Il Simorg e le Sette Valli dell'Amore

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IL SIMORE LE SETTE VALLI DELL’AMORE PaoloImperio

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IL SIMOR!E LE SETTE VALLIDELL’AMORE

PaoloImperio

Mausoleo di Attar aNeishabour

(N"sh#b$r) - Iran.Photo: Nasser-sadeghi

L’Upupa, il maestro sufi2, dopo averrisposto all’Uccello, il discepolo3,continua redarguendolo per il non-

senso della sua domanda: “O insensato chesei! Nessuno di coloro che sono entrati in questavia, potrebbe dartene notizia”. Così riportavail poeta mistico persianoFarīd ud-Dīn ‘Attār, nella suaopera Man!eq o!-"ayr.

Abū Hamīd bin Abū BakrIbrāhīm, meglio noto con lopseudonimo da scrittore diFarīd ud-Dīn ‘Attār, loSpeziale, era nato intorno al1145 d.C. a Nīshābūr, una cit-tadina posta a circa 1.250metri nell’odierna provinciadel Razavi Khorasan in Iran,centro urbano che fin dallasua fondazione ha costituitoun vero e proprio avampostodell’iranismo lungo una sortadi frontiera flessibile tra l’al-

topiano iranico e l’Asia centrale. Intorno all’anno mille, con i suoi circa125.000 abitanti, Nīshābūr era tra le primedieci città più popolate al mondo. La suaposizione lungo la Via della Seta, cheallora congiungeva il mercato cinese con

quello mediterraneo attra-verso l’Anatolia, la rendevaparticolarmente ricca e, inquanto snodo carovaniero,importante dal punto divista strategico, oltre checentro cosmopolita per l’in-contro di uomini e religioniprovenienti da tutto ilmondo allora conosciuto. In questa città, ad eccezionedi un viaggio che lo portò avisitare i maestri spiritualidella sua epoca, a Kufa, aMecca, a Damasco, inTurkestan e in India, ‘Attārcontinuò a risiedere, finoalla morte, professando la

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Un Uccello chiese all’Upupa: “O tu che conosci la strada di cuiparli e attraverso cui vuoi condurci! Lungo questa via la vista sioscurerà? Poiché in effetti essa sembra penosissima e lunga!”.

L’Upupa rispose: “Abbiamo da superare sette valli, ed è dopo que-ste valli che si scopre il palazzo del Simor#1. Dopo aver percorso que-sta via, nessuno è tornato in questo mondo. Non si può perciò sape-re quanto essa sia penosissima e lunga. Poiché è così, ora non ti sipuò istruire al suo riguardo, né si può calmare la tua impazienza”.

Attar di Neishabour(N"sh#b$r)

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sua attività di speziale, ereditata dalpadre. Con molta probabilità ‘Attār morìdi morte violenta nell’aprile del 1221d.C., durante il massacro che i conquista-tori Mongoli di Gengis Khan inflisseroalla città di Nīshābūr.Il Man!eq o!-"ayr è la sua opera più famo-sa composta presumibilmente intorno al1177 d.C. in lingua persiana, è conosciu-ta in Occidente dal 1857 poiché edita inpersiano da M. Garcin de Tassy4 e succes-sivamente tradotta dallo stesso con iltitolo Mantic uttaïr ou Le langage des oiseau,poème de philosophie religieuse de Farid uddinAttar5. A prescindere dalle diverse traslitterazio-nei del titolo, vi è la questione della tra-duzione dello stesso, che resta anchemolto diversa da edizione a edizione. Ladizione originale araba, trasmessa al per-siano, di Man!eq o!-"ayr si ritrova nelCorano: “Oh uomini! Ci è stato insegnato ilMan!eq o!-"ayr e ci è stata data parte di tuttele cose. Questa è davvero la Grazia che si mani-festa (Corano: An-Naml, Sura 27 verso 16).Mentre il termine "ayr (Uccello) è piutto-sto chiaro e semmai rimanda a una meta-fora, come vedremo in seguito, il termineMan!eq traduce in arabo il termine logicacome inteso nel greco logikē derivato dalogos, termine utilizzato per la prima voltada Senocrate (Calcedonia, 396 a.C. –Atene, 314 a.C.), discepolo di Platone,con il signifi-cato di ragione,linguaggio eragionamento,anche connes-so allo studiodelle regoleformali che

ogni argomentazione dovrebbe rispetta-re. Da cui si hanno traduzioni in lingueoccidentali come: “Lingua degli Uccelli”,“Linguaggio degli Uccelli”, “Conferenzadegli Uccelli”.

La storia che ‘Attār narra in quest’opera6,trattegiandola con immagini la cui inten-zione è di favorire nel lettore o nell’ascol-tatore, uno stato mentale in cui possaessere possibile fruire le emozioni chepotrebbe trasmettere l’esperienza stessa,qualora venisse intrapresa la via che adessa conduce, è una sorta di mappa delterritorio di un percorso di trasformazio-ne interiore. ‘Attār cerca di rendere con i versi e con lacapacità di evocazione che certe immagi-ni e metafore hanno, le emozioni di cuiprobabilmente lui stesso è stato parteci-pe, lasciando all’adepto, giunto a com-pletare la lettura dell’opera, l’intenzionedi scegliere se voler intraprendere quelsentiero, ed eventualmente percorrerloaffinché in lui si manifesti, lungo quelpercorso, una vera trasformazione inte-riore. Dio non è esterno all’Umano, néall’Universo, ma piuttosto è la totalitàdell’esistenza stessa, e l’esperienza consi-ste nel fondersi in questa totalità. Questa è la dottrina Sufi, spesso osteg-giata, in maniera anche cruenta, dagliesponenti della religione istituzionalizza-

ta, e la fusione èil fatto misticodell’esperienzacontemplativa.A fondamentodi questa dottri-na vi è il concet-to di Unitàdell’Esistenza

(wa$da al-wujūd)affermazione secondola quale non vi è altroche Dio, inteso comeastrazione immate-riale al di là deltempo e dello spazioe manifesta conl’Universo stesso, dacui deriva che:fondersi conl’Universo è unirsi aDio. Questo concetto nondeve essere tuttaviaconfuso con il pan-teismo, poiché lacertezza a fondamen-to di tale dottrinaresta comunquel’Unicità di Dio. L’Uccello, capace dilasciare la terra perinnalzarsi al cielo epoi tornare, è l’imma-gine dell’umano cheè in grado di elevarsiverso percezioni sot-tili, per poi tornarealla terra dove ha leproprie radici. L’Uccello è anchemetafora del pellegrino spirituale cheintraprende la via della conoscenza, “lavia dell’andare e del tornare” attraversomondi infiniti, una via da cui non vi èpiù ritorno una volta intrapresa. Lo sperimentare “l’andare e il tornare”costituisce la via, ma non ne è la metapoiché nel percorrerla il pellegrino spiri-tuale si troverà ad oltrepassare la soglia,

posta di fronte al monte Kāf, dove abita ilSimor#, ad oltrepassare l’ingresso perentrare in un luogo da cui nessuno è maitornato per poterlo descrivere. Soltantoalla fine dell’Opera, infatti, il pellegrinocomprenderà pienamente il Simor#, quan-do cioè dello stormo di uccelli partitonumeroso per l’impresa, ne resterannosoltanto trenta nella contemplazione del-l’unicità di sé.

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Statua di Attar al Mausoleo di Neishabour (N"sh#b$r). XX sec.

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Scrive altrove il poeta: “La prima valle chesi presenta è quella della Ricerca (Talab), quel-la che viene dopo è quella dell’Amore (Ishq), laquale è senza limiti, la terza è quella dellaConoscenza (Ma’refat), la quarta è quella delDistacco (Isteghna), la quinta quelladell’Unità (Tohid), la sesta quella delloStupore (Hizat), la settima infine, quella dellaPovertà (Faqr) e dell’Annientamento (Fanā’),valle al di là della quale non si può avanzare.Ti sentirai attratto, ma tuttavia non potrai con-tinuare verso quella direzione; allora, una solagoccia d’acqua sarà per te come un oceano”.

Poiché nessuno è mai tornato da quelluogo per parlarne, il poeta è in grado ditratteggiarne il percorso fin sulla soglia,non oltre. La vividezza delle immaginidescritte, attraverso cui si è in gradoquasi di percepire le emozioni che divalle in valle scaturiscono in chi legge oascolta quei versi, fanno pensare che ilPoeta stia parlando di un’esperienza dalui stesso vissuta, almeno fin sul limitaredi quella sconfinata dimensione, sogliadi cui deve aver avvertito il limite oltre-passato il quale non vi è più ritorno. Di Farīd ud-Dīn ‘Attār scrisse un altrogrande poeta mistico dell’epoca, Jalāl al-Dīn Rūmī (1207-1273), fondatore dellaconfraternita sufi dei ‘dervisci rotanti’(Mevlevi): “ ‘Attār ha vagato attraverso le settecittà dell’Amore, mentre noi abbiamo appenaimboccato la prima delle strade che ad esse con-ducono”7. Le sette città dell’Amore di cuiparla Rūmī, sono per ‘Attār, che usa unametafora diversa ma analoga, le settevalli dell’Amore, di cui scrive nellaseconda parte della sua opera.

- La Valle della Ricerca (Talab). “Appenaentrato nella prima valle, quella dellaRicerca, cento pene ti assaliranno senzasosta. In questo luogo dovrai sostenerecento prove a ogni istante. In questa valledovrai passare diversi anni, fare penosisforzi e cambiare di stato. Dovrai abban-donare le tue ricchezze e tutto ciò chepossiedi. Dovrai entrare in un mare disangue rinunciando a tutto, e quandoavrai la certezza che non possiedi piùniente, ti resterà ancora da distaccare ilcuore da tutto ciò che esiste. Quando iltuo cuore sarà così salvato dalla perdizio-ne, vedrai brillare la pura luce della mae-stà divina e, quando essa si manifesteràallo spirito, il tuo desiderio si moltipli-cherà all’infinito. Sulla strada del viag-giatore spirituale ci saranno allora ilfuoco e mille nuove valli da attraversare,le une più penose delle altre. Allora ilviaggiatore, muto per il suo amore, s’im-pegnerà come un folle in quelle valli e,come la farfalla, si precipiterà in mezzoalla fiamma. Spinto dal suo delirio, ilViaggiatore in questa valle si abbandone-rà alla Ricerca e ne chiederà una sorsataal suo Coppiere. Quando avrà bevutoqualche goccia di questo Vino, dimenti-cherà i due mondi8. Tuttavia immersonell’oceano dell’immensità, avrà le lab-bra secche e al suo cuore potrà domanda-re solo il segreto dell’eterna Bellezza. Nelsuo desiderio di conoscere questo segre-to, non temerà i dragoni che cercherannodi divorarlo. In quel momento se la fedee l’infedeltà si presentassero a lui, e gliaprissero la porta che lo farebbe giunge-re alla sua meta, le accetterebbe entram-be volentieri. Difatti quando quella portagli sarà aperta, la fede o l’infedeltà non

avranno più senso, poiché dall’altra partenon vi sono né l’una né l’altra”.

- La Valle dell’Amore (Ishq). “Dopo laprima valle, si presenta quelladell’Amore. Per entrarci bisogna immer-gersi completamente nel fuoco, anzi sideve essere fuoco, poiché altrimenti nonci si potrebbe vivere. Il vero amante deveessere uguale al fuoco, bisogna che abbiail viso infiammato e che sia cocente eimpetuoso come il fuoco. Per amare nonbisogna avere un secondo fine, bisognaessere disposti a gettare volentieri nelfuoco cento mondi, non bisogna conosce-re la fede né l’infedeltà, non bisognaavere dubbi né certezze. Lungo questavia non vi è differenza tra il bene e ilmale, con l’Amore non esistono più ilbene né il male. O tu che vivi nell’indif-ferenza! Questo discorso non ti toccherà,tu lo respingi e i tuoi denti non possonoafferrarlo. Colui che agisce lealmentegioca denaro contante, gioca la propriatesta per unirsi al suo Amico. Mentre luiriceverà denaro contante, gli altri siaccontenteranno della promessa per ildomani. Se colui che si impegna nella viaspirituale non si consuma per intero, nonpotrà essere liberato dalla tristezza chel’opprime. Finché ogni essenza non saràradicalmente consumata, non potrai faredel tuo cuore un elettuario di rubino evenderlo. In questa valle l’Amore è rap-presentato dal fuoco e il fumo è la ragio-ne. Quando l’Amore viene, la ragionefugge il più presto possibile. La ragionenon può coabitare con la folliadell’Amore, l’Amore non ha niente a chefare con la ragione umana. Solamente seacquisterai dal mondo invisibile unavista veramente retta potrai conoscere la

fonte dell’Amore misterioso che tiannuncio. L’esistenza dell’Amore è com-pletamente distrutta poco a poco dall’eb-brezza stessa dell’Amore. Se possedessila vista spirituale del mondo invisibile,anche gli atomi del mondo visibile tisarebbero svelati, ma se guardi con l’oc-chio dell’intelligenza umana, non com-prenderai mai l’Amore. Soltanto unuomo provato e libero può avvertire que-sto amore spirituale”.

- La Valle della Conoscenza (Ma’refat).“Dopo la valle di cui ho appena parlato,se ne presenta un’altra quella dellaConoscenza, che non ha inizio né fine.Non c’è nessuno che possa avere un’opi-nione sulla lunghezza della strada chebisogna percorrere attraverso questavalle. Nessuna strada è veramente ugualeall’altra, ma uno è il viaggiatore spiritua-le. L’anima e il corpo, per la perfezione el’indebolimento, sono sempre in progres-so o in decadimento. La strada spiritualesi manifesta inevitabilmente nei limitidelle forze rispettive di ciascuno. Infattisulla strada che percorse Abramo, l’ami-co di Dio, il debole ragno non avrebbepotuto seguire il passo dell’elefante. Ilcammino di ciascun individuo sarà rela-tivo all’eccellenza che avrà potuto acqui-stare, e ciascuno si avvicinerà alla meta inragione della sua disposizione. Se unmoscone volasse con tutta la sua forza,non potrebbe mai eguagliare l’impetuo-sità del vento. Così, poiché non tutti gliuccelli possono volare allo stesso modo,dunque ci sono differenti maniere di per-correre questo spazio. Lì, la conoscenzaspirituale ha diverse facce. Alcuni hannotrovato il mihrab9, altri l’idolo. Quando ilsole della conoscenza brilla sulla volta di

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Pagina tratta dalla sua opera più conosciuta, il Man%iq al-%ayr (Il Verbo degli uccelli).The Metropolitan Museum of Art, NY.

questa strada, che non si può descrivereconvenientemente, ciascuno è rischiaratosecondo il suo merito e nella conoscenzadella verità trova la posizione che gli èassegnata. Quando il mistero dell’essen-za degli esseri gli si mostrerà chiaramen-te, la fornace del mondo diventerà ungiardino di fiori. L’adepto vedrà la man-dorla, benché circondata dalla sua pelli-cola. Non vedrà più sé stesso, scorgerà il

suo Amico. In tutto ciò che vedrà, vedràil Suo volto, in ogni atomo vedrà il tutto,e sotto il velo contemplerà milioni disegreti brillanti come il sole. Ma in que-sta ricerca, per uno che ha potuto scopri-re questi misteri, molti altri si sono per-duti. Bisogna essere perfetti se si vuolesuperare questa strada difficile, e immer-gersi in questo oceano tempestoso.Quando si ha un vero gusto per questi

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Simurg sul portale delNadir Divan-Beghi

Madrasah, Bukhara,Uzbekistan. Photo: Alaexis

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segreti, ad ogni istante si sente nuovoardore di Conoscenza. Si è veramentealterati dal desiderio di penetrare questimisteri, e per giungervi ci si offrirebbemille volte in sacrificio. Quand’ancheraggiungessi con la tua mano il TronoGlorioso, non cessare un istante di pro-nunciare queste parole del gloriosoCorano: “Non c’è niente oltre?”. Immergitinell’oceano della conoscenza, o almenometti sulla tua testa la polvere della stra-da. Quanto a te, che sei addormentato edi cui non ci si può complimentare per lariuscita, sii nel lutto! Se non hai la fortu-na di unirti all’Oggetto del tuo affetto,alzati e almeno porta il lutto dell’assenza.Tu che non hai ancora contemplato labellezza del tuo Amico, cessa di rimanereseduto, alzati e cerca questo segreto. Senon conosci la maniera di rimanernepreso, vergognatene. Fin quando saraicome un asino senza cavezza?”.

- La Valle del Distacco (Isteghna).Continuò l’Upupa: “Viene poi la valledove non vi sono pretese da avere, nésenso spirituale da scoprire. Da questadisposizione dell’anima verso l’indipen-denza, si alza un vento freddo la cui vio-lenza sconvolge in un istante uno spazioimmenso. Allora i sette oceani non sonopiù che un semplice mare d’acqua, i settepianeti una scintilla, i sette cieli un cada-vere, i sette inferni ghiaccio rotto. Allora,senza che se ne possa indovinare la ragio-ne, la formica ha la forza di cento elefan-ti, e cento carrovane periscono nello spa-zio di tempo che impiega la cornacchia ariempire il suo gozzo. Se vedessi unmondo intero bruciato dal fuoco sino alcuore, avresti ancora un sogno da scam-biare con la realtà. Migliaia di anime che

cadono senza sosta dietro a questo ocea-no illimitato, lì sono una leggera e imper-cettibile rugiada. Quand’anche i duemondi fossero a un tratto annientati, nonbisognerebbe negare l’esistenza di unsolo grano di sabbia sulla terra. Se nonrestasse alcuna traccia di uomini né digeni, fai comunque attenzione al segretodella goccia da cui tutto è stato formato.Se tutti i corpi sparissero dalla terra, seneanche un solo pelo degli esseri viventiesistesse più, non bisognerebbe averealcun timore. Se la parte e il tutto fosserocompletamente annientati, sulla facciadella terra non resterebbe un solo fuscel-lo”.

- La Valle dell’Unità (Tohid). Continuòl’Upupa: “In seguito dovrai attraversarela Valle dell’Unità, luogo della privazionedi tutte le cose e della loro unione. Tuttiquelli che in questo deserto sollevano latesta, l’alzano da uno stesso collo.Quantunque tu veda molti individui, inrealtà ce n’è un piccolo numero, anzi cen’è uno solo. Poiché questa quantità dipersone in verità è una persona, essa ècompleta nella sua unità. Ciò che ti sipresenta come un’unità, non è differentedalla moltitudine. Poiché l’Essere cheannuncio è fuori dell’unità e del conto,cessa di sognare l’eternità a priori e aposteriori, e quando queste due entitàsaranno svanite non ne fare più menzio-ne. Infatti, quando tutto ciò che è visibi-le sarà ridotto a nulla e annientato, non cisarà alcuna cosa al mondo degna di atti-rare l’attenzione”.

- La Valle dello Stupore (Hizat). Continuòl’Upupa: “Dopo la Valle dell’Unità, vienequella dello Stupore, dove si è in preda

Tomba di Attar all’internodel Mausoleo di

Neishabour (N"sh#b$r) -Iran. Photo: Nasser-sadeghi

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alla tristezza e ai gemiti. Là i sospiri sonocome spade e ogni soffio è un lamentoamaro. Sono lamenti, dolori e ardore bru-ciante; è contemporaneamente il giorno ela notte. Là, dall’estremità di ogni capel-lo, senza che sia neanche tagliato, si vedecolare sangue. Là c’è il fuoco, e l’uomo neè abbattuto, bruciato e consunto. Nel suostupore l’umano non potrebbe avanzarefino a questo luogo. Rimarrebbe stupe-fatto e si perderebbe in questa strada. Macolui che ha l’unità incisa nel cuore,dimentica tutto e dimentica sé stesso. Segli si chiedesse: ‘sei tu o non sei tu? Haio non hai il sentimento dell’esistenza?Sei nel mezzo o non ci sei? Sei al bordo?Sei visibile o sei nascosto? Sei perituro osei immortale? Sei l’uno o l’altro? O nél’uno né l’altro? Esisti o non esisti?’Risponderebbe: ‘Non ne so niente, loignoro e ignoro me stesso. Sono innamo-rato ma non so di chi, non sono fedele néinfedele. Cosa sono dunque? Ignoroanche il mio amore, ho il cuore contem-poraneamente pieno e vuoto d’Amore’.”.

- La Valle della Povertà (Faqr) edell’Annientamento (Fanā’). Continuòl’Upupa: “Dopo la sesta valle, viene quel-la della Povertà e dell’Annientamento,valle di cui è impossibile fare la descri-zione esatta. L’essenza di questa vallesono l’oblio, il mutismo, la sordità e ildileguamento. Là vedi sparire, con unsolo raggio di sole spirituale, le migliaiadi ombre eterne che ti circondavano.Quando l’oceano dell’immensità agita lesue onde, le figure tracciate sulla suasuperfice non possono sussistere. Lefigure che si vedono su questo oceanonon sono altro che il mondo presente e ilmondo futuro. Chiunque dichiara che

non esistono acquisisce per questo, gran-de merito. Colui il cui cuore si è perdutoin questo oceano, in esso è perduto persempre e vi dimora in riposo. In questomare calmo non trova altra cosa chel’Annientamento. Se mai gli fosse possi-bile tornare da questo annientamento,conoscerebbe la creazione poiché glisarebbero stati svelati molti segreti. Iviaggiatori che hanno sperimentato lastrada spirituale e gli uomini d’azioneche sono entrati nel dominio dell’Amore,si sono smarriti fin dal primo passo, epoiché nessuno di loro ha potuto fare ilsecondo passo, intraprenderla non gli èservito. Poiché tutti si sono perduti findal primo passo, li si può considerarecome appartenenti al regno minerale,benché siano umani. Il legno di aloe e lalegna da ardere, messi al fuoco si riduco-no entrambi in cenere. In effetti sono lastessa cosa, tuttavia le loro qualità sonoben distinte nelle due forme. Un oggettoimmondo, anche se è caduto in un ocea-no di acqua di rose, a causa delle propriequalità resterà nell’avvilimento. Ma seuna cosa pura cade in questo oceano, per-derà la sua esistenza particolare e parteci-perà all’agitazione dei flutti di questooceano, cessando di esistere isolatamen-te”.

Questo lungo viaggio ha bisogno, periniziare, di qualcosa di molto importante,senza cui non vi sarebbe modo di proce-dere e senza il quale il libro di ‘Attār nonavrebbe alcun senso come il poeta stessoscrive: “O tu che sei in marcia lungo la via spi-rituale! Non leggere il mio libro come una pro-duzione poetica o di magia, ma leggilo comeriferito all’amore spirituale, e giudica, con lasola sensazione del tuo amore, ciò che possono

essere i miei cento dolori amorosi. Colui che leg-gerà il mio libro animato da questo amore, lan-cerà verso il bersaglio la freccia della fortuna.Lascia l’astinenza e la volgarità, qui c’è bisognosolo di amore, sì di amore e di rinuncia.Chiunque possiede questo amore non ha per séaltri rimedi che rinunciare alla propria anima.Bisogna che l’umano sulla via spirituale siaalterato, affamato e senza sonno, e talmentealterato da non poter giungere, in tutta l’eterni-tà, ad appagare la propria sete”.

Piccolo lessico de “Le Sette Valli dell’Amore”

Man!eq o!-"ayrRicerca [Talab persiano بلط arabo بلطلا] Amore [Ishq persiano قشع arabo قشعلا] Conoscenza [Ma’refat persiano تفرعم arabo [ةفرعملاDistacco [Isteghna persiano انغتسا arabo [ءانغتسالاUnità [Tohid persiano دیحوت arabo ديحوتلا] Stupore [Hizat persiano تریح arabo ةريحلا] Povertà [Faqr persiano رقف arabo رقفلا] eAnnientamento [Fanā’ persiano انف arabo ءانفلا]

Note

1 Simor# (Persiano), Sēnmurw (Pahlavi), Sīna-Mrū(Pāzand), dall’Avestico mərəγō Saēnō (uccelloSaēna), originariamente indica un rapace, come sipuò dedurre dall’etimologia del Sanscrito śyená.Successivamente, nella letteratura sufi persiana,Simor# viene a indicare un particolare uccellomitico, il Re degli Uccelli che vive sul monte Kāf.L’equivalente Arabo di Simor# è Anqā, si veda adesempio il Kitab ‘Anqā’ maghreb (Il Libro del favo-loso Anqā) composto interamente in prosa rimata(saj’) da Ibn al-’Arabī intorno al 1200 d.C. doveviene esposta la dottrina della Santità (walāyah).2 La metafora dell’Upupa come messaggera porta-trice di verità è nota all’Islàm fin dalle origini, si

veda ad esempio: “Ma l’Upupa non tardò a lungo, siavvicinò e disse: ho appreso la conoscenza di una cosa chenon è compresa e vengo dal Regno di Saba con la verità”(Corano: An-Naml, Sura 27, Verso 22)3 La metafora dell’Uccello come metafora del pel-legrino spirituale è nota all’Isàm fin dalle origini,si veda ad esempio: “Abu Huraira riporta che ilMessaggero di Allah, su di lui sia la pace, ha detto:Entreranno in Paradiso le persone il cui cuore sarà comequello degli uccelli”. (Sahih Muslim, Kitab Al-Jannatwa Sifat Naimiha wa Ahliha’, Libro 40, Hadith6808).4 M. Garcin de Tassy: Mantic Uttaïr, ou le Langage desoiseaux, poème de philosophie religieuse par Farid-UddinAttar, publié en persan par M. Garcin de Tassy, Paris,Impr. impériale, 18575 M. Garcin de Tassy: Mantic uttaïr ou Le langage desoiseau, poème de philosophie religieuse de Farid uddinAttar, trad. du persan par Garcin de Tassy, Paris, Impr.Impériale, 1863.6 Il poema, di tipo masnavi, è costituito da circa4.500 distici, cioè strofe a due versi con rimebaciate alla fine di ciascun emistichio, che tendo-no a esprimere metafore consecutive proprie adevocare stati d’animo particolari nel fruitore. Illettore comprenderà come si sia cercato di svelarepiù che rivelare il contenuto dell’opera, rendendoil senso, di ciò che ci sono sembrate essere lemetafore dell’Autore, attraverso una pallida tra-sposizione di concetti, più che di immagini ingrado di evocare emozioni da concettualizzare.Evidentemente lo spazio e il tempo chedall’Autore ci separano, non possono darci altroche una comprensione che non può tener contodell’effetto lusivo dato dalla sonorità dei versi, nédell’eco e delle assonanze che le profonde radicietimologiche delle parole da lui scelte avrebberopotuto dare al fruitore dell’epoca. Ciò che propo-niamo è dunque la semplice rappresentazioneconcettuale che quei versi, oramai trasformati inprosa, ci sembrano dare, pensando che possaesser colta con la dovuta pazienza da chi ci legge.7 Eugene Fodor, Richard Moore, Peter Sheldon,Fodor’s Iran, Hodder and Stoughton, 1979, p. 277.8 Il Coppiere è una metafora del Maestro che offreal Viaggiatore, il Discepolo, il Vino dellaConoscenza.9 Nicchia collocata all’ingresso di ogni moscheaper indicare la corretta direzione della preghieraverso la Mecca.

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