rappresentazioni della retorica in atto in pagine della narrativa ...
Le Metamorfosi della Meraviglia. Riflessioni sugli Itinerari della conoscenza dall'Età del Bronzo...
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Claudio R. Messori
LE METAMORFOSI DELLA MERAVIGLIA
Riflessioni sugli itinerari della conoscenza dall’Età del Bronzo ad oggi
dedicato a Tommaso, Riccardo e Nicolò
Pag. 2
Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare,
ora come in origine,
a causa della meraviglia
Aristotele, Metafisica, I,2,982b.
CAPITOLO PRIMO
La volontà di potenza del pensiero aristotelico
La trama nascosta è più forte di quella manifesta. Eraclito di Efeso
Con una stima approssimata per difetto, la comparsa della specie umana sul pianeta è
databile intorno ai due milioni di anni fa (Homo abilis); la comparsa dei primi
organismi biologici intorno ai 3.5 miliardi di anni fa (procarioti foto e chemiosintetici);
l’acquisizione del linguaggio orale articolato intorno ai 20 mila anni fa (Homo sapiens
et faber). Considerando che l’età del pianeta che abitiamo è databile intorno ai 5
miliardi di anni, e quella dell’Universo intorno ai 10 miliardi di anni, mi domando come
dovettero sentirsi l’ateniese Platone (428-347 a.C.) alla soglia dei suoi novantuno anni,
e il cinese Confucio (?551-479 a.C.) alla soglia dei suoi settantadue anni di età, dopo
una vita spesa nello sforzo, vincente, di porre l’Uomo Razionale al centro del Mondo.
Come ci si sente oggi, nei panni di un essere umano la cui vita media in Afghanistan è
di quarantacinque anni e in Italia di circa settanta? A quali punti di riferimento e a quale
identità fanno ricorso l’uno e l’altro, nella loro relazione con l’esistere?
Nei Dialoghi (Lunyù) di Confucio, al discepolo che chiede spiegazioni sul mondo degli
spiriti il maestro pragmaticamente risponde1:
Non sai ancora trattare con gli uomini, come
potresti occuparti degli spiriti?
1 Cit. In: Giulia Boschi, Medicina cinese: la radice e i fiori, Erga edizioni, Genova, 1998, pag. 95.
Pag. 3
E quando il discepolo interroga il maestro a proposito della morte:
Non conosci ancora la vita e vuoi conoscere la morte?
Socrate (470-399 a.C.) insegnava che sapiente è colui che sa di non sapere, ma Platone,
suo discepolo, credette di fare cosa gradita alla memoria del Maestro, proiettando
nell’alto dei Cieli l’immagine eterea di una Idea pura - cioè priva di ostacoli e scopi
materiali -, a far da musa ispiratrice alla terrena idea applicata, stabilendo che in ciò e
per ciò la ragione deve essere comunque costruttiva.
Domanda: è ‘costruttivo’ interrogarsi su ciò che esula dalla prospettiva di conoscenza
del Mondo delle Idee, ovvero della Ragione ( intesa come il mondo delle Idee prime,
che hanno come oggetto di conoscenza la res cogitans, e delle idee seconde, che hanno
come loro oggetto di interesse la res extensa), per il semplice fatto di non essere
circoscrivibile dal Mondo delle Idee e della Razionalità, o di esserlo in modo del tutto
arbitrario e fittizio ? Il perché dell’esistenza, per esempio.
Ecco, la limitatezza e al tempo stesso la forza del pensiero platonico nasce tutta da qui,
dall’avere circoscritto e ipostatizzato la dimensione spirituale (la dimensione del non-
nato, del non-pensabile, subdolamente tradotta come non-essere) nel limbo dell’inutile
razionale, ovvero del fine a sé stesso per necessità logica, assimilandola o meglio
fondendola con la prospettiva di conoscenza fornita dall’occhio idealizzato della
Mente, che Vede in funzione di una Ragione divina ma costruttiva. Confondendo
questa e quella nel bagliore di una seducente razionalizzazione della spiritualità (esiste
un non-essere assunto come alter-ego buono dell’essere, buono perché, riconoscendo
al lògos la sovranità sul mondo, afferma la sovranità dell’uomo-maschio che possiede
il lògos , in lotta con un non-essere assunto come alter-ego cattivo dell’essere, cattivo
perché, relativizzando ovvero nullificando la centralità del lògos che tutto possiede
perché tutto nomina, nega la volontà di potenza del suo creatore e signore) , la
Sublime Ragione finisce per costituirsi come spiritualità razionale (pensare il non-
pensabile per pensarlo a propria immagine e somiglianza), vera e propria
individualizzazione raziocentrica del Mondo, che ha segnato il passo della storia2
2 Il brano di seguito riportato è tratto da una conferenza svoltasi nel Comune di Borgomanero nel 1992, da Dipak R. Pant, Professore di Antropologia e di Sistemi Economici Comparati, Facoltà di Economia, Università Carlo Cattaneo - LIUC -, Castellanza (VA): Ciò che non ha una sua essenza, ma che è un complesso tessuto di contingenze, è la Storia. Ciò che si veste sempre di nuove forme, adattandosi alle realtà contingenti ed esprimendosi attraverso il linguaggio dei tempi, pur restando sempre uguale nella sua essenza, è la Tradizione. La Tradizione cambia proprio perché ha qualcosa (un nocciolo fisso, un grappolo di valori, esperienze primordiali e intuizioni originarie) da modificare, rinnovare, rivedere, ridiscutere, riproporre, insomma da mantenere. Le circostanze, i condizionamenti, i problemi, gli aspetti, le ramificazioni ed il fatto stesso del cambiamento costituiscono la Storia. La Storia è l’aspetto modale (processuale) della Tradizione e la Tradizione è la parte sostanziale della Storia. I valori e gli ideali sono articolati dalla Tradizione ed il risultato della loro attuazione o concretizzazione nella realtà è un fatto storico. La maggioranza degli occidentali tende a sottovalutare la Tradizione e ad assolutizzare la Storia. Gli orientali in generale (ad eccezione dei marxisti o dei modernisti di vario genere prodotti dalla cultura post-coloniale urbana) tendono a totalizzare la Tradizione e ad ignorare la Storia. Quando si parla di Oriente si vedono soprattutto gli aspetti tradizionali e quando si pensa all’Occidente si vede quasi sempre la Storia. In realtà l’Oriente non è solo Tradizione ma anche Storia; non è solo ideali e valori ma anche realtà contingenti. Come del resto l’Occidente non ha solo la Storia, ma anche le sue tradizioni.
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occidentale attraverso Aristotele (384-324 a.C.), il Concilio di Nicea (325 d.C.),
Sant’Agostino (354-430 d.C.) , San Tommaso d’Aquino (1221-1274 d.C.), il
Positivismo (seconda metà del sec. XIX)3 e, dulcis in fundum, Karl Marx (1818-1883)
che con il suo materialismo dialettico assegna al nascente homo oeconomicus
ottocentesco - vero e proprio manufatto ideologico dell’Era Industriale - il compito di
emendare dal mondo emancipato qualsiasi velleità contemplativa, ivi compresa quella
che forse ancora si poteva intravedere nello spiraglio lasciato aperto dalla platonica
spiritualità razionale.
Karl Marx e Friedrich Engels non fanno che portare alle estreme conseguenze ciò che
la platonica razionalizzazione della spiritualità aveva iniziato duemiladuecento anni
prima, quando con la delegittimazione e derisione dei filosofi presocratici - tra i quali
spicca la figura di Eraclito di Efeso (V sec. a.C.) -, esiliò il non-pensabile e con esso la
metafisica, nel paese delle favole4.
Eraclito visse all’epoca in cui in Grecia l’uso della scrittura - presa a prestito dai Fenici
sul finire del IX sec. a.C. - in funzione propriamente letteraria, e l’uso della parola
come strumento politico di potere all’interno della polis, era da poco iniziato (VII-VI
sec. a.C.). Quest’uso, ancora accidentale in Eraclito, della scrittura come strumento e
veicolo espressivo (Anassimene, Ferecide ed Eraclito furono i primi a decidere di
rendere pubblico il loro sapere mediante la scrittura), e della parola come solido
strumento politico di potere, si affina all’ennesima potenza in Platone per poi assurgere
definitivamente a magistrale scienza della Dialettica in Aristotele.
Il sistema della polis [introdotto in Grecia tra l’VIII e il VII sec. a.C.], scrive Jean-
Pierre Vernant5, implica prima di tutto una straordinaria preminenza della parola su
tutti gli altri strumenti di potere. Essa diventa lo strumento politico per eccellenza, la
chiave di ogni autorità nello Stato, il mezzo di comando e di dominio su altri (…) Il
linguaggio non è più la parola rituale, la formula giusta, ma il dibattito
contraddittorio, la discussione, l’argomentazione (…) Tra la politica e il lògos c’è così
un rapporto stretto, un legame reciproco. L’arte politica consiste essenzialmente nel
maneggiare il linguaggio; e il lògos , all’origine, prende coscienza di se stesso, delle
sue regole, della sua efficacia, attraverso la sua funzione politica (…) La parola forma,
nel quadro della città, lo strumento della vita politica, e la scrittura fornirà,sul piano
propriamente intellettuale, il mezzo di una cultura comune, e permetterà una
divulgazione completa di conoscenze dapprima riservate o interdette (…) Si capisce
così la portata di una rivendicazione che sorge col nascere della città: la redazione
delle leggi (…) regole generali suscettibili di un’applicazione uguale per tutti.
3 Auguste Comte (1799-1857 d.C.) fu padre fondatore del Positivismo e di una vera e propria Chiesa, dedita al culto dell’Umanità e della Scienza, che denominò del Grande Ente, di cui si proclamò pontefice massimo e di cui il neo-liberismo si proclama legittimo erede. 4 Analoga operazione viene compiuta dal maoismo (XX sec. d.C.), che nel portare alle estreme conseguenze la confuciana razionalizzazione della spiritualità, mira ad estirpare dalla Cina emancipata qualsiasi retaggio della millenaria Tradizione cinese. 5 In: Le origini del pensiero greco, Editori Riuniti, 1993, pag. 47 e seg.
Pag. 5
Gli scribi del periodo ellenistico precedente, si trasformano così in filosofi e, per dirla
con il Colli6 : nata fuori della scrittura e ripugnante alla scrittura, fu proprio attraverso
questa che la ragione si affermò come grande evento - ma episodico - nella storia del
mondo. Da allora la filosofia è cosa scritta e fondata su cose scritte - chiusa in una
quiete di morte.
Chiuso in una quiete di morte, in Platone prima e in Aristotele poi il sopravvento di
Thànatos su Eros si fa rigorosamente logico e costruttivo. È il sopravvento, per fini di
conoscenza e di governo, di ciò che focalizza il carattere scomposto e frammentario
dello scibile - attitudine propria della facoltà raziocinante -, su ciò che, nella
folgorazione intuitiva della natura incomposta e non governabile del Tutto, lo
trascende.
Thànatos, cioè Eris, potenza di conflitto, l’archetipo di ciò che scinde, ciò che
interrompe, ciò che rende evidente la transitorietà di ogni cosa nata, l’incombenza della
morte, la mortifera, apollinea7 ragione.
Ed Eros, cioè Philia, potenza d’unione, l’archetipo di ciò che annulla il valore
transitorio della nascita perché la trascende, ciò che eccede, ciò che sublima i contrasti
e le diversità, l’aspetto esuberante dell’esistere, la vivificante, dionisiaca ragione.
Essendo una l’estensione dell’altra, una nell’altra, una per l’altra, la dicotomia
Thànatos-Eros, come tutte le antinomie, è una dicotomia assegnata alla realtà, ma non
è la realtà: pànta rhei, sentenziava Eraclito, la realtà sensibile è dotata di un dinamismo
intrinseco tale per cui ogni cosa data si trasforma incessantemente nel proprio contrario
(enantiodromia8). L’identità distinta degli accadimenti appare e scompare come le
onde di un fiume gorgogliante, sempre le stesse eppure sempre diverse.
Ciò che in Platone è supremazia del Cielo iperuranico delle Idee, in Aristotele si fa
egemonia sistematizzata della Scienza del Ben-Essere, della Filosofia delle Idee,
decontaminazione dalla metafisica, dalla Conoscenza non discorsiva inerente al non-
nato.
Thànatos contro Eros. Eros contro Thànatos.
In Aristotele come nel confuciano Xunzi (III sec. a.C.)9, la divisione del mondo viene
suggellata come necessaria e consacrata sull’altare della Dialettica, la serrata
6 Giorgio Colli (1917-1979), La sapienza greca - vol. III - Eraclito, Adelphi Edizioni,1996, pag. 173. 7 Con Nietzsche, uso questo termine ad indicare quella mortifera ragione, che nasce dal tentativo di sottomettere e addomesticare, con logica coercizione razionale, l’imperscrutabilità di ciò che sta oltre l’apparenza, al di là del bene e del male, pietrificandolo con leggi, regole, norme e definizioni. 8 Cfr.: C. G. Jung, Tipi psicologici, Newton Compton Editori, 1993, pag. 338-339: Io definisco enantiodromia l’emergere nel tempo dell’opposto inconscio. Questo fenomeno, caratteristico, si verifica tutte le volte che la vita conscia è dominata da un orientamento unilaterale, per cui a lungo andare nell’inconscio si viene a creare una posizione opposta, altrettanto forte, che si manifesta prima inibendo la prestazione della coscienza poi interrompendo l’orientamento conscio. Offrono chiari esempi di enantiodromia la psicologia di San Paolo e della sua conversione al cristianesimo; la storia della conversione di Raimondo Lullo; la identificazione con Cristo di Nietzsche ammalato; la sua sconfinata ammirazione per Wagner che poi diventa avversione; la trasformazione di Swedenborg da scienziato in veggente ecc. 9 L’utilità della dialettica e della retorica sta nella definizione delle cose e nella designazione dei nomi. La dialettica e la retorica sono ciò per cui la mente raffigura il Dao [l’Ordine universale]. La mente è il capo-cantiere
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applicazione pratica della logica. Di quella Dialettica del Ben-Essere e di quell’oggetto
concreto, quale suo logico ed esclusivo motivo di speculazione, che dalla padronanza
della scrittura e della parola come strumenti politici di comando, trasse il motivo del
suo prestigio.
Anche se Aristotele aveva a disposizione una scrittura alfabetica, dove le parole sono
formate dalla giustapposizione di un numero piuttosto limitato di segni, che hanno
valore fonetico ma non semantico - (il valore magico-simbolico del segno grafico era
già agonizzante nel concetto pitagorico di archè, VI sec. a.C.) -, mentre il confuciano
Xunzi disponeva di una scrittura priva di alfabeto, dove tutti i caratteri ideografici -
tranne rarissime eccezioni - hanno un loro significato, variabile a seconda del contesto
entro il quale vengono utilizzati, malgrado ciò dunque, c’è un aggettivo che forse più
di altri qualifica e riassume l’attitudine del pensiero in entrambi: utilitaristico.
Ciò che per sua natura elude le maglie della facoltà raziocinante (ciò che essendo
irriducibilmente non-nato non è indagabile, quindi non-pensabile, non scomponibile
in unità concrete, vale a dire la natura autoperfezionata e non dualistica dello scibile,
dell’unità nella molteplicità e della molteplicità nell’unità ), e sfugge al setaccio delle
altre facoltà discriminanti, - foss’anche l’intreccio intessuto dalla matematica e dalla
geometria vibratoria dell’Universo10-, precipita nell’alambicco dell’alchimista, lo
stregone tecnologico, il fabbro-artigiano, per divenire materia compatibile e
commestibile dall’apparato digerente della ragione di Stato e della ragione della
Chiesa : nasce il manufatto più prestigioso della metallurgia, il monoteismo logico-
astratto.
Lento ma inarrestabile, il processo di imbrigliamento dell’esistere tra le maglie della
specializzazione razionalistica, iniziò durante il periodo arcaico del Paleolitico (ca.
20.000-15.000 anni fa). In quell’epoca, l’emergente acquisizione della padronanza
dell’agricoltura e dell’allevamento di bestiame catapultò vaste comunità umane in
una rivoluzionaria dimensione esistenziale, dove il guadagno di energia psichica
(libido) ricavato dalla disponibilità delle nuove risorse e strategie di sostentamento e di
sopravvivenza, diede avvio alla più grande rivoluzione nella storia dell’umanità:
l’articolazione e la codificazione del linguaggio orale. Successivamente (Età del
Bronzo, VIII-II millennio a.C.), la padronanza del fuoco innescò la seconda grande
rivoluzione, lo sviluppo della metallurgia, e con essa lo sviluppo delle ideologie e delle
civiltà artigianali post-neolitiche11, dirette antenate delle civiltà moderne. In epoca
ancora più recente (IX-VII sec. a.C.), l’uso specialistico della parola come strumento
convenzionale di comando e della scrittura come suo strumento divulgativo, inaugurò
l’Era della sistematizzazione e diffusione della dottrina del razionalismo, degli
scienziati dell’anima e degli scienziati della mente. L’epopea del monoteismo logico-
del Dao, il Dao rappresenta la struttura ed i principii del buon governo. (Xunzi, Cap.13, zhuan 22). Cit. in: Medicina cinese, op. cit., pag. 116. 10 Cfr.: I King - Dalla geometria vibratoria dell’Universo alla chiave dell’agopuntura, Bernardo Albano, ECIG, Genova, 1989. 11 Cfr.: Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Sansoni Editore, 1999, pag. 41 e seg.
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astratto o, per dirla con la scienza dei Veda12 , l’ultimo periodo dell’attuale Manvantara
o ciclo umano, il Kali-Yuga, l’Era delle Tenebre e dell’Ignoranza, Era tecnologica
(virtualmente iniziata ventimila anni fa, con l’articolazione del linguaggio orale e la
sfida lanciata dal potere artificiale dell’uomo alla potenza non umana della Natura),
in cui la corsa alla specializzazione della volontà di potenza del monoteismo logico-
astratto desidera fare a pezzettini il non-pensabile13.
Dopo l’agricoltore paleolitico, il fabbro ancestrale si vanta di ottenere in poco tempo
un risultato, il metallo finito, che avrebbe altrimenti richiesto millenni per maturare
nelle profondità sotterranee, ctonie: il forno alimentato dal fuoco sostituisce la matrice
tellurica. Con la padronanza dell’agricoltura, l’essere umano si era impossessato della
potenza generatrice della Natura. Con la padronanza della metallurgia si impossessa
del Tempo. Dal loro sodalizio nasce minacciosa la volontà di potenza della ragione
che fa da minimo comune denominatore a tutte le civiltà tenute a battesimo dall’Età
del Bronzo.
Protagonista storico (III-II millennio a.C.) del peccato originale dato dall’avere
elaborato e consegnato ai posteri l’ABC per l’uso della razionalità come solido
strumento di controllo sulla Natura, sul mondo e sulle genti, fu l’intraprendente e
vincente espansionismo imperiale akkadico (cioè semitico) che, unitamente al genio
religioso e al pragmatismo semitico, fece degli akkadici i grandi conquistatori della
Mesopotamia e i veri capostipiti della futura civiltà occidentale.
L’irradiazione linguistica del corpus ideologico semitico (l’akkadico è la lingua
semitica originaria, e tutte le lingue conosciute derivano dall’akkadico-sumero, lingua
madre dell’assiro e del babilonese14), irradiazione inaugurata con la simbiosi sumero-
akkadica del III millennio a.C. e maturata durante il II millennio nell’incontro con gli
indo-europei Hittiti, finì con l’influenzare tutti gli impianti ideologici delle popolazioni
sconfitte, costituendosi, come spesso accade nel processo di assimilazione tra vinti e
vincitori, come loro Alter Ego.
Additando l’inferiorità delle divinità perdenti, l’Alter Ego dei vinti spalanca le porte
della meraviglia all’Alter Ego dei vincitori, cioè Marduk-Ishtar-Shamash, le tre
principali divinità akkadiche che la tarda ideologia-alchimia semitica (VI sec. a.C.),
12 Il Veda è un termine sanscrito che designa la scienza sacra e tradizionale dell’India antica, composta da una serie di scritture sacre compilate tra il 1500 e l’800 a.C., sulla base di una trasmissione orale della dottrina indù il cui esordio non risulta databile (il che sta semplicemente ad indicare che non è dato conoscere granchè delle civiltà della penisola indiana antecedenti il 2000 a.C.) 13 Ciò equivale a dire che da un periodo in cui prevale una relazione di continuità Uomo-Ambiente, ovvero una relazione tendenzialmente indifferenziata - periodo che la tradizione vedica designa come Krita -Yuga, nel corso del quale gli esseri umani sono raggruppati in una unica casta, l’Hamsa -, si passa ad un periodo, il Kali-Yuga, in cui prevale una relazione di contiguità Uomo-Ambiente, ovvero una relazione dove predomina la differenziazione (di qui la scomposizione degli esseri umani in quattro caste, o varnas: i Brahmanas, gli Kshatriyas, i Vaishyas e gli Shudras. Sul significato archetipico del numero quattro, vedi: Claudio Messori, Il Sole e la Luna. Sulla Natura dei Simboli e della Mente Umana, FCE, Milano, 2000, Cap. I-II). 14 Cfr.: Giovanni Semerano, Le origini della cultura europea. Rivelazioni della linguistica storica. Vol. I, Biblioteca dell'«Archivum Romanicum». Serie II: Linguistica, vol. 38, 1984, Olschki Editore
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trasformerà in un unico dio del Bene, cioè Jahvè15, in eterna lotta con un unico dio del
Male, cioè Satana, dalle cui viscere l’ostinata e postuma applicazione della logica
aristotelica (I-II-III sec. d.C.) estrasse quel tale povero diavolo, che credette di fare cosa
buona e giusta nel farsi crocifiggere, come molti prima e dopo di lui, per riscattare i
peccati del mondo, in nome di Iahvè.
Alla ideologia akkadica, cioè semitica, spettò dunque il compito di razionalizzare la
volontà di potenza dell’agricoltore paleolitico e del fabbro-artigiano, nell’espansione
di quel primato della conquista noto come processo di globalizzazione, che, tra i banchi
del mercato dell’import-export dello spirito e delle armi, rivive oggi la sua epopea
logica nell’ideologia dell’usa e getta: superprofit, no matter how.
La lotta per la Signoria sulla Potenza della Razionalità, culminata con i prodotti
sintetici ottenuti dalla chimica organica, tappa decisiva lungo la via della preparazione
artificiale della vita, questa sterile lotta all’ultimo clono che tanto eccita l’uomo delle
società a tecnologia avanzata, era già iniziata molto prima dell’Età del Ferro!
Thànatos contro Eros. Eros contro Thànatos.
Quello che accadde all’epoca di Abramo (ca. XVIII sec. a.C.), il primo Patriarca
riconosciuto e condiviso dai tre monoteismi logici - quello ebraico (per discendenza
attraverso Isacco); quello giudaico-cristiano (per discendenza mistico-intellettuale);
quello musulmano (per discendenza attraverso Ismaele) -, fu l’ingresso nella Storia, a
pieno titolo e senza precedenti, ma con analoghi in tutto il mondo retto dalla potenza
della specializzazione razionalistica, di un iperbolico Logos geometrico, di una Parola
e di una Legge divine, scese in Terra per darsi ad un Uomo, quello consegnato alla
Storia dalla espansione akkadico-sumera, destinato ad esaltare il valore esistenziale
della conoscenza tecnologica.
Iahvè diede all’Uomo questo comandamento (Genesi, 2:16-17): Tu puoi mangiare di
ogni albero del giardino. Ma dell’Albero della conoscenza del bene e del male non ne
mangerai, perché il giorno in cui ne mangiassi, di certo moriresti.
Avendone egli mangiato ed essendo sopravvissuto, così prosegue (Genesi, 3:22): Ecco,
l’uomo è diventato come uno di noi nella conoscenza del bene e del male. Ora dunque,
che egli non stenda la mano e non colga anche dell’Albero della Vita e ne mangi e viva
in eterno.
E Iahvè scacciò la coppia maschio-femmina (l’antinomia primigenia) dal Paradiso
(l’assenza di antinomie) e la condannò a lavorare per vivere (a ricavare manufatti
dall’oggetto grezzo)16.
Così legittimata e ipostatizzata - il Mondo è un essere antropomorfo per metà benefico
e per metà malefico -, la conoscenza che sopravvive coincide con quella definita e resa
accessibile dalla padronanza e dalla specializzazione della forma mentis e dal modus
operandi dati dalla conoscenza del Bene e del Male, di ciò che è utile e di ciò che è
dannoso.
15 Fu appunto agli inizi del VI sec. a.C. che la gerarchia religiosa del regno di Israele, con capitale Samaria, elevò Jahvè a unico Dio dell’Universo, onnipotente creatore del cielo e della terra. 16 Cfr.: René Guénon, Il simbolismo della Croce, Luni Editrice, 1999, pag. 73 e seg.
Pag. 9
Il monoteismo logico suggella e interviene su un dato di fatto storicamente - stiamo
parlando del II millennio a.C. - acquisito: la scienza può modificare radicalmente la
struttura dell’esistenza umana. E così fu.
Pur riconoscendosi nello stesso Patriarca (Abramo) e nello stesso Dio (Iahvè), i tre
monoteismi logici incarnano tre caratteri, possibilità, tendenze diverse - note alla
ideologia vedica come i tre gunas 17 -. Gli eventi e le trasformazioni sociali, culturali e
religiose di cui furono protagonisti i popoli del Vicino Oriente e dell’antico Egitto nel
corso del II millennio a.C., finirono con l’assegnare ad ognuno di essi un ambito di
competenza professionale e di autonomia dal potere centrale (re, faraone, imperatore),
che li collocò decisamente sul terreno dell’antagonismo, in una prospettiva di aperta
competizione per il potere. Complice il naturale talento che fa dell’eterogeneo popolo
semita una fucina di esperti in psicologia delle masse e di maestri nelle Arti e nei
Mestieri più disparati, il monoteismo abramitico raccolse la sfida lanciata dai tempi e
con una operazione sui generi rimasta senza pari, ne soggiogò l’anima. Con il tempo,
il monoteismo abramitico consegna così alla Storia i tre maggiori monoteismi logici:
quello ebraico, volto a soddisfare il desiderio di prestigio e l’ambizione di potere del
Sacerdote (l’equivalente della casta dei brahmanas nella ideologia indù); quello
giudaico-cristiano, volto a soddisfare il desiderio di prestigio e l’ambizione di potere
dell’Artigiano (la casta dei vaishyas); quello musulmano (il più recente dei tre, VI sec.
d.C.), volto a riscattare la fede abramitica - totale e incondizionata - con il cuore e la
spada del fervente Guerriero (la casta degli kshatriyas)18.
E così, da un’epoca di civiltà che assegnano allo spazio sacro e a chi lo incarna il valore
indiscutibile e inesauribile di Centro del Mondo, si passa ad un’epoca di civiltà che
assegnano allo spazio profano - lo spazio della futura polis greca - e a chi lo incarna, i
cultori del punto di vista razionale, il ruolo di scegliersi un Centro del Mondo.
Desacralizzato, il Centro del Mondo si fa pedissequamente mezzo dio e mezzo uomo,
e l’androginia divina - che nel Simposio Platone assimila alla omosessualità - viene
catturata dall’energia psichica rimossa dalla legge divina (secondo cui il Mondo è retto
dall’eterna lotta tra il Bene e il Male; in questa eterna lotta l’Uomo è l’ago della
17 Questo termine designa delle qualità o attribuzioni costitutive e primordiali degli esseri considerati nei loro differenti stati di manifestazione, e che essi traggono dal principio sostanziale della loro esistenza, poiché, dal punto di vista universale, esse sono inerenti a Prakriti, nella quale esse sono in perfetto equilibrio, nell’indistinzione della pura potenzialità indifferenziata. Ogni manifestazione o modificazione della sostanza rappresenta una rottura di questo equilibrio: gli esseri manifestati partecipano dunque dei tre gunas in grado diverso, e questi non sono degli stati, ma delle condizioni generali alle quali essi sono sottomessi in ogni stato, dalle quali sono in qualche modo legati, e che determinano la tendenza attuale del loro divenire (in: René Guénon, Studi sull’Induismo, Fratelli Melita Editori, 1989, pag. 49-50.). I tre gunas sono: sattwa, rappresentato come una tendenza ascendente che induce la coscienza individuale ad essere calma, chiara, comprensibile, virtuosa; tamas, rappresentato come una tendenza discendente che induce la coscienza individuale ad essere passionale, oscura, confusa, bestiale; rajas, che è una tendenza intermedia tra sattwa e tamas, rappresentata come una espansione in senso orizzontale, che induce la coscienza individuale ad essere inquieta, agitata, incerta, instabile. 18 L’attenersi ai beni di ordine spirituale - dharma - è proprio del brahmana; il desiderio - kama - è il movente dell’attività che conviene propriamente allo kshatriya; l’acquisizione di beni di ordine materiale - artha - è l’attitudine prioritaria del vaishya.
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bilancia: se agisce in conformità alle Leggi del Bene, cioè alla Parola del Signore,
trionferà il Bene, in caso contrario trionferà il Male.....e il Mondo sprofonderà nei
giorni dell’Apocalisse19), per essere mortificata nel battesimo della circoncisione-
evirazione-infibulazione20. Le epopee imperiali vengono monetizzate, e la volontà di
potenza abramitica si allunga per cogliere dall’Albero della Vita.
La religione del Dio fattosi uomo per necessità logica, circoscritto entro il raggio
d’azione di una dinamica lineare di causa-effetto (riproducibile-reversibile-prevedibile
con un atto di fede e di sottomissione al Logos redentore), restringe il campo della
conoscenza ad un palmo dal naso - che si tratti del naso anatomico o di quello
elettronico di un microscopio o di un telescopio, la miopia in questione non cambia -,
divenendo esso stesso oggetto di dispute e speculazioni d’ogni tipo.
L’ottusità razionalistica prende a confutare l’esistenza di Dio:
Se Dio esiste, prendilo e faccelo vedere!
La sfida riecheggia nel vuoto e rimbalza indietro sotto forma di esortazione Zen:
Se incontri il Buddha per strada, uccidilo!
che il domenicano Meister Echart (1260-1328? d.C.) avrebbe così formulato21 :
19 Di tutt’altro genere è l’approccio alla realtà indicato dalla migliore Tradizione orientale, superbamente espresso nei Sei versi del vajra, sintesi dello Dzog-chen:
La natura delle diverse cose non è duale
Ma ciascuna, nel suo stato, è al di là dei limiti della mente. Della condizione come è non c’è concetto Ma la visione si manifesta: tutto è bene.
Tutto è già compiuto, perciò, superata la malattia dello sforzo, Ci si trova nello stato autoperfezionato: questa è la contemplazione.
Il terzo dei Sei versi del vajra - Ma la visione si manifesta: tutto è bene -, non contraddice il fatto che nella realtà ci siano cose-comportamenti-persone che arrecano beneficio e cose-comportamenti-persone che arrecano danno, nè il fatto che ci si debba regolare di conseguenza, ma esorta a non lasciarsi intrappolare dalla visione moralistica e avvilente del Mondo che fa della sua natura e della sua origine una questione di Bene e di Male, per attenersi, invece, alla suprema Realtà del non-condizionato: La natura delle diverse cose non è duale.....Tutto è bene! (Cfr.: Namkhai Norbu, Dzog-chen, Ubaldini Editore, 1986). 20 Le pulsioni rimosse dal monoteismo abramitico, esercitano una azione coercitiva sulle pulsioni sessuali espresse dalle tre tendenze e aspirazioni presenti al suo interno: circoncidere esprime l’ambiente psichico entro cui agisce la sessualità del sacerdote-ebraico; evirare (castrare) esprime l’ambiente psichico entro cui agisce la sessualità dell’artigiano-di concezione platonica; infibulare esprime l’ambiente psichico entro cui agisce la sessualità del guerriero-musulmano. Faccio notare che le prime due, sono forme iniziatico-punitive rivolte verso colui che agisce la volontà di potenza, il maschio, ovvero sono forme sacrificali risolte attraverso un atto autopunitivo. Nel terzo caso invece, la punizione-iniziatica è un atto di mutilazione volto a sacrificare la potenza generatrice della donna, che attraverso l’infibulazione deve sottomettersi alla volontà di potenza divina del maschio. Queste tre tendenze negative della libido - nel senso di negazione come presupposto per un atto coercitivo -, le ritroviamo, niente affatto mitigate, tanto nell’ideologia cinese quanto in quella indù. 21 In: Meister Eckhart, Sermoni tedeschi, Adelphi Edizioni, 1997, pag. 204.
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Se tu vedi qualcosa, o qualcosa cade nel tuo sapere,
questo non è Dio, proprio per questo, egli non è né questo né quello.
Chi dice che Dio è qui o là, a quello non dovete credere22.
Alla miopia razionalistica non viene certo chiesto di condividerne il significato, ma le
si potrebbe obiettare: se i pensieri esistono, prendili e facceli vedere! Generazioni di
accaniti pensatori hanno fatto dei pensieri la loro e la nostra ragion d’essere - noto è il
penso (dubito) dunque sono di cartesiana memoria -, senza essere mai riusciti a
prenderne e a mostrarne uno, e poi pretendono che l’esistenza di Dio venga dimostrata!
Non stupisce affatto che oggi i loro figli legittimi stiano inondando le contrade
d’Occidente con nuovi simulacri e nuovi luoghi di culto, disertando quelli ufficiali.
Luoghi di meditazione dove ritrovare sé stessi, assicurano. Alleluia! La stravagante
moda orientaleggiante, quello strisciante fenomeno New Age e Next Age made in
USA, prima svezzato e poi ingozzato da ondate di neoillusionisti dell’anima,
totalmente assuefatti e rimbecilliti dagli incantesimi dell’oracolo di moda, rende ancora
più stridente l’ansia di gratificazione e di spettacolarità ad oltranza, che questa nostra
papale modernità mercantile elargisce a piene mani.
Lo iato scavato tra la dimensione dei sei sensi - la mente (manas) è il senso interno - e
la dimensione della spiritualità - del non-pensabile - brulica di nuovi fiammanti
moschettieri al servizio dei bisognosi (com’è quel detto?! Ah, sì! La fortuna è cieca,
ma la sfiga ci vede da dio!), e il mito del buon samaritano si veste da bodhisattva. Tra
sport estremi e missioni impossibili spunta un idolo di Padre Pio qui, un altro di Sai
Baba là, un Gino Strada a sinistra e una Madre Teresa da Calcutta a destra. È davvero
troppo! L’idiozia dell’amore universale - che la passione per le missioni salvifiche
accarezzate dall’afflato del martirio eroico proietta nel cielo iperuranico di Eros -, ha
rotto veramente le palle. Questa sensuale eccitazione, mentale o fisica decidete voi,
inumidita dall’autoerotismo mi ricorda le parole graffianti di Nietzsche23:
Se vediamo soffrire qualcuno, sfruttiamo volentieri
l’opportunità che ci è offerta di impossessarci di lui;
è questo che fa ad esempio il compassionevole benefattore,
che per l’appunto chiama amore il desiderio che l’altro ha suscitato in lui
e ne prova piacere come per una conquista che gli ammicchi da lontano.
Da quel sentimento romantico che chiama amore una certa combinazione di variabili
emozionali sospese nell’estasi dell’autogratificazione - condizione che non ha niente
da invidiare all’instabilità e alla mutevolezza delle condizioni metereologiche, esse
stesse sospese al filo delle variabili climatiche -, il salto nell’Olimpo dell’amore puro
è un bungee jumping superadrenalinico.
In quel tale Gesù di Nazareth, o meglio nei giudei-cristiani di stirpe ellenica e di
ispirazione platonica che a posteriori l’hanno eletto a Messia, l’Unto, questo sublime
moto dell’animo trasfigura Eros nell’amore misericordioso di Dio, elevandolo a
22 Sebbene il Buddha non sia affatto un dio, e Dio non sia affatto un buddha, l’essenza non cambia. 23 In: F. W. Nietzsche, La gaia scienza, Newton Compton Editori, 1996, pag. 74.
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modello di condotta per l’espiazione dei propri e degli altrui orgasmi notturni di
onnipotenza.
Thànatos contro Eros. Eros contro Thànatos. Che dire di questa contesa, se non che
dare all’uno per togliere all’altro equivale ad imprimere maggiore vigore ad una delle
due ruote del carro, con il risultato di girarsi in tondo. I corsi e i ricorsi storici. La
coercizione a ripetere. Un dio logicamente incarnato è un carro mutilato che gira
intorno alla propria mutilazione, uno dei manufatti religiosi più deleteri della
metallurgia post-neolitica.
L’anno zero dell’era cristiana, l’anno domini conteggiato sulla presunta data di nascita
di Gesù di Nazareth (7 a.C.), segue di circa sessant’anni alla morte per crocifissione, a
Gerusalemme, di circa 800 ebrei di stirpe ellenica, e all’uccisione di altri 6000. Non
furono però i centurioni romani a compiere la strage, ma gli ebrei ortodossi, con in testa
gli zeloti, che opponendosi alla ellenizzazione della Palestina e di Gerusalemme,
iniziata intorno al 280 a.C. sotto il regno di Tolomeo II, vedevano nei loro fratelli di
stirpe ellenica il nemico da eliminare. Romane furono invece le daghe che pochi anni
più tardi lasciarono nel Tempio di Gerusalemme i corpi di 12000 ebrei zeloti, morti a
difesa del tempio stesso, e romana fu la decisione che di lì a poco, trent’anni prima
della nascita di Gesù, avrebbe indotto l’appena insediato re di Giudea, Erode il Grande,
a innalzare in Gerusalemme templi per gli dèi di tutte le religioni presenti in città.
Contaminato dall’odio covato dagli ebrei ortodossi nei confronti di chi aveva profanato
la Città Santa, ed al tempo stesso contagiato dal misticismo ellenico caro agli ebrei di
lingua greca, il giudeo Gesù di Nazareth, dopo pochi anni dalla sua morte, viene eletto
come Il Cristo - dal greco Christòs, l’Unto, il Messia -, proprio in seno a quella
comunità ebraica di stirpe ellenica che sotto la guida spirituale di Saulo (latinizzato in
Paolo, ovvero San Paolo) prenderà a chiamare se stessa cristiana24. I precursori della
futura Santa Romana Chiesa, furono giudei di lingua greca e di concezione platonica!
Con l’editto di Milano del 313 d.C., stipulato congiuntamente da Costantino I detto il
Grande, imperatore dell’esercito in Britannia, e da Licinio, augusto d’Oriente, il
cristianesimo viene ammesso tra le religioni ufficiali dell’Impero d’Occidente e
d’Oriente.
Dopo essersi spianata la strada per il monopolio della fede a suon di battesimi, di ferro
e di fuoco - duecento anni di crociate (1096-1291) e quattrocento anni di tribunali
dell’Inquisizione (1231-1500) non sono noccioline -, tra il tredicesimo e il
diciassettesimo secolo dell’Era di Santa Romana Chiesa, la volontà di potenza del
monoteismo logico riscopre le proprie origini ebreo-ellenistiche. Grazie al tenace e
sapienziale processo di assimilazione e conciliazione dei valori della fede con quelli
della ragione platonica e aristotelica, alimentato dalla Scolastica medioevale e dal
tomismo del suo maggiore esponente, il domenicano Tommaso d’Acquino (San
Tommaso), la visione ascetico-intellettuale tracciata dalla spiritualità razionale in
Platone viene ufficialmente riabilitata e consegnata alla Storia. Più che un autogol, fu
24 Cfr.: Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit., pag 346 e seg.
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il logico rendiconto all’incalzare dei tempi: la Ragione della fede è acqua passata, lunga
vita alla Ragione della Scienza.
All’ombra di Parmenide e Zenone (IV-V sec. a.C.), Platone partorì Aristotele,
lasciando al Dio incarnato degli ebrei di stirpe ellenica e alla teologia del cattolicesimo
il compito di dare alla luce, duemila anni dopo, il padre della filosofia moderna, René
Descartes (latinizzato in Cartesio, 1596-1650). La visione costruttiva della conoscenza
in Platone e utilitaristica in Aristotele, incontra il suo logico sbocco nel cartesiano
cogito ergo sum, penso (dubito) dunque sono.
Subordinata al punto di vista dell’individuo, scrive il Colli25, la conoscenza diventa
così strumento dell’azione: in questa crisi, tragica e decisiva per i secoli seguenti, il
filosofo in Descartes impallidisce, trascolora sino ad annullarsi nello scienziato, e in
generale la filosofia si ritira ufficialmente dal giuoco, cedendo il banco. Il vincitore è
privo di venerazione, e da allora il titolo di filosofo designa qualcuno che sta tra
l’acchiappanuvole e il giullare.
A differenza di quel dubbio elevato a sistema che fu di Pirrone (365-275 a.C.) e del
suo Scetticismo, il dubbio in Cartesio si fa sinonimo di modus operandi della
razionalità planata dal cielo iperuranico delle Idee sul banco di laboratorio della ricerca
scientifica. Se la supremazia dell’interpretazione razionale del mondo e l’inaffidabilità
della percezione dei sensi, obbligò l’impensabilità del non-essere ad incarnarsi in un
manufatto religioso fattosi uomo, cioè logico, l’oblio senza appello in cui cadde questo
Dio in carne e ossa sotto i colpi della squadra e del regolo, portati a segno da Galileo
Galilei (1564-1642) e da Thomas Hobbes (1588-1679), spalancò le porte della Storia
al dubbio metodico e al dualismo cartesiani.
Mentre gli Scettici proponevano un dubbio assoluto in vista della sospensione di ogni
giudizio - l’epochè scettica - (essendo intrinsecamente confinate nel mondo dello
scibile, tanto l’uso della mente quanto quello degli altri cinque organi di senso non può
che portare ad una conoscenza parziale e finita del mondo), Cartesio vede nel dubbio
metodico l’elemento catartico del procedimento analitico e deduttivo della scienza, in
vista di proposizioni indubitabili, cioè assolute. Indubitabile è la proposizione
dualistica che accetta come reale solo l’esistenza di due opposte sostanze o modalità
del reale: il divenire, cioè la materia (res extensa), dotata di estensione e collocata nello
spazio, non ha consapevolezza di sé stessa ed è meccanicamente determinata, non-
libera; l’essere, cioè il pensiero (res cogitans), inesteso, privo di una dimensione
spaziale, consapevole di sé stesso e libero.
Frutto dell’antica propensione alla scomposizione dualistica del mondo in unità
concrete, cioè pensabili e fruibili, quale unica risposta all’istanza di comunione che
dimora nell’umanità, l’esortazione cartesiana a scartare tutto ciò che, nel procedimento
deduttivo di verità scientifiche da proposizioni assolutamente certe, non si dimostri
riproducibile-prevedibile-reversibile, imprime un ulteriore drastico giro di vite al
campo visivo della conoscenza, sfociando in meccanicismo, materialismo,
25 In: La sapienza greca, op. cit., pag 198.
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determinismo, evoluzionismo, riduzionismo, idealismo, marxismo, capitalismo,
fascismo ed ogni altro ismo sui generi.
Thànatos contro Eros. Eros contro Thànatos.
Non contento di avere fuso Eros nella fucina metallurgica della sensualità
razionalistica, facendone scempio nel manufatto religioso di un Dio immensamente
buono in eterno conflitto con un Dio immensamente cattivo, nel XVII secolo Thànatos
entra in possesso del microscopio e prende a sottoporre le ceneri di Dio, cioè la Natura,
a nuova e più appassionante verifica sperimentale. A fare ulteriore scempio dell’uno e
dell’altra, provvederà L’Illuminismo prima (seconda metà del secolo XVIII) e il
Positivismo poi (seconda metà del secolo XIX), sino ad arrivare ai disastri irreversibili
del nostro tempo radioattivo.
Ciò che al futuro San Paolo (o Saulo, il fariseo di Tarso che nel 35 ca. d.C. assistette al
martirio di Stefano, primo dei sette diaconi degli ellenisti in Gerusalemme) costò lo
scisma da parte della chiesa madre ebraico-ortodossa, e cioè l’avere sostenuto che ogni
umano - e non solo gli ebrei circoncisi - è figlio di Dio e di Abramo, indifferentemente
dalla sua origine etnica, nelle mani degli illuministi del diciottesimo secolo si trasformò
in una altrettanto ardita dichiarazione di giustizia e di uguaglianza: tutti gli uomini
devono essere uguali di fronte alla legge, indipendentemente dal loro status sociale, e
tutti gli uomini sono dotati della stessa ragione.
Toltasi la Ragione della fede dai piedi, la padronanza di quell’antico fare del sapere
una professione - retaggio del movimento sofista del V sec. a.C., inaugurato da quei
Protagora e Gorgia non a caso ribattezzati con l’appellativo di illuministi greci -, e di
quella prima tripartizione della filosofia in logica-fisica-etica, voluta dal fenicio
Zenone di Cizio (333-263 a.C.), come applicazione pratica dell’assunto fondamentale
del pensiero stoico, l’esistenza di un universale ordine razionale con il quale l’uomo
deve porsi in sintonia26, questa padronanza dunque, portò alla grande rivoluzione
scientifico-religiosa, culturale, politica e industriale del XVIII e XIX secolo.
E fu così che il ventesimo secolo sperimentò, tragicamente, uno dei periodi più bui e
sanguinosi della storia recente dell’umanità. Due guerre mondiali, la messa a punto e
la applicazione di una nuova micidiale tecnologia bellica di terra di aria e di mare,
l’impiego di armamenti chimici e nucleari, milioni di morti, la vita di milioni di persone
spezzata dall’orrore, nazioni devastate, intere città rase al suolo, la persecuzione, la
tortura, la deportazione e l’annientamento di massa della incarnazione dell’alter ego
razionalistico, gli ebrei.
Come è possibile, direte voi, che da quattro secoli di lumi di scienza e di dichiarazioni
dei diritti umani, sia potuta scaturire tanta agghiacciante devastazione? Opera dei soliti
cattivi? Non direi. Perché ciò possa essere stato e continui ad essere possibile, non basta
rimarcare che quando piove, piove su tutti sui giusti e sugli ingiusti, ma soprattutto sui
giusti perché gli ingiusti gli fregano l’ombrello. È necessario che questa inveterata e
abiétta propensione al furto di ombrelli, entri in possesso di nuovi e più sofisticati
strumenti coercitivi, di nuove e più efficaci strategie di persuasione. Strumenti e
26 Cfr. con la nota n. 8
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strategie consegnate alla Storia dalla Rivoluzione Industriale del XVIII sec., raccolte e
perfezionate alla ennesima potenza dalla grande rivoluzione scientifica e bellica di fine
‘800 e primi ‘900. Con rinnovato rigore scientifico, l’unilateralità razionalistica - che
fa del manufatto il Centro del Mondo -, regala così alla Storia un nuovo primato: il
primato della necrofilia. Il primato di ciò che svaluta, deteriora e scarta il vivente a
favore del manufatto, dell’artefatto, del sintetico, dell’ideologico, del tecnologico,
dell’inanimato appunto. Un regalo maturato in un processo di enantiodromia - nel
senso junghiano (vedi nota n. 7) - che, giunto ad un epocale punto di crisi e rimasto
irrisolto, ha costretto l’insana matrice ideologica e psicologica del modus vivendi e del
modus operandi dell’unilateralità razionalistica a vomitare la propria schizofrenica
volontà di potenza sul mondo, sotto forma di colonialismo, nazifascismo,
stalinismo......
Sotto sotto, la stessa matrice ideologica e psicologica che ieri si tingeva di rosso, e che
oggi pretende di essere mitigata nella seducente tecnologia essoterica (che fu musa
ispiratrice del nazionalsocialismo), nel pensiero ecologista, nel commercio equo e
solidale, nel pensiero sostenibile, nel fenomeno New Age, Next Age, No-Global. Certo
il sapore del no-global è gradito al gusto dell’amore, della giustizia, dell’uguaglianza,
ma è sempre la stessa pasta del razionalismo monoculare, dei grandi ideali e dei grandi
sentimenti che esorcizzano razionalmente il Male, a farla da Signore.
Esiste forse un nesso, una stretta relazione parentale tra questo appiccicoso gusto per
l’uomo buono e la recente apertura del fronte transcontinentale di guerra ad oltranza
contro la minaccia del Male, contro l’uomo cattivo incarnato dal terrorista, il
cosiddetto Asse del Male?
Ci si può davvero emancipare da questa spartizione epocale della Realtà tra il Bene e
il Male, da questa volontà di potenza del manufatto ideologico, con l’impeto della
razionalità delle idee e dei sentimenti, da cui questi discendono? Non sarebbe come
pretendere di dissetare un naufrago offrendogli acqua di mare?
Ma, ci si consola, non tutto il male viene per nuocere. Lo sanno bene quei messaggeri
di spiritualità incontaminata, di cui l’Occidente materialista e consumista va
colmandosi, che da un lato vantano di non sporcarsi le mani e la coscienza con mere
questioni di conforts, mentre dall’altro fanno largo uso di ciò che questa scellerata
scienza del concreto ha messo loro a disposizione. Osteggiati e senza gloria in patria,
cosa attrae qui questi venerabili dalai lama e santità varie: l’assenza di Dio o
l’abbondanza di garanzie costituzionali e prospettive finanziarie? Almeno questo si
potrà dire: trattandosi di viaggiare, al dorso di un mulo o di un elefante non esitano a
preferire le comode poltrone di un boeing di linea.
E non di meno si può dire di questi pronipoti, new-age e no-global, dell’umanista
Thomas More (latinizzato in Moro,1478-1535) e del domenicano Tommaso
Campanella (1568-1639), che con le loro opere principali, rispettivamente Utopia
(1516) e La Città del Sole (1602), hanno anticipato il sogno di generazioni di naufraghi
dell’anima.
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Un altro mondo è possibile, invocano. Stiamo freschi! Due su dieci si fanno delle canne
da mattina a sera. Altri due si inebriano con riti di purificazione e terapie esotiche. Altri
due si sentono i legittimi discendenti di Cristo. Altri due si frantumano i coglioni
sull’altare di Marx o di Bakunin. Altri due non hanno niente di meglio da fare per
sentirsi realizzati. Dieci su dieci esistono nella misura in cui c’è un nemico da
combattere, un diseredato da difendere, una vittima da soccorrere, una gratificazione
da collezionare. È fiato sprecato ricordare, che anteporre Eros a Thànatos non è meno
deleterio che anteporre Thànatos a Eros? Se lo sapessero non si smalterebbero di
buonismo con nuovi inni all’Amore e girotondi in piazza.
Già perché il girare in tondo è proprio di quel carro a monofreno che ritorna
immancabilmente sui suoi passi....
Voi giovani!
Ciò che dite è senza senso,
se non udite il suono di una mano sola
Hakuin Ekaku (Zenji), M° Zen, 1685-1768 d.C.
e aggiungerei:
Voi giovani!
Ciò che fate è senza senso,
se non uscite dal labirinto del Bene e del Male
Termina qui il capitolo dedicato alla volontà di potenza del pensiero aristotelico
CAPITOLO SECONDO Coscienza condizionata e coscienza non-condizionata
Il pensiero fluisce nell’uomo
come il metallo fuso cola
nella matrice del fonditore Shankaracharya
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Il monito socratico, rivolto affinché venga trasceso il mondo delle idee e delle
percezioni, è Conosci te stesso.
Di noi stessi oggi sappiamo quello che l’alchimia vedica sa da sempre, e cioè che la
sostanza psichica, a cui il nostro mondo di pensieri e percezioni appartiene, è essa
stessa un’entità fisica condizionata, priva di collocazione spazio-temporale ma dotata
di estensione tensoriale, inviluppata nella sostanza energetica con funzioni sintropiche
(induttrice di ordine e coerenza), ed intrinsecamente incapace di eludere la propria
fisicità27.
In particolare, l’ambito fenomenico entro il quale la sostanza psichica, o psichismo,
trova idonea collocazione, è quello descritto dallo stato eccitato e polarizzato della
dimensione fisica che sottende e sovrintende, con funzione prescrittiva ma non
descrittiva, alla strutturazione e alle dinamiche della dimensione energetica. Di questa
dimensione altra da quella definita dalla costante di Planck (la più piccola entità di
divisibilità di energia del mondo fisico), diciamo che corrisponde ad un campo
tensoriale, una realtà fisica sub-energetica, a-causale, a-temporale, a-spaziale, in cui
troviamo associati due ordini di grandezze allo stato principiale, la Tensione e la
Risonanza, in due regimi simultanei-coesistenti-correlati:
- uno non-eccitato, in cui il gradiente di risonanza del campo permane in uno stato di
quiescenza (che la Tradizione vedica interpreta come il sonno di Brahman) tale da
impedire qualsiasi transizione di fase del sistema;
- ed uno eccitato (il sogno di Brahman), in cui (per effetto di kama, il desiderio,
l’archetipo del principio dinamico) il gradiente di risonanza fluttua liberamente in una
certa configurazione di regime.
Nello stato non-eccitato, l’irriducibile quiescenza del gradiente di risonanza rende il
campo tensoriale continuo, isotropo, omogeneo e imperturbato, cioè privo sia di
struttura che di dinamica.
Nello stato eccitato, invece, il principio dinamico del gradiente della risonanza rende
il campo tensoriale discontinuo, anisotropo, eterogeneo e perturbato, cioè dotato sia
di struttura che di dinamica. In questo stato, il campo assomiglia ad una ingarbugliata
matassa semi-elastica e risonante, una distribuzione non uniforme e non lineare di
linee di tensione, di subtotalità risonanti relativamente autonome o indipendenti,
contraddistinte da un certo grado di tensione e da un periodo proprio di risonanza.
Fintanto che il campo eccitato non viene interessato da fenomeni di polarizzazione,
l’unica modalità risonante del sistema è quella di fondo, il rumore prodotto dalla libera
fluttuazione del gradiente di risonanza.
La polarizzazione del rumore di fondo, che corrisponde ad una polarizzazione di
risonanza, è l’evento che modifica la dinamica del sistema o di parti di esso, ed è una
possibilità che il sistema ricava dalle proprietà insieme tensoriali e risonanti delle sue
linee di tensione. Infatti, il loro grado di tensione e il periodo di risonanza, fanno di
esse dei bacini di attrazione28, regioni dello spazio delle fasi del campo, in grado di
27 Cfr.: Claudio Messori, Il Sole e la Luna - Sulla natura dei simboli e della mente umana, op. cit. 28 Per un approfondimento vedi: Claudio Messori, Caoticamente. Guardando la mente con il filtro del caos, FCE, Milano, 1996 (fuori commercio, il libro può essere richiesto direttamente all’autore, all’indirizzo di posta elettronica: [email protected])
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esercitare azione attrattiva sulle risonanze del campo, aventi periodo uguale (o
multiplo) al proprio, facilitandone l’accoppiamento di fase.
Condizionando selettivamente le modalità risonanti del proprio intorno, o raggio
d’azione, le linee di tensione tendono verso un punto di crisi, oltrepassato il quale la
linea di tensione subisce una transizione di fase che ne modifica la struttura e la
dinamica.
Le condizioni in grado di innescare questa transizione di fase sono due:
- una concentrazione sufficientemente elevata, nel proprio raggio d’azione nell’unità
di tempo, di accoppiamenti di fase;
- un flusso incidente sufficientemente intenso e cadenzato, di risonanze aventi periodo
uguale o multiplo di quello esibito dalla linea tensoriale.
Qualora almeno una di queste due condizioni venga soddisfatta, la linea di tensione
diviene sede di un’onda di risonanza29 (la risonanza della sillaba sacra OM della
Tradizione Vedica), un flusso di risonanze accordato sul periodo della risonanza
portante (quella della linea di tensione), che modificando il grado di tensione della linea
tensoriale la induce ad avvolgersi su sé stessa, trasformandola in una sorta di
risuonatore di cavità30.
Nella nuova configurazione, la linea tensoriale non si trova più ad essere immersa nel
campo, bensì sospesa, un sistema tensoriale relativamente stabile, semi-elastico,
comprimibile, circoscritto da un gradiente polarizzato di tensione, una schermatura
tensoriale tendenzialmente impermeabile alle risonanze con periodi non compatibili
con quelli del sistema.
Alla localizzazione della configurazione tensoriale, corrisponde una nuova dinamica.
Rapportato al nostro Universo fenomenico, l’assetto complessivo del nuovo sistema
consta di due macrosistemi fisici simultanei e correlati:
➢ uno, non ancora descritto, in cui tensione e risonanza mantengono il loro
carattere di sostanziale estraneità dal fenomeno energetico;
➢ l’altro, descritto dalla teoria dei campi nell’ambito della elettrodinamica
quantistica31, in cui tensione e risonanza sono elementi costitutivi del fenomeno
energetico.
La sostanza psichica, o psichismo, trova la sua esatta collocazione fisica nell’ambito
del primo stato, la cui struttura tensoriale (ordito), e la cui dinamica (trama), data da
relazioni a-energetiche di risonanza, fanno della mente umana...... un campo o reticolo
tensoriale organizzato intorno ad una specifica banda di risonanza, e fanno dei
pensieri.... una trama di risonanze, atemporali e a-spaziali, intessuta sull’ordito di una
29 Cfr.: onda di flusso (Valentino Braitenberg, 1997). Vedi: D. Heck e F. Sultan, Il cervelletto, in: Le scienze quaderni, n. 127, 2002. 30 Risuonatore: ogni corpo elastico allorché convibra spontaneamente quando viene eccitato da vibrazioni esterne la cui frequenza coincide con un periodo proprio, naturale di vibrazione. Risuonatore a cavità: Una struttura cava nella quale possono essere immagazzinate per un periodo più o meno lungo onde di natura diversa di determinate frequenze e configurazioni dipendenti dalla struttura e dalla natura del risuonatore. La capacità di immagazzinamento (temporale) del risuonatore è determinata dal coefficiente di risonanza Q (quality), una misura fondamentale anche della capacità informativa di una struttura. 31 Vedi: Il sole e la luna, op. cit., Cap. III-IV
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distribuzione di linee tensoriali, la cui dinamica autoricombinante prescrive le modalità
di strutturazione della materia neurologica.
Seguendo Carl Gustav Jung (l’unus mundus junghiano) e David Bohm (l’essere come
totalità indivisa e multidimensionale, esteso in fasi diverse di inviluppo e di sviluppo),
definiamo questa realtà fisica altra dall’universo energetico, come dimensione dello
psichismo, intendendo con ciò, e in prima approssimazione, la dimensione in cui il
principio energetico è solo in potenza e non in atto.
Il quadro che ci si para davanti, allora, è quello di un Universo che oltre a contemplare
due dimensioni fisiche simultanee e correlate, quella energetica e quella psichica,
risulta come sospeso in una condizione di non-equilibrio, nel contesto di una realtà
fisica più vasta, quella del campo tensoriale eccitato, che contempla una serie indefinita
di subtotalità tensoriali polarizzate.... di Universi altri dal nostro.
Messa a confronto con la visione cosmogonica dell’ideologia vedica, la dimensione
dello psichismo corrisponde ad un vago riflesso della potenza generatrice (o Shakti o
Maya nel suo aspetto superiore), inerente a Purusha (il principio essenziale delle cose).
La dimensione energetica, invece, corrisponde ad un tangibile riflesso della potenza
procreatrice (o Shakti o Maya, nel suo aspetto inferiore), inerente a Prakriti, il principio
sostanziale delle cose, la sostanza primordiale indifferenziata (il campo tensoriale
eccitato), resa differenziata dall’azione di auto-polarizzazione (di tensione e/o di
risonanza) che, almeno per quanto riguarda questo Universo (Samsara o Sangsara),
intessuto tra le maglie del principio energetico in potenza (ordito) e il principio
energetico in atto (trama), rappresenta la condizione ante rem del principio energetico
stesso.
Nell’evidenza della fisicità e della conseguente parzialità del mentale (il senso interno),
svanisce l’elemento portante del pensiero aristotelico, secondo il quale il primato della
ragione sulle altre prospettive di conoscenza, risiede appunto nell’essere, o meglio nel
pretendere di essere, non-condizionata, non-relativa ma assoluta e indubitabile.
L’imbarazzo è evidente: o addiveniamo alla conclusione che non possa esservi altra
realtà dell’essere, che non sia congiunta con una prospettiva di conoscenza parziale e
condizionata; oppure accettiamo il fatto che esiste, in noi e fuori di noi, un’altra realtà
dell’essere e un’altra prospettiva di conoscenza, diverse dall’ordine del mentale
(manas), il senso interno, e ad esso superiore.
In questo secondo caso, per noi vero, se non v’è nulla da eccepire - salvo quanto qui
specificato - circa la legittimità e l’utilità del ricorrere all’esercizio della ragione, non
dovrebbe esservi parimenti alcunché da obiettare circa la legittimità e la necessità di
accogliere e vieppiù dimorare in quella realtà dell’essere e prospettiva di conoscenza
che, in quanto non-condizionata, non-duale, essa sì, realizza la nostra umanità e
comunione col Mondo. Non era forse questo, vale a dire l’essere indubitabile, la
condizione che legittimava il primato della Ragion Pura e della Scienza del Ben-essere,
sulle altre forme dell’essere e della conoscenza?
Nel contesto delle civiltà metallurgiche in generale e di quella sviluppatasi intorno al
bacino del Mediterraneo in particolare, l’avere ignorato o negato il rapporto di
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equivalenza che intercorre tra coscienza non-condizionata, cioè non-duale, e natura
dell’essere umano e del Mondo32, ha fatto sì che il soggetto prioritario della
speculazione razionalistica, vale a dire il pensiero stesso, venisse a confondersi con ciò
che non è in alcun modo ad esso equivalente, con ciò che è proprio della coscienza
non-condizionata, di cui il pensiero è un vago riflesso alla stregua di qualsiasi altra
forma dello psichismo e del nato. Se questo equivoco è stato possibile, è anche perché
il pensiero, pur essendo un oggetto finito e riducibile - almeno in linea teorica - quanto
un qualsiasi altro fenomeno fisico, non è soggetto alla condizione spazio-temporale (la
sua forma non è in alcun modo localizzabile), e non appartiene alla classe dei fenomeni
energetici. Fatto, questo, alquanto insolito e ingannevole per una concezione della
realtà, circoscritta nello spazio euclideo delle idee.
Il mentale (manas), ossia l’insieme del materiale psichico di ordine individuale e
sovraindividuale che sostanzia l’individuo in quanto tale, cioè l’individuo in ragione
del grado della sua manifestazione - grado di manifestazione che nell’essere umano è
reso ancora più frammentario dal ricorso alla facoltà di discernimento -, il mentale
dunque, è solo un riflesso, particolare e limitato, della coscienza non-condizionata
(buddhi). La nozione dell’io, il presupposto dell’individuazione e del molteplice, è
precisamente il tratto distintivo dello psichismo della coscienza individuale, tratto che
stabilisce a priori i limiti della prospettiva di conoscenza ad essa connaturata,
prospettiva che non può andare al di là della conoscenza formale.
Da Pitagora (ca. 570-500 a.C.) passando per Eraclito (ca. 540-480 a.C.), Parmenide
(ca. 515-450 a.C.), Socrate (ca. 470-399 a.C.), Democrito (ca. 460-360 a.C.), Pirrone
(365-275 a.C.), Epicuro (341-270 a.C.), Plotino (204-270 d.C.), Meister Eckhart (1260-
1328? D.C.), Cusano (1401-1464 d.C.), Nietzsche (1844-1900), Jung (1875-1961), ciò
che non cessa d’essere testimoniato, è il fatto che l’essere umano condivide col Mondo
non uno ma due gradi di realtà dell’essere, l’una condizionata, cioè nata e pensabile,
e l’altra non-condizionata, cioè non-nata e non- pensabile.
Parafrasando alcuni passi de La Visione della Mente [Coscienza] nella Sua Nudità33 :
Essendo anche i vari concetti illusori, e nessuno di essi reale,
proprio per questo svaniscono.
Così, per esempio, ogni cosa postulata dal Tutto,
Il Sangsara e il Nirvana, non nasce che dai concetti della coscienza condizionata.
I cambiamenti del corso dei propri pensieri
producono corrispondenti cambiamenti nella concezione
di ciascuno riguardo al mondo.
32 A scanso di facili equivoci, in questo contesto l’uso del termine coscienza non deve essere affatto inteso nel senso di un immanente o trascendente principio di volontà o di consapevolezza, ma solo ed esclusivamente come realtà principiale nel senso pieno del termine, ovvero nel senso di ciò che è indipendentemente da qualsiasi appoggio sensibile, indipendentemente da qualsiasi sostegno mentale. Ciò di cui si può solo accennare, ma non dire. Ciò che è nella simultaneità del fare e non fare, del pensabile e non pensabile, del nato e non nato. Ciò che è nel punto centrale della sospensione del giudizio, del discernimento, della relazione. 33 In: Il libro tibetano della grande liberazione, Newton Compton Editori, 1992, pag. 239 e seg.
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Perciò, i vari aspetti delle cose sono dovuti semplicemente
a differenti concetti della coscienza condizionata.
In generale, tutte le cose percepite mentalmente sono concetti.
Le forme corporee nelle quali è contenuto il mondo delle apparenze
sono anche concetti della coscienza condizionata.
La Coscienza non-condizionata originata da sè
è anche un concetto della coscienza condizionata.
Anche la completa realizzazione del passaggio nel Nirvana
è un concetto della coscienza condizionata.
Anche la disgrazia causata dai dèmoni e dagli spiriti maligni
è un concetto della coscienza condizionata.
Anche gli dèi e la buona fortuna
sono concetti della coscienza condizionata.
Similmente, le varie perfezioni sono concetti della coscienza condizionata.
Anche l’acutezza inconscia è un concetto della coscienza condizionata
Anche gli attributi di qualsiasi cosa oggettiva è un concetto della coscienza
condizionata.
Anche la mancanza di qualità e di forma della coscienza non condizionata
è un concetto della coscienza condizionata.
Anche l’Unità nella molteplicità e la Molteplicità nell’unità
sono concetti della coscienza condizionata.
Esistenza e Non-Esistenza, e inoltre il Non Creato,
sono concetti della coscienza condizionata.
Nulla, eccetto la coscienza condizionata, è pensabile.
Quello che viene all’esistenza
è come l’onda dell’oceano.
Certo, se prendiamo in esame i percorsi esteriori e condizionati dagli eventi, compiuti
dal genere umano nel suo incontro col mondo, ciò che andremo a delimitare sono le
dinamiche della sua individuazione (l’individuazione di un Io distinto dal Mondo e
dell’attaccamento al Mio che ne è derivato), riconducibili ad un ambito che è ora quello
delle idee e delle credenze religiose, ora quello della filosofia, ora quello della
psicologia, ora quello della sociologia, ora quello della antropologia, della fisica e così
via.
Ma se solo potessimo.... udire altrimenti, al di la dell’Io e del Mio che trasformano
l’impermanenza in condanna o in redenzione, in un ciclo di sofferenza o di beatitudine
apparentemente senza fine, ciò che sapremmo è che la vera natura del Tutto e di noi
stessi è autoperfezionata sin dall’origine, è al di là del Bene e del Male, è la Realtà del
non-condizionato, immobile, tranquilla, non esaminabile, non pensabile. Così Reale
nella sua incontaminata lucentezza, da sembrare irreale. Troppo incontenibilmente
Vera, perché possa essere catturata e addomesticata dalla ammaliante danza di relazioni
(la danza di Shiva), che evocando un principio energetico in potenza avvolto da un
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principio energetico in atto (una delle molteplici forme di Shiva, il principio
trasformatore degli esseri, avvolto dalla sua potenza, dalla sua smakti, Pàrvati),
ingenera la meravigliosa illusione di una realtà scissa, di un universo di mutamenti.
Platone e Aristotele credettero di fare cosa buona e giusta affermando che gli unici
abilitati ad occuparsene fossero i matematici e i geometri, i cultori delle Idee e degli
Universali, ma sbagliavano, perché anche la matematica e la geometria, pur nella loro
concezione più nobile e originaria, sono esse stesse null’altro che due possibilità della
ragione, del condizionato. Assegnando al pensiero puro il compito di escludere il non
pensabile in favore del pensabile, non fecero altro che affermare il principio secondo
cui la loro Verità doveva dispiegarsi sì al di sopra di una verità costruttiva e utile, ma
solo come sublime garanzia, come indubitabile conferma di quale debba essere
l’intenzione del pensare, cioè costruttiva e utile. Attributi di una conditio sine qua non,
che certo stabilisce quale debba essere l’intenzione del pensare, ma che non può affatto
contraddire la realtà del non-pensabile. Prova ne sia il fatto, che proprio questo
pensiero puro, ha finito col fagocitare il non-pensabile, inventando il divino razionale:
L’intensità stessa del pensiero fa sì che esso pervada interamente l’uomo, in modo
simile a quello in cui l’acqua riempie un vaso fino all’orlo; esso assume perciò la
forma di quel che lo contiene e lo limita, ossia, in altri termini, diventa antropomorfo34
.
Il primato aristotelico dell’utile e costruttivo ha fatto della Realtà non condizionata - il
Motore Immobile -, lettera morta35. L’elaborazione religiosa giudaico-cristiana,
sfociata nel dogma della Croce, ha fatto di questa Realtà - il centro della Croce - cibo
per la speculazione dottrinale.
Costituendosi come centro di gravità permanente, la schizofrenia ereditata dal
monoteismo logico-astratto, poi convogliata nell’Illuminismo, ha prodotto tutto quel
che poteva produrre, conquiste sociali, scientifiche, tecnologiche, snocciolate da
catastrofi umane e ambientali anch’esse senza precedenti: cos’altro può volere ancora,
34 In: Il simbolismo della Croce, op. cit., pag. 168. 35 Scrive René Guènon (in: Studi sull’Induismo, Fratelli Melita Editori, 1989, pag. 13): Essendo l’azione null’altro che una modificazione transitoria e momentanea dell’essere, essa non può trovare in se stessa il suo principio e la sua ragion d’essere; se essa non si ricollega ad un principio posto al di là del suo ambito contingente, non è che una pura illusione; e questo principio dal quale trae tutta la realtà di cui è suscettibile, nonché la sua esistenza e la sua stessa possibilità, non può trovarsi che nella contemplazione o, se si preferisce, nella conoscenza [non-condizionata, n.d.r.]. E così pure il cambiamento nella sua accezione più generale, è inintelligibile e contraddittorio cioè impossibile, se non procede da un principio il quale, proprio perché è il suo principio, non può essergli sottomesso ed è, quindi, per forza immutabile; ed è per questo che, nell’antichità occidentale, Aristotele aveva affermato la necessità del motore immobile di tutte le cose. È evidente che l’azione appartiene al mondo del cambiamento, del divenire; solo la conoscenza [non-condizionata, n.d.r.] permette di uscire da questo mondo e dalle limitazioni che gli sono proprie e, dal momento che attiene all’immutabile [Jung direbbe ‘al simbolo’, n.d.r.], possiede essa stessa l’immutabilità, poichè ogni conoscenza [non-condizionata, n.d.r.] è essenzialmente identificazione con il suo oggetto. È precisamente questo che ignorano gli Occidentali moderni i quali, in fatto di conoscenza, non prendono più in considerazione che una conoscenza razionale e discorsiva dunque indiretta e imperfetta [condizionata, n.d.r.], qualcosa che potrebbe chiamarsi una conoscenza per riflesso, e sempre più apprezzano questa stessa conoscenza nella misura in cui può servire direttamente a fini pratici; impegnati nell’azione al punto da negare tutto ciò che la supera, essi non si accorgono che questa azione degenera, per difetto di principio, in una agitazione tanto vana quanto sterile.
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questa volontà di potenza condannata alla morte del non-pensabile, inchiodata
all’eterno edonismo?
Paralizzato dalla voragine scavata tra la natura dell’essere umano e ciò che può essere
utile e costruttivo, l’uomo moderno dovrà prima o poi rinunciare a vedere ogni cosa
isolatamente e distintivamente, per vedere tutte le cose nell’unità. Riconducendo la
molteplicità delle cose all’unità, l’unità appare in ogni cosa, la quale, lungi dal cessare
di esistere, acquisisce al contrario, e per ciò stesso, la pienezza della realtà. Così si
uniscono indivisibilmente i due punti di vista complementari dell’unità nella
molteplicità e della molteplicità nell’unità, nel punto centrale d’ogni manifestazione.
Una comunità umana che nei fatti si dimostri capace di andare oltre gli interessi e le
ambizioni personali di questo o di quel soggetto sociale, capace di guardare al bene
economico come ad un mezzo e non come ad un fine, capace di creare le condizioni
perché non siano le leggi a fare gli uomini ma gli uomini a fare le leggi, capace di
valorizzare il sapere e il saper fare mettendolo a disposizione di ognuno a seconda delle
sue possibilità-capacità-tendenze, capace di mettere ciò che può essere di beneficio per
le generazioni future davanti a quello delle generazioni del presente, capace di
mantenere le dispute sul piano del confronto e del rispetto dell’avversario, aperta al
consenso e al dissenso, all’ortodossia e all’eterodossia, disposta a riconoscere e a
riparare ai propri errori - errare umano est, ma perseverare è da idioti -, volta a
prevenirli, attenta a non commetterne di irreparabili, non è solo una comunità governata
dalla saggezza. È una comunità che nella relazione con l’esistere, ricava la propria
saggezza dall’avere rinunciato alla centralità della realtà condizionata. È una comunità
che accetta la Realtà non-condizionata della propria Natura, come Verità
imprescindibile dell’essere. Come patrimonio insostituibile e inalienabile
dell’umanità, pena il rivoltarglisi contro con atto suicida.
Alla realtà condizionata dell’essere appartiene l’ordine del nato, l’orizzonte prescritto
dal campo tensoriale eccitato, nei cui percorsi di autopolarizzazione si insinua il
principio di individuazione, il presupposto della coscienza individuale o coscienza
condizionata (l’equivalente di ahankàra secondo la dottrina Samkhya - VIII sec. a.C.-
, espressione del Vedanta36), il polo attrattore che nell’ambito della subtotalità
tensoriale polarizzata del nostro Universo, prescrive e delimita gli orizzonti della
facoltà mentale o senso interno (manas), di cui tanto andiamo fieri.
Alla realtà non-condizionata dell’essere (assurdamente contrapposta all’essere e
definita come non-essere, perché non-nata e quindi non-pensabile), appartiene la
coscienza non-duale o coscienza non-condizionata (buddhi, espressione diretta di
Atma), da cui il Soffio dello spirito (jìvatma, corrispondente al centro dell’anima, il cui
36 Cfr.: René Guénon, L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta, Adelphi Edizioni, 1997.
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corrispettivo nel pensiero religioso akkadico è ilu37), dipende. Questa Coscienza, si
realizza nell’identità fondamentale del conoscere e dell’essere, nel dissolvimento
istantaneo di ogni distinzione tra l’azione del soggetto che conosce e la co-azione
dell’oggetto della sua conoscenza. Trattandosi del modo di essere-conoscenza che non
ricorre in alcuna misura né all’uso di mezzi speciali ed esteriori di investigazione, né
all’uso di mezzi interiori o mentali, tutto ciò che per questa via è suscettibile di essere-
conoscenza, può esserlo stato e potrà esserlo in ugual modo in ogni essere umano in
tutte le epoche.
La Realtà non-condizionata dell’essere non chiede venerazione, né fede, né adepti, né
luoghi di culto, né predicatori, né officianti, né simulacri, né preghiere, né bottini, né
offerte, né sacrifici, né inni, né voti, né promesse, non chiede né questo né altro, non
chiede affatto. Non chiede né dà, non si manifesta né si nasconde. Come potrebbe
essere diversamente?
Eppure è il Centro del Mondo, immobile e silenziosa è l’Invariabile Mezzo, il punto
fisso e immutevole senza il quale non v’è alcun andare e venire, alcuna serie indefinita
di stati dell’essere.
Non è né questo né quello, né prima né dopo, né sopra né sotto, né dentro né fuori, né
vicino né lontano. Che follia pretendere di racchiuderla nella sfera di un pensiero, di
un discorso, di un libro, di una biblioteca. Ciò nonostante è il Centro del Mondo, senza
qualità né difetti è il Non-Nato, lo spazio vuoto della stanza che fa della stanza un luogo
abitabile, lo spazio vuoto della parete che fa della parete una finestra. Cercarla?
Trovarla? Dimostrarla?
Non è né buona né cattiva, né giusta né ingiusta, né amore né odio, né gioia né tristezza,
né utile né inutile: come potrebbe indurre timore, paura, interesse, consenso, dissenso?
Eppure è il Centro del Mondo, il Soffio dello spirito, la sola Realtà inaccessibile ai sei
sensi, la sola Realtà di tutti e di nessuno, la sola Realtà tanto preziosa quanto incustodita
e incustodibile. Eccola!
È nella fede, nell’adepto, nel luogo di culto, nel predicatore, nell’officiante, nel
simulacro, nella preghiera, nel bottino, nell’offerta, nel sacrificio, nell’inno, nel voto,
nella promessa, nel chiedere, nel non chiedere, nel dare, nel non dare, nel manifesto,
nel non manifesto, nell’immobile, nel mobile, nel silenzio, nel non silenzio, nel punto,
nella circonferenza, nel mutevole, nell’immutevole, nell’andare, nel ritornare, nella
quiete, nell’indefinito, nel definito, in questo, in quello, nel prima, nel dopo, nel sopra,
nel sotto, nel dentro, nel fuori, nel vicino, nel lontano, nella follia, nella savietà, nel
limitato, nel non limitato, nel pensiero, nel discorso, nel libro, nella biblioteca, nella
qualità, nel difetto, nel nato, nel non nato, nello spazio vuoto, nello spazio pieno, nel
luogo abitato, nel luogo disabitato, nella ricerca, nel ritrovamento, nella dimostrazione,
nel buono, nel cattivo, nel giusto, nell’ingiusto, nell’amore, nell’odio, nella gioia, nella
tristezza, nell’utile, nell’inutile, nel timore, nella paura, nell’interesse, nel consenso,
nel dissenso, nel Soffio dello spirito, nel non-luogo della mente, nel luogo del corpo,
nei sei sensi, nel valore, nel privo di valore, nel custodito, nell’incustodito. Eccola!
37 Cfr.: Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit., pag. 96
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Non vi è modo di averla, non vi è modo di perderla. Eppure è il Centro del Mondo.
Se proprio non si può fare a meno di chiamarla con un nome, che sia Il Senza Nome.
Se proprio non si può fare a meno di attribuirle un’origine, che sia Il Non-Nato.
Se proprio non si può fare a meno di attribuirle un significato, che sia L’Invariabile
Mezzo.
Se proprio non si può fare a meno di pensarla, che sia il Soffio dello Spirito.
Se non puoi fare a meno di cercarla, sospendi il giudizio della mente, il giudizio della
vista, il giudizio dell’udito, il giudizio dell’olfatto, il giudizio del tatto, il giudizio del
gusto.
Non seguire alcuno dei sei giudizi, non soffermarti ad aggiungere né a togliere,
sospendi il giudizio, l’azione del giudizio e il giudizio dell’azione.
Sospendi il giudizio che compare nello stato di veglia. Sospendi il giudizio che
compare nello stato di sonno. Sospendi il giudizio che compare negli stati intermedi tra
la veglia e il sonno.
Ciò che appare, appare in conformità con le modalità del giudizio, dell’azione del
giudizio e del giudizio dell’azione. Non accettare. Non respingere. Non soffermarti
negli stati intermedi tra l’accettare e il respingere. Non soffermarti né di qua né di là
dall’accettare. Non soffermarti né di qua né di là dal respingere.
Adesso, la sospensione del giudizio, dell’azione del giudizio e del giudizio dell’azione,
è ciò che mantiene la mente ancorata al giudizio, all’azione del giudizio e al giudizio
dell’azione. È come una fune delle dimensioni di un tronco d’albero! È come uno spago
delle dimensioni di un filo di seta! Cosa fare? Cosa non-fare?
La natura autoperfezionata dello scibile, del corpo e della mente, dell’uno e dei molti,
dell’unità nella molteplicità e della molteplicità nell’unità, non può essere ottenuta, né
con lo sforzo, né con la rinuncia, né con la fede, né con la trasformazione della rinuncia,
la trasformazione dello sforzo, la trasformazione della fede. Non può essere ottenuta
affatto!
Perciò, senza ricorrere allo sforzo, senza ricorrere alla rinuncia, senza ricorrere alla
fede, senza ricorrere alla trasformazione della rinuncia, dello sforzo, della fede,
sospendi il giudizio, l’azione del giudizio e il giudizio dell’azione.
Perciò, ricorri allo sforzo, ricorri alla rinuncia, ricorri alla fede, ricorri alla
trasformazione della rinuncia, dello sforzo, della fede, ma sospendi il giudizio, l’azione
del giudizio e il giudizio dell’azione.
Ciò che appare, appare in conformità con le modalità del giudizio, dell’azione del
giudizio e del giudizio dell’azione. Non accettare. Non respingere. Non soffermarti
negli stati intermedi tra l’accettare e il respingere. Non soffermarti né di qua né di là
dall’accettare. Non soffermarti né di qua né di là dal respingere.
La natura autoperfezionata dello scibile, del corpo e della mente, dell’uno e dei molti,
dell’unità nella molteplicità e della molteplicità nell’unità, si presenterà senza farsi
annunciare, quando il fare e il non-fare, il conoscere e l’essere, saranno simultanei,
senza dualità.
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L’unica differenza che intercorre tra chi dimora nella natura autoperfezionata del Tutto
e una persona comune, è che l’uno sa di dimorarvi mentre l’altro si comporta
come una persona in preda allo smarrimento.
Tolta la terra da sotto ai piedi del dualismo cartesiano di res cogitans-res extensa, cosa
vogliamo fare del mito della Ragion pura?
Dovremo forse assistere alla rivincita di un nuovo manufatto scientifico-religioso, di
un iperbolico clono umano proiettato alla conquista dello spazio siderale?
Termina qui il capitolo dedicato alla coscienza condizionata e alla coscienza non-condizionata
CAPITOLO TERZO
La saga dell’ignoranza (avidya)
Quando un elettrone vibra,
l’universo ne è scosso.
Sir Arthur Eddington
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Cosa accadrà ora, che la volontà di potenza della ragione mercantile sta per mettere le
mani sulla materia di specializzazione dell’alchimia taoista, del tantra, dello yoga: sulla
fisicità e finitezza della sostanza mentale?
Abbiamo suggerito che l’ordito su cui si innesta la tessitura del fenomeno energetico,
sia dato, in prima approssimazione, da uno stato fisico - il territorio del principio
energetico in potenza, ovvero, lo psichismo -, in cui tensione e risonanza mantengono
il loro carattere di sostanziale estraneità dal fenomeno energetico stesso.
Di qui l’affermazione che costituisce il punto centrale del nostro cammino alla ricerca
della correlazione causale tra fenomeno energetico e fenomeno mentale:
- il territorio del principio energetico in potenza (psichismo) e quello del principio
energetico in atto (campo esteso) coesistono e sono simultanei;
- se considerati in modo unitario, ci informano sulla struttura e sulla dinamica
complessiva della subtotalità tensoriale relativamente autonoma o indipendente, che è
il nostro Universo;
- se considerati singolarmente, ci informano sulla funzione prescrittiva che il primo ha
sul secondo, sulle modalità di condivisione della medesima struttura tensoriale, e sul
rapporto di inversione che intercorre tra la dinamica del primo (dove la risonanza agisce
in assoluta indipendenza dal fenomeno energetico) e la dinamica del secondo (dove la
risonanza agisce in modo del tutto dipendente dal fenomeno energetico).
Tentare di spiegare l’origine del fenomeno energetico, ad esempio, senza prima
spiegare l’identità fisica del fenomeno psichismo, a cui il fenomeno mentale
appartiene, non ha alcun senso, il loro essere simultanei, coesistenti e correlati non lo
consente.
Malgrado ciò, anzi proprio in ragione della originaria difficoltà di accettare una
correlazione causale di natura fisica tra f. energetico e f. mentale - per non parlare della
difficoltà data dallo spiegare l’identità fisica del f. mentale -, la politica della ragione
di cui Aristotele fu capostipite, decise di affogare l’ostacolo nell’arte della dialettica,
aggirandolo. La mente venne divinizzata, e il Mondo venne consegnato alla Storia della
Scienza dell’utile e del costruttivo, tout court.
Ancora oggi, la forma mentis aristotelica continua a sottolineare la sostanziale diversità
tra f. energetico e f. mentale, senza riuscire a risolvere il loro carattere essenzialmente
unitario, senza riuscire a scrollarsi di dosso l’Idea iperbolica di una Mente divina: tutto
quello che questa forma mentis è riuscita a partorire, si risolve nell’idea che il f. mentale
sia in qualche modo un prodotto della attività delle reti neurali, o del volere divino, e
fesserie del genere.
Tuttavia, un nuovo paradigma si sta affacciando all’orizzonte, un paradigma che
presenta importanti elementi in comune con la forma mentis che sta alla base della
scienza del veda e del taoismo. Stando a questo modello, l’Universo appare come una
dimensione fisica al limite di fase38, capace di comportarsi in modo caotico in alcuni
38 Questa terminologia appartiene al formalismo matematico introdotto dall’italiano G. Lagrange (1736-1813) e dall’inglese W. Hamilton (1805-1865), che utilizza nuovi strumenti di analisi, come lo spazio delle fasi, per lo studio dei sistemi dinamici. La dicitura al limite di fase indica la soglia critica oltre la quale un sistema passa da uno stato all’altro (es.: la soglia critica oltre la quale l’acqua passa dallo stato liquido a quello gassoso).
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casi e in modo non caotico in altri39, svelando la trama (principio energetico in atto -
campo esteso) e lasciando intravedere l’ordito (principio energetico in potenza -
psichismo) di un comportamento, dinamico e non lineare, che nel suo complesso viene
definito come caos deterministico40.
Per la forma mentis aristotelica, un oggetto, ad esempio un oggetto complesso quale è
un organo corporeo, assolve a una determinata funzione perché è strutturato in un certo
modo (concezione derivata dal modello creazionista, secondo il quale l’oggetto è
associato ad un manufatto che esiste così com’è perché vi è un artigiano che l’ha
concepito e creato, al fine di assolvere ad una determinata funzione).
Per la forma mentis emergente, invece, un oggetto qualsiasi assume quella forma e
quella struttura sulla base di una relazione causale, dinamica e non-lineare, tra......
dominii di coerenza oscillatoria e dominii di non-coerenza oscillatoria. Il risultato di
questa relazione sarà l’individuazione di un’onda-formale (nama-rupa41), un oggetto
unitario dotato di un nucleo risonante e di un involucro frequenziale, dispiegati tra le
maglie di un reticolo tensoriale.
Analogamente all’onda che si sviluppa e si distende, con un certo ritmo e una certa
intensità, sulla superfice del mare, l’onda-formale si sviluppa e si distende con un ritmo
e una intensità propri, relativamente autonomi o indipendenti da ordini di posizione e
di moto, sulla superfice della manifestazione. Così come il suono emesso da uno
strumento a corde dipende, in ultima analisi, dallo stato di tensione delle sue corde e
dalla modalità con cui vibrano, le qualità ritmiche e intensive dell’onda-formale
dipendono dalla configurazione (corde) insieme tensoriale e risonante della porzione
polarizzata (strumento), di campo tensoriale eccitato, che individualizzandola la porta
ad esplicazione (localizzazione tensoriale e spazio-temporale).
Su queste basi, ad esempio, una delle scienze ausiliarie del Veda, il chandas42, o scienza
della prosodia, distingue le differenti classi dei mantra secondo i ritmi che sono loro
propri, e che corrispondono alle diverse modalità vibratorie dell’ordine cosmico, che
essi debbono esprimere. Un mantra infatti, è un suono musicale o una parola, o una
sillaba o una serie di sillabe, che deve essere emesso con un preciso ritmo, intonazione
e intensità, perché riproducendo un certo ordine vibrazionale possa entrare in risonanza
con certi stati dell’essere. E così è per la recitazione dei sutra, per un certo ordine di
gesti (mudra) e per un certo ordine di figure simboliche (yantra, a cui i mandala
appartengono)43.
39 L’esempio di un sistema dinamico siffatto può essere un rubinetto che perde. Le gocce cadono in una successione regolare (anche se complessa) se il flusso d’acqua è inferiore a uno specifico valore; per un valore più alto di flusso invece, cadranno in un modo irregolare e non prevedibile che si rivela caotico. 40 Sulle dinamiche non lineari e caotiche e sulle loro connessioni con il biologico, vedi anche: Caoticamente, op. cit. 41 Cfr.: Studi sull’Induismo, op. cit., pag. 89 e seg. 42 Cfr: René Guénon, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Adelphi Edizioni, 1989, pag. 167. 43 Faccio notare, che è precisamente sul piano di questa realtà o dimensione fisica, che agiscono e che non vanno sottovalutati tanto i cosiddetti fenomeni paranormali quanto le cosiddette pratiche di magia bianca e di magia nera (in base alle leggi dell’interferenza, che regolano le relazioni tra sistemi oscillanti, l’azione di una configurazione frequenziale su di un’altra può essere distruttiva/dissonante - magia nera -, o costruttiva/ consonante - magia bianca).
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In sintesi, ciò che si afferma è che ogni manifestazione e grado dell’essere
condizionato, ivi inclusa la mente umana, è soggetta all’azione prescrittiva ma non
descrittiva, di una intrinseca e irriducibile linea tensoriale risonante, sospesa
nell’orbita del principio energetico in potenza. Nel territorio del principio energetico
in atto, questa azione si traduce nella localizzazione di un’onda-formale, una
configurazione frequenziale, animata dall’azione prescrittiva di un nucleo risonante.
Come tale, l’onda-formale viene ad essere posta in relazione dinamica (dinamiche
interferenziali tra sistemi tensoriali-risonanti-oscillanti) e non-lineare con tutte le altre
onde-formali dello scibile, sino a che non verrà riassorbita e sospesa nell’orbita del
punto di crisi che le è proprio, in una incessante e indefinita alternanza di onde-formali.
Gran parte del genere umano crede nell’animismo, in un’anima intesa come principio
di coscienza personale e indipendente, separata dalle altre anime esistenti in eterno.
Alcuni animisti credono che una tale anima si incarni più volte. Altri sostengono che
dimori in un corpo fisico sulla Terra solo una volta prima della sua resurrezione finale,
nel tempo mitico del Giudizio Universale, prima del quale, e per un tempo indefinito,
continua ad esistere come entità personale in uno stato che può essere o di felicità
sensuale assoluta, o di terribile sofferenza senza limiti. Altri sostengono che non v’è
nulla che possa sopravvivere alla morte.
Shakya-muni Siddharta Gautama, il Buddha del presente, insegna che nell’alternanza
di morti e rinascite non è un’anima, intesa come principio di coscienza personale e
indipendente, a reincarnarsi, ma qualcosa che con ciò non ha nulla o punto a che vedere.
Ricordando Eraclito44:
Immortali mortali, mortali immortali,
viventi nella morte di quelli, ma, nella vita di quelli morti.
A coloro che entrano negli stessi fiumi
continuano ad affluire acque sempre differenti.
Nello stesso fiume tanto entriamo quanto non entriamo,
tanto siamo quanto non siamo.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, o, come dice Eckart45:
Dio si forma e si dissolve.
Le tracce karmiche di cui parla la Tradizione, e che tanto peso hanno acquisito
nell’ambito del buddhismo, si riferiscono precisamente alle risonanze, uniche e
44 In: La sapienza greca, vol. III, op. cit., pag. 55-57 45 In: Sermoni tedeschi, op. cit., pag. 79
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irripetibili, lasciate dalle onde-formali nel loro processo di andata e ritorno dalla
soggiacente linea tensoriale risonante. Tracce che attraggono l’evoluzione delle
metamorfosi dell’onda-formale, intesa come organizzazione di un sistema risonante
esteso in un continuum tensoriale, verso un successivo punto di manifestazione
preferenziale.
In ragione di ciò, la dottrina della rinascita46, nota ai greci come metempsicosi o
trasmigrazione delle anime, non va affatto riferita ad un’anima intesa come principio
di coscienza personale e indipendente. Bensì al nucleo risonante proprio dell’onda-
formale che, nell’essere umano e negli altri esseri per così dire mentali, ricava dalla
attività mentale (il senso interno) un guadagno interferenziale particolarmente
significativo, più di quanto non accada, ad esempio, negli altri animali, dove questo
guadagno viene ricavato dalla attività di altri sensi.
Ciò che in realtà si trasforma e sussiste al divenire di creazioni e distruzioni, di
condensazioni e dissolvimenti, di sviluppo e inviluppo, è sì un’anima, ma più nel senso
etimologico della parola greca psichè, da cui la parola latina anima deriva, cioè nel
senso allusivo di vortice, corrente, soffio, nube fluttuante, ad indicare un principio
dinamico rarefatto, qualcosa di più simile al fluire della nube elettronica che avvolge
il nucleo atomico, che non al fluire di un qualche soggetto trapassato47. Ancora più
simile a un nucleo risonante, il precipitato subliminale di una configurazione
frequenziale esperita nella dinamica autoricombinante e non lineare tra tracce
karmiche del passato, e tracce karmiche del presente. Dinamica autoricombinante
dispiegata nell’orbita di una direttrice (linea di tensione) che estrinseca sé stessa
nell’immagine risonante di un polo attrattore (il nucleo risonante dell’onda), il quale,
innescando una reazione a catena di relazioni di interferenza e di transizioni di fase,
attira su di sè il carattere, le possibilità e le tendenze di un nucleo risonante (nama)
avvolto dal suo involucro frequenziale (rupa). La risultante sarà appunto un’onda-
formale (nama-rupa), un sistema fisico unitario (radiativo, energetico, materico), il cui
grado di tensione circoscrive il carattere, le possibilità e le tendenze a cui essa, in via
preferenziale, deve attenersi.
46 Va qui sottolineato che i termini rinascita e reincarnazione non sono sinonimi. La rinascita indica il processo generico di metamorfosi dell’onda formale. La reincarnazione indica invece che la rinascita dell’onda formale avviene in un grado di manifestazione prescelto. 47 Il popolo africano dei luba, distingue nell’essere umano i seguenti elementi: 1) Il corpo fisico, materiale, che serve alla vita terrena e che contiene: 1.1) Il cuore, che conferisce una forza definitiva all’essere umano ed è inteso come: a) principio di vita, soffio venuto dal Dio; b) intelligenza, pensiero, ricordo; c) principio dei sentimenti e del desiderio; d) cuore fisico. 2) L’ombra, un elemento imponderabile, inafferrabile, che si distingue in: 2.1) prima ombra, l’ombra proiettata al suolo dalla luce, essa è proiezione dell’uomo interiore ed emanata dall’uomo continuamente (la luce la mostra, ma non la produce), i defunti non possiedono più quest’ombra; 2.2) seconda ombra, è l’ombra vitale che assomiglia a cuore a) e cuore b) e viene spesso confusa con esso (è questa l’ombra che spesso mangiano gli stregoni); 2.3) terza ombra, è l’elemento che sussiste dopo la morte, è immaginata come una specie di piccolo uomo. Il cuore a) viene dal Dio e a lui ritorna, mentre il piccolo uomo continua ad esistere fra i due mondi e diventa antenato o defunto. 3) Il nome, che specifica la realtà intima dell’individuo, che dice chi è quell’essere particolare; si tratta del vero nome, del nome interiore (per la dottrina indù questi nomi naturali sono analoghi ai bija-mantra o ‘nomi naturali’ di ogni attività - krija - connessa con i differenti elementi o principii costitutivi - tattwas - della manifestazione individuale [cfr.: René Guénon, Studi sull’Induismo, op. cit., pag. 31]).
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Nell’essere umano, il ruolo e la disponibilità di quello che in lui rappresenta uno degli
aspetti meno materici e più simili alla sostanza del nucleo risonante, cioè il ruolo e la
disponibilità della mente (manas, il senso interno), fa sì che questa stessa catalizzi la
nostra attenzione e le nostre aspettative su ciò che le è proprio, confondendolo anche
con ciò che sommamente non lo è. Come prigionieri della mente, allora, non
scorgeremo che un corpo finito e corruttibile, non altro che un’anima personale o un
nucleo risonante, e come esuli di un naufragio immemore, continueremo a gongolarci
in-tondo.
Dal momento che noi stessi siamo onde-formali (nama-rupa) in divenire, come
potremmo esimerci dall’essere l’effetto di una serie incalcolabile di manifestazioni
precedenti, e la causa di una serie incalcolabile di manifestazioni future? E, dunque,
quale ordine di tendenze imprimiamo alle nostre modalità di interferire con i nostri
simili, con gli altri esseri senzienti, e con il resto del Mondo?
Non mi pare che comportarsi come quel carro unilaterale, possa essere di alcun
beneficio per chicchessia, neppure per chi, mosso da una insana volontà di potenza, o
da altra esaltazione di ignoranza, insiste nel far girare una ruota sola.
Lo sanno bene, avendolo sperimentato sulla propria pelle, le donne di tutto il mondo,
per secoli per millenni e ancora oggi vessate, umiliate, saccheggiate e costrette ad
abdicare la potenza generatrice e mentale di cui sono naturalmente portatrici, per il
piacere e il profitto di una volontà di potenza, che sebbene possa trovare a volte più
vantaggioso e meno indecente, ricorrere all’uso di mezzi persuasivi anziché coercitivi,
ancora non vuole rinunciare ad appropriarsi di ciò che per sua natura non possiede.
Viviamo in un’epoca in cui le formule scientifiche hanno avuto il sopravvento su quelle
magiche e religiose, ma la sostanza è in fondo sempre la stessa.
Quella stessa sostanza che un famoso e stimato filosofo confuciano, Dong Zhongshu,
vissuto agli albori dell’era cristiana, così riassume48:
Lo Yang
[maschile, energia cinetica, principio attivo, principio paterno, Purusha – n.d.r.]
è onorato
e lo Yin
[femminile, energia potenziale, principio passivo, principio materno, Prakriti – n.d.r.]
è umiliato (…)
anche se un marito appartiene a una classe inferiore
deve in ogni caso essere considerato Yang,
anche se una donna appartiene a una classe superiore
deve in ogni caso essere considerata Yin (…)
Quelli in una posizione superiore
devono essere tutti considerati Yang dai loro inferiori,
e quelli in una posizione inferiore
devono essere tutti considerati Yin dai loro superiori (…)
48 Cit. in: Medicina cinese: la radice e i fiori, op. cit., pag. 230
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In ultima analisi la categoria del male appartiene allo Yin
e la categoria del bene appartiene allo Yang;
Yang è virtù, Yin punizione....
Il conflitto tra scienza e religione, scrive Carl Gustav Jung49, è dovuto in realtà ad un
malinteso di entrambe. Il materialismo scientifico ha semplicemente introdotto una
nuova ipostasi, e questo è un peccato intellettuale. Esso ha dato un altro nome al
principio primo della realtà ed ha presunto di avere così creato un elemento nuovo e
di averne distrutto uno vecchio. In qualunque modo chiamiate il principio
dell’esistenza - Dio, materia, energia o qualsiasi altra cosa preferiate -, non avrete
creato nulla; avrete semplicemente sostituito un simbolo. Il materialista è un
metafisico malgrè lui. La fede, dall’altra parte, tenta di mantenere una condizione
mentale primitiva su basi puramente sentimentali [i fedeli cercano di rimanere bambini
invece di essere come bambini, come un neonato che in ogni istante guarda il mondo
senza giudizio – n.d.r.]. Essa non vuole rinunciare al primitivo rapporto infantile con
le figure create dalla mente e ipostatizzate; vuole continuare a godersi la sicurezza e
la fiducia di un mondo ancora presieduto da genitori potenti, responsabili e benevoli.
Ecco, sviluppando l’enunciato di Jung, il commento che lo potrebbe accompagnare è
il seguente.
L’attuale visione materialistica occidentale, discende in linea diretta da una
rappresentazione interna della realtà esterna, elaborata e sistematizzata, a partire dal VI
sec. a.C., dalle Scuole sapienziali della Magna Grecia, trovando applicazioni in tutti gli
ambiti del sapere e del vivere sociale.
Il paradigma ellenistico, a sua volta, discende dalle idee e dalle credenze religiose del
suo reale capostipite, l’ideologia abramitica, erede prescelta dallo spirito apollineo
della civiltà akkadico-sumera, che intorno al XVIII sec. a.C., ipostatizzò il possesso
dell’uso razionale della ragione come strumento di potere sulla natura e sulle genti50,
facendone il Centro del Mondo, su cui vigila un Grande Legislatore-Artigiano-
Condottiero51, che, rispettivamente, portò alla nascita del monoteismo ebraico, del
momoteismo giudaico-cristiano, e del monoteismo musulmano.
49 Tratto dal suo commento psicologico a: Il libro tibetano della grande liberazione, Newton Compton Editori, 1992, pag. 11 50 Con la introduzione dei me (l’equivalente dei dharma indù), - norme e decreti di natura divina che garantiscono e determinano il destino di ogni essere, di ogni forma di vita, di ogni impresa divina o umana, dei vari mestieri, vocazioni e istituzioni -, e con l’introduzione della mantica, - tecnica divinatoria che, al pari dell’I-King cinese, sistematizza il divenire in regole e segni, al fine di prevedere e dominare il futuro -, il genio semitico sistematizza il divenire umano collocandolo, per la prima volta, in una prospettiva storica. 51 Cfr.: Rg Veda X, 90, strofa 12 (Purusasukta): La sua bocca [dell’Uomo primordiale fatto a pezzi, sacrificato – n.d.r.] divenne il Brahmano, il Guerriero fu il prodotto delle sue braccia, le sue cosce furono l’Artigiano, dai suoi piedi nacque il Servitore. (Cit. in: Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit., pag. 247)
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L’Occidente, e in certa misura anche l’Oriente, ereditano la loro matrice ideologica
dalla grande rivoluzione tecnologica occorsa durante l’Età del Bronzo (VIII-II
millennio a.C.), e protrattasi sino all’Età del Ferro (II-I millennio a.C.) e oltre.
Questa matrice, prefigurata nel simbolismo magico-simbolico 52 dei motivi a spirale
rinvenuti in varie parti del mondo e risalenti all’opera umana del Paleolitico, ipostatizza
il Centro del Mondo in una visione circolare, che aspira a rendere la realtà prevedibile-
reversibile-riproducibile, cioè lineare, cioè domabile e addomesticabile attraverso
l’uso razionale della ragione.
Da una visione spiroidale del Mondo, secondo cui
A coloro che entrano negli stessi fiumi
continuano ad affluire acque sempre differenti (Eraclito)
si passa così ad una visione circolare del Mondo, in cui ciò che naturalmente si
trasforma, viene sostituito da ciò che artificialmente si ripete.
Marchiando la propria volontà di potenza a caratteri di fuoco sulle tavole di Mosè (XIII
sec. a.C.), l’Uomo Metallurgo, il Grande Fonditore e Signore del Tempo, affila l’arma
della Conoscenza del Bene e del Male (il terreno ideologico su cui prospera la logica
della punizione e della ricompensa 53), e sancisce la propria ambizione di potere anche
sulla Vita e sulla Morte, ponendo le proprie regole al fatto che tutto scorra, pànta rheì
(Eraclito).
Ed è così che questa visione circolare del Mondo, che lo argina e lo circoscrive, viene
data ai posteri sotto forma di sfera infuocata: il volume descritto dal raggio della Sua
azione e della Sua volontà di potenza!
In questo manufatto divino, in questa sfavillante sfera di potenza, il Grande Fonditore
ipostatizza l’immagine archetipica dell’Uomo come medium, come elemento elettivo
di collegamento tra la Terra e il Cielo, convertendola a propria immagine e
52 Cfr.: Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit., pag. 39: Parte decisiva hanno le valorizzazioni magico-religiose del linguaggio. Già alcuni gesti potevano indicare l’epifania di una potenza sacra o di un mistero cosmico. È probabile che i gesti delle figure antropomorfe dell’arte preistorica fossero dotati non solo di significato, ma anche di potere. Il significato religioso dei gesti-epifanie era ancora noto ad alcune società primitive verso la fine del XIX secolo. (Mostrare ritualmente qualcosa, si tratti di un segno, di un oggetto o di un animale, significa dichiarare una presenza sacra, celebrare esteriormente il miracolo di una ierofania). A fortiori, l’inventiva fonetica dovette costituire una fonte inesauribile di poteri magico-religiosi. Anche prima del linguaggio articolato, la voce umana era capace di trasmettere informazioni, ordini o desideri, ma anche di suscitare tutto un universo immaginario con le sue esplosioni sonore, le sue innovazioni foniche. Basti pensare alle creazioni favolose, para-mitologiche e para-poetiche, ma anche iconografiche, occasionate dagli esercizi preliminari degli sciamani che preparano il viaggio estatico, o, durante certe meditazioni yoga, dalla ripetizione dei mantra, che implica sia il controllo del ritmo della respirazione (pranayama) sia la visualizzazione delle sillabe mistiche. Con il suo progressivo perfezionarsi il linguaggio accresceva i propri mezzi magico-religiosi. La parola pronunciata liberava una forza che era difficile, se non impossibile, annullare (…) L’esperienza esaltante della parola come forza magico-religiosa ha condotto talvolta alla certezza che il linguaggio sia capace di garantire i risultati ottenuti con l’azione rituale. 53 L’ideologia della ricompensa, nata con la scomposizione della natura del Mondo in Bene e Male, consiste, molto sinteticamente, nel fare del bene per meritarsi un premio o un riconoscimento, premio o riconoscimento che, molto spesso, non arriva. Sullo sconforto che ne consegue, emblematico è il Dialogo sulla miseria umana, un antico testo mesopotamico ribattezzato l’Ecclesiaste babilonese per la sua analogia con l’Ecclesiaste biblico. Sconforto che, sul piano delle idee e delle credenze religiose sorte dalla metallurgia dell’Età del Bronzo, fa da sfondo alla logica del mistero divino. (Cfr.: Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit., pag. 95 e segg.)
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somiglianza, cioè domandola e addomesticandola nel processo alchemico scandito dai
modi e dai tempi del Signore del Fuoco.
La sfera e il cerchio, ovvero la croce tridimensionale e bidimensionale, circoscrivono
così l’orientamento di una nuova e fiammante volontà di potenza, dispiegata tra un
centro immobile e una circonferenza mobile, cioè sviluppata dal raggio d’azione del
Demiurgo-Ragion pura.
Da questo momento in poi (ca. II millennio a.C.), la stessa matrice ideologica che la
civiltà occidentale in parte condivide con quella orientale, imprime due direzioni
distinte al loro orientamento, sulla base dei loro rispettivi caratteri-possibilità-
tendenze.
La civiltà occidentale si orienta verso l’attenersi al principio mobile della
circonferenza, per concentrarsi nella produzione di una tecnologia proiettata
all’esterno. Così facendo, investe le proprie risorse e ambizioni nell’uso sistematico di
tutti i mezzi esteriori di investigazione, di conoscenza e di manipolazione a sua
disposizione, atti a domare e addomesticare la potenza del Divenire Fenomenologico,
ivi compresa la potenza generatrice e mentale della donna.
La civiltà orientale, al contrario, si orienta verso l’attenersi al principio immobile
(Dharma) del centro, per concentrarsi nella produzione di una tecnologia rivolta verso
l’interno. Così facendo, investe le proprie risorse e ambizioni nel tentativo di domare
e addomesticare la potenza del Divenire Mentale, ivi inclusa - in matrix veritas - la
potenza mentale e generatrice della donna.
Ora intenta a controllare il Mondo, ora intenta a eccedere se stessa, la sfera mentale
umana, la sfera umana del senso interno (manas), certo si conferma come medium
elettivo, ora in positivo ora in negativo, nella relazione con l’esistere, ma con una
differenza radicale e sconvolgente: nel fare della mente umana lo strumento per
controllare il Mondo, tutto è imprigionato nelle sue proiezioni, tutto le gira intorno,
accerchiandola minacciosamente; nel fare della mente umana il mezzo per eccedere se
stessa e il Mondo, tutto desidera (kama) apparire per quello che è, l’unità nella
molteplicità e la molteplicità nell’unità, al di la del bene e del male.
Ciò che Eraclito così sintetizza54 :
Contatti sono le totalità, il convergente e il divergente,
il consonante e il dissonante: e fuori da tutte le cose ne sorge una sola,
e fuori da una cosa sola sorgono tutte.
Il netto contrasto tra il cosiddetto immobilismo delle società orientali e il cosiddetto
dinamismo delle società occidentali, nasce dallo stesso presupposto, l’esistere in
quanto esseri razionali e capaci, con due prospettive (caratteri-possibilità-tendenze)
diverse: quella antistorica del conquistare ciò che sta dentro di sé, e quella storica del
conquistare ciò che sta fuori di sé55.
54 In: La sapienza greca, op. cit., pag. 41 55 Cfr.: Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit., pag. 214: Nell’India vedica e a Roma si può ritrovare la medesima struttura indoeuropea, ma i due campi ideologici non sono omogenei. I
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Storicamente, l’esasperazione e le aberrazioni a cui sono andate e a cui vanno incontro
la prospettiva dell’uno come la prospettiva dell’altro, descrivono i limiti oggettivi e
soggettivi della comunità e della individualità umana, nella problematicità del loro
esistere con capace razionalità.
La ragione, scrive Jung, cerca sempre la soluzione seguendo la via del raziocinio, della
consequenzialità, della logica, quindi è nel giusto in tutte le situazioni e questioni di
portata normale, però in quelle molto grandi e decisive è insufficiente. È incapace di
creare l’immagine, il simbolo; il simbolo è irrazionale. Quando la via razionale
diventa un vicolo cieco - cosa che dopo qualche tempo avviene sempre - la soluzione
arriva da dove nessuno se lo aspetta.
Se dobbiamo attenerci alla maieutica socratica, non è la soluzione che conta, ma la
sospensione del giudizio, quello stato della coscienza in cui la soluzione è suscettibile
di affiorare da ciò che quietamente la porta a maturazione56.
Se dobbiamo attenerci all’insegnamento Zen e Dzog-chen - massime espressioni e
realizzazioni viventi della convergenza e del riassorbimento dell’uomo mentale
(coscienza condizionata) nell’Uomo spirituale (Coscienza non-condizionata) -, non è
la mente (manas) che conta, né la sospensione né la trasformazione della sua attività,
ma quello stato della coscienza (buddhi) da cui la mente stessa affiora, da ciò che
quietamente la trascende57. La condizione originaria e autoperfezionata in cui l’essere
e il non-essere, il fare e il non-fare, sono simultanei.
Per chi ascolta non me,
bensì l’espressione,
sapienza è riconoscere
che tutte le cose sono una sola.
Romani pensano storicamente, mentre gli Indiani pensano in termini di leggenda. I Romani pensano in termini di nazione, gli Indiani in termini cosmici. Al pensiero empirico, relativista, politico e giuridico dei Romani, si oppone il pensiero filosofico, assoluto, dogmatico, morale e mistico degli indiani. 56 Nietzsche usa queste parole: Imparare a vedere, abituare l’occhio alla calma, alla pazienza, al lasciar giungere a sè le cose; rimandare il giudizio, imparare a rigirare e ad abbracciare il singolo caso da ogni lato. È questa la prima introduzione alla spiritualità: non reagire subito a uno stimolo, ma padroneggiare gli istinti che inibiscono, che isolano. Imparare a vedere, così come l’intendo io, è all’incirca ciò che il linguaggio non filosofico chiama forte volontà: l’essenziale in esso è appunto non volere, saper sospendere il giudizio. Ogni mancanza di spiritualità, ogni bassezza poggiano sulla incapacità di resistere a uno stimolo si deve reagire, si segue ogni impulso. In molti casi un tale dovere è già uno stato di malattia, è già decadenza, sintomo di esaurimento, quasi tutto quello che la rozzezza non filosofica indica con il nome di vizio, è soltanto quella incapacità fisiologica di non reagire. 57 Dice il maestro Zen:
Prima di praticare lo Zen, le montagne mi sembravano montagne, e i fiumi mi sembravano fiumi.
Da quando pratico lo Zen, vedo che i fiumi non sono più fiumi e le montagne non sono più montagne.
Ma da quando ho raggiunto l’illuminazione, le montagne sono di nuovo montagne e i fiumi di nuovo fiumi.
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Eraclito
Nella sua accezione intrinseca e legittima, questa espressione, ovvero Lògos, ma anche
Dharma58, non è affatto l’equivalente di Legge, divina o cosmica o d’altro genere. La
legge, in quanto tale, nasce in un contesto storico, quello tra il II e il I millennio a.C.,
ad opera di quelle civiltà che hanno fatto del controllo e del possesso razionale delle
forze della Natura, la loro suprema ragion d’essere. L’elaborazione e la
sistematizzazione religiosa-culturale-sociale-politica e psicologica che ne è derivata,
coincide con un processo di identificazione che ha portato l’individualità e le comunità
umane, rette da strutture ideologiche e governate da leggi, a identificarsi con l’imago
mundi del Centro del Mondo.
Tanto di cappello certo, a quanto di utile e di costruttivo deriva da questa epopea della
Ragione, ma, ahimè, quale ingente dose di presunzione e di autolesionismo nasconde
l’aver omesso di tenere in dovuta considerazione che l’essere umano non solo non è
fatto di materia razionale, ma che quella altra le è superiore, e che la Natura non è fatta
di materia umana, ma la contempla come contempla un qualsiasi altro fenomeno della
manifestazione!
Rimossa e confinata nell’oblio dell’inconscio, l’indubitabile realtà e potenza dell’altro
dalla ragione e dell’altro dall’umano, troppo umano, ora bussa alle porte
dell’omuncolo razionale, ora le sfonda e gli si ritorce contro, con l’impeto di chi viene
a riscuotere il prezzo per essere stato sepolto dalla spettacolarità e dall’esaltazione
schizofrenica dello scindere e dell’essere scissi ad oltranza (non c’è cosmogonia nata
dal potere della razionalità che non celebri l’inizio del Mondo come opera di una
primordiale scissione della Realtà in Due Parti, condizione logica e necessaria per la
Nascita di un Universo retto da una Relazione.... dualistica, che desidera ri-
congiungersi e ri-appacificarsi con la sua originale Unità).
Al confronto, la materia razionale e la materia umana non sono che .... gli escrementi
degli dèi.
Tanto in Occidente quanto in Oriente, l’espiazione della colpa commessa nell’aver
scisso la realtà in due parti uguali e contrarie, l’una governata dalle categorie dell’
Ordine, del Bene, della Razionalità, dell’Essere,l’altra governata dalle categorie del
Caos, del Male, della Irrazionalità, del Non-Essere, è il tema centrale, l’ordito, su cui
viene intessuta la trama di tutti gli impianti ideologici, religiosi e non, delle civiltà
dominate dalla volontà di potenza dell’homo technologicus.
Nel dramma esistenziale prodotto dalla esasperata artificiosità e artificialità di tale
scissione, la spada della Razionalità convola a nozze con la falce di Thànatos,
58 Con Guénon, occorre rilevare che la radice dhri della parola dharma, è pressoché identica, come forma e come senso, ad un’altra radice, dhru, dalla quale deriva il termine dhruva che indica il polo; effettivamente è a questa idea di polo o di asse del mondo manifesto che conviene far riferimento se si vuol comprendere veramente la nozione di dharma: è ciò che permane invariabile al centro delle rivoluzioni di tutte le cose, e che regola, senza intervenirvi in alcun modo (wu-wei, azione-senza-azione), il corso del cambiamento per il fatto stesso che non ne è partecipe. La concezione del dharma si ricollega abbastanza direttamente alla rappresentazione simbolica dell’asse attraverso la figura dell’Albero del Mondo, dell’Axis Mundi, del Centro della Croce sul piano bidimensionale e del Centro della Sfera sul piano tridimensionale.
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consegnando al mondo più di quattromila anni di storia di scienze e di lumi, immolati
sull’altare della necrofilia.
In questi tempi d’oro di progresso e di modernità, la mortifera ragione acclama
l’avvento di una nuova era, l’era della clonazione, del commercio di organi, della
fecondazione in vitro, l’era dei biochips, l’era dei prodotti artificiali e sintetici
dell’ennesima generazione, l’era in cui l’iperbolica volontà di potenza distillata nel
miracolo alchemico della fusione nucleare, sta per mettere le mani sulla sostanza
mentale.
Tremate, miseri mortali in carne e ossa! Sua santità la feconda scienza è nuovamente
in stato interessante.
Sbalordite, voi tutte. La gestazione è in corso, malgrado voi.
Quale eroe, quale dio, verrà mai dato alla luce, questa volta?
Thànatos contro Eros. Eros contro Thànatos.
E il Dio dei giudei eleati versione neo-liberista, incontra Confucio versione post
maoista. E all’ingresso del WTO (World Trade Organization), s’odono ancora i
rintocchi del requiem aristotelico, appositamente composto per la cerimonia di
sepoltura del non-pensabile:
Tutte le altre scienze
saranno più necessarie di questa [della metafisica – n.d.r.],
ma nessuna sarà superiore
Aristotele, Metafisica, I, 2,982b
Ma questa è Storia?
Si conclude qui il capitolo dedicato alla saga dell’ignoranza (avidya).
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LETTURE SUGGERITE
Insegnamenti Dzog-chen:
- Longchenpa, La Nave Preziosa, Shang-Shung Edizioni, 1994 (Collana di
insegnamenti Dzog-chen)
- Namkhai Norbu, Adriano Clemente, La Suprema Sorgente, Ubaldini Editore, 1997
- Namkhai Norbu, Il cristallo e la via della luce, Ubaldini Editore, 1987
Insegnamenti Tradizionali indù:
- René Guénon, L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta, Adelphi Edizioni, 1997
- René Guénon, Gli stati molteplici dell’essere, Adelphi Edizioni, 1999
- René Guénon, Il Simbolismo della Croce, Luni Editrice, 1999
- René Guénon, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Adelphi, 1989
- René Guénon, Studi sull’Induismo, Fratelli Melita Editori, 1989
Insegnamenti Zen:
- Hakuin Zenji (Ekaku), Veleno per il cuore, Astrolabio Ubaldini Editore, 1998
- La vita e le lettere di Tofu Roschi, Astrolabio Ubaldini Editore, 1989
- S.S. Roshi, Mente Zen, mente di principiante, Astrolabio Ubaldini Editore, 1978
- Il sutra di Hui Neng, Astrolabio Ubaldini Editore, 1978
Storia antica:
- Giorgio Colli, La sapienza greca, Voll. I-II-III, Adelphi Edizioni, 1995
- Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, 1999
- Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Voll. I-II-III, Sansoni
Editore, 1996
- Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, Voll. I-II-III-IV, Vita e Pensiero,
Milano 1975-1978
Psicologia junghiana:
- Carl G. Jung, La saggezza orientale, Bollati Boringhieri, 1992
- Carl G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, TEA DUE, 1999
- Carl G. Jung, La libido, simboli e trasformazioni, Newton Compton Editori, 1993
- Carl Gustav Jung, La psicologia dell’inconscio, Newton Compton Editori, 1989
Caos deterministico:
- E. Morin, Il metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Edizioni Feltrinelli, 1983
- J. Gleick, Caos, Sansoni Editore, 1996
- Nina Hall (a cura di), Caos, Franco Muzzio Editore, 1992
- Angelo Vulpiani, Determinismo e caos, Nuova Italia Scientifica, 1994
- David Ruelle, Caso e Caos, Bollati Boringhieri, 1992
Nuove prospettive della scienza:
- David Bohm, Universo Mente Materia, RED Edizioni, 1996
Pag. 39
- Erwin Schrodinger, Cos’è la vita?, Adelphi, 1995
- Ilya Prigogine, La nuova alleanza, metamorfosi della scienza, Einaudi Ed., 1981
- Giulia Boschi, Indagine sulla natura fisica del Qi nella Repubblica Popolare
Cinese, Casa Editrice Stella del Mattino, 1991
- Guglielmo Arcieri, Introduzione alla medicina cibernetica e quantistica, IPSA
Editore, 1988
- Fritz-Albert Popp, Nuovi orizzonti in medicina. La teoria dei biofotoni, IPSA
Editore, 1985
Varie:
- Namkhai Norbu (a cura di), Il libro tibetano dei morti, Newton-Compton Editori,
1997
- Raphael (a cura di), Bhagavad-Gita, Edizioni Asram Vidya, 1994
- Bernardo Albano, I King - Dalla geometria vibratoria dell’Universo alla chiave
dell’agopuntura, ECIG, 1989
- Meister Echart, Sermoni tedeschi, Adelphi Edizioni, 1997
- Marie-Louise Von Franz, Il mito di Jung, Bollati Boringhieri, 1990