LA TEMPESTA RISVELATA di Giacomo Maria Prati 7 febbraio 2013

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La Tempesta “risvelata” l’enigma continua… di Giacomo Maria Prati 7 febbraio 2013 Scrivere sui significati della “Tempesta” di Giorgione dopo il prezioso volume di Marco Poli sembrerebbe veramente temerario. Eppure i grandi capolavori sembrano enigmi difficilmente esauribili e questo vale massimamente per la nostra opera: il più enigmatico dei capolavori. Il libro “la Tempesta svelata” di Marco Poli è un saggio che denota la finezza e la cultura del suo autore ed è utile per fare piazza pulita di tutte le vecchie letture mitologiche sulla “Tempesta” ma non centra il proprio obiettivo: il dipinto resta enigmatico e le tesi di Poli sono eccessivamente pluraliste: il quadro in poche parole secondo Poli è un sogno filosofico, ma anche una descrizione di fatti naturali ma pure cela un codice politico e militare, oltre a veicolare allusioni ad Iside. Insomma: un guazzabuglio di risposte. Troppe. L’opera non viene riportata ad unità. Resta spezzata ed enigmatica. I ragionamenti di Poli si basano su sovrapposizioni tipologiche che non permettono di focalizzare sulle unicità e specificità dell’opera. E’ il solito difetto di una certa indagine iconologica non chiaramente fondata metodologicamente. Vogliono imitare Panofsky ma errano in quanto il procedere di Panofksy funziona se devi confrontare due modelli fra di loro, o comunque più forme tipizzanti, mentre qui il problema è non “fuggire” dall’opera ma “restarci dentro” e “portarci dentro” altri linguaggi compatibili. Se invece si tende a ridurre le forme del dipinto ad altri modelli si opera una semplificazione riduzionistica che banalizza l’opera e la fraintende per forza, perché “la usa” e non la interpreta. La mia tesi invece riesce a dimostrare, sempre per sovrapposizioni e confronti, il perché di tutti i dettagli del dipinto. Il mio metodo invece è molto semplice ma pure molto rigoroso ed efficace. Semplicemente io leggo l’opera tramite l’opera. Cioè la leggo senza tralasciare nulla, senza “usarla” per dimostrare tesi precostituite ma

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La Tempesta “risvelata”

l’enigma continua…

di Giacomo Maria Prati

7 febbraio 2013

Scrivere sui significati della “Tempesta” di Giorgione dopo ilprezioso volume di Marco Poli sembrerebbe veramente temerario.Eppure i grandi capolavori sembrano enigmi difficilmenteesauribili e questo vale massimamente per la nostra opera: il piùenigmatico dei capolavori. Il libro “la Tempesta svelata” diMarco Poli è un saggio che denota la finezza e la cultura del suoautore ed è utile per fare piazza pulita di tutte le vecchieletture mitologiche sulla “Tempesta” ma non centra il proprioobiettivo: il dipinto resta enigmatico e le tesi di Poli sonoeccessivamente pluraliste: il quadro in poche parole secondo Poliè un sogno filosofico, ma anche una descrizione di fatti naturalima pure cela un codice politico e militare, oltre a veicolareallusioni ad Iside. Insomma: un guazzabuglio di risposte. Troppe.L’opera non viene riportata ad unità. Resta spezzata edenigmatica. I ragionamenti di Poli si basano su sovrapposizionitipologiche che non permettono di focalizzare sulle unicità especificità dell’opera. E’ il solito difetto di una certa indagineiconologica non chiaramente fondata metodologicamente. Voglionoimitare Panofsky ma errano in quanto il procedere di Panofksyfunziona se devi confrontare due modelli fra di loro, o comunquepiù forme tipizzanti, mentre qui il problema è non “fuggire”dall’opera ma “restarci dentro” e “portarci dentro” altrilinguaggi compatibili. Se invece si tende a ridurre le forme deldipinto ad altri modelli si opera una semplificazioneriduzionistica che banalizza l’opera e la fraintende per forza,perché “la usa” e non la interpreta. La mia tesi invece riesce adimostrare, sempre per sovrapposizioni e confronti, il perché ditutti i dettagli del dipinto. Il mio metodo invece è moltosemplice ma pure molto rigoroso ed efficace. Semplicemente ioleggo l’opera tramite l’opera. Cioè la leggo senza tralasciarenulla, senza “usarla” per dimostrare tesi precostituite ma

cercando nell’opera stessa, quale visione spirituale, le ragionidelle soluzioni ai suoi enigmi. Non tutto si può così spiegare mamolto si può chiarificare e si riesce soprattutto ad individuare”dove cercare”, cioè a risolvere il primo dei problemi. Questo miometodo di lettura sistematico/olistico/anagogico mi ha portato aiseguenti risultati: so perché la donna ha quell’espressionestrana, e so chi è e so perché è stato fatto il quadro, e possodimostrare quale sia il contesto in cui è stato commissionato: insintesi posso anticipare che il quadro è una celebrazione dellapolitica e del ruolo imperiale di Venezia, ed è pure un accusacontro il Papa e nel contempo una richiesta di alleanza contro iTurchi. E so in quale anno è stato fatto. Poli si concentra sultema politico dell’attacco imperiale a Venezia, mentre non cogliel’essenziale per i tempi veneziani di allora: il pericolo turco,molto più pericoloso di quello imperiale. Un dipinto quindi cherappresenta un preciso messaggio politico del governo di Veneziaverso il Papa, al fine di chiedere aiuto contro i Turchi,ricordando nel contempo il ruolo fondamentale di Venezia qualebaluardo della Cristianità. Un monito e una richiesta, un misto diavvertimento e di supplica. Appare così risolto il senso disottile apocalitticità che chiunque evince da una sola occhiata alcapolavoro che quasi trabocca una strana tensione mista ad unalone allusivo. La parte debole dell’opera preziosa di Poliinoltre penso si debba rintracciare anche nella pretesa di averindividuato in Cristoforo Marcello il nesso di congiunzione fra ilcommittente, il governo veneto incarnato in una sua potentefamiglia patrizia, e la corte papale. Se infatti il dipintorappresenta quella che potrebbe definire in modo poetico: una“lettera diplomatica in figure” allora ne consegue qualecorollario logico che deve necessariamente essere esistito unpreciso destinatario storico che avrebbe potuto/dovuto ostendereil dipinto presso influenti consiglieri del Pontefice al fine disensibilizzarlo sull’utilità di mutare la politica verso Venezia.Un raffinato e astuto omaggio contenente un codice di letturasuggestivo quanto chiaro e preciso, in perfetto stile veneziano.L’anello debole della “Tempesta svelata” deriva dalla debolezzadel ruolo politico di Cristoforo Marcello presso la corte papale afronte di un impegno politico così importante veicolato dal

dipinto, in quanto il Marcello diventa protonotaro apostolico solonel 1507-1508 e quindi la data di composizione dell’opera sisposterebbe pericolosamente nei pressi della data della morte diGiorgione. Va considerato infatti che è improbabile quale tempo dicomposizione dell’opera il periodo 1501-1503 in quantocorrispondono ai tre anni di pace con i Turchi, pur incerta epagata a caro prezzo, mentre la Lega di Cambrai, che aggrava lasituazione di Venezia, viene inaugurata solo nel 1509. Il contestoproblematico con i Turchi e con il Papa per via della contesaRomagna/Polesine e dell’incertezza papale sull’indizione di unanuova Crociata, che favorirebbe Venezia, è già maturo alla primacalata dei francesi in Italia, quindi l’arco di possibilecomposizione dell’opera va allargato. Perchè poi Venezia avrebbeaffidato a Cristoforo Marcello l’utilizzo politico del dipintoquando avrebbe potuto rivolgersi più direttamente ai variambasciatori della Serenissima che stazionavano a Roma o vipassavano sotto Innocenzo VIII o Alessandro VI? Il periodo dicomposizione dell’opera infatti va prudenzialmente collocato in unarco temporale che va dagli ultimissimi anni del quattrocento,quando cresce il pericolo francese e nel contempo il pericoloturco con la ripresa delle ostilità con Venezia nel 1499, e iprimi anni del 1500 quando era impellente l’urgenza di premere sulPontefice affinchè tornasse alleato di una Venezia che subiva unaseria “ansia da accerchiamento” che minava il proprio impero. Allafine di questo saggio indicheremo due ulterioei dati che cipermettono di ipotizzare la data della primavera del 1500 qualeperiodo di realizzazione più probabile del dipinto. Non solo: sela Tempesta è strumento di un messaggio politico allora l’uomo deldipinto, il “Mercurio”, cioè il nunzio latore del messaggio,andrebbe ricercato utilizzando come indizio i colori bianchi erossi del suo vestito, le cui evidenti schematicità portano apensare ad un blasone araldico di riconoscimento. Che sia un“Mercurio” infatti ce lo dice la più antica intitolazione deldipinto stesso nella cinquecentesca raccolta Vendramin, oltre cheun indizio sottovalutato: la decorazione sul muro alle spalledell’uomo mutuante chiaramente il proprio schema dal caduceo diHermes. Da una breve ricerca sugli stemmi veneziani o di chi inquel contesto svolgeva un ruolo politico-militare per Venezia,

saltano fuori molti ottimi pretendenti al ruolo che Poliattribuisce un po’ troppo frettolosamente al Marcello. Fra imolti, tutti con stemma con i vermiglio e bianco, ricordiamo:Antonio Bon dell’omonima famiglia patrizia di Venezia, politico emilitare ricordato dal Guicciardini, un esponente della famigliapatrizia Ghisi, che avevano interessi e domini in Eubea,minacciata dall’avanzata turca, il nobile Andrea Foscolo,anch’egli ricoprente un ruolo politico per Venezia, Giovanni Emo,politico e militare già dipinto dal Bellini, l’ambasciatore perVenezia Niccolò Zorzi, con un nome curiosamente uguale a quello diGiorgione, lo sfortunato condottiero Antonio Grimani, esiliato,latitante e poi riabilitato, oppure, infine, un Malatesta comeRoberto o come Pandolfo, al servizio di Venezia, negli ultimi anniprima dell’occupazione di Cesare Borgia o appena dopo nel senso diuna parallela rivendicazione di Rimini, mai tenuta stabilmentesenza Venezia. I Malatesta fecero da capitani di ventura perVenezia e Sigismondo pochi anni prima andò a combattere anche inMorea contro i Turchi, in una fase drammatica fase di quellacontinua crociata difensiva che fù la storia della Serenissima neisecoli. Dal massacro di Otranto del 1480, anzi da un certo puntodi vista fin dalla caduta di Costantinopoli del 1453, ladialettica Turchi/Venezia non cessa di crescere in drammaticità edavvicinamento geografico fino alle inquietanti incursioni turchein Friuli degli ultimi anni del Quattrocento. Se quindi Poli hagiustamente individuato il contesto politico dell’opera, tuttaviaben lungi siano dal definirne i precisi contorni in quanto abbiamotroppi pretendenti al ruolo di difensori di Venezia contro iturchi e di interlocutori del Pontefice. Un altro indizio davalutare nuovamente penso sia lo stemma del carro posto sulla casaturrita di destra. Certamente corrisponde perfettamente allostemma della famiglia Da Carrara di Padova e certamente ancora afine quattrocento i discendenti della famiglia brigavano perriottenere la città da loro persa per colpa di Venezia. Ma nonappare credibile che di fronte alla terribile minaccia turca sichiedesse al dipinto anche di lanciare un avvertimento contro i DaCarrara, le cui rivendicazioni non penso posso aver intimorito opreoccupato seriamente la Serenissima. Piuttosto l’astuzialinguistica dei Veneziani potrebbe aver usato lo stemma dei Da

Carrara per alludere ad un Pontefice connesso con la città diCarrara quale fu ad esempio Innocenzo VIII, con una vera e propriaminaccia “per via araldica”. Che lo stemma del palazzo di destrasia da connettere ad una minaccia sembra evidente, lo ricordiamo,per il fatto che il tetto del palazzo si mostra mezzo distrutto,plausibilmente da un precedente fulmine o colpo di vento dellamedesima “Tempesta”, turca o divina poco importa a livellosemantico, e sulla parte del tetto residuato sosta una biancacicogna, segno di intelligente attesa. Alla bianca cicogna, nomedi una famiglia patrizia della Serenissima avente interessi inoriente, altro pretendente credibile quale committente dell’operao nuncius del suo messaggio presso il Papa, corrispondesimbolicamente e narrativamente la donna con la bianca mantellina.La donna, nuda e biancovestita, appare del tutto conforme alleallegorie della carità o dell’equivalente sapienza, cheteologicamente è una forma di carità, ma il contesto teleologicodel dipinto deve portarci a sovrapporre alla prima allegoria unaseconda facile trasposizione: Venezia stessa. I connotati cosìapparentemente anomali nella figura di donna vanno prima riportatialla loro semplicità e poi ricomposti. Una donna nuda, madre, eposta su di un prato, come fuori da una città che diventapaesaggio su cui incombe una terribile tempesta. Il messaggiopolitico regge anche questa duplice stranezza e la attraversa sela consideriamo quale allegoria di Venezia regina e nutrice deipopoli e delle acque che sta per ridursi a causa dei turchi e deifrancesi a donna desolata, spogliata, denudata, ed esiliata. Losguardo della donna infatti è una sguardo che esprime profondasollecitudine e attenzione, come in un silenzioso monito, in unasottile e sapiente lamentela che mescola desiderio di sollecitareuna risposta ad una calma regale e prudente. E’ la donna il motoreimmobile di tutta la tensione che avvolge la rappresentazione, èil suo sguardo che agita sottilmente come un potente magnetel’intera opera. Questo effetto è potenziato infine dalladialettica fra lo sguardo della donna, la sua nudità e la suaanomala postura e ubicazione. Il fulmine stesso che attraversa ilmezzo del cielo della scena sembra una diretta conseguenza,anticipata in figura, della collera che il restare indifferenti alrichiamo della Donna può suscitare. Collera divina attratta dalla

calma e pura collera della Donna stessa. Siamo in presenza quindidi una nudità allegorica di tipo mistico, metafisico, e nonsemplicemente di un allegoria morale. Che possa oggi per allorascandalizzare questa allusione audace a Venezia/Madonna derivadalla nostra non completa visione della libertà espressiva e dellavisione spirituale dei secoli andati, molto meno puritani eossessionati dalla morale sessuale e al sesso di quanto siamo noimoderni. Un esempio per tutti fuga ogni riserva mentale di tiporetroperbenista: lo stupendo “Cristo incinto” di LudovicoMazzolino, segnalatomi per i sensi ermetici dallo studiosoRiccardo Magnani; opera esprimente a mio parere anche un altissimae ortodossa teologia della misericordia divina, in quantoscritturalmente espressa anche per immagini femminili, comeinsegna lo stesso Cantico dei cantici. Che la donna quindi ancheistintivamente possa allora, e ora per allora, rinviareall’immagine della Madonna, appena “mascherata” dall’inusualelocation e dall’ancor più audace povertà di vestimenti, pensopossa essere un effetto che possa essere “sfuggito” all’attentaregia “psicodinamica” dei committenti dell’opera. La “marianità”di Venezia ci porta allo stesso risultato. Come Maria difende leanime e la Chiesa così Venezia difende i regni cristianidall’avanzata turca. Certamente uno “shock” iconologico potrebbeessere stato voluto quale rafforzamento dell’intenzionalitàpersuasiva dell’affascinante dipinto. Se il Papa non avesseaiutato Venezia sarebbe stato come lasciare in povertà e abbandonola Madonna stessa! Mossa audace ma non eretica né blasfema,motivata dalla gravità delle circostanze. Ma l’arte antica èpolisemantica per tradizione e per vocazione per cui nulla di malenel vederci magari anche Dorotea Malatesta o altra nobildonna proVenezia, atta a suscitare tenerezza. Certamente nessuna donnastorica potrebbe giustificare l’inquieta animazione dellarappresentazione se non spostandosi ad un pianomistico/metastorico. La percezione della storia non era allorameramente cronachistica ma era sempre accompagnata, nei grandieventi, da una lettura teologica provvidenziale-apocalittica,connaturata ad una società organicamente cattolica e così saràfino alla rivoluzione francese/industriale. Troppa spesso lacritica artistica si dimentica la visione spirituale di fondo,

cattolica, che ha sempre retto la Cristianità cioè quello che si èscoperto essere l’”Ancient Regime” solo a rivoluzione compiuta. Aconferma del possibile incrocio fra discorso sui Turchi e discorsosul controllo veneziano di Rimini, confinante con il Patrimonio diSan Pietro, abbiamo i colori araldici del “Mercurio”, checorrispondono a quelli, fra i molti, dei Malatesta, e l’edificiosullo sfondo, quello recante il leone di San Marco, che ricorda ilTempio malatestiano di Rimini, capolavoro di Leon BattistaAlberti. Il disegno originale dell’edificio infatti lo sviluppavain altezza a mo’ di parallelepipedo, e, in ogni caso, il curiosoincrocio del triangolo con dei contorni generali di tipo“templare”, cioè propri di un edificio complessivo alieno daicanoni dell’edilizia sacra come di quella patrizia, e noncorrispondente ad una porta o ad una arco di trionfo, può portaread una citazione politica riminense dal messaggio chiarissimo,quasi letterale: Rimini appartiene alla Serenissima, cioè in altreparole: Venezia può minacciare il dominio papale. Confermadell’impostazione politica del dipinto ma pure della difficoltà diprecisare il volto del committente/tramite dello stesso, latroviamo passando in rassegna i Dogi e le famiglie dogali delperiodo i quali sono tutti accomunati dalla gestione dellaquestione dei rapporti con i Turchi e dalla questionedell’espansione in Romagna e quindi dei rapporti territoriali conil dominio del Pontefice: da Agostino Barbarico a GiovanniMocenigo fino a Leonardo Loredan, ma senza dimenticare AndreaVendramin, la cui sfortuna in guerra unita agli ottimi rapporticon il Papa Sisto IV potrebbero ex post portare a pensare aiVendramin discendenti quali committenti del dipinto in quantofautori di una “rivincita” famigliare e politica pro alleanzaVenezia/Roma, per lavare l’onta del recente smacco da loro sentitocome macchia sulla gloria della famiglia. Incidentalmentericordiamo che la certezza del messaggio diretto al Papa contenutonel dipinto la troviamo nella Chiesa dipinta sullo sfondo vicinoall’albero e nella chioma dell’albero stesso: si tratta conevidenza del Duomo della Roccia di Gerusalemme, posto sullaspianata del Tempio, e rappresentato da Giorgine con certosina eimpressionante precisione. La chioma dell’albero che incombe sullaChiesa per antonomasia, e Roma è la “nuova Gerusalemme”, non a

caso presenta un anomala e simbolica forma a falce di lunainclinata, proprio per metaforizzare la minaccia turca che incombesu tutta la Cristianità. Con questi due delicati e sapientidettagli il dipinto esprime chiaramente e potentemente il ruolo diVenezia quale difensore della Cristianità e del Papa stesso. LaChiesa fra Gerusalemme e il possibile Tempio Malatestiano sembrainvece stranamente la chiesa di S.Ambrogio di Milano. Su questoaspetto andrebbe portata avanti un indagine accurata. Certamentein tre edifici dello sfondo, posti in vicina sequenza, nonrappresentano dei meri orpelli come gli altri che sostanziano ilpaesaggio rubano, ma appaiono intensamente eloquenti. Conclusaquesta fase di precisazione non possiamo non prendere inconsiderazione l’altro dibattutissimo aspetto semantico deldipinto, cioè il suo essere espressione di una cultura ermetica.Che in un dipinto possano convivere più livelli narrativi nonappare una novità ma, anzi, sembra quasi una costante dei grandicapolavori. Basti pensare ai sensi astrologici e religiosi delCenacolo di Leonardo e ai significati cristiani e neoplatonicidella Primavera di Botticelli. Due culture in entrambi i casiconvivono armoniosamente. Che si tratti infine di nu aspetto che èdoveroso considerate ce lo insegna l’intitolazione originale deldipinto che abbiamo appena sopra ricordato: Mercurio e Iside.Certamente potrebbe trattarsi di una denominazione erronea dovutaad una rapida obsolescenza dell’intenzione semantica originaria,in quando elitaria nella committenza e nella destinazione, maquesta pista appare non così probabile vista l’antichitàdell’intitolazione, la sua corrispondenza con la raccolta al cuiinterno era conservata l’opera, e la buona corrispondenzalinguistica fra le due figure e i personaggi mitologici. Che poiHermes fosse anche utilizzato quale metafora di Cristo e Isidequale prefigurazione di Maria non appare anche questa voltascandaloso in quanto la cultura cattolica ha semprericristianizzato, anche nel cristianesimo sincretistadell’umanesimo più innovatore, il patrimonio linguistico delleantichità. Il problema delle letture ermetiche, o meglio“ermetiste”, del dipinto è dato o dalla loro genericità, che nonriporta ad unità organica la narrazione del dipinto, oppure dalloro “eccesso di zelo” che porta a risultati che Umberto Eco

giustamente stigmatizzerebbe quali “derive ermeneutiche”,“sovrainterpretazioni” cioè “usi” dell’immagine mascherati dainterpretazioni. Eppure molto sembra esserci ancora da dire inquanto mi sembra che questa scuola di lettura non abbiascandagliato con la massima attenzione i dettagli del dipinto e sisia fatta prendere invece da una “ansia da prestazione” volendogiungere subito a frettolose conclusioni. Possiamo anche elencaretutti gli elementi “anomali”del dipinto al fine di giustificare“la pista ermetica”. Si tratta di ben 17 elementi che possiamodenominare “metadiscorsivi” nel senso che appaiono muti o irrelatioppure non conferenti rispetto ad uno sguardo letterale e “piano”sul dipinto quale racconto. Questi elementi sono figure singoleoppure relazioni fra figure o entrambe le realtà. Eccoli:

1. l’uccello bianco sul tetto del palazzo sulla sponda destra.Appare un elemento anomalo in quanto non ha un rapportoevidente con il resto, è appena visibile, e non sembrarelazionarsi con altri elementi

2. l’edificio a cupola. E’ un architettura orientale checontrasta con il resto del paesaggio urbano

3. la chiesa con torre vicina all’edificio a cupola, anch’essomolto preciso nella sua spiccata identità ma apparentementeinconferente con il proprio contesto, a differenza deglialtri edifici che intessono il panorama urbano dello sfondo

4. il palazzo rettangolare con lo stemma della Serenissa

5. l’albero con la chioma curva. E’ forma innaturale che indicaun messaggio, un segnale.

6. il ponte ha quattro pali e porta al palazzo sulla cuifacciata abbiamo uno stemma con quattro ruote e quattro merliin cima. Curiosa “coindicenza”.

7. l’uomo con il bastone forma un elemento duplice, come ledoppie colonne spezzate, e le due arcature della decorazionedel muro. Curiosa “coincidenza”.

8. abbiamo due grossi edifici ai lati del fiume entrambi con laparte superiore rovinata, distrutta da cause noncomprensibili. Considerando anche le due colonne spezzatearriviamo a tre immagini di distruzione.

9. in mezzo alla scena e sul suo fondo si vede una specie distagno scuro e fermo, che contrasta con il fiume di cuisembra continuazione. Dato totalmente isolato. Può accostarsiad esso solo la salamadra scura sul muro di destra.

10. la roccia posta sotto la donna presenta un arbusto seccola cui radice, o ramo inferiore, spezza la roccia e unapianta verde vicina. Entrambi escono dalla stessa roccia.Entrambi presentano biforcazioni a Y, che ritroviamo pure nelraddoppiamento del tronco dell’albero dietro alla donnamentre le due finestre uguali nel primo edificio a destraripetono il fattore di dualità.

11. la donna è nuda in un luogo aperto

12. la donna allatta su di un prato

13. la donna mostra una postura delle gambe e piediinnaturale e non comprensibile, articolate a “doppia squadra”

14. sull’edificio di sinistra c’è una decorazione che appareinutile, e non comprensibile, ma molto precisa nella suageometricità

15. l’animale appena visibile che sale o sta fisso sul murodi sinistra, presenta la stessa anomalia dell’uccello bianco

16. la cometa di luce bianca con scia dorata che giunge dasinistra verso destra sopra il primo edificio di destra

17. le frange simili a gocce presenti solo sul lato destrodella mantella dell’uomo

Proviamo a condurre l’analisi senza tesi precostituite eriguardiamo con calma tutti le figure del dipinto alla ricerca nongià di immediate soluzioni, del tipo di risposte “automatiche” aquiz, dall’esito quasi scontato, come: “Donna” = Mercurio

alchemico e “Uomo” = Zolfo alchemico, ma si tratta di intuire edi ricostruire possibili relazioni che intrecciano uno o piùpercorsi di rispondenze e relazioni interne agli elementidell’opera. Scopriremo così nuovi scenari che sembrano coerenti esignificanti. I irschi da evitare sono la tautologia e,all’opposto, il “salto ontologico”. Partiamo da un sano principio:l’opera d’arte non va forzata, ma “assecondata”, cioè fra più vieermeneutiche non solo va scelta la più semplice e direttabrandendo il celebre rasoio di Occham ma va considerata quale siala strada che meno “usa” l’opera e invece più si adegua ad essa,seguendone la struttura e le specificità. Oggi invece gliinterpreti non poche volte dimenticano il problema ineludibile del“metodo”. Un discorso che non va mai dato per scontato altrimentisi cade nel diffuso vizio della “fuga semantica”, cioè delladigressione che non ha mai fine. Facciamo un semplice esempio. Sedevo analizzare il Cenacolo di Leonardo e mi concentro sul mitomoderno di Leonardo invece che sui committenti e sulle specificitàdel dipinto, e se tratto del contesto culturale e storico delperiodo in senso solo generale ma senza raffrontarlo allespecificità uniche del dipinto stesso, allora inizierò a correrrenel solito “circolo chiuso” della tautologia, alimentando ancorauna volta quella “retorica leonardiana” meno innovativa epertinente dello stesso manierismo leonardesco. Così vale per laTempesta. Se indago la Tempesta alla ricerca di sensi ermetici main realtà ho già una soluzione in tasca che prescinde dall’opera esi riduce ad un semplice schema riassuntivo del concetto dialchimia allora non sto leggendo il dipinto ma sto usando laTempesta quale argomento per comunicare la mia cultura, la miapersonalità o per altri più pratici fini. Se vogliamo “rispettare”l’oggetto dell’indagine dobbiamo noi stessi farci oggetto elasciarci immergere dentro l’unico protagonista certo e assoluto:il dipinto stesso. Tendere quindi a “leggere il dipinto con ildipinto stesso”. Partiamo quindi dall’unico dato certo deldipinto, insieme al magnetismo della donna, cioè il suoarticolarsi in due parti, delimitate dal fulmine e dal fiume. Conquesto sguardo abbiamo già un risultato di evidenziazione dato dalpossibile parallelismo fra fulmine, in alto e nel mezzo, e fiume,anch’esso in posizione centrale e portante rispetto al racconto

figurativo. Proviamo quindi ad analizzare il dipinto seguendoquesta divisione in due scene per poi cercare percorsi dicongiunzione. Iniziando dal protagonista maschile balza agli occhil’impressione di un senso simbolico dei colori delle vesti. Tuttosembra allusivo, anche la postura della gamba sinistra e delbraccio sinistro. La metà sinistra di Mercurio, destra per chiguarda, resta in ombra ed è flessa, mentre il lato destro,sinistra per chi guarda, a appare più luminoso e disteso, inperfetto chiasmo con la decorazione della parete retrostante cheassomiglia molto ad un caduceo e che presenta, invece, il cerchiosinistro più scuro e il destro più chiaro. La dinamica cromaticodell’uomo sembra precisa secondo un alternanza ternaria equaternaria. Il busto lascia il petto con il bianco della camiciae i lati con il vermiglio della mantella. La parte mediana vede lebrache decorate con un reticolo di tre strisce vermiglie cheritagliano quattordici sezioni di color chiaro, più sporco peròrispetto al bianco lucente della camicia. Le calze sono vermigliela destra e chiara la sinistra. La luce sembra provenire dalsinistra ma la resa è innaturale in quanto la testa dell’uomoresta scura, assai brunita. Il nostro “Mercurio” emerge quale uomodegli “incroci” e delle corrispondenze alternate. Tutto è doppio echiaroscurale nel personaggio maschile comprese le sue braccia inquanto la destra è luminosa e regge un bastone perfettamentedritto e illuminato mentre la sinistra è piegata dietro e inombra, e non mostra il bianco della manica. Il braccio sinistraquindi corrisponde nel colore alla gamba destra e viceversa,mentre la luce e l’ombra sono in opposizione incrociata. In unavisione unitaria della dinamica cromatica della figura abbiamo idue colori complementari in uno stato di separazione in basso, incorrispondenza con le gambe, con il vermiglio in uno stato attivoe il color chiaro in ombra, mentre salendo troviamo uno status diintreccio fra i due elementi tramite l’incrocio di tre strisceverticali vermiglie con tre strisce orizzontali e il tutto èattraversato da pieghe a buffetto che sembrano mimare il segnodelle fiamme. Salendo ancora ammiriamo il bianco lucente dellacamicia per poi notare l’alternanza ternaria fra mantella ecamicia. Il tutto è chiuso da una testa scura sia nei capelli chenella pelle, a sua volta richiamante lo scuro delle scarpe.

Geometricamente la figura poi tende al triangolo e lo includeimplicitamente. L’atteggiamento è calmo, nobile e concentrato. Ilnostro Mercurio fa mostra di se in una posizione di riposo adattoad una sosta prolungata. Che cosa fa di preciso? Non è paleseintenderlo. Sembra vigili ma non compie in realtà alcun attodeterminato. La funzione di vigilanza è una istintiva suggestionederivante dalla detenzione dell’asta e dalla posizione di meditatoriposo. Ma potrebbe trattarsi di un “automatismo interpretativo”.L’asta infatti, sia a livello pratico che quale simbolo, puòassumere anche un ruolo misuratorio a livello di spazio e/o ditempo o in abse a duna tavola di valori. Essendo Mercurio l’uomodovrebbe annunziare qualcosa, ma anche sotto questo aspetto nonabbiamo evidenze, oltre a considerare il fatto che l’aspetto diHermes quale nunzio è un dettaglio non predominante nellaricchissima fenomenologia simbolica del nume. Quale Mercurio lafigura maschile potrebbe ad esempio stare ad indicare un rapportodi scambio o un legame, o l’esigenza di misurare qualcosa, come adesempio la profondità dello stagno scuro lì di fronte. E’ indubbioche siamo in presenza di un blasone e non di una figurastorico/ritrattistica dati questi precisi connotati che intessonouna rete di corrispondenze a cui non corrisponde un esplicitanarrazione o una precisa segnalazione. Quali altri elementipossono entrare in dialogo con Mercurio? Certamente la doppiacolonna spezzata e il sottostante muretto rosso. A questogiungiamo confrontando l’analogo color bianco lucente del marmorispetto alla camicia dell’uomo e il simile vermiglio del mattonea confronto con la calza della gamba destra. Altro elemento diraccordo è proprio la “duplicità” che accomuna Mercurioall’elemento di simbologia architettonica. Il tema della “colonnaspezzata” è a sua volta un enigma tradizionale e di solito vienespiegato tramite i vangeli apocrifi quale segno della distruzionedell’epoca degli idoli in relazione all’Incarnazione del Figlio diDio o alla sua entrata in Egitto in fuga da Erode. Nell’arte sacraviene associata infatti convenzionalmente al Natale oall’Epifania. A questa lettura viene incontro la presenza dellacometa che giunge da sinistra. Sul senso possibile della cometa,indicazione preziosissima, anche per la datazione del dipinto,torneremo più avanti. La colonna di per se di solito viene intesa

quale allegoria della forza, oppure, in senso anagogico, qualesegnale che rinvia all’Esodo di Israele dall’Egitto. Il basamentomarmoreo delle due colonne segue infine la direttrice dellosguardo di Mercurio. Siamo appena agli inizi ma già cogliamo tuttal’insospettabile ricchezza di sfumature e di scenario che emergequasi spontaneamente unendo olisticamente un approccio letteraledi illustrazione “fisica” ad uno sguardo iconologico cioè tendentea captare tutte le possibili dinamiche semantiche. Un primorisultato lo individuiamo nella conferma della “mercurialità” delprotagonista maschile. Mercurio quindi di nome e di fatto! Unamercurialità che trova conferma nelle allusioni ignee dellafigura: il volto brunito, le pseudofiammelle delle brache, latorsione triangoleggiante. Probabilmente la complementarietà deicolori delle vesti rimanda anche a sensi araldici, ma soi trattadi colori abbastanza diffusi nei blasoni del periodo, per cui èdifficile trovare corrispondenze. Potrebbe trattarsi di unpatrizio veneto o veneziano impegnato diplomaticamente che hafatto da tramite per il quadro presso la corte papale, oppure diRoberto Malatesta, ultima speranza per Venezia di avere un alleatonello snodo cruciale della Romagna. L’autosufficienza semanticadella rete di relazioni interne ed esterne alla figura è cosìcomplessamente congegnata in unità che resta tale anche in assenzadi risoluzione di un’identificazione storica. Alle spalle diMercurio e più in alto troviamo,come sfondo alla figura maschile,un muro di un edificio diroccato con una decorazione precisa checorrisponde, come già accennato, ad un caduceo, cioè un assoverticale che si duplica in due volute speculari che qui terminanoin due globi/cerchi, uno dei quali ad un attenta analisi,leggermente più scuro dell’altro. Continua la duplicità e lacomplementarietà cromatica: da Mercurio fino alla decorazione delmuro passando per le colonne spezzate, anch’esse epifenomeno diuna rovina. Accanto al lato destro del tacito caduceo intravediamouna lucertola o salamandra che sta fissa in aderenza del muro. Unanimale simbolico, reso con toni scuri e opachi, che si interponefra le colonne e il caduceo. L’allusività del sauro (c’è qualcosadi non allusivo in questo dipinto?) sembra intrattenere unasilente conversazione con solo con il muro ma pure con le colonnee con Mercurio. Potrebbe trattarsi di una tappa di un percorso

semantico ermetico, oppure un accessorio dell’elemento “muro”.Assialmente corrisponde a Mercurio e si identifica con il muro.Difficile la decrittazione specifica del simbolo. Potrebbe essereun blasone araldico, oppure una citazione delle sacre Scritture(Proverbi), o l’espressione di un proverbio veneto oppure, infine,semplicemente una nota decorativa che drammatizza il sensodell’imminente tempesta data l’associazione della salamandra conl’umidità e il suo comparire con la rottura del tempo atmosferico.L’immobilità avvicina questo segno a Mercurio. Una lucertola e unMercurio anomali in quanto colti in un senso di staticità checontrasta con la loro natura mobile, sebbene nella prima umida enel secondo ignea. A naturale conclusione di un rapporto diconsequenzialità ascendente incappiamo alla fine in un altroelemento anomalo e allusivo dato dal grande e svettante albero lacui chioma leggera e agitata mutua la proprio forma in modoassolutamente isomorfico dalla mezzaluna inclinata, tipica insegnadell’esercito turco e delle moschee. Quest’ultima possibile “fase”per ora non può che restare un dato isolato e non comunicante, senon al livello “politico” dato dal rapporto semantico conl’edificio diroccato da cui si protende il muro sopradescritto.L’allegoria è apertissima: la cristianità è come un muro diroccatodietro al quale si agita minacciosa la potenza turca. Un'altrafacile connessione complementare la possiamo evidenziare fra lechiome mosse dal vento e il cielo che minaccia tempesta. Ma questidati appartengono alla lettura politica del dipinto, quindi nonpossono entrare in un approccio altro quale è questo che stiamoconducendo. Mercurio, colonne spezzate, salamandra sul muro,caduceo e albero a forma di falce di luna. Ecco un possibilepercorso narrativo che ci ricorda la logica dei “rebus” e chepotrebbe celare un codice ermetico. Vediamo ora il lato destrodella scena, oltre il fiume. Partiamo dalla donna enigmatica dallosguardo rimproverante. E’ stranamente nuda e coperta sul capo esulle spalle da una corta mantella bianca. Allatta al senosinistro un infante, anch’esso nudo. Alle spalle della vegetazionescura e selvaggia. La figura è appoggiata su di un rado prato checela appena delle poderose rocce rossicce. Abbiamo due possibilielementi di raccordo con la figura femminile. Uno in basso datodalla particolare roccia da cui spunta da una parte un arbusto e

dall’altra una radice che resta nell’aria, e l’altro in alto datodall’uccello bianco che riposa sul rossiccio tetto. Ilparallelismo è semplice e si regge a livello di colori, chiaro surosso, e di senso di femminilità fra l’uccello e la donna, mentreil rapporto fra donna e roccia appare più sottile e criptato manon sembra inesplicabile. La radice sta alla pietra come la donnasta al bambino. La radice infatti “tiene” la roccia/terra, lapenetra, la domina, come la donna è la radice di vita per il bimboe lo domina Paradossalmente possiamo invertire i terminiaccostando il bimbo alla radice che vive nella terra/roccia, comeil bimbo vive avvolto fra le braccia della madre che lo allatta.L’uccello non sembra tanto un ibis ma una cicogna (nome anche diuna famiglia patrizia veneziana) o un airone. Se la donna attendecon urgente esigenza una reazione in chi incrocia il suo sguardo,se sembra attendere un “suo tempo” risolutore, anche la cicognaparimenti sembra attendere, similmente calma ma pure inesorabile.Ecco perciò un'altra “rete” linguistica fata di possibiliconcatenazioni: roccia con radice, donna, cicogna, o viceversadall’alto in basso. Ma l’uccello riposa su di un edificio cheappare mostrare una ricchezza di indizi linguistici che nonsembrano connettibili con la figura femminile. Proviamo quindi acercare una continuità di percorso a partire ex novo proprio daquesto curioso palazzo. Si tratta di un edificio complessoarticolato in due strutture il cui corpo di destra sembra unaporta monumentale la quale presenta quale elemento dominante sullafacciata uno stemma la cui effige mostra un carro con quattroruote. E’ identico allo stemma della famiglia nobile padovana deida Carrara. Il colore del carro e delle ruote è il vermiglio. Laporta rappresenta lo sbocco del ponte che attraversa il fiume.L’intensità semantica della figura è particolarmente densa perchéincrocia tre elementi che indicano il viaggio e il passaggio: laporta, il carro e il ponte. Il corpo di sinistra del dupliceedificio reca una particolarità sul tetto che appare mezzodistrutto, per cui residua come un mezzo triangolo sorretto da duepali. Una duplicità che ricorda quella delle colonne spezzate.Quindi la parte di sinistra del palazzo/porta dialoga con lecolonne spezzate e con l’altro edificio rovinato sul suo culmine,quello dove sosta la lucertola, mentre la parte di destra, la

porta vera e propria, dialoga con il ponte e il fiumenell’opposizione simbolica acqua/fuoco, in quanto il carro è hacolore igneo ed è quaternario come il ponte. Un carro color fuocopuò rinviare al tema del carro di Elìa, caro alla mistica comeall’ermetismo, oppure, più semplicemente alludere ai quattroelementi. Siccome questo edificio simbolico è il primo edificio inbella vista sul suo lato scorriamo lo sguardo risalendo il fiume.Ne troviamo infatti un altro simile poco più oltre inquell’edificio con lo stemma del Leone di san Marco. La lorosimilitudine si articola in quattro aspetti: mostrano sullafacciata uno stemma vermiglio, corrispondono a parallelepipediquadrangolari, presentano un elemento triangolare, presentano unaporta a volta. L’unica differenza è data dal fatto che il secondopalazzo concentra in se stesso l’elemento triangolare e lafunzione di porta apparendo così compatto e più unitario.Probabilmente si potrebbe trattare anche di un esigenza dirappresentabilità poichè sarebbe risultato eccessivamente confusoe disarmonico se si fosse dipinto in maggior stretta specularitàcon il primo in quanto viene dipinto in lontananza, ma certamenteritroviamo i fattori geometrici del primo edificio, come se sitrattasse di una variazione grammaticale del medesimo discorso, diuna permutazione cabalistica all’interno di un processotrasformativo. Un elemento aggiuntivo di rilievo lo troviamo nellascala che va dall’edificio al fiume. Se poi consideriamo ilpalazzo del primo stemma nel suo complesso, inclusivodell’edificio con il tetto mezzo distrutto, allora scopriamoun'altra corrispondenza con l’edificio con lo stemma del Leone diSan Marco, in quanto anch’esso va visto in relazione con le vicinedue grandi torri chiare, una delle quali è merlata come l’edificiocon lo stemma dei Da Carrara. La funzione della porta, inclusa nelmezzo del primo doppio palazzo, appare ora duplicata e separatafra le due torri e il palazzo con il Leone. Il rapporto appareevidente non solo ragionando a livello di scomposizionedell’insieme di partenza ma anche osservando la pienacorrispondenza della dimensione e della collocazione del palazzocon il Leone a confronto con lo spazio della probabile portainterclusa fra le due grandi torri. Fra le due torri che formanola porta e il palazzo abbiano un area dove sembra indirizzarsi il

fulmine che sfavilla in mezzo al cielo della scena. Che poi questidue complessi architettonici siano da considerare quali due tappedella medesima sequenza è circostanza che trova conferma non solonella presenza di uno stemma e nella funzione di porta ma pure nelcolore più brunito della fascia superiore, altro dato “anomalo” enella corrispondenza fra la scala evidente del secondo palazzo ela scala allusa nelle pennellate marroncine che salgono dalportone marrone fino allo spazio fra le due finestre. Che poi ladirezione di lettura ascendente e da destra a sinistra sia quellacorretta ne troviamo conferma in tre segnali efficacissimi: lacometa, la direzionalità della cicogna e del fulmine. Continuandoquesto incedere a mo’ di salmone troviamo, come in una terza tappadi un viaggio iniziatico e trasformativo, un altro edificio cheemana un aura allusiva e simbolica. E’ dato da una facciatatriangolare ampia che ricorda una chiesa dal tetto a capanna convicino una torre/campanile alto e slanciato. La facciatatriangolare è ricca di finestre e di arcate: otto sopra e cinquesotto per un totale di tredici aperture. Sembra che la matreriadei primi palazzi quindi diventi più aerea e leggera. Anche itoni cerulei della torre/campanile rafforzano questa impressionealleggerendo la percezione della stessa, mentre la chiesa presentauna chiarificazione cromatica. Ma la chiesa mostra stranamente trecomignoli di differente altezza sul proprio tetto. Anche in questoedificio quindi la dimensione numerologica e geometrica si rivelaricca e non casuale nella sua precisa e studiata unicità. Seconfrontiamo l’evoluzione dell’elemento triangolare e di quelloquadrangolare nei tre complessi architettonici consideratiricaviamo l’impressione di una progressione trasformativa coerentee dotata di una propria logica interna. L’elemento triangolare,che in alchimia corrisponde al fuoco o al principio attivoindicato con la metafora dello “zolfo”, che nel primo edificioemerge quale semplice accenno nel tetto mezzo distrutto e nellemerlature, sembra crescere di importanza nel secondo edificiodiventano un fattore caratterizzante interno alla facciata, neltimpano dell’entrata centrale, fino ad assumere un ruolopreponderante nella successiva chiesa. Emerge un percorsoparallelo dialetticamente correlato se osserviamo l’evoluzione delfattore quadrangolare. Da elemento strutturale e ossessivamente

ritornante nelle ruote del carro dello stemma del palazzo dipartenza, nel balcone che incrocia la facciata,nel muro delportone di raccordo e nelle merlature, assistiamo ad una suascomposizione e riduzione di importanza nei tre edificiconsiderati fino alla sua “volatilizzazione” e “sottilizzazione”nel terzo “emblema” di quella chiesa che mi evoca Sant’Ambrogio diMilano (ma non abbiamo ancora elementi di significanza inmerito).Nella Chiesa “a capanna” assistiamo quindi ad uninversione dialettica fra il triangolo e il quadrangolo, per cuiil triangolo, segno igneo, cresce e si rafforza, inglobandol’elemento aria, mentre il quadrangolo, segno tellurico, siassottiglia e si “areifica”. Questo avviene anche tramite unprocesso di separazione fra le due dimensioni, prima mescolate.Questa simbolicizzante “fuga all’indietro” ci portainesorabilemente alla sua meta: il fascinoso edificio cubico conla cupola orientale sulla propria cima. Qui siamo fortunati perchéla simbolicità dell’edificio viene veicolata dalla precisioneimpressionante della propria identità storica: si trattachiaramente del “Duomo della roccia” che si erge magnificamente,ora come allora, sulla spianata del Tempio a Gerusalemme. Nonpotevamo sperare un esito più nobile e suggestivo. Se la facciatacon il Leone di san Marco e la Chiesa a capanna lasciano intendereallusioni ad edifici storici particolari, come il Tempiomalatestiano di Rimini e Sant’Ambrogio di Milano, il terzoedificio sacro manifesta la certezza di un identificazione, quellagerosolimitana, che, a ritroso, conferma e illumina tutto ilcammino di lettura simbolica condotto. Il “Duomo della roccia” diGerusalemme esprime il culmine di una quasi completaarmonizzazione fra quadrato e triangolo a sua volta coronata dalsorgere, come sole dalla roccia, della cupola dal cubo del corpodell’edificio. Questo “sorgere” richiama misticamente laresurrezione di Cristo dalla pietra del sepolcro mentre nelcomplesso abbiamo la percezione di una tensione convertitivatendente all’unità fra cerchio, quadrato e triangolo, cioè framercurio, sale e zolfo. Non a caso notiamo, ad adeguatoingrandimento, numerose pennellate di colore ceruleo nella resa diquesta forma,ancor di più di quanto già si nota nella resa dellaleggiadra e quasi incorporea precedente torre Il cielo sembra

attraversare la materia del Tempio con dolce facilità. Il Tempio èterra celestiale, terra resa perfetta e quindi inclusiva anchedelle proprietà del cielo. La pietra filosofale, appunto. Questatriplice visualizzazione corrisponde perfettamente sia al discorsomistico della Gerusalemme celeste, dove la croce si ripiega nelcubo e Dio si riposa definitivamente con la sua circolare cortedentro la città, sia all’immaginario alchemico che visualizza la“Pietra filosofale” nella sua maturità quale quadratura delcerchio e inquartatura del triangolo, come se il centro di tresostanze coincidesse in unità. Il triangolo è infatti presentenelle due ali oblique e scure ai lati della parte superiore delcubo di base e viene ripreso potentemente dall’iscrizione intrasparenza della medesima precedente chiesa dentro il cubostesso. Il cerchio è presente due volte nel mezzo dell’edificio,anche in forma più piccola e luminescente, sospeso sopra lacuspide del triangolo interno. Il pinnacolo della cupola, divangelica memoria (….), incrocia idealmente con la rettaorizzontale del tetto dell’edificio, in allegoria implicita dellacroce. La croce inscritta in cercio indica alchenicamente ilsalnitro quale,unione di sale, segno verticale nel cerchio, e dinitro, linea orizzontale nel cerchio. Anche la citazione templare,cioè al Tempio di Gerusalemme, e quindi il richiamo alluso alla“roccia”, cioè alla roccia del sacrificio di Abramo che secondo latradizione giace sotto quella chiesa, pure luogo natale di Adamo,può leggersi quale rafforzata semanticità di sapore ermeticorinviando alla pietra filosofale che si cela dentro ilperfezionamento della materia come la roccia di Abramo sotto ilTempio. Se sovrapponiamo il concetto alchemico di “solve etcoagula” con la convenzionale dottrina del quattro elementi, oumori, e con il concetto di “materia prima” da cui partire nellavoro alchemico, possiamo rileggere tutta la sequenza al completopartendo ancor prima dalla considerazione del ponte. L’acquaattraversata dai quattro pali del sottile ponte di legno mostra uncolore particolarmente inteso, quasi indaco e ceruleo, e questocontesto potrebbe quindi alludere al “lavaggio” dei quattroelementi (terra, aria, acqua e fuoco) allusi dai quattro pali delponte. Dalla prima fase di purificazione si passa ad una possibileseconda fase accennata dal carro dall’igneo colore le cui quattro

ruote, in equilibrata postura e in alta posizione, potrebberosegnalare la rettificazione e armonizzazione dei quattro elementi,Dopo il “solve” una tappa di “coagula”! Ecco spiegata l’ossessionequaternaria del primo edificio, la cui porta in penombra, che nonsi capisce se aperta o chiusa, sembra come incisa da un ponte chericorda la lama di un coltello. Qui la concordanza di immaginaripuò richiamare il tema alchemico della penetrazione oscorticazione della materia. Le “aperture” infatti iniziano ora amoltiplicarsi e reiterarsi: la sottile linea scura del secondoportone, il tetto triangolare mezzo aperto, allusivo magari delfuoco “invisibile” o filosofico, le finestre, le merlature, finoal varco fra i torriori e la scala verso la facciata del Leone.Abbiamo visto poi quanto queste “aperture” si moltiplichino,crescendo verso il basso, nella chiesa triangolare dove la materiasi estremizza in due polarità: un fuoco arioso, la facciata, e una“terra”, la torre, lievitante ma ermeticamente chiusa, senzafinestre. Coincidentia oppositorum. Il tre dei comignoli e dellaforma a “capanna”, verso l’altro e verso il basso, potrebbe esseregiustificato da un allusione all’incrocio fra triangolo ascendentee triangolo discendente,cioè il segno del sigillo diDavide,utilizzato in alchimia per indicare l’equilibrio entro ilquale emerge la pietra filosofale, glorificata dal e nel Tempio.Quattro quindi le tappe prima della gloria aurea finale: solve etcoagula e ancora: solve et coagula. Precisata questa ipotesi dilettura proviamo ora a rileggere anche il primo percorso cheabbiamo pretracciato da Mercurio fino all’albero con la forma difalce di luna al fine di verificare se può riscontrarsi un analogacontinuità organica all’interno di un processo trasformativo chepotrebbe essere incrociato con il linguaggio figuratodell’alchimia, per poi addentrarci nel tema della donna, del fiumee dei segni aerei e per concludere infine con l’illustrarel’ultimo aspetto delle concordanze fra lato sinistro e lato destrodella rappresentazione con l’obbiettivo del riportare ad unitàsemantica l’opera. L’uomo rivela una precisa e accurata rete diindicazioni tramite le sue vesti e i colori. Notiamo inoltre unomogeneità cromatica fra il bruno della testa e il bruno dei piediin posizione triangolare. Cerchio in alto, la testa. e triangoloin basso, agli antipodi, come due polarità poste nel medesimo

habitat e destinate alla fine a congiungersi. E di che habitat sitratti ce lo dice il gioco dei colori e delle trame, cioè unhabitat igneo dove tutto concorre ad esprimere il senso di unfuoco delicato ma tenace che “cuoce” due sostanze in dialetticasegnalate dagli intrecci, dai chiasmi e dalle separazioni fra idue colori fondamentali. Conferma eloquente di questa letturatroviamo negli altrimenti assurdi filamenti penduli, simili anchea gocce stillanti e resinose, che scendono dal bordo destro, perchi guarda, della mantellina vermiglia dell’uomo. Elementi deltutto assenti nell’identico bordo sinistro e che segnalano unprocesso trasformativo in atto. L’impressione generale è quella diun equilibrio dinamico perfetto, vivo, fra umido e secco,passività e attività, ascensione e discensione, dualità eternarietà, come se i principi e gli elementi base dell’operaalchemica stessero preparandosi attendendo finchè siano maturi perprogredire con decisione nelle fasi successive. Lo stessoreticolato igneo 3x3 delle brache, che delimita 14 zone di colorechiaro, presenta una numerologia basata sul 3, sul quattro, e sulsette che può essere vista sia misticamente che ermeticamente. Perragionare sulla “funzione” del nostro Mercurio, che “cuoce nel suobrodo”, fisso, fermo e regalmente calmo, nella sua ricca duplicitàe processualità, non possiamo non considerare la sua perfetta elucida asta inclinata e la direzione dello sguardo. Lo sguardo diMercurio appare misterioso in quanto si direziona verso il voltodella donna ma non sembra rivolgersi a lei; appare distratto,sovrapensiero, anche se concentrato e consapevole. Il suo sguardosembra “oltrepassare” la donna che guarda. I due volti e le dueteste possono relazionarsi in dialettica opposta: quello diMercurio scoperto e scuro, quello della donna chiaro e velato. Icolori di Mercurio richiamano quelli dell’Amato nel Cantico deicantici con le chiome ricce come palma e nere come il corvo e conil vermiglio e il bianco quali colori emblematici e distintivi.Non a caso lo stesso Cantico dei cantici diventa un punto diriferimento per l’immaginario alchemico tramite quel celebre testoalchemico, attribuito a San Tommaso d’Aquino, che abbiamo conl’Aurora consurgens. Anche la Donna mostra un possibile riferimento alCantico dei cantici nelle tracce purpuree della sua chioma.L’altrettanto misteriosa e lunga asta che regge appare nella sua

cima sovrapporsi a foglie curiosamente e innaturalmenteluminescenti, come dorate. Questo segno di perfezione igneatrasformativa ci ricorda gli alberi vicini al Tempio, nella partealta dello stesso lato della scena, probabile allusione alla metagloriosa dell’Opera. A livello archetipico l’asta richiama ilfulmine, è un fulmine “rallentato”, congelato. Non solo, l’astarichiama anche la misurazione quale operazione sacra eapocalittica, come nella scena nell’Apocalisse dell’angelomisuratore e di Giovanni stesso che riceve la “canna” d’oro permisurare e dividere il Tempio dall’atrio dei gentili. Non è quindiun caso che l’asta sia così perfettamente dritta. Si può trattaredi un regolo, altra immagine cara all’arte alchemica, o di unmisuratore della profondità dell’acqua, o dello stagno nero,oppure delle stesse colonne, magari in vista di una ricostruzione.Un Mercurio architetto o pescatore; più che guardiano unvigilante, recante un bastone trasformativo quindi, commutatorio,come lo è quello di Mosè e di Hermes stesso. La direzione dellosguardo è parallela e vicina rispetto alla base marmorea delle duecolonne la quale a sua volta punta verso il petto della Donna. Seritorniamo sul rapporto di corrispondenza fra le colonne eMercurio notiamo ora che una colonna, quella più piccola, è inombra, più scura, e questo innaturalmente perché risulta inveceposta verso il fulmine che dovrebbe illuminarla. Colonnechiaroscurali, come il gioco dialettico dei due colori nelle vestidi Mercurio. Colonne che, insieme con il loro basamento, sembranoun tau rovesciato e formano una croce con il ponte e con ilTempio. Anche qui abbiamo una corrispondenza con il reticolo dellebrache di Mercurio. Un'altra duplicità della rovina è data dallafatiscenza del muretto rossiccio a fronte della nettezza delbianco basamento, lucente come la camicia di Mercurio. Le colonnequindi possono riassumersi in connessione con Mercurio qualeribaltata prosecuzione del medesimo meccanismo trasmutatorio. Seil vermiglio domina sul Mercurio maschio, possibile allusione alcinabro e alla testa di corvo o di morto nel capo del nostroamico, nella tappa delle colonne è il bianco, un bianco“decapitato”, che domina su di un rosso in rovina, in“sbiancamento”. Ebbene queste dinamiche possono trovare pienacorrispondenza nei temi dell’immaginario alchemico quali lo

“sbiancamento”, la “decapitazione”, l’inversione del fuoco versoil basso, cioè l’accensione del fuoco filosofico, antinaturale. Lecolonne con il basamento infatti sembrano quasi “schiacciare” imattoni sottostanti, sbriciolandoli. La rovina si compone diquattro elementi, come i sostegni del ponte con cui incrocia: unsegnale verso il Tempio. La duplicità non mai del tuttoequilibrata ma sempre colta in fase di dinamica mutazione sembratrovare uno status di superiore evoluzione ed equilibrio nellaterza tappa simbolicizzata dal muro con la salamandra, olucertola, e la curiosa decorazione dipinta sopra. Il muro èverdolino, similmente alla vegetazione, e la decorazione mostra unY, tipo caduceo, con due sfere quasi identiche, in quanto quelladi destra è leggermente consumata, come una luna in eclisse. Seleggiamo bene il simbolo ne evidenziamo il triangolo rovesciatoche delimita nel mezzo e le due fasce chiare orizzontali. Il primoschema corrisponde ….il secondo…

L’asta di Mercurio tange la luna quasi piena disegnataallusivamente dai due alberi del fondo. L’albero di destra mimauna falce di luna dimidiale che ribalta verso sinistra ilmovimento dell’arco di destra della decorazione del muro, mentrese visto insieme all’altro albero mima una falce di luna quasiconclusa, tendente al pieno. L’Y con vicina la salamandra, segnodi umidità, può corrispondere all’emblema della fontanamercuriale, mentre l’albero della luna è segno connesso allastessa fontana, oppure a sua volta visualizzazione ermetica qualeunione di sole e di luna, se lo contempliamo in sinergia con lasolarità del Duomo della roccia. Sole e Luna ermetici stannosorgendo per le nozze regali. L’asta e la salamandra indicano ladirezione di sviluppo del processo trasformativo. L’”umido”presente in Mercurio, nello stagno nero e nella vegetazione, sidissecca nell’immagine della lucertola fissa e nel muro sbiadito.Anche questo processo ermetico per figuras presenta, come quello“edificale” della sponda destra del fiume, un alternanza fra“solve” e fra “coagula. Ci resta ora da sottolineare i rapportifra i due lati della scena e da descrivere il tema del fiume e isegni “aerei” per verificare se “tutto si tiene” e se sia

possibile una visione simbolica unitaria. I due lati dellarappresentazione presentano numerosi nessi di corrispondenza orelazione. In primo luogo abbiamo già visto come i dueprotagonisti mostrino elementi complementari e invertiti in meritoalla simbolicità dei colori utilizzati. In Mercurio domina ilvermiglio e un bianco lucente prende il petto della figura, mentrenella misteriosa Donna è al contrario il “bianco” a dominarementre il vermiglio/porpora compare quale accenno nelle chiome chesi intravedono. Lo sguardo di Mercurio conduce verso la Donna,mentre il piede destro della Donna conduce verso l’edificio su cuipoggiamo le colonne spezzate. Entrambe le figure sono divise da unenigmatico stagno nero a loro vicino, ed entrambe sono immerse nelverde; la Donna compare con un albero e degli arbusti a leivicini e Mercurio anch’esso giace appena davanti ad altri arbustie con un muro verdolino di sfondo. Il dialogo fra i due non puòcerto ridursi ad un dialogo che risponde a funzioni/ruoli naturalio discorsivi ma deve riportarsi a ruoli allegorici ed emblematici.Se analizziamo più in profondità il dipinto ci accorgiamo di altrisottili “fili” che intessono relazioni fra le due metà. Il tettotriangolare spezzato ha lo spiovente esterno la cui linea conduceal ventre di Mercurio, mentre il Tempio alla fine della rivadestra, per chi guarda, appare vicino all’albero “lunare” chesvetta sopra Mercurio. Abbiamo accennato già inoltre al doppiochiasmo che incrocia tutto lo spazio del dipinto fra i due edificirovinati e le due zone vegetative. Abbiamo poi due fattori diintenso scambio narrativo fra le due “sponde” della scena daindividuarsi nel ponte con i suoi quattro piloni e nel mattone chechiude l’acqua del fiume davanti ai due protagonisti. Se il ponteindirizza univocamente verso destra assumendo la forma di unaculeo che penetra la porta scura, alta e stretta del “palazzo delcarro”, a sua volta dialoga con il tempio e con le colonnedisegnando un invisibile croce. La risultante è una croce grecaattraversata da una croce di sant’Andrea a formare una stella adotto punte. Altra concordanza fra l’immaginario mistico con quelloalchemico. Il mattone, dettaglio apparentemente inutile, svolgeinvece un ruolo di narrazione simbolicizzante fondamentale inquanto divide e connette il tema del fiume con quello dei duepersonaggi ed entrambi con l’emblema dello stagno scuro. Se

infatti Mercurio volesse avvicinarsi alla Donna dovrebbe passaresopra al mattone e viceversa si è detto come la linea della piantadel piede destro della Donna indichi il mattone stesso. Questomattone chiude il fiume strozzandolo in un sottile rigagnolo cheforma la densa pozza sottostante, come fosse il risultato di unsetaccio, di un processo di filtraggio di scorie, frutto di unavoluta decantazione. Che vi sia connessione fra il fiumesoprastante e lo stagno inferiore è dimostrato pittoricamentedalle piccole tracce di schiuma che sono tratteggiate nello stagnostesso, similmente alla più evidente schiuma che domina il trattodi mezzo del fiume, quello confinante con la “chiusa” del mattone.Questo elemento, così umile e silente, sembra invece porsi alcentro dei processi trasformativi fra alto e basso e destra esinistra della rappresentazione quale sua chiave di voltainiziatica. Questo si apprezza maggiormente se consideriamol’intero fiume quale processo trasformativo discendente. La primaparte del fiume manifesta un colore intenso e particolare, fral’indaco e il ceruleo. Il ponte attraversa questa zona del fiume edisegna la sua ombra sul fiume stesso. Ad un certo punto l’acquadel fiume diventa, oltre l’ombra del ponte, improvvisamente chiarae azzurrina. Certamente questo accade in quanto il fiume vieneilluminato dal bagliore del superiore fulmine. Ma si rivela deltutto innaturale che il chiarore del fulmine illumini echiarifichi solo una parte del fiume e non l’altra. Ma c’è di più:la parte chiara del fiume mostra nel mezzo un doppio vortice dovel’acqua schiuma e solleva residui di sabbiosa terra per poisgocciolare nel laghetto di pece finale. Una non pocatrasformazione in breve tratto! Se vogliamo leggere ermeticamenteil tutto non risulta difficile. Il primo colore, così intenso ecupo, può rinviare all’antimonio che dilava i quattro elementisintetizzati dai quattro pali del ponte che, non a caso,“sottilizzandosi” esprime la purificazione ed unificazione della“terra filosofica”che diventa come una punta di lama, spigolosa etagliente come il sale. Il doppio vortice orizzontale mescola glielementi e indica il “caos dei filosofi” dove terra ( le impuritàsabbiose), aria (nella schiuma), fuoco (la luce del fulmine), eacqua appaiono mescolate e confuse. Solo il linguaggio alchemicopuò risolvere l’ambiguità e anomalia di questo fiume che appare

veramente ambiguo e “doppio”. Anche il fiume quindi può intendersiquale percorso mercuriale dove il mercurio “precipita” fino allafase di “putrefactio” emblemizzata nel denso e fermo stagno di pece.(citazione di Ariosto sul mercurio che precipita) Proviamo ora aconsiderare tutti i segni aerei nel loro complesso e in relazioneal resto. Abbiamo: la cicogna, la cometa e il fulmine. Che sia unacicogna lo indica il colore bianco e il suo calmo sostare sultetto. Più difficile sostenere che si un ibis a meno di nonsoggiacere passivamente all’ “automatismo pseudoermeneutico” deltipo: Mercurio/Ibis o Iside/ibis. Più ragionevole la tesi che siauna cigogna, anche in considerazione di un possibile rapporto dicorrispondenza simmetrica con la donna che allatta inatteggiamento di attesa.

Che lastra sia una cometa e non una normale stella non mi sembrasia necessario dimostrarlo ma penso sia invece opportuno rinviareall’oculista chi sostiene altro. Un punto di luce bianca con unascia dorata multipla cosa può altro essere? Segno apocalittico erivelativo, la cometa drammatizza la scena ma potrebbe conferirleinvece al contrario un senso di maggiore speranza se connessa piùsemplicemente con il Natale di Cristo e, magari, con qualcheevento storico positivo per Venezia accaduto in prossimità delNatale. Non vedo altre soluzioni in quanto non sono documentatestelle comete dopo il 1476 e prima del 1532, anche se l’assenza didocumenti, nostro limite, non impedisce che possa esserci stato unanalogo accadimento storico.

Quindi è una cometa natalizia

Numerologia radici roccia: secca: 2,6,3. Verde:3,4.

La doppia ansa della scala allusa dalle pennellate nel primopalazzo: scala che parte dal fondo, dalla porta sotto il ponte persalire fino al ballatoio = regolo graduato.

Riflessi oro in fondo al fiume, come le foglie oro alberi in cimaal fiume

Schiuma all’inizio della parte azzurrina del fiume e in fondo

Tutti i palazzi hanno aperture sul fondo

Graticola nei pantaloni dell’uomo

Le numerose modifiche nella pittura indicano la difficoltà dellaresa ermetica..

Prospettiva degli edifici sulla riva: tutti puntano come triangoliverso il Tempio..

Reductio ad unum

La torre vicino al t. malatestian è una porta: si intravedeapertura…

Il 3 e il 4 dominano tutti gli edifici.

Fra lui e lei:

colori fissità fremente

ternarietà: orizzontale in lui e verticale e a spirale in lei:rosso capelli bianco e rosso roccia

lui reticolo e triangolo

lei tre rami secchi e tre verdi.

la pozza nera: è ignea e ferma e ha schiuma…cercare toni rossicci…è la materia prima ricavata dal setaccio del fiume che diventaelisir dal caos.

uomo: pellegrino/cavaliere/fante di cuori: cerca di capire se leiè rimasta vergine? E fedele? Freme o solo attende il ritorno? Lasorveglia facendo finta di nulla..? compatibile con Malat opatrizio venezian che la segua per riferire…

I sensi della cometa

Apocalisse o natale

Durer

24 dicembre 1499

Il regolo l’asta nell’apocalisse: misurare una separazione unlimite

Il tempo dell’opera? Cosa sta aspettando? (vedremo poi il rapportocon la donna)

Colonne: colore invertito e simile a donna sopra bianco e sottorosso

Perdita di parte della materia il sale corrode il marco saturno

L’umido che sale e si fissa (evaporazione=