona per il locale di
ristorazione entro l’area urbana, ed in un caso ci menziona
perfino un rappresentante di generi alimentari
(cauponarum merces di Met., I, 5) che le rifornisce. A
detta dello stesso Prisciano, che ci ha conservato il passo di
Lucilio qui riportato con il numero 104, almeno in quella
citazione, “caupona significat tam ipsam tabernam quam
mulierem”. È dichiarato, invece, il rapporto topografico tra
le strade e le popinae frequentate da Vitellio (n. 106),
mentre nell’Historia Augusta l’uso di questo vocabolo è
riservato ai malfamati locali situati, verosimilmente, entro i
centri urbani e negli accampamenti, dove i soldati
dilapidano le loro sostanze.
Le uniche due fonti letterarie, che ci narrano viaggi
effettuati per tappe prima che Augusto istituisse il cursus
publicus, sono Lucilio ed Orazio che, come abbiamo visto,
ci descrivono locali di folcloristica frequentazione, situati
entro centri abitati; ma nella stessa satira oraziana ed in
Cicerone compaiono spesso anche riferimenti a soste fatte
presso ville private. Nel passo di Orazio, abbiamo prova
della consuetudine dei viaggiatori benestanti di fare
riferimento alle residenze extraurbane degli amici e dei
conoscenti (su cui vedi supra, cap. II.2), dal momento che
il proprietario della villa presso la quale pernotta la
comitiva di “diplomatici” è lo stesso Cocceio, uno dei
comites di Orazio. Nei brani nn. 108 e 111, al contrario, la
villula e la villa sono manifestamente luoghi deputati alla
sosta dei viaggiatori “comuni”. Su questo tipo di attività
commerciale le fonti più interessanti sono Varrone e
Columella. Il primo raccomanda l’impianto di strutture atte
alla ristorazione ed al servizio alberghiero presso le ville
rustiche, poste in prossimità delle grandi strade, mentre il
secondo sconsiglia proprio la costruzione di complessi
residenziali presso le vie militari. Il consiglio di Varrone
appare molto convincente, poiché è espresso da un autore
che certo non si distingue per lo spirito innovativo (e la sua
“resistenza” si misura nella considerazione che, comunque,
il reddito che si ricava da una attività di questo tipo sia
inferiore a quello della tenuta agricola). Varrone, quindi,
sembra far tesoro di una esperienza già consolidata53, che
supera i limiti geografici e cronologici dell’agronomo, dal
momento che è confermata, nel secolo VI, dalla
osservazione di Procopio che ricorda come tutti i
proprietari di terre, soprattutto se i loro possedimenti si
trovano nell’entroterra, siano straordinariamente ricchi, e
prospere siano tutte le regioni attraversate da strade di
grande traffico (Proc., Hist. Arc., XXX, 5).
Come è evidente nel passo n. 76, le possibilità che si
offrono ad un viaggiatore sono numerose: ancora nel II
secolo d.C., specialmente in regioni con poche
infrastrutture, è abitudine pernottare in casulis atque
castellis.
A Roma è variamente attestata l’esistenza di una villa
publica, dove vengono alloggiati gli hospites dello Stato54,
ma non si può stabilire l’identificazione topografica con la
villa publica del Campo Marzio, dove sappiamo furono
accolti “non hospites ma ambasciatori di uno Stato
nemico” (MARCHETTI 1922). Un papiro egiziano ci ha
fortunosamente conservato un’epistola che la cancelleria
tolemaica inviò nel 112 a.C. alla capitale del distretto,
ordinando che Lucio Memmio, senatore di Roma,
intenzionato a visitare i dintorni di Arsinoe, venisse accolto
III.1 - Le fonti letterarie: osservazioni
43
in grande stile: già in età ellenistica, quindi, in casi
eccezionali, quali visite di personaggi eminenti, venivano
approntati degli allestimenti speciali. In quell’occasione,
vennero preparati con particolare fasto gli ambienti
destinati ad ospitare le personalità, e facilitati gli accessi ai
luoghi che avrebbero visitato, procurando fino il cibo
adatto all’espletamento dei sacrifici (HUNT – EDGAR 1932-
1934, pp. 416-417).
In greco, la traduzione corrente di mansio è
alternativamente v o v, mentre jv è più
comunemente usato come sinonimo di mutatio
(KUBITSCHECK 1930, coll. 1231-1232). Procopio fa,
invece, abuso del vocabolo v, utilizzato per
ogni tipo di luogo di sosta55. v sarebbe da
collegarsi, in alcuni casi, anche a stabulum, indicando
luoghi dove si custodiscono i cavalli ed i buoi56, ma la
traduzione più precisa di stabulum è (Vulg.,
Luc. 10, 34; fonte n. 79). Per l’albergatore è, appunto,
preferito v, mentre il latino assorbe la
trascrizione dal greco , vocabolo riferito ad
un ospite privato. Il passo di Polibio (n. 115) è stato qui
inserito, anche se cronologicamente non pertinente a
questa raccolta, per dimostrare che esiste una radicata
tradizione per queste strutture ricettive, che sono in alcune
occasioni preesistenti all’introduzione del cursus.
Monhv è attestato in senso tecnico in epoca più recente
(molto diffuso negli acta dei concili: Conc. Ephes., I, c. 36
e Conc. Calchedon., acta 9) ma ha un uso tecnico riferito
alle stazioni stradali già in Pausania (10, 31, 7), mentre
ov è più frequente in epoca ellenistica, quando
trova un uso ricorrente nelle narrazioni dell’anabasi di
Alessandro e delle tappe che di giorno in giorno il suo
esercito percorre (Senofonte, soprattutto). Entrambi i
vocaboli, comunque, trovano la loro giusta spiegazione
nelle glosse di Esichio. Cassio Dione predilige oijkiva e la
variante v, parole da lui usate in senso
strettamente tecnico: è esplicito qui il riferimento a
strutture di servizio alla viabilità costruite per volere degli
imperatori (fonti nn. 124-125).
Molto interessante si rivela la glossa in margine alla voce
: iv, «mansio habens tria tecta»57, che
potrebbe sottintendere una caratteristica architettonica
consueta nelle stazioni (forse, intende tre diversi complessi
monumentali, ad esempio: la locanda, le stalle, i
magazzini). Un pervicace riferimento alle stalle è anche
contenuto nella glossa III, 313, 43, che traduce
Jà con mansio equorum.
III.2 - Le fonti giuridiche
44
III.2 - Le fonti giuridiche
Le fonti giuridiche ci prospettano una varietà di
vocabolario più ridotta rispetto alle fonti letterarie,
trasmettendoci, però, alcune voci che le fonti letterarie non
utilizzano. Le normative qui riportate, tratte quasi
integralmente dal Codice Teodosiano e dal Corpus Iuris
Civilis di Giustiniano, abbracciano un arco cronologico
piuttosto ridotto, concentrandosi nei secoli IV e V d.C. Ciò
che le caratterizza ulteriormente, rispetto a quelle letterarie,
è che sono attinte proprio dalla legislazione che regola ed
amministra il cursus publicus e, più in generale, il traffico
di uomini e merci lungo le strade dell’impero58,
garantendoci una più pregnante “tecnicità” del vocabolario
impiegato. Come vedremo, l’analisi completa e comparata
di tutti i brani che contengono la menzione del nome
comune attribuito alla stazione di sosta smentisce
l’opinione, piuttosto diffusa (LEVI 1967, p. 109), che nel
Codice Teodosiano59 in particolare, ma in generale in tutte
le fonti giuridiche, i termini statio, mutatio e mansio siano
impiegati senza distinzione: tale mancanza di specificità è,
in realtà, rilevabile solo nel passo n. 143, dove i termini
“mutatio” e “statio” sembrano usati senza distinzione, ma
anche in questo caso si può trovare una spiegazione,
ritenendo il secondo un vocabolo generico, che può essere
impiegato come sinonimo di molti tipi di stazioni, e che
semplicemente si riferisce ad un luogo sede di un ufficio
imperiale. Tale precisione nella scelta terminologica è
confermata anche nel Corpus Iuris Civilis: nel Codex
Justinianus, come nel Digesto, si parla spesso di cursus (il
rescritto imperiale L è intitolato proprio “De cursu publico
angariis et parangariis”), ma più spesso c’è riferimento
agli uomini e ai mezzi, mentre è povero di citazioni delle
strutture materiali.
Mansio
127 Cod.Theod., XII, 1, 21:
Imp. Costantino
335 d.C.
«Quoniam Afri curiales conquesti
sunt quosdam in suo corpore post
flamonii honorem et sacerdotii vel
magistratus decursa insignia
praepositos conpelli fieri
mansionum, quod in singulis
curiis sequentis meriti et gradus
homines implere consuerunt,
iubemus nullum praedictis
honoribus splendentem ad
memoratum cogi obsequim, ne
nostro fieri iudicio iniuria
videatur.»
«Dal momento che i decurioni d’Africa
hanno registrato un reclamo da parte di
certe persone ai loro ordini, che dopo
aver rivestito le cariche di flamen e
sacerdozio o altre cariche magistratuali
(municipali), sono costretti ad effettuare
servizio nelle mansiones come
praepositi, servizio che in ogni
consiglio comunale sono soliti effettuare
uomini di grado e rango inferiore,
ordiniamo che nessun individuo sia
costretto a prestare il suddetto servizio
obbligatoriamente, cosicché nessuna
ingiustizia sembri perpetrata per Nostra
volontà.»
128 Cod.Theod., VIII, 10, 2:
= Cod.Just., XII, 61, 2
344 d.C.
Imp. Costanzo
DE CURIOSIS
«Praeter sollemnes et canonicas
pensitationes, multa a
provincialibus indignissime
postulantur ab officialibus et
scholasticis non modo in
civitatibus singulis, sed et
mansionibus, dum ipsis et
animalibus eorundem alimoniae
sine pretio ministrantur.»
«In aggiunta alle consuete e regolari
tassazioni, da parte di apparitori ed
avvocati vengono richieste, senza
vergogna, ai provinciali d’Africa molte
altre cose, non solo nei vari municipi ma
anche nelle mansiones, mentre i mezzi
di sostentamento sono forniti a queste
persone ed ai loro animali senza
pagamento.»
129 Cod.Just., X, 26, 2:
Imperatori Valente e
Valentiniano 364 d.C.
«Cum ad quamquam urbem
mansionemve accesseris, protinus
horrea inspicere te (Artemius
Praesidis corrector Lucaniae et
Brittiorum) volumus, ut
devotissimis militibus effloratae et
incorruptae species
praebeantur...»
(Gli imperatori ordinano) «A te,
Artemio governatore della Lucania e dei
Brutti, quando sei in visita in una città o
una mansio, di ispezionare per prima
cosa i magazzini, per garantire che ai
soldati vengano forniti viveri di prima
scelta ed in ottimo stato di
conservazione.»
III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mansio
45
130 Cod.Theod., XI, 1, 9:
Imperatori Valente e
Valentiniano
365 d.C.
«Tabulariorum fraudes se
resecasse per suburbicarias
regiones vir clarissimus Anatolius
consularis missa relatione testatus
est, quod pabula, quae hactenus
ex eorum voluntate atque arbitrio
ad mutationes mansionesque
singulas animalibus cursui
publicus deputatis repente atque
improvise solebant convehi, nunc
in consilio ratione tractata pro
longinquitate vel molestia itineris
ab unoquoque oppido certo ac
denuntiato tempore devehi
ordinavit. Quod iubemus, ut etiam
per omnes Italiae regiones pari
ratione servetur.»
«Anatolio ci ha inviato una relazione in
cui ci informa di aver eliminato le
attività fraudolente dei tabularii in tutta
la regione suburbicaria, dove ha imposto
che questi rifornimenti siano trasportati
da una città in tempi prestabiliti e noti,
calcolati sulla base della lunghezza e
della difficoltà del viaggio, dopo averne
discusso in consiglio, mentre prima
questi rifornimenti era abitudine fossero
inviati senza la dovuta notifica, sulla
base delle decisioni prese dai tabularii
alle varie mutationes e mansiones, per
mezzo degli animali assegnati al cursus
publicus.»
Gli imperatori, ritenendo valida
l’indagine condotta dal consolare
Anatolio sulle regioni suburbicarie,
decidono di estendere le medesime
innovazioni ad altre regioni d’Italia,
mirando a evitare i soprusi dei tabellarii
(tabularii) e a regolare il sistema delle
requisizioni dei materiali per il
fabbisogno del cursus.
131 Cod.Theod., VIII, 5, 23:
Impp. Valente e
Valentiniano
365 d.C.
DE CURSU PUBLICO
«Locandi autem erunt per
singulas mansiones vel quo
longius sinceritas tua
procurationem eorum
existimaverit porrigendam».
«Tali supervisori siano disposti ad ogni
mansio o anche a distanza maggiore,
come la Vostra Sincerità stabilirà che la
loro supervisione sia da imporsi».
Gli imperatori danno disposizioni sulla
distribuzione del personale nelle singole
mansiones.
Cfr. Cod.Theod., VIII, 5, 65 (= fonte n.
149).
132 Cod.Theod., I, 16, 12:
Impp.
Valente, Valentiniano e
Graziano
369 d.C.
«...Addimus sane, ut eius, qui
provinciae praesidentem propria
possessione susceperit, ager,
quem diversorium habuerit
praedictus in transitu, fisci viribus
vindicetur. Ita enim iudices
mansiones instruere et instaurare
nitentur.»
«Ogni proprietà privata che abbia
ospitato un governatore nel corso di un
suo viaggio, sia reclamata tra le risorse
del fisco. Così, quindi, i «iudices» si
occupino di costruire e mantenere
efficienti le mansiones.»
133 Cod.Theod., VIII, 5, 35:
= Cod.Just., XII, 50, 8:
Impp. Valente, Graziano
e Valentiniano
378 d.C.
DE CURSU PUBLICO
«A nullo umquam oppido aut
frequenti civitate, mansione
denique adque vico, uno die ultra
quinque veredorum numerus
moveatur, ac si quis eorum, qui
praepositi vocantur aut mancipes,
publico denique cursui nomine
aliquo praesunt...»
(Gli imperatori ordinano che) «da
nessuna città, municipio popoloso,
mansio o vico partano più di 5 cavalli
del servizio postale al giorno, neppure
se lo richiedono alcuni dei supervisori o
dei mancipes preposti al cursus.» Cfr.
SEECK 1876, p. 38 ss.
134 Cod.Just., XII, 35, 11
Impp. Graziano
Valentiniano e Teodosio
384 d.C.
«Tribuni vel milites nullam
evagandi per possessiones
habeant facultatem: cum signis
propriis in mansionibus solitis ac
publicis maneant....»
«Sia agli ufficiali che ai soldati semplici
non è consentito di girovagare nelle
proprietà altrui: piuttosto, restino sotto
le loro insegne nelle mansiones abituali
e pubbliche...»
III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mansio
46
135 Cod.Theod., XI, 1, 21:
= Cod.Just., X, 16, 8:
Impp. Valentiniano,
Teodosio e Arcadio
385 d.C.
«Nemo possessorum ad
instruendas mansiones vel
conferendas species [excepta
limitaneorum annona] longius
delegetur, sed omnis itineris ac
necessitatis habita ratione
[delegentur].»
«Nessun proprietario terriero sia
incaricato dei rifornimenti delle
mansiones o di raccogliere le derrate più
a lungo, [eccetto che nel caso
dell’annona per la milizia posta ai
confini], ma sia presa ragionevole
considerazione dell’intero viaggio e
delle necessità che comporta.»
136 Cod.Theod., XII, 6, 21:
= Cod.Just., X, 72, 9:
Impp. Valentiniano,
Teodosio e Arcadio
386 d.C.
«Modios aeneos atque60 lapideos
cum sextariis atque ponderibus
per mansiones singulasque
civitates iussimus collocari, ut
unusquisque tributarius sub oculis
constitutis rerum omnium modiis
sciat...»
«Ordiniamo che tali moggi in bronzo e
in pietra, insieme ai sestarii e alle
libbre61 (cioè contenitori che servono da
«misurini» di tali unità), siano depositati
in ogni municipio ed in ogni mansio,
cosicché ogni contribuente abbia sotto
gli occhi la misura della quantità
stabilita di ogni merce e sappia quanto
deve pagare.»
137 Cod.Theod., XII, 1, 119:
Impp. Valentiniano,
Teodosio e Arcadio
388 d.C.
«Claudiopolis, Prusiadis ac Tottai
et Doridis oppidorum sive
mansionum per Bithyniam
curiales publicis inludere
functionibus per suam fugam
cognovimus...»
«Abbiamo appreso che i decurioni delle
città e delle mansiones di Claudiopoli,
Prusiade, Tottaus e Doris, attraverso la
Bitinia, stanno eludendo il loro servizio
obbligatorio con la fuga...».
138 Cod.Theod., VII, 10, 1:
Impp. Arcadio, Onorio e
Teodosio
405 d.C.
NE QUIS IN PALATIIS MANEAT
«Nulli manendi intra palatia
nostra in qualibet civitate vel
mansione facultas pateat, sed ea
provinciarum rectores et vicarios
inlustrissimae praefecturae per
dioeceses, quas sortiti sunt,
maneat cura, ut ab eorum
usurpatione, qui in his transeuntes
manere consueverant, sacrae
domus serventur immunes,
eorundem provisione nulla
neglegentia vel senio
quatiantur...Ii quoque, qui
huiusmodi sibi mansionem prava
temeritate praesumpserint, si vel
dignitate aliqua vel fortunis
nituntur, XX librarum auri
condemnationi subiaceant: qui
humilioris fortunae sunt, exilio
tradantur. Equos sane non nostros
ab stabulis prohiberi palatiorum
supervacuum iudicamus.»
«Nessuno abbia il privilegio di sostare
nei nostri palazzi, sia entro i municipi
che presso le mansiones. I governatori
delle province ed i vicari delle prefetture
illustri (praefetti praetorii), attraverso le
diocesi alle quali sono stati assegnati,
avranno la responsabilità di tenere
lontani dalle sacre dimore imperiali le
usurpazioni dei viaggiatori che hanno
preso l’abitudine di sostarvi. Attraverso
l’impegno dei predetti magistrati,
nessuna di queste residenze sia
danneggiata per incuria o
deterioramento. Coloro che, comunque,
in spregio della legge, occuperanno tali
residenze, qualora siano ricchi o di alto
rango, paghino 20 libre d’oro di multa,
mentre, se sono nullatenenti siano
esiliati. Naturalmente, riteniamo
superfluo proibire che i cavalli non
nostri, siano ricoverati nelle stalle dei
nostri palazzi.»
139 Dig., L, 4, 18, 10: «Hi quoque, qui... curatores ad
exstruenda vel reficienda aedificia
publica sive palatia sive navalia
vel mansiones destinantur, ...
muneribus personalibus
adstringuntur.»
«Anche coloro che... sono stati designati
come supervisori alla costruzione o al
restauro di edifici pubblici, sia palazzi
che arsenali che mansiones, siano
costretti a versare munera personali».
III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mansio
47
140 Lex Burg., Lib. Const.,
XXXVIII, 3: 62
V-VI secolo d.C.
«Ubicumque eos (legatos
extranearum gentium) mansio
contulerit, unum porcum et unum
vervecem praesumendi habeant
facultatem.»
«Dovunque sia necessaria una sosta a
costoro (gli ambasciatori delle
popolazioni straniere), abbiano il diritto
di impossessarsi di un maiale o di un
montone.»
141 Lex Burg., Lib. Const.,
XXXVIII, 5-6:
V-VI secolo d.C.
«5. Hiemis autem tempore si quid
legatus foeni aut ordei
praesumpserit, similiter a
consistentibus intra villae ipsius,
tam Burgundionum quam
Romanis, sine contradictione
aliqua conferatur. Quod tamen a
maioribus personis praecipimus
custodiri. 6. Ceterum si talis
persona est, quae ex munificentia
nostra legatum possit excipere,
ipse tantum sua expensa legatis
una nocte praeparet
mansionem...»
«5. Durante l’inverno, se un
ambasciatore avanza pretese di fieno od
orzo, allora sia portato dagli abitanti
della zona senza discussione nella villa
dello stesso, sia che si tratti di burgundi
che di romani. Tuttavia, riteniamo che
debba essere ospitato dai più abbienti. 6.
Se si tratta di un personaggio che
potrebbe essere considerato un nostro
emissario, allora lo stesso gli prepari
l’ospitalità per la notte a sue spese...»
Mutatio
- Cod.Theod., XI, 1, 9:
Imperatori Valente e
Valentiniano
365 d.C.
Vedi supra fonte n. 130.
142 Cod.Theod., VIII, 5, 34:
= Cod.Just., XII, 50, 7:
Impp. Valente, Graziano
e Valentiniano
377 d.C.
«Praeterea in singulis
mutationibus arbitramur ternis
veredis muliones singulos posse
sufficere. Nam ut stabula inpensis
publicis extruantur, contra
rationem est cum provincialium
sumptu citius arbitremur et utilius
adparanda.»
«Riteniamo che in ogni mutatio sia
adeguato avere un cocchiere ogni tre
cavalli da staffetta. Infatti, non è
ragionevole che le stalle siano
mantenute a spese dello stato, dal
momento che potrebbero più
speditamente e vantaggiosamente essere
rifornite a carico dei provinciali.»
143 Cod.Theod., VIII, 5, 36:
Impp. Graziano,
Valentiniano e Teodosio
381 d.C.
«Mancipibus supra lustrale
tempus cura non inmineat
mancipatus: nec intra triginta
dies63... amplius cuiquam liceat ex
mutatione discedere. Quod si
supra praescribtum numerum
dierum ab statione, quam
receperit, excesserit, capitali
animadversione puniatur.»
«Un manceps non può restare in carica
più di 5 anni e non può allontanarsi per
più di 2 (?) giorni ogni 30 dalla mutatio.
Se si allontana per un periodo superiore
al suddetto dalla stazione che gli è stata
assegnata, allora sia punito con la pena
capitale.»
144 Cod.Just., XII, 50, 15:
Impp. Arcadio e Onorio
395 d.C.
«Si quis vel per unam mutationem
veredum (mulamve aut bovem?)
superducendum esse crediderit, in
quadruplum superductorum
animalium pretium fisci viribus
inferat.»
«Se si ritiene che qualcuno abbia
usufruito in una mutatio di un numero di
animali eccessivo (sia che si tratti di
muli che di buoi), sia condannato a
rimborsare il fisco di una somma pari al
quadruplo del costo degli animali presi
in sovrappiù».
145 Cod.Just., XII, 50, 17:
Impp. Arcadio e Onorio
398 d.C.
«Nemo mulionem mutationibus
deputatum vel per sollicitationem
vel per receptionem subtrahere
audeat, decem libras argenti
poenae nomine reformidans
inferre.»
«A nessun sia consentito sottrarre un
mulattiere assegnato ad una mutatio né
esercitando pressioni né convincendolo;
sia condannato all’ammenda di 10 libre
d’argento.»
III.2 - Le fonti giuridiche: sv. mutatio
48
146 Cod.Just., XII, 50, 18:
Impp. Arcadio e Onorio
400 d.C.
«Animalia publica, dum longe
maiore ac periniquo pretio pabula
aestimantur per mancipes atque
apparitores, aperte vexantur. Ne
id contingat sublimitas tua
disponat, ut neque pabula
mutationibus desint, neque
provinciales ultra quam iustitiae
sinit ratio praegraventur.»
«Per quanto riguarda gli animali del
cursus, quando il costo del foraggio sia
stato valutato ad un prezzo assai
maggiorato ed irragionevole per i
mancipi e gli apparitori, siano perseguiti
manifestamente. Affinché ciò non
avvenga, la tua eccellenza disponga che
non manchino mai alle mutationes i
rifornimenti di foraggio, né i provinciali,
siano gravati senza ragione oltre ogni
forma di equità.»
Statio
147 Cod.Theod., VI, 29, 5:
Imp. Costanzo
359 d.C.
«...in his dumtaxat provinciis, in
quibus cursus a provincialibus
exhibetur, quoniam avaritiae
occurri paene [i]am non potest ,
singulos solidos per singulas
raedas, id [es]t quas quadrigas vel
flagella appellant, percipiatis per
id tempus, quo curarum et cursus
tuendi sollicitudinem sustinebitis.
E cursu vero clavulari singu[l]as
angarias, in his scilicet
stationibus, in quibus cursus est
conlocatus, ad exhibendam
humanitatem64 venientibus
excusetis.»
«Dal momento che è impossibile
eliminare la tua ingordigia, potrai
chiedere solo 1 solido per ogni carro a 4
ruote (quadriga o flagella), ma solo in
quelle province in cui il cursus è a
carico dei provinciali e solo per il tempo
in cui sei in missione e controlli il
cursus. Quanto al cursus clabularius, ti
sarà concesso, naturalmente, solo in
quelle stazioni attrezzate come strutture
assistenziali, e ti sarà concesso un solo
carro (angaria) per ogni convoglio che
arriva».
Da notare che, dal momento che non si
riesce ad eliminare la corruzione, si
preferisce cercare di «regolarla», ma
solo se a farne le spese sono i
provinciali!
148 Cod.Theod., VI, 29, 6:
Impp. Graziano,
Valentiniano e Teodosio
381 d.C.
«...ita (principes et scholares)
caute atque ita sollerter, ut sub
binorum tantum copia veredorum,
ultra usurpatione cessante, ne
capita contrahantur remotas
quoque peragrent stationes et
callida machinamenta
commeantium ac simulatae
observationis ingenia et fraudes
depellant.»
«(gli ufficiali e le guardie di palazzo)
dovranno essere così prudenti e discreti
che useranno solo due cavalli del
servizio di posta, e non perpetueranno
tutte le ulteriori usurpazioni, cosicché
non potranno accumulare viveri.
Visiteranno anche le stazioni più remote
e sopprimeranno i furbi trucchetti dei
viaggiatori e gli intrighi e le frodi di chi
si finge supervisore.»
- Cod.Theod., VIII, 5, 36: Vedi supra fonte n. 143.
149 Cod.Theod., VIII, 5, 65:
Impp. Arcadio, Onorio e
Teodosio
404 d.C.
«Per stationes singulas idoneos
mancipes volumus conlocari,
amotis [cursus publici male
gerentibus?], ne deinceps
usurpantium praesumptionibus
atteratur...»
«È nostro volere che per ogni stazione
siano assegnati dei supervisori efficienti,
cosicché il servizio postale non sia da
ora in poi angariato dalle pretese di
quelle persone che ne usurpano l’uso,
grazie alla rimozione di tali supervisori
[che amministrano male il servizio?].»
III.2 - Le fonti giuridiche: sv. stativae
49
Stativae
150 Cod.Theod., VIII, 6, 2:
= Cod.Just., XII, 51, 1:
Impp. Teodosio,
Arcadio e Onorio
392 d.C.
«Tractoriae cum stativis solitis
bidui tantummodo tempus
accipiant. Nulli vero penitus cum
necessariis praebeantur nisi his
tantummodo, qui animalia atque
equos sacro usui necessarios
prosequuntur...»
«Le tractoriae che danno diritto alle
quantità ordinarie di rifornimenti,
abbiano una scadenza entro soli due
giorni, ma nessuna persona riceva dei
rifornimenti eccetto quelli che
accompagnano gli animali ed i cavalli
che sono necessari ai sacri usi
imperiali...»
Praetorium
- Cod.Theod., VII, 10, 2:
407 d.C.
Vedi supra, fonte n. 154.
Stabulum
- Cod.Theod., VII, 10, 1: vedi supra, fonte n. 138.
- Cod.Theod., VIII, 5, 34: vedi supra, fonte n. 142.
- Dig., IV, 9, 1 ss.: vedi infra, fonte n. 152.
- Dig., XLVII, 5, 1: vedi infra, fonte n. 153.
151 Dig., XVII, 2, 52, 15: «Si quis ex sociis propter
societatem profectus sit, veluti ad
merces emendas, eos dumtaxat
sumptuum societati imputabit qui
in eam rem impensi sunt: viatica
igitur et meritorium et stabulorum,
et iumentorum carrulorum
vecturas vel sui vel sarcinarum
suarum gratia vel mercium recte
imputabit.»
«Se uno dei soci deve intraprendere un
viaggio d’affari, ad esempio, per
vendere delle merci, gli venga fornito da
parte della società tutto l’occorrente per
il viaggio: le provvigioni per gli affitti e
gli alberghi e le vetture con le bestie da
soma e da corsa, a seconda della
quantità del suo bagaglio o delle merci.»
Diversorium
- Cod.Theod., I, 16, 12: Vedi supra fonte n. 132.
Caupona
152 Dig., IV, 9, 1 ss.: NAUTAE, CAUPONES,
STABULARII UT RECEPTA
RESTITUANT
passim, ad esempio, 5:
«Nauta et caupo et stabularius
mercedem accipiunt non pro
custodia, sed nauta ut traiciat
vectores, caupo ut viatores manere
in caupona patiatur, stabularius ut
permittat iumenta apud eum
stabulari…»
«Gli addetti al trasporto navale, i
tenutari di locande e gli stallieri non
sono pagati per la custodia delle merci,
ma per il servizio…»
III.2 - Le fonti giuridiche: sv. palatium
50
153 Dig., XLVII, 5, 1 ss.: FURTI ADVERSUS NAUTAS,
CAUPONES, STABULARIOS
«1. In eos, qui naves, cauponas,
stabula exercebunt, si quid a
quoquo eorum quosve ibi habebunt
furtum factum esse dicetur,
iudicium datur....
6. Caupo praestat factum eorum,
qui in ea caupona eius cauponae
exercendae causa ibi sunt: item
eorum, qui habitandi causa ibi
sunt: viatorum autem factum non
praestat. Namque viatorem sibi
eligere caupo vel stabularius non
videtur nec repellere potest iter
agentes…»
«1. Se si dice che un furto è stato
commissionato da coloro che gestiscono
navi, osterie, alberghi o da qualcuno che
hanno ospitato sulla nave, sarà intentata
causa, sia che il furto sia stato
commissionato per iniziativa del
comandante della nave, sia che sia stato
commesso da un passeggero. 6. L’oste
sia responsabile per coloro che lavorano
nella sua osteria: parimenti per quelli
che sono pensionanti nell’albergo;
invece, non c’è responsabilità per i
viaggiatori di passaggio. Infatti un oste
o un albergatore non possono scegliere
tra i viaggiatori né possono respingere
gli agenti di viaggio».
La “direzione”, cioè, è responsabile solo
per i furti perpetrati dai clienti abituali.
Palatium
- Cod.Theod., VII, 10, 1:
Impp. Arcadio, Onorio e
Teodosio
405 d.C.
vedi supra, fonte n. 138.
154 Cod.Theod., VII, 10, 2
Impp. Arcadio, Onorio
e Teodosio
407 d.C
«Ordinarii iudices in remotis ab
aggere publico civitatibus, si
praetoria non sint, metu legis
adempto, quae de palatiis lata est,
in aedibus, etiamsi palatii nomine
nuncupentur, commanendi habeant
facultatem.»
«Quando i giudici ordinari sono in
municipi lontani dalle vie pubbliche
(agger), se non ci sono residenze
ufficiali dei governatori (praetoria), non
temano la legge che riguarda i palazzi
(Cod.Theod., VII, 10, 1) ed abbiano il
privilegio di sostare in quelle dimore
che sono chiamate palazzi».
Nei praetoria sostano i viaggiatori
comuni, nei palatia gli imperatori e i
membri della famiglia imperiale.
- Dig., L, 4, 18, 10: Vedi supra, fonte n. 139.
Palatia e mansiones sono messi in
relazione.
Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta
155 Cod.Theod., XI, 16, 15:
= Cod.Just, X, 48, 12:
Impp. Arcadio e Onorio
382 d.C.
«Publicis vel sacris aedibus
construendis atque reparandis,
hospitalium domorum minime
curae subiaceant...»
Alcuni alti dignitari e funzionari
imperiali «sono esentati dall’obbligo di
finanziare costruzioni e restauri di
edifici pubblici e sacri o di ospitare e
rifornire nelle loro case gli ospiti di
stato...»
- Lex Burg., Lib. Const.,
XXXVIII, 5-6:
V - VI d.C.
Vedi supra, fonte n. 141.
III.2 - Le fonti giuridiche: osservazioni
51
Osservazioni
Anche tra le fonti giuridiche, è il vocabolo “mansio” che
vanta il maggior numero di attestazioni: qui, l’impiego è
molto più uniforme, riferendosi sempre ad una realtà
topografica, escludendo, invece, ogni connotazione
cronologica della sosta65. Anzi, l’analisi dei contesti nei
quali è utilizzato, che lo vede spesso in abbinamento con
“civitas”66, sembra attestare che il linguaggio giuridico gli
assegni una connotazione amministrativa, quasi una
“categoria” per un’unità territoriale soggetta ad un
determinato decreto (Nn. 127, 131, 134, 135, e Cod.Just.,
X, 16, 8), luoghi nei quali il potere imperiale è costretto ad
intervenire per limitare gli abusi perpetrati da funzionari
governativi poco onesti (n. 128). Il confronto con gli stralci
che riportano il lemma “mutatio” dimostra che le
mutationes vengono menzionate quando le decisioni prese
sono estremamente pratiche (ad esempio, i tempi ed i modi
dei rifornimenti o il numero degli addetti - nn. 142, 143,
144, 146 e Cod.Just., XII, 50, 7) o magari comportano dei
costi di attuazione più ridotti. In questo senso, credo che si
possa sostenere che l’uno non indichi una categoria di
stazioni diversa dall’altra, ma venga solo impiegato in
contesti differenti. Nella pratica, infatti, non sembra che si
possa cogliere una diversità nella regolamentazione
amministrativa, ad esempio, dei rifornimenti o della
gestione del personale e degli animali. Nel solo caso n.
130, in cui i due vocaboli sono affiancati (non a caso,
forse, tale distinzione appare alla metà del IV secolo, in
contemporanea con l’Itinerario Burdigalense), non si
rileva, infatti, alcuna peculiarità nella pianificazione dei
rifornimenti. Il vocabolario giuridico ci prospetta anche
una maggiore coerenza nell’impiego del vocabolo: in tutti i
brani riportati è certo il riferimento al cursus, con la sola
esclusione del n. 134, dove, comunque, è da sottintendersi
l’ambientazione in aree extraurbane delle inopportune
escursioni dei militari entro proprietà private. In alcuni
brani è fornita anche una qualificazione strutturale delle
mansiones, intese come edifici da instruere o restaurare
(nn. 132, 139).
Come abbiamo già anticipato, e come è confermato dallo
scarso numero si attestazioni, il lemma “statio” non ha
alcun “risvolto” tecnico; esso nasce, verosimilmente, come
termine specifico in ambito militare, venendo presto esteso
a molti uffici sedi, di numerosi settori amministrativi,
giudiziari, militari e d’ordine pubblico, riferendosi, ad
esempio, nel passo n. 143 solo al luogo dove si esercita
l’incarico. Nel caso dei passi nn. 147 e 148, la pertinenza
al servizio di posta è esplicitata dalla menzione del cursus
publicus stesso, nel n. 148 da quella dei cavalli e dei
viaggiatori.
I passaggi n. 147 e Cod.Theod., VII, 5, 11 adombrano
l’esistenza di stazioni particolari, dove era possibile il
trasporto degli infermi e dei soldati feriti. Tale possibilità
potrebbe essere confermata dalla fonte n. 92 e da
Ammiano (Amm., XX, 4), dove si descrive un
accampamento di petulantes che hanno al seguito le loro
famiglie.
Alle stativae è stata riservata una sola citazione: qui, ho
fornito un’interpretazione diversa rispetto all’editore67, che
ritiene di vedere nel vocabolo un riferimento ad una
struttura materiale ben definita, deputata appunto ai
rifornimenti: in realtà, mi sembra che nelle tractoriae sia
registrato solo il diritto ad una quantità di rifornimento
abituale.
Gli stabula non appaiono qui come unità autonome,
contrariamente a quanto emerge soprattutto nelle fonti
epigrafiche nn. 171, 172, quanto piuttosto come parte
integrante dei complessi destinati alla sosta dei viaggiatori,
sia privati (n. 151) che «ufficiali»68, indicando, nel passo n.
141, il reparto economicamente più gravoso di una
stazione69. Nel Digesto è manifesta anche la diffusione
lungo gli itinerari terrestri delle cauponae e la frequenza
con cui gli stessi viaggiatori ricorrono all’uso delle
stabulae nel corso del loro viaggio, dal momento che in
esso è contenuta la legislazione pertinente gli oneri dei
marinai, dei locandieri e degli stallieri e le responsabilità
sui beni, i bagagli e le merci al seguito di «vectores et
viatores». Più di frequente, però, nel Corpus Iuris Civilis,
cauponae e tabernae vengono menzionate come luoghi
“incriminati”, perché vi si esercita abusivamente la
prostituzione; in tutti questi casi, non sembra che sia intesa
distinzione tra esercizi siti in aree urbane o lungo la
viabilità70.
Il vocabolo palatium, come anche quello di praetorium (su
cui, infra, par. III.3), tra le varie estensioni semantiche
raccolte nel corso dell’età imperiale, acquisì presto anche
un significato tecnico per il cursus, andando ad indicare le
stazioni più attrezzate e lussuose, sì da poter ospitare
l’imperatore stesso o qualcuno dei suoi emissari (UGGERI
1995, pp. 137-140). Tali dimore potevano trovarsi sia
presso stazioni isolate che presso le civitates attraversate
dagli itinerari (n. 138) o lontane dalla grande viabilità (n.
154). La loro rilevanza è già percepita nella fonte itineraria
più «antica» tra quelle a noi giunte, cioè nella media età
imperiale, con la stazione di Ad Palatium sulla via Claudia
Augusta, tra Verona e Trento (It.Ant., 275,8). Questo
termine, come appunto praetorium, trova conferma nella
toponomastica (vedi par. III.6). Da questi rescritti imperiali
non emerge un profondo interesse per il loro buon
funzionamento e manutenzione (contrariamente a quanto
avviene per le mansiones: brano n. 129), quanto piuttosto
la volontà di interrompere l’abuso che viaggiatori di ogni
classe sociale ne fanno «usurpandone» i servizi, come
sembra ormai essere divenuta consuetudine. Per la sosta
degli imperatori o dei loro inviati è, comunque, prevista
una sistemazione che mira ad eliminare «omni tam
mensorum quam etiam hospitum iniquitate» (cioè, ogni
sopruso da parte delle persone acquartierate), concedendo
agli acquartierati 1/3 ed ai padroni i 2/3 della domus e dei
servizi (ergasteria e stabula): Cod.Theod., VII, 8, 5 del
398 d.C. (impp. Arcadio e Onorio)71. L’abitudine a sostare
presso i privati resta ben radicata, al punto tale che i
III.2 - Le fonti giuridiche: osservazioni
52
soprusi a danno dei possessores devono essere
regolamentati per legge (n. 134).
Le fonti giuridiche qui presentate (n. 132) ci dimostrano
(come verrà confermato dalle fonti epigrafiche nn. 160,
162, 172) quanto, ancora nella seconda metà del IV secolo,
la strutturazione dei luoghi di sosta lungo le strade fosse
estremamente fluida, e come, anzi, cresca l’ingerenza dello
stato che vuole “accaparrarsi” gli appezzamenti ed i
complessi architettonici atti ad essere trasformati in
mansiones. Perciò, almeno fino alla fine del IV secolo,
saranno in corso non solo l’attività di manutenzione, ma
anche quelle di trasformazione, adeguamento e
costruzione. Il paragrafo XXXVIII delle leggi dei
Burgundi (n. 140) è stato qui presentato per fornire un
quadro di come progressivamente si fosse deteriorato
l’intero sistema dei trasporti: sembra inevitabile, infatti,
almeno in questa provincia occidentale, il ricorso
all’ospitalità presso i privati. Da un punto di vista
cronologico, “mansio” appare impiegato in un arco di
tempo più vasto, mentre nella generazione 365-400 d.C. e
nella cancelleria di Arcadio e Onorio si esaurisce l’uso di
“mutatio”. Su questa base, quindi, si può insistere sul fatto
che, almeno le fonti giuridiche di IV secolo impieghino,
contrariamente a quanto sostenuto72, il vocabolario in modo
distinto, facendo riferimento, però, non alla differenza di
strutture tra le varie stazioni, quanto alla loro diversa
qualificazione giuridica.
III.3 – Le fonti epigrafiche
53
III.3 -Le fonti epigrafiche
Tra le fonti epigrafiche qui raccolte, compaiono dei
documenti inquadrabili anche in altri paragrafi: tra le
fonti storiche, infatti potrebbero essere radunate, ad
esempio, le fonti nn. 159, 166, 169, che ricordano
l’attività svolta dagli imperatori Nerone, Traiano e
Giuliano. Ciò che qui maggiormente interessa rilevare è
che “l’immediatezza” della trascrizione epigrafica
dell’evento ci conserva la terminologia più comune per
l’epoca dell’incisione. A parte, invece, sono da indagare
l’elogio di Polla73 ed i bicchieri argentei di Vicarello,
meglio comprensibili se inquadrati tra le fonti itinerarie74.
In questi documenti non è indicata la “qualifica” di
nessuna delle tappe menzionate ma qui se ne riporta la
lista, per poter rialzare la cronologia di queste stazioni, ad
un’epoca ben anteriore a quella delle fonti itinerarie75.
Per quanto riguarda la voce “statio”, data la difficoltà
nell’accertarne la pertinenza alle stazioni di posta, si
rimanda alla esauriente raccolta di Puglisi (PUGLISI 1987,
pp. 243-249, note 1 e 2), rinviando ad un secondo
momento il confronto con la lista delle località, comprese
nel territorio dell’Italia augustea, indicate negli itinerari e
nella Tabula. Sono stati qui citati, infatti, solo due
esempi: il passo 161, perché riferito alla località di
Poetovio, citata come luogo di sosta dell’imperatore
Gallo (supra, par. 1) e sede di uno scavo archeologico, e
l’iscrizione riferibile ad Aquae Labodes in Sicilia (AE,
1982, 841), perché fa esplicito riferimento al cursus
publicus (n. 162).
.
Mansio
156 AE 1976, 65376 Burdur,
Asia Min. (Pisidia);
anni iniziali del regno di
Tiberio
«...Mansionem omnibus qui erunt
ex comitatu nostro et militantibus
ex omnibus provincis et principis
optimi libertis et servis et iumentis
eorum gratuitam praestari oportet,
ita ut reliqua ab imitis gratuita non
e(x)igant [...]…»
Il legato pro pretore di Tiberio Cesare
Augusto, Sesto Sotidio Strabone
Libuscidiano, dà disposizioni (in un
testo bilingue latino-greco) agli abitanti
di Sagalassos e dei centri vicini circa le
forniture di mezzi di trasporto e bestie
da soma che devono prestare
gratuitamente ai viaggiatori in transito:
«(Gli abitanti di Sagalassos) dovranno
fornire alloggio gratuito a tutti quelli del
mio seguito, ai militari in transito che
provengono dalle altre province, ai
liberti ed agli schiavi del migliore tra i
principi, e alle loro bestie da soma,
cosicché non facciano richiesta di altri
servizi gratuiti...»
157 CIL, III, 7000
= MAMA, VII, 305
= AE 1981, 77977
Richiesta degli abitanti
di Orcistus, in Frigia
324-326 d.C.; il I
rescritto di Costantino
data al 326-330 d.C.
«... Ita enim ei situ adque ingenio
locus opportunus esse perhibetur
ut ex quattuor partibu[s e]o
totidem in sese confluan[t] viae,
quibus omibus [p]ublicis mansio
tamen u[tilis adque accomo]da
esse dicat[u]r, aquaru[m] ibi
abundantem aflu[en]tiam, labacra
quoqu[e] publica priva[taqu]e,
forum istatuis veterum principum
ordinatum, populum
commanentium adeo celebrem [ut
se]dilia [qu]ae ibidem sunt [fa]cile
compleantur, pra[eter]ea ex
decursibus praeterfluentium
[a]quarum aquimolin[a]rum
numerum copiosum...»
Il prefetto del pretorio Flavio Ablabio
invia agli abitanti di Orcistus la risposta
dell’imperatore Costantino riguardo alla
loro richiesta di reintegrare Orcistus
nello stato di civitas. Tra i pregi della
nuova civitas, vengono elencati i suoi
monumenti e si decanta «l’ottima
posizione topografica della città, sita
presso un importante nodo stradale dove
confluiscono 4 vie, presso il quale si
trova la mansio del cursus publicus, in
grado di soddisfare tutte le pubbliche
esigenze, dal momento che qui
confluisce grande abbondanza d’acqua,
che consente l’impianto di molti
labacra, sia pubblici che privati; vi è poi
un foro adornato con le statue dei
principi dei tempi passati, e la
popolazione è tanto numerosa che i posti
disponibili vengono subito tutti riempiti.
La ricchezza di corsi d’acqua è tale che
III.3 – Le fonti epigrafiche
54
vi è una gran quantità di mulini ad
acqua.»
Nel II rescritto (datato al 331 d.C., qui
non riportato), l’imperatore revoca alla
stessa comunità la tassa municipale
definita pecunia pro cultis.
158 CIL, V, 2108:
Asolo, chiesa di S.
Floriano presso
Marostica
(Il defunto) «…qui vixi[t]
an[nos] plus minus XL Martina
cara coniux, qu[e] venit de Gallia
per mansiones L ut
commemo[r]aret memoriam
du[lcissi]mi mariti…»
Una vedova deve attraversare 50
mansiones per poter raggiungere la
tomba del marito: cioé, gli intervalli tra
l’una e l’altra sono così regolari da poter
essere usati come unità di misura.
Mutatio
159 CIL, V, 8658, 8987
= ILS, 75578
362-363 d.C.
Concordia
«...Ab (sic, scilicet ob) insignem
singularemque erga rem publicam
suam faborem d(ominus) n(oster)
Iulianus invictissimus princeps
remota provincialibus cura,
cursum fiscalem breviatis
mutationum spatiis fieri iussit...»
L’imperatore Giuliano stabilisce che
vengano abbreviate le distanze tra una
mutatio e l’altra.
160 CIL, IX, 2826, 4
via Bifernum – Termoli,
territorio dei Frentani,
tra Sannio e Apulia
«Ad principis Iustitiam pertinet
omn[em peraeque tollere
que]relam maxime ubi de publico
et privat[o commodo agitur et]
inolita renovare mandata si [quis
homines scelerati fraudolento]
gaudere ben(e)ficio mutationibus
[cupiunt temporumque lapsu et]
vicisitudine prop[rii] comm[odi
causa abuti]. ... qui ... [ausi fuerint
vel ex]tra designatos et stationales
cal[les per campum vel sil]vam
pasturam et mansionem facere ...»
Editto pertinente le disposizioni sulla
pastorizia e sull’uso del tratturo, mirante
ad eliminare gli abusi di chi si permette
di stazionare e far pascolare gli animali
fuori delle aree e dei tratturi abituali.
L’espressione “beneficio mutationibus
gaudere” potrebbe sottointendere
l’abuso nell’utilizzo dei mezzi e degli
apprestamenti del cursus, mentre il
vocabolo “mansionem” è usato in senso
generico, indicando la sola sosta dei
pastori e delle greggi.
Statio
161 AE, 1981, 724, AE,
1982, 841:
225 d.C.
Turicevac, Dardania,
Moesia
MIRDITA 1980, p. 186,
n. 1.
«...[pro] salute Belli[ci Au]g(usti)
n(ostri), vil(ici) stationis
Petobionen[sis] et Moes(iae)
r(egionis) Aq(uensis) Castricius
Bellici vik(arius) V(otum)
S(olvit)...»
Si menziona una stazione di dogana del
Portorium Illyrici (Poetovio, Ptuj), della
quale Bellicus è vilicus e vice
Castricius79.
162 CIL, X, 2, 7200:
metà IV sec. d.C.
«Pro beatitudine temporum
d(ominorum) n(ostrorum)
Constanti et Constantis
Aug(ustorum) stationem a solo
fecerunt Vitrasius Orfitus et
Fl(avius) Dulcitius v(iri)
c(larissimi) consulares
p(rovinciae) S(iciliae), instante
Fl(avio) Valeriano ducenario
agente in reb(us) et p(rae)p(osito)
cursus publici.»
I consolari di Sicilia fanno costruire una
statio ad Aquae Labodes (Terme
Selinuntine).
PACE 1935, p. 437.
III.3 – Le fonti epigrafiche
55
Catabulum
163 AE, 1976, 502:
208 d.C.
Da Mayence
(Mongaticum) Germania
HERZ 1976, pp 192-193,
n. 2.
«In (h)o(norem) d(omus) d(ivinae)
I(ovi) O(ptimo) M(aximo) Silvano
et Dianae sanctae, genio catabul(i)
co(n)s(ularis) ceterrisque (sic) diis
immortalibusque pro se suisque
T(itus) Maximius Felix...»
A Roma il catabulum è l’ufficio centrale
del cursus, posto lungo la via Lata; qui
sembra indicare l’ufficio del servizio di
posta del governatore.
Praetorium
- CIL, III, 6123:
61 d.C.
vedi infra, fonte n. 166.
- AE, 1912, 193:
circa 61 d.C.
(regno di Nerone)
vedi infra, fonte n. 167.
- IVANOV 1973, 209:
circa 61 d.C.
(regno di Nerone)
vedi infra, fonte n. 168.
164 CIL, III, 2809:
epoca di M. Aurelio e
Commodo
Scardona (Dalmazia)
«Praetori[um vetustate]
conlapsum burnistae[? ---]ses ex
pec(unia) [publica refecer(unt)]
Scapul[a Tertullus] leg(atus)
Augg P[rovinciae Dalmatiae]
restit[uit]80.»
Menzione di un praetorium, che non
sembra però legato alla viabilità.
165 AE, 1992, 892
ZUCCA 1992, pp. 595-
626:
epoca severiana
211-217 d.C (solo
Caracalla)?
Muru de Bangius -
Sardegna (prov.
Oristano)
«--- domini n(ostri) M. Aureli
Antonini -- propter compendium
itineris --- commeantium -
Aurelius ---proc(urator)
Aug(usti) pra?ef(ectus)
prov(inciae) Sard(iniae)
praetorium --- so, pecunia
publica ---e civitatis Foro
Traianensium re?stituit
dedicavitque.»
Si menziona il restauro e
l’inaugurazione da parte di un Aurelio
(...), di un edificio, associato forse a
balnea, hospitium e tabernae, lungo una
via secondaria, che abbrevia il percorso
a vantaggio dei viaggiatori, che unisce
Forum Traiani alla via Turris – Carales.
Taberna
166 CIL, III, 6123 = 14207 =
ILS, 231 = AE 1900,
1881
61 d.C.
presso il fiume Syrmus
(oggi Stréma), nei
dintorni di Mihilci,
lungo la via
Philippopolis - Oescus,
Tracia
«[Ner]o C[la]udius divi Claudi
f(ilius) Germ(anici) Caesaris
n(epos) Ti(beri) Caesaris Aug(usti)
pron(epos). divi Aug(usti)
abn(epos) Caesar Aug(ustus)
Germ(anicus) pontif(ex) max(imus)
trib(unicia) pot(estate) VIII,
imp(erator) VIII, co(n)s(ul) IIII
p(ater) p(atriae), tabernas et
praetoria per vias militares fieri
iussit per Ti(tum) Iulium Iustum
proc(uratorem) provinciae
Thrac(iae).»
Nerone dà l'incarico al procuratore di
Tracia di costruire tabernas et praetoria
lungo le strade a carattere militare.
III.3 – Le fonti epigrafiche
56
167 AE 1912, 193: .
circa 61 d.C.
(regno di Nerone).
Bucin-Prohod, (Sofia),
lungo la via Serdica –
Montana
IVANOV 1973, p. 211;
ŠAŠEL 1977, pp. 239-
240, n. 13.
« [Nero Claudius] divi C[laudi f.
G]erm. Ca[esaris n. Ti.] Caesaris
[Aug. pr]on. [div]i Au[g abn.
Ca]esar Aug. Ge[rm. po]ntif. max.
trib. p[ot. VIII] imp. VIII cos. III[I]
p.p. [ta]bernas et praeto[ria pe]r
vias militare[s fie]ri iussit per [T.
Iuli]um Ustum proc. [pro]vinciae
Thrac.»
Stesso contenuto del n. precedente.
168 IVANOV 1973, 209:
circa 61 d.C.
(regno di Nerone).
Da Ihtiman (Sodia),
identificata con la
mansio Helice, lungo la
via Singidunum -
Serdica.
ŠAŠEL 1977, p. 240.
«[Ner]o Clau[dius] divi Claud[i f.]
Germ. Caesa[ris n.] Ti. Caesaris
A[ug. pron.] divi Augusti abn.
C[aesar] Aug. Germ. pon[tif. max.]
trib. pot. VIII im[p. VIII] cos. IIII
p.[p.] tabernas et pr[aetoria] per
vias [militares fieri iussit per T.
Iulium Ustum proc. provinciae
Thrac.].»
Stesso contenuto del n. 166. L’editore
dà per certo che sia da integrarsi il nome
dello stesso proconsole.
È evidente, quindi, che all’epoca di
Nerone, si ebbe una vera pianificazione
regionale, che interessò molti tronconi
di viabilità, di una vasta estensione
territoriale.
169 AE 1979, 620, p. 192:
101-102 d.C.
Fele-Yassibel, Anatolia
MITCHELL 1978, pp. 93-
96.
«Imp(erator) Caes(ar) Nervae
f(ilus) Traianus Aug(ustus)
Ger(manicus) pontif(ex)
max(imus), trib(unicia) pot(estate),
co(n)s(ul) IIII, p(ater) p(atriae),
Q(uintus) Orfitasius Aufidius
Umbrus leg(atus) Aug(usti) pro
pr(aetore) tabernam cum
porticibus a novo fecit.»
L’imperatore Traiano fa costruire per
interessamento del legato di Galatia Q.
Aufidio Umbro lungo la via Sebaste,
che univa Iconium ad Antiochia di
Pisidia, questa taberna con portici.
170 AE 1978, 86:
Fondi, presso Latina.
PESIRI 1978, p. 172, n.
14, fig. 7.
«[...]o tibi veivas [...]c etiam dum
veiv[...] [...]re ut fructu(m?)
pe[rcipias?] [...tab]ernas has
qu[ae?...].»
Un personaggio ignoto dà disposizioni
testamentarie sull’uso del terreno che
circonda il mausoleo e le tabernae che
vi si trovano.
Stabulum
171 AE 1959, 179:
175-180 d.C.
Dolnité, Tracia.
TSONTCHEV 1959, p.
161 ss., tav. XIX.
«Imp(erator) Caesar, divi Veri
frater, divi Antonini Pii filius, divi
Hadriani nepos, divi Traiani
pronepos, divi Nervae abnepos,
M(arcus) Aurelius Antoninus,
Augustus, Germanicus,
Sarmaticus, Pontifex maximus,
tribunicia pot(estate), co(n)s(ul)
III, pat(er) pat(riae), stabula
vetustate dilapsa a solo sua
pecunia restituit.»
Marco Aurelio fa ricostruire lungo
questa strada gli stabula vetustate
dilapsa82.
172 CIL, VI, 1, 1774:
Impp. Graziano,
Valentiniano e Teodosio
379-393 d.C.
Cassia, loc. La Storta.
«...Valerius Anthidius v(ir)
c(larissimus) a(gens) v(ice)
Praef(ectorum) praet(orio)
stabulum ne animalia cursus
publici longi itineris labore diutius
deperirent providit, constituit,
aedificavit adque dedicavit.»
Valerio Antidio, vicario del Prefetto del
pretorio fa costruire una stalla
(occupandosi della disposizione, della
costruzione e della dedica), per facilitare
il cambio degli animali, affinché non
siano stremati da un tratto di strada
troppo lungo.
III.3 – Le fonti epigrafiche
57
Burgus speculatorius
(Speculatorum)
173 CIL, VIII, 2495:
188 d.C.
Numidia, nei dintorni di
El-Kantara.
«Imp(eratori) Caes(ari) [M.]
Au[relio] [C]ommo[d]o
Antonino Pio Felicie Augu(usto)
[G]erm(anico) Sarm(atico)
Britannic[o] p.p., trib. p[ot]e.
XIII cos. V, burgum
Commodianum [sp]eculatorium
inter duas vias ad salutem
commeantium nova tute[l]a
c[o]nstitui iussit [Ti. Claudi]us
[G]ordia[nus]....»
Sotto l’imperatore Commodo, viene
costruito un punto d’avvistamento
fortificato. Il contenuto è simile a quello
del passo seguente, ma qui viene
indicata la funzione di questa
fortificazione, a tutela dei viaggiatori.
174 CIL, VIII, 2494:
211-217 d.C.
Numidia, nei dintorni di
El-Kantara
MOMMSEN 1852, p. 168.
«Imper(atori) Caes(ari) M. Aurelio
Severo Antonino Aug(usto),
burgum speculatorum
Anto(nianorum) M. Val(erius)
Senecio, leg(atus) eius pr(o)
pr(aetore), c(larissimus) v(ir), fieri
iussit...»
Sotto Caracalla venne costruito, per
interessamento del legato pro pretore, un
edificio fortificato funzionale
all’avvistamento83
Balnea – Balineus
175 AE, 1950, 126, pp. 44-
45:
III sec. d.C.?
Ain Wis (Thenadassa?),
Tripolitania, Tunisia
GOODCHILD - WARD
PERKINS 1949, pp. 84-
88.
«M(arcus) Coeli[us _ _ _]ninus [_
_ _ ] balneum v[etustate
corrup]tum restituendum [curavit]
eidem assam cellam a solo fecit et
cylisterium instituit curante Iunio
Sucesso c(enturione) principe.»
«Marco Celio [...] (forse lo stesso
praepositus del distaccamento) si è
incaricato di ricostruire lo stabilimento
termale reso inagibile dal tempo e di
costruire ex novo una sudatio e di
istituire un cylisterium84, per
interessamento del centurione capo
Giunio Sucesso»85. In questo caso, il
balneum appare solo come parte del
tutto.
176 CIL, XIV, 4015:
VIII miglio della via
Nomentana,
prop.Capobianco
«In [hi]s praedis Aureliae
Faustinianae Balineus lavatur
more urbico et omnis humanitas
praestatur.»
La proprietaria di un piccolo
stabilimento termale, Aurelia
Faustiniana, si vanta di fornire dei
servizi degni di una città, e di offrire ai
visitatori ogni comodità.
Non è possibile precisare il luogo di
rinvenimento del frammento.
Locum ad peregrinorum hospitalitatem
177 CIL, VIII, 5341:
379-383 (Graziano,
Valentiniano II e
Teodosio) o 408-423
d.C. (Onorio e
Teodosio)
da Guelma (Calama),
Africa
«Beatissimis temporibus
dominorum nostroru[m Honori?]
et Theodosi semper et ubique
vincentium administrante
Pomp[...] v(iro) c(larissimo)
amplissimoque proconsule et
Thersio Crispino Megethio v(iro)
c(larissimo) le[g(ato)] ...
Valentinus vir honestissimus
curator re(i) p(ublicae) locum
rui[nis obsi]tum, qui antea
squalore et sordibus foedebatur,
ad ne[cessa]rium usum et ad
peregrinorum hospitalitatem in
Il senatore Valentino, curatore, al tempo
dei legati Pomp(...) e Tersio Crispino
Megezio, sotto gli imperatori (Onorio?)
e Teodosio, fa ricostruire a sue spese
l’ostello, un tempo devastato dalla
rovina e dalla desolazione,
trasformandolo in un confortevole luogo
per l’accoglienza dei pellegrini.
III.3 – Le fonti epigrafiche
58
meliorem [statum] ad [us]um et
aspectum propria pecunia
reformavit. Felici[ter].»
Atrium cum quadriporticum
178 DE ROSSI 1866, p. 50:
Porto, cd. Xenodochio
di Pammachio
LECLERQ 1925, coll.
2765-2767.
«[... fecit?] atrium cum
quadriporticum sed[...] et
columnas cum [cisterna?...]
[Qu]isq(ue) siti veniat cupiens
(h)aurire fluenta [...]»
(Pammachio?) si incarica della
costruzione di un edificio formato da un
quadriportico con cisterna, per
accogliere gli “assetati”.
Vedi supra, par. 1, fonte n. 89.
StaqmovÇ
179 IGRR, I, 1142
137 d.C.
Antinoupoli, Egitto
«...paraV thVn *EruqtraVn qavlassan uJdreuvmasin aftqovnoiÇ kaiV staqmoi`Ç kaiV frourivoiÇ dieilhmmevnen e[temen...»
Adriano fa costruire pozzi, stazioni e
castelli lungo la strada per il Mar Rosso.
v
180 IGRR, III, 639:
Arneae, 112-117 d.C.
«…ejpeskeuvasan toV parovikon kaiV taV ejn aujtw/`, tacei`on genovmenon gumnavsion...»
Sotto il regno di Traiano, Diotimo e sua
moglie Lalla si incaricano di trasformare
a loro spese il vecchio ginnasio in luogo
di accoglienza pubblico.
Monhv
181 Revue
Archéologique,
XLII, 1953, n. 76,
pp. 189-190:
214-215 d.C.
Apamea di Siria
MOUTERDE 1952, p.
355 ss.
«[&UpeVr swsthrivaÇ kaiV nivkhÇ tou` kurivou hJm]w`n A<uv>tok[r. M. Aujr.] *Antwneivnou [Eujseb.] Eujtucou`Ç ajnikhv<t.> Seb. kaiV tw`n iJerw`n stratopevdwn kaiV th`Ç iJera`Ç sunklhvtou kaiV d<hv>[m]ou &Rwmaivwn, hJ boulhV [ka]iV oJ dh`moÇ Kl. *Apa[mev]wn *AntwneinoupovlewÇ, ajparcom. ejn [a]ujth/` ajpoV th`Ç mon. th`Ç gÇ’»
(L’imperatore Caracalla) in questa città
inaugura (un edificio? la sua
spedizione?), a partire dalla mansio n.
20386.
182 AE 1957, 167:
post 237 d.C.
Da Sülmenli, Phrigia
ZAWADSKI 1960, p.
80 ss.
«…[…]ontai eijÇ monhvn...» Si tratta degli atti frammentari di un
processo che coinvolge due comunità di
Frigia per la ripartizione delle angareia.
Secondo l’editore, vi si traggono
informazioni, non solo sul
funzionamento del cursus, ed in
particolare sulla fornitura di veicoli al
servizio da parte dei provinciali, ma
anche sulla topografia dei luoghi. Sulla
base di questa iscrizione infatti, sarebbe
possibile localizzare la mansio presso
Anosos.
*Apanththvrion
183 SGUÄ, IV, 7475:
VI o VII sec. d.C.
Ombos, 25 miglia a
N di Aswan, Egitto
«Tou`to toV thlikou`ton ajgat(on) th`Ç oikodomhÇ tou` ajpanththrivou ejgevneto ejpiV tw`n aijsivwn crwvnwn...»
La placca affissa sull’insegna della
taverna informa gli avventori che «è
stata portata a termine una completa
ristrutturazione dell’edificio pubblico, e
che è stato rimosso tutto il materiale di
III.3 – Le fonti epigrafiche
59
scarico accumulato in così tanto tempo...
Tutto l’edificio è stato rinnovato e
ricostruito dalle fondamenta, per il
comfort degli stranieri e di coloro che
non hanno diritto alle requisizioni».
Osservazioni
Le fonti epigrafiche si rivelano estremamente parsimoniose
nell’impiego dei vocaboli che la bibliografia moderna ha
ritenuto “propri” del servizio di posta: nelle 4 attestazioni
di “mansio” qui riportate, tuttavia, l’impiego del termine è
inequivocabilmente tecnico, mentre nella fonte 156
(MITCHELL 1976), è confermata l’accezione “antica” di
mansio, come semplice sosta-alloggio.
Come già anticipato e come confermato da un
ritrovamento recente (fonte n. 165), il vocabolo praetorium
è ben inquadrabile tra la terminologia tecnica. Proprio nella
fonte n. 165 ha un significato simile a quello visto per
palatium, forse in sostituzione di questo, come luogo di
sosta lungo la viabilità, particolarmente attrezzato per
ospitare dignitari, funzionari e forse l’imperatore stesso87 e
probabilmente è da leggersi nello stesso significato
nell’epigrafe di Scardona (n. 164). Tale accezione è
confermata dall’utilizzo che praetorium conosce
nell’Itinerario Antonino e nella Tabula Peutingeriana88.
Secondo i Levi (LEVI 1967, p. 110), i passi nn. 138 e 154
sottintenderebbero che i praetoria sono luoghi per i
viaggiatori comuni mentre i palatia sono riservati agli
imperatori ed ai membri della casa imperiale. In qualche
modo, si può mettere quest’uso a confronto con il passo n.
181, dove i phrouria sono contrapposti agli stathmoi. In
altri casi, è verosimile che il vocabolo sottintenda la sede
dove risiede il magistrato, localizzabile in area urbana,
anche se, almeno in un caso, proprio il pretorio di
Gerusalemme viene ricordato come luogo in cui il
proconsole di Palestina, in virtù di una amicizia personale,
ospitò la pellegrina Paola (Hier., Epist., CVIII, 9).
In ambito epigrafico, sono piuttosto frequenti le
attestazioni dei termini taberna e stabula, che garantiscono
una maggior aderenza alla realtà edilizia. L’abbinamento
dei due vocaboli torna in un’epigrafe funeraria AE 1898, n.
15 (“NSc”, 1897, p. 425) da Puteoli, dove si ricordano i
vari edifici costruiti in tutelam monumenti: forse i dubbi di
Tsontchev sulla pertinenza al cursus sono leciti.
Come esemplificazione della gran varietà tipologica delle
strutture private che sfruttano commercialmente il transito
dei viaggiatori, è stata inserita la fonte n. 170, che ricorda
la costruzione di tabernae entro il terreno di pertinenza di
un sepolcro: tale abitudine ha una conferma archeologica
nelle numerose e varie attestazioni di edifici di vario tipo
localizzate tra le tombe, lungo le strade, prevalentemente
in prossimità dei centri abitati (infra, par. 8 e cap. VII). Ha
forse a che vedere con la cattiva fama di questi luoghi
l’epigrafe AE 1934, 72, che ricorda un tale P. Paetinius
Clementinianus occisus in stabulo scelere ann. XVIII,
rinvenuta a Trebnje in Slovenia.
Almeno lungo alcuni itinerari, ritenuti particolarmente “a
rischio”, doveva essere prevista una varietà di edifici
fortificati, occupati da militari che accompagnassero, in
scorte armate, i viaggiatori che ne erano ritenuti degni.
Tale necessità, come abbiamo visto, è ben esplicitata nella
Peregrinatio Egeriae (supra, par. 1. LEVI 1967, pp. 112-
113, nota 139). Qui, si è fornito un esempio dell’impiego
del vocabolo burgus speculatorius, perché, almeno nel
passo n. 173, vi è chiaro riferimento alla tutela dei
viaggiatori.
Le fonti epigrafiche ci attestano, più delle altre, quanto la
presenza di ambienti termali fosse ritenuta indispensabile
al funzionamento di una stazione per i viaggiatori, anche
per le piccole aree di servizio private. Nei casi delle fonti
nn. 175 e 176 la pertinenza al tema delle stazioni è
sostenuta sulla base del luogo di rinvenimento.
Ad un’epoca piuttosto alta dell’organizzazione
ecclesiastica ed ad ambiente provinciale risale la fonte n.
177, che non conosce ancora un termine appropriato per gli
ostelli dei pellegrini, come ancora accade nel porto
dell’Urbe (n. 178).
Il vocabolo catabulum, oltre alla tarda attestazione nelle
fonti per la topografia di Roma89, conosce la sola altra
attestazione qui riportata90. Il catabulum (dal greco
katavboloÇ) è l’ufficio centrale del cursus, dove si trovavano
le stalle e le scuderie per i trasporti postali, localizzabile a
Roma alla fine della via Lata, forse sul lato settentrionale
della via, presso la chiesa di S. Marcello (HÜLSEN 1899).
In greco, è confermata dal testo bilingue di Burdur, fonte n.
155, la traduzione di mansio con staqmovÇ, almeno per la
prima età imperiale, mentre la fonte epigrafica n. 178 ci
conserva una rarissima attestazione di un altro vocabolo,
che attinge al verbo ajpantavw, che vuol appunto dire
incontrarsi, e che viene tradotto nel Thesaurus con
“deversorium”.
III.4 - Le fonti itinerarie: l’Antonino
60
III.4 - Le fonti itinerarie
La pratica del viaggio, privato od ufficiale che fosse,
rendeva necessario l’uso di “guide” che riportassero nel
dettaglio l’elenco delle strade percorribili, delle tappe
possibili e delle distanze che tra esse intercorrevano. Molto
probabilmente esistevano due classi di itinerari: la prima
“ufficiale”, pertinente, cioè, al transito dei corrieri del
servizio di posta statale, dei funzionari dello stato e del
movimento delle truppe militari91, strettamente connesso
all’amministrazione stessa delle strade; la seconda
“privata”, utilizzata, cioè, dai cittadini che per scopi
commerciali, “turistici” o religiosi, si trasferivano da un
capo all’altro dell’impero. Dalla possibilità di discernere in
queste fonti quanto fosse ufficiale e quanto privato,
dipende anche la nostra capacità di comprendere da un
punto di vista archeologico i resti delle stazioni. Del
vastissimo complesso di redazioni di itinerari che il mondo
romano ha certamente prodotto, che - se pure a carattere
“privato” - erano comunque tratte dai referti minuziosi ed
“ufficiali” strettamente pertinenti al cursus publicus o agli
altri settori dell’amministrazione statale, solo pochi sono,
purtroppo, giunti fino a noi; nessuno di questi documenti -
con l’eccezione della versione “epigrafica” dei bicchieri di
Vicarello - databile nella sua redazione definitiva prima del
III secolo. All’origine di tutte le compilazioni di età
imperiale possiamo porre la carta redatta da Agrippa ed
esposta nella Porticus Vipsania, esito dell’ambizioso
progetto di castrametazione di tutti i territori sottomessi da
Roma, concertato con il celebre Suocero, che ebbe come
risultato, almeno, questa carta dell’Ecumene corredata da
qualcosa di simile a dei commentaria, pubblicati,
probabilmente postumi, a cura di Augusto stesso. Che già
in epoca alta esistessero degli itinerari che scandivano le
tappe lungo la viabilità principale è dimostrato dall’elogio
di Polla (capitolo III.3) e dalla narrazione di Orazio (fonte
n. 109), che ci racconta di aver raggiunto Capua
“tempore”, cioè all’ora prevista sulla base di qualche
“programma di viaggio”.
L’Itinerario Antonino
La fonte itineraria superstite più antica, ed anche più
completa, è quella intitolata nei codici Imperatoris
Antonini Augusti Itineraria Provinciarum et Maritimum,
citato indifferentemente come Itinerarium Provinciarum o
Itinerarium Antonini (qui It.Ant., sulla base dell’edizione
Cuntz), che contempla, oltreché itinerari terrestri di molte
regioni mediterranee, anche un’appendice riportante le
rotte marittime di congiungimento tra molte località del
Mediterraneo, espresse - secondo l’uso della marineria
greca - in stadi, con l’importante eccezione della rotta dal
Portus Augusti ad Arelatum, riportata in miglia, in quanto
navigazione di piccolo cabotaggio (da ultimo CALZOLARI
1997, pp. 411-413). A tutt’oggi, non è stato ancora trovato
accordo né sulla datazione complessiva dell’opera né sulla
sua natura. Per quanto concerne la datazione, alla
cronologia tradizionale che pone la redazione del nucleo
principale dell’opera all’epoca di Caracalla (MANSUELLI
1957, p. 225 ss., con bibliog.), sembra oggi preferita quella
agli anni Ottanta del III secolo, formulata già dal
Kubitscheck e dal Miller92, mentre permangono sostanziali
discordie sull’interpretazione da dare a questo documento,
per la compilazione del quale si è proposto uno scopo
contemplato dalle amministrazioni governative (il cursus o
l’annona) o un mero diletto ad uso privato (pellegrinaggio,
opera erudita, diario di viaggio o guida turistica. Da ultimo
CALZOLARI 1997, p. 375 ss., con bibliogr.). In alternativa,
l’Itinerario Antonino rappresenterebbe una raccolta di
viaggi pianificati per gli imperatori o gli eserciti, alcuni dei
quali sarebbero poi stati effettivamente portati a termine,
come nel caso del viaggio di Caracalla verso l’Oriente del
214-15 d.C.93 In quest’ottica, le stazioni che in alcuni casi
vengono elencate nei codici in testa all’elenco delle tappe,
sarebbero da interpretarsi come stativae94. Di certo, questo
documento assembla piuttosto disordinatamente fonti di
cronologia e tipologia diversa (anche cartografiche), sulla
base delle quali si riconoscono apporti databili almeno fino
all’età costantiniana (CALZOLARI 1997, p. 380 ss.). Il dato
cronologico più interessante in questo contesto, è la
menzione, lungo la via tra Catania ed Agrigento (94, 2-3),
di “mansiones nunc institutae”: la ricerca archeologica,
riconoscendo presso Piazza Armerina la stazione di
Philosophiana, ha posto alla prima metà del IV secolo il
termine cronologico per l’aggiornamento delle
informazioni operato dal redattore dell’opera rispetto alle
sue fonti (UGGERI 1982-83, pp. 437-438; CARANDINI -
RICCI - DE VOS 1982, p. 22), attestandoci anche come la
parte “materiale” del cursus fosse in continua evoluzione.
La disorganicità dell’insieme è, comunque, tale da
privilegiare l’opinione che non si tratti di un documento
ufficiale ma piuttosto di una compilazione erudita, di
scarsa praticità. Per fornire qualche esempio, si può notare
che nell’It.Ant. non troviamo Forum Popili, come è
indicato invece nella Tabula, ma, segnalata quasi allo
stesso punto, la stazione di Ad Calorem: se non si deve
attribuire questa discrepanza alla diversa cronologia delle
due fonti (ma in questo caso, la mancata menzione di un
centro importante in epoca tardo repubblicana
nell’Itinerario, centro menzionato nella Tabula, militerebbe
a favore di una cronologia molto alta della fonte originaria
di quest’ultima), la scelta di un insediamento di carattere
locale al posto di un centro amministrativo ne ribadirebbe
la natura di documento privato.
La terminologia
L’Itinerario Antonino ignora il termine mutatio mentre ci
attesta la diffusione, oltreché della qualifica di civitas,
vicus e colonia, dei vocaboli mansio (oltre al passo citato
supra, It.Ant., 6, 3 in Africa, 305, 5-6 nei dintorni di Roma
e 387, 5-6 in quelli di Milano, 127, 12 per Sirmione e 129,
1-3 per Longatico e Adrante, ecc.), praetorium (259, 11 -
261, 3, via tra Emona e Sirmio: “sed mansio Augusti in
praetorio est”, ed altri casi in cui è solo toponimo, tipo
Praetorio Latovicorum in Pannonia di It.Ant., 259, 13),
III.4 - Le fonti itinerarie: il Burdigalense
61
villa (un solo caso in Italia, quello di Rostrata Villa presso
Roma95; al contrario, piuttosto frequente in Africa), nonché
di centri con funzioni specifiche di difesa militare che
vengono qualificati come castra, castella e praesidia. Le
menzioni di stazioni termali poste in rapporto con le
mansiones della viabilità sono piuttosto poche, soprattutto
se comparate al totale delle segnalazioni riportate nella
Tabula (per l’Italia, un totale di 2 nell’Itinerario rispetto
alle 13 della Tabula). Anche la presenza di dati sui
trasporti marittimi e la rilevanza assegnata ai porti fluviali,
rimarca la differenza tra questo documento e la
Peutingeriana ( LEVI 1967 p. 117 nota 151), venendo,
quindi, a ridimensionare - qualora si accetti la pertinenza al
cursus di questo documento - l’opinione secondo la quale,
la marineria commerciale romana non conobbe “servizi” di
Stato (supra, cap. II. 3).
L’Itinerario Marittimo
La stessa disorganicità si riscontra nell’Itinerario
Marittimo, che pur attingendo prevalentemente a fonti di
origine greca, integrate con dati provenienti dal mondo
romano, non riesce né chiaro né completo. Esso, tuttavia,
prevede, come ha documentato Giovanni Uggeri, una
terminologia tecnica molto specialistica nella
qualificazione delle tappe menzionate nell’Itinerario
(UGGERI 1968). Il tecnicismo del linguaggio è dovuto alla
natura del documento, uno strumento per “navigatori”, che
riproduce il modello del portolano ma che, nel caso della
rotta distinta con il titolo Item Itinerarium portuum vel
positionum navium ab Urbe Arelatum usque (It. Mar., 497,
9 - 508, 2), dove non a caso le distanze sono espresse in
miglia romane, ci riconduce alla marineria romana, forse
alla stessa corporazione dei Naviculari Marini Arelatenses
noto da altre fonti (UGGERI 1968, p. 247). Proprio in questa
lista di tappe compare il termine positio, maggiormente
correlabile all’attività del cursus publicus,
intenzionalmente distinto da “portus” e anche da “statio”,
vocabolo quest’ultimo che, pur non comparendo in questo
testo, è indicato dagli autori antichi come sinonimo di
“positio” (UGGERI 1968, p. 245, nota 3). Il termine plaga o
plagia, apposto come qualificazione di molti scali siciliani,
e della sola località di “Vintimilia (Albintimilium), plagia”
tra quelle incluse nell’Italia augustea, sembra, invece,
utilizzato per definire un approdo poco sicuro, come ben
sottolinea Servio nel commentare l’Eneide, definendolo un
tipo di statio “mala” o “minus fida” (Serv., ad Aen., II, 3;
WESSELING 1735, p. 96, 7; UGGERI 1968, pp. 237-239).
L’Itinerario Burdigalense
L’Itinerarium Burdigalense vel Hierosolymitanum
(variamente denominato, a seconda che si privilegi la città
di partenza o d’arrivo) è più manifestamente inquadrabile
tra le guide per “turismo religioso”, per quanto sia
sostenuta la sua derivazione dall’Itinerario Antonino. Si
tratta della sintetica elencazione delle tappe effettuate da
un anonimo pellegrino d’Aquitania, in viaggio da
Burdigala verso la Terra Santa, viaggio che inizia nella
primavera del 333 d.C., per concludersi 15 mesi più tardi,
nell’estate dell’anno successivo (CALZOLARI 1997, p. 135).
Da Burdigala, il tragitto prevede il superamento delle Alpi
attraverso il passo del Monginevro, la via per Milano ed
Aquileia, attraverso i Balcani per Serdica, Costantinopoli e
Antiochia, fino a Gerusalemme, da dove si ritorna indietro
ripercorrendo il tratto da Cesarea ad Eraclea di Tracia,
deviando per la costa adriatica, traghettando da Valona ad
Otranto, e “risalendo” l’Italia da Brindisi a Benevento, fino
a Roma, Rimini e riprendendo la via dell’andata da Milano
verso la Gallia.
La stesura dell’itinerario, nella forma nella quale ci è
pervenuto, è datata intorno alla metà del IV secolo, da
alcuni proprio agli anni 333-334 d.C. (UGGERI 1983, p.
148, con bibliog.), più genericamente agli anni ’30 o ’40
(CALZOLARI 1997, pp. 133-134, con bibliog.). Anche la
natura e le finalità di questo documento sono state oggetto
di discussione: è stato ritenuto qualcosa di simile ad un
“diario di viaggio”, fondato sull’esperienza diretta di un
viaggiatore che scrupolosamente registra le sue tappe
(BOSIO 1983A, p. 45) o una forma di compilazione erudita,
che si avvale, come base, di un documento cartografico
simile alla Tabula, che “traduce” come una legenda, quindi
in “categorie”, le vignette, deducendone le potenzialità
delle strutture di ricezione.
Con meno incertezza, si può asserire che questo
documento sia l’esito di due “fonti” diverse: l’una
prettamente itineraria, l’altra con le caratteristiche di un
“itinerarium ad loca sancta”, contenente riferimenti a
luoghi di culto e venerazione cristiani (ed ebraici, in poche
occasioni) ed alle Scritture (CALZOLARI 1997, pp. 132-133,
con bibliog.). Per quanto comunemente affermato,
comunque, non si può ricondurre questo documento al
servizio di posta statale: in nessun passo del documento,
infatti, è indicato che il pellegrino in questione abbia
usufruito del cursus, sebbene è possibile che tale privilegio
gli fosse stato accordato, come è testimoniato per altri
pellegrini di alto lignaggio (supra, cap. II.2)96.
La terminologia
Nonostante il carattere privato, manifesto, appunto, nella
forma di sommaria relazione di viaggio, l’Itinerario
Burdigalense è - tra quelli conservati - l’unico che indichi
sempre la “qualifica” delle tappe, classificate in civitates,
vici, mansiones, mutationes, fora, fornendo, al termine di
ogni itinerario, la cifra totale delle mansiones e delle
mutationes, quasi sottintendendone un mutuo rapporto
numerico97. Tuttavia, quando alla fine di ogni segmento di
itinerario, compreso tra due “capolinea” importanti, si
riporta il totale parziale delle miglia e delle stazioni
incontrate, nel novero delle mansiones vengono incluse
anche le civitates, mentre quello delle mutationes
comprende tutti i luoghi di sosta elencati (che siano stati,
cioè, precedentemente qualificati come civitates,
mansiones o mutationes: CUNTZ 1929, p. 87). Il vocabolo
mutatio infatti, appare, sì, per la prima volta proprio in
III.4 - Le fonti itinerarie: il Burdigalense
62
questo documento (LEVI 1967, p. 109), ma la “tecnicità”
della distinzione terminologica impiegata nel documento
sembra inficiata dal fatto che alcune tappe vengano
alternativamente qualificate come mansiones o come
civitates (KUBITSCHECK 1916, col. 2358), e che le località
qualificate come vici nell’Itinerario Antonino, vengano qua
completate da un’apposizione diversa (ad esempio, il vicus
Forum Flamini dell’Antonino diventa “civitas” nel
Burdigalense, i vici Helvillum e Fidentiola diventano
“mansiones”, e il vicus Cale appare nella lista del
Gerosolimitano come “mutatio”). Si verificano, inoltre,
alcune duplicazioni nelle apposizioni: ad esempio, il vicus
“Forno Novo” (Forum Novum) viene qualificato anche
come mutatio (It.Burd., 610, 10). La scarsa “scientificità”
della redazione è, del resto, evidente nella semplificazione
(che diventa macroscopico errore) dell’equivalenza tra
stadio e miglio, riportata al rapporto di 1:10, anziché il
corretto 1:8 (UGGERI 1983, p. 150). In un solo caso, il
luogo itinerario viene qualificato come castellum
(Carcassonne, in Gallia: It.Burd., 551, 9), mentre molte
tappe restano prive di ogni attributo se non lo stesso
toponimo (Ad Pirum, In Summas Alpes, ecc.). Entro i
confini dell’Italia augustea, poi, noto che la preposizione
“ad”, seguita dall’accusativo, è quasi sempre parte del
toponimo (Ad Medias, Ad Decimum, Ad Fines, Ad IX,
ecc.), e che in rarissimi casi indica un bivio, o meglio la
stazione posizionata presso il deverticolo (Ad Cottias, Ad
Flexum), caso più frequente nell’Itinerario Antonino (vedi
Ad Turres, scheda VII.1). Questo dettaglio potrebbe
confermare che l’autore del Burdigalense ha seguito solo
un suo itinerario diretto, senza soffermarsi sui deverticoli
che da questo si distaccano, rimarcando la sua distanza
dall’Antonino che, quasi nella trasposizione di una carta,
cerca di inquadrare ogni itinerario nell’intera rete viaria.
Il confronto tra i due itinerari e la Tabula Peutingeriana, ci
conferma che l’Itinerario Burdigalense è molto più
dettagliato rispetto agli altri due, contenendo l’elencazione
anche delle tappe intermedie, quasi sempre “saltate” negli
altri documenti. In pochi casi, infatti, si verifica
coincidenza tra le citazioni dei luoghi di sosta qualificati
nel Burdigalense come mutationes e gli stessi toponimi (o
simili, comunque senza l’apposizione mutatio) di It.Ant. e
Tab.: per l’Italia possiamo ricordare Cottiae (ricorrente sia
in It.Ant. che in Tab., definito, però, in It.Burd. “Ad
Cottias”), in Puglia Butruntos e Turres Aurilianas, che
dovrebbe corrispondere a Turribus di It.Ant., e
Valesium/Balentium; lungo la via Appia, Forum Appi,
menzionata anche in It.Ant. 107, 4 e Ad Pontem
Campanum della Tabula; il Cales vicus citato anche
dall’Antonino (125,7) e le mutationes di Ad Rubras, Ad
Vicesimum, Aqua Viva segnalate anche nella Tabula, lungo
la via Flaminia.
III.5 – La Tabula Peutingeriana
63
III.5 - La Tabula Peutingeriana
Nel corredo di viaggio di un privato come di un inviato
ufficiale, magistrato o comandante che fosse, non doveva
mancare anche la rappresentazione “figurata” dei luoghi da
percorrere; sappiamo, infatti, dalle stesse fonti che
itineraria non tantum adnotata sed etiam picta
accompagnavano i generali nell’esplorazione (Veg., III, 6,
su cui supra, par. 1). La Tabula Peutingeriana costituisce
l’unico documento di una certa completezza giunto fino a
noi98, nella redazione medievale di XII-XIII secolo, che
riporta con poche aggiunte una versione assegnabile alla
metà del IV secolo d.C.99
Anche per questo documento, resta il disaccordo sulla sua
natura: per i Levi ed il Bosio (LEVI 1967, p. 21; BOSIO
1983A) il documento è perfettamente inquadrabile
nell’ambito del cursus publicus, ma – notando la frequenza
con cui ricorrono le stazioni termali ed i riferimenti ai
viaggi di piacere – non escluderei che si possa riportare
alla “famiglia” dei documenti privati.
L’interesse principale, ai fini di questa ricerca, è costituito
dalla presenza nel codice di numerose “vignette” che in
alcuni casi accompagnano l’indicazione grafica della
stazione. Negli 11 fogli superstiti tra quelli in cui è stato
diviso il volumen, compaiono 555 illustrazioni, che
simboleggiano gli insediamenti posti lungo la viabilità, che
si possono raccogliere in 8 tipi principali:
- a doppia torre, della quale è visibile solo la fronte, in
qualche caso circondata da una linea semicircolare che
potrebbe interpretarsi come un fossato; è la vignetta più
frequente: compare 429 volte, con 79 varianti e 4 tipi
principali (“a-d”). Dai Levi è stata ritenuta simbolo di una
stazione di tappa attrezzata per il cambio degli animali e di
ristoro; più precisamente il Bosio ritiene questa vignetta un
mezzo per rimarcare un centro di particolare importanza
logistica per la viabilità, anche dal punto di vista militare e
commerciale;
- "a tempio", di cui si vede una sola fronte ed un lato (“e”);
- edificio a pianta rettangolare con corte centrale, del quale
si ha una visione "a volo d’uccello": è stato interpretato dai
Levi come l’indicazione di una stazione stradale
particolarmente attrezzata e dal Bosio come simbolo di una
stazione termale (“f”);
- edificio composito, formato da due o più serie di unità
parallele, viste dall’alto che simboleggia gli horrea (“g”);
- mura di città di forma varia (“h-i”);
- personificazioni di città (Roma e Costantinopoli, “j”);
- porti (“k”);
- fari (“l”).
III.5 – La Tabula Peutingeriana
64
I primi tre tipi sono i più frequenti, ed anche quelli più
strettamente in relazione con le strutture del cursus
publicus, facendo riferimento - secondo i Levi - a
complessi meglio attrezzati per le soste, anche prolungate,
ed i rifornimenti dei viaggiatori (LEVI 1967, p. 97 ss.). Tali
vignette corredano, sì, l’indicazione di luoghi “sperduti”,
ma nella maggior parte dei casi (in Italia 81 su 105, cioè
circa il 77%100) riconducono a centri urbani. La
distribuzione di queste illustrazioni sulla Tabula non
sembra riconducibile a criteri “grafici” (alla disponibilità,
cioè, di spazio101) e va perciò indagata. L’opinione dei Levi
è, come anticipato, che si riferiscano a stazioni
ufficialmente collegate con il cursus (escludono, cioè, la
possibilità che esistesse un’organizzazione articolata, una
“rete alberghiera” alla quale potessero far riferimento i
viaggiatori privati, possibilità ammessa, invece, da altri);
l’inquadramento di questo documento alla luce del
formalismo che presiedeva alle attività governative
renderebbe piena ragione della schematizzazione operata
(LEVI 1967, p. 97 ss.). L’imprescindibile rapporto tra il
cursus publicus e il documento cartografico sarebbe
evidente anche nel fatto che le vignette sono posizionate ad
“esaltare” località dove, attraverso altre fonti, soprattutto
epigrafiche, siamo a conoscenza che fossero impiantate
delle stazioni di tabellarii102 o che fossero sedi di
importanti attività governative (LEVI 1967, pp. 121-122,
nota 162).
Gli “analisti” del volumen hanno tentato anche per la
Tabula una “decodificazione” delle scelte adottate
dall’Autore nella declinazione dei nomi geografici,
ritenendo che il semplice ablativo sia impiegato più
frequentemente negli idronimi e nei nomi delle mansiones
(ad esempio, Utricio), mentre l’aggiunta all’ablativo della
preposizione “in” sia caratteristica della connotazione
ambientale, e sia, anzi, quasi esclusivo dei valichi e delle
cime alpine (in Alpe Graia, in Summo Poenino; BOSIO
1983A; BOSIO 1992, pp. 62-80).
Tra i toponimi che qualificano tecnicamente le località, la
Tabula menziona direttamente tabernae e praetoria
(BOSIO 1983A, p. 99; UGGERI 1995, p. 151).
La Tabula, contrariamente all’Itinerario Antonino, ci
riporta un numero considerevolmente scarso di dati sulle
navigazioni marittime e fluviali: solo nell’area del Delta
del Nilo, infatti, sono messi in evidenza mediante le
vignette degli apprestamenti funzionali ai trasporti di merci
e persone, mentre in Italia un solo tratto rettilineo, che usa
lo stesso inchiostro rosso che è usato per i segmenti
stradali, tra Ostiglia e Ravenna indica un tratto di
navigazione fluviale, rimarcata dalla didascalia ab Hostilia
per Padum, evidentemente inquadrata nel servizio statale
di comunicazioni, che non sembra articolarsi in tappe
(LEVI 1967, p. 114 ss.). Come hanno fatto rilevare i Levi,
la “presentazione” delle vignette nell’area del Delta del
Nilo, diversificata rispetto alle altre, ci testimonia
un’ulteriore gamma di possibilità che si offrivano ad un
viaggiatore per avere ospitalità: l’indicazione di sei templi,
individuati dalla vignetta “tempio” e precisati dalla
didascalia (3 volte Iseum e 3 volte Serapeum), non sembra
da attribuirsi ad un interesse religioso e logografico, bensì -
nella logica che vede nella Tabula un documento ufficiale
dell’organizzazione governativa della posta - come
indicazione di luoghi presso i quali era possibile
pernottare, come è confermato dalla notizia che - almeno
in epoca tolemaica - i sacerdoti dei templi di Iside
dovevano fornire alloggio e apprestare rifornimenti ai
soldati ed ai funzionari statali che attraversavano il Paese
(LEVI 1967, p. 85 nota 60; p. 118.).
In diverse occasioni, si è sostenuto che la discrepanza tra il
numero delle miglia misurate sul terreno e la cifra indicata
nel volumen, non sia imputabile ad un errore di trascrizione
verificatosi nel tempo, quanto piuttosto ad una
convenzione che il redattore della carta avrebbe adottato,
dividendo in due parti uguali la distanza totale tra due
tappe note per localizzarne una intermedia non notagli
(GELSOMINO 1966; UGGERI 1975, p. 163; UGGERI 1979,
nota 140; UGGERI 1984, p. 405).
Osservazioni
Queste fonti itinerarie, come la Tabula, confermano il
significato tecnico del vocabolo taberna già presente nelle
fonti letterarie ed epigrafiche, che tante volte è presente
come parte del toponimo, sia come nome proprio che come
nome comune103, ed anche di stabulum (It.Ant., 390, 1; 354,
2; 390, 6; Tab.Peut., II, 5; X, 2).
La sovrapposizione tra dati archeologici e fonti itinerarie
consentirà anche di verificare quanto comunemente si
afferma, cioè che la maggior frequenza delle tappe
ricordate nell’Itinerario Burdigalense e nella Tabula
sottintendano un potenziamento delle strutture e dei luoghi
di ricezione del cursus in epoca severiana e costantiniana
(UGGERI 1983, p. 352 e passim con bibliog.), o piuttosto,
come io credo, semplicemente tradiscano una diversa
natura e funzionalità di questi documenti.
Proprio il confronto tra queste diverse fonti, ci suggerisce
che ad itinerari uguali potevano corrispondere luoghi di
sosta molto diversi: le discrepanze possono essere
attribuite, specialmente nel caso di tappe intermedie tra
centri abitati di maggior tradizione, a una diversa
cronologia delle fonti che risentono, quindi, della costante
“mobilità” di queste aree di servizio, soggette in ogni
epoca a ristrutturazioni e traslazioni, dovute
prevalentemente a fattori di ordine economico; in qualche
caso si può pensare a delle leggere variazioni di percorso,
oppure a semplici scelte individuali diverse, che
privilegiano una tappa anziché un’altra: in questi casi, è
necessario presupporre l’esperienza personale della fonte o
del compilatore.
III.6 – La Toponomastica
65
III.6 - La Toponomastica
Rappresentando un vastissimo campo d’indagine
antichistica, la toponomastica stradale ed, anzi, di specifico
contenuto itinerario, non può essere in questa sede oggetto
di trattazione approfondita, esulando dal “punto di vista
archeologico” che qui si è inteso affrontare. In ogni caso,
dal momento che l’identificazione delle tappe del cursus -
in assenza di altri dati - verrà suggerita sulla base della
toponomastica, è bene menzionare alcuni dei lavori che
maggiormente forniscono contributi a questo studio, a
cominciare da quelli che affrontano lo studio della
toponomastica relativa alle installazioni per il servizio di
posta e la sosta dei viaggiatori. In particolare, si possono
ricordare i contributi che indagano la diffusione dei termini
praetorium e palatium104.
Ciò che emerge è che le nostre fonti itinerarie hanno
“salvato” solo una percentuale di quanto è esistito e,
soprattutto, di quanto si è avvicendato sul territorio nel
corso dei secoli durante i quali si sono costruite e
manotenute le strade romane.
Che i luoghi di tappa - magari anche “ufficiali” - lungo le
strade fossero, nel complesso dello sviluppo diacronico,
molto più numerosi di quanto risulti sulla base delle fonti
itinerarie, è testimoniato proprio dalla frequenza con la
quale sopravvivono toponimi di natura itineraria lungo i
percorsi delle strade romane: i toponimi derivati
dall’ordinale delle miglia rappresentano un vero e proprio
campo di indagine, per la ricostruzione della rete viaria
romana e anche per misurare il grado di attrazione
esercitato dai grandi centri urbani sugli abitati circostanti105.
I casi più frequenti riportano, infatti, cifre ordinali inferiori
alla decina, che si riferiscono alla più vicina città o,
magari, ad un confine, mentre più rari sono i casi di
toponimi numerali che si riferiscono alla distanza misurata
da Roma in regioni lontane della capitale, o computate da
un altro grande capolinea (CALZOLARI 1986; MOLLO
MEZZENA 1995, p. 176). A strutture di servizio al traffico
sono da ricondursi anche i toponimi che contengono la
radice di balneum, dal momento che gli stabilimenti
termali hanno rappresentato, come abbiamo già anticipato,
ma come verificheremo nel dettaglio più avanti, una
infrastruttura indispensabile all’efficienza di un luogo di
sosta (UGGERI 1983, p. 227). Sulla base della
toponomastica, si può proprio registrare l’estrema
frequenza dell’attestazione di stabilimenti termali o più
modesti “bagni” lungo la viabilità106. Anche la persistenza
di toponimi che contengono il vocabolo Taverna è da
ricondursi all’esistenza di luoghi di tappa, spesso non
ricordati nelle fonti itinerarie ma che hanno sicuramente
funzionato, per brevi o lunghi lassi di tempo, da stazioni
stradali107. Ancora, sulla natura itineraria di alcune località
ci informano i toponimi che contengono relitti delle attività
connesse al traffico ed ai trasporti che vi si sono svolte:
tale, ad esempio, l’odierna Bordonchio, dove si conservano
resti di un consistente abitato antico con sepolcreto, al VII
miglio della via Popilia, nella regio VIII. Il toponimo,
infatti, potrebbe derivare da burdunculus, cioè da burdo =
mulo108. Soprattutto negli ambienti meno popolati e
climaticamente più ostili, è frequente il caso il cui la
toponomastica ci informa sul fenomeno di agglutinamento
di diverse funzioni presso la stessa stazione stradale (che
lungo la maggior parte di queste strade assolve anche la
funzione di controllo militare): tale è il caso, ad esempio,
delle stazioni africane che nel toponimo fanno riferimento
alle divinità venerate presso templi e sacelli (Ad
Mercurium, Ad Dianam, Ad Amonem - sic). In altri casi i
toponimi ci confermano che presso alcune di queste
stazioni si svolgevano anche attività amministrative (ad
Basilicam109), o che presso le stazioni si trovavano il luogo
di raccolta e lo snodo di determinate attività commerciali e
smistamento, come trapela attraverso il toponimo ad
Capsum110, in riferimento al recinto dove si rinchiudono gli
animali, soprattutto le fiere (da cui l’ipotesi del Romanelli
che si potesse trattare delle gabbie per le bestie destinate
agli spettacoli circensi: ROMANELLI 1970, pp. 22-23), ma
anche attività di lavorazione dei prodotti agricoli111.
Ribaltando la prospettiva, alcune ricerche sono state
dedicate ad individuare i fattori che hanno suggerito la
nomenclatura delle stazioni stesse112.
Insoluta resta, comunque, la questione se questa ricchezza
di attestazioni di installazioni viarie che esulano dalle fonti
itinerarie conservate indichi che - al momento della
redazione di questi documenti - queste stazioni non fossero
più attive o che non rientrassero tra quelle che
rispondevano a determinati requisiti (ad esempio, quelle
che fossero parte integrante del cursus, che fossero gestite
dallo Stato, o rivestissero un’importanza particolare, che
offrissero servizi ricettivi più completi, ecc.):
l’individuazione dei criteri che hanno presieduto alla
selezione delle tappe da segnalare è la linea di ricerca che
consentirà di chiarire finalmente la natura di queste fonti.
III.7 - Le fonti iconografiche
66
III. 7 - Le fonti iconografiche
Sono state qui considerate solo le fonti iconografiche che
almeno qualche dettaglio riconduce alla sosta nel corso di
un viaggio, tralasciando quelle, pur interessanti, riferite
alla vita degli ostelli e delle stamberghe.
N. 184: Iscrizione e rilievo con dialogo tra viaggiatore e
copa, da Isernia. Età augustea? (Parigi, Museo del Louvre).
Viti ne sostiene un impiego come insegna di una taverna, e
non come epigrafe funeraria, e ne propone la provenienza
dalla contrada Trinità, pur ammettendo che una “mutatio”
potesse trovarsi anche alla Taverna della Croce, ma che la
vera mansio di Aesernia fosse, da ricercarsi qui, un miglio
a S della città, accanto al ponte di Giancanise, alle
Quadrelle.
CIL, IX 2689; VITI 1989.
N. 185a: Quadretto paesistico dell’Antiquarium comunale
di Roma (Celio). Età antonina finale.
Nel primo è raffigurato un viandante nell’atto di
allontanarsi da un edificio rustico (la campagna è
simboleggiata da un volatile da cortile), davanti al quale è
una donna stante, colta nell’atto di salutarlo: non è certo
che si tratti di una stazione, ma è curioso il fatto che
l’edificio sia articolato in tre corpi di fabbrica affiancati
(singolare coincidenza con la fonte citata qui a p.xx), che
sembrano avere tutti un secondo piano, coperti con tetti a
spiovente, decorati da acroterii.
FROVA 1961, p. 418, fig. 387
N. 185b: Quadretto paesistico dell’Antiquarium comunale
di Roma (Celio). Età antonina finale
Un viaggiatore (?) a cavallo si allontana da un edificio
identificato con una locanda, davanti alla quale sono
raffigurate due persone (un uomo e una donna?) nell’atto
di congedarsi da lui. L’edificio è a due piani, coperto con
tetto a falde; l’ingresso principale si apre con una piccola
tettoia. FROVA 1961, p. 418, fig. 388.
N. 186: “Mosaico di Orfeo” a Leptis Magna, da una
fattoria. II secolo d.C.?
In un piccolo riquadro, parte di un mosaico con scene di
Orfeo che incanta gli animali, è una scena raffigurante una
donna, che esce da un edificio a pianta rettangolare, a due
piani con tetto spiovente, decorato da corna apotropaiche
di cervo sul colmo, che offre dei viveri ad un uomo
partente, vicino ad un cavallo trattenuto da un servo.
FROVA 1961, p. 703, fig. 606.
N. 187: Frammento di coperchio di sarcofago in marmo
bianco. 275-290 d.C. (Roma, Museo Nazionale Romano).
Davanti ad uno sfondo rappresentato (da destra a sinistra)
da un arco di porta urbica, un albero, una costruzione
identificabile forse con un monumento funerario ed un
edificio a due piani con balcone, sul quale è affacciata una
persona, completato da “dettagli” come un miliario ed una
meridiana, è raffigurato un carro, trainato da due cavalli,
sul quale viaggiano due persone, precedute da un uomo a
piedi (forse, un cursor) che dialoga con una donna ed un
fanciullo. Tra le varie interpretazioni che sono state date
all’iconografia, non credo che quella che vi vede l’arrivo
della comitiva presso una stazione stradale sia la più
convincente, e che piuttosto vi si debba vedere un’allegoria
del cursus vitae del defunto.
Da ultima SPINELLI 1991, pp. 66-67.
N. 188 - Rilievo raffigurante i viaggiatori in arrivo nel
porto di Ostia. Dall’Isola Sacra. III secolo d.C.
Da sinistra, giunge il veliero in porto (simboleggiato dal
faro), a destra, due viaggiatori sono già seduti a tavola
nella taverna, dove vengono serviti da un oste. Dietro a
quest’ultimo, l’arredo consueto, costituito dal bancone
sormontato da una fila di tre scaffali sui quali sono disposti
molti contenitori per liquidi e poche olle.
III.7 - Le fonti iconografiche
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Fonte n. 184: Iscrizione e rilievo con dialogo tra viaggiatore e copa, da Isernia
Fonte n. 186: “Mosaico di Orfeo” a Leptis Magna, da una fattoria.
III.7 - Le fonti iconografiche
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Fonti nn. 185a e 185b: Quadretti paesistici dell’Antiquarium comunale di Roma (Celio).
III.7 - Le fonti iconografiche
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Fonte n. 187: Frammento di coperchio di sarcofago in marmo bianco. 275-290 d.C. (Roma, Museo Nazionale
Romano).
Fonte n. 188 - Rilievo raffigurante i viaggiatori in arrivo nel porto di Ostia. Dall’Isola Sacra.
Osservazioni
Per quanto questi documenti non concorrano ad
approfondire significativamente la conoscenza che
abbiamo sulla tipologia architettonica delle stazioni
stradali, mi è sembrato interessante constatare che in tutte
queste raffigurazioni, quelle che sembrano installazioni
viarie siano sempre simboleggiate da edifici a due piani. È
singolare, poi, che in queste iconografie si ritrovino
raffigurate volumetrie semplificate, rappresentate appunto
da un solo edificio, e più articolate (i tre nuclei della fonte
185b), varietà che trova conferma archeologica e
filologica.
III.8 – Le Fonti. Conclusioni
70
III. 8 - Le Fonti - Conclusioni
Credo che l’acquisizione più importante di questa raccolta,
sia rappresentata dalla conferma che la questione delle
stazioni stradali non si può esaurire con il cursus publicus:
solo dal IV secolo, le semplici direttive governative cedono
il posto all’invadenza dei burocrati dello stato, che rilevano
la gestione di queste stazioni inserite nel sistema statale dei
trasporti fino a quel momento indicato con il nome di
vehiculatio. Fino ad allora, e di nuovo dal termine dello
stesso secolo IV, la mancanza di selezione nell’uso dei
termini che qualificano il luogo della sosta di magistrati e
imperatori, di eserciti e messageri, di privati cittadini anche
nelle vesti di pellegrini, così come la dimestichezza che gli
autori antichi mostrano con questa terminologia che a noi
appare tecnica dimostrano che la maggior parte di queste
stazioni furono aperte a tutti113 e che, al contrario,
occasionalmente coloro che pure erano in missione
ufficiale si rifacevano a strutture di servizio alla viabilità
non propriamente “governative”. Anche quando traspare
l’interessamento del potere centrale nella commissione
della costruzione di un nuovo luogo di sosta, non viene
utilizzato il vocabolario tecnico del cursus come ci si
aspetterebbe, al punto tale che non credo si possa
inquadrare automaticamente queste fonti tra quelle
pertinenti al servizio di posta, potendosi riferire a delle
infrastrutture di servizio a tutta la viabilità.
La varietà terminologica e le diverse accezioni nella
loro evoluzione, hapax
Come abbiamo visto, il numero di vocaboli latini e greci
che indicano i luoghi di sosta lungo le strade, è vastissimo:
dai più abituali di mansio, mutatio e statio, a quelli più
vaghi di taberna, deversorium, stabulum, caupona, e
popina, a quelli più specifici di hospitium e xenodochium,
a quelli che sottintendono una venatura cronologica per la
sosta come stativa, a quelli più ricercati di palatium e
praetorium.
In greco è confermato che il vocabolo pandokei`on è
quello di uso meno specifico, essendo usato per i luoghi di
sosta privati, mentre per le stazioni si usa staqmovÇ,
sostituito dal II secolo da monhv: stathmos resta in uso
fino ad epoca tarda per i luoghi di sosta privati.
Da ultimo, voglio menzionare l’impiego di termini
associati in qualche modo al servizio di posta che
rappresentano degli hapax, tutti comunque legati all’Urbe:
il catabulum (su cui vedi supra, cap. III.3 – osservazioni),
l’area carruces ed il mutatorium Caesaris, luoghi dove i
membri della famiglia imperiale potevano “lasciare
parcheggiati” i mezzi di trasporto, per rispettare il divieto
di circolazione nell’area urbana introdotto nella prima età
imperiale, localizzabili entrambi, sulla base dei cataloghi
regionari e del fr. 3 della Forma Urbis, all’inizio della via
Appia (JORDAN - HÜLSEN 1907, p. 205).
Sottolineo che solo il IV secolo vede lo strutturarsi del
vocabolario tecnico: prima di allora, non ci sono vocaboli
esclusivamente impiegati per le strutture governative, ed il
lessico è anche più ampio. Nel corso del IV secolo, invece,
c’è un intervallo, durante il quale il lemma mansio viene
utilizzato solo in sicura pertinenza al cursus; in questo
stesso periodo compare mutatio tra le parole “itinerarie” ed
il secolo si chiude con la sostituzione di statio a mansio,
come è ben esemplificato da Ammiano (anche se statio,
conserva la connotazione alternativa di luogo fortificato e
di sede generica di un’attività statale). Prima del IV secolo
(dall’età Costantiniana, direi) e di nuovo dalla fine dello
stesso IV d.C., i lemmi mansio e mutatio indicano luoghi
frequentati anche da viaggiatori privati, perciò non
riservati al personale del servizio di posta ed ai privilegiati
forniti di autorizzazione governativa; al tempo stesso,
personaggi di rango elevato, anche nel corso delle loro
missioni ufficiali, vengono detti sostare presso tabernae e
stabula. In questo senso, credo che si possa ribaltare ciò
che fino ad oggi si è sostenuto, cioè che il cursus avesse
una sua terminologia al momento della sua istituzione e
che la specificità si fosse persa con il passare del tempo: mi
sembra, invece, che anche per il cursus il periodo di
riforma che si avvia con Diocleziano e Costantino ma
soprattutto l’epoca delle grandi sistematizzazioni che inizia
con il Codex Theodosianus abbiano comportato una
formalizzazione, che è anche irrigidimento ed al tempo
stesso un’attuazione completa delle sue premesse. Tale
opinione troverebbe conferma nel fatto che – almeno nei
paesi come la Britannia, dove l’indagine archeologica è
facilitata dalla rarefazione dell’occupazione romana – le
mutationes non si qualificano sul piano archeologico fino
al IV secolo, essendo il cambio dei cavalli effettuato fino a
quell’epoca, con ogni probabilità, presso edifici di altro
tipo (infra, cap. VII).
L’impossibilità di decodificare l’accezione esatta dei
lemmi (e, quindi, la loro corrispondenza a diversi tipi di
strutture materiali) deriverebbe - secondo il Puglisi - dalla
stessa inestricabilità delle diverse funzioni che nel corso
del tempo si sono sovrapposte o sostituite le une alle altre
all’interno degli stessi stabilimenti. In assenza di studi
specifici sull’insieme del “sistema stazionario”, non credo
che si possa affermare che esso crebbe costantemente per
importanza e sviluppo quasi tentacolare, al punto da
rendere pressoché indistinguibili le funzioni militari da
quelle civili, i ruoli di pubblica sicurezza da quelli
esattoriali, la responsabilità della distribuzione delle merci
dal loro stesso commercio al minuto. Certo, le stazioni
militari furono in molti casi dislocate, oltreché ovviamente
lungo i confini e presso le civitates, anche presso le
stazioni postali, i nodi di comunicazione stradale, fluviale e
portuale, nonché presso “i collettori alimentari e idrici” e ci
può essere stato agglutinamento dei luoghi, ed anche di
III.8 – Le Fonti. Conclusioni
71
alcuni ruoli, ma non si possono accreditare come sinonimi
i vocaboli horreum, mansio, statio e statio agraria,
castrum, praetorium, munitio, canaba, prata legionis,
hibernum e via dicendo. Né tantomeno ritengo che le
stazioni civili (intese come fiscali) e militari possano aver
assunto “carattere di hospitia, pensioni, soggiorni,
insediamenti di negotiatores e mercatores - morantes,
stagionali o consistentes, integrati - peregrini, avventori,
viaggiatori”114.
Scelte Insediative / Caratteristiche Topografiche
Le fonti ci aiutano ad individuare alcune caratteristiche
topografiche che hanno influenzato la scelta di stabilire il
luogo della tappa in un’area anziché un’altra.
Fonti di approvvigionamento idrico
Come sarà ben evidente nella disamina del dato
archeologico, la presenza di abbondanti risorse idriche
costituirà sempre la conditio sine qua non per l’impianto di
un luogo di sosta: nella fonte AE 1950, 26 (n. 175) la
scelta della stazione militare stradale ricade su Ain Wif per
la presenza della sorgente, anche se da un punto di vista
militare la presenza di una corona di colline all’intorno non
la rende una scelta ottimale (GOODOCHILD - WARD
PERKINS 1949, p. 84).
L’abbondanza d’acqua è esaltata tra le ricchezze della città
di Orcistus e della sua mansio (fonte n. 157).
Incroci
Nella stessa fonte n. 157 è documentata epigraficamente la
scelta del sito fondata sulla presenza di un incrocio.
Planimetrie e volumetrie
Articolazione per padiglioni distinti
Molto interessante si rivela la glossa in margine alla voce
: ì, “mansio habens tria tecta”115, che
potrebbe sottintendere una caratteristica architettonica
consueta nelle stazioni (forse, intende tre diversi complessi
monumentali, ad esempio: la locanda, le stalle, i
magazzini), caratteristica, che occasionalmente si ritrova
nella documentazione iconografica.
Forme di fortificazione e presenza di guarnigioni
Con l’esclusione dell’attestazione dei burgi speculatorii,
non ci sono riferimenti espliciti in queste fonti ai sistemi
difensivi adottati. Nel passo Peregrinatio Egeriae n. 22,
c’è, invece, un diretto riferimento alla presenza di
guarnigioni nelle stazioni ed alla sorveglianza che i militari
esercitano sulla sicurezza dei viaggiatori (probabilmente, si
tratta di privati cittadini, anche se di rango elevato) ma è
anche chiaro che si tratta di una situazione particolare, che
colpisce l’immaginazione della protagonista.
Horrea e stalle
L’importanza degli horrea come “ragion d’essere” e
funzione principale della stazione è esaltata nella fonte n.
129, dove l’interesse è concentrato sui devotissimi milites,
rendendo probabile una connessione con l’annona militare.
La rilevanza, anzi la centralità, delle stalle all’interno di
una stazione è sottolineata dal fatto che la parola stabulum
che, in origine, indica appunto il ricovero dei cavalli, viene
ad indicare lo stesso edificio per l’attività ricettiva.
Strutture deperibili
Le fonti ci conservano anche modelli che non sarebbero
altrimenti potuti giungere fino a noi: nel clima agreste della
Copa dell’Appendix Vergiliana ci si configura una locanda
caratterizzata in buona parte da strutture posticce116. In altri
casi, è verosimile che tettoie e pergolati abbiano
completato le volumetrie degli edifici, restando – da un
punto di vista archeologico – piuttosto evanescenti.
Dotazioni infrastrutturali
Terme
In diverse località (tutte urbane) è attestato epigraficamente
l’uso di mettere a disposizione (gratuitamente) la fruizione
degli impianti termali, non solo per i cittadini, ma anche
per i frequentatori occasionali ed i viaggiatori di passaggio:
“colonis, incolis, peregrinis” a Neapolis - Cittanuova nella
regio X (CIL, V, 376); “incolis, hospitibus, adventoribus”
a Vercellae (CIL, V, 6668); “colonis, incolis, hospitibus,
adventoribus” a Praeneste (CIL, XIV, 2979). Le grandi
stazioni termali, che senza dubbio sono attrezzate con
strutture ricettive efficienti, appaiono altresì nelle fonti
essere state sfruttate anche come luoghi di tappa nel corso
di un viaggio, come emerge dalla narrazione del viaggio di
Elio Aristide, cui già abbiamo accennato (supra, cap. II. 4:
Ael. Arist., Orat., XXVII, 1-8 = II, pp. 452-4 Keil).
Edifici per il culto
La fonte n. 67 (Amm., XXVIII, 6, 27), ci rivela che presso
le stazioni o nei loro immediati dintorni, almeno nella
seconda metà del IV secolo, non era inusitata la presenza
di un luogo di culto cristiano (una vera ecclesia, in
quell’episodio, dove i soldati della scorta “pernoctabant”,
celebrando una vigilia).
Celle
Alcuni episodi storici ci attestano che in alcune stazioni
sostarono drappelli di militari che scortavano dei
prigionieri: è possibile, perciò, che alcuni locali fossero
attrezzati per la detenzione (certo, di durata brevissima),
muniti cioè come guardine.
Infermerie
Abbiamo visto come le fonti ci informino sulla presenza di
dotazioni e servizi altrimenti inafferabili sul piano
archeologico: tale è il caso dell’assistenza ai feriti, che
secondo alcuni studiosi viene esercitata in stazioni a questo
deputate, ma che, probabilmente, richiede solo dei locali ad
essa riservati.
Organizzazione interna e caratteristiche folcloristiche.
Forma di frequentazione
Da S. Paolino da Nola sappiamo che nell’ospizio da lui
fondato erano state installate delle banchine lungo le pareti,
destinate a tre diverse categorie di ospiti: indigenti, uomini
anziani e donne anziane (Paulin., Poem., XX, 114 ss.) ma
tale distinzione si inquadra in un contesto di abituale
divisione dei frequentatori di locali pubblici sulla base del
sesso e del ruolo.
Utilizzo di strutture private
L’insieme della raccolta ci attesta come fosse, comunque,
diffuso ancora in epoca tarda il ripiego, perfino da parte
degli imperatori, a sostare presso domicili privati. Per la
sosta degli imperatori o dei loro inviati è in ogni caso
III.8 – Le Fonti. Conclusioni
72
prevista una sistemazione che mira ad eliminare “omni tam
mensorum quam etiam hospitum iniquitate” (cioè, ogni
sopruso da parte delle persone acquartierate), concedendo
agli acquartierati 1/3 ed ai padroni i 2/3 della domus e dei
servizi (ergasteria e stabula). Come attesta l’iscrizione di
Arneae (fonte n. 180), altri centri provvidero a dotarsi di
strutture proprie, dove ospitare gli inviati del governo
centrale ed i titolari di autorizzazioni a spese pubbliche.
Questa iniziativa, che trova una soluzione ad una questione
documentabile anche attraverso altre fonti (BLACK 1995,
pp. 7-11), unitariamente alla considerazione che le spese
sostenute dalle comunità per l’alloggio ed il rifornimento
degli emissari del governo e degli eserciti in transito
fossero decurate dall’insieme delle contribuzioni che le
comunità stesse dovevano all’erario, conferma che il
cursus publicus fu inteso dai romani essenzialmente come
un sistema amministrativo, che regolamentava i rimborsi
per le spese sostenute dai magistrati e dai messaggeri in
viaggio, piuttosto che come organismo stanziato sul
territorio con delle strutture proprie. L’abitudine a sostare
presso i privati restò, infatti, ben radicata, al punto tale che
le prevaricazioni a danno dei possessores dovettero essere
regolamentate per legge. Il poemetto di Rutilio Namaziano
conferma che, ancora alle soglie del V secolo, fare scalo
presso le sontuose ville che si attestano sulla costa tirrenica
era consuetudine almeno dei viaggiatori di un certo rango.
Organizzazione del personale
Almeno in un caso abbiamo documentato che il personale
che operava nella statio (quasi sicuramente una mansio)
era di condizione servile, di proprietà dello stato (CIL, II,
2011). Attraverso le fonti (non raccolte, però, in questo
capitolo) siamo informati sui mestieri che venivano
esercitati presso alcune stazioni, e perciò anche su alcuni
edifici che servivano per la loro attuazione117.
Folclore
Il quadro che emerge complessivamente da questi
frammenti è assai vivo e variopinto: scopriamo, ad
esempio, che l’abitudine dei nostri contemporanei di
saccheggiare gli alberghi ha origini antiche (Aug., Serm.,
XIV, 6, qui fonte n. 81).
Tipi di stazioni
Stazioni urbane
Come è evidente negli itinerari, la maggior parte delle
stazioni di posta si trovano presso dei centri abitati ma,
contrariamente a quanto abitualmente si sostiene, le fonti
scritte non sono esplicite nel localizzarle alle porte della
città (Prop., IV, 8, 19 (n. 99) e Cic., pro Cluent., 163 (n.
97). Infra, cap. VII). Piuttosto è da rilevare quanto queste
fonti siano scarse: la maggior parte dei riferimenti a soste
effettuate nel corso di un viaggio presso aree urbane è
inserito in un contesto di viaggio privato, in cui il
pernottamento viene effettuato in locande e taverne come
quelle documentate a Pompei con tanta dovizia di
particolari. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata
dallo “stabulum”, che viene descritto abitualmente come
un edificio posizionato alle porte delle città, con un cortile
per parcheggiare i veicoli, e le stalle per lasciare gli
animali durante la notte, “potendo permettersi il lusso di
estendersi nello spazio, come avviene per l’edificio (lo
stabulum Hermetis) alle porte di Pompei” (KLEBERG 1957,
p. 43; CASSON 1974, p. 205 ss.; fig. 180). Questa
localizzazione extramuranea non è, comunque, la regola
per le stazioni “ufficiali”, come è provato dal frequente
rinvenimento di documenti epigrafici che attestano la
presenza delle stationes (spesso di tipo imprecisato) nei
centri cittadini. In qualche caso la fonte rappresenta l’unico
documento per diagnosticare la presenza di una struttura
deputata alla pubblica ospitalità all’interno dei centri
urbani: in bibliografia viene menzionato il caso
dell’iscrizione di Volubilis (AE, 1922, 57), ma in questo
caso il vocabolario scelto nel formulario epigrafico è
particolarmente ambiguo.
Ville utilizzate come luoghi di sosta
Le fonti letterarie illustrano entrambi gli aspetti di questo
problema: siamo spettatori della consuetudine di tanti
antichi a sostare presso dimore private di conoscenti o di
personaggi che accolgono ospiti in virtù dell’appartenenza
alla stessa classe sociale, ma altresì abbiamo la prova che
anche nel corso di missioni ufficiali ci si rifece a strutture
di accoglienza avviate da imprenditori privati e ricavate
entro i loro possedimenti rustici, e di come tale forma di
imprenditoria fosse diffusa, perfino raccomandata ai
possessores dagli agronomi. Tale fenomeno appare
spontaneo almeno fino al IV secolo, epoca in cui attraverso
le fonti giuridiche percepiamo l’interessamento da parte
del potere centrale ad assicurarsi il controllo sulle strutture
edilizie meglio inserite nel sistema dei trasporti. Questo
dato è rilevantissimo, perché conferma che per tutta
l’epoca alto e medio imperiale (oltreché, ovviamente, in
quella precedente) non si applicò un rigido controllo sulle
“stazioni stradali”, che quindi potevano benissimo
configurarsi come piccoli insediamenti rustici a lato delle
strade, la nascita e prosperità dei quali era regolata dalla
sola legge della domanda e offerta di servizi e prestazioni.
Cronologia
Secondo quanto emerge da Plinio (N.H., VI e XII, fonti 1-
4), la distribuzione dei luoghi di tappa nelle regioni del
Vicino Oriente è già ben strutturata alla metà del I secolo
d.C., ma credo che questa compiutezza riguardi solo le vie
“carovaniere”, perché nelle regioni desertiche, per ovvie
ragioni, non ci si può affidare al caso o all’iniziativa
spontanea ma bisogna poter contare su luoghi di sosta e di
rifornimento ben cadenzati118. Le fonti presentate ci
dimostrano, infatti, quanto, ancora nella seconda metà del
IV secolo, la strutturazione delle stazioni lungo le strade
fosse ancora estremamente fluida e come, anzi, crescesse
l’ingerenza dello stato che voleva “accaparrarsi” gli
appezzamenti ed i complessi architettonici atti ad essere
trasformati in mansiones, e dalle fonti giuridiche e dalle
attestazioni epigrafiche di restauri e nuovi impianti si
evince come fosse preoccupazione costante del potere
mantenere in efficienza il servizio. Perciò, almeno fino alla
fine del IV secolo, saranno in corso non solo l’attività di
manutenzione, ma anche quelle di trasformazione,
adeguamento e costruzione. Le fonti confermano che le
regioni con una tradizione insediativa ed edilizia radicata
non intraprendono la costruzione di nuovi impianti, ma più
spesso provvedono all’adeguamento di strutture
III.8 – Le Fonti. Conclusioni
73
preesistenti: tale è il già menzionato caso di Arneae, dove è
il ginnasio che viene trasformato in mansio atta ad
ospitare, a spese della comunità cittadina, le persone che
viaggiano “rei publicae causa”. Da un punto di vista
cronologico, per alcune aree provinciali, il quadro è
diverso, ed anzi, anche le fonti ci dimostrano come, già nel
V secolo, progressivamente si fosse deteriorato l’intero
sistema dei trasporti: sembra inevitabile, infatti, almeno in
questa provincia occidentale, il ricorso all’ospitalità presso
i privati. Le concordanze tra alcuni dati epigrafici e desunti
da fonti itinerarie consentono di individuare le cronologie
delle modificazioni che hanno interessato alcuni percorsi.
Amministrazione e gestione
Con grandissima evidenza nelle fonti giuridiche, ma anche
in alcuni carteggi tra notabili ed imperatori, emerge che la
preoccupazione principale degli amministratori fu quella di
limitare gli abusi, che devono essere stati molto numerosi e
piuttosto sfacciati. Proprio coloro che avrebbero dovuto
garantire la “moralità” e la trasparenza dei criteri di
assegnazione delle tractoriae e delle evectiones dovettero,
infatti, spesso essere richiamati all’ordine o subire le
pressioni di conoscenti che chiedevano favoritismi. Lo
Stato appare solo nel IV secolo come organismo di rigida
regolamentazione del funzionamento delle stazioni
stradali, che quasi vengono uniformate alle civitates ed ai
vici nelle forme di amministrazione e nelle normative per
le contribuzioni. Solo in questo periodo, infatti, la vita
delle stazioni stradali (almeno di quelle inserite nel sistema
viario come gangli della catena dei trasferimenti di merci,
individui ed informazioni) sembra regolamentata nel
dettaglio, e la stessa gerarchia del personale appare
irrigidirsi, di pari passo con l’arricchirsi delle figure
professionali che ne animano le attività, di certo sempre
più diversificate. La complessità delle funzioni che una
stazione stradale assolve nel sistema economico e sociale
romano sembra, infatti, potersi paragonare solo alla
polifunzionalità di molte di queste stazioni inserite nel
sistema difensivo militare, come caposaldi dei limites
dell’impero o come centri di raccolta e smistamento dei
viveri destinati agli eserciti e come tappe dei trasferimenti
delle truppe. In questo senso, la definizione di “sistema
stazionario” sembra rendere maggiormente giustizia
all’insieme di questi insediamenti viari.
1 Una raccolta quasi completa delle attestazioni pertinenti le locande
(incentrata, però, sulle taberne urbane) è in KLEBERG 1957, passim, da
integrarsi con le notazioni della recensione di BAGNANI 1958. 2 KLEBERG 1957, pp. 5-7: copo o caupo indica in epoca più antica un
albergatore, più che un commerciante al dettaglio, accezione nella quale
viene sostituito con il tempo da deversitor / deversor. 3 Sulle quali vedi: KUBITSCHECK 1930, coll. 1233-1237; HOLMBERG
1933, p. 17 ss. 4 La terminologia cristiana, oltre ad hospitium, adotta dal greco “xenodocheion”, che nelle fonti “laiche” è impiegato nel senso di albergo,
distinto da pandokeion, che intende la locanda:HILTBRUNNER 1967, coll.
1487-1503; GORCE 1925, pp. 146-155; LECLERQ 1925. 5 Ad esempio, Strabone e Plinio vengono indicati come fonti per la
ricostruzione della viabilità e per la risoluzione dell’annosa questione dei
fora, ma dal momento che il loro contributo si limita alla menzione delle località, non apportano alcun dato risolutivo per individuare la
classificazione assegnata alle varie tappe che scandiscono le strade. 6 Nel passo n. 1, ad esempio, è problematico discernere se con il vocabolo mansio Plinio indichi una tappa generica nel corso di una navigazione di
cabotaggio, o intenda qualcosa di simile alle stazioni del cursus,
riportandole al servizio di posta del Gran Re. 7 Credo che si possa istituire un parallelo, infatti, tra l’osservazione
condotta dal Mazzarino circa l’utilizzo del Codex Theodosianus da parte
dell’A. nella biografia di Severo Alessandro, traslando all’epoca di quest’ultimo la disposizione emanata da Arcadio nel 405 sui tassi
d’interesse, e la frequenza con cui, proprio nella vita dello stesso Severo
si fa riferimento ai luoghi di sosta. Sempre a Severo Alessandro, l’autore della biografia riporta una “riforma del sistema stazionario”
(caratterizzata dall’incardinamento delle stazioni ai problemi di
approvvigionamento, stanziamento, produzione agricola, difesa militare e collegamento), che sembra adombrare scelte teodosiane, attuate,
soprattutto nelle regioni limitanee tra il 379 ed il 395 d.C. (PUGLISI 1987,
p. 261 ss.). Tale tendenza ad utilizzare i «dati tecnici» della legislazione imperiale, è stata rilevata anche in altri casi (vedi la disanima di
MAZZARINO 1983, p. 237 e ss. con bibliografia). 8 Veg., Epit. Rei Mil., III, 6: «Primum itineraria omnium regionum, in quibus bellum geritur, plenissime debet habere perscripta: ita, ut locorum
intervalla non solum passuum numero, sed etiam viarum qualitates perdiscat; compendia, diverticula, montes, flumina ad fidem descripta
consideret usque eo, ut sollertiores duces, itineraria provinciarum, in
quibus necessitas geritur, non tantum adnotata, sed etiam picta habuisse firmentur, ut non solum consilio mentis, verum adspectu oculorum viam
profecturis eligerent.» 9 Orazio intraprende il viaggio, che si svolge nella primavera del 37 a.C.,
insieme al solo retore Eliodoro, ma a Terracina si incontra con Mecenate,
Cocceio e Fonteio, mentre a Sinuessa si «accodano» anche Virgilio,
Tucca e Vario. Mecenate e Cocceio Nerva intendono raggiungere Brindisi, dove incontreranno Antonio in qualità di emissari di Ottaviano
(allo scopo del viaggio, l’Autore fa riferimento solo ai vv. 27-29). La
comitiva segue il percorso della via Appia da Roma a Benevento, da dove - attraverso una viabilità secondaria - raggiunge Canosa e prosegue,
attraversando Ruvo e Bari, lungo la via costiera fino a Brindisi. Le tappe
sono le seguenti: Roma - Aricia (XVI miglia), nella prima giornata di viaggio; Forum Appi (XXVII miglia) nella seconda, mentre Feronia (XVI
miglia ) è raggiunta all’alba del III giorno, viaggiando di notte sulle
barche del Decennovio, terzo giorno durante il quale si arriva ad Anxur (III miglia); nel quarto giorno si coprono i tratti Anxur - Fundi (XIII
miglia) - Formia (XIII); nel quinto Formia - Sinuessa (XVIII) - Pons
Campanus (VIIII); nel sesto si raggiunge Capua (XVII milgia), nel settimo Caudis (XXI), nell’ottavo Beneventum (XI); lunghe tappe
vengono affrontate nel nono (Beneventu - Trevicum XXV?), nel decimo
(Trevicum - Ausculum Apulum (? XXIIII miglia) e undicesimo giorno (Canusium, a XXV miglia). Ancora XIII miglia vengono coperte nel
dodicesimo (Canosa - Ruvo) e tredicesimo (Ruvo - Bari) giorno di
viaggio, ben XXXVII nel quattordicesimo (Bari - Gnatia) e addirittura
XXXVIIII miglia vengono percorse nell’ultimo per raggiungere il
«capolinea» dell’Appia. 10 L’opera, redatta per mano di una Beatissima sanctimonialis che nei codici è tramandata anche con il nome Eucheria, è detta anche Sanctae
Silviae Aquitanae Peregrinatio o Peregrinatio Aetheriae. Si data alla fine
del IV d.C. ed è preziosa non solo per le notizie sulla liturgia e la topografia dei luoghi di culto, ma anche come documento del linguaggio
popolare dell’epoca (LECLERCQ 1925, coll. 2749-2750.; WILKINSON
1971; LEVI 1967, p. 29; ATTI PEREGRINATIO AETHERIAE 1990, NATALUCCI 1991, e tutta la bibliografia citata in CORSI cs.). Il testo è qui
riprodotto sulla base del Corpus Christianorum, series latina, CLXXV,
III. Note
74
pp. 37-90 (Franceschini Ae. – Weber R. edd.); Patrologia Latina. Supplementum I, (Hamman A. ed.), 1958, coll. 1045-1092. Vedi anche
Concordantia in Itinerarium Egeriae, Blanckman D.R. - Betts G.G.
editors, Hildesheim-Zürich-New York, 1989. 11 RAMPOLLA 1905, nota XXXIII, p. 233; GORGE 1962; CASSON 1974,
pp. 301-302; infra fonte n. 117. La giovane ricchissima matrona,
seguendo le orme dell’omonima nonna ed in pieno accordo con il marito Piniano, decide di vendere tutti i suoi beni e di devolverne il ricavato in
beneficenza, prima di intraprendere il pellegrinaggio in Terra Santa: nella
maggior parte dei casi, durante il viaggio, Melania è ospite di vescovi e notabili, ma - almeno in un caso - sosta presto una taberna, in greco
pandokeion (Vita Mel., 56): ŠPIDLÍK 1996, con bibliog. 12 Nearco condusse la flotta di Alessandro dall’Indo alla foce dell’Eufrate, tra il settembre ed il dicembre del 325 a.C. L’opera è, in realtà, una
trattazione molto sintetica, più povera di informazioni rispetto a quella di
Arriano, scritta a meno di un secolo di distanza (Indikà, 20-43). Plinio conosce il periplo di Nearco attraverso Onesicrito, a sua volta mediato da
Giuba: FGrHist., 134, f 28; FGrHist., 133, f. 13. 13 Equivalenti a 3607, 5 km. Data l’esagerazione della cifra, da alcuni si è proposto l’emendamento XIIII. 14 Questo panegirico, dedicato all’imperatore Costantino e inserito nella
raccolta dei XII Panegyrici Latini, non riporta il nome di alcun autore. Fu
declamato a Trier per l’anniversario della fondazione della città,
probabilmente nel 310 d.C., in un periodo, comunque compreso tra il 307
(alleanza tra Massimiano e Costantino) ed il 311 (perché Costantino non ha ancora visitato la città di Autun, dove, invece, risulta essere stato nel
311 sulla base del Panegirico V): commento e bibliografia in NIXON -
RODGERS 1994, pp. 211-253. 15 La narrazione di questo episodio storico ci è giunta in molte versioni,
raccolte e commentate in DI PAOLA, 1999, p. 33 ss. 16 La lettera è inviata a Fabiola, su cui vedi fonte n. 91. 17 Località sita circa 50 miglia ad ovest di Bisanzio. 18 Nel latino tardo il vocabolo “cellarites”, attestato solo al plurale, indica gli amministratori di una tenuta, ma anche gli usurai. 19 Nell’altro passo dell’Historia Augusta (n. 47) il rifornimento dei viveri
è descritto come un “in mansionibus annonas accipere”: vedi infra. 20 Nell’edizione Loeb (HANSON 1989, p. 11), si interpreta «I will invite
you to share dinner with me at the first inn after we come into town…». 21 La lettera è indirizzata ad Oceano e narra la vita avventurosa di Fabiola, ricca matrona romana (alla quale è indirizzata la lettera di S. Gerolamo
fonte n. 40), che pentita del comportamento poco morale da lei tenuto,
aveva fatto pubblica ammenda e penitenza con un pellegrinaggio in Terra
Santa e che al suo ritorno aveva provveduto alla costruzione di questo
ostello per i viaggiatori ad Ostia, insieme a Pammachio, vedovo di
Paulina. La pia donna non era aliena ad atti di questo tipo: nella stessa lettera LXXVII, al par. 6, si ricorda la fondazione di un “nosokomeion, in
quo aegrotantes colligeret de plateis et consumpta languoribus atque
inedia miserorum membra refovet”, dove, cioè, accoglieva i sofferenti dalle strade, offrendo ristoro alle loro membra esauste di stenti e dolori. 22 È altrimenti attestata la lectio «fumosa», su cui vedi KLEBERG 1957, p.
96. 23 Si tratta probabilmente di Terni. 24 I prigionieri sono stati ritenuti colpevoli dall’imperatore Costanzo,
sobillato da una spiata, di aver criticato il regime. Ammiano menziona solo i due ufficiali della guardia imperiale come incaricati dell’arresto e
del trasferimento a Milano dall’Illirico (tant’è vero che i due vengono
anche condannati all’esilio per quest’episodio); perciò il luogo dove sostano deve essere in qualche modo inserito nell’organizzazione militare
o giudiziaria. 25 Circa 24 miglia: cfr. Ibid., III, 1, 17. 26 A titolo esemplificativo, si possono ricordare i passi ciceroniani: ad
Att., II, 16, 4, 3 del 59 a.C.: «Nam ita deplorat primis versibus mansionem
suam...» («Nelle prime righe deplora la propria permanenza (in Asia)...»);
ad Quint., III, 1, 9, 4; 18, 4 del 54 a.C.: «...quod tibi mea permissio
mansionis tuae grata est...», «...mandata de mea mansione...» («...ti è
gradita la mia accondiscendenza al tuo permanere lì...»; «approvo la tua decisione di restare...»); ad Att., VIII, 15, 2, 8, del 49 a.C.: «Cautior certe
est mansio, honestior existimatur traiectio («Rimanere è certo la
decisione più prudente, ma passare il mare la ritengo certo la cosa più onesta»); ad Att., IX, 5, 1, 5-6, dello stesso anno: «iter ad superum,
navigatio infero, discessus Arpinum ne hunc fugisse, mansio Formiis.”
(«il viaggio verso l’Adriatico, la navigazione per il Tirreno, il trasferimento ad Arpino per non dare l’impressione che voglio sfuggirlo,
la permanenza a Formia...»); ad Att., IX, 10, 8, 10, dello stesso 49 a.C.:
«...non paenitere me consili de tua mansione....» («...non mi pento di
averti consiliato di restare...»); ad Att., XI, 6, 6, 2, del 48 a.C.:
«Perniciosa loquebatur de mansione tua» («(Fannio) parlava in modo
minaccioso perché eri rimasto»); ad Fam., IV, 4, 5, 6, del 46 a.C.: «is (Servius) mecum saepe de tua mansione aut decessione communicat.»
(«Discuto spesso con lui se tu debba rimanere o ritornare.»); ad Att., XVI,
1, 3, 2, del 44. a.C.: «Videndum est ut mansio laudetur» («Sarà da vedersi se sarà approvata anche la mia permanenza»). 27 Si tratta forse di Asculum Apulum: la cosa che lo fa riconoscere è che ci
si compra l’acqua di ottima qualità, al punto che i viaggiatori accorti sono soliti portarsene un po’ sulle spalle per il resto del viaggio. 28 S.H.A., Sept. Sev., VII, 2. 29 Come dimostra il passo n. 49, riferito agli orribili presagi che annunciano la morte dell’imperatore Massimino il Trace, che dorme nella
sua tenda. 30 Vedi, ad esempio, l’uso che ne fa Greg. Tur., Glor. Mart., 47, p. 450, 13 (« ad hospitium ...pauperis divertunt mansionis postulando
necessitatem») e l’It.Ant.Plac., rec. a 21 (“opus..., in quo christiani..., ad
mansionem ascendunt”): ThLL, s.v. mansio. L’Itinerarium Antonini Placentini scritto intorno al 570 d.C. e generalmente attribuito a S.
Antonino da Piacenza, narra stringatamente del viaggio da Costantinopoli
all’Eufrate, attraverso la Palestina, l’Arabia e l’Egitto: MILANI 1977. 31 Cassiano, Conlatio Abbatis Piamun, «Et quadraginta similiter
mansiones quibus eam mystice pertransisse describitur, non incongrue
coaptantur», riferito ai quaranta giorni del digiuno nelle Scritture. 32 «<ex>tra .. stationales cal<les>... pasturam et mansionem...» 33 In una rilevante accezione “mansio” è sinonimo di aedificium, fabrica (Plin. N.H., XVIII, 23, 194; Pallad., I, 95: KUBITSCHECK 1930, coll.
1231-1232) ma può indicare anche una porzione di un edificio sacro (CIL,
VI, 348 = 30745 e 2158). “Mansio”, inoltre, è attestato come sinonimo di casa nel linguaggio popolare provinciale, in specie tra i contadini ed i
militari, e sopravvive fino al francese maison: ERNOUT 1946, pp. 115-
116. 34 Amm., XIV, 11, 19: «(Gallus)... itineribus rectis permutatione
iumentorum emensis, venit Petobionem oppidum Noricorum...»
«(l’imperatore Gallo)... per via diretta e sostando solo per il cambio delle bestie, giunse a Petobio, città del Norico...». Episodio datato al 354 d.C.
35 In quest’Autore, infatti, “mansio” è impiegato nel significato di sosta:
n. 51. 36 Cfr. Mart., V, 20, 9 «campus, porticus, umbra, virgo, thermae, / haec
essent loca semper»; VII, 76, 2 «per convivia, porticus, theatra...». 37 Cic., ad Att., VI, 9, 5, 7: del 50 a.C.: «In arce Atheni statio mea nunc placet.» («Per ora la mia cittadella è sull’acropoli di Atene»); Cic, ad
Fam., XII, 15, 2, 13: del 43 a.C.: «…ut etiam a Rhodiis urbe, portu,
statione quae extra urbem est, commeatu…” («... da arrivare a sbarrare l’accesso alla città di Rodi, al porto, ai posti di guardia sistemati fuori
dalla città...»). 38 Ad esempio, S.H.A., Ael., I, 1: «locum in hac statione quam temperas», su questo trono che tu ora reggi; Clod.Alb., II, 3: «procuratio stationis
Augustae», elezione alla dignità imperatoria, che torna in Comm., I, 8 e
Avid. Cass., VII, 1. 39 S.H.A., Hadr., XXIII, 8: «ad stationes militum ... processisset». 40 I casi di CIL, III, 4288; VI, 8518, 8532, 8772-8776; ecc. 41 Basti pensare alla statio annonae del foro Boario di Roma CIL, VI, 8473, alla statio aquarum o al piazzale delle Corporazioni di Ostia, con le
stationes dei vari corpora, alla statio patrimonii di CIL, VI, 8505 o statio
marmorum (CIL, VI, 410) della stessa capitale; la statio Augusta Mediolanensis Portinaria (AE 1979, 182, su una lucerna rinvenuta ad
Ercolano e conservata a Napoli: CERULLI IRELLI 1974, pp. 126-130, fig.
120); la statio privata per Tusciam et Picenum (AE 1980, 758); le stationes municipales o municipiorum, cioè gli edifici a cui facevano capo
gli inviati dei municipia di Plin., N.H., XVI, 236. PUGLISI 1987, pp. 254-
255: rimando a questo articolo per la vasta raccolta di fonti letterarie,
epigrafiche e giuridiche sull’attestazione e l’impiego del vocabolo
“statio”. 42 Il caso di Amm., XVIII, 7, 8; XXIX, 5, 9; XXI, 12, 3; XXV, 9, 3; XXIX, 6, 11; XX, 5, 2; ecc. Anche l’espressione «in statione quadam sub
pellibus mansit» (Amm, XIII, 3, 8) viene interpretata generalmente dagli
editori come pertinente ad un avamposto allestito con tende. 43 Amm., XIV, 2, 3; XXIII, 6, 46; XXVII, 8, 6, e Amm., XXVI, 8, 5
(Arintheus...ubi Damastanam tetigit, in qua statione perisse diximus
Iovianum...»). Si presta forse a duplice interpretazione l’espressione «stationes transit oscuras» che Ammiano (XXII, 8, 7) utilizza per
III. Note
75
riassumere l’insieme delle località poco note della Tracia, contrapposte
alle più celebri città di Calcedone e Crisopoli. 44 La presenza dei quali, non precisata nelle fonti letterarie, è certa sulla
base di quelle giuridiche: ad esempio, nel Digesto, IV, 9, 5. 45 Corpus Glossarium Latinorum (Götz ed.), III, p. 20, 31; p. 92, 5; p.196,
44; p. 269, 14. 46 «In(de) locarium quod datur in stabulo et taberna, ubi consistant» (cioé, il diritto di occupazione del suolo, concesso per la costruzione di un
albergo o di una bottega, dove i clienti possano fermarsi). 47 Cfr. Satyr., VI, 13 con XV, 18: KLEBERG 1957, p. 18. 48 Stabulum viene definita anche la tradizionale stalla dove i Vangeli
ambientano la nascita di Gesù: n. 85. 49 Caes.Arel., Serm. 161, 1, p. 626, 24: «quia ecclesiae... quaedam mutationes et velut spiritalia stabula sunt, per quae ad aeternam
beatitudinem curritur”; e p. 627, 4: «quia velut de Christi mutationibus
sollicitus fuit, iuste stabularii nomen accepit Paulus», che trovano un confronto nella Vulgata, I Cor., 9, 24 e II Cor., 11, 28. 50 Hor., Sat., I, 5, 71-76: «Tendimus hinc recta Beneventum, ubi sedulus
hospes / paene macros arsit dum turdos versat in igni. / Nam vaga per veterem dilapso flamma culinam / Volcano summum proberabat lambere
tectum. / Convivas avidos cenam servosque timentis / tum rapere atque
omnis restinguere velle videres” («Da qui ci dirigiamo direttamente a
Benevento, dove un oste zelante per poco non prende fuoco mentre fa
girare sul fuoco magri tordi. Le fiamme guizzanti si propagano per tutta la
vecchia cucina; il fuoco si affretta a lambire il soffitto. Allora avresti potuto vedere i clienti affamati e i servi impauriti mettere in salvo la cena
e tutti affaccendarsi a spegnere il fuoco»). 51 Ad esempio, n. 93 e S.H.A., Prob., IV, 7: «Hospitia eidem ut tribunis
legionum praeberi iubebis» (gli farai assegnare un alloggio come si fa per
i tribuni delle legioni). 52 Nelle fonti giuridiche conosce una sola attestazione (n. 132), congrua a
questa accezione letteraria. 53 Probabilmente, è da inquadrarsi anche in questo contesto la contesa giudiziaria dell’epoca di Tiberio che vede un ex pretore punire, durante la
sua edilità, gli inquilinos praediorum suorum contra vetitum cocta
vendentes: Suet., Tib., 33-36. 54 Liv., XXXIII, 24, 5: «Macedones deducti ... in villam publicam ibique
eis locus et lautia (= necessaire) praebita». 55 Proc., de Aed., I, 11, 28 (presso Costantinopoli, dove l’imperatore Giustiniano e l’imperatrice Teodora fanno costruire un largo ospizio,
destinato ad accogliere tutti i senzatetto che accorrono a Costantinopoli e
coloro che si trovavano in difficoltà finanziarie); V, 2, 5 (ad Helmopoli di
Bitinia); V, 3, 3 (fonte n. 120); VI, 1, 13 (Taphosiris d’Egitto, dove si
costruisce una residenza per i magistrati in area urbana). 56 Esichio, sv. v, ed Eustath., Il, V, 531: KUBITSCHECK 1930, coll. 1247-1248. 57 Glossae Latinogrecae et Graecolatinae, Goetz G. - Gundermann G.
edd., II, Lipsiae, 1888, 558, 55, adn. 3. 58 Non bisogna dimenticare che proprio da questi codici è tratta la
maggior parte delle informazioni utili alla ricostruzione dell’intero
sistema di posta (vedi cap. II). Troppo spesso, però, viene sottovalutata la relatività di queste notizie a ben determinati ambiti cronologici. 59 Il Codex Theodosianus è citato secondo l’edizione curata da Th.
Mommsen con l’apparato critico di P. Krüger, Theodosiani libri XVI, Berlino, 1905, mentre per l’interpretazione del testo ci si è avvalsi di
HARRIES – WOOD 1993. 60 Cod.Theod.: seu. 61 Il modius è una unità di misura di capacità, usata prevalentemente per il
grano, corrispondente a l. 8,75; il pondus è l’unità di peso per eccellenza,
qui usato come sinonimo di libbra. Il sextarius è, invece, una unità di misura per liquidi, equivalente ad 1/6 di congio, cioè circa ½ litro. 62 Lex Burgundionum, Liber constitutionum: MGH, Liber Legum, I, 2, 1,
1892. 63 È caduto il numero: si può ipoteticamente integrare con biduo. 64 Su questo tipo di stazioni, attrezzate anche per il ricovero dei feriti, vedi
infra. 65 Nel significato di sosta è impiegato solo nella legge dei Burgundi (nn.
140, 141), dove si “rispolvera” l’accezione originaria del termine, che
abbiamo tratto dalle fonti letterarie: supra, par. III.1, Osservazioni. 66 Nn. 129, 133, 136, 138 e Cod.Just., XII, 50, 8 e X, 72, 9. Nel periodo
tardo antico, quella di “piccolo centro abitato” è un’accezione che ricorre
piuttosto di frequente. 67 HARRIES – WOOD 1993: “Le tractoriae che danno diritto al soggiorno
nelle solite stazioni (dove si effettua il rifornimento)”.
68 Nel passo n. 138 sono letteralmente le stalle dei palazzi imperiali. 69 La premura dello stato per quanto riguarda l’edificazione e la buona
manutenzione delle stalle e dei magazzini al servizio dello stato è presente
in molti provvedimenti di legge, ma in questi casi è piuttosto esplicito il posizionamento topografico di questi entro i municipia o, comunque in
aree urbane dove sono acquartierati i militari (Cod.Theod., XV, 1, 16;
XV, 1, 35). Stessa sollecitudine (studio) per la costruzione di horreum vel stabulorum fabricas da parte dei provinciarum iudices è in Cod.Theod.,
XV, 1, 37 (Impp. Arcadio e Onorio, del 398) dove il riferimento alla
municipalità è meno esplicito. 70 Ad esempio, Cod.Just., IIII, 56, 2; Dig., XXIII, 2, 43: multae cauponae
quae adsolent sub pretextu instrumentii cauponii prostitutas muliere
habere. Questo tema è affrontato anche da Cicerone, de Inv., II, 4, 14. 71 Il dubbio che si tratti di sistemazioni entro aree urbane permane anche
per il passo n. 155 e Cod.Just., X, 48, 12. 72 Alla bibliografia già citata nell’introduzione di questo paragrafo, si può aggiungere CHEVALLIER 1988, p. 63, che ritiene che il cursus publicus
abbia perso, nel corso dei secoli, una distinzione terminologica ben chiara
al momento della sua istituzione. 73 CIL, I2, 638; CIL, X, 6950 = ILLRP, 454 ; MILLER 1916, p. LXXII;
BRACCO 1960, p. 149 ss., LEVI 1967, p. 102, nota. 111, con bibliografia.
Per la discussione, vedi supra, cap. II, 1. Da Polla in Lucania (Forum
Popilii), 132 a.C.: “P. Popilius C. f. cos., viam fecei ab Regio ad Capuam
et in ea via ponteis omneis miliarios tabelariosque poseiuei; hince sunt:
Nouceriam meilia I Capuam XXCIIII
Muranum XXIIII Cosentiam CXXIII
Valentiam CXXX
Ad Fretum Ad Statuam CCXXXI
Regium CCXXVII
suma af Capua Regium meilia CCC, (....) eidemque primus fecei ut de agro poplico aratoribus cederent paastores, forum aedisque poplicas heic
fecei.” 74 Si tratta di quattro vasi argentei inscritti, ritrovati nel 1852 insieme ad altri ex voto ed un tesoretto di monete, presso la fonte termale di Aquae
Apollinares, dedicata al dio Apollo. Riportano l’itinerario da Gades a
Roma, indicando le distanze parziali e la somma con alcune leggere varianti; potrebbero essere riconosciuti come un’offerta deposta da un
cittadino di Gades allo stesso dio nella prima metà del I sec d.C. Il
viaggiatore, una volta lasciata Cadice, attraversava Corduba, Tarraco,
Narbona, Nemausus, Arelate e Glanum e, dopo aver superato le Alpi,
Susa e Torino , percorrendo la via Aemilia prima e la Flaminia poi,
raggiungeva Roma. Bibliografia: CIL, XI, 3281-83, p. 496; MILLER 1916, p. LXXI; HELBIG 1963, p. 609, n. 834; PARIBENI 1932, p. 297, nn. 1009-
1012; HEURGON 1952, pp. 39-50. Sulla scoperta ed il contesto
archeologico vedi qui, scheda VII.18. 75 Le tappe che interessano l’Italia, nella “collazione” delle 4 versioni
sono:
Summas Alpes (Druantio in IV, Gruentia in II)
Gaesaeone m. V
(Tyrio in IV) (In Alpe Cottia in II m. XXIIII)
(Ad Martis in II m. XXIII)
Segusione m. XXIIII Ocelo m. XX
(Ad Fines in II) -
Taurinis m. XX Quadrata m. XXIII
Rigomago m. XVI
Cuttias m. XXIIII Laumellum m. XII
Ticinum m. XXI
Lambrum m. XX Placentia m. XVI
Florentia m. XV
Parma m. XXV Lepido Regio m. XVIII
Mutina m. XVII
Bononia m. XXV Claterno m. X
Foro m. XIII
III. Note
76
Faventia m. X
Foro m. X
Caesena m. XIII
Arimino m. XX Pisauro m. XXIIII
Fano m. VIII
Foro m. XVI Ad Cale m. XVIII
Haesim m. XIIII
Helvillum m. X Nuceria m. XV
Mevania m. XVIIII
Ad Martis m. XVI Narnia m. XVIII
Ocricolo m. XII
Ad XX m. XXIIII Roma m. XX 76 Questo documento epigrafico, rappresenta una eccezionale fonte per
comprendere i meccanismi di mantenimento del cursus a carico dei provinciali in epoca alto-imperiale: MITCHELL 1976. 77 KUBITSCHECK 1930, col. 1247, ss.; CHASTAGNOL 1981, pp. 381-416.
La lettura proposta nel CIL è leggermente diversa da quella qui presentata
sulla base di Chastagnol. Questa mansio di Orcistus non è menzionata in
alcun itinerario; le XXXII miglia che la Tabula Peutingeriana indica tra
Tricomia e Pessinunte, lungo la via Dorylaeum - Pessinunte, sembrano suggerire che la strada transitasse più a nord di Orcistus, scegliendo un
percorso più diretto. In tal caso, la deviazione del percorso e l’impianto della mansio ad Orcistus potrebbero essere avvenimenti databili dopo
l’inizio del IV secolo (CHASTAGNOL 1981, p. 403) oppure bisogna
intendere che questa mansio non fosse inserita nel sistema governativo. Chi volesse ricondurre il termine mansio al solo cursus dovrebbe, infatti,
ammettere che in questo caso la Tabula non ne rappresenta una fedele
ricostruzione. 78 Vengono qui presentate le integrazioni del Dessau, non pienamente
conformi a quelle del CIL che, ad esempio, lascia aperta la scelta tra gli
imperatori Giuliano e Gioviano. 79 Un personaggio di nome Bellicus Cesaris è ricordato dello stesso
portorium, mentre un Bellichus si qualifica come contrascriptor stationis
a St. Oswald: MIRDITA 1980, p. 186.. 80 Il legato potrebbe essere identificato con Scapula Tertullo, dedicatario
della “missiva” di Marco Aurelio e Commodo in Dig., 1, 18, 14; o suo
figlio console nel 195, successivamente proconsole d’Africa . 81 TSONTCHEV 1959, pp. 159-160; PFLAUM 1960, n. 31; ŠAŠEL 1977, p.
239, n. 12. Tsontchev dubita che le taberne ed i praetoria debbano essere
identificati con strutture di servizio alla viabilità, che avrebbero dovuto essere già apprestate dai tempi d’Augusto. 82 Sulla diffusione del vocabolo stabulum nella terminologia del cursus
vedi HUMBERT 1887, pp. 1645-1656. 83 Delle due vie qui ricordate, l’una è quella menzionata anche negli
itinerari che percorre la valle fluviale, l’altra è quella che attraversa la
catena montuosa per giungere a Bescera. 84 Questo vocabolo non è altrimenti attestato: si tratta, verosimilmente,
della trasposizione del greco tev, cioè un luogo in cui si
“sguazza”. 85 Ain Wif è un’oasi che si trova circa 15 km. ad est del villaggio Tazzoli,
resa fertile dalla presenza della sorgente. L’impianto romano, definito
dagli scavatori una “military road-station”, scelse la sponda prospiciente la sorgente di un piccolo pianoro privo, al contrario degli altri scelti come
sedi di posti di guardia militari, di ogni difesa. I pochi resti attualmente
visibili consentono, comunque, di riconoscere una piccola chiesa ed una articolata sequenza di ambienti disposti disordinatamente. Dall’iscrizione
apposta su un altare, sappiamo che questa località fu sede nell’epoca di
Settimio Severo della coorte Hamiorum (?), un distaccamento della legione III Augusta. La via punteggiata da insediamenti fortificati da
Leptis Magna a Turris Tamalleni, menzionata anche nell’Itinerario
Antonino, non ha lasciato tracce del suo transito sul terreno, se non i suoi miliari; su questa base, comunque, si può identificare questa località con
la stazione di Thenadassa: GOODCHILD - WARD PERKINS 1949, p. 88. 86 Questa formula presuppone, secondo l’editore, l’esistenza di un itinerario ufficiale, che sarebbe stato divulgato per il viaggio che
Caracalla compie attraverso le province tra il 214 ed il 215 d.C. Questo
itinerario sarebbe stato alla base della compilazione del percorso da Roma a Hiera Sycaminos dell’Itinerario Antonino: MOUTERDE 1952, loc. cit. 87 MILLER 1916, p. 976; CUNTZ 1929, p. 130; PFLAUM 1940; SARIA 1954,
col. 1634; PEKARY 1968, pp. 164-166. 88 UGGERI 1995, p. 141, nota 40: ad esempio, il Praetorium Latobicorum
ricordato negli itinerari e nella Tabula lungo la via tra Emona e Siscia ed
il Praetorium Laverianum scheda II.2. Alla trattazione di Uggeri, si può oggi aggiungere proprio la fonte n. 165, dove la pertinenza al nostro tema
è assicurata dalla menzione di un “itinerario compendiato” a vantaggio
dei viaggiatori. 89 Lib.Pont., I, p. 164 cfr. Vita Marcelli, , II, p. 9, ed. Duschesne: JORDAN
- HÜLSEN 1907, p. 205; LANCIANI 1890, pp. 470-472; COARELLI 1993. È
ritenuto la sede delle scuderie dei catabolenses sulla base di Cod.Theod., XIV, 3, 9-10. Questo complesso di edifici è localizzato orientativamente
nella Regio VII, alla sinistra della via Lata, presso la chiesa di S, Marcello
al corso, dove sono stati individuati i resti di un portico, identificato con la Porticus Vipsania. 90 Come catabulum veniva tradizionalmente qualificato un edificio tardo
imperiale di S. Maria Capua Vetere, intendendo con questo termine, però, il luogo dove si credeva fossero chiuse le fiere destinate agli spettacoli del
vicino anfiteatro capuano. L’edificio è identificato, attualmente, con il
battistero della basilica costantiniana di Capua: PAGANO-ROUGETET
1984. 91 Quanto fosse ben sentita la necessità di tali “corredi” da parte dei
comandanti militari è evidente nelle fonti citate nel paragrafo 1, dove
sono descritte le operazioni che precedono una campagna militare
(S.H.A., Alex. Sev., XLV; Ambr., Comm. in Psalm., II, 18 e Serm. 2 e
Veg., III, 6). 92 KUBITSCHECK 1916, coll. 2336-2338, MILLER 1916, p. LIV. L’ipotesi è
stata formulata sulla base dell’osservazione che nel documento compaiono nomi di località attestate solo dopo il 286 (ad esempio,
Dioclitianopolis di 330, 6 ed Heraclea di 330, 3: KUBITSCHECK 1916,
coll. 2337-38). Recentemente questa cronologia è stata abbassata al 310 d.C.: REED 1978, pp. 229-230. Il dibattito resta aperto per quel che
riguarda la data di stesura finale del documento, perché le epoche di
formazione delle vari parti che lo compongono sono, invece, piuttosto chiare: tra le tranches più antiche, va sicuramente menzionato l’itinerario
“marittimo” che percorre le coste tirreniche tra Roma ed Arles (It.Ant.,
497, 9 - 508, 2), datato a prima del 107 d.C.: LUGAND 1926, pp. 124-139. Il Kubitscheck ha, comunque, datato ad età severiana la carta che avrebbe
costituito la fonte principale di questa compilazione. 93 VAN BERCHEM 1937, pp. 166-181; MOUTERDE 1952, p. 355; RIVET
1970, p. 34 ss.; VAN BERCHEM 1973, pp. 123-126; REED 1978. 94 Tale interpretazione sarebbe confermata dal fatto che, nel caso
britannico, gli itinerari alternativi, proposti con una certa frequenza,
indicherebbero luoghi dove sarebbero reperibili, nel corso di marce
militari, generi estremamente diversi: REED 1978, pp. 235-254. Come
edificio cardine di una stativa vengono indicati gli horrea simili a quelli rinvenuti in Austria, a Veldidena presso Innsbruck, datati al IV secolo
d.C., “utilizzati come primipilares per l’annona degli eserciti di
frontiera”: RICKMAN 1971, p. 289. 95 La toponomastica ci conserva, comunque, un numero rilevante di nuclei
fondiari integrati nel sistema delle stazionario come ville-mansioni con il
nome dei vecchi proprietari: ad esempio, i casi omonimi della stazione Anneiano nel Veneto e in Etruria, di Honoratianum e Caelianum nella
regio II, e molti altri in Sicilia e nelle altre province. Secondo
CHEVALLIER 1972, p. 214, questi complessi sarebbero da interpretarsi come possedimenti imperiali, saltus dove gli stessi imperatori avrebbero
pernottato, che, trovandosi in posizioni ideali, sarebbero stati tramutati da
luoghi di sosta temporanea a stazioni permanenti, perfino fortificati con castella, ma sempre nomenclati con il nome dei vecchi proprietari. Meno
dubitativamente, si può affermare che la diversa incidenza di questi
latifondi sulla viabilità sia spia delle condizioni socio-economiche delle regioni interessate: UGGERI 1982-1983, pp. 437-438. 96 È, altresì, possibile che egli abbia fatto sosta presso le stazioni del
cursus, pagando le prestazioni come privato e che, quindi, il suo diario di
viaggio rappresenti una autorevole testimonianza per la ricostruzione del
servizio di posta lungo l’itinerario descritto, ma, come abbiamo visto
(supra, par. 1, Osservazioni), non si può escludere che le qualifiche di “mansio” e “mutatio” si riferiscano a strutture private. 97 Il rapporto oscilla tra 6 e 8 mutationes per ogni mansio: It.Burd., 550,
3; 581, 7; 616, 3; 617, 2. 98 Più antico, tra quelli superstiti, solo lo scudo di Dura Europos: bibliog.
in CAPPELLI - PESANDO 1991, pp. 43-44. 99 La datazione oscilla tra il 170 d.C., in relazione alla cartografia di Tolemeo (Cuntz), all’epoca dei Severi con aggiornamenti di metà IV
(Levi), al III secolo (Kubitscheck), alla metà del IV (UGGERI 1969, pp.
III. Note
77
127-171; BOSIO 1974), al 365-366 (Miller), ad un più generico IV secolo
(Desjardins). 100 Sei vignette sono riservate agli stabilimenti termali, e solo 18
segnalano luoghi non qualificabili come centri abitati di un certo rilievo (ad esempio, Sublanuvium, la stessa Baccano, l’incrocio Ad Bivium, ecc.) 101 Effettivamente ci sono alcuni casi sospetti, quali quelli di Minturnae e
Sinuessa, che in età tardo-imperiale non si qualificano come centri di grande rilevanza o, ancora più manifesti, quelli di Pompei ed Oplontis,
che dovevano essere già state inghiottite dalla lava da almeno due secoli e
mezzo. Da prendere in considerazione, poi, l’ipotesi di Enrico Stanco che le vignette siano state aggiunte solo in un secondo momento, scardinando
alcuni degli “incastri” di didascalie che fino a quel momento si erano
integrate: STANCO 1996. 102 In Italia, per esempio, Torino (CIL, V, 6964 = Dessau 1701) e Puteoli
(CIL, X, 1741). 103 Ad esempio, It.Ant., 8, 1; 240, 1; 318, 3; 329, 9; It.Burd., 607, 7; 613, 6; 617, 2); Tab.Peut., III, 3; IV, 1; VII, 1 e 3; VIII, 3. 104 UGGERI 1983, pp. 318-320. In aggiunta agli esempi ivi citati, si
potrebbero menzionare i casi ricordati dalla Mollo Mezzena in Val d’Aosta, a Montjovet, dove si conserva un toponimo il Palazzo a Borgata
Palazzo - frazione Ciseran (MOLLO MEZZENA 1992A, p. 279) e quello
toscano della borgata Burchio, loc. Palazzolo, dove è stata riconosciuta
dall’Alfieri la stazione Ad Aquileiam, toponimo che potrebbe
sottintendere il plurale di Aquilegium, da Aquilex, Aquileges aquarum,
cioè i rabdomanti, per antonomasia, etruschi: ALFIERI 1986. 105 Molti di questi numerali sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, altri
sono rintracciabili nella documentazione di epoca medievale e moderna. Non tutti, e sono molto numerosi, ovviamente, possono ricondursi
all’esistenza di un piccolo centro abitato o di una stazione: diversi sono
derivati dalla sola distanza in miglia, spesso segnalata dalla presenza della pietra miliare. CALZOLARI 1986. 106 PIERI 1919, p. 333, sv. balineum, balneum; PIERI 1969, p. 328, sv.
balneum; PATITUCCI UGGERI 1974, p. 136; UGGERI 1984, p.407. 107 UGGERI 1983, p. 250: ricordo l’esempio segnalato lungo la via Appia
Traiana, nella regio II, dove l’esistenza di installazioni viarie potrebbe
essere desunta dalla presenza di due masserie presso Ostuni dette Taverna Piccola e Taverna Grande (Ad Tabernas?). Perplessità possono essere,
invece, avanzate sull’ipotesi che riconduce il toponimo Masòn, attestato
lungo il percorso che costeggia il torrente Aldegà, nei pressi di Cadianum, nella regio X, alla presenza di una antica mansio, presso la quale sorse la
chiesa dei santi Giovanni e Macario, in epoca medievale di proprietà
dell’ordine dei Cavalieri di Malta, che ne avrebbe ereditato anche la
funzione, come si evincerebbe dall’attestazione del toponimo Mansio
Templi. BOSIO 1991, p. 52. 108 UGGERI 1984, p. 403. Sulla località: MANSUELLI 1949, p. 43 ss., nn. 2-9. 109 È il toponimo di due stazioni africane ricordate dagli itinerari “Ad
Basilicam”: Tab., II, 5; e “Ad Basilicam. Daidumene”: Tab., III, 3; It.Ant., 40. 110 Due volte in Africa - “Ad Capsum Juliani”: Tab., II, 2, e “Ad Capsum
Ultimum”: Tab., VIII, 1. 111 “Ad stabulum olearum” in Africa: Tab., II, 4 nella regione Cuicul, per
la presenza di impianti per la lavorazione delle olive. 112 Ricordo qui solo quella di MALIPIERO 1984: supra, cap. II.4. 113 Una differenza poteva essere costituita dalla gratuità dei servizi o dal
“rimborso spese” della quale godevano i personaggi forniti di
autorizzazione. 114 PUGLISI 1987, pp. 248-251. Né le fonti né i dati archeologici
consentono di misurare il progressivo incremento dei ruoli assegnati a
queste stazioni, che avrebbe portato, secondo lo stesso Puglisi, alla creazione di organismi produttivi autonomi, ispirati alle forme di
produzione schiavistica, fino a divenire, nel IV secolo, il centro
propulsore e di riferimento dello “sfruttamento agricolo sedentario di
distaccamenti militari e provinciali, in specie limitanei”, che avrebbero
unito agli officia fiscali, di appaltatura, di requisizione di merci e bestiame
e gestione dei servizi, anche la stessa produzione delle derrate e l’allevamento di bestie da soma e da trasporto, oltreché piccole attività
artigianali e perfino estrattive. 115 Glossae Latinogrecae et Graecolatinae, Goetz G. et Gundermann G editores, II, Lipsiae, 1888, 558, 55, adn. 3. 116 “Sunt topia et calibes, cyathi, rosa, tibia, chordae, / Et triclia umbrosis
frigida harundinibus”: “Ecco, all’intorno tra il fogliame ombrosi pergolati e coppe; e tra il profumo della rosa si spande il suono del flauto e della
lira, e frascheti di canne sono prodighi di amabili ombre”.
117 In tali casi, l’attestazione di un mestiere collegato ai trasporti o al
cursus viene interpretata come prova per l’esistenza di una stazione: infra,
cap. VII. Rapporto con le fonti scritte. 118 Del resto, Plinio sottolinea l’efficienza dell’organizzazione e la comodità di poter disporre di carte ed itinerari (nota che queste stazioni
hanno un nome: fonte n. 2), quando sottolinea che al tempo del periplo di
Nearco e Onesicrito le tappe non erano menzionate (n. 1). L’informazione è completa quando si sottolinea che i servizi sono a pagamento ma che i
pedaggi sono pretesi non dall’amministrazione dello stato, bensì da
custodes satellitesque et ostiarii et ministri (guardie e loro aiutanti, portieri e servi).
IV. – Confronti dalle Province
78
CAPITOLO IV
CONFRONTI:
STAZIONI INDAGATE NELLE PROVINCE
Come abbiamo visto (Capitolo I), diverse ricerche hanno
già affrontato la questione della raccolta dei dati sulle
stazioni messe in relazione con il cursus publicus, e hanno
potuto fondarsi su scavi estensivi, documentati
archeologicamente con gran dovizia di particolari. A titolo
di confronto, presento brevemente alcuni di questi
insediamenti, procedendo per province da nord verso sud,
raccogliendo insieme le stazioni urbane e quelle fortificate,
premettendo che per validare il confronto tra questi dati e
quelli che ho raccolto in Italia, bisognerebbe che fossero
precisati i criteri che hanno presenziato alla qualificazione
di un insediamento come stazione: specificati solo dal
Black, consistono nella relazione topografica con la strada,
nelle caratteristiche della planimetria, ma anche nelle
tecniche costruttive.
Britannia
Dei numerosi esempi della Britannia, il più interessante è
quello di Inchtuthil (fig. 1), impiantato in età flavia,
perché presenta caratteristiche assai qualificanti per una
stazione. È organizzato in padiglioni distinti: una lunga fila
di baracche a pianta uniforme, interpretate come
contubernia, un altro edificio a pianta allungata corredato
da un impianto termale ed associato ad un cortile di
servizio, ed un terzo complesso, con vani distribuiti intorno
ad un cortile, all’interno del quale si individuerebbero la
cucina, la sala da pranzo e, soprattutto, una sala di
rappresentanza (BLACK 1995, pp. 17-18). In questo caso, è
ritenuta particolarmente significativa la distinzione tra
alloggi di prima e seconda “categoria”, che si ritrova anche
in altri casi (infra, cap. VII). La fila uniforme di vani
affiancati (contubernia) è presente anche a Richborough
(fig. 2), dove si riconoscono anche i granai (BLACK 1995,
p. 19-20), mentre nel complesso di Newstead (fig. 3), forse
di epoca flavia, almeno per gli ambienti 10 e 13, si può
ragionevolmente sostenere l’identificazione con delle
stalle, mentre il locale n. 14 potrebbe essere qualificato
come un alloggio per i cocchieri.
Gallia
Presso Thésèe a Loir-et-Cher, in Francia, località
identificata con la Tasciaca menzionata nella Tabula
Peutingeriana, sono stati rimessi in luce i resti di tre
edifici, distribuiti su tre livelli, raccordati da un recinto,
uno dei quali (Fig. 4, A), identificato con una sala di
rappresentanza o una basilica, aveva sicuramente una
destinazione pubblica. Era costituito da un vasto ambiente
(m. 40x13,5), aperto sulla corte con una galleria, terminata
alle estremità da due padiglioni, e completato sul lato
orientale da un altro locale più piccolo (CHEVALLIER 1997,
p. 288; fig. 4, B).
Presso Chameleux – Williers, in Lussemburgo, lungo la
strada Reims – Tréves, è stato oggetto di scavo un
insediamento, che si trova al fondo di una piccola valle
attraversata da un ruscello (fig. 5), vissuto tra il I e l’inizio
del V secolo d.C., epoca in cui fu abbandonato a causa di
ripetuti incendi ed inondazioni, anche se fu poi ricostruito
nello stesso punto e con le stesse caratteristiche, sopra
l’accumulo di detriti. La prima fase è costituita da edifici di
legno, sostituiti tra il III ed il IV secolo da edifici con
zoccolature in pietra, alzati di legno e coperture a lastre
d’ardesia, con pianta in genere rettangolare allungata,
divisa in pochi vani coassiali comunicanti, con un piccolo
portico aperto sulla via. Si dispongono perpendicolarmente
alla strada, su entrambi i lati, l’uno separato dall’altro per
ridurre il rischio di incendio. Tra questi, lo Scavatore ha
riconosciuto la stazione della posta, che si impianta in un
edificio preesistente, non lontano da una sorgente, ed è
costituita da alcuni vani aperti su una corte accessibile
dalla strada mediante un ingresso ampio (fig. 5, C), che
conserva le tracce dei carri, contornato dagli alloggi, dalle
scuderie e dalle rimesse per i carri, con una cantina,
accessibile nell’angolo in fondo al cortile (fig. 5, D),
servita da una scala di legno, dove erano sistemati dolii ed
anfore (CHEVALLIER 1997, p. 286). Sul lato opposto della
strada si trova un altro edificio, noto più
frammentariamente, che è stato ritenuto parte integrante
della stazione stradale.
Norico
Ad Immurium (oggi Moosham), località posta lungo la
strada da Salisburgo a Kaernten, presso un importante
nodo viario, si riconoscono due edifici per accoglienza
(fig. 6, A-B e J), uno stabilimento termale ed un mitreo.
Gli edifici accolgono anche locali adibiti alle lavorazioni
artigianali; quello più a nord (J) ricorda maggiormente
quello A del Piccolo S. Bernardo (scheda XI.4), dal
momento che ha un ingresso al cortile nel lato lungo
frontale (BENDER 1975, p. 24, fig. 26). Nelle costruzioni A
e B si identificano degli esercizi commerciali; a parte è lo
stabilimento termale, mentre negli edifici C ed F i
rinvenimenti localizzano delle officine per la lavorazione
dei metalli e delle stoffe. Da rilevarsi che la strada
importante non è quella che separa i due blocchi di edifici,
ma passa probabilmente in prossimità di quello che è
riconosciuto come il vero edificio postale, circondato da un
piccolo aggregato.
IV. – Confronti dalle Province
79
Presso Styria, nel distretto austriaco, è stata riportata alla
luce una mansio dalla planimetria particolarmente
“convenzionale”. Si tratta di una struttura oblunga, a due
piani, di circa m. 13,5x23, disposta con il lato corto sulla
strada, mentre lungo uno dei lati maggiori era disposto un
cortile per parcheggiare i veicoli. Al pian terreno si trovano
una stalla, che poteva ospitare circa una dozzina di bestie,
un’officina con tutto l’arredo dell’opificio e della fonderia
di un maniscalco, un ufficio, una cucina ed una sala da
pranzo. Questi ultimi tre locali si aprivano a sud, ma in una
seconda fase erano stati comunque forniti di pavimento su
suspensurae per migliorarne il riscaldamento. Il piano
superiore, costruito prevalentemente in legno e, quindi,
quasi totalmente distrutto, ospitava le camere da letto.
Costruita sotto Augusto, rimase continuamente in uso per 3
secoli1.
Siria
Lungo la via per Gerico, è stata ben documentata una
struttura di servizio, sulla riva sinistra del Wadi es Sidr,
all’incrocio tra la strada per Ramallah, su un terrazzamento
allungato verso la strada; data l’assenza di fonti itinerarie
per quel tratto viario, questa stazione resta anonima (fig.
7). L’edificio principale è costituito da grandi vani disposti
sui tre lati di un cortile scoperto, aperto sulla strada
mediante una galleria (fig. 7, E). Per l’ambiente B si
avanza l’identificazione con la scuderia. “G” è un bacino
d’acqua rifornito attraverso una conduttura, che corre sul
muro, dalla grande cisterna “H”, che poteva essere alta fino
al secondo piano. A questa se ne aggiungeva un’altra, poco
distante. La datazione non è precisata, ma spazia dall’età
romana alla bizantina (BEAUVERY 1957, pp. 86-94).
Numidia
Nella parte meridionale della Numidia, Baradez ha
documentato due stazioni stradali, planimetricamente
molto simili: quella più grande (m. 33x37) è aperta su un
solo lato, con ampio cortile, intorno al quale si dispongono
vari ambienti, in qualche caso comunicanti (fig. 8). Le
murature sono con alto zoccolo in pietrame a piccola
pezzatura legato da malta ed intonacato esternamente o in
blocchi di pietra trattati a bugnato. Gli elevati erano in
“terra battuta” (pisé?; ROMANELLI 1970, pp. 22-23, fig. 8).
In entrambi questi complessi, si conservano resti di
torcularia per le olive: si ha quindi, una perfetta conferma
del dato toponomastico che in Africa conosce una tappa
itineraria Ad Stabulum olearum (supra, cap. III.5).
Egitto
Presso la stazione di Bab el Mukheinig (fig. 9), l’edificio
per accoglienza ha una pianta molto larga e poco profonda,
che lo avvicina ai tipi attestati presso Ponte di Nona (qui,
scheda n. I.8) e a Wadi es Sidr in Siria. Presso
quest’insediamento si è riconosciuto un vasto recinto per
gli animali. La stazione non sembra fortificata, quanto
piuttosto controllata da una torre posizionata alla sommità
della collina restrostante (REDDÉ - GOLVIN 1987, p. 30).
Stazioni fortificate
Le trattazioni sui vari Limites dell’impero consentono di
arricchire molto il campionario di stazioni che univano le
funzioni di postazione militare con quelle di luoghi di sosta
e servizio alla viabilità: non potendo affrontare il tema
degli insediamenti fortificati che presidiavano i Limites, e
che spesso includevano le stazioni2, presento – per il
continente europeo - i soli casi di Carleon e Saalburg-
Kastells, perché almeno nel primo caso, l’edificio sede del
cursus è stato riconosciuto in una struttura fortificata
organizzata intorno ad una corte, posizionata a sud
dell’anfiteatro. In origine aveva l’aspetto di uno
stabilimento termale, ma il complesso fu completamente
ristrutturato in età adrianea e di nuovo all’inizio del III
secolo: qui come ad Inchtuthil, l’impianto data alla
fondazione del campo legionario, ma la stazione assume
l’aspetto caratteristico solo nell’età adrianea (REDDÉ -
GOLVIN 1987, p. 30).
Come esempio di stazione presso un castrum, il Bender
indica quella di Saalburg-Kastells nella Germania
settentrionale (fig. 10), dove identifica come mansio un
edificio a corte, posto appena fuori del circuito murario,
lungo la strada romana, alle spalle del quale si trova uno
stabilimento termale, esempio “ibrido”in cui la stazione
postale è in realtà priva di difese proprie.
Nelle province meridionali, si ripete il modello del recinto
a pianta regolare (quadrato e rettangolare), di dimensioni
varie, fortificato da torrioni agli angoli (a volte solo presso
l’ampio ingresso e sul lato frontale) ma spesso non ne è
nota l’articolazione planimetrica interna. Quando è stato
possibile tracciare la scansione delle volumetrie, si è potuto
verificare che, nei recinti più piccoli, si ha una
distribuzione dei vani lungo i tre lati disposti ad “U”
rispetto a quello d’ingresso, e che - soprattutto nelle
regioni calde e desertiche - è il punto d’acqua
(regolarmente un grande bacino o cisterna, più di rado una
sorgente), che funge da fulcro della planimetria. Questa
caratteristica viene ereditata e rispettata anche nelle
stazioni di sosta più tarde, come i khan dell’Anatolia, come
è confermato dal caso del fortino-stazione di Bir
Hammamat, in Egitto, con il pozzo di epoca islamica, che
riadatta verosimilmente quello romano (REDDÉ - GOLVIN
1987, pp. 8-9).
Tra gli esempi ben documentati in Egitto, possiamo
ricordare quelli di Kasr al Banat (fig. 11), a 50 km. da
Qeft, con attestazioni epigrafiche di età di Augusto ed
Adriano, con due pozzi-cisterna, uno dei quali rifornisce
un bacino (REDDÉ - GOLVIN 1987, pp. 7-8), o El Homra a
129 km. da Qeft (fig. 12), con vani che si dispongono su
tutti i lati del vasto recinto, alla sommità del quale si
poteva accedere mediante le numerose rampe di scale
(REDDÉ - GOLVIN 1987, p. 16). Recinti dalla planimetria
molto semplificata, con un’articolazione interna quasi mai
nota, sono stati riconosciuti come sedi delle mutationes
menzionate nel Burdigalense anche in Tracia: la mutatio
Purdis sarebbe da riconoscersi nel recinto a pianta
rettangolare, con due torrioni sul lato frontale, con
IV. – Confronti dalle Province
80
murature in pietrame legato da malta, alternato a ricorsi di
laterizi, posta a m. 500 di distanza dalla strada che unisce
Salonicco a Xanti, presso il paese moderno di
Pondolivado, tra Acontisma e Topiro (MOUTSOUPOLOS
1979, p. 214); uguale aspetto fortificato (con un muro di
fortificazione completato anche da torri angolari circolari e
da torri a pianta rettangolare sui lati) avrebbe avuto la
mutatio di Breirophara (MOUTSOUPOLOS 1979, p. 216). I
perimetri fortificati più ampi hanno un’articolazione
interna appena più complessa, come quello di El Mweith
(fig. 13), in Egitto3 o composita, come avviene a Tell al
Zarqa (fig. 14), sempre in Egitto, insediamento a 116 km.
da Qeft, circondato da muri con cammino di ronda.
All’interno si riconoscono gli alloggi per i militari, e
colpisce il gigantesco pozzo al centro, accessibile mediante
una scala.
Un caso eccezionale è quello del Mons Claudianus (figg.
15-16), indagato nei dettagli da Th. Kraus, J. Röder e W.
Müller-Wiener (KRAUS - RÖDER 1962; KRAUS - MÜLLER-
WIENER 1967): mi limito a sottolinerare la sistemazione
fuori della cinta fortificata di una vasta palizzata per gli
animali (ben delineata nella fase di II secolo d.C.), e la
presenza di uno stabilimento termale, affiancato da un
edificio definito genericamente abitativo dagli editori,
appena fuori dalla porta del fortilizio, nella fase basso
imperiale, caratteristica che trova confronto a Saalburg
Kastells.
Più articolate e composte da vari edifici appaiono le
stazioni distribuite lungo la strada che unisce Qena ad Abu
Sha’ar: quella di El Heita (fig. 17), è difesa ulteriormente
da una fortezza arroccata sulla collina retrostante, mentre
la stazione vera e propria è costituita da un recinto con torri
angolari, che racchiude diverse costruzioni, una almeno
delle quali è qualificabile come cisterna, a sud
dell’ingresso. All’angolo sud-est del fortino si addossa un
vasto recinto, ritenuto destinato ad accogliere il bestiame4.
Almeno un rinvenimento epigrafico data forse all’età di
Domiziano, o meglio a quella di Elagabalo, mentre i rari
rinvenimenti monetali riportano alla tetrarchia5.
Bisogna rimarcare, però, che la configurazione a posto
militare di molte stazioni stradali, non è esclusiva delle
regioni limitanee: allo scarso stato di conservazione che
caratterizza gli insediamenti del cuore dell’Impero,
sopperisce la tradizione toponomastica, che conserva, in
Italia come in Francia, il ricordo di castra e torri
fortificate, funzionali al controllo della viabilità, impiantate
soprattutto in epoca basso-imperiale (CHEVALLIER 1997, p.
285).
Stazioni urbane
Ad Augusta Raurica (Augst, in Svizzera), dove è attestata
la presenza di una stazione di beneficiarii e dove si
effettuava la raccolta dell’annona militare, la stazione (fig.
18) è stata identificata sulla base della planimetria e della
vicinanza ad un grande complesso per immagazzinamento:
appena entro le mura, lungo la viabilità che entra dalla
porta occidentale, si trovano un complesso commerciale,
un albergo e un granaio, lambito da un acquedotto. La
corte, aperta sulla strada, è delimitata da due blocchi di
costruzioni ad “U”, con alzato in legno su zoccolature in
pietra: al suo interno, si segnalano la presenza di ambienti
ad uso abitativo con cucina, di ambienti ad uso termale, di
un locale identificato con una macelleria ed un
abbeveratoio. Alcune parti di questi monumenti sono datati
al II secolo d.C. finale (BENDER 1975, pp. 25-26).
Ad Ambrussum, sulla via Domitia, presso un oppidum già
strutturato nel III secolo a.C., la cui occupazione dura tra il
30 a.C. ed il 240 d.C., con una breve rioccupazione dopo
l’abbandono nel IV secolo, J.L. Fiches ha riconosciuto la
stazione nella parte bassa della città. Si tratta di un edificio
il cui impianto data al I secolo d.C., costituito da una
grande corte chiusa, con ampio ingresso carrozzabile,
fiancheggiata da due ali, l’una con quattro vani affiancati,
aperti su un peristilio (interpretata come alloggio per i
viaggiatori), l’altra che funzionava da alloggio per il
personale di servizio ed includeva le scuderie. È
caratteristica, inoltre, la presenza di un pozzo, una macina,
un forno per il pane ed una fonderia. L’abitato è articolato
in una piazza, intorno alla quale sono alcuni isolati separati
da vicoli, ed è dotato di un impianto termale pubblico
(FICHES 1981; FICHES 1989).
Osservazioni
Sulla base delle esemplificazioni qui brevemente
presentate, si può osservare che:
Scelte insediative e caratteristiche topografiche
- Il riconoscimento di una stazione stradale è fondata,
oltreché sulle ovvie premesse di carattere topografico
(presenza di un importante asse viario, concordanza con i
dati itinerari, o sulla base della considerazione delle
esigenze dei sistemi di trasporto antichi, soprattutto in aree
poco popolate e climaticamente ostili), sulle caratteristiche
planimetriche degli edifici e sulle qualificazioni funzionali
delle loro parti.
- La contiguità topografica con la strada caratterizza quasi
tutti questi edifici, con l’esclusione di alcuni della
Britannia, dove le mansiones scelgono posizioni
leggermente arretrate rispetto alla strada (anche 100 m.).
Nel caso di Chameleux, si avrebbe perfino una
duplicazione delle strutture della stazione sul lato opposto
della strada.
- Si verificano entrambe le condizioni: gli agglomerati che
sono attigui ad una stazione sono preesistenti ad essa, e
rappresentano anzi il polo che ne ha attratto l’impianto;
oppure, gli abitati sorgono intorno alle stazioni, per un
fenomeno spontaneo o indotto, per funzionare da centro-
servizi alla viabilità ed anche come luoghi dove si
raccoglievano le contribuzioni.
- È indispensabile che nei pressi della stazione si trovi una
fonte di approvvigionamento idrico, come è dimostrato
anche dai dati più frammentari: esempi provengono dalla
Macedonia (la località di Basilake, identificata con il Fons
di Tab., VIII, 3, lungo la strada tra Philippopolis e
Neapolis: SAMARTZIDOU 1990), dove si ritrova la fonte
con tracce della sua fruizione in età antica, e dalla Siria,
IV. – Confronti dalle Province
81
dove in una località a sud di Bab-el-Hawa, lungo la strada
tra Antiochia sull’Oronte e l’Eufrate, nel tratto tra
Antiochia e Caldice, a lato di un tratto di strada romana
molto conservato (di m. 6,50 di ampiezza, con fondo
stradale a blocchi), si trova un abbeveratoio scavato nella
roccia, il cui fondo era reso accessibile da gradini,
sistemato in uno spiazzo livellato a lato della strada,
servito da una serbatoio, che conteneva l’acqua nelle
stagioni più arse (LEVI 1938, pp. 8-9, tav. I, d).
- Nel caso della stazioni localizzate presso gli abitati, viene
ammessa sia la possibilità che si trovino appena fuori della
cinta muraria, che entro il perimetro cittadino, in
prossimità delle porte. A tal proposito, il Bender ritiene
diagnostica la presenza di un horreum extraurbano o posto
ai confini dello spazio urbano.
Luoghi di culto
Luoghi di culto pagani sono attestati presso alcune di
questa stazioni, come Bir Hammamat dove è noto un
santuario di Pan, ad Immurium dove è un mitreo, a Tell al
Zarqa dove sarebbe stato identificato un sacello dedicato
ad una divinità sconosciuta.
Planimetria e volumetrie
- La maggior parte di questi apprestamenti sulle strade
(mansiones, ma anche vici) sono forniti di cinte difensive.
- La caratteristica planimetrica dominante è l’articolazione
intorno ad un’area scoperta, ai lati della quale si
distribuiscono i vari corpi di fabbrica. Tra questi, sono
facilmente riconoscibili quelli destinati agli alloggi per
frequentatori di medio livello, uniformi nelle loro
articolazioni, come gli alloggi delle caserme (contubernia);
potevano essere anche distinti in due complessi (come a
Inchtuthill, Chemsford e Rottweil)6.
- Nell’area gallica sembra caratteristico un edificio a pianta
allungata tipo quello di Albert della Somme, nella Francia
settentrionale (AGACHE 1978, pp. 286, 287 fig. II, p. 352),
che trova un confronto anche in area Cisalpina nell’edificio
A di S. Bartolomeo al Mare (scheda n. IX.3, Lucus
Bormani).
- La forma ad ampio cortile perimetrato da ambienti con al
centro un punto d’acqua è ereditato nel mondo islamico: i
khan differiscono da luogo a luogo, ma in genere hanno
delle dotazioni comuni: stalle, alloggi, spazi aperti destinati
comunque al bestiame, depositi e magazzini, ed in qualche
caso sono corredati da servizi aggiuntivi di lusso come il
bagno (hammam), le latrine, il forno, la sala di preghiera7.
- Sulla base della planimetria, o meglio del dato di scavo,
sono riconoscibili spesso le stalle, i magazzini, e il
quartiere del personale (in Britannia, solo Inchtuthill
presenta tutte queste caratteristiche). Il numero di stalle e
capannoni per i veicoli che si sono potuti documentare con
certezza è piuttosto limitato (esempi a Chelmsford,
Chester, Corbridge e Richborough), ma ci sono tanti
ambienti coperti, disposti lungo i perimetri delle aree
scoperte, accessibili dal cortile, che possono aver svolto
questa funzione. Al contrario i granai, più facilmente
riconoscibili, si sono potuti localizzare quasi dovunque. In
qualche caso, è significativa la presenza di una sala di
rappresentanza dove le autorità locali avrebbero potuto
discutere i loro affari.
Dotazioni infrastrutturali
- Quasi sempre, entro il complesso della stazione o nelle
sue immediate vicinanze, era uno stabilimento termale;
nelle province con clima più rigido, alcune delle stanze
adibite a soggiorno e stanze da letto erano fornite di
riscaldamento.
- Non c’è riferimento nelle edizioni alla presenza di
acquedotti che abbiano servito questi complessi: nel caso
di Augusta Raurica, l’acquedotto è tangente alla stazione,
ma non è certo che la rifornisse.
Criteri progettuali e tecniche costruttive
- L’impegno tecnico nell’edificazione distingue spesso una
stazione rispetto alle altre costruzioni: almeno in Britannia
(ma probabilmente anche in altre province), anche nei
centri urbani, le stazioni rappresentano gli unici edifici
costruiti in muratura, oltretutto dotati d’impianti termali e
sistemi di riscaldamento, assai rari in una provincia con
una così bassa incidenza della romanizzazione.
- L’uniformità nelle dimensioni degli impianti termali del I
e II secolo, induce il Black a ritenere che fossero progettati
ad uso esclusivo delle stazioni e che, qualora queste si
trovassero localizzate presso castra o villaggi, gli abitanti
ne fossero esclusi dalla fruizione.
- La progettazione almeno in una fase iniziale in Britannia
sarebbe stata affidata ai militari, come emerge dal fatto che
sono previsti solo gli alloggi per i personaggi di alto rango,
dal momento che i viaggiatori di basso livello sociale
potevano sistemarsi presso strutture private.
- Negli esempi inquadrati tipologicamente dal Black,
esistevano alloggi di duplice livello, di prima classe e di
livello medio, come nelle stazioni di Saalburg ed Eining. I
viaggiatori di grado inferiore, anche in missione ufficiale,
come i militari, almeno in qualche caso, potevano trovare
alloggio presso le strutture private dei piccoli abitati. In
Britannia, in particolare, si ritiene che le mansiones fossero
riservate solo agli alti ufficiali e che i soldati semplici e gli
ufficiali dei gradi inferiori potessero sostare presso le
strutture di ricezione dei vici: in questo senso, vicus
sottintenderebbe un sinonimo di mutatio, luogo, cioè, dove
i provinciali sono obbligati a mantenere economicamente il
servizio di posta mediante una contribuzione “in natura”
(fornendo, appunto, gli animali) (BLACK 1995, p. 89).
Cronologia
- Il confronto delle cronologie, indica che in alcune
province è facilmente diagnosticabile un periodo di attività
più intensa nei nuovi impianti e nelle ristrutturazioni
radicali (ad esempio, in Britannia è l’età adrianea che vede
l’attuazione di un progetto a larga scala).
- Prima del IV secolo, sempre su suolo Britannico, non è
riconoscibile archeologicamente nessun edificio qualificato
come mutatio; è possibile che il cambio dei cavalli prima
di allora fosse effettuato presso strutture deperibili, come
stalle costruite in legno.
IV. – Confronti dalle Province
82
- L’adozione del modello a corte centrale intorno alla quale
si dispongono tutti gli immobili non si afferma prima della
seconda metà del II secolo d.C.
- In Britannia, la stessa fase adrianea sarebbe caratterizzata
dall’aggiunta, presso le stazioni, dei fabbricati destinati ad
ospitare i privati cittadini .
- Sono attestati casi in cui “le fondazioni” o le ricostruzioni
ab imis sono dovute a fattori localizzati (ad esempio,
Chameleux dopo l’inondazione), ma, in generale, la
costruzione, la riedificazione, gli ampliamenti ed i restauri
sono stati messi in relazione con fasi dell’occupazione
romana e di ristrutturazione dei singoli tracciati viari; non
sembra, quindi, potersi intravedere, nella complessità del
mondo romano, una politica di intervento conformata alle
fasi di riorganizzazione del cursus.
1 Beiblatt in “Jahresshefte des österreichischen Archaeologischen
Instituts”, XXVII, 1932, pp. 194-222; CASSON 1974, p. 201. 2 Per l’Africa settentrionale vedi le opere di BARADEZ 1949 e TROUSSET
1974; mentre lungo il confine siriaco, il caso archeologicamente meglio
documentato è quello indagato dal Poidebard, lungo il limes di Chalcis, dove sono stati catalogati diversi tipi di stazioni fortificate: POIDEBARD
1934. In molti casi, però, per quanto sia conosciuta la struttura fortificata, non si possono reperire dati sulla stazione vera e propria, come nei casi di
Ad Statuas, castrum fortificato lungo la strada tra che segue il Danubio
(THE ROMAN FORT AT ACS 1989) e dell’insediamento romano nel Tossal de Cal Montblanc, presso Abesa, La Noguera, Lleida, in Spagna. È
fornito di cinta fortificata protetta da una torre, ed è ritenuto una stazione
stradale, perché si attesta lungo la strada antica di collegamento tra i fiumi Ribagorçana e Farfanya. È stato solo oggetto di ricerche topografiche, ma
si evidenzia bene un recinto di forma quasi quadrangolare, con un
bastione a pianta quadrata, molti resti di edifici e l’imboccatura di due cisterne. Datazione: dalla prima epoca imperiale al basso impero (ROVIRA
PORT – GASCA COLOBRANS 1990). 3 A 64 km. da Qeft, a pianta rettangolare con torri agli angoli, in pietra legata da malta. Qui la cisterna è localizzata in un angolo a lato
dell’ingresso. REDDÉ - GOLVIN 1987, p. 8. 4 Allo stesso scopo si ritiene destinato il recinto individuato presso la
stazione di El Saquia, rilevata dallo Wilkinson: REDDÉ - GOLVIN 1987,
pp. 25-30. 5 REDDÉ - GOLVIN 1987, pp. 21-25. Tutti questi edifici sembrano costruiti
in mattoni crudi. 6 In alcuni casi ripetono proprio il modello delle baracche dei militari, con una serie di celle di dimensioni uniformi a schiera, che si aprono su una
sala di rappresentanza: BLACK 1995, pp. 91, fig. 67. 7 C’è una leggera differenza tra i caravanserragli urbani e quelli stradali: questi ultimi, eredi di quelli achemenidi e bizantini, hanno una pianta più
compatta, a volte fortificata, fornita di un solo accesso, largo a sufficienza
per far passare gli animali da soma, e sono sempre dotati di una fonte di approvvigionamento idrico. I caravanserragli sono di tre tipi: a corte (con
un recinto rettangolare con un unico accesso su uno dei lati brevi; i vani si
dispongono tutt’intorno, separati a blocchi, o uniti con facciate decorate da pilastri e arcate); a sala coperta (più piccoli, con un edificio spartito in
tanti vani, simmetricamente organizzati e coperti con cupole e volte); di
tipo “combinato” tra i due precedenti, come il Sultan han presso Kayseri-Sivas, sulla strada tra Konya e Aksaray: CRESTI 1993.
83
CAPITOLO V
RASSEGNA TOPOGRAFICA
PREMESSA ALLE SCHEDE DELLA RASSEGNA
Le schede che seguono non si presentano, di necessità,
omogenee: in molti casi sono stata costretta a schedare
edifici che non sono identificabili con le stazioni vere e
proprie ma con gli edifici che le contornavano o che da
esse sono stati attratti (i casi delle necropoli o degli edifici
di culto cristiani) o a presentare la scheda di uno
stabilimento termale pubblico di grande impegno tecnico
che solo marginalmente deve aver interessato il luogo di
sosta vero e proprio, rappresentandone cioè spesso la
calamita che lo aveva fatto stanziare in quell‟area,
garantendone la frequentazione ed alleggerendolo dalla
necessità dell‟impianto di uno stabilimento termale
proprio.
Qualora per alcune tappe vengano avanzate diverse
proposte di identificazione, e per una soltanto o per diverse
di queste sussistano dei dati materiali sufficienti per
condurre la schedatura, sono state redatte le schede distinte
con la lettera dell‟alfabeto che individua la proposta di
identificazione stessa.
In molte occasioni, non si è potuto limitare il repertorio
bibliografico alla citazione dei soli contributi più recenti,
poiché nella maggior parte dei casi questi insediamenti non
sono stati oggetto di studi d‟insieme o di una edizione
completa, ma piuttosto di segnalazioni molto frammentarie
che hanno dovuto essere prese in considerazione
singolarmente, e pazientemente collazionate nel tentativo
di ricostruire un quadro organico, che tenesse conto anche
dei fattori topografici e dell‟inquadramento nella rete viaria
di epoca romana.
In qualche caso, si sono dovute lasciare delle lacune su
informazioni che non vengono fornite nelle edizioni. Nelle
schede archeologiche alcune voci sono state inserite per
meglio inquadrare proprio queste lacune e consentire al
lettore una valutazione personale della qualità dei dati. La
voce "scavi" vuole, ad esempio, spiegare la carenza di
informazioni sul dato planimetrico (quando le indagini
sono troppo limitate in estensione) o cronologico (quando
si tratta di scavi datati o di emergenzache non hanno
previsto lo studio dei materiali).
Data la vicinanza al confine dell‟Italia Augustea, e visto
che attualmente è parte del territorio nazionale italiano, è
stata inserita qui la scheda della stazione di Sebastum, nel
norico, perché particolarmente interessante e ben
documentata archeologicamente.
V.1 Rassegna topografica: Regio I
84
V. 1. REGIO I
LATIUM ET CAMPANIA
Dell‟articolatissima viabilità che si dipartiva da Roma,
viene qui presa in considerazione solo quella menzionata
nelle fonti itinerarie1. A tale proposito, è opportuno
ricordare che le principali incertezze circa la loro lettura
riguardano l‟omonimia della tappa Ad Pictas che
l‟Antonino propone per le vie Latina e Labicana, prima
della loro congiunzione presso Compitum, e la
ricostruzione della viabilità di collegamento tra Roma,
Ostia ed i centri di Laurentum, Lavinium e Lanuvium2.
Lungo la via Appia ed un tratto della via Tiburtina, sono
stati qui segnalati e brevemente descritti numerosi
rinvenimenti, indagati e conservati in misura molto
diversa, con l‟intento, lì dove la “previdenza” del Canina o
le opportunità di condurre indagini di scavo correlate a
progetti di espansione edilizia o per la realizzazione di
grandi opere pubbliche, permettono di ricostruire nel
dettaglio il panorama che si offriva al viaggiatore che si
allontanava dall‟Urbe, e che poteva usufruire di servizi ed
infrastrutture estremamente diversificati.
I percorsi sono stati articolati come segue:
1) via Appia;
2a) Via Latina;
2b) via Casilina e Labicana;
2c) raccordo tra la via Latina ed Aesernia, via Venafrum
(regio IV);
3) Via Prenestina;
4a) Via Roma- Lavinium - Circei - Tarracina (Severiana);
5a e b) Campi Flegrei;
6a) Via Tiburtina;
6b) Via Tiburtina Cornicolana;
7) Viabilità secondaria, lungo il Tevere.
Via Appia
Ad Nonum Scheda I.1
Villa del Palombaro cd. di Gallieno (fig. 19).
Sub – Lanuvium
a) È certa l‟esistenza di un raccordo stradale tra la cittadina
e l‟Appia antica che corre alle falde dell‟altura su cui sorge
il centro, oltre a quello che si stacca nei pressi di Monte
Cragnoletto; è verosimile, perciò, che sia antica anche la
strada ricalcata dalla via papalina, detta Aurelia vecchia,
che dal paese raggiunge la consolare presso il castello di S.
Gennaro (detto “il Castellone”): qui si troverebbe la
stazione, ma la localizzazione non è certa. La sommità
della piccola altura è perimetrata da un muro medievale in
blocchetti di tufo, che si aprivano verso una rampa dove
era l‟ingresso della fortificazione, sul lato della strada
moderna, ma questa cinta è stata preceduta da una più
antica, a blocchi di opera quadrata, ben visibili sul lato
dell‟ingresso, frammentariamente a ponente, e sotto il
terrazzamento artificiale che, in una fase intermedia tra le
due, ha ospitato una villa romana. Il terrazzamento,
orientato a mezzogiorno, è contenuto da muri in opera a
sacco, contraffortati verso valle; sulla sua superficie
restavano nel dopoguerra una serie di 5 vani affiancati, in
opera reticolata, coperti a botte3.
Dopo il ponte sul fosso di S. Gennaro, 250 m. prima di
arrivare al castello, sulla sinistra, sono i resti di un edificio
di età romana, in opera laterizia, con una parete curvilinea,
inglobato in un casale in rovina, edificio per il quale il
Quilici ha proposto l‟identificazione con una taberna
(QUILICI 1989B, p. 81, fig. 45). Dopo il castello di S.
Gennaro, si conserva un altro ponte sul fosso Martinella.
CRESSEDI 1949, pp. 95-96.
b) Per Quilici è più verosimile la localizzazione della
stazione più a nord, presso i grandi resti di calcestruzzo ora
inglobati in una villetta, a destra della strada antica, dove
questa si separa dalla SS. 7, dopo Monte Cragnoletto. Si
conserva, qui, anche parte del muro di contenimento del
terrapieno in opera quadrata di travertino, su cui sorgeva la
villa, muro che delimita anche il marciapiede.
QUILICI 1989B, p. 77, fig. 42.; p. 81, fig. 45.
Ad Sponsas Scheda I.2
a) In località Soleluna, all‟incrocio tra la via Appia e la via
Velletri - Satricum – Anzio (detta via Mactorina).
b) Il de la Blanchère l‟aveva invece localizzata presso
Ponte di Mele, all‟incrocio con la via di Civitana, dove
sono resti antichi, messi in relazione con quelli di Vigna
Capocchio e della Civitana, che sono però pertinenti a
impianti rustici.
PELZER WAGENER 1913, pp. 401-402.
Stazione anonima in loc. “Le Castella”
Loc. Le Castella, comune di Cisterna di Latina, prov. di
Latina.
Interessante caso di continuità di un insediamento romano
in epoca medievale: si ipotizza l‟esistenza di un impianto
termale connesso ad una stazione di sosta, dove la presenza
della strada romana avrebbe attratto l‟impianto di una
basilica, dal significativo nome di S. Andrea in Silice.
Presso il luogo di culto, sarebbe sorto un primo castello,
detto vetus, rimpiazzato da un nuovo nel 12014. Le
strutture della chiesa reimpiegavano già, probabilmente,
parti del preesistente edificio romano, ed il sito era già
fortificato, come sembra anche evincersi sulla base
dell‟esistenza di un fossato, ancora oggi individuabile a
sud della chiesa5. Tra reperti mobili, è rilevante una fistula
plumbea, riportante il nome del proprietario al genitivo,
ricondotta in via ipotetica all‟impianto termale lungo la
strada, o, meglio, al proprietario di una villa rustica. Sulla
base del rinvenimento di una lastra a bassorilievo
raffigurante una processione di cavalieri, si ipotizza la
V.1 Rassegna topografica: Regio I
85
presenza di un luogo di culto di epoca classica (V secolo
a.C.).
COSTE 1990, p. 132; PETTI 1991.
Tres Tabernae Scheda I.3
Ad Flexum
Tradizionalmente è riconoscita nella Taverna di S. Cataldo,
dove la via Latina incrocia la Casilina moderna, ma di
recente si è proposta un‟identificazione leggermente
spostata, alla chiesa di S. Maria del Piano, che riusa
murature di epoca romana. Da qui provengono anche molti
materiali di età romana e sono attestati due tratti basolati,
riconducibili, in via di ipotesi, alla via Latina ed al
deverticolo per Venafrum.
VALENTI 1999, p. 141.
Tripontium
Loc. Tor Tre Ponti, 1 km a sud dell‟incrocio tra l‟Appia e
la strada Latina - Latina scalo. Casale seicentesco sulla
sinistra, dove sono murati alcuni miliari, davanti alla
chiesa di S. Paolo. A m. 500 dal borgo, si trova un ponte
antico a due arcate sul fiume Ninfa (detto “di Traiano”), ed
altri 20 m. a sud, è un piccolo ponte romano sul canale
Striscia. In epoca medievale sorse qui la chiesa di S. Maria
Treponti. Il tratto di Appia tra Tripontium e Forum Appi ha
subito rifacimenti soprattutto tra l‟epoca di Nerva e quella
di Traiano.
ROMAGNOLI 1966; COSTE 1990, p. 127.
Forum Appi
Loc. Borgo Faìti, prima del bivio tra l‟Appia e la via per
Sezze. Della stazione, che doveva costituire solo una parte
dell‟abitato sorto intorno al foro che portava il nome del
fondatore della via Appia Claudia, resta solo un‟area di
frammenti fittili triturati dalle arature, a sinistra della
strada, specialmente dietro il grande casale di Frappo, dove
si trovano blocchi parallelepipedi di tufo e un rudere
laterizio. Prima del casale, c‟è il ponte romano sul fosso
Cavata. Nel tratto compreso tra Forum Appi e Terracina, la
via Appia prendeva nome di Decennovium, in riferimento
alle 19 miglia (circa 28 km) di distanza tra le due località.
Questo tratto era particolare perché, da qui, il canale che
fiancheggiava la strada, alimentato anche dalle acque dal
Canale di Ninfa, diveniva navigabile (e lo era ancora alle
chiatte nei primi decenni del secolo), potendosi usare le
barche fino alla rupe di Leano, dove il canale sfociava in
mare. Tale possibilità fu sfruttata da Orazio, nel corso del
suo celebre viaggio fino all‟Adriatico, che ricorda Forum
Appi “gremito di battellieri e di osti imbroglioni”.
In epoca medievale, è attestata nell‟area del borgo la chiesa
di S. Leonardo de Silice.
QUILICI 1989A, p. 10; CANCELLIERI 1990, pp. 61-67;
COSTE 1990, p. 127.
Ad Medias
Loc. Casale di Mesa, 12, 5 km. a s. di Borgo Faìti. Qui si
trova il casale di posta pontificio più articolato, che
perpetua la mansio di Ad Medias, dalla quale deriva lo
stesso nome di Mesa, intendendosi la metà del percorso del
Decennovio. Davanti al casale, sembra potersi ricostruire
un allargamento della sede stradale, che si amplia in uno
spiazzo lastricato. Ai lati del portone del casale, sono
collocati i cippi miliari traianei XLVIII e XLVIIII, trovati
nel corso dei lavori settecenteschi di ripristino dell‟Appia
(CIL, X, 6833 e 6835)6. Sullo stesso lato sinistro
dell‟Appia, sono i resti di un grande mausoleo in
calcestruzzo, presumibilmente di tarda età repubblicana. A
m. 300 dal casale, in direzione Terracina, il Lugli aveva
segnalato una fontana abbeveratoio, costruita con mattoni
antichi, con cortina esterna in opera mista di tufelli e
laterizi e rivestimento interno in cocciopesto, servita da
una conduttura in terracotta a sezione rettangolare,
struttura della cui antichità non era, però, certo. All‟altezza
del Casale si staccava la via di collegamento con le pendici
dei monti Ausoni, che seguiva un asse centuriale: il suo
prolungamento ideale verso la costa raggiungerebbe il lago
di Fogliano, e quindi la stazione di Ad Turres Albas.
All‟inizio del XII secolo è qui attestata la presenza di una
chiesa dedicata alla SS. Trinità, e nel XIII secolo un
hospitalis per i pellegrini7.
CANCELLIERI 1975; CANCELLIERI 1987, p. 62, nn. 28-30;
QUILICI 1989A, pp. 13-15; COSTE 1990, pp. 127-128;
QUILICI 1990, p. 55, n. 28.
Tarracina
Presso l‟antica colonia si possono segnalare diverse
emergenze archeologiche, riconducibili alle funzioni di
servizio alla viabilità, anche se non si può indicare con
sicurezza la stazione stradale di epoca imperiale, da
localizzarsi presso il tracciato della strada consolare
radicalmente trasformato in età traianea. Le segnalazioni
pertinenti alla via Appia repubblicana che seguono,
tuttavia, sono interessanti per comprendere come potessero
essere organizzati i luoghi di sosta prima della
strutturazione del servizio di posta imperiale.
a) secondo l‟Apollonj Ghetti, la via Appia repubblicana,
detta Appia Claudia all‟altezza di Piazza della Repubblica,
piegava a sinistra e saliva verso il perimetro del tempio,
fiancheggiata da edifici tra i quali “la stazione porticata
adibita al cambio dei cavalli ed al ristoro dei viaggiatori”,
sulla quale, però, non vengono forniti dettagli8.
APOLLONJ GHETTI 1982, p. 24.
b) La via Appia più antica, che dopo aver attraversato la
città, sale verso il monte alle spalle del tempio di Giove,
sempre costellata di sepolcri; si separa dalla via per il
tempio all‟altezza del bivio per il cimitero, e raggiunge il
crinale del monte, dove, presso la sella montana, al Saltus
Lautulae, si trova la Piazza Palatina (già piazza dei
Paladini), dove è uno spiazzo, di circa 22 m. di raggio, in
parte ricavato nel banco roccioso, e ampliato verso il
pendio da muri in opera quasi quadrata di calcare,
attrezzato per consentire il riposo degli uomini e degli
animali9.
LUGLI 1926, coll. 201-202, fig. 23; Carta n. 2, senza
numero di riferimento per la segnalazione; BROCCOLI
1975; QUILICI 1989A, pp. 23-25.
c) Stabilimenti termali posti in prossimità degli accessi
cittadini: le cd. “Terme Nettunie”, subito fuori del
perimetro urbano, proprio in prossimità del tratto basolato
V.1 Rassegna topografica: Regio I
86
dell‟Appia10, e un altro complesso termale molto vasto e
molto articolato, completato da ambienti residenziali
riccamente decorati (mosaici attribuibili al II - III secolo)
posizionato sulla destra della via Appia provenendo da
Roma, a 30-50 m. di distanza da essa, circa m. 500 prima
della Porta Romana del centro moderno, in loc. Prebende o
S. Cesareo (presso la moderna stazione ferroviaria),
DE ROSSI 1987, pp. 25-39; MALIZIA 1988.
Sinuessa
La stazione si trova, secondo il Lugli, presso i Bagni
Minerali, a 2 km. dal centro abitato. In via ipotetica, si
possono, quindi, ricondurre alla stazione le Terme sulfuree
Sinuessane, in parte inglobate da stabilimenti moderni:
resti del complesso terrazzato sono localizzati sul pendio
del Monte Pizzuto, alle falde del quale corre l‟Appia (in
prossimità del Casino Tranzo, si stacca la via Domiziana).
Si tratta di resti di murature in opera reticolata e opera
laterizia11.
LUGLI 1952, p. 286; FERRONE - PAGANO 1976, pp. 26-29;
33-36; PAGANO 1990.
2a) Via Latina
Stazione anonima al IV miglio Scheda I.4
Ad Bivium Scheda I.5
Stazione anonima presso Rossilli Scheda I.6
Compitum Anagninum
La stazione stradale si localizza presso l‟Osteria della
Fontana, incrementando il numero di attestazioni del
fenomeno della continuità registrabili tra luoghi di sosta
antichi e moderni, e della presenza, presso le stazioni
stradali, di importanti fonti di approvvigionamento idrico,
o punti d‟acqua molto popolari. In questo punto, si ha
anche la confluenza con la via Labicana.
BARBETTA 1995, p. 80.
2b) Via Labicana
Ad Statuas Scheda I.7
3) Via Prenestina
Stazione anonima presso Ponte di Nona (“Ad IX”?)
Scheda I.8
4) Via Lavinium - Circei - Tarracina (Via Severiana?)
Secondo la Egidi, solo la ricostruzione del tracciato più
costiero, lungo le dune che separano i laghi costieri dal
mare, consente di rispettare il computo delle miglia
indicato nella Tabula, sia nei totali che nei parziali (EGIDI
1980, p. 123), mentre la Brandizzi Vittucci, che ritiene
valida la denominazione di via Severiana solo per il tratto
tra Ostia (Porta Marina) e il praedium imperiale presso Tor
Paterno, la ricostruisce piuttosto interna (BRANDIZZI
VITTUCCI 1998).
Ad Turres Albas Scheda I.9
5a) Via Neapolis - Puteoli
Stabilimento termale presso Via Terracina, Napoli
Si trova tra il IV ed il V miglio della via Puteoli - Neapolis
(ad una distanza di circa miglia 5 da entrambe le città),
presso lo sbocco della Crypta Neapolitana, la galleria
aperta in età traianea (102 d.C.), per abbreviare il tragitto
verso Puteoli, esattamente dove si uniscono la via per
Cryptam e quella per colles (detta, anche, Antiniana, da un
praedium Antonianum), nel punto in cui si diparte anche il
bivio per la località di Pianura (CASTAGNOLI 1977). Le
terme (Tav. XII, c), scavate nel 1939, sono tuttora in buone
condizioni di conservazione. In particolare, sono famosi i
mosaici del frigidarium, del vestibolo e della latrina, a
soggetto marino. Il nucleo principale risale alla prima metà
del II d.C., ma le modifiche apportate successivamente ne
hanno variato considerevolmente l‟aspetto e le funzioni.
L‟ingresso attuale non si apre sulla strada romana
(conservata per un tratto alle spalle dell‟Istituto d‟Arte),
ma anticamente il complesso era servito da un deverticolo
basolato che è ben conservato. Lo stabilimento era
alimentato da una diramazione dell‟acquedotto del Serino.
Data la rilevanza di questo nodo viario, è stato suggerito di
localizzare nei dintorni di questo stabilimento termale, un
luogo di sosta, che non è stato, però, menzionato in alcuna
delle fonti superstiti. Secondo lo Johannowski, presso
questo incrocio, nella località Cupa Marzano, andrebbe
localizzata l‟antica Marcianum, località di incerta
collocazione, nota dalle fonti che raccontano la traslazione
delle reliquie di S. Gennaro. Da collegare al Marcianum,
ed alla traslazione delle reliquie, “nelle vicinanze di questo
luogo di sosta”, avanzi di murature sul colle S. Angelo che
sembrano appartenere ad una cappella cristiana.
JOHANNOWSKI 1952, pp.141 142; LAFORGIA 1981;
LAFORGIA 1985, pp. 340-347; I CAMPI FLEGREI 1990, pp.
46-55.
5b)Via Campana da Capua a Puteoli
In Vinias
Stazione localizzata presso l‟incrocio tra la via Campana e
la via di collegamento tra Puteoli e Cuma, o meglio, sulla
base delle fonti imperiali, si può ritenere che la statio fosse
posta lungo una variante della via Neapolis - Puteoli -
Cuma, che evitava l‟attraversamento di Puteoli. La statio
sarebbe stata pertanto collegata a Puteoli stessa attraverso
un raccordo. Dal momento che la tappa è segnalata a breve
distanza dalla città di Pozzuoli, è possibile che il luogo di
sosta fosse di ridotte dimensioni e non offrisse molti
servizi, di agevole reperimento nel centro urbano, e non si
può escludere, quindi, che essa vada individuata in
qualcuno dei complessi inseriti tra i monumenti funerari,
della necropoli di via Celle o del Fondo Fraia, che,
presentandosi con delle caratteristiche diverse, sono stati
V.1 Rassegna topografica: Regio I
87
riconosciuti come horrea (vedi supra, Ad Quartum), o
come complessi di incerta funzione12.
DUBOIS 1907, p. 241.
Ad Quartum
L‟esistenza di questa stazione è supposta sulla base del
toponimo. Tra il IV ed il V miglio sono segnalati molti
resti di edifici, identificati con horrea, che potrebbero
essere messi in relazione con la stazione, ma che sono
tuttora inediti. In particolare, presso la Masseria Crisci,
sono conservati i resti monumentali di una struttura a due
piani in opera reticolata, identificati in via ipotetica con
strutture per l‟immagazzinamento di derrate alimentari.
All‟intorno, molti monumenti funerari.
CHIANESE 1938, pp. 47-65; JOHANNOWSKI 1952, p. 141;
QUILICI 1970, p. 189-190, pensa invece a strutture
connesse con complessi agricoli; PAGANO 1980-81, pp.
257-264; I CAMPI FLEGREI 1990, p. 151.
6a) Via Tiburtina
Stazione anonima presso Rebibbia Scheda I.10
Villa rustica (stazione anonima?) presso lo stabilimento
industriale Alenia
In località Settecamini, all‟altezza del Km. 11,700 della via
Tiburtina si è indagata una grande villa rustica, all‟interno
della quale si è ritenuto di riconoscere strutture di servizio
per i viaggiatori. Si sono rinvenuti i resti di due ambienti,
interpretabili verosimilmente come cortili, pavimentati con
un basolato simile a quello della arteria viaria. All‟intorno,
vi sono strutture archeologiche, delle quali sopravvivono
solo le fondazioni. I pochi lacerti di murature individuati
sono opera reticolata di tufelli. Alcuni frammenti di
mosaico e di intonaco dipinto rinvenuti tra i materiali
dispersi indiziano la presenza di ricche finiture all‟interno
degli ambienti destinati alla residenza. L‟impianto data alla
fine dell‟età augustea, ma sono stati rinvenuti nei dintorni
materiali ceramici databili fino alla fine del V secolo d.C.
MESSINEO - STAFFA 1981.
Stabilimento termale in loc. Casale Bonanni
All‟altezza del km. 13,400, si trova un‟altra piazzola di
sosta, con impianto termale datato alla prima età imperiale
(fig. 20), frequentato fino ad età tarda.
CALCI - MESSINEO 1991-92.
Stazioni anonime presso Settecamini
Schede I.11 e I.12
Ad Aquas Albulas –
Terme di Agrippa o della Regina Zenobia
Presso Bagni Albule (detto anche Bagni di Tivoli), sulle
sponde del lago della Regina in località Bagni Vecchi,
lungo la variante più antica della via Tiburtina,
corrispondente alla moderna via di Casal Bianco13, è un
grandioso stabilimento termale che sfrutta le risorgive di
acqua sulfurea, che originano i laghi di questa località, da
sempre nota con il nome di Albule. Lo stabilimento doveva
occupare un‟area di circa mq. 6000, ed era articolato in
almeno due corpi di fabbrica, disposti a squadra, su due
terrazzi di livello diverso. Si riconosce una grande aula,
probabilmente absidata su entrambi i lati corti, in via
ipotetica identificata con un heliocaminus, a lato della
quale sono almeno altri due locali absidati, a pianta
rettangolare, di dimensioni differenti (Tav. XIII, f). Al di
sotto del livello pavimentale della grande aula, si trovano
una serie di vani rettangolari coperti a volta, forse, costruiti
nel solo intento di rialzare il piano di spiccato dell‟aula
stessa. Sulle sponde del lago, sono stati rilevati altri
consistenti resti dello stesso stabilimento, di planimetria,
però, frammentaria. Le decorazioni architettoniche ed i
rivestimenti erano di particolare pregio. L‟impianto risale
ai primi decenni del II d.C. (sotto il regno di Adriano). È
attestata una frequentazione, di tipo imprecisato, in epoca
precedente. Mentre è assolutamente immotivata
l‟attribuzione tradizionale ad Agrippa, è interessante
rilevare che in quest‟area doveva localizzarsi il praedium
assegnato da Aureliano alla regina Zenobia, durante il
coatto “soggiorno romano”: pur essendo probabile che il
toponimo “Palatio”, segnalato in questa zona almeno dal
1402, si riferisca ad un unico, maestoso complesso, è,
comunque, suggestiva la relazione con il toponimo di
attinenza itineraria. Qualora si accetti la ricostruzione della
viabilità proposta dal Mari, e si “grazi”, quindi, la cifra
itineraria tràdita, è evidente che il luogo di sosta deve
essersi trovato negli immediati dintorni dello stabilimento
termale; altrimenti, si deve pensare che la Tabula (che non
riporta, in questo caso, la tipica vignetta) sottintenda un
bivio diretto a questa località, piuttosto che ritenere che la
stazione sia da localizzarsi presso la moderna frazione di
Bagni.
MARI 1983, pp. 18-19; pp. 295-318, nn. 339-34; THOMAS
ASHBY 1986, pp. 45-46.
6b) Via Tiburtina Cornicolana
Da Settecamini a Guidonia-Montecelio; corrisponde
all‟attuale via di Casal Bianco, n. 28 bis.
Stazione anonima lungo la via Tiburtina Cornicolana
Luogo di sosta recentemente indagato lungo la via (fig.
21); l‟impianto è datato al I secolo d.C., con fasi di
occupazione che giungono al IV-V secolo. Si articola in
una serie di vani aperti su di un cortile. Nei dintorni, sono
segnalate alcune tombe alla cappuccina.
MARI - MOSCETTI 1991-92.
7) Viabilità secondaria, lungo il Tevere.
Stazione anonima presso la Magliana Scheda I.13
V. 2 Rassegna topografica: Regio II
88
V. 2 REGIO II
APULIA ET CALABRIA
La regio II è interessata:
1a) dall‟attraversamento del tratto finale dell‟Appia
repubblicana (da Caudis a Beneventum, Canusium -
Tarentum) e dal suo prolungamento fino a Brindisi. Esiste
una variante per compedium documentata dall‟Antonino,
ma si tratta solo di una tangenziale che evita Taranto.
L‟Antonino segnala anche un raccordo tra Tarentum e
Variis (Bari), senza tappe intermedie;
1b) “Limitone dei Greci”14;
2a) dall‟Appia Traiana che riprende verosimilmente la via
Minucia, da Beneventum ad Aecas, Herdoniae, Canusium,
Butuntum, Celia, Egnatia, Brundisium;
2b) piccolo raccordo disegnato nella Tabula da Aecas per
Arpos - Sipontum (via costiera);
3) la prosecuzione della via Appia Traiana da Brindisi
verso sud (Otranto): “via Traiana Calabra;
1a) Via Appia
Pons Aufidi
Genericamente, la stazione dovrebbe trovarsi presso il
ponte S. Venere sull‟Ofanto (antico Aufidus). Quello
conservato è di età medievale, mentre quello romano si
trovava immediatamente a valle di quello moderno.
Secondo il BUCK 1971, la stazione si dovrebbe localizzare
750 m. a valle del ponte S. Venere e del ponte della
ferrovia. La strada passa ad est sopra Isca della Ricotta fino
a Masseria Leonessa, dove è stato segnalato un
insediamento romano oggetto di scavi15. L‟area sepolcrale
si trova ad est della grande costruzione moderna; la sua
frequentazione è datata tra il III secolo a.C. ed il II d.C.
L‟insediamento abitativo si disloca ad ovest e sud: qui
sono stati segnalati resti di una cisterna romana.
QUILICI 1989A, p. 53, tav. 4.
Silvium
Altura di Botromagno, sul poggio che precede il fosso di
Gravina. La stazione doveva trovarsi su questa sponda
dove era un abitato peucetico. In epoca tardo-antica,
l‟abitato si spostò sulla sponda opposta (Gravina).
Le indagini archeologiche hanno riportato alla luce resti
databili per la maggior parte ad epoca repubblicana, mentre
scarsissime sono le tracce della frequentazione di epoca
primo-imperiale: l‟occupazione successiva all‟epoca
repubblicana deve essere stata limitata nel tempo e nello
spazio, riconducibile, secondo gli stessi scavatori, solo ad
una mansio di ampiezza modesta. I dati di epoca imperiale
attendono, comunque, l‟edizione16.
QUILICI 1989A, pp. 54-55; BOTROMAGNO 1992, pp. 121-
122.
Sub Lupatia
a) In Loc. Taverna, presso le Masserie S. Pietro e S.
Filippo, lungo la carrareccia che ripete la antica via Appia,
e che da questo punto si stacca dal tratturo che da Altamura
ha conservato l‟antica consolare. Qui, conserva il nome di
Appia o di Carrara. Questa carrareccia è quella che
incrocia la via Laterza – Castellaneta a 5, 6 km. da Laterza.
LUGLI 1952, p. 290; DONVITO 1988 indica masseria
Viglione.
b) In Loc. Taverna Candile o Cannile, dove la via di
collegamento tra Ionio e Adriatico, che nella Tabula
conduce a Norve, e ripete in parte il tratturo Orsanese,
incrocia l‟Appia. Questa zona è particolarmente ricca di
sorgenti di acqua potabile. Qui sono stati segnalati
rinvenimenti di tombe con corredi e la presenza di edifici
antichi, dei quali resta visibile una cisterna inglobata in una
costruzione moderna.
RUTA - RICCHETTI 1988.
Ad Canales
a) Alla confluenza delle gravine S. Stefano e Castellaneta,
dove si stacca la strada per Minerva, con resti di un ponte
antico.
UGGERI 1983, pp. 200-202.
b) Tra Lemme e Palagiano, a nord della strada moderna
che qui riprende l‟antica, avanzi di grandi cisterne romane
e un rudere di recinto rettangolare in opera reticolata detto
Parete Pinto. Il nome moderno dell‟abitato potrebbe
derivare da palatianum, magari riferito ad un fondo. La
foto aerea ha consentito di individuarne l‟impianto
ortogonale, che lo qualificherebbe, secondo gli editori,
come “una borgata romana sorta nel sito di una stazione
stradale” che, tuttavia, è preferibile ritenere anonima,
poiché non rispetta l‟indicazione delle miglia fornita da
It.Ant,. 121, 5-7.
LUGLI 1939, tavv. X-XV; LUGLI 1952, pp. 290-291;
QUILICI 1989A, p. 56.
Mesochorum Scheda II.1
Stazione anonima presso Madonna di Gallano?
A nord-est di Oria, in contrada Madonna di Gallano, si
trovano alcuni rinvenimenti interpretabili come i resti di
una villa con terme, che può aver funzionato da stazione.
La zona archeologica si estende per circa 3 ettari. Nei
pressi della linea ferroviaria, infatti, sono stati rinvenuti i
resti di un calidarium e della villa rustica della quale
faceva parte, databili alla metà del I secolo a.C. La zona è
ricca di fonti di approvvigionamento idrico, ed un pozzo
tuttora funzionante riporta, sulla base delle sue
caratteristiche costruttive, all‟epoca greco-messapica.
Questo stesso insediamento è stato identificato, sulla scorta
di Uggeri, con una statio o mutatio sull‟Appia, che corre
tangente all‟impianto, ritenuto tipologicamente simile a
quello di Valesio17.
QUILICI - QUILICI GIGLI 1975A, pp. 90-91, n. Q 34; MARIN
1986, p. 47; MARUGGI 1991.
V. 2 Rassegna topografica: Regio II
89
Stazione anonima presso S. Giorgio - Masseria Masina
Abitato rustico sorto attorno ad una cisterna, importante
luogo di approvvigionamento idrico della zona, ai margini
di un fundus, lungo la strada romana. Cronologia dalla
tarda età repubblicana, con floruit di media e tarda età
imperiale. Abbandono nel V-VI secolo d.C.
MANACORDA - VOLPE 1994.
1b) Limitone dei Greci
Stazione anonima presso Masseria Malvindi -
Campofreddo
Impianto termale oggetto di indagini di scavo, con
necropoli. Secondo COCCHIARO 1991, p. 140, il complesso
oggetto di indagini archeologiche, dislocato lungo l‟arteria
nota come “Limitone dei Greci”, è di epoca coeva
all‟impianto termale di Valesio.
QUILICI - QUILICI GIGLI 1975A, p. 124 n. X2, prima degli
interventi di scavo; COCCHIARO 1988.
2a) Via Appia Traiana
Forum Novum
A) In loc. Montemale - Rione S. Arcangelo, a sud del
paese di Paduli, lungo la carrareccia che riprende la
consolare, ben individuata dai ponti di S. Valentino e sul
fosso Ponticello. La stazione “doveva avere un suo decoro,
dato il materiale architettonico occasionalmente sparso che
ancora vi si trova”.
B) Oppure presso Rione Fornonuovo (per presunta
relazione toponimica)
ASHBY - GARDNER 1916, pp. 125-129; QUILICI 1989A, p.
67; CALZOLARI 1997, pp. 160-161.
Aquilonis
Sul versante sud-orientale del monte S. Vito, presso
l‟omonimo casale, superati i casali di Tre Fontane18. I
toponimi del luogo sottolineano la presenza di acque: la
stessa stazione prende nome dal fiume Aquilone (oggi
Celone), e la vena d‟acqua fu ivi condotta per la mutatio. Il
casale, che ha ereditato la funzione di ricovero per i
viaggiatori, e che si trova a lato del valico (971 m. sl.m.),
ha preso nome da una cappella cinquecentesca. Anche la
stazione aveva un santuario, come sappiamo dall‟epigrafe
murata nel casale (del 213 d.C.), che ricorda la dedica da
parte di un centurione, M. Aurelio Nigrino, del boschetto
che circondava le sorgenti del fiume Aquilonis al culto
della famiglia imperiale di Caracalla. Presso S. Vito, sono
stati segnalati resti di strade basolate, e qui si trova
l‟incrocio con una via che si dirige a nord direttamente a
Luceria.
ALVISI 1970, pp. 33-34.
Ad Speluncas – Speluncae
A Torre di S. Sabina, in loc. Mezzaluna, frammentari resti
di epoca repubblicana ed imperiale concentrati presso la
strada moderna e nella zona della “mezza luna” marittima
dove forse è da localizzare lo scalo portuale, attestano
l‟esistenza di un insediamento che prendeva nome dalla
presenza di caverne, ricavate nella parete della scarpata che
digrada verso il fiume della Mezza Luna. La stazione
sorgeva, probabilmente, in prossimità dell‟incrocio tra la
via Traiana e la diramazione per il porto di Carbinia, oggi
Carovigno. Si ricostruisce frammentariamente una struttura
di recinzione, della quale resta un solo angolo; a nord-est
di questo, sono conservati parzialmente i muri perimetrali
di un vano. Nell‟area sono frammentariamente attestati
mosaici. Vicino al toponimo Case Vecchie sono segnalate
almeno 5 grotte, alcune delle quali manifestamente
artificiali, che sono separate dall‟argine del fiume da un
muro a secco che le recintava, ed era a sua volta sostruito
da un muro che terrazzava il pendio e arginava il corso
d‟acqua. Sopra il pianoro, resti di molte strutture
cementizie fortemente danneggiate, tra cui un condotto
scavato nel banco e rivestito con tegole e pietre squadrate
allettate nella malta. A sud di questo complesso si trovano
due cisterne, una delle quali (ipogea) è recintata da un
muretto a secco, mentre l‟altra, ancora in uso, è scavata
nella roccia, con copertura a volta. Ancora, strutture
murarie di epoca romana sono state interrate dalle dune
sabbiose ed, in parte, intaccate dai lavori di cavatura di
sabbia, mentre a nord-est è stato scavato un grande fossato,
con canale scavato nella parte mediana del suo fondo
piatto. Sul pianoro della masseria, sono tombe a fossa
intagliate nella roccia e tombe a camera rupestri. È
interessante rilevare che nella zona si trovano cave di
“tufino” sfruttate anche in antico. Alcuni rinvenimenti di
superficie attestano una frequentazione già dal IV - III
secolo a.C., ma la maggior parte dei resti sono attribuibili
all‟epoca imperiale, tra I e IV secolo d.C. Alcuni reperti
(anche monetali) suggeriscono, comunque, che la
frequentazione dovette rimanere assidua anche dopo il IV
secolo. Nel 1226 è documentata l‟esistenza di un ospizio
per i pellegrini affidato all‟ordine dei Cavalieri Teutonici
ed annesso alla chiesa di S. Sabina.
GELSOMINO 1966, pp. 191-193; UGGERI 1974, pp. 220 -
228; COPPOLA 1977, pp. 66-74; 105-110; UGGERI 1983,
pp. 254-256.
2b) Via (Beneventum – Aequum Tuticum) Aecas -
Sipontum
Nel tratto compreso tra Nuceria Apula e Luceria, andrebbe
localizzata la tappa di:
Praetorium Laverianum
a) In località posta Montaratro, dove la foto aerea ha
permesso di individuare un recinto circondato da un
fossato. Nei dintorni sono segnalati resti di una necropoli e
di un abitato di epoca romana.
ALVISI 1970, pp. 62-63.
b) Scheda II.2
Se, seguendo l‟ipotesi del Volpe, non facciamo passare da
Luceria il raccordo tra Aecas e Arpi disegnato sulla
Tabula, ma direttamente, lungo la valle del Celone,
possiamo localizzare il Praetorium presso S. Giusto, che
rispetta la distanza di 9 miglia rispetto a Sipontum (quella
da Aecas non è indicata).
VOLPE- BIFFINO - PIETROPAOLO 1996.
V. 2 Rassegna topografica: Regio II
90
3) Via Traiana “Calabra”, da Brundisium verso sud
Stazioni anonime a sud di Brundisium
Diverse segnalazioni archeologiche, localizzate a margine
della strada romana, indiziano la presenza di complessi
funzionali al ristoro dei viaggiatori ed al cambio degli
animali, allo stoccaggio e allo smistamento delle merci,
non menzionati in alcuna delle fonti itinerarie superstiti. Si
tratta dell‟insediamento fuori della porta Lecce di Brindisi,
lungo la strada che conduce a sud, in contrada S. Rosa, con
molti rinvenimenti di scarichi di anfore; un complesso
forse identificabile con una villa rustica presso Masseria
Flaminio e una costruzione con cupola presso la masseria
del Trullo.
UGGERI 1979; UGGERI 1983, pp. 123, 275-276.
Carte in QUILICI - QUILICI GIGLI 1975A, tavv. N e O, senza
indicazione della viabilità.
Valesium Scheda II.3
Hydruntum
La strada campestre che corre verso Serrano, Masseria
Torcito, Masseria Lama, Polluce, Masseria Maramonte,
arriva in cima al canale del Rio Grande e scende verso la
foce dell‟Idro, attraversando l‟area cimiteriale romana e
bizantina delle catacombe di S. Giovanni. Sull‟Idro doveva
sorgere la stazione postale, a poco meno di un miglio dal
porto.
UGGERI 1979, pp. 129-130; UGGERI 1983, p. 57, con
bibliog.
V.3 Rassegna topografica: Regio III
91
V. 3. REGIO III
LUCANIA ET BRUTTII
Soltanto studi recenti hanno consentito di incrementare la
conoscenza della rete viaria calabrese di epoca romana19,
precedentemente poco nota, a causa della scarsa
persistenza di manufatti stradali e della scarsa quantità di
miliari rinvenuti, con l‟eccezione dell‟importante elogio di
Polla di epoca repubblicana. Sulla base delle fonti
itinerarie si ricostruiscono tre tracciati principali: quello
più interno, che da Capua raggiunge Regium, che
costituisce il prolungamento ideale in direzione sud-
occidentale della via Appia (è l‟unico riportato - in due
leggere varianti - nell‟Itinerario Antonino; CANTARELLI
1980, pp. 935-936), e le due vie costiere, tirrenica (che si
ricongiunge a quella più interna presso la foce del fiume
Savuto) e ionica, segnate nella Tabula20, entrambe riprese
dall‟Anonimo Ravennate e da Guidone. A queste, si può
aggiungere una sola via transistmica segnalata - pure
confusamente - nella Tabula, tra Vibo e Scolacium.
Le stazioni itinerarie sono state distribuite lungo 4 itinerari
principali:
1) l‟antica via assiale da Capua a Regium, che, con tappe e
cifre diverse, è indicata nell‟elogio di Polla, nell‟Antonino
e nella Tabula;
2) la via Tirrenica indicata solo dalla Tabula;
3) la via Ionica che da Regium segue la costa fino a
Tarentum;
4) via transistmica tra Vibo Valentia e Scolacium -
Croton/Annibali (della quale è nota solo una stazione
anonima).
1) Via Capua - Regium21
Nel tratto tra Caprasia e Cosentia, le nostre due fonti
principali propongono lo stesso itinerario, con la differenza
che nella porzione iniziale, la Tabula indica la località di
Interamnium anziché Summuranum, privilegiando una
tappa diversa, e prima di Cosentia inserisce l‟indicazione
(con l‟inchiostro nero, specifico dei nomi dei luoghi di
tappa) “Crater flumen”, allungando di molto la somma
delle distanze rispetto all‟Itinerario Antonino22. Qualche
discrepanza si registra anche nel tratto successivo, dal
momento che l‟Itinerario Antonino registra una tappa,
indicata con il nome di Ad Sabutum Fluvium. Secondo la
Andronico (ANDRONICO 1991), basta reintegrare nella
Tabula l‟indicazione di Ad Sabutum Fluvium, e posporre la
cifra VIII alla distanza tra Annicia e Vibo. In questo caso la
sequenza delle stazioni tra fl. Sabutum e Vibo sarebbe
diversa rispetto all‟Antonino, ma il totale ritornerebbe23.
In questa sede viene seguita la ricostruzione del Taliano
Grasso, che localizza presso la stessa strada (indagata e
documentata archeologicamente) tutte le tappe indicate
nelle fonti, ma che le lascia distinte, senza cercare di far
coincidere l‟It.Ant. con la Tabula, attribuendo le differenze
semplicemente a delle scelte di località diverse24.
L‟Itinerario Antonino fornisce poi due versioni che variano
prima di Vibo: la prima colloca Ad Angitulam a XIII miglia
da Ad Turres, senza arrivare a Vibo, mentre la seconda
indica XXI miglia tra Ad Turres e Vibo25.
Nerulum La stazione stradale, dove si incrociano la via Herculia e la
Popilia -Annia, è ovviamente distinta dall‟abitato; quello
romano è certamente nella Conca di Castelluccio sul Lao,
ma non ne è certa la sua discendenza da quello preromano,
e nemmeno la scelta fra le località sotto menzionate:
a) Scheda III.1
In località Pian delle Vigne (probabilmente, la stessa
indicata in qualche edizione con il toponimo di Vigna della
Corte):
BOTTINI 1988, pp. 228; 235-263; LA TORRE 1990A, p. 156
con bibliog.
b) Presso Laino Bruzio, dove è un‟area archeologica che
presenta resti che spaziano dal Bronzo finale all‟epoca
imperiale, ma in questo caso è meglio pensare che da qui
passi un deverticolo che si stacca da Morano per arrivare a
Laino e da qui raggiungere il Tirreno nei pressi di Praia a
Mare: GIVIGLIANO 1994A, p. 305 con bibliog.; indagini
archeologiche che privilegiano la Collina S. Gada.
c) GIVIGLIANO 1994A, p. 305, invece, preferisce Rotonda,
nella conca montana del Mercure-Lao;
d) Presso lo stesso Castelluccio:
BOTTINI 1990.
Caprasia
L‟identificazione tradizionale nella valle del Crati, presso
Tarsia (Nissen, Miller, Cantarelli), è stata sostituita da
quelle di:
a) Zona tra S. Marco e Roggiano, in loc. Casello-Masseria
Campagna, alla destra del fiume Follone. La statio è
localizzata presso un complesso di età imperiale, del quale
sono noti almeno due nuclei: nel più rilevante, è segnalato
un complesso di età imperiale costituito da una villa rustica
di I - II secolo d.C., della quale restano ruderi di strutture
murarie e materiali del crollo, oltreché frammenti
architettonici, ceramici e reperti monetali. I materiali del
secondo nucleo attestano l‟esistenza di un edificio
riscaldato mediante tubuli fittili, con un deposito di derrate
e un‟area destinata alla produzione industriale, attestata dal
rinvenimento di una matrice in metallo con iscrizione NA.
Sulla base dei rinvenimenti monetali, si può sostenere che
la datazione copra almeno l‟età medio-repubblicana, ma
può essere estesa fino al II secolo d.C. Questo
V.3 Rassegna topografica: Regio III
92
insediamento, tuttavia, noto solo sulla base delle ricerche
di superficie, si configura come una grande villa rustica,
unità produttiva presso la quale si praticano attività
agricole e manifatturiere, dove sono ricavati anche edifici
lussuosi per il soggiorno e bagni termali. Solo l‟esplicito
rapporto topografico con la strada romana, non ancora
noto, quindi potrebbe confermare la funzione di luogo di
sosta e potrebbe far concorrere questo complesso alla
diagnosi di interessanti elementi circa l‟organizzazione
interna di una stazione, sia dal punto di vista planimetrico
che economico.
GUZZO 1981, p. 132, n. 158; TALIANO GRASSO 1994A, p.
10, scheda n, 125, p. 27.
b) All‟incrocio tra la via Annia e la via trasversale istmica
Cerelis-Thurii, nei pressi di Serra dell‟Ospedale e in
località Cona (a SW di Tarsia, sulla dorsale che separa il
bacino del Follone da quello del Crati), dove oltre ai resti
di un lastricato stradale N-S, è localizzato un vasto
insediamento tardo-imperiale.
TALIANO GRASSO 1994A, pp. 10-11, schede nn. 130, 148,
p. 29.
Aquae Angae
La stazione potrebbe essere localizzata a S. Eufemia
Vetere al torrente Bagni, presso l‟Abbazia, dove si trova
una villa rustica con impianto termale. Tutta l‟area che
comprende le contrade Terravecchia, Iardino di Renda,
Abbazia, Bosco Amatello e Cerzeto è, in realtà interessata
da un vasto insediamento, rilevabile sulla base dei
rinvenimenti di superficie, che riporta ad un centro di metà
IV secolo a.C. Si può ritenere che il borgo di S. Eufemia
abbia assolto alla funzione di acropoli, mentre nelle
contrade Bosco Amatello e Cerzeto siano ravvisabili le
necropoli. (SPADEA 1982, tav. 18, n. 5).
SPADEA 1990 (su Terina);
TALIANO GRASSO 1994A, p. 18, scheda 77, p. 24 bibliog.
Annicia
L‟identificazione più sostanziata è quella con il complesso
monumentale molto vasto, del quale però solo si conosce
la parte termale, alla Frazione Acconia, in loc. “Mura degli
Elleni”. La porzione conservata ha pianta vagamente
rettangolare, e si articola in un vasto locale absidato,
disposto longitudinalmente sul lato nord (Tav. XIII, c),
intorno al quale si dispongono gli ambienti riscaldati. Non
sono rimaste tracce in superficie dell‟area destinata ai
servizi, che poteva trovarsi nella parte orientale o
meridionale. Sul lato settentrionale, come abbiamo visto,
poteva trovarsi un ambiente porticato, o comunque
recintato. Le murature sono prevalentemente a cortina
laterizia con nucleo cementizio con grossi ciottoli di fiume,
in qualche caso a laterizio pieno, con alcuni tratti con
paramento a ciottoli, mentre le volte sono in cementizio
gettato su centine lignee, o su volte costruite in tubuli
laterizi. La sala A aveva una volta a crociera centrale
affiancata da due volte a botte. Lo scavo ha consentito di
porre la datazione dell‟impianto alla fine del III secolo d.C.
È possibile che il frigidarium sia stato trasformato, in
epoca altomedievale, in luogo di culto cristiano. Le terme
sono state scavate, ma non sono state pubblicate
dettagliatamente. Non è indicato il rapporto topografico
con la strada, e questo rende solo possibile
l‟identificazione del complesso con una stazione.
ARSLAN 1966, pp. 23-47; CANTARELLI 1980, p. 143;
ARSLAN 1983, pp. 282-283; CROGIEZ 1990B, p. 427;
TALIANO GRASSO 1994A, p. 19, scheda 59, p. 23.
Nicotera
Dal momento che la cifra itineraria è troppo elevata, o la si
corregge o si pensa ad una deviazione per l‟interno,
localizzando la mansio:
a) Scheda III.2
A sud di Nicotera Marina, presso S. Teodoro, in loc. Casini
Mortelleto dove si hanno dei resti di una villa con terme:
LATTANZI 1983A, pp. 551-555.
b) Oppure tra le contrade Romano e Ferilla - S. Giovanni,
ad ovest di Nicotera, dove sono noti resti di edifici abitativi
di epoca romana, di materiali architettonici e di molto
materiale ceramico, dispersi in un‟ampia zona, ma i
tracciati viari che attraversano quest‟area sembrano essere
stati secondari rispetto alla viabilità principale26.
La stazione romana si troverebbe, comunque, nei dintorni
della città greca di Medma, colonia di Locri, localizzata
nella zona di Rosarno, sul pianoro di Pian delle Vigne.
2) Via “Tirrenica” da Blanda Iulia a Vibo Valentia
Attestata solo dalla Tabula (poi Guido e Ravennate), si
tratta di un itinerario costiero, già individuabile in età
preistorica, che secondo il Taliano Grasso dopo Tanno fl.
doveva confluire nella via Annia di cui sopra27.
Blanda Iulia
a) Nei pressi di Poiarelli di Tortora (CS):
Città antica sulla sommità del colle Palecastro: resti di
un‟area pubblica, forse forense, completata dalla presenza
di due edifici templari. Secondo LA TORRE 1990B, “la
stazione di Blanda la si può definitivamente ubicare ai
piedi della collina del Palecastro (...) come stanno
dimostrando i recentissimi scavi ad opera della
Soprintendenza Archeologica della Calabria”, ma non sono
stati a tutt‟oggi forniti dettagli su queste ricerche.
ORSI 1921; SCHMIEDT 1975, pp. 78-79: nella carta di p.
8028; GUZZO 1976, pp. 138-143; ANDRONICO 1991, p. 179;
LA TORRE 1991; LAGONA 1994; TALIANO GRASSO 1994B,
p. 52, scheda 60, pp. 60-61; LA TORRE 1999, pp. 111-114.
b) La Crogiez (CROGIEZ 1990B, pp. 416-417) localizza la
stazione a Maratea, dove sono note almeno due ville, una
in loc. Santavenere, una marittima a Capo La Secca:
BOTTINI 1988, p. 230 senza bibliog.
Lavinium
Per la stazione, in qualche modo erede della città lucana di
Laos (colle di S. Bartolo di Marcellina: GRECO 1989
propende per Scalea, senza precisazioni), sono possibili
due identificazioni:
a) Scheda III.3
In Località Foresta - Fondo Acquaviva. Insediamento
romano di epoca imperiale, posto alla destra del fiume Lao,
riconducibile ad un impianto per la produzione e la
V.3 Rassegna topografica: Regio III
93
lavorazione dei prodotti agricoli. Qui, come nelle altre ville
dei dintorni, si rinvengono tombe nelle immediate
vicinanze delle costruzioni residenziali, che indiziano la
presenza di una strada.
GUZZO 1981, p. 133, n. 167; GRECO 1982, p. 62, tav. II, N.
5; SMURRA 1989, pp. 162, 172, 174-175;
TALIANO GRASSO 1994B, p. 52, nota 14, scheda 56; LA
TORRE 1999, pp. 190-191, nn. 119-120 e p.192, nn. 122-
123.
b) In Contrada Fischia di Scalea. Questa identificazione,
fondata sul conteggio delle miglia, a partire da Blanda, è
contestata dal Taliano Grasso (loc.cit.).
ANDRONICO 1991, p. 179.
c) Lungo l‟asse stradale, nella piana costiera a sud del
torrente Abatemarco, che fa parte dell‟estuario del fiume
Lao sono segnalati i resti di numerose ville, contornate da
necropoli (in loc. Tredoliche, anche un grande mausoleo).
Questo secondo complesso di ville rustiche si trova a sud
della foce del Laos e del suo estuario, il cui
attraversamento è documentato in due punti dalla foto
aerea e da un tratto basolato, confermando l‟esistenza di
due varianti. Sul tracciato della strada gravitano comunque
solo le ville di S. Maria del Cedro - loc. Carcere
dell‟Impresa, nota da rinvenimenti di superficie (LA TORRE
1991, pp. 149-152) e Diamante, loc. Palazzo Catalano
Gonzaga, con strutture murarie in opera incerta e laterizia
(LA TORRE 1990b, p. 74); recenti ricerche hanno riportato
alla luce in località Varchera resti di strutture
monumentali, ricondotte ad un edificio templare.
TALIANO GRASSO 1994B, p. 52, schede 16, 18, 46-48, 13;
LA TORRE 1999, p. 134, 200-201, n. 130.
3) Via Ionica
Leucopetra Scheda III.4
L‟abitato si localizza tra Punta di Pellaro e Capo
dell‟Armi, la stazione della Tabula presso la loc. Lazzaro.
La strada, secondo TURANO 1970, p. 171, avrebbe aggirato
il promontorio da S. Elia, verso Casalotto, Piano del Capo,
avrebbe raggiunto la q. 147, e si sarebbe diretta a Riace.
Scyle Scheda III.5
Altanum Scheda III.6
a) Presso Casignana
b) In alternativa alla proposta di identificazione contenuta
nella scheda III.6, si può avanzare quella di Ardore Marina
- Contrada Giudeo, dove si trova uno stabilimento a
carattere utilitaristico, di epoca imperiale e tarda, esteso
per un‟area di circa m. 200x400, scavato limitatamente nel
1978, ma già noto dal XIX secolo, su cui, però, non è
possibile fornire ulteriori dettagli. Su queste strutture si
sarebbe impiantato un piccolo luogo di culto cristiano, con
relativa necropoli. Sulla base delle tecniche costruttive in
pietrame senza legante, si data l‟impianto intorno al III
secolo d.C., ma i materiali attestano fasi tardo antiche, fino
al VI-VII, forse senza soluzione di continuità fino
all‟epoca medievale, alla quale apparterrebbe la chiesetta.
Quando l‟edificio era già parzialmente abbandonato, si
inserirono in questi ruderi delle tombe, spesso a
deposizioni plurime, con corredo ceramico databile al VI-
VII secolo d.C.
FOTI 1978, pp. 147-148; SABBIONE 1979, p. 385;
SABBIONE 1984.
Locri Scheda III.7
Subsicivum
a) Lo Schmiedt (SCHMIEDT 1975, pp. 113-115) localizza
alla foce del F. Torbido, identificato con la Sagra di
Strabone, un luogo di ancoraggio di epoca forse greca,
trasformato poi in positio romana, insabbiato a causa di
movimenti bradisismici. Nei dintorni di Marina di Gioiosa
sono stati segnalati molti resti archeologici, tra cui un
teatro (datato tra III e IV secolo d.C.), un edificio termale
ed aree sepolcrali, sia di epoca greca che romana, certo
pertinenti ad un centro abitato che deve essere stato citato
nelle fonti. Secondo altri, l‟edificio teatrale apparterrebbe
ad una villa privata, datata tra il I a.C. ed il IV secolo
d.C.29.
FERRI 1926; BARILLARO 1979, p. 63-66, con bibliog. (lo
stesso Autore, a p. 59, segnala ben 4 località con ville
rustiche di grandi dimensioni, tra cui quella di Torre di
Spina, databile tra il II ed il IV secolo d.C.); COSTABILE
1976, pp. 118.120 (segnala i resti di un edificio termale,
nei pressi della torre del Cavallaro, che furono nuovamente
interrati, e che si trovano nei pressi di una vecchia stazione
postale); GRECO 1981, p. 96; COSTAMAGNA - SABBIONE
1990, p. 302; PAOLETTI 1994A, pp. 513-514.
b) Presso il Naniglio, lungo la strada tra Gioiosa Jonica e
Mammola, dove è stato esplorato un grande ambiente
ipogeo coperto da volte a crociera impostate su due file di
quattro pilastri ciascuna, riconosciuto come sostruzione di
una terrazza sulla quale sarebbe sorta una grande villa
rustica con terme datata tra il II ed il IV secolo d.C.
L‟ipogeo sarebbe stato trasformato in oratorio cristiano:
GUZZO 1981, p. 129, n. 83, con bibliog.;
LA VILLA ROMANA DEL NANIGLIO 1988, pp. 57-129;
COSTAMAGNA - SABBIONE 1990, pp. 298-301, per il
repertorio grafico e fotografico
Netum
La strada romana, qui come in altri punti della costa ionica,
attraversa il fiume a monte della foce, dove è noto un tratto
basolato, non lontano dalla “Pietra del Tesauro”, rudere di
mausoleo di II secolo d.C. Qui, in località Pizzuta - Santi
Quaranta, su una piccola altura, spianata alla sommità, che
domina la confluenza dei fiumi Vitravo e Neto, si trova un
“importante complesso del periodo imperiale”, costituito
da una villa datata tra I e IV secolo d.C., e resti di sepolture
tardo-antiche.
GIVIGLIANO 1994A, p. 320, nota 367; TALIANO GRASSO
1993, p. 24, scheda 66.
Stazione anonima presso Cropalati
Contrada Strange, all‟attraversamento del fiume Trionto,
antico Traes: insediamento di età romana, datato sulla base
dei rinvenimenti di superficie, tra la fine del IV ed il VI
secolo d.C., posizionato sul pendio che domina il fiume.
V.3 Rassegna topografica: Regio III
94
TALIANO GRASSO 1993, p. 21, scheda 27.
Thurium - Turis
Non ci sono dati negli scavi per localizzare la mansio. È
interessante tuttavia, in loc. Casa Bianca, l‟edificio a corte
con ingresso porticato, costituito da una serie di vani
uguali disposti sui lati del cortile, adibito forse a
magazzino pubblico. Questa zona era già periferica quando
l‟edificio fu costruito, in età tardo-repubblicana, sulla
plateia N-S, ma fu precocemente abbandonato, alla metà
del I secolo d.C., e progressivamente spoliato e obliterato
dall‟espansione della necropoli.
PAOLETTI 1994B.
Ad Vicesimum Scheda III.8
Siris
Loc. S. Pietro, che indica il ciglio verso mare del grande
pianoro della Trisaia, allungato verso mare sulla sponda
destra del Sinni, l‟antico Siris, nella Tabula deformato in
Semnum, addirittura Scinasium nel Ravennate. Il toponimo
“S. Pietro” ricorda una cappella dedicata al Santo,
innalzata a protezione dei viaggiatori che intraprendevano
il guado del Sinni (dove, cioè, il tratturo Regio che
ricalcava la strada ionica, segnava il varco di S. Pietro).
Qui viene menzionata una costruzione “bizantina”, oggi
non più esistente, che doveva essere erede dell‟edificio
romano della stazione di Semnum, posto 4 miglia prima di
Heraclea, la cui esistenza sarebbe attestata dalla presenza
di murature in opera reticolata. Il resto del pianoro, tra il
fosso Carpati ed il Sinni, è occupata da una vasta necropoli
di epoca ellenistica e romana, estesa per un‟area di circa 3
ettari, con tombe a incinerazione e inumazione, a
cappuccina e costruite in alzato. Alle spalle di questo
nucleo, nella porzione del pianoro della Trisaia che prende
il nome di Piano del Forno, si trova un‟area di circa
180.000 mq. di estensione, interessata dalla presenza di
numerosissimi silos interrati, scavati nei banchi di
puddinga, a pianta circolare con copertura ad ogiva, e
destinati alla conservazione dei cereali. Tale smisurato
deposito di merci poteva essere in relazione con uno scalo
portuale, che scartando la zona prettamente costiera, già
acquitrinosa in epoca romana, sarebbe da localizzarsi
presso lo sbocco del fosso La Torre.
QUILICI 1967, pp. 135-137, n. 65-66.
4) Via transistmica
Stazione anonima presso Malvito Scheda III.9
I resti indagati in località Paciuri di Malvito (CROGIEZ -
LUPPINO 1990) sono stati inizialmente candidati per la
localizzazione della stazione di Caprasia, della via Capua
– Regium, ma tale ipotesi, di difficile conciliazione con il
dato topografico è stata oggi quasi completamente
abbandonata. Seguendo il La Torre, infatti, possiamo
preferire la ricostruzione della strada Capua – Regium
lungo la valle del Crati, e non ad ovest della colline che la
delimitano, come l‟identificazione con Malvito
comporterebbe; perciò, Malvito può essere ritenuta una
stazione stradale pertinente ad un deverticolo.
Stazione anonima presso Croceferrata
Dal Barillaro, viene proposta la funzione di luogo di sosta
per la villa nota con il nome di “Palazzi”. Si tratta di una
“villa -fortezza panoramica, di età imperiale, affacciata sia
sullo Ionio che sul Tirreno, con nucleo centrale a pianta
circolare (bastione turrito)”, riccamente decorata e
sovrapposta a resti di età greca, ma manca la certezza del
rapporto topografico con la strada romana.
BARILLARO 1979, pp. 40-41.
V.4 Rassegna topografica: Regio IV
95
V. 4. REGIO IV
SAMNIUM
Le difficoltà interpretative principali in questa regione
riguardano l‟esistenza o meno di due centri con il nome di
Bovianum (l‟una “vetus”, l‟altra “Undecumanorum”) e le
“modalità” del raccordo viario tra questo centro e la via
Adriatica all‟altezza di Teneum Apulum. Se, con il
Caroccia, distinguiamo i due centri, possiamo identificare
la Bovianum della Tabula con Pietrabbondante,
“capolinea” della via che da Aesernia, passando per
Aufidena, raggiunge Ad Pirum e Ad Canales; e quella
dell‟Antonino, con Boiano (CARROCCIA 1989, p. 14-17,
con bibliog.; contra LA REGINA 1966, pp. 278-286), che è
attraversata dalla via che raccorda Aesernia con Saepinum,
ma non è menzionata sulla Tabula. Il “punto di contatto”
tra la via Aufidena - Bovianum e quella Bovianum -
Geronum è rappresentata, secondo lo stesso Carroccia, dal
tratturo Celano - Foggia: ma la sequenza delle stazioni
sarebbe invertita!30 Se, invece, seguiamo la ricostruzione
del Miller della sequenza Bovianum - Ad Canales - Ad
Pirum - Geronum, possiamo conservare le identificazioni
tradizionali di Boiano, Campobasso, e Campolieto, ma
dobbiamo spostare quella di Geronum a Torrezeppa - S.
Vito (DE FELICE 1994, pp. 36-37). Da Saepinum è, poi,
indicato un deverticolo che si arresta dopo sole 6 miglia
“contro” la catena montuosa: tale segmento è stato
prolungato dal Miller, fino a riunirsi con Bovianum, mentre
il La Regina lo ha raccordato con la vignetta dalla strana
didascalia Hercul’Rani, identificata con il santuario di
Ercole Quirino di Campochiaro. Il Carroccia lo ritiene,
invece, un semplice raccordo tra Saepinum ed il
“Quadrivio di Monteverde”, dove è indicata un‟osteria31.
Viabilità
1) Via Salaria da Roma per Ausculum (regio V), fino al
Vicus Falacrinus;
2) via (Tiburtina) Valeria per Carsioli -Alba Fucens -
regione Peligna (nuova Claudia Valeria) fino all‟Adriatico;
3) da Corfinium a Beneventum, via Aesernia, collegamento
tra Claudia Valeria e Appia;
4) via Adriatica.
1) Via Salaria da Eretum all’Adriatico
Stazione anonima in Val Roviano
Dove termina il viadotto, movimentato sul lato strada da
nicchie semicircolari e quadrate, si trovano delle
sostruzioni in calcestruzzo, che l‟Ashby vide molto più
complete e per le quali propose una ricostruzione “ a
giardino”: forse il complesso era completato da arginature
del corso d‟acqua che gli conferivano una pianta quadrata,
indiziando la presenza di un luogo di sosta.
ASHBY 1912, pp. 227-228; QUILICI 1993, pp. 110-111.
Aquae Cutiliae Scheda IV.1
Vicus Falacrinus
Nella valle Falacrina, sono noti i resti della villa imperiale
in loc. Vicenne, sul Monte di Tito. Le distanze miliari
corrispondono al sito di Colicelle, presso la chiesa di S.
Silvestro (edificata nel IV secolo, reimpiegando strutture
più antiche), dove però i resti di epoca romana sono poco
significativi. La Santangelo (SANTANGELO 1975-76)
propone perciò l‟identificazione di Falacrine con i resti del
complesso monumentale di Torrita di Amatrice (infra,
scheda IV.2), che dista, però, da Interocrium quasi 22
miglia anziché le 16 indicate dalla Tabula.
SPADONI - REGGIANI 1992, pp. 165, 167.
Stazione anonima presso Torrita di Amatrice
Scheda IV.2
2) via (Tiburina) Claudia Valeria
Statulae Scheda IV.3
3) via “Transappenninica” da Corfinium a Saepinum
Saepinum
Nella zona di Altilia. L‟abitato è attraversato dalla viabilità
principale, ed il tratturo Boianum - Beneventum
rappresenta il cd. decumano della città. È molto
interessante la presenza di tanti elementi correlati:
provenendo da Beneventum, si incontra, prima di entrare
nella piazza del foro, la fontana del Grifo,
monumentalmente molto conservata, incastrata tra la
crepidine della strada basolata ed il retrostante edificio
detto “Casa dell‟impluvio Sannitico”32. Poco oltre, sullo
stesso lato settentrionale della strada, è dislocato un
complesso non ancora completamente indagato, ma per il
quale si ipotizza la funzione di terme forensi; questo
edificio si apre sulla strada, appena prima dello slargo della
piazza lastricata, con un portico, alle spalle del quale è
un‟esedra, che “poteva essere provvista di gradini e
destinata ad essere un piacevole luogo di sosta al riparo del
portico”. Un‟altra fontana si trovava proprio nella piazza
del foro e di altre due, poste sullo stesso lato del cd.
decumano ma in prossimità dell‟uscita dal centro urbano in
direzione di Bovianum, restano i basamenti: proprio a
ridosso delle mura presso la porta sud-est, si trovano degli
altri impianti termali, forniti anche di ampie latrine.
V.4 Rassegna topografica: Regio IV
96
SAEPINUM 1982, pp. 107-116.
4) Via Adriatica da nord a sud
Stazione anonima presso Casalbordino scheda IV.4
Uscosium
a) La mansio omonima del vicus, localizzato dal Romanelli
in Contrada Casalino, doveva trovarsi a poca distanza
dall‟attraversamento del fiume Sinarca, dove
corrispondono le miglia indicate dalle fonti itinerarie e
sono stati rinvenuti numerosi reperti.
b) Oppure, sul ciglio del Monte Antico, ad ovest di S.
Giacomo degli Schiavoni: qui le ricognizioni hanno
individuato molti indizi riconducibili ad un insediamento
imperiale, una villa o una fattoria, con necropoli.
A MEDITERRANEAN VALLEY 1995, p. 229, nn. C90, C90a,
D35, D38.
c) Gli stessi editori del volume preferiscono identificare il
centro romano in un‟area ad est di S. Giacomo, dove scavi
e ricerche di superficie hanno consentito di individuare un
centro esteso per 16 h., con resti di murature ancora in
vista, materiali che riconducono ad edifici decorati
lussuosamente (mosaici, intonaci, statue marmoree, ecc.),
servito da una grande cisterna laterizia, di I-II secolo d.C.,
con necropoli (CIL, IX, 2828).
A MEDITERRANEAN VALLEY 1995, pp. 229-230.
V.5 Rassegna Topografica: Regio V
97
V. 5 REGIO V
PICENUM
Tra le due fonti itinerarie principali, la via Salaria presenta
delle differenze nella scelta delle tappe e nelle distanze che
intercorrono, soprattutto nel tratto ad est di Falacrine.
Nell‟Itinerarium Antonini, inoltre, è detta “Salaria” anche
la via Adriatica compresa tra Ausculum ed Hadria,
autorizzando gli Autori moderni a ritenere che le due fonti
indichino due varianti diverse, una vetus ed una nova (su
cui vedi CONTA 1982, pp. 361-362).
Per quanto concerne, invece, il deverticolo che da
Helvillum raggiunge Ancona, per ovviare all‟eccessiva
brevità dell‟itinerario indicato nell‟Antonino, rispetto alle
distanze reali, si può credere, con lo Stanco, che nel codice
sia avvenuto quello che è forse avvenuto per il passo della
via alternativa tra Roma e Cosa (su cui, vedi regio VII, Via
Aurelia), cioè sarebbe sparita tutta la colonna di destra. La
località della prima riga è integrabile sulla base dei
bicchieri di Vicarello, mentre per tutte le tappe successive
permangono “insanabili” incertezze33.
Si sono seguiti gli itinerari:
1) via Salaria da Vicus Badies a Castrum Truentinum;
2) Via da Ancona ad Urbs Salvia.
1) Via Salaria da Vicus Badies a Castrum Truentinum
Ad Aquas Scheda V.1
2) Via tra Ancona ed Urbs Salvia
Helvia Ricina - Ricina
A Villa Potenza, dove sono stati riconosciuti i resti
dell‟abitato antico, è stato riportato alla luce anche un
tratto basolato che attraversa il centro abitato: si tratta,
forse, della stessa strada di collegamento tra Ricina e Trea.
Lungo questa strada, si conosce una struttura porticata, alla
spalle della quale, si aprono locali riconosciuti come
tabernae e magazzini, ma allo stato attuale della ricerca,
non è possibile chiarire il rapporto tra queste strutture e la
topografia urbana.
MERCANDO 1971.
V.6 Rassegna Topografica: Regio VI
98
V. 6 REGIO VI
UMBRIA
Nella Regio VI la viabilità romana è rappresentata
prevalentemente dalla via Flaminia e dalla sua variante, per
le quali restano solo incertezze da un punto di vista
cronologico (e soprattutto della priorità dell‟una sull‟altra),
mentre la ricostruzione dei tracciati (segnata da tappe
importanti, spesso a continuità di vita) non presenta grandi
difficoltà.
Si sono, quindi, presi qui in considerazione i percorsi:
1a) via Flaminia da Roma a Pisaurum – Ad Aquilam;
1b) deverticolo da Narnia a Nuceria;
2) via litoranea da Ad Aesim a Pisaurum;
3) deverticolo da Narnia a Nuceria.
1a) Via Flaminia da Roma verso nord
Ad Vicesimum
a) Posizionata sulla via Flaminia presso Morlupo, al Km.
31,300. Oltre a scarsi resti dell‟insediamento romano, qui è
stata indagata una catacomba molto simile anche nella
cronologia a quella di La Storta (scheda VII.13).
FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 81, 294-306, 369; FIOCCHI
NICOLAI 1994, pp. 250-251.
b) Secondo Calzolari, che riprende l‟Ashby, la stazione è
da localizzarsi presso la Madonna della Guardia.
ASHBY 1921, p. 132; CALZOLARI 1997.
Aqua Viva
a) Riconosciuta circa km. 4 a sud-est di Civita Castellana,
in località Bivio di Faleria, già Bivio di Stabia, dove una
strada secondaria si stacca dalla Flaminia. Scoperta nel
1968 dalle ricerche topografiche, che potevano indicare
diversi nuclei di costruzioni (almeno una decina), alcune
delle quali riccamente decorate. Le strutture appaiono qui
decisamente distanziate le une dalle altre. Sulla strada si
attesta un mausoleo, vicino al quale è individuata sulla
base dei materiali di superficie, l‟abitazione della stessa
coppia di defunti, che doveva essere assai vasta e
riccamente decorata. I materiali che affiorano nell‟area di
frammenti ricondotta alla villa vicina al mausoleo sono
databili tra la fine dell‟età repubblicana ed il IV secolo
d.C., ma altre costruzioni limitrofe hanno una vita più
limitata, genericamente fissata tra l‟età augustea e la
media età imperiale (un solo caso di limite cronologico
attestato nel IV). La maggior quantità di reperti è
assegnabile, comunque, tra il I a.C. ed il II d.C.
POTTER 1979, pp. 117-118.
b) Loc. Torre dei Pastori, dove sono stati individuati,
attraverso le ricerche di superficie, i resti di una strada
basolata, ed alcune aree di frammenti fittili, raccolti
intorno ai ruderi dello stabilimento termale oggetto di
indagine alla fine degli anni ‟50 (Tav. XIII, a)34 e della
chiesetta medievale, detta della Madonna di Acquaviva.
Qui si trovano anche un fontanile ed un cippo miliare, con
iscrizione abrasa, oggi trafugato. Dagli scavi delle terme
proviene un‟iscrizione (AE, 1964, n. 203, a-b), che
dovrebbe contenere un riferimento alla dedica di un
monumento pubblico (lo stabilimento termale, appunto) da
parte di Giunio Basso.
EVRARD 1962; CAMILLI cs.
Ad Haesim
Presso passo della Scheggia. L‟abitato doveva essere
localizzato presso il cimitero, dove sono segnalati dei resti,
tra cui alcune iscrizioni (CIL, XI, 5866, 5873, 5892, 5918)
e diversi avanzi di costruzioni, alcuni dei quali identificati
con ville, e soprattutto una fontana pubblica absidata, con
cisterna, “a servizio della strada”. Poco oltre, la
Soprintendenza ha scavato una necropoli tardo imperiale.
Da qui, si diparte un bivio per Gubbio-Perugia.
ASHBY 1921, p. 133; MERCANDO - BRECCIAROLI
TABORELLI - PACI 1981, p. 328, nn. 79-84; CAMERIERI
1997, pp. 61-62; LUNI 1987, pp. 154-155; LUNI 1995A, pp.
59-63.
Stazione anonima presso fiume Metauro.
Nei dintorni dell‟attraversamento del Metauro, alla
confluenza con il Candigliano, si rinvengono resti di
sepolture distribuite lungo la via tra Calmazzo e Ponte
Rotto, pertinenti ad un abitato da cui si dipartiva il
deverticolo per Urbinum Mataurense e Tifernum
Mataurense (presso S. Angelo in Vado), che risaliva la
valle del Metauro.
LUNI 1995A, pp. 76-78.
Stazione anonima presso Serraungarina
In loc. Tavernelle, sotto Serrungarina, lungo la via
Flaminia, resti di una struttura in rapporto con l‟antica via
lastricata, che passava sulla fronte dell‟edificio, fondata su
una consistente massicciata che sulla superficie conserva i
solchi dei carri. Si tratta dei muri perimetrali e divisori di
un edificio porticato, che ha un cortile su tre lati dei quali
si dispongono vani ordinati, ma di dimensioni diverse,
identificati con delle taberne. La struttura è ritenuta anche
sede di attività artigianali. La cronologia è fissata tra l‟età
augustea e quella tardo-imperiale. Nei pressi di
quest‟edificio, la strada si allargava a formare un piazzale,
nel quale era sistemata un‟edicola con portico sulla fronte,
dedicata probabilmente ad Attis (rinvenimento di una testa
marmorea). Il toponimo “Casalis Tavernula” è già attestato
in un codice di VII-X secolo (Codice Bavaro).
MERCANDO - BRECCIAROLI - PACI 1981, p. 327, n. 48;
QUIRI 1987, pp190-191; LUNI 1995A, p. 80.
V.6 Rassegna Topografica: Regio VI
99
Ad Octavum
Presso Saltara, in fraz. Calcinelli: resti di un edificio di
epoca romana a tre ambienti, con murature in laterizio e
pavimenti in opera spicata e opus signinum, definito
“probabile mutatio” (segnalazione 1937(archivio sopr.):
MONTECCHINI 1879, pp. 102-104; MERCANDO -
BRECCIAROLI - PACI 1981, pp. 326-327, n. 43; LUNI 1987,
pp. 174-175; LUNI 1995A, p. 81; CALZOLARI 1997, nota
205, p. 178, con bibliog.
Stazione anonima presso Cattolica Scheda VI.1
Con l‟attraversamento del Tavollo e del fiume Conca
(antico Crustumius), la Flaminia entrava nella regio VIII.
2) Via litoranea da Ad Aesim a Pisaurum
Ad Aquilam
In loc. Pieve di S. Cristoforo, presso Colombarone, nel
comune di Pesaro, erano già state segnalate delle strutture
più antiche sottostanti la chiesa moderna (parzialmente
indagate nel XVIII secolo), ma sulla base della
documentazione superstite, l‟Università di Bologna, ha
intrapreso delle indagini stratigrafiche, che hanno previsto
anche delle campagne di ricerche geofisiche, localizzate
presso quella che fino agli inizi degli anni ‟90 si poteva
definire la basilica paleocristiana citata nel Liber
Pontificalis, come sede di un incontro avvenuto nel 743 tra
l‟esarca Eutichio ed il papa Zaccaria, nei pressi di una
basilica detta appunto Ad Aquilam. La basilica doveva
essere erede di un vicus romano, per il quale si è avanzata,
data la posizione lungo la via Flaminia35, a 8 miglia circa
da Pesaro e a 16 circa da Rimini, la funzione di luogo di
sosta. Di tutto il piccolo abitato si conoscono solo
frammentari rinvenimenti, tra cui un condotto alla
cappuccina, alcune strutture murarie, un vasto locale
riconosciuto sulla base dei numerosi rinvenimenti di anfore
tipo Dressel 6, come magazzino, un vano - a q. 40 - con
orientamento nord-ovest, ed un altro ambiente - a q. 50 -
che è stato occupato da una costruzione moderna. Sotto la
chiesa moderna, si trovano i resti della “basilica” indagata
nel ‟700, che secondo l‟Olivieri ed il Lazzarini, era
articolata in una serie di ambienti ricavati in un edificio
rettangolare, raccolti simmetricamente intorno ad un cortile
circolare, preceduti da un atrio a forcipe. Le verifiche
stratigrafiche hanno consentito di confermare la presenza
di un ambiente circolare (di circa m. 11 di diametro), al
centro del quale si trova un basamento rettangolare, ma
l‟ampliamento dello scavo ha evidenziato la presenza di
altri ambienti (decorati riccamente) riconducibili ad una
villa tardoantica. Sempre presso la cd. basilica, è stata
rinvenuta una fornace rettangolare, con crogiolo in pietra
refrattaria, ed entro uno dei vani, una calcara, forse relativa
al riutilizzo dei materiali della basilica paleocristiana (che
poteva, comunque, trovarsi nei dintorni) per la costruzione
del secondo edificio di culto. Alcuni rinvenimenti monetali
attestano la frequentazione della cd. basilica tra la fine del
V e l‟inizio del VI secolo. Ad epoca successiva sembrano
datare la maggior parte delle sepolture individuate nei
dintorni, ma l‟uso della zona compresa tra “l‟atrium “ della
basilica ed il moderno campo sportivo come area
cimiteriale è perdurato fino al secolo scorso. Per alcuni dei
vani oggetto di indagine sotto la pieve moderna, si è
proposta l‟identificazione con un piccolo ospizio per i
pellegrini. Il fatto che Eutichio scelga questo luogo per
l‟incontro, può sottintendere che qui fossero delle strutture
atte ad accogliere le due delegazioni, ed il seguito dei due
personaggi di rango.
ALFIERI 1983; PIRANI 1983; BRUZZI 1986; DALL‟AGLIO -
DI LUCA 1989; DALL‟AGLIO 1991; LUNI 1995B;
CAMPAGNOLI 1999; DESTRO 2000.
3) Deverticolo da Narnia a Nuceria
Ad Martis
Presso la Chiesa di S. Maria in Pantano, dove si stacca il
bivio per Todi e la via Amerina, così come da qui si
dipartono dei tratturi per Spoletium e Carsulae, e sono stati
segnalati una fonte ed un chiavicotto.
La chiesa di S. Maria in Pantano è stata edificata nel VII-
VIII secolo, all‟interno di una monumentale struttura
romana, della quale si conservano resti significativi, che
sono identificati con la mansio. Le murature romane
costituiscono i fianchi sud e nord della chiesa, conservati
fino alla copertura e sono pertinenti ad un edificio
rettangolare di m. 10,50x12 in opera mista, con opus
incertum e ricorsi di laterizi. Entro la chiesa e nei dintorni
sono avanzi di epigrafi e monumenti funerari, che attestano
la presenza della necropoli e da qui proviene una
frammento di statua muliebre (del tipo della Pudicizia).
L‟abitato, Vicus Martis Tudertium, occupava la zona ad
oriente della Flaminia, alla spalle della chiesa: la nascita
del borgo è dovuta proprio alla necessità di fornire la
Colonia Iulia Fida Tuder di uno sbocco sulla Flaminia, e
risale all‟epoca augustea. Lungo il tracciato della Flaminia,
presso Villa S. Faustino, è stata segnalata una villa romana,
e presso la stessa chiesa di S. Faustino (che contiene resti
di rilievi, iscrizioni e di murature romane), è l‟accesso ad
una catacomba cristiana.
BECATTI 1938, coll. 69-71, 76-77; BRUSCHETTI 1994, p.
169; CAMERIERI 1997, p. 45.
Stazione anonima presso l’area di servizio Agip
All‟altezza del km. 172, 300 della SS. 3, appena a nord del
cd. Ponte Marmoreo, nel 1959, furono riportati alla luce i
resti di una “probabile mansio”, con terme decorate con
mosaici policromi, ora interrati.
SIGISMONDI 1979, p. 12836; PONZI BONOMI 1985, p. 69.
V.7 Rassegna Topografica: Regio VII
100
V. 7 REGIO VII
ETRURIA
Seppure la regio VII vanti un numero di ricerche
topografiche forse superiore a quello di ogni altra regione
in Italia, diverse incertezze permangono ancora non solo
sulle cronologie da assegnarsi alle strutturazioni dei
percorsi ma anche sul loro stesso tracciato topografico e, a
volte, anche sulla nomenclatura delle vie stesse. Si è,
pertanto, deciso di seguire le grandi consolari, ma anche le
numerose varianti preferite spesso nelle fonti itinerarie,
secondo lo schema seguente:
1a) via Aurelia;
1b) variante della via Aurelia tra Roma e la costa;
1c) via Aurelia costiera tra Centumcellae e Forum Aureli;
2) via Clodia;
3a) via Cassia;
3b) via Cassia Adrianea;
4) via Flaminia da Roma ad Horta.
1a) Via Aurelia
Le ricostruzioni più recenti, espungono dalla via Aurelia
disegnata nella Tabula la stazione di Punicum dal tratto tra
Pyrgi e Castrum Novum, perché la somma delle miglia VI
+ VIIII indicata nelle fonti riporta ad una distanza
superiore a quella esistente tra Pyrgi e Castrum Novum,
mentre il tracciato della strada costiera topograficamente
presenta un tracciato obbligato (infatti, la stessa tappa non
è menzionata nell‟Itinerarium Antonini). La stazione
andrebbe posta invece lungo la via tra Pyrgi e Aquae
Apollinares (paleograficamente è una correzione molto
logica), andando così a cadere nei pressi dell‟insediamento
romano di S. Ansino (deformazione di Antonino?), dove
avrebbe preso nome da un grande albero di melograno,
Malum Punicum37. Tuttavia, è anche possibile mantenere la
ricostruzione tradizionale, ritenendo che l‟autore della
Tabula abbia solo commesso un errore nella trascrizione
delle cifre, mantenendo quindi la tappa di Ad Punicum
nella sequenza, e identificandola nei resti presso il Castello
Odescalchi (scheda VII.3). Ad Aquae Apollinares
(identificata sia con Vicarello – scheda VII.16 – che con
Bagni di Stigliano: GASPERINI 1976) arrivano altre due
strade, una – segnata nella Tabula - che si stacca
dall‟Aurelia a Baebiana (Torrimpietra) e che fa le tappe di
Turres (senza distanza miliaria); Turres - Aquae
Apollinares m.p. VIII, un‟altra – indicata in It.Ant., 300,1 e
intitolata “aliter a Roma Cosam” - che arriva ad Aquae
Apollinares da Careiae (su cui vedi oltre; GASPERINI
1976)38.
Lorium
Villa di proprietà imperiale, posizionata nei pressi di un
ponte dell‟Aurelia in località La Bottaccia a Castel di
Guido, in posizione dominante il colle dove il Nibby
riconobbe il praetorium. La villa cadeva in rovina già al
tempo di Diocleziano, ma la frequentazione dell‟area è
attestata fino al IV-V secolo d.C. dalla presenza nei
dintorni di sepolture cristiane, che si aggiungono alle
numerose pagane di varia cronologia. Credo, comunque,
che non si possa distinguere, allo stato attuale della
documentazione, se il toponimo Lorium indicato nelle fonti
itinerarie si riferisca al predio imperiale vero e proprio (in
questo caso, si dovrebbe pensare ad un padiglione
appositamente distaccato in prossimità della strada) o se,
invece, sia stato apposto ad una stazione stradale del tutto
distinta da esso da un punto di vista amministrativo, ma
contigua topograficamente.
NIBBY 1848-49, p. 270 e ss.; DE ROSSI - DI DOMENICO -
QUILICI 1968, pp. 19-20.
Ad Turres Scheda VII.1
Accettando la ricostruzione sopra indicata, e ritenendo
distinti l‟abitato di Turres dalla stazione di Ad Turres,
quest‟ultima è stata localizzata presso il moderno abitato di
Statua: STANCO 1996, p. 89 ss.39.
Baebiana
Le ricerche recenti confermano l‟identificazione con Casal
Bruciato, lungo la via Aurelia, già proposta dal Nibby
(NIBBY 1848-49, p. 297). Infatti, nel 1989-1990, nel corso
di lavori di sistemazione della statale moderna, sono state
rinvenute delle strutture murarie, con fasi edilizie diverse
(in opera reticolata, con rifacimenti in laterizio, opera
mista e muratura a blocchetti). Alcuni dei vani delimitati
da questi setti murari avevano una pavimentazione a
mosaico bianco-nero, mentre altri avevano una
pavimentazione in opera spicata. Si è riconosciuta anche
una vasca, rivestita in cocciopesto, e si è indagata parte
della rete fognante. Davanti a queste strutture, si è riportato
alla luce “un breve tratto di rozzo lastricato o ruderatio in
scheggioni di selce.” Questo dettaglio, si rivela
particolarmente significativo per riconoscere in queste
strutture la stazione di servizio alla viabilità40.
TARTARA 1999, pp. 224-227, scheda 432.
Alsium
In via ipotetica, si è proposto di situare la stazione in Loc.
Muraccio, presso Monteroni nella Tenuta di Palo, dove
restano, però, solo ruderi di un grande ambiente
rettangolare (m. 10,30x4,65), con tre pilastri, disposti
lungo l‟asse principale della camera, definita “piscina a
due navate” dal Lanciani e di una cisterna, mentre nei
dintorni sono segnalate necropoli con tombe ipogee a più
ambienti di età romana. La datazione potrebbe essere
compresa tra la prima età imperiale ed il IV secolo d.C.
LANCIANI, cod. Vat. Lat. 13045, f. 337v; DE ROSSI - DI
DOMENICO - QUILICI 1968, pp. 36-38.
V.7 Rassegna Topografica: Regio VII
101
Fregenae Scheda VII.2
Punicum Scheda VII.3
Tabellaria Scheda VII.4
Quintiana Scheda VII.5
Ad Novas
La stazione è identificata con il sito PR 1 della
ricognizione dell‟ager Cosanus, in località S. Angelo
presso il Chiarone, proprio a lato della strada statale. Si
estende per circa 3 ettari ed è occupato per la maggior
parte da necropoli, con mausolei e tombe alla cappuccina.
Delle tombe monumentali restano frammenti di
decorazione architettonica, tra cui una colonna di granito,
un coperchio di sarcofago con defunto ritratto con un
rotolo nella mano databile al III secolo d.C. Si sono potuti
rilevare una cisterna a due vani di m. 8x21 ed uno scarico
di materiali edilizi, che contempla dei tubuli che indiziano
la presenza di un impianto termale. Si “hanno notizie di
una strada”, identificabile con il percorso interno della via
Aurelia; si rinvengono basoli, alcuni dei quali gettati nel
Chiarone per facilitare il guado (sistemazione che non
ritengo essere antica). Un ponte antico è segnalato in
località Infernetto di Sopra sul Chiarone. I piccoli
insediamenti coloniali sembrano disporsi lungo la via di
collegamento tra questa stazione e Vulci, via che ricalca da
vicino la strada dell‟Abbadia, ma dal II secolo a.C. gli
insediamenti minori sembrano gravitare principalmente
sulla stazione.
LOPES PEGNA 1952-53, p. 387; RICOGNIZIONE
ARCHEOLOGICA NELL‟AGER COSANUS 1982, pp. 374-375,
figg. 5-7, nn. PR 1 e 30.; CAMBI - CELUZZA 1985.
Cosa
a) Scheda VII.6
Presso l‟arx della colonia latina:
FENTRESS - CLAY - HOBART - WEBB 1991.
b) Presso Casa Marotti, alla base del poggio di Ansedonia.
Resti di edifici romani sul poggio a q. 13, al di là della
linea ferroviaria. Il Raveggi identifica con questi resti la
statio di Succosa.
LEVI 1927, p. 479; RAVEGGI 1939, p. 403; CAPPELLETTI
1992, p. 555, n. 99.
Albinia Scheda VII.7
Telamon
a) Scheda VII.8
Presso la collina di Bengodi, in località Valle della Pietra
Vergine:
VON VACANO 1985, p. 162 ss.; 195.
b) Scheda VII.9
Presso Fonteblanda, nord dell‟Osa, nei dintorni della
stazione ferroviaria di Talamone:
LOPES PEGNA 1952, p. 338.
Portus Talamonis?
Loc. Madonna delle Grazie presso Talamone: villa con
impianto termale di proprietà dell‟imperatore Traiano, che,
secondo CIAMPOLTRINI 1994, è da identificarsi con il
Portus Talamonis, ristrutturato da Traiano e servito da un
deverticolo di inusitata ampiezza, che lo collegava alla via
Aurelia.
CORSI 1985; VON VACANO 1985, pp. 189-192;
CAPPELLETTI 1992, pp. 538-539, n. 32.1 e 32.2, con
bibliog.; CIAMPOLTRINI 1994.
Salebrum Scheda VII.10
Ad Piscinas Scheda VII.11
Turrita (Tab.) o Ad Herculem Scheda VII.12
2) Via Clodia
Stazione anonima presso La Storta Scheda VII.13
Careiae
a) S. Maria di Galeria presso torrente Arrone. Secondo il
Fiocchi Nicolai la mansio si trova 2 km. a nord della
località moderna (FIOCCHI NICOLAI 1994, p. 254 ss. fig. 1,
n. 2). Nella chiesa di S. Maria in Celsano a S. Maria di
Galeria sarebbe identificabile il nucleo delle costruzioni
paleocristiane e del nucleo tardantico del luogo di culto
trasformato nell‟VIII secolo in una domusculta da Papa
Zaccaria, facendo slittare il “punto di riferimento” dal XV
al XIV miglio della via Clodia.
b) Per il Pasqui (CARTA ARCHEOLOGICA 1972, p. 297) è da
porsi presso il fabbricato dell‟Osteria Nuova, ma non ci
sono resti se non alcuni basoli reimpiegati nella muratura
del fabbricato moderno.
FIOCCHI NICOLAI 1994, pp. 254-259, con bibliog.;
HEMPHILL 1975, pp. 150-151.
c) Potter (POTTER 1979, p. 117) non indica il toponimo:
colloca la stazione km. 5 a nord-ovest della confluenza tra
Cassia e Clodia (Cfr. WARD PERKINS 1955, pp. 63-64),
dove sono attualmente visibili solo una cisterna ed una
tomba, ma sulla base dei dati di superficie si individuano
edifici su entrambi i lati della strada, per un‟estensione di
circa 0,5 km. Uno di questi, circa m. 200 dalla strada, si
caratterizza come stabilimento termale. Sulla base di
rinvenimenti di superficie, si individuano ambienti
riccamente decorati da colonne con capitelli tuscanici e
corinzi, da mosaici, intonaci dipinti e marmi. La cronologia
spazia dalla fine dell‟età repubblicana fino alla metà del III
d.C., con un floruit localizzato tra il I secolo a.C. ed i primi
secoli dell‟impero.
Stazione anonima presso la villa delle Crocicchie
Su una altura che si affaccia sulla strada, si trova questa
villa rustica, che sembra organizzata per padiglioni (una
residenza genericamente detta “tipo fattoria tardo
repubblicana”, costruita forse nel I d.C., ed un granaio); tra
essi, in epoca posteriore - intorno al III secolo - si inserì
uno stabilimento termale, di modeste dimensioni, ma ben
conservato.
V.7 Rassegna Topografica: Regio VII
102
POTTER 1979, pp. 146-147.
Forum Clodi Scheda VII.14
Sabate Scheda VII.15
Aquae Apollinares Scheda VII.16
3a) Via Cassia
Ad Sextum Scheda VII.17
Ad Vacanas Scheda VII.18
Stazione anonima presso le Masse di S. Sisto
Scheda VII.19
Ad Novas
Presso Acquaviva: resti di età romana pertinenti a terme,
vasche, cortili pavimentati, fistule plumbee, iscrizioni.
LOPES PEGNA 1950-51, pp. 433-434; ARCHEOLOGIA IN
VALDICHIANA 1988, pp. 63-64; MENICHETTI 1992, pp.
336-336, n. 181.
Stazioni anonime nell’Aretino
a) Presso Mariette di Sotto, comune di Civitella in
Valdichiana, Arezzo: resti di strutture architettoniche
pertinenti probabilmente ad una mansio, sulla strada
romana di cui si conosce un tratto del muro di sostegno.
Alcune strutture sono inglobate in una casa colonica
moderna, dove è riconoscibile una cisterna servita da una
conduttura di terracotta.
RITTATORE 1938, pp. 260-261; RITTATORE - CARPANELLI
1951, p. 35, n. 2; MASSERIA 1992, p. 238, n. 31.
b) Presso il Fondaccio, tra Fontiano e Pieve a Quarto,
lungo la via Cortona - Arezzo. Al casale Surigliano, sul rio
delle Casacce. Resti di costruzioni di epoca romana, divisi
per padiglioni, uno dei quali è ritenuto di uso termale. Tra i
rinvenimenti si segnalano un mosaico bianco-nero,
rivestimenti marmorei e colonne sempre di marmo. I
rinvenimenti monetali riportano all‟epoca repubblicana
(serie romano-campana) e primo imperiale. Nei dintorni,
sono segnalate tombe di epoca etrusco-ellenistica e romana
RITTATORE 1938, p. 257; MASSERIA 1992, p. 248, n. 224.
3b) Via Cassia Adrianea
Manliana
A Torrita di Siena, in località Pantani - Le Gore , è stato
oggetto di indagine un vasto complesso, all‟interno del
quale sono riconoscibili l‟impianto termale e l‟area
produttiva,. che comprendeva anche alcune aree sepolcrali
con tombe alla cappuccina. Altri impianti produttivi per la
fabbricazione di ceramica sono segnalati nei dintorni:
queste attività prevedevano la pratica della bollatura, come
è attestato anche dalle fistulae plumbee. La frequentazione
data dal II secolo a.C. fino al V d.C., con un‟occupazione
particolarmente intensa tra il I secolo a.C. ed il II d.C. Da
notare l‟origine “prediale” del nome: lo stesso fenomeno
avviene per la statio Manliana di Maremma presso
Follonica, dove il rinvenimento di una epigrafe con il
nome Manlius rappresenta una puntuale conferma (LOPES
PEGNA 1952-53, p. 381). Anche in questo caso, si deve
sottolineare, però, che si è fatta un po‟ di confusione tra il
centro abitato e la stazione stradale, che non è qui
localizzabile: restano, tuttavia, interessanti i dati sull‟arco
cronologico in cui il centro fu frequentato ed anche sulle
attività produttive, che certo sfruttavano la stazione come
mercato di smistamento.
MARONI 1973, pp. 16, 26-27; ARCHEOLOGIA IN
VALDICHIANA 1988, pp. 211-226; PUCCI 1992, pp. 30-67;
PAPI 1995, pp. 255-258.
Ad Mensulas Scheda VII.20
4) Via Flaminia da Roma ad Horta
Stazione anonima: Terme dei Gracchi
Presso Ponte Nepesino, ponte romano sul fosso Cerreto a
sud di Nepi, sorgenti di acque sulfuree (acqua minerale di
Nepi), che attraggono nella piana a lato del ponte uno
stabilimento termale, che sulla base dei pochi resti visibili,
dovrebbe essere stato particolarmente ricco, e di un piccolo
tempio (molto simile a quello di Ponte di Nona, scheda I.8.
FREDERIKSEN – WARD PERKINS 1957, p. 87.
V.8 Rassegna Topografica: Regio VIII
103
V. 8 REGIO VIII
AEMILIA
Nella regio VIII, l‟asse principale della viabilità è,
naturalmente, rappresentato dalla via Aemilia, alla quale si
aggiungono i raccordi transappenninici con le regioni
tirreniche e la viabilità paradriatica. Da un punto di vista
topografico, questi tracciati non presentano grandi
problemi. In questa sede, quindi, si seguiranno gli itinerari:
1) via Emilia (il capolinea non è posto a Placentia, come
vorrebbe Livio, ma al fiume Trebbia, come indicano i
miliari, dove è il raccordo con la via Iulia Augusta)41;
2a) via Caesena – Adretium;
2b) via Florentia – Faventia.
1) Via Aemilia da Placentia ad Ariminum
Stazione anonima presso Ponte Nure
Località La Cascina S. Martino si trovano resti di edifici di
epoca romana con pavimentazioni a mosaico. Si ritengono
parte di un piccolo agglomerato rustico, sorto alla
confluenza del torrente Nure, presso lo stacco della via che
seguiva la valle, in direzione dei passi appenninici e della
Liguria. In questa località è ricordato un ospedale
medievale.
DALL‟AGLIO 1987, pp. 70-71, 77-78.
Ad Fonteclos
Frazione di Cadeo detta Fontana Fredda (ma la cifra
miliaria VIII indicata in It.Burd. va corretta in XIII miglia),
dove l‟Emilia incrocia la via che porta a Veleia. La
stazione può, in via ipotetica, localizzarsi presso
l‟attraversamento del Clenna fl., ricalcato dal moderno
Scolo Ravacolla. Qui si localizzano delle risorgive tanto
importanti che si scelse di fortificare il villaggio, e di
fondare per interessamento di Teodorico una chiesa
dedicata al Salvatore, che darà al centro il toponimo di
Fontane Theodorici, attestato sin dal IX secolo. Con lo
stesso nome doveva essere indicato l‟ospedale di “precoce
fondazione”.
CORRADI CERVI 1935, pp. 593-594; BONARDI -
DALL‟AGLIO - MARCHETTI 1985, p. 139, tav. VI;
DALL‟AGLIO 1987, pp. 75-78; PELLEGRINI 1995, p. 162.
Ad Tarum
Presso Castelguelfo, circa m. 700 ad est del paese
moderno, dove l‟Emilia supera l‟alveo del Taro che era
attivo in età romana, riconoscibile nel canale di
Castelguelfo. Nel 1170 si ha la notizia della costruzione di
un ponte sul Taro e poco dopo la costruzione di un ospizio
per i pellegrini presso Castelguelfo, dedicato a S. Nicolò.
CORRADI CERVI 1935, pp. 591-593; DALL‟AGLIO 1987, pp.
71-73; DALL‟AGLIO 1990, pp. 71-72; PELLEGRINI 1995,
pp. 160-161.
Pons Secies
Le cifre sono da correggere, perché la mutatio va
localizzata dove la via Aemilia supera il Secchia, su una
delle due sponde42: la stazione è citata solo dal
Burdigalense, che riporta un totale tra Mutina e Regium
inferiore a quello delle altre fonti. Dal momento che il
Secchia ha cambiato corso, è discussa la sua localizzazione
sulla sponda modenese presso Marzaglia o su quella
reggiana presso S. Faustino di Rubiera. Non ci sono
elementi certi per sostenere né l‟una né l‟altra ipotesi, ma il
Dall‟Aglio e la Pellegrini privilegiano la prima, che salva il
dato generico fornito dall‟Itinerario Burdigalense, che cioè
la stazione sia più vicina a Modena che a Reggio. Su
entrambe le sponde, sono attestati toponimi che ricordano
hospitalia medievali (detto di San Severo a Marzaglia e
Ca‟ Ospitale e Ospitaletto a Rubiera).
DALL‟AGLIO 1970; PELLEGRINI 1995, pp. 147-154.
Claterna Scheda VIII.1
Ariminum
Ortalli sottolinea la relazione tra la strada basolata oltre il
ponte di Tiberio (tratto suburbano dell‟Emilia) e un
edificio in corso di indagine presso il complesso
ecclesiastico di S. Giuliano, costruito in opera laterizia, il
cui impianto è datato ad età repubblicana, con numerose
fasi di ristrutturazione. Oltre ad un‟area sepolcrale, è stata
qui individuata una fascia di terreno inedificato (larga circa
m. 5), a lato della consolare.
FONTEMAGGI - PIOLANTI 1995; ORTALLI 1995, pp. 500-
504.
Stazione anonima presso Riccione centro
Nel 1975, uno scavo ha messo in luce nei pressi dell‟ex-
mattatoio, circa a m. 100 dalla sponda destra del Rio Melo,
i resti di una stalla, databile alla metà del III secolo d.C.:
qui sarebbero stati alloggiati gli animali da tiro che
dovevano sforzarsi per trainare i mezzi lungo la salita tra il
ponte sul rio Melo e la sede stradale, rialzata di circa m. 4.
Il ponte conserva resti di epoca romana, ed è ad una sola
arcata.
GHIROTTI – LUNI 1992; LUNI 1995A, p. 100; STOPPIONI
1995, pp. 134-135.
Stazioni anonime presso la periferia di Riccione.
A pochi metri di distanza dal transito della via Flaminia
antica, nel fondo Conti Spina, sono stati rimessi in luce
resti di un torcular che testimonia l‟esistenza di un
impianto produttivo, forse una villa rustica, anch‟essa
attratta dalla presenza della strada, per la quale si ipotizza
V.8 Rassegna Topografica: Regio VIII
104
“un‟offerta di servizi differenziata” che, rispondendo alle
esigenze del traffico stradale, affiancava “alle normali e
prevalenti attività economiche anche quelle della
ristorazione (STOPPIONI 1995, p. 135). Presso S. Lorenzo
in Strada, dal Ghirotti è stato identificato il vicus
Popillo/Pupillo. All‟altezza della curva della via Flaminia,
entro palazzo Conti, resti di impianti di riscaldamento e
ambienti con vasca serviti da canalette: in attesa dei
risultati definiti dello scavo, gli editori propongono per il
complesso una natura itineraria.
STOPPIONI 1993; STOPPIONI 1995, p. 135.
2a) Via Caesena - Adretium
Detta via Sarsinate perché passa da Sarsina, lungo la valle
del Savio.
Stazione anonima presso Bagno di Romagna
Scheda VIII.2
2b) Via Florentia - Faventia
Stazione anonima presso Strada Casale
Scheda VIII.3
V.9 Rassegna Topografica: Regio IX
105
V. 9. Regio IX
Liguria
La mancanza di informazioni archeologiche circa la
maggior parte delle località menzionate nelle fonti
itinerarie, che hanno spesso avuto continuità di vita, fa sì
che siano poche le stazioni della Liguria che possono
essere qui ricordate. La maggior parte dei dati proviene,
infatti, dalle ricerche condotte nella prima metà del secolo,
soprattutto ad opera del Lamboglia: queste ricerche,
seppure ci hanno conservato informazioni preziose, non ci
consentono di valutare appieno le cronologie e le
planimetrie. Di conseguenza, i tronconi viari qui presi in
esame sono molto semplificati, seppure la viabilità romana
della regione fu molto ramificata:
1a) via Aurelia - Aemilia Scauri;
1b) Raccordo da Canalicum verso N per Aquae Statiellae;
2) via Postumia da Genua a Placentia;
3) via Iulia Augusta da Dertona a Pollentia via Aquae
Statiellae.
1a) Via Aemilia Scauri
Alba Docilia Scheda IX.1
Albingaunum
Ad Albenga, scavi molto datati hanno individuato una serie
di edifici suburbani, a lato della strada romana all‟uscita
occidentale della città (già entro i confini di Alassio),
perimetrati da un muro di recinzione: per alcuni di essi (ad
esempio, quello in loc. Merlini o Colombera, posizionato
nella valletta a ponente di Capo Vadino, lungo la via Iulia
Augusta), si può avanzare l‟identificazione con dei recinti
funerari, tipologicamente diffusi nell‟area ligure; per altri,
si possono proporre ipotesi interpretative che li vedono
legati alla viabilità, come per il grande edificio dislocato
immediatamente fuori della porta occidentale della città,
lungo il tratto suburbano del cd. decumano, che accoglie al
centro un basamento per un monumento, ma la planimetria
e la lettura proposta dal Lamboglia, sembrano non
perfettamente aderenti alla realtà, e le ricerche recenti non
hanno potuto confermare che la strada romana passasse
effettivamente in quel punto.
LAMBOGLIA 1935; LAMBOGLIA 1966, pp. 162-166;
SPADEA NOVIERO 1990.
Lucus Bormani
La stazione è da individuarsi tra i diversi resti archeologici,
sparsi in un‟ampia zona, che includono anche le emergenze
riconducibili all‟abitato. Come localizzazioni più
accreditate si possono indicare quelle:
a) Scheda IX.2
Presso Diano Marina:
LAMBOGLIA 1971; MASSABÒ 1987A; GANDOLFI 1991-92,
pp. 138 – 146.
b) Scheda IX.3
Presso S. Bartolomeo al Mare – Rovere:
SURACE 1984; MASSABÒ 1987B; GANDOLFI 1991-92, pp.
146 – 152.
Alcuni rinvenimenti occasionali, effettuati nel corso dei
lavori per la costruzione dell‟autostrada, indizierebbero la
presenza di una sorgente idrotermale ad ovest di Diano
Marina, e a sud di Diano Calderina: questo sarebbe il punto
d‟origine del luogo di culto, frequentato sin dall‟epoca
preistorica, intorno al quale sarebbe poi sorto il santuario
con il bosco sacro, ma i rinvenimenti di epoca preromana e
romana sono localizzati prevalentemente nella zona più a
valle.
BIGA 1983.
Costa Ballenae Scheda IX.4
Il Lamboglia riteneva di identificare la mansio
“all‟incrocio tra la via Iulia Augusta e la valle Argentina”,
ma i rinvenimenti sono dispersi su una vasta area.
LAMBOGLIA 1976A; DURANTE - DE APOLLONIA 1988.
Lumone
Da ricercarsi al limite occidentale del territorio comunale
di Mentone, sul Capo S. Martino, dove è la biforcazione
delle vie Aurelia-Aemilia e Iulia Augusta. I resti della
mansio sono da alcuni additati in quelli racchiusi entro
“villa Lumone”, sul dorso del promontorio sul fianco
orientale del quale corre il torrente Gorbio, interpretabili
come i ruderi di un ninfeo, con tre nicchie (quella centrale
semicircolare, le due laterali a pianta quadrangolare),
costruito in opera reticolata e laterizia, e per questo, datato
al I secolo d.C., intonacato ed “affrescato”.
LAMBOGLIA 1939, pp. 81-82; LAMBOGLIA 1940, pp. 13-15.
1b) da Canalicum per Aquae Statiellae
Crixia
A Piana Crixia, in frazione Pareta, sono ricondotti alla
“mansio sorta sul percorso della via Aemilia Scauri, su un
abitato preesistente di Ligures Montani” … “due livelli
acciottolati sovrapposti, riferiti in via preliminare ad una
piazza o ad un vasto ambiente domestico”; lo strato che li
separava era ricco di materiale ceramico databile alla fine
del I d.C. Il livello acciottolato inferiore sarebbe di età
anteriore e attribuibile ad un nucleo abitato di Ligures
Montani. In questo caso, la consistenza delle informazioni
estratte dallo scavo di ampiezza esageratamente limitata
(un totale di 8 mq. divisi in 3 saggi) sembra veramente
insufficiente per poter trarre delle conclusioni. La ridotta
V.9 Rassegna Topografica: Regio IX
106
estensione dei saggi non consente neanche di valutare se il
piano acciottolato possa essere ricondotto ad una strada o
ad uno spazio scoperto incluso in un edificio. Nel primo
caso, si potrebbe pensare ad una piazzola che dilata
l‟ampiezza della sede carrabile, come è documentato in
altre stazioni, nel secondo ad un cortile incluso in uno
stabilimento di servizio alla viabilità, anche questa
tipologia nota in diversi esempi, ma nessuna di queste
ipotesi può essere accreditata, in mancanza di un
approfondimento dell‟indagine archeologica. Sembra,
inoltre, che, anche in questa occasione, il vocabolo mansio
sia stato impiegato in senso ambiguo, confondendo il
centro abitato con il luogo della sosta.
OLIVIERI 1972; OLIVIERI 1976; OLIVIERI 1976-78; MORRA
1997, p. 37.
2) Via Postumia da Genua a Placentia
Clastidium
L‟abitato preromano dovrebbe localizzarsi sullo sperone
del Pistornile. Per la sua rifondazione nella pianura si
hanno solo elementi sparsi: in effetti, quindi, potrebbe
essere stata la mansio presso il guado della Coppa a
funzionare da punto di riferimento dell‟insediamento
sparso. Si conoscono i resti del ponte sul fiume e la
necropoli disposta lungo le sponde dell‟antico letto del
Coppa.
MARINI CALVANI 1990, p. 790, nota 250, tav. 19.
3) Via Iulia Augusta da Dertona a Pollentia
Aquae Statiellae
Segnalati resti di grandiosi edifici termali, presso la Fonte
Bollente e le Nuove Terme.
BAROCELLI 1932C, con bibliog.
Alba Pompeia
Ad Alba, in località S. Cassiano - corso Europa, in
prossimità dell‟ingresso occidentale della città romana, è
stato rinvenuto un edificio a portico che delimita una vasta
area scoperta (lunga almeno m. 25 in direzione NE-SW, e
larga m. 8), il cui impianto è datato al I-II secolo d.C. I
portici, che si sviluppano solo sui lati lunghi avevano
probabilmente una copertura lignea, ed in un secondo
tempo furono sostituiti e spostati, sì da ridurre l‟ampiezza
del cortile, chiuso sui lati corti da muri continui. Una
porzione di questo fu lastricato con ciottoli. I materiali
della frequentazione prima del crollo e della spoliazione
datano al IV-V secolo (MORRA 1997, p. 34, con foto, ma
senza pianta ). La città è “attraversata” dalla via tra
Pollentia e Aquae Statiellae, ma ha anche un collegamento
privilegiato con la via Hasta - Pollentia (che potrebbe
anche essere ritenuto una diramazione della via Fulvia),
che corre a nord del Tanaro, parallelamente ad esso.
Quindi, nell‟area portuale fluviale, che si trova a N/NE
dell‟abitato, si aveva anche il collegamento (ottenuto
sempre mediante traghetti o ponti natanti) a questa grande
viabilità, oltreché il rifornimento per i navigli e lo
smistamento delle merci. Le evidenze archeologiche non
sono però molte, a causa delle alluvioni fluviali.
BARELLO 1997, p. 566, n. 87, sul rinvenimento monetale;
FILIPPI 1997A, pp. 243-244; FILIPPI 1997B, p. 43.
V. 10 Rassegna Topografica: Regio X
107
V. 10 Regio X
Venetia
La situazione privilegiata di questa regione, che è stata
oggetto di studi dettagliati e documentati e di opere di
sintesi dei dati archeologici e topografici, ha fatto sì che
siano poche ancora le incertezze che permangono sulla
ricostruzione della viabilità della Venetia, per la quale
l‟opera del Bosio ha fornito gli strumenti per una
valutazione delle ricerche fino ad oggi condotte. Le
principali questioni interpretative riguardano la via Claudia
Augusta, per la quale la documentazione epigrafica
adombra la possibilità di due percorsi diversi, dal Po
presso Hostilia l‟uno e da Altinum l‟altro, riuniti a
Tridentum, e l‟eventualità che la via Postumia, quasi
scomparsa nelle fonti itinerarie e sostituita da alcuni suoi
tronconi variamente integrati in itinerari con direttrici
diverse, corresse indipendente dalla via Popillia-Annia nel
tratto finale tra Concordia ed Aquileia.
1) Via da Mediolanum - Tellegate (R. XI) ad Emona (via
del Burdigalense lungo la valle del Frigidum-Vipacco);
2) via Popilia - Annia da Sagis ad Padum ad Altinum;
3) via Claudia Augusta “padana” da Hostilia a Tridentum;
4) via da Aquileia alla Raetia (Auguntum- Veldidena);
5) via da Aquileia verso Tergeste e l‟Istria fino a Pola (Via
Gemina?), e raccordo lungo le coste istriane fino a
Tarsatico.
1) Via da Mediolanum - Bergamum per Emona
attraverso Patavium
Il tratto compreso tra Patavium ed Aquileia è
probabilmente da identificarsi con l‟antica via Annia, che
avrebbe continuato il percorso della via Popilia da Adria: il
nome di Annia avrebbe avuto il sopravvento su quello di
Postumia nel tratto compreso tra Concordia ed Aquileia,
come è attestato epigraficamente in età imperiale. Secondo
il Fraccaro, invece, la Postumia avrebbe conservato un
percorso diverso da quello dell‟Annia, più settentrionale
rispetto a quest‟ultimo (FRACCARO 1957, p. 219 ss.).
Sirmio / Ad Flexum
Da localizzarsi nei pressi di Colombare, alla base della
penisoletta di Sirmione, se si accetta la correzione di XI
miglia in XXI o se si ammette la caduta di una tappa di X
miglia nel tratto compreso tra questa stazione e Brixia43.
Il Bosio ritiene che presso questa località vada anche posta
la tappa Ad Flexum ricordata dal Burdigalense, ma la
caduta di una tappa intermedia rende l‟ipotesi solo
probabile.
Sulla base della cartografia storica, si può localizzare il
deverticolo che consente di raggiungere la penisola di
Sirmione proprio ad est di Colombare, dove nei secoli
scorsi era segnalata una Osteria o Bettola, oggi Trattoria
Lugana Vecchia. Qui un “Dessegno della strada Regia” del
1751 ed il catasto Napoleonico di inizio „800 segnano un
edificio costituito da due corpi di fabbrica, distribuiti alle
estremità di un cortile al centro tra i due, porticato su due
lati. Altri rinvenimenti occasionali di materiale
archeologico di epoca romana attestano la presenza di
necropoli, ma soprattutto il rinvenimento, lungo la sponda
del lago in loc. Lugana Vecchia, di due file parallele di
pali, disposte perpendicolarmente alla riva, riconduce alla
presenza di una struttura portuale costituita dalla
palificazione lignea, contraffortata da cumuli di grossi
ciottoli. È verosimile, quindi, che presso questa stazione si
trovasse lo snodo tra la viabilità terrestre e la via lacustre
che, lungo l‟Adige e l‟Isarco, consentiva di raggiungere
Verona e le Alpi verso Tridentum.
CARTA ARCHEOLOGICA DELLA LOMBARDIA I, pp. 189-194,
nn. 1578-1623; ROFFIA 1994, pp. 111-119; ROFFIA 1998,
p. 132.
Ariolica
A Peschiera, attraverso i molti rinvenimenti di epoca
romana, si può ricostruire l‟orientamento dell‟impianto
urbano; in particolare, si richiama l‟attenzione su di
un‟area acciottolata, solcata dai segni dei carri, interpretata
come una vasta strada o una piazzola, con materiali che ne
attestano una frequentazione almeno tra I e IV secolo d.C.
Diverse fonti epigrafiche ricordano la presenza di una
corporazione di navicularii (CIL, V, 4015, 4017).
CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO II, p. 78, n. 198.3.
Pons Aesonti Scheda X.1
In Alpe Iulia
a) L‟edificio della mansio può forse essere identificato con
un fortino oggetto di qualche indagine di scavo ad opera
del Mirabella Roberti, che nel 1940 vi comandava una
squadra della Guardia di Frontiera.
MIRABELLA ROBERTI 1990, p. 61.
b) Secondo il Bosio è da ricercarsi a Kalce, dove, oltre a
consistenti resti di epoca romana, sarebbe stato rinvenuto
anche un miliario di Traiano:
BOSIO 1970, pp. 191-193.
2) Via Popilia da Ravenna
Le fonti itinerarie non menzionano Adria, che doveva
rappresentare il capolinea antico della via Popilia,
privilegiando la variante costiera.
Hadriani Scheda X.2
Fossis Scheda X.3
3) Via Claudia Augusta “padana” da Hostilia a
Tridentum
Che il capolinea della via si trovasse ad Hostilia, anziché a
Verona è attestato da una pietra miliare rinvenuta a S.
Pietro di Cariano, sulla base del quale si sostiene anche
l‟esistenza di una mansio A Pado, collocata sempre presso
V. 10 Rassegna Topografica: Regio X
108
Ostiglia (BOSIO 1991, pp. 83-85). Data la diversità delle
distanze miliarie indicate dalle fonti itinerarie, e dal
rinvenimento di miliari su entrambe le sponde dell‟Adige,
lo Zarpellon ha proposto di ricostruire due diversi tracciati
sulle due rive, ma più concordemente altri studiosi
ritengono che la strada abbia serpeggiato sui due lati del
fiume, per esigenze topografiche (BOSIO 1991, pp. 86-87,
con bibliog.).
Stazione anonima presso Brentino
Presso Brentino – Belluno, in loc. Servasa, sulla riva
destra dell‟Adige, si trova un vasto complesso, indagato
parzialmente tra il 1968 ed il 197144, tra la strada del
“querel” e la chiesa, costituito da due diverse corti, intorno
alle quali si dispongono ambienti destinati ad uso
residenziale ed alla produzione agricola. Ha orientamento
nord-sud, e si apre a meridione. È caratteristico il sistema
di drenaggio e di approvvigionamento idrico, che ha come
punto di riferimento una fontana a zampillo (quindi,
decorativa, più che funzionale), posta nel centro di uno dei
cortili. La datazione è fissata tra il I ed il III secolo d.C. La
complessità della planimetria ha indotto i primi editori a
riconoscervi una mansio, ma non è possibile identificarla
con una tra quelle ricordate negli itinerari perché non
rispetta alcuna dele distanze miliari stabilite da Verona, e
gli ultimi editori l‟hanno semplicemente catalogata come
“modesto complesso edilizio, a carattere utilitario”.
FRANZONI 1987, p. 85; LE ZONE ARCHEOLOGICHE DEL
VENETO 1987, n. 23, 013.01, p. 118; CARTA
ARCHEOLOGICA DEL VENETO II, 1990, p. 54, n. 72.
4) Via da Aquileia alla Raetia (Auguntum- Veldidena)
Ha in comune con l‟itinerario n. 3 il tratto fino Ad
Tricesimum, dove devia per Iulium Carnicum. Si riuniva
alla via da Verona al Brennero all‟uscita della val Pusteria,
presso Fortezza, a sud di Vipiteno. Le due strade si
separano presso la Stazione della Carnia, attraversando il
Fella e non il Tagliamento (BOSIO 1991, pp. 174-176).
Sebatum Scheda X.4
5) Via da Aquileia verso Tergeste e l’Istria fino a Pola
La strada attraversa San Canzian d‟Isonzo, dove era il
vicus Cansianus, e dove è stata scavata una basilica
paleocristiana di metà IV secolo (MIRABELLA ROBERTI
1990, pp. 65-66, con bibliog.). Nell‟It.Ant., l‟itinerario
terrestre si conclude a Pola, con l‟imbarco per Zara, dove
riprendeva la via terrestre per Salona.
Fons Timavi Scheda X.5
V.11 Rassegna Topografica: Regio XI
109
V. 11 REGIO XI
TRANSPADANA
La strutturazione della rete viaria si completa nell‟area
settentrionale nel corso della prima età imperiale, ma centri
abitati del territorio mantengono la duplice funzione di
centri commerciali e di transito, luoghi di aggregazione di
interi comprensori a vocazione agricolo-manifatturiera,
capoluoghi dotati di infrastrutture e centri di
amministrazione del potere, sedi di sosta e di mercato
lungo le grandi direttrici di traffico. La viabilità presso la
quale sono stati individuati i resti delle stazioni è:
1a) via delle Gallie da Mediolanum - Vercellae al Summus
Poeninus (Gran S. Bernardo), attraverso Augusta
Praetoria;
1b) via da Augusta Praetoria all‟Alpis Graia (Piccolo S.
Bernardo);
2a) via da Vercellae per Laumellum;
2b) via Vercellae – Hasta;
3) via da Cuttiae per Augusta Taurinorum e Alpes Cottie
(Monginevro);
4) via da Pedum a Caburrum;
5) via tra Vercellae e le Alpi lungo il lago Maggiore.
1) Via delle Gallie attraverso la Lombardia e la Val
d’Aosta
Le stazioni sono localizzate lungo la via “publica”, detta
via delle Gallie formalizzata nel 25 a.C.
a) Dalla Pianura Padana all’Alpis Poenina:
Eporedia
Ad Ivrea, ai margini settentrionali della strada per
Bollengo, all‟altezza del km. 2,500 della moderna statale
per Santhià, la località Stallabio tramanda il ricordo della
struttura deputata sin dall‟altomedioevo a luogo di ricovero
per i viaggiatori ed i loro animali. Sulla base dei resti, si
ricostruisce un recinto di m. 100 x 135, sul lato lungo
meridionale del quale si trovano dei setti murari
perpendicolari, disposti ad intervalli di m. 5/6, che non
sembrano ripetersi sul lato ovest. Non è possibile stabilire
da quale lato si accedesse al cortile. L‟impianto potrebbe
essere stato costruito già in epoca salassa, con rifacimenti
in età romana e riutilizzo fino ad epoca longobarda. Sulla
base del toponimo, si ritiene che a questa stazione facesse
riferimento un centro di allevamenti per cavalli (di origini
Salasse) ed anche di addestramento per guidatori di carri e
cavalieri (il nome stesso di Eporedia, di origine gallica
forse preceltica, significa stazione di carri per cavalli).
BAROCELLI 1959, pp. 22-24, n. 13; DONNA DOLMENICO
1980.
Stazione anonima presso Saint Vincent Scheda XI.1
Augusta Praetoria Scheda XI.2
Eudracinum
Saint Rhémy. A Fonteintes, durante lavori edilizi, è stata
recentemente scoperta una mutatio o mansio, ubicata lungo
il percorso della strada romana, in prossimità del Colle, a
circa km. 4 e q. 2050 s.l.m., che dovrebbe rappresentare un
luogo di sosta prima dell‟impervia salita alla sommità del
valico45. In tale località, in corrispondenza dell‟Ospizio
medievale, erano già stati ritrovati, alla fine del secolo
scorso, laterizi e frammenti ceramici.
BAROCELLI 1948, coll. XLIV-XLV; MOLLO MEZZENA
1995, pp. 182-184.
Summus Poeninus o Alpis Poenina Scheda XI.3
1b) Da Augusta Praetoria all’Alpis Graia (Piccolo S.
Bernardo):
Stazione anonima presso La Salle
A monte del ponte romano in località Equilivaz di La
Salle, presso la strada romana, si è riportato alla luce (scavi
del 1987) un complesso archeologico, interpretato come
infrastruttura di servizio alla strada, allungato su una
terrazza rettangolare, parzialmente distrutto, ma dove
ancora si potevano riconoscere vari ambienti. L‟impianto è
datato all‟inizio del I secolo d.C.
MOLLO MEZZENA 1995, p. 182.
Arebrigium
Arvier o Prè-Saint-Didier. Per questa seconda ipotesi è più
favorevole la Mollo, perché tornano le distanze itinerarie e
ci sono rinvenimenti archeologici (?). “Anche il moderno
stabilimento termale sembra insistere sulle rovine di quello
romano”.
BOSIO 1992, p. 72 con bibliog.; MOLLO MEZZENA 1995, p.
182.
Alpis Graia Scheda XI.4
2a) Da Vercellae per Laumellum
Laumellum
Lungo la via tra Ticinum e Cottiae (la via publica forse non
attraversava l‟abitato, ma lo bypassava), il vicus di età
romana si impianta alla prima metà del I secolo d.C., dal
momento che la necropoli di fine età repubblicana di Brelle
dovrebbe riferirsi ad un abitato vicino, ed acquista
maggiore rilevanza in epoca tardo antica, con l‟accrescersi
dell‟importanza della via di collegamento tra Ticinum e le
Gallie46 ed in epoca medievale fu occupato da una castrum.
La struttura di servizio alla viabilità dovrebbe essere
localizzata nell‟area compresa tra la cinta muraria più
antica e quella più piccola medievale, nei pressi
dell‟accesso che guardava Ticinum, nella zona nord del
V.11 Rassegna Topografica: Regio XI
110
dosso, dove sono stati individuati degli edifici,
caratterizzati da una vasta corte, ma che non sono stati
oggetto di scavo. Nel XIV e nel XV secolo sono attestati
due ospedali per i pellegrini.
MACCABRUNI - BLAKE 1990.
2b) Via Vercellae - Hasta (Regio IX)
Attraversa Rigomagus (scheda XI.5) e ad Pontem
(Pontestura). Non è segnata negli itinerari, ma dovrebbe
aver servito da raccordo tra le vie Fulvia (Placentia -
Hasta - Augusta Taurinorum), la via Mediolanum -
Vercellae – Eporedia, e quella Ticinum - Taurinis. Unisce
Vercelli al Monferrato e alla Liguria.
BORLA 1978.
Stazione anonima presso Casina Settime (Ad
Septimum?)
Sulla base del toponimo, i resti archeologici individuati in
Contrada Ciapeli, a Casina Settime, lungo la provinciale
Vercelli - Torino, sono stati ricondotti ad una stazione
stradale (appunto, “Ad Septimum” ) che per l‟Editore,
graviterebbe sulla via Taurinis - Gallia, contando le VII
miglia da Carbantia, anche se è possibile che le VII miglia
siano conteggiate da Vercellae. Dallo stesso Editore
l‟insediamento è detto pagus. Lo sradicamento del bosco
per l‟impianto della risaia ha messo in luce i resti di una
grande costruzione di forma rettangolare, rilevata per tre
lati, della quale restano robusti muri di fondazione. Le
strutture rimesse in luce si articolano in tre vani: il più
grande è un muro di fondazione ad “U”, di m. 0,60 di
spessore, da identificarsi con un blocco di abitazioni.
L‟ambiente con orientamento nord-sud, con fondazioni
poderose, larghe fino a m. 0,80, ha le caratteristiche di una
chiesetta a pianta rettangolare absidata, sul lato occidentale
della quale si apre una piccola cappella (forse il fons
battesimale). Sul lato opposto sono due ambienti affiancati,
di m. 4,85 x 4 e 4,85 x 3,85. Sul lato settentrionale sono
avanzi di muri che proseguono la planimetria di questi, e
che secondo l‟Autore, delimitano il sagrato antistante.
Fuori è una tomba a inumazione con forma a sarcofago,
foderata da laterizi. Le fondazioni sono in ciottoli fluviali
allettati nella malta, ma i molti frammenti laterizi indiziano
la presenza di alzati realizzati con tecniche diverse. Sulla
base delle dimensioni operate nel taglio dei sesquipedali, la
datazione della chiesa è posta tra l‟VIII-IX secolo ed il
XIII. La chiesa, una volta abbandonta quest‟area occupata
sin dall‟età romana, sarebbe stata ricostruita circa 1 km.
più ad ovest, presso la casina, e avrebbe preso la titolatura
S. Maria de Septimo. Altri resti indizierebbero la presenza
di una sepoltura di inumato, perciò il complesso andrebbe
identificato come un luogo di culto con area cimiteriale.
Per quanto, quindi, il toponimo sia di trasparente origine
stradale, non sembra si possano inserire questi dati tra
quelli che qui interessano per capire l‟organizzazione
interna delle stazioni.
BORLA 1979.
3) Da Cuttiae per Augusta Taurinorum e il valico del
Monginevro
Rigomagus Scheda XI.5
4) Via da Pedum a Caburrum
Raccorda tutti i posti doganali allo sbocco delle valli tra
Gallia e Italia: forse sono tutte stazioni delle Quadrigesima
Galliarum.
Stazione presso Germa(---)
In loc. cascina La Reala - S. Lorenzo, nel comune di
Caraglio (prov. Cuneo), è stato parzialmente indagato un
insediamento47, che non si può qualificare come centro
urbano, ma solo come agglomerato rurale sorto in
prossimità di un nodo stradale, del quale possediamo,
attraverso la documentazione epigrafica (CIL, V, 7832 e
7836), la porzione iniziale del nome (variamente integrata)
“Germa(---)”. È possibile che si tratti di una stazione
daziaria. La parte più documentata dallo scavo è un
impianto termale, del quale è stato isolato un nucleo
originario, costituito dalla successione paratattica delle tre
sale, identificate, da est ad ovest, come frigidarium,
tepidarium e calidarium (tav. XIII, e). Esternamente a
questa serie di locali, era uno spazio aperto, forse recintato.
A ridosso del calidarium si posizionò, in un secondo
momento, un piccolo vano, forse destinato a locale di
servizio; non è stato, invece, possibile, individuare il
praefurnium. Ad ovest, separato dal primo nucleo da uno
stretto passaggio, si attesta un altro gruppo di costruzioni,
di funzione imprecisata. Tra i reperti mobili, risaltano
l‟epigrafe con dedica all‟imperatore Caracalla, rinvenuta
dentro la chiesa di S. Lorenzo (CIL, V, 2, 7837) e altre
epigrafi con dediche a Settimio Severo e Marco Aurelio o
Caracalla da località limitrofe. Presso S. Lorenzo è stato
rinvenuto anche un titulo epigrafico che menziona un tale
Rinnius Novicius, che si qualifica come mulio. Il nucleo
più antico dell‟impianto è datato alla fine del I d.C. ed è
possibile che sia stato abbandonato nel corso del III secolo.
Ad un periodo successivo, quindi, forse all‟inizio del IV
d.C., risalirebbe la seconda fase di occupazione. L‟abitato
attesta una frequentazione più intensa dalla metà del I
secolo d.C. Sulla base delle considerazioni di topografia e
del rinvenimento di numerose epigrafi con riferimento ad
eventi pubblici, in questo insediamento bisogna
individuare un piccolo borgo rurale, magari aggregatosi
intorno ad un posto di dogana della Quadrigesima
Galliarum, che rappresenta un interessante esempio di
“economia del transito”, e che troverebbe uno stimolante
confronto nei resti di impianto termale in corso di scavo
presso Borgo S. Dalmazzo, sede documentata di una statio
della Quadrigesima Galliarum. È interessante cercare di
conoscere l‟articolazione interna dell‟agglomerato, per
poter istituire il confronto con le numerose stazioni
doganali note, che in qualche caso hanno anche assunto il
ruolo di stazioni stradali.
MOLLI BOFFA 1980; PELLEGRINO 1989.
Altri resti di stabilimenti termali sono stati oggetto di
indagine in aree limitrofe, del comune di Caraglio:
PELLEGRINO 1990.
5) Via tra Vercellae e le Alpi lungo il lago Maggiore
Stazione anonima presso Romagnano sul Sesia
Presso questo nodo viario, dove si univano le due strade
che correvano su entrambe le rive (Vercelli / Sempione,
V.11 Rassegna Topografica: Regio XI
111
ecc.), sono stati rinvenuti un tesoretto di monete di I secolo
d.C. e molte epigrafi di epoca romana. Nel punto di
passaggio obbligato, dove il fiume sfocia nella pianura,
sono state segnalate le pile di un ponte romano, a valle di
ruderi di epoca medievale. In questa località, l‟occupazione
romana è attestata solo dall‟età imperiale, ma la
frequentazione può essere anticipata probabilmente al I
a.C., e messa in relazione con la deduzione della colonia di
Eporedia.
FOGLIATO 1960.
1 Il tratto iniziale della via Flaminia è stato trattato nella regio VI. 2 Nel primo caso, potrebbe trattarsi di un bivio sulla via Latina che
consentiva di raggiungere il luogo di sosta posizionato sulla Labicana, o di un errore commesso dal compilatore dell‟itinerario, tratto in inganno
dalla lettura di una carta. Il secondo caso è più complesso (vedi la rilettura
della BRANDIZZI VITTUCCI 1998, con bibliog.), ma qui interessa solo rilevare che il nome di questi centri di antica tradizione indicherebbe nella
Tabula una omonima stazione viaria o un bivio per raggiungere il centro
stesso. 3 Della fase medievale del castello, a pianta rettangolare con torrioni
quadrati, restano avanzi della porta d‟accesso e dei vani che la
affiancavano realizzati in opera a saracinesca con blocchetti di selce. 4 Dal V secolo, infatti, esisteva qui un monastero dedicato a S. Andrea,
presso il quale, nel VI, il papa Gregorio Magno fece trasferire la sede
vescovile di Velletri. 5 La chiesa medievale è pavimentata con lastre funerarie di epoca romana. 6 Dentro l‟androne, sono murate diverse altre iscrizioni, tra le quali, ai lati
dell‟ingresso, sono particolarmente importanti le due che ricordano i lavori di restauro apportati alla strada da Teodorico. 7 Atto del 3 nov. 1126 in cod. Vat. Lat. 12632, f. 386: cfr. COSTE 1990, p.
128, nota 8. 8 Nessuna struttura di questo tipo è segnalata dal LUGLI 1926. 9 Fino all‟apertura della via Appia litoranea, il controllo del passo, è stato
fondamentale nelle comunicazioni tra il Lazio e la Campania: “saltum qui super Tarracinam in artas coactus fauces imminet mari” (Liv., XXII, 15,
11). Nel 315 a.C., questo luogo fu teatro di una battaglia tra Romani e
Sanniti, che vide la disfatta dei primi, che si presero la rivincita l‟anno seguente, liberando Tarracina dall‟assedio. Nel 217 a.C. il passo fu
sbarrato per impedire la marcia di Annibale su Roma. Lungo il tratto
discendente della strada antica, in direzione della piana di Fondi, si trovano molti altri ruderi di ville, tra le quali è particolarmente grandiosa,
proprio sulla vetta del monte, quella attribuita all‟imperatore Nerva (che
era nativo di Terracina), o Galba (LUGLI 1926, coll. 194-199, figg. e-g, Carta n. 2, n. 38), organizzata su vasti terrazzamenti. 10 Si tratta dei resti di un imponente monumento, ritenuto
tradizionalmente un edificio termale, ma di recente riconosciuto come villa suburbana (Malizia). Si tratta di un vasto complesso, disposto su una
poderosa sostruzione, allestita ai piedi del monte, formata da ambienti e
corridoi, connessa ad est, con una serie di locali, serviti da un acquedotto. Nella villa Salvini sono inglobate due poderose cisterne. In questo
complesso, sono riconoscibili molte fasi, la prima delle quali è databile
alla fine del I secolo a.C., rimanendo, però, frammentariamente attestata, mentre i lavori più consistenti sono assegnabili ad epoca domizianea o
traianea. Ad una sottofase di poco posteriore risalgono il raddoppio dello spessore delle cisterne ed il loro allacciamento al ramo dell‟acquedotto,
mentre ad età antonina si assegnano i rifacimenti del cortile interno ed il
porticato con volte a crociera. Gli ultimi restauri datano alla prima metà del III secolo. È un‟ipotesi del Lafon che in prossimità delle Terme
Nettunie arrivasse anche il prolungamento della via Fondi - Sperlonga -
Gaeta - Formia, detta Via Flacca, variante costiera dell‟Appia: LAFON
1979. 11 Qui doveva essere stato visto anche il miliario con la cifra CVIIII, di
Costanzo e Massimiano (CIL, X, 6870). 12 Come esempio di horreum, ricordo quello lungo la via Domitiana,
strada di collegamento tra Puteoli e Sinuessa, presso l‟incrocio con la via
Cuma - Capua, che si inoltra verso la piana di Quarto. Tra quelli di tipologia più “ibrida” (nei quali, cioè, la destinazione funeraria è,
comunque, rispettata), cito quello descritto dalla Quilici Gigli, che pensa
ad una struttura collegata alla villa rustica soprastante, entro la quale, sarebbe stato, sì, ricavato il colombario, ma che contemplava anche locali
destinati ad altri scopi (ad esempio, riunioni del collegio funerario):
QUILICI 1970; QUILICI GIGLI 1970. Corrisponde al monumento antico segnalato in QUILICI 1969B, p. 32 ss. 13 La Tabula localizza questa tappa a m. XVI da Roma, che sono
eccessive (per cui, è stato proposto l‟emendamento della cifra tràdita in XIV), ma si potrebbe pensare anche una deviazione dalla località
Martellina, verso le Acque Albule, dove si trova lo stabilimento termale in esame. Questo ramo, da considerarsi a pieno titolo “via Tiburtina”, si
sarebbe ricongiunto alla via più diretta (molto simile a quella moderna
che attraversa Bagni Albule) presso Ponte Lucano: MARI 1983, pp. 18-19. 14 Questa strada non è contemplata nelle fonti itinerarie, ma viene qui
inserita perché, lungo il suo percorso, è stato parzialmente scavato un
complesso che potrebbe essere qualificato come parte di una stazione stradale. 15 BUCK 1971, pp. 76-77. ALVISI 1970 disegna invece la via Appia lungo
un tracciato che passa per Torre della Cisterna, M. Solorso, Madonna
delle Macere (dove è stato rinvenuto il sarcofago di Melfi), Toppa
Laguzzo, Sanzanello, fino a Venusia, facendo tornare perfettamente il
computo delle miglia tra Pons Aufidi e Venusia. 16 Aggiornamenti sono editi nella rivista “Echos”, ma contemplano solo
una grande abitazione di epoca ellenistica. 17 YNTEMA 1993, p. 108: si tratta del sito n. 8-17, coord. 25950-88750, di toponimo non indicato, ma localizzato vicino a Gallana o Gallano, che ha
restituito materiali riconducibili ad un insediamento rustico databile tra il II e la fine del III o l‟inizio del IV, nel quale sono riconoscibili degli
ambienti riscaldati, e che insiste su uno precedente. 18 Io abbandonerei l‟identificazione con Taverna, perché non rispetta il computo delle distanze. 19 Sulle principali località archeologiche interessate dall‟occupazione di
epoca romana, vedi la schedatura piuttosto aggiornata di PAOLETTI 1994A. Le schedature più complete delle ville calabresi sono in
JORQUERA NIETO 1991, ANGELONE - GALLO 1988; SMURRA 1989, ma
sono solo repertori bibliog. con carte poco dettagliate, che non riportano
la viabilità. 20 In questo tratto, la versione della carta che possediamo è
particolarmente confusa. Il nome Crater fl. è apposto sia ad un corso d‟acqua molto a nord (che invece deve essere uno di quelli intorno a
Paestum, somigliante al Laos, ma non identificabile con questo: CROGIEZ
1990B, p. 425), che ad una stazione che si trova su un corso d‟acqua, che resta anonimo, ma che prima della foce sul Tirreno, confluisce nel Tanno
fl. Poiché la somma delle distanze tra Caprasia e Cosentia nella Tabula è
ridondante rispetto alla realtà, la dicitura Crater fl. in inchiostro nero viene considerata non una stazione, ma il nome di un fiume (collocato
piuttosto casualmente, o spostato sul versante tirrenico, mentre dovrebbe
riferirsi al Crati che sfocia nello Ionio), mentre la sua cifra XVIII dovrebbe essere traslata a sud di Cosentia, per segnare la stazione di Ad
Sabutum Fl., saltata nella Tabula, ma conservata in It.Ant.. A questo
proposito, proporrei, più semplicemente, di ritenere che il copista della Tabula abbia solo unito un fiume anonimo, che ha origine negli
Appennini e sfocia nel Tirreno, con il tratto iniziale del Crati, che invece
sfocia nello Ionio, facendo anche slittare la tappa del Crater fl., non
presso questo unico corso d‟acqua che è stato disegnato, ma presso
l‟affluente anonimo del Tanno. In questo caso la cifra XXVI miglia tra
Caprasia e Crater fl. andrebbe riferita al tratto Caprasia - Cosentia. Nei due fiumi della costa tirrenica, confluenti alla foce, uno dei quali è
definito Tanno, si devono vedere, l‟Amato e il più settentrionale Savuto
(distante però alla foce 20 km. dall‟Amato) o il torrente Bagni, che nasce nella zona dei Bagni di Caronte, presso Sambiase, identificata con Aquae
Angae, che sfocia a soli 2 km. dall‟Amato (La Torre), oppure il Rannu o
fiume Grande (Tanno) e il Savuto, che ancora oggi hanno la foce in comune. Sull‟idrografia vedi LA TORRE 1999, p. 135 ss. 21 La via, che è nota attraverso l‟eccezionale testimonianza dell‟elogio di
Polla, è detta via Popilia o Annia, dal momento che è dibattuto se nel frammento di epigrafe caduto, contenente il nome del personaggio che
nell‟elogio si vanta di aver costruito la via e dotato il percorso di
infrastrutture, si debba integrare il nome del console L. Popilius Laenas del 132 a.C., che avrebbe visto la sua opera completata nell‟anno
successivo da T. Annius Rufus, pretore del 131 console del 128 a.C., o
quello del console del 153 a.C., T. Annius Luscus: bibliog. in LA TORRE
1990A, pp. 151-152; GIVIGLIANO 1994A, pp. 287-293. È importante
rilevare che le fonti itinerarie più tarde conservano sostanzialmente la
scansione delle tappe indicate nell‟iscrizione di Polla, precisando solo l‟itinerario con numerose tappe intermedie. Secondo una teoria superata,
V. - Note
112
la strada antica avrebbe avuto la numerazione a partire da Reggio, che tornando, quindi verso nord, registra prima la tappa Ad Fretum - Ad
Statuam (miliario VI), cioè il bivio per il posto d‟imbarco per Messina
centro. Da lì avremmo (da sud a nord): Ad Fretum / Ad Statuam - Valentia LI
Valentia Cosentia LVII
Cosentia Muranum o Summuranum ? XLIX Già nel I a.C., tuttavia, sarebbe stata apprestata la variante per Ad Mallias
che raggiungeva Ad Columnam, dove ci si imbarcava per la Sicilia e non
per Messina. Tale variante è quella seguita dall‟Antonino. 22 Tale indicazione (che rappresenta anche una duplicazione
dell‟indicazione del corso d‟acqua ripetuto in inchiostro rosso più sotto),
viene ritenuta pertinente ad un bivio dal Taliano Grasso, mentre per il Givigliano indica una tappa lungo la via, richiedendo, perciò, di emendare
le distanze che intercorrono tra le tappe per far tornare la cifra
complessiva: GIVIGLIANO 1994A, pp. 313-315. 23 La diversità comunque sarebbe solo nella scelta della tappa Ad Turres
di It.Ant. al posto di Temesa e di Aquae Angae della Tabula, perché l‟altra
discordanza, cioè la menzione di Ad Angitulam in una sola delle due redazioni dell‟It.Ant., è da intendersi come un bivio per la costa ionica.
Questo stesso bivio sarebbe indicato nella Tabula con il nome di Annicia,
e lo stabilimento termale dell‟Angitula sarebbe indicato dalle Aquae Angae. Altrimenti, seguendo la ricostruzione del La Torre, possiamo:
- reintegrare la tappa e le XVIII miglia saltate tra Cosentia ed Ad Sabutum
fl.; - riportare la cifra XX che sembra riferita nella Tabula alla Temesa
dell‟interno (che viene soppressa) alla distanza tra Ad Sabutum fl. e Aquae Angae;
- posporre le cifre che seguono: Aquae Angae - XI - Annicia - VIII - Vibo 24 Preferisco, però, chiamare la località, indicata a 20 miglia da Cosentia, Terina (e non Temesa, che credo sia invece da cercare nella via costiera
tirrenica), e lascio aperta la possibilità che la via per Aquae Angae e
Annicia da Vibo della Tabula non sia necessariamente quella Regium-Capua. Infatti, si potrebbe sottoporre a verifica l‟ipotesi che da Cosentia
la Tabula segua una via diversa rispetto all‟It.Ant. (che segue invece la
via Capua- Regium), via che al di là della catena montuosa raggiunge Terina e torna verso Vibo, facendo tappa ad Aquae Angae, riunificandosi
alla via Capua - Regium presso il bivio Ad Angitulam di It.Ant., nella
Tabula reso con Annicia. La strada in realtà, qui non è disegnata, ma la sua esistenza è confermata da Guidone e dal Ravennate. 25 Anche per il tratto finale della via sussistono alcune incertezze, che
hanno dato luogo a diverse interpretazioni: per il Taliano Grasso (TALIANO GRASSO 1996, pp. 187-188), se uniamo i dati dell‟It.Ant. e
della Tabula, lasciando la cifra totale XVII registrata presso Reggio25,
otteniamo la serie: Regium - tappa “terme” = m.p. X sulla via Annia;
Regium - tappa anonima = m.p. VII, e
tappa anonima - Leucopetra = m.p. V sulla via ionica Trovo più convincente l‟interpretazione della Andronico, che cioè
l‟It.Ant. e la Tabula riportino tra Vibo e Regium lo stesso itinerario, che,
però, in It.Ant. fa tappa a Nicotera e Ad Mallias, nella Tabula a Tauriana e Arciade; che nella Tabula sia saltato il toponimo Columna da riferirsi
alla cifra XII ed alla vignetta terme, e che da lì intercorrano XVII miglia a
Regium. 26 Descrizione e bibliografia in COLICELLI 1996, pp. 191-195. 27 Così si spiegherebbe la brevità della cifra XI tra Tanno e Vibo: si
contano le miglia solo fino alla confluenza. 28 Segnala resti di epoca romana proprio presso l‟antico scalo portuale,
localizzato nell‟antica rientranza marina tra La Secca e Torre della Nave.
Tali rinvenimenti di epoca romana sono segnalati in “NSc” 1981, p. 137, senza precisazioni. 29 La presenza di un edificio per spettacoli presso una dimora privata
trova un confronto nella villa di Ponza. 30 Il raccordo tra il tratto diretto a Corfinio e quello di Ad Pirum,
disegnato nella Tabula, è irragionevole dal punto di vista topografico, ma
il copista è stato costretto a questa incongruenza, perché non era altrimenti possibile unirlo a Bovianum (qualora la si identifichi con
Pietrabbondante: CARROCCIA 1995, p. 121-126). 31 CARROCCIA 1989, p. 21. Già il Mommsen seguito dal La Regina (LA
REGINA 1966) avevano spostato il segmento della Tabula che si stacca da
Saepinum ad ovest degli Appennini (contro i quali si interrompe) verso
Aecas, per poter associare il santuario di Ercole Quirino di Campochiaro (CB) con la tappa di Hercul’Rani, ma secondo CARROCCIA 1995, p. 128 è
meglio lasciarlo dove è, semplicemente ad indicare la deviazione da
Saepinum verso Larinum e la costa, intendendo sottolineare soprattutto ai viaggiatori provenienti da Aequum Tuticum e Beneventum, la presenza
dell‟importantissimo “Quadrivio di Monteverde” di Vinchiaturo, incrocio
di piste tratturali ricalcate dalla “SS. 17 Nazionale dei Pentri” e dalla “SS. 87 Sannitica”. Non a caso, a controllo di questo incrocio viario, in località
“La Rocca” si conservano resti di fortificazioni sannitiche ed i ruderi
dell‟abbadia benedettina di “ S. Maria a Monte o di Guglieto”, edificata, forse, sul luogo di un tempio pagano e sui terreni di un probabile
praedium Juliani: CARROCCIA – RUTA 1987-88, pp. 265-266 e n. 23 s. 32 La fontana presenta un bacino rettangolare di m. 3 x 1,85, alto m. 0,89, decorato sul lato di fondo dal pannello con il grifo, e sistemato su di un
basamento formato da basoli di forma rettangolare. La datazione di questa
fontana, che sembra doversi riconoscere in quella menzionata da un documento epigrafico con la dedica di due lacus ad opera di due membri
della gens Ennia (Caio e Lucio, forse padre e figlio), in occasione di una
magistratura locale, è fissata alla piena età augustea: GAGGIOTTI 1975. 33 STANCO 1996, pp. 96-97: l‟integrazione sarebbe la seguente:
ab Helvillo Anconam L (ad Aesim X)
ad Calem XIIII (xx -) ad Pirum VIII (xx -)
Senagallia VIII (xx -)
ad Aesim XII (xx -) Ancona VIII 34 Si tratta di strutture conservate fino ad un massimo di m. 0.70
d‟elevato, con murature in opera vittata, riccamente rivestite da lastre di marmo e mosaici. I resti, localizzati sulla destra della via Flaminia, in loc.
Ponte Riotorto, sono stati dall‟Editrice ricondotti ad una villa privata, perché ritenuti di piccole dimensioni. 35 La via Flaminia antica correva più a monte dell‟attuale, attraverso
Vallugola, ma qui si trovava l‟incrocio tra la Flaminia e la via diretta a questo scalo portuale marittimo che, oltre Colombarone, proseguiva verso
Forum Sempronii. 36 L‟Autore riferisce solo del mosaico, che forse aveva una forma circolare e per il quale, quindi, si propone l‟identificazione con il fondo di
una vasca, e suggerisce una più generica identificazione con una villa
“vicina alla Flaminia”. 37 Così le 6 miglia sarebbero riferite al tratto Pyrgi - Punicum (mancano
quelle Punicum - Aquae Apollinares). 38 Nella Tabula, tra Aquae Apollinares e Tarquinii sono segnate XII miglia, che sono troppo poche rispetto alla distanza reale: qui andrebbe
considerato nome di stazione l’indicazione Lacus et Mons Ciminus, da
correggere in Lucus e da identificarsi con il santuario di Grasceta dei Cavallari (in SANTUARI D‟ETRURIA 1985, pp. 155-156), restituendo così
le distanze: Aquae Apollinares - Lucus (VII m.p.) - Tarquinii XII m.p. Il
lucus cadrebbe presso il toponimo Torcimina: STANCO 1996. 39 L‟It. Ant. propone la sequenza Lorium - Turres X - Pyrgi XII, e XII
miglia da Alsium, lungo la via Aurelia; la Tabula, invece, come abbiamo
visto, posiziona Ad Turres sulla via tra Baebiana e Aquae Apollinares. Se la identifichiamo con Statua tornano tutte le distanze di It.Ant. 40 L‟edizione completa dello scavo è prevista ad opera della
Soprintendenza Archeologica per l‟Etruria Meridionale. 41 DALL‟AGLIO 1992, p. 183, assegna i tratti glareati segnalati nella
pianura presso Brescello alla via che nella Tabula Peutingeriana viene
disegnata sulla sinistra del Po, subparallela al fiume, ma più arretrata, che congiunge Placentia al delta del fiume. 42 L‟epigrafe CIL, XI, 826, ricorda la ricostruzione del ponte sul Secchia
nel 260 d.C., ad opera degli imperatori Licinio Valeriano e Licinio Gallieno ed il cesare Cornelio Salonino. 43 BOSIO 1991, pp. 100-102. La tappa mancante potrebbe essere
identificata con Ariolica, riportata dalla Tabula. 44 Nel 1993 si lamenta ancora la pubblicazione della sola notizia. 45 Oltre alle stazioni ricordate negli itinerari, si è proposto di identificare
dei luoghi di sosta presso: Saint Pierre (loc. Castello Sarriod de la Tour: MOLLO MEZZENA 1992A, p. 278, fig. 18); Chatillon (casello autostradale:
MOLLO MEZZENA 1992A, pp. 278-279, fig. 19); Arnad (impianto rustico,
in diretto rapporto con la viabilità che sembra però concentrato sulla produzione agricola e sulla lavorazione dei derivati dell‟allevamento, che
occupa strutture preesistenti. MOLLO MEZZENA 1992A, p. 279, fig. 21). 46 L‟abitato romano doveva occupare la parte settentrionale del moderno centro di Lomello. La cinta muraria è di datazione molto discussa, ma è
possibile che possa essere assegnata al III-IV secolo. Oltre all‟edificio che
qui si presenta, si conoscono resti di un edificio pavimentato a mosaico. 47 Rinvenuto occasionalmente nel 1976, è stato oggetto di un‟indagine
condotta dalla Soprintendenza nel 1977.
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
113
CAPITOLO VI
RASSEGNA ARCHEOLOGICA
VI. 1. Regio I
Latium et Campania
N. I.1 Ad Nonum - “Villa e mausoleo di
Gallieno” Località Casale del Palombaro
Presso S. Maria delle Mole, comune di Marino, prov. di
Roma
Viabilità: Via Appia, a destra della via, a nord di Bovillae.
Tipo di insediamento: Grandioso complesso, identificato
da alcuni con la villa imperiale di proprietà di Gallieno,
circondato da monumenti funerari, uno dei quali, un
mausoleo a pianta circolare con peristasi di colonne, è stato
assegnato allo stesso imperatore. Nei dintorni, è attestata,
sulla base del rinvenimento di ex voto, la presenza di un
santuario, già attivo nel II secolo a.C. In due punti, prima e
dopo il sepolcro di Gallieno, è evidente un allargamento
della sede stradale, ottenuto nella porzione precedente al
sepolcro, con una carrabile laterale aggiunta di m. 2 di
ampiezza (Tav. X, nn. 3-5).
Topografia: Tra la sommità ed il declivio di un pianoro,
allungato tra la via Appia ed il fosso di Fiorano.
Scavi: I resti furono già scavati nel 1792 da Hamilton, che
sostenne di avervi rinvenuto un tempio rotondo con
peristasi di colonne. Fu oggetto di ricerche ancora nel 1862
e nel 1926-27.
Conservazione: Di tutti “i favolosi avanzi di mirabili
fabriche” descritti, sono attualmente visibili solo quelli
rilevati dal De Rossi (fig. 19).
“Villa” Articolazione Planimetrica: Gli unici dati certi sulla
planimetria si ricavano dal rilievo del De Rossi, che poté
verificare solo l‟esistenza di gallerie, su una delle quali, si
innestano dei corridoi perpendicolari. Il Lugli aveva visto
una galleria parallela alla via Appia, sovrastata da una
teoria di ambienti, coperti a volta e disposti
ortogonalmente all‟asse della galleria sottostante. Altri
nuclei isolati di costruzioni nell‟area della villa, tra cui un
estradosso di volta laterizia, murature in opera reticolata e
mista, una conserva d‟acqua, resti di tubature in piombo e
terracotta.
Caratteristiche: Ricchissimi resti delle decorazioni
musive e a stucco, di intonaco dipinto e di decorazioni
architettoniche in marmo.
Tecniche costruttive: Le gallerie erano chiuse da murature
in opera reticolata e coperte a volta.
Reperti mobili: Dagli scavi, provengono numerosi
frammenti di statue: da Hamilton fu rinvenuta la replica del
Discobolo dei Musei Vaticani, che egli riteneva essere
sistemata negli intercolumni del “tempio”.
Cronologia: Dall‟età repubblicana alla piena età imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: L‟identificazione con la
villa di proprietà di Gallieno nasce sulla base della notizia
di Aurelio Vittore, che l‟imperatore fu ucciso da
Massimiano Erculio presso Tres Tabernae sull‟Appia, e
che fu sepolto al IX miglio della stessa via e si suppone,
perciò, che lì si trovasse questa sua proprietà, ma
l‟attribuzione è discussa e non è confermata da elementi
archeologici determinanti. Secondo il Canina, la villa fu
“ridotta a servire di prima stazione della via Appia” solo
alla fine dell‟impero, perché compare nel solo Itinerario
Burdigalense. Anche dopo le indagini di scavo di inizio
secolo, i dati che emergono sulla planimetria del
monumento sono pochissimi: secondo il De Rossi, la
documentazione grafica del Rosa, edita anche dal Canina,
è puramente convenzionale. L‟edificio disegnato dal
Canina, da lui posizionato alle spalle dei monumenti
funerari che si allineano sul lato destro dell‟Appia, a poco
più di m. 20 di distanza rispetto alla strada, è molto vasto,
con una pianta rettangolare. Più dei ¾ della sua superficie
sarebbero stati costituiti da una enorme area scoperta
recintata, aperta solo al centro del lato lungo verso l‟Appia.
Solo una fascia (di circa 10 m. di larghezza) di vani si
sarebbe disposta a ridosso del lato lungo opposto a quello
d‟ingresso: qui, almeno nella porzione SE, ma
probabilmente anche in quella NE, si sarebbero individuate
delle serie parallele di vani paratattici, disposti sui due lati
di uno stretto corridoio. Questa planimetria trova un
suggestivo confronto con quelle degli edifici “a corte”
ricostruiti in alcune stazioni stradali, soprattutto delle
province, ed in particolare gli alloggi (o magazzini?) che
ripetono il modello dei “contubernia”, si inquadrano
perfettamente (anche a livello dimensionale) con quelli
raccolti presso varie stazioni (infra, cap. VII). Tale
constatazione, se per un verso conferma l‟ipotesi che il
Canina si sia ispirato a modelli noti per fornire una
ricostruzione di una stazione stradale, per un altro instilla il
dubbio che egli abbia invece avuto elementi archeologici ai
quali agganciarsi per fornire questa planimetria dal
momento che, alla metà dell‟800, difficilmente lo studioso
avrebbe potuto conoscere questi dati, individuati ed
elaborati in scavi archeologici molto più recenti.
Bibliog.: CANINA 1852, pp. 299-300, Tav. XLVII, n. XV e
XVI del IX miglio; DE ROSSI 1979, pp. 250-258, n. 220;
QUILICI 1989b, pp. 58-59; CROGIEZ 1990a.
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
114
N. I.2 Ad Sponsas Contrada Sole Luna
Comune di Velletri, prov. di Roma
Viabilità: Tra il XXI ed il XXII miglio dell‟Appia, presso
il quadrivio che conduce a Velitrae da una parte, ed al
mare dall‟altra.
Tipo di insediamento: Sulla base dei resti di superficie, si
ipotizza che in questa località si trovasse un piccolo
abitato. La documentazione grafica pubblicata dal Mancini
attesta, in questo punto, la presenza di un edificio più
antico, a ridosso del quale si sarebbe impiantato un
complesso basilicale cristiano con annesso un cimitero1. Il
rinvenimento, presso la strada romana, di molte fosse
contenenti ex-voto fittili, è stato ricondotto alla
segnalazione, circa m. 60 ad ovest di queste fosse, di una
“grandiosa costruzione a guisa di piattaforma, di m.
40x20”, con orientamento ovest-est, interpretata come la
fondazione di un tempio (per il quale il Nardini propose la
dedica al Sole ed alla Luna!). Presso questa stessa località,
è la catacomba citata dal Fiocchi Nicolai a conferma della
relazione tra cimiteri ipogei paleocristiani e stazioni
(scheda VII.13. Cfr. cap. VII), ma la ricchezza della
documentazione epigrafica attesta anche l‟esistenza di una
precedente necropoli pagana, attiva già nella prima età
imperiale. Il manufatto cristiano insiste su strutture in
opera reticolata, che ipoteticamente possono ricondursi
all‟epigrafe dedicatoria di Domiziano (NARDINI 1922)2, e
che qui vengono presentate.
Topografia: Km. 5 a sud di Velletri, all‟incrocio tra
l‟Appia e la via di Lazzaria, che in antico recava a
Satricum.
Scavi: Segnalazioni di inizio secolo; scavi del 1922
(MANCINI).
Conservazione: Fino a qualche tempo fa si conservavano
molti resti di edifici e sepolcri, oltreché del basolato e dei
marciapiedi, ed un sepolcro cristiano
Struttura di servizio (fig. 22)
Articolazione Planimetrica: L‟edificio in questione non è
mai stato oggetto di descrizione analitica, ma sulla base
della documentazione, si può descrivere come un edificio
piuttosto articolato, estendentesi fin sulla crepidine
dell‟Appia. La porzione indagata consiste in un vasto
ambiente rettangolare (forse, un cortile - fig. 22, A),
intorno a cui si dispongono - lungo almeno due lati - serie
paratattiche di vani, e sul lato est (aperto solo a sud) un
corridoio3. Sulla base dei dati presentati dagli scavatori,
non è possibile capire se anche il nucleo indicato in pianta
con la lettera B ed il muro di recinzione, che si protende a
sud, fossero pertinenti a questa fase.
Tecniche costruttive: Opera reticolata con scapoli di
selce.
Reperti mobili: Cippo con iscrizione che ricorda il
restauro della via Mactorina, da parte di un membro della
gens Ottavia (NARDINI 1918).
Cronologia: Sulla base delle tecniche edilizie, si può
proporre una generica datazione dell‟impianto entro la
prima metà del I d.C.
Continuità: Secondo il Mucci, l‟identificazione della
stazione in questo luogo sarebbe confermata dalla
segnalazione, in un documento d‟archivio, di un fundus
duo amanti, dato che ribadirebbe, quindi, l‟ipotesi che a
dare il nome alla stazione sarebbe stato un rilievo funerario
raffigurante due coniugi.
Osservazioni / Interpretazione: La planimetria nota è
piuttosto frammentaria, ma la vastità dell‟area scoperta
centrale (che poteva essere affiancata da un‟altra ancora,
più a sud) induce a ritenerla destinata ad area di parcheggio
per i veicoli, mentre i locali che si dispongono intorno al
cortile A, avrebbero potuto essere destinati ad alloggio dei
viaggiatori e al deposito delle derrate. Il vano localizzato
nella porzione sud-ovest di questo settore (fig. 22, “c”),
accessibile non dal cortile A ma dallo spazio scoperto
esterno, potrebbe essere interpretato come stalla. Per poter
localizzare la stazione in questo punto, il Mucci opera tutta
una macchinosa equiparazione delle fonti, inserendo, tra le
altre cose, la tappa di Tres Tabernae nell‟Itinerario
Burdigalense, che non la riporta, per poter colmare la
lacuna di VI miglia rispetto al totale tra Roma e Terracina.
Il luogo di rinvenimento dei votivi di terracotta ed la cd.
platea del tempio sono da localizzarsi a m. 400 circa di
distanza dai resti della supposta stazione, e sono in
relazione alla via Mactorina, di ascendenza molto antica:
per questo, la presenza del luogo di culto, più che essere
significativa per la localizzazione del luogo di sosta, è
indicativa per diagnosticare l‟intensità delle comunicazioni
tra il mare ed i rilievi albani. Questa stazione - o meglio, il
nucleo insediativo che si immagina cresciuto nei suoi
immediati dintorni - avrebbe costituito, infatti, il “centro
commerciale” di Velitrae sull‟Appia.
Bibliog.: NARDINI 1922; MANCINI 1922; MANCINI 1924;
CRESSEDI 1949, PP. 98-100; MUCCI 1975; CRESCENZI 1981,
pp. 63-65; MELIS – QUILICI GIGLI 1983, pp. 9-18; QUILICI
1989B, p. 85.
N. I.3 Tres Tabernae Località Piscina di Zaino
Comune di Cisterna di Latina, prov. di Latina
Viabilità: Via Appia, tra Ad Sponsas e Forum Appi, presso
il bivio tra l‟Appia nella Pianura Pontina e la strada per
Ninfa, che ricalca abbastanza fedelmente quella antica per
Norba.
Tipo di insediamento: In origine, lungo questo tratto di
Appia, gli insediamenti dovevano essere distribuiti in
modo piuttosto continuo, almeno nella zona compresa tra i
km. 57 e 59 della moderna statale, ma delle presenze
antiche segnalate in epoche diverse, resta solo il complesso
recentemente indagato che qui si presenta. Quest‟ultimo si
qualifica come un edificio residenziale, con fronte sulla
strada, interessato, dopo l‟abbandono, dall‟impianto di
sepolture in anfore, alla cappuccina e a “cupa”.
Rinvenimenti occasionali testimoniano la presenza di
edifici destinati ad uso funerario, almeno di epoca medio
imperiale.
Scavi: Soprintendenza Archeologica, maggio-dicembre
1993
Conservazione: Le strutture si conservano fino al piano di
spiccato o poco più.
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
115
Struttura di servizio (fig. 23) Articolazione Planimetrica: L‟asse attorno a cui
sembrano disposti i vari ambienti è costituito da una strada
di dimensioni limitate, perpendicolare alla consolare,
bordata da crepidini che mostrano di essere state
risistemate in più punti, e che - data l‟ampiezza limitata -
consentiva un traffico a senso unico, ma che prevedeva,
nella porzione centrale, uno slargo destinato alle manovre.
Da questa strada si entrava in un vano piuttosto ampio (d),
all‟interno del quale potevano accedere i veicoli, come
attesta la presenza di solchi di carro sulla soglia
dell‟ambiente stesso. Tale vano fu interessato, in una
seconda fase, da spartizione in spazi più ridotti, come
dimostrato dalla presenza di setti murari di fattura diversa.
Da questo locale si accedeva ad un altro (c), che separava
quest‟ala da un‟altra serie di edifici, che si aprivano sulla
stessa strada interna con delle colonne laterizie (due ai lati
dell‟ingresso e due (?) angolari). Nella parte finale del
blocco di edifici allungati alle spalle di questi, sono state
riportate alla luce porzioni del locale “l”, collegato
mediante il “disimpegno i” al vano “g”, tutti serviti anche
dal corridoio “h” che, a sua volta, si apriva con due gradini
su uno spazio scoperto, forse utilizzato come giardino, ed
interessato in una fase successiva, dalla costruzione di un
muro di recinzione di ben m. 76 di larghezza, di lunghezza
non accertata. Per lo spazio identificato dalla lettera “c” si
avanza l‟ipotesi che si tratti di un angiporto. Nello spazio
compreso tra questi vani e la via Appia, è stata riconosciuta
una cisterna, in parte obliterata dal successivo impianto di
una canaletta per lo smaltimento delle acque.
Sul lato opposto della strada, si trovano una serie di
ambienti interessati da rifacimenti così numerosi da
renderne difficile l‟interpretazione ma, almeno per quello
indicato con la lettera “q”, la presenza di una
pavimentazione in basoli di selce riconduce ad un utilizzo
a stalla.
Caratteristiche: Del vano “d” non restano tracce della
pavimentazione. Il vano “g” è rivestito da intonaco
monocromo bianco, ed è pavimentato a mosaico
ugualmente bianco, mentre il corridoio “h” presenta una
pavimentazione in battuto.
Tecniche costruttive: Le murature dell‟ambiente “d” sono
realizzate in opera reticolata di fattura grossolana, risarcita
in molti punti, mentre quelle del vano “g”, pure in opera
reticolata, sono di fattura più curata.
Le murature dei vani disposti lungo il lato sud-orientale del
deverticolo, sono in opera incerta con rifacimenti in opera
vittata.
Reperti mobili: Nel vasto spazio occidentale, sono stati
accumulati (forse, intenzionalmente) materiali
architettonici di rivestimento, che attestano la presenza di
decorazioni di fattura piuttosto fine. Sono stati
occasionalmente rinvenuti materiali bronzei e marmorei
databili ad epoca altomedievale (i secondi, riconducibili ad
un edificio di culto).
Cronologia: Le varie tecniche edilizie attestano
un‟occupazione del complesso tra il I ed il VI secolo d.C.,
occupazione che ha previsto impianti e ristrutturazioni.
Le tombe entro anforaceo datano ad epoca successiva
all‟abbandono, mentre, probabilmente, quelle di tipologia
diversa, sono di epoca anteriore (per quelle a cupa, ad
esempio, i confronti riportano al III-V secolo).
Continuità: Nel IV secolo, Tres Tabernae è menzionata
come sede vescovile.
Osservazioni / Interpretazione: Per quanto sia stato
interessato da numerosi rifacimenti e restauri, dalla
omogeneità degli orientamenti, traspare in questo edificio
una pianificazione originaria organica, sempre rispettata.
L‟identificazione di questo complesso con la stazione
viaria non è certa, ma la rilettura dei dati itinerari
recentemente elaborata, la rende piuttosto probabile. La
presenza di interventi di restauro assegnabili, sulla base
delle tecniche che sfruttano molto materiale di reimpiego,
fino ad epoca tardo imperiale, dimostra quanto fosse
rilevante questo complesso. La stazione di Tres Tabernae,
del resto, rivestì sempre una notevole importanza come
punto di transito e di sosta, come testimoniano Cicerone
(Ad Att., I, 13, 1; II, 10; II, 12, 2; II, 13, 1) e gli Atti degli
Apostoli: qui avvenne, infatti, l‟incontro tra S. Paolo,
prigioniero, ed i cristiani di Roma (Act.Apost., XXVIII,
15). Questo centro divenne molto precocemente sede
vescovile (già nel 313) e le fonti ne attestano la centralità
ancora nei secoli V e VI, mentre la migrazione della sede
vescovile data solo alla fine del IX.
Bibliog.: QUILICI 1989a, p. 8; CASSIERI 1995.
N. I.4 Stazione anonima al IV miglio della via
Latina Località Quadraro
Comune di Roma, prov. di Roma
Viabilità: Via Latina, IV miglio
Tipo di insediamento: Oltre al complesso identificato con
la mansio, immediatamente a nord, sono stati scavati i resti
di un sontuosa villa datata tra il I ed il IV d.C., e si
riconoscono le fondazioni di imponenti monumenti
funerari. In quest‟area doveva, inoltre, trovarsi
l‟antichissimo tempio della Fortuna Muliebre. Almeno una
trentina di tombe alla cappuccina si sono impiantate nella
zona del “portico”.
Topografia: Il complesso è localizzato nel triangolo
delimitato, in direzione NW-SE, dalla via Latina e
dall‟acquedotto Claudio e, in direzione est-ovest,
dall‟acquedotto Marcio ricalcato dal papalino acquedotto
Felice.
Scavi: tra 1987 e 1993.
Conservazione: Discreta (il muro in opera quadrata si
conserva fino a m. 2,50 dal piano di spiccato). Attualmente
le strutture riportate alla luce sono state reinterrate.
Struttura di servizio (fig. 24) Articolazione Planimetrica: Della struttura di prima fase
si conosce solo il lungo muro in opera quadrata, con
andamento NNW-SSE (leggermente divergente, quindi,
rispetto a quello ESE-WNW della via Latina), con lacerti
di pavimentazione in cocciopesto, sotto la quale si
aprivano tre cisterne ipogee raggiungibili mediante due
pozzi. Nella parte settentrionale, si trovano tre vani con
suspensurae, realizzati però in epoca successiva e destinati
ad un utilizzo termale. In prosecuzione di questo muro in
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
116
opera quadrata, ma con andamento divergente, si trova
un‟altra muratura, che ha, forse, funzionato come muro di
fondo di un portico, aperto in direzione della strada. Alle
spalle di questo muro si trovavano altri locali decorati con
rivestimenti musivi, uno dei quali è stato riconosciuto
come latrina. Dopo quasi quattro secoli, questo edificio fu
trasformato in un monumento funerario, mediante la
costruzione di un‟esedra con bancone di blocchi di tufo,
sul quale è stato ritrovato il sarcofago. Il vano absidato si
apriva su uno spazio pavimentato in lastre di peperino e
materiale di reimpiego.
Caratteristiche: Gli ambienti ad est del muro in opera
quadrata sono decorati con mosaici bianco e nero.
Tecniche costruttive: Le murature di due degli ambienti
termali sono in opera vittata, mentre il muro di fondo (?)
del portico è in opera quasi reticolata. La sala absidata è in
opera laterizia.
Reperti mobili: Alcuni frammenti architettonici che sono
stati reimpiegati anche nelle pavimentazioni in battuto,
provengono forse dal tempio della Fortuna Muliebre.
Cronologia: L‟edificio che contemplava il muro in opera
quadrata risale agli inizi del I secolo a.C., e la
trasformazione in monumento funerario risale alla fine del
III d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Non mi sembra che i dati
di scavo siano sufficienti per sostenere che “le
caratteristiche del complesso lo fanno ritenere un luogo di
sosta e ristoro, una mansio”, soprattutto qualora l‟ingresso
al complesso sia da intendersi sul lato orientale (il testo
non è chiaro), cioè dalla parte opposta rispetto alla via
Latina.
Bibliog.: EGIDI 1995, pp. 312-314.
N. I.5 Ad Bivium Colle La Maiorana
Comune di Artena, prov. di Roma.
Viabilità: “raccordo” tra via Latina e via Labicana
Tipo di insediamento: Le emergenze archeologiche
occupano un‟area di 15 ettari, per la maggior parte
interessati da un latifondo imperiale o senatorio, all‟interno
del quale si è svolta almeno l‟attività di lavorazione dei
prodotti agricoli, ma per il quale non si esclude il
coinvolgimento in attività manifatturiere o di produzione di
ceramiche. Tale insediamento ha rappresentato, anche in
epoca medio e tardo-imperiale, un punto di riferimento, sì
da essere prescelto per l‟impianto di un cimitero
paleocristiano sub divo, connesso alla catacomba di S.
Ilario, ed per l‟edificazione ancora in epoca altomedievale
di una chiesa. Il praedium si sarebbe posizionato presso un
santuario repubblicano, l‟esistenza del quale è attestata da
numerosi rinvenimenti sporadici. Tale santuario era
probabilmente connesso al punto di passaggio tra Latium
Vetus e Novus, e quindi al culto di Giano4. Sono stati
indagati, inoltre, i resti di una domus tardo-repubblicana,
che sarebbe stata occupata fino al V secolo d.C., e, nei
dintorni, è anche una cava antica di tufo, interessata,
almeno nel I d.C., dall‟impianto di alcune tombe alla
cappuccina. Sul versante est del colle, lungo il declivio che
si allunga verso la strada romana, si trova una vasca,
scavata nel banco di tufo, alimentata da un cunicolo che
adduce l‟acqua di una sorgente.
Topografia: Colle molto allungato, delimitato sui due lati
da due corsi d‟acqua. L‟insediamento si trova sulla
sommità e sul ciglio, lungo il tracciato della via che univa
la Latina alla Labicana, attestata dalla presenza di
numerosi basoli e di una tagliata.
Scavi e ricerche: Di tutto l‟insediamento di Colle
Maiorana, è stata oggetto di scavo solo una domus tardo-
repubblicana nel 1983, mentre, negli anni 1987-89, sono
state condotte le ricerche presso il cimitero e la basilica di
S. Ilario Ad Bivium.
Conservazione: I resti del Colle Maiorana sono stati
oggetto di molte distruzioni in epoca recente, sì da essere
ridotti a pochi resti di superficie.
Latifondo Imperiale?
La porzione nord-occidentale del colle, prende il nome di
Colle dell‟Imperatore, proprio per la presenza di resti
monumentali, da sempre noti. Tali resti,
frammentariamente descritti, dei quali meglio si conoscono
un edificio in opera cementizia a pianta rettangolare5, una
cisterna sotterranea6, un cunicolo, ed alcuni muri di
terrazzamento, vengono ricondotti ad un grande
possedimento imperiale o senatorio.
Caratteristiche: Gli ambienti pertinenti alla villa sono
sempre stati descritti sommariamente, ma si può evincere
che fossero riccamente decorati, alcuni riscaldati. Sono
stati rinvenuti, altresì, frammenti di rivestimenti in
cocciopesto, di molte lastrine di marmo colorato, forse
pertinenti ad un opus sectile, di colonne, capitelli e
materiali architettonici di marmo.
Tecniche costruttive: La cisterna è realizzata in opera
cementizia, il cunicolo in opera reticolata.
Reperti mobili: Tra i rinvenimenti degni di nota, segnalo
una base iscritta con preghiera a Giano (QUILICI 1982, pp.
172-181, scoperta in quell‟occasione), una dedica a
Silvano (CIL, X, 5962), un testo epigrafico di ispirazione
tardo-stoica, molti frammenti di statue, molti materiali
architettonici di marmo e granito e materiale ceramico
databile fino al V-VI secolo.
Cronologia: I materiali votivi del santuario datano al IV -
II secolo a.C., mentre i resti riconducibili alla villa
spaziano tra la fine dell‟età repubblicana ed almeno il V-VI
d.C. Luttazzi insiste su una datazione della “stazione” al III
d.C.
“Domus”
Articolazione Planimetrica: Direttamente sulla via di
raccordo Latina-Labicana, si apre l‟ala settentrionale di
questo edificio, identificato con una domus. La parte nota è
costituita da un complesso dalla planimetria piuttosto
regolare, con due blocchi di vani simmetricamente disposti
ai lati di un peristilio, circondato su tre lati da un portico,
aperto su un vano qualificato come tablino.
Caratteristiche: Sono stati raccolti moltissimi frammenti
di intonaco dipinto, e di lastrine di marmo pertinenti a
rivestimenti in opus sectile. Il pavimento del porticato C1
era a mosaico bianco e nero, mentre i vani E ed F erano
impermeabilizzati internamente con cocciopesto su cui era
allettato l‟opus sectile. Il peristilio era sostenuto da colonne
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
117
di marmo, terminate da capitelli ionici. Tra i materiali
recuperati figurano tessere di mosaico policromo e tubuli
di terracotta per il riscaldamento degli ambienti.
Tecniche costruttive: I muri che delimitano l‟ambiente O
ed un muro perimetrale di D sono in opera laterizia.
Reperti mobili: Oltre ai citati frammenti architettonici, si
sono recuperate parti di statue.
Cronologia: Impianto di I d.C., con restauri consistenti di
II secolo. Il periodo di maggior vitalità è, forse, da
riconoscersi tra la fine del III e l‟inizio del IV secolo.
Dopo l‟abbandono, avvenuto nel V d.C., si impiantarono
qui delle tombe di inumati.
Area Sepolcrale di S. Ilario
Tombe scavate nel banco di tufo e coperte alla cappuccina,
sostituite, in una seconda fase, da tombe costruite con
muretti in tufelli e laterizi, che delimitano “cassoni”
quadrati, pavimentati e coperti con tegole.
Reperti mobili: Come materiale di costruzione della
chiesa, è stato reimpiegato un frammento di una lastra di
marmo, con dedica a Caracalla, posta tra il 196 ed il 211.
Cronologia: L‟area funeraria si impiantò nel IV secolo
d.C., forse dopo la prima utilizzazione della catacomba, ma
il suo uso durò almeno fino al VII secolo.
Osservazioni / Interpretazione: Si ritiene che l‟area
sepolcrale abbia potuto contenere almeno 800 individui:
tale consistente comunità è ricondotta allo stesso
insediamento di Colle Maiorana. La presenza di una
tagliata alla base del colle attesta che la via di
collegamento tra la Latina e la Labicana passasse proprio
in vicinanza di questi resti.
Bibliog.: QUILICI 1982, pp. 126-134; 172-181, tav. CIX,
nn. 270-272; FIOCCHI NICOLAI 1988-1989; FIOCCHI
NICOLAI 1990; QUILICI 1991, p. 53; CARROCCIA 1995, p.
129; LUTTAZZI 1996; PRACCHIA - PETRASSI - CIFARELLI
1998, pp. 179-191.
N. I.6 Stazione anonima presso Rossilli Rossilli
Comune di Gavignano, prov. Roma.
Viabilità: Via Latina, a m. XXXV da Roma.
Tipo di insediamento: Grande villa, che in epoca
repubblicana potrebbe essere stata di proprietà della
famiglia degli Hordeonii; secondo gli editori, dopo la
guerra sociale, sarebbe stata confiscata e, in epoca
augustea, sarebbe stata trasformata in mansio. La villa
padronale avrebbe fatto capo ad un settore produttivo che,
oltre ad una non documentata attività di lavorazione dei
prodotti della terra, avrebbe svolto attività manifatturiere
(sulla base della presenza di diverse fornaci nei dintorni,
per la produzione di laterizi e ceramica) ed estrattive
(individuata una cava di pozzolana). Tra la fine del VI e
l‟inizio del VII secolo si impiantarono qui delle sepolture
di inumati.
Articolazione planimetrica: (fig. 25) Il complesso
abbaziale reimpiega moltissime strutture murarie di epoca
romana, realizzate in tecniche diverse. Nella figura è
indicata con la lettera A la chiesa abbaziale, con B-F dei
ripostigli e locali di servizio, con L-M quello che in origine
era un portico (su cui si impianta il campanile b), diviso in
un secondo momento (M fu trasformato in sacrestia), con
N-O un edificio medievale di incerta funzione, ma di
sicura origine romana, con P un ninfeo e con R-Q
“l‟Osteria di Rossilli”. Presso il ninfeo, è stata scavata una
vasca di forma quadrata, rialzata e ristrutturata, con
materiali di recupero, ininterrottamente, fino al 1600.
Tecniche costruttive: Sotto il complesso abbaziale sono
stati individuati lacerti di cortine a tecniche diverse. Il
ninfeo P era costruito in opera reticolata, con scapoli di due
materiali diversi, disposti cromaticamente, mentre la vasca
era costruita in origine in “cementizio a scapoli di calcare”.
Cronologia: La villa è sicuramente abitata fino ad epoca
tardo imperiale.
Continuità: Dal 1182 è attestata l‟esistenza del complesso
abbaziale, che riusa moltissime strutture murarie romane.
La costruzione indicata in pianta con R/Q era nota
nell‟Ottocento come “Osteria di Rossilli”: è fondata su
strutture romane in opera incerta, e al piano terreno
funzionava come stalla, ma questa non deve essere stata la
sua funzione originaria, perché, in almeno una porzione, si
trovava un pavimento a mosaico policromo. Uno dei
sepolcri romani nei dintorni (sito presso l‟incrocio tra la
via Latina e la via che oggi porta a Gavignano), è stato
trasformato, nel VI-VII secolo d.C., in chiesa, dedicata a S.
Margherita.
Osservazioni / Interpretazione: La ricostruzione della
storia dell‟unità produttiva non è documentabile: è tuttavia
verosimile, che i proprietari della villa (se, come è logico,
la pars residenziale è da individuarsi nella costruzione
dell‟abbazia), posizionata ad una certa distanza dal
tracciato stradale, abbiano inteso allestire un luogo di sosta
lungo la strada, per incrementare le fonti di guadagno
dell‟intera azienda. Ritengo, infatti, che l‟ipotesi della
confisca non possa essere documentata.
Bibliog.: LUTTAZZI - PERIN 1998.
N. I.7 Ad Statuas Località Fontanile della Pidocchiosa, S. Cesareo.
Comune di Zagarolo, prov. di Roma
Viabilità: Via Labicana.
Tipo di insediamento: Piazzola di sosta con fontana
abbeveratoio posizionata lungo la strada; sul lato opposto
edificio di prima età imperiale (figg. 26, 27).
Topografia: Entrambe le emergenze solo localizzate
proprio a ridosso della crepidine della strada antica.
Scavi: Anni ‟80, in occasione della costruzione della
bretella autostradale.
Conservazione: Compromessa dalla costruzione
dell‟autostrada.
Struttura di servizio? (fig. 26)
Il settore indagato archeologicamente contiene porzioni di
almeno cinque o sei vani, con orientamento congruente,
perpendicolare all‟asse stradale, sul lato settentrionale della
piazzola lastricata. Questo monumento si trova a m. 1,5 di
profondità rispetto al livello del basolato di III secolo.
Caratteristiche: In un vano, tracce di pavimentazione in
opera spicata, in un altro, lacerti di cocciopesto.
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
118
Tecniche costruttive: Opera incerta a scapoli di selce.
Reperti mobili: Molti materiali di ferro (numerosissimi
chiodi rovinati dal fuoco) e molte scorie di fusione del
ferro.
Cronologia: Sulla base delle tecniche edilizie proporrei un
impianto entro il I secolo d.C., mentre gli editori fissano
l‟abbandono e la distruzione nel III secolo d.C.
Vasca
Fontana abbeveratoio di forma semicircolare, che accoglie
al centro un pozzo di forma circolare, con pedarole (altre
quattro fosse sono state scavate nel fondo della vasca, ma
in un‟epoca successiva all‟abbandono).
Caratteristiche: Rivestimento interno in cocciopesto.
Tecniche costruttive: La vasca è costruita in opera vittata.
Cronologia: I saggi sotto il basolato hanno datato il manto
stradale attualmente visibile al III secolo d.C.; la tecnica
edilizia della vasca viene datata all‟inizio del IV, quindi, in
una fase immediatamente successiva.
Continuità: Il nome antico deriverebbe dalla vicinanza di
una sontuosa villa attribuita a Cesare, che ancora nel IV
secolo fu interessata da restauri ad opera di Massenzio
(resti in località La Villetta), mentre il toponimo moderno
conserva il ricordo della fonte di approvvigionamento
idrico, che ha avuto un uso continuato attraverso i secoli.
L‟Osteria di S. Cesareo è già attestata nel XVII secolo.
Osservazioni / Interpretazione: Se pure le dimensioni
ridotte della porzione indagata del monumento non
consentono di formulare una valutazione articolata, si può
rilevare che si tratta di un edificio adibito ad attività
artigianali, verosimilmente la lavorazione del ferro, e che
tale attività, anche se non necessariamente inquadrata
ufficialmente tra quelle della stazione viaria, è certamente
da porsi in relazione con essa. La ristrutturazione del
tracciato viario nel III secolo deve aver comportato
l‟obliterazione di questo edificio (e, forse, di altri), ma ne
ha previsto la sostituzione con la costruzione della piazzola
e della fontana abbeveratoio (non sappiamo, se nei dintorni
fu ricostruito anche un edificio di servizio): in questo caso
sembra potersi ipotizzare l‟esistenza di un piano organico
di risistemazione dell‟area.
Bibliog.: QUILICI 1985; GATTI - REGGIANI 1993, pp. 11-
12; BARBETTA 1995, pp. 57-58.
N. I.8 Stazione anonima presso Ponte di
Nona (“Ad Nonum”?) Ponte di Nona
Comune e provincia di Roma
Viabilità: Via Prenestina, presso lo stacco del deverticolo
che conduce, probabilmente, alla villa in località
Capotostolo.
Tipo di insediamento: Agglomerato sorto attorno al
tempio di una divinità salutare, oggetto di culto sin dall‟età
del Ferro, interessato in epoca romana dall‟impianto di un
edificio termale, di una villa di età imperiale, di un edificio
rotondo e di un‟area di necropoli con tombe a camera (fig.
28). L‟insediamento visse fino al IV secolo almeno,
continuando ad essere attraversato dalla strada e a
controllare il ponte (resti di quello repubblicano, inglobato
in quello imperiale). Il tempio era circondato da un recinto
sacro, che si allungava verso una vasca circolare, a lato
della quale si trovava un edificio, identificato con una
mansio.
Topografia: Sommità di un colle, delimitato ad ovest dal
fosso di Ponte di Nona, scavalcato dal maestoso ponte
romano. Nei dintorni è localizzata la fonte di acqua
“magnesiaca” che ha dato origine al culto.
Scavi: Scavi abusivi nel 1845; scoperte occasionali,
soprattutto di materiali votivi, alla fine del secolo scorso
(documentate dal Lanciani e dall‟Ashby). Scavi di
ampiezza limitata sono stati condotti dal Pasqui e dal
Mancini nel 1912. Da allora, l‟area è stata solo interessata
da ricerche di superficie, condotte dal Castagnoli, dal
Cozza, dal Quilici, e da indagini attraverso le foto aeree,
che hanno preceduto la distruzione.
Conservazione: Si conserva il ponte, mentre il resto
dell‟insediamento è stato distrutto tra il 1963 ed il 1964
dall‟apertura di una cava di pozzolana.
Abitato Le ricerche hanno consentito di individuare le seguenti
unità (fig. 28):
a) Ninfeo, scavato nel tufo, con due nicchie e canali che vi
adducono l‟acqua minerale.
b) Mansio?: edificio a pianta rettangolare molto allungata
(lungh. N-S m. 26), che nella parte meridionale presenta
una serie di vani affiancati (largh. m. 3,4), uno dei quali, è
stato riconosciuto come frigidario, ed un altro come
calidario con ipocausto (fig. 29, c). I tre vani si aprono su
uno stretto corridoio, che sbocca in un ambiente circolare
(fig. 29, i), per il quale è stata avanzata l‟identificazione
con una latrina. Al centro dell‟edificio, si trova un cortile
(b), pavimentato con grosse pietre gabine di forma
irregolare. Intorno all‟angolo sud-ovest della costruzione,
sono due tratti di muratura che sembrano recintare uno
spazio aperto (fig. 29, e). Diversi ambienti (d, f, g)
ospitano dei pozzetti circolari, di funzione imprecisata.
c) Ipogei funerari.
d) Costruzione circolare di m. 10 di diametro.
e) Recinto, indagato per una largh. di m. 17,5 e una lungh.
di m. 21,5, ma che, sulla base delle foto aeree, sembra
arrivare a m. 40 circa. Presso gli angoli, si trovano delle
fosse di deposizione di ex voto (fig. 28, k-l).
g) Resti di murature.
i) Edificio di età tarda (fig. 28, A), di forma rettangolare
allungata (m. 25x8), diviso in due ampi locali coassiali, sul
lato meridionale dei quali si addossano altri due piccoli
vani, forse seguiti da altri non conservati. All‟interno
dell‟ambiente più grande si trova la buca per alloggiare un
dolio (fig. 28, “a”).
l) Piccolo spiazzo pavimentato a blocchi di selce, con resti
di un basamento in cementizio, che sostiene un blocco
ancora in opera: si tratta, forse, dell‟allestimento per
collocare la pietra miliare in posizione evidenziata.
m) Colombari.
n, o, q) Cunicoli di drenaggio.
p) Resti di una villa rustica, della quale si conservano
frammenti delle ricche decorazioni a stucco.
r) Resti di calcestruzzo, forse pertinenti ad una cisterna.
s, t) Sepolcri.
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
119
v) Resti di calcestruzzo e di rivestimenti in cocciopesto.
Caratteristiche: I vani a pianta circolare dell‟edificio “b”
(fig. 29, “h” e “i”) sono pavimentati a mosaico bianco.
Tecniche costruttive: Le murature dell‟edificio “b”, sono
in opera laterizia: quelle esterne hanno uno spessore di m.
0,60, mentre il recinto “e” è in parte in blocchi non
squadrati di pietra e parte in opera laterizia. I muri
dell‟edificio “i” sono a blocchetti parallelepipedi di tufo, di
m. 0,60 di spessore, mentre la costruzione “d” è in blocchi
di tufo senza legante ed il recinto “e” in blocchi di tufo
squadrati.
Reperti mobili: Terracotte votive anatomiche, che forse
riconducono al culto di Asclepio.
Cronologia: Il centro fiorì tra il 250 ed il 150 a.C., epoca
dopo la quale le attestazioni si fanno frammentarie, ma che
sulla base della presenza di ceramica sigillata (italica?) e di
monete che coprono l‟arco cronologico fino a Costantino
II, si possono accertare fino alla tarda età imperiale. Lungo
la strada, si trovano mausolei e resti di abitazioni di età
imperiale. Si ritiene che il luogo di sosta per i viaggiatori
cominciò ad essere frequentato nel momento in cui entrò in
crisi il santuario. L‟area stessa del tempio, fu
“rinconvertita”, intorno al V secolo d.C., in vigneto. Il
ponte superstite è stato costruito alla fine del II secolo, al
massimo, nel I secolo a.C. ma ne sostituisce uno più
antico. Sulla base delle tecniche costruttive, si può
ipotizzare che la “mansio” (edificio b) fosse costruita
intorno alla metà del I secolo d.C.
Continuità: Gli itinerari antichi che si sono conservati non
menzionano questa tappa: sulla base del toponimo,
comunque, si può sostenere una manifesta relazione con la
località “miliaria”.
Osservazioni / Interpretazione: La planimetria
dell‟edificio b trova un confronto abbastanza significativo
nella stazione di Bab el Mukheinig in Egitto (supra, cap.
IV e infra, cap. VII). Anche per quest‟insediamento, come
per altri in Etruria (ad esempio, Careiae), Potter sottolinea
la mancanza di pianificazione e la casualità con cui gli
edifici si allineano lungo la strada, secondo un processo
naturale.
Bibliog.: PASQUI 1912; MANCINI 1912; QUILICI 1974, pp.
363-381, n. 224; POTTER 1979, pp. 119-120; POTTER 1989,
pp. 7-9.
N. I.9 Ad Turres Albas Torre di Fogliano, località Archi di S. Donato
Comune e prov. di Latina
Viabilità: via Severiana, secondo la ricostruzione di Egidi,
tra Clostris e Circeios
Tipo di insediamento: Non è possibile, allo stato attuale
delle ricerche, stabilire se il complesso individuato sia una
porzione di una villa o la struttura della statio vera e
propria, ma è verosimile che questo edificio non fosse
isolato. È stato segnalato il rinvenimento di almeno un
tomba terragna, di datazione imprecisata.
Topografia: Tra i due laghi costieri di Fogliano e dei
Monaci, alla foce del canale Rio Martino, che ricalca
probabilmente l‟antica fossa artificiale scavata per la
bonifica delle Paludi Pontine da Cornelio Cethego nel II
a.C.
Scavi e Ricerche: Le strutture erano già state segnalate
alla fine del secolo scorso dall‟Elter, che ricordava
murature conservate per “centinaia di metri”, ma i resti
oggi localizzati non sono mai stati oggetto di scavo.
Conservazione: La visibilità dei resti è fortemente
compromessa dalla fitta boscaglia che li ricopre, ma alcuni
tratti di muratura sono conservati fino a quasi 2,50 m. di
altezza.
Struttura di servizio? (fig. 30)
Articolazione Planimetrica: Serie paratattica di ambienti
disposti ortogonalmente rispetto al canale, dove si
dovevano trovare opere di bonifica già in antico. In una
seconda fase edilizia, lungo un allineamento
perpendicolare all‟asse dei vani, si impostò un portico, del
quale restano due colonne laterizie, che dovevano
sostenere la tettoia. Altri resti di forma imprecisata si
trovano su entrambe le sponde del canale. Sulla base della
descrizione della stratificazione archeologica entro la quale
era stata scavata la tomba di Kamenio, sembra evincersi
che vi fosse un vano con suspensurae a pilastrini di
mattoni.
Caratteristiche: L‟Elter segnalò la presenza di mosaici, di
pavimenti in opus spicatum, di frammenti di stucchi e di
rivestimenti marmorei, e di fistulae di piombo per
l‟adduzione dell‟acqua.
Tecniche costruttive: Opera reticolata con scapoli di tufo
e di calcare del Circeo, con ammorsature a blocchetti.
Reperti mobili: Una delle fistulae recava il marchio
Silanae M. F. (CIL, X, 2, 8296). Nei dintorni fu rinvenuta
un‟epigrafe che ricordava l‟esecuzione di lavori idraulici,
eseguiti per l‟interessamento di un certo Phaenippus, e la
lastra funeraria di un tale Kamenio, vissuto tra il 343 ed il
385 d.C., che aveva, tra le altre cose, ricoperto la carica di
sacerdote di molti culti misterici ed orientali, quali Mitra,
Bacco, Cibele, Ecate.
Cronologia: Sulla base delle tecniche edilizie, propongo
una datazione della prima fase delle strutture note tra la
fine del I secolo a.C. e l‟inizio del I d.C., mentre la
realizzazione delle colonne laterizie non dovrebbe risalire a
prima della fine dello stesso secolo.
Osservazioni / Interpretazione: Le strutture murarie a
ridosso del canale, erano ritenute dall‟Elter come pertinenti
a peschiere. Se la fistula bollata è da riferirsi alle strutture
della stazione, è evidente che la proprietà e la gestione
devono essere state affidate, almeno al momento del loro
impianto, ad un privato.
Bibliog.: ELTER 1884, pp. 67 – 79; EGIDI 1980, pp. 123 –
125.
N. I.10 Stazione anonima presso Rebibbia Località Rebibbia - Via Cannizzaro
Comune di Roma, prov. di Roma
Viabilità: Via Tiburtina Km. 14 circa; tratto compreso tra
il bivio per Settecamini e via S. Simone.
Tipo di insediamento: Edificio di servizio per i
viaggiatori? (figg. 31-32)
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
120
Topografia: Sul lato meridionale della via antica.
Scavi: Rinvenimenti occasionali nel 1966; indagini nel
1983.
Struttura di servizio:
Articolazione Planimetrica: Allo stato di indagine
definitivo, il monumento si presenta articolato in tre vani
(fig. 31, nn. I, III, IV) disposti sul lato settentrionale di una
corte centrale (nn. II, V). La corte centrale ha subito diversi
innalzamenti: l‟ultimo ha obliterato, sotto un pavimento
lastricato, il pozzo per l‟approvvigionamento idrico. Nella
prima fase, in realtà, la struttura aveva una semplice pianta
rettangolare, che si trovava nell‟angolo di un‟area
delimitata da un muro di recinzione ad “L”. Nella seconda
fase, oltre al bancone addossato al muro 2, si datano gli
avanzi di pilastri, che possono essere ricondotti alla
presenza di un portico delimitante un‟area scoperta. Nella
terza fase si alzarono i muri nn. 67, 10, 14, 4, ed i banconi
in calcestruzzo dell‟ambiente IV (nn. 23-25);
contemporaneamente, fu anche apprestato l‟alloggio per il
fornello ed aperto il pozzo nella corte centrale. Lo stesso
ambiente IV fu coperto ed aperto sulla strada, e si
definirono i perimetri degli ambienti I e III. In una
sottofase legata a questa terza si ebbe il rialzamento del
pavimento dell‟ambiente IV, realizzato in più momenti.
Nella quarta fase, questo stesso vano IV fu chiuso e si
demolirono i banconi, mentre si ebbe la creazione
dell‟accesso carrozzabile basolato (US 30). La quinta fase
(fig. 32) previde un considerevole riporto di materiale di
scarico e la chiusura del passaggio tra i locali II e V, con la
costruzione dei muri 5 e 9, ed altri riporti si ebbero in una
fase ancora successiva, durante la quale fu anche realizzata
la piazzola.
Tecniche costruttive: Le murature di I fase sono in opera
reticolata di tufelli, quelle della II fase in opera vittata,
come pure i rifacimenti del IV secolo sono in opera listata.
Reperti mobili: Ceramica sigillata africana ed invetriata.
Cronologia: Frequentazione occasionale (?) di tarda età
repubblicana. I fase (impianto): età augustea; II fase: II
d.C.; III fase: seconda metà II d.C. – inizi III secolo d.C.,
con interventi fino alla fine del III; IV fase: prima metà IV
secolo; V fase metà IV secolo d.C. – inizi V d.C.; VI fase:
prima metà V secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Secondo gli scavatori,
anche per quest‟edificio, vista la stretta relazione con il
tratto stradale, è plausibile una destinazione al servizio dei
viaggiatori. Nella primissima fase, forse, erano condotte
qui anche altre attività economiche, che non si è potuto
documentare archeologicamente, ma quanto all‟uso di
questa struttura come taberna, vale il confronto con quella
di Pompei, Regio I, ins. 10, n. 13 (PARKER 1978, p. 33, fig.
21), mentre per l‟articolazione planimetrica di III fase si
può istituire il parallelo con il celebre stabulum Hermetis,
della stessa Pompei (PARKER 1978, p. 6, fig.1).
Bibliog.: STAFFA 1986, con bibliog.
N. I.11 Stazione anonima presso Settecamini Via Tiburtina, all‟altezza del Km. 14
Settecamini, prov. Roma
Viabilità: Via Tiburtina
Tipo di insediamento: Sono stati oggetto di indagine
diversi nuclei insediativi, che sono forse riconducibili ad
un piccolo agglomerato rustico, raccoltosi intorno ad
un‟area di sosta. Ruderi ricondotti ad una villa suburbana
sono stati individuati presso l‟incrocio tra la via Tiburtina e
la strada per Montecelio (presso il Giardino Pubblico).
Oltre a quella che qui si presenta, un‟altra “struttura di
servizio” è stata oggetto di parziali indagini lungo lo stesso
tratto di via Tiburtina, presso il “Tabacchificio Gianni”.
Diversi materiali archeologici sono conservati nella
proprietà al n. civico 101 di via di Casal Bianco,
confermando l‟esistenza in quest‟area di un centro demico,
con relativa necropoli.
Scavi: 1981-1985 Soprintendenza.
Struttura di servizio Località: Via Tiburtina - incrocio con via di Casal Bianco -
presso la chiesetta settecentesca (fig. 33)
Tipo di insediamento: Edificio per lavorazione o
distribuzione ed approvvigionamento agricolo. Si conosce,
in realtà, solo il piazzale basolato adiacente il tracciato
della strada. Al km. 14,700 sul lato opposto della strada,
sono stati individuati i resti di un‟altra cisterna.
Topografia: Pendio di un piccolo pianoro tagliato dalla
strada incassata nel banco tufaceo.
Pianta: È stato possibile condurre le indagini solo in
un‟area di m. 24x18, dove sono state rimesse in luce
alcune strutture murarie allineate secondo i tratti di strada
antica (fig. 33). Si tratta di alcuni ambienti posti
immediatamente a sud della strada basolata, distribuiti
intorno ad un ampio cortile con due ingressi, attraversato
da un deverticolo basolato della via (fig. 34). Nel cortile
sono stati rinvenuti dei blocchi di tufo di sostegno per delle
tettoie, tre vasche-abbeveratoio, un pozzo cilindrico
centrale comunicante mediante un condotto sotterraneo
con una vasca posta all‟esterno del cortile. Anche il lato
settentrionale, affacciato direttamente sulla strada, era
porticato, come attesta il rinvenimento di altri tre blocchi
parallelepipedi. Sul lato opposto si trovano, invece, dei
vani destinati alle lavorazioni agricole, ed in particolare il
locale che ospitava il torcular.
Caratteristiche: I pavimenti sono in cocciopesto o in
opera spicata.
Tecniche costruttive: Le strutture perimetrali sono
realizzate in opera reticolata di tufelli con spallette a
blocchetti di tufo; interamente a blocchetti sono realizzate
alcune murature degli ambienti "industriali", mentre
numerosi sono i muretti alzati con materiali di recupero.
Reperti mobili: Rinvenuti tutti in seconda giacitura.
Presso questi resti è stato rinvenuto il miliario riportante la
cifra IX ed i nomi di Valentiniano e, forse, di Valente e
Graziano (367-375).
Cronologia: Dalla metà del I secolo a.C. al V secolo d.C.
Continuità: Presso questo bivio si trova l‟Osteria del
Forno che ha ereditato le funzioni di luogo di sosta: ancora
alla metà dell‟800 questo casale viene ricordato come
“stazione sulla via Tiburtina” (NIBBY 1848-49, p. 71).
Osservazioni / Interpretazione: Come emerge anche dal
confronto con le schede nn. I.10 e I.12 e con i dati raccolti
nella Rassegna Topografica cap. V, è evidente in questo
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
121
tratto una forte concentrazione di luoghi di sosta, che si
presentano anche con una cronologia piuttosto uniforme.
Credo che questa situazione, più che essere ritenuta
eccezionale, debba considerarsi testimonianza quasi
completa di una situazione che in antico deve essersi
spesso ripetuta. È piuttosto singolare, invece, che proprio
da queste strutture, che non possono essere riconosciute in
alcuna tappa menzionata nelle fonti antiche, provengano i
dati sull‟articolazione planimetrica e sulle dotazioni
infrastrutturali più significativi.
Bibliog.: GIANFROTTA 1979 (con bibliog. sui rinvenimenti
più antichi e frammentari); MESSINEO – STAFFA 1981;
STAFFA 1984; CAIOLA – MARRA - MESSINEO - STAFFA
1986; MESSINEO 1987; CALCI - CECI – MESSINEO 1988.
N. I.12 Stazione anonima presso Settecamini Via di Casal Bianco
Settecamini, prov. Roma
Viabilità: Lungo la via Tiburtina antica, tra il km. 14,500
ed il km. 14,900 della statale moderna.
Tipo di insediamento: Oltre ai resti di una cisterna
all‟altezza del km. 14,500, che rappresenta forse l‟unico
resto di una sontuosa villa, e di molti monumenti funerari,
abbiamo, a sud, tre pozzi, posizionati a cadenza regolare in
blocchetti di tufo (fig. 35), e - ad est - l‟edificio identificato
come taberna .Appena prima dei pozzi, sul lato opposto
della strada, è un edificio a pianta rettangolare suddiviso in
tre navate7 (fig. 35).
Scavi: 1987-1988, Soprintendenza.
Conservazione: Buona, fino a circa m. 1,50 di altezza dal
suolo.
Struttura di servizio (fig. 36) Articolazione Planimetrica: Complesso di notevole
estensione, con un ampio cortile a pianta rettangolare, che
si apriva sulla strada con un portichetto a quattro pilastri,
raccordati, poi, da un muro di chiusura. All‟interno del
cortile, nell‟angolo sud-est, sono state rinvenute due
vasche, collegate tra loro, delle quali l‟una, quadrata, più
grande, e l‟altra di forma rettangolare, con fossa di
decantazione. Nell‟angolo opposto, presso un ingresso
secondario del cortile, è una cisterna, in un secondo
momento trasformata in locale, mediante l‟abbattimento di
una parete, forse destinata a ricovero per gli animali, come
farebbe pensare la presenza della canaletta scavata nel
piano pavimentale. Presso questa cisterna è una calcara8. Il
blocco orientale di edifici si articola intorno ad un “atrio”
centrale (Fig. 36, B), aperto anch‟esso sulla strada, con due
pilastri, e sugli altri tre lati, dai quali si accede ai vani A e
B (nel secondo, si impiantò, in un momento successivo,
una scala di accesso al piano superiore). “Nell‟atrio”, il cui
livello pavimentale fu rialzato due volte, si trovano due
banchine, edificate in una seconda fase. Nel vano D si
trovano una vasca (con fondo rialzato e foro di uscita) ed
un pozzo circolare, con imboccatura segnata dall‟usura
delle corde. Alle spalle di questo nucleo, si trova un altro
ambiente, delimitato a S da un lungo muro di cinta, e nel
lato occidentale del quale si apre una grande nicchia
rettangolare, identificata, in via ipotetica, con una alcova.
La comunicazione tra questo vano e l‟atrio fu spostata dal
centro al vano C. Il lato sud, invece, si apriva verso un
altro spazio recintato da un muro e lastricato da basoli, nel
quale si conservano le basi di tre pilastri. L‟edificio ha
subito molti rimaneggiamenti, che hanno comportato la
costruzione e l‟obliterazione delle vasche e delle banchine.
Caratteristiche: Sono conservati lacerti di pavimenti in
cocciopesto (nel cortile e nell‟atrio), e di mosaico
geometrico bianco e nero (nell‟alcova). Sono stati raccolti
frammenti di rivestimenti parietali in intonaco dipinto, e
parti di elementi laterizi per colonne.
Tecniche costruttive: Opera reticolata con spallette a
blocchetti, o di soli filari di blocchetti. La scala è in opera
listata, mentre i pilastri sono in blocchetti di tufo.
Reperti mobili: Pronti per essere distrutti in una calcara,
sono stati trovati numerosi materiali architettonici di
marmo e travertino. Presso la taberna, sono stati rinvenuti
due miliari: l‟uno, che riporta la cifra miliaria VIIII,
ricorda il restauro della strada di Massenzio, l‟altro (senza
cifra), menziona i tre cesari Licinio Liciniano, Costantino
II e Giulio Crispo (317-323 d.C.). Un altro miliario,
sempre riportante la cifra VIIII, proviene dai dintorni
dell‟edificio basilicale, sul lato opposto della strada, ed è
attribuibile a Valente e Graziano.
Cronologia: Le tecniche murarie riportano al I secolo a.C.,
mentre i materiali datano tra il II ed il IV-V d.C. Il mosaico
è datato al II d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Sulla base della presenza
della scala d‟accesso al piano superiore, si propone
l‟identificazione con il “modello” tradizionale della
taberna o caupona con piano superiore riservato agli
alloggi ed alle camere da letto. Da rimarcare che, negli
immediati dintorni, all‟altezza del km. 13,900, si trova un
edificio analogo: se entrambi sono da interpretarsi come
luoghi deputati all‟ospitalità, è da sottolineare la varietà
dell‟offerta nella ricezione alberghiera di questa zona.
Bibliog.: CALCI - MESSINEO 1989-90.
N. I.13 Stazione anonima alla Magliana Località Magliana Vecchia
Comune di Roma, prov. di Roma
Viabilità: Via “alzaia” lungo la sponda destra del Tevere
(via Campana?).
Tipo di insediamento: Scalo fluviale con deposito o
stazione di sosta lungo una delle vie alzaie: un asse
stradale basolato è stato parzialmente riportato alla luce
immediatamente a nord del complesso. Oltre al ponte su un
affluente del Tevere oggi scomparso, del quale restano due
ruderi pertinenti l‟uno al rifacimento dell‟altro, qui è stata
riportata alla luce una chiusa. Dopo l‟abbandono, l‟area fu
riutilizzata a scopo funerario.
Topografia: Area pianeggiante (q. media 7), a poche
centinaia di metri dal corso attuale del Tevere, ma presso
un‟ansa abbandonata di questo, sulla sponda destra, in
prossimità della confluenza con un fosso completamente
interrato.
Scavi: Soprintendenza, dal 1988 al 1991.
Conservazione: Le strutture erano state già livellate a m.
VI.1 Rassegna Archeologica: Regio I
122
0,70/ 0,80 dal piano di spiccato in occasione della
costruzione del progettato idroscalo e dei lavori di
drizzagno del Tevere. Il deposito di anfore è, invece, stato
ritrovato in situ.
Struttura di servizio (fig. 37) Articolazione Planimetrica: In direzione del fiume si
trova uno spiazzo lastricato con grossi basoli, alle spalle
del quale si trovano diversi ambienti, alcuni con vasche.
Quello riconducibile alla fase originaria è il vano A-B, solo
in una seconda fase diviso da un tramezzo, in un angolo
del quale è ricavata la vasca in muratura D, servita da una
canaletta di terracotta. In fase con la divisione di A e B,
dovrebbe trovarsi la vasca E, coeva ad un rialzamento del
livello pavimentale. Questa vasca è inglobata in una
piattaforma, che include anche il pozzo circolare, entro la
quale furono ricavati a nord-est i vani allungati F e G, e, ad
ovest, forse, dei locali di simile forma. Della prima fase di
occupazione dell‟area restano solo tratti di conglomerato
cementizio sotto i vani A e B.
Caratteristiche: Uno dei vani conserva il pavimento in
opera spicata. Le vasche sono rivestite di cocciopesto. Le
strutture erano servite da canalette e da un pozzo con
pedarole.
Tecniche costruttive: Le murature dello stabilimento sono
in opera incerta e reticolato, quelle della vasca D sono in
opera incerta, mentre quelle della vasca E sono in opera
reticolata.
Cronologia: L‟area attesta di essere stata frequentata
almeno tra il II a.C. ed il III secolo d.C. La costruzione del
vano A+B data al II secolo a.C., la loro divisione e la
costruzione della vasca E al I secolo a.C. In epoca ancora
posteriore fu rialzato il fondo della stessa vasca E e, forse,
allestito lo spiazzo basolato. Il ponte più antico data alla
tarda età repubblicana, mentre il secondo fu costruito nel
corso del II secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Istituendo un confronto
tra questo complesso e quello della stazione fluviale di
Fossis (scheda n. X.3), è evidente come, seppure qui non
sono state riportate alla luce delle vere e proprie banchine,
la presenza dello spiazzo lastricato sia indicativa di
un‟effettiva funzione di luogo di scarico e smistamento
merci. Inoltre in questo scalo è più esplicita la connessione
tra la via d‟acqua e quella di terra ed il ruolo di nodo di
comunicazione. Per le vasche si suppone una funzione
inquadrata nella lavorazione dei prodotti agricoli (olio e
vino).
Bibliog.: CARTA DEL SUBURBIO E DELL‟AGRO ROMANO
1988, F. 23s, n. 269; CIANFRIGLIA - DOUKORI - PULIMANTI
- REGGI 1991-92; CATALLI 1993; CATALLI - COLETTI 1995.
VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II
123
VI. 2 Regio II
Apulia et Calabria
N. II.1 Mesochorum Contrada Misicuro
Comune di Carosino, prov. Taranto.
Viabilità: Via Appia, tra Taranto ed Oria
Tipo di insediamento: Il nome indica una località,
imperniata intorno alla viabilità, a metà strada tra Taranto
ed Oria. L‟abitato di epoca messapica è localizzato e ben
documentato su una altura fortificata in contrada
Vicentino, mentre la stazione è stata riconosciuta 2,5 km.
ad est, presso la Masseria Misicuro, lungo il tracciato della
via Appia, che è ben riconoscibile sul terreno arato.
All‟altezza del casino Pignatelli, nella contrada Misicuro,
sono stati rilevati i resti di un insediamento rustico, fiorito
soprattutto nel IV secolo a.C., mentre nella Masseria
Galeone sono stati individuati i resti di un impianto termale
proprio a lato della strada romana, del quale le arature
riportano occasionalmente in superficie dei materiali. Dello
stesso centro abitato è stata individuata la necropoli. Nella
zona antistante la masseria, sono state riportate alla luce 18
tombe a sarcofago e 30 tombe a fossa rivestite da lastroni
di pietra.
Topografia: Immediatamente a nord della Masseria
Galeone, in contrada Misicuro. La strada antica arrivava da
Monteiasi e qui si riuniva al tronco che consentiva
l‟attraversamento della città.
Scavi e ricerche: Già nel secolo scorso erano stati qui
segnalati dei rinvenimenti, tra i quali una iscrizione
messapica. Nel 1870, durante i lavori di spianamento di un
dosso per la costruzione dell‟aia della fattoria, si rinvenne
la necropoli.
Impianto termale
Si conserva solo la porzione sud-ovest di un vano,
riscaldato mediante sopraelevazione del piano di calpestio
su suspensurae. All‟intorno, emergono altri resti di
murature, pertinenti ad altri vani.
Caratteristiche: Pavimento in laterizi rivestiti di
cocciopesto.
Tecniche costruttive: Fondazioni in opera a sacco, alzati a
conci di tufo legati da malta; suspensurae fatte con bessali
impilati.
Cronologia: La datazione dell‟insieme delle emergenze è
fissata tra il II secolo a.C. ed il IV d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Anche se i dati
archeologici sono pochi, l‟attestazione della presenza della
strada ed il rispetto della distanza in miglia fornita dalle
fonti rendono questa identificazione certa.
Bibliog.: DEGRASSI 1963; FORNARO 1973, p. 174-179;
UGGERI 1983, pp. 212-213; QUILICI 1989A, pp. 57-59.
N. II.2 Praetorium Laverianum? Località S. Giusto
Comune di Lucera, provincia di Foggia
Viabilità: Lungo la via tra Aecas e Sipontum
Tipo di insediamento: Grosso impianto produttivo di
epoca imperiale, con quartiere residenziale e aree deputate
alla lavorazione dei prodotti agricoli; basilica con battistero
e basilica cimiteriale. L‟insediamento originario doveva
occupare un‟area di almeno 2 o 3 ettari. In una fase
piuttosto tarda (quando, cioè, era già in corso l‟abbandono
del complesso 1), le strutture vennero interessate
dall‟impianto di tombe a cappuccina. Il territorio
circostante è interessato da una centuriazione piuttosto
vasta, estesa tra Foggia e Troia, pertinente all‟ager
Aecanus e forse Collatinus.
Topografia: Pianoro leggermente rilevato sulla piana
fluviale, dove scorre il torrente Celone, in prossimità con la
confluenza del Iorenzo. Nei pressi dell‟area archeologica si
trova una sorgente ancora attiva.
Scavi: Tre campagne di scavo tra il 1995 ed il 1997, hanno
indagato tre grandi nuclei di edifici b (fig. 38) .
Conservazione: Attualmente, i lavori per la costruzione di
una diga, hanno ridotto l‟area dello scavo ad “un‟isola” di
circa un ettaro di ampiezza. Le murature, intaccate dai
mezzi meccanici, sono conservate per una media di 2 o 3
filari, fino ad un massimo di 5 o 6.
Complesso 1: ambienti di servizio e alloggi (fig. 39)
Articolazione Planimetrica: Si sviluppa in larghezza, con
orientamento NNE-SSW, per un totale di 58 mq. indagati.
All‟interno si riconoscono due raggruppamenti di ambienti
(lettera A): 4, 5, 9, 21, 22, 2, 3 e 10, 11, 16, 17, 18, 19, 20.
L‟ambiente 4 è interpretabile come una cucina: la presenza
di una base di muratura (m. 6, 20x0,90), aggiunta in una
seconda fase, che può essere interpretata come sostegno
per un bancone o una mangiatoia, indizia una
trasformazione d‟uso.
Caratteristiche: Negli ambienti 4 e 9 è presente una base
circolare al centro del locale, funzionale al posizionamento
di un pilone per il sostegno delle coperture. Nel vano 4, il
pavimento è in battuto, con tracce di bruciato.
Tecniche costruttive: I muri perimetrali sono tutti in opera
incerta, di fattura molto accurata, con blocchi di pietra di
medie dimensioni.
Cronologia: La fase edilizia rilevante sembra una sola;
solo i rifacimenti nell‟ambiente 2 e la costruzione del vano
1 risalgono ad un periodo successivo.
Villa: settore produttivo e residenziale (fig. 40)
Articolazione Planimetrica: La porzione indagata ha una
pianta compatta, dove si riconoscono l‟ambiente 6, per la
pigiatura e la torchiatura dell‟uva (calcatorium);
l‟ambiente 7, che la presenza di 26 contenitori interrati e
VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II
124
della grande vasca (n. 114) qualifica come cella vinaria;
l‟ambiente 23, che con il n. 12, assolve alle funzioni
residenziali.
Caratteristiche: L‟ambiente 6 è pavimentato a lastre di
terracotta e calcare; l‟ambiente absidato n. 12 è
pavimentato, come il n. 23, a mosaico policromo.
Tecniche costruttive: Sono impiegate prevalentemente
due tecniche, entrambe messe in opera accuratamente e
con perizia: a pietre di medie dimensioni (di forma
irregolare), disposte a ricorsi sulle cortine, e nucleo
cementizio; a blocchi di pietra di piccole dimensioni,
inframezzati da ricorsi di grandi tegole, legate con malta.
Reperti mobili: Un frammento di statua di Ercole.
Cronologia: I vani residenziali nn. 12 e 23 appartengono
ad una prima fase e sono stati successivamente inglobati
nella parte produttiva, a seguito di una “ruralizzazione” del
complesso. Sinteticamente, si può rilevare come:
- nella prima fase (I-III secolo d.C.: impianto della villa)
convivessero attività residenziali e produttive,
rappresentate dai due torchi e dalla vasca n. 114;
- nella seconda fase, tra IV e V d.C., il ruolo produttivo sia
stato incrementato, con l‟aggiunta di nuovi dolii interrati,
della vasca n. 83 e, soprattutto, la trasformazione dei locali
residenziali in ambienti per la lavorazione dei prodotti
agricoli. Tale trasformazione, più che ad una crisi, viene
attribuita ad una “riconversione”;
- nella terza fase, databile tra la seconda metà del V ed il
VI, si verificasse, al contrario, una contrazione della
produzione, con l‟abbandono della vasca 114 e di alcuni
dolii con materiali di scarto databile alla metà del V secolo
d.C.;
- l‟abbandono definitivo del sito sia siglato dai riempimenti
di natura alluvionale.
Battistero
Pianta: Nucleo centrale a pianta circolare esternamente,
ottagonale all‟interno, con deambulatorio collegato ad
alcuni vani di accesso.
Tecniche costruttive: In opera incerta e listata.
Caratteristiche delle sepolture: A fossa, foderate di
pietrame o coperte da tegole.
Cronologia: L‟abbandono è segnato dall‟impianto di
sepolture molto povere.
Ecclesia
Pianta: A tre navate, con abside, nartece e pastophoria,
occupati da sepolture di rilievo. La basilica è circondata da
altri ambienti di servizio e affiancata a nord-ovest da una
seconda basilica cimiteriale.
Caratteristiche: Pavimenti musivi delle navate con
tematiche tipiche delle basiliche nordafricane di VI secolo.
Tecniche costruttive: Opera listata, a pietre sbozzate,
alternate a filari di laterizi.
Reperti mobili: Nell‟ambiente 34 era deposto un tesoretto
di 900 monete databili tra IV e VI secolo d.C.
Cronologia: L‟impianto paleocristiano è di seconda metà
V secolo. L‟abbandono, dovuto ad un incendio, databile
dopo la metà del VI secolo, è seguito dall‟impianto delle
sepolture, forse accompagnato da un impaludamento di
tutta la piccola valle.
Osservazioni / Interpretazione: Tra le diverse
identificazioni possibili per il complesso di culto cristiano,
gli editori privilegiano quella con il monasterium detto, in
una lettera di papa Gelasio I (del 493-494), in territorio
lucerino. In via ipotetica, suggeriscono anche
l‟identificazione della villa rustica di epoca imperiale con
un fundus imperiale, documentato nel territorio aecano
sulla base di un documento epigrafico già dal I secolo d.C.:
per tale praedium si avanza l‟identificazione con il
praetorium Laverianum, posizionato sulla Tabula tra
Aecas e Sipontum, nei pressi di Luceria. Per sostenere tale
ipotesi, è necessario ritenere che la strada indicata nella
Tabula non passasse per Luceria e che, quindi,
l‟indicazione di “Nuceria” apposta al lato della vignetta del
Praetorium non sia l‟indicazione di un luogo di tappa
lungo la strada ma solo una localizzazione geografica della
città più vicina ad esso. A favore di tale ipotesi, milita la
cifra VIIII miglia apposta sulla carta tra il Praetorium e
Arpi, che corrispondono alla distanza reale tra i due, anche
se la Tabula è piuttosto chiara nel raccordare Aecas con
Luceria; tuttavia, il Praetorium potrebbe trovarsi tra questa
via e l‟Adriatico, in quel rettangolo cioè tra Aecas -
Luceria, Arpi ed il mare. Bisogna sottolineare, però, che,
contrariamente a quanto sostenuto dagli editori, questo
complesso non presenta alcuna caratteristica delle stazioni
di sosta, qualificandosi, invece, come un impianto
funzionale alla lavorazione dei prodotti agricoli. Anche la
cronologia delle strutture indagate non milita a favore di
una stazione stradale, che avrebbe avuto una vita
estremamente breve e non coerente con la cronologia della
fonte stessa. Il complesso ecclesiastico costruito presso una
stazione troverebbe diversi confronti, almeno nell‟ambito
provinciale “italiano”, come è attestato a Philosophiana, in
Sicilia, e presso Nurachi, in Sardegna (infra, cap. VII).
Bibliog.: VOLPE- BIFFINO - PIETROPAOLO 1996; VOLPE ET
ALII 1997; S. GIUSTO 1998.
N. II.3 Valesium, mutatio Valentia Località S. Stefano - La Chiesa
Comuni di Torchiarolo e San Pietro Vernotico (Prov.
Brindisi)
Viabilità: via Traiana “calabra”, circa a metà tra Brindisi e
Lecce.
Tipo di insediamento: Abitato messapico, occupato già
nell‟età del Ferro, che tra il IV ed il primo quarto del II
secolo a.C. rappresentò uno dei centri più fiorenti del
Salento. Occupa un‟area di circa 70 ettari, chiusi entro una
cinta muraria di oltre 3 km. A partire dalla fine del III
secolo a.C., l‟abitato subisce una forte contrazione,
riducendosi probabilmente ad un solo nucleo produttivo,
rurale ed industriale (con una fabbrica di ceramica comune
e oggetti di terracotta), attivo fino al I secolo a.C.
L‟occupazione dell‟area, per quanto non sussistano tracce
monumentali, dovette perdurare fino a tutto il II ed anche il
III secolo d.C. Nel IV secolo avvenne la radicale
trasformazione, con l‟impianto dell‟edificio termale, che si
sovrappose parzialmente ad un edificio repubblicano per il
quale si ipotizza la stessa funzione di luogo di sosta (fig.
42). Nella zona compresa tra il centro di Valesio ed il
mare, sono stati rilevati diversi edifici rurali di età romana,
VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II
125
sia repubblicana che imperiale, mentre in località Bartoli,
circa 800 m. ad est del circuito murario, si hanno resti di
un‟area sepolcrale ininterrottamente utilizzata tra la metà
del II secolo a.C. e il terzo quarto del III d.C.
Topografia: Piccolo pianoro appena rialzato sulla pianura
circostante, rimarcato dal perimetro delle mura. L‟edificio
termale si trova lungo la strada che attraversa da nord a sud
l‟abitato, ritenuta il tracciato proprio della via Traiana (fig.
41). La strada, quasi in prossimità del centro geometrico
della cinta muraria di forma pseudo pentagonale, incrocia
il torrente detto Canale Infocaciucci, che attraversa
l‟abitato da ovest ad est.
Scavi: Tra il 1984 ed il 1990, ad opera dell‟Università
“Vrije” di Amsterdam.
Conservazione: La parte inferiore dell‟edificio è molto
conservata. Gli alzati sono conservati fino ad una media di
circa m. 1 dal piano di spiccato (con altezze molto
disuguali tra una porzione e l‟altra).
Edificio repubblicano (Fig. 43)
Al limite meridionale del complesso termale, gli scavi
hanno rimesso in luce i resti di un edificio più antico, in
parte distrutto dall‟impianto delle stesse terme.
Pianta: Si distinguono due sezioni, l‟una costituita da un
gruppo di ambienti raccolti intorno ad un cortile (lettera A,
fig. 43), l‟altra - ad ovest della prima - costituita
principalmente da un vano (lettera B nella pianta fig. 43),
raccordato al primo nucleo con delle murature conservate
frammentariamente. A nord di questo secondo nucleo sono
stati rinvenuti i resti di una pavimentazione a ciottoli
pertinente ad un edificio ipoteticamente assegnato ad epoca
repubblicana.
Tecniche costruttive: Gli alzati erano realizzati con pietre
(a secco?) e differiscono quindi dalle tecniche
precedentemente in uso.
Caratteristiche: Il cortile è pavimentato in parte in terra
battuta ed in parte a lastre di pietra, ed accoglie un pozzo.
Il vano (lettera B nella pianta fig. 43) era pavimentato con
dei sesquipedali sistemati in una griglia regolare ottenuta
con tesserae di terracotta. Manca, per il resto, ogni tipo di
rivestimento o materiale architettonico di pregio.
Cronologia: Costruito poco dopo la metà del II secolo
a.C., la sua occupazione dura 40 o 50 anni, fino all‟inizio
del I secolo a.C.
Osservazioni / Interpretazione: Data la vicinanza alla
strada principale che attraversa l‟abitato, e data la
“sovrapposizione” quasi perfetta con il più recente edificio
termale, è stata suggerita per questo monumento
l‟identificazione con un luogo di servizio alla viabilità
antenato della mutatio. Questo edificio mancava di ogni
genere di abbellimento, come appare anche dalla modestia
del cortile che, in contrasto con tutti gli altri edifici tardo
repubblicani, non era perimetrato da un colonnato. Questa
essenzialità nella planimetria e nei decori rappresenta,
secondo gli editori, una motivazione aggiuntiva per
qualificare il complesso non come una villa rustica, ma
piuttosto come un luogo deputato all‟assistenza ai
viaggiatori. Si sostiene anche che funzionasse come centro
di raccolta e smistamento per il mercato di Brindisi.
Edificio termale (fig. 44-45)
La costruzione tardo imperiale comportò la totale
distruzione di tutti gli edifici preesistenti (l‟esistenza dei
quali è attestata dalla presenza di scarichi di materiale
edilizio e ceramico), dal momento che previde la
realizzazione di una grande fossa di fondazione, fino a
raggiungere il banco roccioso. Nella parte destinata ai
servizi, la profondità della fossa è inferiore: non raggiunge
il banco e spesso risparmia i resti delle costruzioni
precedenti.
Articolazione Planimetrica: Il complesso, di forma
piuttosto regolare, ha una larghezza est-ovest di quasi 25
metri ed una lunghezza conservata per 28 m.
L‟articolazione planimetrica prevede la divisione in due
aree, configurate come due “L” incastrate: sui lati sud ed
est sono disposti gli ambienti balneari (nn. I-VIII), mentre
lungo quello settentrionale ed occidentale sono distribuiti i
locali adibiti ai servizi. L‟ingresso (n. I) si apre proprio
sulla strada, con un piccolo portico colonnato. Attraverso
un corridoio (II) si arrivava al grande vestibolo
pavimentato a mosaico, sul quale si apriva l‟apoditerio (n.
IV) e da dove si accedeva al frigidarium n. V con grande
vasca. Da qui si raggiungevano i vani VI e VII, che
assolvevano entrambi la funzione di tepidaria, forniti di
pavimento rialzato su suspensurae (il n. VII è in
comunicazione con la fornace disposta nel locale XII). Nel
grande ambiente VIII era posto il calidarium, con due
grandi vasche rettangolari ed una più piccola circolare,
riscaldate dalla fornace sistemata nella stanza XIV. Nel
locale XI è ricavata una latrina. Il grande locale X funzionò
per un determinato periodo come cerniera tra le due parti
del complesso, ma ad un certo momento fu chiusa la porta
che consentiva l‟accesso al n. IX, ritenuto dagli editori un
cortile scoperto, che ospitava il pozzo dove si attingeva
l‟acqua. Il locale XV era probabilmente un magazzino per
il combustibile. Con i numeri XVI e XVII sono indicati
due vasti stanzoni, conservati solo nella porzione
meridionale, per i quali si è proposta l‟identificazione con
delle stalle.
Caratteristiche: Le sale termali conservano parte della
loro ricca decorazione: quasi tutte avevano un pavimento a
mosaico bianco e nero, a partire dal mosaico a grandi
tessere bianco e nero del vestibolo (III) che raffigura un
kantharos. Quasi tutte le sale termali avevano rivestimenti
marmorei e ad intonaco dipinto; i locali adibiti ai servizi
sono invece pavimentati in terra battuta. Il riscaldamento
degli ambienti era ottenuto mediante i condotti fittili, che
dagli ipocausti risalivano le pareti.
Tecniche costruttive: Il banco roccioso fu regolarizzato
con gettate di malta e pietre. A ridosso delle pareti della
fossa furono costruite le fondazioni, controterra lungo il
perimetro esterno e a facciavista nei lati interni. Le
murature sono realizzate con spezzoni di pietra allettati
ordinatamente nella malta, regolarizzati nella forma solo in
prossimità delle spallette e degli spigoli. La differenza tra
fondazioni ed alzati è solo negli spessori, più ampi, delle
parti inferiori dei muri, rivestiti di uno strato di malta
anche sulla risega delle fondazioni; le murature erano
rivestite anche sui lati esterni di intonaco. Le suspensurae
sono realizzate con i bessali. Secondo gli editori, le volte
dei padiglioni termali erano a botte, rivestite esternamente
di spioventi lignei e tegole, mentre gli ambienti di servizio
VI.2 Rassegna Archeologica: Regio II
126
erano coperti a terrazza.
Cronologia: La costruzione dell‟edificio termale è stata
datata, sulla base dei reperti ceramici, all‟inizio del IV
secolo d.C., datazione confermata dalle notazioni stilistiche
sui mosaici e sulle tecniche costruttive impiegate. Rimase
in funzione fino alla prima metà del V secolo, quando
venne abbandonato, ma non demolito, sì che le sue
strutture vennero in parte reimpiegate nella costruzione nel
XIII secolo di un casale fortificato, che contemplava forse
la presenza di un luogo di culto, che deve aver dato origine
al toponimo. Sepolture di epoca medievale sono state
rinvenute in tutta l‟area.
Osservazioni / Interpretazione: Gli edifici che servivano
da alloggio per il personale di servizio dovevano essere
nelle vicinanze, ma a tutt‟oggi non ne resta traccia.
L‟edificazione dello stabilimento termale, all‟inizio del IV
secolo, in un‟area urbana che non attesta forme di grande
vitalità per l‟epoca tardo-imperiale, è fatto sicuramente
degno di nota: non si può accertare l‟intervento di un
potere centrale, che abbia in qualche modo stabilito di
“spezzare” un tratto di strada troppo lungo, forse, tracciato
in un territorio troppo poco abitato, con la creazione di una
tappa, ma riesce difficile, in questo caso, credere ad un
fenomeno economico spontaneo di avviamento di
un‟attività di ricezione, anche se la presenza dell‟edificio
repubblicano, qualora gli si riconosca la funzione di luogo
di accoglienza per viaggiatori, potrebbe aver costituito la
motivazione di questa scelta.
Bibliog.: UGGERI 1983, p. 55, nota 27, 277-278; BOERSMA
- YNTEMA 1987; BOERSMA 1991A; BOERSMA 1991B;
BOERSMA 1995.
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
127
VI. 3. Regio III
Lucania et Bruttii
N. III.1 Nerulum o stazione anonima nei pressi Località Vigna della Corte
Comune di Castelluccio Inferiore, prov. di Potenza.
Viabilità: Incrocio tra via Popilia – Annia e via Herculia
Tipo di insediamento: Villa rustica con fornace e
necropoli. È stato scavato solo il complesso più
meridionale, ma a nord sono noti altri nuclei di costruzioni.
La strada è detta “tangente” all‟insediamento, e come via
publica è preferita questa pedemontana a quella, comunque
non lontana, lungo il torrente Mangosa, a sud di questo
nucleo.
Topografia: A valle della SS. 19, all‟ingresso occidentale
di Castelluccio Inferiore, nella conca omonima. Pendio
collinare, presso un corso d‟acqua, con orientamento
NW/SE.
Scavi: 1983-89, comprendono una campagna di indagine
geofisica.
Conservazione: Le murature sono conservate quasi solo al
livello di fondazione.
Saggio 3 (figg. 46-47)
Localizzato nella porzione più a monte e più settentrionale.
Ha rilevato la presenza di strutture murarie, simili per
tecnica a quelle dell‟edificio principale, ma con diverso
orientamento, completate da un‟abside realizzata con
tecnica diversa. I resti di intonaco dipinto con figure
umane, databili all‟XI-XII secolo, indiziano la presenza di
un insediamento (cenobitico?) di epoca bizantina. Presso
l‟incrocio tra i due muri principali, sepoltura a fossa
bisoma, rivestita da ciottoli solo sui lati brevi.
Edificio meridionale
Articolazione Planimetrica: Sono stati individuati almeno
12 ambienti, che sembrano rappresentare l‟ala sud di un
edificio che si apriva su uno spazio scoperto, dove si trova
la fornace. La vaschetta n. 10 potrebbe essere pertinente ad
un ambiente “igienico”.
Caratteristiche: Il cortile n. 5 è pavimentato in
cocciopesto, con sporadiche tessere musive; i livelli
pavimentali degli altri vani sono andati quasi
completamente distrutti. Nel vano 4, strato preparatorio per
un pavimento musivo o in semplice cocciopesto.
Comunque, nello scavo sono state rinvenute molte tessere
di mosaico e frustuli di intonaco parietale dipinto a fasce
rosse o decorato da tarsie marmoree. La fornace produceva
sicuramente tegole, ma non si può escludere che
contemplasse anche la produzione di vasellame.
Tecniche costruttive: Murature a sacco, con ciottoli e
schegge di pietrame legati da malta, soprattutto nella prima
fase. Si rinvengono anche blocchi squadrati di tufo, di
reimpiego. Non è possibile precisare la funzione né la
cronologia di una serie di fori per l‟impianto di pali.
Cronologia: Nell‟edizione è proposta solo una cronologia
relativa, che definisce le murature a secco, pertinenti a vani
di dimensioni diverse di una fase edilizia precedente.
Osservazioni / Interpretazione: Nella pubblicazione, non
è molto chiaro il rapporto con la viabilità. Lungo il
tracciato della via da Capua, troviamo altre fornaci di tipo
“modesto” come questo, da mettersi in relazione, secondo
gli editori, per non precisate motivazioni, ad edifici per la
sosta; tra queste, vengono menzionate quelle nel territorio
di Rivello: BOTTINI 1988, p. 241.
Bibliog.: BOTTINI – DE MAGISTRIS 1987, con bibliog.
precedente; BOTTINI 1988, pp. 228; 235-263;
BOTTINI 1990, p. 161; LA TORRE 1990A, p. 156 con
bibliog.
N. III.2 Nicotera Località S. Teodoro - Casini Mortelleto9
Nicotera Marina, comune di Nicotera, prov. di Catanzaro
Viabilità: Via Tirrenica, tra Vibo e Medma.
Tipo di insediamento: Scalo portuale con emporion,
localizzato sulle sponde di una laguna costiera. Il bacino
lagunare poteva essere raggiunto attraverso lo stesso delta
del fiume Mesima, ma è possibile che vi fosse un accesso
in antico anche presso la fossa S. Antonio, nel centro
moderno di Nicotera Marina. Le due sacche lagunari erano
messe in comunicazione attraverso un canale visibile nella
foto aerea. I rinvenimenti archeologici sono distribuiti in
due nuclei principali: in Località Timpa, presso il centro
moderno, resti qualificati come “villa”, che sembrano
maggiormente riconducibili alle strutture portuali; e, più a
sud, in Località S. Teodoro - Mortelleto, dove è
localizzabile un vero insediamento, esteso per circa 90
ettari, con resti di strutture residenziali, di molti horrea, di
due acquedotti e di alcune cisterne, e di una necropoli.
L‟insediamento è servito da una ramificazione di un
acquedotto in tubuli di terracotta, che forse deriva da un
acquedotto su pilastri, che sembra attingere dal Sovereto;
altrimenti, sarebbe da considerarsi una diramazione
dell‟acquedotto che dal monte Poro scendeva verso lo
stesso corso d‟acqua.
Topografia: Piana costiera, interessata da due sacche
lagunari, collegate tra loro da un canale artificiale di m. 18
di larghezza e di km. 2 circa di lunghezza.
Scavi: Sopralluoghi condotti “alcuni anni fa” rispetto al
1994 da Iannelli M.T. e Givigliano G.P.
Strutture termali
All‟interno del complesso residenziale, vissuto sin dal
periodo tardo repubblicano, nel quale, dopo una
distruzione violenta avvenuta prima del IV secolo10, e che
vide anche un incendio, si impiantò una necropoli, sono
stati indagati solo alcuni vani a destinazione termale.
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
128
Articolazione Planimetrica: Gli ambienti indagati sono
distribuiti in due blocchi: quello più settentrionale con tre
vani, e quello più a sud con due, ma altri resti ci indicano
che il sito fu occupato estensivamente, come attestano la
presenza di lacerti di pavimenti in battuto e tratti di
canalizzazioni. Dell‟impianto termale restano alcune
vasche intonacate, e locali che alloggiano tappeti di
suspensurae.
Caratteristiche: Sulla base dei rinvenimenti occasionali
(frammenti di lastre marmoree di rivestimento e tessere di
mosaico), si può sostenere la presenza di locali
elegantemente decorati. Alcuni pavimenti sono in
cocciopesto
Tecniche costruttive: Murature in opus mixtum, a ricorsi
di grosse pietre calcaree legate con malta e mattoni.
Reperti mobili: Molto abbondanti le monete. Una fibula
bronzea ad anatrella di VI-VII secolo d.C.
Cronologia: La datazione è fissata tra la metà del I secolo
d.C. e la metà del V. In epoca imprecisata, fu aggiunto un
secondo piano e tamponate molte aperture. Nel IV secolo
ci si impianta una necropoli, con alcune sepolture ad
enchytrismos (datazione sulla base dei materiali di corredo
alla metà del IV secolo).
Continuità: La trasformazione dell‟aggregato da stazione
in centro urbano è attribuita dal COLICELLI 1996, p. 191,
all‟epoca tarda, in concomitanza con la trasformazione di
Nicotera in sede vescovile (prima del 596 d.C.). Nell‟area
dell‟insediamento di S. Teodoro - Mortelletto, è attestato il
toponimo “Gurni”, che viene fatto derivare dal greco
“goûrna”, che significa pozza d‟acqua.
Osservazioni / Interpretazione: COLICELLI 1996 avversa
questa identificazione, sostenendo che la strada doveva
correre più arretrata rispetto alla costa, paludosa e con foci
di fiumi molto ampie.
Bibliog.: ARSLAN 1974, pp. 1-8; LATTANZI 1983A, pp.
551-555; COLICELLI 1996, pp. 184-189.
N. III.3 Lavinium Località Fischia
Comune di Scalea, provincia di Cosenza
Viabilità: Via Tirrenica, tra Blanda e Cerilli.
Tipo di insediamento: Villa con pars rustica e pars
residenziale, e necropoli con tombe alla cappuccina.
Villa
Articolazione Planimetrica: Villa con ambiente
colonnato. Particolarmente conservate le strutture per la
produzione, con torcular e lacus vinarius.
Reperti mobili: Due crogioli per fondere l‟oro databili, in
via ipotetica, tra I e III secolo d.C.; un‟erma di marmo,
assegnabile al I secolo d.C.
Cronologia: La maggior parte delle strutture viene
assegnata ad una generica epoca imperiale (che può dirsi,
forse, prima). Ricostruibili una serie di fasi edilizie, spesso
connesse a variazioni d‟uso: ad esempio, uno dei due
torcularia viene impiantato, forse nel IV secolo, in un
locale con pavimento musivo, che perde quindi la sua
originaria funzione residenziale.
Osservazioni / Interpretazione: Anche in questo caso, la
scelta operata dagli studiosi della località ove posizionare
la stazione itineraria sembra dettata dalla sola presenza di
resti di epoca romana, che non presentano, peraltro, alcuna
caratteristica che li qualifichi come luoghi di sosta. Tale
identificazione, contestata anche dal Taliano Grasso, che la
ritiene da abbandonarsi, è invece prudentemente accettata
dal La Torre, che però sottolinea che in questo
agglomerato, privo di una strutturazione urbanistica, possa
riconoscersi l‟abitato della Lavinium nota dalle sole fonti
itinerarie, e che la stazione di sosta possa essere da questa
distinta.
Bibliog.: GUZZO 1975; GUZZO 1981, p. 133, n. 168;
SMURRA 1989, pp. 171-174; JORQUERA NIETO 1991, p. 35,
n. 84; PAOLETTI 1994A, p. 477; TALIANO GRASSO 1994B,
p. 52, scheda 55; LA TORRE 1999, pp. 185-189.
N. III.4 Leucopetra Località Lazzaro, contrada Lia - già Podere Maropadi
Comune di Motta S. Giovanni, prov. Reggio Calabria
Viabilità: Via Ionica, tra Regium e Decastadium.
Tipo di insediamento: Nel tratto costiero tra Pellaro,
Lazzaro e Motta S. Giovanni, sono noti resti archeologici,
per la maggior parte riconducibili a ville. Presso una di
queste ville, da alcuni identificata con quella di P.
Valerio11, si localizza la stazione. Sulla base di Cicerone si
può immaginare che già la vasta villa di epoca tardo
repubblicana fosse dotata di porto di attracco. Sono
segnalati anche resti di mausolei e di altri monumenti
funerari, che possono fornire qualche indizio sul transito
della strada. La “borgata”, in epoca romana, si sarebbe
estesa tra Punta di Pellaro e Capo dell‟Armi, più
precisamente tra Lazzaro e Saline, come attestano i
numerosi rinvenimenti. Nella frazione Lazzaro di Motta S.
Giovanni numerose segnalazioni di epoca romana e
bizantina ci indiziano la presenza di una “comunità di
qualche rilievo”, anche in epoca tardo antica ed
altomedievale. A nord dell‟area della villa è localizzata una
necropoli di IV - VI secolo d.C.
Topografia: Presso il promontorio di Capo d‟Armi,
identificato con Leucopetra, in prossimità della foce della
fiumara S. Vincenzo. La fiumara di S. Vincenzo avrebbe
svolto le funzioni di porto canale, rappresentando un riparo
meno agevole, ma più protetto dai venti sudorientali
rispetto alla rada a sud-est dello stesso promontorio di
Capo Dell‟Armi.
Scavi: Oggetto di interventi di emergenza da parte della
Soprintendenza negli anni ‟80.
La “villa”
Articolazione Planimetrica: La villa di Lazzaro, ha
mostrato di estendersi ben oltre quanto si immaginasse,
andando ad occupare tutta la fascia costiera allungata
lungo la sponda destra della fiumara S. Vincenzo, in
prossimità della foce, attestando resti di costruzione fino
alla battigia. In quest‟area, oltre ai resti di costruzioni in
opera cementizia pertinenti alla pars rustica, sono stati
individuati resti di edifici da interpretarsi come locali di
servizio o adibiti al deposito o lavorazione di prodotti
agricoli; quelli più prossimi al mare sono stati rinvenuti
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
129
coperti da materiale di scarico di tipo anforario e, più
genericamente, ceramico.
Caratteristiche: Sono stati segnalati frammenti di colonne
di granito.
Tecniche costruttive: Le murature della parte residenziale
della villa sono in opera laterizia, mentre nella parte
ritenuta pertinente ad edifici di servizio, le fondazioni sono
a ciottoli di fiume, con alzati in mattoni crudi.
Reperti mobili: In questa zona sono stati rinvenuti anche
reperti mobili riconducibili ad ambito cristiano ed ebraico,
nonché titoli sepolcrali e scarti di fornace.
Cronologia: Sulla base della tecnica edilizia laterizia,
proporrei una datazione nei secoli centrali dell‟impero (II
d.C.?).
Osservazioni / Interpretazione: La maggior parte dei
complessi archeologici distribuiti lungo questa fascia
costiera sono interpretabili come ville, non presentano,
cioè, caratteristiche che li qualifichino come stazioni,
anche se non si può escludere, con la Costamagna, che
“attorno alle originarie strutture gestionali del latifondo, si
siano andate aggregando le funzioni di una stazione”. Per
poter sostenere l‟identificazione di questi resti con una
stazione itineraria, mancano, tuttavia, soprattutto dati circa
il tracciato stradale: la via in prossimità della costa
rocciosa è quasi impraticabile, e dei rilievi interni non si
conosce ancora l‟assetto insediativo antico. Alcuni autori
ritengono perfino che il toponimo segnato sugli itinerari
possa sottintendere una sola indicazione geografica.
Bibliog.: DI LORENZO 1888; “NSc”, 1922, pp. 149-150;
PUTORTÌ 1935-1936; TURANO 1970; COSTABILE 1980;
COSTABILE 1988; CROGIEZ 1990B, pp. 407-408;
COSTAMAGNA 1991, pp. 615-616; ANDRONICO 1997.
N. III.5 Scyle Contrada Deri - Località S. Pasquale
Comune di Bova Marina, prov. di Reggio Calabria.
Viabilità: Via Ionica, tra Decastadium e Hypporum.
Tipo di insediamento: Abitato vissuto almeno dal II d.C.
fino al VI secolo, di cui si conoscono meglio le fasi più
tarde, ma che presentava anche materiali più sporadici di
epoca ellenistica. Tra il IV ed il V secolo d.C., fu in uso un
impianto sinagogale, mentre tra il V ed il VI secolo si ebbe
l‟abbandono del luogo e l‟impianto di una necropoli.
Topografia: Sulla riva sinistra della fiumara S. Pasquale,
in prossimità della foce. Ad ovest della fiumara, si erge il
Capo S. Giovanni, che ripete una situazione orografica
simile a quella di Lazzaro: il promontorio offre un riparo
sottovento e forse la fiumara è sfruttata come porto-canale.
La strada doveva deviare verso monte per aggirare il
promontorio, discendendo contemporaneamente nella valle
adiacente, per attraversare la vallata dove il guado era più
agevole.
Scavi: Rinvenimenti occasionali nel 1960; prospezioni
della fondazione Lerici. L‟area è stata oggetto di alcune
campagne di scavo tra il 1983 ed il 1987, in occasione
della ricostruzione della SS. 106.
Conservazione: Le strutture sono conservate solo fino al
piano di spiccato.
“L’abitato” Si tratta di una serie di strutture, distribuite lungo la costa
per circa m. 100, che includono gli impianti termali già
noti. Ad ovest c‟è l‟edificio a corte, articolato in almeno 3
corpi di fabbrica, intorno a cui si sviluppa un abitato,
databile tra il II ed il VI secolo d.C. Al limite di quest‟area
si trovano una necropoli ed una sinagoga. Tra i due blocchi
di edifici c‟è uno spazio vuoto che potrebbe essere
identificato con una strada.
Complesso A (fig. 48)
Articolazione Planimetrica: Serie di vani orientati
astronomicamente, posizionati a nord-ovest dell‟area
indagata, aperti a sud su un‟area libera.
Complesso B – sinagoga (fig. 48)
Articolazione Planimetrica: Orientamento NE-SW, sia
delle strutture di prima che di quelle di seconda fase,
aperto a nord-ovest su un‟area libera, ma recintata. È
articolato in due aule, quasi quadrate, affiancate da tre vani
rettangolari, che a sud-ovest sono ulteriormente seguiti da
locali di servizio. Una delle due aule costituisce il fulcro
intorno a cui si articola il complesso. L‟aula centrale si
apre a sud verso uno dei vani, ripavimentato nella fase
finale con dei laterizi e perciò identificato con un cortile.
Caratteristiche: L‟aula centrale è pavimentata a mosaico e
presenta una nicchia, alla quale si appoggia una sorta di
bancone. I motivi decorativi del tappeto musivo
richiamano espressamente dei temi esclusivi del repertorio
ebraico, e ci consentono quindi di identificare in questo
complesso una sinagoga, che nel 1985 era l‟unica
conosciuta in Italia con quella di Ostia
Cronologia: L‟impianto è inquadrabile nei primi decenni
del IV secolo d.C. Una trasformazione piuttosto radicale è
databile all‟inizio del VI, ma non sembra aver inciso sulle
funzioni del complesso.
3) Complesso C - Necropoli
Articolazione Planimetrica: È separato dal complesso B
da uno spazio libero, che potrebbe essere interpretato come
un asse stradale: è orientato come l‟asse della sinagoga, ed
articolato in una sequenza di tre ambienti raccordati ad un
quarto, retrostante, più piccolo degli altri ed occupato da
un focolare. Per gli ambienti stretti e molto allungati si è
proposta l‟identificazione con rampe di scale. A nord-
ovest, si trova la necropoli, costituita da sepolture molto
ravvicinate.
Tecniche costruttive: Fondazioni e zoccolature in ciottoli
di fiume ed alzati in mattoni crudi e graticcio.
Caratteristiche: Le tombe di epoca più tarda sono a
cassone in muratura per gli adulti e diversi enchytrismoi
per i fanciulli.
Cronologia: Costruiti con la seconda fase della sinagoga.
4) Impianto termale
Durante la costruzione della villa Nesci, a breve distanza
dalla zona scavata, nella zona compresa tra quest‟ultima e
la linea di costa, sono stati rinvenuti i resti di ambienti
termali, decorati probabilmente a mosaico, attributi alla
villa che avrebbe rappresentato il nucleo di coagulamento
dell‟insediamento.
Reperti mobili dall’insediamento: All‟epoca
dell‟abbandono dovrebbe datarsi il tesoro di 3079 monete
di bronzo, scaglionate tra il V ed il VI secolo.
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
130
Cronologia dell’insediamento: Nell‟intero complesso si
distinguono almeno tre fasi: a) complesso architettonico
dell‟area nord-ovest (A), presso la fiumara; b) costruzione
della sinagoga e delle strutture limitrofe più antiche; c)
interventi nel complesso della sinagoga (fig. 48) e
complesso SE, che però non sono precisabili nel tempo.
Distruzioni intenzionali e violente si datano tra VI e VII
secolo.
Osservazioni / Interpretazione: LATTANZI 1987 lo
definisce espressamente statio costiera. Questa
identificazione è abbastanza condivisa, ma il problema
delle miglia resta insolubile. Per le proposte di
“aggiustamento “ delle indicazioni miliarie negli itinerari
vedi KAHARSTEDT 1960, p. 56. Secondo la Costamagna,
qui come a Lazzaro, è la presenza della villa che ha attratto
l‟abitato: “le strutture della statio si sarebbero coagulate
intorno ad essa”. Secondo Rubinich (in appendice a
COSTAMAGNA 1991, pp. 631-642, la gran varietà tipologica
e la gran quantità di frammenti e di produzioni
individuabili di anfore, indiziano la presenza di un
emporio, da localizzarsi nei dintorni di questo complesso.
Bibliog.: LATTANZI 1983B, p. 124; LATTANZI 1987, pp.
109-110; LATTANZI 1988, pp. 419-421; CROGIEZ 1990b,
pp. 408-409; COSTAMAGNA 1991; COSTAMAGNA 1995.
N. III.6 Altanum “a” Casignana - Località Palazzi
Comune di Casignana, prov. di Reggio Calabria
Viabilità: Via Ionica12, tra Hipporum e Locri
Tipo di insediamento: Si definisce genericamente come
un complesso insediativo, in cui ruderi distanti tra loro
anche un centinaio di metri sono distribuiti in un‟area di
almeno 15 ettari. Fino ad oggi, è stata scavata un‟area di
circa m. 60x70, nella quale emergono poderosi impianti
termali, pertinenti con ogni probabilità ad una villa rustica.
Quasi nulla si può dire degli altri edifici, sezionati dal
passaggio della statale n. 106. Il nucleo principale
dell‟insediamento è organizzato con la caratteristica
disposizione a corpi di fabbrica sparsi, che si
distribuiscono in un‟area di circa h. 6. Le strutture più
settentrionali non presentano caratteristiche riconducibili
ad un uso termale. Secondo l‟Arslan, l‟esedra sarebbe stata
trasformata nel V secolo in battistero a pianta ottagonale.
Prospiciente al mare è la necropoli, con tombe alla
cappuccina, o in fosse rivestite di pietre, sia ad inumazione
che incinerazione, di epoca coeva a quella della villa.
Dell‟epoca bizantina, del VII secolo in particolare, restano
scarichi di materiale ceramico, non riconducibili per il
momento ad abitati nei dintorni.
Topografia: Lungo la strada statale 106, al km. 82, a metà
strada tra Bianco e Bovalino, all‟estremità inferiore delle
pendici di un contrafforte della catena dell‟Aspromonte,
nelle adiacenze della foce del Bonamico, a poche centinaia
di metri dalla linea di costa, 12 km. a S di Locri.
Scavi: Rimesso alla luce fortuitamente nel 1963, è stato
oggetto di scavi a più riprese tra il 1980 ed il 1989. Altre
campagne di scavo erano ancora in corso nel 1996.
Conservazione: Le murature sono conservate fino ad
un‟altezza di m. 1, 50.
Stabilimento Termale (fig. 49)
Articolazione Planimetrica: Nella prima fase la
planimetria non era regolare: l‟aspetto definitivo fu
raggiunto nel IV secolo. Gli impianti termali veri e propri
sarebbero localizzati in un padiglione isolato, e
prevederebbero un calidarium, un frigidarium ed una
natatio, serviti da un praefurnium. Le strutture della prima
fase sono state quasi del tutto obliterate: pochi resti sotto il
portico di un‟esedra di oltre m. 6 di diametro, abbattuta
nella seconda fase e pertinente ad una grande sala (m.
26x6, 70), successivamente frazionata negli ambienti 1,
2+8+13+14, 9, e una vasca, trasformata in una seconda
fase in sala ottagona con nicchie (fig. 49, n. 12). Tale
trasformazione risalirebbe al III secolo, epoca in cui
sarebbero state aperte le grandi finestre che avrebbero
trasformato quest‟ambiente in heliocaminus, fornito di
nicchie e decorato da un bellissimo mosaico, con una
grande vasca con gradini (n. 22), alla quale se ne aggiunse
una piccola ellittica (21), sistemata - danneggiando il
mosaico - dove in origine era una porta. La presenza di un
impianto di riscaldamento molto efficiente ha consentito di
riconoscere come essudationes due piccoli locali absidati,
rivestiti da lastre di marmo di reimpiego. Dal grande
salone n. 9, si accedeva ad una grande piscina circolare (m.
6 di diam., n. 26 in pianta), aperta con tre grandi finestre,
inquadrate da pilastri, accanto alla quale era un‟altra vasca
più piccola (n. 27), entrambe riempite d‟acqua fredda. Dal
locale n. 30, a cui si accedeva scendendo delle scale che
arrivavano dal piano di calpestio, si snodava il corridoio di
servizio e di alimentazione del praefurnium (n. 35).
Tecniche costruttive: Opera laterizia. Le murature del
locale di servizio n. 30 e di alcuni vani d‟accesso erano in
opera mista con ricorsi di mattoni e grossi ciottoli disposti
in qualche tratto a spina di pesce. La sala n. 12 era forse
coperta a crociera.
Caratteristiche: Il salone n. 9 era pavimentato a mosaico
figurato con Nereidi13; la piscina circolare era rivestita di
mosaico sul fondo e di marmi sulle pareti. La maggior
parte degli ambienti sono decorati da intonaco dipinto. I
pavimenti “rustici” sono di malta costipata, mentre in altri
vani si conserva la pavimentazione in opus sectile di
marmo, o a mosaico. I mosaici sono riconducibili a due
fasi: l‟una, in opus tessellatum di marmo, prevede
l‟impiego di due o tre colori, a motivi geometrici; l‟altra in
opus vermiculatum, con piccole tessere policrome, che
disegnano motivi figurati, zoomorfi, vegetali, umani (nel
frigidarium, ad esempio, coppia di Nereidi a cavallo di
leoni). Il portico è, invece, pavimentato in semplici lastre
di cotto. La sala ottagona era rivestita di lastre di marmo, e
forse la stessa volta tappezzata di paste vitree, pavimentata
con lastre di marmo, risarcite in più punti, in un secondo
momento, con frammenti laterizi. La differenza principale
tra la fase più antica e quella più recente, sembra proprio
che sia nell‟ampiezza degli ambienti originari, frammentati
in un secondo momento in piccoli locali, serviti da
numerosi corridoi e vani di passaggio.
Cronologia: Sulla base dei reperti mobili e delle
considerazioni stilistiche sui mosaici, sono state
individuate 4 fasi costruttive: una datata alla fine del I
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
131
secolo d.C. (alla quale si attribuiscono la grande sala
obliterata, e i vani 3 e 4), ed una di seconda metà II o al
massimo inizio III (alla quale risale il frazionamento della
sala absidata). Tra i primi decenni del III ed il IV secolo
d.C., durante la terza fase, caratterizzata
dall‟ingrandimento in direzione ovest e sud, intervengono
dei mutamenti nel gusto che impongono la costruzione
degli ambienti absidati, o comunque planimetricamente più
articolati, ma soprattutto è certa la destinazione termale
attestata dalle vasche (n. 26); a questa terza fase
appartengono i pavimenti a mosaico, che sulla base di
considerazioni stilistiche portano a ritenere appartenenti ad
una prima sottofase i pavimenti dell‟ambiente 25, la vasca
26, un lembo residuo nel corridoio 15, ed il grande
mosaico figurato della sala 9, mentre di poco più tarde
sono la vasca 8 e l‟ambiente 7. Alla quarta fase risale il
momento di maggior espansione del complesso, con la
creazione della sala ottagona (12) con le due vasche fredde
(21-22) e il mosaico figurato con lacerto di pavone,
l‟ambulacro 19 ed i locali ai quali si accedeva da questo
(nn. 24, 36 - con le vasche riscaldate 32 e 33 -, 29, 20). Lo
stabilimento termale fu abbandonato nel corso della prima
metà del V, ma l‟occupazione dell‟area continuò fino al
VII, come attestano alcuni scarichi di ceramica e delle
sepolture che si innestano sulle strutture in parte già ridotte
a ruderi (nel corridoio 35 presso la vasca 33, ed
internamente ed esternamente al vano indicati con il n. 16,
fig. 49).
Altre strutture Per il grosso rudere a monte del complesso termale,
posizionato a lato di un‟area che sembra sistemata a
giardino, sul quale l‟edificio principale si apre con un
portico su colonne in laterizio (pianta n. 17), si può
proporre l‟identificazione con una fontana monumentale,
con vasca absidata e una grande apertura sulla fronte, che
probabilmente sosteneva un serbatoio d‟acqua. Nell‟area
scoperta antistante il complesso, sono stati riportati alla
luce dei muri a secco, con orientamento diverso rispetto a
quelli del complesso termale, relativi probabilmente a fasi
di occupazione molto tarde del complesso.
Toponomastica: Sulla base del toponimo moderno
Casignana, si ricostruisce il prediale Casinianus. Il
toponimo Palazzi, molto diffuso in Calabria, per indicare
resti monumentali (a S. Lucido, a Belvedere Marittimo, a
Buonvicino e Riace, a Ricadi, a Croceferrata, in Località
Grotteria - su cui vedi supra), più che alla terminologia
itineraria, sembra da ricondursi ad una denominazione
popolare per la presenza di resti antichi monumentali.
Osservazioni / Interpretazione: La statio di Altanum,
prima delle scoperta di questo monumento, era localizzata
presso Bovalino Marino. Secondo gli editori, l‟estremo
lusso e la vastità di questi ambienti, riccamente decorati
con marmi e mosaici figurati, fanno ritenere di essere in
presenza di una struttura pubblica (ma, nota bene, a
proposito degli scavi di Malvito – scheda III.9 - si sostiene
l‟esatto contrario). Non avendo certezze sulla viabilità, non
si può dare l‟identificazione per sicura, visto che anche le
distanze itinerarie sono molto incerte: potrebbe trattarsi
anche di una statio sviluppatasi intorno ad un nucleo
originario della villa. COSTAMAGNA - SABBIONE 1990, p.
297, sostengono che la mancanza di simmetria e regolarità
nella disposizione degli ambienti e nell‟articolazione del
“percorso” termale militi a favore di un uso privato. Per
quanto non emergano caratteristiche precipue di una
stazione, ma anzi il complesso si caratterizzi decisamente
come una villa rustica, la contiguità topografica con la
strada, che sulla base del rinvenimento, avvenuto durante
un sopralluogo, di due grosse pietre che sembrano basoli (a
lato della strada moderna, all‟altezza del km. 82 della SS.
106), e di alcune osservazioni da me condotte sulle
fotografie aeree, potrebbe ricalcare proprio la statale
moderna, venendo così ad attraversare l‟insediamento,
potrebbe effettivamente qualificare questo complesso come
una villa rustica, che avrebbe funzionato da “polo” di
attrazione e riferimento per l‟impianto della stazione
stradale.
Bibliog.: BARILLARO 1979, con bibliog. precedente;
SABBIONE 1979, pp. 383-384; LATTANZI 1983A, pp. 544-
546; LATTANZI 1983B, p. 124; FOTI 1987; SABBIONE 1987;
LATTANZI 1988, pp. 421-422; COSTAMAGNA - SABBIONE
1990, pp. 295-298; CROGIEZ 1990B, pp. 409-410;
BARELLO – CARDOSA 1991; SABBIONE – BARELLO - BRIZZI
– CARDOSA 1997.
N. III.7 Locri? Località Quote S. Francesco
Comune di Portigliola, prov. di Reggio Calabria
Viabilità: Via Ionica, tra Altanum e Subsicivum
Tipo di insediamento: In mancanza di dati sulla strada
romana, proporrei di localizzare la stazione tardoromana
presso l‟impianto termale e quella che veniva riconosciuta
come una basilichetta paleocristiana, assegnata ad epoca
giustinianea, al margine meridionale dell‟abitato di Locri,
presso il torrente Portigliola, in località Quote S.
Francesco, circa m. 150 fuori del tratto meridionale delle
mura. Questi resti, insieme con quelli meno conservati
della contrada Tribona, rappresentano quanto resta di un
abitato altomedievale, forse di VII secolo d.C., segnalato
nelle vecchie carte con il nome di Pagliapoli (da
Paleapolis). Questo nucleo insediativo, essendo ormai
abbandonata la zona delimitata dalle mura greche, che
evidentemente non assolvevano più il ruolo difensivo, si
raccoglie intorno alla fiumara Portigliola, che potrebbe
aver funzionato da porto-canale per imbarcazioni di
piccola stazza, non lontano dal “dromo”, l‟arteria stradale
che in epoca tardoromana e medievale percorreva la costa
ionica, in posizione più arretrata rispetto alla via romana,
che correva, invece, in prossimità della linea di costa. Il
“dromo” attraversa l‟abitato antico di Locri, proprio alle
falde degli ultimi rilievi collinari, che si allungano verso il
mare.
L‟area archeologica è distinta in due nuclei, distanti tra
loro una cinquantina di metri (fig. 50).
Topografia: Nella piana costiera, a poche centinaia di
metri dalla linea di costa attuale, in prossimità della
fiumara Portigliola.
Conservazione: Le strutture si conservano in alzato fino a
5 m.
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
132
La cd. basilica paleocristiana
Articolazione Planimetrica: Inizialmente ritenuta una
chiesa a croce greca di epoca giustinianea, è costituita da
una grande aula absidata (J), affiancata da due vani
rettangolari collegati tra loro (K, L). All‟interno delle
pareti dell‟aula sono due file di pilastri che servivano a
sostenere degli archi molto ribassati. L‟abside
esternamente ha una forma poligonale. Attraverso un corpo
di fabbrica accostato a questo e contraffortato, si
raggiungeva un piano superiore che doveva assolvere il
ruolo di residenza particolarmente monumentale, mentre
nella sala inferiore “J” poteva trovarsi il deposito o una
stalla. Questo primo gruppo di costruzione è perimetrato a
sud-ovest da un muro, che si raccorda alla costruzione M,
qualificata come portico. Un‟altra sala absidata è
labilmente testimoniata in posizione affrontata e speculare
a questa.
Caratteristiche: La sala J, che aveva certamente un
secondo piano, non conserva tracce di pavimentazione.
Cronologia: L‟impiego delle stesse tecniche costruttive
per questo complesso e per il corpo di fabbrica ad uso
termale, ci riconduce ad una cronologia ed una
progettazione unitaria.
Stabilimento termale (fig. 50; tav. XIII, b)
Articolazione Planimetrica: Il nucleo più meridionale è
quello che si più ricondurre ad un uso termale, con una sala
centrale circolare (fig. 50, A), di m. 5,50 di diametro,
riscaldata e dotata di suspensurae, movimentata da quattro
nicchie, sulla quale si aprono altri vani, collegato ad un
secondo corpo di fabbrica in cui si intravvedono stanzoni
voltati. In rapporto con questa sala sono le due vasche:
quella a ferro di cavallo (E nella pianta; largh. m. 2,50), e
quella rettangolare (D; m. 2x4, divisa in un‟epoca seriore
in due con un tramezzo), rivestita di cocciopesto, entrambe
servite da condotti per l‟acqua e riscaldate da praefurnia.
Dal vano che ospitava la vasca si passa, attraverso un
corridoio molto allungato, ad un altro di forma irregolare
(B), dotato però di riscaldamento e vicino ad un
praefurnium molto danneggiato, ed ad un altro locale con
suspensurae di forma rettangolare (m. 4x2,70) (F). Anche
il vano C conserva tracce dei tubuli per riscaldamento. Con
la lettera I viene segnalata un‟altra vasca a forma di ferro
di cavallo, e con la lettera H un ambiente, forse scoperto.
Esternamente ai praefurnia, sono presenti resti di murature
a secco da ritenersi pertinenti alle fasi di utilizzo di questi.
Circa 10 m. a monte dell‟edificio, si trovano i resti di una
grande cisterna voltata, che non è stata ancora oggetto di
indagine.
Caratteristiche: La sala circolare del nucleo termale
conserva scarsi lacerti di pavimentazione a lastrine di
marmo. Questo pavimento posa su suspensurae, che
consentono la circolazione del vapor proveniente da
almeno 5 bocche di prefurnio. Le pareti, in prossimità delle
nicchie, conservano tracce di intonaco dipinto.
Tecniche costruttive: Opera mista, con blocchi di calcare
di grande dimensioni provenienti dallo spoglio dei
monumenti della città greca, alternati a ricorsi di mattoni,
anch‟essi di reimpiego. La sala circolare delle terme era in
opera laterizia.
Cronologia: La costruzione degli impianti termali è
databile al III secolo d.C., ma gli strati di crollo forniscono
materiali ceramici databili fino al VII d.C., e non si può
escludere che contengano parte di corredi funerari
sconvolti. Il grosso delle produzioni ceramiche si disloca
tra il IV ed il VII d.C., ma sono presenti anche materiali
che riportano almeno all‟inizio dell‟VIII secolo.
Osservazioni / Interpretazione: Come Crotone, la tappa
di Locri non è segnata né nell‟Itinerario Antonino né nel
Marittimo, mentre nella Tabula è troppo elevata la distanza
miliaria che intercorre tra Locri e Scyle (LX miglia). In
questo caso, secondo la Crogiez, la mancata menzione di
questa tappa nell‟Antonino potrebbe intendere che non a
tutti i toponimi indicati nella fonte debbano corrispondere
di necessità delle stazioni e che, di conseguenza, le località
che sono invece appuntate nella Tabula segnalino anche
entità diverse dai “relais” della posta. L‟Autrice si
sofferma solo sulla possibilità che gli stabilimenti termali
siano parte di una villa, localizzata ai margini del centro
urbano, che in età romana è più contratto. Secondo la
Lattanzi, la cd. basilica è in realtà una dimora signorile,
che riconduce al modello evidenziato a S. Giovanni di
Ruoti, presso Potenza, datato tra il VI ed il VII d.C.14,
mentre per AVETTA - MARCELLI - SASSO D‟ELIA 1991 si
tratta di una villa rustica fortificata. Ritengo, invece, che
l‟estensione dell‟arco cronologico di occupazione di questo
monumento (che coprirebbe i secoli III- VIII iniziale) sia
indizio di un ruolo particolare, e che la contiguità con la
nuova viabilità ionica (più arretrata rispetto alla costa
paludosa di quella romana classica) non sia casuale,
soprattutto in considerazione della grave crisi che investe
l‟antica colonia di Locri, alla quale quest‟insediamento
sottrae – per reimpiegarli nelle murature - perfino i blocchi
della cinta muraria greca.
Bibliog.: LATTANZI 1983A, pp. 546-549; LATTANZI 1983B,
pp. 124-126; COSTAMAGNA - SABBIONE 1990, pp. 286-291,
per il repertorio fotografico; CROGIEZ 1990B, p. 410;
AVETTA - MARCELLI – SASSO D‟ELIA 1991.
N. III.8 Ad Vicesimum Piano della Lista - Località Valle dei Greci e Madonna
della Salute (Amendolara Marina)
Comune di Amendolara, prov. Cosenza
Viabilità: Via Ionica, tra Heraclea e Thurii
Tipo di insediamento: La stazione potrebbe localizzarsi
presso la statale 106 che attraversa la seconda terrazza, in
località Masseria Lista. Qui, si trovano resti di stabilimenti
termali pubblici. Negli anni ‟70 erano ancora visibili in
superficie i resti di lunghi tratti murari, distribuiti su di una
superficie di circa 3000 mq. Altri resti, prevalentemente di
murature in opera mista, distribuiti su una superficie di 200
mq. occupavano la terrazza detta Valle dei Greci. In totale,
le emergenze di superficie attestano un‟estensione
dell‟area occupata da costruzioni antiche di 10200 mq.
L‟abitato è servito da un acquedotto che termina in un
cisterna presso la cappella dell‟Annunziata. Di questo
acquedotto sono noti le opere di captazione, la condotta
adduttrice, il serbatoio d‟accumulo e la rete di
distribuzione; è possibile che l‟acquedotto si allungasse
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
133
lungo la viabilità. La strada antica è probabilmente
ricalcata dall‟attuale statale 106, dal momento che questo
sembra il punto più agevole per l‟attraversamento del
torrente Straface.
Topografia: Pianoro allungato verso la costa, che
costituisce una delle ultime propaggini dei rilievi collinari
costieri, in prossimità del canale di Bartolini, non lontano
dal corso attuale del torrente Straface. Dista dalla costa
circa m. 400.
Scavi e ricerche: L‟area non è stata mai oggetto di
indagine di scavo ma solo di ricerche topografiche e di
documentazione grafica di alcune emergenze.
Conservazione: Le porzioni di muratura conservate non
superano spesso il livello di spiccato.
Piano della Lista
Località Madonna della Salute (fig. 51)
In un‟area di circa 8000 mq. si riconoscono diversi
monumenti, conservati quasi tutti fino al solo livello di
spiccato, che sono stati distinti in alcuni nuclei e
posizionati nella pianta. Oltre a questi, sono stati segnalati
un condotto in muratura, coperto alla cappuccina, e vani
absidati con pavimenti che alloggiavano delle suspensurae.
Complesso “1”: Si ricostruiscono alcuni vani, di forma
prevalentemente rettangolare, di dimensioni diverse, ma di
orientamento coerente, delimitati da murature di circa 50
cm. di spessore. Le strutture continuano sotto la chiesa
della Madonna della Salute, dove sono state segnalate delle
strutture absidate con suspensurae, facendo supporre la
loro identificazione con degli impianti termali.
Strutture “2”: Murature con diverso orientamento rispetto
alle precedenti, che presentano però lo stesso spessore.
Muro “5”: Unica muratura che lo spessore (m. 1) qualifica
come perimetrale, ma che potrebbe anche essere
identificato con un muro di sostruzione.
Caratteristiche: Tra i rinvenimenti occasionali, si
segnalano resti di condutture impiegate, probabilmente, per
riscaldare gli ambienti.
Tecniche costruttive: Murature di ciottoli legati da malta
nelle cortine, e nucleo cementizio a scaglie.
Località Valle dei Greci
Struttura “r”: Presso l‟abbeveratoio della masseria è il
muro, lungo circa 15 m., in opera listata (?), di m. 0,65 di
spessore, al quale ne corre parallelo un altro, lungo m. 11 e
spesso m. 0, 45, che conserva parte dell‟attacco della volta.
Nei pressi, ruderi di un altro ambiente voltato, a pianta
quadrata, di circa 2, 5 m. di lato. Nella parte bassa di
questa stessa area, sono ricostruibili le piante di altri 6 o 7
vani, appoggiati ad un muro perimetrale, lungo almeno 30
m.. Ancora, si conserva parte di una costruzione cilindrica,
di circa m. 3 di diametro, conservata fino ad un‟altezza di
m. 3.
Caratteristiche: Resti di rivestimenti e pavimentazioni in
cocciopesto con inserimenti di ciottoli di mare, e pavimenti
a mosaico.
Tecniche costruttive: Opera incerta e mista.
Cronologia: Il materiale raccolto in superficie riconduce al
III-IV secolo d.C., ma in assenza di scavi è difficile fornire
precisazioni.
Osservazioni / Interpretazione: Per quanto l‟Autrice
della carta archeologica privilegi l‟area della Masseria
Lista come sito della stazione, mi sembra che l‟area
archeologica della Madonna della Salute (indicata nella
carta SETTEMBRINI 1996, p. 115, con il n. 21) graviti
maggiormente sulla strada romana, qualora essa debba
essere riconosciuta nel tracciato della moderna statale.
Tuttavia, la modestia dei resti attualmente oggetto di
indagine non consente di giungere a delle conclusioni
definitive. Emerge, al contrario, con una certa chiarezza
come anche in questo caso, seppure l‟abitato è costiero e
limitrofo alla viabilità, la stazione debba essere individuata
in un complesso da questo distinto. In questo caso, anche il
dato archeologico rende evidente che l‟abitato si sviluppò
intorno alla stazione, come è del resto desumibile dal
toponimo, dalla marcata connotazione “itineraria”.
Bibliog.: LAVIOLA 1972; DE LA GENIERE 1971; GUZZO
1979, pp. 31-32; DE LA GENIERE ET ALII 1980; TUCCI
1987; CROGIEZ 1990B, pp. 413-415; SETTEMBRINI 1993;
SETTEMBRINI 1996, pp. 124-131.
N. III.9 Stazione anonima presso Malvito Malvito - Località Pauciuri
Comune di Malvito, provincia di Cosenza
Viabilità: via Transistmica.
Tipo di insediamento: Nei dintorni di un asse stradale,
sono dislocati diversi complessi monumentali di epoca
romano-imperiale, che soppiantano delle strutture per lo
stoccaggio di epoca repubblicana. Il monumento più vasto
è da interpretarsi come una grande villa, che contempla
quartieri residenziali, termali e per la produzione
manifatturiera. In epoca tardo-romana, parte degli edifici
fu interessata dall‟impianto di una necropoli, che fu
utilizzata fino ad epoca altomedievale, forse in relazione
con un abitato, l‟esistenza del quale sarebbe ipotizzabile
sulla base dei reperti ceramici (fig. 52).
Topografia: Ai piedi di Mottafollone, nella piana del
fiume Esaro, sulla sponda sinistra del fiume, non lontano
dalla confluenza del Rosa nell‟Esaro.
Scavi: a più riprese tra il 1979-1985, 1989, 1990-94 (ed
ancora in corso?).
“L’abitato” (fig. 52)
Le campagne di prospezioni geoelettriche del 1992 (che
hanno indagato quasi 20.00 mq. di superficie), hanno
consentito di radiografare un enorme complesso orientato
ENE-WSW, costituito da molti vani disposti
principalmente intorno ad una corte porticata (circa m.
27x17), complesso del quale è stata rimessa in luce dagli
scavi la porzione est, pertinente ad ambienti termali. A
sud-est di questo edificio, le prospezioni hanno consentito
di individuare diversi blocchi di costruzioni, quasi tutti con
orientamento congruo al primo gruppo. Tra i riquadri D7 e
E7 è segnalato un edificio rettangolare (circa m. 14x10); in
G6 e 7 una striscia orientata secondo gli stabilimenti
termali (una strada?), ed una perpendicolare a questa in H9
e I9. Le tracce evidentissime dei riquadri F/G - 7/8,
corrispondono alle fondazioni di due case moderne.
Saggio nel quadrato G5 (m. 10x5): Intersezione tra la via
e un muro ad essa parallelo; la via è larga almeno 4 m., è
formata da 4 strati preparatori ed uno di copertura formato
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
134
da ghiaia mista a malta, senza materiali. La via lambisce il
muro est-ovest, che qui si interrompe. Lungo il lato ovest
della strada, è un bacino con pareti a tegole e fondo di
bipedali. Epoca imprecisabile, ma materiali
prevalentemente di epoca repubblicana.
Gli horrea Le indagini al di sotto dei livelli di epoca imperiale, hanno
consentito di ricostruire la planimetria di due edifici, che si
fronteggiano, l‟uno sul lato nord, l‟altro a sud.
Contenevano numerosi dolii, altri erano interrati nello
spazio che li separava. Il troncone del muro B41 arriva a
ridosso dell‟abside ovest della sala ad ipocausto. A nord
della canaletta, è stato messo alla luce un nuovo troncone
di muro, che per la quota, la tecnica costruttiva, ed il
rivestimento di intonaco, corrisponde perfettamente ai muri
degli horrea già scoperti. L‟edificio di prima fase, molto
grande, usato appunto come magazzino o cantina, è diviso
in due da un tramezzo, intonacato su entrambi i lati, entro
il quale si apriva una porta, murata in un secondo
momento. Alla stessa fase repubblicana possono ricondursi
altri resti, il più interessante dei quali è una struttura
composta da tegole, posate direttamente sulla terra.
Delimitano un bacino rettangolare tra i muri A35 e B23.
All‟interno, terra molto argillosa con una forte presenza di
calce. A sud di questo bacino, è stata rimessa in luce
un‟altra struttura realizzata nello stesso modo ma un po‟
più piccola, con al fondo una tegola sistemata di piatto.
Questa struttura è ritenuta di epoca repubblicana ma non è
possibile relazionarla ad alcuna altra.
Caratteristiche: Il piano di calpestio del “magazzino” è
costituito dal terreno vergine, in cui sono stati alloggiati
almeno 5 dolia. Non sono attestati rivestimenti marmorei,
né stucchi né mosaici.
“La villa”
Ad ovest, portico con colonne di mattoni, che occupa tutta
la larghezza dell‟edificio, dove si trovano vani con
rivestimenti di intonaco dipinto a motivi decorativi. Non si
conosce ancora l‟intera estensione del complesso.
Saggio nel quadrato B5 (m. 6x15, ad ovest): Ha
confermato la pianta delle prospezioni, con soli livelli di
fondazione costruiti con la stessa tecnica di quelli già
descritti, pertinenti al portico, senza livelli pavimentali e
scarsissimi materiali.
Saggio non meglio precisato: Grande edificio,
profondamente intaccato dalle arature, di almeno 10 m. di
larghezza, completato sul lato settentrionale da un‟abside
di 5m di diametro.
Le terme (fig. 53)
Articolazione Planimetrica: Nella seconda fase di vita di
questo insediamento, le strutture murarie del grande vano
(il magazzino?) vengono sfruttate per inserirvi una serie di
vasche ed un impianto di riscaldamento ad ipocausto. Il
“quartiere termale” si articola in due sale calde, un
tepidarium con l‟ipocausto a forma di croce, apodyterium e
salone freddo molto vasto, locali di servizio ad est, latrine
pubbliche, una cisterna a sud. L‟orientamento del
complesso è dato da due muri paralleli con andamento
nord-sud: l‟uno (A33) è infatti la fondazione del portico, di
cui restano anche le basi dei pilastri di mattoni. A questo
muro A33, si lega un pavimento di terra battuta e ghiaia,
interrotto a nord da una canaletta che gli è contemporanea.
Più internamente, fu costruito un muro parallelo a questo
(A24), ma che reimpiega dei rocchi di colonna del primo
portico. Perpendicolarmente ad A33, è un altro setto
murario, che rappresenta una terza fase, di poco più tarda
di quella descritta, ma che sembra comunque corrispondere
ad un cambiamento di funzione (B44). A nord dell‟area di
scavo sono state riportati alla luce i resti del frigidarium
con una vasca rivestita di intonaco idraulico. È servita da
due gradini sul lato nord e due a sud, ma è parzialmente
obliterata da un muretto di fattura e cronologia diversa. A
sud si trova la cisterna e l‟angolo sud-est del portico. Al
centro è stato asportato il crollo di un intonaco dipinto a
fasce rosse, che posava sui livelli repubblicani.
Latrina: Adiacente alla sala C24 (riconosciuta come un
calidarium), con planimetria canonica, a pianta
rettangolare (m. 4,50x3), si apriva ad ovest attraverso una
porta successivamente murata.
Praefurnium: Il più antico è quello ad est, dietro il muro
della latrina. Anche questo, come gli altri due, è a pianta
circolare. Serviva la sala del laconicum e del calidarium.
Fu successivamente murato e rimpiazzato da quello
indicato con il numero C26 e C29.
Laconicum: Si trovava presso il castellum aquae, che
serviva anche un ninfeo assai simile a quello di piazza
Armerina.
Tecniche costruttive: La sala a croce è in opera laterizia.
Le murature della III fase sono molto rozze. In generale, le
tecniche costruttive sono spoglie, povere e senza orpelli:
sono a secco, senza fondazioni e reimpiegano materiali da
costruzione delle murature preesistenti.
Reperti mobili: La maggior parte dei rinvenimenti mobili
si colloca cronologicamente tra il I a.C. ed il II secolo d.C.,
e riconduce ad una attività artigianale, di lavorazione del
cuoio e della tela.
La necropoli
I livelli superiori del settore nord sono stati sconvolti dallo
scavo di almeno 76 tombe, con l‟orientamento consueto,
che contenevano pochissimo materiale. Le tombe sono a
fossa, orientate ESE-WNW, in qualche caso rivestite con
murature di pietra o foderate da tegole e blocchi di pietra di
reimpiego, legati con malta. Sono state individuate più di
80 tombe.
Reperti mobili: Non ci sono corredi funerari, se non, in un
solo caso, una croce-reliquiario di fattura bizantina di XI -
XII secolo. Il periodo di frequentazione ha lasciato una
quantità discreta di monete di bronzo, tutte databili al IV
secolo, unite a frammenti di sigillata D.
Cronologia dell’insediamento: Le strutture di epoca
romana spaziano dal II secolo a.C. al basso impero;
suggerirei di articolarle in 4 fasi: 1) fine II a.C. - I secolo
a.C.: horrea; 2) I - II secolo d.C.: terme; 3) II - IV secolo
d.C.: diversi edifici, di uso non chiaro, che arrivano fino
all‟epoca altomedievale; 4) V-VII secolo: necropoli,
attestata ancora nel XII. Le terme, che si impiantano alla
fine del I d.C. sulle strutture di epoca tardo-repubblicana,
sono state utilizzate con certezza fino al IV secolo d.C., ma
l‟occupazione, in forme da definire, è durata almeno fino al
V secolo come attesta la presenza di ceramica ad onde. Nel
dettaglio: dalla fine del I secolo d.C.: praefurnium,
VI.3 Rassegna Archeologica: Regio III
135
castellum aquae, laconicum e calidarium; seconda fase
con espansione a N, i tepidaria, le vasche, la latrina, ed i
nuovi praefurnia; fase di abbandono della latrina,
dell‟apodyterium e del tepidarium occidentale. Nella terza
fase, si impiantano delle strutture murarie con tecnica
rudimentale, di difficile lettura perché in parte sconvolte
dalla necropoli. La terza fase è rappresentata soprattutto
dalle murature della sezione N dello scavo del complesso
termale, con tecnica costruttiva totalmente differente: priva
di fondazioni, con materiale di reimpiego utilizzato senza
malta. La cronologia e l‟uso di questi vani doveva ancora
essere chiarita nel 1990, ma il rinvenimento di una moneta
bronzea di Magnenzio conferma che l‟occupazione durò
almeno fino al IV secolo. In epoca altomedievale, si
impianta la necropoli.
Osservazioni / Interpretazione: Questo complesso è stato
qualificato come mansio poiché è lontano da ogni ambito
urbano conosciuto e si trova nella valle dell‟Esaro che
congiunge la costa ionica a quella tirrenica, ma al
momento non si trova alcuna traccia di strada, sia che si
cerchi quella transistmica che la via Capua - Regium 15.
Sulla base dei dati di superficie, sembra che l‟insediamento
sia piuttosto vasto (D‟Ippolito vi vede Temesa!). Secondo
la Crogiez, solo l‟avanzare delle indagini consentirà di
confermare o smentire, l‟identificazione con la mansio di
Caprasia: le distanze della Tabula tornerebbero se si
riconosce Interamnium a Fedula. Ma non sappiamo
neanche se la via Annia - Popilia seguisse la valle del Crati
o passasse lungo le colline più ad ovest. Taliano Grasso
(bibliog. sotto) ritiene che questa stazione sia invece
pertinente alla via transistmica, mentre è d‟accordo con la
Crogiez ANDRONICO 1991, p. 179, (Malvito è della via
Popilia). Per FOTI 1987, p. 309, si tratta di un deverticolo
che unisce la via Popilia a Cirella. Gli editori ritengono che
la povertà delle tecniche costruttive e la scarsa qualità dei
rivestimenti, non consentano di identificare questo
complesso con villa rustica (specialmente al confronto con
altre tipo Piazza Armerina), ma che la varietà
nell‟articolazione planimetrica degli edifici e la presenza di
assi stradali frapposti tra loro possa confermare
l‟identificazione con una stazione stradale.
Bibliog.: LATTANZI 1983A, p. 573-575; FLAMBARD –
LUPPINO 1985; CROGIEZ – LUPPINO 1990; CROGIEZ 1991;
CROGIEZ - LUPPINO 1991; CROGIEZ – LUPPINO 1995;
CROGIEZ – KEMORVANT 1993; CROGIEZ 1996.
VI. 4 Rassegna Archeologica: Regio IV
136
VI. 4. Regio IV
Samnium
N. IV.1 Aquae Cutiliae Paterno - Località Caporio, presso la diruta Pieve di S.
Maria dei Cesoni
Cittaducale, prov. di Rieti
Viabilità: Via Salaria, tra Reate ed Interocrium.
Tipo di insediamento: Vicus16 raccoltosi intorno ad un
luogo di culto, incentrato sul Lacus Cutiliae. Il vicus è
attestato dai numerosi rinvenimenti, distribuiti lungo la via
Salaria, tra le località di Paterno a Caporio. In epoca
imprecisabile, il settore a nord-ovest della piscina viene
trasformato in luogo di culto cristiano, noto dal XII secolo
con il nome di S. Maria in Cesonis, ma che può risalire ad
epoca più antica, anche con altra titolatura. A poche
centinaia di metri dal complesso termale (Località Ortali),
è stata localizzata la villa dei Flavi, costruita dopo la metà
del I d.C., ma forse già “disdegnata” da Domiziano, in
quanto troppo poco “lussuosa”.
Topografia: I terreni della zona, fortemente solubili,
danno luogo a fenomeni di carsismo, associati a
manifestazioni di vulcanesimo secondario, tra cui sorgenti
di acque sulfuree. L‟impianto termale è posizionato su una
serie di quattro terrazzamenti, larghi circa m. 400,
delimitati ad ovest dal ruscello di S. Maria, e a sud dalla
via di S. Maria, che ricalca l‟antica Salaria. Il cortile con la
piscina si posiziona tra il terzo ed il quarto terrazzo.
Scavi: L‟esplorazione è iniziata nel secolo scorso, ma gli
scavi scientifici sono stati condotti tra il 1969-74, 1978-80,
1982-84, 1986-.
Conservazione: Buona per la maggior parte delle strutture,
che si conservano in alzato anche fino a 5 m.
Complesso termale terrazzato (fig. 54) Pianta: Al centro di un vasto cortile, si trova la grande
natatio (m. 60x24, m. 1,80 di profondità), intorno alla
quale si trovano disposti gli altri edifici: sui lati orientale e
settentrionale si distribuiscono delle strutture di
contenimento del terrazzo superiore, movimentate da
nicchie (una delle quali, absidata e di dimensioni maggiori,
si qualifica come un ninfeo- fig. 54, A), dietro alle quali
corre un corridoio a “T” (fig. 54, B), mentre nell‟angolo
nord-ovest si trova un edificio più articolato, che si
qualifica come un complesso a sé stante. Quest‟ultimo è
costituito da una serie di vani rettangolari. Il piano
superiore era accessibile mediante una scala: qui si trovano
alcuni locali serviti da un corridoio, che si apre in fondo su
un vano di forma irregolare, e, lateralmente, su un altro a
pianta rettangolare che è scandito dalle basi di quattro
pilastri.
Caratteristiche: In uno dei vani del livello superiore, si
conserva un lacerto di pavimentazione musiva. Altri resti
di decorazione musiva policroma, di rivestimenti parietali
ad intonaco dipinto a motivi floreali, frammenti di
decorazioni architettoniche in marmo e di antefisse di
terracotta, sono stati rinvenuti sporadici, insieme ad una
notevole quantità di stucchi in seconda giacitura e ad un
frammento di lastra Campana. La piscina, accessibile
mediante delle scalette, era impermeabilizzata con uno
strato di cocciopesto, e rivestita da lastre di marmo.
Tecniche costruttive: La fase costruttiva principale è in
opera incerta nelle porzioni superiori degli alzati, e in
opera quadrata nelle fondamenta e nei primi ricorsi delle
murature in alzato, occasionalmente anche negli angoli,
come rinforzo. Gli interventi di rimaneggiamento e
restauro sono caratterizzati dall‟impiego del laterizio
(porzione superiore del ninfeo), e opera mista (primo
locale tra quelli del settore est). I vani del complesso
occidentale sono coperti a volta, come anche il corridoio a
“T”.
Cronologia: Sulla base dei reperti e delle tecniche edilizie
l‟impianto della struttura è fissato all‟inizio del I secolo
a.C.; l‟abbandono può essere datato al IV d.C. Nel V
secolo, il monumento fu utilizzato a scopo funerario.
Tombe
Nell‟ambiente D‟, ad ovest del ninfeo, sono state rinvenute
due tombe, una delle quali alla cappuccina, ed una con
rivestimento di tegole infisse.
Cronologia: V - prima metà VI secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: La qualità delle
decorazioni architettoniche e dei rivestimenti è stimata
particolarmente alta. La tecnica costruttiva mista, in opera
incerta e quadrata, è caratteristica di alcune costruzioni
(soprattutto ville rustiche) sabine, quindi, qui è più
pressante il richiamo agli usi locali che ad una
pianificazione centrale. A detta degli stessi editori, la
conoscenza del monumento è ancora insufficiente per
comprenderne l‟organizzazione: gli alloggi per gli ospiti
potrebbero, infatti, trovarsi anche presso il santuario di
Vacuna, non ancora localizzato. Come planimetria di
confronto viene proposto l‟impianto termale di Stabiae,
che è contornato da un edificio interpretato come
hospitium.
Bibliog.: REGGIANI 1979, con bibliog. precedente; DE
PALMA 1985; MENOTTI 1988; SPADONI – REGGIANI 1992,
pp. 157-162.
N. IV.2 Stazione anonima presso Torrita di
Amatrice Torrita, contrada Campo
Comune di Amatrice; prov. di Rieti
Viabilità: Via Salaria, tra Falacrinae e Vicus Badies
Tipo di insediamento: Villa rustica?
Topografia: Spartiacque dell‟Appennino (q. 1005 s.l.m.),
sulla destra della via, al km. 141, 500 della statale
moderna.
VI. 4 Rassegna Archeologica: Regio IV
137
Scavi: Scoperte episodiche tra il 1918 ed il 1932; dal 1954
sono stati avviati degli scavi ad opera della
Soprintendenza, che sono proseguiti fino al 1956, e di
nuovo nel 1971.
Struttura di servizio (fig. 55) Articolazione planimetrica: Complesso a pianta
rettangolare, con corpo principale costituito da un peristilio
quadrangolare (m. 28,60x26,20), posato su uno stilobate di
blocchi squadrati, sul quale restano quattro basi di colonne
di pietra calcarea bianca. Sul lato nord-est si dispongono
gli ambienti termali (sette quelli indagati), su quello
meridionale vani di forma più irregolare, che le
pavimentazioni in opera spicata qualificano come di
servizio. Al centro del portico è un basamento di m.
3x3,50.
Caratteristiche: I vani con funzioni balneari hanno
pavimenti in cocciopesto, posato negli ambienti riscaldati
sulle suspensurae di bipedali. Il podio nel cortile è
pavimentato con bipedali e sesquipedali.
Tecniche costruttive: Murature di prima fase in opera
incerta, di seconda in opera quasi reticolata e reticolata,
sostituite da paramenti con scapoli allettati quasi
orizzontalmente. Nella terza fase è stata impiegata anche la
tecnica mista, con ricorsi in opera vittata e laterizia.
Reperti mobili: Un frammento di cornice architettonica di
un certo pregio.
Cronologia: Impianto di fine I secolo a.C., ampliamenti
consistenti di età flavia e rimaneggiamenti fino al III d.C.
L‟occupazione continuò verosimilmente fino al IV secolo.
Per la tecnica vittata di terza fase la datazione può, forse,
essere anticipata al II secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: La Santangelo lo
identifica senza esitazione con il vicus Falacrinae, e si
spinge fino a riconoscere nel basamento al centro del
cortile il podio del capitolium, mentre la Reggiani è più
propensa a vedervi una villa, sulla base anche del
confronto con quella vicina della località Cottanello nel
comune di Collesecco, anche se non esclude
l‟identificazione con il foro di un vicus, proponendo,
quindi, una fruizione pubblica per gli stabilimenti termali e
le taberne fino ad oggi riportate alla luce.
Bibliog.: SANTANGELO 1975-76; REGGIANI 1981, pp. 286-
292; SPADONI- REGGIANI 1992, pp. 165-167; QUILICI
1993, p. 144.
N. IV.3 Statulae Località “La Statura”
Comune di Goriano Siculi, prov. de L‟Aquila
Viabilità: Via Claudia Valeria
Tipo di insediamento: Abitato sorto in prossimità di un
incrocio tra la via Claudia Valeria che lo attraversa,
ricalcata dal tratturo “Regio”, e la strada tra Sulmo e
Superequum. Occasionalmente, sono state riportate alla
luce delle sepolture, prevalentemente di epoca
repubblicana, e di resti di un ustrino. Una piccola necropoli
con tombe alla cappuccina è stata scavata in contrada
Salcone, lungo la strada tra Forca Caruso e Goriano Siculi.
In località La Statura, si sono ritrovati circa 20 pozzi
cilindrici (diam. da m. 0,60 a m. 1), di profondità variabile,
che al fondo accoglievano un grosso contenitore per
derrate (quelli che sono stati svuotati hanno restituito molti
scarichi domestici). A sud di Goriano Siculi, nella valle
Orfecchia, sono ancora visibili i resti di un acquedotto,
costruito in opera cementizia, con copertura a cappuccina,
che è ritenuto piegare verso Statulae.
Topografia: Ad ovest del Colle S. Donato, nella sella tra
due piccole alture, delimitata a nord dal Lamartora, a est
dalla Portella, ad ovest dalla Cona. Attualmente, in questa
zona si cava la pozzolana.
Scavi: Ai rinvenimenti occasionali, hanno fatto seguito
alcune brevi campagne di indagine condotte alla fine del
secolo scorso.
Resti di strutture utilitaristiche
Sono stati scavati tratti di murature che non sono stati
descritti, ma di alcuni di essi sappiamo che erano
particolarmente sviluppati in lunghezza (almeno m. 46). È
stata riportata alla luce una cella vinaria, caratterizzata
dalla presenza di molti dolii interrati, perimetrata da
murature frammentarie.
Caratteristiche: Sulla base del rinvenimento di un tubulo
fittile, si può evincere la presenza di ambienti riscaldati.
Tecniche costruttive: Forse si tratta di opera laterizia.
Reperti mobili: Si conoscono rinvenimenti occasionali di
materiale ceramico, monete, statuette fittili, un bronzetto di
Ercole, armi e frammenti epigrafici. Nel corso di uno
scavo, si è rinvenuto un dolio contenete numerosi pesi da
telaio.
Cronologia: Sulla base delle scarne notizie fornite dagli
editori, si può solo affermare che il complesso fu occupato
con certezza in epoca imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: L‟identificazione di
questi resti con quelli della stazione viaria è motivata dalla
posizione presso l‟incrocio di due strade di rilevante
importanza, ed anche dalla particolarità delle emergenze
segnalate, che attestano una pressante preoccupazione per
lo stoccaggio delle riserve alimentari e per lo smaltimento
dei rifiuti. Anche la presenza di oggetti di culto, differenzia
questi resti da quelli di un semplice magazzino.
Bibliog.: DE NINO 1878; DE NINO 1886; DE NINO 1889;
VAN WONTERGHEM 1984, pp. 108-109, n. 39; p. 11, n. 47.
N. IV.4 Stazione anonima presso
Casalbordino Località Casette Santini
Comune di S. Stefano di Casalbordino, prov. di Chieti
Viabilità: Via Adriatica tra Lanciano e Histonium
Tipo di insediamento: Insediamento viario posizionato
direttamente sul mare, definito dagli editori statio, in epoca
paleocristiana completato dall‟impianto di una chiesa,
trasformatasi nell‟abbazia benedettina di S. Stefano in
Rivo Maris. Oltre ai resti ricondotti alla stazione (fig. 56,
nn. 3-5), vi sono quelli di una villa rustica, posta sulla
collina, poco arretrata, che si protende verso il mare, sui
resti della quale, in età paleocristiana, si impiantò la
basilica (nn. 1-2). Il complesso funzionale alla viabilità è
diviso in due unità, poste l‟una a monte e l‟altra a valle
VI. 4 Rassegna Archeologica: Regio IV
138
della linea ferroviaria, che ricalca molto da vicino il
tracciato dell‟antica strada litoranea.
Topografia: Nella fascia costiera, in prossimità di un
piccolo promontorio.
Scavi: 1991. Al 1975 risalgono gli scavi all‟interno
dell‟abbazia, che hanno permesso di riconoscere i resti
della basilica paleocristiana.
Settore a valle (fig. 56, n. 3)
Articolazione Planimetrica: Sono stati indagati 5 vani
affiancati, all‟interno dei quali è stata rilevata la presenza
di vasche-abbeveratoio e mangiatoie, qualificando così il
complesso come un‟area destinata al ricovero degli
animali.
Settore a monte (fig. 56, n. 4)
Articolazione Planimetrica: Vasto peristilio intorno al
quale si dispongono vari ambienti, indiziando una funzione
residenziale.
Cronologia: Impianto di tarda età repubblicana, con varie
ristrutturazioni di età imperiale.
Reperti mobili: I materiali ceramici arrivano fino al IV-V
secolo, ma si rinvengono anche materiali altomedievali di
VII-IX secolo.
Osservazioni / Interpretazione: Gli editori sottolineano la
rilevanza della continuità d‟occupazione, che accomuna
quest‟insediamento ad altri, posizionati come questo lungo
la viabilità. Con il tempo, alcuni di questi piccoli aggregati
si trasformano in strutture religiose territoriali, destinate a
divenire “un punto di riferimento per le superstiti forme di
popolamento rurale”. Dal XII secolo, sulla traccia della
viabilità romana, si impiantò il tratturo L‟Aquila – Foggia,
e si ipotizza che presto intorno a questo centro religioso si
fosse strutturata una stazione di ricovero delle greggi.
Bibliog.: STAFFA 1992; STAFFA – PELLEGRINI 1993, p. 22.
VI.5 Rassegna Archeologica: Regio V
139
VI. 5 Regio V
Picenum
N. V.1 Ad Aquas S. Maria (in Marsia)
Comune di Acquasanta Terme, prov. di Ascoli Piceno
Viabilità: Via Salaria, tra Surpicanum ed Ausculum
Tipo di insediamento: Borgo aggregatosi intorno ad uno
stabilimento termale, che sfruttava delle polle di acqua
sulfurea. Nei pressi delle terme, sono state rinvenute molte
vasche di terracotta ed altri “resti di vasche”. La cisterna
delle terme può localizzarsi sotto l‟attuale chiesa del
Crocifisso, già di S. Maria; presso questa stessa chiesa,
sono stati trovati i resti di una tomba a fossa, coperta da
lastre a spiovente di travertino, di epoca romana. La via
Salaria raggiungeva questa località attraversando il rio
Garaffo ed il torrente Rio.
Topografia: Lo stabilimento doveva occupare il pendio
che si trova ad ovest della chiesa, e le pendici fino alla
strada moderna.
Scavi: Condotti tra il 1815 ed il 1819: la documentazione è
stata di recente recuperata e riesaminata. Nel 1985 è stato
effettuato uno scavo all‟interno della sagrestia, che ha
consentito di riconoscere alcuni elementi raffigurati nella
pianta di corredo alla documentazione ottocentesca.
Conservazione: Ciò che si era potuto riscoprire dei resti
indagati nell‟800 è andato distrutto nel corso dei lavori di
costruzione di un tunnel stradale.
Stabilimento termale Pianta: La pianta ottocentesca (“in parte fantasiosa”)
raffigura un edificio a corte porticata, di forma rettangolare
con ampie absidi in ognuno dei lati. Nella metà occidentale
(?), si posiziona la grande cisterna, contraffortata
esternamente da pilastri semicircolari (m. 20,24x9,90). Un
altro tratto di muratura è stato rimesso in luce a circa m. 50
di distanza dalla chiesa, ma tutta l‟area è stata sconvolta
dalla costruzione del manufatto stradale moderno.
Caratteristiche: Nell‟area interessata dai lavori di
ammodernamento della statale, si è “intravisto” un
pavimento in mattoni. Al centro del cortile, è posizionato
un mosaico bianco e nero con motivo a stella.
Tecniche costruttive: Il muro indagato sotto la sagrestia e
quello rinvenuto nell‟area della SS. 4 sono a blocchi
squadrati di travertino. Tra i resti sconvolti dai lavori
moderni, erano anche dei blocchi di opus coementicium
pertinenti ad una volta. Sono stati, inoltre, raccolti scapoli
di reticolato e frammenti di mattoni.
Reperti mobili: Materiali architettonici. L‟epigrafe CIL,
V, 8807, che menziona dei balnea, assegnata dall‟autore
del manoscritto Caucci a questa località (forse, sulla scorta
dell‟errata assegnazione del Muratori al territorio di
Ausculum nello stesso CIL), proviene, in realtà, da Asolo.
Osservazioni / Interpretazione: Poiché le sorgenti termali
sono esaurite, mentre sono ancora attive nel vicino paese di
Acquasanta Terme, per lungo tempo si è localizzata la
stazione romana presso quest‟ultimo. Anche se i dati
archeologici sono molto frammentari, questo insediamento
ben si inquadra nella categoria dei luoghi di tappa che
sorgono (probabilmente spontaneamente) nei pressi delle
stazioni termali.
Bibliog.: CONTA 1982, pp. 124-143, n. 34, figg. 41-43;
CONTA 1987.
VI.6 Rassegna Archeologica: Regio VI
140
VI. 6 Regio VI
Umbria
N. VI.1 Stazione anonima presso Cattolica Comune di Cattolica, prov. di Forlì
Viabilità: Via Flamina, tra Pisaurum e Ariminum.
Tipo di insediamento: Abitato di epoca romana, datato tra
il I ed il IV secolo d.C., sorto verosimilmente a seguito
dell‟impianto di una stazione. Entrambi i complessi che qui
si presentano sembrano adibiti a scopo utilitaristico.
Topografia: Presso fiume Conca, l‟antico Crustumius, in
prossimità del confine amministrativo augusteo tra i
territori di Pisaurum e Ariminum, a metà tra le due tappe
(17-18 km. da ognuna). È quasi certo che la fascia di
territorio nella quale si stabilirono i complessi qui
presentati fosse delimitata da un lato dalla via Flaminia e
dall‟altro dal mare.
Scavi: Sono stati indagati parzialmente due complessi,
entrambi orientati lungo l‟asse stradale della Flaminia.
Complesso di Casa Filippini - Struttura di servizio?
(fig. 57)
Articolazione Planimetrica: Si riconoscono almeno due
vani affiancati, che nella prima fase non presentano
partizioni interne. Nella zona sud è un focolare, con piano
di lavorazione in laterizio. I due vani furono interessati da
una trasformazione in area porticata e, solo in seguito ad
ulteriori rifacimenti, riacquisirono la loro planimetria
originaria. Nella limitrofa casa De Nicolò è stata
recuperata una pavimentazione a mosaico.
Caratteristiche: Particolarmente efficiente è l‟impianto di
adduzione e smaltimento delle acque. Alcuni dei piani di
lavoro mostrano di essere stati rialzati più volte. Il mosaico
recuperato presso la Casa De Nicolò è del tipo utilizzato in
questa regione per pavimentare ambienti di lavoro.
Reperti mobili: Il consistente strato di riempimento del
cortile di Casa Filippini ha restituito molto materiale
ceramico databile, senza soluzione di continuità, tra il I
secolo d.C. e l‟epoca rinascimentale. Tra i reperti, anche
numerosi frammenti di intonaco dipinto, sia a motivi
geometrici che figurati.
Cronologia: Si può rilevare che l‟edificio è stato
interessato da due fasi, che non hanno comportato, a
quanto sembra, variazioni d‟uso: la trasformazione
potrebbe datare tra la fine del I secolo a.C. e la metà del II
d.C.
Continuità: Diversi documenti d‟archivio attestano
l‟esistenza di una locanda in questo edificio, almeno a
partire dal Quattrocento.
Area di Piazza Mercato Ortofrutticolo
Non è possibile ricostruire la planimetria del complesso,
ma si possono individuare degli ambienti accostati,
separati da stretti angiporti o corridoi, di norma percorsi da
canalette. Sono presenti diverse vasche servite da canalette
di adduzione dell‟acqua e di bocchette per lo smaltimento
del troppo pieno, funzionali probabilmente a lavorazioni
industriali. L‟acqua veniva attinta da un pozzo.
Caratteristiche: alcune delle vasche sono rivestite in
spicato; il pozzo è delimitato da ciottoli.
Cronologia: Non è possibile indicare una cronologia
assoluta, ma solo rilevare che l‟edificio fu interessato da
una seconda fase che previde, probabilmente, l‟abbandono
e l‟obliterazione delle strutture destinate alle lavorazioni.
In via ipotetica, si può estendere a questo complesso la
cronologia individuata per il complesso di Casa Filippini.
Osservazioni / Interpretazione: La frammentarietà dei
rinvenimenti non consente di identificare in questi resti una
mansio, e di identificare le strutture di servizio alla
viabilità, tuttavia, la coincidenza con la localizzazione a
metà del tracciato viario tra Pisaurum ed Ariminum, rende
ragionevole l‟ipotesi che qui sorgesse un luogo di sosta.
Nel secolo scorso, è stata rinvenuta un‟epigrafe che ricorda
la messa in opera, da parte degli edili - per rispetto delle
delibere dei decurioni -, di una stadera bronzea pubblica,
corredata dei pesi conformi alle normative, che avrebbe
dovuto eliminare gli imbrogli sui pesi e sulle misure: tale
rinvenimento rappresenta un eccezionale elemento di
conferma alle norme legislative che sanciscono che presso
le stazioni si conservino gli strumenti per controllare le
unità di misura applicate (fonte giuridica n. 136, cap. III).
Bibliog.: LUNI 1995a, pp. 95-98; MAIOLI 1995.
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
141
VI. 7 Regio VII
Etruria
N. VII.1 Ad Turres? Statua
prov. Roma
Viabilità: via Aurelia, tra Baebiana ed Alsium?
Tipo di insediamento: Abitato, articolato in una parte
sulla sommità della collina (trasformata in epoca
medievale in un castrum), occupata da varie costruzioni di
epoca imperiale, tra cui due cisterne, e strutture distribuite
a lato della via Aurelia, ben documentata: si riconoscono
grandi strutture residenziali, un impianto termale, tombe
monumentali di età imperiale, e aree di sepolture diverse
(anche tardo antiche). Un tratto lastricato a pietre di calcare
potrebbe essere interpretato come una “piazzetta” del
complesso; mentre alcuni rinvenimenti consentono di
individuare alcune delle vie lastricate di accesso alla
sommità della collina. Si conserva il ponte dell‟antica
Aurelia presso il fosso Cupino.
Topografia: Base di una collina, presso un fosso, in
prossimità del lastricato stradale. Qui si staccava il
deverticolo per Caere.
Scavi e ricerche: Solo interventi di emergenza da parte
della Soprintendenza, a partire dal 1984. Oggetto di
ricognizioni estensive ancora negli anni ‟90 (fig. 58).
Villa? - Parte Residenziale
Localizzabile sulla sommità della collina, dove sfrutta dei
terrazzamenti artificiali, disponendosi con orientamento
nord-sud.
Articolazione Planimetrica: Nella sua parte orientale,
lungo il declivio della collina, doveva trovarsi l‟impianto
termale, alimentato da cisterne. A questo sono
riconducibili le segnalazioni di vasche, delle quali una con
l‟imboccatura di una fogna a cappuccina che scorre verso il
fosso Cupino (grande ambiente rettangolare (m. 3x 4,65)
coperto a botte), di un condotto fognario e, forse, i
rinvenimenti dei mosaici.
Caratteristiche: Sulla base dei rinvenimenti di superficie,
si può evincere la presenza di sale pavimentate a mosaico
ed opus sectile, rivestite di intonaci dipinti e lastre
marmoree, oltreché di vani di servizio pavimentati in opus
spicatum. Dalla via di S. Martino, proviene un mosaico in
bianco e nero con figure di Tritone e di animali, ora a Villa
Giulia. Pavimentazioni in battuto.
Tecniche costruttive: Murature in opus mixtum a
reticolato di calcare entro specchiature in laterizio; le
condutture idriche di smaltimento sono alla cappuccina.
L‟ambiente coperto a botte ha murature dello spessore di
m.1, rivestite esternamente da cortina in opera reticolata di
tufo, con ammorsature laterizie.
Reperti mobili: Forse una statua, ora ai Musei Vaticani, il
rinvenimento della quale avrebbe dato il nome alla località.
Cronologia: Databile, sulla base dei reperti ceramici e
delle tecniche edilizie, nella prima metà del II secolo d.C.
Struttura di Servizio?
Diverse strutture, parzialmente indagate dalla
Soprintendenza potrebbero essere ricondotte ad una
mansio molto strutturata, articolata in diversi complessi. Su
queste strutture si è impiantata la necropoli tardo antica,
della quale sono state individuate 7 tombe terragne.
A1) Edificio utilitaristico lungo la via Aurelia antica
(fig. 59)
Articolazione Planimetrica: Si accede alle strutture
rimesse alla luce attraverso una rampa basolata che si
stacca direttamente dalla via Aurelia. Si conoscono due
gruppi di ambienti disposti all‟estremità di un corridoio,
rispetto al quale corre parallelo un condotto foderato di
tegole. Lungo il corridoio si aprono altri vani, interpretati
come magazzini o taberne, che sono pertinenti però ad una
fase molto più tarda, perché le loro murature, che non
rispettano l‟orientamento delle fondazioni sottostanti,
impiegano come coementa frammenti di ceramica
postmedievale.
Tecniche costruttive: Paramento a blocchetti di calcare.
Pavimento in cocciopesto. Il corridoio è pavimentato con
le tegole.
Cronologia: Generica datazione all‟età imperiale. Da
notare, la continuità di occupazione anche in epoca tardo
medievale e moderna, con una tipologia di edificio che
sembra almeno continuare la funzione utilitaristica del
complesso romano.
A2) Impianto Termale
Nella zona adiacente l‟autostrada sono stati individuati i
resti di uno stabilimento termale, affiancato ad un vasto
cortile pavimentato in opera spicata, di cui sono
riconoscibili il praefurnium, e una vasca semicircolare con
rivestimento di marmi policromi.
Tecniche Costruttive: La prima fase è attestata dalle
murature in opera reticolata e laterizia, mentre la seconda
si presenta con murature che adoperano materiali di
reimpiego e obliterano parte delle strutture più antiche.
Cronologia: La prima fase si può fissare tra I e III secolo
d.C., mentre per la seconda si può genericamente indicare
l‟epoca tardo imperiale.
B) Edifici presso il ponte sul fosso Cupino, sia a destra
che sinistra (area chiusa dal piazzale dei Vivai Statua)
(fig. 60).
Lungo la strada statale Aurelia.
Articolazione Planimetrica: Alcuni locali si
distribuiscono ai lati di una biforcazione stradale, rimessa
in luce per circa m. 12: si tratta della confluenza tra
l‟Aurelia e il deverticolo che si dirige verso Ceri. La
porzione indagata, che sembra pertinente ad un edificio di
grandi dimensioni, presenta una serie di vani disposti
parallelamente al tracciato stradale, addossati al muro di
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
142
cinta, aperto sulla strada con una soglia su una “piazzola”,
pavimentata con materiale di spoglio di pavimentazioni
stradali ormai cadute in disuso. Al di sotto della
“piazzola”, corre un impianto fognario. Nelle immediate
vicinanze del fosso, sono i resti delle spallette del ponte
romano e delle sue opere di sostruzione e contenimento.
Tecniche costruttive: Murature in opera incerta di calcare.
C) Area produttiva? (fig. 61)
Presso l‟incrocio con via di S. Martino, alla destra della
moderna statale, nei pressi del cimitero moderno di
Palidoro, immediatamente a ridosso del tratto basolato
romano della via, ben conservato.
Articolazione Planimetrica: La porzione occidentale
(ambienti c e d) ha una forma irregolare, scandita in due
ambienti. la parte occidentale, (vani a e b) sembra
rispettare ameno in parte l‟orientamento della strada, sulla
quale si affaccia direttamente. Il pavimento è stato
obliterato da un crollo e da una devastazione che ha
interessato anche una fornace per la lavorazione di
suppellettili in vetro, la cui esistenza è attestata dalla
porzione di muratura semicircolare e dalla presenza di
numerose scorie di vetro.
Tecniche costruttive: Gli ambienti “c” e “d” sono
perimetrati esternamente da una muratura ad angolo ottuso
in opera reticolata, chiusa da un muro in opera incerta. I
muri dei vani a e b sono in opera laterizia. Lo spazio aperto
sulla strada (a) è pavimentato con dei tegoloni. Qui si
rinvengono anche delle murature in opera mista con
paramenti a pietre irregolari di calcare intramezzate da
ricorsi di laterizi di reimpiego.
Cronologia dell’insediamento: I materiali di superficie
attestano una precoce occupazione del sito, che si sarebbe
strutturato come nucleo abitato presso il nodo stradale già
nel II secolo a.C. Comunque, sulla base delle tecniche
edilizie, si può fissare l‟insieme degli impianti indagati
all‟epoca primo-imperiale, datazione alla quale
riporterebbe anche la tecnica del mosaico. Le murature in
opera mista di fattura irregolare ed i reperti ceramici
attestano un protrarsi dell‟insediamento almeno fino al V-
VI secolo, come confermano le sette sepolture scavate nel
1983-84. A questa occupazione sarebbe seguita una
distruzione violenta, che avrebbe comportato anche le
sepolture (“dalle caratteristiche di urgenza e casualità”) di
epoca barbarica. Dopo un periodo imprecisato, forse
intorno all‟XI secolo, sarebbe avvenuta la rioccupazione e
dopo poco la fondazione del castrum.
Continuità: L‟Anziani riconobbe in alcuni resti di
murature in opera reticolata, alla base della torre
medievale, “le torri” che avrebbero dato il nome alla
località. La torre di avvistamento fu, comunque, ricostruita
più tardi, a Palidoro, alla foce del Cupino.
Osservazioni / Interpretazione: Questa sarebbe solo la
stazione che indica il bivio per il vero centro di Turres, che
in età augustea avrebbe preso il posto di Baebiana e che
sarebbe da identificarsi con Castel Giuliano. Nell‟età
augustea, quindi, sarebbe avvenuta una traslazione della
via Aurelia più verso valle. In questo modo anche le vie
dalla costa per Aquae Apollinares diventerebbero due: una
più antica (Tabula), che da Baebiana/Torrimpietra va a
Turres/Castel Giuliano con XII miglia e da lì a Aquae
Apollinares/Stigliano con VIII miglia, abbandonata a
vantaggio di quella che si stacca da Ad Turres. La
Cosentino identifica, invece, questi stessi resti con la
stazione di Baebiana. Qualunque sia il nome da assegnare
a quest‟insediamento, resta importantissima la sua
strutturazione: la scelta topografica di un bivio, la presenza
di un corso d‟acqua e del ponte per attraversarlo
rappresentano elementi coagulanti del piccolo borgo, che
nasce, credo, proprio in funzione della strada, e rappresenta
insieme il mercato presso il quale distribuire i prodotti
fabbricati nell‟area e il “committente” delle attività
“terziarie” (ristorazione, ospitalità alberghiera, servizio
igienico-sanitario delle terme, manutenzione mezzi e
piccolo artigianato). La vicinanza con l‟Urbe, almeno in
questo caso, non rappresenta, quindi, un limite
all‟espansione dell‟agglomerato, che si presenta, anzi,
piuttosto esteso ed articolato, smentendo la cadenzata
regolarità che vogliamo attribuire alle stazioni stradali,
conteggiando – arbitrariamente – il numero di mutationes
frapposte tra due mansiones.
Bibliog.: ANZIANI 1913, p. 178; DE ROSSI - DI DOMENICO
- QUILICI 1968, pp. 27-34, con bibliog. prec.; COSENTINO
1990; ENEI 1991; ENEI 1992, p. 80, e nota 31; STANCO
1996, pp. 89-92.
N. VII.2 Fregenae Torre di Maccarese
Comune di Roma, prov. di Roma
Viabilità: Percorso costiero da Portum a Centumcellae,
alternativo alla via Aurelia.
Tipo di insediamento: Colonia. Resti di edifici, aree
sepolcrali e di uno stabilimento balneare (fig. 62).
Topografia: Lungo la costa, alla foce dell‟Arrone, circa m.
600 di distanza dal mare, ad est della pineta costiera,
presso una macchia di faggi.
Struttura di servizio (fig. 62) Articolazione Planimetrica: Indagata una porzione
rettangolare allungata, articolata in una serie di ambienti
sul lato del mare e due vasti recinti sul lato opposto
identificati con giardini o palestre. L‟ambiente A, un
rettangolo stretto ed allungato (m. 15, 70x3,95), forse
scoperto, occupa l‟angolo sud-ovest della costruzione: in
una seconda fase, fu ricavato sul lato nord un vano (B),
accessibile dall‟ambiente C, del quale serviva come
spogliatoio o guardaroba. Al centro era la sontuosa sala D
(m. 10,50x5,90), che dava accesso all‟ambiente E, sul
fondo del quale un corridoio dava accesso a due vani
affiancati (G ed F). Nell‟angolo NE, era un‟altra stanza (H)
forse l‟ultima della serie: da qui si dipartiva un altro muro
di recinzione. Di fronte, isolato dal resto, il bagno I, aperto,
forse anche in antico, sul lato sud.
Caratteristiche: L‟ambiente C ha una vasca profonda
pochi centimetri rivestita di “opus signinum”
(probabilmente cocciopesto). Le sale D, E, F e G erano
pavimentate a mosaico in bianco e nero, con motivi
prevalentemente geometrici o floreali; perfino la soglia di
travertino tra le stanze D ed E e quella del vano F erano
rivestite a mosaico. Il bagno I aveva una vasca sul fondo,
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
143
accessibile mediante una scaletta; sul lato esterno nord, era
un incasso circolare nel terreno che dovrebbe aver ospitato
la caldaia per riscaldare l‟acqua.
Tecniche costruttive: Tutte le murature sono realizzate in
opera reticolata con testate a blocchetti di tufo. Il muro
perimetrale, costruito con la stessa tecnica, ha dei piccoli
contrafforti sul lato esterno. Nel vano H restauri in opus
mixtum di reticolato e ricorsi laterizi. Con la stessa tecnica
sono realizzate le murature del bagno I, rivestito di
intonaco a pietrisco.
Cronologia: I secolo d.C.; restauri in opus mixtum dell‟età
adrianea.
Osservazioni / Interpretazione: Per l‟identificazione con
lo stabilimento di servizio alla viabilità, alla scarsa
qualificazione funzionale delle strutture potrebbe sopperire
la posizione a ridosso della strada romana. È rilevante,
altresì, la scelta topografica di stanziarsi presso la foce di
un corso d‟acqua, che deve aver funzionato anche da
approdo per piccole imbarcazioni.
Bibliog.: LUGLI 1929, pp. 168-172; DE ROSSI - DI
DOMENICO - QUILICI 1968, pp. 42-43.
N. VII.3 Punicum S. Marinella – Castello Odescalchi
Comune di S. Marinella, prov. di Roma
Viabilità: Via Aurelia, tra Panapionem e Castrum Novum.
Tipo di insediamento: Porto con villa romana,
probabilmente amministrato dalla colonia di Castrum
Novum.
Topografia: Sulla costa, dove attualmente sorge il Castello
Odescalchi.
Villa privata utilizzata come struttura di servizio?
Articolazione Planimetrica: Individuata una sola galleria,
prospiciente il mare, che dava accesso ad una sala con
loggia e, attraverso una scala, anche ad una costruzione
sotterranea. Alle spalle, verso l‟entroterra, sono ricordati
solo resti frammentari di sale di rappresentanza.
Caratteristiche: Nella sala, resti di rivestimenti parietali e
pavimentali in marmo policromo (marmo nero, marmo
africano e pario per le pareti; marmo giallo, grigio, rosso,
pavonazzetto e brecciato per il pavimento). Di marmo
bianco erano anche i gradini della scala. Resti di volte e
pavimenti mosaicati, tra i quali uno raffigurava
probabilmente una pianta di città.
Tecniche costruttive: Murature in opera reticolata “della
più perfetta”. Resti di murature in opera reticolata e
laterizia nel cosiddetto Giardino del Castello Odescalchi.
Reperti mobili: Un torso marmoreo di Meleagro, materiali
architettonici in marmo, in parte conservati nel cortile del
castello Odescalchi. Condutture plumbee con bollo del
proprietario, dal Bormann identificato con il celebre
giureconsulto Domizio Annio Ulpiano, ucciso nel 228 d.C.
Cronologia: Prima età imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: In questo caso, pur
ammettendo possibile l‟ipotesi dello Stanco che espunge la
tappa di Punicum dal tracciato costiero, per reinserirla
lungo la via di collegamento tra Pyrgi ed Aquae
Apollinares (supra, cap. V.7), si presenta l‟identificazione
tradizionale presso questo porto, perché è piuttosto logico
che qui si trovasse una stazione stradale di interscambio
con il piccolo scalo portuale, qualunque fosse il suo nome.
I resti noti, tuttavia, rendono difficile l‟estrapolazione di
dati circa la tipologia di questi insediamenti: l‟alta qualità
dei rivestimenti non milita, a mio giudizio, a favore di un
uso di queste architetture come luogo di sosta aperto ad
ogni tipo di pubblico avventore.
Bibliog.: BRAUN 1838, pp. 1-4; ABEKEN 1839, p.85;
ABEKEN 1840, p. 115; STELLA 1930, p. 121; DE ROSSI - DI
DOMENICO – QUILICI 1968, p. 65; GIANFROTTA 1972, pp.
81-82.
N. VII.4 Tabellaria Casale Calcarello
Comune di Tarquinia, prov. di Viterbo
Viabilità: Via Aurelia, tra Minio e Gravisca.
Tipo di insediamento: Grande “residenza” isolata;
necropoli con tombe alla cappuccina più a nord, lungo la
strada.
Topografia: Alla sommità di piccola altura nella piana
costiera
Struttura di servizio Articolazione Planimetrica: Alla fine del secolo scorso,
erano rilevabili una serie di vani contigui addossati ad un
lungo corridoio ad “L”, che devono aver funzionato come
strutture di terrazzamento.
Tecniche costruttive: I muri di terrazzamento sono in
conglomerato cementizio.
Reperti mobili: Ceramica, laterizi, lastre di rivestimento di
marmo e tessere di mosaico bianco-nero.
Cronologia: Età romana tarda, secondo il Pasqui.
Osservazioni / Interpretazione: In questo caso, da un
punto di vista planimetrico, non si rileva alcuna
particolarità che distingua questo insediamento rispetto ad
una villa rustica, ma la posizione lungo la via Aurelia ne
qualifica il ruolo. In questo senso, si può avanzare
l‟ipotesi, confermata da altri insediamenti, che in alcuni
casi le stazioni si qualifichino archeologicamente proprio
con l‟aspetto di ville extraurbane. La datazione ad età
romana tarda proposta dal Pasqui potrebbe essere rivista
sulla base dello studio dei reperti ceramici, ma se fosse
confermata, addurrebbe una conferma alla teoria elaborata
per altri contesti geografici (ad esempio, per la Britannia:
BLACK 1995), che la definitiva strutturazione del sistema
delle stazioni stradali lungo le strade romane non avesse
trovato compimento se non nel corso del IV secolo d.C.
Bibliog.: PASQUI 1885, p. 519 ss.; LOPES PEGNA 1952-53,
p. 38; MELIS –SERRA 1968, pp. 97-98.
N. VII.5 Quintiana Casale del Cazzanello
Comune di Tarquinia, provincia di Viterbo
Viabilità: Via Aurelia costiera, tra Martanum e Regisvilla.
Tipo di insediamento: Villa marittima. Il complesso era
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
144
molto più esteso di quanto non sia lo scavo attuale,
specialmente verso il mare e verso nord. Il sito era
comunque già occupato in epoca etrusca, come attestano
rinvenimenti di ceramica attica di V secolo a.C. ed altri
frammenti di produzione etrusca.
Topografia: Piana costiera, presso la battigia attuale. Nei
pressi, piccolo corso d‟acqua.
Scavi: Dall‟inizio degli anni ‟90, ad opera di una équipe
dell‟Università di Tokio.
Conservazione: Buona: in alzato fino ad una media di m.
1 di altezza.
Villa (fig. 63)
Articolazione Planimetrica: I fase: viste solo le creste dei
muri sotto il mosaico del vano 1 e nella sua anticamera,
oltre a basi quadrate nei vani 11 e 13; si pensa, perciò,
all‟esistenza di un colonnato appoggiato su quelle basi. II
fase: sala con estensione est-ovest, con abside, aperta sul
lato ovest del presunto peristilio. Si può avanzare
l‟identificazione con un triclinio, forse completato da ali
sui lati. I suoi pavimenti erano a mosaico bianco e nero,
con motivi geometrici, databili, come la soglia a mosaico
con motivo vegetale, alla fine dell‟età repubblicana - prima
età augustea; la datazione è confermata anche dai bolli (ad
esempio, Diogenes Dolabellae) e dai frammenti di lastre
Campana. Anche i pavimenti musivi dell‟ambulacro e dei
vani 12 e 14 possono essere ritenuti coevi. III Fase:
ristrutturazione del peristilio e del corridoio, divisione
dell‟ambiente 13 in più vani. Sulla base di un bollo, la
datazione è posta in età flavia - adrianea. IV fase :
impianto della sala trichora databile al IV secolo. Tra il
corridoio e l‟ambulacro, mediante variazione dei livelli
pavimentali, fu allestita la rampa, oggi visibile. Il
pavimento fu rivestito da un tappeto musivo policromo,
con scene di caccia e motivi geometrici. V fase :
abbandono e impianto nella sala trichora di una fornace e
due cisterne (n. 5 e 6). Il confronto per la fornace ed i
rinvenimenti monetali e ceramici datano questa fase tra il
V ed il VI secolo. Forse ci fu un abbandono totale nel
periodo delle invasioni saracene, perché riappare solo la
vetrina pesante databile tra il IX ed il X secolo.
Caratteristiche: Le pareti erano ricoperte da intonaci
dipinti, di diverse fasi, alcuni di tipo marmorizzato. Alla
fase 4 risalgono i rivestimenti delle pareti a lastra di
marmo del corridoi e dell‟ambulacro.
Tecniche costruttive: Cortine laterizie?
Reperti mobili: Importante il rinvenimento di lastre
Campana e di bolli laterizi prevalentemente in cartiglio
rettangolare, tra cui il Diogenes Dolabellae, già attestato
nella zona, ed interpretato come bollo di possesso.
Cronologia: Dopo un‟occupazione imprecisabile di tarda
età repubblicana, si ha l‟impianto (fine repubblica – primo
impero), con consistenti ristrutturazioni tra la fine del I e
l‟inizio del II secolo d.C., ed ancora nel IV secolo.
L‟abbandono, nel V secolo, è rimarcato dall‟impianto di
una fornace.
Osservazioni / Interpretazione: L‟incertezza che permane
circa l‟esistenza di una strada romana lungo la costa
tarquiniese, rende questa identificazione solo ipotetica.
Con maggior sicurezza, si può confermare che le tappe
delle rotte di cabotaggio, puntualizzate nell‟Itinerario
Marittimo, siano state spesso rappresentate da ville
marittime, presso le quali, come è confermato anche da
Rutilio Namaziano, era possibile fare scalo ed essere
ospitati.
Bibliog.: DE ROSSI 1968, p. 121; AOYAGI 1995; AOYAGI -
FOSCHI 1997.
N. VII.6 Cosa “a” Ansedonia
Comune di Orbetello, prov. di Grosseto
Viabilità: Via Aurelia, tra Succosa ed Albinia
Tipo di insediamento: Colonia latina
Topografia: Sulla sommità dell‟arce, presso il cd. tempio
“D” (fig. 64).
Scavi: Quest‟area è stato oggetto di indagine nel corso
della campagna 1990, ma l‟ambiente più grande
dell‟edificio I (a, nella figura 64) era già stato scavato dal
Brown nel 1951.
Struttura di servizio (figg. 64-65)
In quest‟area di scavo (detta Arx II) sono stati riportati alla
luce i resti di due edifici, separati dal transito di una
piccola strada imbrecciata, che si staccava dalla via Sacra
diretta verso la postierla.
Edificio I
Articolazione Planimetrica: A nord della stradina si trova
un complesso, tagliato da un più recente muro di
fortificazione che ne ha distrutto la porzione settentrionale,
porzione che terminava forse contro il podio del tempio D.
Si articola in tre ambienti affiancati. Lungo il suo asse
maggiore si rinvenne una fila di rocchi di colonne di
reimpiego e blocchi di muratura, e altri rocchi a seguire la
parete ovest. Era pavimentato in terra battuta coperta da
resti di una travatura carbonizzata e materiale di copertura
in concotto, simile a quello rinvenuto nel cortile. Sul
pavimento erano sparsi alcuni strati di granaglie
carbonizzate e alcuni recipienti da fuoco (contenitori e
coperchi), frantumati ma completi. I resti di materiali
lignei carbonizzati fanno supporre la presenza di
pavimentazioni o contenitori lignei. Gli altri due vani (b e
c) sono stati ricavati nel banco roccioso, così come sono
ricavate nella pietra le basi delle murature di alzato e della
parete divisoria tra i due. Le irregolarità del banco erano
state colmate con terra battuta. I livelli pavimentali
sembrano intoccati, ma sono stati asportati gli strati di
distruzione e di occupazione. L‟ambiente “b” era
probabilmente scoperto, accessibile mediante una piccola
rampa dal lato nord.
Cronologia: Questo edificio, sulla base del materiale
contenuto nella fossa di fondazione del muro orientale del
vano “a”, sembra datarsi dopo il tardo V o l‟inizio del VI
secolo d.C., mentre per la sua distruzione, sulla base del
materiale in uso, si può avanzare una datazione al VI
secolo.
Osservazioni / Interpretazione: Seppure non sussistano
molti confronti, questo edificio è stato identificato con un
granaio, sulla base dei resti del pavimento ligneo che
doveva essere soprelevato sui rocchi di colonna per
mantenere asciutte le derrate. Nel cortile “b” si sarebbero
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
145
quindi svolte le operazioni di carico e scarico, mentre
l‟interno del tempio D, che in epoca tarda appare
pavimentato con ciottoli allettati nel battuto a base di
malta, poteva essere sfruttato quale spazio aggiuntivo per
lo stoccaggio.
Edificio II (figg. 64-65)
Articolazione Planimetrica: Al momento delle sua
costruzione, un muro separava l‟edificio dalla stradina. Si
articola in due vani affiancati, il più meridionale dei quali
(fig. 64, “a”) riempie lo spazio fino al capitolium. La
profondità di entrambi corrisponde a quella della cella del
tempio. Davanti al vano A si trovavano 4 basi di colonna
che dovevano sorreggere un portico che si apriva come la
fronte del tempio ad oriente. Dal portico, pavimentato con
lastre di pietra, si accedeva al tempio stesso (mediante una
porta tagliata nel podio e raggiunta da una rampa di
gradini) e alla strada mediante una rampa.
Caratteristiche: Il pavimento del vano A era intagliato
nella roccia e poi regolarizzato con un battuto di terra e
pietrame (tra cui, tessere di mosaico che provengono
verosimilmente dal tempio). Anche questo vano era
verosimilmente ricoperto da un impiantito ligneo. Il vano b
ha anch‟esso un piano pavimentale scavato nella roccia,
ma è rivestito da intonaco.
Tecniche costruttive: Entrambi gli edifici sono costruiti in
pietrame, accuratamente legato con una malta contenente
molta cenere.
Reperti mobili: Ceramica da cucina, da mensa, da fuoco e
contenitori per derrate.
Cronologia: Le tecniche costruttive dei due edifici sono
talmente simili da far pensare ad una stessa cronologia.
Anche questo edificio, come il n. I, è precedente
all‟impianto delle fortificazioni tarde, che lo risparmiano.
Interpretazione: Questo II complesso viene identificato
con un granaio per fieno e foraggio, e una stalla (B, a
livello inferiore, poteva essere divisa da tramezzi lignei).
Osservazioni: Sulla base dei dati raccolti da RICKMAN
1971, p. 289, circa i magazzini “fortificati” e sul loro ruolo
nella catena di distribuzione dei viveri per gli eserciti nei
luoghi di frontiera, e del passo SHA, Gord., 28, la Fentress
pensa ad una mansio, potendo essa contenere viveri per
almeno una cinquantina di giorni e 10-15 cavalli. La
mansio si sarebbe quindi in epoca tarda spostata in
posizione arroccata per contrastare l‟insicurezza dei tempi.
Sarebbe stata ancora in uso all‟epoca della costruzione del
muro di fortificazione (datato al pieno VI secolo) che
completa il circuito repubblicano. Dagli editori, viene
ricordato come confronto per un‟occupazione tardoantica e
altomedievale del “castellum” e della sua fortificazione, il
caso di Ordona (MERTENS 1971, pp. 18-21).
Bibliog.: FENTRESS - CLAY - HOBART - WEBB 1991;
CELUZZA – FENTRESS 1994, pp. 601-606.
N. VII.7 Albinia Torre Saline
Comune di Orbetello, prov. Grosseto
Viabilità: Via Aurelia, tra Succosa ed Hasta.
Tipo di insediamento: Villa marittima. Nelle vicinanze è
stata individuata una fornace per ceramica di età romana,
che ha prodotto anfore greco-italiche, laterizi e, forse,
ceramica comune.
Topografia: Foce del fiume Albegna, nell‟area occupata
dal fortilizio e dalle saline senesi e spagnole, sulle sponde
del fiume, oggi regolarizzate dalle opere di bonifica. Il
complesso è attualmente tagliato dal passaggio del fiume,
che in epoche più antiche sfociava più a nord.
Struttura di servizio (figg. 66-67)
Articolazione Planimetrica: È un complesso molto vasto,
in cui si riconoscono due corti (“k” e “ ”), la prima delle
quali è attraversata da diverse canalette, tra loro raccordate
da un nucleo di vani di dimensioni piuttosto omogenee
innestati su un asse di simmetria. Nell‟angolo sud-est del
cortile “K” si trovano altre strutture conservate molto
frammentariamente. L‟impianto termale che era previsto
nella prima fase, fu obliterato dalla ristrutturazione di età
claudia.
Caratteristiche: Pavimenti musivi e marmi policromi. I
locali di dimensioni minori sono stati ritenuti vani-scala.
Reperti mobili: Diversi frammenti di statue di marmo,
delle quali la più rilevante è una statua “eroica”
identificabile con l‟imperatore Gallieno, ritratto
nell‟atteggiamento di Iuppiter.
Cronologia: Dal primo quarto del I secolo a.C. al III-IV
d.C. Non ci sono tracce di occupazione dopo il VI secolo
d.C. Radicale ristrutturazione alla metà del I secolo d.C.
Tra la fine del III ed i primi decenni del IV secolo d.C. una
porzione dell‟impianto fu utilizzata come discarica.
Osservazioni / Interpretazione: Si ritiene che tale
costruzione fosse organizzata funzionalmente come un
tipico edificio per accoglienza, con locali per i servizi al
piano terra ed alloggi riservati al piano superiore. Secondo
Ciampoltrini, la villa era di proprietà imperiale: si
tratterebbe, quindi, di “un complesso giuridicamente di
natura privata, ma con funzioni pubbliche”, dove
l‟innalzamento di un monumento celebrativo a Gallieno -
Iuppiter ha forte impatto propagandistico.
Bibliog.: CARCHIDIO 1824, pp. 22, 29-30; CARDARELLI
1924-25, II, p. 205; II.1, pp. 25-26; BRONSON-UGGERI
1970, p. 212, n. 80; CIAMPOLTRINI 1985, pp. 43-47;
CAPPELLETTI 1992, pp. 547-548, nn. 54.1, 54.2,
CIAMPOLTRINI 1997.
N. VII.8 Telamon “a” Bengodi - Valle della Pietra Vergine
Comune di Orbetello, prov. di Grosseto
Viabilità: Via Aurelia, tra Albinia ed Hasta.
Tipo di insediamento: Villa (scarsi resti) e strutture per
rifornimento idrico. Sul colle di Bengodi, abitato di origine
etrusca. All‟intorno, numerose testimonianze di necropoli e
monumenti funerari di età repubblicana ed imperiale (fig.
68, “2”). Questo insediamento si trova sul versante
orientale del piccolo golfo di Talamone, che fu il primo ad
essere occupato, ma che perse probabilmente di
importanza già nell‟età imperiale, e certamente in quella
tardoantica e medievale, a vantaggio della costa
occidentale, dove sorse anche il borgo medievale di
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
146
Talamone, come dimostra l‟impianto della villa traianea
presso Madonna delle Grazie, che dominava uno scalo
frequentato in tempi diversi: VON VACANO 1985, pp. 190-
195.
Topografia: I resti della villa si trovano sulla sommità,
spianata forse artificialmente, del Poggio di Bengodi, che
rappresenta l‟appendice settentrionale del colle di
Talamonaccio. Alle pendici del poggio, verso mare, si
trovava la fontana quasi ricavata nella scogliera, poco
sopra il livello del mare. L‟altura è stata interessata
dall‟impianto di una cava.
Struttura di servizio
Articolazione Planimetrica: Assai scarsi i resti: la
struttura più rilevante è una fontana, accessibile dal mare,
attraverso una scala a sei gradini di pietra pomice, servita
da un condotto che attinge ad un pozzo (fig. 68).
Caratteristiche: La vasca era in parte scavata nello stesso
banco roccioso della scogliera ed in parte costruita sul lato
a mare in muratura e, verosimilmente, protetta da una
copertura. La vasca era servita da un cunicolo, in parte
scavato integralmente nel masso, in parte coperto da
tegole, terminante a circa m. 35 di distanza dalla fontana in
un pozzo circolare protetto da un parapetto in muratura che
serviva anche alla decantazione delle acque.
Cronologia: La necropoli è assegnabile ad età romana
imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: Alle falde settentrionali
del poggio, si rinvennero resti di tombe a fossa coperte da
lastroni di arenaria, con poveri oggetti di corredo, che
dovrebbero risalire ad epoca successiva alla costruzione
del cunicolo. È rilevante il fatto che le riserve idriche
raccolte nelle vasche fossero rese accessibili dal mare. Si
spiega così chiaramente la menzione del Portus Telamonis
nell‟Itinerario Antonino, nel contesto della rotta di
cabotaggio tra Roma e Arelatum.
Bibliog.: PASQUI 1908, pp. 100-104; CAPPELLI 1930, pp.
300-302; SOMMELLA 1967, pp. 27-29; VON VACANO 1985,
p. 162 ss.; 195; CAPPELLETTI 1992, p. 540, n. 38.
N. VII.9 Telamon “b” Terme Osa
Comune di Orbetello, prov. di Grosseto
Viabilità: Via Aurelia, tra Albinia ed Hasta.
Tipo di insediamento: In via ipotetica, è stata proposta
l‟identificazione della stazione stradale con alcuni resti,
noti frammentariamente e dispersi ai lati dell‟Aurelia
romana, lungo la strettoia tra il poggio Civitella, la collina
di Bengodi e Fonteblanda. In particolare, si propone di
localizzarla proprio presso la fontana moderna di
Fonteblanda, ad est della moderna stazione ferroviaria di
Talamone, ma non ci sono dati certi, se non la
segnalazione di murature romane inglobate in costruzioni
moderne e rinvenimenti di frammenti architettonici di
marmo. Nella zona a sud, sono stati segnalati altri resti di
epoca romana: tra questi, si possono ricordare gli avanzi
del ponte dell‟Aurelia sull‟Osa, all‟estremità sud della
strettoia, presso il casello ferroviario dell‟Osa, visibili nel
secolo scorso ma oggi interrati, cisterne e condutture
antiche presso i poderi Ospedaletto Nuovo e Ospedaletto
Vecchio, e murature presso le Terme Osa, che potrebbero
ricondursi ad uno stabilimento termale di età imperiale.
Topografia: Localizzata alle falde del colle di
Talamonaccio, a nord dell‟attraversamento dell‟Aurelia sul
fiume Osa.
Cronologia: Secondo il Von Vacano, la costruzione dei
vari edifici segnalati risalirebbe all‟età repubblicana,
mentre l‟impianto delle terme sarebbe di prima età
imperiale.
Continuità: Da segnalare la presenza del toponimo
Ospedaletto.
Osservazioni / Interpretazione: Anche se in questo caso i
dati sono estremamente frammentari, credo che questa
proposta di identificazione vada preferita alla prima
(scheda VII.8) perché questo insediamento si troverebbe ad
essere proprio distribuito lungo la strada romana, e perché
ritengo indicativa la presenza dello stabilimento termale e
la vicinanza al punto di attraversamento di un corso
d‟acqua di media portata.
Bibliog.: GAMURRINI 1889, p. 689; LOPES PEGNA 1952, p.
338; RICOGNIZIONE ARCHEOLOGICA NELL‟AGER COSANUS
1983, pp. 442-443, figg. 4-6 (Valle Albenga n. T. 219);
VON VACANO 1985, PP. 195-196
N. VII.10 Salebrum Località Le Paduline
Comune di Castiglion della Pescaia, prov. di Grosseto
Viabilità: Via Aurelia, tra Umbro e Manliana.
Tipo di insediamento: Abitato romano, definito dal Curri
“oppidum”. Dalla fotografia aerea si ricostruisce un
perimetro ellittico, attualmente tagliato da due rami di un
canale artificiale, detti Paduline e Serramartini. Si sono
riconosciuti i resti di un edificio termale privato, di alcune
strade lastricate e delle aree di necropoli con tombe alla
cappuccina che lo circondavano, oltreché di edifici
riconducibili a ville o a edifici di tipologia non chiara.
Presso la foce del Bruna, sono state viste delle fondazioni
sommerse, costituite da dolii tagliati a metà, riempiti di
pozzolana ed “impilati” gli uni sugli altri.
Topografia: Circa m. 500 ad est del centro medievale, ai
piedi dello sperone roccioso sul quale sorge il borgo, in
prossimità dell‟attuale linea di costa e del transito di una
strada romana identificata dal Repetti con l‟Aurelia.
Scavi e ricerche: Le prime indagini risalgono al XVI
secolo, mentre i resti dell‟edificio termale “privato” sono
stati riportati alla luce nel 1830. Qui sono state anche
condotte saltuarie campagne di scavo tra il 1972 ed il 1978.
Menichetti definisce “recenti” gli scavi della villa e della
struttura di servizio.
Conservazione: Fino ad un massimo di m. 1,70 di altezza.
Struttura di servizio?
Edificio posto più a nord rispetto a quello riconosciuto
come una villa rustica.
Articolazione Planimetrica: Sono stati indagati solo
alcuni ambienti “con murature in cementizio e ricorsi in
laterizio, alcuni dei quali provvisti di sistemi di
riscaldamento, altri adibiti a cucine o latrine”.
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
147
Caratteristiche: Sono stati raccolti molti frammenti di
intonaco dipinto, di lastre di rivestimento in marmo
lunense e di cornici di marmo. In alcuni punti è stato
rinvenuto il pavimento a mosaico bianco/nero, allettato su
uno spesso strato di cocciopesto.
Tecniche costruttive: In opera mista con specchiature a
reticolato inserite nella muratura in opera laterizia, mentre
il cunicolo è realizzato in opera a sacco, internamente
rivestito da uno spesso strato di malta.
Reperti mobili: Dagli scavi dell‟impianto termale,
provengono alcuni frammenti di statue di marmo, repliche
di età romana di alcuni modelli di Artemide ed un busto
dell‟imperatore Adriano. Tra i rinvenimenti occasionali, si
segnalano alcuni elementi architettonici e dei frammenti di
affresco oggetto di uno studio specifico.
Cronologia: Età imperiale. Tra fine I secolo d.C. e primi
decenni del II d.C. (tra Domiziano ed Adriano), si pone la
fase più vitale del complesso monumentale, anche se non è
chiaro se tale osservazione, condotta sui resti della “villa
rustica” dalla quale provengono gli affreschi, possa
estendersi anche alle altre porzioni di edifici note.
Osservazioni / Interpretazione: L‟assenza di una
edizione completa17, corredata da un rilievo scientifico18,
non consente di precisare il rapporto topografico tra i vari
monumenti noti o parzialmente indagati. I resti presentati
dal Curri (e da lui definiti in opera reticolata), sono in
realtà in opera mista, e sono forse da identificarsi con
quelli indagati nel 1978-79, e ricondotti al settore termale
di un più vasto complesso. Questo si comporrebbe di un
settore termale a sud-est, uno di servizi (latrine) a sud-
ovest ed uno residenziale a nord-est, settori che, con
orientamento diverso (dovuto a condizionamenti della
morfologia e a scelte “estetiche”), si raccordano intorno al
cortile F. In rapporto topografico non chiaro con questo, “a
m. 10 dal ponte Giorgini”, è un altro (?) edificio costituito
da due corpi di fabbrica, il più orientale dei quali è stato
ricondotto ad una villa rustica, mentre quello più
settentrionale, che qui si presenta, non è stato identificato.
Se la stazione stradale è effettivamente da riconoscersi nei
resti descritti, è evidente il suo collegamento con l‟abitato
e con il piccolo porto. Questa identificazione è confermata
anche dalla posizione topografica alle falde dell‟altura,
dove è lambita dalla viabilità e dove funziona da snodo con
l‟impianto portuale.
Bibliog.: CURRI 1978; pp. 40; 172-182, nn. 106-107;
CYEGELMAN – DANTI 1991; MENICHETTI 1992, p. 444, nn.
198-199.
N. VII.11 Ad Piscinas Località Calignaia
Viabilità: Via Aurelia, tra Ad Fines e Turrita
Tipo di insediamento: Piccolo insediamento frequentato
sin dal VII secolo a.C. e perdurato fino all‟età romana,
l‟esistenza del quale è documentata dai rinvenimenti
ceramici. Resti consistenti della strada romana, tagliata
nella roccia, larga circa m. 2,80, lastricata e utilizzata in
epoche successive. Nei dintorni sono state rinvenute
diverse tombe alla cappuccina di età romana
Topografia: Scogliere sopra la spiaggia, nel tratto
compreso al di sotto della strada romana.
Articolazione Planimetrica: Non indagabile.
Caratteristiche: Si tratta di numerose “vasche” e “scale”,
distribuite lungo un tratto di costa di quasi 2 km., in origine
forse cave di pietra, che mostrano di essere state adottate a
riserva idriche, uso da cui deriverebbe il toponimo romano.
Tecniche costruttive: Scavato nel banco roccioso.
Reperti mobili: Ceramica di impasto di età etrusca e
ceramica grezza romana, molta ceramica aretina, raccolta
in alcuni saggi di scavo.
Cronologia: La frequente attestazione di ceramica aretina
suggerisce che il periodo di maggior frequentazione è
inquadrabile nella prima età imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: È interessante in
confronto con l‟apprestamento per il rifornimento idrico di
Telamon “a” (qui, scheda n. VII.8): in quella situazione le
vasche di acqua dolce sono rese accessibili anche dal mare,
rientrando in un servizio di acquatico fornito alle
imbarcazioni che seguivano le rotte di cabotaggio, mentre
qui l‟inaccessibilità dal mare rende queste riserve idriche
disponibili solo ai mezzi terrestri. Nell‟edizione non viene
specificata l‟origine dell‟acqua (c‟è una sorgente?), ma
l‟antichità della frequentazione sembra confermare
l‟importanza di questo punto di rifornimento: in questo
senso, le strutture della stazione stradale possono essere
state anche costituite da semplici tettoie di protezione delle
vasche.
Bibliog.: SORDI 1971, pp. 307 e ss.; SORDI 1973-74;
CARDINALI 1992, pp.169-170, n. 16.
N. VII.12 Turrita o Ad Herculem? Torretta Vecchia in Val di Tora
Comune di Collesalvetti, prov. Livorno
Viabilità: Raccordo tra Vada Volaterrana e Pisae
Tipo di insediamento: L‟impianto si caratterizza come
una villa rustica con pars residenziale, costituita da un
vasto complesso edilizio con settore termale Nei pressi, è
localizzata la necropoli. Tombe alla cappuccina sono
segnalate lungo la strada.
Topografia: Sulla via Aurelia, a 3 km. Da Collesalvetti e
19 d Pisa.
Scavi: Il monumento era stato già parzialmente indagato
alla fine dell‟800, e nel 1935. Dall‟inizio degli anni ‟90, ne
è stata riportata alla luce più della metà dell‟estensione
totale.
Struttura di servizio o villa (fig. 69) Articolazione Planimetrica: Complesso edilizio molto
vasto, con asse mediano est-ovest, lungo circa m. 83,
articolato intorno ad un vasto cortile porticato, sul quale si
aprono numerosi ambienti, mentre tutto il settore
occidentale si caratterizza come termale. Sul lato
occidentale del portico si aprono i vani pavimentati a
mosaico.
Caratteristiche: I mosaici della palestra presso il portico
ovest sono in bianco e nero, a motivi geometrici, datati ad
età antonino-severiana (II - inizio III secolo d.C.). Il più
conservato è nel frigidario, assegnato ad epoca
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
148
costantiniana, come altri lacerti di tappeto musivo
variamente distribuiti. Sono stati recuperati molti materiali
architettonici in marmo.
Cronologia: 5 fasi, tra il I a.C. fino alla metà del VI secolo
d.C.19 La prima fase, che ha lasciato pochi resti nel settore
sud-orientale, si chiude entro la prima metà del I a.C. La
monumentalizzazione del complesso risale ad età
severiana, con i due pavimenti musivi meglio conservati
ma anche la fase di primo quarto di IV secolo è molto
importante.
Reperti Mobili: Molti frammenti architettonici di marmo.
L‟iscrizione funeraria “NSc” 1889, p. 297, è stata datata
post 535.
Osservazioni / Interpretazione: Ciampoltrini definisce
quest‟impianto una villa rustica, che “si sta rivelando una
mansio, impiantata nel II d.C.”. Ma secondo CECCARELLI
LEMUT - PASQUINUCCI 1991, pp. 117 e 120, la strada,
ricostruita sulla base dei documenti medievali, passava
piuttosto lontano da Collesalvetti, a ovest. Questo
insediamento è dal Gamurrini identificato con la statio di
Triturrita.
Bibliog.: REPETTI 1834-1846, sv. Torretta in Val di Tora;
GAMURRINI 1889, pp. 268-269; RIESCH 1936; LOPES
PEGNA 1952-53, pp. 396-399; CECCARELLI LEMUT -
PASQUINUCCI 1991, pp. 116 - 117; CIAMPOLTRINI 1991,
pp. 687-691; ESPOSITO - PALERMO 1995.
N. VII.13 Stazione anonima presso La Storta Cappella della Madonna di Bracciano
La Storta, prov. Roma
Viabilità: Bivio tra le vie Cassia e Clodia
Tipo di insediamento: Edificio abitativo con cunicoli-
cisterna, utilizzati in una seconda fase come corsie
cimiteriali. Alla fase di vita dell‟edificio è probabilmente
da attribuirsi anche la frequentazione di una piccola
necropoli localizzata nelle vicinanze, della quale restano
una tomba alla cappuccina (fig. 70, O) ed una epigrafe
funeraria reimpiegata nelle murature di seconda fase. Della
catacomba, l‟uso della quale inizia forse verso la fine del
V, furono esplorati solo alcuni bracci (fig. 70, A-D),
saccheggiati e devastati in antico. Ne sono stati rilevati 3,
per un‟estensione complessiva di 35 m. lineari. I loculi
nelle pareti sono stati scavati scalpellando il signino di
rivestimento delle pareti della cisterna.
Topografia: Ciglio di un basso poggio
Conservazione: Le murature furono rase quasi
integralmente al suolo in età antica.
Struttura di servizio (fig. 70) Articolazione Planimetrica: Ricostruibile, solo per grandi
linee, un edificio a pianta rettangolare con 3 ambienti sul
lato occidentale. All‟interno del vano al centro del lato (I),
è una vaschetta quadrata di un metro di lato (H). Sono
evidenti due fasi costruttive: alla prima si possono
assegnare le murature indicate con la lettera G e quelle
indicate con la lettera F, conservate solo fino al piano di
spiccato dalle fondazioni; alla seconda sono attribuibili i
muri indicati in pianta con la lettere M ed N ed il pilastro l
a rinforzo dei due muri preesistenti.
Caratteristiche: Il vano I è pavimentato in cocciopesto.
Nella testata del muro N è stato reimpiegato un blocco di
marmo con iscrizione sepolcrale proveniente da un
monumento sepolcrale limitrofo. La vaschetta è rivestita da
intonaco dipinto a motivi floreali; con intonaco dipinto a
motivi geometrici erano rivestiti anche gli altri vani, che
presentavano uno zoccolo a lastre di marmo.
Tecniche costruttive: I muri della prima fase (G) e la
vaschetta sono realizzati in opera reticolata con ricorsi di
laterizi; quelli assegnabili alla seconda fase sono in opera
laterizia o in opera mista di blocchi di tufo e ricorsi in
mattoni.
Reperti mobili: Frammenti di marmo tra cui un acroterio
con palmette e volute, anfore, monete. Databile alla
seconda fase è un gruzzolo di 1170 monete di bronzo di
metà V secolo d.C.: la formazione del deposito sembra
però da ritenersi più tarda di circa mezzo secolo; inoltre,
paste vitree, piccoli oggetti di bronzo, dolii, ceramica
comune, tegole con bollo.
Cronologia: La prima fase di vita dell‟edificio si protrasse
dalla prima età imperiale almeno alla seconda metà del III
secolo d.C., la seconda fase si conclude probabilmente con
la fine del V secolo. Ad età tardo imperiale va assegnato
l‟utilizzo dei cunicoli come catacomba, frequentata
probabilmente da coloro che risiedettero in contrada
Pantanaccio (ad est della Cassia, circa a m. 200 di distanza
dalla catacomba) dove affiorano altri resti. Il Fiocchi
Nicolai preferisce una datazione iniziale dell‟uso
cimiteriale della catacomba al IV secolo inoltrato, insieme
alla ristrutturazione dell‟edificio abitativo tardo romano.
Continuità: Le funzioni di ricovero per i viaggiatori
sarebbero state ereditate in età altomedievale dalla statio
Johannis IX ricordata nell‟Itinerario di Sigerico della fine
del X secolo, ma i rinvenimenti recenti spingono a
localizzare la statio non presso La Storta, ma presso la
Giustiniana: FIOCCHI NICOLAI 1994, pp. 251-253; STERPOS
1964, p. 40 propone l‟area di Isola Farnese.
Osservazioni / Interpretazione: L‟attenzione prestata alla
decorazione della vasca H indizia una sua destinazione
d‟uso a fontana, escludendone cioè un impiego per
lavorazioni artigianali o agricole. Le informazioni che si
recuperano sulla struttura residenziale non sono molte, ma
quest‟insediamento concorre alla delineazione delle
caratteristiche topografiche che hanno attratto i luoghi di
sosta lungo la viabilità: la posizione “ad bivium” si rivela,
senza ombra di dubbio, la ragion d‟essere di
quest‟insediamento, che deve essere stato contornato da un
piccolo aggregato rurale. Quest‟ultimo deve aver avuto una
durata superiore a quella del luogo di sosta, come è
evidente dalla trasformazione d‟uso delle cisterne. Questo
dato cronologico, che appare in controtendenza rispetto
alla norma, adduce, forse, un ulteriore elemento per
ritenere questa stazione “privata”, non inserita, cioè, nel
sistema amministrativo del cursus, che – come meglio
vedremo – sembra vivere nel IV secolo il suo periodo di
maggiore prosperità (infra, cap. VII). La catacomba ha un
confronto ottimale, che ne conferma la cronologia al IV
secolo inoltrato, nella catacomba della mansio Ad
Vicesimum sulla via Flaminia presso Morlupo (vedi supra,
p. 98). Questo complesso funerario paleocristiano è uno
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
149
dei due soli monumenti ascrivibili con certezza ad epoca
così alta in tutto il territorio di Forum Clodii (l‟altro è un
edificio di culto presso S. Maria di Galeria). La catacomba
è detta dal Fiocchi Nicolai ad Bivium: la posizione alla
biforcazione è comune per le stazioni stradali in ambito
laziale: GAZZETTI 1985, pp. 39-50; COSENTINO 1990, 297-
304.
Bibliog.: STEFANI 1913, pp. 384-391; FIOCCHI NICOLAI
1994, p. 248 ss., figg. 2-4.
N. VII.14 Forum Clodi S. Liberato
Comune di Bracciano, prov. di Roma
Viabilità: Via Clodia, tra Sabatum e Blera
Tipo di insediamento: Sono noti diversi resti riconducibili
all‟abitato sparsi in un‟area di ca. 1 km. quadrato: tra
questi, un complesso monumentale dalla singolare
planimetria è stato candidato come struttura di servizio alla
viabilità, per la sua contiguità topografica con un piazzale
lastricato che si apre sulla strada basolata, sulla quale
prospettano anche altri fabbricati. Sotto il ciglio
dell‟altipiano sono resti di tombe a cappuccina, in parte
obliterate dalla costruzione degli edifici sul lato del
pianoro, ma è possibile che ci fossero anche dei veri e
propri con monumenti funerari (segnalati dal Bondi e dal
Nibby), attualmente non più visibili. Sull‟orlo del pianoro,
verso il tracciato della Clodia, è un muro in opera a sacco
forse a sostegno del terrapieno. Sono segnalati anche
avanzi di un acquedotto a cortina laterizia e volta a botte
che conduce l‟acqua al complesso dal fosso della Fiora.
Topografia: Piccolo pianoro limitato a sinistra dalla
Clodia ed a destra dalla via per Aquae Apollinares.
Struttura di servizio ?
Sul ciglio destro dell‟altipiano fu scavato un edificio di cui
si vide una porzione di una pianta a poligono stellato “i lati
dei cui angoli salienti misuravano circa m. 3,50 di
lunghezza”, per il quale il Pasqui ipotizzò un‟estensione di
ca. mq. 150; affianco ad esso, un altro vano a pianta
circolare di circa m. 3 di diametro. Rovine di altri edifici
sono disseminate nel piccolo pianoro; tra esse, un vano
rettangolare in opera reticolata o incerta con scapoli di
basalto, con rivestimento interno in signino. Nel punto in
cui la Clodia raggiunge l‟altopiano, si rinvenne un muro
ortogonale all‟andamento della strada.
Caratteristiche: Dietro la casa rustica, i lavori agricoli
scoprirono nel 1888 resti di pavimenti a mosaico in pasta
vitrea policroma con figurazione di animali.
Tecniche costruttive: Il vano rettangolare visto dal Pasqui
era pavimentato in signino con murature in opera a sacco
(“muramento ad emplecton”); le murature degli edifici a
pianta “stellata” e circolare erano in opera laterizia,
pavimentati a calce battuta (?). Il muro ortogonale alla
strada è in opera mista di reticolato e laterizio. Nella
fondazione alla base della torretta posta a lato della chiesa
è conservato un tratto di muratura di due o tre filari in
opera quadrata di tufo.
Reperti mobili: Blocchi di peperino e marmo,
rivestimenti, basi, colonne e frammenti di fregi e
trabeazioni marmoree; alcuni frammenti di statue di
marmo tra i quali resti di una statua muliebre, ed una testa
barbata più grande del naturale, chiave d‟arco decorata con
bucranio databile al I secolo d.C., qualche moneta enea di
II e III secolo d.C. Nella muratura della chiesa dedicata a
S. Liberato sono inseriti frammenti di decorazioni
architettoniche datate dal Pasqui al II e III secolo d.C. e
resti di statue, materiali architettonici ed epigrafi tra le
quali una dedica a Druso, un titolo onorario
dell‟imperatore Licinio Valeriano, oltre ad un‟iscrizione di
Germanico (CIL, XI, I, nn. 3306-07, 3309-10, 3312, 3316,
3318). Accantonata nel piazzale è una trabeazione di
marmo a lacunari con rosette e mensole decorate con
foglie. Non distante dalla crepidine della strada,
ortogonalmente ad essa, parallelamente ad una muratura in
opera mista di reticolato e ricorsi laterizi, si rinvennero due
grandi basamenti marmorei per statue, entrambi con
iscrizione. Presso il muro ortogonale alla strada si recuperò
la base di una statua con iscrizione dedicatoria.
Reperti mobili: Dalle tombe alla cappuccina provengono
balsamari, pochi unguentari di vetro e qualche pasta vitrea
Cronologia: Dalla prima età imperiale almeno al III secolo
d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Anche in
quest‟occasione, non è possibile selezionare tra i pochi
resti noti quali possano ricondursi allo stabilimento di
servizio alla viabilità, ma anche se “nebulosa”,
l‟articolazione interna del piccolo abitato – che dalla
qualifica di “forum” è riportato ad una data di fondazione
piuttosto antica – con una piazza monumentale, uno
stabilimento termale, dei monumenti funerari e alcune aree
sepolcrali, e molti apprestamenti per la valorizzazione di
monumenti onorari, risulta molto interessante. L‟elemento
più significativo è costituito dalla presenza della piazza
lastricata, che rappresenta un‟espansione del basolato
stradale stesso, e che trova un confronto in altre stazioni,
indagate più estensivamente (ad esempio, Ad Vacanas –
scheda VII.18).
Forum Clodii è uno dei centri che diventa più
precocemente diocesi nel Lazio, cioè già nel 313 d.C. Non
ci sono però resti paleocristiani, se non sospetti per alcune
strutture sotto la chiesa di S. Liberato, che avrebbe dovuto
ospitare le reliquie del martire Marciano, che una passio
confrontata con altri documenti e con il Liber Pontificalis,
permette di localizzare presso il XXVIII miglio della via
Clodia (FIOCCHI NICOLAI 1994, p. 245 ss.).
Bibliog.: NIBBY 1848-49, p. 318; DESJARDINS 1859;
PASQUI 1889; CARTA ARCHEOLOGICA 1972, pp. 298-300;
QUILICI – QUILICI GIGLI 1975B, n. 88; PACI 1977; FIOCCHI
NICOLAI 1988.
N. VII.15 Sabate Tenuta comunale I Quarticcioli; località Fonte Li Santi
Comune di Bracciano, prov. di Roma
Viabilità: Via Clodia, tra Lacus Sabatinus e Forum Clodii.
Tipo di insediamento: Vasto complesso insediativo
(villa?), del quale sono stati indagati gli impianti termali di
piccole dimensioni. Affioramenti di superficie
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
150
suggeriscono la presenza del nucleo della villa sulla
sommità del colle.
Topografia: Gli impianti termali scavati si trovano alle
falde del colle, sulla sponda sinistra del fosso
Sbrigliavacche.
Stabilimento termale - Struttura di servizio
(tav. XIII, d)? Articolazione Planimetrica: Un ambiente quadrato
absidato (m. 5,20 di lato) al quale si accede attraverso un
piccolo vano rettangolare con due nicchie sui lati brevi a
sua volta preceduto da un vestibolo. A settentrione la
stanza absidata si apre con due porte parallele su altri due
ambienti.
Caratteristiche: Lacerti di pavimentazioni a mosaico
bianco-nero e di rivestimenti parietali a lastre di marmo.
L‟ambiente absidato ha il piano di calpestio incassato nel
suolo ed è rivestito di cocciopesto fino ad m. 1,50 di
altezza. La parte superiore della parete è intonacata.
Tecniche costruttive: Murature in opera incerta con alcuni
ricorsi di mattoni.
Reperti mobili: Solo frammenti di rivestimenti
architettonici in marmo ed intonaco.
Cronologia: Età imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: Lo stabilimento termale è
nettamente separato dal resto del complesso, più arretrato
rispetto alla consolare. La vicinanza del primo all‟asse
stradale dovrebbe, inequivocabilmente, sottintendere una
destinazione “pubblica” delle terme, a fruizione dei
viaggiatori. Non si può escludere, quindi, che il
distaccamento di questo padiglione sia stato intrapreso dai
proprietari della villa, per incrementare le fonti di reddito
dell‟impresa. La struttura è stata probabilmente spoliata in
antico.
Bibliog.: DESJARDINS 1859; MENGARELLI 1899; QUILICI –
QUILICI GIGLI 1975B.
N. VII.16 Aquae Apollinares ? Bagni di Vicarello
Comune di Bracciano, prov. di Roma
Viabilità: Indicato nelle fonti lungo la via che si stacca da
Ad Turres per Caere, e posizionato in realtà lungo la via di
collegamento tra la Clodia e la Cassia.
Tipo di insediamento: Si tratta di un luogo di culto
connesso alla presenza della sorgente termale, frequentata
già in età protostorica ed etrusca, come santuario di
pertinenza della città di Sabate, ad ovest di Trevignano,
distrutta dai romani dopo Veio ed inclusa, dopo il 387 a.C.
nella tribù Sabatina. Per questa stazione termale, tuttavia,
resta incerta l‟identificazione con le Aquae Apollinares
note dalle fonti, Aquae per le quali si è proposta anche
l‟identificazione con i resti di Stigliano (supra, p. 100).
Non dovette esistere comunque un centro amministrativo e
commerciale, almeno fino alla fondazione di Forum Clodii
(scheda VII.14). Lo stabilimento termale (fig. 71) fu
edificato in età flavia, come la villa di Vicarello, assegnata
in via ipotetica all‟imperatore Domiziano, posta in
posizione più avanzata rispetto allo stabilimento, proprio
sulle sponde del lago di Bracciano (l‟antico Sabatinus).
Questa villa e lo stabilimento erano raccordate da una
strada basolata. Presso la villa, passava anche la viabilità di
collegamento tra la Cassia e la Clodia, via che costeggiava
il lago Sabatino, l‟Alsietino ed il lago di Baccano (oggi
prosciugato, cfr. scheda VII.18), e che in questo tratto è
ricalcata dalla moderna via di collegamento tra Settevene e
Palo. Nella zona, persistono numerosi resti interpretati
come “avanzi di ville” (ad esempio, in località Vigna
Grande, Vigna Campana, Vigna Orsini e Sette Botti) ma,
sulla base della vicinanza con lo stabilimento termale ed
della contiguità topografica con la viabilità romana, non si
può escludere che la stazione possa essere identificata
proprio nelle strutture della “villa” di Vicarello. Non
lontano dalla “villa di Domiziano” è una tomba a camera
scavata nel tufo, con banchina ricavata nella pietra, di
cronologia incerta.
Topografia: La villa si trova proprio sulle sponde del lago,
che si è innalzato rispetto all‟epoca romana, e livella
mediante la sostruzione, il pendio tra il poggio retrostante e
la riva del lago.
Scavi e Ricerche: Dopo la scoperta occasionale del
deposito votivo nel 1852, dal 1974 sono state condotte
alcune campagne di ricerca topografica ad opera del
Colini, ed alcune campagne di scavo ad opera della
Soprintendenza negli anni ‟80.
Conservazione: La maggior parte dei resti sono inglobati
in edifici rinascimentali o moderni, o comunque interessati
da riuso. Il complesso termale è stato tagliato
dall‟attraversamento della strada moderna che conduce alle
Terme di Vicarello.
Villa “di Domiziano” (fig. 72) Articolazione Planimetrica: Si estendeva per circa mq.
5000: si suppone che fosse articolata in una parte destinata
alla produzione ed alla lavorazione dei prodotti agricoli, ed
in una parte residenziale, che si apriva scenograficamente
in un porticato sulle sponde del lago. Il nucleo A è stato
riconosciuto come un‟opera di sostruzione, articolata in
vani lunghi e stretti che sono disposti in due file ortogonali
tra loro e che, nell‟angolo conservato, si attestano contro
un muro obliquo di spina. Almeno una parte della sua
facciata era completata da arconi su pilastri. L‟angolo
settentrionale della struttura è stato interessato dallo scavo
di una “cantina” sotterranea antica, costituita da un
corridoio allungato sul quale si aprono un totale di 10
piccoli vani di forma diversa. La costruzione B della fig.
72 viene definita un portichetto con volticelle, ma credo
che sia più corretto qualificarla come una serie di celle
affiancate coperte a volta. Si ritiene che fosse parte del
recinto della villa. I setti murari C restano di lettura incerta.
Nei dintorni è una cisterna ancora funzionante, due
vaschette rivestite di cocciopesto, inglobate in un fontanile
moderno.
Caratteristiche: All‟interno di alcuni dei vani della
piattaforma A sono ricavati dei banconi nella roccia. Su
alcuni dei setti murari del complesso B si conservano
lacerti di intonaco dipinto in rosso. Sono stati segnalati
resti di stucchi di pregevole fattura.
Tecniche costruttive: I complessi A e C sono costruiti in
opera laterizia, mentre il blocco di costruzioni B è in opera
mista di reticolato e mattoni.
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
151
Reperti mobili: Sui celebri bicchieri vedi la bibliografia e
le osservazioni al capitolo II.3.
Cronologia: Età domizianea.
Lo stabilimento termale (fig. 71)
Articolazione Planimetrica: Il punto di fuoriuscita della
sorgente è stato inglobato nello stabilimento termale
moderno ma restano tracce di una sua
monumentalizzazione architettonica (fig. 71, n. 1), forse
una piscina, inserita nel complesso monumentale
(verosimilmente, la terma vera e propria) a cui sono
assegnabili anche i resti indicati con i nn. 3 e 4 (vasche con
sedili, pavimenti a mosaico, condutture fognarie, ecc.). Il
Colini riteneva che lo spazio a sud e ad ovest della
sorgente, fosse lasciato libero per consentire la sosta ed il
parcheggio dei veicoli, visto che è lambito dalla strada
romana, indicata con il n. 13. Con i nn. 5 e 6 sono indicati i
resti di una grande cisterna dell‟acqua Traiana, che presso
il lago di Bracciano, aumentava la sua portata,
alimentandosi con un‟altra vena. Il monumento più
conservato è il “ninfeo di Apollo”, con atrio, salone
centrale con nicchioni, e apprestamenti per le scenografie
dell‟acqua. Del vasto complesso a sud del ninfeo, a causa
dell‟impianto delle costruzioni moderne, si può dire poco:
è verosimile che si trattasse di uno spazio scoperto
circondato da portici.
Cronologia: Età domizianea.
Osservazioni / Interpretazione: La planimetria della cd.
villa di Domiziano resta molto incompleta, ed anche i dati
sui materiali rinvenuti non attestano inequivocabilmente
che si tratti di una villa con parte fructuaria: il numero e la
grandezza delle macine conservate presso i casali moderni,
non viene specificato. Credo che il sincronismo tra la
costruzione della villa e dello stabilimento presso la
sorgente termale, la sistemazione della viabilità di accesso
e la sua contiguità con le strutture della villa, e il distacco
di un ramo dall‟acquedotto in epoca di poco successiva,
stiano ad indicare che ci fu un progetto molto completo di
qualificazione dell‟area, funzionale alla fruizione delle
acque salutari, che può aver contemplato anche l‟impianto
di una stazione di sosta.
Bibliog.: MARCHI 1852A; MARCHI 1982B; COLINI 1967-
68; GASPERINI 1976; COLINI 1979; VIRGILI 1988; VIRGILI
1994; HODGES 1995. KÜNZL 1992, sui rinvenimenti.
N. VII.17 Ad Sextum Tomba di Nerone
Comune di Roma, prov. di Roma.
Viabilità: Lungo il tratto di strada comune alle vie Clodia
e Cassia, all‟altezza della biforcazione della via veientana.
Tipo di insediamento: Villa rustica.
Topografia: Sommità di un basso sperone tufaceo che
tende a smottare verso ovest. La strada si trova sulla
sponda del fosso dell‟Acquatraversa.
Villa? (fig. 73) Articolazione Planimetrica: Si sono potuti indagare solo
due ambienti e porzioni di altri due posti a sud della strada
moderna (che ricalca forse l‟antica) parallelamente ad essa:
essi rappresentano probabilmente il lato posteriore
dell‟edificio che prospettava direttamente sulla strada. Dei
due vani scavati quasi integralmente, uno (fig. 73, “room
1”) ha pianta rettangolare ed uno (“room 2”) quadrata con
abside. Internamente alla parete sud-est è stata aggiunta, in
età posteriore al regno di Gallieno (259-268 d.C.), una
piccola costruzione rettangolare di nucleo cementizio e
cortina di mattoni rivestita di marmo, della quale non è
facile precisare la destinazione, ma che potrebbe essere
interpretata come un pilastro di sostegno al muro
perimetrale.
Caratteristiche: L‟ambiente 1 ha un pavimento a mosaico
bianco-nero con figurazione geometrica ed era rivestito da
intonaco dipinto (fig. 73). L‟ambiente 2 conserva tracce di
una pavimentazione in opus sectile; al centro dell‟abside è
un piedistallo che per quanto di rozza fattura sembra da
assegnarsi all‟impianto originario. Da questo vano si
accede ad un terzo, forse pavimentato e rivestito da lastre
di marmo.
Tecniche costruttive: Murature in opus reticulatum con
scapoli di tufo, con spallette in blocchi sempre di tufo
Reperti mobili: Busto di marmo (Dioniso?) frammentario,
frammenti di una statua maschile nuda o seminuda
(Ercole?), altri resti di statue di marmo, frammenti di
epigrafi su lastre di marmo, lastre e materiali architettonici
di marmo, una statuetta frammentaria in terracotta, una
antefissa a palmetta, una moneta di Gallieno, ceramica
sigillata italica, ceramica a pareti sottili, lucerne, ceramica
comune, anfore, frammenti di vetri per finestre.
Cronologia: Costruzione di età tiberiana; manomissioni
databili verso il terzo quarto del III secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Ritengo che la contiguità
con il tracciato stradale (anche se la posizione di quello
antico non è accertata archeologicamente) rappresenti una
seria motivazione per identificare in questi resti la stazione.
La definizione di villa rustica andrebbe, quindi, espunta:
nessun elemento archeologico attesta che presso
quest‟insediamento si svolgesse dell‟attività produttiva.
Bibliog.: WARD PERKINS 1955, p. 58 ss.; WARD PERKINS
1957, p. 143 ss.; WARD PERKINS 1959; MESSINEO ET ALII
1983, p. 136 ss.; EQUINI SCHNEIDER 1984, pp. 9-20.
N. VII.18 Ad Vacanas – Baccanas Campocroce
Valle di Baccano, prov. di Roma
Viabilità: via Cassia .
Tipo di insediamento: (fig. 74) Piccolo abitato, distribuito
su entrambi i lati della strada romana, e raccolto intorno ad
una piazza lastricata delimitata da un portico colonnato e
riconosciuta come piazza forense. Quest‟ultima, di forma
trapezoidale (m. 19x41x26, fig. 75), è lastricata con
blocchi di forma regolare di tufo; il raccordo con la strada
era ottenuto mediante un propileo monumentale, affianco
al quale era un portico che si apriva con colonnato sulla
piazza, e con pilastri sulla strada. Dei diversi complessi
monumentali che si dispongono ai lati della strada, oltre ad
uno stabilimento termale, uno è stato qualificato come
“albergo”, mentre in un altro si è riconosciuta una caserma.
Altri edifici più frammentariamente attestati vengono
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
152
qualificati come tabernae od officine. Lungo la consolare,
è la necropoli a cappuccina e con recinti funerari che
inglobano fosse.
Topografia: Piccola valle, anticamente occupata dal lago
di Bracciano. Presso Ad Vacanas, è il bivio della strada per
Forum Clodii, segnato dalla presenza di una fontana.
Stabilimento termale (figg. 77-79) Articolazione Planimetrica: I locali si dispongono intorno
ad un‟area scoperta, pavimentata in spicato (m. 13x14),
definita cortile o palestra. Nel complesso che si affaccia
sulla strada con un portico ad un solo spiovente (fig. 77) si
riconoscono l‟apodyterium, due calidaria, due tepidaria,
un frigidarium ed, ovviamente, il vano con il praefurnium
e gli ipocausti.
Caratteristiche: Il pavimento del cortile scoperto è in
opus spicatum, mentre gli ambienti termali hanno in genere
pavimentazioni musive in bianco e nero figurate o a lastre
di marmo.
Tecniche costruttive: Nella prima realizzazione le
murature sono in opera reticolata, sostituite in una seconda
fase dall‟opera laterizia. Al IV secolo d.C. risalgono i
restauri in opera vittata.
Reperti mobili: La maggior parte è stata rinvenuta in
seconda giacitura.
Cronologia: La prima fase è ascrivibile all‟ultimo quarto
del I secolo a.C., mentre la prima ristrutturazione è da porsi
alla fine del I - inizio II secolo d.C. Gli ultimi restauri sono
di IV secolo; al V secolo d.C. si data l‟abbandono.
Il cd. albergo (fig. 76)
Articolazione Planimetrica: Sul lato opposto della strada
rispetto alle terme si trova un edificio a pianta rettangolare
(m. 26x10), orientato parallelamente alla strada, verso la
quale si aprono 5 vani rettangolari, 4 dei quali hanno
dimensioni omogenee, mentre uno è di dimensioni quasi
doppie. Alle spalle di questi si trovano altrettanti vani, più
piccoli, ai quali probabilmente si accedeva dai primi.
Tecniche Costruttive: Opera incerta?
La cd. caserma (fig. 80)
Articolazione Planimetrica: All‟estremità settentrionale
dell‟area di scavo, direttamente sulla crepidine della strada,
si addossa un edificio di m. 30x20 circa, articolato in vani
che si aprono su un cortile, separato da un nucleo di altre
costruzioni da un deverticolo basolato che si stacca
perpendicolarmente alla consolare.
Caratteristiche: Il cortile è pavimentato in opera spicata.
Tecniche Costruttive: Opera quadrata di tufo con
rifacimenti e risarciture in laterizio.
Le tabernae (fig. 74)
Articolazione Planimetrica: Si tratta di una serie di vani
che si trovano ai limiti meridionali dell‟area di scavo,
articolati in due locali, che si aprivano sul deverticolo
basolato attraverso un portico.
Cronologia: La data di impianto risale, forse, alla fine del
I – inizio II secolo d.C.
Cronologia dell’insediamento: La datazione della
necropoli copre i secoli I-VI d.C. Lo scavo di fori di palo
nel lastricato della piazza forense indica che in epoca
tardo-antica vi si impiantarono strutture posticce.
Continuità: La Passio Sancti Alexandri di V-VI secolo
attesta l‟esistenza di una basilica dedicata a questo martire,
il cui sacrificio si sarebbe consumato nei primi anni del III
secolo e che avrebbe subito la prima parte del martirio in
una villa imperiale posta al XIII miglio della via Cassia,
villa che che si è potuta assegnare, sulla base di un bollo
rinvenuto su di una fistula, all‟imperatore Geta. Tale
chiesa, che avrebbe avuto un ampliamento ad opera di
Damaso, si può ubicare sulla base della Passio e di alcuni
rinvenimenti archeologici circa 1 miglio a sud della
mansio. A partire dal IX secolo, l‟abitato si sposta verso il
XIX miglio della via Cassia, acquistando il nome di
Osteria dell‟Ellera. Dopo l‟abbandono, risorge nel secolo
scorso, al XX miglio, il Postiglione Chigi.
Osservazioni / Interpretazione: Questo insediamento
rappresenta un osservatorio privilegiato per
l‟individuazione dei connotati di una stazione stradale:
l‟estensione degli scavi, l‟assenza di continuità di vita, e
l‟indiscutibilità della sua identificazione ne fanno un caso
unico in Italia. Certo, Baccano deve essere stata una
stazione di una certa rilevanza, e la presenza della piazza
forense ci indica che le funzioni di luogo di mercato e
riunione, magari anche di amministrazione della giustizia
del comprensorio, possono aver avuto il sopravvento sulle
funzioni di semplice stazione stradale, ma l‟indagine di
questo stesso processo evolutivo è per questa ricerca
particolarmente stimolante. Con l‟esclusione della
presenza di un luogo di culto, infatti, Ad Vacanas contiene
tutti gli elementi che faticosamente e frammentariamente si
recuperano presso le altre stazioni: la contiguità
topografica con la strada, esaltata dalla posizione “a
cavallo” di essa, la presenza di un grande spazio lastricato,
che rappresenta una dilatazione dello stesso basolato, lo
stabilimento termale, l‟edificio per accoglienza di
planimetria caratteristica, l‟attestazione di altri complessi
che potevano essere adibiti a funzioni diverse20
(commerciali, di deposito, di ristorazione, ecc.).
Bibliog.: GAZZETTI 1985, p. 39-46; GAZZETTI 1986, pp.
155-165; FIOCCHI NICOLAI 1986; FIOCCHI NICOLAI 1988,
pp. 106-111; GAZZETTI 1995.
N. VII.19 Stazione anonima presso le Masse
di S. Sisto Comune di Viterbo, prov. di Viterbo.
Viabilità: Via Cassia.
Tipo di insediamento: Resti frammentari di diversi edifici
raccolti intorno ai resti di un grande stabilimento termale,
ai quali si assegnano funzioni diverse (anche di luogo di
lavorazione dei prodotti agricoli), ma che sono in diretto
rapporto con la viabilità. Negli immediati dintorni di
questo complesso si impiantò una necropoli con tombe alla
cappuccina che – nei rari casi in cui lo stato di
conservazione consente l‟indagine – possono essere datate
dopo la metà del II secolo d.C. Lo stabilimento termale era
servito anche da un acquedotto, che terminava in un
castellum. L‟insediamento si trova immediatamente a lato
dell‟antica via Cassia (della quale sono stati segnalati
diversi tratti lastricati con basoli o grandi pietre calcaree),
che qui si divideva in due rami che si riunivano proprio
sotto Viterbo.
VI.7 Rassegna Archeologica: Regio VII
153
Topografia: Alle falde di un vasto pianoro, nella piana
attraversata dalla via Cassia, presso il fosso Freddano, in
prossimità di sorgenti sulfuree. I resti di quello che
potrebbe essere riconosciuto come un luogo di sosta si
trovano a sud-est delle Masse.
Scavi: I ruderi dello stabilimento termale sono stati oggetto
di documentazione alla fine dell‟800 durante le
ricognizioni per la Forma Italiae (fig. 81). La struttura di
sosta è stata scavata dalla Soprintendenza tra il 1982 ed il
1983.
Conservazione: Mentre i ruderi dello stabilimento termale
principale sono sempre stati visibili, la conservazione dei
resti indagati recentemente è molto scarsa: le murature
sono conservate appena sopra il piano di spiccato, e la
maggior parte delle tombe hanno la stratigrafia sconvolta.
Edificio Termale (fig. 81)
Articolazione Planimetrica: Grande aula rettangolare
(fig. 81, A), dalla quale si accede a diversi vani, affiancata
da un altro edificio (C) e da 3 piscine (B, D).
Stazione stradale ? (fig. 82)
Le trincee di scavo hanno intercettato diverse emergenze
archeologiche:
Saggio A: Vasca di forma quadrata e resti di locali adibiti
allo stoccaggio delle merci alimentari.
Saggio B: Tombe alla cappuccina.
Saggio C: Edificio sistemato su un terrazzamento verso il
fosso (fig. 83, muro 1), in cui sono frammentariamente
riconoscibili degli ambienti disposti ad “L”, alcuni dei
quali (fig. 83, ambiente 2) conservano le suspensurae e
possono, quindi, essere definiti termali. L‟ambiente 1 è
pure pavimentato in signino, ed ha le pareti decorate da
intonaco dipinto. Le murature sono in blocchi e ciottoli
legati con malta o opera reticolata.
Saggio D: resti frammentari di murature.
Saggio E: struttura semicircolare con fondazioni a blocchi
ed alzato in blocchetti legati da malta (fig. 84). A nord,
resti di una gradinata a blocchi di peperino. È stata
riportata alla luce l‟imboccatura di un pozzo, ma la
presenza di una falda acquifera non ha consentito di
completare l‟indagine.
Saggio F: Tratto basolato che corre a lato di una vasca
costruita in cementizio rivestito di cocciopesto e intonaco,
e servita da una canaletta a tubuli di terracotta (fig. 85). La
via Cassia, ben conservata in diversi punti, è in questo
punto delimitata da uno spiazzo lastricato, che si allarga
verso le strutture antiche.
Saggi G1, G2, G3, G4, G5: resti di basolato e di sepolture
alla cappuccina, per la maggior parte sconvolte.
Cronologia: Genericamente la data dell‟impianto si può
fissare, sulla base delle tecniche costruttive, in epoca tardo
repubblicana. L‟abbandono definitivo dell‟insediamento è
avvenuto nel VI secolo (probabilmente a seguito di una
distruzione violenta). Le statistiche delle attestazioni dei
materiali dimostrano che tra il IV ed il V secolo questo
complesso ebbe una frequentazione relativamente intensa.
Osservazioni / Interpretazione: La presenza di sorgenti di
acque sulfuree ha senza dubbio stimolato l‟impianto di un
complesso termale, che seppure ignorato dalle fonti
antiche, deve essere stato relativamente frequentato.
L‟Editrice sottolinea il carattere rustico del complesso,
documentato dalla presenza di impianti per la lavorazione
di prodotti agricoli (ad esempio, la vasca del saggio A), ma
credo che ancor più rilevante sia la marcata contiguità con
il lastricato stradale, che qui come a Settecamini (scheda
I.11) e Ad Nonum (scheda I.1), si allarga fino a ridosso
dell‟edificio. La presenza di piccoli saloni termali
nell‟edificio del saggio C potrebbe riferirsi ad uno
stabilimento di sosta, che alle funzioni di cambio dei
cavalli e ristorazione aggiunge quello di stazione termale
che sfrutta le vicine sorgenti sulfuree.
Bibliog.: CARTA ARCHEOLOGICA 1972, p. 85 ss.; BARBIERI
1992-93.
N. VII.20 Ad Mensulas Pieve di S.Pietro
Comune di Sinalunga, prov. di Siena.
Viabilità: Via Cassia, tra Manliana e Ad Umbro
Tipo di insediamento: Sulla base delle segnalazioni di
resti antichi, interrati alla profondità di circa m. 2, nei
dintorni della chiesa e della stazione ferroviaria, si
potrebbe ipotizzare la presenza di un abitato. Secondo il
Gamurrini, i resti della chiesa potrebbero anche
interpretarsi come avanzi di un tempio pagano. A circa m.
100 di distanza dalla pieve, furono rinvenuti i resti di una
struttura identificata come un sacello dedicato ad Ercole.
Struttura di servizio Articolazione Planimetrica: Non indagabile. Resti
frammentariamente attestati di fabbricati romani disposti
nei dintorni della chiesa e della stazione ferroviaria di
Sinalunga, con le fondamenta a circa m. 2 di profondità.
Caratteristiche: Individuati diversi tratti di tubature
plumbee, dal Gamurrini ritenuti pertinenti ad edifici
termali.
Tecniche costruttive: Murature in opera quadrata
sarebbero incluse nelle pareti della chiesa della pieve. A
blocchi squadrati senza legante è anche il muro ad angolo
che perimetrava il vano all‟interno del quale fu rinvenuta la
statuetta di Ercole.
Reperti mobili: Oltre a resti di età pre-protostorica ed
etrusca, sono state rinvenute numerose epigrafi funerarie di
età romana, una statuetta fittile di Eracle ed assi onciali
datati al II secolo a.C., oltreché altre monete romane e
frammenti di un bassorilievo di pietra raffigurante animali.
Cronologia: I pochi frustuli della stipe votiva del “sacello
di Ercole” non ne attestavano la frequentazione oltre l‟età
cesariana.
Continuità: Notizie d‟archivio ricordano la pieve già nel
715, come baptisterium in Mesalas Sanctae Matris
Ecclesiae; altrove è la titolatura “ad mensulas”.
Osservazioni / Interpretazione: È probabile che il terreno
ove sorse la chiesa fosse un‟area funeraria di proprietà
della famiglia Umbricia. Il dato più rilevante resta, in
questo caso, la connessione tra un‟area interessata da una
stazione stradale ed un luogo di culto.
Bibliog.: REPETTI 1834-46, s.v. Asinalonga; “BullInst”
1834, p. 200; GAMURRINI 1898A; GAMURRINI 1898B;
MARONI 1973, pp. 28-32; CHERICI 1987, p. 166, n. 4;
MENICHETTI 1992, pp. 329-330, n. 120.
VI.8 Rassegna Archeologica: Regio VIII
154
VI. 8 Regio VIII
Aemilia
N. VIII.1 Claterna Località Osteria Grande, Fondi Foresti e Malaraggia
Comune di Castel S. Pietro (Terme), prov. di Bologna
Viabilità: Via Emilia, tra Ad Silarum e Bononia.
Tipo di insediamento: Centro antico ora localizzato tra
Maggio di Ozzano e riva destra del torrente Quaderna.
Della città si può dire che nei sobborghi orientali sono
localizzati impianti per la produzione artigianale, datati
alla prima fase di epoca repubblicana, mentre nella prima
età imperiale nella stessa area, delimitata da un lato dalla
via Emilia e dall‟altro da una strada glareata parallela,
agganciata ad un sistema viario, sorse l‟edificio che qui si
presenta.
Topografia: L‟insediamento identificato con la mansio si
trova presso un fiume ed il suo punto di attraversamento,
tra la sponda del corso d‟acqua ed il declivio di un‟altura.
La fascia di terreno interposta tra la strada ed i fabbricati è
stata notevolmente rialzata, tra la fine dell‟età
repubblicana e la prima età imperiale, inquadrandosi
nell‟opera di riassetto viario operato da Augusto nel 2 a.C.
per l‟intera via Emilia.
Scavi: Nei pressi del suburbio orientale del centro
romano, molti resti si stanno recuperando grazie a ricerche
di superficie e scavi.
Struttura di servizio? (fig. 86)
Articolazione Planimetrica: Si tratta di complesso
articolato, che assolveva diverse funzioni oltre a quella
itineraria, calamitato comunque dalla presenza della
strada, composto da una serie di 5 edifici affiancati,
disposti longitudinalmente. La loro ampiezza era,
probabilmente, diversa, ma la loro profondità era uniforme
(circa m. 25): per l‟edificio 1 è quasi certa la presenza di
un ampio porticato, sulla fronte della via Emilia, mentre
sul retro era lasciato libero lo spazio delimitato dalla
strada B. L‟edificio 2 si articola intorno ad un ampio
cortile, funzionale allo svolgimento delle attività
industriali (metallurgiche). I cinque edifici presentano
“un‟alternanza equilibrata” tra spazi coperti e chiusi, con
caratteristiche che rimandano ad un uso manifatturiero
(canalette, focolari, ecc.).
Caratteristiche: Prevalenza di apprestamenti per
lavorazioni industriali: un solo pavimento in cocciopesto è
stato trovato nell‟edificio 5.
Cronologia: Le prime attestazioni (materiali mobili e
fondazioni a ciottoli) datano alla fase originaria
dell‟impianto della via Emilia (primi decenni del II secolo
a.C.). L‟agglomerato, che unisce funzioni diverse, ha una
vita intensa fino al II secolo d.C., ma con alcune
trasformazioni resiste fino al IV secolo inoltrato.
Osservazioni / Interpretazione: In generale, Ortalli
pensa ad “una stazione di sosta itineraria, potenziata e
completamente rinnovata in età augustea, nella quale si
affiancano taberne, locande, botteghe, stalle, officine di
fabbro o di altro artigianato, tanto da creare una specie di
sobborgo, quasi un quartiere, alle porte di Claterna”.
L‟organizzazione viaria tradisce la volontà di organizzare
lo scorrimento del traffico a diversi livelli: la strada B è
riconosciuta come viabilità di servizio, mentre la A è un
cardine glareato.
Bibliog.: STOPPIONI 1995, pp. 136-138; ORTALLI 1996.
N. VIII.2 Stazione anonima presso Bagno di
Romagna (Balneum?) Bagno di Romagna
Comune di Bagno di Romagna, prov. di Forlì
Viabilità: Via Cesena - Sarsina – Arezzo
Tipo di insediamento: “Agglomerato insediativo e di
servizi con funzioni prevalentemente itinerarie”. Lungo la
sponda sinistra del Savio, dove correva la strada, sono
stati indagati di recente due complessi monumentali, l‟uno
dei quali associa funzioni di culto ad altre termali-
curative, che sfruttano una sorgente di acque calde
minerali. Più a occidente, presso la circonvallazione di
Bagno, è stato riportato alla luce un altro monumento,
definito sulla base delle caratteristiche una mansio.
Topografia: Sulla sponda sinistra del fiume Savio, presso
una strozzatura della valle, dove confluiscono i percorsi
intervallivi che attraverso i passi di Verghereto, del
Carnaio, dei Mandrioli, di Monte Coronaro, collegano la
valle del Savio a quella del Tevere, del Bidente a al
Casentino. Le sorgenti minerali si trovano a circa m. 200
di distanza dalla “mansio”, a ridosso del greto sinistro del
fiume.
Scavi: Prime scoperte del 1962; indagini della
Soprintendenza dal 1985 al 1988 (almeno). In totale, è
stata indagata un‟area di circa mq. 500.
Conservazione: Il muro della “mansio” in opera vittata è
conservato fino ad una altezza massima di m. 1,60.
“Mansio” (fig. 87)
Articolazione planimetrica: Complesso a pianta
rettangolare, costituito da un muro perimetrale a ridosso di
una parete rocciosa, che delimita uno spazio scoperto e
inedificato, completato contro la roccia da un vano
allungato, forse porticato, servito da un più piccolo cortile
di ingresso, con condotto di scarico e drenaggio, che
attraversava anche gli altri ambienti, organizzati in due
nuclei, e che serviva a smaltire la acque che si
raccoglievano nel cortile stesso ed alle falde del monte.
Questi ultimi si trovano sul lato sud-est, con esposizione
migliore, e sembrano destinati ad uso abitativo: sono
VI.8 Rassegna Archeologica: Regio VIII
155
coperti, alcuni forse riscaldati.
Tecniche costruttive: Il muro di fondo, in opera vittata
era spesso m. 0,50, mentre i muri divisori sono realizzati
con pietrame a secco. Il colonnato aveva un tetto di tegole.
Caratteristiche: I pavimenti sono in cocciopesto o argilla
battuta nei vani coperti, mentre nel cortile c‟è una
massicciata con scaglie di roccia arenacea, coperta da uno
strato di terra molto scura che sembra formata da
abbondanti resti organici (letame animale?).
Reperti mobili: Ci sono sporadiche attestazioni di un
culto imprecisato, tra le quali si segnala un bronzetto di
offerente.
Cronologia: Questo complesso appare attivo nella prima e
media età imperiale.
Osservazioni / Interpretazione: Sulla base dei
consistenti resti organici, la zona scoperta viene
interpretata come una stalla.
Complesso termale
Articolazione Planimetrica: Gli scavi più recenti hanno
consentito di individuare resti archeologici che
testimoniano l‟esistenza di una struttura di notevole
estensione, che contemplava anche una vasca. Infatti,
sotto lo stabilimento moderno delle terme di S. Agnese, si
trova il complesso termale, articolato in due corpi
principali, dei quali quello più orientale è più piccolo e
destinato al culto, mentre quello occidentale sembra ad un
uso funzionale: queste due unità sono raccordate da un
lungo corridoio (almeno m. 40), che può essere
interpretato come una “via tecta”, o meglio come un
colonnato, che racchiudeva un vasto spazio lastricato
scoperto, che arrivava fino al fiume. Il complesso aveva
due accessi contrapposti, il principale dei quali, a ponente,
si apriva sulla strada.
Caratteristiche: L‟area dove si trovava la vasca era
pavimentata in cocciopesto.
Tecniche costruttive: Sostruzioni in opera quadrata;
alzati in cementizio, con cortina di ciottoli, mentre uno dei
muri di seconda fase è in laterizio.
Cronologia: La fondazione dell‟edificio risale al II secolo
a.C., e la sua vita prosegue fino al V d.C., ma
strutturalmente si individua una seconda fase, di I-II
secolo, caratterizzata da un notevole rialzamento dei piani
pavimentali, forse dovuto ad un incremento del livello del
fiume.
Continuità: Gli impianti termali sono ancora attivi ed
ancora meta di turismo21.
Osservazioni / Interpretazione: Risulta molto
significativa l‟ennesima attestazione del rapporto tra
impianti che sfruttano sorgenti termali naturali – connesse
a culti – e luoghi di sosta. È ancora da rimarcarsi
l‟esistenza di luoghi di sosta lungo la viabilità, anche
quando questa non è contemplata nelle fonti itinerarie: tali
insediamenti non sembrano connotarsi in modo diverso
rispetto a quelli “ufficiali” (ad esempio, in questo caso si
può istituire un confronto con Fons Timavi, scheda X.5)
Bibliog.: BERMOND MONTANARI - SUSINI 1961; ORTALLI
1992A, pp. 197-200; ORTALLI 1992B.
N. VIII.3 Stazione anonima presso Strada
Casale Strada Casale
Comune di Brisighella, prov. di Ravenna
Viabilità: Via da Florentia a Faventia.
Tipo di insediamento: Complesso insediativo, con
funzioni prevalentemente utilitaristiche, articolato in
almeno due edifici. In questa località è noto anche un
sepolcreto di epoca romana, dislocato lungo la via antica.
Topografia: Tra S. Cassiano e Brisighella, a XII miglia da
Faventia, tra la strada statale e la ferrovia.
Scavi: Scavi 1973; interventi di pulitura e restauro fino al
1978.
Strutture di servizio (Fig. 88)
Articolazione Planimetrica:
Edificio posizionato lungo il basolato, con una serie di
vani aperti su un cortile rettangolare. A circa 100 m. di
distanza, si trova un altro edificio, sviluppato in lunghezza
(m. 60, con orientamento SW-NE), dove sono stati
riconosciuti, oltre ad un locale che accoglieva diversi
dolii, un magazzino per gli attrezzi ed una fornace per i
laterizi.
Caratteristiche: È conservata parte della pavimentazione
dei cortili in opus spicatum.
Tecniche costruttive: L‟edificio è costruito in opus
mixtum, con un rifacimento.
Reperti mobili: Tra i reperti mobili si segnalano
numerose monete.
Cronologia: La cronologia è fissata tra l‟età augustea ed il
IV secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: In questo caso, la
posizione isolata rispetto a centri abitati e la contiguità
topografica con il basolato rendono molto verosimile
l‟identificazione con una stazione di sosta. La planimetria
dell‟edificio 1, che trova confronti in stabilimenti di
stazioni stradali documentati archeologicamente (infra,
cap. VII) e l‟abbinamento con l‟edificio 2, che potrebbe
essere interpretato come un grande horreum, sembrano
ben accordarsi con i requisiti richiesti ad una stazione
stradale, come li si è potuti qui diagnosticare.
Bibliog.: RIGHINI 1980, pp. 237, 250-252, nn. BR 11, 15,
16; GUALANDI GENITO 1983, p. 447, n. 61; MOSCA 1992,
p. 184.
VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX
156
VI. 9. Regio IX
Liguria
N. IX.1 Alba Docilia Località S. Pietro
Comune di Albisola Superiore, prov. di Savona
Viabilità: Via Iulia Augusta da Genua a Albingaunum; tra
le stazioni di ad Navalia e Vigo Virginis.
Tipo di insediamento: Villa con impianti per la
produzione agricola.
Topografia: Piana fluviale, presso il fiume Sansobbia.
Scavi: Già oggetto di scavo alla fine del secolo scorso, la
villa è stata indagata dalla Soprintendenza, dal 1969 al
1975 (5 campagne).
Conservazione: Scarsa e frammentaria: non è conservato
nemmeno un piano di calpestio, e spesso non è possibile
precisare dove fosse l‟ingresso ai vari ambienti.
Villa (fig. 89)
Pianta: Complesso rettangolare (m. 77x100) diviso nelle
seguenti aree:
a) Quartiere residenziale (fig. 89, nn. 1-39): atrio di
ingresso e due peristili, intorno ai quali si distribuiscono
molti ambienti, presumibilmente dei cubicula. Gli ambienti
a nord sono forniti di riscaldamento e sono, perciò,
interpretabili come quartiere residenziale invernale o bagni
privati.
b) Magazzini e zona industriale (fig. 89, nn. 46-50): vani
disposti intorno ad un cortile molto vasto, adibiti in parte a
magazzini ed in parte a locali per le lavorazioni
"industriali" caratterizzati dalla presenza di vasche.
c) Ambienti termali (fig. 89, a-c): si sono riconosciuti il
praefurnium e il calidarium nelle vicinanze di una grande
cisterna d'acqua.
Caratteristiche: I pavimenti dell‟area a) conservano in
qualche caso resti di mosaicatura, mentre quelli dei
magazzini sono realizzati in cocciopesto o laterizi. I
pavimenti dei saloni termali sono a lastre di marmo. Alcuni
frammenti architettonici, tra cui due capitelli di lesena con
delfini, attestano l‟esistenza di ricche decorazioni
architettoniche.
Tecniche costruttive: Le zone a) e b) hanno dei muretti a
ciottoli di fiume, regolarizzati in qualche tratto
esternamente, legati con malta; in alcune parti sono di
ciottoli solo le due cortine esterne ed il riempimento è in
cementizio. Gli ambienti termali presentano, invece, delle
murature più curate, in diversi casi in laterizio.
Reperti mobili: Monete (databili tra il 231 e il 336 d.C.,
cioè tra Severo Alessandro e Costantino II); lucerne
databili tra il I e il VII secolo d.C.; ceramica sigillata tardo
italica, sud-gallica, africana.
Cronologia: Impianto di metà I secolo d.C. che vive fino
al IV-V secolo. L‟epoca di maggior prosperità è
delimitabile tra la metà del II e la metà del III secolo d.C.
L‟insediamento sopravvive fino ad epoca tardo romana,
individuandosi ancora, nella zona b), alcuni restauri.
Osservazioni / interpretazione: Nelle edizioni, non viene
mai specificato il rapporto topografico con la strada
romana: tale informazione dovrebbe essere considerata
fondamentale per motivare l‟identificazione con la
stazione. Questo complesso monumentale, infatti, non
presenta altre caratteristiche che lo qualifichino come tale,
dal momento che, planimetricamente e da un punto di vista
dell‟organizzazione delle attività economiche, si inquadra
completamente nel modello dell‟unità produttiva
extraurbana con parte residenziale. Resta da stabilirsi,
quindi, se tale “modello” possa essere assunto tra quelli dei
luoghi della sosta, come potrebbe essere confermato anche
da altri esempi (sui quali, però, gravano le stesse
incertezze) o se, al contrario, si debba ricercare la stazione
in altre aree.
Bibliog.: RESTAGNO 1953; RESTAGNO 1958; TINÉ
BERTOCCHI 1971; TINÉ BERTOCCHI 1976; TINÉ BERTOCCHI
1978.
N. IX.2 Lucus Bormani “a” S. Siro - S. Nazario - Diano Marina
Comune di Diano Castello, prov. Imperia
Viabilità: Via Iulia Augusta, tra Albingaunum e Costa
Ballenae.
Tipo di insediamento: L‟abitato romano è stato
riconosciuto dal Lamboglia in un‟area della piana costiera,
proprio alle spalle del centro moderno di Diano Marina,
dove episodici rinvenimenti e la titolatura delle chiese
consentono di posizionare la comunità più antica,
trasferitasi in epoca altomedievale sulle alture retrostanti
(Diano Castello e Diano S. Pietro): si situa tra le due chiese
già distrutte di S. Nazario e S. Siro, dove sono noti resti di
epoca preromana e tardo repubblicana, e dove passava la
via Iulia Augusta. Alcune tombe sono state rinvenute, ma
non documentate, nell‟area della chiesa di S. Nazario.
Nella zona dell‟abitato moderno (presso via Lucus
Bormani) sono stati visti i resti di un vano pavimentato in
“opus signinum” e di altri vani, e più a ponente (sotto il
“grattacielo”) resti di una abitazione e di una conduttura di
scolo di età romana. Presso la via S. Caterina sono stati
indagati i resti di un monumentale edificio porticato, con
pavimento in battuto, impiantato nella tarda età
repubblicana e rimaneggiato una prima volta dopo il 50
d.C., ed una seconda in epoca meno definibile.
Topografia: I resti si concentrano ai due lati del torrente S.
Pietro, nella piana costiera.
Scavi: Dopo alcune segnalazioni e dei rinvenimenti
occasionali nel dopoguerra, si è proceduto a scavi
archeologici a partire dal 1957, a più riprese tra il 1959 ed
VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX
157
il 1975, ed ancora tra il 1986 ed il 1992.
Conservazione: Alcuni dei muri dell‟aula di S. Siro sono
conservati fino a m. 2 di altezza, mentre quasi tutti gli altri
sono stati rinvenuti ormai rasati al livello delle
fondamenta.
Campo S. Siro – Villa rustica?
Pianta: Aula absidata, orientata approssimativamente est-
ovest, di m. 10,50 di lunghezza per m. 6, 20 di larghezza,
con abside larga m. 3,20. Tale sala è stata divisa in un
secondo momento in due parti, mediante un muro
trasversale, sul lato occidentale del quale si addossano
degli altri setti murari che ospitano una vasca (m. 1, 30x2,
10x0,95 di profondità). Sul lato opposto del muro si trova
un piano di calpestio in terra battuta, attraversato da un
canaletta. Esternamente all‟abside, si raccorda un muro a
baionetta preesistente alla costruzione dell‟abside stessa,
che ad esso si appoggia. A tale muro si addossa una
canaletta in muratura, rivestita di cocciopesto, che a sua
volta taglia un muro preesistente. Sui lati nord ed est erano
due aperture, tamponate in un secondo momento. Una
terza apertura metteva in comunicazione la porzione
orientale con quella occidentale, all‟interno della sala
divisa.
Tecniche costruttive: I muri perimetrali sono a blocchetti
di pietra legati con malta; il muro divisorio dell‟aula
presenta la stessa tecnica nella parte inferiore, mentre nella
porzione superiore i blocchi sono tagliati meno
regolarmente e sono legati da sola argilla. I frammenti di
intonaco dipinto recuperati conservano tracce di
incannucciata sul lato posteriore: su tale base si ipotizza
che le murature del complesso rustico di prima fase
potessero essere realizzate a graticcio22.
Caratteristiche: Negli strati di crollo sono state rinvenute
tessere di mosaico bianco e nero. Non si sono trovate
tracce dei piani pavimentali. La vasca è rivestita di
cocciopesto. Nella canaletta posta esternamente all‟abside,
sono stati recuperati frammenti di intonaco monocromo
bianco dipinto a semplici linee rosse.
Reperti mobili: Un‟ara segnalata dal Calamiglia ma mai
ritrovata; una colonna con dedica ad Antonino Pio (forse
una colonna miliare), anch‟essa dispersa. Materiali
architettonici di epoca romana sono stati reimpiegati nella
costruzione della chiesa romanica, attualmente trasformata
in casa colonica.
Cronologia: Il materiale rinvenuto nel riempimento della
canaletta data il suo abbandono alla prima metà del III
secolo d.C.
Interpretazione: L‟aula absidata è tradizionalmente
identificata con la chiesa bizantina o medievale di S. Siro,
discretamente conservata all‟inizio del secolo: essa si
sarebbe impiantata su delle costruzioni preesistenti, in via
ipotetica ricondotte ad una villa rustica.
S. Nazario – Edificio utilitaristico – Edificio di culto
Pianta: La chiesa tardo-romanica, successivamente
sconsacrata e trasformata in vasca di decantazione
dell‟acquedotto civico, posa su resti di un edificio di culto
preesistente, con abside a ferro di cavallo, e basamento
“formato da più assise di blocchetti a gradino”. Tale
edificio obliterava e reimpiegava a sua volta delle strutture
murarie, organizzate in lunghi vani paralleli, con
orientamento est-ovest, dei quali se ne rimisero in luce tre,
che mostravano di proseguire oltre l‟area di scavo. Tali
vani sono stati interpretati come vasche di decantazione.
Sul lato opposto della chiesa trecentesca, sono dei muri a
forma di sperone, che possono aver funzionato da
fondamenta di strutture e da argine al torrente che scorre
nelle vicinanze. Le ricerche più recenti, limitate a saggi di
ridotta superficie, confermano che la zona era occupata da
numerosi edifici di epoca imperiale romana. Il Calamiglia
aveva segnalato resti di un muro di spessore poderoso (m.
1, 50), nel quale sarebbero stati aperti degli arconi. In
generale, quindi, si può ricostruire una sovrapposizione di
tre monumenti: nella prima fase (III secolo d.C.), è attivo
l‟edificio ad uso utilitaristico con le vasche di
decantazione, entro il quale si praticano quindi delle
attività di lavorazione e trasformazione di non meglio
precisate materie prime; nella seconda fase, solo alcune
strutture murarie vengono inglobate in una radicale
trasformazione in edificio di culto che, data la cronologia,
può ritenersi cristiano. Nella terza fase (romanica)
l‟edificio di culto subisce una trasformazione ma mantiene
la sua funzione.
Tecniche costruttive: I vani paralleli avevano murature a
blocchi di arenaria, squadrati rozzamente, disposti a ricorsi
orizzontali. Le porzioni superiori di queste murature erano
state oggetto di rifacimento, con dei blocchetti di pietra di
forma più irregolare ed una malta legante molto terrosa.
L‟abside ed il basamento della chiesa più antica erano a
blocchetti regolarmente squadrati di pietra nera. Il muro di
“contenimento” è a blocchi sgrossati di pietra.
Cronologia: La chiesa più antica è detta di età bizantina o
longobarda, e se ne è proposta una datazione al VI o VII
secolo d.C. Sulla base delle tecniche edilizie le vasche
sono state datate almeno al III secolo d.C., mentre i
rifacimenti delle murature dei questi vani paralleli sono
dette di epoca altomedievale (VII od VIII secolo). Allo
stesso generico periodo altomedievale sono attribuite le
sepolture rinvenute occasionalmente intorno alla chiesa.
Continuità: Bormanus e Bormana sono due divinità liguri,
equivalenti di Apollo e Diana: su tale base viene sostenuta
la continuità toponomastica con Diano.
Osservazioni / Interpretazione: La mansio di Lucus
Bormani è ritenuta una delle più grandi (tra non meglio
precisate altre!), ma è probabilmente confusa con l‟intero
abitato. Non sembra possibile, infatti, data la
frammentarietà dei dati archeologici, proporre una
localizzazione per la stazione vera e propria, per la quale
sembra più convincente l‟identificazione proposta in
località Rovere (scheda IX.3). Più significativi possono
considerarsi i dati circa il legame con un luogo di culto
pagano e la continuità di occupazione, almeno fino ad
epoca altomedievale.
Bibliog.: LAMBOGLIA 1948; GHIGLIAZZA 1950;
LAMBOGLIA 1957; LAMBOGLIA 1958, pp. 129-130;
LAMBOGLIA 1959; LAMBOGLIA 1963B; LAMBOGLIA 1971,
LAMBOGLIA 1976B; MASSABÒ 1987A; GANDOLFI 1991-92,
pp. 138 - 146.
VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX
158
N. IX.3 Lucus Bormani “b” Località Rovere - Località Santuario di Nostra Signora
della Rovere
Comune di S. Bartolomeo al Mare, prov. di Imperia
Viabilità: Via Iulia Augusta, tra Albingaunum e Costa
Ballenae.
Tipo di insediamento: I rinvenimenti, pertinenti ad un
insediamento non meglio qualificabile, di epoca primo
imperiale e tardo romano-bizantina, si distribuiscono in
due nuclei. In contrada Pairola, è stata segnalata una
necropoli usata con sicurezza nell‟epoca tardo-romana e
forse bizantina, con tombe scavate nella roccia e copertura
a doppio spiovente, a sepolture plurime.
Topografia: Il santuario della Madonna della Rovere e
l‟omonima località si trovano a levante di Diano, a circa un
miglio di distanza rispetto all‟area S. Siro - S. Nazario, alla
confluenza delle valli di Diano e del Cervo, nella piana
costiera, sulle ultime propaggini digradanti verso il mare
(che dista 700-800 m.), formate da depositi fluviali. Il
complesso della Rovere si trova sulle sponde del rio della
Madonna.
Scavi: Interventi di emergenza prima del 1983 e dal 1985
al 1992.
Conservazione: Parte delle strutture rinvenute sono state
obliterate dalla costruzione di un edificio scolastico.
Località Rovere - Edifici A e C (fig. 90)
Pianta: Grande struttura (dim. della porzione conservata
m. 32x12,60), con il lato lungo orientato nord-sud,
costituita da una serie di vani paralleli aperti ad occidente
su un lungo corridoio. I vani hanno profondità di m. 7,30
ed una larghezza che varia dai m. 4,30 ai 5,50. Il corridoio,
decorato - o contraffortato - da colonne o pilastri dei quali
si è rinvenuta una base nello spigolo nord, si apriva su di
un‟area scoperta definita “piazza-corte”, in parte occupata
dai materiali di un crollo. Sul lato meridionale del portico,
poteva trovarsi un‟altra ala di edifici, come sembra
attestare l‟abbondante materiale di crollo. Nella “piazza” si
trova un basamento monumentale a gradoni (definito
edificio C), del quale non è stato possibile chiarire la
funzione.
Caratteristiche: I vani erano pavimentati a battuto o a
pietre sparse; il portico aveva, per una parte, un piano
pavimentale di fitto acciottolato, per l‟altra a battuto di
terra con inserimento di poche pietre. Le coperture erano a
tegole e coppi: le tegole erano fissate alla travatura lignea
mediante chiodi di ferro e bronzo, passanti in fori praticati
nei laterizi prima della cottura. I gradoni dell‟edificio C
sono rivestiti accuratamente da lastrine di pietra.
Tecniche costruttive: Fondazioni in pietre a secco,
inzeppate con ciottoli; alzati a spezzoni di pietra legati con
malta molto terrosa. Le strutture dell‟edificio C sono a
grandi blocchi di pietra sgrossati, rinzeppati da ciottoli,
scaglie di pietra e frammenti laterizi.
Località Rovere - Edificio B e pozzo
Si definisce edificio B una coppia di murature disposte ad
angolo ottuso, alle spalle delle quali si trova un pozzo
circolare, di m. 2 di diametro e m. 3,92 di profondità. Il
vasto locale delimitato dalle due murature presenta tracce
di divisione interna. Tra il pozzo e l‟edificio A si trovano, a
quota inferiore, resti di una costruzione preesistente,
costruita a secco, a gradoni, forse pertinente ad un‟opera di
terrazzamento.
Tecniche costruttive: Blocchi di pietra di forma squadrata
ma di dimensioni disomogenee, allettati ordinatamente
nella malta e alternati a filari di blocchi di dimensioni più
regolari. Uno dei due muri dell‟ambiente B è in pietre a
secco.
Interpretazione: Sulla base dei rinvenimenti di scorie di
fusione e sulla presenza di resti di grandi focolari, questo
“edificio” era stato in un primo momento qualificato come
capannone per la lavorazione dei prodotti metallici che
prevedeva un “retrobottega”.
Cronologia del complesso: Gli edifici A e B vengono
assegnati all‟età imperiale, ma alcuni rinvenimenti
sporadici indiziano una frequentazione dell‟area in
un‟epoca anteriore al III secolo a.C. Il crollo dell‟edificio
A, dovuto ad un evento “traumatico”, non supera il II
secolo d.C., mentre l‟edificio B, costruito nella prima età
imperiale (forse, età augustea), sembra abbandonato già
alla fine o anche alla metà del I secolo d.C.
Santuario di Nostra Signora della Rovere - Necropoli
Pianta: All‟interno della navata della chiesa, è stato
rilevato un muro di m. 0,40 di spessore, individuato per
una lunghezza di m. 4,20 (ma che prosegue esteriormente
al lato d‟ingresso della chiesa), associato ad un pavimento
in cocciopesto (dubbio) e ad una “buca di combustione”, di
forma quasi circolare, rivestita di lastre litiche, che
conserva tracce di legname combusto. A ridosso della
chiesa barocca della Madonna della Rovere, sono delle
sepolture, ad inumazione in fosse foderate con lastroni di
pietra e coperte con tegole.
Cronologia: La struttura all‟interno della navata centrale è
datata tra la metà del V e la metà del VI secolo d.C. La
datazione è confermata da alcuni reperti sporadici ed
associata alla “buca di combustione”. Le tombe a cassone
litico si impianterebbero sopra questi livelli e sarebbero
quindi posteriori all‟epoca tardo-romana (la datazione del
Lamboglia era molto più alta, al II-III secolo d.C.).
Osservazioni / Interpretazione: La peculiarità della
planimetria dell‟edificio A, che trova confronti in ambito
cisalpino in particolare con gli edifici del Piccolo S.
Bernardo (scheda XI.4), la precipua tipologia dei
rinvenimenti di quello B, l‟essenzialità delle strutture
architettoniche e l‟assenza di decorazioni suggeriscono agli
editori di identificare in questo complesso le strutture della
mansio, e di ritenere pertinenti al complesso sacrale del
Lucus i rinvenimenti più vicini a Diano Marina (supra,
scheda IX.2). Credo che questa opinione sia condivisibile:
ai resti del santuario di Nostra Signora della Rovere
potrebbe essere facilmente assegnato il ruolo di edificio di
culto cristiano se ne fosse accertata la cronologia tarda,
andando ad ingrossare il numero delle stazioni stradali che
hanno attratto un luogo di venerazione in età cristiana. La
Surace sottolinea come la cronologia di tali strutture sia
diversa da quella tradizionalmente assegnata ai dati
originari contenuti nella Tabula Peutingeriana,
presentando una quasi totale assenza delle attestazioni tra il
II ed il IV secolo d.C.
Bibliog.: SURACE 1984; MASSABÒ 1987B; GANDOLFI
VI.9 Rassegna Archeologica: Regio IX
159
1987-88; GANDOLFI 1991-92, pp. 146 - 152.
N. IX.4 Costa Ballenae Regione Foce; Comune di Sanremo, prov. Imperia;
Casello ferroviario presso Torrente Armea, Comune di
Bussana, prov. Imperia;
Capo Don o Capo S. Siro, Comune di Riva Ligure, prov.
Imperia.
Viabilità: Via Iulia Augusta, tra Lucus Bormani ed
Albintimilium.
Tipo di insediamento: Vicus sorto dove la strada romana
attraversa il corso d‟acqua, abitato che aveva una sua
piccola necropoli ad inumazione di epoca imperiale. Nei
dintorni, si conoscono numerose ville rustiche: quella
indagata più estensivamente si trova presso Bussana, a
levante di Capo S. Siro, “a fianco della via Aurelia”.
Lungo la sponda sinistra del torrente Armea, presso il
cimitero moderno, su un promontorio che digrada verso il
mare, sono state scavate alcune tombe alla cappuccina e in
semplici fosse terragne, databili tra il II ed il III secolo
d.C., attestate presso delle strutture murarie più antiche
forse pertinenti ad un impianto rustico, di cui sono visibili
altri resti presso la foce. In epoca paleocristiana, l‟abitato
romano si trasformò in plebs. È possibile che vada qui
ubicato il castrum Tabia, caposaldo militare bizantino di
VI secolo e che, quindi, la traslazione del castrum verso
l‟interno (presso Taggia) sia avvenuta solo intorno alla
metà del VII secolo. A Taggia è stata scoperta un‟aula
pavimentata a mosaico (per la quale non sono state fornite
informazioni precise), andata distrutta durante le attività
belliche.
Topografia: La mansio viene localizzata nel “giro del
Don” o a Capo S. Siro, alla foce del fiume Argentina, che
in epoca antica doveva trovarsi più vicina al Capo Don.
La zona archeologica definita “Foce”, si estende dallo
sbocco a mare del rio Foce fino a quello del Rio S.
Bernardo, a ponente di Capo Don: il suo nucleo centrale si
trova su una piccola altura protesa verso il mare, che ne ha
eroso una porzione.
Scavi e Ricerche: Tra il 1939 ed il 1940 venne scoperta
presso Capo Don la necropoli. Tra il 1942 ed il 1943 sono
state condotte alcune campagne di scavi, ma si sono anche
avute delle frammentarie indicazioni di rinvenimenti
occasionali, a seguito dell‟attività bellica. Altri
rinvenimenti si sono avuti nel 1985-86.
Conservazione: Alcune porzioni dei monumenti erano
conservate fino a qualche metro di altezza; altre fino al
solo livello dello spiccato.
Insediamento
I rinvenimenti sono raggruppati in almeno due nuclei,
l‟uno (estese rovine) a Capo Don, l‟altro nella regione
Foce.
Regione Foce - villa con impianti termali (fig. 91)
Articolazione Planimetrica: Gli ambienti indagati sono
affiancati gli uni agli altri, apparentemente senza coerenza,
lungo le sponde del torrente foce, con orientamento
secondo i punti cardinali. La porzione occidentale,
costituita da una grande piscina divisa in tre vani il più
meridionale dei quali è absidato, è stata interpretata come
la sezione termale, articolata in calidarium, tepidarium e
frigidarium. Altri resti antichi sono stati inglobati in una
costruzione moderna sulla sponda opposta del rio Foce (la
sinistra).
Tecniche costruttive: Opera listata a ricorsi di laterizi e
specchiature in blocchetti di pietra.
Caratteristiche: I vani del settore termale erano rivestiti
ad intonaco dipinto. Dalla piscina fuoriesce un condotto
fittile, che dopo aver raccolto altri rami di canalizzazioni,
provenienti da altri locali non scavati, scarica in mare.
Cronologia: Sulla base della tecnica costruttiva, l‟impianto
della villa è datato al II secolo d.C.
Continuità: La costruzione moderna che ingloba i resti
sulla sponda sinistra del fiume è detta “Casa ex
Lazzaretto”.
Torrente Armea (fig. 92)
Presso la foce del fiume, sono stati rinvenuti di resti di
argini e muraglioni oggi non più visibili, riferibili alle
strutture del porto canale.
Capo Don - edificio battesimale (fig. 93)
Articolazione Planimetrica: Il battistero, dalla
caratteristica forma ottagonale, con lati ad angoli incurvati,
si posizionò al centro di un‟aula, di forma regolare,
rettangolare o quadrata, pertinente ad un edificio
preesistente. La sala era stata ripartita in due ambienti di
dimensioni disuguali: all‟interno della cella più piccola, è
sistemato un sarcofago di pietra tardo-romano, che
accoglieva delle sepolture plurime.
Caratteristiche: L‟aula è pavimentata in cocciopesto di
rozza fattura; la vasca era foderata con lastre di ardesia e
cornici di marmo di reimpiego.
Reperti mobili: All‟interno di un saggio di
approfondimento, sono stati raccolti materiali di III-IV
secolo d.C.
Cronologia: Sulla base del confronto con i battisteri di
Albingaunum e Forum Julium, la vasca si data al V o VI
secolo.
Osservazioni / interpretazione: Lo stabilimento termale
della villa rustica della Foce è molto modesto. Non viene
specificato il sistema di riscaldamento di questi ambienti,
per cui la stessa identificazione con dei bagni non è certa.
Anche per il nucleo presso il Torrente Armea è stata
proposta l‟identificazione con una mansio: se fossero
meglio conosciuti i resti archeologici, qui si potrebbe
localizzare l‟approdo Tavia Fl., menzionato in It.Ant.
Ritengo che la stazione si possa collocare presso i resti
della Regione Foce, nella posizione strategica di snodo tra
le vie di comunicazioni terrestri, marittime e fluviali. È
significativa anche la vicinanza con l‟edificio battesimale,
perché trova un significativo confronto in altre stazioni
indagate in Italia e nelle province (cfr. scheda II.2
Praetorium Laverianum e cap. VII).
Bibliog.: BAROCELLI 1928, BAROCELLI 1932A;
LAMBOGLIA 1942; Notiziario storico, archeologico e
artistico, sv. Taggia, in “RivIngInt”, I, 1946, p. 13;
LAMBOGLIA 1963A; LAMBOGLIA 1976A; DURANTE - DE
APOLLONIA 1988.
VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X
160
VI. 10 Regio X
Venetia
N. X.1 Pons Aesonti Località Mainizza
Farra d‟Isonzo, prov. di Gorizia
Viabilità: via da Aquileia ad Emona, tra Aquileia e Fluvius
Frigidus.
Tipo di insediamento: Si suppone l‟esistenza di un
piccolo abitato, aggregatosi intorno al punto di
attraversamento della strada sull‟Isonzo, attestato da resti
frammentari del ponte sulla riva sinistra del fiume e,
soprattutto, dal rinvenimento di numerose sepolture in
fosse foderate con lastre di pietra, raccolte in piccoli
nuclei, lungo la strada moderna, lungo le pendici del monte
Fortin e presso la chiesetta di Mainizza. Di fronte a
quest‟ultima, è stato indagato un edificio che è stato
identificato con la mansio.
Topografia: Presso la riva sinistra dell‟Isonzo.
Scavi: Anni „40 -‟50 (Ufficio Tecnico Provinciale di
Gorizia).
Struttura di servizio (fig. 94)? Articolazione Planimetrica: Grande edificio a pianta
rettangolare (m. 12x26,50), diviso in due vani più grandi
separati da uno più piccolo. Quest‟ultimo e quello più
occidentale sono completati sul lato meridionale da tre
“nicchioni” semicircolari, di diverso diametro23. Con le
lettere A e B sono segnati dei tagli operati nelle murature
al livello del piano di spiccato, per il passaggio di canalette
foderate di mattoni, che confluendo nei punti C, D, E; F,
proseguono in un unico canale, che smaltisce le acque
nell‟Isonzo.
Caratteristiche: Lo Scavatore menziona degli ipocausti
realizzati con bessali impilati. Nell‟edificio si
conservavano un lacerto di pavimento a mosaico bianco-
nero e frammenti dei rivestimenti parietali di marmo. Le
altre pavimentazioni erano in cocciopesto e a cubetti
laterizi. Nei dintorni delle strutture, si è rinvenuto un “tubo
di acquedotto” e diverse fistulae di piombo.
Tecniche costruttive: Opera laterizia?
Reperti mobili: Nel monumento sono stati raccolti
numerosi reperti numismatici che datano dall‟epoca giulio-
claudia al regno di Arcadio ed Onorio. Presso la sponda
destra del fiume, è stata rinvenuta una piccola ara dedicata
all‟Aesontius.
Cronologia: Sulla base delle notizie fornite sui
rinvenimenti monetali, proporrei un‟occupazione di prima
età imperiale, che potrebbe perdurare almeno fino al II d.C.
o, forse, sulla base dalla datazione della necropoli, fino al
IV secolo. La datazione delle sepolture era stata fissata dal
Dreossi ad età longobarda, ma secondo lo Stucchi, il
nucleo principale data ad epoca imperiale (dal II al IV-V
secolo d.C.). Solo dalle poche tombe scavate presso la
chiesetta, provengono materiali di stile bizantino.
Continuità: L‟importanza strategica di questo luogo e del
punto di attraversamento del fiume, fu tale che la località
venne menzionata in molte occasioni, in epoca tardo-antica
e altomedievale, fino alle soglie dell‟età moderna: BOSIO
1991, p. 204, nota 1.
Osservazioni / Interpretazione: La pianta e la dotazione
tecnica di questa porzione di edificio nota (suspensurae,
rivestimenti parietali in marmo, tubuli e fistulae) indizia un
uso termale di queste sale, anche se la mancanza di vasche
vere e proprie non consente di confermare quest‟ipotesi
(potrebbe trattarsi solo di vani riscaldati per un uso
residenziale).
Bibliog.: DREOSSI 1943; STUCCHI 1947; BOSIO 1963-64.
N. X.2 Hadriani S. Basilio
Comune di Ariano Polesine – prov. di Rovigo
Viabilità: Variante della via Popilia che partendo da
questa località raggiunge Altino, percorribile anche per vie
d‟acqua.
Tipo di insediamento: Abitato con nuclei insediativi privi
di un vero tessuto urbanistico, circondato da diverse
piccole necropoli. Ad esso fa riferimento la “villa rustica”
interpretata come mansio.
Topografia: A ridosso del Po di Gori, nell‟immediato
retroterra costiero, al riparo delle dune in un‟area libera
dalle acque e geologicamente abbastanza consistente.
Scavi: Tra il 1977 ed il 1980.
Struttura di servizio (fig. 95) Alla prima fase dell‟edificio è assegnabile solo un
ambiente absidato (fig. 95, 1) ritenuto pertinente ad una
struttura termale. Nella seconda fase, le murature di questo
vano vengono sfruttate per la costruzione di due locali
contigui, ai quali se ne affiancano diversi altri: per essi è
ipotizzabile la funzione di depositi, ripostigli e dispense.
Nell‟ala sud si costruisce un portico, mentre nella parte
nord si trova un cortile scoperto. A questa fase è
assegnabile anche l‟uso dell‟ambiente 2, interpretato
inizialmente come forno per i laterizi, e successivamente
come praefurnium, collegato alla vasca posta a sud (fig.
95, n.5). La terza fase, che segue un‟alluvione, presenta
solo dei riutilizzi per usi domestici o per servitù.
L‟insediamento di S. Basilio aveva un porto come è
attestato dal rinvenimento presso lo scavo della villa
rustica dei resti di due chiatte che trasportavano blocchi di
marmo rosa di Domegliara.
Caratteristiche: Il cortile scoperto è pavimentato in cotto,
mentre la vasca n. 5 è pavimentata a cubetti laterizi e
rivestita in cocciopesto. Il pavimento del vano absidato è in
opera spicata. Le pareti della cisterna sono rivestite in
VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X
161
cocciopesto.
Tecniche costruttive: Filari regolari di mattoni (anche in
fondazione). A volte le murature sono realizzate con dei
rudimentali "cassoni" di tegole poste in verticale riempite
di frammenti laterizi. Le murature della terza fase sono di
riutilizzo, con pochi focolari in mattoni e pavimenti in terra
battuta. La maggior consistenza geologica di questo
terreno rende superflue le sottofondazioni a palificazione
lignea.
Reperti mobili: Ceramica a vernice nera padana, sigillata
norditalica e africana, ceramica a pareti sottili, lucerne,
anfore nord-orientali; un sarcofago in marmo greco di
ambiente padano nord-orientale (II-III secolo d.C.).
Cronologia: I fase: I a.C. - metà I d.C. (realizzazione del
vano absidato 1); II fase (imponente ristrutturazione, in
coincidenza con la ristrutturazione viaria di età claudia):
dalla seconda metà del I d.C. al III secolo d.C.; III fase
(segue un‟alluvione): dalla metà del III secolo alla fine del
V d.C.
Continuità: Le fonti altomedievali attestano l‟uso della via
endolagunare fino al V-VI secolo.
Osservazioni / Interpretazione: In questo caso sembra
che la definizione di villa rustica sia impropria: anche se lo
scavo non ha interessato tutto il complesso, non sono
attestate strutture destinate alla produzione agricola o
all‟industria alimentare, mentre appare particolarmente
interessante la presenza dello scalo fluviale.
Bibliog.: DALLEMULLE 1976; DALLEMULLE 1977; UGGERI
1981; D‟ABRUZZO – BONOMI – MENGOTTI – TONIOLO
1982; TONIOLO 1987.
N. X.3 Fossis Corte Cavanella d‟Adige
Comune di Loreo, prov. di Rovigo
Viabilità: Prolungamento o variante della Popilia dell‟età
di Claudio, che unisce Hadriani (vedi scheda X.2) ad
Altino24. Da questa stazione si diparte il percorso di
collegamento con Evrone (Vallonga) sull‟Annia.
Tipo di insediamento: Villa rustica con approdo fluviale.
Topografia: Presso l‟antico cordone di dune litoranee che
segna una delle antiche linee di costa; la villa si trova
presso la riva destra dell‟Adige, su un culmine di dosso
sabbioso, in posizione elevata rispetto alla campagna
circostante. Doveva esistere un alveo che attraversava
quest‟area in direzione est-ovest.
Scavi: 1981-1984.
Conservazione: Stato di conservazione scarso: al piano di
spiccato o al solo livello di fondazione.
Struttura di servizio (fig. 96) Pianta: Accanto a due ambienti di incerta funzione (fig.
96, nn. 1-2), si trovano due corridoi (fig. 96, nn. 4-5) che
delimitano una serie di tre ambienti (5-7) dei quali
soprattutto il n. 6 - caratterizzato dalla presenza dell‟abside
quasi circolare, contraffortato esternamente da muretti-
doveva rivestire una funzione residenziale. Questo nucleo
si affacciava su una corte porticata: l‟intero complesso era
recinto da un lungo muro contraffortato da pilastri (fig. 96,
A), all‟interno del quale la presenza di alcuni recipienti di
pietra e terracotta fa supporre un loro utilizzo come
alloggiamenti per i pali di sostegno di un loggiato. A
questo muro si addossa il piccolo ambiente (E), definito
dagli scavatori "a fuoco". L‟area a nord-est era lambita
dalle acque come si evince dalla presenza di palizzate
lignee. Qui erano anche le strutture per
l‟approvvigionamento idrico rappresentate da una vasca in
mattoni (n. 8) e da una strana pedana di pali di legno
disposti "a zatterone" fissati con dei frammenti laterizi,
interpretata come un sistema per la captazione delle acque.
In una seconda fase, la corte fu obliterata e le costruzioni si
espansero verso nord-ovest, sopra un rialzamento
artificiale del terreno di ca. m. 0,50, realizzato con il
terreno di riporto dello scavo della darsena artificiale
coperta per una lunghezza di m. 23,50 con una tettoia di
tegole e coppi sostenuta da pilastri di sesquipedali. La
darsena era collegata alla via d‟acqua mediante un canale
artificiale: al suo interno si rinvenne lo scafo di una
imbarcazione di legno a fondo piatto adatta per la
navigazione lagunare e fluviale.
Caratteristiche: I pavimenti sono poco conservati: quello
dell‟ambiente 3 è in opus signinum con crustae marmoree,
mentre quelli dei corridoi 3 e 4 sono in cubetti laterizi.
Tecniche costruttive: Le murature della prima fase sono
in blocchi trachitici dei Colli Euganei legati da malta senza
nucleo cementizio, mentre le strutture della II fase sono in
laterizio. In alcuni casi (per esempio, il muro A), si trovano
delle sottofondazioni in pali lignei conficcati nel suolo.
Cronologia: I fase di età augustea- metà I secolo d.C.; II
fase dalla metà del I d.C. al III-IV secolo d.C.:
l‟abbandono è causato da un‟alluvione.
Osservazioni / Interpretazione: La complessità e
l‟impegno tecnico richiesto dalle modifiche apportate
all‟impianto nella II fase, fanno supporre l‟esistenza di un
piano di risistemazione territoriale condotto
dall‟amministrazione dello Stato.
Bibliog.: SANESI MASTROCINQUE 1985; SANESI
MASTROCINQUE - BONOMI - TONIOLO 1986; SANESI
MASTROCINQUE – BONOMI - D'ABRUZZO – TONIOLO 1986;
SANESI MASTROCINQUE 1987; SANESI MASTROCINQUE
1990.
N. X.4 Saebatum S. Lorenzo di Sebato, già di Valpusteria
Comune di Brunico, prov. di Bolzano
Viabilità: Via Aquileia - Veldidena “per compendium”, tra
Sulavione e Littamum.
Tipo di insediamento: Abitato retico (che conobbe il
massimo sviluppo nel V-IV secolo a.C.) e romano, esteso
almeno 9-10 ettari, preceduto da fasi di occupazione nel
mesolitico ed in epoca pre-protostorica. La fase romana
previde una sovrapposizione alle emergenze preesistenti
(quasi tutte distrutte violentemente in un unico momento),
che vennero pressoché integralmente atterrate. La stessa
strada che attraversa l‟abitato, diretta al valico alpino,
obliterò le più antiche necropoli e tutte le strutture
superstiti del villaggio. Da questa strada principale si
staccavano almeno altre due arterie: l‟una diretta al fiume,
VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X
162
ed un‟altra che si dirigeva verso la Val Badia. Tutte le
costruzioni si affollano lungo la strada, ma sono piuttosto
diradate, spesso intervallate da aree destinate alle
coltivazioni ortive. Tuttavia, l‟aggregato è continuo e non
organizzato per nuclei distinti, come inizialmente si
ritenne. Diversi edifici parzialmente indagati possono
essere messi in relazione con le strutture in dotazione alla
mansio (infra, gli edifici cd. “con suspensurae”, “a pianta
poligonale” e sulle due sponde del Rienza). A lato della
strada romana, all‟uscita dall‟abitato in direzione E, è stata
liberata dagli scavi una fascia di terreno, larga m. 3 e lunga
circa 40, coperta da diversi piani di calpestio, alternati a
focolari e buche per palo, pertinenti a strutture lignee, che
si affacciavano sul tracciato e che, per tale motivo, sono
state interpretate come tabernae. Sempre in prossimità
della strada, è stato rinvenuto un pozzo, che attesta
ininterrotte fasi d‟utilizzo tra il I ed il IV secolo. Gli scavi
recenti hanno riportato alla luce una abitazione costruita
nell‟epoca di Gallieno, denominata “casa Puenland”, dal
nome del proprietario del fondo, corredata di forno e di
forgia e completata, forse, da un magazzino. L‟abitazione
aveva un ambiente riscaldato, mediante un ipocausto con
prefurnio.
Topografia: Gli scavi del Brusin avevano indagato l‟area
ai lati del torrente Rienza, poco a monte della confluenza
con il Gadera, ma i resti antichi si distribuiscono lungo
tutto il corso del Rienza, tra S. Lorenzo e Brunico.
Scavi e Ricerche: Scavi del 1938-40 diretti dal Brusin;
prospezioni geofisiche intraprese per la costruzione della
circonvallazione, che hanno consentito l‟indagine
stratigrafica di oltre 10.000 mq. e hanno avviato le nuove
indagini della Soprintendenza e dei gruppi archeologici, a
partire dal 1981.
“Edificio con suspensurae” (fig. 97) Posizionato ai piedi del colle dello Stormo o
dell‟Imperatore, presso la chiesa di S. Croce, dove è stata
anche rinvenuta una tomba con corredo di armi.
Conservazione: Piuttosto scarsa, in quanto compromessa
dai lavori di costruzione della strada moderna.
Articolazione Planimetrica: Serie di ambienti a pianta
rettangolare affiancati ad uno absidato. Alcuni di essi sono
forniti di pavimentazione sopraelevata su suspensurae.
Caratteristiche: Il vano absidato era pavimentato “da una
striscia di pavimento in calcestruzzo, da cui si stacca una
specie di corridoio, con pavimento a ciottoloni. Sono stati
raccolti frammenti di intonaco dipinto.
Tecniche costruttive: La prima fase è realizzata con
murature a ciottoli legati da malta; la seconda prevede un
raddoppiamento dello spessore dei muri, ottenuto con
conglomerato ricco di malta e pochi coementa, tra i quali si
segnalano frammenti di rivestimenti parietali dipinti.
Reperti mobili: Un‟ara votiva con dedica I.O.M. / D.O.,
ed una fontanina marmorea. Le monete rinvenute coprono
un arco cronologico fino al IV secolo.
Osservazioni: Il Borda contesta, e ne condivido la
posizione, l‟equazione tra ambienti dotati di suspensurae
ed impianti termali.
Edificio “a pianta poligonale” (fig. 97)
Conservazione: Le murature sono conservate fino a m. 1
di altezza dal suolo.
Articolazione Planimetrica: Sono ravvisabili due nuclei
di strutture distinti, ma sono ritenuti parte di uno stesso
complesso, stabilimento balneare il primo, ninfeo il
secondo
Caratteristiche: Uno dei pavimenti, detto “a ciottoli
fluviali, è stato sovrapposto di opera signina”, mentre un
altro era a piccole lastre di marmo. Di marmo erano, forse,
anche i rivestimenti parietali.
Tecniche costruttive: Muri spessi m. 0.60, a filari di
ciottoli allettati nella malta a spina di pesce.
Edificio presso la riva sinistra del Rienza
Articolazione planimetrica: Serie di ambienti rettangolari
ed absidati molto vasti, tra i quali si distinguono due vani
attigui ad est, entrambi absidati, serviti da tre praefurnia, e
recinti da un muro. Un secondo muro di recinzione
abbraccia tutto il complesso.
Cronologia: Il muro di recinzione più corto è assegnato ad
una imprecisata prima fase, mentre per quello più lungo,
che recinge il complesso, detto di seconda fase, si ipotizza
una generica datazione ad epoca tardo-imperiale.
Edificio presso la riva destra del Rienza
Sulla sponda destra del fiume, a nord del borgo moderno di
S. Lorenzo.
Conservazione: In parte distrutto dalla strada moderna,
che lo ha tagliato a metà e ne ha obliterato la porzione più
a monte. Con le fondazioni, si raggiungono i m. 2-3 di
altezza delle murature conservate.
Articolazione Planimetrica: Edificio con orientamento
NE-SW, con la fronte, larga m. 69, che si apre al centro in
un ampio emiciclo alle estremità del quale sono due
ambienti a pianta rettangolare. Secondo il Brusin, in questi
due vani si trovavano le scale di accesso al piano superiore,
ma non ne restano tracce. Non ci sono elementi neanche
per ricostruire l‟articolazione planimetrica della parte
posteriore del complesso, forse un cortile recintato,
distrutto integralmente da un incendio.
Caratteristiche: Il livello pavimentale dell‟emiciclo e dei
due vani era a quota inferiore rispetto al resto dell‟edificio,
forse per adattarsi a quello della strada antistante, ma fu
rialzato in un secondo momento.
Tecniche costruttive: Doppi filari di ciottoli con malta,
alternati a filari di pietre più piccole, e di taglio più
regolare, con conci di pietra sagomati posti negli angoli.
Lo spessore delle murature è di m. 0,60. Non si può
escludere, che la porzione posteriore dell‟edificio fosse
realizzata con materiale deperibile.
Osservazioni / Interpretazione: Il Borda suggerisce il
confronto con il burgus di Harlech, presso Weissenburg in
Baviera, che si presenta come una costruzione quadrata, di
m. 32 di lato, con fronte articolata in modo uguale a questa
di Sebato, con una parte posteriore costituita da un cortile
delimitato da un porticato ligneo, datato al I secolo d.C.
Cronologia: Secondo il Brusin, che si basa sul confronto
con l‟edificio d‟Oltralpe, l‟impianto daterebbe alla seconda
metà di I d.C., mentre il Borda propende per una datazione
dell‟impianto tra la fine del II e l‟inizio del III secolo d.C.
Restauri e modifiche furono, comunque, operati, nella
seconda metà del IV secolo.
VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X
163
Tecniche costruttive: In generale, per la fase romana, gli
editori distinguono tre principali tecniche, alle quali
assegnano cronologie distinte: a) muratura legata da malta
di I-II d.C., senza ipocausto, di III secolo se presenta
l‟ipocausto; b) con zoccolo di pietrame legato da argilla ed
alzato in legname, di IV secolo; c) interamente in legno di
seconda metà IV-VI secolo d.C.
Reperti mobili: Negli strati ghiaiosi che si sono
sovrapposti sopra il manto della strada romana, sono stati
rinvenuti migliaia di chiodini per calzature, che
quantificano l‟intenso traffico pedonale di epoca romana.
Cronologia dell’insediamento: I materiali dell‟abitato
attestano, in generale, un impianto di epoca giulio-claudia,
che oblitera quello retico di V-IV secolo a.C., mentre i
livelli recenziori sono datati da reperti monetali e ceramici
al III-IV secolo d.C. Le fasi di crisi, iniziate già nel V
secolo, sono attestate, tra le altre cose, da un improvviso
incremento delle sepolture di infanti. Tuttavia, pure se in
dimore lignee, posate sullo spianamento delle macerie
degli edifici preesistenti, almeno in alcune abitazioni, la
vita continuò fino alla metà del V - VI secolo. Della strada
romana che attraversa l‟abitato sono note due fasi: la
prima, datata genericamente al I d.C., è messa in relazione
con le operazioni militari condotte da Druso mentre, la
seconda, di III secolo d.C., è forse da riconnettersi alla
presenza, attestata epigraficamente, di militari di Settimio
Severo (CIL, V, 1, 1838-1839).
Osservazioni / Interpretazione: In questo caso è attestata
archeologicamente la contiguità tra l‟edificio identificato
come mansio ed il tracciato stradale: il piano di spiccato
delle strutture è in relazione stratigrafica con il manto
stradale di seconda fase. È particolarmente interessante la
soluzione tecnica dell‟emiciclo nell‟edificio 3: si può
interpretare come una forma “elegante” di piazzola, atta a
rendere più agevoli le manovre dei mezzi. La striscia di
terreno inedificato lungo la strada trova un confronto in
quelli individuati ad Ariminum, Ariolica e nella necropoli
di Puteoli (infra, cap. VII). Credo che in questo caso, data
la condizione climatica alpina, la presenza di ambienti
riscaldati non possa essere automaticamente assegnata a
stabilimenti termali. L‟identificazione tra questa località e
la tappa menzionata nell‟Itinerario Antonino è possibile
solo “reintegrando” la cifra X nell‟indicazione della
distanza miliaria XXIII tra Auguntum (ad est di Linz) e
Littamum (qualora corrisponda a S. Candido).
Bibliog.: MAYER 1938; BRUSIN 1941; BORDA 1949;
BAGGIO 1982; BAGGIO 1983; BAGGIO – DAL RI 1984; RIZZI
1985.
N. X.5 Fons Timavi Duino e S. Giovanni di Duino
Comune di Monfalcone, prov. di Gorizia
Viabilità: Via “Gemina”, da Aquileia a Tergeste
Tipo di insediamento: L‟arco adriatico tra le colline che
rappresentano le ultime propaggini dei rilievi carsici ed il
mare, in prossimità del corso e delle sorgenti del Timavo,
appare fittamente occupato da insediamenti abitativi, con
le relative necropoli (una villa romana in località Tavoloni,
un sepolcreto con tombe alla cappuccina, presso la
chiesetta di S. Antonio, sulla collinetta omonima, ed
un‟abitazione rurale, un edificio da interpretarsi forse come
magazzino, databile dopo il 221 d.C., in località Bertina e
altre due ville presso Monfalcone, posizionate tra la via
Aquileia-Tergeste ed il mare25), gli impianti termali
connessi alla presenza delle sorgenti termo-minerali e
molti luoghi di culto, anche di tradizione antichissima.
Sull‟isola parva, sorgevano l‟impianto termale principale
(quello raffigurato nella Tabula), che sfruttava sorgenti di
acqua calda, e l‟edificio ad “U”. Presso quest‟ultimo, è
stata anche rinvenuta una imbarcazione antica,
completamente interrata dai detriti che hanno saldato
l‟isola alla terraferma. La stazione stradale, invece, sarebbe
sorta lungo la strada che costeggia il Lisert, e che corre sul
piede dei rilievi carsici, a circa un chilometro di distanza
dallo stabilimento termale. Dove la strada attraversava il
corso d‟acqua, sotto il ponte della SS. 14, presso il paese di
S. Giovanni di Duino, sono stati rinvenuti i conci della
ghiera del ponte romano, con l‟epigrafe che ricorda la
Legio XIII (Gemina). La foce del Timavo era sfruttata in
epoca antica come porto fluviale. Presso le sorgenti del
Timavo, oltre a quello del Divo Timavo stesso, assimilato
a Diomede, sono attestati numerosissimi culti, legati in
parte alle acque salutari, in parte ad Ercole, e presso una
grotta, già abitata nel Ferro, è attestato il culto di Mitra:
tale mitreo, datato intorno al 100 d.C., si attesterebbe come
uno dei più antichi tra quelli noti in Italia. La maggior
parte degli ex-voto del culto salutifero provengono dalla
zona della chiesa di S. Giovanni di Duino, indiziando una
netta separazione tra il luogo dove si effettuavano i
trattamenti terapeutici (cioè, presso lo stabilimento
dell‟isoletta) e il luogo di culto, dove si depositavano le
offerte. La venerazione di età pagana trova una
continuazione in quella cristiana di S. Giovanni Battista, al
quale viene dedicata la basilica paleocristiana di V secolo,
preceduta forse da un sacello più antico.
Topografia: La strada corre ai piedi della collina sulla
quale sorge l‟impianto termale: in epoca antica, qui si
allungava un braccio di mare, ora interrato, nel quale si
trovava un‟isoletta, nota anche attraverso la testimonianza
di Plinio, distinta in due alture (quella detta di S. Antonio e
quella de La Punta). I due complessi monumentali situati
sull‟isola erano tra loro collegati da una strada. La zona
che il toponimo odierno Lisert indica come desertum era
paludosa ed è stata bonificata solo negli anni ‟30:
corrisponde, con ogni probabilità, al “laghetto” raffigurato
nella Tabula sotto la vignetta del Fons Timavi, da ritenersi,
quindi, un lago costiero (certo di ampiezza e rilevanza
minori rispetto a quello che assume nella raffigurazione
della Tabula).
Scavi: Dopo le occasionali ricerche dei secoli passati, una
porzione dello stabilimento termale romano è stata oggetto
di indagine tra il 1911 ed il „13 per opera di un‟équipe
austriaca, all‟interno del cortile del complesso termale
moderno di S. Antonio. L‟edificio presso la collina della
Punta è stato indagato tra il 1970 ed il 1973.
Conservazione: L‟impianto di una cava e una gran
quantità di rifiuti industriali hanno in parte distrutto, in
parte obliterato i resti dello stabilimento termale. Una parte
VI. 10 Rassegna Archeologica: Regio X
164
delle strutture antiche è ancora interrata sotto l‟edifico
moderno, ormai abbandonato.
S. Giovanni - Collina di S. Antonio - Impianto termale
(fig. 98)
Articolazione Planimetrica: Edificio quadrato che
circondava la sorgente presso l‟altura di S. Antonio, che
accoglieva una grande piscina-calidarium, accessibile
attraverso gradini di marmo su tutti i lati. Accanto a questo
era un altro edificio, a corte, con pianta rettangolare, con
peristilio movimentato da esedre, variamente interpretato,
quasi certamente da identificarsi con la palestra-giardino
dello stesso stabilimento termale. Pianta rettangolare ha
anche il padiglione messo in evidenza nello scavo
archeologico entro il cortile dello stabilimento moderno,
ripartito in quattro vani di dimensioni uguali (m. 3x5),
raccordati mediante un locale delle stesse dimensioni ad
una serie di vani più piccoli (m. 3x4), andando così ad
assumere una lunghezza totale in senso est-ovest di m. 50
circa (fig. 98). Altri resti di murature, di forma e funzione
imprecisata, si sono rinvenute presso il lato occidentale
dell‟altura di S. Antonio.
Caratteristiche: Alcune stanze avevano un pavimento a
cubetti laterizi ed erano rivestite da intonaco dipinto.
Restano lacerti di pavimentazioni a mosaico di bella fattura
e molti elementi decorativi. Resti di pavimentazioni a
mosaico sono stati rinvenuti anche nel padiglione scavato
nel 1911. È rilevante il numero delle fistulae aquariae
rinvenute, quasi tutte con i marchi di fabbrica.
Collina della Punta - Edificio ad “U”
Pianta: Edificio molto ampio, a pianta rettangolare,
aperto, come lo stabilimento termale, verso la palude del
Lisert, protetto verso mare dalla collina della Punta.
Presenta due lunghe ali parallele di vani paratattici
collegate sul lato settentrionale da un‟ala trasversale, che
racchiudono un vasto spazio centrale.
Caratteristiche: Da questo edificio proviene un bel
mosaico bianco e nero con delfini affrontati. Alcuni
ambienti erano pavimentati a lastre di cotto.
Cronologia: I motivi iconografici dei mosaici vengono
fatti risalire ad un periodo compreso tra la fine dell‟epoca
repubblicana ed il II secolo d.C. Lo sfruttamento delle
sorgenti, però, deve essere stato ininterrotto fino al V
secolo, epoca in cui sembra arrestarsi a causa delle
invasioni di popolazioni transalpine. I materiali votivi,
tipologicamente tutti affini (arule con iscrizione), non
possono risalire a prima del secondo quarto del I secolo
a.C., mentre le iscrizioni dedicatorie non scendono oltre il
II secolo d.C. La sistemazione della rete viaria risalirebbe
alla metà del I secolo a.C.: a quell‟epoca dovrebbero
assegnarsi anche le opere murarie ai piedi della collina di
S. Giovanni di Duino presso il corso del fiume, ricondotte
a strutture portuali.
Duino - Acquedotto “Randaccio” - Foci Timavo
Struttura di sosta? (fig. 99)
La strada attraversa la zona di S. Giovanni al Timavo,
sdoppiandosi in due varianti: lungo la più ripida delle
quali, presso l‟area dell‟acquedotto Randaccio, alle
Risorgive del Timavo, si trova un altro edificio ad “U”.
Alle spalle di questo monumento si rintracciano proprio i
solchi dei carri che hanno intaccato il banco roccioso.
Articolazione planimetrica: Il complesso, disposto su tre
livelli con orientamento NW-SE, si estende per circa
10.000 mq., lungo il pendio della collina digradante verso
il mare. Al livello superiore sono stati messi in luce un
ambiente (fig. 99, I) e parte di un secondo, attrezzato,
quest‟ultimo con le suspensurae. Del livello intermedio si
conoscono due sale, piuttosto grandi, raccordate tra loro da
un muro (fig. 99, nn. II e V): la II fu interessata, in epoca
posteriore, dall‟impianto di un rozzo focolare, posizionato
nell‟angolo nord-est sopra il mosaico pavimentale. Al
livello inferiore sono stati liberati due vani, che derivano
dalla divisione di una sala unica all‟origine: il n. IV era
stato interessato, come il II, dall‟impianto di un altro
focolare, circoscritto da quattro sesquipedali affiancati.
Caratteristiche: Lungo le pareti, decorate con pitture
policrome, erano sistemati i tubuli per il riscaldamento.
Il vano I (forse) è pavimentato a “tessere di cotto”; la sala
n. II è pavimentata a mosaico bianco e nero, con un motivo
a stelle di losanghe (fig. 99), restaurato in antico con lacerti
di cocciopesto. Con un tappeto musivo bianco-nero di
pregevole fattura erano pavimentati anche i locali IV e X,
mentre il n. V aveva un mosaico a tessere solo bianche.
Tecniche costruttive: Sono solo dette di “buona fattura”!
Sulla base della documentazione fotografica, si può
suggerire che fossero a lastre di pietra tagliate piuttosto
regolarmente, disposte a ricorsi intervallati da letti di
malta.
Cronologia: Si sono succeduti ampliamenti e rifacimenti
tra il I a.C. ed il II secolo d.C.: al I secolo a.C. data
l‟impianto, che ha subito una prima risistemazione nel I
d.C. ed un riutilizzo nel II, continuato fino al III secolo,
quando l‟insediamento è “scaduto” ad una occupazione di
modesta entità e vitalità. Al II secolo data, invece,
l‟abbandono dei due vani posti a quota inferiore (nn. IV e
X).
Osservazioni / Interpretazione: L‟edificio dell‟altura
della Punta è stato interpretato dalla Bertacchi, sulla scorta
di un modello di villa rustica isolato nel Cividalese, come
una villa che contemplava alcuni ambienti per lo
sfruttamento dei poteri medicamentosi delle acque termali
che sgorgavano anche presso la collina della Punta. Come
mansio, la Maselli Scotti candida, in via ipotetica,
l‟edificio dell‟acquedotto Randazzi, che però non sembra
caratterizzarsi molto diversamente da quello di
Monfalcone, che prevede anche l‟accesso dal mare.
Entrambi, comunque, presentano connotazioni piuttosto
caratteristiche e molto significativa appare la connessione
con il tracciato viario.
Bibliog.: REISCH 1913; STICOTTI 1920; BOSIO 1973;
BERTACCHI 1974, pp. 392-399;BERTACCHI 1979, pp. 285-
288; SCOTTI MASELLI 1977; SCOTTI MASELLI 1978; SCOTTI
MASELLI 1979, pp. 366-370; MARCHIORI 1982;
MIRABELLA ROBERTI 1990, pp. 67-68 e pp. 70-73, con
bibliog.
VI.11 Rassegna Archeologica: Regio XI
165
VI. 11 Regio XI
Transpadana
N. XI.1 Stazione anonima presso S. Vincent Saint Vincent – Chiesa Parrocchiale
Comune di Saint Vincent, provincia di Aosta
Viabilità: Via delle Gallie, tra Eporedia e Augusta.
Tipo di insediamento: Impianto termale tardo antico,
sorto nelle immediate vicinanze della via pubblica.
Restano tracce della strada romana e le rovine del ponte
antico sul torrente Cillan.
Topografia: La costruzione segue la forte pendenza della
collina con andamento N-S. La strada si trova a monte.
Scavi: 1969-1972.
Impianto termale (figg. 100-101)
Articolazione planimetrica: A schema distributivo assiale
est-ovest, costituito “dalla successione paratattica dei vani
del blocco termale”, l‟edificio prospetta a sud su un ampio
pianoro, che si ritiene inedificato per consentire una
maggiore insolazione. Questi vani sembrano essere solo
parte di un complesso più vasto, aperto su uno spazio
scoperto e gravitante sulla strada. Le indagini sono limitate
e complicate dalle sovrapposizioni e dall‟impianto di una
necropoli con tombe a fossa entro l‟aula absidata che a sua
volta si insedia nel fabbricato nel IV secolo, munita di
contrafforti esterni . Con l‟abbandono, nel V secolo, l‟aula
absidata viene trasformata in luogo di culto e di sepoltura.
Cronologia: I resti più antichi datano al I secolo a.C., ma
l‟impianto termale è stato costruito solo alla fine del II o
all‟inizio del III secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: Si è inizialmente
avanzata l‟identificazione con una villa ma gli sviluppi
dello scavo hanno portato a pensare ad una struttura
connessa al transito, una mansio vera e propria o un
complesso termale collegato ad un vicus. Per gli impianti
termali minori legati al transito vedi PELLEGRINO 1989, pp.
39-40.
Bibliog.: MOLLO MEZZENA 1982, pp. 298-310; MOLLO
MEZZENA 1992a, p. 279, fig. 20a e b; MOLLO MEZZENA
1995, p. 182, figg. p. 181-183.
N. XI.2 Augusta Praetoria Località Saraillon
Comune di Aosta, prov. di Aosta
Viabilità: Via delle Gallie
Tipo di insediamento: Impianto rustico localizzato fuori
della cinta muraria della colonia, sede della Statio
Quadrigesima Galliarum (CAVALLARO – WALSER 1988,
pp. 52-53, n. 17).
Topografia: Lungo la strada che viene dal Poeninus, circa
m. 800 prima della porta Principalis sinistra, ad occidente
della rampa.
Scavi: 1972.
Struttura di servizio?
I resti sono riconducibili ad un impianto rustico,
pluristratificato, vissuto tra il II secolo ed il tardo impero,
nel quale sono stati enucleati i settori utilitaristici e quelli
destinati alla produzione artigianale. Proprio in un
ambiente di questi sono stati rinvenuti residui di
combustione e scorie ferrose, sparsi intorno a dei pilastri di
cementizio che devono aver funzionato da supporto di un
porticato o di una tettoia, interpretati come i resti di una
officina di fabbro.
Tecniche costruttive: Le prime fasi prevedevano delle
murature in opera incerta che manifestavano la tendenza a
regolarizzarsi, mentre per le fasi più tarde sono attestate
murature a blocchi squadrati di pietra messe in opera con
tessitura non molto regolare.
Cronologia: Prima frequentazione di II-I secolo a.C. ma
l‟impianto sorge forse nel corso del II d.C., e perdura
almeno fino al IV secolo d.C.
Osservazioni / Interpretazione: La presenza di una
officina di fabbro è ritenuta dall‟Editore abbastanza
significativa per riconoscere in questo sito una stazione
viaria.
Bibliog.: MOLLO MEZZENA 1982, pp. 291-292, tav. I, n. 9;
MOLLO MEZZENA 1995, p. 182.
N. XI.3 Summus Poeninus Gran S. Bernardo - Plan de Jupiter (Plan de Joux) Comune
di Saint Rhémy, prov. Aosta
Viabilità: Via da Augusta Praetoria, dove si biforca da un
lato verso l‟Alpis Graia (Piccolo S. Bernardo) e dall‟altro
verso il Gran S. Bernardo-Summus Poeninus (fig. 169).
Tipo di insediamento: Santuario del dio Poeninus presso
uno sperone di roccia (fig. 102, “A”); tempietto di
fondazione augustea (fig. 102, “B”).
Topografia: Piccolo piano tra alcune sporgenze rocciose ai
piedi del monte Chanalettaz.
Scavi: Tra il 1760 e 1764 e tra il 1837-38 3 1871-94, per
un totale di circa mq. 1800.
Conservazione: Scarsa, di poco superiore al piano di
spiccato.
Insediamento (fig. 103) Mansio (fig. 102, “D”)
Conserva solo le fondamenta semidistrutte. L‟edificio ha
un ampio cortile a pianta rettangolare circondato da
ambienti stretti e lunghi.
Tecniche costruttive: Muratura di piccole pietre legate
con calce tenera disposte in strati orizzontali e riquadrate
quando necessario. Le divisioni interne sono realizzate con
il legname. Le murature hanno uno spessore di m. 0,90, ed
è pertanto presumibile che il piano superiore fosse
costruito in legno.
VI.11 Rassegna Archeologica: Regio XI
166
Mansio (fig. 102, “C”)
Simile alla precedente, nella pianta e nelle tecniche
costruttive.
Mansio
Lungo la strada che conduce a Saint Rhémy, a 2 km. di
distanza dal Plan de Jupiter, al di sotto delle strutture di
una casa moderna, frammentari elementi archeologici
sembrano potersi ricondurre ad un edificio per accoglienza
di età romana.
Reperti mobili: Soprattutto ceramiche sigillate galliche;
molte monete di tipo gallico dal deposito presso la rupe;
molti laterizi con bollo di prima età imperiale, pertinenti
alla fase dell‟impianto. Monete carolinge di IX secolo, che
attestano la continuità della frequentazione, per tutto il
corso dell‟alto medioevo, anche prima della fondazione
dell‟ospizio.
Cronologia: Impianto di età imperiale iniziale (in base ai
bolli laterizi). Sulla base dei reperti ceramici, si può
confermare una frequentazione concentrata nei primi due
secoli dell‟impero.
Continuità: Almeno dal IX secolo d.C. esiste in quest‟area
un ricovero per viaggiatori e pellegrini. Nell‟XI secolo S.
Bernardo di Metone vi fonda una Casa Ospitale.
Osservazioni / Interpretazione: Questo nucleo
insediativo ha da sempre costituito uno dei punti di
riferimento per la ricostruzione della tipologia delle
stazioni stradali, anche sulla base della assoluta certezza
nell‟identificazione. In tale contesto, appare
particolarmente indicativa la planimetria degli edifici
addetti all‟accoglienza, articolati in vani di dimensioni
piuttosto omogenee distribuiti intorno ad un vasto cortile
accessibile dalla strada. Anche la ricostruzione del
monumento con un secondo piano trova confronti
particolarmente significativi in edifici privati ma
ugualmente destinati alla ricezione turistica in centri urbani
come Pompei. Da sottolineare anche la connessione, più
volte registrata, tra stazione stradale e luogo di culto.
Bibliog.: CASTELFRANCO 1889; pp. 75-87; FERRERO 1890,
pp. 273-274, 294-306; BAROCELLI 1948, coll. LXV-LVI;
pp. 54-62; CHEVALLIER 1972, p. 156; ARCHEOLOGIA IN
VAL D‟AOSTA 1991, pp. 157-173; DENTI 1991, p. 230;
MOLLO MEZZENA 1992B; MOLLO MEZZENA 1995.
N. XI.4 Alpis Graia Piccolo S. Bernardo
Comune La Thuile, prov. di Aosta
Viabilità: Via da Augusta Praetoria, dove si biforca da un
lato verso l‟Alpis Graia (Piccolo S. Bernardo) e dall‟altro
verso il Gran S. Bernardo (Summus Poeninus).
Tipo di insediamento: Santuario a frequentazione
prevalentemente militare, in cui si trovano un recinto sacro
di epoca preromana e due edifici di culto (da cui
provengono dediche a Giove Dolicheno, Marte ed Ercole:
fig. 104, B-C). Per il secondo di essi (C) Barocelli ha
avanzato l‟ipotesi di identificazione con una mansio.
Topografia: Piccolo altipiano alla sommità del valico.
Scavi: Dall‟inizio del Novecento al 1914 e nel 1928-30.
Conservazione: Conservata solo la zoccolatura di
pietrame.
Mansio (fig. 104, A, figg. 172-173)
Grande edificio rettangolare (m. 25x67,50) dominato da un
vasto cortile circondato da una serie di locali con l‟ingresso
sulla strada a nord, monumentalizzato da un portico.
L‟androne è sufficientemente grande per farci passare un
carro. Il settore occidentale è occupato da ambienti
interpretabili come magazzini o scuderie. È possibile che
alcune parti dell‟edificio risalgano ad una seconda fase non
ben identificabile.
Tecniche costruttive: Muretti a schegge di pietrame di
piccole dimensioni con fronti rivestite da schegge spaccate
a metà e disposte con una certa regolarità. Gli angoli sono
rinforzati da blocchi di tufo alpino. Lo spessore dei muri
maestri raggiunge i m. 0,70, mentre nelle pareti divisorie è
di m. 0,40. È possibile che esistesse un secondo piano
costruito in legno.
Mansio o edificio di culto (fig. 104, C; fig. 107)
Si trova nei pressi della colonna detta "di Giove". Secondo
l‟opinione del Barocelli, l‟edificio fu adibito - almeno
inizialmente - a ricovero. È costituito da vari locali disposti
intorno ad un cortile centrale. Vi si accede dalla strada a
sud, attraverso una piccola salita: l‟ingresso era forse
preceduto da un portico. Sul lato opposto si trova un locale
indipendente, utilizzato per un culto religioso ascrivibile
con ogni probabilità a Giove.
Tecniche costruttive: Uguale a quella dell‟edificio a). Lo
spessore dei muri è, però, maggiore (m. 0,8) ed è pertanto
più certo che vi fosse un altro piano interamente o
parzialmente costruito in legno.
Reperti mobili: Molte monete la cronologia delle quali
spazia dalla prima età imperiale ad Aureliano, con una
maggior concentrazione dei rinvenimenti per l'epoca
compresa tra la seconda metà del I d.C. e la prima metà del
II d.C.; presente in gran quantità la ceramica sigillata
gallica; molti laterizi bollati.
Cronologia: Inizio dell‟età imperiale (in base ai bolli
laterizi), in concomitanza con la sistemazione della strada.
Nell‟eventualità che le fasi costruttive siano due, esse sono
da porsi in un limitato arco di tempo.
Continuità: Nel secolo XI sorge l‟Ospizio od Ospitale del
Monte della Colonna di Giove (nel luogo in cui è sorto
successivamente quello moderno). Dal XIII secolo,
l‟Hospitale Montis Columpne Iovis inizia ad assumere il
nome di Piccolo S. Bernardo.
Osservazioni / Interpretazione: Oltre che per la
planimetria, che appare in questi edifici per accoglienza
particolarmente tipologizzata, questo insediamento risulta
particolarmente importante per la relazione che si può
stabilire tra stazione e “situazione” topografica
significativa: la scelta del valico non è, ovviamente
casuale, ed è anche all‟origine della continuità che arriva
fino ai giorni nostri. In questo quadro rientra anche il
collegamento con il luogo di culto che appare, sì, corredo
della stazione ma che l‟ha preceduta.
Bibliog.: BAROCELLI 1924; BAROCELLI 1932B, cap. VI;
BAROCELLI 1948, coll. LXIII-LIV; pp. 1-10; WALSER
1986, pp. 71-73; DENTI 1991, p. 230, fig. 208; MOLLO
MEZZENA 1995.
VI.11 Rassegna Archeologica: Regio XI
167
N. XI.5 Rigomagus Trino - Località Le Verne
Comune di Tricerro, prov. di Vercelli
Viabilità: Si è proposto il tracciato Vercellae - Hasta, poco
a sud dell‟incrocio con la via da Cottiae a Taurinis. La
strada potrebbe passare a monte del vecchio spalto fluviale
(detto “costa”) del Po.
Tipo di insediamento: La mansio sarebbe isolata, a nord
del centro di origine celtica di Rigomagus, identificato nel
centro di Trino.
Topografia: Piana fluviale. Il livello superficiale di epoca
romana non sembra molto diverso da quello attuale,
trovandosi la risega di fondazione a soli m. 0, 25-0,40 di
profondità.
Struttura di servizio (fig. 108)
Pianta: Teorie di vani affiancati, che sembrano disposte a
blocchi all‟esterno del vasto cortile porticato (del quale
non si vede l‟accesso). Tutt‟intorno al recinto corre una
strada larga m. 3,60; tra il blocco di edifici più
monumentali e il lato ovest del cortile è stato messo in luce
un tratto di strada larga m. 1,10, pavimentata con ciottoli
frammisti a pochi frammenti laterizi. Il cortile misura m.
52x60, il muro perimetrale è spesso solo m. 0,30, ma è
contraffortato lungo tutti i lati esterni da pilastri a base
rettangolare di m. 0,45x0, 60, che raggiungono i m. 0,90 di
lato negli angoli. Con l‟esclusione delle basi di colonna,
disposte regolarmente ogni m. 2,50 lungo tutti i lati del
cortile, i saggi non hanno rilevato la presenza di alcuna
struttura entro l‟area scoperta. Il portico, che correva
tutt‟intorno, aveva un tetto a tegole e coppi su travatura
lignea, che posava su un lato sulle colonne, sull‟altro sui
contrafforti, disposti regolarmente in corrispondenza con
quelle. Il complesso occidentale (“C” nella fig. 108) si
articola in due aule absidate affrontate, simmetricamente
contrapposte ai lati di un vano nel quale sono ricavati due
piccoli locali (“h” nella pianta), vano attraversato da
canalette che portano l‟acqua all‟esterno. L‟ambiente
centrale era forse coperto da un tetto sostenuto da colonne,
delle quali resta un basamento.
Caratteristiche: Nell‟angolo nord-est del recinto, entra
una canaletta che corre coperta da sesquipedali nel tratto
esterno (internamente è al livello della superficie di
calpestio), composta con elementi prefabbricati, scaricando
nel pozzo (“b” nella pianta), nell‟angolo opposto della
corte. Un‟altra canaletta (c, nella pianta), costruita e
coperta con sesquipedali, porta, invece, l‟acqua all‟esterno
del recinto, verso un pozzetto di cui restano scarse tracce.
Tutti i vani del blocco C - escluso lo spazio centrale
indicato con “e” ed “f” nella pianta - sono pavimentati in
cocciopesto.
Tecniche costruttive: Le fondazioni dell‟area B (cortile)
sono costruite con cortine di ciottoli di medie dimensioni,
allettati ordinatamente a ricorsi orizzontali, che contengono
un nucleo formato da argilla e sabbia in cui sono gettati
alla rinfusa ciottoli più piccoli. Gli alzati sono invece
realizzati in laterizio con sesquipedali di m.
0,45x0,30x0,06, misura qui canonica, interi. Le fondazioni
dei pilastri sono più robuste, a grandi ciottoli. Le
fondazioni del settore C sono piuttosto robuste (fino a m. 1
di spessore), realizzate a strati di grossi ciottoli allettati
nella malta di calce e ghiaia. Secondo l‟Editore, lo spessore
delle fondazioni del blocco C è tale da giustificare
l‟esistenza di un secondo piano. Le costruzioni dei blocchi
A, D, F si presentano molto più modeste, con fondazioni di
m. 0,45-0,60 di spessore, realizzate con ciottoli e
frammenti laterizi mescolati con l‟argilla e la sabbia. In
particolare nel settore A si individuano tratti di fondazioni
costruite con tecniche diverse che potrebbero riferirsi a
costruzioni innalzate in epoche diverse.
Cronologia: Non vengono fornite indicazioni circa i
rinvenimenti datanti. Genericamente, proporrei una
datazione nell‟età imperiale.
Interpretazione / Note: Nei blocchi A, D, F andrebbero
individuati degli edifici di incerta destinazione (osterie e
alberghi per i viaggiatori comuni, stalle, magazzini,
botteghe, ecc.). Ad un‟epoca molto posteriore risalirebbero
le costruzioni indicate in figura con A/1 ed E, realizzate
con materiale di reimpiego. Secondo il Borla, nel cortile
(di oltre 3000 mq., perimetrato da 220 m. lineari di tettoia,
che coprivano circa 660 mq.), potevano essere sistemati
dei tramezzi lignei che garantivano la funzione di stalle,
magazzini, parcheggio veicoli, officine di carradori.
Almeno la canaletta scoperta “a” poteva funzionare da
abbeveratoio per le bestie. Le dimensioni “canoniche”
delle due aule sottintenderebbero il progetto statale, i due
locali “h” sarebbero destinati alle abluzioni.
L‟identificazione di questo complesso con una stazione
stradale è stato recentemente messo in discussione da
RUBINO 1999.
Bibliog.: SOMMO 1982, p. 315, tav. 114; BORLA 1980;
RUBINO 1999.
1 L‟edificio a pianta basilicale è distante circa 40 m. dal lastricato
dell‟Appia, ma si apre sul lato opposto, rispettando probabilmente la presenza di sepolcri pagani di epoca precedente. La costruzione è in opera
mista di tufelli e ricorsi molto frequenti di laterizi (ogni 30 cm.), larga m.
15, 75 e lunga almeno m. 18,60. L‟aula era divisa in tre navate di ampiezza disuguale da due file di 3 pilastri ciascuna, che terminavano
contro un muro con tre aperture. La presenza di una quarta fila di pilastri
ci induce a pensare ad un atrio. Anche l‟abside è decentrata rispetto all‟asse principale. Nel pavimento erano ricavate molte formae, a più
livelli di deposizioni. Nel pavimento dell‟aula e nei rivestimenti delle
fosse sono reimpiegate diverse epigrafi, alcune delle quali datano all‟ultimo ventennio del IV secolo, ed è stata rinvenuta riutilizzata anche
l‟epigrafe che ricorda la dedica dell‟area a scopi funerari: NARDINI 1922,
p. 250. 2 L‟epigrafe, molto mutila, non menziona la dedica di un edificio pubblico, come è sostenuto dal Cressedi. 3 La figura che correda l‟edizione (qui n. 23) non riporta orientamento
astronomico, che, quindi, viene sottinteso a nord. 4 Culto attestato dal rinvenimento di un testo epigrafico con invocazione
alla pace, datato tra la seconda metà del II e l‟inizio del III d.C.: QUILICI
1982, pp. 127-128, con bibliog. 5 Secondo il Quilici è da ritenersi una cisterna, mentre è un‟ipotesi del
Luttazzi che tale costruzione sia da interpretarsi come un monumento
funerario di età medio-repubblicana. 6 Ancora oggi, la cisterna alimenta un fontanile moderno, ed è pertanto
VI. - Note
168
possibile che questa fosse la sua funzione in età romana. 7 Con muri perimetrali in opera incerta, misura m. 14x10,60. Degli 8
pilastri gli ultimi 2 del lato di fondo hanno corrispondenza con 2 muri in
blocchetti di tufo addossati alle pareti laterali. Per questo edificio, si è proposta dubitativamente l‟identificazione con un monumento a scopo
funerario ma si è, altresì, suggerito il confronto con strutture a 3 navate
inserite in complessi agricoli attestate in Britannia: CALCI – MESSINEO
1989-90, p. 146 con bibliog. In alternativa, proporrei l‟identificazione con
un luogo di riunione della comunità rurale dislocata nei dintorni. 8 Seppure non è indicato nell‟edizione, è verosimile che la calcara sia stata apprestata in età medievale. 9 Il Casino Mortelleto è l‟antico Convento di S. Teodoro: con i due
toponimi sono indicati i resti della stessa villa (ritenuti, invece, distinti dalla CROGIEZ 1990B, pp. 427-428). 10 L‟esistenza di quest‟incendio è negata dal COLICELLI 1996, p. 186, nota
47, che ritiene che sia avvenuta confusione nella bibliografia con dati pertinenti ai resti della località S. Romano. 11 Qui, Cicerone fu costretto a sostare, nel 44 a.C., dopo esservi stato
spinto dai venti contrari, mentre era diretto in Grecia. 12 In questo punto, la strada antica dovrebbe passare parallelamente alla
SS. 106. 13 La ricerca delle matrici per il repertorio dei mosaici, conduce, secondo Barillaro, all‟Africa romana, qui come a S. Aloe di Vibo Valentia, con la
quale quest‟impianto avrebbe in comune il frigidarium a transetti laterali
(aditus a latere positi), e le maestranze africane sarebbero le stesse impegnate nella tessitura dei mosaici di Piazza Armerina; gli studi più
recenti, invece, enucleano una forte componente di originalità per il mosaico delle Nereidi ed una più generica ascendenza dall‟Africa per i
motivi geometrici. 14 GUALTIERI – SALVATORE - SMALL 1983, p. 83 ss.; SMALL – BUCK
1994: la pianta è molto simile ma più articolata, tuttavia, non sono stati
ritrovati resti di viabilità tangente all‟insediamento. 15 Nelle pubblicazioni più recenti, anche la Crogiez propone una localizzazione lungo la via Transistmica, rinunciando a quella lungo la via
Capua – Regium inizialmente proposta. 16 La denominazione di “vicus” è attestata dalle fonti letterarie: SPADONI -
REGGIANI 1992, pp. 160-161. 17 Lo scavo è rimasto inedito a causa della morte di C. Curri, a cui era
stata affidata l‟edizione. Presso l‟Assessorato alla Cultura del Comune di Grosseto, è conservato un dattiloscritto intitolato “La via Aurelia nella
Maremma Toscana da Cosa a Populonia”, curato da Curri C. e Masini I.,
con sintesi delle scoperte. 18 Quello presentato in CYEGELMAN – DANTI 1991 non consente di
riconoscere le tecniche edilizie adottate. 19 Il Gamurrini non riteneva che l‟insediamento superasse i primi secoli dell‟impero. 20 L‟interpretazione dell‟edificio settentrionale come caserma è solo
ipotetica. 21 La leggenda di S. Agnese, santa di origine locale (diversa dall‟omonima
romana), che ha dato il nome agli impianti moderni in quanto collegata ad
una miracolosa guarigione operata dalle acque minerali, riprende quello della ninfa legata al culto di queste acque, narrato da Marziale, IX, 58, 1-
4, che ricorda la ricchezza di acque sorgive nel territorio di Sarsina. 22 L‟incannucciata poteva, altresì, costituire la base di una controsoffittatura intonacata. 23 Nella pianta di corredo alla pubblicazione, i “nicchioni” sembrano vere
e proprie absidi, ma la presenza di un muro che divide gli ambienti dalle nicchie, suggerisce che queste abbiano un piano di calpestio ad un livello
leggermente superiore. 24 È un itinerario alternativo percorribile anche per via d‟acqua (It.Ant., 26, 6-7: Navigatur Septem Maria Altinum usque). Nella Tabula questa
mansio si trova a VI miglia dalla località Septem Maria. 25 Localizzate in via della Mandria e via Colombo.
VII. - Conclusioni
169
CAPITOLO VII
CONCLUSIONI
STAZIONI ITINERARIE E LUOGHI DI SOSTA ENTRO I CONFINI
DELL’ITALIA AUGUSTEA
Fonti di ogni tipo concorrono a delineare un quadro
generale della varietà delle installazioni viarie, delle loro
modalità di funzionamento e delle più diversificate forme
di integrazione con le infrastrutture territoriali e con gli
organi di gestione e amministrazione statale e locale. Tale
varietà - se pure trova testimonianze in tutte le province
romane - appare quasi peculiare del suolo italico:
l’antichità della strutturazione della rete viaria romana
deve avere qui profondamente inciso sulla formazione di
questi luoghi di sosta, così come l’intensità della sua
frequentazione ha ingenerato numerosi fenomeni di nascita
spontanea di complessi adibiti al servizio della viabilità.
Questa duplicità di “committenza” pubblica e privata, di
nascita spontanea o pianificata, di semplice luogo di sosta
o di più articolato centro di riferimento per il popolamento
locale, di esercizio commerciale funzionale alla sola
ricezione o di unità produttiva diversificata, insidia, come
un insormontabile limite, la sintesi delle caratteristiche
sostanziali di una stazione stradale e spesso la stessa
comprensione di un complesso archeologico, quando i dati
sono troppo frammentari o limitati in estensione. Il
confronto con quanto acquisito negli altri paesi rende
ancora più salda la convinzione che – da un punto di vista
prettamente archeologico – molto si dovrà ancora elaborare
in Italia. La mole del lavoro affrontato, però, ha permesso
di raccogliere alcune sostanziali acquisizioni e di delineare
linee di ricerca che ci consentano una maggiore
integrazione con i dati prodotti in campo scientifico
internazionale. Colpisce, tuttavia, la quantità di perplessità
che ancora aleggiano su molte delle identificazioni qui
proposte. Come si è visto, nella schedatura ho cercato di
includere la maggior parte dei complessi archeologici
qualificati come stazioni stradali in sede di edizione, anche
quando questa qualificazione dà adito a perplessità.
Ancora una volta, sottolineerei che considero improprio
ritenere che presso ognuna delle località segnalate nelle
fonti itinerarie si trovassero delle stazioni del cursus: le
tappe dell’Antonino sono piuttosto rarefatte, quelle più
fitte e ben cadenzate del Burdigalense potrebbero far
riferimento ad un viaggio intrapreso da un privato, quelle
della Tabula sembrano rispondere maggiormente a delle
scelte “turistiche”, e le sue vignette – se anche non vi sono
state apposte in un secondo momento – mettono in
evidenza soprattutto i centri urbani, anche quando questi
sono spariti da tempo (i casi notissimi di Pompei ed
Oplontis, ad esempio), mentre non sottolineano quasi mai
le tappe presso le quali l’archeologia ha individuato centri
importanti (i due valichi del S. Bernardo, le stazioni
fluviali di Fossis e Hadriani, Alba Docilia, Ad
Turres/Statua, Tres Tabernae, ecc.; al contrario, la vignetta
è apposta a Vacanas). Al tempo stesso, non credo che le
fonti superstiti ci conservino traccia di tutte le strutture
viarie anche di impegno tecnico consistente e quindi,
verosimilmente, di committenza statale che hanno
funzionato nei primi quattro secoli dell’Impero1, e che
neanche ripercorrano tutta la viabilità che è stata
interessata dal funzionamento del cursus publicus: riportati
sulla base cartografica, infatti, i vari itinerari contemplati
nelle fonti lasciano delle “zone d’ombra” e al contrario si
addensano in altre zone, dove non appare molto sensato
duplicare il servizio di posta, per raggiungere le stesse
località.
Stazioni stradali e luoghi di sosta. Mansiones e
mutationes
Sulle strade romane si affollarono, quindi, stazioni stradali
vere e proprie e più semplici taverne e locande: la ricerca
archeologica ne ha individuate alcune, che sono state
oggetto anche di ricostruzioni molto accurate. Sulla base di
questi studi, possiamo dedurre che la differenza principale
tra le stazioni governative e le taverne fu nella integrazione
o meno dei servizi offerti presso lo stesso stabilimento.
Nelle stazioni stradali vere e proprie, infatti, si
agglutinavano diverse attività e varie infrastrutture: oltre
all’attività di accoglienza, di ristorazione e cambio degli
animali, v’erano sempre un impianto termale, stalle,
magazzini ed officine, presso i quali si potevano forse
anche acquistare prodotti finiti e commissionare
riparazioni e manutenzione dei mezzi. Nelle piccole
locande, invece, il servizio offerto era ridotto
all’essenziale: oltre al rifornimento di viveri e d’acqua,
forse offrivano solo il pernottamento e lo stallaggio; lo
stabilimento termale è sempre segnalato negli immediati
dintorni (ad esempio, lungo la via Tiburtina, schede I.11-
I.12 e terme in loc. Casale Bonanni, supra p. 87), ma è
disgiunto da esso (escludendo Ponte di Nona e la stazione
anonima della via Latina che hanno le terme dentro il
fabbricato – nn. I.8 e I.4). La differenza tra “stazioni
itinerarie” e “stazioni anonime” non si misurerebbe,
quindi, nella diversità delle dimensioni dell’edificio per
ospitalità, ma nella complessità dell’articolazione
VII. - Conclusioni
170
dell’insieme. Le eccezioni si potrebbero spiegare notando
che alcune di quelle stazioni “anonime” non sono state
menzionate nelle fonti itinerarie per un caso fortuito, o
forse, perché quel tratto viario non era inserito nel sistema
stazionario governativo, o per una cronologia non congrua
tra la redazione della fonte e il periodo di attività della
stazione (un caso potrebbe essere Ponte di Nona, ma
potrebbero rientrare in questa casistica anche Malvito e
Bagno di Romagna, nn. III.9 e VIII.2) o ancora si deve
desumere da questa “assenza” che tali fonti non sono da
ritenersi fedeli registri del sistema delle stazioni stradali.
Nelle quantificazioni statistiche, comunque, non è stata
fatta distinzione, tra dati provenienti da stazioni itinerarie e
stazioni anonime, perché la frammentarietà delle
informazioni non consente di applicare distinzioni troppo
sottili e perché, comunque, ho ritenuto che i criteri che
presiedettero allo stanziamento di un luogo di sosta e le
esigenze che li sollecitarono furono uniformi. La
distinzione tra luoghi di sosta più o meno articolati, però,
non sembra esprimibile con i termini di mansio e mutatio:
se questa differenziazione è esistita in un limitato periodo
di tempo, da un punto di vista archeologico non è
verificabile in Italia. Solo nel caso di Valesium (scheda
II.3), infatti, possiamo affermare di conoscere
archeologicamente abbastanza approfonditamente
un’installazione definita “mutatio”: qui la sosta non era
troppo affrettata, dal momento che tutto il complesso ruota
intorno all’impianto termale! Quindi, la situazione si
configura diversamente rispetto alla Britannia, dove,
invece, questa distinzione sembra prendere corpo nel corso
del IV secolo (supra, cap. IV).
Gli apprestamenti di servizio alla viabilità conoscono, poi,
tutta un’altra categoria di agevolazioni per i viaggiatori, di
tipo, però estremamente semplificato: piazzole di sosta con
fontane o ninfei2 si intervallano alle stazioni vere e proprie,
insieme ad esedre con sedili per riposarsi, ma questo tipo
di infrastruttura viaria esula dal tema che qui mi sono
proposta.
Scelte insediative e caratteristiche topografiche
Ribadito, quindi, che ad alcuni di questi insediamenti non
riconosco la sola funzione di luogo dove si riposano e si
rifocillano i messaggeri e si cambiano gli animali del
servizio di posta, ma anche di punti nevralgici della catena
di distribuzione delle merci, e che credo che, oltreché ai
personaggi di rango che viaggiavano nell’interesse dello
Stato, siano stati aperti anche a tutta la schiera dei
viaggiatori comuni (che potevano, comunque, far
riferimento anche ad “attività ricettive” sorte per iniziativa
privata), si può approfondire la ricerca delle loro
caratteristiche, enucleando anche fattori diversi da quello
puramente planimetrico, allargando il campo alla maglia
insediativa che li circonda, ai poli di attrazione che hanno
funzionato nella zona (sorgenti termali e luoghi di culto, ad
esempio), al tipo di attività che vi si svolgevano, oltre a
quelle ovvie di accoglienza e scuderia.
Era mia intenzione cercare di enucleare quali
caratteristiche topografiche o, più genericamente, quali
unità geomorfologiche avessero attratto lo stanziamento di
una stazione stradale. Premesso che le stazioni stradali
debbono rispondere a delle necessità del traffico, e che
soprattutto devono rispettare dei ritmi di scansione che
rispondano alle esigenze degli uomini e degli animali e che
quindi la fascia di territorio in cui la stazione potesse
essere impiantata fosse piuttosto limitata, è altresì
verosimile che - entro quella fascia - lo stanziamento abbia
privilegiato un’area piuttosto che un’altra. Per poter
quantificare questi dati nel modo più completo possibile,
ho preso in considerazione anche informazioni circa la
localizzazione topografica di molte stazioni per le quali
non sussistono consistenti resti archeologici, ma che
possono fornire qualche indicazione in materia (Rassegna
Topografica, cap. V). È stato difficile stabilire cosa inserire
nelle statistiche: in alcuni casi, infatti, ipotesi di
localizzazione apparivano “ghiotte” per poter documentare
numericamente alcune scelte insediative (ad esempio,
presso corsi d’acqua e loro punti di attraversamento, presso
incroci, mercati, ecc.) o per misurare l’incidenza della
continuità, ma spesso tali proposte si fondano proprio su
questi elementi, applicando un metodo di indagine inverso
rispetto a quello che qui mi sono proposta, con il rischio di
inquinare le conclusioni. Tra i numerosi casi di
localizzazione che hanno adottato un procedimento
opposto, posso citare quelli di Sirpium e Super Thamari,
lungo la via Beneventum – Bovianum, la prima localizzata
presso la Taverna di Pontelandolfo (per la continuità:
CARROCCIA – RUTA 1987-88, p. 264, n. 22; CARROCCIA
1989, pp. 27-28, tav. XIV.), la seconda presso Ponte
Stretto di Morcone (CARROCCIA 1989, pp. 27-28, tav.
XIV) dove si trova la deviazione per Aequum Tuticum, e
ancora quelli di Larinum all’incrocio tra la strada ed il
fiume Biferno, dove sono segnalati resti di un ponte
(CARROCCIA 1995, p. 115 e nota 29; DE FELICE 1994, p.
36) e Teanum Apulum (posto a Coppa di Civitate o
Taverna presso l’antico ponte di Civitate, sul fiume
Fortore-Fertor - ALVISI 1970, pp. 50-54; CARROCCIA
1995, p. 115), localizzazioni proposte sulla base della
presenta degli antichi punti di attraversamento di corsi
d’acqua.
Fonti di approvvigionamento idrico
La disponibilità di acqua potabile rappresenta una delle
discriminanti che consentono o meno l’impianto di un
insediamento abitativo in antico, ma si può sostenere che,
nel caso di una stazione stradale, vista la cospicuità
dell’utenza, la disponibilità d’acqua doveva essere assai
maggiore. Volendo considerare qui solo la disponibilità
naturale d’acqua (vedremo tra le soluzioni tecniche e le
dotazioni infrastrutturali i metodi adottati per portare
l’acqua dove non c’era o distribuirla in più punti),
possiamo notare che in pochissimi casi è menzionata nelle
edizioni la presenza di una sorgente (I.5 Ad Bivium, S.
Giusto-Praetorium Laverianum II.2, Telamon VII.8,
Aquilonis - supra, p. 89 - e Ad Fonteclos - supra, p. 103 -,
Chamelux tra gli esempi delle province che ho dato come
confronto), ma la presenza di pozzi, fontane e vasche
sottintende generalmente la captazione di una vena o di
una falda acquifera (nn. I.7 Ad Statuas, I.8 Ponte di Nona,
VII. - Conclusioni
171
I.10 stazione anonima presso Rebibbia, I.12 stazione
anonima presso Settecamini, VII.13 anonima presso La
Storta, VII.19 stazione anonima presso le Masse di S.
Sisto, IX.2-3 Lucus Bormani). Nelle regioni più aride, poi,
è la presenza della conserva d’acqua che rappresenta la
ragione d’essere della stazione stessa: in Italia è stato
ricordato il caso della stazione anonima presso S. Giorgio
– Masseria Masina (supra, p. 89) nella regio II, ma esempi
ben più eclatanti si possono raccogliere nelle province
calde e desertiche, come si è evidenziato nel capitolo V
(tutti gli esempi della Siria e dell’Egitto).
Corsi d’acqua e ponti
La vicinanza ad un corso d’acqua è attestata in 43 casi sui
68 delle schede archeologiche (= al 53%), rivelandosi assai
incidente sulle caratteristiche topografiche preferite per
una stazione, e la sua rilevanza è confermata dai dati
raccolti nella rassegna topografica, a proposito della quale
posso segnalare i casi di Netum (supra, p. 93),
Interamnium3 e della stazione anonima presso il fiume
Metauro, che scelgono il punto di confluenza di due fiumi.
Presso un fiume sono anche le stazioni di Ad Fonteclos
nella regio VIII, quelle di Minio, Martha4 e Umbro nella
regio VII5 e Fluvius Frigidus nella regio X
6, che tutte
riprendono nome dal fiume presso il quale si stanziano.
Oltre che come fonte di approvvigionamento idrico, la
presenza di un corso d’acqua è un elemento che incide
profondamente sulla viabilità, sia che sia stato edificato un
ponte in materiale più o meno durevole, sia che sia che sia
stato apprestato un traghetto o sia possibile guadarlo,
perché il ponte richiede manutenzione, soprattutto se è di
legno o di barche, il traghetto necessita un piccolo molo ed
una base per il personale e per le imbarcazioni, il guado
prevede, in genere, che vi sia un edificio presso il quale
ristorarsi7. Tra i casi che ho potuto prendere in esame sono
attestati 9 ponti (Ponte di Nona/Ad Nonum I.8, anonima
alla Magliana I.13, Tabellaria VII.4, Ad Turres VII.1,
Claterna VIII.1, Pons Aesonti X.1, Fons Timavi X.5,
stazione anonima presso S. Vincent XI.1); in tutti gli altri
casi, il ponte può non essere stato trovato o può essere
stato sostituito da un guado, come si è proposto per le
stazioni di Ad Turres Albas I.9 e Ad Aquas V.1. Tra le
segnalazioni della Rassegna Topografica, ponti sono
conosciuti a Forum Appi, Larinum e Teanum Apulum
(supra), Lavinium (dove la strada attraversa il fiume Laos
prima che si apra nell’estuario: TALIANO GRASSO 1994B, p.
52, schede 16, 18, 46-48, 13; supra, p. 92), Ad Rotas,
Pallanum (PELLEGRINO – CARROCCIA 1980, p. 358), ed i
casi “eponimi” di Pons Secies (supra, p. 103), Lorium
(supra, p.100) e Pons Aureoli8, oltre ad esempi
documentati presso le supposte stazioni stradali non
menzionate dagli itinerari, come nel caso di quella
segnalata in loc. “Le Castella”, lungo la via Appia (supra,
pp. 84-85), quella presso le cd. Terme dei Gracchi (supra,
p. 102), nella regio VI, e quella individuata nel centro di
Riccione (regio VIII: supra, p. 103).
Porti - Foci e snodi vie d’acqua e terra
Ancora più significativa è la scelta topografica alla foce dei
corsi d’acqua, in posizione tale da sfruttare la possibilità di
approdo per i bastimenti che giungevano dal mare, e di
smistamento delle merci per quelli che risalivano le vie
d’acqua interne. In questi casi, le stazioni stradali
assurgono a snodi delle vie di comunicazione, e nella
maggior parte dei casi sono inserite entro insediamenti di
una certa complessità. Legati alla presenza di un porto-
canale sono gli insediamenti di Leucopetra (III.4),
Salebrum VII.12, Lorium (supra, p. 100). A Scyle (scheda
III.5) sono i reperti anforari, che presentano grande varietà
tipologica, che indiziano la funzione di emporion per il
porto-canale che si crede ricavato presso la foce della
fiumara S. Pasquale, protetta anche dalla presenza di
promontorio, e la stessa definizione di emporion viene data
a Nicotera (scheda n. III.2). Presso le foci dei corsi d’acqua
si possono ricordare ancora Locri (n. III.7), Hydruntum,
Siris (supra, p. 94) e Ad Haesim9, e la presenza di uno
scalo portuale è quasi certa anche presso la stazione
anonima di Casalbordino (IV.4).
Come abbiamo già anticipato (cap. II, par. 3), molte delle
località menzionate negli itinerari si trovano presso i punti
di sovrapposizione tra le vie di terra e quelle d’acqua,
adombrando – qualora si riconduca queste fonti al servizio
di posta governativo – un’estensione dell’autorità del
cursus publicus anche a queste ultime. Piuttosto noti sono i
casi di Fossis e Hadriani (schede X.2-3) ma altri esempi,
seppure meno documentati archeologicamente, si posso
estrapolare dall’elenco delle stazioni menzionate nelle
fonti antiche: Sagis. Ad Padum, che nella stessa
apposizione rimarca la rilevanza della strada che segue il
Po10
, la stazione di VII Maria, posta nella zona
endolagunare alla quale si accedeva mediante la fossa
Flavia11
, e le due sui due rami del Meduacus, Minor e
Maior12
. Si può ricordare anche che, se si accetta la
ricostruzione “centrale” del tracciato della via di
collegamento tra Bononia ed Aquileia, le tappe di Vicus
Varianus, Vicus Serninus e Anneianus verrebbero a
localizzarsi presso i punti di attraversamento dei tre
principali corsi d’acqua della zona: il Panaro, il Po e
l’Adige13
. In ogni caso, lo scavo archeologico dello scalo
fluviale della Magliana (I.13), vicino a Roma, attesta che la
tessitura delle interconnessioni tra vie di terra e d’acqua fu
più fitta di quanto i documenti antichi testimonino. A
questi esempi, bisogna aggiungere i casi di stazioni
localizzate presso laghi: il caso, cioè, delle stazioni termali
di Aquae Albulae (supra, p. 87) e Aquae Apollinares (n.
VII.16), tra quelle schedate, e di Sirmio/Ad Flexum sul
lago di Garda, dove sono state documentate delle strutture
per approdo, costituite da palificazioni lignee (supra, p.
107).
Valichi
Il valico ha costituito in ogni epoca un punto molto
importante delle strade, come è evidente dalle numerose
indicazioni trasmesse dalle fonti14
, e come tale è stato
spesso rimarcato dalla presenza di luoghi di sosta,. In
questa raccolta, una posizione privilegiata hanno le due
stazioni del S. Bernardo, perché hanno potuto essere
indagate abbastanza estensivamente. Qui sono da rilevare
VII. - Conclusioni
172
la presenza dei luoghi di culto e l’assenza di impianti
termali, anche se il pessimo stato di conservazione di
entrambi questi insediamenti non consente ulteriori
approfondimenti. Tra quelle che, al contrario, non hanno
restituito emergenze significative, si può ricordare la
stazione del Mons Imeus15
.
Incroci e mercati
La disposizione topografica teneva conto anche di altri
fattori, l’importanza dei quali emerge fino nel toponimo16
:
si preferivano incroci tra vie o i punti in cui si staccavano
dei deverticoli di viabilità secondaria (12 casi accertati: Ad
Sponsas I.2, Tres Tabernae I.3, Ad Bivium I.5, Ad Nonum-
Ponte di Nona I.8, Settecamini I.11, Mesochorum II.1,
Nerulum III.1, Ad Turres VII.1, Forum Clodi VII.14, Ad
Vacanas VII.18, Fossis X.3; da includere anche i casi di
Ad Speluncas supra, p. 89, e Aquae Angae supra, p. 92),
rimarcando il fatto che alcune stazioni potevano nascere
proprio dove si staccava il bivio per una località posta in
regioni più interne rispetto alla strada e assumerne il nome
(ho accettato l’identificazione di Statua con la stazione di
Ad Turres, intesa come bivio per Turres, identificata con
Castel Giuliano scheda VII.1; più certi sono i casi di
“filiazione” delle stazioni distinte dai centri di più antica
tradizione: Succosa e Sublanuvium17
). Ancora più
incidente, è la presenza di stazioni nelle forcelle delle
biforcazioni stradali, come è stato accertato per Ad Sextum,
alla biforcazione tra la Clodia/Cassia e la via Veientana, e
per la stazione anonima presso La Storta, alla biforcazione
di Clodia e Cassia (nn. VII.13 e 17).
Presso gli incroci erano situati anche molti dei mercati,
alcuni preesistenti alla stazione, altri strutturatisi proprio in
funzione di questa, soprattutto perché una stazione
rappresenta un importante luogo di consumo ed un’ottima
piazza dove proporre mercanzie alla clientela di passaggio.
Non è facile ricostruire il rapporto di causa ed effetto
(quale, cioè, abbia generato la nascita dell’altro): nel caso
di Ad Sponsas, ad esempio, data l’antichità della via Appia
e della sua intensa frequentazione credo che sia stato
spontaneo il fenomeno di strutturazione di un agglomerato
che abbia funzionato come “scalo” del centro antico di
Velitrae, più arretrato ed arroccato rispetto alla consolare, e
che questo nucleo insediativo abbia attratto poi il luogo di
sosta, ma in altri casi ritengo che si possa sostenere il
contrario. Tra gli esempi che ho raccolto nella Rassegna
Topografica (cap. V), alcuni concorrono ad incrementare il
numero di attestazioni di stazioni stradali localizzate presso
importanti incroci: tali quelle di Teate Marrucinorum,
lungo la via Claudia Valeria, nella regio IV18
, di Ad
Haesim (supra, p. 98), allo stacco dell’importante via per
Agubium – Perusia, ed in quella anonima
all’attraversamento del Metauro, dove questo stacco si
combina con quello della via che risale l’omonima valle,
ed ancora Ad Fonteclos nella regio VIII, dove la via Emilia
incrocia la via che porta a Veleia (supra, p. 103); ma si può
anche fare il caso di una stazione che – almeno sulla base
dei rinvenimenti di superficie – si posiziona lungo l’asse
viario che raccorda il centro abitato alla viabilità di grande
scorrimento, come nel caso di Pyrgi e della via Aurelia
(DE ROSSI – DI DOMENICO – QUILICI 1968, p. 42).
Rapporto tra stazioni stradali ed aggregati limitrofi
Questo tipo di indagine è reso particolarmente complesso
dalla mancanza di distinzione che spesso si opera in
bibliografia tra il luogo deputato al servizio alla viabilità e
l’aggregato che in alcuni casi è attestato nei suoi dintorni
ed eventualmente ne divide il nome, anche quando
l’abitato è un centro urbano vero e proprio (il caso di Lucus
Bormani IX.2, Cattolica (scheda n. VI.1), Crixia “mansio
sorta …su un abitato preesistente di Ligures Montani”19
, e
Pitinum20
). Si può osservare, comunque, che tra i nostri 68
esempi, 26 confermano di essere stati circondati da abitati
più o meno grandi. Nel caso di Vacanas (n. VII.18) è
proprio in questo senso che si sta allargando la ricerca,
indagando anche le forme di occupazione del suolo e di
sfruttamento delle risorse della zona limitrofa alla stazione.
A Statulae (n. IV.3) si può supporre un fenomeno di
derivazione: se la stazione prende il nome da questo
piccolo abitato, è possibile che sia nata successivamente a
questo, in rapporto topografico molto stretto, mentre per
Clasidium si propone una sostituzione nel ruolo di punto di
riferimento per il popolamento sparso, traslato dall’abitato
più antico alla stazione stradale di più recente impianto
(supra, p. 106). In alcune situazioni, sono insediamenti
diversi che sembrano attrarre lo stanziamento di una
stazione: tale è il caso di grandi complessi produttivi, veri e
propri latifondi nel ben documentato caso siciliano, che
possono motivare lo stanziamento di una stazione stradale:
tale, almeno, è l’ipotesi formulata per la stazione di Scyle
(n. III.5). Nel caso di Aquaviva ad esempio, A. Camilli
sostiene che sia stata la stazione ad attrarre l’insediamento,
cronologicamente di poco successivo, ipotesi avanzata
anche dalla Settembrino per Ad Vicesimum III.8, e che è
sostenuta per l’insediamento che sarebbe sorto in
connessione con l’impianto dell’anonima mansio presso
Cattolica (scheda VI.1).
Alcune stazioni stradali hanno rappresentato senza dubbio
dei poli di coagulazione del popolamento sparso,
accentrando nelle loro strutture le diverse attività (anche
amministrative e giudiziarie, nei casi dei fora) che abbiamo
elencato in questa trattazione. Questo è documentabile,
però, soprattutto per le stazioni che, nel momento della
redazione dei documenti itinerari, avevano già raggiunto le
dimensioni di un abitato, e che per questo vengono
insignite della qualifica di “vicus” o “civitas”: fa eccezione
la stazione di Ad Novas lungo l’Aurelia, che sembra
rappresentare un punto di riferimento per il popolamento
già in età tardo-repubblicana (supra, p. 101). Nel caso di
Statua (n. VII.1 identificata con Ad Turres, ma anche
Baebiana), l’aggregato rurale, presso il quale si esercitano
anche alcune attività industriali, è preesistente: il salto di
qualità nella consistenza demografica e nelle infrastrutture
avviene proprio con l’età augustea. Anche Saebatum (n.
X.4) dimostra di essere un abitato di ben più antica
tradizione, anche se la coincidenza cronologica tra la
fondazione (pure incerta) dell’installazione “postale” e la
fase di maggior vitalità tra quelle registrate in epoca
imperiale deve farci intendere che forse l’inserimento in
una via di traffico e la “promozione” a tappa itineraria
VII. - Conclusioni
173
hanno positivamente inciso sulla prosperità dell’abitato.
La stessa priorità dell’abitato rispetto alla stazione si
verifica nei casi di Ponte di Nona (I.8) e della già
menzionata Statulae (IV.3), ed è suggerita per Roscianum,
nella regio III, centro antico localizzato presso Rossano,
nella piana costiera a NW del centro storico di Rossano
(resto toponomastico), tra le località di Ariano e Palazzo,
dove sono stati segnalati imprecisati resti di acquedotti,
ruderi di edifici e reperti mobili (TALIANO GRASSO 1993,
pp. 20-21).
Necropoli
In rapporto con la presenza di un nucleo insediativo nei
pressi della stazione è l’attestazione di aree sepolcrali, di
estensione e tipologia molto varia: dalle tombe alla
cappuccina o a fossa semplice (Tres Tabernae I.3, dove
sono attestate anche delle tombe a cupa ed in contenitori da
trasporto, Ad Bivium I.5, Ad Turres Albas I.9, anonima
sulla via Latina I.4, presso il cd. Praetorium Laverianum
II.2, a Lavinium III.3, ad Altanum III.6, Statulae IV.3, Ad
Aquas V.1, Tabellaria VII.4, Ad Herculem VII.12, Lucus
Bormani IX.3, Costa Ballenae IX.4, Pons Aesonti X.1)
fino ipogee (anonima presso La Storta VII.13, Alsium
supra, p. 100) o dei veri e propri monumenti funerari
(Ponte di Nona I.8, stazione anonima sulla via Latina I.4,
Settecamini I.12, Ad Turres VII.1, Telamon VII.8, Forum
Clodi VII.14) che ripetevano i paesaggi delle consolari
all’uscita delle aree urbane maggiori. Ho raccolto nelle
schede un totale di 42 casi (quindi, più della metà), che
aumentano qualora si vogliano includere i casi in cui le
sepolture si sono insediate quando almeno alcune parti
della stazione erano state già abbandonate: nel caso della
stazione anonima presso La Storta (n. VII.13), i cunicoli-
cisterna che prima servivano la villa vengono sfruttati
come corsie cimiteriali. In alcuni casi si ha continuità
nell’uso delle aree sepolcrali tra età pagana e cristiana (Ad
Sponsas I.2).
Rapporto con catacombe cristiane
Nella regione laziale sono molto comuni le relazioni
topografiche tra cimiteri cristiani ipogei e stazioni di tappa,
relazione che – data l’incidenza – non sembra doversi
ritenere occasionale: si possono segnalare i casi di Lorium
e Baebiana sull’Aurelia, Ad Vacanas sulla Cassia, la
stazione anonima presso La Storta alla biforcazione tra
Cassia e Clodia (Ad Bivium?), Ad Rubras ed Ad Vicesimum
sulla via Flaminia, Ad Bivium sulla Labicana, Ad Decimum
sulla via Latina, Ad Sponsas sull’Appia. Come è evidente,
la maggior parte di questi toponimi dimostra che si tratta di
aggregati sorti intorno alla stazione e che, quindi, questa ha
rappresentato una salda componente del paesaggio
insediativo (FIOCCHI NICOLAI 1988, p. 384-385, nota 1768;
FIOCCHI NICOLAI 1994, pp. 253-254). A questi esempi,
rilevati dal Fiocchi Nicolai, vorrei aggiungere la
catacomba di S. Senatore presso la chiesa di S. Maria della
Stella ad Albano Laziale (prov. di Roma), perché ritengo
che un luogo di sosta sorgesse nei pressi dei Castra
Albana, lungo la via Appia, dove sono noti anche
complessi termali molto vasti (QUILICI 1989B, pp. 69-70) e,
fuori dei confini del Lazio, la presenza – probabilmente
non casuale - di una catacomba nei dintorni della stazione
di Ad Martis, lungo il deverticolo che dalla Flaminia si
dirigeva verso Narnia e Nuceria (supra, p. 99).
Luoghi di culto preesistenti e coevi:
In una inestricabile connessione causa-effetto, anche la
presenza di luoghi di culto, pure di modeste dimensioni
come dei semplici sacelli, o di templi più vasti è
caratteristica di alcune stazioni21
(le stationes di Ad
Herculem e Ad Martis sono segnate addirittura nel nome
dalla presenza del luogo di culto). Presso alcune di esse
poteva essere ricavato uno spazio dedicato alla venerazione
degli dei, in alcuni casi dei veri e propri templi: così presso
Ad Nonum sulla via Appia n. I.1 (dove il tempio è stato
segnalato ma non più rintracciato), presso Ad Sponsas n.
I.2 (dove è solo ipotetica l’interpretazione di un grande
basamento, oggi non più visibile, come tempio), presso Ad
Bivium (I.5, dove era un santuario con un edificio di culto,
attribuibile con una certa sicurezza a Giano), presso la
stazione anonima della via Latina (n. I.4) che si posiziona
non lontano dal tempio della Fortuna Muliebre di
antichissima tradizione, presso Ad Mensulas (VII.20) che
accoglie il tempio (ipotizzato) ed il sacello dedicato ad
Ercole protettore dei viaggiatori; nelle stazioni del S.
Bernardo con gli edifici di culto legati a Giove (assimilato
in entrambi i casi a divinità preromane, connesse con la
natura dei luoghi e propiziatrici dei viaggi: nn. XI.3-4), e
ancora presso la stazione anonima di Serraungarina (supra
p. 98) con l’edicola dedicata forse ad Attis ed in quella
ugualmente anonima presso le Terme dei Gracchi (supra,
p. 102) con il piccolo tempio. In quasi tutti questi
insediamenti l’antichità del culto milita a favore di una
posteriorità della stazione ad esso22
, ma quando si
rinvengono solo statue di divinità – non potendo nemmeno
escludere che in alcuni casi non si tratti di simulacri di
culto ma di statue che decoravano ville e giardini – si può
avanzare l’ipotesi che appartenessero a piccoli luoghi di
venerazione (statue di divinità sono state rinvenute nelle
stazioni nn. II.3 Praetorium Laverianum, Ad Sextum
VII.19, Lorium supra, p. 100). La presenza di un mitreo a
Fons Timavi n. X.5 trova confronto, invece, con lo stesso
tipo di luogo di culto ad Immurium (supra, p. 78). In
generale i culti salutari sono più antichi dell’impianto della
stazione; questa considerazione può estendersi a molte
località segnalate nelle fonti itinerarie con il nome del
santuario (Jovis Larene23
, “Hercul’Rani”24
, Templum Jovis
Poenini id est Aguvium25
, e Fanum Fugitivi presso il valico
di Monte Somma), ma non credo che si possa ritenere che
queste tappe segnalino sempre delle stazioni del servizio di
posta: qui si è presentato il caso di Lucus Bormani (IX.2-
3), che sembra attestare effettivamente (soprattutto
nell’ipotesi “b”) la presenza della stazione stradale ed è,
quindi, possibile che anche in altri casi le stazioni stradali
distribuite lungo i percorsi che si avvicinavano a questi
santuari (senza, tuttavia, raggiungerli) abbiano preso nome
da questi celebri luoghi di culto, ma è altresì possibile che
– soprattutto l’Autore della Tabula – intendesse richiamare
solo l’attenzione su queste località, di interesse “turistico-
erudito”. Per mancanza di dati, non sempre i templi si
possono mettere in fase con il periodo di frequentazione
VII. - Conclusioni
174
delle stazioni: presso Ad Nonum I.1 la presenza del tempio
non è neanche sicura, ad Ad Sponsas I.2 è stato segnalato
ma non più visto. In quest’ultimo esempio, comunque, la
presenza del luogo di culto non è ritenuta significativa
come fattore di attrazione della stazione.
In molti casi è attestata la presenza di materiali votivi, che
però non presentano cronologia coerente a quella degli
insediamenti qualificati come stazioni, pertanto è la
stazione che si stabilisce in un luogo di culto di secoli
precedente e che nasce proprio in relazione ad una intensa
frequentazione di viaggiatori. In questo frangente, il culto
preesistente deve essere ritenuto solo un aggiuntivo
stimolo per la scelta del luogo ove stabilire la stazione, in
quanto tradizionale centro di aggregazione (nn. I.1 e I.2
dove la mansio sembra sorgere proprio con la crisi della
frequentazione religiosa, e I.5 Ad Bivium e Ad Decimum
sulla via Latina: QUILICI GIGLI 1981, pp. 95-97). Non
bisogna, infatti, esaltare l’incidenza di queste premesse,
perché tali coincidenze non sono troppo significative: il
caso dell’Appia, ad esempio, attesta che la nascita di questi
luoghi di culto è legata ad altri fattori, diversi da quelli
della frequentazione, e che la sistematizzazione del
tracciato stradale non tiene conto della posizione di molti
di questi piccoli santuari (MELIS - QUILICI GIGLI 1983, pp.
30-31).
La scarsa qualità dei dati, non consente di quantificare ed
approfondire la relazione con le sorgenti di acque termali o
minerali, gli impianti termali che le sfruttavano e con i
luoghi di culto che le rimarcavano: solo Fons Timavi (X.5),
tra le numerosissime stazioni termali ricordate nelle fonti
itinerarie ha restituito un edificio che in via ipotetica può
essere ricondotto ad una struttura di servizio stradale. Gli
altri 4 esempi qui riportati (Aquae Angae supra, p. 92,
Aquae Cutiliae IV.1, la statio Ad Aquas V.1 e le Aquae
Apollinares VII.16, per quest’ultime sole è documentata la
sede di un culto importante) non presentano edifici che
rispondano a quelle caratteristiche (a meno che, nel caso
delle Apollinares, non lo si voglia identificare nella cd.
Villa di Domiziano), indiziando, comunque, la possibilità
che anche in questo caso il culto non abbia inciso
sull’impianto della stazione stradale, e confermando,
indirettamente, l’ipotesi che i documenti itinerari - la
Tabula in primo luogo – non traslino automaticamente un
elenco di stazioni stradali.
A proposito dei luoghi di culto, un discorso a parte si può
riservare a quelli cristiani, perché – data la recenziorità
assodata di questi rispetto agli impianti delle stazioni – la
loro presenza meglio si inquadra tra i parametri che
servono a misurare l’incidenza della continuità, ma in
questo contesto, voglio ricordare che presso una delle
stazioni che ho presentato si trova una delle uniche due
aule di culto ebraico di epoca romana conosciute in Italia,
di datazione peraltro piuttosto bassa (inizio IV secolo
d.C.): la destinazione sinagogale di alcuni locali di Scyle
(scheda III.5) appare del tutto eccezionale. Più che al ruolo
di stazione stradale credo che questa singolarità si debba
ricondurre alla presenza dello scalo portuale, che secondo
l’Editrice si configurava come un vero e proprio emporion,
aperto quindi alla frequentazione anche di genti allogene.
Propaganda
È evidente che la frequentazione intensa che doveva
caratterizzare questi luoghi invogliava alla propaganda:
così si spiegano l’abbondanza dei miliari con iscrizioni
celebrative (I.12 stazione anonima sulla via Tiburtina)e le
iscrizioni che ricordano i meriti di individui e gentes (ad
esempio: Ad Sponsas I.2,: gens Octavia che ricorda la sua
attività per la via Mactorina; Ad Turres Albas n. I.9 con
l’iscrizione di Phenippus che ricorda la sua attività di
bonifica delle acque costiere; il testo tardo stoico di Ad
Bivium I.5; il miliario (?) di Antonino Pio da Lucus
Bormani n. IX.2). In molti casi si sfruttava l’utenza con
intento propagandistico di grande effetto per il culto
imperiale, attestato dal recupero di statue (Albinia VII.7:
Gallieno; Salebrum VII.10: Adriano). Da Forum Clodi (n.
VII.14) proviene una ricca collezione di documenti
epigrafici che celebrano imperatori e alcuni noti
personaggi della casa imperiale o magistrati locali. Un caso
analogo è quello della “mutatio Aquilonis”, registrata dal
Burdigalense, dalla quale proviene un documento
epigrafico che attesta il culto di tutta la famiglia imperiale
al tempo di Caracalla (supra, p. 89). Da menzionare, poi, il
basamento che lungo la strada enfatizzava probabilmente
proprio il miliario di Ponte di Nona sulla via Prenestina (n.
I.8), che accoglieva, con ogni probabilità, un’altra
iscrizione celebrativa.
Edifici a pianta basilicale
In due casi (schede I.12 e VII.18), vi è un edificio con
caratteristica pianta a basilica, integrato nella “piazza
forense” di Baccano e, al contrario, isolato ma prospiciente
la strada sulla via Tiburtina. Anche se la seconda
esemplificazione è di incerta interpretazione (non si può
escludere che si tratti di un edificio ad uso funerario),
queste presenze, se la cronologia è davvero congrua con
quella della stazione stradale della quale fanno parte o
presso la quale sono situate, lasciano intravvedere
un’interessante conferma di quanto sopra sostenuto (cap.
II), che cioè presso queste stazioni si svolgessero anche
delle attività amministrative e politiche.
Planimetrie e Volumetrie
Gli abitati
Quando la conoscenza archeologica degli aggregati
raccolti intorno alle stazioni è sufficiente, si è potuta
verificare una certa omogeneità nella disposizione delle
costruzioni, che appaiono continue e tutte raccolte lungo
l’asse viario: tale è la conformazione di Ad Vacanas (n.
VII.18) e di Saebatum (n. X.4), che trovano un confronto
pieno nell’abitato di Chameleux (supra, cap. IV). Troppo
evanescenti sono i dati provenienti da Nicotera (III.2), Ad
Vicesimum (III.8) e Leucopetra (n. III.4) per poter
ricostruire le dinamiche interne agli abitati, se fossero cioè
continui o a nuclei distinti, ma è interessante misurare
almeno la loro estensione. Se si avessero delle certezze
sull’identificazione del vero e proprio stabilimento stradale
nelle località di Mesochorum (II.1), Locri (III.7), Lucus
VII. - Conclusioni
175
Bormani (IX.2-IX.3) e Fons Timavi (X.5), si potrebbe
rilevare la tendenza dei luoghi di sosta a distanziarsi
topograficamente rispetto al piccolo nucleo abitato di
antica tradizione.
Gli edifici “a corte”
(Tav. VIII) Presso le due stazioni del S. Bernardo, si
individua una tipologia architettonica di edifici per
accoglienza, che sarà molto diffusa soprattutto nelle
province. Si tratta di edifici a corte, con l’ingresso
variamente aperto su un lato corto o lungo, comunque
sufficientemente ampi per il passaggio di un carro, con
ambienti più o meno vasti (a volte, con divisioni realizzate
in materiale deperibile), disposti quasi sempre sui tre lati
rimanenti, per i quali – in qualche occasione – si riconosce
la destinazione d’uso, attraverso la presenza di vasche-
abbeveratoio per gli animali, di piccoli forni per le cucine,
di impianti di riscaldamento funzionali al soggiorno. La
maggior parte di questi edifici viene ricostruita con un
secondo piano, spesso ligneo. Il modello dell’edificio A
dell’Alpis Graia, di impianto augusteo, con l’ingresso sul
lato lungo frontale, sembra esportato senza sostanziali
variazioni a Moosham - Immurium. Uguale disposizione ha
la piccola stazione di Wadi es Sidr in Siria (supra, p. 79),
che però propone un modello piuttosto semplificato, con
un’offerta di prestazioni molto limitata (il rifornimento
idrico, lo stallaggio, forse la ristorazione). La forma
allungata, con l’apertura sul lato maggiore, è tipica anche
dello stabilimento di Ponte di Nona (n. I.8), che come già
rilevato, trova confronto con quello di Bab el Mukheinig in
Egitto, che pure ha un vasto recinto per gli animali, ma non
sembra fortificata, quanto piuttosto controllata da una torre
posizionata alla sommità della collina retrostante (REDDÉ -
GOLVIN 1987, p. 30). Una corte allungata
perpendicolarmente rispetto alla strada è l’edificio
“postale” di Chameleux – Williers, costituito da alcuni
vani aperti su un cortile accessibile dalla strada mediante
un ingresso ampio. “Da manuale” è poi l’esempio (non
documentabile graficamente) del cortile della stazione
anonima di Serraungarina (supra, p. 98), sui 3 lati del
quale si aprono dei locali, cortile che si affaccia sulla
strada con un portico. In scala più piccola, l’edificio a
rettangolo allungato sembra anche il modello più di
frequente adottato per gli stabula, intesi come stazioni di
sosta alle porte delle città, che di norma presentano un
cortile per parcheggiare i veicoli e le stalle per lasciare gli
animali durante la notte (CASSON 1974, p. 205 ss.). Il
complesso documentato a Rigomagus (n. XI.5)
incarnerebbe il modello più schematizzato, dove l’area a
corte è, sì, cinta da un muro perimetrale e decorata da
colonne o pilastri lungo tutto il suo perimetro (colonnato
che potrebbe sostenere gli ambienti del secondo piano), ma
non ha partizioni al piano inferiore, almeno non in
materiale durevole. Ad un modello simile si potrebbero
ricondurre le planimetrie degli edifici noti più
frammentariamente, come quelli di Tres Tabernae (I.3),
Torrita di Amatrice (IV.2) e l’edificio del saggio C delle
Masse di S. Sisto (VII.19). Una pianta ad “U” è tipica dei
complessi di Bagno di Romagna (VIII.2) e Fons Timavi
(X.5). L’edificio rilevato a Ad Sponsas (n. I.2) è piuttosto
frammentario, ma sulla base dell’edito si può ritenere che
le aree scoperte fossero due: l’una, molto ampia, adibita
verosimilmente a parcheggio dei veicoli, forse attrezzata
con ricoveri per gli animali, l’altra (A, nella fig. 22)
avrebbe potuto funzionare, invece, da cortile intorno al
quale si disponevano gli ambienti destinati all’accoglienza.
Edifici a corte, per i quali non sono state edite delle
planimetrie che ne consentano una valutazione concreta e
che ne permettano il confronto con gli altri esempi, sono
menzionati presso Altanum (se la si localizza ad Ardore
Marina, supra, p. 93), Alba Pompeia e presso le località di
Serraungarina e Brentino, dove, appunto si ipotizza la
presenza di stabilimenti “di posta” (supra, pp. 106; 98;
108). A questo stesso modello deve aver attinto il Canina
nella raffigurazione delle stazioni di Ad Nonum e Aricia
lungo la via Appia (figg. 112-113): se la prima appare
ispirata ai grandi horrea, per la seconda si possono
candidare le grandi ville imperiali. Una variante del
modello planimetrico a corte potrebbe essere ritenuto
quello della “villa rustica”, che vede gli ambienti disporsi
su almeno due lati di un vasto cortile, anche se, a volte, a
questo se ne affiancano altri di dimensioni più piccole, e la
distribuzione delle volumetrie non è omogenea (Albinia,
VII.7): la parte residenziale, che resta ben distinta da quella
“rustica”, secondo il modello varroniano, “squilibra”
l’assialità della planimetria, aggregando più volumetrie
intorno a cortili e peristili aggiuntivi, come avviene ad
Alba Docilia (IX.1), Turrita-Ad Herculem (VII.12), e
Malvito (III.9), ma proprio Alba Docilia trova un
confronto planimetrico quasi perfetto nella stazione di
Kempten (tav. IX; BLACK 1995, p. 62 ss. Sul modello della
“villa”, infra, p. 181).
Articolazione per padiglioni distinti
Abitualmente ricondotto al modello della villa rustica di
tipo varroniano è il grande complesso articolato in
fabbricati distinti, ai quali, spesso anche sulla base dei soli
elementi di superficie, è possibile assegnare il ruolo di
quartieri residenziali, sale termali, edifici adibiti al
deposito delle merci e degli attrezzi, aree deputate alla
lavorazione dei prodotti agricoli. Questa articolazione, ben
documentata tra i nostri esempi a S. Giusto (scheda II.2), è
ravvisabile anche in altri complessi, come quello in via
ipotetica identificato con la stazione di Caprasia nella
regio III (supra, p. 91), e la stessa organizzazione spaziale
per dependances è ravvisabile anche a Sabate (scheda
VII.15). Altrettanto significativi sono i casi di Bagno di
Romagna (n. VIII.2), della villa delle Crocicchie e della
stazione anonima dell’Aretino (supra, pp. 101-102). È
evidente che solo indagini archeologiche approfondite ed
estese possono chiarire la differenza tra le tipiche ville
rustiche ed alcuni tipi di stazioni che conoscono edifici
distinti, come quella di Ad Vacanas, che sulla base della
sola ricerca di superficie, possono essere confuse.
Significativa appare la scelta, operata dai proprietari di
alcune ville, prudentemente un po’ arretrare rispetto alla
viabilità di intensa frequentazione, secondo i precetti
dell’agronomia, di “staccare” uno stabilimento proprio a
ridosso della strada, che funzionasse da luogo di sosta: le
VII. - Conclusioni
176
esemplificazioni qui raccolte (ad esempio, la stazione
anonima presso lo stabilimento Alenia sulla via Tiburtina
(supra, p. 87) o quella presso La Storta, VII.13)
rappresentano solo una piccola parte di una forma di
impresa che deve essere stata quasi la regola, e che trova
quasi una sua ufficializzazione nelle stazioni che nel
toponimo prediale manifestano la loro “dipendenza”
rispetto ad una grande azienda agricola (infra, p. 181).
Strade, accessi basolati e piazze lastricate
Tra le schede archeologiche si contano 45 prove di transito
della strada quasi a ridosso del perimetro dell’edificio o
nelle sue immediate vicinanze. Non sempre si tratta
dell’asse viario principale, ma comunque di una comoda
via di accesso alla struttura: tra quelle della Rassegna
Topografica si può ricordare il caso di Baebiana (supra, p.
100). In diversi esempi la contiguità con la strada è
esplicita: in alcune situazioni sono le costruzioni stesse che
invadono la crepidine (Ad Sponsas I.2), in altre sono i
basolati stradali che si allargano a formare delle piazzole
sulle quali gli edifici prospettano (Ponte di Nona I.8, le
Masse di S. Sisto VII.19), mentre più originale è la
soluzione adottata nell’edificio 3 di Saebatum, con il
grande emiciclo aperto sul fronte strada, quasi a
sottolineare l’integrazione tra lo stabilimento e la sua
funzione di area di sosta e di manovra per i veicoli (n.
X.4). In altri casi ancora la sede carrabile si sdoppia per
poter agevolmente entrare negli appositi spiazzi
(Settecamini I.11). O ancora sono piccoli deverticoli che
garantiscono l’accesso dei mezzi e lo smistamento del
traffico veicolare nei diversi cortili, o anche lo scarico
delle merci (I.3 Tres Tabernae).
Con l’intensità della frequentazione di uomini, animali e
veicoli sono da mettersi in relazione gli spiazzi, spesso
lastricati intorno ai quali si dispongono gli edifici: tale è il
caso, per esempio, delle grandi stazioni di Forum Clodi e
Ad Vacanas (VII.14 e VII.18), mentre meno definiti, ma
pur sempre simili, sono quelli di Statua/Ad Turres n. VII.1
e la piazzola di Ad Nonum sulla via Appia (I.1).
Leggermente distinta planimetricamente ma di identica
funzione è la soluzione adottata nella stazione anonima
della via Tiburtina attraversata da una ramificazione del
lastricato (supra). Simile funzione dovettero avere le
“palestre o giardini” della statio n. VII.2 (Fregenae).
Lungo la via Appia sono documentati diversi casi di
marciapiedi lastricati con la stessa tecnica del manto
stradale, che vengono interpretati come allargamenti della
sede stradale stessa in prossimità di aree di sosta,
funzionali alle manovre e forse adibiti a “parcheggi” (tav.
X; QUILICI 1990, pp. 47-50, 55): qui abbiamo ricordato il
caso di Ad Medias, dove il Decennovio si dilata fino a
divenire una piazzola di sosta, di fronte al casale di posta
moderno, erede di quello antico (supra, p. 85). Presso
Ariminum ed Ariolica, invece, non si è potuta documentare
la lastricatura di questi spazi, ma ugualmente si è rilevata
la presenza di “un’area di rispetto” inedificata, risparmiata
a lato della strada, che deve aver assolto la stessa
funzione26
. In due casi (I.9 Ad Turres Albas e I.11
Settecamini) il portico si apre direttamente sulla strada.
Casi sicuri di accessi carrozzabili sono a Tres Tabernae
I.3, Rebibbia I.10, Settecamini I.11.
I Cortili
Nel 50 % esatto dei casi qui documentati (35 casi) si è
riconosciuta un’area scoperta, genericamente definita
cortile. Si può sostenere che gli spazi scoperti più ampi
servissero da aree di parcheggio per i veicoli, e che invece
quelli più piccoli, magari completati da portici con
rifiniture architettoniche potessero invece funzionare da
fulcri per gli ambienti residenziali. Tali potrebbero essere i
casi di Fregenae (VII.2: palestre o giardini), di Ad Turres
Albas (n. I.9) e Sirmio-Ad Flexum (supra, p. 107), dove la
frammentarietà del dato archeologico non consente di
accertarne la planimetria. Tali cortili sono documentanti
numerosi anche nelle stazioni “anonime”, come quelle
della via Tiburtina Cornicolana (supra, p. 87).
Gli alloggi
Nelle grandi stazioni, si è potuto isolare un modello di
edificio destinato ad alloggio radicalmente ispirato ad una
tipologia architettonica ben documentata negli
accampamenti militari, cioè quello dei contubernia. In
Italia, il solo caso presentabile è quello del cd. albergo di
ad Vacanas (fig. 76), per il quale almeno si può rimandare
allo stringente confronto con un edificio per pernottamento
rilevato a Richborough (fig. 2; BLACK 1995, p. 19-20), a
sua volta non dissimile da quello di Inchtuthil (fig. 1, tav.
XI), dove una lunga file di baracche a pianta uniforme,
interpretate come contubernia, si affianca ad altri
complessi, architettonicamente più rifiniti27
. Questo
modello, che prevede solo gli alloggi per le persone e non
per i mezzi e gli animali, con una forma più stretta ed
allungata rispetto a quelli a corte sopra visionati ma con la
stessa disposizione su tre lati, ha una sorta di capostipite in
Italia negli “hospitalia” di Villa Adriana, che non hanno
alcun rapporto con le stazioni stradali, ma che - dal
momento che propongono un modello elaborato nel centro
del potere – si qualificano come piuttosto significativi
(figg. 109-110)28
. Tra le esemplificazioni qui raccolte si
possono elencare alcune teorie di vani affiancati in file
parallele o appena ruotati rispetto all’asse stradale (Ad
Nonum I.1 e Tres Tabernae I.3 sulla via Appia, e la
stazione anonima sulla via Latina I.4), ma sono esempi
piuttosto lacunosi29
.
I servizi: magazzini, stalle, latrine.
Si è potuta documentare archeologicamente la presenza di
grandi stalle (ribadita anche dalle fonti: supra, cap. III), di
magazzini ampi per la conservazione delle derrate, per la
sistemazione degli attrezzi, di locali adibiti al deposito dei
mezzi di trasporto (carri), inseriti tra le aree più
residenziali destinate all’alloggio ed al ristoro dei
viaggiatori: 10 sono i casi di stalle sicure, tra le schede
della Rassegna Archeologica. Una stalla è anche segnalata
tra le schede della Rassegna Topografica: si tratta di quella
nel centro di Riccione, in un punto in cui sembra certa la
pratica del traino delle chiatte dalla riva (supra, p. 103).
Recinti realizzati in materiale meno deperibile destinati a
VII. - Conclusioni
177
chiudere gli animali sono stati ben documentati presso la
stazione anonima di Casalbordino e le stazioni el Heita e
Bab el Mukheinig (figg. 9, 17).
In poche edizioni si è fatta menzione degli ambienti adibiti
a deposito e magazzino, che devono aver occupato, al
contrario, ampie porzioni degli edifici: casi particolari sono
quelli delle celle vinarie (Praetorium Laverianum II.2,
Statulae IV.3). Un’intera zona adibita allo stoccaggio delle
merci mediante lo scavo di silos è presente
nell’insediamento identificato con Siris: l’identificazione
topografica non è unitariamente accettata ma è suggestiva,
e si candida come opportunità di verificare la
sovrapposizione tra stazioni stradali e centri di
smistamento del traffico commerciale (supra, p. 94). Da
approfondire sono i casi degli edifici dislocati lungo le
strade (qui si è fatto il caso della regione dei Campi
Flegrei, supra p.87) che sono stati qualificati come horrea
ma che potrebbero rappresentare una porzione di stazioni
stradali ben strutturate.
Le latrine, che su un piano archeologico si qualificano
“platealmente”, non sono molto numerose, soprattutto in
rapporto al numero degli impianti termali documentati, ai
quali in genere sono associate; gli esempi di Ponte di Nona
e Valesio si attestano, comunque, come esemplificazioni
dell’integrazione con lo stesso stabilimento dell’ospitalità.
Ancora, tra gli elementi utilitaristici, si può menzionare un
immondezzaio presso la stazione di Statulae (n. IV.3),
dove sono stati ritrovati almeno 20 pozzi, riempiti con
rifiuti domestici.
Dotazioni infrastrutturali e tecniche costruttive
Le fonti di approvvigionamento idrico: sistemi di
captazione, approvvigionamento, distribuzione e
smaltimento (acquedotti, cisterne, pozzi, vasche ed
abbeveratoi).
Come abbiamo già sottolineato, l’acqua è elemento
indispensabile alla vita di una stazione, in alcuni ambienti
particolarmente ostili, la sua ragione d’essere (il caso della
piscina-abbeveratoio in Siria, supra p. 80), quand’anche
non sono le vasche e le loro riserve a rappresentare l’unico
apprestamento riconosciuto della stazione (I.7 Ad Statuas
sulla Labicana, VII.8 Telamon “a” e VII.11 Ad Piscinas: in
questi ultimi due casi, sembra sicuro l’accesso dal mare,
che ne confermerebbe anche un uso per l’acquatico). In
qualche caso, la vasca con l’acqua viene distaccata dal
complesso della stazione, quando questa è leggermente
arretrata rispetto alla strada principale, per essere più
facilmente accessibile, come è nel caso di Ad Bivium n. I.5,
dove è sistemata sul declivio appena a monte della strada.
Alcune di queste, nella decorazione più o meno ricca,
dimostrano di essere state funzionali a dissetare gli uomini
(esempio, stazione anonima presso La Storta n. VII.13).
L’impegno tecnico che presiede alla realizzazione di
alcune di queste cisterne conferma la rilevanza che queste
fonti di approvvigionamento dovevano rivestire. Colpisce
lo scarso numero di vasche-abbeveratoio attestate: solo
nella stazione anonima di Settecamini (n. I.11) sono
attestati ben tre abbeveratoi nello stesso cortile, nell’altra
stazione anonima della stessa via Tiburtina (I.12) una
cisterna costruita in alzato sembra essere trasformata in
stalla con abbeveratoio costituito da una canaletta scavata
nel pavimento; così come abbeveratoi sono documentati
presso alcune delle grandi stazioni “estere” brevemente
presentate (Augusta Raurica): vi è il sospetto, quindi, che
tali elementi siano stati sottovalutati nelle edizioni. La
presenza di fontane è stata documentata presso le stazioni
di Ad Medias sulla via Appia e di Ad Haesim sulla
Flaminia (supra, p. 98), mentre la stazione di Ad Silanos
nella regio X, rimarca nel nome stesso la ragione della sua
esistenza30
. Fontane ed abbeveratoi, indispensabili alla
sopravvivenza di uomini e animali, erano comunque
sistemati lungo le vie anche indipendentemente dalle
stazioni (l’esempio della serie di pozzi che si attesta sulla
via Tiburtina presso Settecamini-Casal Bianco I.12), e
presso le porte urbiche, quando queste erano collegate con
la viabilità importante, come è ben documentato a
Tusculum (MANDRUZZATO 1993). In questi casi, non
escluderei la possibilità che la menzione del centro urbano
nelle fonti sottintenda proprio – e soltanto – che presso tali
nuclei urbani era possibile rifornirsi nel corso di un
viaggio. Non è forse una coincidenza, infatti, che alcune
fontane si trovino in prossimità delle porte urbane, come
avviene a Saepinum con la fontana del Grifo (supra, p. 95)
e ad Herdonia31
. Tali infrastrutture, sia in aree urbane che
lungo le strade, erano apprestate per iniziativa delle
amministrazioni pubbliche, statali e cittadine, ma molti
sono anche i casi in cui è attestata l’iniziativa privata,
secondo una pratica di evergetismo di sicuro riscontro (i
casi della villa dei Quintili, del cd. mausoleo della Celsa
sulla via Flaminia per il privato, della fontana della
Mezzaluna sulla Prenestina, forse, per il pubblico32
).
Diverse, invece, sono le soluzioni tecniche per condurre
l’acqua dove non vi è grande disponibilità naturale: la
presenza di un acquedotto è certa a Nicotera (III.2), Ad
Vicesimum (III.8) e Aquae Apollinares (n. VII.16, dove
sembra distaccato un ramo dell’Aqua Alsietina), possibile a
Pons Aesonti (X.1) e a Statulae (n. IV.3) ed è ipotizzabile
anche che la stazione anonima al IV miglio della via Latina
(n. I.4) fosse servita da un piccolo ramo dell’acquedotto
Claudio che la sovrastava. Non sono ricordate moltissime
cisterne (tralasciando quelle documentate presso gli
stabilimenti termali, I.2, I.3, I.5, I.8, I.12, I.13), ma questo
potrebbe dipendere dalla qualità della documentazione. Il
caso di Alsium (I.3), con la “piscina” di dimensioni
piuttosto anomale, potrebbe confermare che sono elementi
diagnostici molto significativi. In altri esempi, l’acqua era
captata e smaltita mediante cunicoli (Ad Nonum I.1 e Ponte
di Nona I.8, Ad Bivium I.5, Telamon VII.8-9, anonima
presso La Storta VII.13, Ad Turres VII.1), addotta e
distribuita mediante condutture fittili o plumbee (Ad Turres
Albas I.9, Ad Speluncas supra, p, 89, Ad Mensulas VII.20,
Manliana supra, p. 102). Singolare (ma non chiaro) è
l’apparato per la captazione dell’acqua potabile dal fiume
di Fossis X.3; certo è, che le stazioni fluviali usufruissero
di forme di approvvigionamento idrico proprie.
VII. - Conclusioni
178
Le terme
Immancabili presso le stazioni sembrano essere le terme,
meglio identificabili sia in fase di scavo che di ricerca sul
terreno: piccole o grandi, più o meno lussuose, sono
proprio un’infrastruttura indispensabile al ristoro dei
viaggiatori (ne sono attestate in 41 delle 68 stazioni
schedate), ma molte se ne possono ricordare anche tra le
località oggetto della schedatura topografica, non
dimenticando che è proprio la presenza di uno stabilimento
termale disposto lungo la viabilità o in prossimità di essa
che ha indotto gli editori a suggerire la natura itineraria di
molti di questi complessi archeologici: con la sola
eccezione di Careiae (supra, p. 101), infatti, l’elenco
contempla tutte stazioni “anonime” (quella della via
Tiburtina - supra, p. 87), quelle della Madonna di Gallano
(supra, p. 88-89), quella presso la Masseria Malvindi
Campofreddo (supra, p. 89), quella del deverticolo della
via Flaminia presso la stazione Agip (supra, p. 99), quella
delle Terme dei Gracchi (supra, p. 102), quella individuata
nell’Aretino (supra, p. 102) e quella della periferia di
Riccione (supra, p. 103-104), alle quali aggiungerei lo
stabilimento termale di Via Terracina a Napoli, che si trova
anche in una significativa posizione topografica, presso la
biforcazione delle due principali vie di collegamento con
Puteoli). In qualche occasione dei piccoli stabilimenti
termali trovavano posto lungo le consolari, anche tra i
monumenti funerari: un impianto termale è stato rilevato
dal Canina al V miglio della via Appia33
.
Le tavole che raccolgono i vari impianti termali
documentati archeologicamente (tavv. XII-XIII)
dimostrano che la scelta delle planimetrie non seguì alcun
“modello”, a dispetto della consueta uniformità di questi
impianti, anche se alcuni di questi sono noti troppo
frammentariamente per essere oggetto di confronto; basti
rilevare, infatti, che le somiglianze tra questi vari impianti
potrebbero aumentare nel caso in cui si avessero più dati:
ad esempio, i resti di Annicia (supra, p. 92) conservano
solo labili tracce degli altri vani che contornavano la
grande sala absidata, alcuni dei quali potevano essere
scoperti e porticati, facendo così assumere a questo
complesso un aspetto simile a quello delle terme di
Valesium (n. II.3), con il quale divide la cronologia
piuttosto bassa. Al solo livello di notizia, sono ricordati
impianti termali presso la stazione di Scyle (n. III.5).
Gli esempi sopra elencati sono stazioni stradali che
vengono dotate, tra le infrastrutture, di sale termali ma è
ben documentato anche il fenomeno inverso, lo
stanziamento, cioè, di luoghi di sosta o di infrastrutture
viarie presso le sorgenti di acque termo-minerali,
variamente monumentalizzate. Tra i numerosi esempi di
tappe localizzate presse le “Aquae”, tanto diffuse
soprattutto tra quelle segnalate nella Tabula e già ricordate
a proposito della relazione tra stazione e luogo di
venerazione, abbiamo qui presentato le Aquae Angae
(supra), p. 92, le Aquae Cutiliae (n. IV.1), la statio Ad
Aquas (n. V.1), le Aquae Apollinares (VII.16), il Fons
Timavi n. X.5, ma anche stazioni anonime come quelle
delle Masse di S. Sisto (VII.19) e di Bagno di Romagna
(VIII.2)34
o esempi solo indiziari come quello di Sinuessa
(supra, p. 86). Che non fossero esclusivamente stazioni
termali nel senso moderno del termine (cioè, stabilimenti
incentrati e finalizzati al solo sfruttamento delle sorgenti di
acque termo-minerali), ma che intorno a questi edifici
fossero nate anche delle strutture di altro tipo, è
confermato dalla presenza di tombe, fenomeno di
superfetazione che avviene anche ai giorni nostri. Alcuni di
questi, attestano di essere stati parzialmente reimpiegati
dopo l’abbandono, per lo scopo funerario o per l’impianto
di luoghi di culto (Aquae Cutiliae IV.1), e questo potrebbe
indiziare la presenza di nuclei insediativi anche di
cronologia anteriore.
Tecniche costruttive
Tra i dati più prettamente archeologici, quello delle
tecniche con le quali sono state edificate le strutture –
seppure, non sempre indicato – appare uno dei parametri
più indicativi per misurare l’estrema disomogeneità
dell’insieme e l’incidenza della tradizione locale. Nelle
regioni vicine al centro del potere, e quindi in quasi tutte le
stazioni della regio I e nella parte meridionale della regio
VII, nelle infrastrutture viarie come nelle altre
realizzazioni edilizie, le tecniche costruttive si uniformano
quasi completamente a quelle in auge nell’Urbe, con una
consistente attestazione di opera reticolata (I.1, I.2, I.3, I.4,
I.5, I.9, I.10, I.11, I.12, I.13, VII.14, VII.17), alternata
all’opera laterizia (I.8, VII.5), o ad essa associata (VII.1,
VII.2, VII.3, VII.13), con un rilevante impiego del vittato
nelle fase più tarde (ad esempio, I.3, I.4, I.10, VII.18, ecc.),
senza che si registrino differenze tra le realizzazioni che si
possono attribuire all’imprenditoria privata e quelle che
lasciano, invece, presumere l’intervento di un’autorità
centrale. Nelle regioni meridionali, appare, al contrario, più
percepibile l’influenza della tradizione locale,
rappresentata dalle tecniche murarie che impiegano
pietrame di varia forma e pezzatura (III.1, III.9) o ciottoli
(III.4, III.5, III.6), a volte anche messi in opera a secco
(III.1). Nell’Italia settentrionale, non sembra esserci deroga
a questa elementare constatazione, anche se i dati sono più
scarsi (uso di ciottoli nelle murature di Alba Docilia e
Rigomagus, per fare gli esempi più macroscopici): qui
sono i condizionamenti climatici che con quelli culturali
producono i tipi più caratteristici delle zone fredde e
montagnose, come nelle stazioni del S. Bernardo (XI.3 e
XI.4) e di Saebatum (X.4). Proprio in merito a quest’ultima
località, si può sottolineare come, quando lo stabilimento
“postale” è stato riconosciuto entro un insediamento più
vasto, contrariamente a ciò che si è notato in Britannia, le
tecniche edilizie adottate per erigerlo non si distinguano da
quelle adottate nello stesso periodo nelle costruzioni
circostanti.
Qualità - Lussuosità dei rivestimenti e delle
decorazioni architettoniche
Emerge dai manufatti superstiti un’apparenza
contraddittoria di austerità o di ostentata ricchezza, che
trova interpretazioni e giustificazioni diverse. In alcuni casi
(ad esempio, Altanum III.6) si sostiene che la qualità delle
decorazioni architettoniche e dei tappeti musivi siano
VII. - Conclusioni
179
indizio di un impegno economico rilevante tale da essere
attribuito al potere centrale, in altri si sottolinea come la
povertà dei rivestimenti non renda possibile riconoscere
nel complesso una villa padronale, bensì una stazione
(Malvito III.9). Questa mancanza di appiattimento che – è
bene sottolinearlo - è pienamente in linea con la difformità
che caratterizza le soluzioni metropolitane rispetto a quelle
provinciali, rientra comunque nella più vasta problematica
della tipologia della stazione (per una sola sosta o per un
più lungo soggiorno), della attribuzione ad una gestione
pubblica o privata, di quello che oggi definiremmo
“target”, cioè del tipo di fruitori ai quali ogni stazione era
destinata, e ad una eventuale trasformazione dei criteri
informatori nel corso del tempo, o anche ad uno
sdoppiamento di livello delle strutture ricettive all’interno
della stessa stazione. È possibile, cioè, come sembra
documentato in Britannia, che le stazioni governative
prevedessero tipologie diverse di alloggi, per i personaggi
di rango e per i subalterni (BLACK 1995, p. 91). In diversi
casi, si avanza l’ipotesi che - almeno nell’epoca più alta di
istituzione del servizio - i personaggi di rango inferiore
(anche in missione ufficiale) potessero essere alloggiati
presso strutture private, e che i titolari di questi esercizi
fossero rimborsati dalle amministrazioni cittadine delle
spese sostenute35
. Su tale base si fonda il presupposto che
nelle stazioni del servizio governativo fossero previste –
nella fase dell’impianto – solo le strutture per ospitalità di
prima classe, affiancate, solo dopo il II secolo d.C., da
quelle di secondo livello, presupposto che sarebbe
confortato dal dato archeologico (supra, cap. IV).
In Italia nessuna stazione è stata indagata tanto
approfonditamente da poter confermare od escludere
questa possibilità: a Baccano, allo stato attuale della
ricerca, l’edificio per accoglienza sembra di un solo tipo,
ma che fossero contemplate forme di ospitalità di prima e
seconda classe, sembra confermato dalle considerazioni
condotte a proposito degli hospitalia di Villa Adriana.
Alcune di queste differenze potrebbero essere imputate
all’adeguamento a stazione stradale di monumenti
preesistenti o alla pratica di esercitare attività ricettive
entro strutture che pure mantengono la loro connotazione
originaria (ad esempio, le ville marittime, su cui infra, p-
180), oppure - se si ammette per lo stesso stabilimento la
funzione di stazione del cursus publicus e luogo di sosta
per privati cittadini - la lussuosità dei rivestimenti
marmorei e musivi, delle decorazioni architettoniche fittili
e lapidee, l’eleganza dei portici, la presenza di vetrate,
ecc., dovettero rappresentare una delle attrazioni principali
per i viaggiatori che ricercavano anche una sistemazione
molto confortevole, e l’ostentazione del lusso avrebbe
potuto rappresentare un “richiamo turistico”, andando a
costituire una delle preoccupazioni principali degli
architetti. Questa mancanza di “coerenza” si ritrova nella
bibliografia, dove la presenza di un apparato decorativo
complesso viene addotta a giustificare l’identificazione di
una emergenza archeologica con una stazione, con la stessa
frequenza con la quale, al contrario, è la “sobrietà” dei
rivestimenti che viene indicata a motivare l’esclusione
dell’identificazione con una villa a vantaggio di quella con
la stazione: ad esempio, la Crogiez ritiene che gli
stabilimenti postali non dovessero essere lussuosi, ma
sostiene anche che alcuni complessi sono troppo vasti e
lussuosi per non essere ritenuti pubblici36
.
Organizzazione interna
Forme di gestione
È molto difficile stabilire se gli insediamenti qui schedati
fossero di proprietà pubblica o privata: i rinvenimenti di
fistulae con bollo che attestino una proprietà privata sono
solo 3 (Ponte di Nona I.8; Ad Turres Albas I.9 e Punicum
VII.3, quindi 2 stazioni “itinerarie” ed 1 “anonima”),
mentre presso la stazione anonima al IV miglio della via
Latina, la trasformazione in monumento funerario nel III
secolo indizia una proprietà ugualmente privata, ma tutti
questi dati possono essere stati validi solo per un periodo
di tempo, magari per la fase di impianto di un edificio,
successivamente assorbito in un sistema statale, o al
contrario ceduto dall’amministrazione ad un privato. Non è
neppure inevitabile che ad un cambiamento o ad una
diversificazione delle attività economiche attuate in una
unità edilizia dovesse necessariamente corrispondere un
cambio di gestione: quando una villa rustica come quella di
Rossilli (I.6) intraprende l’attività di servizio alla viabilità,
non è inevitabile ricondurre questa trasformazione alla
confisca operata dalle autorità governative, potendosi
anche attribuire all’iniziativa privata. Non si può fare
affidamento neanche sulla tradizione storiografica o sui
dati desunti dall’epigrafia: i fondi di Ad Nonum-mausoleo
di Gallieno, Albinia e Aquae Apollinares vengono
assegnati alla proprietà imperiale, ma senza un
indiscutibile fondamento; mentre è sicuro l’inserimento di
Lorium tra i praedia imperiali, anche se non c’è certezza
sulla reale coincidenza tra la villa e la stazione che poteva
semplicemente avere lo stesso nome. A possedimenti
imperiali riconduce il toponimo di Caesariana, lungo la
via Capua-Regium, nella regio III, ipotesi confortata da
alcuni rinvenimenti epigrafici (KAHARSTEDT 1959, pp.
190-198), e lungo lo stesso tratto viario anche il toponimo
In Marcelliana indizia forme di attrazione vicendevoli tra
vie di comunicazione e grandi possedimenti latifondistici
(infra). Se questi toponimi stradali potessero essere
ricondotti con sicurezza alle unità produttive dalle quali
derivano (allora, il Praetorium Laverianum diventerebbe
esemplificazione eccellente di questo tipo) e non a
stabilimenti specifici che del praedium assumono solo il
nome, si potrebbe documentare più solidamente la varietà
tipologica delle strutture che funzionarono da stazioni
stradali. Quanto alle stazioni che nacquero e funzionarono
come tali, se si ammette che avessero un’attività
economica propria, fondata sugli introiti derivati dal
pagamento da parte dei privati delle prestazioni delle quali
avevano usufruito, si comprende meglio il meccanismo di
assegnazione degli appalti ai mancipes e l’interesse che
questi gestori avevano nell’incrementare la scelta dei
servizi: se si accettano alcune delle identificazioni
proposte, si può affermare che non ci fosse alcun
pregiudizio da parte della gestione circa l’aggiunta di
attività economiche parallele, soprattutto produttive, come
vedremo. Ma si può esemplificare anche il fenomeno
VII. - Conclusioni
180
inverso: la possibilità di realizzare degli introiti fornendo il
servizio dei bagni fu sicuramente tenuta in considerazione
nella scelta operata dai proprietari delle ville private di
apprestare strutture termali in prossimità della strada:
nell’insediamento de La Storta VII.13 è evidente la volontà
di “accaparrarsi” una certa clientela distaccando il nucleo
dei bagni dal resto dell’edificio per posizionarlo proprio a
lato del basolato (infra).
Luoghi di produzione o lavorazione di prodotti agricoli
e industriali - Lo sfruttamento delle risorse
In numerosi contesti, sono stati rinvenuti elementi che
attestano che presso queste stazioni venivano praticate
delle attività di lavorazione e trasformazione delle materie
prime, attività che in qualche caso possono essere ritenute
“di servizio” al traffico dei viaggiatori, mentre in altre
costituiscono probabilmente delle forme di guadagno
parallelo ed aggiuntivo a quello della ricezione. In 12
stazioni è attestata l’attività di lavorazione dei prodotti
agricoli, che potevano anche essere coltivati nella stessa
azienda; in 7 casi la presenza di mezzi per il trattamento di
questi prodotti (torchi, macine, vasche, ecc.) sembra più
consistente, al punto da far ritenere che la produzione
agricola rappresentasse una voce importante, se non la
principale, nel bilancio dell’intero complesso; in qualche
situazione, è l’attività di ricezione (che certo prevede anche
il commercio al minuto) che viene aggiunta nell’economia
di una villa rustica, mediante il distacco di un padiglione
presso la strada (il caso appena ricordato della stazione
anonima presso La Storta n. VII.13 al quale potrebbero
aggiungersi quello della stazione anonima presso la
Madonna di Gallano – supra, pp. 88-89 - e quello della
villa delle Crocicchie sulla via Clodia – p. 101),
quand’anche, essendo manifesta la forma di produzione
che si esercita presso la villa rustica, è l’attività di servizio
alla viabilità che deve essere documentata (schede nn. I.6
Rossilli, II.2 “Praetorium Laverianum”, Caprasia - supra,
p. 91). È, comunque, ovvio che la presenza di una strada
frequentata abbia rappresentato, a dispetto di alcuni
precetti degli agronomi, una forte attrazione sugli impianti
produttivi, per le facilitazioni nella distribuzione che ne
derivavano: è possibile, quindi, che in assenza di indagini
archeologiche estese ed approfondite, non si possa chiarire
se queste unità produttive abbiano anche assolto alla
funzione di luoghi di sosta, o se piuttosto tra esse e la
strada vi sia solo un rapporto topografico, come nel caso
della stazione anonima alla periferia di Riccione, che
privilegia la funzionalità della posizione lungo una via di
traffico rispetto alla sicurezza di una posizione più arretrata
(supra, pp. 103-104).
In ben 18 contesti archeologici, è documentata l’attività
manifatturiera-industriale, mediante la presenza presso 7
stazioni di forni per ceramica e/o laterizi e vetri37
e
contenitori da trasporto, 2 casi di attività di cava praticate
negli immediati dintorni della stazione (anonima presso
Rossilli I.6 e Ad Speluncas, p. 89) , un esempio di atelier
per la lavorazione del cuoio e della tela (Malvito n. III.9), 7
prove di lavorazione dei metalli38
, alle quali si potrebbero
aggiungere alcuni esempi dalla Rassegna Topografica,
come Ad Aquilam, nella regio VI (supra, p. 99; vedi
grafico 1). A proposito di quest’ultimo tipo di lavorazione
“industriale”, data la concomitanza del rinvenimento di
scorie di lavorazione del ferro in tre località distinte, ma
associate al “cursus” (stazioni itinerarie lungo la via Iulia
Augusta: Diano Marina, loc. Rosciano-Turco e Nuovo
Ospedale, S. Bartolomeo e Piana Crixia), si è avanzata
l’ipotesi che tali attività, più che legate alle esigenze di vita
quotidiana, siano da riconnettersi a dei “servizi” offerti
nell’ambito delle stazioni (SURACE 1984, pp. 192-193,
MESSINEO 1991, pp. 179-182). È evidente che le
facilitazioni nel trasporto delle materie prime e nello
smistamento dei prodotti finiti, la possibilità di vendere
alcuni di questi prodotti al minuto e la presenza di una
nutrita committenza per le riparazioni, rendevano una
stazione un luogo privilegiato per l’impianto di una
officina con forno per l’estrazione e la lavorazione dei
metalli. Vi sono, poi, situazioni nelle quali l’edificio della
stazione è localizzato in un’area abitata – un quartiere di
un centro urbano o un aggregato rurale – dove si trovano
altri impianti industriali: tale è il caso di Statua, dove
un’area dell’abitato sembra destinato alla produzione e
lavorazione del vetro, e di Claterna, dove l’edificio
proposto come stazione è integrato in un’area adibita alla
produzione industriale, prevalentemente metallurgica. Il
centro emiliano può essere messo a confronto con quello
pugliese di Sipontum, dove, alle falde del recinto murario,
in prossimità di una porta è stato segnalato un quartiere per
la produzione industriale ed un edificio termale39
. I casi di
Cattolica e Riccione, archeologicamente documentati in
modo frammentario, sono al contrario ben inquadrati nelle
vicende storico-economiche del comprensorio, che ha visto
il trasferimento della maggior parte delle attività produttive
in quartieri più periferici a partire dall’inizio dell’età
imperiale40
.
Tipi di stazioni
Urbane
La maggior parte delle tappe segnalate nelle fonti itinerarie
corrisponde ad insediamenti urbani, dove è maggiormente
possibile che presso lo stesso edificio fossero accorpate
funzioni diverse, ed in questo caso è possibile che almeno
per le stazioni fiscali o di polizia fosse prediletta una
posizione nel centro cittadino (come è documentato nella
fonte n. 59, cap. III41
). Purtroppo, nessuna fonte classica e
pochissime fonti archeologiche ci forniscono informazioni
sulla dislocazione delle stazioni postali nei centri urbani:
solo il caso di Roma, con il “misterioso” catabulum, è
sicuro, ma è evidente che si tratta di una situazione
eccezionale, mentre la stazione di Cosa (n. VII.6) – se
davvero è da ritenerla tale – costituisce un ripiego tardo-
romano in posizione fortificata (e quindi, piuttosto
inaccessibile!), che certo non deve essere stata la regola in
età imperiale. In Italia, l’unica identificazione di stazione
urbana indiscutibile è stata proposta per Valesium, nella
Regio II, tappa qualificata come “mutatio Valentia”
nell’Itinerario Burdigalense, localizzata entro l’abitato
racchiuso da mura, attraversato dalla via Traiana “calabra”
(BOERSMA 1995). Qui, però, è stato riportato alla luce solo
un complesso monumentale, con una destinazione
VII. - Conclusioni
181
prevalentemente termale, che si impianta solo all’inizio del
IV secolo, in parte sulle rovine di un precedente edificio di
epoca tardo repubblicana che – secondo gli Editori –
sembra aver assolto le stesse funzioni di luogo di sosta, ma
la mancanza di indagini sulla effettiva consistenza
dell’abitato nel momento dell’impianto della stazione (che
in base ai dati oggi disponibili sembra addirittura
abbandonato) inficia in parte le osservazioni che si
potrebbero condurre sul rapporto topografico tra le due
entità. Più significativo, quindi, è l’esempio di Augusta
Raurica (Augst, in Svizzera), con la stazione periferica ma
integrata nel tessuto urbano, anche a livello di
infrastrutture (viabilità, magazzini, terme, forse
acquedotto; supra, p. 80). La stessa posizione alla periferia
dell’abitato si ritrova a Claterna (n. VIII.1), ma se è ben
documentata l’attività produttiva artigianale, non
altrettanto certa può dirsi la funzione di stabilimento
postale. Ovviamente, non si può escludere la possibilità
che i luoghi di sosta e le stesse stazioni si trovassero in
qualche caso anche a ridosso del perimetro dei centri
urbani, quando questi erano attraversati dalla viabilità
principale. Soprattutto se si considera che molte città
potevano aver accolto la legislazione che vietava la
circolazione dei carri entro il perimetro urbano42
, doveva
essere in qualche modo prevista la presenza di un
“parcheggio di scambio”, dove poter posteggiare i veicoli
dei privati che preferivano alloggiare in centro e
provvedere al cambio degli animali e del personale delle
staffette, oltreché accogliere le strutture per lo stoccaggio e
la distribuzione delle merci43
. Una prova potrebbe venire
da Augusta Praetoria (n. XI.2), dove però è attestata con
sicurezza solo la pratica di attività artigianali e non di
luogo di sosta, e l’identificazione è solo ipotetica. Le stesse
incertezze gravano sulle proposte di identificazione
formulate per gli edifici alla periferia di Alba Pompeia
(supra, p. 106). Altrettanto dubbia è l’identificazione
suggerita per Helvia Ricina nella regio V, in questo caso
dovuta alla mancanza di elementi archeologici (supra, p.
97). È possibile che, nei casi in cui il centro veniva
attraversato dalla viabilità principale, le funzioni di
ricezione e accoglienza dei viaggiatori venissero
demandate alle infrastrutture cittadine, pubbliche e private:
qui ho ricordato due esempi di centri attraversati
dall’Appia, che presentano degli stabilimenti termali di
vaste dimensioni, localizzati, forse non fortuitamente,
presso gli accessi cittadini (Aricia e Tarracina, pp. 85-86),
ma si possono fare anche i casi di Saepinum nella regio IV
(supra, p. 95) e Septempeda nella regio V (LANDOLFI
1987), che presentano degli stabilimenti termali proprio a
ridosso delle mura cittadine.
Gli stabula alle porte delle città avevano un vasto cortile e
le stalle; diversi esempi sono a Pompei (fig. 111): al pian
terreno avevano un’anticamera affacciata sulla strada,
fiancheggiata su entrambi i lati da piccole stanze per la
cucina, la sala dove si mangiava, la “reception” e, in un
angolo, la latrina; attraverso l’anticamera si giungeva in un
cortile dove si potevano parcheggiare i carri, e sul retro
c’era un riparo che serviva da stalla. Aperte sul cortile vi
erano alcune camere da letto, ma la maggior parte di queste
si trovava al piano superiore. Le taverne localizzate nel
centro cittadino non avevano né il cortile né l’anticamera:
al pian terreno erano le cucine, la sala ristorante, il banco,
la latrina e forse alcune camere da letto, mentre altre si
trovavano al piano superiore. Normalmente, il ristorante
aveva un’entrata separata aperta sulla strada, dal momento
che era frequentato da avventori di ogni tipo e non solo dai
clienti dell’albergo. I servizi igienici erano più essenziali,
potendo sfruttare gli stabilimenti termali sempre presenti
nei dintorni. Gli alberghi di Pompei sono tutti piccoli, in
genere non hanno più di 12 stanze, ma si tratta di una
piccola città. Nelle grandi città come Roma dovevano
esistere complessi ben più vasti, non dissimili da quello
scavato nel Foro, che ha più di 30 piccole celle senza
finestre, servite da un corridoio stretto e basso, che può
essere interpretato come un ostello a basso prezzo o un
postribolo (KLEBERG 1957, pp. 32-35; CASSON 1974, p.
207 ss.; LUGLI 1947, pp. 139-164).
Fluviali
Pochi sono i punti di contatto da un punto di vista
planimetrico tra le tre stazioni fluviali qui raccolte (troppo
poco conosciute in estensione), accomunate, però, dalle
radicali trasformazioni che hanno interessato l’assetto
idrogeologico del circondario, venendo oggi a trovarsi tutte
lontane dal corso d’acqua. Se la porzione nota
dell’insediamento di Fossis (X.3) non può dirsi
caratteristica, non altrettanto vale per lo scalo di Hadriani
(X.2), raccolto intorno ad una darsena, e per quello della
Magliana, con un ampio spiazzo basolato che agevola le
operazioni di carico e scarico.
Marittime
Molti di questi complessi sono posizionati presso foci di
fiumi, funzionando da scali sia per il traffico marittimo a
grande percorrenza che per quello di smistamento lungo le
vie di penetrazione interna: tali sono i casi di Albinia VII.7,
Fregenae VII.2, Costa Ballenae IX.4, Fons Timavi X.5,
posizionata ai margini di una laguna. Alcuni scali si
qualificano come più prettamente marittimi, perché non
sono posizionati presso corsi d’acqua navigabili, come nei
casi di Ad Speluncas, Leucopetra III.4, Quintiana, VII.5 e
Telamon a VII.8. Non è agevole delineare delle
caratteristiche che accomunino le varie stazioni marittime,
tutte troppo frammentariamente note, ma piuttosto diversi
dovettero essere gli stabilimenti destinati alle funzioni di
ricezione e deposito ricavati entro complessi portuali
articolati, magari parti di fondazioni coloniali come
Fregenae (n. VII.2) rispetto ai piccoli scali che si attestano
presso le ville marittime. Certo è che alcune “ville
marittime”, completate spesso da peschiere e piccoli moli o
approdi, funzionarono da scali delle rotte di cabotaggio,
ma non so spiegare come alcune di esse potessero essere
inserite nel sistema governativo di gestione dei trasporti.
Nella maggior parte dei casi, infatti, i resti individuati sono
porzioni di lussuosi quartieri residenziali, certo non
accessibili agli equipaggi delle piccole imbarcazioni che lì
potevano attraccare (Punicum n. VII.3 e Quintiana n.
VII.5: non sembrano proprio destinate a marinai e
mulattieri!). Le fonti non ci aiutano a capire quale
VII. - Conclusioni
182
meccanismo regolasse l’ospitalità; nel corso del viaggio di
Rutilio Namaziano sappiamo, ad esempio, che questa
piccola delegazione veniva accolta presso le sontuose ville,
che in qualche caso coincidono con quelle menzionate tra
le tappe della rotta di cabotaggio lungo le coste tirreniche
tra Roma ed Arelatum riportata dall’Itinerario Marittimo.
Ma tali ville erano accessibili a tutti o solo a personaggi di
rango come Rutilio, che viaggia probabilmente alla spese
del cursus? Queste ville erano padronali o in qualche modo
erano rientrate tra i possedimenti dello Stato o
dell’imperatore? Se erano private, è possibile che i
proprietari le aprissero all’ospitalità di personaggi
facoltosi, magari per concorrere alle spese di manutenzione
di queste dimore, come attualmente avviene per ville e
casali, adibiti ad alberghi di lusso e saloni per ricevimenti?
O, ancora, era imposto a questi facoltosi cittadini di
accogliere e rifornire a loro spese le persone che
viaggiavano “rei publicae causa”, o il cursus si ritagliava
uno spazio entro l’ampia articolazione di queste ville?
Ville
Un pari numero di incertezze avvolge la questione delle
“ville” adibite a luoghi di sosta. In molti casi, infatti, le
stazioni additate nelle fonti vengono riconosciute – anche a
costo di forzare alcuni dati itinerari – in complessi
monumentali che hanno proprio l’aspetto delle ville
extraurbane, articolate in corpi edificati distinti, destinati
alla produzione, alle lavorazioni, ai servizi ed alla
residenza dei proprietari. Tale fenomeno è particolarmente
evidente nella regio III, dove la quasi totalità delle
identificazioni proposte fa riferimento ad una villa (il caso
tra i tanti della stazione anonima presso Croceferrata –
supra, p. 94), ma sul piano archeologico, entro questa
raccolta, risaltano gli esempi di S. Giusto-Praetorium
Laverianum (II.2), Malvito (III.9), Tabellaria (VII.4),
Turrita (VII.12), Alba Docilia (IX.1), ai quali va aggiunta
la appena menzionata Quintiana (VII.5), in un elenco che
un ampliamento dell’estensione degli scavi archeologici
che hanno interessato questi complessi potrebbe certo
allungare (basti pensare ad Annicia nella regio III),
Leucopetra (III.4), Fregenae VII.2, Ad Sextum VII.17).
Del resto, la pertinenza del richiamo al “modello” delle
ville rustiche di età imperiale è confermata dalla presenza
di strutture destinate alla produzione agricola ed anche
“industriale”, rilevata presso molte di queste località
appena richiamate. Abitualmente, questo fenomeno viene
spiegato con la forte attrazione che le grandi ville
esercitano sulla viabilità locale, calamitandone i tracciati,
soprattutto nelle regioni dove domina il latifondo, quali ad
esempio la Sicilia (UGGERI 1982-83, pp.437-438) e, sulla
base della più recente bibliografia, la Calabria moderna,
ma questa notazione deve essere approfondita. Non credo,
infatti, che le strutture del luogo di sosta – del cursus o
private che fossero – potessero in alcun modo essere
coincidenti o limitrofe ad una residenza padronale, poiché
erano certo frequentate da individui di infima estrazione
sociale, sempre animate da una scomposta confusione, ed
erano anche un potenziale covo di criminalità. Tantomeno,
credo possibile che impianti termali di lusso smodato
potessero essere divisi tra padroni della villa e personale
del servizio di posta o viaggiatori e frequentatori
occasionali. È evidente quindi che, se pure i nuclei dei
grandi latifondi devono aver costituito un polo d’attrazione
per l’impianto di nuovi luoghi di sosta, in quanto centri di
popolamento rurale, luoghi di produzione e consumo, già
inseriti nel circuito commerciale e nella rete dei trasporti,
dispensatori di servizi che li rendeva autosufficienti (non
solo produzione alimentare ma anche manifatturiera,
centro di produzione artigianale e di manutenzione attrezzi
e mezzi), tuttavia non possono essere ritenuti coincidenti
con la stazione vera e propria, che deve aver previsto uno
stabilimento destinato a questa esclusiva funzione,
topograficamente ben distinto. Quando la ricerca
archeologica individua, senza incertezze, la stazione presso
un complesso che planimetricamente e funzionalmente si
accredita come “rustico” (il caso di Alba Docilia, IX.1),
bisogna ammettere che il vasto campionario dei tipi
possibili per una stazione accolga anche un “modello” che
radicalmente si ispira a quello delle ville extraurbane.
Ancora diverse sono le situazioni nelle quali è attestata
l’iniziativa dei proprietari delle ville (prudentemente ritirati
sulle sommità dei poggi e dei rilievi) che distaccano dei
nuclei di costruzioni ai lati delle strade, articolati
prevedibilmente in osterie ed alberghi, piccoli impianti
termali, esercizi commerciali per la vendita dei prodotti del
fondo. Occorre, comunque, accettare come possibile anche
il caso in cui, proprio in prossimità della strada, si attesti
un’unità produttiva indipendente, che non attua servizio
alla viabilità, ma semplicemente sfrutta i vantaggi che in
tempi di pace derivano dalla posizione lungo un importante
asse di comunicazione, come è stato di recente illustrato da
Gaetano Messineo per la via Flaminia44
.
Stazioni doganali
La scarsa estensione degli scavi archeologici che le hanno
interessate non consente di comprendere quale fosse
l’articolazione interna delle stazioni doganali, e come
eventualmente si attuasse la sovrapposizione con altre
attività amministrative, come quella del cursus publicus.
Tuttavia, in alcuni casi si può provare la sovrapposizione
tra luoghi dove si esercitano attività doganali e stazioni
itinerarie: subito fuori dei confini dell’Italia Augustea (ma
entro quelli della Repubblica Italiana) si possono ricordare
la statio Bilachiniensis, in località Camporosso, a
Chiusaforte, presso il valico di Tarvisio (già in territorio
norico), che potrebbe integrare la tappa di XXX miglia che
l’Itinerario Antonino ha dimenticato45
, e quella Plorucensis
nella regio X46
, che si aggiungono a quella di Poetovio che
abbiamo ricordato nel capitolo II.3.
Xenodochia
In questa sede non è stato affrontato il discorso dei luoghi
di sosta in età cristiana47
, perché esulante dal tema, ma si
può fare un riferimento al celebre edificio fondato a Porto
per interessamento della nobiltà romana per ospitare i
bisognosi ed i viaggiatori, perché di fondazione
particolarmente antica, risalente cioè già all’epoca in cui
Portus è ricordata come tappa nelle fonti itinerarie. Il
VII. - Conclusioni
183
complesso monumentale indagato nella seconda metà
dell’800 in località Poledrara è stato identificato, sulla base
dell’epigrafe ritenuta damasiana (fonte epigrafica n. 178)48
,
con l’ospedale eretto nel 396 circa da papa Siricio, amico
personale di S. Girolamo, per il ricovero dei pellegrini che
giungevano a Roma49
, identificazione contestata già
all’inizio del Novecento, perché il frammento epigrafico è
stato ricondotto ad un anonimo di VI secolo50
. Il contenuto
dell’iscrizione resta, però, un ottimo appiglio per
riconoscere in questa struttura un edificio adibito
all’ospitalità dei bisognosi, e la cronologia dell’impianto,
confermata dai dati archeologici stratigrafici, non contrasta
con quella della fonte geronimiana, che ricorda l’attività
“evergetica” di Fabiola (fonte n. 91: LXXVII, 10). La
planimetria rimessa in luce dai primi scavatori (troppo
sospetta nella sua assoluta regolarità e nella ostentata
metodicità della distribuzione dei vani e dei corridoi, che
garantirebbero un agevole accesso ad ogni ambiente) si
distinguerebbe rispetto a quelle dei luoghi di sosta “laici”,
per la centralità assegnata all’aula di culto e per la
mancanza di un cortile adibito al parcheggio dei veicoli,
privilegiando l’aspetto di ospedale per pellegrini e malati,
rispetto a quello di stazione viaria. Tuttavia, non trovo
probante l’affermazione del Février, condivisa dal Testini,
che tale complesso non possa essere riconosciuto come
uno xenodochio, per la predominanza dello spazio
assegnato all’aula di culto rispetto agli ambienti di servizio
e, quindi, adibiti all’ospitalità51
. Credo, infatti, che la
porzione del monumento nota non rappresenti la totalità
delle emergenze e che, comunque, troppo pochi siano gli
esempi di strutture di questo tipo fino ad oggi conosciute
per poterne formulare un “canone”. Gli esempi di
xenodochia noti sono pochi, ma quello ostiense trova un
eccezionale confronto in quello riconosciuto in Siria, a
Tourmain52
.
Cronologie
Bisogna premettere che la disomogeneità della
documentazione impedisce di acquisire delle sicurezze
sulle fasi di impianto, occupazione ed abbandono di molte
stazioni, e la mancata indicazione della cronologia dei
materiali e spesso delle strutture non consente di stabilire
dei sincronismi sulle frequentazioni, ad esempio, dei
luoghi di culto attestati nei dintorni o anche nell’uso delle
aree sepolcrali (il caso del n. I.2 Ad Sponsas: a quale epoca
sono da assegnarsi il tempio e i votivi rinvenuti nei
dintorni?). Nella maggior parte delle esemplificazioni,
l’Italia, paese di lunghissima tradizione insediativa,
propone il caso di insediamenti posti lungo la viabilità che
si impiantano o vivono una radicale trasformazione nella
primissima età imperiale, ma escluderei interventi sulle
stazioni di sosta localizzate in fasi cronologiche precipue
(grafici 2 e 3): un addensamento degli impianti si ha in età
augustea, ma non può essere riferito stricto sensu alla
creazione del cursus, vista la floridità di tale fase
cronologica da una prospettiva edilizia in Italia, anzi, non è
nemmeno così significativa con l’esclusione della
sistemazione della via Emilia, per la quale è proposto un
rapporto tra ammodernamento del tracciato viario e
adeguamento delle infrastrutture, stazioni comprese
(scheda VIII.1). Questa relazione con le fasi di restauro
della strada viene evocata anche a proposito di Ad Statuas
I.7 ed Hadriani X.2 (epoca giulio claudia).
Come ho già rilevato, molto significativa è anche la
quantità delle “preesistenze”, che confermano la tendenza
registrata su suolo italico all’adeguamento di complessi già
attivi, o che può sottintendere anche una prevedibile
preesistenza di strutture di servizio alla viabilità prima
dell’istituzione del cursus53
. Molto ricca è anche la fase
degli impianti nel periodo compreso tra i Flavi e gli
Antonini, che, effettivamente, può essere messa in
relazione con i numerosi interventi legislativi intrapresi
soprattutto da Traiano per ottimizzare la funzionalità del
cursus, mentre la povertà del numero di fondazioni che
interessa la prima metà del III secolo, che contraddice le
fonti scritte, può motivarsi con una attività edilizia
concentrata nelle altre province. Alcuni “episodi”
confermano da un punto di vista archeologico ciò che è
manifesto nelle fonti, cioè l’incrementarsi, l’infittirsi delle
stazioni impiantate lungo le strade nel corso del IV secolo,
e nuovi impianti si registrano ancora alla fine dell’impero
d’Occidente. Non è da sottovalutare, infatti, il fenomeno
inverso alla precocità dell’insediamento: tralasciando il
caso di Locri, che è solo una proposta di identificazione da
me avanzata, si può ricordare il caso di Tabellaria, lungo
la via Aurelia (scheda VII.4) che appare di impianto tardo-
imperiale. Spesso l’abbandono viene siglato
dall’iseriemento di tombe entro le strutture fatiscenti della
stazione, ma tale evento può anche essere letto come una
forma di continuità nello stanziamento di un gruppo umano
nelle zone limitrofe.
Il fenomeno della continuità
Nella quantificazione delle attestazioni di continuità presso
le stazioni stradali romane è stato complesso valutare i
parametri da prendere in considerazione, stabilire, cioè,
cosa considerare attestazione del fenomeno ma soprattutto
distinguere i casi in cui la localizzazione della stazione
itineraria fosse sicura, e non fondata proprio sulla
continuità, in epoca medievale o anche moderna, nella
funzione di luogo di sosta; qui, si può estrapolare
l’esempio di Cattolica, scheda VI.1, dove, per la proposta
di identificazione, alla scarsa qualificazione delle strutture
superstiti, sopperisce la presenza di una taverna
quattrocentesca. Anche ad Eporedia (supra, p. 109) è lo
stallabio medievale, che conserva scarsissimi resti di
elementi preesistenti, che viene indicato come possibile
sede della stazione postale romana: questa coincidenza,
qualora fosse verificata, rappresenterebbe un’eccezionale
forma di continuità, perché non sarebbe limitata alla
attività di ricezione, ma proprio a quella di stallaggio e
cambio degli animali da trasporto e da soma del pubblico
servizio. Credo che la rilevanza assegnata dagli studiosi
alla presenza di elementi di continuità per una proposta di
identificazione sottintenda una valorizzazione delle
caratteristiche topografiche di un sito scelto come luogo di
sosta, caratteristiche che, in mancanza di cambiamenti
significativi dei sistemi di trasporto e trazione fino al XIX
VII. - Conclusioni
184
secolo, sono rimaste sostanzialmente invariate. Tutti gli
elementi sopra indicati (la presenza di fonti di
approvvigionamento idrico, di corsi d’acqua, di incroci,
ecc.54
) hanno concorso, infatti, a far sì che la situazione
restasse immutata nel corso dei secoli, anche quando
l’organizzazione e la manutenzione delle infrastrutture
viarie sono venute meno. Per 11 degli insediamenti
schedati si può rilevare una generica forma di continuità
che si esplicita in strutture per l’accoglienza dei viaggiatori
solo dove sono documentati gli ospizi per pellegrini (i casi
del S. Bernardo – XI.3 e XI.4 - e Ad Speluncas - supra, p.
89-), mentre da espungere sembra il caso della stazione
anonima presso La Storta, perché la stazione ricordata
nell’itinerario di Sigerico viene ora ad essere localizzata in
un’altra posizione (scheda VII.13); ma la Rassegna
Topografica ne ha segnalati moltissimi altri: Ad Medias
sulla via Appia (supra, p. 85), Ad Aquilam presso
Colombarone, vicus che assolve il ruolo di luogo di
incontro in epoca altomedievale (supra, p.
99), della
stazione anonima di Ponte Nure e Ad Tarum, presso
l’attraversamento della via Emilia sul corsi d’acqua
ricordati nel toponimo (supra, p. 103), Ad Fonteclos e Pons
Secies (supra, p. 103), Sirmio-Ad Flexum sul lago di Garda
che mantiene per secoli il ruolo di “osteria” (supra, p.
107), Eudracium (supra, p. 109) e Tribus Tabernis,
identificata con Monestirolo, dove nel medioevo è
documentato l’hospitale S. Michaelis Atastaverna,
corruzione del nome della mutatio antica (FRACCARO
1957, p. 240). Altri ancora se ne possono segnalare, come
Ad Canales nella regio IV, che ha un erede nella località
Taverna Canale, in contrada Cerreto, dove la tradizione
localizza S. Seleucio de Pictis (CARROCCIA – RUTA 1987-
88, pp. 260-261; RUTA 1988, p. 602; CARROCCIA 1989, p.
20). In qualche misura, possono essere considerati
manifestazioni di continuità anche alcuni fenomeni che si
completano entro l’età romana, come quelli di Valesium
(scheda II.3), dove un edificio repubblicano (in realtà,
piuttosto frammentariamente noto) è ritenuto antenato di
quello tardo imperiale, e di Malvito (III.9), dove precedenti
per lo “stabilimento postale” sono indicati nei magazzini,
di epoca tardo repubblicana.
La maggior parte delle forme di continuità è riconducibile
alla presenza di luoghi di culto cristiani (l’esemplificazione
di Aqua Viva sulla via Flaminia, supra p. 98), ma
l’importanza assunta da molti degli aggregati sorti intorno
alle stazioni può evincersi sulla base della designazione a
sede vescovile: tra i soli 8 centri nel Lazio che vantano una
sede vescovile già in età costantiniana, figurano 3 “stazioni
stradali” (Tres Tabernae e Ad Quintana tra quelle che il
toponimo indica come borghi nati intorno alla stazione, e
Forum Clodii, probabilmente già centro di un certo
rilievo), che si uniscono ad abitati di ben maggiore
tradizione (Tarracina, Praeneste, Centumcellae, Ostia e
Porto, forse Albano: FIOCCHI NICOLAI 1994, p. 245 con
bibliogr.), adombrando la possibilità che il ruolo di
stazione li privilegi nella scelta55
. Del resto, la scelta dello
stanziamento della comunità cristiana presso un abitato
sede in epoca romana di una stazione è definito dallo
Zucca “prassi dell’evangelizzazione” (ZUCCA 1985, p. 27).
Luoghi di culto cristiani
Come anticipato, frequentemente templi cristiani, a volte
dalla caratteristica pianta a basilica vengono fondati presso
le stazioni stradali (presso S. Maria di Siponto è stata
indagata una basilica di età tardoantica - MAZZEI 1988;
FABBRI 1992 - e una è segnalata presso la stazione
anonima in loc. “Le Castella”: supra, pp.
84-85); in
qualche caso hanno annesso un cimitero (I.2 Ad Sponsas).
Il caso di S. Giusto (scheda II.2), se è corretta
l’identificazione con una stazione itineraria, costituisce una
conferma, in ambito italico, della tendenza delle ecclesiae
a strutturarsi presso i luoghi di sosta, come è documentato
per la Sicilia e la Sardegna: Philosophiana (chiesetta
martiriale: WILSON 1990, pp. 223-225) in Sicilia e la
stazione sul deverticolo della via a Tibulas Sulcis, che
collegava Cornus ad Othoca, evitando Tharros, presso
Nurachi56
(ecclesia battesimale, localizzata in un’area
cimiteriale: PANI ERMINI 1994, p. 398) in Sardegna. Gli
editori delle ecclesiae di S. Giusto hanno proposto alcuni
confronti per lo stanziamento di una basilica con battistero
in ambito provinciale italiano (scheda II.2), ma - entro i
confini dell’Italia augustea - mi sembra che si possano
addurre anche altri esempi (IX.4 Costa Ballenae e la
stazione detta In Marcelliana, dove sarebbe localizzata una
chiesa battesimale che Cassiodoro dice fondata presso
luogo dove si tenevano le nundinae, sulla via Capua –
Regium (BRACCO 1958), alle quali potrebbe aggiungersi
anche la chiesetta sorta sui resti della stazione di Ad
Flexum sulla via Latina, qualora ne venisse confermata
l’identificazione- supra, p. 85). Un battistero è ricordato
nelle fonti altomedievali anche presso l’ecclesia della
pieve sorta presso la stazione di Ad Mensulas (n. VII.20).
La presenza di luoghi di culto cristiani è stata ipotizzata
anche ad Altanum (qualora la si identifichi con Ardore
Marina), Lucus Bormani IX.3, ed è confermata dai
rinvenimenti mobili a Tres Tabernae, mentre un
insediamento cenobitico è ipotizzato a Nerulum III.1 (?), e
si ritiene che ad Annicia il frigidarium sia stato trasformato
in luogo di culto cristiano, ed uguale sorte avrebbe avuto la
grande piscina dello stabilimento termale di Statulae (n.
IV.3), mentre a Casignana (identificata con la stazione di
Altanum, n. III.6) possa essere stata adattata a battistero
un’esedra. A Siris la presenza di una cappella dedicata a S.
Pietro a protezione dei viaggiatori che attraversavano il
fiume (supra, p. 94 è combinata con la caratteristica
topografica del guado. Questo fenomeno dell’impianto di
chiese cristiane presso i luoghi della sosta non sarebbe
limitato alle stazioni itinerarie, ma anche a quelle che non
ci sono note dalle fonti, come è ben esemplificato a
Casalbordino (IV.4). Da notare in margine, la rimarcata
somiglianza tra la planimetria della basilica di Ad Sponsas
dei primi decenni del IV secolo e quella di S. Giusto, di
simile cronologia; anche le dimensioni, sono talmente
simili da rendere sovrapponibili quasi alle perfezione i due
rilievi.
Rapporto con le fonti scritte
Da un punto di vista archeologico, l’affannosa ricerca che
vuole identificare sul terreno le “stazioni” menzionate nelle
VII. - Conclusioni
185
fonti non ha dato molte soddisfazioni. Solo Baccano ed i
due valichi del S. Bernardo hanno restituito avanzi di
stazioni articolate secondo i canoni che, più o meno
motivatamente, gli studiosi contemporanei hanno
elaborato. In pochi casi è certa l’identificazione con una
tappa itineraria (Valesium, Hadriani, Fossis, Fons Timavi,
Summus Poeninus ed Alpis Graia, Ad Vacanas), anche se è
significativo che i complessi archeologici più articolati si
trovino in località note dalle fonti itinerarie. Trovo
quantomeno curioso che in qualche caso la mancanza di
emergenze archeologiche nelle aree di localizzazione
generica delle tappe indicate nelle fonti venga spiegata con
l’inesistenza dello stesso luogo di sosta: così, cioè, si
sostiene a proposito di Locri III.7 e Leucopetra III.4, per le
quali si avanza l’ipotesi (CROGIEZ 1990B, pp. 411-412) che
siano delle sole indicazioni geografiche!
Credo che sia impreciso sostenere che i luoghi di sosta
citati esclusivamente nel Burdigalense si siano strutturati
solo nel IV secolo: la diversa natura di questo documento
rispetto agli altri e la sua maggior accuratezza nella
registrazione delle tappe rende difficile il confronto; i
piccoli luoghi di sosta qui menzionati possono essere
sempre esistiti e saliti alla ribalta delle cronache in questa
sola occasione (il caso di Ad IX sull’Appia e Valesio57
).
Tuttavia, diversi insediamenti attestano un impianto tardo,
di IV secolo appunto, o anche recenziore, andando a
completare il quadro che si evince dalle fonti giuridiche di
serio interessamento da parte del potere centrale per la
manutenzione ed, anzi, l’incremento del servizio di posta o
comunque delle infrastrutture legate alla viabilità in epoca
tardo imperiale. È opportuno segnalare che alcune fonti
epigrafiche attestano la presenza di funzionari o
“operatori” del cursus in località che non sono state
menzionate tra le tappe degli itinerari; se in qualche caso il
rapporto topografico tra informazione contenuta nella fonte
e luogo di ritrovamento della fonte stessa non è
significativo, in altri è più stretto: proprio dalla stazione
anonima presso La Storta proviene la fonte epigrafica n.
172 che esplicitamente ricorda un intervento attuato dal
cursus publicus per la costruzione di una stalla per il
cambio degli animali, confermando che le fonti itinerarie
non hanno esaurito tutte le stazioni che nel tempo si sono
impiantate sul territorio e che, qualche volta, esigenze
finanziarie e politico-amministrative o fasi di crisi che
hanno interessato i territori limitrofi hanno condannato alla
fine. Un’altra interessante iscrizione proviene da Pian di
Bezzo, presso Sarsina, località attraversata dalla viabilità di
collegamento transappenninica tra Arezzo e Cesena, non
ricordata nelle fonti itinerarie; il cippo sepolcrale, databile
ad epoca giulio-claudia, delimita l’area di proprietà del
collegium muliones, che può, in via ipotetica, essere
ricondotto al personale del cursus (ORTALLI 1982).
Osservazioni
In generale, gli impianti italici non consentono di
riconoscere sincronismi tra le trasformazioni
amministrative che hanno interessato il cursus, con la
rilevante eccezione dell’epoca traiano-adrianea, né di
ritrovare sul territorio indizi delle più macroscopiche
caratteristiche “attese” sulla base delle fonti; non c’è
traccia, ad esempio, di grandi edifici utilitaristici per
immagazzinamento, come richiederebbe il ruolo di centro
annonario che è stato assegnato alle maggiori tra le
stazioni, né di alcuna forma di fortificazione, che possa
almeno suggerire la presenza di piccole guarnigioni a
garanzia della pubblica sicurezza, mentre, al contrario, tali
considerazioni si possono condurre sull’attività edilizia che
ha interessato le stazioni stradali nelle varie province
dell’impero. La mancanza di edizioni degli scavi complete,
che contemplino la presentazione delle fasi, rappresenta ad
oggi un insormontabile limite per verificare se alcune di
questa stazioni abbiano risentito dell’abolizione del cursus
clabularis e, quindi, delle stalle che accoglievano gli
animali da traino. Senza dubbio, sono più numerosi i casi
in cui è la tradizione locale, nelle tecniche e nei modelli,
che incide; ricordiamo in questa sede solo il caso della
Calabria dove le stazioni si qualificano come ville, e quello
del Piemonte dove il confronto più frequente è con edifici
a pianta allungata, tipici della Gallia.
La pianificazione statale ed il rapporto con il cursus
publicus
Come si è visto, i dati archeologici raccolti in Italia sono
ancora troppo frammentari per poter riconoscere con
certezza le linee direttive della pianificazione statale
nell’allestimento delle stazioni stradali, ma si possono
condurre delle osservazioni generali. Solo per Fossis (n.
X.3) e Rigomagus (n. XI.5) è esplicitamente sostenuto che
l’impegno tecnico nella trasformazione operata nella
seconda fase è stato tale da richiedere un intervento statale,
ma almeno per il secondo esempio è lecito nutrire delle
perplessità: il fabbricato è, sì, vasto, ma da un punto di
vista architettonico non tanto impegnativo da sottintendere
un intervento del potere centrale. Piuttosto, è evidente che
un insediamento che presenta una singolare piazza
perimetrata e lastricata, nonché edifici per ospitalità dalla
planimetria tanto ispirata all’architettura militare come
Baccano deroghi alla nascita spontanea, ed anzi
platealmente espliciti la committenza dello Stato. La stessa
cosa può sostenersi per Forum Clodi, ma in questo caso è
una considerazione più scontata, o quantomeno
prevedibile, data l’antichità del centro, che svolge il ruolo
di “forum” già dall’età repubblicana.
Con poche eccezioni, quindi, le stazioni stradali in Italia
non nascerebbero per iniziativa dell’amministrazione del
cursus, ma verrebbero da questo assorbite in un sistema
statalista che ne assume la gestione, intervenendo nella
costruzione di nuovi impianti solo in casi particolari. Non
necessariamente, perciò, esiste la “stazione del cursus”, ma
piuttosto è corretto riferirsi ad una stazione stradale presso
la quale vehiculatio interviene garantendo alcuni servizi, o
meglio, la qualità di questi (che dovevano rispondere a dei
livelli standard). Viaggiare a spese del cursus
significherebbe quindi solo usufruire della gratuità di
queste prestazioni.
Se si deve escludere l’esistenza di uno o più “modelli”
VII. - Conclusioni
186
meccanicamente applicati nell’edificazione di una stazione
stradale, sembrano sussistere, tuttavia, elementi sufficienti
per ritenere che, almeno in un ristrettissimo numero di casi
in Italia, fossero applicati, per dirla con il Sommella, dei
“piani programmatici” che contenevano le linee generali
delle caratteristiche topografiche e dell’organizzazione
planimetrica, raramente anche volumetrica, che dovevano
essere soddisfatte, lasciando aperta per tutti gli altri casi la
prospettiva che lo Stato intervenisse in regioni
demograficamente ed economicamente già prospere e
attive, solo nell’inquadramento di questi insediamenti nel
più ampio sistema viario, e nell’assegnazione degli appalti
per la gestione di queste stazioni, garantendo, come si
diceva, la qualità dei servizi e sovrintendendo
all’amministrazione ed all’articolazione interna del
personale.
Densità di attestazione lungo alcuni assi stradali
Tra i fenomeni che la Rassegna Topografica ha consentito
di rilevare, risalta quello della estrema densità di
occupazione lungo i margini dei più frequentati assi
stradali, soprattutto intorno all’Urbe. Il suburbio di Roma
deve aver vissuto una situazione piuttosto particolare: la
densità di strutture di servizio che ho illustrato per le vie
Appia e Tiburtina non deve aver costituito la regola, ma
certo le aree ad elevata densità di popolazione possono
aver conosciuto delle situazioni simili. Una conferma
potrebbe venire dalle diverse segnalazioni che interessano
l’area limitrofa alla via Flaminia, all’altezza di Riccione,
dove è manifesto che quando sono possibili le indagini
archeologiche, queste mettono in evidenza una densità di
occupazione del suolo nelle aree limitrofe alle strade di
grande traffico, che è da mettersi in relazione con
un’attività di servizio alla viabilità, oltreché di
sfruttamento delle vie di comunicazione per la
distribuzione delle merci prodotte nella stessa piccola
azienda (supra, pp. 103-104).
Confronto con le altre tipologie
La Crogiez enuclea, sulla base delle sue ricerche sul suolo
italico, diversi tipi di stazioni postali, così raggruppabili:
- gruppi di stabilimenti separati, a caratterizzazione
funzionale diversa, disposti su di un lato di una strada e
circondati spesso all’intorno da un recinto;
- “village-rue” o “Strassendorf”, complessi di edifici
disposti a cavallo della strada, all’interno dei quali è
difficile identificare la vera e propria “area di servizio”;
- tipo urbano, cioè localizzato all’ingresso degli abitati e
degli accampamenti, rappresentato sempre dal modello di
edificio a corte interna, spesso fornito di impianti termali,
immediatamente a lato della via. Si trova di frequente
presso abitati di più antica fondazione e sembra il più
diffuso in Italia (ma non ci sono esempi né bibliografia:
CROGIEZ 1990B, p. 391). Questa formulazione, per quanto
incompleta, inquadra piuttosto bene ciò che si è potuto
documentare più estensivamente, ma tralascia di segnalare
la varietà degli esiti e, soprattutto, non contempla lo
stabilimento isolato, più o meno vasto.
Nell’opera del Black si misura la differenza tra la
situazione italica e quella delle più lontane province: è
evidente che in una regione che si presentava poco
popolata e che non aveva strutture insediative già
stabilizzate, l’impatto della romanizzazione fu molto
efficace, evidente in una uniformità di esiti che tradisce
anche un chiarissimo intervento del potere centrale che non
trova confronto in Italia, dove evidentemente le stazioni
itinerarie si adattarono ai modelli insediativi già avviati da
molti secoli. Dal confronto tra il presente lavoro e quello
britannico, emerge anche che nella “provincia” non è
ritenuto importante il problema della scelta topografica e
non si prendono in esame le dotazioni infrastrutturali, se
non gli stabilimenti termali; data la qualità dei dati
planimetrici a disposizione, lo studio è incentrato sulle
strutture e non si pongono problemi di continuità o di
interrelazione con luoghi di culto o centri di tradizione
antica: la pianificazione operata dallo Stato è tanto
manifesta che non è richiesta l’indagine di altri parametri
(tecniche costruttive, livello delle rifiniture, materiali,
ecc.). Nella Britannia è anche molto più facile riconoscere
le fasi che hanno interessato i monumenti, e ricostruire,
quindi, un’evoluzione cronologica, che è piuttosto lineare.
Lo Chevallier, come elementi caratterizzanti elenca: a)
l’articolazione frequente in edifici distinti con qualifiche
funzionali diverse, raccordati da un recinto; b) la presenza
di una vasta corte porticata, con un ingresso carrozzabile,
attrezzata in genere con abbeveratoi; c) la presenza di stalle
e scuderie; d) la presenza di alloggi di pianta uniforme,
spesso accostati in file di cubicola; e) una taverna; f) uno
stabilimento termale, corredato da un buon impianto
idraulico per l’approvvigionamento, la distribuzione e lo
smaltimento delle acque; g) la presenza di un piccolo
abitato, presso il quale siano reperibili i servizi basilari,
quali le botteghe dei fabbri, per la ferratura dei cavalli e le
riparazioni dei mezzi, di negozi e magazzini; h)
“eventualmente” un ufficio amministrativo/sede, ad
esempio, dei beneficiarii e dei doganieri, i) un’infermeria;
l) la vicinanza ad un santuario o una necropoli
(CHEVALLIER 1997, p. 284).
La ricchezza di questo campionario dimostra che realtà
geografiche e politiche distinte conobbero, nel tempo, esiti
molto diversi e che anche le “categorie” di queste stazioni
prevedevano molti livelli. Sembra impossibile, quindi,
riassumere in una tipologia tante possibilità differenti, e
tantomeno è possibile stilare un rigido elenco delle
caratteristiche alle quali dovevano conformarsi o delle
attività che vi si dovevano svolgere, ma in aree geografiche
più ristrette emergono costanti che possono concorrere alla
delineazione delle linee progettuali alle quali erano
ispirate.
VII. - Note
187
1 Mi sembra significativa la mancata “citazione” nelle fonti dello scalo
portuale della Magliana (scheda I.13), che data la vicinanza con Roma e
la posizione lungo un fiume di tale portata economica, difficilmente non fu incluso nel sistema governativo di smistamento delle merci. 2 Come quella di Ad Statuas n. I.7, dove la ristrutturazione della strada
comporta la fine del fabbricato, in cui si svolgono attività legate alla lavorazione dei metalli, e la costruzione della piazzola. 3 Alla confluenza tra i fiumi Esaro e Coscile, a Piana di Cammarata,
dove è una vasta area di frammenti fittili. Nei pressi, a nord del toponimo “Il Torrione”, dove è stata localizzata la fortezza normanna di
Scribla, nel sito oggi occupato dal monastero di S. Antonio, dovrebbe
essere localizzato il Palatium Sanctii Antonii de Strada, dove nel XIII secolo pernottò Carlo d’Angiò (DURRIEU 1867, p. 171). Non lontano
dalla villa di Camarelle è ancora in luce il battuto della strada romana.
TALIANO GRASSO 1994A, p. 10, con bibliog., anche per diverse identificazioni; GIVIGLIANO 1994A, p. 313, con bibliog.; GIVIGLIANO
1994B. Un’altra ipotesi di localizzazione candida la contrada Fedula, a
ovest di Torre Mordillo, sulla riva sinistra dell’Esaro, dove sono stati segnalati i resti di una villa: KAHRSTEDT 1960, p. 93; CANTARELLI
1980, p. 106; TALIANO GRASSO 1994A, p. 10, scheda 122. 4 Martha fl., localizzata presso la collina sulla sponda sinistra del Marta (Casale Procojo?) ca. 400 m. dalla ferrovia: PASQUI 1885, p. 519;
LOPES PEGNA 1952-53, p. 386. 5 Esistono due toponimi uguali nella stessa regio VII: l’ipotesi di ALFIERI 1986 è che presso gli Appennini questo toponimo, apposto
sulla Tabula Peutingeriana, indichi il corso alto del fiume, mentre il
secondo, posizionato presso il mare, indichi la foce dell’Ombrone. I ruderi della stazione fluviale sono segnalati circa 2 km. ad est della
vecchia foce del fiume Ombrone, nell’ultima ansa del fiume, indagati da
A. Salvagnoli, presso il deverticolo per Roselle e valle dell’Orcia in Val di Chiana. CARDARELLI 1932, pp. 207-208; MENICHETTI 1992, pp. 443-
444, n.196. L’attraversamento del fiume nella parte interna potrebbe
trovarsi al ponte sull’Ombrone, presso Asciano, secondo il Maroni che
ricostruisce, però, un percorso diverso (resti di un pavimento a mosaico,
pertinente probabilmente ad un edificio termale: “NSc” 1899, p. 6;
MARONI 1973, p. 63), o presso l’attraversamento dell’Ambra, dove si ha anche la confluenza con la via da Clusium: ALFIERI 1986. 6 Tappa erroneamente localizzata dal Burdigalense intorno a Milano, è
invece da cercarsi XXXVI miglia ad est di Aquileia (sulla base di It.Ant.), cioè presso Audissina nella valle del Vipacco, dove sono
testimonianze archeologiche di età romana, ricondotte ad un castrum
che controllava l’accesso alla valle. Il fiume adombrato nel toponimo dovrebbe essere identificato con l’Hübel, un affluente del Vipacco. La
doppia denominazione (mutatio Castra è definita nel Burdigalense)
attesterebbe la duplice funzione, militare e commerciale, dell’aggregato. PETRU 1971, p. 98 ss.; BOSIO 1991, pp. 206-207; VEDALDI IASBEZ
1994, p. 445-446 con bibliog. 7 Presso la stazione della via Aurelia di Ad Novas, alcuni basoli sono stati gettati nel fiume in epoca imprecisata per facilitarne il guado:
supra, p. 101. 8 Si localizza presso Canonica d’Adda, proprio sul punto di
attraversamento del fiume. Questa località, indicata nei documenti
medievali come Vicus Pontis Aurioli, ha conservato fino a poco tempo fa il nome di Pontirolo: MILANO CAPITALE 1990, p. 238. 9 Presso la foce dell’Esino, sulla sponda sinistra, dove si intersecano la
via litoranea e quella che percorre la valle “verso Iesi”. DALL’AGLIO 1987, pp. 334-335;DALL’AGLIO 1991, p. 17. 10 Il ricordo del trivio che le tre vie di comunicazione creano resta nel
toponimo “Valle Trebba”. Qui sono segnalate testimonianze sporadiche di età romana, disperse presso la necropoli etrusca, mentre resti
monumentali sono in località Burchioletto: BOSIO 1967, pp. 60-61;
UGGERI 1981, p. 51. 11 La stazione si localizza in Loc. Fornaci di Loreo, a nord di Contarina.
Lo scalo fluviale è ricordato come portus Lauretum e delle Fornaci in
epoca medievale, ma non presenta resti archeologici di età romana: BOSIO 1967, p. 72. 12 Meduacus Minor è riconosciuta presso Lova, dove sono documentati
numerosi rinvenimenti di strutture e materiali sporadici di età romana;
qui la strada incrociava il ramo principale dell’omonimo fiume: BOSIO
1967, pp. 81-82; CARTA ARCHEOLOGICA DEL VENETO IV, p. 111-112,
nn. 13-18. Meduacus Maior è presso Sanbruson, da dove provengono materiali sporadici ed un miliario. Secondo il Bosio, corrisponde alla
mansio di Ad Duodecimum, indicata dal Burdigalense lungo il tratto
Patavium-Altinum: la rilevanza dello scalo sul Brenta e delle due vie che qui si incrociavano giustificherebbe la presenza di due toponimi
diversi per un luogo di sosta molto articolato. CARTA ARCHEOLOGICA
DEL VENETO IV, pp. 67-68, nn. 244-247; BOSIO 1991, p. 73. Il fiume Meduacus in antico si divideva in due rami presso Padova,: il maior
correva ad est e sfociava nei pressi di S. Ilario, di fronte a Malmocco, il
minor si dirigeva verso Camino, passava per Brentasecca, dove si scindeva ulteriormente: il ramo principale, ricalcato dal Cornio, sfociava
in laguna a Lova, l’altro raggiungeva Campagnola e si univa al Retrone
(Retenus), scorrendo fino sotto Edrone, dove era la fossa Clodia, che lo metteva in comunicazione con il mare. 13 Oltre che sull’epoca della strutturazione definitiva del tracciato, forse
ad opera del console M. Emilio Lepido (durante il suo primo o secondo consolato, cioè nel 187 o nel 175 a.C.), permangono molte incertezze
sulla ricostruzione del tratto tra Mutina ed Este, al punto tale che sono
stati proposti tre diversi percorsi, distinti come occidentale, centrale ed orientale. Il primo viene ricostruito tra Este ed Hostilia via Legnago, ma
viene quasi concordemente scartato perché ricalca troppo da vicino
l’altro itinerario menzionato nell’Antonino tra Bononia e Verona; il percorso “centrale” attraversa Montagnana, mentre quello “orientale”
passa per Ferrara prima di tornare verso Modena. In quest’ultimo caso,
proprio “l’irrazionalità” del percorso ha spinto alcuni autori a scartarlo, privilegiando quello centrale, più diretto (ROSSETTO 1982B, pp. 191-
193). In nessun caso, comunque, viene rispettata la distanza miliaria
indicata nella fonte, che appare in esubero di circa X miglia (BOSIO
1991, pp. 31-40, con bibliog.). Incertezze permangono, quindi, sulla
identificazione delle tappe di Vicus Varianus, Vicus Serninus e Anneianus, che la ricostruzione “mediana” localizza presso Castelnuovo
Bairano il primo (ROSSETTO 1982A, p. 127; ROSSETTO 1982B), e
Montagnana il secondo (FRANZONI 1987, p. 40; ROSSETTO 1982B, p. 191). 14 Annotiamo il caso di Ad Pirum Summas Alpes, corrispondente alla
Selva di Piro e Vallo Romano presso il Valico di Piro, più duro ma molto più breve di quello del Passo del Preval. Restano tracce molto
chiare della via romana che attraversava il poderoso vallo costruito a
difesa dei confini orientali. PUSCHI 1905, pp. 120-121, 124-125; BOSIO
1973, coll. 65-66; ULBERT 1981; BOSIO 1991, pp. 206-207. 15 Presso il valico di Forca Caruso: VAN WONTERGHEM 1984, pp. 107-
108, n. 37. 16 La Compitum mutatio di It.Burd., identificata a S. Giovanni di
Compito, 18 km. da Rimini e 12 da Cesena. Il toponimo indica
l’incrocio di strade. Scavi ancora in corso hanno consentito di individuare, oltre Savignano sul Rubicone, resti archeologici di un
impianto rustico (?), edifici sacrali (?), aree sepolcrali, presso un
incrocio con una strada centuriale che deve aver attratto il popolamento. Rinvenuto anche un miliario. Da verificare il rapporto con Ad
Confluentes, località indicata nella Tabula al posto del compitum:
STOPPIONI 1995, p. 136; CALZOLARI 1994, p. 45; CALZOLARI 1997, p. 163 con bibliog. 17 Anche le stazioni di Laurentum e Ad Turres sulla via Roma-Circei
sarebbero da ricercarsi, secondo la BRANDIZZI VITTUCCI 1998, presso l’incrocio tra questa strada e la viabilità di raccordo con gli omonimi
centri. 18 È ubicata presso un quadrivio, in località “S. Filomena o Villa Mezzanotte”, dove la “Claudia-Valeria” s’intersecava con il tratturo
“Aquila-Foggia” e con la strada raggiungeva Pinna: CARROCCIA 1995,
p. 126. 19 Supra, p. 105. In questi casi, gli studiosi moderni impiegano il
vocabolo mansio in un’accezione molto vicina a quella tardo-antica:
supra, cap. III.3. 20 Abitato nei dintorni di L’Aquila, sulla via Claudia Nova, dove è
attestato epigraficamente un santuario della dea Feronia, che l’iscrizione
dice essere a 1210 passi dalla via poplicam Campanam, poco dopo lo stacco dalla via Salaria, presso il deverticolo per Amiternum (CIL, IX,
4321). L’abitato si stanzia sul colle che si allunga sul lago di Vetoio; la
porzione settentrionale del colle è occupata dalla necropoli. Sulla sommità del colle sono segnalati molti frammenti fittili. Nella zona è
stato rinvenuto un cippo che ricorda restauri della strada operati sotto
Magnenzio e Valente, Valentiniano e Graziano: MARINANGELI 1957-60. 21 Il luogo di culto pagano rappresenta spesso una premessa per la scelta
insediativa, mentre quello cristiano è qui considerato tra i fenomeni di
continuità. Nelle osservazioni apposte al capitolo III, invece, la presenza di un luogo di culto cristiano è stata inserita tra le “dotazioni
infrastrutturali”, perché la fonte lo presenta come servizio garantito
VII. - Note
188
presso la stazione. 22 Fenomeni analoghi avvengono anche in epoche più recenti: POTTER
1979, p. 132, ci ricorda il caso de La Storta, dove una stazione stradale –
già lontana erede di quella anonima VII.15 - sorse presso la chiesa del XVI secolo dedicata alla visione di S. Ignazio di Loyola. 23 Secondo Carroccia, si trova a Pettorano sul Gizio, dove si è
perpetuata la “Taverna di S. Gerardo”, alla periferia dell’abitato, sul tratturo “Celano-Foggia”, ricalcato dalla viabilità romana e
successivamente dalla “ Napoleonica ”. A lato della ben conservata
Taverna di S. Gerardo, “si trovano rocchi di colonne ed imponenti basoli, in calcare duro locale, riutilizzati per coprire un muro di
sostegno di un piazzale antistante dove, fino a tempi non lontani, l’8 di
agosto, si adunavano i pellegrini, provenienti da tutta la regione; forse, nel medesimo luogo, dove, in antico, schiavi e liberti, confluivano, per
partecipare al culto dei Lari, ed, ai nostri giorni, per portarsi, in
preghiera, a Gallinaro, piccolo centro della Val di Comino”: CARROCCIA 1995, p. 127. VAN WONTERGHEM 1984, p. 55 e 62, fig. 16,
n. 164, pp. 273-274, pone la mansio presso Campo di Giove, che
rispetta la distanza di VII miglia da Sulmona riportata nella Tabula. Qui è localizzato un importante incrocio, e nei dintorni ci sono alcune
segnalazioni di epoca romana e preromana, ma sono disperse in una
zona piuttosto ampia. DE STEPHANIS 1900, p. 220 s., fa coincidere lo Jovis Larene della Tabula con un piccolo pianoro situato a monte
dell’abitato, a lato della vecchia “Napoleonica”, grazie al toponimo di
“Campo S. Giovenale”, Iunare in dialetto. 24 Per l’identificazione di questo santuario, le ipotesi più accreditate
sono due: secondo La Regina, è da identificarsi con il santuario di Ercole Quirino o Curino presso Campochiaro, in località Civitella, poco
lontano dal transito del tratturo Pescasseroli - Candela. In questo caso,
però la stazione non potrebbe coincidere con il santuario, perché quest’ultimo è sulle pendici di una altura e la sua cronologia non è
coerente con quella della Tabula, dal momento che, dopo una crisi
profonda seguita alla guerra sociale, conosce solo una frequentazione episodica, che non supera il II secolo d.C.: CAPINI 1980, con bibliog.;
CAPPELLETTI 1991. In alternativa, bisognerebbe reintegrare, sulla base
della menzione di una tappa “Rani” del Ravennate, la stazione “Rani” nella sequenza Aesernia, Cluturnum, Bovianum, Rani, Equum Tuticum,
Herdonia, che viene identificata con la via Herculia. Il toponimo Rani
sarebbe, quindi, da ritenersi una deformazione di pagus Herculaneus, documentato dalla Tabula bronzea dei Ligures Baebiani di CIL, IX,
129; potrebbe essere localizzato presso il luogo di rinvenimento di
quest’ultima, in loc. Macchia di Circello, sul Tammaro: CARROCCIA –
RUTA 1987-88, pp. 265-266; RUTA 1988, p. 604; POCETTI 1993, p. 47 s.
dove si stabilisce la relazione tra “Monte Grani” nella Tabula e “Rane”
negli altri itinerari più tardi. 25 “Tempio di Iovis Penninus id e(st) Agubio”: la vignetta sulla Tabula
che rimarca questa tappa è simile a quella di Fanum Fortune. Il
santuario sarebbe nel passo della Scheggia, presso “Piaggia dei Bagni”: FORNI 1974-75, pp. 66-67. 26 Supra, pp. 103 e 107. Tra i numerosi esempi, segnalo quello della
Necropoli del fondo Fraia di Puteoli. 27 Supra, p. 78. In questo caso, è ritenuta particolarmente significativa la
distinzione tra alloggi di prima e seconda “categoria”, che si ritrova
anche in altri casi: BLACK 1995, pp. 17-18. 28 Identificati sin dal tempo della loro scoperta - nel 1881 - con
“ospitali”, foresterie, vengono oggi riconosciuti come alloggi destinati
ad accogliere i membri delle delegazioni e le scorte al seguito dei personaggi di rango, che venivano verosimilmente sistemati in ambienti
di ben altra sontuosità. L’edificio si trova sul lato nord-orientale del
“Cortile delle Biblioteche”, e si articola in due serie di 5 vani affiancati (ognuno dei quali presenta in fondo una nicchia a pianta rettangolare),
che si fronteggiano sui due lati di un corridoio, che sbocca, in fondo, in
una sala ampia, fiancheggiata da altri locali, aperti sia sul corridoio che sulla sala stessa. Alla destra dell’ingresso, invece, si trova una spaziosa
latrina. Le strutture superstiti non consentono di scegliere tra le due
ipotesi ugualmente possibili sulla presenza o meno di un secondo piano, ma, in ogni caso, sembra che il vasto atrio restasse aperto a galleria e
soprelevato sugli altri, per migliorare l’illuminazione. I cubicola
avevano rivestimenti pavimentali a mosaico bianco-nero, la latrina in opera spicata, mentre le pareti dei vani erano rivestite da intonaci dipinti
e stucchi. Proprio sulla base della sintassi dei motivi decorativi
pavimentali, si ipotizza che i letti fossero sistemati nelle nicchie più grandi, e che quelle più piccole funzionassero, invece, da ripostigli,
mentre lo spazio centrale dei locali restasse sgombro. La cronologia del
primo impianto è molto incerta: più che all’inizio del regno adrianeo, è possibile che si debba ricondurre al secolo precedente : BORGIA 1981. 29 Del resto, edifici per accoglienza si costruivano anche in età più
antica, soprattutto presso i santuari, e le planimetrie, meno regolari, ma pur sempre ordinate, appaiono rispondere a esigenze pratiche
elementari, piuttosto che ispirarsi a “modelli” canonizzati: di cronologia
pienamente raffrontabile con le stazioni stradali qui esaminate, è il caso del santuario di Hera Lacinia, nella regio III. Qui, nella seconda metà
del I secolo a.C. era stato impiantato un edificio termale ad uso “dei
frequentatori del santuario”, e secondo Florian Seiler (SEILER 1984) i due edifici a peristilio detti A e B, posizionati nei pressi della
fortificazione del santuario di I secolo a.C., erano destinati al servizio
dei frequentatori, già da epoca molto antica, poi adattati, in una non meglio precisata epoca romana, a bagno pubblico: PAOLETTI 1994A, p.
525 ss. Se si potesse dimostrare la relazione con il luogo di sosta
romano, sarebbe un interessante caso di adattamento di modelli allogeni in epoca romana. 30 A nord del paese di Artegna, a sud di Gemona del Friuli, dove si trova
ancora una fontana detta Silans. Il toponimo indica un luogo particolarmente ricco di sorgenti. Qui la strada si riunisce alla via che
proviene da Iulia Concordia, ugualmente diretta al Noricum, che
consente di evitare Aquileia. BOSIO 1970, pp. 156, 177; BOSIO 1973, coll. 61-62. 31 Seppure non ci sono dati per individuare tra gli edifici indagati entro
la cinta muraria quello che può aver servito da stazione stradale, è interessante notare la presenza di un abbeveratoio subito all’interno del
perimetro cittadino, dove la via Traiana, che entra nell’abitato dalla porta nord-ovest e piega ad angolo retto in prossimità del foro (e dove si
trova un’altra fontana-ninfeo), fuoriesce attraverso la porta NE:
HERDONIA 1994, pp. 213-215, fig. 207, H. Secondo la ALVISI 1970, FF. 175, 187 questa stazione è da posizionarsi lungo l’Appia Traiana prima
della mutatio XI che si trova a sud-est). 32 Sulla presenza di fontane e fontanili lungo la viabilità, oltreché presso le stazioni, vedi MANDRUZZATO 1993. 33 Oltre il V miglio della via Appia, sul lato destro della strada, poco
oltre il monumento funerario di M. Calvio Rufo e Salvia Urbana, reliquie di uno stabilimento termale di modeste dimensioni,
“primieramente destinato a prestare l’uso di bagni per i passeggieri più
agiati”, del quale restavano pavimenti a mosaico: CANINA 1852, pp. 278-279, Tav. XLVI, n. XXI del V miglio. 34 Ricordo che solo presso queste ultime sono stati individuati gli
stabilimenti adibiti al servizio viario, e che pertanto permangono forti dubbi sull’inserimento delle prime nel sistema del cursus. 35 Tale sarebbe, per esempio, il caso documentato a Pompei secondo il
BLACK 1995, p. 9. 36 Il complesso di Malvito è messo a paragone con quello di Piazza
Armerina, al confronto del quale appare inaspettatamente misero, e
quindi non qualificabile come dimora di un dominus! 37 Nn. I.5, I.6, III.1, III.4, VII.7, VIII.1, X.2 e VII.1 (vetro) ai quali va
aggiunta Manliana supra, p. 102. 38 I.7, III.3, VIII.3, XI.2, più Caprasia supra, p. 91. Rimarchevole è il rinvenimento presso la stazione di Lavinium, nella regio III, di due
crogioli per la fusione dell’oro (n. III.3), ma le perplessità che
riguardano l’effettiva identificazione di questo insediamento, che si configura come una villa rustica, con la stazione stradale,non consente
di approfondire questo tema. 39 Questo complesso dovrebbe trovarsi all’interno delle mura, che sul lato opposto sono interessate dall’addossamento di altri pavimenti di
cocciopesto, completati in alzato da strutture posticce, delle quali
restano i fori per l’alloggiamento dei pali. Queste strutture sono state impiantate tra la metà del I a.C. e la metà del I d.C., modificate in epoca
tardoantica dall’impianto di altri locali che hanno obliterato l’accesso
alla porta: FABBRI 1992. 40 MAIOLI 1995, pp. 118-119. Sul ruolo economico svolto dalle ville
nello sviluppo diacronico dell’economia imperiale vedi SCAGLIARINI
1968, pp. 22-28. 41 In genere, si sostiene che le stazioni del cursus delle aree urbane si
trovassero alle porte delle città, spesso al di fuori, come sembra
evincersi dalla testimonianza di Cicerone (Cic., pro Cluent., 163) e Properzio (Prop., 4, 8, 19) ma., pur trascurando il fatto che il primo
visse quando il cursus publicus non esisteva in quanto tale, e l’altro
quando era di recentissima istituzione, dobbiamo ammettere che non abbiamo nessun riscontro archeologico che confermi quest’ipotesi, anzi,
almeno sulla base degli esempi qui riportati, sembra potersi sostenere il
VII. - Note
189
contrario. 42 La Lex Iulia Municipalis (CIL, I2, 593) stabiliva, infatti, il divieto di
circolazione dei carri nelle aree urbane durante le ore diurne. 43 Un esempio potrebbe essere l’edificio a corte segnalato a Thurium, che potrebbe aver accorpato le funzioni di area di sosta e magazzino
pubblico, ma la sua fine è abbastanza precoce: supra, p. 94. 44 MESSINEO 1991, pp. 136-142: una struttura “idraulica”, presso il fosso del Mugnaio, nel tratto di Flaminia a nord di Ad Rubras, viene
interpretata come una fontana o “peschiera” inserita in un quadriportico
della pars dedicata all’otium di una villa. 45 Il nome è attestato epigraficamente. Da qui provengono due miliari,
oltre a molti reperti mobili di pregio e una testa maschile di statua con
berretto frigio: RIGONI 1972; RIGONI 1977. 46 L’esistenza di questa stazione doganale, posta dove la strada
attraversa le località di Ospedaletto, Venzone e Resiutta, è supposta
sulla base di un documento epigrafico che ricorda la presenza di una stazione doganale (statio Plorucensis, sede del portorium: AE, 1923,
46), presenza confermata da numerosi resti di epoca romana, tra cui un
vasto edificio diviso in cinque ambienti. Alcuni autori localizzano qui la tappa dimenticata nell’Itinerario Antonino. PELLEGRINI 1917; EGGER
1922-24; DERINGER 1949, p. 210. 47 Una raccolta di esempi di edifici per ospitalità sorti nei pressi dei più importanti santuari orientali (di IV-V secolo) è in CORSI cs. 48 Tale iscrizione, tratta secondo il De Rossi dal carme del Salterio di
David di S. Gerolamo, si ritrova incisa (con gli stessi errori di ortografia) sul labbro di un pozzo di marmo, sito nel convento di S.
Bartolomeo all’Isola Tiberina, dove si era trasferita la sede dei vescovi portuensi, dopo l’abbandono del porto. Il De Rossi ritenne, quindi, che
quella vera fosse stata lì trasferita dallo xenodochio portuense, dove è
stata rinvenuta l’iscrizione “gemella”. 49 Costruito per interessamento di Pammachio, che forse sarebbe da
identificarsi con il personaggio di nome Galliano, ricordato nella
biografia di Papa Silvestro del Liber Pontificalis, come costruttore dell’ospizio di Ostia. Quadriportico connesso ad una basilica coassiale
(a 3 navate, con due absidi ed ambienti laterali), che sui rimanenti tre
lati dà accesso ad alcuni ambulacri, a loro volta affiancati da altri ambienti. L’abside è anulare, come quello della prima basilica
lateranense; a lato, è il vano G, che accoglie un pozzo. Al centro poteva
essere una puteale con cisterna, decorato da colonne sormontate dagli epistili, sui quali è stata ritrovata l’iscrizione frammentaria fonte
epigrafica n. 176. Il complesso era situato in prossimità di una strada
basolata, forse un deverticolo della grande strada che circondava l’esagono di Traiano. Sulla base delle tecniche costruttive e dei
materiali rinvenuti, anche le ricerche più recenti hanno potuto
confermare l’occupazione della struttura alla metà del IV secolo. L’abbandono data al X - XI secolo d.C., epoca in cui furono qui ricavate
delle tombe a fossa. La datazione dell’iscrizione, ritenuta erroneamente
di tipo filocaliano, è stata posticipata al VI secolo (non attribuibile, perciò, a Pammachio né ad un suo diretto erede). Nei pressi di questo
monumento, è stato recentemente riportato alla luce un ninfeo. DE
ROSSI 1866, pp. 50-51; 99; LANCIANI 1866, pp. 100-104; LUGLI -
FILIBECK 1935, pp. 147-148; FÉVRIER 1958, p. 316; TESTINI 1975, pp.
53, nota 46; TESTINI 1986, pp. 298-299; COCCIA 1993; COCCIA –
PAROLI 1993, pp. 178-180; PAROLI 1996. 50 FÉVRIER 1958, p. 316, interpreta questo edificio di culto come la
basilica dei SS. Pietro e Paolo, ricordata in una bolla di Benedetto VIII. 51 Il Testini localizzerebbe, in via ipotetica, il vero xenodochio presso la basilica di S. Ippolito all’Isola Sacra: TESTINI 1986, pp. 298-299. 52 Si tratta di un’aula absidata, divisa in tre navate da una fila di pilastri,
con due vani che affiancano l’abside, ed un atrio, sul lato d’ingresso, ugualmente incluso tra due vani più piccoli, aperto in un monumentale
portico di pietra. L’eccezionale stato di conservazione di questo
monumento consente di conoscere anche l’articolazione del piano superiore, dove erano ricavati gli alloggi. È stato calcolato che il
dormitorio potesse ospitare fino a 400 persone (40x75 piedi):
LECLERCQ 1925, coll. 2752-2753. 53 Tra i tanti esempi raccolti nella Rassegna Topografica cap. V,
menziono le attestazioni di epoca repubblicana che si sono potute
diagnosticare presso la stazione anonima segnalata nell’Aretino: supra, p. 102. 54 Nel caso di Aquilonis nella regio II (supra, p. 89) e del Gran S.
Bernardo è la posizione di valico che ha generato la continuità della presenza del ricovero per i viaggiatori fino ai nostri giorni. 55 Un chiesa pievana con battistero è documentata presso la stazione di
Ad Mensulas, lungo la via Cassia (n. VII.20). 56 La stazione è ipoteticamente nomenclata “Annuagras”, forse forma
corrotta di Ad Nuragas, attestata dal Ravennate e da Guidone: ZUCCA
1985, p. 27. 57 In questo caso è vero che lo stabilimento termale sembra impiantarsi
solo nel IV secolo, ma dagli editori è ritenuto erede di un edificio
repubblicano che avrebbe assolto le stesse funzioni di luogo di sosta.
190
0
5
10
15
20
25
30
Fasi di impianto delle stazioni
Sottofase nonprecisabile
Sottofase 2
Sottofase 1
A B C D E F GRAFICO 2
Tipi di Attività attestate
7
7
7
21
Produzione di ceramiche e/o tegole
Lavorazione di prodotti agricoli
Lavorazione dei metalli
Attività estrattive
Lavorazione cuoio
e tela
GRAFICO 1
191
GRAFICO 3. FASI DI IMPIANTO E OCCUPAZIONE DEGLI INSEDIAMENTI
SCHEDATI.
A1 A A2 B1 B B2 C1 C C2 D1 D D2 E1 E E2 F1 F F2 G1 G G2 H
I.1
I.2
I.3
I.4
I.5
I.6
I.7
I.8
I.9
I.11
I.12
I.13
II.1
II.2 x x x x x
II.3 x x
III.2
III.3
III.4
III.5
III.6
III.7
III.8
III.9
IV.1
IV.2 x x x x x
IV.3 x x
IV.4
V.1 x
VII.1
VII.2
VII.3
VII.4
VII.5
VII.6
VII.7
VII.8
VII.10
VII.12 x x x x x x
VII.13 X x x x
VII.14 x x x
VII.15 ? ?
VII.17
VII.18 x x x x
VII.20 x
VIII.1
192
A1 A A2 B1 B B2 C1 C C2 D1 D D2 E1 E E2 F1 F F2 G1 G G2 H
VIII.2
VIII.3
IX.1
IX.2 x x x
IX.3 x x
IX.4
X.1
X.2
X.3
X.4
X.5
XI.2
XI.3
XI.4
XI.5
LEGENDA
Attestazione certa
Attestazione incerta
Frequentazione dell’area o dell’insediamento
Fase di restauro o trasformazione
A Preaugustea A1 MEDIO-REPUBBLICANO
A2 I SECOLO A.C.
B Primo imperiale B1 AUGUSTEO
B2 GIULIO-CLAUDIO
C Imperiale C1 FLAVIO – TRAIANEO (SECONDA META’ I D.C. – INIZI II D.C.)
C2 ANTONINO (INIZIO II – FINE II D.C.)
D Medio Imperiale D1 SEVERIANO
D2 META’ III D.C.
E Tardo Imperiale E1 FINE III D.C. – INIZIO ETA’ COSTANTINIANA
E2 META’ IV D.C.
F Fine Imperiale F1 FINE IV D.C. – INIZIO V D.C.
F2 INIZIO – FINE V SECOLO D.C.
G Tardo Romano G1 VI SECOLO D.C.
G2 VII SECOLO D.C.
H Tardo Antico H1 VIII SECOLO D.C.
Alto Medievale H2 IX – X SECOLO D.C.
Abbreviazioni Bibliografiche
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Abbreviazioni Bibliografiche
222
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Volpe G. et Alii, Il complesso paleocristiano di S. Giusto (Lucera). Seconda relazione preliminare (scavi 1996), in “Vetera Christianorum”, 34, 1, 1997, pp. 111-152.
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Indici
223
SOMMARIO ANALITICO
PRESENTAZIONE 1
CAPITOLO I
STORIA DEGLI STUDI 4
CAPITOLO II
VIE DI COMUNICAZIONE E
MEZZI DI TRASPORTO IN EPOCA ROMANA 6
II.1 Il cursus publicus 6
I precedenti 6
Il servizio di posta imperiale 6
II.2 Viae publicae e viae militares:
Uomini, armi e merci lungo le vie dell’impero 11
II.3 Vie d’acqua e vie di terra:
Produzione, trasporto e distribuzione 14
II.4 Aspetti sociali delle stazioni
nella letteratura antica 15
CAPITOLO III
LE FONTI 20
III.1 - Le Fonti Letterarie 22
Mansio 23
Mutatio 29 Statio 29
Stativae 31
Stabulum 31 Hospitium 33
Deversorium Diversorium 34
Taberna 35 Caupona 36
Popina 36 Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta 36
Pandokeiovn 37
StaqmovÇ 38 Basivleion 38
Kaluthrivon 38
*Allagh 39 Oijkiva 39
v 39
Katagwgiva 39 Osservazioni 40
III.2 - Le Fonti Giuridiche 44
Mansio 44 Mutatio 47
Statio 48
Stativae 49 Praetorium 49
Stabulum 49
Diversorium 49 Caupona 49
Palatium 50
Ville rustiche e abitazioni private utilizzate come luoghi di sosta 50 Osservazioni 51
III.3 - Le Fonti Epigrafiche 53
Mansio 53 Mutatio 54
Statio 54
Catabulum 55 Praetorium 55
Taberna 55
Stabulum 56 Burgus speculatorius (Speculatorum) 57
Balnea – Balineus 57
Locum ad peregrinorum hospitalitatem 57 Atrium cum quadriporticum 58
StaqmovÇ 58
v 58 Monhv 58
*Apanththvrion 58
Osservazioni 59
III.4 - Le Fonti Itinerarie 60
L’Itinerario Antonino 60
La terminologia 60 L’Itinerario Marittimo 61
L’Itinerario Burdigalense 61 La terminologia 61
III.5 - La Tabula Peutingeriana 63
Osservazioni 64
III.6 - La Toponomastica 65
III. 7 - Le Fonti Iconografiche 66
Osservazioni 69
III. 8 - Le Fonti - Conclusioni 70
La varietà terminologica, hapax 70
Scelte Insediative / Caratteristiche Topografiche 71 Planimetrie e volumetrie 71
Dotazioni infrastrutturali 71
Organizzazione interna e caratteristiche folcloristiche 71 Tipi di stazioni 72
Cronologia 72
Amministrazione e gestione 73
CAPITOLO IV
CONFRONTI - STAZIONI INDAGATI DALLE PREOVINCE 78
Britannia 78
Gallia 78 Norico 78
Siria 79
Numidia 79 Egitto 79
Stazioni fortificate 79
Stazioni urbane 80 Osservazioni 80
Scelte insediative e caratteristiche topografiche 80
Luoghi di culto 81 Planimetrie e volumetrie 81
Dotazioni infrastrutturali 81
Criteri progettuali e tecniche costruttive 81 Cronologia 81
CAPITOLO V
RASSEGNA TOPOGRAFICA 83
PREMESSA ALLE SCHEDE DELLA RASSEGNA 83
V. 1. REGIO I
LATIUM ET CAMPANIA 84
1A) Via Appia 84
Ad Nonum Scheda I.1 84
Sub – Lanuvium 84 Ad Sponsas Scheda I.2 84
Stazione anonima in loc. “Le Castella” 84
Tres Tabernae Scheda I.3 85
Ad Flexum 85
Tripontium 85 Forum Appi 85
Ad Medias 85
Tarracina 85 Sinuessa 86
2a) Via Latina 86
Stazione anonima al IV miglio Scheda I.4 86 Ad Bivium Scheda I.5 86
Stazione anonima presso Rossilli Scheda I.6 86
Compitum Anagninum 86
2b) Via Labicana 86
Indici
224
Ad Statuas Scheda I 86
3) Via Prenestina 86
Stazione anonima a Ponte di Nona Scheda I.8 86
4) Via Lavinium - Circei - Tarracina 86
Ad Turres Albas Scheda I.9 86
5a) Via Neapolis - Puteoli 86
Stabilimento termale presso Via Terracina, Napoli 86
5b)Via Campana da Capua a Puteoli 86 In Vinias 86
Ad Quartum 87
6a) Via Tiburtina 87
Stazione anonima presso Rebibbia Scheda I.10 87
Villa rustica presso lo stabilimento industriale Alenia 87 Stabilimento termale in loc. Casale Bonanni 87
Stazioni anonime presso Settecamini Schede I.11 e I.12 87 Ad Aquas Albulas – Terme di Agrippa o della Regina Zenobia 87
6b) Via Tiburtina Cornicolana 87
Stazione anonima lungo la via Tiburtina Cornicolana 87
7) Viabilità secondaria, lungo il Tevere. 87
Stazione anonima presso la Magliana Scheda I.13 87
V. 2 REGIO II
APULIA ET CALABRIA 88
1a) Via Appia 88
Pons Aufidi 88
Silvium 88
Sub Lupatia 88 Ad Canales 88
Mesochorum Scheda II.1 88
Stazione anonima presso Madonna di Gallano? 88 Stazione anonima presso S. Giorgio - Masseria Masina 89
1b) Limitone dei Greci 89
Stazione anonima presso Masseria Malvindi - Campofreddo 89
2a) Via Appia Traiana 89
Forum Novum 89
Aquilonis 89 Ad Speluncas – Speluncae 89
2b) Via per Aecas - Sipontum 89
Praetorium Laverianum Scheda II.2 89
3) Via Traiana “calabra”, da Brundisium 90
Stazioni anonime a sud di Brundisium 90
Valesium Scheda II.3 90 Hydruntum 90
V. 3. REGIO III
LUCANIA ET BRUTTII 91
1) Via Capua - Regium 91
Nerulum Scheda III.1 91 Caprasia 91
Aquae Angae 92
Annicia 92 Nicotera Scheda III.2 92
2) Via “Tirrenica” da Blanda Iulia a Vibo Valentia 92
Blanda Iulia 92 Lavinium Scheda III.3 92
3) Via Ionica 93
Leucopetra Scheda III.4 93 Scyle Scheda III.5 93
Altanum Scheda III.6 93
Locri Scheda III.7 93 Subsicivum 93
Netum 93
Stazione anonima presso Cropalati 94 Thurium - Turis 94
Ad Vicesimum Scheda III.8 94 Siris 94
4) Via transistmica 94
Stazione anonima presso Malvito Scheda III.9 94 Stazione anonima presso Croceferrata 94
V. 4. REGIO IV
SAMNIUM 95
1) Via Salaria da Eretum all’Adriatico 95 Stazione anonima in Val Roviano 95
Aquae Cutiliae Scheda IV.1 95
Vicus Falacrinus 95
Stazione anonima presso Torrita di Amatrice Scheda IV.2 95
2) Via (Tiburina) Claudia Valeria 95
Statulae Scheda IV.3 95
3) Via “Transappenninica” da Corfinium a Saepinum 95
Saepinum 95
4) Via Adriatica da N a S 96
Stazione anonima presso Casalbordino Scheda IV.4 96 Uscosium 96
V. 5 REGIO V
PICENUM 97
1) Via Salaria 97 Ad Aquas Scheda V.1 97
2) Via tra Ancona ed Urbs Salvia 97
Helvia Ricina - Ricina 97
V. 6 REGIO VI
UMBRIA 98
1a) Via Flaminia Da Roma Verso Nord 98 Ad Vicesimum 98
Aqua Viva 98
Ad Haesim 98 Stazione anonima presso fiume Metauro. 98
Stazione anonima presso Serraungarina 98
Ad Octavum 99 Stazione anonima presso Cattolica Scheda VI.1 99
2) Via Litoranea da Ad Aesim a Pisaurum 99
Ad Aquilam 99
3) Deverticolo da Narnia a Nuceria 99
Ad Martis 99
Stazione anonima presso l’area di servizio Agip 99
V. 7 REGIO VII
ETRURIA 100
1a) Via Aurelia 100
Lorium 100
Ad Turres Scheda VII.1 100 Baebiana 100
Alsium 100 Fregenae Scheda VII.2 101
Punicum Scheda VII.3 101
Tabellaria Scheda VII.4 101 Quintiana Scheda VII.5 101
Ad Novas 101
Cosa Scheda VII.1 101 Albinia Scheda VII.7 101
Telamon Schede VII.8 VII.9 101
Portus Talamonis? 101 Salebrum Scheda VII.10 101
Ad Piscinas Scheda VII.11 101
Turrita o Ad Herculem Scheda VII.12 101
2) Via Clodia 101
Stazione anonima presso La Storta Scheda VII.13 101
Careiae 101 Stazione anonima presso la villa delle Crocicchie 101
Forum Clodi Scheda VII.14 102
Sabate Scheda VII.15 102 Aquae Apollinares Scheda VII.16 102
3a) Via Cassia 102
Ad Sextum Scheda VII.17 102 Ad Vacanas Scheda VII.18 102
Stazione anonima presso le Masse di S. Sisto Scheda VII.19 102
Ad Novas 102 Stazioni anonime nell’Aretino 102
3b) Via Cassia Adrianea 102
Manliana 102 Ad Mensulas Scheda VII.20 102
4) Via Flaminia da Roma ad Horta 102
Stazione anonima: Terme dei Gracchi 102
V. 8 REGIO VIII
AEMILIA 103
1) Via Aemilia da Placentia ad Ariminum 103
Stazione anonima presso Ponte Nure 103
Indici
225
Ad Fonteclos 103
Ad Tarum 103
Pons Secies 103 Claterna Scheda VIII.1 103
Ariminum 103
Stazione anonima presso Riccione centro 103 Stazioni anonime presso la periferia di Riccione . 104
2a) Via Caesena - Adretium 104
Stazione anonima presso Bagno di Romagna Scheda VIII.2 104
2b) Via Florentia - Faventia 104
Stazione anonima presso Strada Casale Scheda VIII.3 104
V. 9. REGIO IX
LIGURIA 105
1a) Via Aemilia Scauri 105
Alba Docilia Scheda IX.1 105
Albingaunum 105
Lucus Bormani Scheda IX.2 IX.3 105 Costa Ballenae Scheda IX.4 105
Lumone 105
1b) Da Canalicum Per Aquae Statiellae 105
Crixia 105
2) Via Postumia Da Genua A Placentia 106
Clastidium 106
3) Via Iulia Augusta da Dertona a Pollentia 106
Aquae Statiellae 106
Alba Pompeia 106
V. 10 REGIO X
VENETIA 107
1) Via Mediolanum - Bergamum 107
Sirmio / Ad Flexum 107
Ariolica 107 Pons Aesonti Scheda X.1 107
In Alpe Iulia 107
2) Via Popilia da Ravenna 107
Hadriani Scheda X.2 107
Fossis Scheda X.3 107
3) Via Claudia Augusta “Padana 108
Stazione anonima presso Brentino 108
4) Via da Aquileia alla Raetia 108
Sebatum Scheda X.4 108
5) Via Da Aquileia verso Tergeste E L’istria 108
Fons Timavi Scheda X.5 108
V. 11 REGIO XI
TRANSPADANA 109
1) Via delle Gallie 109
A) Dalla Pianura Padana all’Alpis Poenina: 109
Eporedia 109
Stazione anonima presso Saint Vincent Scheda XI.1 109 Augusta Praetoria Scheda XI.2 109
Eudracinum 109
Summus Poeninus o Alpis Poenina Scheda XI.3 109
1b) Da Augusta Praetoria all’Alpis Graia (Piccolo S. Bernardo):109
Stazione anonima presso La Salle 109
Arebrigium 109 Alpis Graia Scheda XI.4 109
2a) Da Vercellae per Laumellum 109
Laumellum 109
2b) Via Vercellae - Hasta (Regio Ix) 110
Stazione anonima presso Casina Settime (Ad Septimum?) 110
3) Da Cuttiae per Augusta Taurinorum 110
Rigomagus Scheda XI.5 110
4) Via da Pedum a Caburrum 110
Stazione presso Germa(---) 110
5) Via tra Vercellae e le Alpi lungo il lago Maggiore 111
Stazione anonima presso Romagnano sul Sesia 111
CAPITOLO VI
RASSEGNA ARCHEOLOGICA 113
VI. 1. Regio I
Latium et Campania 113
N. I.1 Ad Nonum - “Villa e mausoleo di Gallieno” 113
N. I.2 Ad Sponsas 114
N. I.3 Tres Tabernae 114
N. I.4 Stazione anonima al IV miglio della via Latina 115 N. I.5 Ad Bivium 116
N. I.6 Stazione anonima presso Rossilli 117
N. I.7 Ad Statuas 117 N. I.8 Stazione anonima presso Ponte di Nona (“Ad Nonum”?) 118
N. I.9 Ad Turres Albas 119
N. I.10 Stazione anonima presso Rebibbia 119 N. I.11 Stazione anonima presso Settecamini 120
N. I.12 Stazione anonima presso Settecamini 121
N. I.13 Stazione anonima alla Magliana 121
VI. 2 Regio II
Apulia et Calabria 123
N. II.1 Mesochorum 123
N. II.2 Praetorium Laverianum? 123
N. II.3 Valesium, mutatio Valentia 124
VI. 3. Regio III
Lucania et Bruttii 127
N. III.1 Nerulum o stazione anonima nei pressi 127
N. III.2 Nicotera 127
N. III.3 Lavinium 128 N. III.4 Leucopetra 128
N. III.5 Scyle 129
N. III.6 Altanum “a” 130 N. III.7 Locri? 131
N. III.8 Ad Vicesimum 132
N. III.9 Stazione anonima presso Malvito 133
I. 4. Regio IV
Samnium 136
N. IV.1 Aquae Cutiliae 136
N. IV.2 Stazione anonima presso Torrita di Amatrice 136
N. IV.3 Statulae 137 N. IV.4 Stazione anonima presso Casalbordino 137
VI. 5 Regio V
Picenum 139
N. V.1 Ad Aquas 139
VI. 6 Regio VI
Umbria 140
N. VI.1 Stazione anonima presso Cattolica 140
VI. 7 Regio VII
Etruria 141
N. VII.1 Ad Turres? 141
N. VII.2 Fregenae 142 N. VII.3 Punicum 143
N. VII.4 Tabellaria 143
N. VII.5 Quintiana 143 N. VII.6 Cosa “a” 144
N. VII.7 Albinia 145
N. VII.8 Telamon “a” 145 N. VII.9 Telamon “b” 146
N. VII.10 Salebrum 146
N. VII.11 Ad Piscinas 147 N. VII.12 Turrita o Ad Herculem? 147
N. VII.13 Stazione anonima presso La Storta 148
N. VII.14 Forum Clodi 149 N. VII.15 Sabate 149
N. VII.16 Aquae Apollinares ? 150
N. VII.17 Ad Sextum 151 N. VII.18 Ad Vacanas – Baccanas 151
N. VII.19 Stazione anonima presso le Masse di S. Sisto 152
N. VII.20 Ad Mensulas 153
VI. 8 Regio VIII
Aemilia 154
N. VIII.1 Claterna 154
N. VIII.2 Stazione anonima presso Bagno di Romagna 154 N. VIII.3 Stazione anonima presso Strada Casale 155
Indici
226
VI. 9. Regio IX
Liguria 156
N. IX.1 Alba Docilia 156 N. IX.2 Lucus Bormani “a” 156
N. IX.3 Lucus Bormani “b” 158
N. IX.4 Costa Ballenae 159
VI. 10 Regio X
Venetia 160
N. X.1 Pons Aesonti 160
N. X.2 Hadriani 160
N. X.3 Fossis 161 N. X.4 Saebatum 161
N. X.5 Fons Timavi 163
VI. 11 Regio XI
Transpadana 165
N. XI.1 Stazione anonima presso S. Vincent 165 N. XI.2 Augusta Praetoria 165
N. XI.3 Summus Poeninus 165
N. XI.4 Alpis Graia 166 N. XI.5 Rigomagus 167
CAPITOLO VII
CONCLUSIONI
STAZIONI ITINERARIE E LUOGHI DI SOSTA
ENTRO I CONFINI DELL’ITALIA AUGUSTEA 169
Stazioni stradali e luoghi di sosta.
Mansiones e mutationes 169
Scelte insediative e caratteristiche
topografiche 170
Fonti di approvvigionamento idrico 170 Corsi d’acqua e ponti 171
Porti - Foci e snodi vie d’acqua e terra 171
Valichi 171 Incroci e mercati 172
Rapporto tra stazioni stradali ed aggregati limitrofi 172
Necropoli 173 Rapporto con catacombe cristiane 173
Luoghi di culto preesistenti e coevi 173
Propaganda 174
Edifici a pianta basilicale 174
Planimetrie e Volumetrie 174
Gli abitati 174
Gli edifici “a corte” 175 Articolazione per padiglioni distinti 175
Strade, accessi basolati e piazze lastricate 176
I Cortili 176 Gli alloggi 176
I servizi: magazzini, stalle, latrine. 176
Dotazioni infrastrutturali
e tecniche costruttive 177
Le fonti di approvvigionamento idrico: sistemi di
captazione, approvvigionamento, distribuzione e smaltimento (acquedotti, cisterne, pozzi, vasche ed abbeveratoi). 177
Le terme 178
Tecniche costruttive 178 Qualità - Lussuosità dei rivestimenti 178
Organizzazione interna 179
Forme di gestione 179 Luoghi di produzione o lavorazione di prodotti agricoli
e industriali o sfruttamento delle risorse 180
Tipi di stazioni 180
Urbane 180
Fluviali 181
Marittime 181 Ville 182
Stazioni doganali 182
Xenodochia 182
Cronologie 183
Il fenomeno della continuità 183
Luoghi di culto cristiani 184
Rapporto con le fonti scritte 184
Osservazioni 185
La pianificazione statale ed il rapporto con il cursus publicus 185 Densità di attestazione lungo alcuni assi stradali 186
Confronto con le altre tipologie 186
Indici
227
Indice delle fonti classiche
citate nel testo, contenenti riferimenti ai luoghi di sosta lungo la viabilità o all’amministrazione del cursus publicus.
Il numero in grassetto fa riferimento alle pagine nelle quali il passo è riportato in lingua originale.
Acta Petri apocryphis,
15 33
AE,
1900 = CIL, III, 6123 .............................................. 55
1912, 193 ................................................................. 56
1922, 57 ................................................................... 72
1950, 126 ........................................................... 57; 59
1957, 167 ................................................................. 58
1959, 179 ................................................................. 56
1976, 502 ................................................................. 55
1976, 653 ........................................................... 53; 59
1978, 86 ............................................................. 56; 59
1979, 620 ........................................................... 53; 56
1981, 724 ........................................................... 53; 54
1981, 779 = CIL, III, 7000 ...................................... 53
1982, 841 ........................................................... 53; 54
1992, 892 ................................................................. 55
Ael. Arist.,
Orat., XXVII, 1-8.................................................... 71
Ambr.,
de Obitu Valent., 24 .......................................... 25; 40
in Psalm. 118, V, 2, 2-3 .................................... 24; 40
in Psalm. 118, V, 3, 3-5 .................................... 24; 40
in Psalm. 118, V, 5, 1 ss. ....................... 24; 30; 40; 41
Amm.,
XIV, 11, 6 ................................................................ 30
XV, 3, 10 ..................................................... 20; 36; 42
XVI, 12, 70 ........................................................ 27; 40
XIX, 11...................................................................... 8
XIX, 8, 5-6 .............................................................. 30
XX, 4 ....................................................................... 51
XXI, 13, 8 ................................................................ 12
XXI, 15, 2 ................................................................ 30
XXI, 9, 4.................................................................. 29
XXII, 9 ...................................................................... 7
XXVII, 4 ................................................................... 7
XXVII, 4, 8 ....................................................... 30; 40
XXVIII, 6, 27 .................................................... 30; 40
XXIX, 6, 7 ............................................................... 37
XXXI, 11, 2 ............................................................. 30
App. Verg.,
Copa, 1-3 ................................................................. 35
Apul.,
Met., I, 15 .......................................................... 15; 31
Met., I, 17, 8 ...................................................... 23; 40
Met., I, 21 .......................................................... 37; 41
Met., I, 4 .................................................................. 31
Met., I, 5 .................................................................. 42
Met., I, 6 .................................................................. 16
Met., I, 7 .................................................................. 41
Met., VIII, 23 ..................................................... 23; 40
Met., IX, 4 ................................................... 32; 37; 42
Met., X, 1........................................................... 32; 37
Aug.,
in Psalmos, XXIV, 6 ......................................... 32; 41
Serm., CC, 1, 1 ........................................................ 33
Serm., CLXXVII, 2 ........................................... 33; 41
Serm., CLXXVIII, 8, 9 ...................................... 33; 41
Serm., XIV, 6 .......................................................... 32
Tract. in Epist. Ioh., X, 6 ............................. 27; 33; 41
Tract. in Euan. Ioh., XL, 10 .............................. 32; 41
Aur.Vict.,
Caes., XIII, 6 ............................................................. 7
Aus.,
157, 21 ..................................................................... 16
Basil.,
Epist., XCIV ............................................................ 39
Epist., XCVIII ......................................................... 12
Epist., CCXLIII ....................................................... 12
Caes.,
Bell. Civ., III, 101 ...................................................... 6
Bell. Hisp., 2 .............................................................. 6
Cassiod.,
Hist. Eccl., VI, 45, 2 .......................................... 29; 40
Var., I, 29, 2 ............................................................ 29
Var., IV, 47, 6 ......................................................... 29
Var., VIII, 32, 1 ....................................................... 28
Var., X, 28, 1 ..................................................... 28; 40
Cato,
Orig., fr. II, p. 37 ..................................................... 78
Cic.,
ad Fam., VI, 19, 1 ............................................. 34; 42
de Inv., II, 4, 14 ................................................. 35; 41
de Leg., III, 8, 18 ..................................................... 78
Phil., II, 77 ........................................................ 36; 78
pro Cluent., 163................................................. 35; 41
CIL,
I, 551 ....................................................................... 78
I2, 638 ...................................................................... 78
II, 2011 .................................................................... 72
III, 2809 ............................................................. 55; 59
III, 6123 = 14207 .............................................. 53; 55
III, 7000 ................................................................... 53
III, 7251 ..................................................................... 7
V, 2108 .................................................................... 54
V, 8658, 8987 .................................................... 53; 54
V, 8987 ...................................................................... 8
VI, 1, 1774 .............................................................. 56
VI, 746 ...................................................................... 9
VI, 8445 .................................................................... 9
VIII, 2494 .......................................................... 57; 59
VIII, 2495 .......................................................... 57; 59
VIII, 5341 .......................................................... 57; 59
IX, 2826, 4 .............................................................. 54
Indici
228
X, 2, 7200 .......................................................... 53; 54
XIV, 4015 .......................................................... 57; 59
Cod.Just.,
X, 16, 8 .............................................................. 46; 51
X, 26, 2 .............................................................. 44; 51
X, 48, 12 .................................................................. 50
X, 61, 2 .............................................................. 44; 51
X, 72, 9 .................................................................... 46
XII, 35, 11 ................................................... 45; 51; 52
XII, 50, 15 ......................................................... 47; 51
XII, 50, 17 ............................................................... 47
XII, 50, 18 ................................................... 23; 48; 51
XII, 50, 22 ................................................................. 8
XII, 50, 7 ........................................................... 47; 51
XII, 50, 8 ................................................................. 45
XII, 51, 1 ................................................................. 49
Cod.Theod.,
I, 16, 12 ................................................. 45; 49; 51; 52
VI, 29, 5 ............................................................ 48; 51
VI, 29, 6 ............................................................ 48; 51
VII, 10, 1 ............................................... 46; 49; 50; 51
VII, 10, 2 ..................................................... 49; 50; 51
VII, 8, 5 ................................................................... 52
VIII, 10, 2 .......................................................... 44; 51
VIII, 5, 11 ................................................................ 51
VIII, 5, 16 ............................................................ 8; 78
VIII, 5, 23 .......................................................... 45; 51
VIII, 5, 34 ................................................ 8; 47; 49; 51
VIII, 5, 35 ............................................................ 9; 45
VIII, 5, 36 .............................................. 44; 47; 48; 51
VIII, 5, 65 .......................................................... 48; 51
VIII, 5, 9 .................................................................... 8
VIII, 6, 2 .................................................................. 49
XI, 1, 21 ............................................................ 46; 51
XI, 1, 9 .............................................. 8; 23; 45; 47; 51
XI, 16, 15 ................................................................ 50
XII, 1, 119 ............................................................... 46
XII, 1, 21 ........................................................... 44; 51
XII, 6, 21 ................................................................. 46
Col.,
I, 5, 6 ................................................................. 36; 42
Cypr.,
Epist., LXVIII, 3, 3 ..................................... 32; 34; 40
Dig.,
IV, 9, 1 .................................................................... 49
L, 4, 18, 10 .................................................. 46; 50; 51
XIV, 1, 1, 12 ............................................................ 14
XVII, 2, 52, 15 .................................................. 49; 51
XLVII, 5, 1 ........................................................ 49; 50
Dio. Cass.,
LXVIII, 15, 3 .................................................... 39; 43
LXXVIII, 9, 6 .................................................... 39; 43
Eustath.,
ad Iliad., 531, 21 ..................................................... 39
Bas. Hex., 8, 2 ......................................................... 27
Fronto,
ad M. Caes., III, 4, 47-48 .................................. 31; 41
Gell.,
X, 3, 19 .................................................................... 78
Greg. Naz.,
II, I, XI, 386-485 ..................................................... 15
Herod.,
III, 126 ..................................................................... 78
VI, 105 .................................................................... 78
VIII, 98 .................................................................... 78
Hier.,
Epist., CVIII, 9 ........................................................ 59
Epist., LXXVII, 10 ............................................ 34; 58
Epist., LXXVIII, 2, 1 .............................................. 27
Homil. Orig. in Luc., 34, 3 ................................ 32; 43
in Ion., II, 2 ........................................................ 27; 40
Hor.,
Epist., I, 15, 10 .................................................. 34; 42
Sat., I, 5, 1-6 ................................................ 33; 41; 42
Sat., I, 5, 37-38 ........................................................ 36
Sat., I, 5, 45-47 ............................................ 37, 42; 60
Sat., I, 5, 50-51 ............................................ 36; 37; 42
Sat., I, 5, 79-81 .................................................. 37; 42
IGRR,
I, 1142 ..................................................................... 58
III, 639 ............................................................... 58; 72
Jul.,
Epist., VIII ............................................................... 78
Epist., XV ................................................................ 78
Epist., XXVI ........................................................... 78
Epist., LVIII, 399 .................................................... 38
Epist., LVIII, 400 .................................................... 38
Epist., LXXXIV ...................................................... 15
Justin.,
Apol., I, 67 ............................................................... 12
Juv.,
VIII, 172-176 .......................................................... 15
XI, 2-5 ..................................................................... 30
Lact.,
de Mort. Pers., XXIV, 6-7 ................................ 23; 40
de Mort. Pers., XLV, 6 ..................................... 24; 40
Lex Burg.,
Lib. Const., XXXVIII, 3 ................................... 46; 52
Lib. Const., XXXVIII, 5-6 .......................... 27; 47; 50
Liv.,
XXXI, 24 ................................................................. 78
XXXVII, 7, 11 .......................................................... 6
XLII, 1, 7-12 ............................................................. 6
XLV, 1, 6, 7 ............................................................ 78
Lucil.,
Carm., III, (Iter Siculum), 127-129 ......................... 36
Mart.,
VI, 94, 3 .................................................................. 41
Nep.,
Milt., 4, 3 ................................................................. 78
Paneg.,
VI, 16, 1 .................................................................. 23
Paul.,
in Fest., Gloss Lat., p. 45 ........................................ 42
Peregrinatio Egeriae,
IV, 8 ........................................................................ 25
VI, 1 ........................................................................ 25
VI, 4 ........................................................................ 25
VII, 2 ....................................................................... 25
Indici
229
VIII, 1 ...................................................................... 25
IX, 7 ........................................................................ 25
X, 8 .......................................................................... 25
XIII, 2 ................................................................ 26; 40
XVII, 2 .............................................................. 26; 40
XVIII, 1 ................................................. 26; 31; 40; 41
XIX, 1...................................................................... 26
XIX, 11.............................................................. 26; 40
XIX, 3.......................................................... 31; 40; 41
XVI, 7...................................................................... 26
XX, 12 ..................................................................... 26
XXI, 5...................................................................... 26
XXII, 1 .................................................................... 26
XXII, 2 .................................................................... 26
XXIII, 2 ....................................................... 31; 40; 41
XXIII, 6 ................................................. 26; 31; 40; 41
Plaut.,
Miles Glor., 131 ...................................................... 78
Plin. Jun.,
Epist., I, 13, 2 .......................................................... 29
Epist., II, 9, 5 ........................................................... 30
Epist., VI, 19, 4 ................................................. 32; 33
Epist., VIII, 8, 6 ....................................................... 33
Epist., X, 120 ....................................................... 7; 78
Plin.,
N.H., VI, 102 ..................................................... 23; 40
N.H., VI, 96 ............................................................. 23
N.H., XII, 64 ...................................................... 23; 40
N.H., XII, 65 ...................................................... 23; 40
Plut.,
de Sanitat. Praecep., 16 .......................................... 15
Galb., VIII ............................................................. 7; 8
Polyb.,
II, 15, 5 .................................................................... 11
Proc.,
de Aed., V, 3, 3 ................................................ 8; 9; 38
Hist. Arc. vel Aned., XXX, 3-4 ................................ 38
Hist. Bell., II, 20, 20 .................................................. 9
Hist. Bell., III, 16, 12 ................................................. 8
Prop.,
IV, 8, 17-19 ............................................................. 35
Revue Archeéologique,
XLII, 1953, n. 76 ..................................................... 58
Rufin.,
Basil. Hom., I, 3, 1726c ........................................... 27
Rutil. Nam.,
de Red., I, 377 ......................................................... 37
S.H.A.,
Ant. Pius, 12 .............................................................. 7
Aurel., VII, 6. .......................................................... 42
Aurel., VII, 8 ........................................................... 34
Aurel., XXV, 5 ........................................................ 28
Hadr., VII .................................................................. 7
Hadr., X, 6 .................................................. 34; 42; 51
Max., XXXI, 2 ......................................................... 28
Pertin., I, 6 .............................................................. 78
Sett. Sev., I, 10 ................................................... 33; 41
Sett. Sev., XIV, 2 ....................................................... 7
Sett. Sev., XXII, 4 .................................................... 27
Sev. Alex., XLV, 2 ....................................... 27; 31; 41
Sev. Alex., XLVII, 1 .......................................... 28; 41
Sev. Alex., XLVIII, 4 ............................................... 28
Sen.,
de Benef., I, 14, 1..................................................... 41
Sid. Apoll.,
Epist., VIII, 11, 3, 42 ss. .......................................... 16
Stat.,
Silv., IV, 15-19 ........................................................ 12
Silv., IV, 9 ............................................................... 12
Strab.,
XII, 8, 17 ................................................................. 37
Strabo,
V, 4, 13 .................................................................... 78
Suet.,
Aug., 49-50 ................................................................ 7
Nero, XXXVII, 2............................................... 29; 41
Tib., XXXVII, 2 ...................................................... 29
Tit., X, 3 ............................................................ 23; 40
Vitell., VII, 3 ........................................................... 15
Vitell., VII, 6 ............................................... 31; 34; 42
Vitell., XIII, 6 .................................................... 36; 42
Sulp.Sev.,
Epist., I, 10 .............................................................. 27
Symm.,
Epist., CV, 105-106 ................................................. 13
Epist., I, 20, 3 .......................................................... 24
Epist., II, 27 ................................................. 13; 24; 40
Epist., VII, 32, 1 ...................................................... 24
Epist., VIII, 58, 1 ..................................................... 24
Epist., XLVI, 7 ........................................................ 13
Tac.,
Ann., IV, 27, 1 ......................................................... 14
Hist., II, 64, 1 .......................................................... 42
Tert. Apol.,
XLII, 2 ..................................................................... 41
Varro,
Re Rust., I, 2, 23 .................................... 34; 35; 36; 42
Veg.,
Epit. Rei Mil., III, 8, 1 ss. .................................. 31; 40
Epit. Rei Mil., III, 8, 2 ............................................. 26
Ven.Fort.,
Vita Leob., XV, 49 .................................................. 29
Elenco Tavole e Figure
230
Elenco tavole e figure
Per cercare di ovviare alle rimarcate differenze di resa grafica nei rilievi e nelle carte “corografiche”, e per fornire uno
strumento di valutazione al lettore, si è deciso di ridurre la documentazione grafica in scala quanto più possibile uniforme.
Si è scelta la scala 1:200 per i rilievi delle strutture riconducibili alle stazioni stradali, più raramente la scala 1:400 per i
rilievi di strutture di maggior dimensioni, che non si sarebbero potute altrimenti acquisire. La scala 1:400 è stata adottata
anche per le tavole comparative degli stabilimenti termali, dove anche si è adottato un orientamento uniforme a nord,
orientamento che – essendo apparso condizionato da fattori topografici sempre diversi, legati prevalentemente alla viabilità
- è stato, invece, lasciato invariato nelle rielaborazioni grafiche delle strutture residenziali.
Le piante generali, come anche la maggior parte delle piante delle stazioni stradali provinciali presentate come confronto,
sono state ridotte in scala 1:1000.
Quando si è presentata la carta topografica pubblicata dagli editori, si è adeguata la scala ad un formato standard,
differente a seconda dell’ampiezza dell’area geografica inquadrata.
Tav. I: Le schede delle Regiones I – Latium et Campania e IV - Samnium
Tav. Ia: Le schede delle Regiones I e VII nei dintorni di Roma
Tav. II: Le schede della Regio II – Apulia et Calabria
Tav. III: Le schede della Regio III – Bruttii
Tav. IV: Le schede delle Regiones V – Picenum, VI – Umbria e VII – Etruria
Tav. V: Le schede della Regio VIII – Aemilia
Tav. VI: Le schede delle Regiones IX – Liguria e XI – Transpadana
Tav. VII: Le schede della Regio X – Venetia
Tav. VIII: Edifici a corte da varie stazioni in Italia e nelle province. Scala 1:1000. a) Augusta Raurica (da BLACK 1995);
b) Rigomagus (da BORLA 1980); c) Tres Tabernae (da CASSIERI 1995); d) Saint Albans (da BLACK 1995); e) Alpis Graia
(da MOLLO MEZZENA 1995); f) Ad Sponsas (da MANCINI 1924).
Tav. IX: Edifici con più corti. Scala 1:1000. a) Kempten (da BLACK 1995); b) Alba Docilia (da TINÉ BERTOCCHI 1978).
Tav. X: Sezioni della via Appia, nei punti in cui la crepidine della strada si allarga a formare un marciapiede-piazzola. 1:
Villa dei Quintili; 2: Casal Rotondo; 3-4: prima e all’altezza del Mausoleo di Gallieno (scheda I.1: Ad Nonum); 5: dopo il
IX miliario; 6: al Casale di Mesa. Scala 1:200 (da QUILICI 1990).
Tav. XI: Hospitalia e contubernia. Scala 1:400. a) Carnuntum (da BLACK 1995); b) Villa Adriana (da BORGIA 1981); c)
Rottweil (da BLACK 1995); d) Inchtuthill (da BLACK 1995); e) RICHBOROUGH (da BLACK 1995); f) Ad Vacanas (da
GAZZETTI 1995).
Tav. XII: Stabilimenti termali in Italia: a) Valesium (da BORSMA 1995); b) Altanum (SABBIONE – BARELLO – BRIZZI –
CARDOSA 1997); c) Napoli (Soprintendenza Archeologica); d) Ad Vacanas (GAZZETTI 1985); e) MALVITO (FLAMBARD –
LUPPINO 1985). Scala 1:400.
Tav. XIII: Stabilimenti termali in Italia: a) Aqua Viva (EVRARD 1962); b) Locri (AVETTA – MARCELLI – SASSO – D’ELIA
1991); c) Annicia (ARSLAN 1966); d) Sabate (MENGARELLI 1899); e) Germa(--) (MOLLI BOFFA 1980); f) Aquae Albulae
(MARI 1983). Scala 1:400.
Fig. 1. Pianta generale della mansio di Inchtuthil. Scala 1:1000 (da BLACK 1995).
Fig. 2. Pianta degli edifici E ed F della mansio di Richborough. Scala 1:400 (da BLACK 1995).
Fig. 3. La mansio di Newstead, nella sua fase principale. Scala 1:1000 (da BLACK 1995).
Fig. 4. La stazione di Thésèe, presso Loir-et-Cher. Scala 1:1000 (da CHEVALLIER 1998).
Fig. 5. La stazione di Chameleux – Williers: rilievo dell’abitato e delle strutture della stazione. Scala 1:400 (da MERTENS
1971)
Fig. 6. La stazione di Immurium presso Moosham. Scala 1:1000 (da BENDER 1975).
Fig. 7. La stazione di Wadi es Sidr. Scala 1:400 (da BEAUVERY 1952).
Fig. 8. La stazione della Numidia meridionale. Scala 1:400 (da ROMANELLI 1970).
Fig. 9. La stazione di Bab el Mukheinig. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 10. Il castrum di Saalburg-Kastells. Scala 1:1000 (da BENDER 1975).
Fig. 11. La stazione di Kasr al Banat. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 12. La stazione di El Homra. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 13. Il fortino di El Mweith. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 14. Il fortino di Tell al Zarka. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 15. Il Mons Claudianus nella fase di II secolo d.C. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 16. Il Mons Claudianus nella fase tardo imperiale. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Elenco Tavole e Figure
231
Fig. 17. La stazione di El Heita. Scala 1:1000 (da REDDÉ - GOLVIN 1987).
Fig. 18. La mansio di Augusta Raurica. Con la lettera “h” sono indicati gli ambienti dotati di ipocausto. Scala 1:1000 (da
BENDER 1975).
Fig. 19. La Via Appia dal miglio VIII al miglio IX nel rilevamento del Canina (1852-54), con indicazione della stazione
di Ad IX.
Fig. 20. Stabilimento termale in loc. Casale Bonanni, lungo la via Prenestina. Scala 1:200 (da CALCI – MESSINEO 1991-
92).
Fig. 21. Resti del luogo di sosta lungo la via Tiburtina Cornicolana. Scala 1:200 (da MARI – MOSCETTI 1991-92).
Fig. 22. Scheda I.2: Ad Sponsas. Struttura di servizio (? A-B) e basilica cimiteriale cristiana. Scala 1:200 (da MANCINI
1924).
Fig. 23. Scheda I.3: Tres Tabernae. Scala 1:400 (da CASSIERI 1995).
Fig. 24. Scheda I.4: Stazione anonima al IV miglio della via Latina. Dettaglio del complesso adibito a luogo di sosta.
Scala 1:400 (da EGIDI 1995).
Fig. 25. Scheda I.6: Stazione anonima presso Rossilli. Pianta del complesso localizzato presso la chiesa abbaziale, a lato
della via Latina. Scala non indicata (da LUTTAZZI – PERIN 1998).
Fig. 26. Scheda I.7: Visione prospettica della fontana-ninfeo della stazione di Ad Statuas (da MANDRUZZATO 1993).
Fig. 27. Scheda I.7: Ad Statuas. Scala 1:200 (da GATTI - REGGIANI 1993).
Fig. 28. Scheda I.8: Stazione anonima al IX miglio della via Prenestina (Ad Nonum?). Pianta del complesso archeologico.
Scala 1:1000 (da QUILICI 1974).
Fig. 29. Scheda I.8: Stazione anonima al IX miglio della via Prenestina (Ad Nonum?). L’edificio identificato come
struttura di sosta. Scala 1:200 (da MANCINI 1912).
Fig. 30. Scheda I.9: Ad Turres Albas. Resti della stazione. Scala 1:400 (da EGIDI 1980).
Fig. 31. Scheda I.10: Stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Rebibbia. Scala 1:200 (da STAFFA 1985).
Fig. 32. Scheda I.10: Ricostruzione della stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Rebibbia, nel corso della V Fase
(IV secolo d.C.) (da STAFFA 1985).
Fig. 33. Scheda I.12: La via Tiburtina antica tra i km. 14,500 e 14,900. Scala 1:1000 (da CALCI – MESSINEO 1989-90).
Fig. 34. Scheda I.12: Stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Settecamini. Scala 1:200 (da CALCI – MESSINEO
1989-90).
Fig. 35. Scheda I.11: La via Tiburtina antica tra il bivio di Settecamini e via M. Simone. Scala 1:1000 (da CALCI –
MESSINEO 1989-90).
Fig. 36. Scheda I.11: Stazione anonima lungo la via Tiburtina, presso Settecamini. Scala 1:200 (da STAFFA 1985).
Fig. 37. Scheda I.13: Stazione anonima presso la Magliana. Scala 1:200 (da CIANFRIGLIA ET ALII 1991-92).
Fig. 38. Scheda II.:2: San Giusto (Praetorium Laverianum?). Pianta dell’area archeologica. In retinato, il battistero e le
ecclesiae. Scala 1:1000 (da SAN GIUSTO 1998).
Fig. 39. Scheda II.2: San Giusto (Praetorium Laverianum?). Il complesso 1: ambienti di servizio e gli alloggi. Scala 1:200
(da SAN GIUSTO 1998).
Fig. 40. Scheda II.2: San Giusto (Praetorium Laverianum?). Villa: settore produttivo e residenziale. Scala 1:200 (da SAN
GIUSTO 1998).
Fig. 41. Scheda II.3: Valesium. Carta schematica della localizzazione dello stabilimento termale entro la cinta muraria (da
BOERSMA 1995).
Fig. 42. Scheda II.3: Valesium. Pianta d’insieme dell’area scavata. Scala 1:1000 (da BOERSMA 1995).
Fig. 43. Scheda II.3: Valesium. Pianta dell’edificio repubblicano. Scala 1:200 (da BOERSMA 1995).
Fig. 44. Scheda II.3: Valesium. Pianta dello stabilimento termale. Scala 1:200 (da BOERSMA 1995).
Fig. 45. Scheda II.3: Valesium. Ricostruzione dello stabilimento termale, visto da SW. Scala 1:200 (da BOERSMA 1995).
Fig. 46. Scheda III.1: Nerulum. Pianta delle strutture archeologiche. Scala 1:200 (da BOTTINI 1988).
Fig. 47. Scheda III.1: Nerulum. Caratterizzazione delle fasi e delle funzioni dei vani. Scala 1:200 (da BOTTINI 1988).
Fig. 48. Scheda III.5: Scyle. Planimetria generale dello scavo con indicazione delle fasi:1) in bianco IV- V secolo d.C.; 2)
in puntinato (VI secolo). Scala 1:200 (da COSTAMAGNA 1991).
Fig. 49. Scheda III.6: Altanum a. Casignana, loc. Palazzi. L’edificio termale. Scala 1:400 (da SABBIONE – BARELLO -
BRIZZI - CARDOSA 1997).
Fig. 50. Scheda III.7: Locri. Quote S. Francesco. Planimetria generale dell’area archeologica. Scala 1:400 (da AVETTA -
MARCELLI – SASSO D’ELIA 1991).
Fig. 51. Scheda III.8: Ad Vicesimum. Carta dell’area archeologica in loc. Piano della Lista. Scala 1:1000 (da TUCCI 1987).
Fig. 52. Scheda III.9: Stazione anonima presso Malvito. Insieme delle emergenze archeologiche oggetto di scavo e
rilevate mediante indagini geofisiche di resistività. Scala 1:1000 (da CROGIEZ - KEMORVANT 1993).
Fig. 53. Scheda III.9: Stazione anonima presso Malvito. Pianta del complesso termale. Scala 1:200 (da FLAMBARD -
LUPPINO 1985).
Fig. 54. Scheda IV.1: Aquae Cutiliae. Stabilimento termale. Pianta. Scala 1:400 (da DE PALMA 1985).
Fig. 55. Scheda IV.2: Stazione anonima presso Torrita di Amatrice. Scala e orientamento non indicati. (da SPADONI –
REGGIANI 1992).
Elenco Tavole e Figure
232
Fig. 56. Scheda IV.4: Stazione anonima presso Casalbordino. I resti della stazione presso S. Stefano in Rivo Maris. Scala
1:1000 (da STAFFA – PELLEGRINI 1993).
Fig. 57. Scheda VI.1: Stazione anonima presso Cattolica. Planimetria dello scavo in casa Filippini. Scala non
determinabile (da MAIOLI 1995).
Fig. 58. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Stralcio catastale con il posizionamento dei tre settori di scavo. Scala 1:1000
(da COSENTINO 1990).
Fig. 59. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Settore A. Tratto della via Aurelia e sepolture terragne. Scala 1:200 (da
COSENTINO 1990).
Fig. 60. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Settore B. Aurelia antica. Scala 1:200 (da COSENTINO 1990).
Fig. 61. Scheda VII.1: Ad Turres (?). Statua. Settore C. Scala 1:200 (da COSENTINO 1990).
Fig. 62. Scheda VII.2: Fregenae. Resti delle strutture murarie. Scala 1:200 (da LUGLI 1929).
Fig. 63. Scheda VII.5: Quintiana. Pianta dell’area esplorata della villa rustica, con indicazione delle fasi edilizie e delle
funzioni assegnabili ai vani. Scala 1:200 (da AOYAGI - FOSCHI 1997).
Fig. 64. Scheda VII.6: Cosa. Pianta dell’arx. A tratteggio i resti delle strutture di fortificazione di VI secolo d.C. e in nero
quelle ricondotte alla mansio. Scala 1:1000 (da FENTRESS – CLAY – HOBBART – WEBB 1991).
Fig. 65. Scheda VII.6: Cosa. Ricostruzione del castrum localizzato sull’arx nel VI secolo d.C. (da FENTRESS – CLAY –
HOBBART – WEBB 1991).
Fig. 66. Scheda VII.7: Albinia. Pianta delle strutture esplorate in loc. Torre delle Saline. Scala 1:200 (da CIAMPOLTRINI
1997).
Fig. 67. Scheda VII.7: Albinia. Ricostruzione assonometrica delle strutture esplorate in loc. Torre delle Saline. Scala
1:200 (da CIAMPOLTRINI 19997)
Fig. 68. Scheda VII.8: Telamon a. Pianta delle strutture per l’approvvigionamento idrico presso la Collina di Bengodi.
Scala 1:400 (da PASQUI 1908).
Fig. 69. Scheda VII.12: Turrita o Ad Herculem. Collesalvetti. Planimetria dell’edificio con caratterizzazione delle
funzioni dei vani. Scala non determinabile (da ESPOSITO - PALERMO 1995).
Fig.70. Scheda VII.13: Stazione anonima presso La Storta. Pianta dei resti archeologici, con indicazione delle fasi e delle
funzioni assegnabili ai vani. Scala 1:200 (da STEFANI 1913).
Fig. 71. Scheda VII.16: Aquae Apollinares ?. Pianta generale dei resti antichi presso le terme di Vicarello. Scala 1:1000
(da COLINI 1979).
Fig.72. Scheda VII.16: Aquae Apollinares? Dettaglio delle sostruzioni della villa. Scala 1:1000 (da VIRGILI 1988).
Fig. 73. Scheda VII.17: Ad Sextum. Pianta della porzione indagata. Scala 1:200 (da WARD PERKINS 1959).
Fig. 74. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Pianta generale dell’area di scavo. Scala 1:1000 (da GAZZETTI 1995).
Fig. 75. Scheda VII.18: Ad Vacanas. La piazza lastricata. Scala 1:400 (da GAZZETTI 1995).
Fig. 76. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Il cd. Albergo. Scala 1:200 (da GAZZETTI 1995).
Fig. 77. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Le terme. Scala 1:400 (da GAZZETTI 1995).
Fig. 78. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Le terme: visione assonometrica dei resti. Scala 1:400 (da GAZZETTI 1995).
Fig. 79. Scheda VII.18: Ad Vacanas. Le terme. Ipotesi di ricostruzione (da GAZZETTI 1995).
Fig. 80. Scheda VII.18: Ad Vacanas. La cd. Caserma. Scala 1:200 (da GAZZETTI 1995).
Fig. 81. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Pianta dei ruderi rilevati alla fine dell’800. Scala non
indicata (da CARTA ARCHEOLOGICA 1972).
Fig. 82. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Planimetria generale dello scavo con indicazione
dei saggi (stralcio della carta catastale del Comune di Viterbo, ff. 224-225) (da BARBIERI 1992-93).
Fig. 83. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Pianta dei resti individuati entro il saggio C. Scala
1:200 (da BARBIERI 1992-93).
Fig. 84. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. Resti della struttura semicircolare rilevata nel saggio
E. Scala 1:50 (da BARBIERI 1992-93).
Fig. 85. Scheda VII.19: Stazione anonima presso le Mole di S. Sisto. La vasca a lato del basolato individuata entro il
saggio F. Scala 1:50 (da BARBIERI 1992-93).
Fig. 86. Scheda VIII.1: Claterna. Castel S. Pietro. Pianta generale dei rinvenimenti. In grigio gli assi stradali ipotizzati o
intercettati. Con il tratto punto/linea sono indicati gli ingombri ipotetici degli edifici. Scala 1:10.000 (da ORTALLI 1996).
Fig. 87. Scheda VIII.2: Stazione anonima presso Bagno di Romagna. Resti archeologici del luogo di sosta. Scala 1:200
(da ORTALLI 1992).
Fig. 88. Scheda VIII.3: Stazione anonima presso Strada Casale. Pianta dell’edificio. A tratteggio i muri di prima fase, in
chiaro in muri della seconda. Scala 1:400. (da MAIOLI 1990).
Fig. 89. Scheda IX.1: Alba Docilia. Pianta della struttura di servizio. Scala 1:700 circa (da TINÉ BERTOCCHI 1976)
Fig. 90. Scheda IX.3: Lucus Bormani b. Pianta dei resti dell’edificio A. Scala 1:200 (da SURACE 1984).
Fig. 91. Scheda IX.4: Costa Ballenae. Regione Foce: pianta dei resti dello stabilimento termale. Scala 1:200 (da
LAMBOGLIA 1942).
Fig. 92. Scheda IX.4: Costa Ballenae. Area del torrente Armea. Resti di strutture murarie d’arginatura al corso d’acqua e
di tombe terragne (nn.1,4) e alla cappuccina (nn. 2-3, 6-5). Scala 1:200 (da LAMBOGLIA 1942).
Elenco Tavole e Figure
233
Fig. 93. Scheda IX.4: Costa Ballenae. Capo Don. Resti dell’edificio battesimale. Scala 1:200 (da LAMBOGLIA 1942).
Fig. 94. Scheda X.1: Pons Aesonti. Rilievo delle strutture presso la chiesetta di Mainizza. Scala 1.200 (da DREOSSI
1953).
Fig. 95. Scheda X.2: Hadriani. Pianta dei resti della struttura di sosta. Scala 1:200 (da DALEMULLE 1986).
Fig. 96. Scheda X.3: Fossis. Pianta dei resti della struttura di sosta e della darsena. Scala 1:400 (da SANESI
MASTROCINQUE 1986).
Fig. 97. Scheda X.4: Saebatum. Planimetria generale dell’abitato con gli edifici “con suspensurae” e a “pianta poligonale.
Scala 1:400 (da BRUSIN 1940).
Fig. 98. Scheda X.5: Fons Timavi. Resti dello stabilimento termale. Scala e orientamento non indicati (da SCOTTI
MASELLI 1979).
Fig. 99. Scheda X.5: Fons Timavi. Pianta dell’edificio presso S. Giovanni di Duino (scala 1:200), con dettaglio dei
rivestimenti pavimentali degli ambienti II e IV. Scala 1:200 (da SCOTTI MASELLI 1979).
Fig. 100. Scheda XI.1: Stazione anonima presso Saint Vincent. Pianta dei resti dello stabilimento termale presso la chiesa
parrocchiale. Scala 1:200 (da MOLLO MEZZENA 1995).
Fig. 101. Scheda XI.1: Stazione anonima presso Saint Vincent. Assonometria ricostruttiva dei resti dello stabilimento
termale presso la chiesa parrocchiale. Scala 1:200 (da MOLLO MEZZENA 1995).
Fig. 102. Scheda XI.3: Summus Poeninus. Pianta dei resti archeologici al valico del Gran S. Bernardo. Scala 1:1000
(elaborazione da BAROCELLI 1948).
Fig. 103. Scheda XI.3: Summus Poeninus. Ricostruzione ideale dell’insediamento del Gran S. Bernardo (da DENTI 1991).
Fig. 104. Scheda XI.4: Alpis Graia. Pianta dei resti al valico del Piccolo S. Bernardo (rielaborazione da BAROCELLI
1948).
Fig. 105. Scheda XI.4: Alpis Graia. Pianta della “mansio orientale” (fig. precedente, “A”). Scala 1:200 (da MOLLO
MEZZENA 1995).
Fig. 106. Scheda XI.4: Alpis Graia. Ricostruzione ideale dell’edificio A (da CHEVALLIER 1998).
Fig. 107. Scheda XI.4: Alpis Graia. Pianta dell’edificio “C”. Scala 1:200 (da BAROCELLI 1948).
Fig. 108. Scheda XI.5: Rigomagus. Pianta della struttura di sosta. Scala 1:400 (da BORLA 1973).
Fig. 109. Villa Adriana, Tivoli. Pianta degli “hospitalia”. Scala 1:400 (da BORGIA 1981).
Fig. 110. Villa Adriana, Tivoli. Ipotesi ricostruttive per gli “hospitalia”. Scala 1:400 (da BORGIA 1981).
Fig. 111. Il cosiddetto stabulum Hermetis di Pompei. Scala 1:200 (da PARKER 1978).
Fig. 112. Dettaglio della carta della via Appia del Canina (1852-54). La stazione di Ad IX.
Fig. 113. Particolare della stazione di Aricia nel rilevamento del Canina (1852-54).