La tutela del diritto dautore nel web 2 0

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Indice Introduzione………………………………………………………………………………………p.3 1. Il dibattito ideologico sul diritto d’autore……………………………………………….......p.5 2. La nascita e la natura del diritto d’autore…………………………………………………..p.6 3. Dalla pirateria al peer-to-peer…………………………………………………………...…..p.7 4. Esempi di enforcement della protezione del diritto d’autore……………………………...p.8 5. Copyleft, l’altra faccia del copyright………………………………………………………...p.9 6. Creative Commons: un copyright flessibile per le opere creative………………………..p.10 7. CC e SIAE: la situazione italiana…………………………………………………………..p.15 8. Copyzero: cos’è e come funziona…………………………………………………………..p.16 Conclusioni………………………………………………………………………………………p.18 1

Transcript of La tutela del diritto dautore nel web 2 0

Indice

Introduzione………………………………………………………………………………………p.3

1. Il dibattito ideologico sul diritto

d’autore……………………………………………….......p.5

2. La nascita e la natura del diritto

d’autore…………………………………………………..p.6

3. Dalla pirateria al peer-to-peer…………………………………………………………...…..p.7

4. Esempi di enforcement della protezione del diritto

d’autore……………………………...p.8

5. Copyleft, l’altra faccia del

copyright………………………………………………………...p.9

6. Creative Commons: un copyright flessibile per le opere

creative………………………..p.10

7. CC e SIAE: la situazione italiana…………………………………………………………..p.15

8. Copyzero: cos’è e come funziona…………………………………………………………..p.16

Conclusioni………………………………………………………………………………………p.18

1

Bibliografia……………………………………………………………………………………....p.19

Introduzione

Il presente lavoro vuole essere un contributo al dibattito sempre

più pressante circa il complesso tema del diritto d’autore in

Internet. Con gli sviluppi tecnologici verificatosi soprattutto

negl’ultimi anni, l’accostamento di questi due termini sembra

essere sempre più problematico, stravolgendo completamente gli

equilibri. Un inquadramento sulle norme vigenti, sugl’enti e sulle

trasformazioni che stanno segnando il diritto d’autore, possono

aiutare a capire meglio perché questo tema è tanto vivo nel

dibattito contemporaneo e soprattutto perché in continuo work in

progress.

Prima di passare in rassegna gli argomenti che verranno trattati

nel paper è necessario dare una definizione teorica del diritto

d’autore, e del copyright che verranno più volte citati nel testo e

che non sono propriamente la stessa cosa.

2

Per diritto d'autore si intende la posizione giuridica soggettiva

dell'autore di un'opera, al quale si riconosce la facoltà

esclusiva di diffusione e sfruttamento, attraverso ordinamenti

nazionali e convenzioni internazionali. Nel linguaggio e nel

pensiero comune spesso si tende a confondere le espressioni

copyright e diritto d'autore ma, nonostante alcune similitudini,

tra i due termini vi sono importanti differenze. Il diritto

d’autore è un modello appartenente ai Paesi di civil law, tra cui

l’Italia, mentre il copyright  appartiene agli ordinamenti di

common law, come ad esempio Inghilterra e Stati Uniti, e nasce con

lo scopo di promuovere l'industria culturale americana. Se

guardiamo al significato etimologico del termine, copyright

significa “diritto di copiare”, e fa riferimento al diritto di

riprodurre un’opera, tutelando gli interessi dei soggetti che

investono sulla sua commercializzazione. Per quanto riguarda

invece il diritto d’autore, è chiaro già che l’attenzione è

maggiormente rivolta all'autore, che infatti nel nostro

ordinamento può rivendicare i suoi diritti, anche con la

cessazione dei diritti patrimoniali. Il lavoro si struttura in

otto paragrafi, ognuno dei quali ha approfondito determinati

aspetti circa il tema molto delicato della tutela del diritto

d’autore nell’era del Web 2.0.

Il primo paragrafo introduce le posizioni ideologiche circa la

questione, che vede schierarsi da un lato i “progressisti” e

dall’altro “gli estremisti della proprietà” intellettuale.

Nel secondo paragrafo si affronta in un quadro storico la nascita

e l’evoluzione del diritto d’autore, e la differenza che vige con

il concetto di brevetto. Nel mondo antico la riproduzione e la3

diffusione delle opere rappresentavano dei procedimenti che

costavano soprattutto molto tempo, problema che venne poi superato

grazie all’introduzione della stampa a caratteri mobili. E’ nel

‘500, che si identificano i primi tratti del diritto d’autore, con

la concessione dei cosiddetti “privilegi” alle tipografie, a

all’imprimetur per le autorità ecclesiastiche.

Nel terzo paragrafo si analizza il fenomeno di pirateria, che da

sempre rappresenta un grosso problema per la violazione di tale

diritto, e di come sia diventata ancora più ingestibile

soprattutto in seguito alla diffusione di Internet e della

condivisione peer- to-peer. Il caso che ha dato inizio molto

probabilmente alla lotta alla pirateria in Internet è stato

Napster, subito sostituito da Emule, che ha eluso le regole sul

copyright, basandosi su un software applicativo open source dedicato

alla condivisione file che si appoggia su una rete peer to peer.

Negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, come la Francia, la

Spagna, La Gran Bretagna, la Svezia, il Belgio e la Germania, sono

stati attuati dei provvedimenti a tutela del diritto d’autore, che

vengono presentati nel dettaglio nel quarto paragrafo.

Nel quinto paragrafo è stato trattato il concetto di copyleft, che

nasce da un gioco di parole sul termine copyright, e si identifica

come risposta, su iniziativa di Richard Stallman, alla rigidità

dei modelli di copyright.

In un momento in cui i contenuti sono sempre più generati

dagl’utenti e resi disponibili a tutti, nasce l’esigenza di

istituire nuove modalità di tutela del diritto d’autore, senza

“soffocare” la creatività degli utenti. La risposta a questo è

stata data da Lawrence Lessig, con le licenze di Creative Commons,4

che da il nome anche all’ente no profit, di cui ne è il fondatore.

Le licenze di Creative Commons rappresentano dunque un’alternativa di

copyright flessibile per le opere creative, dove l’autore, o meglio

il licenziatario, decide quali diritti concedere.

Nel sesto paragrafo ne vengono elencate e discusse la struttura,

le tipologie e il procedimento di produzione.

Il settimo paragrafo affronta invece la situazione italiana.

Mentre per molti Paesi europei la tutela dei diritti d’autore

viene affidata a società esterne, in Italia l’unica società che

garantisce tali diritti è la SIAE, un ente pubblico che ne detiene

il monopolio e che ha la peculiarità di tutelare sia gli autori

sia gli editori. L’ottavo ed ultimo paragrafo tratta invece di

Copyzero, un’idea che nasce a Milano, e che ha lo scopo di garantire

il diritto d’autore a costo zero.

1.Il dibattito ideologico sul “diritto d’autore”

La controversa questione della regolazione di Internet, con

particolare attenzione all’offerta e alla fruizione di opere

culturali oltre ad avere una rilevante dimensione giuridica ha

anche dimensioni economiche e sociali.

Nel quadro del capitalismo contemporaneo, fortemente

caratterizzato dai fenomeni di globalizzazione e digitalizzazione,5

assumono particolare importanza la tutela del “diritto d’autore” e

la lotta alla pirateria. Intorno alla questione, si sono

sviluppati numerosi dibattiti, identificabili come due estremi di

un continuum ideologico. Da una parte infatti troviamo i cosiddetti

“progressisti” che identificano la Rete come una sorta di panacea

per la democrazia, per la cultura ma anche per l’economia,

dall’altro lato, invece, si posizionano i cosiddetti “estremisti

della proprietà intellettuale” che vedono il copyright come

strumento perverso dei poteri forti, delle multinazionali e delle

major, di sistemi chiusi, e antidemocratico.

Nella prima schiera ritroviamo autori come Pierre Levy, filosofo

francese, che interessandosi allo studio dell’impatto di Internet

sulla società, ha approfondito il concetto di “intelligenza

collettiva”, un particolare modo di funzionamento

dell’intelligenza, che permetta alla comunità di cooperare

mantenendo prestazioni intellettuali affidabili. Tra questi

pensatori ritroviamo anche Henry Jenkins che ha sviluppato il

concetto di “cultura partecipativa”, definendola come una cultura con

barriere relativamente basse per l’espressione artistica e l’impegno civico, che dà un forte

sostegno alle attività di produzione e condivisione delle creazioni e prevede una qualche

forma di menthorship informale, secondo la quale i partecipanti più esperti condividono

conoscenza con i principianti. (Jenkins, 2008). Dall’altra parte, invece,

tra i pensatori definiti “estremisti della proprietà

intellettuale”, ritroviamo Lawrence Lessig un giurista americano

noto per le sue critiche all’estensione del diritto d’autore e che

ha inoltre formalizzato il concetto di “cultura libera”, dove per

“libera” egli intende lo stesso concetto presente in “libertà

d’espressione, libero mercato, libero commercio, libertà di6

impresa, libera volontà e libere elezioni” Per Lessig infatti una

cultura libera deve tutelare i creatori ma anche gli innovatori, e

i diritti di proprietà intellettuale tutelano i primi, ma

restringono i secondi, limitando l’accesso alla conoscenza. Ad una

cultura libera si contrappone una “cultura del permesso”, dove

coloro che creano possono farlo solo con il permesso dei potenti o

creatori del passato. (Lessig, 2004)

2.La nascita e la natura del diritto d’autore

Nel mondo antico la riproduzione fisica di un testo, avveniva

grazie ad un procedimento molto dispendioso sia di tempo che di

costi, grazie agli amanuensi, e che per queste ragioni portava

alla produzione di pochissime copie. Ma questa pratica non veniva

considerata un illecito, in quanto rappresentava l’unico modo per

poter diffondere la conoscenza.

Nell’antica Roma, non venivano riconosciuti diritti patrimoniali

sull’opera, in quanto la trascrizione su di un manoscritto

rappresentava un semplice supporto materiale, che consentiva

l’accesso alla conoscenza del pubblico. Il compenso che gli autori

ne traevano era di tipo pubblicistico, per così dire, in quanto

consentiva loro di esibire il loro sapere ed attrarre così

l’attenzione dei mecenati, che riconoscendone il valore e

l’esperienza in determinati ambiti, avrebbero commissionato loro

altri lavori. Gli autori, dunque, si sostentavano economicamente

grazie ai rapporti clientelari con i mecenati.

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Con l’avvento della stampa a caratteri mobili, dovuta al tipografo

tedesco Johann Gutenberg nel 1455, soprattutto grazie alla

diffusione di questa a livello industriale e all’invenzione della

rotativa, ad opera di Hyppolite Marinoni, che permetteva la stampa

di migliaia di copie su un nastro continuo di carta.

Nel ‘500, alle tipografie venivano concessi i privilegi, trattandosi di

enti laici, mentre l’imprimatur1 per le autorità ecclesiastiche. E’

da questo momento che iniziano a delinearsi i tratti fondamentali

nell’ambito del diritto d’autore, così come lo intendiamo oggi, e

a istituirsi le figure soggettive che interagivano nella materia,

come l’autore, a cui spettava l’edizione dell’opera, l’editore a

cui spettava la trasformazione dell'opera in bene di mercato, la

(ri)produzione industriale e la commercializzazione dell'opera;

infine il fruitore, che acquistava e utilizzava l'opera.

L’interazione di questi soggetti iniziò a consolidare una serie di

rapporti economici sempre più considerevoli, tali da rendere

necessaria la creazione di regole per tutelare gli interessi di

tutti i soggetti, determinando così la nascita del diritto

d’autore.

E’ doveroso a questo punto fare una distinzione tra diritto

d’autore e brevetto, infatti sono due strumenti di tutela

differenti sia nelle caratteristiche sia nei campi d’applicazione.

Il primo riguarda infatti le opere d’ingegno, mentre il secondo

attiene alle invenzioni industriali.

Il diritto d’autore si occupa di tutelare le opere di carattere

creativo, e dura fino a 70 anni dalla morte dell’autore. Cosa1 Da Nihil obstat quominus imprimatur, espressione latina che si traduce “non esiste alcun impedimento al fatto di essere stamapato” , ed era l’espressione utilizzatadalla Chiesa Cattolica che autorizzava la riproduzione dell’opera.

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diversa è ciò che riguarda il brevetto, in quanto esso tutela

invenzioni e modelli di utilità, e viene costituito a seguito di

una concessione, ottenibile solo dopo aver fatto un iter di

registrazione2; per essere tutelabile l’opera deve essere un’attività

inventiva, una novità, deve avere applicazione industriale, deve

possedere il carattere della leicità.

3.Dalla pirateria al peer to peer

Con l'avvento dei riproduttori e la diffusione dei computer e

degli accesi ad Internet, nel XX secolo, è stato sempre più

difficile regolamentare la tutela del copyright, come

tradizionalmente intesa. Uno dei casi che ha avuto maggiore

clamore, che ha avuto eco internazionale, è stato la chiusura di

Napster, uno dei primi sistemi di condivisione gratuita di file

musicali, oggetto di enorme successo a cavallo tra il XX ed il XXI

secolo. La chiusura di Napster, avvenuta nel 2002 e generata dalle

denunce dagli editori che vedevano nel sistema un concorrente ai

propri profitti, non ha risolto se non per breve tempo gli

attriti.

2 Le fasi della concessione di un brevetto variano a seconda dell’ufficiobrevetti competente anche se, in maniera generale, esse tendono a seguire unoschema comune che consiste in: (1)un esame informale in cui l’ufficio brevettiesamina la richiesta per assicurarsi che la stessa contenga tutti i requisitiamministrativi e formali richiesti, (2) una ricerca d’anteriorità sullo statodell’arte esistente, (3) un esame sostanziale per assicurarsi che la domandasoddisfi i requisiti di brevettabilità, (4) la pubblicazione della domanda dibrevetto che avviene 18 mesi dopo il primo deposito della stessa, (5) infine sela procedura d concessione si conclude positivamente l'Ufficio Brevetti concedeil brevetto ed emette il relativo certificato di concessione. La nota informativa è reperibile dal sito http://www.sviluppoeconomico.gov.it/

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Subito dopo Napster sono nati dei nuovi programmi di file sharing

a titolo gratuito, rimpiazzando l'originale Napster e vanificando

gli scopi della chiusura.

Secondo gli operatori del mercato dell'intrattenimento, la

costante diminuzione delle vendite di cd musicali è scaturita

dalla diffusione di questi sistemi.

Il file sharing (scambio e condivisione di file) di materiale protetto

dal copyright, si è sviluppato e diffuso con l'imporsi delle

tecnologie informatiche e del web, e in particolar modo grazie al

sistema del peer-to-peer. La velocità di questa diffusione e

sviluppo, ha reso difficile per il diritto industriale

internazionale aggiornarsi con la medesima prontezza.

La guerra contro la pirateria esiste fin dalla nascita di una

legislazione atta a regolare la proprietà creativa. Dunque, oggi

con questi nuovi presupposti, sorti soprattutto grazie al potente

strumento Internet, ci troviamo nel bel mezzo di un’altra guerra

contro la pirateria, che consente la diffusione di innumerevoli

contenuti in modo semplice, veloce e soprattutto legale. Il

problema allora dove sorge? Nel momento in cui vengono condivisi

contenuti, che non sempre rispettano il diritto d’autore, in

quanto la Rete non attua una discriminazione tra contenuti

tutelati e non tutelati del diritto d’autore. Dunque la

preoccupazione riguarda i detentori del copyright, in quanto la

condivisione può defraudarli del loro profitto. Il dato di fatto è

che la pirateria rappresenta un illecito, e con l’introduzione

delle nuove modalità di condivisione del peer-to-peer la tutela del

diritto d’autore è diventata ancora più ingestibile.

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4.Esempi di enforcement della protezione del diritto

d’autore

In molti Paesi europei, ma anche negli Stati Uniti, sono stati

adottati alcuni piani enforcement per la protezione del diritto

d’autore in Internet. In Francia esiste un’istituzione, la

cosiddetta HADOPI (acronimo di Haute Autorité pour la diffusion

des oeuvres et la protection des droits sur l'Internet) che si

occupa che venga applicata e rispettata la legge dedicata al

diritto d’autore in Internet entrata in vigore nel 2010, che è

stata al centro di numerose polemiche. E’ un modello cosiddetto a

tre step, in quanto dal momento in cui viene scoperta una

violazione del copyright, vengono inviati due avvisi, il primo per

email, il secondo tramite raccomandata postale, nell’arco

temporale di 6 mesi, dopodiché l’Autorità segnala il caso al

pubblico ministero, che può decidere anche di portarlo in Corte

penale nei casi più gravi. La sanzione può essere la sospensione

dell’accesso alla rete per un anno, sanzioni pecuniarie fino a 300

mila euro, e nei casi più gravi addirittura fino a 3 anni di

detenzione.

Nel Regno Unito vige, invece, il Digital Economy Act, approvato

nel 2010, che può essere definito come un modello a due step. Un

primo step è definibile pedagogico, e si caratterizza per

l’obbligo di inviare un messaggio di avviso agli utenti sospettati

di download illegale, da parte di coloro che forniscono l’accesso

alla risorsa. Il secondo step prevede invece l’intervento del

giudice con la possibilità di blocco della connessione. Dunque, la

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differenza con il modello francese, sta nel fatto che si è deciso

di intervenire sull’operatore di Rete piuttosto che sul fruitore.

Per quanto riguarda la Spagna è stata approvata una legge

denominata di “economia sostenibile”, che permette al Comitato per

la proprietà intellettuale (IPC), un ente che dipende dal

Ministero della Cultura, ed approvata nel 2011, di poter

richiedere la rimozioni entro 48 ore di contenuti che violano il

copyright a siti web sospettati di violazione. Il comitato viene

contattato da chi ritiene violati i propri diritti, e dopo le

opportune verifiche emana un’ingiunzione al responsabile del sito

Internet di ritirare i contenuti giudicati illeciti. Colui che

viene accusato ha diritto a difendersi ed il Comitato ha tre

giorni per sottoporre l’istanza all’attenzione del giudice che

dovrà poi deliberare, una soluzione alla controversia. Nel caso in

cui invece, non c’è risposta da parte del responsabile del sito,

il comitato può interromperne le attività.

In Svezia, nel 2009 è stata approvata la cosiddetta legge IPRED

che obbliga i fornitori di accesso a comunicare i dati

identificativi dell’utente che ha commesso atti di pirateria,

scoperto attraverso l’indirizzo IP, agli aventi diritto, sempre su

richiesta del giudice. Essi possono mandare un avvertimento

all’utente, chiedendogli di interrompere la pratica, oppure

procedere attraverso mezzi giudiziari.

In Belgio è ancora in discussione una proposta di legge del 2011

che prevede un modello a tre fasi: una prima fase è caratterizzata

da un avviso, una seconda fase è costituita dal pagamento di una

somma pecuniaria per evitare l’azione giudiziaria, ed una terza

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fase costituita dal pagamento di una multa e limitazione di

accesso a Internet).

In altri Paesi europei, in primis Germania, il dibattito

legislativo-regolamentativo è ancora in corso.

Nel 2013 negli Usa, in seguito alla proposta e al successivo

ritiro del 2010 delle proposte Sopa e Pipa, che prevedevano un

intervento normativo forte, è stato introdotto un modello definito

dei “6 colpi”: il Copyright Alert System (Cas), che vede prevalere la

funzione educativa, informativo-dissuasivo-preventiva, su quella

punitiva, promossa da 5 internet provider (Verizon, Time Warner,

Cablevision, Comcast, At&t). Colui che è sospettato di violare il

copyright riceverà prima 6 warning: i primi due hanno un intento

educativo, i successivi due avvisi richiedono una risposta, ed

infine gli ultimi due, inviati nel caso di mancata cessazione del

comportamento lesivo della proprietà intellettuale, con una

riduzione di banda e/o di reindirizzamento verso un’apposita

pagina di ulteriore allerta.

5.Copyleft, l’altra faccia del copyright

La dicitura copyleft, che tradotto in italiano significa “permesso

d'autore”, prende spunto da un gioco di parole sul termine

copyright. “Right” infatti significa diritto, in senso giuridico, ma

può significare anche “destra”. Right nel gioco di parole viene

dunque scambiata con “left”, che tradotto significa appunto

“sinistra”. Esso rappresenta un modello di gestione di diritti

d’autore alternativo, in quanto adotta un sistema di licenze con

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le quali è l’autore a decidere le modalità di fruizione della sua

opera.

Il copyleft nasce in risposta all'irrigidirsi del modello

tradizionale di copyright, grazie a Richard Stallman, il quale

stava lavorando ad un software che interpretasse un particolare

linguaggio di programmazione. Un’azienda, la Symbolics, lo

avvicinò e gli chiese una versione del software a cui stava

lavorando, e Stallman gliela fornì senza alcuna esitazione. La

Symbolics apportò delle migliorie al software, ma quando Stallman

chiese di poter accedere al nuovo software, l’azienda non mostrò

la stessa disponibilità che aveva mostrato lui nel cedergliela.

Vittima di questa ingiustizia, e consapevole delle difficoltà che

avrebbe incontrato nel combattere le norme vigenti in materia di

copyright, iniziò a lavorare alla creazione di una propria licenza.

Ne venne fuori la GNU general public licence, una prima licenza di

copyleft. La licenza garantiva al detentore del copyright la tutela

dei suoi diritti, imponendoli anche a coloro che usufruivano del

programma, a prescindere dalle modifiche apportate al programma

originale. In poche parole il programma poteva essere modificato,

da chiunque volesse, mantenendo il diritto di paternità. Oltre

alla GNU, un altro esempio di licenze copyleft è costituito dalle

Creative Commons, con la clausola “share alike”. Il copyleft,

sfruttando i principi di base del diritto d’autore per definire le

modalità di diffusione dell’opera, non può esistere senza il

copyright.

Una licenza di copyleft si basa sul principio che chiunque possegga

una copia dell'opera, deve rispettare i diritti propri dell’autore

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nella diffusione. Questi diritti sono identificati da Stallman

nelle quattro libertà:

Libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo.

Libertà di studiare il programma e modificarlo.

Libertà di ridistribuire copie del programma in modo da

aiutare il prossimo.

Libertà di migliorare il programma e di distribuirne

pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la

comunità ne tragga beneficio.

Dunque, un programma è software libero se la licenza consente tutte

queste libertà.

Va però a questo punto che, nel diritto d'autore italiano,

l'assenza di una norma specifica che regolamenti queste

possibilità, può creare problemi di validità giuridica,

analogamente a quanto accade per altri modelli di gestione

"aperta" del diritto d'autore come Creative Commons.

6.Creative commons: un copyright flessibile per le

opere creative

Nell’odierno scenario del Web 2.0, la cultura è continuamente

generata dagli utenti. Questa è definita per l’appunto user generated

content, in quanto prende vita da una continua contaminazione di

forme, linguaggi e opere differenti. Dunque, appare sempre più

rilevante la questione circa la regolamentazione giuridica della

creatività e dei suoi metodi. Ci troviamo nell’era del continuo

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ReMix, ReCut up, MashUp e melting pot culturale, che pongono numerose

questioni sul rapporto tra le normative del diritto d’autore e la

fruizione del sapere. Secondo Lawrence Lessig, “la cultura libera

rappresenta il nostro passato, ma sarà il nostro futuro solo se

riusciremo a cambiare la strada che stiamo percorrendo ora” , e

che “la creatività sarebbe maggiormente favorita, se la componente

legale del processo creativo diventasse più lineare”. (Lessig,

2004)

Una risposta alla questione è stata data dalla Creative Commons

Public Licenses (CCPL), licenze di diritto d'autore che si basano

sul principio “alcuni diritti riservati”.

In sostanza, le CCPL consentono al titolare dei diritti d’autore

di poter dare in modo esplicito il permesso alla fruizione,

riproduzione e diffusione delle loro opere. Il funzionamento è

semplice: il licenziante, cioè il titolare dei diritti, concede i

diritti, o parte di essi, al licenziatario, cioè il fruitore

dell’opera.

Va però puntualizzato, che queste licenze, non costituiscono le

fonti del diritto d’autore, ma rappresentano solo lo strumento

attraverso cui il licenziatario concede alcuni permessi, cosa

diversa dalla legge, che è invece fonte di tale diritto.

Il progetto Creative Commons nasce nel 2001, per volontà di alcuni

giuristi esperti della Rete e della proprietà intellettuale, tra

cui il massimo esponente Lawrence Lessig.

Le Creative Commons si pongono come mission quella di porsi come

baricentro tra i due estremi, costituiti da un lato dal Copyright,

con “tutti i diritti sono riservati”, e dall’altro Il Pubblico

16

dominio dove “nessun diritto è riservato”, come riportato dal

seguente schema grafico:

L’obiettivo principale delle CC è, dunque, quello di “fornire ad autori

e titolari di diritti oggetto della licenza un semplice modo per comunicare quali libertà

vogliono associare alla propria opera. Ciò rende semplice la condivisione o la creazione di

opere derivate. Rende possibile agli autori e ai licenzianti conservare alcuni diritti. Questa

è fondamentalmente la nostra missione. Il diritto d’autore dà agli autori certi diritti.

Vogliamo rendere semplice agli autori esercitare quei diritti in modo che gli altri possano

capire i loro intenti”.3 Una licenza Creative Commons si esprime in tre

forme: il Legal Code (lett. codice legale), il Commons Deed (lett.

atto per persone comuni), in un formato che le persone comuni

possano leggere, ed il Digital code (i metadati).

Il Legal Code, un testo di licenza con valenza legale, che si

compone di alcune premesse e di otto articoli, che disciplinano

l’applicazione e la distribuzione. E’ caratterizzato dunque da un

linguaggio e da una formattazione giuridica, per cui non è

comprensibile a tutti. Per questa ragione, è stato realizzato il

Commons Deed, un testo scritto in un linguaggio chiaro e

accessibile a tutti, corredato da loghi di identificazione e icone

intuitive atte a facilitare la comprensione del contenuto delle

3 Fonte: http://creativecommons.it/17

singole licenze. E’ offerto, inoltre, in moltissime lingue diverse

e presenta dei link per eventuali approfondimenti. In esso è

comunque presente un collegamento al Codice legale, l’unico in

grado di identificare la licenza e le sue norme e la nota di

“Limitazione di responsabilità”, che recita: “Il Commons Deed non

è una licenza. È semplicemente un utile riferimento per capire il

Codice Legale (ovvero, la licenza completa), di cui rappresenta un

riassunto leggibile da chiunque, di alcuni dei suoi concetti

chiave. Lo si consideri come un'interfaccia amichevole verso il

Codice Legale sottostante. Questo Deed in sè non ha valore legale

e il suo testo non compare nella licenza vera e propria.

L'associazione Creative Commons non è uno studio legale e non

fornisce servizi di consulenza legale. La distribuzione, la

pubblicazione o il collegamento tramite link a questo Commons Deed

non instaura un rapporto avvocato-cliente”.

Il Digital Code rappresenta infine, la terza forma in cui si esprime

una licenza CC e non è altro che la codifica della licenza in un

formato digitale, che può essere inserita all’interno dell’opera

attraverso procedimento di incorporazione, di poche righe di

codice, e leggibile dai computer. Di seguito è riportata un

immagine, atta a semplificare quanto detto circa la Commons Dead.

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Fonte www.creativecommons.org

Dalla combinazione di quattro clausole fondamentali si ottengono

sei tipologie di Creative Commons, ciascuna conforme alle esigenze

e agli usi che il licenziante vuole concedere ai suoi fruitori. Di

seguito è riportato, uno schema grafica che sintetizza questi sei

modelli:

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Per comprendere queste sei tipologie, è necessario a questo punto

andare a definire le quattro clausole, rappresentate dai quattro

simboli:

Attribuzione (Attribution, BY): rappresenta la clausola che

richiede di citare in modo chiaro l’autore dell’opera; anche

quando si tratta di un opera derivata persiste l’obbligo di citare

autore e fonte di partenza persiste.

Condividi allo stesso modo (Share Alike, SA): rappresenta la

clausola per cui le opere derivate da un’opera registrata con

licenza CC in cui è presente questa stessa clausola, possono

essere distribuite solo con la stessa identica licenza dell’opera

originaria. Questo principio si deve mantenere per ciascuna opera

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che derivi da quella originaria con tale licenze, ma anche per la

derivata della derivata e così via.

Non commerciale (Non-commercial, NC): è la clausola che pone

la condizione per cui chi distribuisce o copia l’opera, non può

farlo a scopi commerciali, né per trarre un compenso economico.

L’autore concede alcuni diritti, ma si riserva quello di

sfruttamento commerciale dell’opera, lasciando solo a lui la

decisione di come commercializzare l’opera, cedendo il diritto ad

un soggetto imprenditoriale che sia esso un editore, o un

discografico, in cambio di un compenso economico.

Non opere derivate (No derivative Works, ND: è la clausola

per cui l’opera non può essere alterata e non ne sono concesse

modifiche. L’opera deve essere riprodotta integralmente. E nel

caso in cui si intendesse modificare, tradurre o correggere

l’opera, è necessario richiederne il permesso all’autore.

A questo punto, una volta che sono state definite le quattro

clausole di base possiamo identificare le sei licenze, con la

descrizione delle caratteristiche di ciascuno.

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Fonte: www.cretivecommns.it

7.CC e SIAE: la situazione italianaMolti autori, in molti Paesi del mondo,per la gestione dei diritti

delle proprie opere, si affidano a società di gestione

collettiva. Molte di queste società richiedono il trasferimento di

questi diritti, diventandone esse stesse titolari, e li gestiscono

per conto dell’autore che vi è iscritto. Creative Commons è

impegnata con le società di gestione collettiva di numerosi paesi

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per risolvere il problema di compatibilità tra le libertà proprie

dell’autore, che le licenze CC permettono di gestire in maniera

semplice e immediata, e l’amministrazione delle stesse delegate a

queste società.

Per quanto riguarda l’Italia, esiste una sola società che si

occupa di questo, detenendone il monopolio, ed è la SIAE.

La Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE) 4 è un ente

pubblico economico a base associativa, fondato nel 1882, che si

occupa della protezione e dell'esercizio dei diritti d'autore

(copyright) e nello specifico di:

- concedere licenze e autorizzazioni per lo sfruttamento economico

di opere, per conto e nell'interesse degli aventi diritto

- percepire i proventi derivanti dalle licenze/autorizzazioni

- ripartire i proventi tra gli aventi diritto

- come prescritto dagli articoli 180-183 della legge sul diritto

d'autore, agire come ente intermediario tra il pubblico e i

detentori dei diritti

- esercitare inoltre altri compiti connessi con la protezione

delle opere dell'ingegno e assumere, per conto dello stato, di

enti pubblici o privati, servizio di accertamento e di percezione

di tasse, contributi, diritti.

La peculiarità è che la SIAE rappresenta l’unica società in Italia

che tutela sia gli autori che gli editori. Né la SIAE né le

licenze CC creano il diritto d’autore, ma questo si istituisce nel

momento in cui un’idea, viene resa esplicita su di un supporto

fisico. Da questo momento l’opera è protetta dal diritto d’autore.

L’autore italiano che si iscrive alla SIAE, cede a quest’ultima i

4Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Siae23

diritti delle sue opere, affidandosi sia per la concessione di

licenze e utilizzazioni delle proprie opere sia per la riscossione

e la distribuzione dei compensi e accettando di non accordare

libertà a terzi. Dunque non potrà neanche licenziare le proprie

opere con la licenza Creative Commons.

8.Copyzero: cos’è e come funziona

In molti casi, chi si affida alla SIAE, per la tutela della

propria opera, non percepisce alcun ritorno economico, ed è anche

obbligato a versare delle cifre per ricevere tale tutela, che non

sempre tutti possono versare (per il deposito di un'opera SIAE

chiede all'associato euro 65,00 e al non associato euro 131,81 e

da corrispondere ogni 5 anni per il rinnovo). Il diritto d'autore

comprende il diritto morale d'autore (in primis, il diritto alla

paternità intellettuale) e il diritto allo sfruttamento economico

dell'opera. Per queste ragioni, nasce Copyzero, che tutela il

diritto d’autore ad un costo di 0,36 euro, garantendo così a tutti

prima di tutto il diritto alla persona. Questo progetto è stato

promosso dal Movimento Costozero, un’associazione no profit, la cui

mission è incentrata principalmente sulla gratuità del diritto alla

comunicazione. Copyzero, un’idea nata a Milano, ma che rapidamente

ha investito l’intero web, nasce con lo scopo di tutelare il

diritto d'autore (copyright), l’open content e soprattutto il permesso

d’autore (copyleft) a costo zero. Il meccanismo su cui si basa

essenzialmente è la firma elettronica qualificata e la marca

temporale, fondamentale per attestare la prova della creazione di

24

una determinata opera in un dato momento, e quindi riuscire a

posizionarla in un ordine cronologico rispetto alle altre. Questa

marca vale circa 20 anni dalla data d’emissione.

La firma elettronica ha invece lo scopo di attestare la paternità

dell’opera, tutelandone i diritti patrimoniali dell’opera.

Rappresenta dunque una modalità di certificazione, molto

vantaggiosa, se paragonata alla procedura della SIAE.

Il procedimento appare abbastanza semplice. L’autore deve per

prima cosa, trasformare la sua opera in formato digitale.

Successivamente, inserisce i dati di copyright ed eventualmente la

licenza. Infine, inserisce la firma e la marca con l’utilizzo di

una smart card, il relativo lettore ed uno specifico software. La smart

card può essere acquistata solo presso l’Ente Certificatore, che

rilascia un certificato digitale di sottoscrizione, con tutti i

dati del titolare dalla smart card, l’attribuzione di una chiave

pubblica e informazioni circa il periodo di validità. A questo

punto, il titolare entra a far parte di un elenco pubblico,

consultabile anche online, dove chiunque può verificare la validità

dl certificato.

25

Conclusioni

Il presente lavoro ha toccato diversi aspetti circa la questione

del diritto d’autore, su alcuni più in profondità, su altri meno,

e di certo non aveva la presunzione di rispondere alle questioni

circa il dibattito venutosi a creare intorno ad esso, ma fornire

spunti di riflessioni soprattutto in conseguenza del fatto che

oggi rappresenta, e lo sarà sempre più, una questione molto

delicata.

La questione del diritto d’autore non tocca solo l’ambito

giuridico, ma anche quello sociale e soprattutto di tipo

economico.

Secondo alcuni la produzione di opere proprie è il miglior

antidoto per sconfiggere la pirateria in quanto produrre opere

proprie fa rendere conto dello sforzo che c’è dietro la creazione

di cultura. Esiste una produzione culturale creata dagli utenti

stessi, che cooperano e che diffondono all’interno della Rete.

Possiamo rilevare che il sistema del diritto d'autore, come noi lo

conosciamo oggi, è stato segnato da profondi cambiamenti storici e

sociali, a partire dalla nascita della stampa massiva a livello

industriale e dall'avvento della cosiddetta società

26

dell'informazione, a seguito delle profonde trasformazioni portate

dalle tecnologie digitali e dalla diffusione globale di Internet.

Un punto in comune tra questi due eventi storici è il radicale

cambiamento della fruibilità e della circolazione delle opere,

prima con la carta stampata e successivamente con il supporto

digitale attraverso la Rete, che ha imposto alla società di

adottare nuovi strumenti legislativi per rimanere al passo con i

tempi e con le logiche economiche mutate a seguito di questi

fatti. Ciò ha determinato un progressivo mutamento normativo,

introdotto dalle convenzioni internazionali e dalle direttive

comunitarie in ambito europeo, a cui l'Italia si è man mano

adeguata seguendo l'orientamento comune degli Stati europei. In

questo scenario di rivoluzione digitale ed evoluzione della

società, la vera sfida sarà andare oltre le consuetudini e i

pregiudizi odierni, e non soffocare più le grandi opportunità che

le tecnologie digitali offrono per incoraggiare la creatività e la

collaborazione.

La differenza che determinerà il futuro, sarà incentrata su come i

detentori dei diritti comunicheranno i loro intenti agli altri,

eliminando l’ostacolo di leggi complicate e barriere tecnologiche

che fino ad oggi hanno portato molti ad ignorare le regole o a non

esercitare la propria creatività.

Bibliografia,27

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29