La chiesa di San Nicolò degli Alzeri a Piano di Arta Terme
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La ecclesia Sancti Nicolai de Arziris1: prove documentali e ipotesi
storiografiche.
Il primo documento, scientificamente attendibile,
attestante l’esistenza di una chiesa nominata Sancti Nicolai de
Arziris, in località Piano d’Arta, è un atto del luglio 13352,
un legato testamentario del Preposito della Collegiata di
San Pietro di Zuglio, Manno de Capponi3, atto eseguito otto
anni dopo la morte del canonico, avvenuta a Cividale il 14
agosto del 1327. Le vicende del canonico fiorentino in seno
alla prepositura carnica sono ben note, come pure il fatto
che questi, il 7 agosto del 1327, aveva dettato le proprie
volontà alla presenza del notaio Morandini de Remanzacco4,
prescrivendo l’attivazione di due distinti legati, posti in
essere nel corso del 1335.
1BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.2BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.3Il canonico Manno de Caponibus - membro di una famigliafiorentina di banchieri operante in Friuli nel XIII-XIV secolo -ricoprì il ruolo di Preposito del Capitolo di San Pietro dal1290 al 1320, anno in cui rinuciò alla carica; nel 1300, inspregio all’obbligo di residenza imposto dagli statuticapitolari, il canonico si trasferì a Cividale del Friuli - apiù stretto contatto della corte patriarcale - subendo laritorsione dei canonici zugliesi, sfociante in una serie di attiprocessuali, che porteranno nel 1320, come detto, alla rinunciadella prepositura da parte del canonico fiorentino. Sullevicende di Manno in seno alla prepositura QUAI 1973, pp. 172-174; QUAI 1978. Sul rapporto tra la famiglia toscana de’ Capponied i vertici patriarcali BATTISTELLA 1898, pp. 49-50, 129-210;DEGRASSI 1992, pp. 186-188.4ASU, ANA, Regesto notarile, voce Morandino alias Morandini diRemanzacco.
1
Il recente recupero del testamento di Manno de Capponi –
nel 1973 segnalato come irreperibile5, per quanto conservato
nella biblioteca del Museo Archeologico Nazionale di
Cividale del Friuli6 - ha permesso di fugare ogni dubbio
sulla veridicità del legato indicante l’esistenza della
chiesa degli Alzeri alla data del 1335, documento, questo,
il cui originale rimane ancora oggi introvabile.
Appare indispensabile, quindi, sottoporre a verifica il
percorso del processo testamentario nei suoi singoli
momenti, procedendo dall’origine, ovvero l’esecuzione del 7
agosto 1327, sino al compimento dei due successivi legati,
dalla cui analisi incrociata emerge, confermata,
l’esistenza di Sancti Nicolai de Arziris.
Muovendo la ricerca delle carte conservate nell’archivio
cividalese, ricaviamo che la più antica notazione del
testamento del preposito Manno de Capponi, si trova in un
commento vergato dall’erudito settecentesco Gian Domenico
Guerra7, il quale, nella sua monumentale opera Otium
5L’irreperibilità di tale documento venne segnalata nel 1973 daMons. Franco Quai: «questo documento [il testamento di Manno],che dovrebbe figurare tra i cimeli del Museo Nazionale diCividale, oggi è introvabile»; QUAI 1973, p. 174.6BMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XI,n. 133 2/v. 7Sull’opera del Guerra il Manzano riporta: «canonico dellacollegiata cividalese, fiorì nel secolo XVIII ed era accademicoUdinese. Fu egli uno dei più infaticabili raccoglitori di patriidocumenti, e lasciò manoscritti 60 volumi in foglio intitolati:‘Otium Forojuliense’. Importante raccolta per noi friulani,mediante la quale molte interessanti fatiche de’ scrittorinostri, e assai documenti sono conservati, i di cui originali,vari di essi, or più non esistono. […]. Nulla ci fu dato dipoter raccorre intorno agli anni di nascita e di morte di questonostro friulano, ma pare ch’egli vivesse ancora nel 1778. Lasuddetta sua opera venne acquistata dal nobile Nicolò de Portis
2
Forojuliense, risalente alla seconda metà del XVIII secolo, nel
volume XXII, alla pagina 194, chiosa: 1327, de mensis augusti. Et
domini Mannus dei Capponi de Florentia, preposity Carnee, canonicum
Civitatem, d’Aquileia et di S. Jacobo de ultra Arnum. Heredi Bartolomeo et
Nicolai quondam Cappuncini fratri sui Philippy, Nerus et Micco quondam Richy,
fratris suis, Jacoby et Petry quondam Pagno, etiam fratris cui noms Lapucci
Rinuccio Franzelini de Capponibus8.
L’annotazione del Guerra riassume, in breve, quanto
espresso dalla fonte originaria9, dove, è bene precisare,
non compare alcun riferimento alla chiesa di San Nicolò
degli Alzeri: tale assenza, tra l’altro, compromette tutta
una serie di ricostruzioni storiografiche, pubblicate da
numerosi autori10, generate dall’errata interpretazione
delle fonti, che posero la chiesa degli Alzeri nominata nel
testamento del 1327, in luogo, invece, del posteriore
legato del 1335.
L’equivoco – come detto dovuto alla errata interpretazione
della relazione esistente tra il testamento con il
consecutivo legato - ha indotto numerosi autori a
confondere il primo documento con il secondo, traslando, e
quindi anticipando al 1327, le conseguenze dei contenuti di
canonico di Cividale, ed esiste oggigiorno presso il municipiodi Cividale, da cui fu acquistata»; MANZANO 1884, p. 110; ancheMARCHETTI 1979, p. 975.8GUERRA 1770(?), v. XXII, p. 194.9BMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XI,n. 133 2/v.10L’elenco degli studi editi dove risulta forzata alla data del1327 il contenuto del legato 1335 sono: GORTANI 1889, p. 5;GORTANI 1903, p. 47; QUAI 1973, pp. 172-174; QUAI 1978, pp. 30-31, 40-41; CIMIOTTI 1982, p. 19; ALTAN 1987, p. 70; CASTELLARIN1998, p. 85.
3
quanto descritto nella carta del 1335. Sebbene dal punto di
vista giuridico i due documenti possano essere intesi
contemporanei - in quanto espressione della volontà
testamentaria dal canonico Manno alla data del 1327 - dal
punto di vista documentale vanno considerati come atti
separati, in ragione della loro differente origine e
datazione: rimane al contempo da compiere la verifica sulla
bontà della trascrizione legataria datata luglio 1335,
risolta a mezzo di ulteriori documenti, rintracciati nel
corso dello spoglio ricognitivo11.
Analizzando la trascrizione dell’atto datato luglio 1335 -
eseguita, nel 1887, dal bibliotecario e storiografo udinese
Vincenzo Joppi12, sulla cui autorevolezza non è concesso
avanzare riserva alcuna - scorrendo la parte conclusiva,
appare chiaramente come questo discenda direttamente dal
testamento del Preposito Manno: secundum legatum et ordinatum
testamenti dicti quondam domino Manni Prepositi memorati scripti manu
domini Morandini Notarii de Civitate sub anno domini millesimo trecentesimo
11Durante la ricerca archivistica tesa all’individuazione dellegato, nel regesto degli atti notarili presenti in ASU, allavoce notaio Landuccio, alias Landuzi quondam Marino di Cividale, sonostate individuate una corposa serie di vacchette, relative aglianni 1331, 1336, 1338, 1340, 1341, 1342, 1343, risultandomancante, purtroppo, quella del fatidico anno 1335. 12Vincenzo Joppi (1824-1900), medico chirurgo, diresse per più divent’anni la Biblioteca Civica di Udine, «operandone il riordinoe raddoppiandone la consistenza. Decifrò, trascrisse e regestòmigliaia di documenti di ogni genere e epoca, traendone materiaper numerose pubblicazioni, di piccola mole ma importanti perl’aggiornamento della storiografia friulana»; MARCHETTI 1979: v.II, p. 723-731; sull’opera dello Joppi; TAMBURLINI 2004. Laminuta autografa è collocata in BCU, sezione Manoscritti e Rari,fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.
4
vigesimo septimo […] die VII intrante Augusto13. Queste poche righe
chiariscono il diretto apparentamento del legato con il
testamento del Preposito Manno, scripti manu domini Morandini
Notarii; emerge altresì che il recuperato testamento
cividalese impegnava gli esecutori testamentari alla
stipula di un atto «Di attribuzione dè legati»14, rogato,
appunto, in Carnia, presso la sede del Capitolo zugliese,
dal notaio cividalese Landuccio15.
Aspetto senza dubbio rilevante, ma certo utile per
comprendere la diffusione delle carte conseguenti al
testamento del preposito fiorentino, il fatto che alla
ricordata trascrizione dello Joppi, si accompagnano altre
due copie, coeve: una, conservata presso l’Archivio di
Stato udinese16, per mano di Giovanni Gortani17, sindaco di
13BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38. La trascrizione,dallo Joppi datata 21 luglio 1887, riporta, come collocazionedel documento, l’indicazione «Arch. Not. Udinese», corrispondentead Archivio Notarile Udinese, oggi confluito presso ASU erinominato ANA.14 Nell’incipit della trascrizione, lo Joppi precisa chiaramentela natura giuridica di tale atto: «1335, 24 Luglio. Sul montedi S. Pietro di Carnia. Di attribuzione dè legati fatti dal fuManno Preposito di S. Pietro di Carnia alle chiese e villedella Carnia». Ibidem.15ASU, ANA, Regesto notarile, voce Landuccio alias Landuzi quondamMarino di Cividale. La presenza del notaio Landuccio, in sostituzionedel notaio Morandino – reverendo mansionario della colleggiatadi Cividale del Friuli e, in quanto tale, anch’esso canonicocividalese - si motiva con la morte di quest’ultimo, avvenutal’anno 1332, come risulta da atto testamentario presente inBMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XI, n.174 2/v.16ASU, fondo Gortani, documenti, b. 3, f. 34, n° 89.17Giovanni Gortani (1830-1912) avvocato, nativo di Avosaccopresso Arta, si dedicò alla raccolta e trascrizione di documentiinerenti la storia friulana e dell’area carnica in particolare;MARCHETTI 1979, v. II, p. 973. Sull’opera archivistica del
5
Arta; l’altra collocata presso l’Archivio Prepositurale di
Zuglio18, eseguita da don Pietro Sicorti, parroco di Sezza19.
La contemporaneità cronologica delle riproduzioni, come
pure la sostanziale uniformità delle stesse, dimostrano la
gemmazione, dalla trascrizione dello Joppi, di identiche
copie, in uso a questi studiosi, tra loro legati da comuni
interessi scientifici20.
In merito alla datazione di queste carte, va considerato
come il Gortani, in una lettura tenuta all’Accademia di
Udine 18 giugno 1886, dal titolo «La leggenda del lago di
monte Cucco», non fa menzione del legato testamentario di
Manno, trascritto, come sappiamo, dal bibliotecario udinese
solo l’anno successivo; il primo cittadino di Arta
richiamerà infatti, per la prima volta, tale atto, solo tre
Gortani: CELLA 1934; ZENAROLE PASTORE 1964, pp. 160-171;ZENAROLE PASTORE 1981, pp. 300-304.18APZ, v. 193, p. 266.19Pietro Sicorti (1823-1897) cappellano e poi parroco di Sezza,raccolse memorie e documenti sulla diocesi di Iulium Carnicum,mutata poi in collegiata di San Pietro, trascrivendo il tutto innove volumi manoscritti, conservati presso APZ, materiale questoin parte utilizzato da Mons. Quai per la stesura degli studiinerenti al capitolo zugliese, ovvero QUAI 1973 e QUAI 1978: lepoche notizie sull’opera di Sicorti si ricavano da CELLA 1934,pp. 30-32; RIZZI, 1954, pp. 9-12; MARCHETTI 1979, v. II, p.1015; MOLFETTA 1998.20Tra i fascicoli conservati presso APZ è consultabile lacorrispondenza intrattenuta dall’abate Sicorti con varistudiosi, tra cui Joppi, Gortani e Wolf, tesa alla ricerca siaarcheologica che toponomastica dell’area friulana. La lettura diqueste missive a permesso di verificare come lo Joppi fosse alcorrente delle ricerche condotte dal Sicorti attorno al Capitolozugliese, e dal Gortani attorno ai centri carnici prossimi adArta; APZ, fondo Sicorti, fondi aggregati, v. 188-204;CARGNELUTTI 2004, p. 48.
6
anni più tardi, nel saggio «I Parroci di Piano»21, e,
successivamente, ricorderà l’importante documento, nel
1903, nello studio «Frammenti di storia patria»22.
Quest’ultima opera raccoglie le monografie del Gortani
dedicate all’area carnica - alcune delle quali in
precedenza edite - ora implementate con nuovi documenti: ed
è qui che, nella seconda stesura del saggio «La leggenda
del Lago di Monte Cucco», il Gortani integra al testo il
legato reperito e trascritto dallo Joppi, riferendolo,
erroneamente, all’anno della morte del Preposito Manno,
anzichè alla data del legato, dando origine in tal modo
all’equivico pocanzi richiamato.
Ulteriore precisazione: nelle pubblicazioni del 1889 e del
1903, il Gortani non indica ne lo Joppi ne l’Archivio
Notarile Antico - dove sappiamo era collocato il documento,
almeno alla data del 1887 - quale fonte e origine del
documento, carenza frequente nelle pubblicazioni dello
studioso carnico, in ragione del fatto che tali saggi erano
prodotti come omaggio erudito in occasione di celebrazioni
sponsali o di prima messa, e quindi carenti, per brevità,
dei necessari rimandi in nota, certo già consueti nella
disciplina storiografica degli anni di fine secolo XIX.
Riepilogando: il testamento di Manno de Capponi venne
redatto, in data 7 agosto 1327, dal notaio Morandino di
21 GORTANI 1889, p. 5. E’ questa la prima citazione, a mezzostampa, dell’esistenza del legato testamentario del PrepostoManno, dall’autore nominato «Testamento del Preposito Manno deCapponi» e riferito alla data del 1327.22 GORTANI 1903, p. 47.
7
Remanzacco23, a cui fece seguito, otto anni dopo, un legato
testamentario stipulato dal notaio Landuccio di Cividale,
il 24 luglio 1335, in Carnea supra montem Sancti Petri24;
quest’ultimo documento, infine, venne trascritto più di
cinquecento anni dopo da Vincenzo Joppi25, il quale passò
poi copia a Gortani26 e a Sicorti27.
Dai passaggi che le date dei documenti evidenziano, si
chiarisce che, trascorsi otto anni dalla morte del canonico
Manno, il legittimo erede di questi, il nipote Nicolai28, alla
presenza del rappresentante del Capitolo di San Pietro di
Carnia, ovvero il Preposito Wigelmino29, dispose, per mezzo
del citato legato testamentario, una articolata donazione
alle chiese, ai presbiteri ed ai chierici, in relazione con
il Capitolo durante la reggenza dello zio, donazioni, non a
caso, riguardanti tra gli altri i pauperibus hominibus et
mulieribus indigentibus delle ville del Canale di San Pietro,
23BMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XI,n. 133 2/v.24BCU, Sezione Manoscritti e Rari, Fondo Joppi, ms. 371, f. 6,doc. 38.25Ibidem.26ASU, fondo Gortani, b. 3, f. 34, n° 89.27APZ, v. 193, p. 266.28Nicolai filios quondam Capucini, ovvero Nicolò, figlio del fuCapponcino; BMANC, fondo pergamene capitolari Michele dellaTorre, t. XI, n. 133 2/v.29presentibus ipso domino Wigelmino Preposito; BCU, fondo Joppi, ms. 371,f. 6, doc. 38. Il Wigelmino citato corrisponde al Guglielmino quondamEgidio di Cividale, Preposito della Collegiata di San Pietro diZuglio negli anni 1334-1349, collocazione questa certamentecompatibile con la datazione del legato prodotto dal notaioLanduccio. Sul Preposito Guglielmino GORTANI 1897, p. 5.
8
chiamati, con tale atto, a pregare per la salvezza
dell’anima del defunto30.
Il contenuto di questo legato pervenutoci in trascrizione,
viene nondimeno sostenuto da un successivo legato, datato
novembre 133531, rinvenuto anch’esso nel corso della
ricerca; tale carta appare risolutiva nel chiarire e
confermare autenticità al legato zugliese del luglio 1335,
in quanto istromento di vendita, con congiunta donazione,
nuovamente compiuta dal nipote, ed erede di Manno, Nicolò,
atto, questo, rogato da Germano di Giuseppe nodaro32.
Questa pergamena ribadisce e conferma che il testamento del
1327 impegnava il nipote Nicolò de Capponi ad eseguire non
solo una ricca donazione verso la Collegiata di San Pietro
di Zuglio - largizione questa eseguita il 24 luglio 1335 -
ma anche di dotare, con lire 600 in piccoli veronesi, il
Collegio Canonicale di Cividale affinché provvedesse ad una
particolare esecuzione per il ricordo del domino Manno33.
Dall’analisi del documento, si evince, chiaramente, che
istante di tale lascito è il venerabili viris domini Manni preposti
Carnee et Canonici dicte civitas, [che fece] testamento et feced manu
30pro anima dicti quondam domino Manni; […] cum orationibus habeantrecomandatam; BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.31BMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XII,n. 23 r/v.32E’ bene precisare la portata di questo documento, in quantol’individuazione di tale pergamena ha permesso il recupero deldocumento testamentario di Manno del 7 agosto 1327, presentecome ‘copia conforme’ all’originale, da Germano di Giuseppeincluso all’atto in quanto parte essenziale, ma distinta, dellegato. 33dictus Nicolaus adimpiere et absumere testamintium seu legati dicti quondamdomini Manni et promisxit dicto capitolo ad midury et eredes pro sexcentu librisvenetorum parvulorum. Ibidem
9
domini Morandini notari et mansionari dicte civitas sub anno domini Mille
trecentesimo vigesimo septio indictione decima die septimo intrante agusto34,
che l’esecutore del legato è il fideicomisarius Nicolò, che,
con medesimo atto, aliena un manso posto a Pavia di Udine,
il cui ricavato viene vincolato per dotare la cappella di
San Donato35 del Duomo di Cividale di una rendita utile a
garantire la celebrazione di un appropriato numero di
messe, a suffragio dell’anima del canonico fiorentino.
Questa pergamena originale, datata 14 novembre 133536,
rinforza, pertanto, il testamento rogato il 7 agosto 1327 a
Cividale37, ratifica il precedente legato, datato 24 luglio
133538, garantendo veridicità alla trascrizione dello
Joppi, nella quale compare citata la chiesa pianese di
Sancti Nicolai de Arziris39.
Al pari di quanto compiuto con l’atto cividalese, anche
nella largizione di Zuglio il nipote di Manno consegna una
discreta somma in monete aquilegensi, a beneficio dei canonici
e presbiteri delle chiese e cappelle soggette alla
giurisdizione del Capitolo di San Pietro, tra cui, anche,
la Ecclesia Sancti Nicolai de Arziris40.
34Ibidem.35ad faciendi celebrandi perpetuorum una missam singulis dictiis capella San Donatipro anima ipius quondam dicti domini Manni prepositi in civis sepultura. Ibidem.36BMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XII,n. 23 r/v.37BMANC, fondo pergamene capitolari Michele della Torre, t. XI,n. 133 2/v.38BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.39Ibidem.40La completa trascrizione riportata dallo Joppi così recita:ecclesia Sancti Nicolai de Arzirs denarios XX, indicando quindi anche lasomma destinata alla chiesa, pari a venti marche di denariaquileiesi. Ibidem.
10
Dunque, in ragione del lascito legatario compiuto dal
nipote Nicolò, al cospetto del Preposito Wigelmino e dei
testimoni presbitero Zuanne de Iustinopoli commorante in dicta Ecclesia
Sancti Petri, domino Henrico presbitero dicto Aynzellino de Plano41, risulta
di certo esistente, alla data del 24 luglio 1335, la chiesa
di Sancti Nicolai de Arziris, in località Alzeri di Piano d’Arta.
Proseguendo nella ricognizione documentale attinente a tale
struttura, apprendiamo, dal Gortani, che «la chiesa di San
Nicolò d’Alzeri è ricordata […] in un altro testamento del
31 dicembre 1363»42. Di tale documento il sindaco di Arta
omette, nuovamente, di indicarne la giacitura, impedendo il
necessario riscontro documentale; la ricerca attuata tra le
carte conservate nel fondo Gortani, cusodite presso l’ASU43,
non ha portato al recupero dell’atto in questione, e
dunque, al momento, non è possibile confermare
documentalmente tale testimonianza44. Va ricordato che, nel
41BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.42GORTANI 1903, p. 47. 43Il fondo posto sotto il nome di Archivio Gortani in ASU èdiviso in tre parti: documenti, manoscritti e biblioteca. Lasezione documenti si compone di una busta, b. 3, contenente 22fascicoli, numerati da 31 a 52, ricoprenti un arco temporale dal762 al 1860. Nove di essi – dal 31 al 39 –sono trascrizioni didocumenti riguardanti il periodo compreso dall’XI al XV secolo:i fascicoli 31, 32 e 33 contengono carte in maggioranza giàpubblicate, soprattutto come parti della Storia dei Longobardi diPaolo Diacono, del Thesaurus Ecclesiae Aquilegensis di Giuseppe Bianchie degli Annali di Francesco di Manzano, mentre sono parzialmenteediti i restanti fascicoli 34, 35 e 36: il fascicolo 34,riporta, a p. 89, il più volte citato legato del 1335 trascrittodallo Joppi.44La citazione del Gortani, fu ripresa anche da Pio Paschini,studioso insigne, solitamente lontano da disinvolte posizionicritico-documentali; PASCHINI 1960, pp. 16-17. La citazioneoperata dal Paschini, tratta dal Gortani, provoca la diffusionedel documento: si veda quindi: CIMIOTTI 1982, p. 55; ALTAN 1987,
11
1917, l’archivio dello studioso carnico subì una grave
dispersione, in seguito agli eventi bellici, che
coinvolsero la casa della famiglia Gortani di Avosacco,
circostanza, questa, che potrebbe spiegare l’assenza di
tale documento, come pure di altri, dal fondo omonimo45.
Per quanto concerne la tematica di una documentata
appartenenza della chiesa di San Nicolò degli Alzeri
all’ordine giovannita, risulta fondamentale l’analisi di un
documento, risalente al 1397, una carta certo intercettata
e trascritta dallo Joppi, pubblicata da Zoratti46, e
ripresa, successivamente, sia da Cimiotti47 che Tosoratti48.
In tale annotazione si legge: «Dai documenti della Commenda
di S. Giovanni di Susans (S. Tommaso) si ha: Il 3 settembre
1397 essendo Fra Averardo precettore e guardiano della
mansione di S. Giovanni di S. Tomaso ed in quel dì, in S.
Daniele, dinanzi a testimoni Giovanni quondam Nicolò di
Piano nel Canale di S. Pietro, di Giacomo quondam
Nicolossio da Tolmezzo abitante a S. Daniele e di Liano
quondam Liano di S. Daniele dà in affitto un mezzo manso,
situato a Fusea, a Stefano quondam Parossio di Fusea (Iop.
c. 10) »49.
La ricerca operata del documento siglato Iop. C. 10, non ha
portato all’individuazione di questo strumento di affitto e
p. 70.45Sull’archivio privato di Giovanni Gortani: CELLA 1934, pp. 16-19; RIZZI 1954, pp. 155-157.46ZORATTI 1968, pp. 89-93-145. 47CIMIOTTI 1978, p. 57.48TOSORATTI 1983, p. 52. 49ZORATTI 1968, pp. 89-93-145. L’autore cita tale documento percomprovare la presenza dell’Ordine di San Giovanni diGerusalemme in area carnica a tale data.
12
pertanto, anche questo documento, dallo Zoratti consultato
nel 1968, risulta, ad oggi, non presente, per quanto lo si
possa considerare reperibile, in trascrizione autografa,
all’interno d Notariorum Joppi conservato in BCU50.
Ciò premesso, emerge come l’atto di affitto del 1397 ponga
in relazione la Mansione di San Tomaso di Susans, fondata
nel 1199 dalla ricca donazione di Artuico di Varmo51 - e
quindi l’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni di
Gerusalemme - con la Carnia, ma non solo: tra i testimoni
presenti a San Daniele, compare tale Giovanni quondam
Nicolò di Piano, un pianese del Canale di San Pietro,
possibile figura di riferimento degli interessi giovanniti
per tali luoghi.
Sempre in merito alla Mansione di San Tomaso di Susans e
alle relazioni dell’Ordine all’area carnica - a Fusea in
particolare - è certo degna di attenzione la trascrizione,
50«Dopo l’annessione del Friuli al regno d’Italia, essendo staticonfiscati dal nuovo governo – insieme con i beni ecclesiastici– gli archivi dei conventi, degli istituti religiosi e delleconfraternite, [allo Joppi] gli fu affidato il compito di farnelo spoglio; era una ingente e confusa massa di carte e registriaccatastati nei corridoi dell’Intendenza di Finanza, ch’egliriordinò pazientemente e, più tardi, trasferì nella BibliotecaComunale»; MARCHETTI 1979, p. 725. Il Notariorum - BCU, fondoJoppi, Notariorum, f. 681 - ovvero il regesto di questo lavoro dispoglio, è composto da ventidue volumi manoscritti, privi diqualsiasi classificazione di natura cronologica, toponomastica onominale: l’individuazione di un documento ivi trascritto, senon supportato da una precisa indicazione di volume e pagina,risulta problematico.51Sulla donazione testamentaria del cavaliere giovannita Artuicodi Varmo e sulla Mansione di San Tomaso di Susans, mansionenella quale San Nicolò degli Alzeri rientrava quale dipendenza,si veda: COMELLI 1958, p. 173-177; TOSORATTI 1983.
13
operata da Sicorti52, «da pergamena logora conservata dalla
Chiesa di [Santo Stefano] di Piano, in cui compare Antonius
de Pujana Preceptor domus et Mansionis Sancti Thome de Susano Ordini Sancti
Johannis Jerosolimitani», che affitta, a varie persone, diverse
proprietà che la Mansione di Susans possedeva a Fusea,
pergamena, questa, ancora oggi presente presso l’Archivio
Arcipretale di Piano.
Tale atto, si legge, venne rogato a Venezia, il 15
settembre 1398, in Rivoalto ad stationem mei notary infrascripti,
presentibus venerabile viro domino fratre Manfredo de Falconibus Preceptore
domus de La Tisana Ordinis Sancti Johannis Jerosolimitani - quindi alla
presenza del precettore di una delle più antiche fondazioni
giovannite friulane – dal notaio Angelotus de Veneciis filius
quondam ser Andreacis de Bononia Imperiali autoritate notarius publicus53.
E’ certo interessante segnalare il fatto come tale
pergamena - redatta non in Carnia ma a Venezia, sede del
Priorato Giovannita alla presenza di eminenti figure in
seno all’Ordine – risulti ancora oggi conservata presso
l’Archivio Arcipretale di Piano, e la singolarità è certo
evidente, in quanto, tale carta, coinvolge proprietà
fondiarie che la Mansione di San Tomaso di Susans possedeva
in territorio carnico, a Fusea in particolare. Non solo: la
presenza di questa pergamena, di palese origine giovannita,52La trascrizione si trova in APZ, v. 190, ms. Sicorti,corrispondenza, carta sciolta. La pergamena invece è custoditain AAP, busta manoscritti, livellazione Fusea, ed è stataverificata nel contenuto, sulla scorta della detta trascrizione.La pergamena, da Sicorti definita ‘logora’, mostra la partedestra compromessa da mancanze, con macchie scure oleose sparsesu più punti; la parte integra del documento risulta, comunque,ancora leggibile. 53Ibidem.
14
si pone in continuità con una bolla di indulgenze, nella
quale, in forma generica, sono riportati i privilegi
concessi dalla Santa Sede alle chiese dell’Ordine di San
Giovanni di Gerusalemme, documento, questo, conservato
anch’esso presso l’Archivio Arcipretale di Piano54.
Pertanto, la presenza in territorio pianese di carte di
sicura origine giovannita, porterebbe ad accomunare la
struttura degli Alzeri all’Ordine di San Giovanni di
Gerusalemme già a tale data: tuttavia rimane da chiarire
come, quando e soprattutto per mezzo di chi, queste
pergamene – quella logora del 1398, come pure la bolla del
1394 - giunsero a Piano, aspetto questo lontano
dall’essere risolto55.
Sulla natura della bolla sappiamo che: «Nella Quaresima del
1394 in data 11 marzo, […] nella riunione del Capitolo
Generale dell’Ordine tenuto nella casa ospitale di San
54AAP, busta manoscritti, ms. bolla delle indulgenze, bollad’Alzeri. Nella stessa busta sono presenti dei fogli dellatrascrizione, la cui scrittura è certamente quella di GiovanniGortani, a cui si deve certo imputare la sottolineatura a matitariscontrata, in alcuni punti, sulla pergamena. Scorrendo iltesto, appare evidente un carattere di neutralità del documento:stranamente, nell’incipit, non esiste indicazione di luogo, nessunriferimento a struttura assistenziale giovannita friulana,eccezion fatta per la casa priorale di Venezia, da cui l’attoproviene. Unico indizio riferibile alla chiesa degli Alzeri -per altro da confermare - è il disegno posto in capo aldocumento, dove compare la figura di un santo vescovo, la cuiiconografia sembrerebbe rimandare a San Nicola di Bari.55La giacitura pianese di queste pergamene – originate dalmedesimo luogo, ovvero la casa priorale di Venezia - porterebbea supporre il De Pojana come latore delle medesime: il tonogenerico della bolla è significativo, certo adatto se riferitoalla chiesa degli Alzeri, che, struttura periferica tra lepresenze giovannite friulane attive sul volgere del XV secolo,non riveste l’importanza della mansione di San Tomaso di Susans.
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Giovanni Gerosolimitano di Venezia, veniva steso un lungo
atto concernente l’origine dell’Ordine e le varie
indulgenze che i papi in passato avevano elargito [ai
Giovanniti] e ai suoi benefattori56. Nell’ultima parte
dell’atto sono riportate le particolari indulgenze concesse
a chi avesse concorso alle fabbriche delle chiese
dell’Ordine»57.
La pergamena - non citata durante la visita pastorale del
160258 – venne presentata nel 1651 dal curato di Piano,
Juliano Giuliani senior, al Patriarca Marco III Gradenigo,
da questi confermata, autentica e siglata59.
56TOSORATTI 1983, p. 51.57Sembra qui evidente il riferimento alla situazione delterritorio friulano devastato dal terribile terremoto del 1348,come suggerisce lo stesso Tosoratti. Ibidem.58ACAU, Visitatio Pastoralis, b. 780, f. 10: Ecclesiarum totiusProvintia Carnea habita Ill.mo ed admedum R.do Domino Augustino Bruno I. V. D.Canonico Civitavensi, ac totius Diac. Aquileis pro Ill.mo et R.mo p.p. Francisco BarbaroDei et Apostolica Sedi gratia Patriarcha Aquileia & documenti generali, de Anno 1602,p. 85.59 La relazione della presenza a Piano del Patriarca Marco edella autentificazione della bolla non è stata rintracciata trai documenti delle visite pastorali presenti in ACAU. Di questapergamena non esiste alcuna menzione di esistenza fino al 1701,quando viene ricordata per la prima volta dal curato GiulianoGiuliani jr, nella relazione - conservata in AAP, b. SantoStefano, carte sciolte - probabilmente preparata in vista dellavisitazione di Mons. Dionisio Delfino, visita che, di nuovo, nonmenziona l’importante bolla di Indulgenze. Successivamente taledocumento viene ricordatato da GORTANI 1887, p. 4;successivamente citato da: CIMIOTTI 1978, pp. 55-56; TOSORATTI1983, p. 51; CASTELLARIN 1998, p. 85. Si evidenzia che nel branoriportato da Tosoratti compare, come data, l’anno 1601 e non1651; il testo nella pergamena riporta chiaramente la data dilunis 21 aprilis 1651, quando certamente era curato di Santo Stefanoil Canonico Juliano Giuliani, attivo a Piano negli anni 1644-1685 e Patriarca di Aquileia era Marco III Gradenigo (1629-1656).
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Sul volgere del XIV secolo i documenti fin qui riportati
sanciscono l’esistenza, tra la terza e sesta decade di tale
secolo, della chiesa di San Nicolò degli Alzeri e come
questa, sul finire del secolo, rientri nell’orbita degli
interessi giovanniti.
Vero è che la prima citazione attestante in maniera
inequivocabile la natura giovannita della chiesa di San
Nicolò d’Alzeri, la si poteva ricavare nelle pagine di un
libro in pergamena datato 140260, redatto dal già citato
precettore di Susans, Antonio de Pojana, conservato, fino
al terremoto del 1976, presso l’Archivio della famiglia di
Coloredo-Mels61, nel quale comparivano elencati i possessi
e le rendite spettanti alla Mansione di San Giovanni della
villa di San Tomaso di Susans, già proprietà dell’Ordine di
San Giovanni di Gerusalemme.
L’esistenza di questo testo quattrocentesco venne
segnalata, per la prima volta, dal Vale62, dai cui scritti,
60Il volume manoscritto del de Pojana, riportava come titolo:Libram reditus fictus et proventus factum per me Antonium Pojana preceptoremdomus mansionis S. Johannis de Villa S. Thome de Susans Ordinis S. JohannisJerosolimitani; TOSORATTI 1983, p. 52.61«Il materiale documentario presente è quanto si è poturorecuperare dell’archivio familiare di Colloredo-Mels, disperso aseguito degli eventi sismici del 1976 che, com’è noto, hannoprovocato il crollo quasi totale del castello di Colloredo diMontalbano. Il carteggio è stato riacquistato da diversiantiquari di Venezia e di Padova, a cura della SovraintendenzaArchivistica del Veneto e consegnato all’Archivio di Stato diUdine. Certamente il materiale ha subito durante le sopra citatevicende, ingenti perdite, di cui non è data sapere laconsistenza. Mancano infatti notizie sull’entità originaria diquesto archivio privato». ASU, Archivio Colloredo-Mels,Inventario.62Giuseppe Vale (1877-1950), sacerdote, direttore dellaBiblioteca ed Archivio della Curia Arcivescovile di Udine, viene
17
rimasti a lungo inediti, attingeranno poi i già più volte
citati storici locali63. Dalle note del Vale, che
indubitabilmente, come esso afferma, potè consultare il
testo del de Pojana, leggiamo come, tra i vari beni
disponibili alla Mansione di San Tomaso di Susans, alla
data del 1402 figurava, in Carnia, la chiesa di San Nicolò:
Item abemus unam Ecclesiam in Carniam Sancti Nicolai de Azer, [e che] ad
luminantum et facere celebrandum in dicta Ecclesiam Ioannis et Doricus fratus
de Plano, et sunt gastalsiones mansionis S. Thome de Sussans64.
In questo stralcio si chiarisce che all’illuminazione ed
officiatura della chiesa provvedono Ioannis65 et Doricus fratus de
Plano gastaldi in Carnia della Mansione di San Giovanni di
San Tomaso di Susans, amministratori dei beni che la stessa
possedeva nelle ville di Fresis, Luingis, Lauch, Fusea66, Luveja, Canipa,
Tolmezzo, Maiaso, Cazas, Forni di Sotto, Sudrio, Zanzeneto, Charai e Julio, e
come questi ogni anno dovevano corrispondere alla Mansione
ricordato da MARCHETTI 1979, p. 1024, come «l’archivio viventedella storia ecclesiastica friulana». In merito alla Mansione diSan Tomaso, del Vale rimangono dei fogli manoscritti conservatipresso ACAU, collocazione Vale, mss. 526/2, in cui sonoriportati i passi del de Pojana relativi alle proprietà dellaMansione di Susans, nonché della citazione della chiesa di SanNicolò quale dipendenza della mansione stessa.63ZORATTI 1968, p. 93; CIMIOTTI 1978, p. 57; TOSORATTI 1983, p.52; CASTELLARIN 1998, p. 84.64ACAU, collocazione Vale, mss. 526/2.65Riappare in questo documento di nuovo il nome di Ioannis […] dePlano: forse lo stesso Giovanni quondam Nicolò di Piano nominatocome testimone nell’atto di affitto del 1397, ora presentato,congiuntamente a Doricus, nella veste di fratus officiante dellachiesa di San Nicolò degli Alzeri e, in qualità di gastaldo,amministratore dei beni giovanniti in Carnia. 66La località Fusea compare come proprietà gerosolimitana nel giàcitato atto di affitto del 1397.
18
di San Tomaso ed al detto Priore, 23 soldi e cento libbre
di formaggio67.
Alla data del 1402, la presenza del gastaldo Ioannis
all’illuminazione e officiatura di San Nicolò, unitamente
alla certa appartenenza di Fusea tra le proprietà
gerosolimitane, consentirebbe di leggere gli atti di
affitto del 1397 e del 1398 come una possibile ratifica, a
ritroso, della presenza della Sacra Religione nella
officiatura e gestione della chiesa di San Nicolò degli
Alzeri a queste date, e la vicinanza delle due momenti può
essere inteso come possibile riscontro a questa ipotesi.
La ricognizione documentale condotta sulla scorta delle
presenti fonti archivistiche, consente di affermare,
valutando attendibile la trascrizione del Vale, in ragione
della eloquente esistenza dalle pergamene citate, la certa
presenza e natura giovannita di San Nicolò degli Alzeri
alla data del 1402: lo spostamento a ritroso di cinque anni
di tale evento – dando fiducia all’ipotesi deduttiva
proposta - non varia, in maniera significativa, la
prospettiva relativa alla datazione del manufatto degli
Alzeri.
Segnalata dunque, alla data del 133568, la presenza della
chiesa di San Nicolò degli Alzeri, nominata come
appartenente alla Mansione di San Tomaso di Susan nel
documento del 140269, ulteriormente citata in un posteriore
67et abeat omny redditus qui spectant et dictam Ecclesiam predictam in Carnia, etrescontent predicti omni anno ammansioni preposte S. Thome nel dicto priori librusXXIII soldi et centum libre casei. Ibidem.68BCU, fondo Joppi, ms. 371, f. 6, doc. 38.69ACAU, collocazione Vale, mss. 526/2.
19
documento datato 142070, una pergamena del 1431 ci rivela la
presenza, a lato della chiesa, di un romitorio: in prato de
Alzirs ante rimitorium ecclesie Sancti Nicolai71, struttura questa, nel
volgere dei secoli XVII-XVIII, descritta come abbandonata e
distrutta.
Appare certo che il terremoto del 25 gennaio del 134872,
ricordato dalle cronache del tempo come tra i più violenti,
non atterrò ne la chiesa ne il romitorio, o forse furono
solamente in parte danneggiati, stando ai documenti del
142073 e del 143174 che ci confermano della loro rispettiva
esistenza.
La scomparsa del romitorio - le cui rovine sono rimaste
visibili per lungo tempo sul prato antistante la facciata
della chiesa75 – viene, dal Gortani, fatta risalire al 1435,
anno in cui una forte alluvione si abbattè sul Canale di
San Pietro, provocando la tracimazione del torrente
70ASU, b. 3439, f. n. 2. Sancti Nicolai d’Alzers uman libra oley pasquali:Notaio Nicolò fu ser Candido Pogli di Paluzza 1420.71ASU, Fondo Gortani; Pergamene Sicorti: b. 63, pergamena n. 67;1431 settembre 14, Nicolò e Giacomo di Fielis riconoscono didover pagare un legato lasciato alla chiesa di San Pietro dalloro fratello Paolo. Notaio Nicolò fu ser Candido Pogli diPaluzza.72TOMMASI 1888; CREMONESI 1977.73ASU, b. 3439, f. n. 2.74ASU, Fondo Gortani; Pergamene Sicorti: b. 63, pergamena n. 67.75Sull’esistenza dei resti del romitorio, oltre alla notazionefatta dal parroco di Piano, Giuliano Giuliani jr, anche ilparroco di Cercivento, Niccolò Grassi, già canonico di SanPietro, così scrive: «Nel distretto di cotesta Cura di Pianovedesi un’antica Chiesa in vicinanza alla strada regia di questoCanale, chiamata S. Niccolò degli Alzeri. Appariscono ancora nelcontorno di essa Chiesa le vestigia di un antico Monistero diFrati»; GRASSI 1782, p. 118.
20
Randice76 e la rovina dell’intero borgo, oltre che del
romitorio d’Alzeri e della stessa chiesa di San Nicolò77.
Gortani stesso avverte come le prove riferite all’alluvione
e alla frana appaiano di difficile verifica, limitate per
lo più a voci connesse alla tradizione popolare, nonché a
un dipinto che, in tempi passati, raffigurava la frana del
monte Cucco e la tracimazione del Randice, dipinto ora
andato perduto: «Ma la frana disastrosa del Monte-Cucco,
anche a parte la leggenda del lago, deve pure essere
avvenuta, e se s’ha da credere al soccorso delle milizie
venete, dopo cessata la signoria de’ Patriarchi. Questa
diceria d’altronde sarebbe anche soffolta da quest’altra
diceria, ed è che sull’ancona superiore d’Alzeri, dedicata
una volta alla Madonna del Rosario, vi fosse dipinto sul
muro lo scoscendimento con la data 1435. Trovo che76Il torrente Randice, in friulano Randîs, corre discosto qualchedecina di metri dalla chiesa, e riceve poco sopra il contributodegli affluenti Cuarnaries e Cjarugjel per poi, superata labalza degli Alzeri, gettarsi nel fiume di fondovalle, la But. Lachiesa di San Nicolò, attestata sulla strada conducente al passodi Monte Croce, era posta quindi in prossimitàdell’attraversamento del torrente Randice, transito che, datal’importanza della via, suggerisce già per quella data lapresenza di un guado o di un ponte: si può ipotizzare quindi peri custodi di San Nicolò - come consuetudine nei tempi antichi –l’obbligo del mantenimento e cura dell’attraversamento stesso. 77«Ora la frana del Cucco, precipitando per l’alveo dellaRandice, benchè non abbia risparmiati i terreni coltivi dellasua sponda sinistra, tuttavia le rovine maggiori le arrecò sulladritta, ove li sospinse fin sotto la chiesa d’Alzeri, seminandoper quella sodaglia i suoi sparsi rottami»; GORTANI 1903, pp.47-48. A sostegno della tesi del Gortani ancora il Grassi, che,nativo di Formeaso presso Zuglio, ben conosceva la natura deiluoghi: «Allorchè non lungi da esso Villaggio [Piano] si avvallòla montagna di Cucco, le cui ruine formarono gli Alzeri diPiano, sommersa anche rimase la campagna, e gran parte dellecase sparse di esso luogo»; GRASSI 1782, p. 118.
21
quell’ancona fu adornata nel 1683, fu rintonacata e
ridipinta negli ultimi anni dal parroco e canonico don
Andrea Somma, morto nel gennaio 1840 e restaurata un’altra
volta in questi ultimi tempi. Ora la vecchia pittura del
1435, seppure c’è stata, dev’esser scomparsa nei restauri
del Somma»78.
Gli effetti dell’alluvione comportarono, per i territori
posti lungo il Canale di San Pietro, la rovina
dell’economia agricola ed un conseguente periodo di
carestia, culminante con una epidemia di peste, che decimò
gran parte degli abitanti della valle79. Queste calamità
trovano conferma in un documento datato 21 aprile 1464,
dove, a seguito di una supplica degli abitanti, sono
esplicitati gli eventi luttuosi provocanti la rovina del
territorio di Piano80.
In tale missiva, a pugno del Vescovo e Vicario Patriarcale
di Concordia, Antonio Feletto, si annunciava, agli abitanti
di Piano che, con Bolla Pontificia di Papa Pio II, redatta
dal Cardinale Legato Bessarione81, era stata accolta la loro
supplica perché in avvenire la Cura parrocchiale di Piano
fosse unita in perpetuo ad uno degli otto canonicati del
Capitolo di San Pietro, così da assicurare un reddito
78G. GORTANI, Frammenti, cit., Udine 1903, p. 46.79«A tale oppressione si aggiunse la strage, che quivi fece diabitatori la peste nel secolo decimo quinto»; GRASSI 1782, p.118; GORTANI 1903, p. 46.80CIMIOTTI 1978, p. 86.81Il cardinale Bessarione, con lettera da Venezia datata 20 marzo1464, si era fatto latore presso la Santa Sede dei dannisofferti dalla comunità pianese; GORTANI 1903, p. 47.
22
conveniente per il sostentamento del cappellano, in un
periodo di forte calamità come quello alla data del 146482.
Alcuni passaggi del testo infatti ci descrivono come «per
cagione di pestilenze ed altri infortuni che per lungo
tempo hanno afflitto l’istessa Villa, pochi e rari uomini
ivi da pochi anni in qua sono rimasti - e più avanti ancora
- principalmente perché le possessioni di quel Paese sono
state rovinate, e per la maggior parte disfatte dalle
inondazioni e allagamenti d’acqua»83.
Sul finire del XV secolo quindi, a fronte degli eventi
citati, in parte confermati dalle testimonianze pocanzi
riportate, chiesa e romitorio degli Alzeri versano senza
dubbio in gravi condizioni: i documenti di questo torno di
tempo sono scarsi, e ciò dovuto anche all’incendio che nel
1644 arse la canonica della chiesa di Santo Stefano di
Piano, privando l’archivio dei documenti antichi84.
Al rovinoso rogo scamparono comunque una serie di carte,
riferite ai secoli XVI e XVIII, concernenti gli affitti e
le spese della chiesa d’Alzeri, documenti questi raccolti
dal Gortani e ancora oggi disponibili presso il fondo
omonimo all’ASU.
L’elenco di questi documenti comprende: «Quaderno della
Veneranda Chiesa di S. Nicolò d’Alzers»85, con descritte le82«Essendo perciò mancate le congrue rendite di quel beneficiato,con Bolla Pontificia dell’anno 1480 si ottenne, che l’eletto inCurato di Piano nello stesso tempo fosse ancor eletto Canonicodi San Pietro con prebenda, restando così per sempre quelBeneficato Parroco Canonico»; GRASSI 1782, p. 118.83GORTANI 1903, p. 47. 84GORTANI 1889, p. 9.85ASU, Archivio Gortani; inv. Parte I, Documenti: busta 1.Quaderno 3.
23
ricognizioni dei redditi della chiesa negli anni 1506-1552;
seguono poi il «Libro de Camerari della Veneranda Chiesa di
S. Nicolò d’Alzers»86, vacchetta dei conti riferiti agli
anni 1553-1597; il «Libro dei Crediti della Veneranda
Chiesa di S. Nicolò d’Alzers»87 riferita al solo anno 1579;
infine il quaderno più tardo, relativo al XVIII secolo:
«Estratto dell’entrata della Veneranda Chiesa Parrochiale
di S. Stefano, S. Nicolò d’Alzeri, e Spirito Santo, sotto
la Commenda dei Eredi Bortolo Salano»88, redatto l’anno
1788, dove San Nicolò compare unita alla matrice di Santo
Stefano di Piano e alla quattrocentesca chiesa di Santo
Spirito di Chiusini.
Questi documenti, certo utili nel rendere conto delle
potenzialità economiche di San Nicolò nel corso dei secoli
XVI-XVIII, nulla rivelano circa il suo stato di
conservazione e consistenza: queste informazioni le
ricaviamo procedendo alla lettura delle visite pastorali,
oltre che dalle relazioni redatte dai parroci di Santo
Stefano, posteriori al ricordato evento del 1644.
La più remota visita pastorale risale al 1602, come recita
l’intestazione del fascicolo: Ecclesiarum totius Provintia Carnea
habita Ill.mo ed R.do Domino Augustino Bruno I. V. D. Canonico Civitavensi, ac
totius Diac. Aquileis pro Ill.mo et R.mo p.p. Francisco Barbaro Dei et Apostolica
86ASU, Archivio Gortani; inv. Parte I, Documenti: busta 1.Quaderno 4.87ASU, Archivio Gortani; inv. Parte I, Documenti: busta 1.Quaderno 5.88ASU, Archivio Gortani; inv. Parte I, Documenti: busta 1.Quaderno 6.
24
Sedi gratia Patriarcha Aquileia & documenti generali, de Anno 160289.
Curato di Piano, in quel torno di tempo, era Andrea
Speciaris di Dierico, la cui carica durò dal 1556 al
160390, e poiché San Nicolò dipendeva dalla parrocchiale di
Santo Stefano - per quanto sottoposta alla Commenda
giovannita di San Tomaso di Susans - fu lo stesso Speciaris
a rispondere alle domande poste dal visitatore Agostino
Bruno, canonico cividalese.
La relazione della visitazione - certamente la più
articolata ed estesa tra quelle reperite presso l’Archivio
della Curia udinese - si compone di una prima parte,
inerente alla ricognizione e descrizione del manufatto
edilizio e delle suppellettili presenti, seguita da una
serie di interrogazioni rivolte al parroco.
La relazione principia con la descizione della giacitura
della chiesa rispetto a Piano, distante mezzo miglio
dall’abitato, oltre il torrente Randice, Hec Ecclesia est
edificavit in loco appellato Arzars distans ad habitationibus Plani dimilium
millianus citra quondam torrentum qui invocatus Ramdiz; la chiesa
viene descritta nella sua consistenza muraria e
dimensionale, con pareti esterne solide ed intonacate,
exterioris habet firmos paretis incrustatos internus deabbatos, est longa 7 passi
lata, et alta octo in circa; la descrizione della facciata ovest
rivela la sola presenza della porta e campaniletto,
89ACAU, Busta 780, fasc. 10 – anno 1602 – visitatore AgostinoBruno, p. 85. 90«D. Andrea de’ Speciari, nativo di Dierico, faceva il notaioanch’esso. Governò la Cura di Piano per oltre 40 anni, essendovissuto fin al principio del secolo appresso» GORTANI 1889, p.9.
25
contrariamente da oggi, provvista, oltre che di due
finestre a lato della porta, di un porticato con tetto a
capanna - realizzazioni, queste, posteriori al XVII secolo
- nonché dell’urgente necessità di un restauro della
facciata: Habeat unam porta qua clauditum atrio ligneo firmitis, et super
portam in apice frontespicy est campanile parvuus sine cruce ad una
campanulla quod vidiget ristauratione, quemad malum est totus
frontespiciium.
La relazione prosegue descrivendo l’interno dell’edificio,
con tetto solido, internamente a tavole ed esternamente in
coppo: tectum est tabullatum internius, exterius tigulatus satis firmus,
all’ingresso una rude acquasantiera, in ingressi ecclesia est una
rude saciellum pro aqua benedicta, e la chiesa riceve sufficiente
luce da due finestre con grata e vetro – quindi aperte in
epoca quindi antecedente a tale data - poste sul lato
rivolto a sud: ecclesia recipit sufficiens lumens ab una finestra clatrata
vitrea, et ab alia finestra clatrata prope portam. E’ certo interessante
il passo seguente, dove sono indicate la due tribunulle con
figure deformi antiche, ancora percepibili a lato delle due
finestre del coro: in capite ecclesiam sunt due tribunulle depresse
fabricatum, et pavimentata que duxerunt rimas, et habent quasdam figuras
deformes antiquas. Dell’altare in pietra citato non rimane ad
oggi traccia, come pure dell’icona dorata dipinta con
immagini dei santi Lorenzo e Nicola: sub tribunulla que est a
latere epistola abevi altare lapidem accentum ex ligno quod finit repentis sine
alto ornamento exepta Icona aurata depicta Sanctis Lorenti, in qua inter alias
imagines, di imago Sancti Nicolai sub cuis invocatione tanc Ecclesia quam
altare predictum est dedicatum Deo.
26
La relazione indica ancora un altra tribunulla a latere
evangeli, con altare simile al precedente, senza ornamento,
fatta eccezione per una icona dorata, dipinta con immagini
della Beatissima Vergine e di San Giovanni Battista, cui
era titolato l’altare: A latire evangeli est alia similis tribunulla, cum
altari simili, sine ullo ornamento excepta Icona aurata, et depicta cum
imagibus inter alias Beatissime Virginis et Sancti Ioannis Baptista qui est
titolans eiusdem altaris: anche di questo altare e icona oggi non
sussiste nulla. Tra le due tribunulle, al centro del coro,
una immagine scolpita di San Nicolò, illuminata da lampada
in rame, Inter intranque capellam sine tribunullam super quodam muro est
in quodam tabernaculo ligne imago lignea insculptita Sancti Nicolai, anti qua
pendet lampeas ramea.
Al termine della descrizione, la relazione specifica che la
chiesa non ha cimitero, ne tumulazioni, eccezione fatta per
alcune sepolture, definite antiche, poste fuori della
parete della chiesa, a testimoniare che, in passato, chiesa
ed annesso ospedale, tumulavano quanti non avevano diritto
ad essere sepolti presso la parrochiale di Santo Stefano o,
fino al XIII secolo, presso il cimitero della Collegiata di
San Pietro91. Ecclesia non habet cemeterius neq sepulturas, exceptis qui
91«Nel 1883 fu inagurato nei pressi della Chiesetta degli Alzeriil nuovo Cimitero che venne a sostituire il vecchio che percinquecento anni aveva custodito le salme dei Pianesi all’ombradella Chiesa di Santo Stefano»; CIMIOTTI 1978, p. 106. Lafondazione dell’attuale cimitero di Piano risponde, seppur conquasi ottanta anni di ritardo, all’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1804 - esteso poi all’Italia verso la fine del 1806 -col quale si imponeva la sepoltura dei morti al di fuori dellacinta urbana. La presenza di sepolture antiche nei pressi delchiesa di San Nicolò sono senza dubbio significative: lapossibilità di poter seppellire al di fuori della cintaconsacrata della collegiata di San Pietro, venne concessa
27
causolam sepolturis antiquis extra paritetis Ecclesia, que addindunt antiquitus
fuisse cemeterium.
Le successive visite pastorali, del 30 agosto 167492, del
14 luglio 170193 e del 20 luglio 173694 non forniscono
indicazioni utili circa gli interventi edilizi operati in
San Nicolò, fatto salvo i lavori di restauro indicati
necessari nella visita del 1701 «sia reparata la rottura
del volto della Capella dell’Altar grande causata dal
terremoto come pure del muro esteriore»95.
Conclusa la panoramica sulle visite pastorali condotte
nella chiesa degli Alzeri, occorre ora introdurre l’ultimo
atto della storia di San Nicolò, tornando al XVI secolo,
nel periodo in cui l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme,
perduta Rodi96, nel 1530 si stabilì a Malta, provvedendone
senz’altro alla cura di Piano nel 1382, data del testamento dital Marchioro quondam Mitulo di Salano, che esprime la volontà diessere spolto presso la chiesa di Santo Stefano. In precedenza,come detto, i pianesi ambivano farsi tumulare a San Pietro, equesto almeno fino al 1365. Certo è che se già dalla secondametà del XIV secolo sono documentate sepolture a Santo Stefanodi Piano, le sepolture antiche di San Nicolò - ammesso chequeste siano di identica epoca – porterebbero a far pensare unacerta autonomia di tale chiesa rispetto alla principale cura diPiano, autonomia probabilmente dovuta dal particolare serviziosvolto dai Giovanniti, le cui attenzioni verso i pellegriniprevedevano anche la tumulazione.92ACAU, Busta 783, fasc. 35, visitatore mons. Dionisio Delfino,p. 286.93ACAU, Busta 784, fasc. 42, visitatore mons. Dionisio Delfino,p. 18.94ACAU, Busta 785, fasc. 52, visitatore mons. G. D. Fistulario,p. 203.95Il terremoto era avvenuto il 28 luglio 1700, come riporta il Giuliani: AAP, note sparse.96«Il 1 gennaio 1523 i sopravissuti all’assedio di Rodilasciarono per sempre l’isola, sconfitti, dopo un lungo e famosoassedio, dal sultano Solimano. Il Gran Maestro Isle Adam ben
28
alla costruzione delle fortificazioni e al rinforzo della
flotta. Questi interventi, estremamente onerosi sul piano
economico, diedero modo ai Priorati di procedere alla messa
in commenda delle numerose proprietà appartenenti
all’Ordine, affidandole ai cavalieri stessi, i quali,
dietro un congruo esborso di danaro, si assicuravano il
beneficio, ovvero una rendita, derivante da un solido
capitale imperniato su un esteso possesso fondiario.
Per tale congiuntura, occorsa nel XVI secolo, le proprietà
giovannite presenti nel territorio friulano e veneto -
rientranti quindi nelle diocesi di Aquileia, Concordia e
Treviso - vennero concesse al Cavaliere gerosolimitano
Giovanni Alvise de Gazzonibus; nel 1526 il Cavaliere
Gabriele Garzoni, succeduto ad Alvise, nominò conduttore
della mansione di San Tommaso di Susans - da cui San Nicolò
dipendeva - messer Giobatta Cichini97.
presto si rese conto delle difficoltà di mantenere in vita unOrdine che appariva, agli occhi di molti, come qualche cosa dianacronistico e lo spettro di Martin Lutero e dei suoi seguaciera sorto a far vacillare la sicurezza del papato; un papato chein realtà era tanto lontano dalla sicurezza che, nel 1527, lastessa Roma sarebbe stata messa a sacco dalle truppe luterane diCarlo V. […] Nel corso degli anni in esilio i Cavalieri ebberodue sedi, la prima a Viterbo, a nord di Roma, la seconda aNizza. Nel 1530 Carlo V di Spagna fu incoronato imperatore aBologna da papa Clemente VII e tra le immense zone sotto il suodominio vi erano le tre piccole isole dell’arcipelago maltese.[…] Nell’autunno 1530 i Cavalieri di san Giovanni di Gerusalemmee ora di Rodi salparono dal sud della Sicilia e, attraversato ilCanale o Stretto di Malta, si diressero verso l’isola chesarebbe stata la loro nuova patria»; BRANDFORD 1975, pp. 111-120.97«Il conduttore, che ora si direbbe fattore o agente, avevafacoltà di comperare, di vendere, di permutare, di affittare,sempre a favore della Commenda e procurare tutte le migliorieopportune; e doveva provvedere ai riatti delle case, alla
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E’ lecito quindi supporre che, intorno a queta data,
corrisponda l’intervento di restauro della chiesa degli
Alzeri, in quanto tra i precisi compiti del Cichini: il
buono stato di mantenimento di San Nicolò – e quindi di un
avvenuto suo restauro manutentivo - lo si desume dalla
notizia che ci informa come la chiesa, in data 27 dicembre
1574, fu sede della riunione tenuta del consiglio dei
dodici sindaci della Collegiata di San Pietro, ivi riuniti
per rieleggere, nel ruolo di vice preposito, Don Andrea
Facci, sotto la prepositura di don Panfilo Frangipani98.
Nel 1645, di nuovo, sono segnalati lavori di restauro alla
chiesa degli Alzeri, promossi dal canonico di Piano,
Jiuliano de Jiuliani senior, di Forni di Sotto99, a cui fece
seguito la collocazione di un crocefisso ligneo nel 1649 e
il trasferimento dieci anni dopo - dalla chiesa di Santo
Stefano - di un altare con statua di San Leonardo100.
Del 1701 è la nota eseguita dal parroco Giuliano Giuliani
jr, nipote di Juliano de Giuliani, un promemoria redatto in
occasione della visita pastorale operata da Mons Dioniso
sorveglianza dei lavori nei campi, alla conservazione edofficiatura della chiesa»; ZORATTI 1968, p. 147.98Ibidem, p. 93. 99Questo restauro è senz’altro anteriore all’alluvione del 1692,ricordata come l’annata del diluvio, che arrecò rovine in tuttala Carnia. L’anno appresso il Luogotenente di Udine, TomasoQuerini, scriveva al Gastaldo di Tolmezzo: «Ci vienerappresentato dalli intervenienti degli uomini del Comune diPiano in Cargna che l’escrescenza delle acque habbia recatodanni considerabili anche nei beni delle loro ville, con haverspiantato case, molini, et altri edifici, ma assieme rimasticoperti la maggior parte dei terreni dalle pietre discese daimonti, sradicate le piante, et portati via li fondi»; ZORATTI1968, p. 32.100ZORATTI 1968, p. 92.
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Delfino: «Come si ha da antiche relazioni [la chiesa di San
Nicolò] fu edificata dalli Ill.mi et Rev.mi Cavalieri di
Malta, da detti possessa per longhezza di tempo, dove anche
era un convento di Padri Regolari, che non si sa di che
Religione, et ivi era un recettacolo de pellegrini che
viagiavano, devotionis causa, a Roma. Si vedono ancora le
vestigia delle Celle. La campana di detta Chiesa fu
fabbricata l’anno 1336. Consta Bolla di varie indulgenze in
detta Chiesa sotto l’anno 1394. Questa chiesa è ora filiale
di San Stefano. Ha che si cava entrate circa L. 68. Paga
per ricognitione del Ius Patronato alla Rev[erendissi]ma
Commenda Lipomana ogn’anno L. 37,4. Vien somministrata da
tutti gli utensili della Parochiale, non potendosi per
sospetto di non essere valiggiata lasciar supelettili per
esser loco campestre. Ha tre altari decenti. Nel coro
quello di San Nicolò, che è fraterna, ma senza entrate di
sorte. Altro altare in Cornu Evangelii di Santa Maria
Vergine e San Giovanni Battista. In Cornu Epistole di San
Leonardo. Si celebra la Dedicatione il giorno dei Ss.
Filippo e Giacomo, 1 maggio. Viene officiata diverse feste
fra l’anno, et altri giorni feriali»101.
Emerge la congruenza di tale scritto con i punti salienti
della visita pastorale del 1602; è altresì importante
notare che, sebbene nella nota del canonico Giuliani sia
riferita dell’esistenza della bolla di indulgenze del 1394,
la relazione della visitazione pastorale di mons. Delfino,
tuttavia, non la riporta.
101ZORATTI 1968, p. 99.
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Compare altresì in questo scritto il nome della famiglia
Lippomano, nobili veneziani, succeduti ai de Garzonibus
alla guida della commenda della Patria del Friuli, sotto
cui erano riunite tutte le proprietà giovannite presente in
territorio friulano.
Con bolla del 1 dicembre 1495, papa Alessandro VI concedeva
a Giovanni Alvise de Gazzonibus la precettoria dei beni
posseduti dall’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, posti
nelle diocesi di Concordia, Treviso ed Aquileia, nella
quale rientrava San Daniele del Friuli e con essa San
Tomaso di Susans e la nostra chiesa degli Alzeri102.
Nel 1509 ad Alvise succede un altro cavaliere della
famiglia de Gazzonibus, Gabriele, il quale sborsò 153
ducati d’oro alla Camera Apostolica per il passaggio del
titolo103.
Nel 1561 sono nominati presenti per il rendiconto della
Commenda il titolare Gabriele Gazzonibus, l’amministratore
Valentino Nussi e il Cavaliere frà Aloisio Lippomano,
rappresentante dell’Ordine104: è questa la prima
segnalazione di un membro della famiglia patrizia Lippomano
legato alle vicende della precettoria della Patria del
Friuli.
Nel 1570, per meriti riconosciuti dalla Sacra Religione,
subentrò Alvise Lippomano, Cavaliere dell’Ordine
Gerosolimitano, alla carica tenuta fino ad allora da
Gabriele de Gazzonibus: nel 1597 il nobile Francesco
102TOSORATTI, 1983, p. 54.103Ibidem.104Ibidem.
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Lippomano del fu Tomaso, nipote di Alvise, ottenne dal
Priorato di Venezia, con l’avvallo di papa Clemente VII, lo
jus-patronato della Commenda della Patria del Friuli,
trasmissibile ai membri della discendenza che avessero
operato professione all’Ordine105.
Inizia, da tale data, la lunga reggenza della famiglia
Lippomano delle proprietà dell’Ordine di San Giovanni di
Gerusalemme, di Rodi, di Malta, nota come Commenda della
Patria del Friuli, conclusasi con l’estinzione del ramo
familiare, avvenuta con la morte dell’ultimo erede
Lippomano, Giovanni Querini Stampali, nipote di Gasparo
Lippomano, nel 1869.
105Ibidem, p. 55
33
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