Profili dogmatici e prospettive di attuazione nel diritto vivente del principio del ne bis in idem...

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* Dottore di ricerca in Diritto Tributario Europeo, presso la Scuola Europea di Alti Stu- di Tributari (SEAST) dell’Università di Bologna. Profili dogmatici e prospettive di attuazione nel diritto vivente del principio del ne bis in idem in materia tributaria di Alessandro Albano* 1. Premessa: i motivi per una (necessaria) riflessione in merito al principio del ne bis in idem in materia tributaria – 2. I criteri applicativi del principio del ne bis in idem in materia tributaria: l’orientamento maggiormente “ga- rantista” seguito dalla CEDU – 3. L’orientamento di tutela case by case se- guito dalla Corte di Giustizia – 3.1 La competenza della Corte di Giustizia in materia sanzionatoria – 3.2 L’interpretazione del principio del ne bis in idem in materia tributaria nell’esperienza comunitaria – 4. L’orientamento restrit- tivo della Corte di Cassazione: i limiti all’applicazione del principio del ne bis in idem in relazione alle fattispecie caratterizzate da una maggiore offen- sività – 5. Conclusioni provvisorie: la necessaria evoluzione degli ordina- menti nazionali per una piena affermazione del principio del ne bis in idem in materia sanzionatoria tributaria. The double jeopardy (ne bis in idem) principle, according to Article 4 of Protocol No. 7 of the European Convention of Human Rights, was scrutinized by the European Court of Human Rights (ECHR); it also has been analyzed by the European Court of Justice (ECJ), the principle being regulated by Article 50 of the European Union Chart of Fundamentals Rights, as well as by the national Courts (falling under national tax legislations). Indeed, the interpretation issued by national Courts is not compliant with the ECHR and ECJ. The aim of the article is to focus the different perspectives and the ongoing developments of a crucial topic for the tax interpretation. Fiscalità Internazionale

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* Dottore di ricerca in Diritto Tributario Europeo, presso la Scuola Europea di Alti Stu-di Tributari (SEAST) dell’Università di Bologna.

Profili dogmatici e prospettive di attuazionenel diritto vivente del principio

del ne bis in idem in materia tributaria

di Alessandro Albano*

1. Premessa: i motivi per una (necessaria) riflessione in merito al principiodel ne bis in idem in materia tributaria – 2. I criteri applicativi del principiodel ne bis in idem in materia tributaria: l’orientamento maggiormente “ga-rantista” seguito dalla CEDU – 3. L’orientamento di tutela case by case se-guito dalla Corte di Giustizia – 3.1 La competenza della Corte di Giustizia inmateria sanzionatoria – 3.2 L’interpretazione del principio del ne bis in idemin materia tributaria nell’esperienza comunitaria – 4. L’orientamento restrit-tivo della Corte di Cassazione: i limiti all’applicazione del principio del nebis in idem in relazione alle fattispecie caratterizzate da una maggiore offen-sività – 5. Conclusioni provvisorie: la necessaria evoluzione degli ordina-menti nazionali per una piena affermazione del principio del ne bis in idemin materia sanzionatoria tributaria.

The double jeopardy (ne bis in idem) principle, according to Article 4 of ProtocolNo. 7 of the European Convention of Human Rights, was scrutinized by the EuropeanCourt of Human Rights (ECHR); it also has been analyzed by the European Court ofJustice (ECJ), the principle being regulated by Article 50 of the European Union Chartof Fundamentals Rights, as well as by the national Courts (falling under national taxlegislations). Indeed, the interpretation issued by national Courts is not compliant withthe ECHR and ECJ. The aim of the article is to focus the different perspectives and theongoing developments of a crucial topic for the tax interpretation.

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1. PREMESSA: I MOTIVI PER UNA (NECESSARIA) RIFLESSIONE IN MERITO AL PRIN-CIPIO DEL NE BIS IN IDEM IN MATERIA TRIBUTARIA

Il principio del ne bis in idem, cioè del divieto di doppio giudizio (edoppia sanzione) per una medesima violazione, è uno dei princìpi di piùincerta attuazione nella materia tributaria e, allo stesso tempo (e proprioper questo) di maggiore interesse scientifico e di più rilevante impattopratico.

L’interesse per tale principio non è esclusivamente relegato al profilo(pur rilevante) delle riflessioni di rango scientifico, bensì anche agli effet-ti che possono derivarne sul piano applicativo (1).

Esso, infatti, comporta una riflessione sui limiti che l’Amministrazio-ne finanziaria incontra nell’esercizio dei poteri che alla medesima sono isti-tuzionalmente attribuiti, ed in particolare sull’ammissibilità della coesi-stenza di sanzioni amministrative e penali per la medesima violazione inmateria tributaria.

L’analisi richiede, pertanto, sia uno sforzo ricostruttivo delle fonti (na-zionali e sovranazionali) che disciplinano il principio, che la verifica di co-me esso è stato affermato dalla giurisprudenza domestica, e dalle Corti so-vranazionali.

Il principio può, infatti, essere declinato in maniera profondamente di-versa (giungendo ad ammettere, o meno) la coesistenza di sanzioni ammi-nistrative e penali, in considerazione dell’ampiezza del concetto di “mate-ria penale” sottesa alla violazione commessa (2).

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(1) Una conferma di ciò è da ravvisarsi nell’interesse dell’Ufficio del Massimario del-la Corte di Cassazione, sezione penale, che ha dedicata la Relazione n. 35 dell’8 maggio2014, pubblicata sul sito web della Corte, alle “Considerazioni sul principio del ne bis inidem nella recente giurisprudenza europea: la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e al-tri contro l’Italia”.

(2) Per una riflessione in merito alla latitudine del concetto di “sanzione penale”, cfr. VOZ-ZA, I confini applicativi del principio del ne bis in idem interno in materia penale, in Dirittopenale contemporaneo, 15 aprile 2014.

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Il principio del ne bis in idem è riconosciuto, per quanto attiene il di-ritto sovranazionale, dall’art. 4 del Protocollo n. 7 allegato alla Conven-zione Europea dei Diritti dell’Uomo (d’ora in poi, anche CEDU) (3) e dal-l’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (d’orain poi, anche CDFUE) (4) mentre, per quanto attiene l’ordinamento do-mestico, accanto alla disposizione contenuta nel codice civile in materiadi giudicato (art. 2909 c.c.), rileva principalmente l’art. 19, D.Lgs. n. 74del 2000 (principio di specialità in materia di reati tributari) (5).

Dal punto di vista pratico, l’applicazione del principio del ne bis in idemviene in considerazione allorquando una medesima fattispecie integri siaun illecito di natura amministrativa che un illecito penale; sotto questo pro-filo, talvolta è lo stesso ordinamento a disciplinare in maniera esplicita ilpossibile conflitto (6), più spesso invece sono le Corti nazionali (e sovra-nazionali) a dover decidere, caso per caso, se in concreto ricorrano i pre-supposti per ritenere violato il principio del ne bis in idem.

In relazione all’intensità di tutela offerta da ciascun ordinamento, pos-sono in concreto verificarsi tre situazioni:

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(3) In base al quale: “Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dallagiurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato aseguito di una sentenza definitiva, conformemente alla legge e alla procedura penale di taleStato (…)”.

(4) In base al quale: “Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il qua-le è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza definitiva, confor-memente alla legge e alla procedura penale di tale Stato (…)”.

(5) In base al quale: “Quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del tito-lo II e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizio-ne speciale”.

(6) Cfr. EU JOINT TRANSFER PRICING FORUM, Contribution by Prof. MAISTO on Penalties,2005, laddove, in materia di transfer pricing, si precisa che la normativa olandese riconosce lanatura penale delle sanzioni amministrative irrogate in caso di rettifiche del valore delle tran -sazione infragruppo. Sul punto, per un quadro riferito alla normativa sanzionatoria applicabi-le in materia di prezzi di trasferimento, cfr. anche l’aggiornamento dello stesso EU JOINT TRAN -SFER PRICING FORUM del 2009 – Summary Report on Penalties.

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1) ritenere che coesistano pacificamente, per una medesima violazione,sia le sanzioni amministrative che quelle penali, ritenendo pertantolegittima l’irrogazione di entrambe le sanzioni, in quanto l’illecitopenale presenta una carica di offensività tale da giustificare una sif-fatta reazione dell’ordinamento (tale situazione si potrebbe verifica-re non tanto quando le sanzioni amministrative siano di natura squi-sitamente formale – di talché in tale fattispecie non vi sarebbe, di fat-to, alcuna sovrapposizione, quanto nei casi in cui una violazione so-stanziale venga sanzionata sia dal punto di vista amministrativo chepenale; tale orientamento sembra fatto proprio dalla nostra Corte diCassazione);

2) negare che, per una medesima violazione, la sanzione amministrativapossa coesistere con la sanzione penale, qualora presentino caratteristi-che sostanziali comuni, e pertanto attribuire la massima vis expansivaal principio del ne bis in idem (tali sarebbero le fattispecie caratterizza-te da una omogeneità di elementi costitutivi, nella sfera amministrativaovvero nella sfera penale; si vedrà che questa posizione risulta princi-palmente sostenuta dalla CEDU);

3) valutare caso per caso se una sanzione amministrativa rappresenta unareazione assimilabile da una sanzione penale, e pertanto applicare sola-mente la sanzione “speciale” alla singola fattispecie (orientamento “in-termedio”, che affida integralmente al giudice la valutazione in meritoalla sussistenza o meno dei requisiti per considerare applicabile il prin-cipio del ne bis in idem, e che risulta maggiormente vicino a quanto af-fermato dalla Corte di Giustizia).Come avremo modo di osservare, il contributo della giurisprudenza do-

mestica e sovranazionale è particolarmente significativo, perché è in gra-do di consentire di apprezzare le diverse sensibilità delle Corti sia in meri-to all’ampiezza applicativa da riconoscere al principio, con particolare ri-guardo alle sanzioni amministrative.

L’analisi si svilupperà grazie al contributo in materia di sanzioniamministrative non solamente di natura tributaria, proprio per dare ilsenso della complessità della materia, anche considerando l’estrema la-

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titudine del campo delle sanzioni “amministrative” (che conduce, tal-volta, a diverse conclusioni, pur riguardanti, appunto, sempre il mede-simo genus).

Per quanto attiene la giurisprudenza nazionale, saranno principalmen-te analizzate le conclusioni contenute nella sentenza della Corte di Cassa-zione, del 15 maggio 2014, n. 20266 (7).

La suddetta sentenza è stata preceduta da due arresti della Corte diGiustizia nei quali sono stati affrontati il principio del ne bis in idem,con specifico riguardo alle sanzioni tributarie (causa C-617/10, Akerberg,26 febbraio 2013, d’ora in poi anche Akerberg) e con riferimento allesanzioni per l’inosservanza degli obblighi pubblicitari in materia socie-taria (causa C-418/11, Texdata, 26 settembre 2013, d’ora in poi ancheTexdata).

Le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza domestica e comunita-ria sono fondate sul contenuto del principio, contenuto nella ConvenzioneEuropea dei Diritti dell’Uomo, e dalla elaborazione del medesimo, effet-tuato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (8).

Ciò conduce, necessariamente, a dover considerare, in via sistematica,la sentenza resa espressamente in materia di applicabilità del principio delne bis in idem in materia tributaria dalla quarta sezione della CEDU il 20maggio 2014, Nykanen/Finland (9).

Dal punto di vista sistematico, in seguito all’analisi della sentenza del-la CEDU verranno analizzate le ragioni per cui la Corte di Giustizia è in-

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(7) Accolto nel nostro ordinamento nell’art. 19 del D.Lgs. n. 74 del 2000 in materia direati tributari, sopra menzionato.

(8) Art. 4, Protocollo n. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e – inter alia– sentenza CEDU, sezione 2, 4 marzo 2014, Grande Stevens contro Italia.

(9) Sentenza disponibile in lingua inglese sul sito della Corte; per un primissimo com-mento cfr. CASTELLANETA, La sovrattassa “fiscale” esclude la sanzione penale, Il Sole 24 Ore,27 maggio 2014, Norme e Tributi e DOVA, Ne bis in idem in materia tributaria: prove tecni-che di dialogo tra legislatori e giudici nazionali e sovranazionali, Diritto penale contempora-neo, 5 giugno 2014.

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tervenuta in una materia dedicata in linea di principio al legislatore (ed al-l’interprete) nazionale, prima di valorizzare il contributo offerto dalla giu-risprudenza comunitaria in relazione alla natura e funzione della sanzioneamministrativa tributaria (10).

Infine, saranno messe a raffronto le decisioni comunitarie con la senten-za resa dalla Corte di Cassazione, in relazione alla diversa valorizzazione delprincipio del ne bis in idem; ciò consentirà di evidenziare la differente sensi-bilità della Corte di Giustizia rispetto al giudice nazionale, in relazione allaprospettiva di valorizzazione della funzione repressiva delle sanzioni in ma-teria tributaria (in quanto finalizzate alla tutela dei diritti fondamentali).

Le conclusioni saranno dedicate a valorizzare i punti di contatto e di di-vergenza tra le diverse giurisdizioni, per poi considerare come i possibili pro-fili evolutivi della disciplina sanzionatoria tributaria potrebbero condizionarel’attività concretamente posta in essere dagli operatori del diritto tributario.

2. I CRITERI APPLICATIVI DEL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM IN MATERIA TRIBUTA-RIA: L’ORIENTAMENTO MAGGIORMENTE “GARANTISTA” SEGUITO DALLA CEDU

La sentenza della CEDU sopra menzionata fornisce l’occasione perl’inquadramento funzionale dei princìpi a cui, in materia sanzionatoria, de-

(10) L’analisi della giurisprudenza della Corte di Giustizia viene collocata dopo la tratta-zione della sentenza CEDU, anche in considerazione del fatto che i princìpi su cui si è espres-so il giudice comunitario sono stati introdotti nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uo-mo e recepiti dal diritto comunitario; in altri termini i princìpi promanando direttamente dallaCEDU; cfr. infatti l’art. 6 del Trattato UE, che ha definitivamente chiarito che “l’Unione si fon-da sui princìpi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamenta-li, e dello stato di diritto, princìpi che sono comuni agli Stati membri. L’Unione rispetta i di-ritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei dirit-ti dell’uomo e delle libertà fondamentali (…) in quanto princìpi generali del diritto comunita-rio”. Per un’analisi dell’impatto dei princìpi comunitari in materia tributaria, con particolareriguardo al principio del giusto procedimento, cfr. da ultimo GREGGI – BURIANI, La CEDU ed

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vono essere informati gli ordinamenti nazionali, pur nell’autonomia che aciascuno legislatore viene naturaliter riconosciuta (11).

Nel caso di specie, un imprenditore finlandese, a seguito di una verifi-ca fiscale, viene sanzionato per non aver dichiarato alcuni dividendi. Il pro-cedimento amministrativo, avente ad oggetto le sanzioni irrogate dalla lo-cale Amministrazione finanziaria, si conclude il 1° aprile 2009, con il ri-getto del ricorso del contribuente innanzi alla Corte suprema amministra-tiva. Le sanzioni irrogate diventano, a tale data, definitive.

Il processo penale, nel quale l’imprenditore viene incriminato per fro-de fiscale, inizia successivamente al procedimento amministrativo e si con-clude con la condanna del medesimo sia in primo che in secondo grado. Aseguito della condanna in appello da parte del giudice penale, del 25 mar-zo 2010 (con cui viene comminata sia una pena pecuniaria, che una penadetentiva) il contribuente ricorre, il 24 maggio 2010, alla Suprema Cortefinlandese, affinché venga dichiarata la violazione del principio del ne bisin idem, contenuto nell’art. 4, Protocollo n. 7 della CEDU.

La Suprema Corte rigetta il ricorso dell’imprenditore, che pertanto sirivolge alla CEDU per ottenere il riconoscimento della violazione di sud-detto principio.

La Corte analizza sia la procedura amministrativa che quella penale at-tivata a seguito della contestazione di violazioni di natura tributaria, met-tendo peraltro in evidenza che la sovrapposizione tra procedimenti sanzio-natori (ammessa dallo stesso Governo finlandese) è stata eliminata dal-

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il principio del giusto procedimento in DI PIETRO – TASSANI (a cura di) I princìpi europei deldiritto tributario, Padova, 2014, ivi per una puntuale ricostruzione dell’elaborazione dei prin-cìpi comuni della teoria generale del diritto tributario, e per una valorizzazione dei princìpi dipiù spiccata valorizzazione comunitaria.

(11) La Corte, infatti, chiarisce che, in coerenza con i princìpi stabiliti dalla CEDU, gliStati membri sono liberi nell’individuazione della disciplina sanzionatoria: “The High Con-tracting Parties are free to develop their criminal policy and legal system in accordance withtheir applicable international obligations, in particular the Convention and its Protocols (…)”Par. 53 sentenza CEDU, 20 maggio 2014.

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l’ordinamento giuridico finlandese a partire dal dicembre 2013 (ma senzaefficacia retroattiva) (12).

Dopo aver illustrato sia gli argomenti del contribuente, che quelli pro-posti dal Governo finlandese (13), la Corte analizza la natura delle san-zioni, valorizzando la funzione delle medesime (restitutoria/risarcitoriavs. punitiva/afflittiva) evidenziando come l’esame delle sanzioni irroga-te non debba limitarsi alla qualificazione formale, dovendo per controvalutarsi con attenzione la natura della violazione in concreto e della san-zione irrogata (14).

La Corte, dopo aver evidenziato che le sanzioni irrogate sia in sede am-ministrativa che penale sono dotate di una carica afflittiva simile, per cuiin linea di principio potrebbe porsi un problema di doppia applicazione diuna medesima sanzione “penale”, sottolinea che la fattispecie dedotta in

(12) La nuova normativa dispone rigidamente l’alternatività tra procedimento ammini-strativo e penale, lasciando alla discrezionalità amministrativa la scelta di quale tra gli stessiattivare, essendo ben inteso che la scelta dell’uno preclude la futura attivazione dell’altro: “Thetax authorities could decide not to impose a tax surcharge. If they had not reported the matterto the police, a tax surcharge could be imposed (…). If the tax authorities had imposed tax sur-charges, they could no longer report the same matter to the police unless, after imposing thetax surcharges, they had received evidence of new or recently revealed facts. If the tax autho-rities had reported the matter to the police, tax surcharges could, as a rule, no longer be im-posed”. Par. 26, sentenza CEDU, 20 maggio 2014.

(13) Il Governo finlandese ha, in particolare, sostenuto che l’irrogazione delle sanzioniamministrative non aveva comunque impedito lo svolgimento del processo penale per frodefiscale, pertanto non si sarebbe formata la res iudicata che avrebbe, solo in tal caso, provoca-to una violazione del principio del ne bis in idem, così come declinato nell’art. 4, Protocollo n.7 CEDU; pertanto, non si sarebbe verifica una duplicazione di sanzioni: “(…) The tax sur-charges imposed on the applicant did not prevent the examination of the charges for tax fraud.The applicant was thus not punished twice for the same act within meaning of Article 4 of Pro-tocol No. 7 to the Convention as the tax surcharges had not yet become final when the char-ges were pressed” Par. 37, sentenza CEDU, 20 maggio 2014.

(14) La Corte richiama le celebri pronunce CEDU, Engel, 8 giugno 1976, (per i criteri uti-li a determinare la natura afflittiva delle sanzioni, a prescindere dall’appartenenza al settore am-ministrativo) e Jussila, 23 novembre 2006 (per il divieto di doppio giudizio per la medesima fat-tispecie) su cui, inter alia, vedi GREGGI – BURIANI, op.cit. Nel caso di specie, peraltro, il contrasto

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entrambi i giudizi era identica; pertanto dal momento in cui il procedimentoamministrativo è divenuto definitivo (1° aprile 2009) si sarebbe formatol’effetto di res iudicata.

La successiva condanna in sede penale per frode fiscale, sulla base del-le conclusioni sopra riassunte, sarebbe quindi illegittima per violazione delprincipio del ne bis in idem, in quanto l’art. 4 del Protocollo addizionale al-la CEDU, n. 7, impedisce la prosecuzione di un procedimento se il primoè divenuto definitivo (15).

La differente tempistica (ed il differente momento di conclusione) delprocedimento amministrativo rispetto al processo penale, su cui unicamentefondava la propria tesi difensiva il Governo finlandese, viene pertanto con-siderata non rilevante dalla CEDU in quanto – assunta l’identica natura del-le sanzioni irrogate in sede amministrativa e penale, nonché l’identità delfatto dedotto nei due giudizi – è stata, in concreto, irrogata per un medesi-mo fatto una sanzione connotata dalla medesima funzione afflittiva (16).

La CEDU valorizza, pertanto, il profilo funzionale della sanzione ammi-nistrativa irrogata (funzione afflittiva/punitiva, mentre il profilo risarcitorio/re-stitutorio viene considerato secondario rispetto all’omogeneità con la sanzio-ne penale), sulla base del resto della propria recente giurisprudenza (17).

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tra contribuente e Suprema Corte non riguardava la natura delle sanzioni irrogate nel procedi-mento amministrativo e penale (di cui viene riconosciuta, anche dal Governo nazionale, la natu-ra afflittiva), bensì il fatto che la pronuncia penale non fosse ancora definitiva quando la sanzio-ne amministrativa è divenuta definitiva.

(15) “The Courts notes that Article 4 of Protocol No. 7 clearly prohibits consecutive pro-ceedings if the first set of proceedings has already become final at the moment when the se-cond set of proceedings is initiated”, Par. 48, sentenza CEDU, 20 maggio 2014.

(16) La Corte conclude, in modo significativo, precisando che “In conclusion, the Courtfinds that there has been a violation of Article 4 of Protocol No. 7 to the Convention since theapplicant was convicted twice for the same matter in two separate sets of proceedings”.

(17) Sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri/Italia, su cui in particolare cfr. la Re-lazione n. 35 del 2014 dell’Ufficio del Massimario della Sezione Penale della Corte di Cassa-zione, cit.

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La giurisprudenza della CEDU conferma, da un lato, che la valutazio-ne in merito alla valutazione afflittiva deve essere svolta ex ante, in basealla normativa astrattamente applicabile, e che i criteri individuati dalla sen-tenza Engel (18), sono tra loro alternativi; in altri termini, è sufficiente chela contestazione sollevata sia di natura “penale”, ovvero che la sanzione ir-rogabile per la violazione commessa sia, per natura e intensità di afflittivi-tà, idonea ad essere considerata di natura “penale”.

Tali considerazioni, pur valorizzate in autorevoli precedenti della CE-DU, oltre che nella sentenza da ultimo citata, vengono solo in parte ripre-se dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e, invece, non utilizzate cor-rettamente dalla giurisprudenza domestica.

3. L’ORIENTAMENTO DI TUTELA CASE BY CASE SEGUITO DALLA CORTE DI

GIUSTIZIA

3.1 La competenza della Corte di Giustizia in materia sanzionatoria

L’analisi delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia risulta partico-larmente interessante perché consente di valorizzare un profilo (il potere diintervento della Corte di Giustizia in materia sanzionatoria), che rappre-senta il passaggio preliminare per la successiva analisi delle valutazionicompiute dalla Corte.

La Corte interviene in materia sanzionatoria mossa principalmente dal-l’esigenza di tutelare princìpi e diritti fondamentali di rango comunitario(in particolare, in correlazione alla tutela dei princìpi racchiusi nella Cartadei diritti fondamentali), e dalla conseguente esigenza di verificare la com-patibilità della sanzione (di cui viene analizzata la funzione, sia essa pre-valentemente afflittiva o restitutoria/risarcitoria, a prescindere dalla quali-

(18) Sentenza CEDU, 8 giugno 1976, cit.

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ficazione formale, amministrativa o penale) con i suddetti princìpi comu-nitari (e, in particolare, con il principio del ne bis in idem) (19).

Tali profili conducono a riflettere, pertanto, sin dall’inizio, sul percor-so individuato dalla Corte per valorizzare la propria competenza a decide-re in materie non oggetto dell’armonizzazione comunitaria (20).

Nella controversia Akerberg, le disposizioni comunitarie di cui viene ri-chiesto, da parte del giudice nazionale, di conoscere se s’intendono violatedalle disposizioni interne svedesi in materia di regime sanzionatorio, sonogli artt. 50 e 51 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Può essere opportuno riepilogare brevemente la fattispecie riguardan-te il Sig. Akerberg Fransson, cittadino svedese.

A seguito di diverse violazioni (omessa ed infedele dichiarazione deiredditi, IVA e sostituti di imposta), per le annualità 2004 e 2005, l’Ammi-nistrazione fiscale ha irrogato al Sig. Akerberg una sanzione amministrati-va (sovrattassa); tale sanzione non è stata oggetto di successivo ricorso algiudice amministrativo, competente in tale materia; pertanto, la sanzionesi è resa definitiva.

Il sistema tributario svedese contempla sia una sanzione penale che unasanzione amministrativa per la condotta di dichiarazione infedele (così comedel resto previsto dalla legislazione italiana). Il Sig. Akerberg è stato sotto-posto, in seguito alla contestazione di tale violazione, sia ad un giudizio tri-

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(19) La nozione di “materia penale” che rappresenta poi la logica premessa per valutareil conseguente profilo sanzionatorio, è descritta dalla sentenza della Corte di Giustizia del 5giugno 2012, C-489/10, Bonda.

(20) La dottrina si è peraltro recentemente interrogata sulle conseguenze del progressivorafforzamento del sistema delle fonti comunitarie, essenzialmente derivante dall’adozione discelte di politiche fiscali comunitarie e dal recepimento dei princìpi fondamentali della Con-venzione europea dei diritti dell’Uomo nell’ambito delle fonti comunitarie. Tale considera-zione dovrebbe condurre a privilegiare la teoria dell’unitarietà del sistema tributario ed a rico-noscere, pertanto, pari dignità alle regole interne e comunitarie. Per una riflessione su tale te-matica, cfr. AMATUCCI, Il rafforzamento dei princìpi comuni europei e l’unicità del sistema fi-scale nazionale, Rivista trimestrale di diritto tributario, 1, 2013, p. 33 ss.

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butario, che ad un giudizio penale (a seguito dell’invio della notitia criminisal Pubblico Ministero da parte dell’Amministrazione finanziaria svedese).

In seguito all’instaurazione del processo penale derivante dall’incri-minazione di frode fiscale, per i medesimi fatti che avevano determinatol’irrogazione delle sanzioni amministrative, nel 2009 il contribuente è sta-to convocato innanzi al Tribunale penale.

Il giudice penale, tuttavia, ha sospeso il processo, rimettendo la decisionealla Corte di Giustizia, per la valutazione dell’ammissibilità del processo pena-le nei confronti del Sig. Akerberg, “in quanto egli è già stato condannato per lostesso reato nell’ambito di un altro procedimento, circostanza che violerebbe ildivieto del ne bis in idem, sancito dall’art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU edall’art. 50 della Carta (dei diritti fondamentali dell’Unione Europea)”.

Nell’esame delle questioni sottoposte alla sua attenzione, oggetto delrinvio da parte dell’Avvocato generale, la Corte nella causa Akerberg si sot-trae ad una serie di considerazioni e sviluppa il tema principalmente attor-no alla natura della violazione, ed alla conseguente sanzione irrogabile ri-percorrendo, in linea di principio, il percorso sviluppato dalla CEDU, daultimo, nella sentenza del 20 maggio 2014, Nykanen.

L’attenzione della Corte, infatti, si concentra essenzialmente sulla rico-struzione della fattispecie, non approfondendo ulteriori profili sollevati dal-l’Avvocato generale in merito, in particolare, all’entità della sanzione applica-ta per la medesima violazione, considerando in particolare applicabile teorica-mente il cumulo tra diverse sanzioni irrogate per la medesima violazione (21).

Tale profilo, peraltro, si lega alla riflessione, ampiamente sviluppatadell’Avvocato in merito alla portata applicativa, nel caso di specie, delle

(21) Conclusioni dell’Avvocato generale Pedro Cruz Villalon, 12 giugno 2012, paragra-fo 93: “(…) il divieto di arbitrarietà, inscindibile dal principio dello Stato di diritto (art. 2 TUE),impone all’ordinamento nazionale di far sì che il giudice penale abbia la facoltà di tenere con-to, in qualche modo, della previa esistenza di una sanzione amministrativa, al fine di attenua-re la sanzione penale”. Tale profilo viene giustamente valorizzato da CARACCIOLI, Salvato a me-tà dai giudici europei il doppio binario tributario-penale, Corriere tributario, n. 13 del 2013,p. 1029 ss.

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disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (d’o-ra in poi, la “Carta”) e di quelle racchiuse nella Convenzione europea deidiritti dell’Uomo (d’ora in poi “CEDU”); più in particolare nell’art. 4, delprotocollo n. 7 (prima questione pregiudiziale).

Tale questione viene risolta velocemente dalla Corte di Giustizia, medianteun puntuale richiamo alle fonti del diritto comunitario (in cui non viene espres-samente individuata la CEDU) ed alla gerarchia delle fonti del diritto dell’U-nione europea, in ciò peraltro evidenziando indirettamente come il richiamoalle disposizioni della CEDU possa considerarsi limitato a quanto espressa-mente riportato dalle fonti comunitarie (paragrafo 44 della sentenza) (22).

La prima disposizione contiene l’enunciazione del principio del ne bisin idem, mentre l’art. 51 limita l’operatività del principio “agli Stati mem-bri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”.

L’Avvocato generale, ed i governi che hanno presentato osservazioniscritte ed orali, rivendicano la piena sovranità nazionale in materia sanzio-natoria, per i motivi che di seguito verranno riportati.

L’operazione ermeneutica compiuta dall’Avvocato generale conducea differenti risultati rispetto alla Corte di Giustizia (che invece si esprimein senso favorevole alla propria competenza a pronunciarsi sulle questionipregiudiziali che le sono state rivolte) in quanto differente è la valutazionedell’ampiezza del concetto di disposizione di “attuazione” del diritto del-l’Unione da parte di ciascuno Stato membro e – conseguentemente – di-versa è la rilevanza che viene data al regime sanzionatorio in materia di re-pressione delle violazioni riguardanti l’IVA.

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(22) In particolare, ci si riferisce al principio del giusto processo in materia tributaria, fon-dato sull’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, su cui vedi recentemente DELLA VALLE, Il giusto pro-cesso tributario. La giurisprudenza della CEDU, Atti del Convegno svoltosi il 30 novembre2012 presso l’Università di Milano-Bicocca, Approfondimento di Rassegna Tributaria, n. 2del 2013, nonché GREGGI, Giusto processo e diritto tributario europeo: la prova testimonialenell’applicazione della CEDU (il caso Jussila), Rassegna tributaria 2007, p. 216 ss. hannorappresentato arresti rilevanti e significativi in materia sanzionatoria tributaria che, tuttavia, intale sede la Corte ha deciso di ritenere non rilevanti.

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L’Avvocato generale riconduce la legittimità dell’intervento della Cor-te di Giustizia in relazione al potere degli Stati membri nell’attuazione deldiritto comunitario in quanto “deve spiegarsi con l’interesse specifico del-l’Unione a che tale esercizio si conformi alla sua interpretazione dei dirit-ti fondamentali. Il solo fatto che l’origine ultima di tale esercizio risieda neldiritto dell’Unione non è, di per sé sola, sufficiente a ritenere che si trattidi una situazione di “attuazione”; più in particolare l’intervento interpreta-tivo da parte della Corte di Giustizia deve essere limitato ai “casi in cui lalegittimità della res publica europea può essere in questione, e tale que-stione deve ricevere una risposta adeguata” (23).

Nel caso di specie, peraltro, non potrebbe essere posta in discussione,secondo l’Avvocato generale, la coerenza del sistema sanzionatorio sve-dese che assicura la repressione delle violazioni riguardanti l’IVA con ilprincipio del ne bis in idem, così come declinato dalla Carta, in quanto laportata del principio del ne bis in idem nel diritto svedese “è un problemagenerale per l’architettura del suo regime sanzionatorio che è, in quanto ta-le, assolutamente indipendente dalla riscossione dell’IVA, e nell’ambitodel quale il presente caso relativo al sanzionamento di una falsificazione didati appare come semplice “occasio” (par. 61).

L’Avvocato generale (par. 58) aveva peraltro poco prima precisato chel’obbligo di assicurare l’effettiva riscossione dell’IVA, che discende dallaDirettiva 2006/112/CE, comporta “come logica conseguenza” che lo Statomembro ponga “al servizio della riscossione dell’IVA il suo sistema san-zionatorio”, ma per ciò solo non può far nascere la competenza del giudi-ce dell’Unione “a determinare, con conseguenze inevitabilmente generali,la portata del principio del ne bis in idem nell’ordinamento svedese, conprevalenza rispetto a quella risultante dalle strutture costituzionali e dagliobblighi internazionali di tale Paese”(par. 62).

(23) Paragrafi 40 e 41 delle Conclusioni.

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Siffatta conclusione, infatti, comporterebbe un effetto “sproporziona-to”, in quanto mera occasio rispetto al “trasferimento nella ripartizione del-la responsabilità nella garanzia dei diritti fondamentali tra l’Unione e gliStati”(par. 63).

La Corte, per contro, valorizza il fatto che “le sovrattasse e i procedi-menti penali di cui il Sig. Akerberg Fransson è o è stato oggetto sono inparte collegati a violazioni dei suoi obblighi dichiarativi in materia di IVA”(par. 24 della sentenza della Corte).

Poiché “ogni Stato membro ha l’obbligo di adottare tutte le misure le-gislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente ri-scossa nel suo territorio e lottare contro la frode”(par. 25) e l’art. 325 TFUEobbliga gli Stati membri ad adottare le misure di contrasto alle frodi lesivedegli interessi finanziari dell’Unione “le stesse misure che adottano percombattere la frode lesiva dei loro interessi” (par. 26) ne risulta che “so-vrattasse e procedimenti penali per frode fiscale, del tipo di quelli di cui èstato oggetto l’imputato nel procedimento principale (…) costituisconoun’attuazione degli artt. 2, 250, paragrafo 1 e 273 della Direttiva 2006/112(…) e dell’art. 325 TFUE e, pertanto, del diritto dell’Unione, ai sensi del-l’art. 51, paragrafo 1, della Carta” (par. 27).

Da ciò pertanto deriva che l’applicazione delle sovrattasse e delle san-zioni penali che vengono irrogate in materia di IVA “mira a sanzionare unaviolazione delle disposizioni della direttiva summenzionata e pertanto adattuare l’obbligo, imposto agli Stati membri, di sanzionare in modo effet-tivo i comportamenti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione” (par. 28).

Nella logica progressione di tale ragionamento, di cui sopra abbiamoevidenziato i passaggi fondamentali, la Corte giunge a concludere che “ècompetente a rispondere alle questioni sollevate” e, quindi, a fornire gli ele-menti utili per valutare “la conformità della normativa nazionale con il prin-cipio del ne bis in idem sancito dall’art. 50 della Carta”(par. 31).

In merito, occorre considerare, da un lato, l’importanza, ai fini delladecisione, della tutela dei diritti fondamentali e, dall’altro, il ruolo ancil-lare rappresentato dalla necessità di assicurare la tutela degli interessi fi-nanziari dell’Unione, quale ulteriore argomento per fondare un giudizio

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di legittimità di tutte le misure adottate dalla normativa nazionale per ilsuddetto scopo (24).

L’intervento della Corte di Giustizia coinvolge pienamente profili didiritto procedimentale, seppure nell’ottica servente ad assicurare il prima-to del diritto comunitario ed il rispetto del principio di effettività (25).

Per quanto attiene la sentenza Texdata, abbiamo precisato che la questio-ne pregiudiziale è stata ritenuta inammissibile dai giudici comunitari, essen-zialmente per carenza del presupposto (duplicazione sanzionatoria); non ven-gono, peraltro, svolte altre considerazioni (solamente accennate dall’Avvocatogenerale) relativamente alla possibilità “astratta” di considerare le sanzioni for-mali “offensive” ed idonee ad essere attratte da una valutazione riguardante ilprofilo del “rispetto dei diritti fondamentali” garantiti dalla Carta medesima.

La sentenza Texdata ci conferma, a contrario, come avremo modo diillustrare nel successivo paragrafo, che la natura (formale o sostanziale) del-la risposta sanzionatoria è in grado d’influenzare il giudice comunitario nel-l’esercizio del proprio potere d’intervento, e ciò in quanto l’intervento del-la Corte di Giustizia è rivolto, da un lato, ad assicurare la tutela dei dirittifondamentali e dei princìpi di rango comunitario attraverso una rispostasanzionatoria nazionale e, dall’altro, alla verifica della conformità della in-tensità sanzionatoria rispetto alla violazione commessa.

Tali profili sono profondamente diversi, in ragione della tipologia disanzione codificata nell’ordinamento, in quanto la sanzione formale è sprov-vista di una significativa afflittività e, pertanto, non è in linea di principiod’interesse dei giudici comunitari (26).

(24) Trattasi, in altri termini, di argomento ad adiuvandum collocato nella motivazionedella Corte di Giustizia, in considerazione della limitata rilevanza della compartecipazione algettito IVA trasferito dagli Stati membri per le finanze comunitarie.

(25) Per una riflessione sullo specifico tema della rilevanza del principio di effettività nel-l’ordinamento tributario interno, in relazione a specifici profili procedimentale (ed in partico-lare con riferimento al giudicato) cfr. DI PIETRO, op.cit., pp. 430-431.

(26) Potrebbe, invero, essere astrattamente oggetto di analisi da parte della Corte di Giusti-zia una fattispecie di sanzione formale qualora posta a presidio d’interessi di rango comunitario,

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Emerge, pertanto, una differente valutazione, da parte del Giudice co-munitario, fondata non tanto sul piano della tutela degli interessi finanzia-ri dell’Unione (che, invero, considerato il moderato apporto del gettito IVA,non rappresenterebbe un vero e proprio carattere di proporzionalità ed of-fensività) quanto sulla valenza ordinamentale di tutela dei diritti fonda-mentali che giustifica l’intervento della Corte di Giustizia.

Le due pronunce, che s’inseriscono nel percorso di valorizzazione comu-nitario del principio del ne bis in idem si pongono peraltro in stretta relazione,in quanto trattano entrambe il tema del divieto di doppia applicazione ad unmedesimo fatto di una sanzione, che sia connotata da profili di afflittività (27).

Nella parte dispositiva della sentenza Akerberg, la Corte di Giustiziaha affermato che “il principio del ne bis in idem non osta a che uno Statomembro imponga, per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi inmateria di imposta sul valore aggiunto, una sanzione tributaria e successi-vamente una sanzione penale, qualora la prima sanzione non sia di naturapenale, circostanza che dev’essere verificata dal giudice nazionale”.

In tale pronuncia, la Corte ha peraltro anche colto l’occasione, in ciòsuscitata dall’ampia riflessione svolta dall’Avvocato generale, nelle sueconclusioni (28), di svolgere altre considerazioni, relativamente al rappor-to tra Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e Convenzione eu-ropea dei diritti dell’Uomo, ribadendo le considerazioni sviluppate nellapiù recente giurisprudenza (29).

Nella seconda pronuncia, invece, la Corte ha risolto in maniera sbrigati-va il tema della portata applicativa del ne bis in idem, ritenendo non sussi-stenti i presupposti per l’applicazione di tale principio al caso di specie. Ri-

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che pertanto, in tale ipotesi, potrebbero essere sforniti di adeguata tutela. In tal caso, valoriz-zando l’analisi della funzione di deterrenza, la Corte potrebbe scrutinare – pertanto – le san-zioni formali introdotte dall’ordinamento domestico.

(27) Nell’ottica, pertanto, di una valorizzazione piena del meccanismo funzionale san-zionatorio, al di là della natura attribuita dall’ordinamento giuridico.

(28) Conclusioni dell’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalon, presentate il 12 giugno 2012.(29) Corte di Giustizia, 24 aprile 2012, causa C-571/10, Kamberaj.

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sultano, invero, interessanti le considerazioni sviluppate nelle conclusionidell’Avvocato generale (30) al fine di individuare l’ambito di applicazione,tra l’altro, del principio del ne bis in idem; nelle proprie considerazioni, pe-raltro, l’Avvocato generale richiama espressamente, ponendosi in logica con-tinuità, le conclusioni del suo omologo nella causa Akerberg (31).

La sentenza Akerberg rappresenta, pertanto, una conferma dell’elabo-razione della Corte di Giustizia in materia sanzionatoria, che si pone in con-tinuità con le riflessioni sviluppate anche in contesti diversi dalla normati-va tributaria (32).

La sentenza Texdata, seppure in posizione ancillare rispetto alla pro-nuncia Akerberg, sotto il profilo della rilevanza assunta dal principio delne bis in idem al fine della soluzione della controversia, conferma l’elabo-razione uniforme della Corte di Giustizia in relazione a tale principio, equindi si colloca, dal punto di vista sistematica, in diretta continuità.

L’attenzione sarà, pertanto, coerentemente concentrata sulla nozionedi ne bis in idem, affrontata nella sentenza Akerberg, per poi svolgere al-cune considerazioni mirate sull’impatto del principio nella sentenza Tex-data, il che consentirà di giungere ad alcune riflessioni conclusive su talefondamentale principio, così come elaborato dalla giurisprudenza della Cor-te di Giustizia.

(30) Conclusioni dell’Avvocato Generale Paolo Mengozzi in causa C-418/11, cit., pre-sentate il 31 gennaio 2013, par. 75 ss.

(31) L’Avvocato generale ha, infatti, affermato che “in casi concernenti l’esecuzione a li-vello nazionale del diritto dell’Unione, come quello della presente causa, la Corte ha applica-to la concezione estensiva di tale principio, la quale prescinde dal requisito dell’identità del-l’oggetto giuridico e dà rilievo esclusivamente al requisito dell’identità dei fatti materiali, in-tesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro,la quale implica necessariamente l’identità del contravventore”, da cui desumiamo la necessa-ria implementazione del principio di personalità nell’applicazione sanzionatoria, per scrutina-re l’eventuale presenza di violazioni, ed il fondamentale riferimento all’identità del “fatto”, inottica squisitamente propria dello ius puniendi.

(32) Cfr. in particolare le riflessioni dell’Avvocato generale Kokott nella causa C – 17/10,Toshiba.

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3.1 L’interpretazione del principio del ne bis in idem in materia tributarianell’esperienza comunitaria

L’analisi della sentenza Akerberg è particolarmente rilevante per la con-seguente riflessione sull’ordinamento sanzionatorio domestico (33); la sen-tenza Texdata, invece, contribuisce a contrario a circoscrivere l’ambito diestensione del principio del ne bis in idem e conferma l’orientamento giàdelineato dalla Corte nella sentenza Akerberg.

La Corte ha precisato, in tale ultima controversia, l’ampiezza del pro-prio potere d’intervento ed interpretazione come giudice della nomofila-chia in materia di disposizioni nazionali potenzialmente contrastanti con ledisposizioni della Carta europea dei diritti dell’Uomo.

In merito, data la rilevanza della fattispecie, si è pronunciata la Gran-de Sezione, a conferma della particolare significatività della questione sot-toposta al vaglio del giudice comunitario.

La decisione, invero, malgrado sia stata resa dalla Corte nella sua com-posizione più autorevole (Grande Sezione), coglie solo in misura parzialele riflessioni suggerite dall’Avvocato generale nelle conclusioni deposita-te il 12 giugno 2012 (in particolare, sulla possibile “graduazione” della san-zione irrogata), valorizzando invero i princìpi già in precedenza espressi inmateria di repressioni delle violazioni tributarie (34).

La Corte, nel caso Akerberg ha considerato, da un lato, irrilevante la pre-tesa “duplicazione” di sanzioni (sovrattassa amministrativa e sanzione pena-le), lasciando al prudente apprezzamento del giudice nazionale la valutazio-

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(33) Per un’analisi concentrata sulla formazione del principio del ne bis in idem, in rela-zione all’evoluzione del rapporto tra la disciplina contenuta nella Carta dei diritti fondamen-tali dell’Unione Europea e diritto comunitario, anche alla luce dell’evoluzione della giuri-sprudenza della Corte di Giustizia, DI FEDERICO, La possibilità di cumulare sanzioni penali efiscali ai sensi dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Rass. trib.,n. 5 del 2013, p. 1185 ss.

(34) In merito, concorda sul fatto che la sentenza possa rappresentare “un’occasio(ne)mancata”, DI FEDERICO, op.cit., p. 1192.

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ne in merito alla natura (penale o meno) della sanzione e nel rispetto, inoltre,del principio del giudicato sostanziale (35); nella controversia Texdata, in-vece, ha considerato, accogliendo la tesi dell’Avvocato generale, irricevibi-le la questione pregiudiziale riguardante il possibile contrasto con il princi-pio del ne bis in idem, in quanto la società “è stata condannata al pagamentodi due ammende riferite a due periodi distinti”, pertanto “non c’è stata nes-suna duplicazione di sanzioni per questi stessi periodi”(cfr. paragrafi 39 ss.).

Inoltre, le censure riguardavano, nel caso trattato dalla sentenza Tex-data, “situazioni ipotetiche”, come del resto messo in luce dall’Avvocatogenerale nelle sue conclusioni (36) e, pertanto, la Corte non avrebbe co-munque potuto esprimersi.

Dobbiamo quindi affidarci, per riflessioni maggiormente sistematiche,al ragionamento seguito dalla Corte di Giustizia nella controversia Aker-berg, che si caratterizza per la valorizzazione del principio di tutela dellariscossione di risorse proprie dell’Unione.

(35) Cfr. paragrafo 34 della decisione della Corte di Giustizia, laddove si precisa che “(…)solo qualora la sovrattassa (sanzione tributaria, ndr) sia di natura penale, ai sensi dell’art. 50 del-la Carta, e sia divenuta definitiva, tale disposizione osta a che procedimenti penali per gli stes-si fatti siano avviati nei confronti della stessa persona”. Per una riflessione sull’estensione delprincipio del giudicato sostanziale tra diritto comunitario e giudice nazionale, si veda DI PIETRO,Giusto processo, in Dizionario di Diritto pubblico, CASSESE, III, Milano, 2006, nonché, del me-desimo Autore, Giusto processo, giustizia tributaria e giurisprudenza comunitaria, Atti del Con-vegno svoltosi il 30 novembre 2012 presso l’Università di Milano-Bicocca, Approfondimentodi Rassegna Tributaria, n. 2 del 2013 e, per una riflessione puntuale sulla sentenza della Cortedi Giustizia Olimpiclub, causa C-2/08, che ha rappresentato suscitato notevole interesse per lesue (discusse) applicazioni sistematiche in materia tributaria, inter alia cfr. GLENDI, Limiti delgiudicato e Corte di giustizia europea, Corriere tributario, 2010, p. 325 ss. e MICELI, Riflessio-ni sull’efficacia del giudicato tributario alla luce della recente sentenza Olimpiclub, Rassegnatributaria, 2009, p. 1846 ss.

(36) Cfr. conclusioni Avv. Gen. Mengozzi, par. 103, laddove precisa che “la Corte è te-nuta a prendere in considerazione il contesto fattuale con riferimento al quale è sollevata laquestione pregiudiziale come definito nel provvedimento di rinvio, e dato che è chiaro che nél’imposizione contestuale dell’ammenda agli organi sociali e alla società, né l’irrogazione diulteriori sanzioni periodiche sono oggetto della causa principale, la Corte potrebbe dichiarareirricevibile questa parte della domanda pregiudiziale”.

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Non si tratta, peraltro, di una considerazione isolata, in quanto tale prin-cipio, su cui si è espressa anche la giurisprudenza nazionale, ha inciso inmaniera significativa sulla decisione di precedenti fattispecie sottoposte alvaglio comunitario (inter alia, la disciplina del condono IVA italiano, de-cisa dalla Corte in causa C-123/06).

Inoltre, al fine della decisione del caso di specie, ha assunto un parti-colare rilievo, anche rispetto ad altre riflessioni, riguardanti ad esempio lapossibilità, da parte della Corte, di scrutinare la portata, e la quantificazio-ne, di una disposizione sanzionatoria in materia armonizzata (anche ai finidi misurarne la consistenza afflittiva) (37).

Non viene, pertanto, assunto un criterio di riferimento per individuarela natura della sanzione irrogata, né a tal fine vengono offerti specifici spun-ti, lasciando quindi integralmente in mano ai giudici nazionali la qualifica-zione della sanzione.

La riflessione sviluppata dalla Corte di Giustizia tocca diversi profili,tra cui il rapporto tra Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e fonti co-munitarie, e l’ampiezza del potere di disapplicazione dei giudici nazionalirelativamente alle disposizioni interne che appaiono in contrasto con la Car-ta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (38).

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(37) Per una riflessione, in particolare, sulla giurisprudenza comunitaria in materia di mi-sure di condono nazionali e sull’impatto della medesima sulle pronunce delle corti nazionali,cfr. NUCERA, La Corte di Giustizia si pronuncia sulla chiusura delle liti fiscali ultradecennali:la legislazione “condonistica” italiana torna in scena in Europa, Rassegna tributaria 2012,p. 1600 ss., in cui vengono svolti richiami alle sentenze a sezioni unite, nn. 3676, 3677 del 17febbraio 2010, e su cui vedi FALSITTA, Il contributo della Cassazione alla demolizione dellalegislazione condonistica in materia di IVA, Corriere Tributario, 2010, p. 979 ss., MICELI, Glieffetti della incompatibilità comunitaria del condono IVA e della relativa sentenza di inadem-pimento sul sistema giuridico nazionale, Rivista di diritto tributario, 2010, I, p. 587 ss.; si con-senta altresì il richiamo ad ALBANO, Incompatibilità comunitaria del condono ed effetti nazio-nali, Rassegna tributaria 2010, p. 842 ss.

(38) Per un’analisi della funzione svolta dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentalidell’Unione europea, in considerazione dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giu-stizia, cfr. DI FEDERICO, op.cit., p. 1190 ss., nonché la Relazione n. 35 del Massimario della

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Il nucleo della decisione della Corte di Giustizia, riguardante l’ampiezzadel principio del ne bis in idem in materia sanzionatoria, pur essendo foca-lizzato sulla tutela dei diritti fondamentali, argomenta la propria decisioneanche in considerazione del profilo rappresentato dalla tutela degli interes-si finanziari comunitari.

Il percorso ricostruttivo seguito dalla Corte recupera anche la recente giu-risprudenza comunitaria, che ha posto sempre più l’accento sul ruolo della tu-tela degli interessi finanziari comunitari quale “fil rouge” per la giustifica-zione di fattispecie sanzionatorie nazionali coerenti con i princìpi comunitari.

La Corte di Giustizia, valutata la marginalità della tutela degli interes-si comunitari in materia armonizzata, non ha specificamente trattato uneventuale profilo di responsabilità degli Stati membri per la mancata ado-zione delle misure idonee ad assicurare la cennata riscossione delle risorseproprie dell’Unione (39).

Tale riflessione, per la natura della violazione contestata alla societàTexdata, non viene nemmeno affrontata dai giudici che si sono pronuncia-ti su tale causa; ciò peraltro è plausibile anche in considerazione della na-tura della violazione commessa ed alla sanzione irrogata, di natura squisi-tamente formale, e non legata, pertanto, al principio di proporzionalità (40).

Corte di Cassazione, Sezione penale, cit. In tale contributo ci si sofferma sul fatto che vieneribadita, da parte dei giudici comunitari, che la mancata adesione alla CEDU dell’UE comportala libera scelta, da parte degli Stati membri, di come disciplinare il rapporto tra CEDU e dirit-to nazionale.

(39) In merito, si rinvia a MICELI, Illecito comunitario dello Stato e tutela del contribuente,Rassegna tributaria, 2009, p. 1021 ss. Tale profilo, che merita una separata ed approfondita ri-flessione, viene probabilmente non affrontato dalla Corte in quanto l’oggetto del giudizio, ri-guardante espressamente il ne bis in idem, ha consentito di focalizzare l’attenzione sui rapportitra diritto penale e diritto amministrativo nazionale, alla luce dei parametri interpretativi offertidalle fonti comunitarie e nell’ottica funzionale della tutela degli interessi finanziari comunita-ri, prescindendo da un’analisi complessiva, rivolta anche a considerare i riflessi in materia ditutela dei diritti del contribuente nazionale, fondata – in particolare – sulla giurisprudenza del-la Corte di Giustizia.

(40) Una riflessione significativa, al fine di coordinare le due pronunce, è altresì offertadalla valorizzazione della rilevanza della sanzione alla luce dei princìpi di proporzionalità e

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Rispetto alla giurisprudenza della CEDU, la sentenza della Corte diGiustizia si pone in ottica maggiormente prudente, ammettendo – in lineadi principio – il cumulo tra sanzioni amministrative e penali in materia tri-butaria (seppure nel rispetto della diversità di funzione – risarcitoria/resti-tutoria vs. afflittiva/punitiva); qualora in concreto le sanzioni abbiano en-trambe natura afflittiva, esse non potranno tuttavia coesistere (41).

4. L’ORIENTAMENTO RESTRITTIVO DELLA CORTE DI CASSAZIONE: I LIMITI

ALL’APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM IN RELAZIONE ALLE

FATTISPECIE CARATTERIZZATE DA UNA MAGGIORE OFFENSIVITÀ

La giurisprudenza domestica ha recentemente ritenuto che non vi sia-no motivi di incompatibilità nell’applicazione della sanzione ammini-strativa e tributaria per la medesima fattispecie (42). È interessante os-servare che la pronuncia, resa dalla Corte di Cassazione, terza sezione pe-nale, si è espressa sull’applicabilità della sanzione penale per omesso ver-samento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. n. 74 del 2000), deci-

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della possibile lesione dei diritti fondamentali stabiliti dalla Carta, quale cardine per valutarel’attrazione nella sfera penalistica della violazione commessa e la conseguente applicabilità delprincipio del ne bis in idem.

(41) Le conclusioni a cui giungono la CEDU e la Corte di Giustizia sembrano, peraltro,più formalmente che sostanzialmente divergenti, però rappresentano l’evidenza di un diversoapproccio; la CEDU valorizza l’art. 4, Protocollo n. 7, fornendo al medesimo una vis expansi-va tale da considerarlo cogente, nella valutazione della normativa domestica; la Corte di Giu-stizia invece, basa la propria analisi sulla modalità applicativa, in concreto, dell’art. 50 dellaCarta dei Diritti Fondamentali dell’Unione e, quindi, sul conseguente rinvio pregiudiziale daparte del Giudice nazionale qualora, in concreto, si rappresenti un dubbio in caso di applica-zione di una sanzione amministrativa e penale alla medesima fattispecie tributaria.

(42) Corte di Cassazione, sez. III, sent. n. 20266 del 15 maggio 2014, cit. Per un primocommento, cfr. IORIO, La sanzione fiscale può convivere con quella penale, Il Sole 24 Ore, 16maggio 2014, nonché, dello stesso autore, Sanzioni senza sconti: linea dura sui reati fiscali, IlSole 24 Ore, 26 maggio 2014, ivi per ulteriori considerazioni.

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dendo – pertanto – una controversia connotata da un sottostante rappor-to di natura tributaria (43).

Questo spiega, probabilmente, la non approfondita trattazione del prin-cipio del ne bis in idem nella motivazione della sentenza; i giudici, peral-tro, hanno deciso la controversia negando la possibilità di applicazione ditale principio in materia tributaria, in quanto le violazioni per omesso ver-samento di ritenute (sanzionate dall’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000)sono legate da un vincolo di progressività e l’applicazione dell’una noncomporta l’automatica disapplicazione dell’altra (nella specie, peraltro, lesanzioni amministrative erano state integralmente versate prima della con-clusione del giudizio penale).

La fattispecie sottoposta al giudice nazionale riguarda un reato intro-dotto successivamente all’attuazione dell’originaria legge delega di rifor-ma dei reati tributari (Legge n. 205 del 1999), quindi si colloca nella fase,inaugurata alcuni anni dopo l’attuazione della delega, di espansione del-l’area di rilevanza penale delle violazioni consistenti anche in illecito am-ministrativo tributario.

La Corte si è trovata, infatti, a decidere in merito alla possibilità di san-zionare penalmente un rappresentante legale di una Srl, però l’omesso ver-samento di ritenute certificate per il periodo di imposta 2004. Viene invoca-to dal contribuente la mancanza di elemento psicologico, perché nel suddet-to periodo d’imposta la società di cui l’imputato era legale rappresentante sitrovava in crisi di liquidità, ed il fatto, rilevante ai fini della nostra valutazio-ne che il contribuente “è stato già condannato a pagare in sede amministrati-va dall’Agenzia delle Entrate e poi ha effettivamente pagato (…) l’impostaevasa, pari ad euro (…) oltre interessi e sanzioni (…), sussistendo identità dioggetto tra il procedimento amministrativo e quello penale, ne conseguireb-

(43) La sentenza della Corte di Cassazione precede di pochissimi giorni la pronuncia del-la CEDU, Nykanen e consente di valorizzare, ancora una volta, il diverso approccio e le di-verse sensibilità della giurisprudenza domestica rispetto a quella della Corte di Strasburgo.

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be che quest’ultimo deve essere immediatamente chiuso per violazione delprincipio del ne bis in idem di cui all’art. 4, paragrafo 7, CEDU”.

La Corte di Cassazione, pur richiamando sia la sentenza della CEDUGrande Stevens c. Italia (44), ha ritenuto che la fattispecie trattata dalla Cor-te di Strasburgo fosse “assolutamente peculiare” e che non riguarda il casodedotto alla propria attenzione “dove, a fronte di un processo penale per rea-ti tributari, è pacifico che lo stesso viaggi in parallelo con l’esistenza di undebito tributario da adempiersi, che è cosa diversa dalla sanzione penale”.

Dopo tale affermazione, il giudice di legittimità puntualizza, sulla scor-ta del dictum contenuto nella sentenza della Corte di Giustizia Akerberg,che è ammissibile l’applicazione sia di sanzioni penali che di sanzioni am-ministrative perché “il reato di omesso versamento di ritenute certificate(…) non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita conl’art. 13, comma primo, D.Lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la san-zione amministrativa l’omesso versamento periodico delle ritenute alla da-ta delle singole scadenze mensili, con la conseguenza che al trasgressoredevono essere applicate entrambe le sanzioni”.

Il giudice di legittimità, pertanto, conferma la perdita di centralità delprincipio di specialità in materia sanzionatoria tributaria, in ciò agevolatodall’intervento legislativo che ha progressivamente esteso il numero dellefattispecie che integrano una violazione non solo amministrativa ma anchepenale.

Tale considerazione s’inserisce, peraltro, in un percorso di riflessionesulla necessità di valutazione critica dell’ordinamento sanzionatorio nel suocomplesso (45), di cui il tema del rapporto tra sistema sanzionatorio am-ministrativo e penale rappresenta uno dei profili qualificanti.

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(44) CEDU, sezione 2, 4 marzo 2014, Grande Stevens contro Italia, cit.(45) Per una analisi dell’attuale condizione del sistema sanzionatorio in materia tributa-

ria, ed anche per le implicazioni de jure condendo, suggerite dalla c.d. “delega fiscale”, cfr.MARELLO, Evanescenza del principio di specialità e dissoluzione del doppio binario: le ragio-ni per una riforma del sistema punitivo penale tributario, in Rivista di Diritto Tributario, 2014,III, p. 269 ss.

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In tale sede, pare comunque opportuno considerare che la Corte diCassazione non valorizza il rapporto tra le funzioni della sanzione am-ministrativa rispetto alla sanzione penale; ciò che conferma che l’am-pliamento delle fattispecie penalmente rilevanti ha condotto ad una “mar-cata sovrapposizione” delle condotte rilevanti dal punto di vista ammini-strativo e penale (46).

In tale ottica, la tutela dei diritti fondamentali, e l’elaborazione svoltadalla Corte di Giustizia nella sentenza Akerberg, rimangono inespressi enon vengono, di fatto, assunti nel contesto motivazionale della sentenza re-sa dalla Corte di Cassazione.

Il richiamo alla sentenza Akerberg, allora, si pone come passaggio stru-mentale a considerare formalmente rispettato il principio del ne bis in idem,che invero potrebbe ritenersi sostanzialmente violato, in considerazione del-la sostanziale omogeneità della funzione afflittiva tra sanzione ammini-strativa e sanzione penale.

La collocazione temporale della sentenza della Corte di Cassazione,pubblicata solo pochi giorni prima della sentenza della CEDU, fa emerge-re ancora di più la diversa attenzione della giurisprudenza domestica al prin-cipio del ne bis in idem in materia tributaria; ricordiamo peraltro che in se-de di ratifica del Protocollo n. 7 alla Convenzione Europea dei Diritti del-l’Uomo (avvenuta con Legge n. 98 del 1980) l’Italia aveva espresso for-male riserva (47), precisando che l’art. 4 del Protocollo avrebbe dovuto tro-vare applicazione unicamente per le infrazioni, le procedure e le decisioniche sono qualificate come penali dalla legge italiana.

Da ciò possiamo desumere un sostanziale scetticismo della nostra giu-risprudenza di legittimità rispetto alla portata applicativa del principio del

(46) MARELLO, op.cit., p. 277, ivi anche per il richiamo alla sentenza della Corte di Cass.,sez. III, 5 giugno 2013, n. 24540, nella quale si precisa che “le condotte previste e sanzionatenel D.Lgs. n. 274 del 2000 non hanno altra diretta finalità che l’evasione o l’elusione dell’ob-bligazione tributaria”.

(47) Ritenuta invero non rilevante dalla CEDU nella sentenza Grande Stevens del 4 mar-zo 2014, cit.

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ne bis in idem, così come cristallizzato dalla Corte Europea dei Diritti del-l’Uomo; la Corte di Cassazione, invece, valorizza strumentalmente le con-clusioni della sentenza Akerberg, giustificando la propria valutazione chesi fonda, più che sulla natura della sanzione (che, invero, non viene scruti-nata), sul vincolo di progressività delle medesime.

5. CONCLUSIONI PROVVISORIE: LA NECESSARIA EVOLUZIONE DEGLI ORDINAMEN-TI NAZIONALI PER UNA PIENA AFFERMAZIONE DEL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM

IN MATERIA SANZIONATORIA TRIBUTARIA

Le conclusioni, su tale, delicata, tematica, che involge non solo profili teo-rici ma anche pratici (rappresentati, tra l’altro, dalla possibile contestazione diapplicazioni di sanzioni penali in seguito all’irrogazione, divenuta definitiva,di sanzioni amministrative – o viceversa – ), non possono che rappresentare ilquadro attuale nella consapevolezza che, data l’importanza del principio de-dotto in giudizio, non potranno che esservi ulteriori, autorevoli, prese di posi-zione da parte della giurisprudenza domestica e sovranazionale.

Può essere opportuno, allora, ripercorrere brevemente le conclusionidella Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione, che già abbiamo mes-so a confronto con la giurisprudenza della CEDU, anche per valorizzare ul-teriormente le differenze (e criticità) con tale arresto, per quanto non indi-cato nei precedenti paragrafi.

La Corte di Giustizia, nella causa Akerberg, sciolto il nodo della pro-pria competenza a decidere in merito alla controversia oggetto di rinvio pre-giudiziale, affronta unitariamente le questioni pregiudiziali fondate sullaportata applicativa del principio del ne bis in idem nelle legislazioni nazio-nali, così come peraltro anche suggerito dalle conclusioni dell’Avvocatogenerale Villalon.

Vi è peraltro da segnalare che, rispetto all’ampia e diffusa descrizionedella natura e portata del principio di tale principio nella CEDU (art. 4, delprotocollo n. 7), anche in rapporto all’art. 50 della Carta, espressa nelle con-clusioni, la Corte si limita a individuare il percorso svolto dalla propria pre-

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cedente giurisprudenza, segnalando quindi quali sono i profili maggior-mente significativi al fine della decisione (48).

In tal senso, confermando la centralità dell’esigenza di assicurare la ri-scossione di tutte le entrate provenienti dall’IVA “e tutelare in tal modo gli in-teressi finanziari dell’Unione”, viene riconosciuto da parte della Corte la pos-sibilità, per gli Stati membri, di imporre, per le medesime violazioni in mate-ria di IVA, anche “una combinazione” di sanzioni amministrative e penali.

Viene tuttavia effettuata, dalla Corte, una actio finium regundorumdella possibilità, per il legislatore nazionale, di procedere all’applicazio-ne congiunta di sanzioni amministrative e di sanzioni penali; in partico-lare, “solo qualora la sovrattassa sia di natura penale, ai sensi dell’art. 50della Carta, e sia divenuta definitiva, tale disposizione osta a che proce-dimenti penali per gli stessi fatti siano avviati nei confronti di una stessapersona” (par. 34).

La Corte precisa, peraltro, che nella valutazione come “penale” dellasanzione irrogata per una determinata violazione, occorre considerare i para-metri definiti dalla recente giurisprudenza (49) comunitaria e, cioè, la “qua-lificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale”, la “natura dell’ille-cito” ed infine la “natura nonché il grado di severità della sanzione in cuil’interessato rischia di incorrere”.

Da un lato, quindi, viene posta attenzione preminente alla centralitàdella necessità di assicurare la riscossione delle entrate provenienti dal prin-cipale tributo armonizzato, l’IVA, – quale esigenza che giustifica anche l’e-ventuale disciplina, nelle legislazioni nazionali, sia di una sanzione ammi-nistrativa che di una sanzione tributaria per la medesima fattispecie – e, dal-l’altro, viene ribadita la contestuale centralità della valutazione, da parte

(48) Le riflessioni sviluppate dall’Avvocato generale sono invero molto interessanti, inquanto evidenziano la dialettica tra CEDU e Carta, nonché “la forte mancanza di consenso” tragli Stati membri, relativamente alla duplice applicazione di sanzione amministrativa e sanzio-ne penale in materia tributaria (conclusioni, par. 73).

(49) Corte di Giustizia, sent. 5 giugno 2012, causa C-489/10, Bonda.

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dei giudici nazionali, della compatibilità con il principio di effettività e diproporzionalità delle sanzioni irrogabili in concreto (cfr. par. 36).

La Corte, pertanto, si muove su un duplice piano: riconoscere il ruoloessenziale della tutela degli interessi finanziari dell’Unione, e – tuttavia –non interferire con la concreta articolazione dei sistema sanzionatorio de-gli Stati nazionali.

Il concreto ambito applicativo dei princìpi del rispetto del giudicato edel ne bis in idem, che vengono affermati dalla Corte quali limiti fonda-mentali per la tutela delle situazioni soggettive anche nella fase patologicadel rapporto tributario, viene quindi concretamente lasciato al potere deci-sionale del giudice nazionale.

Ad esso solamente spetta, quindi, valutare – sulla base dei criteri sug-geriti dalla Corte e degli “standard nazionali” se una sanzione è “penale”ovvero solo “amministrativa” (e, quindi, si lascia intendere, dotata di unadiversa, ed inferiore, carica afflittiva).

La decisione su tale punto cruciale, da parte della Corte, suscita alcu-ne riflessioni.

In primo luogo, sembra dotare di uno “statuto” autonomo l’illecito tri-butario “comunitario”, quale violazione in grado di contrastare con le esi-genze di effettiva riscossione delle entrate derivanti dall’applicazione delprincipale tributo armonizzato e che giustifica, quindi, un vaglio da partedella Corte di Giustizia (viene, infatti, su tali basi ribadita la propria com-petenza ad esprimersi in esito al rinvio pregiudiziale da parte del giudicesvedese).

In secondo luogo, definisce il principio di ne bis in idem sulla base del-la Carta, disinteressandosi delle interrelazioni con la giurisprudenza dellaCEDU e con il concetto racchiuso nel protocollo aggiuntivo della CEDU,avendo cura di non “invadere” le competenze dei giudici nazionali nellavalutazione in concreto dell’afflittività, purché tale scrutinio non contrasticon le esigenze di cui sopra, e che rappresentano quindi il fulcro, ancorauna volta, che orienta la decisione della Corte.

In terzo luogo, non si occupa di valorizzare il contenuto dell’afflittivi-tà così come enucleata nelle conclusioni dell’Avvocato generale, laddove

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questi pone in evidenza il principio di proporzionalità ed il divieto di arbi-trarietà (par. 95) quali elementi che ostano “ad un esercizio della giurisdi-zione penale che prescinda completamente dalla circostanza che i fatti por-tati all’attenzione di quest’ultima siano già stati oggetto di una sanzioneamministrativa”, mentre su tale profilo di “misura” dell’afflittività ci sonostati precedenti nella giurisprudenza della Corte di Giustizia (50).

In altri termini, la Corte non incide – a differenza di quanto suggeritodall’Avvocato generale – sui meccanismi procedimentali di riconoscimen-to degli esiti di un precedente giudizio e, nemmeno, sulla presenza di unprincipio di “pregiudizialità” idoneo a disciplinare i rapporti tra processopenale e procedimento/processo tributario.

A tali fini, pertanto, potrebbe anche concludersi affermando che taledecisione della Corte contribuisce a delineare alcuni princìpi-parametri fon-damentali di riferimento per enucleare i caratteri della figura di “illecito tri-butario comunitario”.

Da ciò dovrebbe peraltro logicamente derivare una responsabilità del-lo Stato membro che non garantisca l’applicazione di sanzioni “effettive,proporzionate, dissuasive” (cfr. par. 36) per contrastare le violazioni ri-guardanti le imposte armonizzate (ma di ciò, come sopra accennato, la sen-tenza non parla).

(50) In tal senso, può riferirsi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha inteso li-mitare l’ambito applicativo delle sanzioni tributarie ai soli casi in cui sia presente una reale “of-fensività” della condotta, rispetto all’ordinamento comunitario (sentenza Ecotrade, in causa C-96/07); seppure trattasi di diversi profili, essi sono accomunati dalla sensibilità rispetto alla“graduazione” della sanzione in rapporto alla violazione commessa e, pertanto, dall’applica-zione nel caso concreto del principio di proporzionalità. Nel caso della sentenza Ecotrade, ve-niva, infatti, considerato non sanzionabile un comportamento del contribuente (inosservanzadi obbligo formale) perché concretamente inoffensivo. Nel caso della sentenza Akerberg, ivicommentata, invece, la Corte – diversamente da quanto suggerito dall’Avvocato generale –non si esprime in merito alla necessità di considerare le sanzioni già irrogate in sede ammini-strativa (se già accertate in via definitiva) al momento dell’irrogazione delle sanzioni conse-guenti al processo penale.

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La decisione della Corte, invece, induce a svolgere alcune riflessio-ni ulteriori sulla portata di tali esiti rispetto alla struttura degli ordina-menti nazionali.

Qualora la normativa nazionale preveda, come nel caso italiano, un“doppio binario”, cioè sanzioni amministrative e sanzioni tributarie per lamedesima violazione, non è in linea di principio incompatibile con i prin-cìpi espressi dalla giurisprudenza comunitaria.

Il Titolo IV del D.Lgs. n. 74 del 2000 si occupa di razionalizzare il rap-porto del sistema dei reati tributari con il sistema sanzionatorio ammini-strativo, in ossequio essenzialmente al principio di specialità (contenutonell’art. 19).

Non si ritiene che possa considerarsi lesivo dei princìpi espressi dallasentenza ivi commentata l’art. 20, D.Lgs. n. 74 del 2000, che prevede lapossibilità di celebrare il giudizio per reati tributari anche se per i medesi-mi fatti sia intervenuta una pronuncia da parte del giudice tributario (51).

Tuttavia, tale considerazione lascia impregiudicata la riflessione sullanatura della sanzione irrogata in sede amministrativa (cioè a dire relativa-mente ai caratteri della sanzione – afflittività – applicata in esito al proces-so tributario).

In questo, poiché la Corte non ha recepito gli spunti dell’Avvocato ge-nerale, non abbiamo una risposta certa ed univoca; pertanto, dovranno es-sere recuperati gli indici elaborati dalla Corte ma – soprattutto – derivantidalla dottrina e dalla giurisprudenza nazionale.

A tali fini, si ritiene che il riferimento della normativa interna a sogliedi punibilità ed al diverso disvalore della condotta, comunque unitaria, po-trebbe condurre a considerare come afflittiva la sanzione amministrativatributaria (seppure in grado “inferiore” rispetto a quella penale).

Ciò potrebbe potenzialmente porre in contrasto con quanto statuito dal-la Corte di Giustizia il contenuto dell’art. 21, D.Lgs. n. 74 del 2000, che

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(51) In tal senso, vedi anche CARACCIOLI, op.cit.

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dispone la sospensione dell’eseguibilità delle sanzioni amministrative tri-butarie, in attesa della definizione dell’esito del processo penale. In tal ca-so, infatti, in caso di condanna penale, si riattiva la procedura per l’irroga-zione delle sanzioni amministrative, con contestuale (potenziale) lesionedel principio di ne bis in idem.

Invero, tale preoccupazione, sollevata anche recentemente (52), po-trebbe ritenersi attuale nel nostro ordinamento, in virtù dell’assorbimen-to della sovrattassa nella pena pecuniaria, successivamente alla riformadel diritto sanzionatorio amministrativo (e quindi del riferimento non al-la mera sanzione civile – sovrattassa – ma anche alla sanzione ammini-strativa connotata da caratteri di afflittività), laddove la sentenza dellaCorte di Giustizia si riferisce espressamente alla “sovrattassa” ed alla“sanzione penale”.

Al fine di non cadere, tuttavia, in un pericoloso rincorrersi di formali-smi, si ritiene che – sulla base dei princìpi espressi dalla Corte di Giusti-zia nella sentenza ivi commentata – per quanto attiene il rapporto tra si-stema sanzionatorio amministrativo tributario e sistema sanzionatorio pe-nale (seppure potenzialmente riconducibili ad un unicum sistema sanzio-natorio tributario) (53), possa essere potenzialmente ravvisabile il rischiodi incompatibilità comunitaria delle disposizioni nazionali di coordina-mento tra i due sistemi.

Questa considerazione, invero, può essere ritenuta attuale in quanto igiudici comunitari non si sono espressi in merito alla “intensità” della mi-sura sanzionatoria, come invero suggerito dall’Avvocato generale; sola-mente un’indagine condotta sulla base di tale specifico criterio ermeneuti-co, infatti, è idoneo a consentire un giudizio più compiuto sulla configura-bilità di potenziali lesioni del diritto comunitario.

(52) Cfr. FEDERICO – STELLA, Il principio del ne bis in idem e la regola della specialitànell’apparato sanzionatorio tributario, il fisco, 2013, p. 2161 ss.

(53) Cfr. per una ricostruzione dell’ordinamento tributario come “sistema” e dei “sotto-sistemi” ivi riconducibili, BORIA, Il sistema tributario, 2009.

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L’applicazione delle sanzioni tributarie, in tale ottica, fornisce un sup-porto importante ma di stretta competenza nazionale a tale principale fine,che pertanto connota lo spirito ed il contenuto della decisione.

Nella controversia che ha riguardato la società austriaca Texdata, in-vece, la struttura della fattispecie ha impedito al giudice comunitario di svi-luppare ulteriori considerazioni riguardanti, in particolare, la natura di san-zioni formali; il richiamo offerto alla precedente giurisprudenza in materiadi ne bis in idem, compiuto in particolare dall’Avvocato generale, risultatuttavia particolarmente utile al fine di collocare anche tale pronuncia nelmedesimo filone, che conduce alla valorizzazione del rispetto dei diritti fon-damentali quale presupposto logico e sistematico per consentire l’interventodella Corte.

L’incertezza dei confini tra sanzione amministrativa e sanzione pena-le, in considerazione della sostanziale omogeneità della fattispecie prodro-mica alla violazione (nel caso trattato dalla Corte di Cassazione nella sen-tenza n. 20266 del 2014, sopra analizzata) confermano comunque la pre-senza di una vasta area di possibile censura, in sede comunitaria, delle san-zioni irrogate per la medesima fattispecie.

Inoltre, la presa di posizione della Corte di Cassazione, che ridimen-siona e circoscrive ad una fattispecie eccezionale l’applicazione del prin-cipio del ne bis in idem in caso di applicazione di sanzioni amministrativee penali, svaluta la portata applicativa della CEDU nel nostro ordinamen-to giuridico (54), e conferma la scarsa sensibilità alla giurisprudenza co-munitaria, che pure ha espresso in linea di principio un concetto solo ap-parentemente diverso, in concreto, da quello contenuto, da ultimo, nellasentenza Nykanen.

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(54) Trattasi, invero, di orientamento autorevolmente rappresentato dalla sentenza dellaCorte Costituzionale, n. 80 del’11 marzo 2011, che esclude la riferibilità alla CEDU del para-metro di cui all’art. 11 della Costituzione e, pertanto, del potere-dovere del giudice di non ap-plicare le norme interne contrastanti con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Cfr.,anche su tale punto, la Relazione n. 35 del 2014 del Massimario della Corte di Cassazione, cit.

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In tale contesto, è pertanto particolarmente significativo ed utile, so-prattutto per le ricadute di ordine pratico, che la c.d. “delega fiscale” (55)abbia posto attenzione alla riorganizzazione del sistema sanzionatorio inmateria tributaria.

La riorganizzazione della disciplina delle conseguenze sanzionatoriein materia tributaria può essere l’occasione per un recepimento nell’ordi-namento interno dei princìpi di tutela dei diritti fondamentali posti a fon-damento delle decisioni comunitarie ma anche della CEDU (da ultimo, pro-prio la sentenza Akerberg, sul versante comunitario, e la sentenza Nykanen,per quanto attiene la CEDU) che offrono rilevanti spunti per la valutazio-ne di compatibilità della normativa domestica con i princìpi comunitari econ i princìpi della CEDU.

Tali spunti devono trovare una piena attuazione, non solo per motivi dicoerenza del sistema sanzionatorio, non adeguatamente considerati, sino-ra, dal Legislatore, quanto sulla scorta del rischio di incremento dei ricor-si per asserita violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uo-mo, che possono trovare un importante supporto nella sentenza Nykanen eche potrebbero pertanto riguardare numerose fattispecie, sanzionate sia nelcorpus del diritto sanzionatorio amministrativo, che nel contesto delle vio-lazioni penalmente rilevanti.

(55) A.S. n. 1058, “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale piùequo, trasparente e orientato alla crescita”, art. 8 Revisione del sistema sanzionatorio; per unaparziale critica al progetto di riforma cfr. MARELLO, op.cit., p. 287 ss.

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