Festival Bruniano 20-23 Febbraio 2014, Nola (Campania)

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Festival Bruniano VERITÀ e DISSIMULAZIONE In memoria di Luigi Firpo, maestro agli studi sul Bruno Nola, 20 - 23 febbraio 2014 Coordinamento scientifico: Massimiliano Traversino, Birkbeck College, University of London Comitato scientifico: Angelika Bönker-Vallon, Universität Kassel Maurizio Cambi, Università di Salerno Jean-François Malherbe, Università di Trento Aniello Montano, Università di Salerno Diego Quaglioni, Università di Trento Anton Schütz, Birkbeck College, University of London Massimiliano Traversino, Birkbeck College, University of London per maggiori informazioni: [email protected] – tel. +39.327.4653901 / +39.347.5461957 Monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma, opera di Ettore Ferrari (part.) In collaborazione con COMUNE DI NOLA ISTITUTO ITALIANO PER ASSESSORATO AI BENI E ALLE ATIVITÀ CULTURALI GLI STUDI FILOSOFICI

Transcript of Festival Bruniano 20-23 Febbraio 2014, Nola (Campania)

Festival Bruniano

VERITÀ e DISSIMULAZIONEIn memoria di Luigi Firpo, maestro agli studi sul Bruno

Nola, 20 - 23 febbraio 2014Coordinamento scientifico:Massimiliano Traversino, Birkbeck College, University of London

Comitato scientifico:Angelika Bönker-Vallon, Universität KasselMaurizio Cambi, Università di SalernoJean-François Malherbe, Università di Trento Aniello Montano, Università di SalernoDiego Quaglioni, Università di TrentoAnton Schütz, Birkbeck College, University of LondonMassimiliano Traversino, Birkbeck College, University of London

per maggiori informazioni:[email protected] – tel. +39.327.4653901 / +39.347.5461957

Monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma, opera di Ettore Ferrari (part.)

In collaborazione con

COMUNE DI NOLA ISTITUTO ITALIANO PER

ASSESSORATO AI BENI E ALLE ATIVITÀ CULTURALI GLI STUDI FILOSOFICI

INDICE

3 Calendario e orari del Festival Bruniano

5 Verità e dissimulazione. Un festival per Bruno a Nola, nel ricordo di Luigi Firpo

6 Luigi Firpo, maestro agli studi sul Bruno

8 Per il “Nolano”. Una mostra di Tufano

9 Verità e dissimulazione. Convegno internazionale di studi

11 Temi delle relazioni

13 L'opera sacra di Leonard Meldert. Presentazione dei risultati delle ricerche del Mo Sorini

14 Simone Sorini. Cantore al liuto (tenore), ricercatore, autore

15 L'arte in quanto atto performativo. Tufano presenta Tufano

17 Il fuoco. Tufano incontra Bruno

19 Candelaio di Giordano Bruno. Commedia fastidita in forma di monologo di Angela Antonini e Paola Traverso

21 Lo spettacolo, le autrici, la società di produzione

25 Chi passa per 'sta strada... L'epoca d'oro del Cantore al liuto. Concerto di celebri brani sacri, villanelle in stile napoletano dal repertorio colto di fine '500, frottole e madrigali rinascimentali

27 Il liuto nella storia

28 Gli interpreti: Simone Sorini, Goffredo degli Esposti, Claudia Viviani

29 I luoghi del Festival Bruniano

A destra, il monumento a Giordano Bruno nell'omonima piazza a Nola, opera di Raffaele De Crescenzo

Calendario e orari del Festival BrunianoGIOVEDÌ 20 FEBBRAIO

Chiesa dei Santi Apostoli (o dei morti), via S. Felice 2

Inaugurazione del Festival Bruniano

ore 19.45Aniello Montano, Università di Salerno e Fond. Giordano Bruno, NolaPresentazione dell'evento e indirizzo di saluto ai partecipanti

ore 20.00Performance di Tufano dal titolo:Per il “Nolano”. Una mostra di Tufano

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VENERDÌ 21 FEBBRAIO

Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 9.00/12.30Convegno internazionale di studi, I sessione

Presiede: Massimiliano Traversino

ore 9.00Indirizzi di saluto:Geremia Biancardi, Sindaco di NolaCinzia Trinchese, Assessore ai beni e alle attività culturaliMons. Beniamino Depalma, Vescovo di NolaRicordo di Luigi Firpo, maestro agli studi sul Bruno:scopritura di una lapide commemorativa e inaugurazione dei lavori

ore 9.30Anton Schütz, Birkbeck College, University of LondonLe vicissitudini e le aporie nel confronto fral'opera bruniana e la nozione di modernità

ore 10.15Barbara Amato, Università di MacerataNaturalis philosophia e divina philosophianel Camoeracensis acrotismus

ore 11.00 Pausa caffè

ore 11.15Paul Richard Blum, Loyola Univ. Maryland e Palacky Univ. OlomoucL'Aristotele dissimulato

ore 12.00 Discussione

ore 12.30 Pausa pranzo

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Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 14.30Leonard Meldert. L'ultimo grande maestro fiammingo in Italia.

Presentazione dei risultati delle ricerche del Mo SoriniIntroduce: Angelo Amato de Serpis

ore 15.30 Pausa caffè

Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 15.45/17.45Convegno internazionale di studi, II sessione

Presiede: Maurizio Cambi

15.45Aniello Montano, Università di Salerno e Fond. Giordano Bruno, NolaGiordano Bruno. Tra “teologia civile” e “teologia negativa”

16.30Jean-François Malherbe, Università di TrentoSpunti per una riflessione sulla teologianegativa in Bruno attraverso Maestro Eckhart

ore 17.15 Discussione

ore 17.45 Pausa caffè* * *

Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 18.00/18.45L'arte in quanto atto performativo. Tufano presenta Tufano

Introduce: Michele Napolitano

* * *

Teatro Umberto, via Giordano Bruno 12

ore 21.00 Candelaio di Giordano Bruno.

Commedia fastidita in forma di monologo

Interprete: Angela Antonini – regia e adattamento drammaturgico in forma di monologo a cura di Angela Antonini e Paola Traverso

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SABATO 22 FEBBRAIO

Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 9.00/12.00Convegno internazionale di studi, III sessione

Presiede: Aniello Montano

ore 9.00Maurizio Cambi, Università di SalernoLullismo e magia negli scritti bruniani

ore 9.45Elisabeth Blum, Loyola Univ. Maryland e Palacky Univ. OlomoucLa religione e la politica nel pensiero di Giordano Bruno

ore 10.30 Pausa caffè

ore 10.45 Angelika Bönker-Vallon, Universität Kassel“Figlio del padre Sole e de la Terra madre”.Riflessioni sul problema dei pre-adamiti in Giordano Bruno

ore 11.30 Discussione

ore 12.00 Pausa pranzo

Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 14.00Il candelaio di Giordano Bruno.

Presentazione del lavoro di ricerca sulla commedia a cura diAngela Antoni e Paola Traverso, con Leda Di Paolo

Introduce: Angelo Amato de Serpis

ore 15.00 Pausa caffè

* * *

Museo Diocesano, Sala dei Medaglionivia S. Felice / vico Duomo 29

ore 15.15/18.30Convegno internazionale di studi, IV sessione

Presiede: Anton Schütz

ore 15.15Miguel Angel Granada, Universitat de BarcelonaDe immenso, I, 1-3

ore 16.00Dilwyn Knox, University College LondonImmanenza e trascendenza nel dialogo IIdel De la causa, principio et uno

ore 16.45 Pausa caffè

ore 17.00Massimiliano Traversino, Birkbeck College, University of London,Università di Trento e Ginevra“Non ho insegnato cosa contra la religione catholica christiana ”.Il cristianesimo di Bruno alla luce del processo

ore 17.45 Discussione

ore 18.15Presentazione del progetto “Museo Multimediale Bruniano”e dei progetti editoriali a cura del CRIPT

ore 18.45Annuncio del tema del Festival Bruniano 2015e conclusione dei lavori convegnistici

Qui e nella pagina precdente, alcune immagini della Festa dei Gigli, recentemente riconosciuta

dall'Unesco come patromonio immateriale dell'umanità

L'immagine a destra e nella paginaprecedente è tratta da:

http://ilgazzettinovesuviano.com

L'immagine in alto è invece tratta da:http://fondazionefestadeigigli.it

Chiesa di San Biagio, via Principe di Napoli 100

ore 21.00Chi passa per 'sta strada...

L'epoca d'oro del cantore al liuto

Concerto di celebri brani sacri, villanelle in stile napoletano dal repertorio colto di fine Cinquecento, frottole e madrigali rinascimentali, eseguiti a voce e liuto con l'accompagnamento di sordellina, buttafuoco,

flauto e percussioni – Interpreti: Simone Sorini: Cantore al liuto (tenore) – Goffredo degli Esposti: sordellina, buttafuoco, flauto-

tamburo – Claudia Viviani: percussioni, voce

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DOMENICA 23 FEBBRAIO

Chiusura del Festival Bruniano

ore 9.00 – 12.00Visita guidata ai musei e monumenti locali a cura

dell'Associazione Meridies

Verità e dissimulazione

Verità e dissimulazioneUn festival per Bruno a Nola, nel ricordo di Luigi Firpo

Sarà Verità e dissimulazione il tema del Festival Bruniano di Nola per la suaedizione inaugurale, dedicata alla memoria di Luigi Firpo, in programma nei giorni dal 20 al 23 febbraio 2014. Un tema che nasce dalla tensione dialettica

tra i due termini all'interno della vicenda filosofica e biografica di Giordano Bruno, in particolare alla luce dell'ultima stagione speculativa edel processo, che fu di Bruno l'opera conclusiva. Dall'esito, drammatico ma non scontato, di quest'ultimo dipendono la definizione di filosofia e il valore

della missione del filosofo in Bruno, che egli difese nel lungo e alternoconfronto con i suoi giudici, ora affermandolo con decisione, ora

dissimulandolo per timore e insieme tattica processuale. Nella scelta finale del Bruno si giocano le sorti della nascente filosofia moderna.

'appuntamento è parte di una serie di eventi a cura del Centre for Research in Politico-Legal Theology (CRIPT), con sede presso la School of Law del Birkbeck College dell'Università di Londra. Fondato e diretto da Anton Schütz e Massimiliano Tra-versino, il Centro ha finora collaborato con

diversi istituti e realtà universitarie, tra cui in parti- colare: il Warburg Institute della medesima Università di Londra, il Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler e il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento, la Facoltà di Teo-logia Protestante dell'Università di Ginevra e, a partire dalla primavera del 2014, la Fondazione Leucorea dell'Università Martin Lutero di Halle-Wittenberg e il Centro Internazionale di Studi Gentiliani di San Gi-nesio (Macerata). All'interno di tali attività e per im-pulso, accanto al CRIPT, della Fondazione Parco Let-terario Giordano Bruno, nella persona del Presidente Aniello Montano, e dell'Assessorato ai beni e alle at-tività culturali del Comune di Nola, il Festival Bruni-ano si propone quale momento di riflessione sulla figu-ra e il pensiero del filosofo Giordano Bruno. L'iniziati-va ha lo scopo di dare vita ad una serie di eventi a ca-denza annuale da svolgersi a Nola, al duplice scopo di attrarre sul suo territorio specialisti e studiosi del pen-siero del Bruno e di creare un appuntamento fisso ri-volto al grande pubblico.

l

Gli eventi previsti dal programma dell'edizione di quest'anno, che si svolgerà nei giorni dal 20 al 23 feb-braio 2014, prevedono:

A destra,

Luigi Firpo, olio di Ottavio Mazzonis (1991) Fonte: http://fondazionefirpo.it

1) un convegno inter-nazionale di studi aperto da un ricordo di Luigi Firpo, nel corso del quale sarà sco-perta una lapide commemo-rativa in suo onore;

2) performance dell'artista Tufano sul tema Per il “Nolano”. Una mostra di Tufano;

3) messa in scena del Candelaio di Giordano Bruno – Interprete: Angela Antonini – regia e adattamento drammaturgico in forma di monologo a cura di Angela Antonini e Paola Traverso – lavo-ro di ricerca sulla commedia a cura di Angela Antoni e Paola Traverso, con Leda Di Paolo;

4) concerto di celebri brani sacri, villanelle in stile napoletano dal repertorio colto di fine Cinquecento, frottole e madrigali ri-nascimentali, eseguiti a voce e liuto con l'accompagnamento di sordellina, buttafuoco, flauto e percussioni – Interpreti: Simone Sorini: Cantore al liuto (tenore) – Goffredo degli Esposti: sor-dellina, buttafuoco, flauto-tamburo – Claudia Viviani: percus-sioni, voce;

5) una presentazione dei progetti degli artisti intervenienti, del progetto “Museo Multimediale Bruniano” di Nola, dei progetti editoriali del CRIPT e del tema dell'edizione 2015 del Festival.

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Luigi Firpo, maestro agli studi sul Bruno

Luigi Firpomaestro agli studi sul Bruno

Torino, 4 gennaio 1915 – 2 marzo 1989

L'edizione inaugurale del Festival Bruniano si svolgerà nelsegno di Luigi Firpo. Nola tributerà il proprio doveroso omaggio al

compianto storico torinese attraverso la dedica di una lapide commemorativae affidando ad una cerimonia in suo ricordo il compito di inaugurare i lavori

del convegno internazionale in programma nei giorni 21 e 22 febbraio.Il tema stesso dell'intera rassegna e del convegno, Verità e dissimulazione,

si ispira volutamente agli studi firpiani.

onseguita la maturità classica al liceo Massimo d'Azeglio di Tori-no, Firpo intraprese in seguito gli studi universitari iscrivendosi alla locale facoltà di giurisprudenza nel 1934, ove si laureò con una tesi dal titolo Tommaso Campa-

nella nell'unità del suo pensiero filosofico, politico, re-ligioso sotto la guida dello storico del diritto Gioele Solari. Fu questi ad accompagnare il Firpo a più matura consapevolezza di studi. Il giovane studente di diritto aveva fin qui mostrato una qualche forma d'insofferen-za verso gli insegnamenti del suo programma di studi, preferendogli piuttosto quelli offerti dalla facoltà di let-tere. E fu proprio la maturità cui pervenne negli iniziali

studi campanelliani a delinearne da subito il futuro percorso di ri-cerca. Costante sareb-be infatti rimasto in seguito l'interesse al Campanella, aprendo-lo alla riflessione sul-la storia delle idee po-litiche e religiose, con un'attenzione, prepon-derante ma non esclu-siva, ai temi e alle fi-gure del pensiero ita-liano ed europeo del Cinque-Seicento: Ma-chiavelli, Guicciardi-

ni, Botero, Savonarola, Pucci, Lutero, Erasmo, Gali-leo, Moro e naturalmente Bruno. Tra i grandi temi su cui si concentrano le ricerche

c

firpiane sulla prima età moderna a dominare la scena è la riflessione etica, ad un tempo religiosa e politica:

Luigi Firpo

L'immagine di sinistra è tratta dalla scheda relativa all'attività parlamentare che egliesercitò nella X legislatura Fonte: http://legislature.camera.it

L'immagine qui a destra è tratta da:http://it.ereticopedia.wikia.com

così è per l'eresia e l'eterodossia religiosa, ma anche per l'utopia e il suo opposto concettuale, il realismo, sia esso definito nei termini della ragion di stato, del machiavellismo o del tacitismo. Nel dopoguerra maturano inoltre in Firpo interessi legati all'Illuminismo e all'età contemporanea: relativa-mente al primo, la sua attenzione si dirige ad autori quali Kant, Pagano, Beccaria, Manzoni, etc.; con rife-rimento al secondo, a Marx, Croce, Chabod, Nitti ed Einaudi.

A sinistra, Francesco Cozza, Ritratto di Tommaso Campanella; Sermoneta, Collezione Camillo Caetani

Fonte: http://wikipedia.org

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Luigi Firpo, maestro agli studi sul Bruno

Cuore degli interessi firpiani rimane tuttavia, anche in questi anni, la riflessione intrapresa fin dai primi anni di ricerca. Qui si inserisce Il processo di Giorda-no Bruno, pubblicato per la prima volta sulla Rivista storica italiana tra il 1948 e il '49 (LX, 1948, pp. 542-97; LXI, 1949, pp. 5-59; ripubblicato come estratto congiunto presso Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1949) e in seguito, rivisto e aggiornato da Firpo, ripub-blicato postumo per i tipi della Salerno Editrice a cura di Diego Quaglioni, con aggiunta di appendice docu-mentaria (L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, Roma, Salerno editrice, 1993). La documentazione processuale, che egli aveva potuto esaminare nell'archivio del Sant'Uffizio grazie ad un'autorizzazione straordinaria, restituiva al Firpo un Bruno ben diverso dall'immagine mitica tanto cara alla letteratura di stampo ottocentesco, riumanizzandolo quale filosofo e pensatore e così consegnandolo alla ri-flessione storica. Ciò peraltro diede vita a un'edizione di opere scelte, in cui l'opera del Bruno incontrava idealmente quella del Campanella (Giordano Bruno – Tommaso Campanella, Scritti scelti, Torino, Utet, 1949).

Firpo insegnò Storia delle dottrine politiche nella sua città, Torino, per un quarantennio, dal 1946 al 1985. Contemporaneamente partecipò attivamente al dibattito culturale e alla vita politica italiana. Fu a capo di molteplici iniziative editoriali, tra cui, presso la Utet, la Storia delle idee, politiche, economiche e sociali in otto volumi e la collana dei Classici del pensiero politico e, presso Sansoni, la serie del Corpus Reformatorum Ital-icorum. Diresse inoltre le edizioni nazionali degli scrit-ti di Campanella e di Beccaria e fu tra i fondatori, nel 1968, della rivista Il Pensiero Politico, collaboran-

L’atteggiamento del Bruno nel corso del 1599si illumina così d’una piena coerenza: non quella

monolitica del diniego costante, ma quellaumana e viva della lunga ed alterna disputa coi

giudici e più con se stesso. Non folle ostinazione, non petulanza di grafomane si rivela nel suo

comportamento, ma volontà ferma di non lasciarsi soffocare, ansia di farsi comprendere,

parabola dolorosa dalla speranza, allo stupore,alla disperazione (Processo, p. 110)

In basso,Fondazione Luigi Firpo

Fonte: http://fondazionefirpo.it

do inoltre con La Stampa e diversi altri quotidiani e pe-riodici. Fu infine membro del Con-siglio di Amministrazione della Rai tra il 1980 e l'87, anno in cui, eletto come in-dipendente tra le fila del Par-tito Repubblicano Italiano, fece il suo ingresso in Parla-mento. Della passione e del rigore che animarono la sua opera di ricerca è ancor oggi testi-monianza la vasta bibliote- ca che egli raccolse negli anni, oggi ospitata nella fondazione a lui intitolata, Fondazione Luigi Firpo – Centro di studi sul pensiero politico, presso il Palazzo d'Azeglio di Torino.

Bassorilievo del monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma raffigurante la lettura della sentenza di condanna

Per il “Nolano”.Una mostra di Tufano

Chiesa sconsacrata dei Santi Apostoli (o dei morti), via S. Felice 2giovedì 20, ore 20.00

E il fuoco liberò tutte le energie e tuttoil senso della vita del Nolano nell'universo.

L'attività artistica di Tufano si è configurata negli ultimi anni soprattutto come atto performati-vo. Per la mostra di Nola l'artista ha immaginato un intervento simbolico distruttivo che si ispira alla sorte di Giordano Bruno che accettò “di buon grado” la sua morte da martire, bruciato sul rogo, sostenendo che la sua anima sarebbe ascesa con quel fumo in Paradiso. Con un simile spirito dis-sacratorio in un gesto rituale, che diventa atto per-formativo, l'artista brucia ciò che per lui rappre-senta l'arte e la cultura più avanzata, facendo il

verso al Nolano: sagome dell’Italia tagliuzzate e lacerate, maschere in cartapesta con l'impronta del suo viso, i testi poetici, aforismi e pensieri filosofici di Giordano Bruno, appesi nello spazio. Mentre un coro, che si formerà tra il pubblico, leg-gerà-declamerà i testi appesi; sono simbolo della fragilità delle convenzioni filosofiche, eco-nomiche e sociali, quando non sono emanazione di un comune e forte sentimento di appartenenza.

“… e diceva che moriva martire volentieri e che sarebbela sua anima ascesa con quel fumo in paradiso”.

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Verità e dissimulazioneConvegno internazionale di studi

Museo Diocesano, via S. Felice / vico Duomo 29 – Sala dei Medaglionivenerdì 21: ore 9.00/12.30, 15.45/17.45; sabato 22: ore 9.00/12.00, 15.15/18.45

Secondo la dottrina delli santi dottori dell'Ecclesia catholica apostolica romana,et specialmente di san Tomasso, nella dottrina del quale io sono nutrito,

credo che il Nostro Signor Giesú Christo sia Dio, dicendo:“Confiteor unum Deum in trinitate et trinum in unitate: Patrem, Filium

et Spiritum sanctum, ubi persona filii verus Deus et homo estin unione cuius modus est incomprehensibilis” (Processo, doc. 51, p. 259).

l brano, tratto dal Sommario del processo, riporta

la risposta di Bruno sul problema della “trinità, di-vinità e incarnazione”, di cui si dibattè ampiamen-

te già nelle fasi iniziali del procedimento veneziano: nel terzo e nel quarto costituto, del 2 giugno 1592, e nel quinto, il giorno successivo. L'affermazione è esempla-re della strategia processuale adottata dall'imputato. Bruno impronta la propria autodifesa al costante riferi-mento a fonti di sicura conoscenza per un tribunale di composizione ecclesiastica, attraverso l'allegazione in-cessante di autorità che un certo peso dovevano pur esercitare tra i suoi componenti. Bruno, in altre parole, argomenta affidandosi alla dottrina dei Padri, non esi-tando a mostrare come i suoi dubbi in materia di fede siano tutt'altro che infrequenti nei testi che egli riferi-sce. Il contegno processuale che Bruno osservò con i giudici fu, nelle parole del Firpo, quello di “negare il negabile, attenuare l'incerto, invocare il perdono per le colpe provate” quando le accuse mossegli erano disci-plinari o teologiche. Non così nel campo della filosofia, dove “egli non nega né sminuisce l'opinione che le stampe documentano, e si rifiuta altresì di riconoscerne l'errore, cioè l'inconciliabilità nei riguardi del dogma e della Scrittura” (Processo, p. 105). Non poteva che ri-sultarne un comportamento ambiguo agli occhi dei giu-dici, dettato dall'esigenza di preservare le proprie posi-zioni filosofiche. L'autodifesa bruniana fu infatti sospe-sa tra due opposti atteggiamenti, la rivendicazione della verità contenuta nelle proprie opinioni e la dissimula-zione, a tal punto da giungere, nel passo citato in esor-dio, alla più classica professione di fede, ma temperata dall'accettazione del confiteor in un modo detto “in-comprehensibilis”. Particolare significato riveste, su tale punto, il riferimento ad una posizione di Fulgenzio di Ruspe, secondo la quale Dio aveva assunto la natura e non la persona dell'uomo, che Bruno riferì ad Agosti-no per un errore in realtà compiuto da Tommaso, da cui la citazione era stata attinta.

i Più in generale, nelle diverse fasi del processo, se da un lato l'imputato non nega di avere internamente du-bitato e di essere stato incostante in punto di fede, dal-l'altro dichiara di non avere mai manifestato tale posi-zione nei suoi scritti o pubblicamente. Egli non nega di avere opposto nelle sue opere delle contraddizioni alla fede, ma afferma di averlo fatto rimanendo sul solo piano filosofico: “Quanto poi a quel che appartiene alla fede, non parlando filosoficamente, per venir all'individuo circa le divine persone, quella sapienza et quel figlio della mente, chiamato da' filosofi intelletto et da' theologi Verbo, il quale si deve credere haver preso carne humana, io stando nelli termini della filo-sofia non l'ho inteso, ma dubitato et con inconstante fede tenuto; non già che mi riccordi de haverne mo-strato segno in scritto né in ditto, eccetto, sì come nelle altre cose, indirettamente alcuno ne potesse raccoglie-re, come da ingegno et professione che riguarda a quello che si può provar per raggion et conchiudere per lume naturale” (Processo, doc. 13, pp. 168-169). Pur nella diversità dei punti di vista, la critica bru-niana ha spesso inteso vedere in Bruno un momento imprescindibile per la comprensione della filosofia moderna. Sebbene lo stato attuale della ricerca abbia restituito al filosofo di Nola un'obbiettività storica e umana maggiore che in passato, anche lo studioso odierno difficilmente potrà fare a meno d'interrogarsi su diverse questioni di vecchia data negli studi brunia-ni, prima fra tutte la ragione del ritorno in Italia del Bruno. Il punto chiama in causa innanzitutto la riforma etica proposta nelle opere morali del periodo londine-se, nella misura in cui essa sembra assumere una più matura consapevolezza negli anni trascorsi in Germa-nia. Il tema era, in altri termini, tutt'altro che un'acqui-sizione recente in Bruno, offrendosi piuttosto quale chiave di lettura del fallimento sia dell'esperienza in-glese sia del secondo soggiorno parigino. La crisi del sistema di valori tipico della scolastica medievale era

Verità e dissimulazione. Convegno internazionale di studi

Il contegno processuale che Bruno osservò con i giudici fu, nelle parole del Firpo,quello di “negare il negabile, attenuare

l'incerto, invocare il perdono per le colpe provate” quando le accuse mossegli erano

disciplinari o teologiche. Non così nel campo della filosofia, dove “egli non nega né

sminuisce l'opinione che le stampedocumentano, e si rifiuta altresì di

riconoscerne l'errore, cioè l'inconciliabilità nei riguardi del dogma e della Scrittura”

apparsa al Bruno, fin da La cena de le ceneri, irre-versibile in virtù della teoria copernicana, determinan-dolo dapprima all'adozione di un nuovo ordine fisico e cosmologico nei dialoghi londinesi, in seguito alla po-lemica con gli ambienti dell'aristotelismo parigino te-stimoniata dal Camoeracensis Acrotismus, dato alle stampe in Wittenberg nel 1588. Ma è solo nelle opere che precedono più da vicino il ritorno in Italia e l'arre-sto in Venezia che la riflessione degli anni londinesi e parigini assume i contorni di una riforma etico-pratica.

Una tale impressione appare difficilmente opinabile, laddove si presti attenzione a due elementi significati-vi: la convinzione da parte di Bruno di essere, con la trilogia francofortese, alle prese con una sintesi medi-tata delle conquiste della propria speculazione prece-dente; il contemporaneo concentrarsi, nel De vinculis in genere, su considerazioni a carattere civile, al fine di individuare le condizioni che consentano all'azione po-litica di costituire e mantenere un potere stabile e dura-turo. Il convegno si propone di proseguire la riflessione intrapresa negli appuntamenti fin qui curati dal CRIPT, due dei quali volti principalmente a discutere le posizioni filosofiche di Giordano Bruno alla luce del pensiero giuspubblicistico e teologico di fine Cin-quecento. All'interno della serie generale dei lavori, il presente incontro si concentrerà principalmente sull'ul-tima fase del pensiero di Bruno, con particolare atten-zione alla trilogia francofortese, ai trattati a tema ma-gico e al processo, inteso quale vera e propria opera bruniana. Non saranno tuttavia trascurati temi delle opere precedenti, per una migliore e più completa comprensione della filosofia di Bruno.

Bassorilievo del monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori a Roma raffigurante l'insegnamento oxoniense del Bruno

________________________________Interverranno: Aniello Montano (Salerno), Dilwyn Knox (Londra), Angelika Bönker-Vallon (Kassel), Miguel Angel Granada (Barcellona), Anton Schütz (Londra), Jean-François Malherbe (Trento), Elisabeth Blum (Loyola Univ. Maryland e Palacky Univ. Olomouc), Paul Richard Blum (Loyola Univ. Maryland e Palacky Univ. Olomouc),

Barbara Amato (Macerata), Maurizio Cambi (Salerno), Massimiliano Traversino (Londra, Trento e Ginevra).A conclusione dei lavori, è prevista la raccolta e pubblicazione degli atti del convegno presso l'Editrice Domenicana Italiana di Napoli, che comprenderà contributi dei precedenti due appuntamenti già svolti.

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Verità e dissimulazione. Convegno internazionale di studi

Temi delle relazioni“Figlio del padre Sole e de la Terra madre”. Note sul problema dei preadamiti nel pensiero di Giordano Brunodi Angelika Bönker-VallonUniversität Kassel

La questione dell’origine del genere umano non solo costituisce uno specifico capo d’imputazione nel processo di Giordano Bruno, ma ha anche ripercussioni sulla com-prensione del pensiero del filosofo italiano dopo la sua morte. È Bruno del parere che ci siano altri patriarchi oltre ad Adamo? Studiosi degli inizi del secolo XVIII at-tribuiscono tale opinione al Nolano giudicandola come una prova del suo ateismo. Dal secolo XIX la critica ha invece posto l'accento sull’atteggiamento polemico di Bruno verso la religione in relazione alla libertà intel-lettuale. Ma allora in che modo Bruno davvero intende la vita prima di Adamo? L’analisi porta all’apocrifo IV libro di Esdra, cioè ad una tradizione di matrice ebraica in cui assume grande importanza l’idea di un'animazione della creazione con molte forme di vita. Da una prospettiva cristiana, tuttavia, la fonte scelta da Bruno è controversa, tale da avere forse contribuito alla sua condanna.

* * *La religione e la politicanel pensiero di Giordano Brunodi Elisabeth BlumLoyola University Maryland e Palacky University Olomouc

Lo Spaccio de la bestia trionfante è la critica bruniana della religione, o delle religioni. Laddove il testo appaia contraddittorio, non si intendano come dissimulazione i passi difficili da chiarire, creando in questo modo un Bru-no secondo le proprie preferenze. Le contraddizioni an-dranno piuttosto sciolte riconoscendo quale posto le reli-gioni positive occupino nella gerarchia dei valori: al livel-lo della legge esse sono parte integrante e imprescindibile dell’identità, civiltà e politica delle nazioni.

* * *

De immenso, I, 1-3di Miguel Angel GranadaUniversitat de Barcelona

Presenteremo in ordine inverso, cioè procedendo dal terzo al primo capitolo, i motivi salienti dell'introduzione al De immenso, vero e proprio “canto del cigno” filosofico del Nolano. Partendo dal concetto di synodus ex mundis, con-cetto chiave nella restaurazione bruniana della cosmologia antica, risaliremo, attraverso l'esaltazione della sapienza compiuta nel secondo capitolo, al manifesto filosofico che chiude il primo, costituito dal nesso tra universo infinito e unità della sostanza e dalla relazione di quest'ultimo con il desiderio di essere sempre. Ciò ci consentirà di mettere in luce la polemica con il platonismo di stampo ficiniano e vedere all'opera in Bruno posizioni che anticipano quelle di Arthur Schopenhauer.

Immanenza e trascendenza nel dialogo IIdel De la causa, principio et unodi Dilwyn KnoxUniversity College London

Il secondo dialogo del De la causa, principio et uno è incentrato sulla trascendenza e immanenza del mondo in-telligibile. Bruno descrisse l'Anima Mundi e l'Intelletto Universale come immanenti sulla scorta di una dottrina di stampo egiziano e pitagorico armonizzata con elementi compatibili dell'ontologia neoplatonica. La posizione che egli attribuì agli antichi teologi trovava fondamento nella filosofia stoica – di qui l'enfasi di Bruno sull'immanenza e la sua designazione dell'Anima Mundi, piuttosto che di una qualsiasi Anima in quanto ipostasi che gli antichi neo-platonici avevano proposto, come intermedia tra l'Intellet-to Universale e la realtà fisica. Bruno comprendeva, tutta-via, i limiti delle analogie spaziali quando riferite a realtà intelligibili. Per chiarire la sua posizione, egli adottò una distinzione, in orgine neoplatonica e in seguito araba, tra causa e principio sviluppata da Tommaso d'Aquino nel De principiis naturae. Lo scopo originario di una tale dot-trina era consistito nello spiegare la contemporanea tra-scendenza e immanenza delle realtà intelligibili, il proble-ma che Bruno stesso stava affrontando nel secondo dialo-go del De la causa.

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Lullismo e magia negli scritti brunianidi Maurizio CambiUniversità di Salerno

Il mago, per Giordano Bruno, è prima di tutto un “sa-piente dotato della capacità di agire”. Il suo intervento, teso a influire sulle res e sugli individui, dipende dalla profonda conoscenza che egli ha delle forze e dei rapporti vigenti in natura. Inoltre, il mago deve sapere su chi, quando e in che misura suscitare le virtutes occultae. Tale “teoria universale delle cose” è acquisibile mediante un corretto uso dei sistemi di Raimondo Lullo e grazie a un potenziamento delle capacità ritentive della memoria.

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L'Aristotele dissimulatodi Paul Richard BlumLoyola University Maryland e Palacky University Olomouc

È risaputo che Bruno sia autore di commenti ad A-ristotele. È interessante notare come, nella sua pretesa di esporne la filosofia, egli faccia propria la dottrina aris-totelica minandola tuttavia alle basi. Se ne coglie un es-empio laddove in Bruno, diversamente dalla fonte aris-totelica, ens rationis ed ens reale si fondono oppure lad-dove la natura diviene Dio immanente.

Sullo sfondo, la collina di Cicala. Fonte: http://conteanolana.it

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Verità e dissimulazione. Convegno internazionale di studi

Giordano Bruno. Tra “teologia civile” e “teologia negativa”di Aniello MontanoUniversità di Salerno e Fondazione Giordano Bruno, Nola

Nella grande questione relativa alla concezione della re-ligione da parte di Giordano Bruno due nodi teorici sem-brano emergere con nettezza: la funzione civile della Scrittura e l’indicibilità di Dio. Entrambi i temi erano stati affrontati dai filosofi della antica Grecia. Il primo era sta-to toccato da Democrito e da Pitagora, entrambi letti, cita-ti e, seppure in forme e tempi diversi, amati da Bruno. Il secondo tema, della ineffabililità e inconoscibilità di Dio, era stato affrontato dai neoplatonici, tradotti e fatti cono-scere in Europa da Basilio Bessarione e da Niccolò Cusa-no, per Bruno “il divino Cusano”.

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Spunti per una riflessione sulla teologia negativain Bruno attraverso Maestro Eckhartdi Jean-François MalherbeUniversità di Trento

La concezione bruniana del Divino, dell'Universo e del-l'Umano restituisce un'immagine assai variegata delle fon-ti cui essa si ispira, non ultima la teologia negativa basso-medievale. La presente relazione, con particolare riferi-mento al De l'infinito, universo e mondi e al De la causa, principio et uno, si interrogherà sull'influenza in Bruno di una tale “via negativa”, esaminata soprattutto alla luce dell'opera tedesca di un altro domenicano in odore di ere-sia, Maestro Eckhart, il cui destino fu tuttavia più fortuna-to di quello del Bruno.

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Naturalis philosophia e divina philosophianel Camoeracensis acrotismusdi Barbara AmatoUniversità di Macerata

Nel Camoeracensis acrotismus, pubblicato a Wittenberg nel 1588, Giordano Bruno muove una critica serrata alla fisica aristotelica, confutandone con argomentazioni pun-tuali ogni singolo caposaldo. Tuttavia, la nuova con-cezione infinitista espressa da Bruno nel trattato di Wit-tenberg comporta non solo una rivoluzione cosmologica, ma anche una radicale demolizione della metafisica a-ristotelico-scolastica. Essa mette in discussione i rapporti tra fisica e metafisica, filosofia e teologia, ragione e fede codificati dai diversi protagonisti della scolastica, con un intento non solo speculativo, ma soprattutto etico. A partire da una nuova nozione di “natura”, Bruno propone, insieme ad uno sconvolgimento totale delle leggi fisiche del cosmo aristotelico, una completa revisione dell'ontolo-gia e dell'antropologia tradizionali.

“Non ho insegnato cosa contra la religione catholica christiana ”. Il cristianesimo di Bruno alla luce del processo di Massimiliano TraversinoBirkbeck College, University of London; Università di Ginevra e Trento

Nel difendere l’infinità dell’universo, Giordano Bruno fa ampio ricorso alla teologia medievale sul tema dell’onni-potenza divina, non trascurando in particolare la posizione di Tommaso d’Aquino. La presente relazione analizza il rapporto tra l’infinito e il cristianesimo di Bruno con spe-cifica attenzione alla documentazione processuale.

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Le vicissitudini e le aporie nel confronto fral’opera bruniana e la nozione di modernitàdi Anton SchützBirkbeck College, University of London

Un’attualità mutevole, composta di fascinazioni succes-sive, ha avuto un peso decisivo sull’immagine storiografi-ca di Giordano Bruno. L’attenzione rivolta al filosofo si è espressa in un movimento multipolare di segno progres-sista, anti-repressivo, liberale – un movimento dovuto tan-to alle forze della costruzione di un'Italia laica e moderna quanto alla nuova mentalità razionalista, sociale e scienti-fica dei secoli dal XVIII al XX. Oggi la nozione di mo-dernità si intende sempre di piu’ come riferendosi al pe-riodo storico caratterizzato da una presa di potere, insieme gigantesca e capillare, del genere umano su se stesso; da questo punto di vista, la questione della modernità di Giordano Bruno sembra imbattersi in un “non liquet”. Da una parte, il filosofo è avversario senza ambiguità delle forze del conservatorismo, ed è inorridito dalla mera pos-sibilità di un suo accordo con il “consenso” esistente in uno qualsiasi dei gruppi di filosofi da lui frequentati in Europa; è partigiano di un umanesimo non eurocentrico e senza finalità e nemico delle idee di mediazione, di dif-fusione, di espansione. Dall’altra, il Nolano non ha mai cercato di “cambiare il mondo”, di suggerire nuovi tipi di azioni, di trovare nuove forme di intervento, o di seguire l’esempio dei riformatori, ponendosi in testa a un movi-mento comunitario. Anzi, si è posto – si può dire, al prez-zo di un anacronismo intenzionale – esattamente all’op-posto della tesi XI su Feuerbach di Karl Marx. La storio-grafia bruniana non ha sempre dato a questo fatto il suo giusto valore. Per esempio, il gesto o la volontà di “trasformare” il mondo è assente dalla dottrina dei mondi infiniti, dottrina che, nel pensiero del Nolano, va di pari passo con una disapprovazione fondamentale (espressa dalla critica bruniana dell’avidità dei “Tiphys”, del com-mercio e della navigazione) della volontà di sottomettere questi mondi molteplici, distanti fra loro, a un processo di “integrazione”, di ridurli a un’ordine o a un “mondo” co-mune, basato sulla loro apertura e reciproca accessibilità.

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LEONARD MELDERT

L'ULTIMO GRANDE MAESTRO FIAMMINGO IN ITALIA

Presentazione dei risultati delle ricerche del Mo Sorini

Museo Diocesano, via S. Felice / vico Duomo 29 – Sala dei Medaglionivenerdì 21, ore 14.30

Simone Sorini, Cantore al liuto

Simone SoriniCantore al liuto (tenore), ricercatore, autore

Laureato in musicologia, svolge la sua attività di filolo-go e ricercatore - rivolta per molti anni in modo partico-lare ai repertori musicali riferibili al ducato dei Montefel-tro e dei Della Rovere di Urbino, a seguito della quale ha progettato e realizzato con Bella Gerit, di cui è fondatore e coordinatore musicale, tre opere discografiche - ora coronata dal completamento della monografia su un im-portante autore fiammingo del tardo rinascimento di cui si erano perse le tracce; il volume, dal titolo “L’Opera Sacra di Leonard Meldert” con-tiene, oltre a parte delle sue trascrizioni in notazione moder-na delle opere Sacre italiane del Maestro ritrovate, anche notizie bio-grafiche, nuove ipotesi interpreta-tive relative ai repertori dell'epoca, e studi sulle relazioni con altri mu-sicisti dell’epoca.

Grazie a questo studio è entrato anche a far parte dei “contributor” del New Grove, la più grande enci-clopedia della musica e dei mu-sicisti, oggi disponibile anche in rete.

Avendo studiato canto con diversi maestri in Italia e in Europa, possiede oggi una tecnica vocale unica che gli permette di ottenere un suono acuto tenorile pieno, bril-lante e naturale.

Il suo stile vocale non accademi-co ed immediatamente riconosci-bile, che lo ha reso un punto di riferimento per gli interpreti di mu-sica antica, è molto apprezzato in Europa, dove si è esi-bito nei più importanti teatri e festival tra i quali Tempo-rada Gulbenkian di Lisbona, Early Music Festival di Boston, Saison Musicale à Royaumont, Early Music Weekend di Londra, Stockholm Early Music Festival, Festival Van Vlaanderen di Anversa, Festival Baroque di Pontoise, Copenhagen Renaissance Music Festival.

Polistrumentista, ha nel corso degli anni affinato una conoscenza approfondita degli strumenti medievali e ri-nascimentali a plettro, di cui ne possiede alcune decine - tutti ricostruiti in base alle antiche iconografie - anche grazie allo studio con il compianto M° Adolfo Broegg.

Versatile interprete dei repertori liutistici dal medioevo al primo rinascimento, si esibisce da solista utilizzando i suoi strumenti per accompagnarsi nel canto, riportando così in luce l’antica professione del “Cantore al liuto”, definizione storica attribuita spesso anche a Francesco Pe-trarca, ma propria di musici e compositori italiani a partire dalla fine del ‘400.

Membro storico dell’Ensemble Micrologus, collabora inoltre con altri gruppi tra cui Les Musiciens de Saint-Julien e Vox Cantoris.

E’ direttore del gruppo corale “Narnia Cantores”, un ensemble vocale a voci miste dedito all’esecuzione di repertori medievali - ed in particolare alla riscoperta e dif-fusione di quelli di ambito locale - che si avvale anche di strumenti a corde, tamburi e percussioni ricostruiti in base alle antiche iconografie.

Tiene corsi di formazione al canto e stage, ed ogniqualvolta possibile conferisce alle sue esi-bizioni anche un’impronta didat-tico – culturale.

La sua enciclopedica cono- scenza di stili e generi dalla musi-ca medievale a quella moderna, insieme alla sua innata vocazione musicale, lo portano all’elabo-razione di originali e particolari progetti di contaminazione tra mondo antico e contemporaneo, cifra distintiva del suo intero op-erato, dove strumenti antichi dalle sonorità inusitate ed evocative di-alogano con strumenti elettrici e digitali.

Frutto di tale ricerca la sua ulti-ma creazione, OPUS, concerto/ spettacolo di produzione italo-francese ispirato all’alchimia, andato in scena a Pigna (Corsica) nell’estate 2013, di cui nuove rappresentazioni sono previste a

Grosseto e Massa Carrara nell’estate 2014.Sempre in tale ambito ha anche ideato e realizzato con

Bella Gerit lo spettacolo multimediale “De Divina Pro-portione” andato in scena al Ravenna Festival 2011, oc-cupandosi anche della parte di ricerca musicologica e storica.

Ha cantato e suonato in oltre 30 registrazioni edite da Sony, Stradivarius, Alpha, K617, che hanno ricevuto in Francia prestigiosi riconoscimenti come “Diapason d’or” e “Choc de la musique”.

Ha partecipato al tour mondiale di Myth, l’opera di Sidi Larbi Cherkaoui, e si è esibito, oltre che in Europa, in Mexico, Canada, Russia, Bulgaria, Syria, Stati Uniti.

Specialista in repertori medievali e rinascimentali, è stato anche interprete di ruoli principali in opere di Vival-di, Monteverdi, Albinoni, Mozart. Ha cantato e registrato per Radio France Musique, Radio Osterreich1, RAI Ra-diotelevisione Italiana, SBS Radio Sidney.

Fonte: http://www.simonesorini.itsu Fb: SIMONE SORINI – Cantore al Liuto

https://www.facebook.com/simonesoriniEclaudiaviviani

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L'arte in quanto atto performativo

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L'arte in quanto atto performativo

L'arte in quanto atto performativo.Tufano presenta Tufano

Museo Diocesano, via S. Felice / vico Duomo 29 – Sala dei Medaglionivenerdì 21, ore 18.00

ato a Piazzolla di Nola, Tufa-no cresce alla scuola di Um-berto Mastroianni e Augusto Perez, laureandosi in scultura all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Docente di figura e or-nato modellato al Liceo Arti-

stico I di Milano, dove vive alternandosi con Pantelleria, l'arte secondo Tufano è innovazione, “creazione di crea-zioni artistiche”, dove il proprio personale linguaggio so-stituisce i canali tradizionali dell'espressione artistica. L'idea di dare vita ad una forma d'arte che sia creazione personale e al contempo veicolo della creazione altrui è il vero motivo ispiratore di Tufano. Successivamente a un'intensa attività espositiva tra l'Italia e l'Europa, Tu-fano ri-crea se stesso attraverso il concetto di “perfor-

mance”. È Milano Poesia 1990 a rap-presentarne il momento topico: Tufano presenta Il nuovo inceneritore di Tufa-no, in realtà un camion dell'AMSA, nel quale egli invita gli artisti a depositare le proprie opere. Momento insieme di-struttivo e costruttivo dell'arte, all'ince-neritore di Tufano non si sottrae neppu-re l'idea di galleria con la quale l'arte si offriva tradizionalmente al suo pubbli-co. Essa diviene anzi forma privilegiata della nuova espressione artistica di Tu-fano, insieme l'uomo e l'artista: tutto ciò è Tufanostudio25, che sostituisce

all'idea della galleria quella di studio-abitazione, intesa anch'essa, come l'inceneri-tore del '90 quale luogo ideale della creazione arti-stica propria e altrui, come, solo per citarne un esempio recente, il Referendum sta-to pagano indipendente, con cui Tufanostudio25 si fa portavoce nel 2011 della richiesta di ripristinare gli

antichi dèi, che prende la forma di un vero e proprio co-mizio-performance, scritto da Ivanna Rossi, scherzoso certo, ma non troppo.

n A destra, un'immagine di Tufano

Fonte: http://tufanostudio.blogspot.it/

Nella pagina precedente, In nuovo inceneritore di Tufano

A sinistra, dall'alto, due performance dal titolo

Il mio contributo all'evoluzione della specie

e gli Arti naturali di Tufano

Qui sotto, dal basso, Fuoco e ceneri

Arti naturali di Tufano

La Chiesa dei SS. Apostoli ospiterà una personale di Tufano già a partire dal 17 febbraio, data esatta dell'an-niversatio della morte di Bruno. Nella cornice privile-giata di questa chiesa sconsacata, la performance Per il “Nolano”. Una mostra di Tufano aprirà ufficialmen-te i lavori del Festival portando in scena estratti dell'o-pera del Bruno prima di rinnovarne, nel simbolo del fuoco che rappresenta insieme Tufano e Bruno, il dramma umano della condanna e del rogo.

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L'arte in quanto atto performativo

Il fuocoTufano incontra Bruno

Scriveva Merleau-Ponty ne Le doute de Cézanne di come i quadri del maestro francese restituissero l'im-magine di una natura allo stato primordiale, genuino, espressione dell'ordine naturale delle cose piuttosto che del modo di intenderle da parte dell'uomo. La materia sarebbe colta da Cézanne, stando a Merleau-Ponty, nel suo farsi forma, senza sovrapposizioni intellettuali. Non sarà difficile vedere come una tale idea getti un ponte verso l'arte contemporanea, perlomeno nel valore fortemente “materico” – arte in quanto arte – che gran parte di essa sembra offrire allo spettatore comune.

Hic et nunc, ovvero l'arte in quanto atto per-formativo, azione se non realizz-azione immedia-ta del gesto artistico. Di una tale riformulazione dei linguaggi dell'arte Tufano, e il Bruno di Tufano, è esempio pa-radigmatico. Eppure in Tufano, pur polemico nei confronti delle forme classiche dell'arte, non ci imbattiamo in una rot-tura completa con la tradizione, quantomeno di quella ascrivibile agli studi bruniani. Attraver-so Bruno l'atto perfor-

mativo di Tufano dà infatti vita all'impossibile coinci-denza ossimorica di quest'ultima con l'innovazione. È risaputo come dal Toland in poi si sia assistito alla creazione del mito del Bruno martire del libero pen-siero, con cui la letteratura critica non può esimersi

dal confrontarsi ancor oggi. La morte di Bruno, il rogo, dunque il fuoco. La performance di Tufano, sep-pure con un linguaggio che resta al di fuori degli sche-mi dell'arte classica, darà espressione, attraverso la simbologia mitologica dell'illustre conterraneo, a siffat-ta tradizione. Ma v'è un altro, meno immediato ma più risalente, e-lemento che sembra porre in questione, attraverso l'arte di Tufano, la validità dell'opposizione tra tradizione e innovazione. Non è forse il fuoco stesso nel pensiero greco, già prima d'Aristotele, l'origine d'ogni cosa? Il fuoco eracliteo genera e distrugge. Quello di Bruno, simbolicamente riacceso da Tufano in apertura del Festival di Nola, ne segna il dramma umano, ma ne ac-compagna pure la successiva fortuna letteraria.

Un incontro tutto nolano, insomma, quello di Tufano con Bruno, che si ripeterà peraltro nei giorni a cavallo della rassegna anche in forma d'una rivisitazione del Bruno morale. Attraverso l'allestimento di un capanno, il Capanno-Tufanoresidenza, presso lo Spazio AMIRA (via S. felice 16), Tufano si confronterà con la Cabala del cavallo pegaseo, esponendo alcuni suoi bozzetti

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L'arte in quanto atto performativo

sull'opera insieme ad altri lavori. Proprio nella Cabala, il fuoco di Tufano sembra trovare un appiglio sicuro, nuovamente nel concetto di materia da cui si è partiti, che in Bruno è sì soggetto a corruzione, ma che da quest'ultima tuttavia, in quanto principio corporale d'unità, si rigenera in un processo di mutazione inces-sante. Ciò emerge chiaramente dal dialogo tra Ono-rio, l'asino e cavallo pegaseo che si scoprirà essere Aristotele, e Sebasto in un passo di capitale importanza dal dialogo II dell'opera:

SEBASTO Vuoi dunque che come d'una medesima cera o al-tra materia si formano diverse e contrarie figure, cossì di medesima materia corporale si fanno tutti gli corpi, e di medesima sustanza spirituale sono tutti gli spiriti?

ONORIO Cossì certo; e giongi a questo che per diverse raggioni, abitudini, ordini, misure e numeri di corpo e spiri-to sono diversi temperamenti, complessioni, si producono di-versi organi ed appaiono diversi geni de cose.

SEBASTO Mi par che non è molto lontano, né abborrisce da questo parere quel profetico dogma, quando dice il tutto essere in mano dell'universale efficiente, come la medesima luta in mano del medesimo figolo, che con la ruota di questa vertigine de gli astri viene ad esser fatto e disfatto secondo le vicissitudini della generazione e corrozione delle cose, or vase onorato, or vase contumelioso di medesima pezza.

È nel senso di questa “vertigine” cui l'illimite e la vi-cissitudine hanno condotto Bruno che si troverà ra-gione ulteriore al contegno da lui mantenuto nella fase finale del processo.

L'immagine qui sotto e quelleesposte nella pagina precedente

sono tratte nuovamentedalla performance Fuoco e ceneri

Fonte: http://tufanostudio.blogspot.it/

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Candelaio di Giordano Bruno

Teatro Umberto, via Giordano Bruno 12venerdì 21, ore 21.00

l libero avvento di ogni nascita necessaria scri-verebbe Pirandello a proposito della commedia Candelaio di Giordano Bruno. Una creazione artistica spontanea, una trasposizione teatrale della sua vita, del suo pensiero, un’immagine di candela che - come scrive nella dedica alla Si-

gnora Morgana - «deve illuminare certe ombre delle idee». Un’immagine di sé e del mondo che si manifesta già nel titolo: “Candelaio. Comedia del Bruno nolano, academico di nulla academia, detto il fastidito. In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.

iAngela Antonini e Paola Traverso hanno realizzato

un’originale sintesi drammaturgica del Candelaio che vede in scena una sola attrice, la stessa Angela Antonini, alle prese con i numerosi personaggi dell’opera.

La drammaturgia – L’idea di un originale adattamento dram-maturgico in forma di monologo.

L’adattamento di un’opera scritta in 5 atti e 80 scene in una versione monologante e fastidita è una prova impossi-bile per una sola attrice in scena che muta continuamente aspetto, sostanza, chiave interpretativa, dialetto, abito, maschera e gesto. L’idea, originale e coraggiosa, nasce dall’esigenza primaria di rappresentare l’autore: Giordano Bruno. I molteplici personaggi rappresentati in uno, sono le ombre delle sue Idee, la nova filosofia bruniana. Ed è al grande Filosofo che noi andiamo a restituire voce e corpo sulla scena per continuare, come dice José Saramago, a gridare con lui.

“Le grida di Giordano Bruno irrompono come un’e-splosione che ci strappa dalle mani il bicchiere di whisky e ci cancella dalle labbra il sorriso intellettuale che sia-mo soliti assumere per parlare di questi casi. Sì, questa è la verità, la scomoda verità che viene a distruggere il piacevole rapporto del dialogo: Giordano Bruno gridò

quando fu bruciato. Perché dovrei volere una biografia di Giordano Bruno che non parla delle grida che lanciò lì, a Roma, in una piazza. E allora possiamo dirci tranquilla-mente l’un l’altro che Giordano Bruno fu bruciato. Se gridò, non lo sentiamo. E se non lo sentiamo, dove sta il dolore? Ma gridò, amici miei. E continua a gridare” (Le grida di Giordano Bruno di José Saramago, tr. Guido del Giudice).

L’adattamento per una voce sola è coerente con l’esigen-za di una variata modulazione di suoni in cui si esplica la recitazione, quel suo naturale trasfigurarsi che è il canto, ma potremmo anche dire il grido.

La filosofia di Bruno in commedia, in un canto, un gri-do, un incanto comico!

La regia - Mutamento, trasformismo e rapide “impersonations”

Il processo scenico unisce attrice e spettatore in un con-certo di ombre, idee, melodie e gesti ed è notte. Una notte lunghissima e non reale, dove il mutamento è il vero pro-tagonista, una mutazione continua, incessante. Tutti i per-sonaggi, tranne Gioan Bernardo, si travestono almeno una volta e nessuno può contare più sulla vista degli occhi per capire la verità; non uno spazio armonico e una trama ben ordinata ed organizzata, ma un mondo complesso, decen-trato, in cui tutti i personaggi sono sottoposti ai continui rivolgimenti delle vicissitudini.

La chiave registica dello spettacolo ha un sapore da vaudeville parigino; uno spazio primariamente acustico da cui emergono i personaggi disegnati dalla fantasia delle due drammaturghe che traducono così, a loro modo, il gioco scenico in rapide “impersonations”.

Un testo straordinario, del quale abbiamo evidenziato – per una rappresentazione attuale – non l’intreccio narrati-vo ma il ritmo, in particolare sul piano linguistico e voca-le, una sorta di trascrizione delle azioni e delle 'immagini' del Candelaio sul piano vocale e sonoro.

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Candelaio di Giordano Bruno

L’autore del Candelaio è indubbiamente un grande artista, drammaturgo geniale quanto il filosofo. Lo sostengono con forza anche illustri studiosi come lo Spampanato, Giorgio Lafaye e Terenzio Mamiani: «Bruno è un perfetto autore

comico che non aveva rivali al suo tempo».Il Candelaio rappresentò un’opera chiave per la successiva scena teatrale europea, preludio alle

opere dei più grandi commediografi comeShakespeare, Molière, Goldoni, Rostand

e persino al radicale sperimentalismolinguistico di Gadda e Joyce

La lingua italiana e il rifiuto del latino

Lavorando sull’opera del Candelaio ci si trova davanti ad un drammaturgo di rara foggia, che usa la lingua con una libertà che pochi autori hanno rivendicato così radi-calmente. Un fiume in piena che si arricchisce di mille af-fluenti, dove la particolarità della punteggiatura indica un’autonomia dal linguaggio costituito, il suo «argumen-tare» è intriso di passione, si percepisce la partecipazione corporea dell’autore nell’atto fisico della scrittura. Hanno bruciato il suo corpo, perché è dal corpo che nasce il pen-siero. Senza passionalità, senza «Furore», specifica l’au-tore, non vi è possibilità di conoscenza, di verità. Scritta nel 1582 in un volgare che non nasconde un ca-rattere fortemente popolare, il Bruno attinge dai molte-plici registri dialettali italiani: siciliano, napoletano, fio-rentino, veneziano. Tramite un napoletano che non è na-poletano, Giordano Bruno dà vita e corpo ad un “italiano” che si oppone a coloro che volevano una lingua «classica

La prima locandina dello spettacolo nel febbraio 2011

e pura» separata dall’uso vivente, «bella ed imbalsamata», «ben rinchiusa e coperchiata nel dizionario della Crusca» e che imposero il Petrarca e il Boccaccio come modelli in-violabili quanto la Bibbia, istituendo un vero e proprio «Concilio di Trento della lingua», come ha messo in risalto il De Sanctis nella sua Storia della Letteratura Italiana.

La suggestione maggiore per la grottesca lingua creata nel Candelaio riguarda il pedante Manfurio che le due autrici hanno reso in scena un vero e proprio clown latri-nesco, dimostrando che la lingua latina era ormai morta e rappresentando così la tragica e grottesca fine del latino ecclesiastico, ormai muto rispetto alle necessità espressive dell’umanità. Al latino Bruno contrappone la straordinari-età di un lessico che, come materia infinita, si moltiplica creando così un movimento verso l’infinito. Un universo infinito e una vita/materia in continua mutazione che im-plica il movimento continuo della realtà non materiale dell’uomo: il pensiero. Sulla scena un gioco incessante di espressioni, dialoghi e cori che danno vita ad un ritmo di impareggiabile vitalità.

L'interprete

Ai tempi di Goldoni era uso inveterato tra i comici ita-liani, che le servette dessero ogni anno e più volte rappre-sentazioni che chiamavano - trasformazioni - come Lo Spirito folletto, la Serva incantatrice, nelle quali compa-rendo l’attrice in differenti forme, mutava spesso abiti, rappresentando diversi personaggi che parlavano varie lingue.

“La bella fiorentina moriva di voglia di far mostra del suo visetto sotto differenti abbigliamenti. Corressi la sua follia e procurai nel tempo stesso di accontentarla. Ideai una commedia nella quale, senza variar linguaggio e ves-tiario, potè rappresentare molti personaggi, cosa non molto difficile per una donna, e molto meno poi per una donna di spirito. Questa rappresentazione aveva per tito-lo La donna di garbo” (da Memorie di Carlo Goldoni).

L’attrice in scena segue le orme delle trasformazioni eseguite dalle servette goldoniane ricollegandosi anche alle prime protagoniste comiche del medioevo che usa-vano dipingersi il corpo di rosso e attraverso contorsioni, salti e variazioni di aspetto, parlavano dell’importanza della vivacità fisica del proprio corpo, in lotta con l’idea dell’anima e di uno spirito religioso.

Anche il Candelaio, come le opere goldoniane, è un ‘opera popolata di donne dove i personaggi sono delineati e definiti dal linguaggio schiettamente arcaico e popolare, che mantiene la vivacità della lingua italiana, come scrive lo Spampanato nella sua introduzione alla commedia. Questo impeto della scrittura viene reso scenicamente dal-la forza della presenza dell’attrice che incarna, nelle sue molteplici variazioni, l’impulso vitale dell’autore che im-magina e scrive. Utilizzando la sottolineatura delle accen-tuazioni e le inflessioni dialettali l’interprete discopre al pubblico le infinite variazioni musicali del testo. Il ritmo incalzante, la successione delle parole, le sinonimiche, la sintassi, si pongono come la partitura di una composizio-ne musicale, dove la bravura dell’interprete sta nella pres-

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Candelaio di Giordano Bruno

sione dei tasti o nel tocco della corda, talora leggero, tal-volta veemente.

La commedia e le sue origini popolari e profane

Per la stesura dell’opera comica, Bruno attinge diretta-mente ad una tradizione della commedia popolare profa-na, recuperando i caratteri e le cifre fondanti della Com-media improvvisa, a soggetto, il fiore antico della Com-media dell’arte a cominciare dai caratteri (pedante, corti-giana e servi) che alternavano ad un latino maccheronicoe fantastico un dialetto verace e ricco di espressioni, prover-bi e metafore della tradizione orale antica. Contrasti, ten-zoni, dispute della metà del secolo XVI, dove si ricorre,

come spiega bene lo studioso Lorenzo Stoppato, alla lirica profana, burlesca e satirica: Il Canto delle Comari, il Canto delle Cognate, Contrasto della Bianca e della Bru-netta, Contrasto d’Un innamorato contro ad amore, Dia-logo tra madre e figlia, Contenzione di Monna Costanza e di Biagio contadino. Bruno si ricollega a questa tradizione in cui l’immagine del popolo risulta centrale; è dal popolo del Candelaio che nasce con schietta vivacità una rivolta all’ordine costituito, al potere della Chiesa, ai falsi cultori della letteratura, dell'arte, della scienza, della filosofia, una costante ribellione ad un “mondo capovolto” che Bru-no ha sempre vissuto in prima persona come uomo e come filosofo.

Lo spettacolo, le autrici, la società di produzioneCANDELAIO di GIORDANO BRUNORegia e adattamento drammaturgico in forma di monologoANGELA ANTONINI e PAOLA TRAVERSOInterprete ANGELA ANTONINI

Materiale video:

Drammaturgia del suono Regia e ripresePAOLA TRAVERSO MASSIMO D'ORZI Assistente di scena MontaggioELEONORA ALFANO PAOLA TRAVERSO

Angela Antonini (Barra). Fonte: http://candelaio.angelaantonini.it

Il Candelaio di Giordano Bruno debutta al Teatro Studio Uno di Roma il 20 gennaio del 2011. Viene invitato il giorno 17 e 19 febbraio 2011 presso la prestigiosa Libre-ria Amore e Psiche di Roma dove si prevede anche un in-contro con il noto gruppo di intellettuali del polo culturale di cui la relativa associazione fa parte. Partecipazione al Convegno-Seminario di studi organiz-zato dalla Prof.ssa Germana Ernst con il Prof. Eugenio Canone il 30 novembre 2011 “Per una Enciclopedia Bru-niana e Campanelliana – XI Seminario di studi a cura di Eugenio Canone e Germana Ernst, a seguito del quale presenteranno il 26 marzo 2013 una relazione sull’opera recitando i passi più significativi. Il 15 ottobre 2011 viene pubblicato un articolo sul sito Altritaliani.net scritto da Angela Antonini, Leda Di Paolo

e Paola Traverso dal titolo “L’avvento di ogni nascita ne-cessaria. Un’originale adattamento del “Candelaio” di Giordano Bruno”. Il Sistema Bibliotecario Vibonese di Vibo Valentia invi-ta lo spettacolo con il patrocinio della Provincia, Assesso-rato alla Cultura e del Comune di Vibo all’interno di un convegno di Filosofia in Calabria “…a proposito di Filosofia“ in data 23 marzo 2012. Viene organizzato un primo tour italiano che vede lo spettacolo in scena a Venezia, Macerata, Napoli, Teatro Stabile Vittorio Alfieri di Siena, al Teatro della Tosse di Genova. Il CNR-ISPF Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico moderno di Napoli diretto dalla Prof.ssa Manuela Sanna invita le autrici dello spettacolo Cande-laio a lavorare su un’idea di Conferenza/Spettacolo assieme ai seguenti relatori: David Armando, Maurizio Cambi, Anna Maria Panzera, Manuela Sanna, Luisa Si-monutti. Si prevede così un “ensemble di voci” dove l’azione scenica della commedia si intreccia con una dis-cussione a più voci su e intorno al Candelaio, ai suoi temi molteplici e alla sua lingua. Ne esce fuori un concerto di immagini, voci, relazioni, letture, musica con i diversi punti di vista dei relatori. Ricerca teatrale e storica, filosofica e artistica sulla scena del Festival della Scienza di Genova, il 3 e il 4 novembre 2012 per restituire la complessità e il fascino del pensiero di Bruno. Lo spettacolo viene poi scelto dal Prof. Marcello Teodonio per gli Incontri Letterari presso il noto Teatro Vittoria di Roma e il 23 novembre 2012 l’opera comica va in scena nuovamente, ottenendo ancora una volta un notevole ed ampio successo di pubblico. Angela Antonini e Paola Traverso verranno invitate dal-l’Università di Tor Vergata, Dipartimento di Studi d’Im-presa Governo e Filosofia, in collaborazione con il Corso di Laurea in Filosofia e il Collège Internationale de Philo-sophie di Parigi, a presentare un progetto laboratoriale di un anno, rivolto a tutta la comunità universitaria, per una riscrittura e dimostrazione di lavoro tratta dalla comme-dia, da rappresentare presso Casa dei Teatri e della Dram-maturgia Contemporanea.

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Candelaio di Giordano Bruno

Il 17 febbraio 2013 esce su Babylon Post grazie al gior-nalista Federico Tulli “La storia del Candelaio, geniale opera rimasta al bando fino ai giorni nostri. Colloquio con Angela Antonini e Paola Traverso, autrici di una del-le rare rielaborazioni italiane“. I nuovi progetti bruniani per il 2014 prevedono una Peregrinatio Europea del Candelaio da organizzare a seguito dell’interesse manifestato verso il progetto dalle città di Basilea, Parigi, Ginevra e Londra; una riscrittura collettiva della commedia dal titolo “Nessuna pietà per la normalità” che debutterà a Roma entro giugno 2014 e in preparazione un nuovo spettacolo bruniano: Le ombre delle idee.

Candelaio pagina web: http://candelaio.angelaantonini.it

Angela Antoniniattrice, dramaturg, docente di recitazione e scrittura scenica

Angela Antonini è nata a Firenze nel 1972, vive e lavora a Roma dal 2008. Si diploma come attrice all’età di 24 anni e nel 2000 prende la qualifica di dramaturg, esperta di nuovi linguaggi della scena contemporanea presso DRAMA - Laboratorio Multimediale di Comunicazioni dell’Università di Siena. Si forma con registi e autori di fama internazionale che hanno introdotto il concetto e la prassi di attore/autore, come lo storico teatrale Masolino D’Amico, l’attrice Gioia Costa, Keir Douglas Elam ordi-nario dell’Università di Bologna, il regista Stanislav Nor-dey, Maria Grazia Profeti, docente odinaria di Letteratura spagnola all’Università di Firenze, Jens Hillje per la Schaubuhne e Renosto per il Québec. E’ stata diretta fin dall’inizio della sua rapida carriera da registi tra i più im-portanti della scena teatrale europea contemporanea tra cui Martin Crimp, Xavier Durringer, Micheal Marmari-nos, Branko Brezovic, Stefan Otteni, Luca Camilletti, Kinkaleri tra i più significativi e poi l'incontro fondamen-tale con il regista e attore Claudio Morganti con cui ini-zialmente prepara Giulietta e poi realizza Psykedelik La-ger, una messa in scena del testo L'Istruttoria di Peter Weis. Angela Antonini fa parte fin dall’inizio del gruppo LG-SAS (Libero Gruppo Studio Arte Scenica) diretto e ideato dall’artista Claudio Morganti con cui si è formata a lungo, premio UBU per per la coerenza e l’ostinazione di un percorso artistico, laboratoriale e intellettuale che attra-verso la fondamentale distinzione tra teatro e spettacolo, elaborata anche nel Serissimo metodo Morg’hantieff, riaf-ferma l’autonomia poetica della scena. L’attrice inizia la sua carriera interpretando Rosaline in After Juliet di Shermann McDonald al National Theatre di Londra dove ha approfondito il suo lavoro come regista ed educatrice teatrale partecipando come referente didatti-co al progetto per adolescenti Acquis, dirigendo successi-vamente due spettacoli presentati nella sezione italiana al Festival di Letteratura di Mantova. Attrice di teatro, cinema e televisione, l’attrice ha recen-temente lavorato con Luigi Lo Cascio (La città ide-ale), Luca Guadagnino (Io sono l’amore), Michele Pic-chi e Giorgio Pasotti (Diario di un maniaco per bene), per

la televisione con Lodovico Gasparini con cui ha girato “Trilussa. Storie d’amore e di poesia” con Michele Placido e Monica Guerritore. Attualmente è docente e responsabile tecnica per la sezione recitazione e regia del Corso di Filosofia e Teatro presso l’Università di Roma Tor Vergata, insegna recitazione e scrittura scenica al Teatro Vittoria di Roma ed è coordinatrice del progetto di ricerca “Le origini della commedia popolare in Italia” che condivide con Paola Traverso e alcuni intellettuali dell’area romana. Dal 2009 collabora all’interno della sezione Teatro del-la Società di Produzione Il Gigante Cinema con Paola Traverso e Massimo D’orzi, realizzando numerosi adatta-menti di opere shakespeariane tra cui tre studi su La Tem-pesta di William Shakespeare diretti dal regista Massimo D’orzi, Sogno di una notte di mezza estate, Antonio e Cleopatra con la drammaturgia di Paola Traverso. Nu-merose le partecipazioni in Canada, Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Bosnia, Macedonia, Germania dove interpreta numerose eroine shakespeariane: Ofelia (Amleto), Flavio (Timone d’Atene), Titania (Sogno di una notte), Ariel (La Tempesta). L’attrice predilige il lavoro sul monologo rivendicando così una posizione autoriale, come fonte di rapporto diret-to tra l’interprete e l’autore che va a rappresentare. In preparazione la stesura della sua prima pièce teatrale “L’Ecstasy di Ophelia”, un corto circuito tra la vita del-l’autrice, le turbolenze shakespeariane e i personaggi in-terpretati sulla scena, la partecipazione al Festival di S. Arcangelo dei Teatri con il gruppo LGSAS di Claudio Morganti, Romeo e Giulietta di William Shakespeare per il progetto adolescenza The Farfalla Project.ContattiAngela Antoninicell. + 39 334 9846121e-mail: [email protected] sito: www.angelaantonini.it

Angela Antonini (Bidella). Fonte: video di M. D’orzi presente nello spettacolo

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Candelaio di Giordano Bruno

Paola Traversodrammaturg, regista, film editor

Nata a Ferrara, dal 1986 vive e lavora a Roma. Ha conse-guito la maturità classica, è laureata in Lettere all’Univer-sità La Sapienza di Roma, con indirizzo Discipline dello spettacolo. Attualmente è presidente della società di pro-duzione Il Gigante. La formazione teatrale come aiuto regista si svolge nella collaborazione con alcune compagnie romane, tra cui in particolare la Solari-Vanzi. Nel 1995 partecipa alla fon-dazione di una compagnia di teatro per bambini nella quale opera per 5 anni in qualità di attrice, che ha prodot-to, realizzato e portato in scena diversi spettacoli nelle scuole e nel circuito teatrale italiano. Si forma come montatrice durante l’esperienza di assis-tente di alcuni noti montatori italiani, tra cui in particolare Marco Spoletini (montatore tra gli altri dei film di Matteo Garrone: L’imbalsamatore, Primo amore, Gomorra, Reality). Firma il montaggio di numerosi film e documentari, in particolare con la regia di Massimo D’orzi: Adisa o la storia dei mille anni, Sàmara, Ombre di luce - e di Nello Correale: The talking tree e La voce di Rosa; è coautrice insieme a M. D’orzi di Ribelli! un documentario sulla re-sistenza in Italia. Realizza anche il montaggio di numerosi corti, lavori di video arte e video musicali. Nell’ambito del teatro, oltre alla lunga esperienza di aiu-to regista negli anni 1992-2000, sviluppa un interesse e una ricerca personale sulla drammaturgia e la scrittura scenica, cercando un dialogo e una sintesi tra il montaggio come scrittura con le immagini e la drammaturgia, con una forte attenzione e grande interesse per la parola poeti-ca da portare sulla scena. Dal 2009 comincia una proficua e intensa collaborazione con l’attrice e dramaturg Angela Antonini, realizzando numerosi adattamenti drammaturgici tra cui Solaris, toc-cata e fuga dal romanzo di Stanislaw Lem e uno studio su La tempesta di W. Shakespeare, entrambi con la regia di Massimo D’orzi; Sogno di una notte di mezza estate, An-tonio e Cleopatra di W. Shakespeare e il Candelaio di Giordano Bruno.

Ha una diversificata esperienza di docenza sia per il teatro sia per il montaggio. Per il montaggio ha avuto esperienze di didattica collab-orando nel 2010 e 2011, ai laboratori di alfabetizzazione audiovisiva diretti dal regista Nello Correale, svolti in Si-cilia in collaborazione con Regione Sicilia e Cine Sicilia. Tra il 1995 e 1998 è aiuto regista nei laboratori teatrali condotti dall’attore e regista Maurizio Zacchigna. Negli stessi anni conduce dei laboratori teatrali in alcune scuole elementari e medie superiori di Roma e un progetto di laboratorio nel Liceo Classico L. Manara di Roma, in se-guito alla vincita di un bando comunale. Attualmente è docente e responsabile tecnica della dram-maturgia per il progetto LFT (laboratorio di Filosofia e Teatro) condotto con Angela Antonini presso l’Università Tor Vergata di Roma. Nel 2012 ha pubblicato un saggio Scrivere con le im-magini. Spunti di riflessione sul lavoro di montaggio del film Adisa o la storia dei mille anni contenuto nel libro Adisa o la storia dei mille anni. Un viaggio emozionante nel misterioso popolo Rom della Bosnia Erzegovina di Massimo D’orzi, edito da Infinito edizioni. Già pubblicato nel libro Per un cinema nomade, a cura di Elisabetta Amalfitano, ed. 2005 Il Gigante e MRT. Per il 2014 ha in lavorazione due nuovi progetti di docu-mentario di profilo internazionale, entrambi regia di M. D’orzi: Bosnia Express e Guinga. Per il teatro ha in preparazione, insieme ad A. Antonini, un primo studio sull’Amleto di Shakespeare.

ContattiPaola TraversoIl Gigante s.c.a.r.l.Via Braccio da Montone 85, 00176 Romatel. 06 295774 cell. +39 393 9570620e-mail: [email protected] - [email protected] website: www.ilgigantecinema.com

Il Gigante è una società di produzione cinematografica e comunicazione visiva nata nel 2000 con l’intento di rea-lizzare, sostenere e promuovere opere cinematografiche e audiovisive indipendenti, di qualità, di impegno culturale e sociale a carattere internazionale, e sostenere autori co-raggiosi e di talento che propongano pensieri e immagini nuove sulla realtà e sugli esseri umani. Ha sviluppato rap-porti nazionali e internazionali con Enti, Istituzioni e soci-età cinematografiche, ad esempio per l’Italia Cinecittà Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e con alcune televisioni come La 7 e Arté. Il Gigante ha all’attivo quattro film lungometraggi fir-mati dal regista Massimo D’orzi e alcuni documentari, cortometraggi e video promozionali. I lavori realizzati dal Gigante hanno avuto visibilità nei festival internazionali quali New York, Bruxelles, Granada, Trieste, Manila, Pa-rigi, Roma, Siena.

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Candelaio di Giordano Bruno

Nel corso degli anni alla ricerca di una crescita sempre maggiore e con l’apporto di valenti collaboratori, la so-cietà ha diversificato e ampliato la sua attività. In partico-lare attraverso la collaborazione con l’attrice e dramaturg Angela Antonini si è avviata e incrementata la realiz-zazione di numerosi progetti teatrali, tra cui: Candelaio di Giordano Bruno, adattamento drammaturgico e regia di Angela Antonini e Paola Traverso, con A. Antonini - Ariel. Prime luci della tempesta, adattamento drammatur-gico di A. Antonini e P. Traverso, con A. Antonini - So-laris, toccata e fuga di Stanislaw Lem, adattamento dram-maturgico di A. Antonini e P. Traverso, con A. Antonini, entrambi con la regia di Massimo D’orzi. Inoltre Il Gigante sta sviluppando un’intensa attività di formazione con laboratori di cinema, montaggio, teatro avvalendosi della collaborazione di esperti qualificati, nella convinzione che la formazione sia un punto di partenza fondamentale per far crescere e diffondere la cul-tura, l’indipendenza e la qualità del fare artistico e perme-ttere la conoscenza dei diversi linguaggi. Attualmente la società sta lavorando a due progetti di documentari di profilo internazionale, per la regia di M. D’orzi. Bosnia Express, un viaggio per domandarsi cosa è accaduto dopo la guerra nella Ex-Yugoslavia, per scoprire e conoscere le culture che vivono nella Bosnia Erzegovina e il nuovo fermento dei giovani artisti di Sarajevo; Guin-ga, un lavoro tra cinema e musica su un grande composi-tore e musicista brasiliano contemporaneo, paragonato a Villa Lobos e Tom Jobim. Per il teatro è in preparazione un nuovo progetto, un primo studio sull’ Amleto di Shake-speare a cura di A. Antonini e P. Traverso. I nuovi progetti bruniani per il 2014 prevedono una Peregrinatio Europea del Candelaio da organizzare a seguito dell’interesse manifestato verso il progetto dalle città di Basilea, Parigi, Ginevra e Londra; una riscrittura collettiva della commedia dal titolo “Nessuna pietà per la normalità” che debutterà a Roma entro giugno 2014 e in preparazione un nuovo spettacolo bruniano: Le ombre delle idee.

Sotto, la locandina di una precedente rappresentazione dello spettacolo

Leda Di Paoloricercatrice, autrice

Ha studiato presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'U-niversità degli Studi di Roma Tre e si è laureata con una tesi in Storia della Filosofia del Rinascimento dal titolo "Paracelso, l'immaginazione e le malattie invisibili" . Ha scritto per la rivista di psichiatria e psicoterapia "il Sogno della Farfalla" un articolo sul concetto di im-maginazione nell'ambito del pensiero di Paracelso, conparticolare attenzione alle implicazioni che essa determi-na nelle malattie che egli definisce " invisibili e che pri-vano della ragione", pubblicato nel n. 2 del 2002 con il medesimo titolo della tesi di laurea "Paracelso, l'immagi-nazione e le malattie invisibili". Studiosa e appassionata della storia e dei filosofi del Ri-nascimento, negli ultimi anni si è dedicata al pensiero di Giordano Bruno partecipando a numerosi incontri dedi-cati al Filosofo, uno dei quali organizzato dalla Associ-azione culturale Amore e Psiche con cui collabora da molti anni, dal titolo: “L'ombra di Bruno: l'uomo tra fini-to e infinito” con il Prof. Michele Ciliberto, che ebbe luo-go a Roma nella libreria Amore e Psiche il 14 dicembre del 2007, in seguito pubblicato nel numero 2 del 2008 della citata rivista "ll Sogno della Farfalla". Dal 2011 collabora con Angela Antonini e Paola Tra-verso alla ricerca e allo studio della commedia il Cande-laio, di Giordano Bruno. Ha presentato a Roma alcune delle rappresentazioni dell’opera e firmato con le due arti-ste un articolo dal titolo“L'avvento di ogni nascita neces-saria. Un originale adattamento dello spettacolo del Candelaio di Giordano Bruno” pubblicato online nel sito Altritaliani.net

Contatti Leda Di Paolocell: + 39 349 7733985e-mail: [email protected]

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L'epoca d'oro del cantore al liuto

CHI PASSA PER 'STA STRADA...L’EPOCA D’ORO DEL CANTORE AL LIUTO

Concerto di celebri brani sacri, villanelle in stile napoletano dal repertorio coltodi fine Cinquecento, frottole e madrigali rinascimentali, eseguiti a voce e liuto

con l’accompagnamento di sordellina, buttafuoco, flauto e percussioni

Simone Sorini: Cantore al liuto (tenore)Goffredo degli Esposti: sordellina, buttafuoco, flauto

Claudia Viviani: percussioni, voce

Chiesa di Santa Croce, via S. Francesco 192sabato 22, ore 21.00

alle intavolature originali, scritte espressa-mente per voce e liuto, fino ad elaborazioni in stile di brani celebri dell’epoca, si snoderà un suggestivo percorso nelle sonorità dell’affascinante epoca dei Cantori al liuto del rinascimento.d

La particolarità di questo concerto è proprio l’ac-com-pagnamento del liuto, la varietà e la ricchezza del

suo suono che riesce a dare risalto alle voci ed a stru-menti come il flauto, la sordellina, il buttafuoco e le percussioni.

Nel corso del concerto saranno presentati i brani eseguiti e gli strumenti utilizzati, ricostruiti apposita-mente sul modello delle iconografie originali.

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L'epoca d'oro del cantore al liuto

CHI PASSA PER 'STA STRADA...L’EPOCA D’ORO DEL CANTORE AL LIUTO

1. Dormendo mi sonniava [villanella - G. L. Dell’Arpa, 1570]

2. Di là da l’acqua [frottola - Francesco Patavino, 1478/1556]

3. Villanella ch’all’acqua vai [villanella - Anonimo, 1566] 4. Zephiro spira [frottola - Francesco Bossinensis, 1511]

5. Bassa Imperiale [ballo - Giovanni Lorenzo Baldano, 1600]

6. Tordione [ballo - G. L. Baldano]

7. Ombrosa valle [canzone - G. L. Baldano]

8. Ave Maria [mottetto – Jacques Arcadelt, 1514/57]

9. Senza te Sacra Regina [canzone spirituale – A. De Antiquis Venetus, 1460/1520]

10. Magnificat primi toni [cantico – Leonard Meldert, 1603/04]

11. Fra quante facce ho visto per lo mondo [Villanella – Gasparo Fiorino, 1571]

12. Ballo del Gran Duca [Emilio De’ Cavalieri, 1589 - G. L. Baldano]

13. Dimme Amore quando mai [canzone - G. L. Baldano, 1600]

14. Quando la donna mia [madrigale – Leonard Meldert, 1578]

15. Quando penso allo tempo passato [canzone - G. L. Baldano, 1600]

16. Erat quaedam foemina [mottetto - Leonard Meldert, 1570]

17. Chi passa per ‘sta strada [villotta – Filippo Azzaiolo, 1570]

18. Spagnoletto [ballo - G. L. Baldano]

19. Vergine bella [frottola – Bartolomeo Tromboncino, 1470/1535]

20. Canario [ballo/improvvisazione - G.L.Baldano ]

21. Stanotte m’insognava [villanella - Anonimo, manoscritto di Cosimo Bottegari,1574]

Sullo sfondo, la Chiesa di San Biagio, sede del concerto. Fonte: http://costruzionigeneralisas.it

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L'epoca d'oro del cantore al liuto

Caravaggio, Suonatore di liuto (ca. 1596); San Pietroburgo, Ermitage

Il liuto nella storia

Il Liuto fu definito dai trattatisti, soprattutto napoletani come Scipione Cerreto e Luigi Dentice, lo strumento più completo e perfetto: la sua potenzialità ritmica unita alla dolcezza del suono delle corde sfiorate dalle dita lo rende-va capace di affrontare con successo qualunque tipo di repertorio, da quelli popolari per la danza sino a quelli elevati e colti - nonché sacri - nella musica di tutto il ri-nascimento. Scrive Scipione Cerreto nel 1608: “Ed essendo lo stromento del leuto più perfetto d’alcun’ altro stromento ritmico, hò voluto prima cominciare a trattar di esso, anzi che per la perfettione che si trova in detto stromento l’è commune opinione di haverli dato il nome regio chiamandolo Re delli stromenti ritmici, la qual cosa non si dice dell’altri stromenti di corde di ner-vo, come sono Teorbe, Arpe, Bordelletti, & Chitarre alla Spagnola..” Tenendo presente che quando un trattatista riporta una notizia significa che questa, in riferimento all’uso o alla pratica esecutiva di uno strumento, fosse già ben consoli-data nell’uso comune da molti anni prima, è facile, dal passaggio suddetto, comprendere quale fosse l’importanza del liuto nella Napoli di fine secolo. Le parole di Cerreto inoltre ci aprono il campo su un al-tro interessante aspetto che riguarda più da vicino la pras-si esecutiva dello strumento, egli infatti presentai il liuto come il re degli strumenti “Ritmici”, non già di quelli melodici o armoniosi come si sarebbe potuto pensare. Il fatto di classificare il liuto come il migliore in assolu-to tra gli strumenti ritmici a corde, deve farci riflettere su quale fosse il reali impiego e il suono privilegiato in quel-l’area e in quell’epoca. Il Cerreto ci informa anche della dolcezza del suono del liuto e della sua versatilità, ma predilige con fermezza il suo aspetto ritmico. Un altro dettaglio che lascia pensare che il liuto, quan-tomeno nella Napoli della fine del ‘500, venisse suonato

prevalentemente per accompagnare ritmicamente e con modalità prevalentemente accordale il canto, sono alcu-ni passaggi nel testo di alcune villanelle o moresche: in “Catalina” si legge la suggestiva onomatopea “Tronc tronc” che definisce il suono del liuto, preparato per suonare una serenata.

E’ quindi difficile pensare che un suono descritto in tale maniera potesse in qualche modo assomigliare al delicato e sommesso suono delle corde sfiorate dalle dita a cui ci hanno abituato decenni di interpretazioni liutistiche; in base a ciò si può pertanto affermare che la storia di questo strumento, di per sé abbondantemente sviscerata sotto al-cuni aspetti, è tuttavia in gran parte da riscrivere per quanto riguarda la prassi esecutiva.

Ancora oggi, qualsiasi costruttore o riparatore di ogni tipo di strumento musicale è definito liutaio, ciò basta a far pensare quale è stata al’importanza del liuto nei secoli. Uno strumento dal carattere individuale, poco utilizzato in ensemble o consort di genere, e forse per questo eletto a strumento principe da artisti solisti per l’accompagnamen-to della loro voce. Il cantante poeta trovava nel liuto un appoggio ritmico, solido e vibrante all’occorrenza, un ap-poggio che mai andava a sovrapporsi alla voce stessa esaltandone le caratteristiche timbriche, e all’occorrenza sapeva essere dolce, ricco di mille sfumature. Fu lo stru-mento dei Principi e dei Re, ma anche il fedele compagno di viaggio di trovatori, poeti vaganti, giullari e saltim-banchi, che lo portarono con sé nelle mille avventure dei musici di strada.

*estratto da: Simone Sorini – Conferenza Musicale“Il Cantore al Liuto nella Storia” - Narni, gennaio 2014

Lorenzo Costa, Concerto (ca.1485-1495); London, National Gallery

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L'epoca d'oro del cantore al liuto

Gli interpretiSimone Sorini

Simone Sorini è Cantore al liu-to – un protagonista musicale del passato la cui importante figura, a lungo trascurata dalla sto- riografia musicale, rivive oggi negli studi e nella musica del M° Sorini.

Il cantore al liuto è una figura esclusivamente italiana; nessun interprete sinora si era avventura-to nella sua fondamentale risco-perta, forse anche per le diffi-coltà oggettive che ciò pone, ren-dendo necessario possedere e padroneggiare in maniera assolu-

ta due tecniche molto diverse tra loro, ovvero quella del canto e quella sullo strumento antico.

Polistrumentista, ha nel corso degli anni affinato una cono-scenza approfondita degli strumenti medievali e rinascimenta-li a plettro come liuti, citole, guiterne, cetre, chitarrini, oud, che utilizza per accompagnarsi nel canto [v. supra per mag-giori informazioni biografiche].

Goffredo degli Esposti

Goffredo degli Esposti è un musicista umbro, specializzato nella ricerca e nella esecuzione della musica antica e tradizio-nale con gli strumenti a fiato.

Diplomato in flauto, in flauto traverso barocco e flauto dol-ce, ha seguito corsi di perfezionamento con Susan Milan, An-dras Adorjan, Gustav Sheck, Mario Ancillotti, Bartold Kuij-ken, René Clemencic e i Corsi di Musica Medievale presso il Centro Studi dell’Ars Nova Italiana di Certaldo.

Ha iniziato l'attività concertistica nel 1980; co-fondatore dell’Ensemble Micrologus, ha tenuto concerti sia in Italia che all'estero (Argentina, Austria, Australia, Belgio, Brasile, Bul-garia, Canada, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Giap-pone, Gran Bretagna, Grecia, Marocco, Messico, Olanda, Po-lonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Russia, Spagna, Svizzera, Slovenia, Ungheria, USA), suonando per i maggiori Festival di Musica Antica; inoltre, ha effettuato registrazioni discogra-fiche, radiofoniche e collaborato per musiche di teatro e cine-

ma (tra cui, la colonna sonora del film “Mediterraneo”). Il suo entusiasmo e la capacità di suo-nare vari strumenti della tradi-zione mediterranea (flauti dritti, traversi e obliqui, oboi popolari, cornamuse e zampogne) lo han-no portato a realizzare diverse esperienze musicali, collaboran-do con i Fratelli Mancuso, Am-brogio Sparagna, Giovanna Ma-rini, Sonidumbra, i “Tamburi del Vesuvio” di Nando Citarella, Tetraktis Percussioni, Daniele Sepe, Vinicio Capossela.

Attualmente sta lavorando a vari progetti, come elaboratore/improvvisatore sugli strumenti a fiato del Medi-terraneo, con i gruppi Lirum Li Tronc (musica rinasci-mentale), Bandance (folk-jazz) e con il cantautore Raffaello Simeoni per “Mater Sabina Project”.

Ha tenuto Seminari e Corsi in varie Scuole europee: a “la Citè de la Musique” di Parigi, a l’Abbaye de Royaumont in Francia, a Jeroslaw in Polonia, all’Istituto superiore di Studi musicali “Briccialdi” di Terni, ai Corsi Internazionali di Mu-sica Antica di Urbino e di Copenhagen. E’ stato Direttore del-la Scuola di Musica Medievale D’UAM di Assisi dal 2008 al 2012. Dal 2010 è Direttore Artistico del Festival “Spello Splendens”.

Ha registrato 25 CD di musica medievale per Quadrivium, Stradivarius, Fonit Cetra, Zig-Zag Territoires e Opus 111 (di cui due premiati con il “Diapason d’Or de l’Annèe”), e 10 CD di musica tradizionale e di sperimentazione per Ricordi, Penta Music, SudNord Record, BMG, Il Manifesto e Alpha-music.

Claudia Viviani – Cantante, strumentista

Laureata in “Scienze applicate al restauro e conservazione delle opere d’arte”, ex restauratrice e disegnatri-ce d’arte, da sempre appassionata di musica ha iniziato ad avvicinarsi allo studio del canto e degli strumen-ti a seguito del suo incontro con il M° Simone Sorini, musicologo, noto ed apprezzato interprete di Mu-sica Antica a livello internazionale e membro storico dell’Ensemble Micrologus.

Si esibisce in duo con il Maestro in qualità di cantante e strumentista; lo supporta inoltre nelle sue ricerche musicologiche, occupandosi altresì, in fase di pubblicazione, della parte grafica e di revisione.

Ha preso parte allo spettacolo multimediale produzione Bella Gerit “De Divina Proportione”, andato in scena al Ravenna Festival 2011, occupandosi anche della parte orga-nizzativa.

Ha fondato - insieme al M° Sorini - ed è parte integrante del gruppo corale “Narnia Cantores”, un ensemble vocale a voci miste dedito all’esecuzione di repertori medievali - ed in particolare alla riscoperta e diffusione di quelli di ambito lo-cale - che si avvale anche di strumenti a corde, tamburi e per-cussioni ricostruiti in base alle antiche iconografie.

Con lo pseudonimo di MUSA si è esibita allo Sferisterio di Macerata come percussionista e bassista di DUCADOM-BRA, premiato per la migliore musica e vincitore a Musicul-tura 2013.

Nella veste di cantante, percussionista e figurante ha parte-cipato ad OPUS, il concerto/spettacolo di produzione italo-francese ideato da Simone Sorini ispirato all’alchimia, la cui prima è andata in scena a Pigna (Corsica) nell’estate 2013, e di cui nuove rappresentazioni sono previste a Grosseto e Massa Carrara nell’estate 2014.

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I luoghi del Festival Bruniano

I luoghi del Festival Bruniano

Dove non altrimenti indicato, immagini e testo saranno tratti da: http://meridies-nola.org

Chiesa dei Santi Apostoli

Fondata in epoca paleocristiana nel cuore della città antica, accanto alla basilica di San Felice Vescovo e Martire, fu ristrutturata sul finire del XII secolo a cura del vescovo Bernardo. Ulteriori ammodernamenti ebbero luogo nel corso del XVII secolo ed infine nel Settecento, a cura degli architetti Arcangelo Guglielmelli e Domenico Antonio Vaccaro. A promuo-vere i lavori furono, di volta in volta, i vescovi o gli esponenti delle famiglie nobiliari e delle confraternite locali. La quota del pavimento della navata della chiesa è più bassa rispetto a quella della sede stradale. Alla navata centrale della chiesa, infatti, si accede percor-rendo una scala di marmo realizzata durante la cam-pagna di lavori condotta sotto la direzione di Domenico Antonio Vaccaro.

Lo storico Gian Stefano Remondini nella Nolana Ec-clesiastica Storia (1747-1757) ci informa che la Chiesa dei Santi Apostoli ospitò la cattedra del vescovo di Nola mentre si procedeva alla costruzione del nuovo duomo avvenuta nel dicembre del 1583. A metà del XVII secolo la chiesa fu consacrata al culto dei Morti e in questa fase fu dotata della bellissima pala d'altare dipinta da Agostino Beltrano oggi custodita nel Museo Storico Archeologico di Nola. Nel 1735 per volontà di don Felice Mastrilli la chiea fu ancora abbellita con marmi e stucchi assumendo l'aspetto baroccheggiante che ancora oggi conserva. Per questa chiesa, Domenico

Antonio Vaccaro oltre a seguire i lavori architettonici e a disegnare gli spazi, eseguì due tele raffiguranti San Michele e San Gennaro entrambe esposte nel Museo Storico Archeologico della città.

Chiesa di San Biagio

La Chiesa di San Biagio, inizialmente dedicata a San Francesco d'Assisi, faceva parte di un complesso monastico costruito nel 1372 per volere di Niccolò Orsini, nel luogo in cui sorgeva una cappella dedicata a Santa Margherita. La chiesa, a navata unica con sei cap-pelle laterali, fu rivestita nel corso del XVIII secolo da stuc-chi rococò che nascosero le linee gotiche originarie visibili oggi soltanto nell'area absidale e nel portale di ingres-so. Sulle pareti in-terne del campanile romanico, già cappella di santa Margherita, si conser-vano pregevoli affreschi attribuiti alla scuola di An-drea Vanni. Alle spalle del presbiterio, notevole è an-che la cappella della famiglia Albertini, che presenta i monumenti funerari di Giacomo (1508), Gentile (1539) e Fabrizio (1564) Albertini. Tra i pregevoli marmi spicca il rilievo raffigurante l'Adorazione dei Magi, copia della cona realizzata da Bartolomé Or-donez per la cappella Caracciolo nella chiesa napole-tana di San Giovanni a Carbonara. Nel 1989 dalla cripta emersero le strutture degli scolatoi medievali di sepoltura, i resti di un impianto termale di epoca im-periale e di una domus del III sec. d. C.

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I luoghi del Festival Bruniano

Convento (e Chiesa) di Santa Croce

Alle falde della suggestiva collina di Cicala si eleva nitido, imponente e bello questo convento, che domina come una sentinella sulla sconfinata pianura nolana. Fu eretto nel 1566 quando era vicario generale il P. Evan-gelista da Cannobio e provinciale di Napoli il P. Silve-stro da Rossano. È uno dei conventi più grande della Provincia.

A sinistra, una veduta della facciata Fonte:http://rete.comuni-italiani.it/

La chiesa è dedicata alla Santa Croce, a tre navate con volte in stile barocco. I lavori di intarsio finemente arabescato che risplen-dono nell’altare mag-giore, nei cancelli della balaustrata e nelle porte che immettono nel pres-

biterio, e specie quella che immette nel cimitero dei Frati, costituiscono una vera rarità; si ritiene dai com-petenti che siano della Scuola d’intarsio di Firenze.

Fu soppresso nel 1866 e ridotto a casa dei poveri e “villino di divertimento”. I Frati dovettero andar via. Fu ricomprato il 29 maggio 1894 con il P. Feliciano da Sorrento.

Nella prima metà del nostro secolo è stato quasi sem-pre sede di studio di Filosofia e Teologia, e fino ad al-cuni anni fa anche sede del Seminario Serafico.

Nel 1950 con il provinciale P. Fedele da Mon-tescaglioso si è proceduto ad una sopraelevazione lun-ga e vasta ad oriente del convento, divenuta sede del Seminario delle scuole medie a quel tempo tanto nu-

meroso. I nuovi locali furono inaugurati il 28 ottobre 1951 dal generale dell’Ordine P. Clemente da Milwaukee.

Fonte del presente testo:http://www.ofmcappuccininapoli.it/conventi/nola.htm

Cattedrale di Santa Maria Assunta

La prima chiesa cattedrale di Nola fu costruita in-torno alla tomba del primo vescovo della città: San Fe-lice Vescovo e Martire. Il sacello feliciano, in partico-lare, come dimostrano recenti indagini archeologiche, sorge in un'area già insediata in epoca romana: una do-mus utilizzata come ecclesia, embrione intorno al quale si sarebbe sviluppata la prima basilica cristiana amplia-ta nel corso dei secoli.

Delle antiche strutture non resta che un semplice vano (oggi chiamato Basilica o Cripta di San Felice) al quale è possibile accedere attraverso due rampe di scale, site nelle ultime campate della moderna Catte-drale. Sulla parete di ingresso ala Basilica inferiore sono murati simboli paleocristiani come la Croce Gem-mata (V-VI secolo) e l'altorilievo raffigurante Cristo fra gli apostoli (XIII secolo). Nella parete di fondo della cripta si trova, inoltre, un tabernacolo cha la tradizione vuole collegato alla tomba del vescovo Felice. A par-tire dagli anni settanta del Trecento, per volere del con-te Niccolò Orsini, fu costruita una nuova chiesa posta al disopra delle strutture più antiche. L'edificio, a tre

navate, fu eretto secondo i canoni dello stile gotico e fu consacrato alla Beatissima Vergine ed ai santi Felice Martire e Paolino. Nel corso del XVI secolo la Catte-drale nolana fu ammodernata secondo un gusto rinasci-mentale e divenne crocevia di importanti artisti del tempo. Al secondo decennio del Cinquecento, infatti, risale la realizzazione del polittico per l'altare mag-giore, commissionato del vescovo Giovan Francesco Bruno ad Andrea Sabatini da Salerno.

Nel corso dello stesso secolo, nella Cattedrale lavorò il celebre scultore Giovanni Merliano, che, insieme ad alcuni collaboratori, si occupò della realizzazione del pulpito, dal paliotto per l'altare maggiore che raffigura-va la Dormitio virginis e di altre cone ancora conser-vate nella Cattedrale di Nola. La notte del 26 dicembre 1583, la Cattedrale rinascimentale subì notevoli danni

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I luoghi del Festival Bruniano

in seguito ad un crollo dovuto a cedimenti strutturali. La fabbrica, unitamente al palazzo vescovile, venne poi ricostruita tra il 1586 e il 1594 durante l'episcopato di Fabrizio Gallo (1585-1614). Durante il magistero del vescovo Giovan Battista Lancellotti (1615-1655), la chiesa fu arricchita di numerose opere e lo stesso prela-to fece collocare, in luogo del polittico del Sabatini, un gruppo scultoreo formato dalla statua dell'Assunta cir-condata da angeli e dai santi Felice e Paolino. La Catte-drale nolana, però, fu nuovamente distrutta nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 1861 da un incendio di origine dolosa. I lavori di ricostruzione, iniziati nel 1870 sotto il vescovo Giuseppe Formisano, furono portati a ter-mine durante l'episcopato di Agnello Renzullo e videro il coinvolgimento dell'architetto napoletano Nicola Breglia e del figlio Ernesto, degli artisti Salvatore Cep-parullo, Francesco Severino, Salvatore Postiglione e di altre numerose maestranze locali. La Cattedrale fu in-augurata con solenne cerimonia il 15 maggio del 1909. In quella occasione fecero rientro a Nola le spoglie di San Paolino, trafugate dal complesso basilicale di Cim-itile dai Longobardi tra il IX e X secolo e trasportate prima nella Cattedrale di Benevento e successivamente, nell'XI secolo, nella Basilica di San Bartolomeo sul-l'Isola Tiberina a Roma.

La Cattedrale novecentesca presenta uno stile neo-ri-nascimentale con tre ampie navate e cappelle laterali. Tra le opere di maggior rilievo ricordiamo, nel catino absidale, la statua dell'Assunta, disegnata dal Cepparul-lo e realizzata in cartapesta da maestranze locali e lec-cesi. Allo stesso Cepparullo si deve, inoltre, la realiz-zazione del nuovo pulpito che conserva due formelle realizzate nel Cinquecento dalla Bottega di Giovanni Merliano. Degno di ammirazione è il soffitto della na-vata disegnato da Nicola Breglia, al centro del quale si ammira una bellissima opera del Postiglione che rapp-resenta l'Apoteosi di San Felice. In controfacciata si staglia un affresco realizzato nel 1906 da Gaetano D'Agostino e che raffigura l'incendio della Cattedrale del 1861. Tutto intorno alla navata centrale corrono tondi che ritraggono vescovi nolani. Nel 1954, infine, in occasione del 1600o anniversario della nascita di San Paolino, la Cattedrale fu elevata a Basilica.

Museo Diocesano

Inaugurato l’11 marzo del 2000 dall’arcivescovo Be-niamino Depalma, il museo Diocesano è in parte ospi-tato nelle sale del palazzo vescovile costruito durante l’episcopato di Fabrizio Gallo (1585-1614) e in parte in ambienti attigui alla Cattedrale. Restauri e scavi archeologici hanno portato al recupero e all’utilizzo, come sede espositiva, di diversi spazi sacri come la chiesa trecentesca di S. Giovanni Battista dei Fustigan-ti, inglobata nel percorso museale. Il Museo conserva la preziosa eredità del Tesoro della Cattedrale for-matosi nel corso dei secoli grazie a donazioni di per-

sonaggi illustri e dei vescovi. Al Tesoro si aggiungono opere d’arte scampate all’incendio della Cattedrale del 1861 e opere provenienti da chiese e da altri edifici re-ligiosi diocesani ora custodite nel Museo. Notevole è la collezione degli argenti costituita da una ricca serie di arredi liturgici.

Si tratta per lo più di croci astili, ostensori raggiati, calici e pastorali che documentano l’attività di impor-tanti argentieri napoletani nel territorio nolano dal XV al XVIII secolo. Nella collezione degli argenti, partico-lare attenzione merita la preziosa Mitria Vescovile, capolavoro dell’oreficeria gotico-internzaionale della metà del Trecento e i busti dei santi patroni Felice e Paolino realizzati da Giacinto Buonacquisto e Andrea de Blasio nel corso del XVIII secolo.

Non meno significativo è il patrimonio di paramenti sacri (piante, stole, mitrie) lavorati in seta e ricami a filo d’oro ed esposti nella cappella dell’Immacolata. Parte integrante del percorso espositivo è proprio la cappella. Si tratta di un piccolo gioiello di architettura tardo cinquecentesca, scampata all’incendio della Cat-tedrale del 1861. Appartenuta alla famiglia Barone dei Marchesi di Liveri, conserva una bellissima cona mar-morea che racchiude una scultura raffigurante l’Imma-colata Concezione. La cona e la statua della Vergine furono commissionate a Francesco Cassano e Geroni-mo D’Auria nel 1590 da Ottavio Barone: Cassano real-izzò l’Immacolata, mentre la cona è frutto della collab-orazione dei due artisti. Nella stessa cappella, infine, è custodita la Vergine Dormiente, statua a manichino del XIX secolo che, pur non essendo un’opera di alto val-ore artistico, è oggetto di grande devozione popolare. Notevoli sono poi i reperti lapidei provenienti dall’anti-ca Cattedrale posti nel salone dei Medaglioni del palaz-zo vescovile. La disposizione attuale dei materiali è frutto della sistemazione voluta dal vescovo Michele Raffaele Camerlengo negli anni trenta del Novecento.

Tra fusti di colonne, capitelli, decorazioni ad arco, rilievi e lastre sepolcrali, spiccano un frammento di metope romana, un brano di mosaico antico (probabil-mente già materiali di riuso nella fabbrica della Catte-drale) e un bassorilievo di manifattura tardogotica raf-figurante San Paolino. Di notevole importanza sono gli altorilievi raffiguranti la Madonna col Bambino e le anime purganti, opera attribuita ad Annibale Caccavel-lo ed il San Girolamo penitente di Giovanni Merliano, uno dei più grandi scultori della Napoli del XVI secolo. Nello stesso salone dei Medaglioni sono inoltre cus-toditi busti reliquiari realizzati tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, e alcuni dei documenti conser-vati presso l’attiguo Archivio Storico Diocesano. Tra i documenti in esposizione, merita menzione il Breviario nolano: un manoscritto del XIV secolo redatto in scrit-tura gotica con eleganti decorazioni miniate.

L'immagine di sfondo è tratta da: http://ilgazzettinovesuviano.com

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Di grande rilievo è anche la collezione di opere pit-toriche fra le quali spicca la stupenda Annunciazione di Cristoforo Scacco. L’opera, proveniente dalla chiesa dell’Annunziata di Nola, è diventata l’immagine sim-bolo del Museo per la sua proverbiale bellezza Di asso-luto rilievo sono le quattro tavole raffiguranti San Fe-lice Vescovo, San Paolino, San Massimo e San Gio-vanni Evangelista. Queste, insieme ad altre tavole dis-perse, componevano l’antico polittico della Cattedrale di Nola che fu realizzata nel secondo decennio del XVI secolo da Andrea Sabatini da Salerno su commissione del vescovo Giovan Francesco Bruno.

Museo Storico Archeologico di Nola

Il Museo, ospitato nel prestigioso edificio che fu un tempo convento delle Canossiane, e dopo il restauro, è stato ora destinato dall'Amministrazione comunale a sede espositiva, propone all'attenzione del pubblico, at-traverso un'ampia e ragionata scelta di materiali ar-

cheologici, l'immagine di Nola, la "città nuova", che seppe confrontarsi alla pari con Greci, Etruschi e Ro-mani, nel contesto storico della Campania antica. Il

racconto così come presentato dall'allestimento attuale, si svolge in cinque tempi:

• le origini (VIII - VII secolo a.C.); • la "città nuova" (fine VII - VI secolo a.C.); • Nola, Napoli e Atene (V secolo a.C.); • la "citta dei cavalieri" (IV secolo a.C.); • il dominio di Roma (III secolo a.C. - V secolo d.C.).

Ma alla parte dedicata ai reperti archeologici di epoca storica, si affianca il settore preistorico, per docu-mentare le testimonianze della cultura di Palma Cam-pania e soprattutto gli eccezionali, recenti rinvenimenti dal territorio di Nola e di S. Paolo Belsito, relativi agli abitati dell'età del Bronzo seppelliti dall'eruzione Vesu-viana detta delle "pomici di Avellino". Inoltre, un'ap-posita sezione espositiva riservata ai periodi medievale e moderno, realizzata in collaborazione con gli storici dell'arte, intende costituire uno strumento di lettura e di valorizzazione dei monumenti e delle opere d'arte, al-trettanto importanti, attestati nell'area Nolana, a co-miniare dal suggestivo complesso delle basiliche pale-ocristiane di Cimitile.

Per quanto riguarda gli aspetti archeologici, poiché risultano ancora scarsi i dati conoscitivi sulla città anti-ca ed in particolare sulla sua fase pre-romana, l'illus-trazione museale si basa essenzialmente sui corredi fu-nerari recuperati nelle necropoli, che offrono agli stu-diosi e ai visitatori tante significative informazioni riguardanti la civiltà materiale degli antichi, gli oggetti d'uso prodotti dalle comunità locali o acquisitati presso altre popolazioni, i costumi, le attitudini mentali, le di-verse posizioni rivestite da uomini, donne, adulti e gio-vani nel contesto familiare, la composizione della com-pagine sociale e le sue articolazioni economiche, se-condo la loro evoluzione storica.

Fonte del presente testo:http://cir.campania.beniculturali.it/museonola/percorso

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Basiliche Paleocristiane di Cimitile

Fondamentale testimonianza nella storia della cris-tianità occidentale, il complesso Basilicale di Cimitile, a nord di Nola, è caratterizzato dal concentramento in un’area di circa 9000 mq di ben sette edifici di culto, di età paleocristiana e medioevale, dedicati ai santi Felice, Calionio, Stefano, Tommaso e Giovanni, ai Ss. Martiri e alla Madonna degli Angeli sui quali domina la par-rocchiale costruita alla fine del ‘700.

Nucleo originario del complesso è la tomba di San Felice prete che fu sepolto, alla fine del III secolo, nella necropoli a nord di Nola. Nato da padre orientale, Fe-lice ne ereditò il patrimonio con il fratello Ermia, ma i due seguirono vocazioni diverse, abbracciando l’uno la carriera militare, l’altro quella ecclesiastica.

Durante le persecuzioni Felice amministrò la chiesa locale per l’assenza forzata del vescovo Massimo che si era rifugiato sui monti. Imprigionato, riuscì mira-colosamente a fuggire grazie all’intervento di un ange-lo, soccorse l’anziano vescovo e lo riportò in città, dopo averlo ristorato con un grappolo d’uva prodi-giosamente maturato fuori stagione.

Alla morte del vescovo Massimo, essendo ormai ri-tornata la pace, Felice rinunciò a succedergli nella cari-ca in favore del prete Quinto.

Dopo aver vissuto gli ultimi anni della sua vita nella povertà ascetica, Felice morì il 14 gennaio di un anno a noi sconosciuto. La deposizione della sua salma nel se-polcreto a nord di Nola determinò la trasformazione dell’impianto per la costruzione di nuovi mausolei che successivamente condizionarono lo sviluppo del san-tuario.

La prima chiesa, nata come aula del corpo, venne costruita con orientamento nord-sud, sfruttando la dis-truzione di tre mausolei. La tomba di S. Felice venne così a trovarsi in posizione eccentrica rispetto all’asse dell’aula ad corpus. Introno alla metà del IV secolo, ad est dell’aula fu realizzato un secondo edificio di culto con tre navate e l’abside ad est.

Il culto per il santo e la necessità di spazi da destinare alla sepoltura determinarono una forte attività nel-l’area, ma fu con l’arrivo di Ponzio Meropio Paolino, vescovo di Nola dal 409 al 431, che sorse un grandioso complesso: venendo le sue numerose proprietà, Paolino restaurò gli esistenti edifici di culto e costruì una nuova basilica, nota come basilica nova. Per venire incontro alle esigenze dei numerosi pellegrini, lastricò la strada che conduceva a Nola, costruì alloggi per i profughi e restaurò l’acquedotto proveniente da Avella. Eresse in-oltre numerosi ambienti monastici per ospitare quanti volevano condividere con lui il ritiro nella preghiera presso la tomba di San Felice.

Alla morte di Paolino il complesso comprendeva l’aula ad corpus, la basilica orientale, la nova e la basilica di S. Stefano, fu infatti interessata da impor-tanti lavori di ristrutturazione che cambiarono profon-damente l’assetto dei luoghi.

Tra il VI e il VII secolo venne infatti costruita una nuova basilica dedicata a San Tommaso mentre nel-l’VIII, a seguito del crollo della basilica nova, venne eretta, sulle parti dell’edificio superstiti, la basilica di S. Giovanni. Forse questi lavori vanno attribuiti al vescovo Lupeno che eresse la cattedrale nolana agli inizi o alla metà del secolo IX.

Sebbene tra le VIII e il IX secolo i Longobardi di Benevento trafugarono il corpo di S. Paolino e alcune reliquie di S.Felice, nel basso medioevo il santuario mantenne intatto il suo prestigio: tra la fine del XII se-

colo e la prima metà del XIII all’abside occidentale della basilica di S. Felice fu addossato il campanile. Al XIV secolo risalgono invece la facciata della chiesa di S. Giovanni e la Cappella di S. Maria degli Angeli. La basilica di S. Felice, che fungeva da parrocchiale di Cimitile, era retta dal preposito assistito da sette sac-erdoti, detti ‘confrati’. Il capitolo della cattedrale di Nola fino al 1675 mantenne l’usanza di recarsi tre volte l’anno in processione alla basilica di S. Felice, dove, il 14 gennaio (festa del Santo), il 25 aprile (ricor-renza di S. Marco Evangelista) e la settimana in albis,

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prendeva parte alle solenni celebrazioni presiedute dal vescovo.

L’eruzione del Vesuvio danneggiò alcuni edifici, im-mediatamente restaurati a spese del capitolo nolano, che aveva assunto il controllo del santuario destinato a riappropriarsi dell’ autonomia solo nel 1675, al termine di una lunga controversia legale sostenuta dal proposito Guadagni.

Questi dedico attenzione al restauro della chiesa di S. Felice, realizzo una delle prime guide del luogo (“Nola Sagra”), e piantò alcuni olivi nel giardino.

Alla fine del XVII secolo vi fu una nuova ristrut-turazione della basilica di S. Felice mentre nel 1700 la città di Napoli curò il restauro della cappella di S. Gen-naro, edificata nel secolo precedente sulla fornace nella quale , per tradizione, sarebbe stato gettato il santo, us-cendone miracolosamente illeso.

Proprio la cappella di San Gennaro viene demolita, insieme alla parte oreintale della basilica di S.Felice, per la costruzione, alla fine del ‘700, della nuova par-rocchiale voluta per rilanciare il santuario.

Nell’800 il complesso monumentale fu visitato na nu-merosi studiosi stranieri pur versando in uno stato di abbndono. Però solo nel 1890 il ministero della Pubbli-ca Istruzione fece restaurare la basilica di S. Felice.

Nel 1931 in soprintendente Gino Chierici iniziò gli scavi e i restauri nel complesso che, a partire dal 1935, proseguirono sotto la direzione dell’arch. Benedetto Civiletti. Le indagini archeologiche rimasero ferme quindi fino al 1954, quando Chierici riprese di nuovo ad occuparsi di Cimitile, senza più fermarsi sino alla morte nel 1961. Finalizzati al recupero della presunta configurazione ‘originaria’ delle basiliche, i restauri di Chierici cancellarono la possibilità di ricostruire nella sua interezza la vita del santuario. La documentazione raccolta da Chierici scomparve inoltre per oltre un ven-

tennio per poi riapparire inspiegabilmente all’estero ar-recando danni all’immagine dell’ex soprintendente ma anche alla conoscenza delle basiliche.

Rimasto a lungo chiuso al pubblico, nel 1985 il com-plesso, di proprietà della parrocchia di Cimitile, è stato affidato in gestione al Comune. Una ampio restauro ha consentito la riapertura del sito che nel 1992 ha accolto anche il beato Giovanni Paolo II.

In occasione del Giubileo del 2000 la Soprintenden-za Archeologica di Napoli e la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali hanno curato l’allestimento dell’antiquarium nella Basilica di S. Felice.

Fonte del presente testo: C. Ebanista, F. Fusaro, Cimitile, guida al complesso basilicale e alla città, 2010, pp. 19-28. Tratto da: http://www.diocesinola.it/web/content/basiliche-paleocristiane-di-cimitile

Complesso monumentale di Sant'Angelo in Palco

Convento Francescano dedicato all'Arcangelo San Michele, fondato da Raimondo Orsini, feudatario di Nola, nella prima metà del '400 (1440/45). Secondo al-tre fonti fu eretto prima del 1456, poiché in quell' epoca Raimondo, vedovo di Isabella Caracciolo, sposò Eleonora d'Aragona, e nello stemma opposto al Monas-tero, di nuova costruzione, è inquartato lo stemma degli Orsini con quello dei Caracciolo, giammai con quello della famiglia d'Aragona. Porta la denomi-nazione “del Palco”, in quanto sembra affacciarsi quasi come da un palco naturale, tra gli uliveti ed alberi verdeggianti della fertile campagna nolana.

La costruzione primitiva era in stile Gotico, ma col passar del tempo, abbattendo e ricostruendo, è stato fatto posto ad un ibrido complesso architettonico, dal quale si salvano soltanto il Chiostro rinascimentale e il

L'immagine in basso è tratta da: http://regioni-italiane.com

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I luoghi del Festival Bruniano

gotico refettorio. Nel 1626 il convento passò dagli Os-servanti ai Riformati napoletani. Nel 1632 la Chiesa subì delle trasformazioni; la vecchia chiesa venne ab-battuta e rifabbricata in stile barocco, con cappelle da un solo lato. La nuova Chiesa venne consacrata il 29 settembre 1661 da Mons. Francesco Gonzaga, Vescovo di Nola. I Riformati fecero assurgere questo convento al massimo splendore. Nel 1700 adornarono con marmi e stucchi colorati la Chiesa e nel 1752 costruirono un coro inferiore di linee semplici, in contrasto con quello superiore (ora scomparso), pregevole lavoro di Giovan-ni Merliano. Esso, smontato in assenza dei frati, per avvenimenti bellici ed altre calamità, è andato comple-tamente perduto. Sistemarono anche dignitosamente il ricco e pregiato materiale librario, in artistiche scaffala-ture in legno; nel 1742 costruirono le scale di accesso al Convento, tuttora esistenti, oltre ad abbellire la sacrestia e ripostigli in legno pregiato. Vi fecero il tirocinio ed il noviziato molti famosi Francescani come Padre Ludovico da Casoria. Dopo l'Unità d'Italia, il Convento passò in proprietà alla Chiesa del Carmine, che erogò 60 mila lire alle suore che ne risultavano proprietarie; mentre, nel novembre 1927, Sant'Angelo con le sei moggia di terreno annesse, già proprietà co-munale (di Nola), venne venduto, per 110 mila lire, al-l'Ordine Monastico Francescano. La somma ricavata, fu utilizzata dal Comune di Nola, per la definitiva sis-temazione della Scuola Elemtare (P.zza Collegio). Al momento della restituzione del Convento, forse era già scomparso il Coro ligneo del Merliano, nonché le maioliche colorate che istoriavano la Via Crucis (fis-sate nel muro, lungo la scalinata che porta al Monas-tero).

Durante il Fascismo, podestà Raimondo, tutte le stat-ue dei Santi (del Convento) erano state trasferite nei terranei del Palazzo Grande Marchese Schiava (in via Fontanarosa a Nola), nonché le suppellettili ed arredi vari; mentre i libri, in gran parte rosi dai topi, furono inviati alla clinica per il restauro (a Roma) che, dopo alcuni mesi, li restituì rimessi a nuovo e perfettamente leggibili.

Fra le opere notevoli del Convento si annoverano: un Crocifisso in tela situato in una Cappella dietro la sacrestia, l'Angelo in bronzo ritrovato, secon-do la leggenda, nella pietra, collocato nel pet-to di una statua in legno di S. Michele; un lavabo in marmo di pregevole fattura, oltre che al bel-lissimo, quattrocentesco altare. Nel refettorio vi sono raffigurate scene della vita di Gesù, ma queste pitture ormai sono rovinate, molte al-tre sono scomparse.

D'altra parte nel corso dei secoli il convento ri-mase abbandonato per diverso tempo, e per paura dei briganti e per l'incuria degli uomini del tempo, determinando così la spoli-azione di opere d'arte in esso custodite, e la rovina degli affreschi, della biblioteca, dei Cori e di altre cose pregevoli. All'ingresso della Chiesa si trova il sepolcro del Conte Raimondo Orsini: un bassorilievo raffigura il Conte in assetto di guerra.

Vi sono i sepolcri di Eleonora d'Aragona, consorte di Raimondo, di Enrico Orsini, ultimo Conte di Nola, del-la Contessa Elena dei Conti, moglie del Conte Nicolò Orsini.

Dietro l'altare maggiore vi è la sepoltura dei Mastrilli, tra i quali: Alessandro Mastrilli III Duca di San Paolo Belsito, ucciso da due sicari sulla strada per Napoli, Città dove andava a ricevere la sua sposa.

Fonte del presente testo: http://conteanolana.it

Pernosano di Pago del Vallo di Lauro

Il Vallo di Lauro si colloca a sud-est dell’ager nolanus, una delle zone più ricche già della Campania Felix. Pago è un piccolo paese del Vallo situato ai piedi del Monte Dinico. Pur non avendo annotazioni circa la relativa origine, si ipotizza che il nome derivi da Pagus latino civi, conclamando Pago come l’ufficio del Vallo per la riscossione delle tasse religiose. Le più antiche notizie di questo piccolo borgo agricolo, risalgono al-l’epoca romana di cui si conservano testimonianze archeologich nelle contrade di S. Pietro Montedonico e Pernosano. Sviluppatosi nel periodo medievale, il paese fu feudo dei Signori di Lauro; nel sec. XV passò nelle mani di Andrea de Capua e nel XVI divenne un podere dei nobili Cutillo. Nel 1797 ebbero inizio dis-truzioni e saccheggi che si protrassero fino al 1860, prima causate dalle truppe francesi e poi dall’esercito borbonico.

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Chiesa di Santa Maria Assunta in Pernosano di Pago del Vallo di Lauro

Oggetto di intervento di restauro sistematico, la Chiesa di Santa Maria Assunta di Pernosano è esem-pio, dal 1996, di ”Cantiere della Conoscenza”, aperto cioè alla divulgazione in itinere delle delicate fasi oper-ative. Sorta su di un sito pagano, probabilmente un tempio dedicato ad Augusto, la chiesa è citata per la prima volta in un documento del 1195 in cui si fa risalire la sua costruzione a Landolfo I, principe di Ca-pua e Benevento dal 910 al 943. La chiesa, poi, è anco-ra citata nelle Rationes Decimarum Italiae degli anni 1308-1310 la ed in quelle del 1324. Ulteriori notizie si ricavano dai documenti dell’Archivio Storico-Dioce-sano di Nola, dove sono conservati i verbali delle visite pastorali. Nella Santa Visita del 1591 fatta dal Vescovo Mons. Fabrizio Gallo, si apprende che la chiesa versa-va in uno stato di trascuratezza e la grande umidità del-l’edificio rendeva impossibile la celebrazione delle funzioni. La notizia che la chiesa non fosse in buone condizioni è confermata anche dalla lettura della Santa Visita Generale dell’anno 1615 del Vescovo Giovan Battista Lancellotti. A causa del progressivo interra-mento della struttura e della grande umidità, nel 1655, dunque, fu costruita una nuova chiesa sui resti della precedente riutilizzata in parte come ossario. Nel 1747 l’abate Gianstefano Remondini nella Della Nolana Ec-clesiastica Storia così descrive la piccola chiesa: «…e per dir vero sotto alla presente parrocchiale Chiesa di S. Maria volgarmente dè Carpinelli appellata è un an-tichissimo tempio, dalle rovine del quale son state trat-te fra l’altre le sei colonne di marmo, che riposte veg-gonsi sugli altari della nuova Chiesa con molte ben in-tagliate lapide parimente di marmo…» .

La chiesa superiore edificata nella prima metà del XVII secolo, però, subì radicali interventi nel XVIII e XIX secolo e in particolare nel 1923 e 1938 ad opera del parroco Carmine Rega. Il Rega, infatti, pose rime-dio ai danni provocati dall’eruzione del Vesuvio del 1908 e del sisma del 1931, con opere che modificarono profondamente la chiesa di “Santa Maria de’ Carpinelli”,

descritta dal Remondini. Una prima trasformazione fu costituita dalla variazione della quota d’imposta origi-naria del pavimento, aumentata di circa 75 cm. Per ne-cessità di adeguamento sismico, inoltre, la cantoria fu ricostruita con strutture in cemento armato e decorata, così come l’altare maggiore, con motivi liberty per l’a-dattamento ai nuovi gusti estetici, mentre le prime cap-pelle laterali furono tompagnate e sostituite da due nic-chie ricavate nello spessore murario. Il nuovo apparato di stucchi, pertanto, nascose definitivamente gli ele-menti lapidei di spoglio che decoravano l’arco trion-fale e le due cappelle ai suoi lati. Solo dopo il terremo-to del 23 novembre 1980, avendo il complesso subito gravi danni alla copertura e alle strutture murarie por-tanti, furono riportate alla luce le antiche colonne e, dopo un consolidamento ed una indagine preliminare si passò a scoprire l’interessante chiesa sotterranea.

La configurazione planimetrica della chiesa altome-dievale si basa su una complessa matrice geometrica richiamata dall'intreccio dei cerchi del velario dell'ab-side centrale che mostra, sui due registri superstiti, soggetti zoomorfi tipici delle stoffe irano-sassanidi. Gli affreschi che un tempo impreziosivano l'edificio sacro, se pur frammentari, costituiscono, invece, una fonte preziosa per ricostruire le fasi di vita della chiesa in quanto il sito è collocato sulla linea di confine contesa tra il principato longobardo di Benevento, quello di Salerno ed il ducato bizantino di Napoli e, pertanto, in un'area soggetta ad alterne influenze socio-culturali, preannunciando soluzioni stilistiche dell'ambiente ro-mano e stabilendo punti di contatto con i cicli pittorici di Cimitile, Capua e delle catacombe di San Gennaro a Napoli. Il rinvenimento di affreschi raffiguranti i santi della Chiesa nolana, inoltre, costituisce la più antica iconografia dei tre pastori della Diocesi: S. Felice Mar-tire, ricordato come primo vescovo dai nolani, S. Mas-simo, secondo vescovo di Nola e S. Paolino.

I frammenti lapidei rinvenuti, invece, sono costituiti sia da materiale di spoglio di età romana (frammenti di trabeazione) si a material e altomedievale: pilastrini, transenne, plutei e capitelli, stilisticamente vicini alla produzione figurativa che si ritrova in altre aree cultur-ali dell'Italia centro meridionale, molto diffusa in Cam-pania fra IX e X secolo; se ne ritrovano esempi, infatti, in Sant'Aspreno e S. Restituta a Napoli, nel protiro di San Felice in Pincis e dei SS. Martiri a Cimitile. I frammenti di pilastrini esibiscono un repertorio figura-tivo familiare ai lapicidi altomedievali: tralci di vite con andamento sinusoidale e con decorazioni vegetali centrali, combinate talvolta con uccelli. Significativi il pluteo con ippogrifi che affrontano un toro, conservato presso il Seminario Vescovile di Nola, e quello conser-vato nel Castello di Lauro, la cui provenienza è at-tribuita al sito di Pernosano, raffigurante l'albero della vita con ai lati due cervi.

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Castello di Cicala

Col nome di CastelCicala, oggi si indica una frazione del Comune di Nola. In tempi andati con il nome di Ci-cala si indicava un Comune della “Terra di lavoro”, sito sulla omonima collina, di cui il “Castello” costitui-va completamento e coronamento (Cicala: dal greco Ghe-Kala, Terra Buona). Il Castello di Cicala (uno dei circa 600 Castra o Castelli d'Italia), è uno dei più an-tichi e famosi della Campania, se non altro, uno dei più ricchi di Storia, comunque uno dei meno danneggiati e ancora recuperabile.

Nel periodo compreso tra i secoli V e XIII la sua sto-ria, quella del Casale dal quale trae il nome, si identifi-ca con la storia della stessa Nola. L'antica Città, infatti, saccheggiata e distrutta reiterate volte, col ferro e col fuoco, dai barbari invasori, depopolata dalle acque perennemente stagnanti, e dalla peste, fatta bersaglio, inerte, dalle ricorrenti eruzioni Vesuviane e scossa da frequenti movimenti tellurici, rimane per circa nove secoli quasi deserta, essendosi le poche famiglie super-stiti, rifugiate sulla prossima collina.

Qui, costruite le prime, rudimentali difese, in seguito ampliate e consolidate, la misera gente resistette e so-pravvisse in primitive dimore, spesso ricavate dalle grotte nella collina, perdipiù sempre a combattere questo o quel nemico invasore. Fin quando, mutati i tempi, per eventi favorevoli, e migliorate le condizioni di vita, questi cittadini fuggiaschi potettero scendere al piano e ridare vita alla città abbandonata dai loro avi.

Cicala, dunque, assorbì Nola e ne conservò le tradizioni: ciò vuol dire che fare la Storia sia di Cicala che del suo Castello, significa fare la storia di Nola, nell'arco di tempo anzidetto. Il vuoto, infatti, che i di-versi storici lamentano per tanti secoli nello scorrere della Storia Nolana, consiste precisamente in questo, poiché sarebbe un inutile lavoro, cercare di fare ricerche su Nola e per Nola, in quel periodo quando la Città era cessata di essere, sotto l'aspetto civile-politi-co-militare, mentre sotto quello ecclesiastico non es-isteva affatto, in quanto la Diocesi, fin dal II e fino a tutto il Quindicesimo secolo, risiedeva in Coemeterium (Cimitile).

Remota origine – Gli Storici Nolani, trattando dell'o-rigine del Castello, si sono espressi con incertezza ed approssimazione, ed altri addirittura in maniera errata. Scrive il Leone (Ambrogio): ".... bisogna ritenere che il Castello sia stato costruito dai Nolani sia per i bisogni di guerra, sia per la vita molto comoda su queste colline".

Invece il Remondini: "...fu dai Nolani edificato questo Castello, per maggiore sicurezza della Città cui sovrasta e sebbene oggi se ne veggano poche mura, già fu nei secoli addietro, una delle più forti Rocche della Campania Felice"; ponendo poi, la costruzione al tem-po di Ruggero il Normanno.

Il Musco, infine, avvicinandosi di più alla verità stori-ca scrive: "Castel Cicala risale all'Alto Evo e fu in orig-ine un Castello Longobardo appartenente ai Principi di Benevento". Con molta verisimiglianza doveva essere una fortezza di confine di quel Principato, con la Liburia (Ducato di Napoli).

Il primo documento, in ordine di tempo, di cui si ha notizia, circa l'esistenza del Castello, è una preziosa pergamena del Secolo X conservata nell'archivio del-l'Abbazia di M.Vergine nella quale è scritto che Giovan-ni (Vescovo appunto dal 948), procede ad una permuta del Castello di Cicala, che era in condizioni pessime, es-sendo stato distrutto da un incendio anni prima, con altri terreni.

Lo storico Nicola Barone, in un suo scritto pubblicato a Maddaloni, nel 1924, conferma il suddetto documen-to, anche per la data (948) ed aggiunge la descrizione dell'incendio, avvenuto nel 937, ad opera degli Ungheri o Ungari.

Dopo il dominio Longobardo, si conosce il nome di uno dei Conti preposto a Cicala tra la fine del X, inizio XI secolo: Marino (Marinus comes Castello Nolano) figlio di Orso Monaco ed aveva un figlio a nome Gio-vanni. Egli tenne il Castello ed il Casale al tempo degli Imperatori Bizantini Basilio e Costantino, mentre nel Ducato di Napoli sedeva Sergio Quarto; fu poi il Castello dominio dei Normanni, subendo danni notevoli dalle eruzioni del Vesuvio (993/1036/1139).

Nel XlII secolo fu Feudo di Federico II e poi del figlio Manfredi. Nella Bolla del Papa Innocenzo IV inviata da Anagni il 7 ottobre 1254, vi era scritto che egli concesse a Tommaso d'Aquino Conte di Acerra, ed al fratello Gi-acomo, tra le altre città, anche i Castelli di Cicala e Montesarchio, facendo cambio con la Contea di Loreto. La Pontificia concessione dei Castelli di Cicala e Mon-tesarchio, ammette che i medesimi Castelli costituivano patrimonio della Chiesa, e di conseguenza il Papa pote-va disporne. Carlo d'Angiò, assegnò, in seguito, la con-cessione a Guido di Monfort, con altri beni, e città, il Castello di Cicala nel 1268/69.

Fra i primi Castellani di Cicala, dopo l'avvento di Car-lo d'Angiò, risultano i nomi di: Guidone de Vito, Girar-do de Villario, Simon de la Forest. Fu poi per lungo tempo Feudo degli Orsini: infatti verso la fine dell'anno 1479, troviamo Raimondo Orsini con il titolo di Conte, poiché spettarono a lui oltre al Castello, altre Terre. Dopo oscure vicende Cicala passò, dopo la Congiura dei Baroni (nel 1485) ad altri Orsini, e cioé: a Nicola, Conte di Pitigliano, e, nel 1509, ad Enrico.

Con la donazione di Carlo V nel 1529 e la morte di Enrico nel 1533, avvenuta prima che gli Imperiali del Principe di Oranges, entrati in Nola, lo potessero impri-gionare, la città di Nola ed altre Terre, furono donate al Viceré Carlo de Lanoy (o de la Noy): Famiglia originar-ia delle Fiandre ed alla consorte (Vice/Regina) Isabella di Mombel. Nel 1534, la Terra di Cicala fu regalata da Carlo Quinto, a Dionigi Bellotto (dei Longobardi di

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Benevento). Nel 1546, la Principessa di Mombel, as-serendo che Cicala era di sua pertinenza, la vendette a Luigi Dentice, di origine Amalfitana.

Troviamo il Castello nel 1563, di proprietà di Laura Albertini, vedova di Troiano Albertini, che cedette il Castello ad Antonio, suo suocero, per 2320 ducati.

Nel 1573, Pompeo Albertini, lo vendette a Marzia Albertini, moglie di Angelo Alberto, che a sua volta lo passò ad Annibale Loffredo, ma questi, per ristrettezze finanziarie, dovette cederlo al Generale Consiglio, che lo alienò per la cifra di 5520 ducati. Tra il 1597 ed il 1611, il Castello subì l'ultimo radicale restauro, ma il

Castel Cicala, il Vesuvio dalla torre di guardiaFonte: http://panoramio.com

L'immagine sullo sfondo della pagina precedente è tratta da:http://conteanolana.it

26 marzo 1632, un'eruzione del Vesuvio lo danneggiò in parte. Ceduto dal Fisco nel 1640 a Ladislao di Polo-nia, fu poi concesso al Duca di Maddaloni, Diomede Carafa. Dopo alterne vicende Cicala con le sue terre passò, nel 1725, alla famiglia Ruffo di Bagnara, e pre-cisamente a Paolo Ruffo, con il quale ebbe origine il ramo di Castelcicala: Paolo Ruffo fu il Primo Principe di C/Cicala, con diploma dell'imperatore Carlo VI, del 29 gennaio 1729. Da oltre due secoli il Castello ormai giace abbandonato ed inabitato, tranne alcuni recenti restauri (anni 1960/80), dovuti alla Sovrintendenza del-la BB.AA. di Napoli.

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