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IL SANTUARIO DI MINERVA UN LUOGO DI CULTO A BRENO TRA PROTOSTORIA ED ETÀ ROMANA a cura di Filli Rossi

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IL SANTUARIO DI MINERVAUN LUOGO DI CULTO A BRENO

TRA PROTOSTORIA ED ETÀ ROMANA

a cura diFilli Rossi

In copertina: Ricostruzione elettronica della parete di fondo dell’aula di culto del santuario (elaborazione G. Laidelli, foto L. Caldera e L.Monopoli)

Realizzazione editoriale: Edizioni Et, Corso Indipendenza, 12 - 20129 Milano

ISBN 978-88-86752-39-8© Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, 2010

Comune di Breno

Distretto Culturaledella Valle Camonica

Progetto scientifico: Filli Rossi (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia)

Redazione: Sara Masseroli

Testi: Monica Abbiati, Fulvia Abelli Condina, Cristina Ambrosini, Elena Basso, Barbara Bianchi, Antonella Bonini, Brunella Bruno,Roberto Bugini, Sergio Castelletti, Elisabetta Castiglioni, Maila Chiaravalle, Francesca Conti, Pierluigi Dander, Leonardo De Vanna,Silvia Di Martino, Enrico Faccio, Mariantonia Ferracin, Luisa Folli, Elisabetta Franchi, Pietro Galinetto, Claudio Gamba, Angelo Giorgi,Marco Simone Grandi, Gian Luca Gregori, Angela Guglielmetti, Rosanina Invernizzi, Stefania Jorio, Elena Mariani, Alessandra Massari,Sara Masseroli, Lucia Miazzo, Alessandro Morandi, Francesca Morandini, Mariangela Piziali, Maria Pia Riccardi, Elisabetta Roffia, AusonioRonchi, Filli Rossi, Mauro Rottoli, Furio Sacchi, John Scheid, Fausto Simonotti, Fabrizio Slavazzi, Serena Solano, Gian Claudio Vaira

Fotografie: Luciano Caldera e Luigi Monopoli (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, Milano), Piera Tabaglio (Direzionedei Musei Civici d’Arte e Storia, Brescia), Gaudenzio Laidelli (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, Brescia), AlessandroDanesi (DART, Roma), Basilio Rodella (BAMS, Montichiari) (fotografie aeree), Giovanni Battista Sedani, Breno (fotografie notturne delParco Archeologico)

Disegni: Barbara Bianchi, Pierluigi Dander, Raffaella Giacometti (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto), Angela Guglielmetti,Stanislaw Kasprzysiak, Alessandra Massari, Annamaria Montemanni, Tino Pacchieni (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lom-bardia, Milano), Giuseppe Pileggi, Remo Rachini, Fausto Simonotti, Serena SolanoHa collaborato Biagio Suozzo per la revisione e acquisizione su base informatica dei supporti grafici cartacei

Restauro dei materiali: Anna Gasparetto e Annalisa Parenti (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, Milano), AlessandroDanesi e Silvia Gambardella (DART, Roma), Lucia Miazzo, Antonella Sechi

Elaborazioni grafiche: Gaudenzio Laidelli (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, Brescia)

Impaginazione elettronica delle tavole dei materiali: Benedetta Bini

Modello plastico del santuario: Leone Collia, Brescia

Si ringrazia l’Archivio di Stato di Brescia per l’autorizzazione a pubblicare la riproduzione fotografica della Mappa Catastale Napoleonica,1813 (autorizzazione n. 4, Prot. n. 663/28.34.01.07(1) del 2 marzo 2009).

Si ringraziano inoltre: Per la promozione del sito in Museo: Adriana Donina, Emanuele Laidelli, Marco Lanzetti, Walter Moggio, Gilio Squaratti, Loreta Squazzoni(Museo Archeologico Nazionale di Cividate Camuno).Per l’assistenza tecnica generale: Gian Claudio Vaira.Per la comunicazione: Annalisa Bettini, Annamaria Montemanni, Laura Ortu, Tino Pacchieni, Francesco Papia (Soprintendenza per i BeniArcheologici della Lombardia).

Un grazie particolare ad Angelo Maria Ardovino, Carla Di Francesco, Elisabetta Roffia, che in tempi e con ruoli diversi hanno sempre incorag-giato e sostenuto la valorizzazione del santuario di Minerva di Breno e la pubblicazione degli scavi.

IL SITO E GLI SCAVI

17 Un nuovo capitolo sul culto di Minerva (John Scheid)19 Il santuario di Minerva nella Valle Camonica tra protostoria e romanizzazione (Filli Rossi)23 Nota sui caratteri morfologici della Tufera de Spinera (Sergio Castelletti, Mariantonia Ferracin)26 Le campagne di scavo: 1986-2007 (Filli Rossi)

L’AREA SACRA NELL’ETÀ DEL FERRO

LE VICENDE DELL’AREA

39 L’area sacra tra la media età del Ferro e la prima età imperiale (Leonardo De Vanna)

I MATERIALI

49 Materiali ceramici della più antica frequentazione (Alessandra Massari)61 Ceramica della media e avanzata età del Ferro (Serena Solano)89 Graffiti indigeni su ceramica (Alessandro Morandi)92 Le lamine votive (Filli Rossi)98 Nota tecnologica sulle lamine votive (Lucia Miazzo)

104 Oggetti d’ornamento (Antonella Bonini)113 Strumenti (Antonella Bonini)116 Un alare a testa d’ariete (Enrico Faccio)118 Resti botanici dall’area sacra (VII secolo a.C.-I secolo d.C.) (Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli)124 I reperti faunistici (Silvia Di Martino)126 Una piccola “borsa” e alcuni frammenti di corda (Mauro Rottoli)

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

127 Il luogo di culto di Spinera nella protostoria della Valcamonica e dell’arco alpino centro-orientale (Serena Solano)

IL SANTUARIO ROMANO

LE VICENDE DEL SANTUARIO

135 La fase giulio-claudia (Pierluigi Dander)139 La fase flavia (Pierluigi Dander)149 La fase tardoantica: degrado del santuario e riuso dei vani (Leonardo De Vanna)

L’EDIFICIO: ARCHITETTURA E DECORAZIONE

155 L’architettura e l’arredo lapideo (Furio Sacchi con contributi di Mariangela Piziali)176 La statua di culto (Filli Rossi)186 Il culto di Minerva in Valle Camonica e le dediche dal santuario (Gian Luca Gregori)194 I pavimenti delle aule di culto (Francesca Morandini, Fabrizio Slavazzi)205 La decorazione pittorica del vano 1 (Elena Mariani)223 La decorazione pittorica: i vani 2, 5 e gli ambienti minori (Barbara Bianchi)240 Caratteristiche degli intonaci e degli strati pittorici (Roberto Bugini, Luisa Folli)

I MATERIALI

245 La ceramica comune del primo santuario romano tra età giulio-claudia e prima età flavia (Angela Guglielmetti, Serena Solano)260 La ceramica comune dal santuario flavio tra la fine del I e il IV secolo d.C. (Angela Guglielmetti)

INDICE

271 Analisi archeometriche sulla ceramica comune dai contesti protostorici e romani del santuario (Maria Pia Riccardi, Elena Basso, Serena Solano, Ausonio Ronchi)

286 Analisi mediante spettroscopia micro-Raman di pigmenti ritrovati in frammenti di ceramiche comuni dai contesti protostorici e romani del santuario (Pietro Galinetto, Marco Simone Grandi)

289 La ceramica a vernice nera (Antonella Bonini)291 La ceramica a pareti sottili (Sara Masseroli)307 La ceramica a vernice rossa interna (Antonella Bonini)308 I reperti in terra sigillata (Stefania Jorio)318 Aspetti del rituale dall’analisi delle ceramiche del santuario (Angela Guglielmetti, Sara Masseroli, Serena Solano)322 Un laterizio con iscrizione gallica (Alessandro Morandi)323 Un graffito indigeno su ceramica (Alessandro Morandi)324 Graffiti latini su ceramica (Gian Luca Gregori)326 I frammenti di piatti in porfido (Fabrizio Slavazzi)328 I vetri (Elisabetta Roffia)345 Le lucerne (Antonella Bonini)346 Le terrecotte figurate (Rosanina Invernizzi)354 Altri votivi (Rosanina Invernizzi)356 Le antefisse (Rosanina Invernizzi)358 Oggetti d’ornamento (Antonella Bonini)364 Militaria (Antonella Bonini)367 Strumenti (Antonella Bonini)383 Le anfore (Brunella Bruno)385 I bolli laterizi (Fulvia Abelli Condina)396 Le monete (Maila Chiaravalle)

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

415 Minerva a Breno: un santuario romano di confine (Filli Rossi)

IL SITO IN ETÀ MEDIEVALE E MODERNA

439 L’occupazione del sito in epoca medievale (Pierluigi Dander, Angela Guglielmetti)444 La cappella dell’Annunciazione, la chiesa della Natività di Santa Maria al Ponte di Minerva e la località Spinera: numina e nomina

nella memoria dei luoghi (Angelo Giorgi)

ALTRI SANTUARI IN VALLE CAMONICA

463 Un luogo di culto a Cividate Camuno (Fausto Simonotti)465 Santuari di età romana su luoghi di culto protostorici: Borno e Capo di Ponte (Serena Solano)

IL PARCO ARCHEOLOGICO DEL SANTUARIO DI MINERVA A BRENO

483 I restauri e gli interventi a protezione del sito (Gian Claudio Vaira)487 L’intervento di valorizzazione (Francesca Conti)494 Il progetto museologico-museografico (Elisabetta Franchi)499 Prospettive di gestione e valorizzazione (Cristina Ambrosini)501 L’accordo di programma “Valorizzazione del patrimonio archeologico e dei siti archeologici di età romana della media Valle Camonica”.

L’intervento di Regione Lombardia (Monica Abbiati, Claudio Gamba)

Angelo Giorgi

La cappella dell’Annunciazione, la chiesa della Natività di Santa Mariaal Ponte di Minerva e la località Spinera:

numina e nomina nella memoria dei luoghi

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...l’etimilogie de nomi, dove l’essenze de gli obiettitacitamente s’annidano...

(BRUNELLI 1698, p. 3)

Tra le pieghe della leggenda e della storia

La prima menzione del “ponte de Manervio inValle Camonica” giunge da un documento chenarra la vita di Sant’Obizio da Niardo1, che,dopo aver passato la sua gioventù ad addestrarsinell’arte bellica e a guerreggiare contro i nemici,dopo la tragica battaglia di Rudiano (1191), siconvertì e si ritirò in monastero2: “prima dipartirsi divise la sua sostanza fra gli eredi eduna quinta parte volle destinare alla fabbrica o,forse meglio, alla ricostruzione del ponte diMinerva presso Breno che doveva dipoi acqui-stare tale importanza da venire per antono-masia chiamato ponte di Valcamonica”3, perché

(1) Vita S. Obitii, manoscritto in BQBS: L. II. 10, citatoda PUTELLI 1915, p. 71, n. 1.(2) Interessante la figura del santo condottiero, che con-clude certo gli ideali dei leggendari santi cavalieri di tra-dizione longobarda in Valle, iniziati con San Glisente(VIII secolo), accanto a cui popolarmente si pongonoFermo e Cristina, e proseguiti con San Costanzo (XIsecolo), anch’egli di Niardo. Riesaminando la tradizioneagiografica di Obizio da Niardo (FERRARI 1613;SUOPPEDO 1658, che per primo consultò i documentimanoscritti della BQBS, ripreso ampiamente da BRU-NELLI 1698, pp. 359-366; la normalizzazione eseguitada GUADAGNINI 1791, cui fa seguito BRUNATI1834, pp. 113-122), non sfuggono i topoi della narrazionecavalleresca giocata sulle antitesi e i parallelismi chehanno come punti di snodo il tema dell’acqua, del pontee della visione infernale. A conferma di questa valenza,si deve anche menzionare la ballata Per la battaglia dellamalamorte (edita da ODORICI 1853-1865, V, pp. 206-208). GUERRINI 1937, p. 12, nota 1, colloca nellalocalità brenese la conversione di Costanzo da Niardo,eremita a Conche. Sul rapporto locale tra bacini d’acquae devozioni nel Medioevo e Rinascimento, si veda FERRI1997, pp. 78-79.(3) PUTELLI 1915, pp. 71-72 (riporta la definizionecontenuta nell’opera manoscritta attribuita a C. Castelli,Liber mirabilium, edito in Rerum italicarum scriptores1723-1751, XVI, col. 894 d), per giustificare l’atto delSanto, non solo ricorda la valenza di opera pia dei ponti

(6) PUTELLI 1915, p. 421. Forse anche altre due ter-ribili esecuzioni furono portate a termine in questalocalità: la “decollatio et squartatio” di Francesco Leo-nardi “ob necem proditoriam” di Giovan Maria Alberzoni,avvenuta nel 1570, e la condanna “furcae suspendi interra Breni” di Giovannino Pandocchi, pare a seguito diun processo intentatogli dai fratelli, nel 1623 (Reper-torium iurium singulorum Vallis Camonicae tum ex titulissingulo madiorum numero supra signatis desumptorumtum ex registris sedulo perpensis singillatim decerptorumusque per totum madium vigesimum et registrum sextumMDCLXXXVI, una rubrica delle leggi emanate in ValleCamonica nei secoli XV-XVII, del 1686; RP: Reg. 29,ff. 33, 109).(7) Il toponimo Valbiono risulta ancora attestato nelComune di Malegno nel Catasto del Regno lombardo-veneto realizzato nel 1853 (ASBS: mappe 2506, f. 9;registri 1137-1147, consultato nella versione digita-lizzata da Alberto Bianchi per Archimedia, che ringrazioper la disponibilità) e occupa quella fascia di n. 69 par-ticelle di terreni, per un totale di 56,26 pertiche censuarie,prospicienti Spinera e comprese tra la sponda destra delfiume, la strada principale e la strada Valleriana in pros-simità del ponte, ai mappali nn. 1773-1795, 1893-1909,1911-1925, 1954-1956, 1965-1971, 2073, 2099-2100,2103.

nel corso del Medioevo, ma anche ipotizza la presenza “inco’ al ponte” di una cappella (come già aveva sostenutoin PUTELLI 1909a, pp. 7-15).(4) C. Castelli, Liber mirabilium, edito in Rerum itali-carum scriptores 1723-1751, XVI, col. 894 d. Si rimandaanche alla scenografica descrizione data da BRUNELLI1698, pp. 407-416; si vedano anche le indicazioni in:PUTELLI 1915, pp. 213-229; GUADAGNINI 1797,pp. 39-40. Singolare il fatto che il ricordo dei morti inuno scontro tra guelfi e ghibellini, avvenuto nel XIIIsecolo, avrebbe spinto gli abitanti di Marcheno acostruire, nel corso del Quattrocento, una cappelladedicata all’Annunciazione di Maria, in cui all’inizio delXVII secolo si sarebbero verificati miracoli (RP: b. 135,fasc. 2).(5) Nella visita pastorale del vescovo D. Bollani, nel1567 (AVBS: Visite pastorali, reg. 7, f. 97v), risultal’oratorium Beatae Mariae extra terram de Breno. Si vedaanche l’analogo caso della chiesa di Santa Maria del-l’Ospedale degli esposti a Malegno, che si trova in capoal ponte, in prossimità del confine con Cividate da cuiecclesiasticamente è dipendente (per cui si rimanda aCOMINELLI, GIORGI, LENTINI, MERLIN 2006,pp. 193-196, 205); altro caso, che rientra invece nellededicazioni prelongobarde, è la dedicazione della pievedi Santa Maria Assunta a Cividate Camuno.

vi fu stipulata, nel 1397 con Gian GaleazzoVisconti, la cosiddetta “Pace di Breno” o“accordo del ponte Minerva”, nelle lotte traguelfi e ghibellini che duravano da secoli: “Dielunae ultimo decembris suprascripti anni cele-brata fuit pax super pontem Breni Vallis Camo-nicae inter dominios de Federicis et Bocacium deCemo et eorum sequaces ex parte una Antoniumde Greve et Baroncinum de Lotio et eorumsequaces et parte altera tunc existente DominoHenrico quondam domini Guilielmi militis deSuardis pro parte dicotorum de Federicis et dominoJohanne filio domini Grumzini de Rivola proaltera parte”4.Non pare fuori luogo pensare che il territorioattorno al ponte, proprio per la marginalitàrispetto all’abitato e la valenza liminare riguardoal confine col territorio di Malegno5, possaessere riscontrato nella storia come il luogo del-l’espulsione e del controllo sociale: nel dicembredel 1491, a seguito dell’ordine dei rettori bre-

sciani di catturare tale Giovanni Pugna diSaviore, bandito dal territorio per gravi delitti,venne portata a compimento la terribile ese-cuzione, per impiccagione “sotto Breno, vicinoal fiume”, che, facendo leva sulla disapprova-zione sociale e sul chiaro monito per i passanti,prevedeva che il cadavere fosse “appeso concatena sinché da sé cascasse fradicio”6. Ancoranel XVII secolo quando, a seguito della mortedi Comino figlio di Battista Calcagnini, abitantea Breno, caduto dalla proprietà di Giovan Bat-tista Deodato Ronchi posta aldilà dell’Oglioin contrada Valbioni7, il cadavere venne recu-perato sulla riva in Comune di Malegno, i rap-presentanti comunali brenesi, dopo aver con-statato che il poveretto era morto “in dictoflumine quod erat dicti Communis Breni” e rice-vendo la precisazione da parte di BernardinoRonchi, console brenese, che “dicta cabalcataspectat ad dictum communem quia dictum flumenest totum dicti communis Breni”, prendevano

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atto che in quella località “flumen Olij est totumsuper terram Breni”8 (Fig. 1).A carico della Comunità di Valle Camonicaera la cura dei “pontes existentes super flumineOlii. uidelicet p(ro)pe Civegulu(m). propeco(n)tratam Ymesanigo co(m)munis Cemi. etMalerbium co(m)munis Breni”9. Interventi alla

(8) 30 aprile 1600: Registro 3° terzo delle ragioni delcomune di Breno; RP: reg. 50, f. 66r. Cabalcata: accesso.(9) Communitatis Valliscamonicae Statuta 1498, capo n.283, che prosegue: “Alii pontes apte(n)tur et aptari tene-antur secundum consuetudines hactenus observatas”. Neisuccessivi Statuta Vallis Camonicae, redatti nel 1614 mastampati a Brescia nel 1624, il ponte viene chiamato“della Chiesa della Madonna”. Sono stati rintracciatialcuni riferimenti ai lavori di manutenzione successiva alponte brenese: relativamente agli anni 1746, 1751 (Reper-torium octavo iurium della Comunità di Valle Camonica,1738-1788; RP: Reg. 30, ff. 125v, 126v); tra il 1756 e il1757 le spese fatte “Nella spalengata sotto il Ponte diMinerva” per “conti à mastro Leonardo [Leonardi]marengone della fattura sua a metter le collonette e tra-versi”, ai mastri Giandola, Conti e Libardo “piccapietrea far le pietre di piantar le colonette”, al “biffolco a conduresse pietre” e al trasportatore Bianchi “per la condotta didette pietre dalla Valle di Camerala à S. Maurizio”, perun totale di L. 329:10, oltre ad altri denari “spesi a faraggiustar il Menadore al Ponte di Minerva per serviggiodi quei beni L. 16:-”; il 15 aprile 1760 venivano liquidatii conti di L. 119:17 1/2 a Bortolo Calzoni per “travelli econdotte” per “la spalengata della strada al Ponte di

desumptorum tum ex registris sedulo perpensis singillatimdecerptorum usque per totum madium vigesimum et regi-strum sextum MDCLXXXVI (RP: Reg. 29, f. 129 ePUTELLI 1920, p. 35). Bartolomeo Avanzi di Vezzalavorò anche con il mastro Fedele Pogna di Vico, sottoil controllo del famoso architetto Giovanni BattistaLantana di Brescia e dell’ingegnere Martino Della Negradi Corteno (cfr. BELLAMICI 1992). Il ponte di“Minervio” sarebbe stato costruito nel 1586 secondoROSA 1881, p. 90, che ricorda: “Erano tutti di legno iponti sull’Oglio della Valle, e furono ricostruiti in pietra[...] quello di Montecchio nel 1509 [...] quello di Cemmonel 1697”. Altri riferimenti alla costruzione dei ponti val-ligiani in BRUNELLI 1698, pp. 11-12, 33.(12) RP: Reg. 29, f. 129; si veda anche PUTELLI 1920,p. 35, il cui esemplare in RP riporta una nota manoscrittadi mano di R. Putelli, con l’indicazione di un docu-mento manoscritto con “La spesa fatta in rifabricar unponte in pietra nel territorio di Breno in contrada diManerbio che restò distrutto da detta inondazione [25ottobre 1614]” per ducati 9587.

Manervio” e di L. 51:10 a Leonardo Leonardi (Fondamentiper li scarichi di Bartolomeo Vielmi, registro delle spese peropere stradali redatto dal presidente della fabbriceria par-rocchiale a cui la Comunità di Valle Camonica avevaaffidato “la fattura della strada dal Ponte di Minerva sina Brendebusio”; RP: b. 90, reg. 1, ff. 5-6, 27-28).(10) Registro delle deliberazioni dei Consigli della Comunitàdi Valle Camonica 1502-1509 (RP: reg. 2); PUTELLI1915, pp. 442-443. Per indicazioni sulla struttura deiponti di Cividate si veda VANGELISTI 2007.(11) Repertorium iurium singulorum Vallis Camonicaetum ex titulis singulo madiorum numero supra signatis

struttura, probabilmente lignea, sono ricordatiil 6 marzo 1504 quando la Comunità di ValleCamonica stabilì di effettuare lavori di restauro,incaricando il mastro muratore Bornino Regazzidi Ossimo10. Quasi certamente il processo“Pontis Manerbij causa” nel 1583, in cui sifaceva riferimento al lavoro di Stefano Bagottinodi Vezza, riguardava il progetto e i conti per lacostruzione di un ponte in muratura, che nel1609 risultava già in rovina, visti i procedi-menti “contra magistros fabros [...] quia ceci-derit d(ictu)s Pons Manerbij” cui fanno seguitoun accordo con mastro Antonio Spencio, pro-babilmente milanese, “Architecto pro con-struc(tio)ne d(ict)i Pontis” e una “subrogatioipsius Fabricae in persona(m) mag(istr)iBarth(olome)i de Vezzia”11; nel 1610 è regi-

strata una procura di Aloisio Federici a Giulioe figlio “causa d(ict)i Pontis” e nel 1615 unaconvenzione tra Aloisio Federici e la Comunitàdi Valle Camonica per 406 scudi e infine nel1617 la vendita dei legnami “pro armatura ipsiusPontis”12.Costruita alla testa del ponte, ai limiti del ter-ritorio di Breno al confine con Malegno, pas-saggio obbligato dell’antica strada tra Breno ela bassa Valle, la cappella posta in capo al ponte,

Fig. 1. L. Pallavicino, Carta del territorio bresciano, 1597, particolare (Breno, Museo Camuno,inv. 0552).

Fig. 2. Cappella dell’Annunciazione di Maria al Ponte di Minerva,situazione attuale dell’esterno (foto autore).

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come ve ne erano per devozione altre su trac-ciati viari, secondo la tradizione avrebbe originiantiche che la vorrebbero “insigne tempio in cuifu cangiato l’antico Fano di Minerva”13, comeparrebbe attestato dalle sopravvivenze di tipotoponomastico14 (Fig. 2).

(13) BRUNELLI 1698, pp. 29, 225-226, che in altridue passi ricorda che i Romani “adorarono [...] Minervaal Ponte tra Breno, e Malegno [...]. Di Minerva al Pontesotto Breno lo testifica il Tempio antichissimo di rarastruttura, e di peregrini marmi formato a’ piè del Pontenella destra riva [i.e. sinistra] dell’Oglio; il quale abbenchédi presente sia dedicato alla regina de’ Cieli, nientemenoper traditione antichissima vien predicato, fosse fano diMinerva, restato di questa al Ponte sudetto il corrottonome di Manerbio”. MAIRONI DA PONTE 1819-1820, I, p. 197: “Vi forma vaga prospettiva anche il belponte di vivo sasso sopra l’Ollio, denominato di Minervadal monumento che vi esiste, e che dicesi innalzato aquesta profana deità. A questo punto vedesi un vecchiosantuario eretto alla Vergine Santa, ornato di un buonportico”. La prospettiva interpretativa degli sviluppi delcristianesimo in Valle Camonica, almeno per il caso dellachiesa in oggetto, va necessariamente posta in manieradifferente rispetto anche a quanto affermato da SIRO1909, e da tutta la storiografia che ha interpretato innome del provvidenzialismo cristiano, pensando che larifondazione dei culti pagani da parte di quelli cristianisia avvenuta in maniera consequenziale per esito di giu-stizia storica: “l’abitudine non rara dei cristiani di tra-mutare o di costrurre [sic] sulle rovine di templi pagani,templi dedicati al culto del vero Dio e dei Santi, special-mente dopo la quasi completa caduta del paganesimo”.Non vi è alcuna evidenza archeologica che indichil’esistenza di un sacello romano in loco (ancora V. Bono-melli, parroco di Breno, al sindaco di Breno e ad A. Ber-tolini, ispettore per la conservazione dei monumenti,lettera del 5 settembre 1968, per cortesia di M. Ber-tolini, dichiarava di avere speranza di ritrovare, durantei lavori di sterro, testimonianze archeologiche: si vedaanche quanto riferito da ROSSI 1987, pp. 49-50): latradizione, che ha solo evidenti giustificazioni topono-mastiche, e insieme l’equivoco di datazione e identifica-zione, fu ripresa da molti: RIZZI 1870, p. 129; ROSA1881, p. 18; Favallini (1886) in BEZZI, FAVALLINI2004, p. 41, n. 2, p. 44; Bezzi, come molti altri, continuaa equivocare sulla identificazione del “tempietto dellaMinerva”; PUTELLI 1909a, pp. 9-15, 79; CANEVALI1912, p. 98; PUTELLI 1923, pp. 72, 101, 606;FAPPANI 1972, III, p. 52; FERRI 1989, p. 100;FAPPANI 1974, p. 268; PEDERSOLI, RICARDI 1998,pp. 205-206, che continuano a definirlo “tempiettoromano”; CENTINI 2001, p. 17; PUTELLI 1915, pp.71-72, esprime un dubbio riguardo al “primitivo fano chei nostri storici tutti vogliono ivi fosse dedicato a Minerva”.(14) Rimando a GNAGA 1937, p. 350, che riportaanche il toponimo brenese “Manerbio (Manèrbe)”, deri-vante dall’aggettivo “Minervius” (OLIVIERI 1931), masi veda anche “Manerba (Manèrba)”, da “fanumMinervae” (OLIVIERI 1931, ripreso anche da

metri di lunghezza media della parte del fusto a scana-lature (di cui rudentata 39 centimetri mediamente),113,5 centimetri di circonferenza media nel toro inferiore;le due semicolonne laterali non hanno il fusto decoratoa foglia d’acanto, ma la sola rudentatura (di 52,5 centi-metri in media), le cui paraste sono decorate a candelabrasemplice con rose e riquadri (quella nord) e con motivia festone vegetale, vasi ed elementi geometrici (quellasud). Le specchiature alla base dell’intercolumnio pre-sentano una decorazione a rosone di dieci foglie d’acanto,sovrapposte (in cinque riquadri) o semplici (nel solobasamento all’angolo del lato nord). Per riferimenti sti-listici si vedano le colonne rinascimentali policrome delmonumento funebre per Giacomo Stefano Brivio nellaomonima cappella nella chiesa di Sant’Eustorgio a Milano(1484-1486); una citazione degli elementi decorativi afoglie d’acanto nel fusto della colonna si vede anche nel-l’affresco raffigurante l’Esaltazione dell’Eucarestia (finedel XV secolo), nella cappella del Santissimo Sacramentodella chiesa di Santa Maria Annunciata a Piancogno;decorazione a foglie d’acanto sovrapposte nella partebassa del fusto si vede anche nelle colonne del primoordine della pala dell’altar maggiore nella chiesa parroc-chiale di Lavone (da datare tra il 1514 e il 1522), diPaolo da Caylina Il Giovane.(17) Già al tempo della visita pastorale di D. Bollani, nel1567 (AVBS: Visite pastorali, reg. 7, f. 97v), le condizionidella cappella non dovevano essere al meglio se il vescovodecretò: “ad altare extra oratorium fiat [p]ala seu repin-gatur figura et clausam teneatur et ornatam”.(18) Nella visita pastorale di B. Tarugi, nel 1580, perconto di C. Borromeo (ASDMI: Sez. X, Visite pastorali:Brescia, f. 155), viene chiaramente riportato che la cap-pella era stata costruita nel 1520 per devozione. G.Celeri, delegato vescovile di D. Bollani, nel 1578 (AVBS:Visite pastorali, reg. 8 ter), riscontrava che, rispetto allachiesa, nella cappella “est maior devotio et [...] person-vultur vota”; forse anche per ricondurre alla normalizza-zione e al controllo il culto, C. Borromeo impose undecreto di damnatio dell’edificio, che in parte non potéessere, fortunatamente, attuato (ASDMI: Sez. X, Visitepastorali: Brescia, f. 662r): “Paries qui est supra altareB(eatae) V(irginis) extra ecclesiam in quo picta est imagoeiusdem Virginis, quantum eadem imago comprehenditexcavetur et inseratur in pariete supra altare maius decenter.[...] Non celebretur amplius in capella S. Mariae quae estextra ecclesiam sub pena suspensionis sacerdoti celebranti”.Durante la sua visita pastorale alla diocesi il vescovo G.F.Morosini, nel 1593 (AVBS: Visite pastorali, reg. 9), silimitava a constatare che i decreti borromaici non eranostati applicati e che “non esse translatam immaginemBeatae Mariae in ecclesiam, verum dictum fuit id fierinon posse quia imago inheret muro lapideo quod removerinon posset”.

GUERRINI 1937, p. 11). ROSSI 1616 fornisce indica-zioni non completamente attendibili riguardo alla ValleCamonica e non conosce il culto di Minerva, ma a pre-cisazione di quanto affermato da TESEI 1987, p. 19, ilculto di Minerva in Valle Camonica viene riscontrato perprimo da ORMANICO 1639, p. 75, che ricorda: “Alcunigiudicorono fusse adorata Minerva al Ponte sopra ilFiume Ollio, poco discosto da Malegno, e Breno, che tut-t’hora chiamasi Mineruia quella Contrata”, ma pruden-temente nota che, “non vi essendo altro contesto”, sipuò arguire: “E ben vero, che facilmente ci darebbe àcredere, fusse tale Dea pure nella Valle adorata,l’Inscrittione, che si trova in Loseno in un pezzo di altareche delineato si vede nel Manoscritto, e da MonsignoreD. Pietro Arisi Rettore di detta Terra à noi cortesementecommunicata”; ROSSI 1693, p. 314, n. 55, riprende lanotizia, riportando il testo dell’iscrizione e il luogo delritrovamento e attribuendone la nuova proprietà al nobileGiulio Averoldi di Brescia (cfr. Carta archeologica Pro-vincia di Brescia 1991, p. 132, n. 932).(15) Non credo che fosse la chiesa in oggetto l’edificioa cui fa riferimento il documento citato da PUTELLI1909a, p. 79 (ripreso brevemente anche in PUTELLI1910), che riporta la “Tavola cronologica dei Parroci inSacristia a Breno”, stesa ad opera di don Stefano Giaco-melli, in cui annota cautamente che “veramente pareche qualche documento attesti che una vera e capacechiesa esistesse al Ponte di Minerva fin dal XII secolo ene elenchi i mobili”. Vengono, inoltre, ricordati, avvenutinel corso del XIII secolo in Valle e a Breno, alcuni episodidi inondazione con devastazione di terreni, ponti e stradenel 1204, 1206 e 1230 (cfr. [ROSA] 1882, ripreso daPUTELLI 1915, p. 101, che riporta il dato con cautela),che potrebbero aver compromesso anche la suppostacappella e i territori circostanti, ma a riguardo non si pos-siedono dati certi.(16) L’orientamento della chiesa che fu affiancata alla cap-pella, invece, non rispetta questa scelta, forse per la con-formazione del terreno. Per indicazioni riguardo allastruttura si veda MORANDINI 2004, pp. 190-191, acui si deve aggiungere che, pur avendo un aspetto diver-sificato, tutte le colonne presentano alcuni elementi chemostrano la similitudine nell’esecuzione, al di là delmateriale (in marmo di Vezza D’Oglio le due centrali ein arenaria le quattro laterali e le due semicolonneaddossate al muro): i capitelli, pur avendo una fatturasimile (altezza 35 centimetri in media), sono corinzieg-gianti, con piccole foglie d’acanto e con vari altri elementidecorativi (flagello, valva di conchiglia, foglie); i fustihanno in media misure di 40 centimetri di lunghezzamedia della parte decorata a foglie d’acanto (nella colonnacentrale a nord la parte decorata risulta lavorata con unadoppia base contrapposta a foglie d’acanto), 120 centi-

Un primo edificio sarebbe stato fabbricato ini-zialmente tra i secoli XIII e XIV, ma nessundato certo comproverebbe questa prima fonda-zione15; la struttura che si vede oggi, dalle formesquisitamente rinascimentali, con nicchia postacanonicamente a est, verso la nascita e la rina-scita ciclica16, forse frutto di un intervento di

rifacimento o di costruzione ex novo17, è dadatare certamente, anche per i dati stilisticidelle decorazioni, all’inizio del XVI secolo: inseguito all’istituzione della devozione allaVergine e alla credenza che vi fossero realizzatimiracoli18, probabilmente anche in relazione a

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un’opera assistenziale d’ispirazione francescana,che mirava a togliere anche il controllo dei pre-stiti a usura da parte ebrea19, iniziata proprionel primo trentennio del Cinquecento20.Era certo il momento opportuno per costruireuna cappella in capo al ponte, dedicata allaMadonna, nel frangente in cui le ingerenzeluterane, che provenivano dalla vicina Valtellinae dai Grigioni21, mettevano in discussione lastessa figura di Maria e la persecuzione dellestreghe metteva in crisi anche l’immaginariofemminile22, sullo sfondo delle virulente pesti-

(19) Cfr. FERRI 1989, p. 266 e fig. 134 (ma si vedaanche FERRI 1983), in cui, illustrando la Tabula dellasalute, pubblicata nel 1494 a Firenze da fra’ Marco daMontegallo, spiega la connessione tra monte di pietà efigura mariana, nell’immaginario francescano: “La nuovaistituzione finanziaria [monte di pietà] garantisce sal-vezza all’anima, proprio come la devozione alla Verginee la partecipazione al sacrificio della Messa”. Per dispo-sizioni testamentarie di Antonio Pagnoncino, il 19 giugno1509, con codicilli aggiunti nel 1510, era stato istituitoil Pio luogo della carità, destinato inizialmente alladispensa di somme “in puellis nubendis”, “inter pauperesmendicantes terrae Breni” e “pauperibus infirmis et intumulandis pauperum cadaveribus” (AP Breno: b. 69,Libro B della Schola de la desciplina de Breno, ff. 220-222,che fa riferimento anche ad altro testamento del 1497,in favore della Confraternita dei disciplini di Breno ePescarzo, che risulta quindi già istituita al tempo), rettodai ministri della Scuola dei disciplini e della Scuola diSan Valentino, oltre che da quattro deputati scelti tra idisciplini (visita pastorale di B. Tarugi, nel 1580, perconto di C. Borromeo, in ASDMI: Sez. X, Visite pastorali:Brescia, f. 155). Un monte di pietà frumentario fu isti-tuito inizialmente col testamento, del 3 luglio 1591, diBarbara Leoni moglie di Antonio Alberzoni, che avevadestinato somme per l’acquisto di miglio da distribuireogni anno a maggio ai poveri brenesi, tenuti poi allarestituzione con un modesto interesse, entro il giorno diSan Martino (AP Breno: b. 18); nel 1594 si aggiunseanche la notevole eredità del nobile Ghirardo Ronchi. Lasituazione dell’assistenza caritativa brenese doveva esseremolto cambiata già a partire dalla metà del XVIII secolo,se il parroco M. Campana, stendendo una relazione, il25 ottobre 1777 (RP: b. 65, fasc. 8), ricorda tra i luoghipii “uno che dispensa qualche danaio ogni mese agliinfermi poveri” e “un monte per prestanze di grano, maldiretto, e perciò quasi estinto”. L’attività del monte dipietà continuò fino alla metà del XIX secolo: Libro conticon il Pio Logo della Carità e Monte di Pietà di Brenodopo il conto dal dì 5 marzo 1791 per me Giovanni Bat-tista q. altro Giovanni Battista Spadacini. Breno (RP: b.146, reg. 1); Ricevuta del Cassiere del Pio Luogo di Brenovistato dalla Deputazione Comunale, 1853 (RP: b. 152,fasc. 6).(20) Cfr. PUTELLI 1915, pp. 513-515.(21) Cfr. BRUNELLI 1698, p. 565.(22) Per indicazioni in merito si veda LORENZI 1994,che ricorda come - a seguito della promulgazione della

(24) Il locale toponimo Manerbio compare già nel-l’Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1518 (RP: reg. 33, f.1r); “Santae Mariae Manerbijs” viene ricordata la chiesa,nell’estimo del 1626 (Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio,1626; RP: b. 3, reg. 2, f. 20r). Si nota che nelle differentivisite pastorali effettuate nel XVI secolo la chiesa vienedesignata generalmente con la dedicazione alla Vergine,mentre nella visita pastorale di M.G. Zorzi, 1669 (AVBS:Visite pastorali, reg. 43, ff. 221v-231v), oltre a esseremenzionata con il titolo della “Natività della BeataVergine Maria”, è detta “al Ponte di Manerbio”. FAINO1658, p. 200, la registra come “Ecclesia S. Mariae adPontem Maneruij”. Ancora in alcuni documenti del 1818la chiesa veniva detta “della Madonna del Ponte diManerbio” (RP: b. 73, fasc. 3); indicazione dell’usopopolare anche in GUERRINI 1937, p. 12.(25) Indicazioni in ROSSI 2004, pp. 43-47. FERRI1997, pp. 79, 84, n. 130, introduce l’inopportuno con-cetto di “persistenza del sacro nello stesso luogo”, quandoinvece si tratta chiaramente di rifondazione. Interessantii riferimenti presentati in MAGLI 1997, p. 12, riguardoal “bisogno” che induce gli uomini, “con una forma divera e propria pigrizia mentale, ad assorbire e ad accettarequello che trovano già prodotto”.(26) SUOPPEDO 1658, p. 18, che, narrando la vita diObizio da Niardo, ricorda l’episodio del lascito per farefabbricare il ponte sopra l’Oglio. Riguardo alla rielabo-razione delle mitologie nella cultura prerinascimentale erinascimentale, rimando alla prefazione di M. PastoreStocchi all’edizione critica di CARTARI 1587. La grandeopera di revisione secondo i dettami conciliari, di cui fuinterprete principale Carlo Borromeo, si esplicò anchenella “normalizzazione” degli aspetti di fede popolare dinatura sincretica tra paganesimo e cattolicesimo e nella“guerra alle lapidi antiche ed à preziosi bassorilievi, neordinava la distruzione per la paura che le chiese appocui si trovavano ne fossero profanate” (ODORICI 1853-1865, IX, pp. 249-250). Ancora nel 1624 vengonoricordate “libazioni gentili” per la pioggia, con invoca-zione di Santa Paola, a Vione (cfr. ms Biancardi inarchivio privato, conosciuto anche da ROSA 1881, pp.72, 119). L’aspetto più interessante, che comunque con-ferma definitivamente quanto sostenuto, è dichiarato,senza equivoci, già da PUTELLI 1920, p. 16, in cuiriferisce della “tradizione che dice questa cappella succe-danea di un fano a Minerva di cui resta il nome al gruppodi case al ponte vicino”. Nell’immaginario locale, si rin-traccia qualche eco dell’utilizzo del nome Minerva:

costituzione Cum praecelsa, 27 febbraio 1477, da partedel papa Sisto IV, con la quale si approvava solenne-mente la festa dell’Immacolata Concezione di Maria - ifrancescani osservanti che tenevano il convento dell’An-nunciata di Borno istituirono la Scuola dell’ImmacolataConcezione “coinvolgendo il clero locale e i laici che fre-quentavano il convento”, chiedendo ai membri di dif-fondere, oltre il culto della preservazione mariana dalla“macchia di peccato originale”, la coltivazione di operesociali e caritative; FERRI 1994a, pp. 134-135, che rico-struisce le dispute, in merito alla figura mariana, tra gliordini religiosi e i rapporti con gli ebrei; PREVIDE-PRATO 1992, pp. 49-96, che, riportando la documen-tazione tratta da M. Sanudo, ricorda, tra gli altri: il casodel castellano di Breno Carlo Emiliani, che nel 1518denunciò i casi di “alcuni eretici” che “havevano rinegatola santa fede e tolto il summo e gran diavolo per suoIdio”, ricordando in conclusione che “alcune de questemeschine se hanno voluto confessar, et alcune non,benché poi alfin tutte invocano la Verzene Maria in suoaiuto”; l’episodio di don Gaspare da Rivedessa, prete inBreno, che nel 1520 era stato accusato di stregonerie ed’eresia, confessando “in che modo lui deventò strigo”,essendo “già diece anne innamorato in una, et per quellasentendosi morir, et non possendo satisfare a l’apetito etvolontà soa”. Erano gli anni in cui a conferma dellastanza della guarnigione brenese in castello erano sorti“timori concepiti per alcuni segni prodigiosi apparsi inque’ giorni sul Bergamasco” che “erano squadroni digente armata a piè, e a Cavallo, che tre volte al giornouscivano con artigliarie fuora d’un bosco, guidate da unCapitanio con Corona in testa; all’incontro de’ qualicompariva un altro esercito, guidato anch’egli da ungran Re, quali azzuffatisi in aria, facevano horribili, estrepitosi fatti d’arme con tutti quelli effetti, che fannoli veri eserciti in terra” (BRUNELLI 1698, p. 561). Sullemanifestazioni di religiosità “gionte in ecessi” e sullavenerazione dei Camuni per Maria nel XVII secolo si vedaBRUNELLI 1698, pp. 73-76.(23) A Breno risulta interrotta la strada Valleriana esemidistrutto il ponte di Malegno (cfr. mss. in RP: b. 152,fasc. 13; [ROSA] 1882; BERRUTI 1998, p. 26).

lenze che avevano afflitto la Valle all’inizio delsecolo, a ridosso dei rocamboleschi avvenimentipolitici che avevano portato persino al sac-cheggio di Breno da parte dei conti Lodron(1516) e avevano visto la Valle percorsa dalletruppe dei famigerati lanzichenecchi di pas-saggio dalla Valtellina per il Milanese (1522),e anche a seguito della distruttiva alluvionedilagata in tutto il territorio camuno nell’agostodel 152023.

La natura del luogo tra continuità e disconti-nuità delle dedicazioni e dei toponimi

Vi sono alcuni elementi che indicano che chifece eseguire la cappella, rifondando l’anticavenerazione per Minerva, tramandata nella

storia anche solo per via toponomastica o pertradizione orale24, nella devozione di Maria,con probabilità conosceva i tratti che accomu-navano i due culti e metteva inconsciamente inatto un procedimento che si era già verificatosui culti preistorici da parte della religioneromana25: “presso Manervio luogo corrotta-mente così chiamato da Minerva, perché ivine Tempi de Gentili fu idolatrata, e dove horacon vera Fede in bellissimo Tempio è adoratala Gloriosa, e vera Minerva nostra Sig. VergineMaria”26.

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Il sincretismo d’ispirazione neoplatonica rina-scimentale, secondo il quale era possibile trovareuna sintesi tra sophia e religio, tra sapere e magia,tra divino e umano, tra rivelazione e inizia-zione, tra religioni pagane che divenivano“figura” del cristianesimo e ombre evanescentidegli dèi e immagini evocate della “vera fede”,si diffuse certo anche in Valle27, attuando tra ledue figure un’ideale continuità28, attraverso lasovrapposizione29: la dea romana, ricordata in

“d(omina) Minerva”, moglie del fu Lanfranco Lanfran-chini, ha beni registrati nell’Estimo di Cividate, 1593(RP: b. 146, reg. 2). Nei primi anni del Novecento, fun-zionò in loco la ditta dei “fratelli Fara, G. Antoniazzi ecomp.”, con sede al Ponte Minerva a Breno, che pro-duceva il “FERNET MINERVA” (pubblicità su “Illustra-zione camuna”, tra il 1910 e il 1911).(27) Rimando a FERRI 1989, pp. 153-155; FERRI1994a, pp. 134-136; FERRI 1994b, contributo dinotevole intelligenza esegetica. Per indicazioni sul Neo-platonismo si rimanda a VASOLI 1988.(28) Sul senso del sincretismo religioso si rimanda a unclassico dell’antropologia: ELIADE 1972 p. 419, in cuichiarisce: “Sarebbe errato considerare il sincretismo comesemplice fenomeno religioso tardivo, che può risultare sol-tanto dal contatto fra varie religioni evolute. Il cosiddettosincretismo si osserva ininterrottamente nell’intero corsodella vita religiosa. Non esiste demone agrario rurale odio tribale che non sia il risultato di un lungo processodi assimilazione e di identificazione con le forme divinecircostanti. Occorre insistervi fin da ora: tali assimilazionie fusioni non sono da attribuire esclusivamente alle cir-costanze storiche (interpenetrazione di due tribù vicine,conquista di un territorio ecc.); il processo dipende dalladialettica stessa delle ierofanie: che prenda o non prendacontatto con una forma religiosa analoga o diversa, la iero-fania tende, nella coscienza religiosa di coloro cui sirivela, a manifestarsi il più pienamente e totalmente pos-sibile”.(29) In assenza di una mappa delle sovrapposizioni delculto mariano su precedenti luoghi sacri pagani nel Bre-sciano, per indicazioni sommarie a riguardo, rimando aBOSCHI 1980, pp. 305-323; ROSSI 1996, p. 35, indicache “non è da escludere il collegamento con un pro-babile più antico luogo di culto” anche per la chiesadella Madonna di Ripa d’Oglio a Pontevico. Rimanendonel solo ambito che ci riguarda, si ricordano alcuni altricasi analoghi che hanno lasciato traccia nella toponoma-stica italiana: a Roma la chiesa di Santa Maria sopraMinerva, la cui denominazione deriva dalla presenza deltempio di Minerva Calcidica, fin dall’VIII secolo deno-minata con il toponimo Minervum che ricorda chiara-mente il Minervium di origine latina, ma anche SantaMaria Antiqua, ricavata dall’atrium Minervae nel fororomano; Santa Maria sopra Minerva ad Assisi, su untempio datato al I secolo a.C., che, dopo un periodo diabbandono e di utilizzo promiscuo, nel 1539 fu restauratoe trasformato definitivamente per ordine di papa PaoloIII e dedicato, per analogia con la dea della sapienzapagana, alla Madonna, regina della sapienza cristiana; il

(30) Cfr. Jacopo da Varagine, Legenda aurea, CXXXI.Anche la copertura della cappella è basata su una strutturaottagonale che rimanderebbe, secondo la tradizione cri-stiana medievale, a un luogo di passaggio o di transi-zione, come quello di una porta (cfr. GUÉNON 2003,pp. 234-237). Nell’iconografia dell’episodio della sfidatra Aracne e Minerva (Publius Ovidius Naso, Metamor-phoses, VI, vv. 45-52) si riscontra un notevole parallelismocon le raffigurazioni dell’Annunciazione mariana (cfr.la notevole miniatura illustrativa del codice ovidiano:Paris, Bibliothèque Nationale, Ms. français 137, f. 73v).I riferimenti bibliografici in merito all’elaborazione ico-nologica sono molto corposi, ma si indicano i fonda-mentali che contengono i rimandi bibliografici: ROBB1936; VAN MOÉ 1937-1938; APPIANOCAPRETTINI 1979, pp. 57-66, 77-88; SAXL 1982,pp. 3-14; CONCIANI 1984; BUSSAGLI, D’ONO-FRIO 2000, pp. 33-35, 148-151; FERRARI 2004. Inte-ressante l’approccio antropologico di MAGLI 1997, dicui si vedano le pp. 129-147.(31) Cfr. CARTARI 1587, di cui la prima edizione eradel 1556, pp. 317-363; ROSSI 1693, pp. 73-76; HALL1983, pp. 258-271, 279-280; si veda anche la singolarelettura antropologica di MAGLI 1997, pp. 97-99.(32) Nel Repertorium iurium singulorum Vallis Camo-nicae tum ex titulis singulo madiorum numero supra signatisdesumptorum tum ex registris sedulo perpensis singillatimdecerptorum usque per totum madium vigesimum et regi-strum sextum MDCLXXXVI, del 1686 (RP: Reg. 29, f.137), si trova ricordata una singolare “Prophetia B(eati)Amadei circa amplia(mentum) Ser(enissi)mi D(omi)nijVeneti”.

duomo di Santa Maria Assunta a Siena venne costruitoa partire dal XII secolo sul luogo di un altro edificioreligioso e di un precedente tempio per il culto diMinerva; probabilmente anche il tempio dedicato alla deaMinerva sul promontorio a Santa Maria di Leuca (Lecce)fu trasformato nella basilica cristiana (prima metà delXVIII secolo), che la tradizione vorrebbe fondata persinoda San Pietro; fu edificata su di un tempio di Minervaanche la basilica di Santa Maria del Lauro (costruita nelX secolo e dedicata al Salvatore, fu intitolata alla Verginea partire dall’inizio del XIII secolo e rimaneggiata a piùriprese) a Meta Sorrentino (Napoli), dove ancora i marinaicompiono tradizionalmente riti devozionali che ricordanola libagione votiva alla dea ed è ancora attestata anche unavia Minerva che collega il paese campano con la Puntadella Campanella. Altre situazioni hanno visto la tra-sformazione e la reintitolazione: la chiesa di Santa Mariaa Travo (Piacenza) sorgerebbe nelle vicinanze di unimportante santuario sacro a Minerva (tra I e III secolod.C.), luogo di pellegrinaggi e guarigioni miracolose,noto solo attraverso le testimonianze storiche di unaserie di epigrafi votive, alcune conservate nei CiviciMusei di Piacenza; a Palestrina (Roma), da alcune indi-cazioni epigrafiche, si pensa che la chiesa della Madonnadell’Aquila sia stata costruita su un complesso religiosoromano; il tempio di Athena a Siracusa (V secolo a.C.)venne trasformato in moschea e poi nella cattedralededicata alla Natività di Maria; anche a Pola (Croazia),Santa Maria Formosa o del Canneto fu una fastosabasilica bizantina costruita sulle probabili rovine deltempio di Minerva. Residui di antichi riti pagani rie-cheggiano in altre tradizioni e dedicazioni: a Monte diProcida (Napoli), il culto della “Madonna guerriera”attestato per tutto il Medioevo sino agli inizi del Sei-cento, quando fu fatta costruire la chiesa dell’Assunta,ricorda l’antico culto per Minerva, cui era dedicato untempio sulla vicina Torre di Cappella; la dedicazione delsantuario della Madonna dell’olio, a Blufi (Palermo),parrebbe riferirsi a un territorio dedicato a Minerva,citato da Aristotele nel Meterologicorum, che parla di unliquido salato e acidulo che sgorga nel “Sicanico agro”;una chiesa Santa Maria di Minerva è attestata a Bronte(Catania); la chiesa della Madonna della Misericordia aGiovinazzo (Bari) sorge in località “Luogo del Tempio”(nome che ricorda l’esistenza di un tempio paganodedicato alla dea Minerva); ad Arezzo, di fianco allachiesa di San Lorenzo, si trova un vicolo, detto dellaMinerva perché in un pozzo situato sotto l’edificio sacrovi venne trovata, a metà del Cinquecento, la statua diMenrva; i martiri d’Otranto, riconosciuti nel martirologiocristiano, furono condotti dai Turchi del pascià Acmet,che assediarono la città, sul “Colle della Minerva” (14agosto 1480), dove fu chiesto loro di abiurare la fedecristiana per aver salva la vita; a Castro (Lecce) la tradi-zione riporta che per allontanare il culto pagano diMinerva, venerata in un tempio e presente nello stessotoponimo “Castrum Minervae”, fosse stata scelta comepatrona la Madonna Annunziata.

genere anche come tutela mensis di marzo,primo mese del calendario romano, e ancheritenuta “dea dei passaggi”, mediatrice tra la

terra e il cielo, trova rispettivamente corrispon-denza nell’appellativo janua coeli riferito aMaria, tramite d’incarnazione di Cristo e puntodi riferimento privilegiato per la richiesta d’in-tercessione da parte dei fedeli verso Dio, e nelgiorno della nascita della Madonna, tradizional-mente fissata all’8 settembre, che corrispondevaall’inizio dell’anno ecclesiastico in Oriente edunque ribadiva simbolicamente l’inizio dellaredenzione30; altri punti di tangenza s’indivi-duano negli attributi della verginità, della lottaper la giusta causa e della giustizia, negli appel-lativi che riguardano la benevolenza, la sapienza(sedes sapientiae) e il trionfo nei cieli (reginacoelorum), nelle immagini dell’apporto di civiltàagli uomini e del soccorso ai supplici e negliemblemi dell’ulivo, della fonte e dell’acqua, deldiadema-corona e persino nel serpente31.Proprio la presenza dei frati francescani avrebbepotuto veicolare questa “nuova rivelazione”,attraverso l’opera del carismatico e discussoAmadeo Mendes de Silva (1420 circa-1482)32

che, nella sua opera Apocalypsis nova, vagheg-giava persino un sistema salvifico che aveva ilsuo punto fondamentale nella nuova rivela-zione della figura di Maria, Sophia discesa dal

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cielo sulla terra33. Attestati nel romitorio dellachiesa di Santa Maria al Ponte di Minerva soloa partire dal 1597 e fino al 1625, furono certopresenti come eremiti laici d’ispirazione fran-cescana in altre località valligiane e sebine forsegià a partire dall’inizio del XIV secolo (per tra-dizione, vi sono persino ricordati Francesco epoi Antonio di Padova) e con certezza dallaseconda metà del XV secolo34, come osservantifrancescani, che trovano impulso nella predica-zione e nell’apostolato sociale (le cui espres-sioni di maggior spicco erano l’eremitaggio e ilmovimento penitenziale, delle discipline, delleconfraternite, e le istituzioni finanziarie): aBienno (conventuali), a Borno (amadeiti e osser-vanti) e solo dalla fine del XVI secolo nel con-vento di San Francesco a Mezzarro di Breno(cappuccini). In una testimonianza su un biz-zarro inseguimento di un ricercato e su un fattod’armi all’interno della chiesa di Santa Maria,del 9 agosto 1597, resa all’arciprete BartolomeoCaldinelli, compare “Andreas de Tonellis di Astrio eremitta in habitu divi Francisci habi-tator et custos ecclesiae Beatae Mariae pontisManerbii Breni”35; per via di deduzione, sipossono ipotizzare anche le presenze del frateeremita Francesco Pezzolo di Angolo, nel 1698,e del frate Giovan Pietro di Edolo, in precedenzaeremita dell’oratorio di San Valentino e chemorì il 19 febbraio 171036; nei primi anni delXVI secolo vi sono segnalati eremiti DomenicoRebuffoni (1615) e fra’ Giacomo Elmetti(1625).La cappella dell’Annunciazione di Maria, nelXVI secolo, vide un’intensa frequentazione difedeli, a seguito di una forte venerazionemariana, anche per la credenza che vi fosserostati concessi alcuni miracoli a seguito dei quali,probabilmente, era iniziata anche la costru-zione della chiesa, a partire dal 1545, essendol’edicola risultata inadatta ad accogliere il con-corso dei fedeli37.

(33) Cfr. FERRI 1989, pp. 255-275; FERRI 1994a;FERRI 1994b.(34) Cfr. CARGNONI 1994, pp. 14-16.(35) Cfr. PUTELLI 1929, pp. 32-37.(36) Cfr. PUTELLI 1929, pp. 32-37.(37) La presenza di numerose opere ex voto è testimoniatagià nei decreti di C. Borromeo (per le cui indicazionirimando a GIORGI 2004d, p. 416, nota 619); PUTELLI1909a, p. 81, conferma anche che un tempo la chiesa erameta di pellegrinaggi; si veda anche FERRI 1989. Finoal XIX secolo, la chiesa fu anche termine delle processionirogazionali (anche per la presenza del ponte, che marcavisivamente il confine con il Comune di Malegno) ches’inoltravano fino al limite del coltivo o ai confini terri-

(ASDMI: Sez. X, Visite pastorali: Brescia, f. 155).(40) AP Breno, b. 13, planimetria datata 27 marzo 1866;situazione ben individuabile anche in Catasto d’Epocanapoleonica: Breno (1813) (ASBS: mappe n. 56, in cui ilterreno è contrassegnato con il mappale n. 996 e l’edificiodella chiesa con il distintivo “O”, e in cui il cartografoerra la direzione della corrente del fiume); Catasto delRegno lombardo-veneto: Breno, f. 13 (1852-1853) (ACBreno: mappe; anche ASBS: n. 2280). Chiara l’immaginee l’indicazione in CANEVALI 1912, pp. 99-100, in cuiricorda anche che “A fianco della cappella, verso la stradanazionale, v’ha la porta laterale della Chiesa contigua”;si vedano anche le altre immagini a corredo diCANEVALI 1910 e di PUTELLI 1910, p. 5. Verosi-milmente la situazione rimase tale fino al novembre del1968, quando fu rimosso il terriccio della massicciatastradale e in parte la congerie di materiale che si erariversato a seguito della grande esondazione del fiumeOglio nel 1960. Il fronte della cappella non era dunquerimasto sepolto per secoli, come vuole far credere[ANONIMO] 1968 (cui si rimanda per le immaginidei lavori), che insiste anche sulla totale somiglianza col“tempio eretto sull’Acropoli di Atene alla Dea Minerva”(cfr. anche lettera del 5 settembre 1968 di V. Bonomelli,parroco di Breno, al sindaco e ad A. Bertolini, ispettoreper la conservazione dei monumenti: per cortesia di M.Bertolini).(41) Planimetria del tronco di strada Provinciale che sipropone da eseguirsi in deviazione dell’attuale d’ingressoall’abitato di Breno (AC Breno: Acque e strade).(42) Pare che solo l’opposizione dei fedeli, nel 1846,avesse scongiurato tale intervento.(43) Per riferimenti metodologici riguardo alla tecnicae alla datazione in ambito bresciano, che risulta coeva aglialtri esempi locali, rimando a GHEROLDI 1998, pp. 52-

toriali del paese lungo tre direzioni diverse, per mezzo diuna liturgia che aveva lo specifico scopo di richiedere pro-tezione “a fulgore et tempestate, a peste, fame et bello”,esito cristiano di antichi riti apotropaici pagani (lustratiopagi), volti a implorare la benedizione divina sui campicoltivati (Ambarvalia) e sulle strade con incroci ed edicole(Compitalia), trasformati in rito cristiano già dal IVsecolo (da papa Liberio, 325-366), da effettuarsi dinorma nei tre giorni precedenti la festa dell’Ascensione(“litanie maggiori”) e il 25 aprile intitolata a San Marco(“litanie minori”); queste ultime, attribuite a SanMamerto (V secolo), vescovo di Vienne (Francia), e isti-tuite in seguito a parecchie calamità, alla fine del VIsecolo, con il papato di Gregorio Magno, furono istitu-zionalizzate definitivamente; si ricordi, inoltre, cheproprio tale papa si era espresso, scrivendo ad Agostinodi Canterbury, sul riutilizzo dei templi pagani: “sidistruggano il meno possibile i templi pagani; vannodistrutti soltanto gli idoli contenuti. Se gli edifici sonodi buona fattura, li si purifichi dal maligno e li si adattial culto del vero Dio, costruendovi altari e ponendovi lereliquie dei martiri. Non si devono cambiare le lorousanze dei giorni di festa. Poiché queste popolazionisono solite sacrificare buoi al demonio, nell’anniversariodella dedicazione e nelle feste dei martiri le cui reliquieriposano nella chiesa, festeggino pure con pasti religiosi:i sacrifici animali divengano una forma di lode a Dio; Loringrazino per i suoi benefici uccidendo buoi e man-giando le loro carni. Se consentiamo tale gioia esterna,sarà più facile portarli a fare esperienza della gioia inte-riore. Non è a balzi che si scalano le montagne, ma apiccoli passi” (Gregorio Magno, Lettere, XI, 56, 18 luglio601). A proposito della festa della Candelora, continua-zione della “consuetudine erronea” romana, anche Jacopoda Varagine ricordava (Legenda aurea, XXXVII): “Mapoiché è difficile abbandonare ciò che è abituale, i cri-stiani che erano stati convertiti avevano avuto grandidifficoltà a dimenticare le usanze pagane, e per questopapa Sergio mutò quella consuetudine in meglio, nelsenso che i cristiani ogni anno in onore della santa madredel Signore in quel giorno illuminavano tutto il mondocon candele accese e ceri benedetti, di modo che restassela solennità, ma cambiasse il significato e l’intenzione”.Sulle rogazioni in alcuni paesi in Valcamonica si rimandaa COMINELLI, GIORGI, LENTINI, MERLIN 2006.(38) Il 14 aprile 1760 venivano saldati i conti di “L.120:12” per risarcimento dei beni “verso la Madonna delPonte”, di Zaccaria Cattaneo e di Franco, fratello defunto,per l’allargamento della strada Valleriana effettuato nel1757 (Fondamenti per li scarichi di Bartolomeo Vielmi; RP:b. 90, reg. 1, f. 20); si vedano anche i manoscritti nellaConvenzione per il compimento della strada vallariana,stipulata con i capimastri Gerolamo Cattaneo e FrancescoPeduzzi, 1756-1760 (RP: b. 146, fasc. 1).(39) “In anteriori parte aperta”, riscontra la visita pastoraledi B. Tarugi, nel 1580, per conto di C. Borromeo

Nella seconda metà del XVIII secolo, era statoverosimilmente modificato anche l’ingresso del-l’edicola, a seguito dell’allargamento della sedestradale38: originariamente posto nella parete difronte all’altare39, venne spostato sul lato a

ovest, per la ingombrante presenza della stradache passava a nord dell’edificio, compiendo unripido e brusco ripiegamento per innestarsi allatesta del ponte, e che era rimasta pressochéinvariata fino verso il 186640, insinuandosi nel-l’esigua striscia di terra compresa tra la spondasinistra del fiume e la facciata della cappella; suprogetto di Carlo Celeri era stata proposta, findal 183741, una variante alla precedente viad’accesso al paese che, fino ad allora, lambivail corso dell’Oglio e passava per le contradeFollo e Orsino, insinuandosi tra i piedi dellacollina del castello e il “corno”, sboccando nellecontrade Calchera e Pelabrocco, attraverso unnuovo percorso “sulla costiera coltiva” a monte,che sembrava potesse anche prevederel’abbattimento o il ridimensionamento dellachiesa di Santa Maria che, di fatto, nonavvenne42 (Figg. 3-4).Nella parte superiore all’esterno della cappellasono visibili ancora, sebbene danneggiati, alcunigraffiti incisi nella preparazione a calce dell’ar-riccio e resti di un graffito su intonaco finito43,

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che appaiono un intenzionale lusus e una firmadelle maestranze che conoscono la scrittura epi-grafica e risultano colte e legate all’ambito cul-turale francescano: sulla parete a nord-est visono motivi a losanga (simili a quelli cheappaiono nell’arriccio affiorato nella lunettainterna), una complessa decorazione di rose asei petali di cerchi concentrici a compasso (forsecon richiamo al “giardino di rose” o all’hortusconclusus), una grande “rosa a sei petali”,inscritta in cerchio e realizzata a compasso(potrebbe fare riferimento all’appellativo rosamystica), un monte con quindici globi sovrap-posti (simbolo della consacrazione mariana aDio44, impiegato in seguito per designare ancheil “monte di pietà”45) con un “sole raggiato”(congiunzione dell’umano con il divino,emblema di Cristo), altra rosa a sei petaliaccanto a un uccello che si nutre dei frutti diun serto di un albero che cresce sulla sponda diun ruscello a motivi ondulati (che forse richiamala pienezza di grazia: si concluderebbe la seriedei simboli più autentici di Maria, della Virgo,dell’Immacolata Concezione46); nel lato a nord

53, che ringrazio per le preziose indicazioni.(44) Cfr. Jacopo da Varagine, Legenda aurea, CXXXI.(45) Cfr. FERRI 1989, pp. 262-266 e fig. 134, pp. 281-283.(46) Rimando anche alla lettura antropologica di MAGLI1997, pp. 14, 97-102, 138, 149-150, in cui ricorda “il

(48) La scritta, che si trascrive integralmente per la primavolta (già in parte conosciuta da FERRI 1983, p. 118,nota 8, ripreso in FERRI 1989, p. 292, nota 8), è stataintegrata, in parte, con l’ausilio delle immagini d’archivio(AP Breno) e di quelle pubblicate in CANEVALI 1910;PUTELLI 1910, p. 5; FERRI 1989, p. 141.(49) Nel Settecento furono eseguiti alcuni lavori dimanutenzione alla chiesa, al “casel” e alla “santela”, comerisulta dalle note di conti per interventi strutturali enelle coperture (RP: b. 109, fasc. 1).(50) Rimando a GIORGI 2004e, pp. 204, 417, note640-641 (in cui, nonostante le indicazioni fornite dalloscrivente, il curatore ha voluto porre l’errata denomina-zione “Tempietto della Minerva”), in cui veniva chiara-mente indicato che il medaglione con Madonna colBambino e San Giovannino era una copia dell’opera di M.Buonarroti, cui era stata sottoposta la falsa epigrafe dedi-catoria, frutto di un tentativo mistificatorio: “A Breno iltempio pagano di Minerva nel 431 viene dedicato a

lunghissimo itinerario mariano che ha visto aggiungerenomi a nomi, aggettivi ad aggettivi, attributi ad attributi,tutti quanti che diventano essenze e personificazioni,rappresentabili e riconoscibili in immagini concrete,materiali”.(47) Indicate da FERRI 1983, p. 118, nota 13, ripresoin FERRI 1989, pp. 281, 293, n. 13, fig. 141.

resti di arriccio a triangoli campiti da motivi ser-pentiformi, un cartiglio rettangolare cui ne è sot-toposto uno triangolare, con la scritta “1522 /die / 2 set(em)b(ris)”, e motivi polilobati, in cuinon individuerei forzatamente “le tavole dellalegge ebraica capovolte”47, che comunquesarebbero presenti in posizione regolare anchein altro graffito accanto, piuttosto un probabileaccenno al simbolo della turris davidica e dellaturris eburnea; le incisioni nel prospetto a sud-ovest sembrano, invece, effettuate, al di sopradi altra preparazione ad arriccio a striature tra-sversali e a losanga, in un sottile strato diintonaco a sabbia fine e per questo motivo sipuò ipotizzare che dovessero rimanere visibilia opera finita: la raffigurazione del monte, com-posto da quindici semiglobi sovrapposti dallasommità dei quali si diparte un’asta con unsole raggiato (in alto) con accanto “1522 A d ...efe(c)erat / de fo(n)tanell.”, scritta di difficoltosalettura, incisa con tratto superficiale a punte-ruolo in onciale (in alto a sinistra), e altre inci-sioni non leggibili; ormai perduto il mono-

gramma di San Bernardino con croce (inscrittonel semiglobo in basso a sinistra), che riconduceinequivocabilmente all’ambito francescano; inbasso l’iscrizione, incisa a punteruolo con ductussicuro tra due linee guida, “[15]22 M(AGISTE)RM(A)RTINVS f(ilius) q(uondam) M(AGIST)RIDANIELIS DE FO(N)TA[NEL(L)A]”48, che siriferisce chiaramente al capomastro che eseguìl’opera, tale “mastro Martino figlio del fu mastroDaniele da Fontanella” nel Bergamasco49 (Figg.5-8).All’interno, dopo la restituzione50, sono riaf-

Fig. 3. Cappella dell’Annunciazione di Maria alPonte, nel 1910 (da CANEVALI 1912).

Fig. 4. Cappella dell’Annunciazione di Maria al Ponte, lavori di sbancamento della massicciata della vecchiasede stradale che lambiva l’edificio, nel 1968 (da [ANONIMO] 1968).

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fiorati gli affreschi, tra i quali l’Annunciazione,

Maria Madre di Dio, in occasione del concilio di Efeso.[...] Si è potuto anche recuperare il medaglione romanodella Dea Minerva [...] e nello stesso tempietto ricol-locato, riconsacrandolo alla Madonna Sede dellaSapienza” ([BONOMELLI] 1983, pp. 6, 14; cfr. anche[BONOMELLI] 1982, p. 19 e [BONOMELLI] 1984,p. 14, che diedero luogo a una serie di equivoci che si trat-tasse, erroneamente, della raffigurazione della dea romana,ripresi da FONTANA 1984, p. 60, da TESEI 1987, p.24, da ROSSI 1987, pp. 49-50, e da ultimo anche daCENTINI 2001, p. 17, che ipotizza una “persistenzacultuale” non opportuna, visto che si tratta chiaramentedi rifondazione, come è già ben chiaro a GUERRINI1937, p. 17, per Manerbio). Forse chi fece porre la falsaepigrafe conosceva l’episodio, raccontato da GiacintoTenchini, utilizzato da BIEMMI 1748-1749, I, pp. 138-143 e riportato da GUERRINI 1937, pp. 13-16, sulladistruzione di alcuni ritrovamenti romani durante i lavoridi costruzione della nuova chiesa parrocchiale diManerbio nel 1715 (riferimento anche in Carta archeo-logica Provincia di Brescia 1991, pp. 137-138, n. 995).Non vi è alcun dubbio che l’opera appartenga a quellaserie di operazioni perpetuate a più riprese in ambitoparrocchiale: l’iscrizione posta, nel 1973, nell’edicola diSant’Apollonia, vicino alla chiesetta di San ValentinoMartire, e ora levata (cfr. [BONOMELLI] 1974); ilfonte battesimale detto proveniente da Rogno e la colonna

(52) Secondo PUTELLI 1920, p. 33, gli affreschi (chesostiene raffigurassero, nelle pareti, episodi della vita diGesù Bambino) erano menzionati in una non ben spe-cificata relazione del 1578, che comunque non è il reso-conto della visita pastorale di G. Celeri, delegato vescoviledi Domenico Bollani (31 agosto 1578) (AVBS: Visitepastorali, reg. 8 ter).(53) Cfr. BIZZOTTO 2004.(54) PUTELLI 1909a, pp. 7-15, ripresa anche inPUTELLI 1909b e cenni in PUTELLI 1909c, sulla

“scaligera” fatti porre nel cortile antistante la casa canonica(cfr. [BONOMELLI] 1983, che contiene inoltre unaserie di “inesattezze” storico-artistiche); il finto strappod’affresco raffigurante La visita apostolica di Carlo Bor-romeo, fatto eseguire dal restauratore C. Belotti; il cippoposto come altare della chiesa di Sant’Antonio Abate diBreno (cfr. GIORGI 2004b, pp. 145, 403, nota 358); lacostruzione ex novo della cuspide del campanile e la tito-lazione di “pieve” alla chiesa di San Maurizio e com-pagni martiri a Breno; la documentazione dell’esecu-zione del Compianto di Cristo di B. Simoni, per commis-sione della famiglia Griffi (cfr. GIORGI 2004a, p. 386,nota 79).(51) Cfr. BIZZOTTO 2004.

coevo alla costruzione della cappella (di cuipare riprendere vagamente il colonnato), nellanicchia sopra l’altare; altre opere sono da datareal la f ine del Cinquecento: nella voltal’Incoronazione di Maria (e non l’Assunzione,come detto da Bizzotto51) in uno slargo da unafinta balaustra con cornici dipinte che inqua-drano i tre oculi e un paesaggio stilizzato; neiquattro peducci della cupola i Padri della Chiesaoccidentale, in monocromo entro finte cornicisagomate in finta arenaria rossa; nelle lunette laFuga in Egitto (a destra), la Visitazione di Maria

a Elisabetta (sopra l’altare) e altri due soggettioggi illeggibili (forse, a sinistra, una Madonnadella consolazione con i fedeli attorno e, sopral’ingresso, il Sogno di San Giuseppe)52; nellepareti tracce di figure di sei Santi (e non soloquattro, come ricordato da Bizzotto53):Giacomo e altro non più identificabile (nei latia sinistra e a destra della nicchia d’altare), Pietroapostolo e Valentino (nella parete a sinistra),Paolo apostolo e Gaetano di Thiene (nella paretea destra) (Figg. 9-11).Una complessa disputa in merito all’origine enatura della cappelletta sul ciglio della strada afianco della chiesa, che raggiunse anche puntedi tensione, fu intrapresa tra Romolo Putelli eFortunato Canevali: Putelli54 inizialmente

Figg. 5-8. Cappella dell’Annunciazione di Maria al Ponte, graffiti incisi nell’intonaco all’esterno (foto autore).

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riteneva che la struttura fosse romana e che“era essa prima un fano dedicato alla dea dellasapienza che diede il nome anche al ponte edal gruppo di case vicino - Manerbio o Manerbeè stroppiatura di Minerva”55; Canevali56

rispondeva con delle osservazioni che lo stiledella cappella è “del secolo XVI”, e quindi “nonassolutamente d’epoca romana”; rispose Putelli57

con un intervento dettagliato in cui precisava,rammaricato, i termini della sua posizione:ammetteva che lo stile delle parti decorativedell’edificio è del secolo XVI, ma riprendeval’impostazione e i moduli compositivi classici,ipotizzando la sua ricostruzione su base di unedificio romano, ribadendo che era “da tuttiammesso che Manerbe, Minerve, Manerve,Manerbio e simili vocaboli” derivavano “quicome altrove, da Minerva, attestando inembrione che nei luoghi così designati vi fuqualche culto dell’antica dea della sapienza,figlia [...] mentale di Giove”58; e ancora nel

scorta di BRUNELLI 1698, p. 29, di RIZZI 1870, p.129, di ROSA 1874, p. 36.(55) Prosegue: “Impossibile dire, quando precisamenteavvenne la [...] conversione del tempietto minervino incappella sacra alla Vergine Maria; ma forse ciò accaddenel IV secolo [...]”.(56) CANEVALI 1910, cui si rimanda per le immagini.(57) PUTELLI 1910.(58) Continua: “La tradizione costante tramandata sinoad oggi attesta che un fano di Minerva esisteva in rivaall’Oglio là ove oggi è la cappella della B.V.M. [...] Tutti

la data graffita nell’intonaco della cappella dell’Annun-ciazione (parete frontale in alto), ancora leggibile.PUTELLI 1920, p. 16, errando, ricorda inoltre che taledatazione, proposta dall’Elenco degli Edifici Monumentali1917 per i colonnati, le cornici e la porta del tempietto,era già stata rilevata dallo stesso (PUTELLI 1909a, pp.7-15; PUTELLI 1909b) e da CANEVALI 1912, p. 100,come 1545 e poteva essere proposta solo per il portale

gli storici narrano poi che sul fiume, innanzi al fanominervino, era un ponte ligneo antico [...] e narranoche il santo guerriero camuno Obizio di Niardo mossoda pietà religiosa e da carità verso il prossimo fece a suespese rifare il vecchio e fatiscente ponte [...]”.(59) PUTELLI 1920, p. 16.(60) L’elenco ministeriale datava il tempietto dedicato aMaria Vergine al 1525, probabilmente avendo rilevato

192059, proponendo delle aggiunte all’Elencodegli Edifici Monumentali del 191760, ricordava

che “non avrebbe guastato poi accennare all’an-tichissima tradizione che dice questa cappella

Fig. 9. Cappella dell’Annunciazione di Maria al Ponte, affreschi sulle pareti e sulla volta, nel 1920 (foto S.Vielmi, da PUTELLI 1920).

Fig. 10. Cappella dell’Annunciazione di Maria alPonte, affreschi sulla volta, stato attuale (foto autore).

Fig. 11. Cappella dell’Annunciazione di Maria al Ponte, affresco con l’Annunciazione nella nicchia sopra l’altare,stato attuale (foto autore).

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succedanea di un fano a Minerva di cui resta ilnome al gruppo di case ed al ponte vicino”61.Nella chiesa della Natività di Maria al Ponte,costruita a partire dal 1545 e presumibilmenteterminata dopo il 1590, furono fatti dipingerei cicli di affreschi che raffigurano gli episodicanonici e le festività istituzionali legati aMaria62: la Natività di Maria, la Visita a Elisa-betta , che implicitamente dichiaral’Annunciazione, la Purificazione di Maria, cheviene assorbita nella Presentazione di Gesù altempio, l’Assunzione al cielo e l’Incoronazione;verso il 1593 venne anche fatta eseguire daTommaso Bona (Brescia, 1548-1614) la paladell’altare principale con la Natività di Maria,con una scena quasi totalmente agita in ambitofemminile63. Nel corso del XVIII secolo i cultivenerati nella chiesa videro un’estensione versoil tema della protezione dall’acqua e nel com-pletamento della devozione mariana, in occa-sione dell’erezione degli altari laterali: quello,posto a sinistra, dedicato a San GiovanniNepomuk64, canonizzato nel 1729, fatto

laterale destro dell’adiacente chiesa di Santa Maria, chein effetti riporta ancora oggi la data incisa.(61) ROSA 1891, p. 92, riporta che “[...] per l’adorazionedi Minerva venne il nome di Manerbe ad alcuni paesilombardi [...]”.(62) Come già indicati da Jacopo da Varagine, Legendaaurea, XXXVII, LI, CXIX, CXXXI.(63) Cfr. GIORGI 2004d, pp. 199, 201, 416, note 622-627. Sui richiami ai ruoli femminili nel periodo dellaControriforma si veda MORETTI 2007.(64) Portato a termine, tra novembre 1736 e giugno1737, probabilmente da Antonio Cattaneo da Canè(documenti in AP Breno: b. 5, reg. Libro di affitti dellachiesa della Madonna del Ponte, in cui viene indicata laspesa di lire 900 “per la fattura nella Fabrica dell’AltareNuovo da dedicarsi al Glorioso S. Giovanni NepomucenoPrete Martire nella chiesa della Beata Vergine Maria alPonte di Manerbio”, iniziato il 12 novembre 1736 e ter-minato il 22 giugno 1737), nella chiesa fu uno deglialtari maggiormente venerati, forse proprio per implorarela benefica protezione del Santo dalle inondazioni (cfr.AP Breno: b. 6, reg. Libro d’amministrazione per la chiesadella B.V.Maria al Ponte di Manerbio di me BartolomeoVielmi Nod(ar)o Presidente per l’Anno 1744). Completa-mente realizzato in stucco bianco, dipinto a finti marmiverdi, rossi e gialli, è composto da un semplice paliottoche regge la mensa su cui poggia un sopralzo che si fondecon il corpo retrostante; l’ancona - che poggia su plintisu cui s’innestano due colonne tortili per lato, con capi-telli compositi, ai lati delle quali sono le due statue degliomonimi San Giovanni Battista (a sinistra) e San Gio-vanni Evangelista (a destra) - presenta una trabeazionea timpano ricurvo spezzato, su cui siedono due angeli eal centro, in una cartella con un fastigio di angeli, un reli-quiario contenente una “particulam ex sacris ossibus sanctiIohannis Nepomuceni”, raffigurata come la lingua del

(67) Il trasporto di legname attraverso le bine, zattere, inValcamonica, documentato già a partire dal XIII secolo(cfr. VALETTI 1976, pp. 16-17, che cita anche dagliStatuta Communis Civitatis Brixiae editi da Odorici nel1876), attestato ancora nel Catasto del Regno lombardo-veneto: Breno, f. 13 (1852-1853) (AC Breno: mappe),dove il fiume Oglio viene descritto “navigabile con solezattere”, verosimilmente continuò fino ai primi anni delNovecento.(68) Giovanni Maria Fiorini, nunzio di Valle “Causaper concessione di traghettare sul fiume Oglio”, 1682(RP: b. 53, fasc. 1).(69) Per indicazioni a riguardo, si veda BERRUTI 1998.(70) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1593 (RP: b. 3,reg. 1, passim).(71) Polizza dei danni causati dalle inondazioni dell’Oglionel 1614 (RP: b. 43, fasc. 11).(72) Cfr. BERRUTI 1998.

Santo; in sommità, fuori dall’arco, un cartiglio retto daputti con chiaro riferimento al martirio del dedicatario:“AQUAE MULTAE / NON POTUERUNT EXTIN-GUERE / CHARITATEM CANT: VIII” (Cantico deicantici, VIII, 7: “Le grandi acque non saprebbero spegnerel’amore [né i fiumi sommergerlo]”).(65) Sant’Anna, patrona delle madri di famiglia, dellevedove, delle partorienti, invocata nei parti difficili econtro la sterilità coniugale, venne venerata a Brenoanche per la protezione dei campi (cfr. GIORGI 2004d,pp. 194, 414, nota 595). Orsola, moglie del dottorLodovico Ballardini di Breno, faceva porre nel 1758 unex voto (trasportato, assieme ad altri di pertinenza dellachiesa mariana, nella chiesa di San Valentino) nella chiesadella Madonna del Ponte Minerva, a ringraziamento diuno scampato pericolo durante il furioso acquazzonecon conseguente inondazione che aveva colpito Malegnoil 27 luglio 1757, dove si trovava con i suoi tre figli e coldomestico, di ritorno dalla festa di Sant’Anna a Paline,e in cui aveva perso beni preziosi (cfr. VIELMI 1911, chetrascrive da un documento di Antonio Maria Franzoni,Narrativa dell’orrida tempesta, ed inondazione da essacagionata nelle comunità d’Ossimo, e di Malegno il di 27luglio 1757; AP Ossimo I.).(66) L’attività di navigazione rimase attiva fino ai primianni del Novecento, o perlomeno fino a quando il fiumenon conobbe gli ingenti prelievi idrici che lo fecerocadere in disuso come via privilegiata di comunicazionee di trasporto: cfr. le ducali del 1465, 1551, 1573 e 1593riguardo alla “Navigatio impedita p(er) traversatamCom(mu)nis Civedati” (RP: reg. 49, ff. 69, 163). In unarelazione di Gregorio Valgolio, parroco di Breno, del1821 (AVBS: Miscellanea parrocchie: Breno), il curatored’anime ricordava che “in occasione anche, o d’infermi,o di morti nelle contrate al di là dell’Oglio, o che bisognapassar l’Oglio col barcotto, o che bisogna servirsi delponte di Manerbio, o di Losine molto più quanto è peri-coloso il fiume per torbidezza o per troppa abbondanzad’acque”.

costruire in seguito al dono di una reliquia delmartire, da parte del frate francescano riformatoMarcellino Tomasetti al presidente della chiesa,don Gherardo Griffi, che la consegnò nellemani dell’altro direttore Giovan Battista Cat-taneo, nel 1737; risalente allo stesso periodo èanche l’altare a destra, dedicato all’Incorona-zione di Maria, in seguito rimaneggiato a piùriprese, dove, probabilmente, erano posizionatele teche contenenti le sacre reliquie “ex velo”della Madonna ed “ex pallio” di San Giuseppee anche frammenti d’ossa dei Santi Gioachinoe Anna65, donate da don Giuseppe Albrici, nel1753.La presenza del fiume, con la sua valenza difonte di vita e nutrimento, via di commercio ecomunicazione66, ma comunque anche dipericolo e di morte, doveva essere certo benconosciuta ai locali, nelle differenti epoche.“Scorre per la Valle Camonica il Fiume Ollio,

quale per longo tratto si rende alli di lei abitantinavigabile non solo per condurre nella correntedell’istesso botti, tavole, legni et altre robbe alLago d’Isé verso il Bresciano e Bergamasco[...]67, ma anco per tragittar in molti luoghi lepersone da una terra all’altra, che si trovan postedi quà e di là dal Fiume stesso longo la Valle.Questa commodità fù sempre goduta da dettihabitanti, quali con navetti, e barche hannosempre mantenuta questa communicatione fràdi loro, necessaria non solo per i negotij vicen-devoli e per la cultura de beni situati nell’op-posta sponda del Fiume, ma anco per la riscos-sione delle pubbliche gravezze, che si pratticanoda pubblici Esattori in quei contorni conmaggior prestezza e facilità, e per l’interventomolte volte à vicini officij, mentre in molteTerre manca il numero de Sacerdoti, onde iPopoli convengono à luoghi più vicini ricorrereper udirli”68. Nel corso della storia erano statefrequenti le esondazioni dell’Oglio che non eraancora stato irreggimentato e da cui non venivaprelevata l’acqua per le attività artigianali69.Nell’estimo comunale del 1593, tra i beni regi-strati che dichiarano già dal nome la loro naturaprecaria di “saletti”, “novali” e “isole”, vengonoanche presentate le detrazioni di “plodiaquinq(ue) pratar(um) quae à flumine olij postproductu(m) devastata fuere”70. Nell’ottobre del1614, per danni da straripamento dell’Oglio, ilComune di Breno, tra i più colpiti della Valle,dichiarava importi per spese previste di “lirevintiuna millia L. 21000:-”71 e altre piene stra-ordinarie si verificarono già nel 1615 e poiancora periodicamente durante tutto il corso delsecolo72. “Si come la maggior parte di benisituati in poco piano di d(et)ta Valle sonno sot-toposti all’impeto et inondaz(io)ne del fiumeOllio che scorre dà un confin’all’altro di quella

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e perciò vengono diffesi e conservati con gros-sissima spesa di Arche et altri ripari quali nonpossono però operar tanto, che non vengono libeni vicini innondati e privi del frutto quandodetto fiume s’ingrossa, per la qual cosa si vedonomolti beni ridotti a gerre e derutati, senza spe-ranza di puoterli più ridurre à coltura”73. Aseguito delle inondazioni avvenute tra il 1757e il 1758, numerosi beni erano stati “divastatie rovinati e distrutti”74: nella stima dei dannilamentati, è presente anche un prato in Spineradi tavole 2; nel 1758 tra i beni “distrutti perl’allagamento delle strade dal Ponte di Minervasin alli confini di Niardo”, risultano anche:“Horto del signor Quartari in Manerbio tavole1 = 6” e “Signori eredi Taboni in Manerbiotavole = 32”75; il 30 settembre 1759, tra i contiche venivano presentati da Paolo Tomaso Pru-denzini, sindaco di Valle Camonica, vi erano lespese e i pagamenti effettuati per vari materialie interventi, per conto della Comunità, “per liadatt(a)m(en)ti e ristauri delle PubblicheStrade”: per “l’aggiustamento ed addattam(en) -to, compreso le condotte a condur via laMuracca nella pubblica Strada principiandodalla Zappata inclusive sin all’Osp(ita)le”, “lafattura accordata della strada Valleriana [...]cioè di spredarla e spianarla e condur via laGera dall’Osp(ita)le sin al Ponte Lanico”,“fattura della costruzione della nova Arca alLanico per ripiegar tal fiume e rimeterlo nelsuo alveo”, “la restaurazione di Campi n. 34di Spalangata alla Zappata”, “per la fattura del-l’ala verso Breno del Ponte Lanico, cioè Strada,Muri, che portano il d(et)to Ponte Lanico, e suepitura di d(ett)ta Strada”, “fattura della strada

(73) Fedi di Tommaso Mercanda per perizie eseguite sulterritorio della Valle in seguito alle inondazioni causatedall’Oglio, 1624-1625 (RP: b. 43, fasc. 3). Per indica-zioni riguardo alle calamità nel territorio bresciano siveda BERRUTI 1998.(74) Una Nota dei beni divastati, e rovinati, e distruti nelCom(un)e e Territorio di Breno p(er) l’inondazioni seguiteli anni: 1757: 1758 (RP: b. 84, fasc. 19) riporta i danniconseguiti all’esondazione di quegli anni, oltre che inaltre località, anche nell’allagamento “delle strade delPonte di Minerva”: “Prato in Spinera distrutto T. 2:-”;“Horto del S(ignor) Quartari in Manerbio T. 1:6”;“S(ignori) Cattanei in Manerbio o Madonna T. 12:-”;“(Campo) S(ignori) Taboni in Manerbio T. -:32”. Altra“escrescenza dell’acque” del fiume Oglio e del torrenteLanico, lamentata dalla comunità di Malegno, eraavvenuta nell’ottobre 1738 (Supplica della Comunità diMalegno, 4 maggio 1639; RP: b. 43, fasc. 13).(75) Danni de beni divastati e rovinati e distrutti nelcomune e teritorio di Breno per innondazioni seguite lianni 1757-1758 (RP: b. 84, fasc. 19).

(78) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1518 (RP: reg. 33,ff. 1r, 13v, 15r, 41v).(79) Il toponimo Spinera rimanda, in maniera evidente,a un roveto e a un luogo incolto: cfr. GNAGA 1937, pp.578-579, che riscontra la località in oggetto “Spineda(Spinéda)” e “Spinera (Spinéra)”, ma si vedano anche“Spina” (“in Spina” e “Contrada delle spine” attestatianche ad Astrio) e “Spino”, e fa derivare il toponimo,quasi certamente, da Spinetum (siepe di rovi). Nell’Estimodi Breno, Pescarzo e Astrio, 1645 (RP: reg. 46, ff. 113v,114v), viene ricordata anche la contigua “contrata deBarberino seu della Mula” al confine col Comune diCividate Camuno. Nella mappa del Catasto del Regno lombardo-veneto: Breno, ff. 13, 23 (1852-1853) (ACBreno: mappe, ma anche ASBS: n. 2280), la località èdenominata “Ca Spinera” e comprende, oltre agli altriterreni che esulano dalla ricerca, anche i mappali nn.1031 e 3635, pertinenti ai terreni del sito archeologico,

(76) Prudenzini. Documenti giustificanti li di lui scarichi,polizza delle spese sostenute da Paolo Tomaso Prudenzini,sindaco di Valle Camonica, per conto della Comunità diValle Camonica, 1757-1762 (RP: b. 43, fasc. 5); altriconti registrano spese per “la strada Valleriana nell’internodi Breno” e altre strade; di rilevanza le somme destinatea Bartolomeo Vielmi come presidente del monte di pietàe della chiesa della Beata Vergine del Ponte, a saldo di“calsina bagnata” e “per giornate e fatture fatte in tempodi festa nell’aggiustam(en)to delle pubbliche strade nel-l’interno di Breno”, il 12 aprile 1760, venivano liquidateanche le somme pagate “alla Fabrica dell’arche sulComune di Breno”. Si veda anche Scoderolo delle entratedella cappellania BVM del Ponte di Minerva di breno1748 fatto da me Bartolomeo Vielmi presidente e Librod’amministrazione per la chiesa della BVMaria al Ponte dimanerbio di me Bartolomeo Vielmi Nod(ar)o Presidente perl’Anno 1744 (AP Breno: b. 6).(77) [ANONIMO] 1882, ripubblicato in BERRUTI1998, p. 133.

dalle Contre sin’a Breno cioè solo nettarla econdur via li sassi” e anche “per altra fattura diStrada a spianarla aggiustarla ed otturare tuttele bucche, cioè del Ponte di Minerva sin’aBreno”76. Ancora nella notte del 15 settembre1882 una grande esondazione portò il fiumeOglio “a lambire la strada Nazionale allagandoquasi tutte le campagne che lo fiancheggiano”,superando “in altezza metà del Ponte dellaMadonna”77 (Fig. 12).

Terreni e proprietà con coerenze ed estensioninella “Contrada di Manerbio” e in “Spineda”tra XVI e XVIII secolo (Figg. 13-14)

151878:Eredi del fu Gasparino di Vione, campo “incontrata de Manerbio”, tavole 60;Antonio fu Lauro Bazoli, campo “in contratade Manerbio”, tenuto dagli eredi di Pietro Tosidi Malegno, a mattino e a mezzogiorno con lastrada, tavole 48;Chiesa di San Maurizio di Breno, campo “inManerbio”, a mattina e a sera col comune,tavole 136;Pietro Federici, prato “in Spineda”79, da unaparte la strada, a sera con Giovanni di Cividate,dall’altra Giovanni Todeschi, tavole 128;

Fig. 12. La famiglia Ferri nei primi anni del Novecento, mentre trasbordava in barca (naét) da una spondaall’altra dell’Oglio a Breno (da [ANONIMO] 1968).

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prato in detta contrada, da un lato “Illorumdella Tuera”80, tavole 120;

al tempo descritti (Regno lombardo-veneto: Catasto eRubrica del catasto; ASBS: nn. 247-248) prato di pertiche21.02 e di pertiche 7.23, ambedue di proprietà dei fra-telli Taboni Giacomo e Giovanni Maria sacerdote.(80) “Tuer (Tùer)” si riscontra anche in GNAGA 1937,p. 615 (ma si vedano anche “Tovere (Tùer)” e “Tovo(Tuf )” a pp. 607-608), che indica anche Tuéra come

lunghissima di marmitte di giganti o pozzi glaciali diogni dimensione”. Si vedano anche BOLDORI 1938;LEMME, PEZZOLI 2003, p. 43.(81) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1575 (RP: reg. 44,ff. 6r, 19r, 78r, 79v, 81v, 82r).(82) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1593 (RP: b. 3,reg. 1, ff. 3v, 4v, 10v, 76r-v, 78r).

speotoponimo di Breno, che, sulla scorta di OLIVIERI1931, viene fatto derivare da tophus o dal tardo latinotufus: tufo (cfr. DU CANGE 1954). Nell’Estimo di Breno,Pescarzo e Astrio, 1645 (RP: reg. 46, f. 127v), viene men-zionata la località “ai Tovi”. Il toponimo è ancora rintrac-ciabile sulla cartografia ufficiale (CTR 1:10000) come“Tueró de Spinera”. BIAZZI, COLFI, PRUDENZINI1905, p. 94: “Vicino al Ponte di Minerva vi sono delletufere interessanti. Vi abbondano stalagmiti o stalagtitied alabastro colorato”; BIAZZI, COLFI 1926, p. 73,aggiungono inoltre “ed in contrada Spinera una serie

prato in detta contrada, da una parte la via,dall’altra “Illorum della Tuera”, a monte “Tovj”,tavole 400;“prata aquisitia ab alijs [...] et per aluviones flu-minis”, tavole ...

157581:Francesco di Simone Tartaino Falocchi, campo“in contrata di Manerbio”, tenuto dagli eredi diRizardo Casari di Malegno “erat fatto furioso”,a mattina e a sera con il corno, tavole 44;Franceschina Ghesina vedova di Antonio Bazoliusufruttuaria, campo “in contrata de Manerbe”,a mattina con il corno, a sera con la spondadell’Oglio, ovvero la via pubblica mediante ilcorno, tavole 87;Oliviero di Geronimo Macagnino Federici,campo “in contrata di Manerbio”, a mattinacon il comune, a sera con la strada e a montecon lo spettabile signor Tosis “phisico” diBienno, tavole 75;Chiesa di San Maurizio di Breno, campo “incontrata di Manerbio”, a mattina e a sera colcomune, tavole 144;Eredi di Gaspare fu Marone Ronchi, prato “inSpineda”, a mattina con il comune e a sera coni signori Federici, tavole 262;Eredi del fu Giulio Federici, prato “in Spineda”,a mattina col viale e con gli eredi di GaspareRonchi, a sera col fiume Oglio, tavole 1072.

159382:Simone Tartaini, campo “in contrata deManerbis”, a mattina con Giuseppe Bazoli,tavole 45;Vincenzo Ronchi fu Giovan Giacomo, campocon piccolo prato “in contrada de Manerbis”,da una parte con il viale e dall’altra con Giu-seppe Bazoli, tavole 87;Oliviero Federici, campo con praticelli “in con-trata de Manerbis”, da un lato col comune, dal-l’altro con la via pubblica, tavole 96;Chiesa di San Maurizio di Breno, un campo “inManerbis post ecclesiam Santae Mariae”, da unlato con Giuseppe Bazoli, dall’altro col comune,tavole 150;Abramo Maria, Battista e suo figlio Ronchi,un prato “in contrata de Spineda”, da una partecol viale, comprese 20 tavole per terreno

Fig. 13. Mappa catastale d’Epoca napoleonica, 1813, chiesa della Natività di Santa Maria al Ponte e località“Follo” (ASBS, autorizzazione n. 4, Prot. n. 663/28.34.01.07(1) del 2 marzo 2009, foto autore).

Fig. 14. Mappa catastale del Regno lombardo-veneto, 1852-1853, Spinera e chiesa della Natività di SantaMaria al Ponte (AC Breno, foto autore).

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comunale affrancato, tavole 282;Aloisio Federici, campo e prato “in contratade Spineda”, da una parte col fiume Oglio e dal-l’altra col viale, tavole 1132.

162683:Simone Tartaini, campo “in Manerbis”, amattina con Giuseppe Bazoli, a sera col comune,tavole 49;Vincenzo Ronchi, campo e in parte prato “incontrada de Manerbis”, a mattina con BattistaPercozini e a sera con il viale, tavole 87;Geronimo fu Oliviero Federici, campo e prato“in Manerbis” a mattina col comune, tavole91;praticello ivi, tavole 5;Chiesa di San Maurizio, campo “in Manerbis”,a sera col comune, tavole ...;Abramo Maria Ronchi, prato “in Spineda”, amattina col viale e a sera col comune, tavole282;Aloisio Federici, campo “in Spinera”, a sera colfiume Oglio, tavole 446;prato ivi, a mattina con lo stesso, tavole 609.

164584:Antonio Tartaini, campo “in contrata diManerbe”, a mattina con Stefano Mozoni, asera col comune, tavole 45;Giovanni Antonio Leoni, prato “in contrata diManerbio”, “sogetto alla decima”, da mattinacon gli eredi di Battistina Ronchi, da sera conil viale, tavole 87;prato “presaglia”85 “in Manerbio”, tavole 9;Eredi di Oliviero fu Geronimo Federici, campo“in Manerbe seu Follo”86, tavole 75;

(83) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1626 (RP: b. 3,reg. 2, ff. 4r, 5r, 15r, 55r, 59r-v).(84) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1645 (RP: reg. 46,ff. 4v, 19v, 23r, 24r, 89r, 142r, 146r, 150r, 153v, 168v,209r, 213r).(85) “Presaglia”: terreno incolto di proprietà comunale,concesso in affitto a un privato.(86) Nell’Extimum vetus Vallis Camonicae quod fuit factumde anno 1492 indictione decima die vero 22 mensisnovembris (RP: b. 77, fasc. 1, f. 6r) risulta già stimato unfollone per il comune di Breno; registrato agli eredi delfu Gasparino di Vione risulta (Estimo di Breno, Pescarzoe Astrio, 1518; RP: reg. 33, f. 1r), tra gli altri, un “Edi-ficium rasici cum fullo” (“aquaeductus fulli” e il possessoalla comunità di Breno, Pescarzo e Astrio di altro mulino“in contrata de Manerbio” si ritrovano anche nell’estimodel 1575, ff. 70v, 77r, 79r, 97v, individuato anche nel-l’estimo del 1593, ff. 3v, 56r-v, 76v, 82v, ancora in quellidel 1626, f. 62v, e del 1645, ff. 141v, 146r, e da ultimoin quello del 1730, ff. 7v, 27r, 63r, 70v, 82v, 118v). Trala fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, la

località adiacente alla chiesa, posta sulla “Strada Regiadetta Valleriana” che portava al paese lambendo la collinadel castello, era denominata “Contrada Follo”, per lapresenza di un follone per i panni, alimentato dal “Riodel Follo” derivato dal fiume Oglio nelle adiacenze della“Contrada Orsino”, di cui si vedono le evidenze carto-grafiche anche nella mappa del Catasto del Regno lom-bardo-veneto: Breno, f. 13 (1852-1853) (AC Breno:mappe). Tra il 1760 e il 1785 risultano mugnai “al Follo”i fratelli Giacomelli.(87) Estimo di Breno, Pescarzo e Astrio, 1730 (RP: reg. 39,ff. 18v, 29v, 31v, 33r, 36r-v, 39r, 62r, 66v, 67v, 70v, 73r,83r, 84r-v, 88r, 92r, 130v, 140r, 164r, 186r).

praticello ivi in tre parti, tavole 5;campo in detta contrada “appresso al Molino”,tavole 277;Eredi di Stefano Gilardi, campo “presaglia” “incontrata di Manerbio”, a mattina e a sera colcomune, tavole 24;campo ivi, a mattina col comune, a sera colviale, tavole 7;incolto “in contrata di Manerbio”, a mattina colcomune, a sera con gli eredi di Oliviero Federici,tavole 140;Chiesa di San Maurizio, campo “in Manerbe”,a mattina con gli eredi del fu Giacomo Gazuoli,a sera il comune, tavole 150;Gasparo e Camillo Ronchi, prato “in Spinera”per la terza parte, a mattina con la via e da seracol comune, tavole 94;Comune di Breno, prato “in Spinera”, a mattinacol comune, da sera ..., tavole 188;Gasparo e Camillo Ronchi, incolto “in Spineraappresso il fiume Olio [sic]”, a mattina colcomune, a sera col fiume Oglio, tavole 47;Eredi di Bernardino Albrici, casa “in contradade Spinera”, campo “in Spinera”, a mattina colviale, a sera col fiume Oglio, tavole 456;prato in detta contrada, a mattina col viale, asera col fiume Oglio, tavole 568;Domenico Sisti, incolto “in Spinera sopra lacasa”, a mattina col comune, a sera col viale,tavole 18;Francesco fu Domenico Girelli, campo “inSpinera”, a mattina col comune, a sera con ilviale, tavole 64.

173087:Eredi del fu Pietro Giacomo Cattaneo, campo“in contrata di Manerbe”, a mattina gli eredi delfu Davide Libraro, a mezzogiorno Lellio Leoni,a sera la chiesa di Santa Maria, a monte glieredi del fu Geronimo Taboni, tavole 25;Lellio Leoni, campo e prato “in contrata diManerbio”, a mattina con gli eredi Cattaneo, asera col comune, tavole 81;

Eredi del fu Geronimo Taboni, casa con molino“in contrata di Manerbio” fatta di nuovo, amattina con la strada, a sera con il praticellodegli stessi;Giovanni fu Geronimo Taboni, campo “in con-trata di Manerbe”, a mattina con gli eredi delfu Davide Libraro, a sera con la chiesa di SantaMaria, tavole 11 1/2;horto “in contrata di Manerbe appresso ilMolino”, a mattina con gli eredi del fu PietroGiacomo Cattaneo, a sera la strada di Valle,tavole 4;praticello “appresso il detto Molino”, a mattinagli stessi per la casa, a sera il fiume Oglio, tavole22;Eredi del fu Giuseppe Bona, campo “in contratadi Manerbe”, a mattina con l’acquedotto delmulino, a sera col fiume Oglio, tavole 200 e 77;Chiesa di San Maurizio, campo “in contratadi Manerbe”, a mattina con Pietro Giacomelli,a sera con la chiesa di Santa Maria, tavole 150;Germano fu Bertolino Vielmi, “ronchello vidatonuovamente fabricato in contrata di Manerbe”,a mattina la chiesa di San Maurizio, a sera ilcomune “scioue la Chiesa della B.V.M. per ilspiasso”, tavole 24;Pietro fu Andrea Giacomelli, campo con casa“in contrata di Manerbe”, “sogetto à livello diL. = alla Chiesa di Santo Giovanni di Pescarzo”,a mattina la stradicciola, a mezzogiorno ilcomune, a sera Lellio Leoni, a monte gli eredidi Raffaele Zerla, tavole 82;prato ivi con le stesse coerenze, tavole 55;incolto “in contrata de Manerbe”, a mattina lastradicciola, a sera lo stesso, tavole 40;Chiesa di Santa Maria, prato paludoso “in con-trata di Manerbe”, da mattina ..., da sera ...,tavole 26;Giovan Maria fu Antonio Facchini detto“Pomo”, campo “in contrata di Manerbe”, amattina con gli eredi del fu Giovanni MariaFacchini, a sera la stradicciola, tavole 33;Eredi del fu Giovan Maria Facchini, campoper metà “in contrata di Manerbe”, a mattinagli eredi del fu Geronimo Taboni, da sera Gio-vanni Maria Facchini detto “Pomo”, tavole 33;Giovan Battista Quartari, orto vitato “in con-trata di Manerbe”, appresso il Molino, a mattinagli eredi Cattaneo, a sera la strada, tavole 11;Eredi del fu Lodovico Rizzieri, prato “in con-trata di Spinera”, a mattina con la strada e a seracon Antonio Sisti, tavole 94;Eredi del fu Pietro Giacomo Cattaneo, prato fal-ciato annualmente una sola volta “in contratadi Spinera”, a mattina col comune, a sera conil fiume Oglio, tavole 43, pesi 4 1/2;Comune di Breno, prato “in contrata di

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Spinera”, a mattina con la strada, da mezzo congli eredi Cattaneo, da sera con Antonio Sisti, damonte con gli eredi del fu Lodovico Rizzieri,oltre tavole 35 “devastate nel cavar li toffi”,tavole 153;incolto “in contrata di Spinera”, tavole 40;Antonio Sisti, casa campestre “in contrata diSpinera”, a mattina con la strada, a sera con lostesso per i campi;campo e vigna “in contrata di Spinera”, amattina con la strada, a sera con il fiume Oglio,tavole 400 e 56;prato ivi, a mattina con la strada, a sera con ilfiume Oglio, tavole 568;ronchello con vite ivi sopra la strada, a mattinacon il corno, ovvero col comune, a sera con lastrada, tavole 18;Pietro Damioli, campo “in contrata di Spinera”,a mattino ..., a sera ..., tavole 64;Bonifacio fu Carlo Vielmi, campo “in contratadi Spinera”, a mattina il comune per mezzo delviale, a sera la strada, tavole 31;Giacomo fu Vincenzo Domenighini, campovitato fatto di nuovo “fatto sopra li deserti” “incontrata di Spinera”, a mattina Battista Homi,a sera la strada, tavole 10.

Il genius loci di un luogo “deputato al sacro”

“Uno spazio sacro trae la propria validità dallapermanenza della ierofania che una volta l’haconsacrato”, sia topica, sia vegetale, sia acqua -tica88: proprio per questo il genius loci89, lospirito della località, individuato inizialmentedai popoli preistorici in un culto femminilenon ben definito, riconvertito poi nel culto diMinerva romana90 e in seguito nella rifonda-zione della devozione cristiana per la casta ma -

(88) ELIADE 1972, pp. 193-221, 287-297, 332, 377-398, cui si rimanda per le indicazioni in merito allecoordinate analitiche antropologiche del fenomeno, inparticolare alle pp. 9-13 e 418 in cui viene chiarito il sensostorico della ierofania, ripreso anche da NORBERG-SCHULZ 2000, pp. 23-42, 45-46. Per la simbologiadell’acqua in relazione alla figura della Madonna sirimanda a FERRARI 2004.(89) Nullus locus sine Genio “Nessun luogo è senza ungenio”: M. Servius Honoratus, In Vergilii Aeneidos com-mentarius, 5, 95. A riguardo si veda anche il notevolesaggio di NORBERG-SCHULZ 2000.(90) Sulle valenze legate alle forze riproduttive dell’uomoe della natura, al paesaggio primordiale e al ciclo agrarioantico, della dea romana, derivate dalla religione etrusca,si veda TORELLI 1994, pp. 335-336. ROSSI 1693, p.184, disquisendo a proposito del genio di Brescia e ditutto il suo territorio, ricorda, “nella grossa terra diManerbio”, l’iscrizione “GENIO LVCI MINERVAE”.

(riscontrata nella mappa del Catasto del Regno lombardo-veneto: Breno, f. 13, del 1852; ASBS: n. 2280) o“Fontane”, probabile zona di frequentazione umana sindal Mesolitico (cfr. Carta archeologica Provincia di Brescia1991, p. 37, n. 183). Ben nota da tempo era anchel’acqua di Onera (cfr. Estimo di Breno, Pescarzo e Astriodel 1575; RP: reg. 44, ff. 22v, 24v, 69r, 71v; viene regi-strata “aqua de Onera” e la “Contrada de Onera seu delfontanì” e ancora “in Onera, seu del fossat al fontanì”),per la quale si rimanda a RONCALLI 1724, pp. 117-121;BRENIGENA 1909; LEMME, PEZZOLI 2003, pp.43-45. La località “Bilone”, poco più sopra, è inoltreconosciuta anche per il ritrovamento della lastra conepigrafe, databile dal II secolo d.C., con dedica al “Soldivinus”, murata nella fiancata a nord della chiesa par-rocchiale di Breno (cfr. ORMANICO 1639, p. 55; Cartaarcheologica Provincia di Brescia 1991, p. 38, n. 185; I.It. 1986, n. 1185 e Suppl. It. 1991, n. 33); per la primavolta si riscontra anche la strana citazione della contiguacontrada brenese “d(e) Gerra sive d(e) Fano” (Estimo diBreno, Pescarzo e Astrio del 1575; RP: reg. 44, f. 75r). Inte-ressante anche la presenza in San Michele a Berzo Infe-riore di un’iscrizione dedicata Fontibus Divinis, del Isecolo d.C. (ORMANICO 1639, pp. 101-102; ROSSI1693, p. 232; Carta archeologica Provincia di Brescia1991, p. 27, n. 90; I. It. 1986, n. 1165). Per le dedica-zioni e i culti in Valcamonica si veda GREGORI 2004,pp. 31-36.

(91) ELIADE 1972, pp. 158-192, propone una sin-golare concatenazione di elementi legati al culto dellaluna, che parrebbero calzare anche per le caratteristiche“notturne” di Minerva e per la sua rielaborazione inambito cristiano: il ciclo del tempo, le acque, la vegeta-zione, la fertilità, la donna e il serpente (tra rigenera-zione e fecondità), la morte, l’iniziazione e il destino.(92) Mi riferisco a una serie di interventi che hannocambiato, a volte radicalmente, la natura paesistica: il pas-saggio della linea ferroviaria nei pressi, realizzato neiprimi anni del Novecento, ha, per alcuni tratti, creato unasorta di barriera tra il luogo sacro e il paesaggio circo-stante; prima dell’intercettazione della sorgente da partedella galleria per il passaggio della variante della StradaStatale n. 42 tra Cividate Camuno e Breno (anni Ottantadel Novecento), le grotte di Spinera avevano continuato,nonostante l’attività estrattiva del tufo, a percolare acquaproveniente dalla soprastante località “Ca’ alla Fontana”

dre di Cristo, “termine fisso d’eterno consiglio”per la richiesta d’intercessio nei mali della vitae nella salvezza dell’anima91, in un certo senso,pervade ancora oggi la terra, la natura e il pae-saggio circostanti, nonostante i cambiamentidovuti all’antropizzazione e forse anche allosconvolgimento del paesaggio92 (Figg. 15-16).

Figg. 15-16. Località Spinera, attorno al 1960 (fondo fotografico S. Magnolini, Regione Lombardia, Archividell’immagine).

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