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IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA): NUOVE ACQUISIZIONI DAGLI SCAVI DELLE CATACOMBE E DELL’AREA SUBDIALE DI CARLO CARLETTI SOCIO EFFETTIVO DONATELLA NUZZO - PAOLA DE SANTIS 1. IL PROGETTO COEMETERIA REQUIRERE 1 In reciproca collaborazione con la Soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia e con la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, nel 2004 il Dipartimento di Studi Classici e cristiani dell’Università degli Studi di Bari avviò un programma di ricerca per una sistematica indagine archeolo- gica degli insediamenti sepolcrali sotterranei e subdiali nell’area di Ponte della Lama a Canosa. In questo sito, che orograficamente si configura come una piccola valle, nel corso di circa cinque secoli (II-VI secolo) si andò sviluppando un vastissimo insediamento sepolcrale, in cui senza solu- zione di continuità si susseguirono, talvolta sincronicamente, diversificate soluzioni insediative e tipologiche: un vero e proprio sistema sepolcrale ‘integrato’, che sembra avesse raggiunto il periodo della sua massima esten- sione e attività, in coerente sintonia e sincronia con il ruolo raggiunto da Canosa come capitale provinciale e come centro diocesano di primaria importanza: ne sono testimonianza – per restare alle sole evidenze archeo- logiche – le superstiti consistenti strutture monumentali di s. Leucio, del battistero di s. Giovanni, dell’imponente e articolato complesso episcopale, Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXIX 2006-2007, pp. 205-290 * Letta nell’Adunanza pubblica del 29 marzo 2007. 1 Il paragrafo 1 è di Carlo Carletti; i paragrafi 2, 4, 5 e 6 di Donatella Nuzzo; il para- grafo 3 di Paola De Santis.

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IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA):

NUOVE ACQUISIZIONI DAGLI SCAVI DELLE CATACOMBE E DELL’AREA SUBDIALE

DI

CARLO CARLETTISOCIO EFFETTIVO

DONATELLA NUZZO - PAOLA DE SANTIS

1. IL PROGETTO COEMETERIA REQUIRERE 1

In reciproca collaborazione con la Soprintendenza ai Beni archeologicidella Puglia e con la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, nel 2004il Dipartimento di Studi Classici e cristiani dell’Università degli Studi diBari avviò un programma di ricerca per una sistematica indagine archeolo-gica degli insediamenti sepolcrali sotterranei e subdiali nell’area di Pontedella Lama a Canosa. In questo sito, che orograficamente si configuracome una piccola valle, nel corso di circa cinque secoli (II-VI secolo) siandò sviluppando un vastissimo insediamento sepolcrale, in cui senza solu-zione di continuità si susseguirono, talvolta sincronicamente, diversificatesoluzioni insediative e tipologiche: un vero e proprio sistema sepolcrale‘integrato’, che sembra avesse raggiunto il periodo della sua massima esten-sione e attività, in coerente sintonia e sincronia con il ruolo raggiunto daCanosa come capitale provinciale e come centro diocesano di primariaimportanza: ne sono testimonianza – per restare alle sole evidenze archeo-logiche – le superstiti consistenti strutture monumentali di s. Leucio, delbattistero di s. Giovanni, dell’imponente e articolato complesso episcopale,

Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., LXXIX 2006-2007, pp. 205-290

* Letta nell’Adunanza pubblica del 29 marzo 2007.1 Il paragrafo 1 è di Carlo Carletti; i paragrafi 2, 4, 5 e 6 di Donatella Nuzzo; il para-

grafo 3 di Paola De Santis.

attribuito al vescovo imprenditore Sabino, recentemente acquisito allaconoscenza storica.

Rievocando liberamente un verso celebre e programmatico di un’i-scrizione damasiana (ED 21, 11: quaeritur inventus colitur, fovet omnia prae-stat), a questo progetto abbiamo voluto attribuire il titolo di Coemeteriarequirere, per significare simbolicamente un impegno di ricerca, non giàfinalizzato come per Damaso alla ricerca di deposizioni martiriali, ma ‘piùprosaicamente’, e senza ‘precomprensioni’, rivolto alla scoperta e alla let-tura di un contenitore-archivio – quale si configura nella sua complessitàun insediamento sepolcrale – che attraverso ‘il trauma’ antropologicodella morte e della memoria (culturale e storica) ad essa connessa, parlacomunque, più o meno esplicitamente, di vita vissuta, dei singoli e dellacollettività.

Le tre campagne di scavo finora realizzate (2004 – 2006) hanno avutocome primario oggetto di interesse il complesso catacombale c.d. di s. Sofia(saggio I) e gli insediamenti sepolcrali ad esso contigui, ipogei (saggio V)e subdiali (saggio III) (fig. 1). Già parzialmente nota fin dagli anni ’50, manon adeguatamente indagata nella sua reale articolazione, la catacomba dis. Sofia, si presentava in pessimo stato di conservazione non soltanto per laselezione del tempo, ma anche per l’ingiuria degli uomini, che in tempi –comunque recentissimi – e modi diversi ne fecero ricettacolo di rifiuti diogni genere: la loro rimozione ha richiesto alla nostra équipe archeologicaun dispendio di energie e di risorse. Più agevole – perché mai prima indi-viduato – anche se molto complesso sul piano tecnico-metodologico, l’ap-proccio al complesso catacombale venuto alla luce nella ultima fase dellacampagna 2006, che peraltro ha riservato elementi di notevole importanzaper la cronologia e la storia dell’intero sepolcreto. Allo stesso modo le in-dagini ‘chirurgiche’ effettuate nel sepolcreto subdiale (saggio III), giàoggetto in passato di scavi non sempre adeguatamente documentati, haconsentito di acquisire nuovi e più concreti dati in relazione alle cronolo-gie e ai rapporti tra le diverse fabbriche funerarie, la cui vita – come pare –sembra esaurirsi alla fine dell’età tardoantica, né sono emersi – almenofinora – elementi che documentino una continuità d’uso nei secoli dell’al-tomedioevo.

I frammenti di ‘verità archeologica’ qui appena accennati trovano nellepagine che seguono adeguati sviluppo e articolazione da parte delle colleghePaola De Santis e Donatella Nuzzo, cui fin dall’inizio è stata affidata laresponsabilità dei cantieri di scavo che si sono succeduti nel triennio 2004 –2006. Con loro hanno operato in qualità di responsabili di saggio G. Disan-tarosa e A. Rocco, ai quali nell’ultima campagna si sono affiancati C. Grisan-

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Fig. 1. Complesso cimiteriale del Ponte della Lama: saggi di scavo

zio, E. Iannetti, D. Lentini e L. Piepoli.2 Nella quotidianità del lavoro di scavo– nel corso di un triennio – si sono alternati circa 200 studenti dei Corsi diLaurea in Scienze dei Beni Culturali e della Scuola di Specializzazione inArchelogia dell’Università di Bari.

Nel corso delle nostre attività abbiamo sempre potuto contare sulla colla-borazione e sull’aiuto dell’amministrazione Comunale di Canosa (e in parti-colare dell’ing. Sabino Germinario), della Fondazione Archeologica Canosinae, soprattutto, della sempre disponibile e paziente collaborazione dell’ispet-trice di zona dott. Marisa Corrente, con la quale abbiamo anche condiviso neirispettivi ruoli i diversi e non sempre lineari momenti, che fatalmente inter-vengono nella conduzione di una impresa complessa, e talvolta insidiosa (nontutto è sempre matematicamente prevedibile), quale è un’indagine di scavo.

Il progetto Coemeteria requirere sarebbe rimasto nella sfera delle ‘buone inten-zioni’ e dell’utopia se non fosse intervenuto l’indispensabile supporto finanzia-rio, generosamente erogato dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra(per il 2004), dal Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi diBari (2004-2005-2006), dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Puglia(2005-2006), dal COFIN PRIN 2004-2006 (Unità di Ricerca del Dipartimento diStudi Classici e Cristiani: La trasformazione del cristianesimo dal I al VII secolo).

Questa prima relazione necessariamente sintetica, che documenta gliaspetti più rilevanti e storicamente significativi di un triennio di lavoro, nonha né vuole avere carattere di esaustività: l’ambito territoriale delle nostreindagini, considerato nella sua complessità estensiva e insediativa, custodisce– soprattutto sottoterra – ancora moltissimo da scoprire e da indagare. Lericerche, per le quali è in preparazione l’edizione integrale, si sono concen-trate particolarmente su alcuni settori del complesso cimiteriale: in primoluogo nella catacomba cd. di Santa Sofia (indagata a partire dal 2004 neinuclei A e C: Saggio I) che, nella fase attuale delle nostre indagini, si pro-pone come l’unica area in cui si sono analizzate quasi completamente le fasidi occupazione funeraria: ciò ha consentito di elaborare una periodizzazionedi massima che inquadra in uno spettro di lungo periodo la vita dei nucleicimiteriali dalla tarda antichità all’età moderna. Nei saggi III e V (avviati nel2006), ad una preliminare asportazione dei livelli di frequentazione post-

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2 Ai responsabili di saggio è stato affidato anche lo studio dei reperti mobili (G. Disan-tarosa: ceramica; A. Rocco: lucerne; E. Iannetti: vetri, ossi e avori; L. Piepoli: monete emetalli; C. Grisanzio: laterizi; V. Polito: intonaci). Alle loro ricerche si devono le indica-zioni presentate, in forma preliminare, in questo contributo. L’elaborazione dell’apparatografico e planimetrico si deve ad A. Rocco, a L. F. Tedeschi e alla società Geotek; si rin-grazia V. Acquafredda per la collaborazione nella redazione dei disegni. Tutte le planime-trie sono orientate in senso nord-sud.

antichi è seguita un’analisi mirata a raccogliere per ora elementi preliminaria una successiva e conseguente indagine esaustiva dei contesti. Le differentimodalità di presentazione dei saggi, evidenti in questo contributo, riflettonoil diverso grado di estensione e di approfondimento nell’analisi stratigrafica.

Dopo una sosta – appunto già prevista per l’anno in corso – è nostra inten-zione riprendere le indagini che, in ragionevole proiezione, fin d’ora sembranoprefigurare l’acquisizione di ulteriori e consistenti dati, probabilmente ancorapiù cospicui e cogenti rispetto a quelli finora venuti alla luce. Basti considerareche, come indicato dalla ricognizione topografica sul terreno e dalle indaginigeofisiche (in particolare le prospezioni geoelettriche), è stato possibile localiz-zare, e parzialmente esplorare, almeno altri quattro insediamenti catacombaliche, come quelli già scavati, si sviluppano nelle viscere della collina. Dal puntodi vista strutturale si presentano in un discreto stato di conservazione: la parzialecolmatura degli ambienti sembra infatti derivare più dal naturale accumulodelle terre meteoriche che non dalla maceria susseguente a frana (talvoltaindotta dai clandestini e non soltanto da essi), come si è potuto costatare nellacatacomba di s. Sofia. Queste condizioni potrebbero consentire indagini piùagevoli e indubbiamente più rapide. Se mai – dis Manibus faventibus – nel corsodei prossimi anni, si riuscisse a riportare alla luce e rendere percorribile tutto ilreticolo delle aree funerarie ipogee che traforano il costone di Ponte dellaLama, si avrebbero tutte le premesse per la creazione di un parco archeologico(e paesaggistico) di grande interesse storico e di non poca suggestione. Ma que-sto progetto, che afferisce alle grandi politiche culturali dello sviluppo del ter-ritorio, va demandato, nella sua progettualità e nella sua realizzazione, alle isti-tuzioni competenti, la Soprintendenza Archeologica della Puglia, l’Ammini-strazione Comunale di Canosa, la Regione Puglia. Esito possibile e comunqueauspicabile: il solo in definitiva che, a conclusione di un’indagine scientifica, dàe lascia il segno di un effettivo e duraturo progresso culturale, che, seppuravviato dagli ‘addetti ai lavori’, non rimane nell’ambito ristretto e talvolta auto-referenziale degli specialisti, ma può estendersi – certo più utilmente – alla frui-zione della collettività. Come dire – nel caso specifico – che dalla realizzazionecompiuta di un progetto scientifico immediatamente finalizzato alla ‘cono-scenza storica’ (Coemeteria requirere), si potrebbe arrivare alla concretezza di unParco Archeologico: quello canosino di ‘Ponte della Lama’.

2. LE ESPLORAZIONI E I PRIMI INTERVENTI NELL’AREA

La presenza di cimiteri cristiani nell’area di Santa Sofia era nota già nellaprima metà del Settecento, come attesta il resoconto della visita ad limina delprevosto Carlo Rosati datata 15 aprile 1744. Nel quadro di un’erudita rico-

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struzione storica di Canosa, che si sofferma in particolare sulle origini cri-stiane della città, Rosati richiama l’esistenza di templa et criptae multae cadave-rum tumulationibus destinatae in immensum protensae ut ex aditibus praeruptis visi-tur, quibus crucis signa affixa, et quibus celebre templum S. Sophiae dicatum superextabat.3 Sono chiari i riferimenti a numerosi e vasti ambienti cimiteriali sot-terranei, di carattere cristiano, e a un edificio sacro dedicato a S. Sofia. Deltemplum S(anctae) Sophiae non possediamo oggi nessun’altra informazione senon l’essere situato genericamente nell’area soprastante le catacombe.4 Conil supporto degli studi agiografici si può ritenere che una chiesa dedicata aS. Sofia a Canosa non dovrebbe essere anteriore all’XI secolo, quando ilcalendario liturgico della Chiesa di Canosa menziona, al 30 settembre, la pas-sio s(an)c(t)e sophie, pistis, elpis et agape filiarum eius.5

Più numerosi invece i riferimenti alle catacombe del Ponte della Lama,note anche al Tortora, che nel 1763 accenna alle famigeratas veteres Catacum-bas in loco, vulgo dicto Amapopoli sitas 6 e al Mola, che qualche decennio piùtardi descrive la necropoli sotterranea nel colle detto oggi Lamapopoli, dove ritro-vansi grandi sotterranei ripieni di ossami ed arche funebri con bellissime tavole mar-moree piene di latine iscrizioni elegantissime, da cui argumentasi esservi ivi tumulatii Canosini dei tempi posteriori.7

Nel 1834, durante la costruzione del ponte sulla strada Canosa-Barletta,« al luogo detto S. Sofia » avvenne la casuale scoperta di « un antico sotterra-neo ». Da una relazione dell’Ispettore de’ Scavi di Antichità Francesco Valen-tini all’Intendente della Provincia di Bari abbiamo la notizia del ritrova-mento delle Catacombe (con) … « molti sepolcri senza lapide, ma con iscri-

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3 Archivio Segreto Vaticano, Congr. Concist., Relat. Dioc., busta 180, p. 10. Cfr. A. SIMONE

CAMPESE, La catacomba, in R. CASSANO (cur.), Principi, imperatori, vescovi. Duemila anni di sto-ria a Canosa (catalogo della mostra), Venezia 1992 [d’ora in poi: Principi], p. 878.

4 Nel corso delle ricerche svolte nell’ambito del progetto di ricerca è stato fatto unospoglio completo di tutto il fascicolo relativo a Canosa conservato presso l’ArchivioSegreto Vaticano (Congr. Concist., Relat. Dioc., busta 180), che contiene il resoconto divisite pastorali compiute nel XVIII secolo e si è potuta constatare l’assenza di qualsiasiriferimento a un edificio sacro dedicato a Santa Sofia nell’ambito delle chiese esistentiall’epoca nella città e nel territorio. Importante la Relatio del Tortora (A. TORTORA, Rela-tio status Sanctae Primatialis Ecclesiae Canusinae, Roma 1763), che menziona le catacombedel Ponte della Lama.

5 M. GIRARDI, Le fonti scritturistiche delle prime recentiones greche della « passio » di S. Sofia eloro influsso sulla redazione metafrastica, in Vetera Christianorum, XX 1983, pp. 47-76; ID., SantaSofia. Le origini del culto e la diffusione in Italia meridionale: in Puglia, in M. GIRARDI (cur.),Gioia. Una città nella storia e civiltà di Puglia, I, Fasano 1986, pp. 151-313.

6 TORTORA, Relatio cit. (nota 4), p. 70.7 E. MOLA, Peregrinazione letteraria per una parte dell’Apulia con la descrizione delle sopravan-

zanti antichità, in Giornale letterario di Napoli, LXXXVIII 1797, pp. 3-17.

zioni a fresco, che appena sono intellegibili perché tutto il sotterraneo èpieno di sottilissima terra intromessasi con le alluvioni. Solo due di essi poteia stento copiare e che in piedi del presente le trascrivo ».8 Si tratta degli epi-taffi dipinti di Acacius e Iuxtus (fig. 2), datati rispettivamente agli anni 519 e520, che hanno permesso di attestare nella prima metà del VI secolo l’usocimiteriale della catacomba canosina.9 Il precario stato di conservazionedegli ambienti e i poderosi interri impedirono lo svolgimento di ricognizioniapprofondite e, nonostante l’interesse suscitato dalla scoperta e la volontàespressa dall’Amministrazione comunale di procedere agli scavi finalizzati inprimo luogo al recupero di Corpi Santi,10 le ricerche non ebbero seguito e si

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8 Bari, Archivio di Stato. Prefettura – Archivio generale. Monumenti e scavi. Busta 3,Fasc. 52, Anno 1832-1834. Lettera scritta a Barletta l’11 marzo 1834. Un resoconto dell’e-splorazione è riportato in M. RUGGIERO, Degli scavi di antichità nelle provincie di terraferma del-l’antico regno di Napoli dal 1743 al 1876, II, Napoli 1888, pp. 531-532.

9 La stessa lettera (cfr. nota precedente) conserva la prima trascrizione attualmentenota delle due iscrizioni (cfr. fig. 2). L’epitaffio di Acacius fu riportato da Bellermanninsieme a una breve descrizione della catacomba da poco scoperta (F. CHR. BELLERMANN,Über die ältesten christlichen Begräbnisstätten und besonders die Katakomben zu Neapel mit ihnenWandgemälden, Hamburg 1839, p. 114; poco dopo, anche il Mommsen pubblicò unarapida notizia del rinvenimento del cimitero e delle due iscrizioni (di Acacius e di Iux-tus), in relazione alle menzioni consolari (TH. MOMMSEN, Iscrizioni messapiche, in Annalidell’Instituto di Corrispondenza Archeologica, XX 1848, p. 64, nt. 1), avendo tratto l’infor-mazione della scoperta da Carlo Bonucci (vd. anche per la diffusione della notizia deirinvenimenti Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica, VI 1834, p. 165). L’iscri-zione di Acacius fu poi edita tra le Inscriptiones Regni Neapolitani Latinae, TH. MOMMSEN

(ed.), Lipsiae 1852 (694, 7206) e successivamente in CIL, IX 410 e add. p. 659. Ulterioriedizioni o commenti in H. DELEHAYE, Sanctus. Essai sur le culte des saints dans l’antiquité,Bruxelles 1927, p. 43 (solo rr. 1-3 da CIL, IX 410); ILCV 4678; C. CARLETTI, Nota bi-bliografica, in Vetera Christianorum, VIII 1971, pp. 173-174; S. PANCIERA, Note in margine alleiscrizioni paleocristiane di Canosa, ibid., XI 1974, pp. 157-159 nr. 2; Le epigrafi romane diCanosa, I, M. CHELOTTI - R. GAETA - V. MORIZIO - M. SILVESTRINI (curr.); II, M. CHELOTTI -V. MORIZIO - M. SILVESTRINI (curr.), Bari 1990 [d’ora in poi: ERC] 69; D. NUZZO, Epigrafiacristiana a Canosa: alcune considerazioni, in L. BERTOLDI LENOCI (cur.), San Sabino. Uomo didialogo e di pace tra Oriente e Occidente. Atti del Convegno di Studi in occasione del XII Centena-rio della translazione del corpo di San Sabino e per i 900 anni di dedicazione della Chiesa Catte-drale di Canosa (Canosa 2001), Trieste 2002, pp. 112-113. Dell’epitaffio di Iuxtus fu ripor-tata in CIL, IX 413 solo la riga finale e in add. p. 659 il testo intero, riproposto da ILCV4676. Riprese successive in PANCIERA, Note in margine, n. 5; ERC 149; NUZZO, Epigrafia cri-stiana a Canosa, pp. 112-113.

10 L’Archivio di Stato di Bari (Prefettura, Archivio generale. Monumenti e scavi, Busta3, Fasc. 60, Anno 1850-1853 “ Canosa: scavi alle catacombe nei pressi di Canosa e rileva-mento degli affreschi esistenti ”) conserva il resoconto di una seduta del Consiglio Comu-nale di Canosa (5 maggio 1850) nella quale si auspicava un intervento di scavo nelle cata-combe da poco scoperte.

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Fig. 2. Trascrizione degli epitaffidi Acacius e di Iuxtus (Bari, Archi-

vio di Stato)

Fig. 3. Disegno per la stradaCanosa-Barletta-Ponte sull’Ofan-to nell’Archivio Storico Comu-

nale (da D’AGNELLI, tavola 2)

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perse la precisa ubicazione del rinvenimento.11 Infatti fino ad oggi non sisono potuti individuare gli ambienti scoperti all’epoca e in cui erano statelette le iscrizioni. Le relazioni a noi note ci informano che la catacomba sor-geva in corrispondenza della strada in costruzione tra Canosa e Barletta, inlocalità Santa Sofia: il percorso viario allora tracciato ci riporta in un’areaubicata più a nord rispetto a quella in corso di indagine e, più precisamente,lungo la retta di collegamento tra la città e il porto di Barletta (fig. 3), e sug-gerisce che la catacomba fosse stata ricavata nel costone di roccia pocodistante dal cimitero moderno.12

Un reale interesse per l’area archeologica del Ponte della Lama si mani-festò nuovamente circa un secolo dopo, quando in seguito all’alluvione delsettembre 1951 venne alla luce la necropoli subdiale romana, della quale siintravidero subito i resti consistenti di mausolei e sarcofagi (fig. 4). Tra leprime strutture emerse, particolare attenzione fu riservata all’ampio edificioabsidato situato nella parte più settentrionale dell’area, subito identificatocon il templum di S. Sofia, del quale evidentemente si conservava la memo-ria.13 Si intrapresero pertanto lavori di scavo organizzati dall’Amministra-zione comunale, che dovevano interessare in particolare questo edificio, maanche il nuovo complesso catacombale venuto alla luce alle spalle dell’aulaabsidata.14

11 Per quanto riguarda gli anni successivi alla scoperta si segnala solo il riferimento diJacobone, il quale, tra i numerosi ritrovamenti sepolcrali di Canosa, segnala la presenzadelle catacombe di Santa Sofia e dell’iscrizione CIL, IX 410 (N. JACOBONE, Un’antica e grandecittà dell’Apulia: Canusium. Ricerche di storia e topografia, Lecce 1925, pp. 211-212).

12 L’ipotesi si ricava dal progetto redatto per la costruzione della strada conservato nel-l’Archivio storico comunale di Canosa: cfr. F. M. D’AGNELLI, L’attività municipale a Canosanell’Ottocento attraverso la lettura dei documenti d’archivio, in L. BERTOLDI LENOCI (cur.), Canosa.Ricerche storiche 2004, Fasano 2005, p. 152 e tavola 2.

13 L’Archivio della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per laPuglia (cartella BA XIII – Canosa n. 19 – Ritrovamenti archeologici) (Bari, Castello Svevo)conserva la documentazione relativa alle indagini svolte nell’area del Ponte della Lama nelperiodo immediatamente successivo l’alluvione del settembre 1951. La maggior parte deidocumenti fu redatta dall’ispettore onorario Nunzio Maddalena, il quale riporta piuttostosistematicamente ma in forma molto sintetica le scoperte che si andavano effettuandonegli anni 1954-1955. La cartella BA XIII – Canosa n. 4 – S. Sofia, che si trova presso lostesso Archivio, conserva, inoltre, una serie di schizzi prospettici e planimetrici anonimi,datati anch’essi nei medesimi anni, che illustrano ulteriormente i lavori compiuti.

14 L’intervento fu distribuito in tre lotti: il primo finalizzato allo « sbancamento gene-rale per porre in luce le strutture residuali del monumento » da svolgere senza la cura diun archeologo, il secondo relativo alla messa in luce del livello pavimentale, curato daldirettore del Museo Provinciale di Bari Michele Gervasio, mentre il terzo con lo scopo diliberare dalla terra le catacombe. Apprendiamo l’organizzazione dei lavori dalla Relazioneillustrativa redatta dall’Ufficio tecnico del Comune di Canosa (16 luglio 1952), conservata

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Le indagini della necropoli subdiale si concentrarono in particolare nel-l’aula absidata e nel settore limitrofo, come dimostrano la scarna documen-tazione grafica relativa all’intervento e le brevi relazioni di scavo: 15 oltre allacd. basilica, vennero alla luce alcune sepolture singole (tomba ad arcosolio,tomba a baldacchino, sarcofagi, tombe a fossa) e piccoli edifici funerari desti-nati a un numero limitato di inumazioni. Il successivo studio della necropoli,condotto da R. Cassano e pubblicato nel 1966 16 (fig. 5), ha comportato un’a-nalisi accurata dei monumenti rinvenuti ed ha permesso di proporre unacronologia dell’occupazione funeraria compresa tra il II secolo d. C. (data-zione del bustum, t. 16) 17 e il V secolo, con la costruzione di una cassa inmuratura all’interno della tomba 7, sulla cui fronte fu dipinta l’iscrizione delpuer cristiano Ilarianus.18

Diverse interpretazioni si sono susseguite dalla scoperta e dalla pubblica-zione dell’ambiente più ampio della necropoli, l’aula longitudinale absidatacd. basilica (fig. 6). Secondo la lettura della Cassano l’edificio sarebbe dainterpretare come un martyrium e da datare nei primi decenni del VI secolo,dopo la fine dell’utilizzo delle strutture funerarie circostanti.19 Secondo l’o-pinione della Falla Castelfranchi l’edificio sarebbe, invece, il risultato di duefasi distinte: la prima del V-VI secolo 20 e la seconda da collegare a una com-mittenza longobarda; la proposta di datazione si fonda sulle cortine murariein listato, che sulla base del confronto con la chiesa beneventana di Santa

presso L’Archivio della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per laPuglia (cartella BA XIII – Canosa n. 19 – Ritrovamenti archeologici).

15 Cfr. nota 13.16 Per la conoscenza della necropoli subdiale è fondamentale lo studio di R. MORENO

CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama a Canosa, in Monumenti Antichi dei Lincei, XLVII1966, pp. 341-428, ripreso e aggiornato poi in R. CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama,in Principi, pp. 867-876.

17 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 405.18 C. CARLETTI, Iscrizione metrica rubro picta da Canosa, in Vetera Christianorum, XVIII 1981,

pp. 173-187; CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), p. 873.19 Cfr. MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 413-428 e

CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), pp. 873-876. Negli studi citati sonocompiutamente esposte l’analisi dettagliata e la proposta di lettura delle fasi costruttivedell’ambiente. Un contributo alla conoscenza del monumento lo dobbiamo anche aC. D’ANGELA, Dall’era costantiniana ai Longobardi, in M. MAZZEI (cur.), La Daunia antica. Dallapreistoria al medioevo, Milano 1984, pp. 349-350.

20 M. FALLA CASTELFRANCHI, Canosa dalle origini cristiane all’invasione saracena (secoli IV-X),in Canosa di Puglia tra Tardoantico e Medioevo, Roma 1981, pp. 25-27 ed EAD., Contributo allaconoscenza dell’edilizia religiosa nella Longobardia meridionale. Canosa longobarda e appendice sullacattedrale, in Quaderni dell’Istituto di Archeologia e Storia antica. Università degli Studi G. D’An-nunzio, Chieti, III 1982-1983, pp. 201-246.

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Sofia, sono riferite all’VIII secolo; ad avvalorare l’ipotesi la presunta dedicadell’edificio a Santa Sofia.21 Di recente è stata avanzata una datazione nellaprima metà del IV secolo.22 Che l’edificio non avesse i caratteri di martyriumche gli erano stati attribuiti fin dalle prime interpretazioni è stato più volteribadito, a partire dalla proposta di Carletti di vedervi una funzione esclusi-vamente funeraria, senza riferimenti a qualche forma cultuale.23

Le prime informazioni relative alla catacomba scoperta agli inizi deglianni Cinquanta provengono da una relazione dell’Ispettore Onorario diCanosa Nunzio Maddalena, che nel 1952 effettuò una serie di perlustrazioninell’area: penetrando in una profonda buca egli si introdusse all’interno diuna galleria con cubicoli, caratterizzata dalla presenza di tombe a loculo e adarcosolio, quasi del tutto riempita da terreno alluvionale.24 La descrizionedettagliata del Maddalena degli ambienti da lui visitati nella prima ricogni-zione sembra ricondurre, con una certa precisione, all’area nel nostro inter-vento di scavo,25 mentre la successiva discesa in un’altra, ma vicina, cavitàlascia supporre che nelle immediate adiacenze possa essere ubicata una gal-leria con loculi attualmente ignota.26

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21 FALLA CASTELFRANCHI, Contributo cit. (nota 20). L’ipotesi è ripresa in A. CAMPIONE, Note sullaVita di Sabino di Canosa: inventio e translatio, in Vetera Christianorum, XXV 1988, pp. 617-639.

22 A. CAMPESE SIMONE, Lo spazio funerario di Lamapopoli o di S. Sofia: cronaca di una ricerca,in L. BERTOLDI LENOCI (cur.), Canosa. Ricerche storiche 2005, Fasano 2006, p. 24.

23 CARLETTI, Iscrizione metrica, cit. (nota 18), pp. 186-187.24 L’Archivio della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la

Puglia (cartella BA XIII – Canosa n. 19 – Ritrovamenti archeologici), conserva la relazionedel sopralluogo compiuto nei primi mesi del 1952 da N. Maddalena.

25 Dal resoconto della perlustrazione sembra che il Maddalena abbia visitato prima l’am-biente A, e che poi, attraverso il cubicolo C1, sia penetrato nella galleria C: « Eravamo nell’am-bulacro delle catacombe; nelle pareti laterali scavate nel tufo vedemmo due ordini e il terzoordine ancora per metà affogato nel terreno alluvionale e d’infiltrazione a forma rettangolare(metri 1,80 per 0,45 per m 0,55) in quasi tutti i loculi notammo ossa umane sparpagliate. I loculisono privi di chiusura e così non esiste alcuna lastra di marmo o embrici di terracotta sui qualii primi cristiani usavano incidere il titulus, cioè il nome del defunto, la data del seppellimentoe spesso qualche augurio o preghiera. Inoltratici non perdendo l’ubicazione della buca d’in-gresso notammo lungo il corridoio delle piccole camere mortuarie (cubicoli) nelle quali v’e-rano due o tre fosse scavate nel suolo sia a destra entrando che a sinistra affiorati gli orli dellefosse dal terreno d’infiltrazione dirimpetto all’ingresso dell’arcosolio, arca scavata in alto quasia toccare la volta con adiacente altra minuscola arca. Alcuni di questi arcosoli hanno traccie dimalta e d’intonaco d’un rosso cinapro. Il corridoio è allacciato e in comunicazione con altri cor-ridoi e non andammo oltre ». Tracce di pittura sono state da noi individuate in un arcosolio(B3a) dell’ambiente B3. Per la descrizione degli ambienti in questione cfr. infra, pp. 219-253.

26 Nello stesso resoconto il Maddalena riferisce: « In successiva discesa da me fatta colproprietario del terreno, da questi guidato in un altro corridoio quasi parallelo al già notoall’incrocio con altro braccio ed al centro ebbi a notare due fosse con terreno scavato e ripor-

Nonostante i progetti, le esplorazioni nella catacomba furono intrapresesolo nel 1962 su iniziativa dell’Università di Bari, condotte da A. Quacqua-relli, nel corso delle quali si individuarono due piani sovrapposti di gallerie,si fornì di essi una prima planimetria e la descrizione di quanto allora visibile.La cronologia del complesso fu collegata a quella di due vescovi canosini:Stercorio del 347 e Memore del 514.27

Un rilievo più dettagliato si deve all’intervento di poco successivo con-dotto da Lavermicocca, il quale ritenne di poter anticipare l’origine del com-plesso catacombale alla metà del III secolo. I lavori da lui condotti nella cata-comba, che comportarono anche limitate operazioni di scavo, consentironola realizzazione di un rilievo più ampio ed accurato (fig. 7) e una descrizionepiù dettagliata degli ambienti.28

Dalla fine degli anni Sessanta la catacomba non era stata oggetto di inter-venti archeologici, né di attività di tutela da parte degli organi competenti.29

Prima dell’avvio delle nostre indagini si era potuta constatare, in seguito aripetute ricognizioni dirette, la situazione di estremo degrado degli ambienticimiteriali subdiali e ipogei, ricoperti da vegetazione e ingombri di maceriee rifiuti, non adeguatamente protetti ed esposti ad intrusioni e saccheggi. Losviluppo interno delle gallerie catacombali al momento dell’avvio dello scavonon era verificabile, a causa del poderoso interro che occupava almeno l’in-gresso agli ambienti ipogei.

3. GLI IPOGEI C E A

Le indagini 30 hanno permesso di elaborare una periodizzazione delleattività insediative articolata sostanzialmente in tre momenti: impianto e

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tato agli orli frammisto a pezzi di tufo e di malta ed ossa, lo stesso mi raccontò: che presodalla febbre del tesoro due o tre anni fa ebbe a fare tale buca, ma … dopo tanta fatica nonebbe che a rinvenire ossa umane e pezzi di lastroni di terracotta privi di incisioni o scritte,tanto lavoro per conoscere che gli ordini dei loculi in quel punto erano ben cinque ».

27 A. QUACQUARELLI, Note sulle origini cristiane di Canosa di Puglia. S. Leucio e la catacombainedita di S. Sofia, in Atti del VI Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana (Ravenna1962), Roma 1963, pp. 5-31.

28 G. LAVERMICOCCA, Recente esplorazione nella catacomba detta di S. Sofia a Canosa, in Annalidella Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Bari, XIV 1969, pp. 169-204.

29 Da segnalare, in merito agli ambienti in questione, solo gli studi di CampeseSimone, che hanno evidenziato la presenza di diversi nuclei cimiteriali indipendenti nel-l’ambito di quello che era precedentemente ritenuto un complesso unitario: vd. A. CAM-PESE SIMONE, I cimiteri tardoantichi e altomedievali della Puglia settentrionale, Valle del basso Ofanto,Tavoliere, Gargano, Città del Vaticano 2003, pp. 66-73 (con bibliografia precedente).

30 Le campagne di scavo si sono concentrate su alcuni settori del complesso catacom-bale (cfr. figg. 7 e 8); in particolare nei vani A e A1 le indagini sono state completate ad

220 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 7. Nuclei cimiteriali A-E (rielaborazione da LAVERMICOCCA, tav. 1; in sovrapposizione l’area oggetto degli interventi 2004-06)

occupazione funeraria degli ipogei A e C, interruzione della loro utilizza-zione cimiteriale e conseguente abbandono. I due insediamenti ipogei pre-sentano evidenti differenze sia dal punto di vista planimetrico che insediativoe l’ipogeo C risulta essere realizzato in un momento precedente rispetto all’i-pogeo A (fig. 8).31

Nell’ambito della prima fase insediativa si inseriscono l’impianto deinuclei cimiteriali, e delle relative sepolture, e le prime trasformazioni dellestrutture funerarie in relazione alla loro frequentazione. In un periodo suc-cessivo sono da collocare ulteriori fasi di occupazione funeraria, individuate,per ora, all’interno della galleria C e nel cubicolo C1.

L’ipogeo C, non ancora evidenziato in tutta la sua estensione, è costituitoda una larga galleria, orientata in senso nord-sud, sulla quale si aprono duecubicoli di forma quadrangolare 32 (fig. 9); non è del tutto chiaro l’anda-mento planimetrico dell’ipogeo nel settore nord-occidentale della galleria,non sottoposto ad indagini, dove un’apertura fa supporre l’esistenza di unterzo cubicolo o di una diramazione. L’ingresso, non ancora materialmenteindividuato, è da collocare presso l’estremità meridionale, in corrispondenzadel fronte orientale della collina. Il piano pavimentale risulta scavato rispet-tando una graduale pendenza da sud verso nord, di circa 70 cm, tale da farsupporre che l’ingresso originario si aprisse alle pendici della collina, ad unaquota vicina a quella in cui sono realizzati i monumenti subdiali (cfr. fig. 6).33

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 221

eccezione di una tomba pavimentale intatta (t. 5); nell’ipogeo C non è stato possibile por-tare alla luce l’intera volumetria della galleria a causa di un crollo che oblitera tuttora ilsettore vicino all’ingresso (cfr. infra). Un intervento parziale, limitato all’asportazione delmateriale derivato dai crolli delle volte e delle pareti, ha interessato il settore B dove sonostate messe in evidenza alcune strutture funerarie parzialmente interrate. Il presente con-tributo si configura come una relazione di carattere preliminare e sintetico sugli esiti dellericerche; si rimanda la descrizione dettagliata delle stratigrafie ed ulteriori approfondi-menti all’edizione integrale dello scavo.

31 Cfr. infra pp. 247-248.32 L’ambulacro è caratterizzato da una volta piana e un profilo tendenzialmente retti-

lineo. Lungh. massima visibile 20 m; largh. 2,30-2,40 m; alt. 2,50-3,20 m. I cubicoli non pre-vedevano elementi di chiusura dato che gli ingressi risultano aperti quanto l’intera lar-ghezza dei vani. C1: largh. 3 m, lungh. 4,10 m; C2: largh. 2,80 m, lungh. 3,30 m.

33 La quota s.l.m. del piano pavimentale della galleria nel punto più vicino all’in-gresso è 103,18; all’esterno, nell’area prossima all’ingresso della catacomba, la quota delpiano in cui è realizzato il monumento absidato subdiale è 102,23. Anche sulla base diconfronti soprattutto con altri ipogei di area apula (per es. necropoli Capparelli diSiponto-ipogeo nr. 6, Gargano-grotta Ziculiddi in contrada Stinco; CAMPESE SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 208, 279) è forse possibile ipotizzare l’esistenza diun vano di accesso o di un dromos che introduceva al nucleo cimiteriale come quelliaccertati in corrispondenza dell’ipogeo I e dell’ipogeo G; cfr. infra p. 262 e nt. 204.

Le caratteristiche strutturali di questo nucleo cimiteriale – un unico largoambulacro, in asse con l’accesso e articolato in pochi cubicoli di dimensioni

222 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 8. Complesso catacombale, pianta dei settori indagati con indicazione degli arcosoli

A. CAMPESE SIMONE, Un nuovo sepolcreto paleocristiano nell’area di Lamapopoli a Canosa, inRivista di Archeologia Cristiana, LXIX 1993, p. 121 ipotizza la presenza di un vestiboloanche nell’ipogeo A. Questo tipo di strutture di accesso possono aver svolto anche unruolo funzionale considerando che esse sono previste soprattutto in relazione a ipogeiscavati nella pendenza di una collina dove si rendeva necessario intercettare e scavare ilbanco roccioso su una parete verticale.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 223

Fig. 9. Ipogeo C, pianta della fase più antica di occupazione funeraria; in evidenza le tombe indagate

piuttosto ampie – trovano stringenti confronti con alcune catacombe del-l’Italia centrale e meridionale.34

Il carattere collettivo dell’insediamento, connotato anche da una ten-denza allo sfruttamento intensivo delle singole strutture funerarie, risulta evi-dente. Allo stato attuale delle indagini, infatti, si contano complessivamenteun centinaio di tombe (97) pertinenti alla prima fase funeraria, di cui il 25% risultava completamente intatto. Nelle pareti era stata realizzata una seriedi loculi (66), relativi soprattutto a sepolture di adulti, sovrapposti in pileaffiancate abbastanza regolarmente nella galleria e nel cubicolo C1, isolati edi maggiori dimensioni nel cubicolo C2 35 (fig. 10 e cfr. fig. 14). Da segnalare,nel settore settentrionale della galleria, la presenza di un loculo ‘ribassato’(t. 30) in cui il fondo della nicchia è scavato al di sotto del piano pavimentaleper circa 80 cm.36

224 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

34 Un confronto immediato è riscontrabile con l’ipogeo D del complesso di Pontedella Lama (cfr. infra nt. 202); per altri esempi simili si veda la necropoli Capparelli diSiponto (ipogeo nr. 6), la cd. grotta Ziculiddi in contrada Stinco sul Gargano [CAMPESE

SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 208-211 fig. 170, 279 fig. 255], la catacombacristiana di Venosa-ipogeo A (C. COLAFEMMINA, Apulia cristiana. Venosa. Studi e scoperte, Bari1973, p. 57 pianta V), gli ipogei A e C di Naro (M. R. LA LOMIA, Ricerche archeologiche nel ter-ritorio di Naro (Ag.). Esplorazione e scavo di ipogei paleocristiani in c.da « Canale » e saggio di scavoin contrada « Paradiso », in Kokalos, XXXII 1986, pp. 337-347 figg. 3 e 5). Tutti questi monu-menti si differenziano, però, da quello in esame per la quasi esclusiva presenza di arcosolimonosomi e polisomi scavati nelle pareti. Si confrontino anche nel Lazio gli ipogei di Sor-rina Nova, di Bolsena-Gratte, di Monte della Casetta, di Anagni, di Colle s. Quirico pressoPaliano dove gli ingressi sono aperti sui piani posti alla base dei pendii collinari (V. FIOC-CHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani del Lazio. I. Etruria meridionale, Roma 1988, p. 365 figg. 83,151, 362, 384).

35 Nella galleria sono finora visibili 48 loculi, generalmente organizzati in pile da quat-tro-cinque tombe, 16 nel cubicolo C1 e 2 in C2. In generale i loculi presentano media-mente le seguenti misure: alt. tra 30 e 50 cm; lungh. tra 150 e 200 cm; prof. tra 40 e 60 cm.Da segnalare, accanto al loculo scavato sulla parete di fondo del cubicolo C2, la presenzadi una nicchia per lucerne piuttosto ampia. Il tipo della tomba a loculo, scavata su più pileaffiancate, non è molto diffuso negli insediamenti ipogei apuli [cfr. il cimitero garganicoin località La Salata dove i numerosi loculi sono scavati su pareti all’aperto: CAMPESE SIMONE,I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), p. 214] e, per quanto finora accertabile, anche nel-l’ambito del complesso di Ponte della Lama l’ipogeo C si caratterizza, rispetto alle altrecatacombe conosciute, per la netta prevalenza di loculi.

36 Il loculo, di dimensioni particolarmente ampie (lungh. 166 cm, alt. 70 cm, prof. 80cm), era programmato in funzione di più deposizioni; infatti, ospitava complessivamentecinque inumazioni in connessione anatomica, di cui quattro erano disposte affiancate, sudue livelli sovrapposti. Questo tipo di loculo è attestato, non frequentemente, in alcunicimiteri del suburbio romano (D. NUZZO, Tipologia sepolcrale delle catacombe romane. I cimiteriipogei delle vie Ostiense, Ardeatina e Appia, Oxford 2000, p. 171 e nt. 94) e laziali [FIOCCHI

NICOLAI, I cimiteri paleocristiani cit. (nota 34), p. 373 nt. 1658; V. FIOCCHI NICOLAI ET ALII,

Tutti i loculi scavati nel livello più basso (17%) hanno conservato la chiu-sura costituita per lo più da lastre calcaree e frammenti di laterizi reimpiegatilegati con malta terrosa; 37 nel cubicolo C1 si osservano anche sistemi di chiu-sura più omogenei realizzati con uno strato di rivestimento steso su laterizi.38

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 225

Fig. 10. Ipogeo C, prospetti est (in alto) e ovest (in basso) della galleria C, settore centrale

L’ipogeo di “ Roma vecchia ” al IV miglio della via Latina. Scavi e restauri 1996-1997, in Rivista diArcheologia Cristiana, LXXVI 2000, p. 32 (contributo di V. Fiocchi Nicolai)].

37 Parete est tt. 72, 73; parete ovest tt. 97, 122, 123. La sovrapposizione di alcune chiu-sure (tt. 73, 74) alle coperture delle contigue tombe pavimentali induce a ritenere che que-sti loculi siano stati interessati da episodi di rioccupazione. Tutti gli altri loculi dell’ipogeosono stati rinvenuti sistematicamente spoliati degli elementi di chiusura e dei resti umani.

38 Sei loculi presentano le chiusure ancora a posto (parete ovest tt. 95, 144; parete nordtt. 87, 99, 134; parete sud t. 145); lo strato di preparazione dell’intonaco si conserva in duecasi (tt. 95, 99). Come è noto, rivestimenti di malta e intonaco sulle chiusure dei loculi sonopiuttosto diffusi soprattutto nelle catacombe del Lazio e della Sicilia; vd. per es. s. Alessandrosulla via Nomentana (V. FIOCCHI NICOLAI, Il loculo dipinto di s. Alessandro (Nomentum), in Diecianni di restauro nelle catacombe romane. Bilancio, esperienze e interventi conservativi delle pitture cata-combali, Città del Vaticano 2000, scheda nr. 14); ipogeo di “ Roma vecchia ” [FIOCCHI NICOLAI

ET ALII, L’ipogeo di “ Roma vecchia ” cit. (nota 36), p. 59]; S. Cristina di Bolsena [FIOCCHI NICO-LAI, I cimiteri paleocristiani cit. (nota 34), pp. 156-165 cfr. anche p. 373 nt. 1654). Vd. anche F.

Una chiusura di questo tipo doveva caratterizzare uno dei loculi scavati nelsettore meridionale della galleria a cui è da riferire l’epigrafe, realizzata suintonaco bianco, articolata in più righe, con lettere dipinte in rosso, rinve-nuta nei successivi crolli di alcuni settori della galleria in uno stato altamenteframmentario 39 (fig. 11).

226 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 11. Ipogeo C, iscrizione dipinta crollata (US 256)

BISCONTI, Sulla concezione figurativa dell’« habitat » paradisiaco. A proposito di un affresco romanopoco noto, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXVI 1990, pp. 36-42. Rivestimenti in intonaco sucui viene realizzata un’iscrizione dipinta caratterizzano, nella necropoli di Ponte della Lama,anche le chiusure delle lunette degli arcosoli come attestato nell’ipogeo B [CAMPESE SIMONE,Un nuovo sepolcreto cit. (nota 33), p. 111 fig. 15] e nell’ipogeo G (vd. infra p. 262).

39 Originariamente l’iscrizione (US 256), al momento illeggibile anche a causa dellasovrapposizione dei frammenti su più livelli, doveva essere collocata sulla chiusura di unodei loculi della parete orientale. Complessivamente lo strato di crollo strutturato misurava

L’area che chiude a nord l’ipogeo si configura quasi come un settoredistinto della catacomba caratterizzato da un significativo restringimentodell’ampiezza dell’ambulacro 40 e dalla presenza di cinque arcosoli affron-tati lungo le pareti e sul fondo, caratteristiche che la rendono assimilabilead una sorta di cubicolo (cfr. fig. 9).41 Due di essi sono monosomi (Ca eCb), due presentano la doppia arca (Cc e Ce) e uno (Cd) ne ospita tre (fig.12); gli arcosoli polisomi Cd e Ce presentano un andamento digradantedall’interno verso l’esterno,42 una caratteristica attestata in vari insedia-menti ipogei dell’Italia meridionale e centrale.43 È sicuramente da ricon-durre ad un momento successivo a quello d’impianto lo scavo dell’arcoso-lio Cb che costituisce un ampliamento laterale dell’arcosolio polisomo Cc,ad esso perpendicolare.44 Nella tomba di fondo dell’arcosolio Cd (t. 22)una risega, sporgente di 20 cm e posta a circa 30 cm dal piano in cui è sca-

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 227

33 × 100 cm; le lettere rubricate (alt. 6-7 cm) sono state realizzate sull’intonaco ancora fre-sco come sembrano dimostrare i lievi solchi formatisi per la pressione del pennello su unasuperficie non indurita.

40 Da 2,40 m a 1,35 m.41 La presenza di sepolture sul fondo della galleria in fase d’impianto indica chiara-

mente che non erano previsti successivi ampliamenti.42 Negli arcosoli Cd e Ce il dislivello, che interessa naturalmente anche i fondi, tra

l’arca posta sulla fronte e quella di fondo è compresa tra 30 e 40 cm circa. La realizzazionedelle diverse arche negli arcosoli polisomi non è necessariamente da ricondurre alla mede-sima fase di impianto, ma può essere riferibile a momenti successivi; cfr. NUZZO, Tipologiasepolcrale cit. (nota 36), p. 164. Esempi di ampliamento di tombe ad arcosolio sono attestatiper es. nella catacomba siciliana di Villagrazia di Carini dove lo sfondamento dell’origina-ria lunetta di fondo è funzionale alla creazione di nuove arche; R. M. BONACASA CARRA

(cur.), Scavi e restauri nella catacomba di Villagrazia di Carini, Palermo 2006, p. 20 (contributodi G. Falzone).

43 Ipogei in contrada Capparelli presso Siponto [CAMPESE SIMONE, I cimiteri tardoantichicit. (nota 29), pp. 203, 213]; catacomba di Villagrazia di Carini presso Palermo [R. M.CARRA BONACASA, Le catacombe di Villagrazia di Carini: una “ scoperta ” recente, in Scavi e restaurinelle catacombe siciliane, Città del Vaticano 2003, p. 36 fig. 4; BONACASA CARRA, Scavi e restauricit. (nota 42), p. 20 (contributo di G. Falzoni)]; necropoli di Rocca S. Stefano a Favara, inSicilia (R. M. BONACASA CARRA, Agrigento paleocristiana. Zona archeologica e Antiquarium,Palermo 1987, pp. 13-15); catacomba di S. Mustiola a Chiusi (V. CIPOLLONE, Nuove ricerchesulla catacomba di santa Mustiola a Chiusi, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXXIV 1998,p. 127). Arcosoli polisomi con arche scavate alla stessa quota sono attestate in diversenecropoli apule di carattere ipogeo come quelle di Siponto e del Gargano [CAMPESE

SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 177-189, 203, 211, 217, 227, 245, 261, 331-337, 346, 364, 366].

44 Soluzioni di questo tipo, finalizzate a recuperare ulteriori spazi sepolcrali, sonodocumentati per es. in uno degli ipogei del Gargano in contrada Niuzi [CAMPESE SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), p. 364 fig. 340] e in alcune catacombe siciliane [BONA-CASA CARRA, Agrigento paleocristiana cit. (nota 43), pp. 22-24].

vata l’arca, indica presumibilmente la quota della chiusura orizzontale diun secondo livello di deposizione sovrapposto a quello dell’arca di fondo.45

In tre casi il fondo delle arche presentava rivestimenti con materiale direimpiego, in tegole e lastre calcaree sagomate (arcosolio Ca t. 21), fram-menti di laterizi tagliati regolarmente in forme quadrangolari (arcosolioCd t. 23) (fig. 13), oppure uno strato di malta realizzato in modo da creareun rialzamento nell’estremità settentrionale interpretabile come ‘cuscino’funebre (arcosolio Cd t. 22). Altre tre tombe ad arcosolio, con arca singola,sono state scavate sulle pareti del cubicolo C2 (cfr. fig. 9); in un caso (arco-solio Ch) la lunetta di fondo risulta scavata in modo da ricavare un ulte-riore piano di deposizione ad una quota più elevata (t. 121). Le caratteri-stiche strutturali degli arcosoli che denunciano una certa monumentalità –nicchie sormontate da archi a sesto pieno, di forma tendenzialmente trape-zoidale, o a catino, parapetti piuttosto alti,46 arche scavate a gradoni (fig. 14e cfr. fig. 12) – lasciano ipotizzare che essi siano stati programmati per unautenza privilegiata.47 Al momento delle indagini tutte le sepolture ad arco-solio sono risultate prive di qualsiasi elemento di chiusura e violate.

Una caratteristica connotante il complesso catacombale si riscontra nellapresenza di rivestimento parietale finalizzato a uniformare la superficie roc-ciosa estremamente irregolare; nell’ipogeo C, tracce di intonaco bianco,stese su strati di preparazione di consistenza terrosa, sono visibili nel settoresettentrionale della galleria e nel cubicolo C2, soprattutto in relazione alletombe ad arcosolio di cui vengono rivestite sia le superfici esterne, sia lepareti interne (fig. 14).

A questo stesso periodo è da riferire l’occupazione sistematica dell’intero

228 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

45 Nell’arca di fondo 25 dell’arcosolio Ce una risega meno sporgente è visibile a 20 cmdalla quota dell’arca sottostante; un sistema di questo tipo potrebbe riconoscersi nell’ar-cosolio polisomo B3c, parzialmente interrato, in cui si conserva un muretto in tufelli postocome chiusura della nicchia corrispondente all’arca di fondo. Altri esempi di utilizzointensivo di arcosoli sono documentati negli ipogei A e B di Ponte della Lama [CAMPESE

SIMONE, Un nuovo sepolcreto cit. (nota 33), pp. 96-97, 111-112], a Siponto-necropoli Cap-parelli e sul Gargano-necropoli di Tomaiolo e di S. Nicola al Pantanello [CAMPESE SIMONE,I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 199, 264, 309]. Ulteriori confronti provengono inol-tre da Roma [NUZZO, Tipologia sepolcrale cit. (nota 36), p. 164] e da alcuni cimiteri del Lazio[FIOCCHI NICOLAI, I cimiteri paleocristiani cit. (nota 34), p. 375; V. FIOCCHI NICOLAI ET ALII, Scavinella catacomba di S. Senatore ad Albano Laziale, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXVIII 1992,pp. 36-37 (contributo di V. Fiocchi Nicolai)].

46 Fino a 90 cm nel cubicolo C2 (Ch t. 106) e sul fondo della galleria (Cc t. 19). 47 Il tipo di sepoltura ad arcosolio, coerentemente con quanto riscontrabile in altre

necropoli apule, è piuttosto diffuso negli ipogei del complesso di Ponte della Lama comedimostra anche il nucleo D, completamente da indagare, caratterizzato da un ambulacrosu cui si aprono arcosoli affrontati, anche polisomi. Cfr. infra nt. 202.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 229

Fig.

13.

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Fig.

12.

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230 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig.

14.

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piano di calpestio con tombe a fossa pavimentali 48 (figg. 15 e 16); sono stateindividuate finora 11 tombe,49 orientate in senso nord-sud ed organizzatesostanzialmente su due file parallele (tt. 124, 98, 125, 126, 127, 128, 129, 71,130), tranne le due poste nella parte finale (tt. 35 e 37) (cfr. fig. 9). Quasitutte presentavano ancora a posto le coperture costituite da lastre calcaree didiverse dimensioni e di forma quadrangolare spesso rivestite da sottili stratidi malta; tracce di lavorazione e sagomature dimostrano che si tratta, nellamaggior parte dei casi, di materiale di reimpiego.50 L’impiego di lastroni cal-carei come copertura di tombe pavimentali è ampiamente diffuso a Canosain altre aree cimiteriali di età tardoantica e altomedievale.51 Un’unica sepol-tura (t. 37) conservava lo strato di malta steso su uno strato di terra finaliz-zato ad uniformare il piano che, coprendo i tre lastroni in carparo, sigillavala chiusura 52 (fig. 17); un sistema probabilmente impiegato anche per altresepolture dell’ipogeo, ma di cui si sono perse le tracce a causa dei frequentiepisodi di rioccupazione.53

L’area immediatamente antistante l’arcosolio della parete di fondo delcubicolo C2 (arcosolio Cg t. 104) venne occupata da due sepolture a cassa,

48 La presenza di sepolture pavimentali anche nel cubicolo C1 è certa, anche se nonrilevabile in quanto lo scavo degli strati superiori non è stato completato.

49 Il settore della galleria in cui è stato possibile l’approfondimento misura una lun-ghezza di 18 m dalla parete di fondo.

50 La t. 35 è l’unica sepoltura con la copertura parzialmente crollata; in questo caso,come elemento di chiusura, è stato riutilizzato anche un lacerto di rivestimento pavimen-tale in grandi tessere laterizie, forse pertinente la necropoli subdiale. Le coperture dellett. 71 e 130 risultano parzialmente intaccate dal cemento impiegato per la realizzazione deipilastri moderni messi in opera in relazione alle indagini condotte da Lavermicocca; LAVER-MICOCCA, Recente esplorazione cit. (nota 28), p. 185.

51 Cfr. per es. i complessi ecclesiastici di S. Pietro [G. VOLPE ET ALII, Il complesso episcopalepaleocristiano di san Pietro a Canosa. Seconda relazione preliminare (campagna di scavi 2002), inArcheologia Medievale, XXX 2003, pp. 114 nt. 30, 124,133 (contributi di R. Giuliani, P. Favia,D. Nuzzo); G. VOLPE - P. FAVIA - R. GIULIANI - D. NUZZO, Il complesso sabiniano di S. Pietro aCanosa, in La cristianizzazione in Italia fra tardoantico ed altomedioevo. Aspetti e problemi. Atti delIX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (Agrigento 2004), c.s. (contributo di P. Favia)]e S. Giovanni [R. GIULIANI - D. LEONE, Indagini archeologiche nell’area di Piano San Giovanni aCanosa: il complesso paleocristiano e le trasformazioni altomedievali, in Vetera Christianorum, XLII2005, p. 169 (contributo di D. Leone)].

52 Le lastre litiche che costituivano la copertura sono state realizzate e messe in operain maniera da obliterare completamente il piano pavimentale nel settore finale della gal-leria.

53 Tracce di questo sistema di chiusura sono documentate anche in una delle tombepavimentali dell’ipogeo A (t. 17), cfr. infra. Rivestimenti di più strati di intonaco, stesi sulastre di calcarenite, caratterizzano per es. le coperture delle formae rinvenute nella cata-comba di Villagrazia di Carini in Sicilia; BONACASA CARRA, Scavi e restauri cit. (nota 42), p. 14(contributo di G. Falzone).

232 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig.

15.

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aggiunte presumibilmente in un momento successivo quando erano già staterealizzate le tombe pavimentali, delimitate rispettivamente da lastre calcareedi reimpiego (t. 80) e da un muretto in laterizi (t. 83) (cfr. fig. 16); un settodivisorio, costituito da blocchetti calcarei, separa le due casse. La realizza-zione della tomba posta a sud (t. 83) ha comportato un ulteriore taglio delbanco calcarenitico nel settore meridionale della sepoltura per ricavare spa-zio in lunghezza.

Nel corso delle indagini sono state scavate complessivamente 23 tombepertinenti a questa prima fase funeraria,54 di cui 9 risultavano del tutto inte-gre.55 Per quanto riguarda il numero delle inumazioni all’interno delle sin-gole tombe, prevalgono nettamente le sepolture multiple – il 76% – attestatein tutti i tipi di sepolcri presenti nell’ipogeo e derivate da successivi e fre-quenti episodi di rioccupazione; queste sepolture hanno restituito da unminimo di due ad un massimo di almeno sei deposizioni. Sono documentatisia fenomeni di sovrapposizione sistematica di inumati in giacitura primaria,elemento che presuppone brevi diaframmi cronologici tra le diverse deposi-zioni non ancora interessate da una completa decomposizione,56 sia episodidi riduzione degli scheletri più antichi, spostati sui lati della tomba o accan-tonati in settori ridotti per far posto alle inumazioni più recenti.57

Nelle 23 tombe indagate si contano almeno 60 individui,58 di cui una esi-gua percentuale – il 12% – riferibile a soggetti infantili. All’interno dellesepolture multiple è stato possibile riconoscere inumazioni di coppie didefunti deposti contemporaneamente o a breve distanza di tempo.59 Dasegnalare la deposizione, avvenuta presumibilmente nello stesso momento,

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 233

54 Il 26% del totale: 5 a loculo, 9 ad arcosolio e 9 pavimentali, di cui 6 nella galleria Ce 3 nel cubicolo C2. Non è stato completato lo scavo delle tombe pavimentali 35 e 71 inte-ressate da deposizioni multiple.

55 I dati finora disponibili sulle modalità di occupazione delle sepolture provengonodalle osservazioni effettuate al momento dello scavo, dato che le analisi antropologichesono tuttora in corso.

56 Loculo 30, arcosoli Cc t. 18, Cb t. 20, Cd t. 24, tombe pavimentali 35, 71, 118 e 120.57 Arcosolio Cc t. 18 (1 riduzione), arcosolio Cd t. 22 e 24, tomba pavimentale 118

(2 riduzioni), tomba pavimentale 120 (2 riduzioni). L’osservazione dettagliata di talifenomeni, con l’ausilio delle analisi antropologiche, potrà dare elementi utili alla for-mulazione di ipotesi circa la ‘durata’ dell’occupazione funeraria all’interno delle singoletombe.

58 Il numero complessivo delle deposizioni si basa, al momento, sulla esclusiva quanti-ficazione delle ossa sicuramente riconducibili a singole inumazioni; non sono stati presi inconsiderazione i rinvenimenti che non è stato possibile, in corso di scavo, riferire ad unadeterminata deposizione.

59 Loculo 30, UUSSDD 59 e 60, 53 e 54; arcosolio Cd t. 24, UUSSDD 228 e 232, t. 22,UUSSDD 164 e 165.

di tre individui, due adulti e uno infantile, forse pertinenti allo stesso nucleofamiliare 60 (fig. 18). Una simile logica, finalizzata alla ricostituzione deigruppi familiari all’interno delle sepolture multiple, è forse ipotizzabile neicasi in cui sono documentate, insieme ad adulti, deposizioni infantili, per lequali nell’ipogeo non furono previste – tranne esempi sporadici e apparen-temente non programmati 61 – sepolture apposite.62

234 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

60 Tomba pavimentale 37, UUSSDD 540, 542 e 541. La forma trapezoidale della fossa,più larga in corrispondenza dei crani, e le maggiori dimensioni della sepoltura rispetto allealtre tombe pavimentali, inducono ad ipotizzare che essa sia stata programmata per ladeposizione di più inumati.

61 Galleria: parete est, loculi 51 e 57; parete ovest, loculo 27. Cubicolo C1: parete sud,loculo 108.

62 Su 16 sepolture multiple, 7 hanno restituito deposizioni infantili: arcosolio Cd t. 23(con 5 ? adulti), tomba pavimentale 37 (con 2 adulti), tomba pavimentale 35 (con almeno

Fig. 17. Ipogeo C, tomba 37, rivestimento in malta

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 235

Fig.

18.

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Relativamente alle modalità di trattamento del corpo in dieci casi si puòipotizzare, sulla base della disposizione composta degli arti, l’uso di avvol-gerlo in fasce di tessuto; 63 una pratica, attestata nelle fonti scritte e docu-mentata da diversi contesti archeologici, riconducibile ad aspetti rituali, maanche finalizzati a facilitare le operazioni di trasporto e di deposizionedelle salme.64 L’orientamento delle deposizioni rispetta quello delle strut-ture che le contengono; nella galleria C prevale, dunque, l’orientamentonord-sud,65 mentre nel cubicolo C2 ovest-est. La posizione prevalentementeattestata è quella supina con arti superiori distesi lungo i fianchi ovveroflessi sul bacino; gli arti inferiori sono sempre distesi e paralleli o legger-mente divaricati.66

Sette sepolture, in prevalenza pavimentali,67 hanno restituito elementi dicorredo non sempre precisamente riferibili ad una determinata deposi-zione.68 È possibile osservare in tre casi la presenza di lucerne, presumibil-mente come unico elemento di corredo.69 Per le restanti deposizioni preval-gono oggetti pertinenti all’ornamento personale.70

236 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

6 adulti), tomba pavimentale 126 (con 1 adulto), tomba pavimentale 125 (con 1 adulto),tomba pavimentale 118 (con 5 adulti), tomba pavimentale 120 (con 2 adulti).

63 Tombe pavimentali: 37 (UUSSDD 542, 540), 35 (UUSSDD 581, 580 ?, 572 ?, 562 ?),119 (USD 517 ?), 125 (USD 503), 126 (USD 483 ?), 28 (USD 549).

64 Alla pratica di avvolgere la salma in panni di tessuto o in un sudario fanno riferi-mento Prudenzio (PRUD., cath. X, 49-52 (ed. M. P. Cunningham [Corpus Christianorum SeriesLatina, 126], Turnholti 1966, p. 55) e Girolamo, il quale specifica l’intervento di clericiaddetti alla preparazione del cadaver (HIER., epist. I, 12 (ed. I. Hilberg [Corpus ScriptorumEcclesiasticorum Latinorum, 54], Vindobonae-Lipsiae 1910, p. 7). Per attestazioni archeolo-giche relative a questo uso documentate nei cimiteri di Roma cfr. L. SPERA, Riti funerari e“ culto dei morti ” nella tarda antichità: un quadro archeologico dai cimiteri paleocristiani di Roma,in Augustinianum, XLV 2005, pp. 12-13.

65 Presentano un orientamento inverso (sud-nord) tutte le deposizioni finora indivi-duate nella tomba pavimentale 35, le inumazioni più recenti all’interno dell’arcosolio Cdt. 24 e della tomba pavimentale 71, la deposizione della tomba pavimentale 125.

66 In due casi lo scheletro è posto di fianco con gli arti superiori distesi lungo i fianchie quelli inferiori flessi e piegati verso destra (tomba pavimentale 35, arcosolio Cd t. 24).

67 Loculi 73 e 74, tombe pavimentali 37, 71, 118, 120, 125.68 Alcuni degli elementi di corredo sono stati rinvenuti negli strati di natura alluvio-

nale penetrati all’interno delle sepolture sigillate provocando, in alcuni casi, una parzialesconnessione delle inumazioni; cfr. infra.

69 Nelle tombe pavimentali 118 e 125 sono state rinvenute, rispettivamente, unalucerna di imitazione africana della forma Atlante X (cfr. L. ANSELMINO - C. PAVOLINI, Terrasigillata: lucerne, in Atlante delle forme ceramiche. I. Ceramica fine da mensa nel bacino del Me-diterraneo (medio e tardo Impero), Enciclopedia dell’Arte Antica, Supplemento I, Roma 1981,pp. 200-203) caratterizzata dalla decorazione del disco raffigurante un cavallo in corsa euna lucerna cd. ‘a perline’ di produzione tarda assimilabile al tipo più antico Fabbricotti1a (E. FABBRICOTTI, Osservazioni sulle lucerne a perline, in Cenacolo, IV 1974, pp. 24-27). Per

L’individuazione di consistenti accumuli terrosi all’interno di quasi tuttele sepolture pavimentali e in alcuni loculi indagati al livello più basso checonservavano la copertura intatta, lascia supporre che l’ipogeo sia stato inte-ressato, in un certo momento, da eventi naturali di carattere alluvionale chedeterminarono una parziale e temporanea invasione negli ambienti funeraridi acqua e fango e forse causarono una parziale e temporanea interruzionedell’occupazione cimiteriale. Una soluzione di continuità nella frequenta-zione funeraria è, infatti, stratigraficamente documentata da un’azione diriporto volontario all’interno della galleria C finalizzata alla sistematica obli-terazione di quasi tutte le tombe a fossa 71 costituendo un rialzamento e unomogeneo livellamento del piano di calpestio 72 (fig. 19). Rimangono esclusida questo intervento il settore settentrionale della galleria e il cubicolo C2,

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 237

alcuni dati di sintesi, di carattere del tutto preliminare, sulle lucerne rinvenute cfr. infrapp. 243-245.

70 In particolare si segnala il rinvenimento, nelle tombe pavimentali 120 e 37, di un’ar-milla frammentaria in bronzo del tipo cd. “ a fili ritorti ”, di cui sono stati rinvenuti altri dueesemplari meglio conservati nell’ipogeo G (cfr. infra nt. 148 con bibliografia), e di un orec-chino in bronzo (fig. 18) con le estremità chiuse a gancio ed annodate che trova confronticon un esemplare in oro ritrovato nella catacomba della via Latina a Roma (E. JOSI, Cimi-tero cristiano sulla via Latina, in Rivista di Archeologia Cristiana, XVII 1940, p. 16; IV-V secolo).Altri esempi del tipo, ma in argento, sono stati rinvenuti nella necropoli di Cornus, intombe riferibili alla fine del IV-VII secolo [R. MARTORELLI, I materiali metallici e gli oggetti dicorredo, in A. M. GIUNTELLA (cur.), Cornus I,2. L’area cimiteriale orientale. I materiali, Oristano2000, p. 33, tav. IV, nrr. 26-27].

71 Tt. 124, 98, 125, 126, 127, 128, 129, 71, 130; anche nel cubicolo C1 lo stesso stratocopre sepolture pavimentali non ancora del tutto visibili.

72 Lo strato (US 293), costituito dalla calcarenite frantumata che compone il bancoroccioso in cui sono scavati diversi ipogei della necropoli, ha restituito frammenti riferibilia varie classi ceramiche tra cui si segnalano un frammento di orlo di sigillata africana diproduzione D della forma Hayes 61A/B2 datata tra la metà e la fine del V secolo [M. BONI-FAY, Études sur la céramique romaine tardive d’Afrique (BAR Int. Series, 1301), Oxford 2004,p. 170], e alcuni frammenti di un’ansa a nastro di ceramica comune dipinta attribuibile aduna brocca-bottiglia variamente diffusa in Italia meridionale tra fine IV e V secolo [cfr. perla forma in generale H. DI GIUSEPPE, La fornace di Calle di Tricarico: produzione e diffusione, inL. SAGUÌ (cur.), Ceramica in Italia: VI-VII secolo. Atti del Convegno in onore di John W. Hayes(Roma 1995), Firenze 1998, pp. 735-752; H. DI GIUSEPPE - C. CAPELLI, Produzioni urbane erurali di ceramica comune dipinta nella Lucania tardoantica e altomedievale, in MA. GURT I ESPAR-RAGUERA - J. BUXEDA I GARRIGÓS - M. A. CAU ONTIVEROS (curr.), LRCW I, Late Roman CoarseWares, Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean. Archeology and Archaeometry (BARInternational Series, 1340), Oxford 2005, pp. 395-411]. Tra le forme riconosciute comeanfore è stato possibile identificare frammenti di LRA 3, di produzione orientale, diffusasoprattutto tra V e VI secolo [D. PIERI, Les amphores orientales en Gaule dans l’Antiquitè Tardive(Ve-VIIe siécle apr. J.-C.). Typologie, chronologie, contenu et circulation, Thèse de doctorat d’Hi-storie, Aix-en-Provence 1998, p. 232].

posizionati ad una quota pavimentale più alta; pertanto bisogna ritenere chele tombe pavimentali posizionate in queste aree rimasero visibili.

Al di sopra dello strato di obliterazione fu realizzata una serie di sepol-ture pertinenti ad una fase successiva di occupazione sepolcrale articolata indiversi momenti (fig. 20). Nel settore centrale della galleria furono sistematedue tombe (tt. 81 e 82), con un lato corto in comune costituito da un bloc-chetto calcareo, che originariamente dovevano presentare una copertura asemicappuccina non conservata, e che risultavano addossate ai loculi intattiscavati nel livello più basso.73

Nel settore meridionale, a ridosso della parete ovest, si realizzarono altresepolture del tipo a cassa delimitate e coperte da lastre calcaree, prevalente-mente di reimpiego, la cui superficie presenta tracce di rivestimento in into-naco (tt. 70, 68, 69) 74 (fig. 21 e cfr. fig. 19).

Risulta particolarmente intensa, in questa fase, l’occupazione funerariadel cubicolo C1 dove una serie di sepolture a cassa, delimitate da lastronidi carparo e filari di blocchetti calcarei e tufacei, si disponevano in manierada riempire l’intera superficie dell’ambiente. A partire dalla parete difondo, sette tombe adiacenti e contigue, orientate in senso nord-sud (tt.141, 140, 139, 138, 137, 131, 132) occupavano la maggior parte dell’areadisponibile (figg. 20 e 22); negli spazi di risulta vennero collocate duetombe con orientamento est-ovest (tt. 142, 133). Quasi tutte le sepoltureconservavano la copertura, parzialmente crollata, costituita da laterizi e, tal-volta, lastroni di carparo posti in piano; consistenti tracce di malta su alcunielementi di chiusura fanno pensare ad uno strato di rivestimento posto aldi sopra della copertura.75

Per la realizzazione di queste tombe più tarde, sia quelle con copertura asemicappuccina, sia a cassa, fu parzialmente asportato lo strato di oblitera-

238 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

73 Tombe a semicappuccina, addossate alle pareti delle gallerie, sono diffuse in altricimiteri ipogei dove documentano le ultime fasi di occupazione funeraria; alcuni esempiprovengono dai cimiteri di Roma [R. GIULIANI - C. NOVIELLO - F. TOMMASI, Ancora sulla regioneG della catacomba dell’ex Vigna Chiaraviglio (via Appia): conferme e nuove acquisizioni dallo studiodei materiali, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXXIX 2003, p. 124; F. BISCONTI - D. NUZZO,Scavi e restauri nella regione della “ Velata ” in Priscilla, ibid., LXXVII 2001, pp. 36-37 (contri-buto di D. Nuzzo)], del Lazio [FIOCCHI NICOLAI ET ALII, L’ipogeo di “ Roma vecchia ” cit. (nota36), p. 36; V. FIOCCHI NICOLAI - M. RICCIARDI, La catacomba di S. Vittoria a Monteleone Sabino(Trebula Mutuesca), Città del Vaticano 2003, p. 33] e dell’Abruzzo [A. M. GIUNTELLA ET ALII,Recenti indagini nella catacomba di Castelvecchio subequo (AQ), in Rivista di Archeologia Cristiana,LXVII 1991, pp. 260-261 (contributo di A. M. Giuntella)].

74 In particolare nella copertura della t. 69 è riutilizzata una stele.75 La tomba 132 è stata rinvenuta completamente aperta, mentre di 131 e 133 si con-

serva solo parte delle rispettive coperture.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 239

Fig. 20. Ipogeo C, pianta della seconda fase di occupazione funeraria

240 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig.

21.

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zione in maniera da creare un incasso funzionale ad una sistemazione stabiledegli elementi che componevano le strutture funerarie.76

Al di sopra di questo livello di sepolture ne venne sovrapposto un altrocostituito da cinque tombe parallele addossate alla parete di fondo dell’am-biente ed orientate in senso est-ovest (tt. 136, 135, 102, 109, 110) (fig. 23);queste strutture sepolcrali, conservate solo parzialmente, sono delimitate damuretti realizzati con filari di blocchetti in carparo sormontati da un filare dilaterizi funzionante da spalletta 77 (fig. 24). Le strutture di delimitazione pog-giavano su uno strato di livellamento con cui si creò un piano regolare sulletombe sottostanti.78

L’intenso sfruttamento cimiteriale di questo ambiente è probabilmenteda mettere in relazione con la vicinanza all’ingresso dell’ipogeo che, comeper le tombe a cassa sistemate nella galleria, privilegiava evidentemente lafrequentazione funeraria in questa zona.

Allo stato attuale delle indagini, si contano complessivamente 19 sepol-ture pertinenti a questa fase funeraria, di cui due (tt. 68 e 70) risultavanoperfettamente integre. Sulla base delle 12 tombe indagate – il 63% – è possi-bile evidenziare alcuni aspetti circa le modalità di occupazione delle sepol-ture, condizionate dalla posizione e dal tipo di tomba, e la presenza di ele-menti di corredo. Le tombe collocate a ridosso delle pareti della galleriadocumentano significativi fenomeni di rioccupazione con la deposizionefino a cinque inumati nelle tombe a semi-cappuccina 79 e l’utilizzo come ossa-rio di una delle tombe a cassa, già occupata da due individui in giacitura pri-maria, probabilmente da mettere in connessione con lo svuotamento e il riu-

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 241

76 Galleria C: tt. 81, 82; t. 70; cubicolo C1: t. 137.77 Delle tt. 136 e 135 sono stati individuati solo in parte i muretti di delimitazione sud

e nord. Tutte le sepolture non conservavano la copertura; la t. 102 ha restituito in superfi-cie la copertura crollata in laterizi che dovevano essere collocati in piano.

78 Situazioni simili, caratterizzate da un intenso sfruttamento sepolcrale su piùlivelli e sempre riferibili alle ultime fasi di occupazione funeraria degli ambienti, sonoriscontrabili in altre catacombe dell’Italia centrale; per es. a Roma (L. SPERA, Il complessodi Pretestato sulla Via Appia. Storia topografica e monumentale di un insediamento funerariopaleocristiano nel suburbio di Roma, Città del Vaticano 2004, p. 186 nt. 1223 fig. 176) enelle catacombe laziali e abruzzesi [FIOCCHI NICOLAI ET ALII, Scavi nella catacomba cit.(nota 45), p. 40 (contributo di V. Fiocchi Nicolai); FIOCCHI NICOLAI - RICCIARDI, La cata-comba di S. Vittoria cit. (nota 73), pp. 31-35, 37, 53-59; L. PANI ERMINI, Il santuario del mar-tire Vittorino in Amiternum e la sua catacomba, Terni 1975, pp. 11-12 fig. 12]. È oppor-tuno sottolineare che in tutti questi contesti è attestata la presenza di un polo veneratostrettamente connesso ai fenomeni di addensamento e intesificazione dello sfrutta-mento sepolcrale.

79 Nelle tt. 81 e 82 sono state individuate rispettivamente 4 deposizioni in connessione,di cui 2 infantili, e 5, parzialmente conservate, di adulti.

242 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 23. Ipogeo C, cubicolo C1, pianta della fase più tarda di occupazione funeraria

Fig. 24. Ipogeo C, cubicolo C1, tombe sovrapposte

tilizzo di alcuni loculi.80 Nel primo livello di tombe all’interno del cubicoloC1 sono attestate, invece, esclusivamente sepolture monosome in coerenzacon il sistema di utilizzazione adottato in questo ambiente che doveva preve-dere una sovrapposizione di strutture funerarie piuttosto ravvicinata neltempo; il secondo ed ultimo livello di sepolture ha restituito un numero nonsuperiore a due inumazioni per ciascuna tomba. Complessivamente si con-tano almeno 34 individui 81 – di cui tre infantili –; in due casi è possibile ipo-tizzare deposizioni avvolte in fasce di tessuto.82

Per quanto riguarda l’orientamento, nella galleria e nel cubicolo C1 siosserva la compresenza, anche all’interno della stessa tomba, di inumazionicollocate sia in senso nord-sud che sud-nord. La posizione maggiormentedocumentata è sempre quella supina con arti superiori distesi lungo i fianchiovvero flessi sul bacino; gli arti inferiori sono distesi e paralleli o leggermentedivaricati.83

In cinque tombe è documentata la presenza di elementi di corredo neiquali risalta l’uso quasi esclusivo di lucerne poste come unico oggetto.84

In generale, tra il cospicuo numero di lucerne rinvenute all’internodelle tombe e, soprattutto, negli strati di spoliazione 85 si osserva una com-

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 243

80 L’accumulo di ossa rinvenuto all’interno della tomba a cassa 70 è riferibile ad almeno12 inumati e copriva due deposizioni in connessione anatomica di adulto e infantile.

81 Anche in questo caso si tratta di una quantificazione provvisoria; cfr. supra nt. 58.82 Tombe a semicappuccina 81 e 82 (UUSSDD 314, 288).83 Fa eccezione la deposizione della tomba a cassa 137, all’interno del cubicolo C1, che

presenta il torace in posizione supina con gli arti superiori distesi lungo i fianchi, mentregli arti inferiori sono flessi e piegati verso sinistra.

84 Nelle tombe 131 e 137 sono state rinvenute due lucerne di imitazione africana dellaforma Atlante X, mentre dalla tomba 102 proviene una lucerna del tipo cd. ‘a perline’ diproduzione tarda anche in questo caso assimilabile al tipo più antico Fabbricotti 1a [FAB-BRICOTTI, Osservazioni cit. (nota 69), pp. 24-27]. Tra gli altri reperti ceramici rinvenuti all’in-terno delle tombe di questo periodo si segnala un frammento di orlo con parte dell’ansa diun’anforetta di ceramica comune dipinta tardoantica riferibile alle produzioni di Calle (t.132) [H. DI GIUSEPPE, La fornace cit. (nota 72), p. 741, fig. 6, nrr. 9-10] che trova confrontiin vari contesti apuli databili a partire dalla metà del IV fino alla prima metà del VI secolo[A. COCCHIARO - P. PALAZZO - C. ANNESE - G. DISANTAROSA - D. LEONE, La ricerca archeologica nel-l’ager Brundisinus: lo scavo della villa di Giancola, in G. VOLPE - M. TURCHIANO (curr.), Paesaggie insediamenti rurali in Italia meridionale fra Tardoantico e Altomedioevo, Atti del 1° Seminario sulTardoantico e l’Altomedioevo in Italia Meridionale (Foggia 2004), Bari 2005, p. 431, fig. 23.5(contributo di D. Leone); C. ANNESE, Le ceramiche tardoantiche della domus B, in G. VOLPE

(cur.), Ordona X. Ricerche archeologiche ad Herdonia (1993-1998), Bari 2000, p. 306, tipo 21.1,tav. IX; D. LEONE, Le ceramiche tardoantiche della fattoria di Posta Crusta, in G. VOLPE (cur.),Ordona X. Ricerche archeologiche ad Herdonia (1993-1998), Bari 2000, p. 403, tipo 23.1, tav. VI].

85 Finora è stato possibile quantificare almeno 100 lucerne sia integre che frammenta-rie. Per gli strati di spoliazione cfr. infra.

pleta assenza di manufatti di produzione africana e una netta prevalenza dilucerne fabbricate localmente. Particolarmente attestate le imitazioni dilucerne in ceramica sigillata del tipo Atlante X, ma anche Atlante VIII; 86 ladiffusione di questi prodotti locali, ben documentata in Puglia,87 può esseregeneralmente riferita ad un periodo compreso tra la seconda metà del IVe gli inizi del VII secolo.88 In misura minore, ma ben rappresentate, com-paiono alcuni esempi di lucerne del tipo cd. ‘a perline’ nelle forme piùtarde la cui produzione è stata finora riferita ad un arco cronologico com-preso tra la fine del III e la prima metà del V secolo.89 L’ultimo gruppo dilucerne finora identificabili è rappresentato dalle imitazioni di ‘Firma-Lam-

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86 ANSELMINO - PAVOLINI, Terra sigillata cit. (nota 69), pp. 192-203 dove si inquadra tra il 325 e il 550 la produzione di forma VIII e tra la fine del IV ed il VII secolo quella diforma X.

87 La presenza a Canosa in età tardoantica di centri di produzione ceramica, e in par-ticolare di lucerne, è documentata anche dal rinvenimento di diverse matrici tra cui sisegnalano due esemplari imitanti Atlante X provenienti dallo scavo di una fornace in loca-lità S. Pietro (C. D’ANGELA, Alcuni reperti paleocristiani di arte minore conservati a Canosa, inStudi storici, Molfetta 1974, pp. 104-105) e dal quartiere artigianale recentemente indagatopresso il complesso ecclesiastico di s. Pietro [A. DE STEFANO - R. GIULIANI - D. LEONE, Inda-gini archeologiche nel sito di San Pietro a Canosa (scavi 2005), in L. BERTOLDI LENOCI (cur.),Canosa. Ricerche storiche 2006. Atti del Convegno di Studio (Canosa 2006), Martina Franca2007, pp. 44-45 fig. 12 (contributo di A. De Stefano)]. La netta prevalenza di lucerne diimitazione africana è attestata anche nei siti di Egnazia e Ordona (C. S. FIORIELLO, Note sulladiffusione delle lucerne romane nella Puglia centro-settentrionale, in L. CHRZANOVSKI (dir.), Lych-nological Acts 1. Actes du 1er Congrès international d’études sur le luminaire antique (Nyon-Genève2003) (Monogr. Instrumentum, 31), Montagnac 2005, p. 104 con bibliografia precedente).Per un inquadramento generale delle lucerne di imitazione africana in Puglia cfr. ancheC. S. FIORIELLO, Le lucerne imperiali e tardoantiche di Egnazia (Documenti e studi, 35), Bari 2003,p. 93 e nota 60 che tende a circoscriverne la diffusione tra V e VI secolo. Lucerne di imi-tazione africana Atlante X provengono anche dalle catacombe di Venosa (M. R. SALVATORE,L’incidenza urbana e sociale del cristianesimo, in M. R. SALVATORE (cur.), Il Museo ArcheologicoNazionale di Venosa, Matera 1991, pp. 279-280 nrr. 2, 6-7).

88 Da contesti di area napoletana provengono imitazioni di Atlante VIII e X inquadra-bili rispettivamente nella seconda metà del IV-V secolo e tra la prima metà del V e gli inizidel VII secolo (F. GARCEA, Lucerne fittili, in P. ARTHUR (cur.), Il complesso archeologico di Car-miniello ai Mannesi, Napoli (scavi 1983-1984), Galatina 1994, p. 318; F. GARCEA, Le produzionidi lucerne fittili nel golfo di Napoli fra tardoantico ed altomedioevo (IV-VIII secolo), in ArcheologiaMedievale, XXVI 1999, p. 454).

89 Questo tipo di manufatti si distingue dai prodotti più antichi per le peculiarità tec-nico-esecutive, sostanzialmente meno accurate, e per alcune caratteristiche morfologichederivate dalla commistione di modelli precedenti con elementi mutuati probabilmentedalle produzioni africane; FIORIELLO, Le lucerne cit. (nota 87), pp. 63-66 ntt. 32 e 33 con rife-rimento ai contesti apuli. La presenza di questo tipo di lucerne anche nelle sepolture piùtarde dell’ipogeo C induce ad ipotizzare un attardamento della circolazione di questimanufatti.

pen’ 90 la cui diffusione sembra essere attestata a partire dalla seconda metàdel IV secolo.91 Nel complesso, dunque, anche le lucerne sembrano rin-viare sostanzialmente ad un ambito cronologico compreso tra la secondametà del IV ed il VI secolo (fig. 25).

L’insieme dei dati restituiti dalle indagini inducono a collocare il periododi frequentazione funeraria dell’ipogeo nel V-VI secolo, ma è possibile anti-cipare la fase d’impianto e di occupazione più antica nell’ambito dellaseconda metà del IV secolo tenendo conto dei materiali rinvenuti, dell’in-tensità dello sfruttamento funerario all’interno delle singole tombe e dellacomplessiva organizzazione degli spazi funerari nel complesso cimiteriale.92

In un periodo successivo sono da collocare livelli di frequentazioneconnessi ad un momento in cui era cessata l’utilizzazione cimiteriale dell’i-pogeo. Su tutta la lunghezza della galleria e nel cubicolo C2 sono statidistinti accumuli caratterizzati dalla presenza quantitativamente notevoledi materiale ceramico e soprattutto lucerne, sia integre che frammentarie,lastre calcaree, pertinenti soprattutto ad elementi di chiusura di loculi, eossa umane.93 I materiali rinvenuti fanno ipotizzare che si possa trattare diaccumuli legati ad una prima attività di spoliazione delle sepolture.94 Lapresenza di consistenti ed estese tracce di bruciato sulla superficie di que-sti strati rinvia ad una frequentazione della galleria e del cubicolo C2 ascopo non più funerario, ma presumibilmente funzionale al ricovero tem-poraneo. Nel settore meridionale della galleria, immediatamente al disopra di questi accumuli, sono stati individuati strati riferibili al crollo della

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90 La produzione dei modelli originali comincia in Italia settentrionale tra il 60 ed il75 d.C. e continua fino al IV secolo; C. PAVOLINI, s.v. Lucerna. Mediterraneo occidentale, in Enci-clopedia dell’Arte Antica, Secondo supplemento (1971-1994), III, Roma 1995, p. 457.

91 Esemplari di imitazioni di ‘Firma-Lampen’ sono attestati in alcuni siti campani trala seconda metà del IV e il V secolo [GARCEA, Le produzioni di lucerne cit. (nota 88),pp. 447-448]; lucerne di questo tipo sono segnalate in Puglia nell’area delle necropoli diMattinata sul Gargano (A. M. ARIANO, Sepolcreti ipogei e tombe sub divo presso Mattinata, inVetera Christianorum, VI 1969, figg. 17-18, diss. IX e XII) e nei contesti tardoantichi diOrdona [ANNESE, Le ceramiche cit. (nota 84), p. 337 tipo 3; M. TURCHIANO, La cisterna e ilsuo contesto. Materiali tardoantichi dalla domus B, in G. VOLPE (cur.), Ordona X. Ricerchearcheologiche ad Herdonia (1993-1998), Bari 2000, p. 374; LEONE, Le ceramiche cit. (nota 84),p. 428 tipo 6].

92 Cfr. infra pp. 265, 283-287.93 Galleria C, US 213; cubicolo C2, UUSS 359, 353, 347 in cui sono stati rinvenuti fram-

menti di decorazioni e di iscrizioni dipinte.94 Il rinvenimento di frammenti di iscrizioni su lastre marmoree riferibili, presumibil-

mente, alla necropoli subdiale, fa pensare che questo materiale fosse reimpiegato comechiusura dei loculi nella catacomba dove elementi in marmo sono del tutto assenti (cfr.infra, p. 273 e nt. 164).

246 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 25. Ipogeo C, lucerne ‘a perline’ e di imitazione Atlante X

Fig. 26. Ipogeo A, pianta. Tratteggiata la ricostruzione dell’arcosolio Ac(1)

volta e delle pareti.95 Il cedimento della volta provocò l’obliterazione del-l’ingresso originario all’ipogeo; l’accesso riferibile a questo periodo non èstato ancora precisamente localizzato.

Una successiva serie di accumuli, con caratteri simili a quelli immediata-mente precedenti, connotano un ulteriore momento di spoliazione e dicrollo degli ambienti ipogei. Nella galleria e all’interno del cubicolo C2 sonostati distinti nuovi strati di spoliazione delle sepolture che, anche in questocaso, hanno restituito una quantità significativa di frammenti ceramici,soprattutto lucerne, frammenti d’intonaco, numerose lastre di chiusura deiloculi e ossa umane.96 L’accumulo pertinente alla galleria risulta caratteriz-zato da una superficie su cui si estendevano evidenti tracce di bruciato; anchenel cubicolo C2, una sequenza di diversi strati, caratterizzati da una superfi-cie annerita per combustione, in alcuni casi interpretabili come veri e proprifocolari, documenta una fruizione piuttosto intensiva del cubicolo, che pre-sentandosi come un vano ‘chiuso’ e protetto doveva forse prestarsi bene adun utilizzo ‘semi-abitativo’. Un’ulteriore fase di crollo caratterizza il trattomeridionale della galleria determinandone il definitivo abbandono.97 Èimportante sottolineare che gli accumuli riferibili a questo periodo nonhanno restituito materiali posteriori al VII secolo, elemento che induce a col-locare l’ultima fase di vita dell’ipogeo nell’ambito di questo secolo.98

Il definitivo abbandono dell’insediamento è documentato da accumuli edepositi derivati dalla graduale sovrapposizione di strati alluvionali; l’intera gal-leria ed entrambi i cubicoli risultano occupati da un considerevole interro99

che ha causato la quasi totale obliterazione delle strutture funerarie esistenti.

L’impianto dell’ipogeo A è da riferire ad un momento successivo all’in-sediamento C, come dimostrano l’osservazione del settore orientale, scavato

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95 A questa fase di disfacimento è da riferire anche la caduta dello strato di intonacoiscritto (US 256), cfr. supra.

96 US 178, galleria C; UUSS 325, 309, 295, 264, cubicolo C2.97 L’assenza nel cubicolo C1 di una stratigrafia riferibile a fasi di frequentazione tarda

è forse riconducibile, da un lato alla diversa occupazione funeraria dell’ambiente, come siè visto denso di sepolture sino ad una quota piuttosto alta, dall’altro alla vicinanza con ilsettore della galleria interessato dai crolli.

98 Tra il materiale ceramico rinvenuto nell’accumulo più recente distinto all’internodella galleria (US 178), si evidenzia la presenza di un frammento di sigillata africana Dattribuibile alla forma di piatti-scodelle Hayes 109 databile tra la fine del VI e gli inizi del-l’VIII secolo [cfr. da ultimo BONIFAY, Études cit. (nota 72), pp. 187-189 con ampia biblio-grafia]. Altri rinvenimenti pertinenti a questo strato riguardano frammenti di anfore diproduzione orientale del tipo LRA 4B riferibili alla seconda metà del VI-VII secolo [PIERI,Les amphores cit. (nota 72), pp. 258-259].

99 Spessore circa 50-60 cm.

in maniera da rispettare la presenza di uno dei cubicoli (C1) aperti sulla gal-leria, e lo sviluppo dell’ambiente secondo un asse sostanzialmente paralleloall’ingresso 100 e dunque rispettoso di cavità preesistenti (cfr. fig. 8); da que-sto elemento deriva l’irregolarità dell’impianto planimetrico 101 (fig. 26). Ilnucleo cimiteriale si configura come un ipogeo di carattere familiare di limi-tata estensione; l’accesso originario doveva corrispondere con quello attuale,con un’apertura sul fianco della collina raggiungibile, presumibilmente,attraverso una rampa 102 (cfr. fig. 6).

Nella prima fase di occupazione funeraria l’ambiente, che si presentavacome uno spazio chiuso e accessibile unicamente dall’esterno, ospitava seisepolture di diverso tipo: due ad arcosolio, due loculi, due tombe pavimen-tali.103 È plausibile ritenere che una settima tomba ad arcosolio104 occupassein questa prima fase la parete di fondo del vano interessata successivamenteda un parziale disfacimento della struttura tufacea e da un conseguenteintervento di risistemazione (cfr. fig. 26).105 Estese tracce di rivestimento,localizzate in corrispondenza di alcuni arcosoli (Ab, A1a), documentanoanche in questo ipogeo l’impiego di intonaco per regolarizzare il banco roc-cioso fortemente disomogeneo. L’arcosolio Aa presenta caratteristichediverse rispetto a quelle finora note nel complesso catacombale in quantol’arca è interamente foderata in muratura (fig. 27).106 Le sepolture ad arco-solio e i loculi, già visibili nelle ricognizioni condotte alla fine degli anni Ses-santa da Lavermicocca,107 erano violate e del tutto prive di copertura.108 Lesepolture rinvenute intatte sono quelle pavimentali (tt. 5 e 17), sigillate ri-spettivamente da una soglia in calcare riutilizzata, caratterizzata da due fori

248 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

100 Tale caratteristica planimetrica non è molto diffusa, in quanto, anche negli ipogei dilimitata estensione, prevalgono strutture organizzate in asse con l’ingresso a volte enfatizzatoda un dromos di accesso; esempi per certi aspetti simili all’ipogeo A sono riscontrabili sul Gar-gano [Grotte Scurzillo, ipogeo E di incerta cronologia; Vieste-cimitero La Salata, ipogeo H:CAMPESE SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 280 fig. 258, 318 fig. 286].

101 Dimensioni: largh. 1,80-2,30 m; lungh. 5,20 m; alt. 2,20 m.102 L’ingresso, posto ad una quota di 105 m s.l.m., è stato consolidato con strutture

murarie ed un cancello alla fine degli anni Sessanta; LAVERMICOCCA, Recente esplorazione cit.(nota 28), p. 182 nt. 43.

103 Tombe ad arcosolio: Aa, Ab; loculi: 2 (adulto), 16 (infantile); tombe pavimentali: 5, 17.104 Ac(1).105 Vd. infra.106 Nella relazione di Lavermicocca si evidenzia la presenza, sul parapetto dell’arcoso-

lio, di un « fine strato di intonaco, con sicure tracce di colore » di tonalità rosso-bruna ogginon più visibile; LAVERMICOCCA, Recente esplorazione cit. (nota 28), p. 182 nt. 45.

107 LAVERMICOCCA, Recente esplorazione cit. (nota 28), pp. 182-183.108 Del loculo 2 si conserva solo parte del fondo della tomba, in quanto la nicchia

risulta completamente sfondata.

per i bilici ed un listello sopraelevato (fig. 27), e da lastroni calcarei origina-riamente ricoperti da uno strato di malta bianca, asportata e non più appli-cata in seguito alle successive rioccupazioni che si susseguirono all’internodella sepoltura. Una struttura, costituita da due blocchi calcarei accostati epoggiante, con lo stesso orientamento, direttamente sulla chiusura dellatomba pavimentale 5, potrebbe essere interpretata come un rozzo sedile o unpiano di appoggio funzionale alla frequentazione dell’ambiente e allo svol-gimento dei riti funerari (cfr. figg. 26 e 27).109

Un intervento di ristrutturazione interessò l’ipogeo A con la creazione diun vano adiacente (A1) che ampliò gli spazi funerari a disposizione 110 (cfr.fig. 26); un gradino, alto circa 50 cm, distingue la quota del piano di calpe-stio nei due vani. Con la realizzazione di un muro a grossi blocchi calcareivenne ripristinata la parete di fondo dell’ambiente, probabilmente cedutainsieme al corrispondente arcosolio, a cui venne appoggiata una tomba adoppia cassa in muratura di tufelli e mattoni (Ac(2)), poggiante su un podiodi tre gradini, con la fronte caratterizzata da due nicchie arcuate,111 simile adaltre sepolture individuate nell’ambito del complesso cimiteriale 112 (fig. 28).

All’interno del vano A1 sono state individuate tre tombe, due ad arcoso-lio (A1a, A1b) e una pavimentale (t. 6); 113 l’arcosolio che occupa la pareteoccidentale (A1a) presenta una nicchia con volta leggermente strombata edè delimitato da un parapetto costituito da un’unica lastra calcarea di reim-piego.114 Un rivestimento in intonaco, steso direttamente al di sopra di uno

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 249

109 US 4; dimensioni: alt. 20 cm, lungh. 57 cm, largh. 39 cm. Una struttura simile è atte-stata, per esempio, nella necropoli di Cornus; A. M. GIUNTELLA, Cornus I,1. L’area cimiterialeorientale, Oristano 1999, p. 84 fig. 91.

110 Largh. 1,13 m; lungh. 3,50 m; alt. 2,00 m.111 La sepoltura, visibile fino al 2004 limitatamente alla cassa della t. 4, fu rinvenuta

intatta da Lavermicocca; la violazione è dunque da riferire agli ultimi decenni. LAVERMICOCCA,Recente esplorazione cit. (nota 28), pp. 182-183: « il sarcofago appare chiuso da uno strato pro-tettivo di intonaco che forse nasconde le lastre di pietra ». Lastroni calcarei riferibili allacopertura della cassa 59 sono stati rinvenuti crollati all’interno della tomba. Tracce di bru-ciato visibili all’interno delle nicchie fanno pensare che esse accogliessero delle lucerne;Lavermicocca, infatti, menziona il rinvenimento di una lucerna in corrispondenza di unadelle nicchie, anche se il numero della tomba indicato, 5 invece di 4, è errato; LAVERMICOCCA,Recente esplorazione cit. (nota 28), p. 190: « rinvenuta in una nicchia del sarcofago n. 5 ».

112 T. 4a nel monumento subdiale 4; t. 6 nell’ipogeo G; una struttura simile è parzial-mente visibile nell’ipogeo B. Cfr. infra p. 262 e ntt. 169-170.

113 La copertura a lastroni della sepoltura, che doveva poggiare su una risega scavatasull’intero perimetro della fossa, è stata rinvenuta divelta nel 2004 in conseguenza di vio-lazioni clandestine.

114 Dimensioni: alt. 55, lungh. 180 cm, spess. 36 cm; è plausibile ritenere che il bloccocalcareo sia stato posto in un momento successivo alla realizzazione dell’arcosolio in rela-

250 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 27. Ipogeo A, arcosolio Aa e, inprimo piano, la tomba pavimentale 5

Fig. 28. Ipogeo A, arcosolio Ac(2) con cassa in muratura (tt. 4 e 59)

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strato di terra, interessa l’intera struttura tombale.115 In corrispondenza dellaparete orientale, quindi di fronte all’arcosolio A1a, sono state individuate letracce riferibili ad un altro arcosolio (A1b) la cui cassa doveva essere delimi-tata da strutture murarie probabilmente rivestite di intonaco, come si deducedalla presenza di resti dello strato di preparazione. Una piccola nicchia perlucerne è parzialmente conservata sulla parete sud-est dell’ambiente.

Delle 11 sepolture individuate negli ambienti A e A1 ne sono state inda-gate 7 che, in quattro casi, hanno restituito deposizioni multiple quantifi-cando un numero complessivo di 18 inumati. Anche in questo ipogeo è statopossibile distinguere deposizioni affiancate in giacitura primaria 116 e, in duetombe, sono attestati diversi casi di inumazioni in giacitura secondaria inseguito all’inserimento nella tomba di altri individui.117 È risultata particolar-mente interessata da episodi di rioccupazione una delle tombe pavimentalidell’ambiente A (t. 17) al cui interno è stato possibile distinguere almeno 11individui, alcuni deposti contemporaneamente o a breve distanza di tempo.

La posizione con cui gli inumati sono deposti all’interno delle sepoltureè come quella riscontrata nell’ipogeo C: supina con arti superiori distesilungo i fianchi ovvero flessi sul bacino; gli arti inferiori sono sempre distesi eparalleli o leggermente divaricati.

Complessivamente quattro tombe contengono elementi di corredo cherimandano prevalentemente alla sfera degli oggetti di ornamento personale.118

All’interno di una delle tombe pavimentali (t. 17) sono state individuate cin-que armille, inserite nell’avambraccio dell’ultimo inumato di età infantile; sullato interno delle armille si sono conservate tracce di tessuto riferibili all’abbi-gliamento del defunto o a fasce di lino in cui era avvolto119 (fig. 29).

zione al cedimento del parapetto originario in roccia di cui si osservano delle tracce nel-l’angolo sud-ovest della tomba.

115 Un taglio longitudinale, realizzato nel banco roccioso in corrispondenza della lastracalcarea, documenta la creazione di un incasso per l’alloggiamento del parapetto; questoincasso fu forse utilizzato successivamente per ospitare una sepoltura, presumibilmenteinfantile, come dimostra il rivestimento in intonaco conservato su quasi tutta l’estensionedella fossa (lungh. 170 cm, largh. 34 cm).

116 Ambiente A, tomba pavimentale 17: UUSSDD 55 e 57, 43 e 45.117 Arcosolio Aa (1 ? riduzione); tomba pavimentale 17 (3 riduzioni).118 Si segnala il rinvenimento nella tomba 59 di un’armilla in bronzo con verga perli-

nata che, finora, sembra trovare un unico confronto negli esemplari rinvenuti nella necro-poli di Vaste all’interno di una tomba (t. 163) databile tra la seconda metà del IV e la metàdel VI secolo; F. D’ANDRIA - G. MASTRONUZZI - V. MELISSANO, La chiesa e la necropoli paleocri-stiana di Vaste nel Salento, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXXXII 2006, p. 191 nrr. 13-14(contributo di V. Melissano).

119 Le armille bronzee, tutte dello stesso tipo ad anello chiuso e sezione lenticolare,presentano la superficie esterna decorata con motivi stilizzati. Questo tipo di manufatto

Sulla base delle osservazioni di carattere planimetrico e dei materiali rin-venuti sembra possibile inquadrare la fase di occupazione cimiteriale dell’i-pogeo A tra V e VI secolo.120

252 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 29. Ipogeo A, deposizione all’in-terno della t. 17 e armille rinvenute

trova confronti in Puglia nelle necropoli di Avicenna e S. Giusto in contesti di VI-VII secolo[C. D’ANGELA, Gli oggetti in metallo, in C. D’ANGELA (cur.), Gli scavi del 1953 nel piano di Car-pino (Foggia). Le terme e la necropoli altomedievale della villa romana di Avicenna, Taranto 1988,pp. 157-160 nrr. 43, 46-60, tavv. LXXVI-LXXVII; P. DE SANTIS - R. GIULIANI, I corredi funerari,in G. VOLPE (cur.), San Giusto, la villa, le ecclesiae, Bari 1998, pp. 223-224 fig. 291 nr. 16,esemplari in argento (contributo di P. De Santis)]. Un gruppo di bracciali dello stesso tiposono stati rinvenuti inseriti nell’avambraccio del defunto nella catacomba di CastelvecchioSubequo databile tra il IV e l’inizio del VII secolo [GIUNTELLA ET ALII, Recenti indagini cit.(nota 73), pp. 280-282 fig. 22 (contributo di L. Saladino)].

120 Tra i materiali ceramici, pertinenti a contesti stratigrafici sigillati (tt. 17 US 20 e Aa

Anche per questo nucleo cimiteriale, dove non sono stati individuatimomenti di occupazione funeraria tarda, crolli e depositi alluvionali docu-mentano la fase di definitivo abbandono. Sembra, dunque, che l’utilizzo del-l’ipogeo sia rimasto circoscritto ad una utenza ristretta e selezionata.121

È opportuno sottolineare che, allo stato delle ricerche, gli ipogei A e C,anche a causa dell’intensa attività di spoliazione e violazione succedutesi neltempo, non hanno restituito evidenti e specifiche connotazioni riferibili aduna utenza caratterizzata da una identità religiosa pur inserendosi organica-mente nell’ambito di un complesso cimiteriale in cui emerge la presenza dimonumenti di committenza cristiana.122

4. GLI IPOGEI F E G

Un saggio di scavo è stato impostato a nord della necropoli subdiale, inun’area che non era mai stata oggetto di scavi archeologici (saggio V) (cfr.fig. 1). La determinazione di quest’ultimo settore è stata definita in base airisultati delle indagini geofisiche condotte, nel quadro del nostro progetto diricerca, in una vasta area a nord della necropoli, che già al momento dellascoperta si riteneva dovesse essere ben più vasta di quella venuta occasional-mente alla luce 123 e dove una serie di ragioni portava a ritenere potesse esten-dersi ulteriormente il cimitero. Dalla planimetria realizzata da Lavermicocca,della quale avevamo avuto modo di constatare la buona affidabilità (cfr. fig.7), si poteva dedurre che gli accessi dei nuclei ipogei D ed E 124 si dovevanotrovare a nord rispetto a quelli di A e C, adiacenti alla parte visibile dellanecropoli a cielo aperto.125 Inoltre, i risultati del saggio, di estensione moltoridotta, condotto nella fase iniziale delle nostre indagini presso il limite set-tentrionale dell’area sottoposta a vincolo, aveva permesso di evidenziare la

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 253

US 162), si sottolinea la presenza di frammenti di anfore di produzione orientale LRA 4 B1databili tra l’ultimo terzo del V e la metà del VI secolo [PIERI, Les amphores cit. (nota 72),pp. 256-257]. Il rinvenimento di una porzione di orlo di un’olla a corpo globulare rinvia adun arco cronologico compreso fra il V e il VI secolo trovando confronti con esemplari rin-venuti nei contesti di Herdonia, dagli strati di riempimento della cisterna della domus B [TUR-CHIANO, La cisterna cit. (nota 91), p. 372, tipo 19] e dalla fattoria di Posta Crusta [LEONE, Leceramiche cit. (nota 84), p. 424, tipo 18, con documentazione bibliografica della diffusionetipologica documentata in numerosi contesti del Mediterraneo con diverse varianti].

121 Forse la precoce obliterazione dell’ingresso non ha permesso lo sfruttamento deglispazi per usi non funerari come è accaduto per l’ipogeo C.

122 Si veda infra pp. 257-259.123 Cfr. MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 349-350.124 Cfr. infra, p. 284.125 Vd. supra, pp. 221 e 248.

presenza di due ulteriori nuclei cimiteriali ipogei (cfr. fig. 49).126 Altro ele-mento di rilievo è costituito dalle notizie riguardanti l’ubicazione delle gal-lerie catacombali cristiane venute alla luce fortuitamente nell’estate del 1992e dopo breve tempo, nel corso del quale fu realizzata una campagna foto-grafica, nuovamente ricoperte dal terreno.127 I dati imprecisi riguardanti l’e-satta posizione dell’importante complesso ipogeo non hanno permesso finoad ora di rintracciarlo e di procedere all’indagine scientifica e alla messa insicurezza degli ambienti, come auspicato dall’Amministrazione Comunale edalla Soprintendenza Archeologica. L’informazione più utile riguardo la col-locazione dell’ipogeo è riportata nell’Archivio della Soprintendenza per ibeni architettonici e per il paesaggio per la Puglia, in cui si fa riferimento alleparticelle catastali,128 che rimandano all’area a nord dell’ambiente absidato(fig. 30).

Sono state, dunque, realizzate delle prospezioni geoelettriche,129 finaliz-zate a verificare la presenza nel sottosuolo di strutture di interesse archeolo-gico, attraverso il calcolo della resistività elettrica (fig. 31). Tra le numeroseanomalie individuate è stata selezionata un’area risultante dall’incrocio deidati ottenuti dall’esame di una superficie rettangolare di 658 m2 situataappena a ridosso degli scavi precedenti, investigata in maniera continua, euna sezione di resistività realizzata lungo il costone della lama, in cui risultavapresente una variazione significativa.

In effetti, attraverso lo scavo, sono stati messi in luce due ipogei sovrap-posti, con accesso autonomo, mai precedentemente segnalati (fig. 32). Leinformazioni disponibili sul nuovo complesso cimiteriale non possono che

254 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

126 Si tratta degli ipogei O-P. Per questi nuclei cimiteriali vd. infra, p. 283.127 Vd. infra, pp. 283-284. Nello studio realtivo agli ambienti catacombali A. Campese

Simone fissava la cronologia nel pieno V secolo [CAMPESE SIMONE, Un nuovo sepolcreto cit.(nota 33), pp. 112-123; EAD., I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 51-66 con ulteriorebibliografia].

128 Archivio della Soprintentenza per i beni architettonici e per il paesaggio per laPuglia (Cartella BA XIII – Canosa n. 4 – S. Sofia): conserva il carteggio intercorso tra iresponsabili di Italia Nostra e dell’Archeoclub di Canosa e la Soprintendenza archeologica aproposito della scoperta della catacomba, dei sopralluoghi allora effettuati, con riferi-mento alle particelle catastali in cui è ubicata (Foglio 20, particelle 213-214). La notevoleestensione delle particelle non facilita una precisa collocazione dei nuclei ipogei.

129 Il rilievo geofisico, eseguito dalla società Geotek, è consistito nell’esecuzione di 18tomografie elettriche lungo altrettanti profili, per un totale di ca. 1000 metri lineari (cfr.fig. 31). Nelle sezioni si sono potute riconoscere diverse anomalie contraddistinte da ele-vata resistività (toni verde-rosso) all’interno di un materiale invece più conduttivo (toniblu-azzurro), costituito dalla calcarenite affiorante nell’area. Una relazione dettagliatadella metodologia usata e dei risultati ottenuti sarà presentata nell’edizione definitiva delleindagini, a cura della stessa équipe di geologi.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 255

Fig.

30.

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256 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig.

31.

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essere per ora parziali poiché entrambi i nuclei cimiteriali non sono com-pletamente noti e lo scavo ha interessato solo in parte l’ipogeo superiore(G), mentre quello inferiore (F) è ancora occupato dagli interri trovati almomento della scoperta.130

L’ipogeo F sembra articolarsi su un unico ambulacro, con arcosoli, al ter-mine del quale si apre un cubicolo quadrangolare.131 Sono del tutto evidentii vari lavori di consolidamento degli spazi ipogei, che furono a più ripreseoggetto di opere di risistemazione con murature che integravano volte e pie-dritti 132 (fig. 33). Ne risulta condizionata anche la tipologia sepolcrale: arco-soli con lunetta chiusa in muratura 133 e, all’interno del cubicolo, cassone inmuratura,134 che arriva quasi a ridosso della volta. Sulla sommità del cassone,su un supporto di malta intonacata che rivela diverse occupazioni della

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 257

130 L’ipogeo F è stato raggiunto attraverso la frattura nella roccia creatasi nel pianopavimentale della galleria superiore (G). L’interno degli ambienti era interessato da con-sistenti accumuli derivanti dal crollo del diaframma di roccia che separava i due nuclei edal conseguente riempimento di terreno e detriti proveniente dalla parte orientale dellalama. L’accumulo asportato (US 5033) era composto prevalentemente dalla roccia calca-renitica disgregata.

131 Il settore settentrionale dell’ipogeo è stato completamente messo in evidenza nellasua articolazione, con il cubicolo F1 e i quattro arcosoli (11, 14-16) che si aprono lateral-mente sulla galleria; lo sviluppo verso sud è, invece, del tutto ignoto e non si è in gradoattualmente di definire l’effettiva estensione del nucleo cimiteriale e l’eventuale perti-nenza della galleria individuata a un sistema ipogeo più articolato. È chiaro, d’altra parte,che l’ingresso doveva trovarsi verso sud, poiché la parte esplorata non presenta possibili vied’accesso.

132 L’ingresso del cubicolo F1, che doveva risultare fortemente compromesso, fu rico-struito con un arco in laterizi poggiante su piedritti quadrangolari realizzati con filari dilaterizi uniti da malta, che presentano tracce di dipintura di colore rosso. Altri segni pit-torici riscontrati nella struttura rimandano a una decorazione a finta cortina. Anche lafronte dell’arcosolio 11 è definita da un arco in blocchetti di calcarenite, poggiante su duepiedritti di forma parallelepipeda anch’essi in calcarenite.

133 L’arcosolio 14 è delimitato frontalmente da un muro in listato e da un lastronelitico, che costituiva l’elemento mobile della chiusura, rivestito da intonaco bianco. Unachiusura simile è documentata anche nell’arcosolio 13 scavato sulla parete nord-est delcubicolo F1, in cui, però, la parte mobile è costituita da tegole poste in verticale, e nell’u-nico arcosolio intercettato dell’ipogeo H (vd. infra, p. 262). Per l’uso e la funzione di que-ste modalità di chiusura delle tombe ad arcosolio vd. NUZZO, Tipologia sepolcrale cit. (nota36), pp. 166 e 186.

134 Alla parete di fondo del cubicolo F1 è addossata la tomba 10, un cassone di mura-tura in laterizio in cui, nella parte visibile, ricorre un solo filare di blocchetti in calcarenite.I caratteri tipologici della sepoltura non sono chiaramente rilevabili, a causa dell’interroche interessa l’ambiente. Si è potuto osservare, comunque, che il cassone era verosimil-mente tutto ricoperto da uno strato di malta bianca, allisciato in superficie, che dovevaprodurre l’aspetto di una struttura litica.

258 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 32. Ipogei F e G, planimetria indagini 2006

Fig. 33. Ipogeo F, ingresso al cubicolo F1 e tomba 11

tomba, l’epitaffio di Victoria, fidelis : 135 ((monogramma Christi)) Victoria, fide-lis, rece(ssit)/ VIII kal(endas) mai{i}as (fig. 34).

Un grande monogramma dipinto in rosso su intonaco bianco campeggiaanche al centro della lunetta del vicino arcosolio 16 136 (fig. 35): l’intera deco-razione della tomba, nella quale il cristogramma centrale è inquadrato inuno spazio transennato,137 è eseguita in maniera rapida e sommaria.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 259

135 L’iscrizione è dipinta in rosso su una base di intonaco bianco. Del monogramma cri-stologico, che precede l’epitaffio, si conserva solo la metà inferiore. Il numerale relativoalla data di morte (VIII) è espresso utilizzando l’episemon. Le lettere sono alte 0,8-4 cm.L’appellativo fidelis era precedentemente attestato a Canosa solo dall’epitaffio di Alexander,rinvenuto nel vicino ipogeo B, dipinto in rosso, sull’intonaco di rivestimento del muro dichiusura di una nicchia sepolcrale polisoma [CAMPESE SIMONE, Un nuovo sepolcreto cit. (nota33), pp. 111-119]. L’iscrizione riporta la data di morte di Victoria attraverso l’uso del verborecessit, in forma abbreviata per sospensione, comune a Roma e nelle regioni dell’Impero(CH. PIETRI, Inscriptions funéraires latines, in Christiana respublica. Éléments d’une enquête sur lechristianisme antique, III, Rome 1997, p. 1455).

136 L’arcosolio (tomba 16) presenta volta a catino e due arche affiancate scavate nellaroccia; si conservano, anche se sconnessi, i lastroni in calcarenite di copertura delle cassesepolcrali, ricoperti da uno strato di terra e da uno di malta. Le pareti interne della tombasono decorate ad affresco: per regolarizzare il banco roccioso questo venne ricoperto daun primo strato di preparazione (con malta grigia ad impasto grossolano con grossiinclusi) sul quale fu disteso l’intonaco bianco, poi affrescato. Un analogo sistema di rego-larizzazione della roccia è stato osservato anche nei nuclei A e B (arcosolio B3a) e nellacatacomba C (cfr. supra, pp. 228 e 248).

137 Al momento delle indagini l’affresco è stato rinvenuto in precario stato di conser-vazione, del tutto mancante nella volta e lacunoso nelle pareti laterali. I tempi limitati delnostro intervento non hanno permesso di effettuarne il consolidamento. Tuttavia, un’at-tenta ricognizione delle porzioni di affresco distaccato, che si vedono chiaramente allabase delle pareti, qualora fosse realizzata in tempi rapidi potrebbe portare a una ricostru-zione completa della decorazione della tomba. Allo stato attuale si può agevolmente rico-noscere l’impianto decorativo della sepoltura, che sembra voler richiamare un ambienteagreste delimitato da transenne, rese con il motivo a pelte e tramite l’incrocio in diagonaledi pennellate rettilinee che formano semplici elementi di recinzione. Nella lunetta, inposizione non esattamente centrale, campeggia un monogramma cristologico. La pitturaè realizzata interamente con pennellate di colore rosso. Questo tipo di decorazione, purein un impianto estremamente semplificato, sembra voler rimandare a un ambiente para-disiaco, di frequente reso proprio attraverso il riferimento a orti e giardini (vd. F. BISCONTI,Paradiso, in F. BISCONTI (cur.), Temi di iconografia paleocristiana, Città del Vaticano 2000,p. 241). Impianti decorativi simili si riscontrano in pittura per es. nella catacomba di Callistoa Roma (cfr. A. NESTORI, Repertorio topografico delle pitture delle catacombe romane, Città del Vati-cano 1993, p. 108 arcosoli 34 e 38). Ancora da Roma confronti si possono proporre con lafronte di alcuni sarcofagi marmorei, che presentano al centro un monogramma cristolo-gico tra due transenne, rappresentate proprio con l’iterazione del motivo a pelte (cfr. F. W.DEICHMANN - G. BOVINI - H. BRANDENBURG, Repertorium der christlich-antiken Sarkophage. I, Romund Ostia, Wiesbaden 1967, nr. 859). Interessanti analogie si sono potute riscontrare anchecon la decorazione dipinta in rosso, che si trova sulla parete frontale di un arcosolio del

260 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig.

34.

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C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 261

Fig. 36. Ipogeo H, ubicazione dell’ipogeo e particolare della decorazione dell’arcosolio

Fig. 35. Ipogeo F, tomba 16

decumanus maximus della catacomba di San Giovanni a Siracusa, con monogramma cristo-logico al centro di un graticcio, pure giustamente ricondotta all’ambito paradisiaco (vd.M. SGARLATA, S. Giovanni a Siracusa, Città del Vaticano 2003, p. 65 e fig. 38).

138 Anche la decorazione dell’arcosolio dell’ipogeo H, per quanto è possibile rilevare,sembra rimandare ad ambiente bucolico, reso abbastanza frequentemente proprio attra-verso la rappresentazioni di ghirlande [cfr. per es. quanto riportato nell’indice tematico inNESTORI, Repertorio topografico cit. (nota 137), p. 203]. Dal punto di vista formale la decora-zione dell’arcosolio di Canosa pare presentare particolare somiglianza con quella dell’ar-cosolio a26 della Catacomba anonima di Via Anapo a Roma, datata in età tetrarchica-pro-tocostantiniana (cfr. J. G. DECKERS - G. MIETKE - A. WEILAND, Die Katakombe “ Anonima di viaAnapo ”. Repertorium der Malereien, Città del Vaticano 1991, pp. 14, 51-53, farbtaf. 2).

139 L’arcosolio è l’unica parte attualmente nota dell’ipogeo H, che dovrebbe estendersiin corrispondenza del limite settentrionale del saggio V.

140 Cfr. supra, p. 257. Il muro che chiude la lunetta dell’arcosolio presenta uno deglielementi ricorrenti negli ipogei in esame: il rivestimento d’intonaco bianco delle paretimurarie e la realizzazione, attraverso pennellate di colore rosso, di una finta cortina.

141 Cfr. supra, p. 248 e infra, p. 257.142 L’anello digitale in bronzo presenta verga liscia e castone rilevato di forma circolare

(per il tipo cfr. H. GUIRAUD, Bagues et anneaux à l’époque romaine en Gaule, in Gallia, XLVI1989, pp. 188-191 e I. BALDINI LIPPOLIS, L’oreficeria nell’impero di Costantinopoli tra IV e VII

Nel corso della ricognizione nell’ipogeo, attraverso una frattura nellaroccia adiacente all’arcosolio ora descritto, si è potuta intravedere una tombaad arcosolio, decorata con un motivo a ghirlande 138 estremamente dan-neggiato, riferibile a un ulteriore nucleo ipogeo da noi denominato H 139

(fig. 36).Il nucleo superiore (G) si sviluppa lungo un asse ortogonale rispetto

all’ambiente sottostante (cfr. fig. 32). In questo caso, adattandosi all’anda-mento del banco roccioso, l’ipogeo presenta una galleria a cielo aperto, conpareti occupate da loculi, e un vasto ambiente terminale, ormai privo dicopertura, con arcosoli e tombe a cassa. Le sepolture presentano caratterianaloghi rispetto a quelle sottostanti, in particolare per ciò che riguarda ilsistema di chiusura della lunetta dell’arcosolio 12, realizzata con una partefissa in muratura e una parte mobile con un lastrone calcare sul quale furonoapplicati diversi strati di malta, su cui si intravedono i resti, quasi del tuttoevanescenti, di epitaffi dipinti relativi alle successive occupazioni dello spaziosepolcrale.140 Nel settore meridionale dell’ambiente è stato possibile riscon-trare la presenza di una tomba a cassa su podio, costruita in muratura ditufelli e mattoni (tomba 6) (fig. 37), con un’edicola in posizione semicen-trale di tipo analogo a quelle della necropoli subdiale e dell’ipogeo A.141 Daassociare verosimilmente alla deposizione manomessa rinvenuta all’internodella sepoltura un anello digitale in bronzo con monogramma cristologicoinciso sul castone 142 (fig. 38).

262 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Informazioni importanti sono state fornite dal ritrovamento dell’ultimorigo di un’iscrizione graffita sull’intonaco di rivestimento del parapetto del-l’arcosolio 4 posto sulla parete di fondo dell’ambiente (fig. 39). Il parapettoin muratura, riferibile a una fase di rifacimento della sepoltura, rivestito daintonaco bianco su cui era stata sommariamente dipinta in rosso una recin-zione 143 reca l’iscrizione con la menzione del console Flavius Rumoridus del-l’anno 403: 144 - - - - - - / et Fl(avi) Romodori.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 263

Fig. 37. Ipogeo G, ambiente G1. Tomba 6

Fig. 38. Ipogeo G, ambiente G1. Tomba 6, anello in bronzo

secolo, Bari 1999, pp. 188-189 e 199-201). La datazione si può circoscrivere tra la metà delIV e il V secolo.

143 Anche in questo caso, come nel sottostante arcosolio 16, la recinzione è resa inmaniera piuttosto semplificata attraverso l’uso esclusivo del colore rosso e, dal punto divista grafico, con l’alternanza di pennellate disposte sia orizzontalmente e verticalmente siaincrociate in diagonale.

144 Dell’iscrizione resta l’ultimo rigo relativo all’indicazione della coppia consolare: ilpersonaggio menzionato è Flavius Rumoridus console con Teodosio II nel 403 (A. DEGRASSI,I Fasti consolari dell’Impero romano, Roma 1952, p. 86; PLRE I Flavius Rumoridus; S. R. BAGNALL -A. CAMERON - S. R. SCHWARTZ - K. A. WORP, Consuls of the Later Roman Empire, Atlanta 1987,

264 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig.

39.

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La data indicata dall’epigrafe permette di attribuire la ristrutturazionedella tomba ad arcosolio ai primi anni del V secolo e di riferire l’escavazionedel nucleo cimiteriale alla seconda metà del IV secolo. Al medesimo arcotemporale sono verosimilmente da rapportare anche lo scavo e l’uso funera-rio dell’ipogeo sottostante, che presenta caratteri strutturali analoghi. Que-sta cronologia non contrasta inoltre con i dati desumibili dall’iscrizione diVictoria e dalla decorazione dell’arcosolio dipinto con il monogramma cri-stologico. La data riportata dall’iscrizione rappresenta allo stato attuale delleindagini l’elemento più significativo per ancorare cronologicamente le fasidi vita di questo settore della necropoli. Altre indicazioni utili si sono potutericavare dallo studio dei materiali ceramici rinvenuti in uno strato di fre-quentazione del dromos di accesso dell’ipogeo superiore: l’accumulo, chereca evidenti tracce di bruciato, e che si può ragionevolmente collegare alleultime frequentazioni dell’ambiente, molto probabilmente non connesseall’uso funerario, contiene materiali ceramici che si collocano per la maggiorparte nel V-VI secolo e un frammento di anfora databile tra la metà del VI eil VII secolo.145

Si segnala inoltre il singolare rinvenimento di oggetti abbandonati in unanicchia all’ingresso del vano ipogeo G1 (fig. 40): una ciotola all’interno dellaquale erano sistemati una brocca e due bracciali in bronzo. La ciotola imitauna forma analoga di produzione africana in sigillata A (Hayes 14B),secondo una prassi attestata anche in contesti pugliesi e lucani nel IV-VIsecolo; 146 la piccola brocca con ingobbio rosso-arancione trova confrontocon esemplari rinvenuti in area apula e si data tra la seconda metà del IV e ilV secolo; 147 le due armille in bronzo sono del tipo “ a fili ritorti ” e trovano

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 265

pp. 340-341). Il nome del console è attestato epigraficamente con diverse varianti, tra lequali la forma Romodorus, compare per es. in un’iscrizione della catacomba di Ponziano aRoma (ICUR, II 4507). La formula usata, lacunosamente conservata, doveva essere com-posta da consulatum o consulatu seguito dagli elementi nominali in caso genitivo. Le lettere,graffite con tratto incerto e irregolare, sono alte 2,8-4,3 cm.

145 Lo strato è la US 5078 = 5079. Si segnala in particolare il rinvenimento dell’orlo diuna Late Roman Amphora 4B, che è stato collocato cronologicamente tra la seconda metàdel VI e del VII secolo d.C. [PIERI, Les amphores cit. (nota 72), pp. 258-259].

146 La ciotola imita non solo nella morfologia ma anche nella stesura dell’ingobbio laforma Hayes 14B/Lamboglia 3b, in ceramica sigillata africana di produzione A. Lo stessotipo è attestato a Ordona (domus B; dagli strati di riempimento della cisterna della domusB) in contesti di IV-V secolo d.C. [ANNESE, Le ceramiche cit. (nota 84), p. 318, tipo 1.1 e TUR-CHIANO, La cisterna cit. (nota 91), p. 356].

147 La brocca è caratterizzata da un orlo trilobato, collo non slanciato e dal profilotronco-conico. Ansa a nastro con solco centrale e profilo lievemente curvilineo. Il corpopresenta un profilo globoso e una evidente rastrematura in corrispondenza del piedebasso, ad anello con una superficie ombelicata. L’ingobbio è di colore rosso-arancione

Fig. 40. Ipogeo G, ambiente G1. Oggetti rinvenuti all’ingresso

266 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 41. Ipogeo G, ambiente G1. Tomba 4, contenitore in malta

numerosi confronti in contesti di IV-VI secolo.148 Gli oggetti rinvenuti furonoforse abbandonati nella nicchia nel corso della spoliazione dell’ambiente ein origine erano probabilmente pertinenti a corredi sepolcrali.

Riferibile al rituale funerario si può ritenere una struttura realizzatainsieme alla copertura dell’arcosolio 4: si tratta di un piccolo contenitore diforma circolare (� 17 cm), in malta bianca allisciata superficialmente, carat-terizzato da una cavità centrale di forma tronco-conica, posizionata lungo ilbordo sinistro della cassa dell’arcosolio, nel momento in cui si era provve-duto a richiudere l’arca, dopo l’ultima deposizione, con il consueto strato dimalta (fig. 41). Un elemento simile, ma in precario stato di conservazione siè potuto individuare anche nell’arcosolio 16, del sottostante ipogeo F, siste-mato in posizione analoga.

Il dispositivo non presenta i caratteri dei fori libatori, poiché non è diret-tamente collegato con l’interno della sepoltura, ma si può ugualmente inter-pretare come un contenitore nel quale potevano essere alloggiate le offertealimentari ai defunti, sia direttamente sia all’interno di un piccolo recipienteceramico o vitreo, secondo modalità ampiamente attestate per la tarda anti-chità in area mediterranea.149 Un confronto estremamente significativorispetto al contesto da noi indagato è quello con il cimitero di Vaste (Lecce),dove indagini recenti hanno portato alla luce un insediamento sorto intornoa un edificio basilicale, costruito alla fine del IV e in uso fino alla metà del VI

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 267

opaco, ed è diffuso in maniera uniforme su tutta la superficie, tranne in corrispondenzadella rastrematura del fondo, prima dell’attacco con il fondo. Essa, inquadrabile crono-logicamente tra la seconda metà del IV e il V secolo d.C., trova confronto con esemplaririnvenuti a Herdonia [ANNESE, Le ceramiche cit. (nota 84), p. 306, tipo 16; TURCHIANO, Lacisterna cit. (nota 91), p. 356, tipo 5] e San Giusto [A. BIFFINO, Ceramiche comuni dipinte inrosso, G. VOLPE (cur.), San Giusto, la villa, le ecclesiae. Primi risultati dagli scavi del sito ruraledi San Giusto (Lucera): 1995-1997, Bari 1998, pp. 264-265, fig. 311 e 320.5].

148 Armille del tipo a fili ritorti in bronzo, riproduzione degli esemplari in oro dipiena età imperiale romana, sono frequentemente attestate nei cimiteri di IV-V secolo(cfr. A. E. FELLE - M. P. DEL MORO - D. NUZZO, Elementi di « corredo-arredo » delle tombe del cimi-tero di S. Ippolito sulla via Tiburtina, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXX 1994, pp. 127-128). Un frammento di bracciale dello stesso tipo anche nella catacomba C (vd. supra,nt. 70).

149 Sul tema ancora fondamentali le esemplificazioni e le riflessioni di A. M. GIUNTELLA,Mensae e riti funerari in Sardegna. La testimonianza di Cornus, Taranto 1985, pp. 29-63. Tra inumerosi materiali presentati nel volume da A. M. Giuntella si segnala in particolare lamensa semicircolare (vd. fig. 48) ritrovata a Ain el Ksar (in Mauretania Sitifense), recantesul bordo un’iscrizione funeraria, in cui sono raffigurati in rilievo tre contenitori di formacircolare, simili a quelli realizzati in malta da noi ritrovati (P.- A. FÉVRIER, Nouvelles inscrip-tions chrétiennes de la Maurétanie sitifienne, in Rivista di Archeologia Cristiana, XXXVIII 1962,pp. 134-137).

268 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 42. Area subdiale, planimetria del saggio di scavo 2006

secolo, alle cui spalle è stato individuato un contemporaneo nucleo di sepol-ture ipogee.150 Le tombe a fossa erano chiuse con lastroni monolitici in pie-tra leccese, alcuni dei quali lavorati a doppio spiovente con acroteri angolariappositamente spianati, per posizionarvi sopra contenitori di forma circolarerealizzati in malta, molto simili a quelli ritrovati a Canosa. Anche nel caso diVaste è stata evidenziata per questi impianti la stretta relazione con le offertealimentari ai defunti e lo svolgimento di pasti funebri in prossimità delletombe.151

5. IL CIMITERO SUBDIALE

L’attività archeologica ha interessato anche lo spazio subdiale antistantela catacomba e adiacente l’ambiente absidato (saggio III) (cfr. fig. 1). Que-st’area era stata già oggetto di attività di scavo,152 ma poiché si era verificatala conservazione di livelli di frequentazione antica ancora intatti, possibileoggetto di analisi stratigrafica, si è ritenuta opportuna una nuova indagine,finalizzata a determinare con maggiore chiarezza elementi legati alla crono-logia e alle forme di occupazione delle sepolture, con particolare attenzionealla fase tardoantica. Le indagini nell’area subdiale, benché limitate a un sag-gio di non ampie dimensioni 153 (fig. 42) e con stratigrafie in parte intaccatedalle precedenti indagini,154 hanno permesso di definire su basi concretealcuni aspetti relativi alle modalità e ai tempi di frequentazione della necro-poli.

Il sepolcreto a cielo aperto, si sviluppò lungo l’asse stradale principaledella città, la via Traiana, che probabilmente ne lambiva il limite settentrio-nale 155 (fig. 43). Infatti, le emergenze archeologiche di carattere funerariodel municipio canosino risultano disposte, a partire dalla tarda Repubblica,

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 269

150 D’ANDRIA - MASTRONUZZI - MELISSANO, La chiesa e la necropoli paleocristiana di Vaste cit.(nota 118), pp. 142-168.

151 Ibid., pp. 160, 165-168.152 Cfr. supra, nota 13.153 Il saggio III comprende un’area di 106 m2.154 Nel corso degli scavi compiuti nel 1954-55 ad una prima fase dedicata alla rimo-

zione del terreno alluvionale, seguì lo sterro delle strutture funerarie e della zona imme-diatamente antistante, lungo una trincea larga ca. 50 cm, da noi ritrovata, che attraversa ilsaggio in direzione nord-sud.

155 Sul percorso della via Traiana nella Puglia settentrionale vd. G. ALVISI, La viabilitàromana della Daunia, Bari 1970, pp. 31-48 e per il passaggio a Canosa M. D. MARIN, Topo-grafia storica della Daunia antica, Napoli 1970, pp. 48-57; M. CHELOTTI - M. SILVESTRINI, Su duenuovi miliari della « via Traiana », in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia. Università di Bari,XXIII 1980, pp. 187-196; M. MIROSLAV MARIN, La viabilità, in Principi, pp. 806-811; M. SILVE-STRINI, La viabilità nella documentazione epigrafica, in Principi, pp. 814-816.

270 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

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lungo l’asse stradale che sarà ricalcato dalla via Traiana, concentrandosi neinuclei lungo l’attuale via di Cerignola, ad Ovest dell’abitato, e in localitàLamapopoli, verso Est. La destinazione funeraria dell’area occidentale è sot-tolineata dai grandi monumenti funerari costruiti lungo il principale assestradale cittadino.156

Le strutture individuate a Ponte della Lama sono riferibili a percorsisecondari rispetto alla viabilità principale, sulla quale si affacciavano verosi-milmente sepolcri più antichi e di maggiore impegno monumentale.157

Attualmente, sembra si possa riferire a una delle fasi di occupazione piùantica della necropoli solo il recinto per sepolture a incinerazione indivi-duato presso il limite meridionale (16) (cfr. fig. 5).158 L’edificio, oggi com-pletamente ricoperto da vegetazione, presenta un orientamento diverso (conaccesso a sud) e sembra riferibile, dunque, a una precedente sistemazione

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 271

156 La necropoli situata lungo il tratto della via Traiana che passa a ovest della città nonè mai stata oggetto di uno studio complessivo, anche se una serie di interventi circoscrittia singoli monumenti permettono di definire un’occupazione estesa dal I al IV secolo d. C.con edifici, almeno nella fase più antica, di notevole impegno monumentale. Vd. G. L’A-RAB, Il Mausoleo Bagnoli, in Principi, pp. 712-713; F. TINÉ BERTOCCHI, Il Mausoleo Barbarossa, inPrincipi, pp. 714-715; EAD., Aree cimiteriali lungo la via Traiana, in Principi, pp. 716-717;G. L’ARAB, La Torre Casieri, in Principi, pp. 718-719; M. CORRENTE - A. CUCCIOLLA, Piano di recu-pero delle aree periferiche canosine tra il ponte romano sull’Ofanto e l’Acropoli lungo la via AppiaTraiana: presenze tratturali ed evidenze archeologiche, in Carta Archeologica e pianificazione territo-riale: un problema politico e metodologico. Primo incontro di Studi (Roma 1997), Roma 1999,pp. 197-203; E. BARCHETTA - F. D’ALOIA, Canosa di Puglia (Bari). Mausoleo Bagnoli, in Taras,XX 2000, pp. 54-57.

157 Ancora utili, a questo proposito, le osservazioni presentate in diversi contributi alconvegno Römische Gräberstrassen (München 1985), tra i quali vd. in particolare: E. M.STEINBY, La necropoli della Via Triumphalis, in Römische Gräberstrassen. Selbstdarstellung – Status– Standard, München 1987, pp. 85-110; I. BALDASSARRE, La necropoli dell’Isola Sacra, ibid.,pp. 125-138; J. ORTALLI, La via dei sepolcri a Sarsina, ibid., pp. 155-182 (particolari conver-genze dal punto di vista dell’organizzazione dell’insediamento cimiteriale, del rapportocon la viabilità e dei tipi monumentali sembra si possano stabilire tra la necropoli delPonte della Lama e quella, studiata da Ortalli, di Pian di Bezzo a Sarsina). Ulteriori osser-vazioni in J. ORTALLI, Il culto funerario della cispadana romana. Rappresentazione e interiorità, inRömische Bestattungsbrauch und beigabensitten. Culto dei morti e costumi funerari romani, Wie-sbaden 2001, pp. 219-223. Sul ruolo di Gräberstrasse dell’Appia Traiana a Canosa, a partiredal I secolo a. C., vd. E. LIPPOLIS, Organizzazione delle necropoli e struttura sociale nell’Apulia elle-nistica. Due esempi: Taranto e Canosa, in Römische Gräberstrassen cit., pp. 139-154.

158 Alcune delle tombe antistanti quelle note sono riconoscibili lungo la sponda artifi-ciale del Canale Lamapopoli, nel taglio formatosi in età moderna che ha prodotto unamarcata e artificiale frattura nell’area pianeggiante in cui era stata realizzata la necropoliromana [cfr. L. DI BARI, Proposta di riqualificazione ambientale: rinaturalizzazione del corridoio dicontinuità naturale del bacino idrografico del canale Lamapopoli (agro di Canosa di Puglia), inL. BERTOLDI LENOCI (cur.), Canosa. Ricerche storiche 2004, Fasano 2005, pp. 249-266].

dell’area, inquadrabile, in base alla cronologia proposta per il recinto, nel IIsecolo d. C.159

I materiali scultorei ed epigrafici, datati a partire dal I secolo a. C., reim-piegati nelle sepolture oggi note, dovevano appartenere alle tombe più anti-che, spoliate una volta cadute in disuso.160 Particolarmente significativo ilmateriale epigrafico esclusivamente di carattere funerario rinvenuto negliscavi del 1954 soprattutto in forma sporadica, che permette di conoscere, siapure indirettamente, la presenza nella zona di un sepolcreto di liberti e augu-stales, riferibile al I-II secolo d. C.161 Alcune iscrizioni furono riutilizzate intombe più tarde, in particolare come elemento di chiusura di fosse terragne,sistemate, verosimilmente nella tarda antichità, presso le più imponenti

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159 Per la datazione del recinto e la sistemazione dell’area vd. MORENO CASSANO, La necro-poli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 391-395 e 405 e CASSANO, La necropoli del Pontedella Lama cit. (nota 16), pp. 870-871.

160 Cfr., ancora, le osservazioni di Ortalli a proposito della necropoli di Sarsina:ORTALLI, La via dei sepolcri a Sarsina cit. (nota 157). Tra i materiali scultorei rinvenuti sisegnalano la statua di togato datata alla fine del I secolo a. C. [MORENO CASSANO, Lanecropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 385 e CASSANO, La necropoli del Ponte dellaLama cit. (nota 16), pp. 871-872], il frammento di fregio dorico tardo repubblicanoreimpiegato come copertura della tomba a fossa (22) [MORENO CASSANO, La necropoli delPonte della Lama cit. (nota 16), coll. 397-398 e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lamacit. (nota 16), p. 871] e il battente di porta in pietra calcarea utilizzato per chiudere lacassa all’interno della tomba 7 [MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit.(nota 16), coll. 391-395 e 405 e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16),p. 870]. Sul rapporto tra i materiali reimpiegati e le fasi primitive della necropoli delPonte della Lama vd. M. CORRENTE, Canosa di Puglia (Bari). Lamapopoli, in Taras, XVI1996, pp. 40-42.

161 Le iscrizioni rinvenute a Ponte della Lama nel corso degli scavi di Gervasio, dopouna prima menzione in MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16),sono state pubblicate in M. CHELOTTI, Nuove testimonianze di Augustali a Canosa, in A. RIC-CARDI - A. CIANCIO - M. CHELOTTI, Canosa I, Bari 1980, pp. 72-73 e ERC 31, 43, 59 e 59A, 64,65, 66 e 66A, 79, 127, 140, 167 e 180. Ritrovamenti successivi all’intervento degli anni Cin-quanta sono segnalati in ERC, Add. 21 (iscrizione sepolcrale rinvenuta nel 1989 durante ilavori di risanamento dell’area, datata nel II secolo d. C.) e in M. SILVESTRINI, Epigraphica:Luceria, Canusium, Cannae, Silvium, I Bitontini in Sardegna, in Epigrafia e territorio, V, Bari1999, pp. 134-135 (architrave sepolcrale venuto alla luce nel 1995, che doveva sormontarel’ingresso a un mausoleo, datato tra fine II e III secolo d. C.). Le numerose altre epigrafisepolcrali rinvenute sporadicamente nell’area di Lamapopoli (ERC 34, 56, 73, 74, 86 e86A, 118 e 118A, 134 e 150, 139 e 139A, 142, 146, 182, 201 e 201A, 204, 205 e 205A, Add.8, Add. 10) si datano tra il I e il IV secolo d. C. e documentano l’intensa occupazione del-l’area per tutta l’età imperiale. Si segnalano inoltre le iscrizioni dipinte in un colombarioindividuato a « m 200 ca. direzione ovest dalla necropoli di S. Sofia » (vd. S. TEMPESTA, Primeschede di un rilevamento topografico in Puglia, in Bollettino d’arte, s. V, LX 1975, pp. 245-248;ERC 243 e 245).

architetture in muratura.162 Un ulteriore reimpiego di età tardoantica è do-cumentato dalla stele funeraria usata, insieme ad altro materiale lapideo, percostituire il podio del sarcofago posto al centro dell’abside della cd. basi-lica.163

Anche all’interno della catacomba sono state ritrovate epigrafi probabil-mente reimpiegate come elementi di chiusura delle tombe, ma in originepertinenti la necropoli subdiale, come la lastra sepolcrale di liberti della gensTampia rinvenuta da Lavermicocca in un cubicolo, datata nel I secolo d. C.164

Le strutture oggi visibili si possono attribuire a un periodo successivo dioccupazione della necropoli, databile a partire dall’età severiana,165 con latomba a baldacchino (5) 166 e le edicole in laterizio (7 e 12),167 tutte sepoltureche si qualificano come tombe singole, schierate – come si è accennato –lungo sentieri in terra battuta (fig. 44).

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 273

162 Si tratta dell’iscrizione funeraria dei Poppaedii, della prima metà del II secolo d. C.,ritrovata a posto presso il sarcofago 13 (cfr. fig. 5) [MORENO CASSANO, La necropoli del Pontedella Lama cit. (nota 16), coll. 399-400 e fig. 49; M. CHELOTTI, Nuove testimonianze di Augu-stali cit. (nota 161), nr. 4, pp. 72-73; ERC 59 e 59A] e della dedica del magister augustalisP. Fabricius Cladus, datata alla fine del II secolo e collocata presso la tomba 12 [MORENO CAS-SANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 400 e fig. 50; M. CHELOTTI, Nuovetestimonianze di Augustali cit. (nota 161), nr. 5, pp. 73-74; ERC 65].

163 Sull’edificio vd. infra, pp. 279-282. L’iscrizione, una stele funeraria, è stata pubbli-cata in ERC 167 e datata nel I-II secolo d. C.

164 Vd. LAVERMICOCCA, Recente esplorazione cit. (nota 28), pp. 191-192; CARLETTI, Nota biblio-grafica cit. (nota 9), p. 174; ERC 188 e V. MORIZIO, Topografia dei rinvenimenti, in ERC, p. 197;M. SILVESTRINI, Un itinerario epigrafico lungo la via Traiana. Aecae, Herdonia, Canusium, Bari1999, p. 142. Pure nel corso delle nostre indagini sono stati rinvenuti alcuni titoli sepol-crali pagani attualmente in corso di studio.

165 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 407-410 e CAS-SANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), pp. 872-873.

166 Il sepolcro è stato attentamente descritto in MORENO CASSANO, La necropoli del Pontedella Lama cit. (nota 16), coll. 373-378 e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota16), p. 869.

167 Vd., anche per queste sepolture, MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lamacit. (nota 16), coll. 382-386 e 389-391; CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota16), p. 870. È significativo sottolineare che in entrambi i casi si tratta di strutture costruiteallo scopo di ospitare una sola tomba a cassa in muratura, sistemata a ridosso della paretedi fondo. Infatti, una sola sepoltura (anche se fortemente compromessa) è visibile nellatomba 12, ed è chiaro che, nella tomba 7, le due casse laterali (b e c) sono da riferire a unarisistemazione dell’ambiente che comportò, per garantire loro uno spazio sufficiente, ilrestringimento dell’ingresso e la sistemazione di una soglia di dimensioni adeguate. D’al-tra parte la posteriorità delle due casse laterali è documentata dall’evidente addossamentodelle strutture, dalla tecnica muraria usata e dall’epitaffio del puer Ilarianus, che rivestiva laparete frontale della cassa 7c, datato nel V secolo [CARLETTI, Iscrizione metrica cit. (nota 18),pp. 185-186].

274 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 44. Cimitero subdiale, veduta del saggio di scavo 2006 da nord

Fig. 45. Cimitero subdiale, tomba 4a

La tomba 4, anch’essa un’edicola in laterizi e in listato, destinata in ori-gine a contenere la sola tomba posta sul fondo, presenta caratteri strutturalianaloghi alle vicine 7 e 12.168 Alcuni elementi suggeriscono, tuttavia, di posti-cipare il momento di costruzione della struttura rispetto alle altre edicole, inrapporto alla sua posizione e alla conformazione della tomba a cassa. Si puòosservare, infatti, il mancato allineamento (cfr. fig. 5) con le tombe adiacenti,che suggerisce una relazione più significativa con l’ambiente absidato, piut-tosto che con il battuto stradale, rispetto al quale erano stati posizionati glialtri edifici. Un altro elemento significativo si può riscontrare nella tipologiadella cassa costruita sul fondo (tomba 4a) che presenta, al centro dellafronte, due edicole in laterizio affiancate (fig. 45). Come è stato già osservato,un tipo di decorazione molto simile era stato adottato in tombe a cassa deivicini ipogei A, B e G,169 tutti databili nella seconda metà del IV-V secolo, ele-mento che suggerisce una cronologia analoga anche per la sepolturacostruita all’interno della tomba 4.170

Tra la fine del III e il IV secolo alcuni sarcofagi furono sistemati neglispazi di risulta, non sempre rispettando il più antico allineamento.171 Rispetto

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 275

168 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 369-373 e CAS-SANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), pp. 868-869.

169 Per quanto riguarda la tomba Ac(2) nell’ipogeo A vd. supra, p. 248, e per quellaindividuata nel nucleo G (6) vd. supra, p. 262. Una sepoltura simile era stata realizzata purenel cubicolo b8 dell’ipogeo B, della quale tuttavia conosciamo solo uno dei lati minori chepresenta, appunto, un’edicola con tracce di intonaco [cfr. CAMPESE SIMONE, Un nuovo sepol-creto cit. (nota 33), p. 112 e fig. 16]. Anche Lavermicocca riteneva che la cassa con nicchiedell’ipogeo A potesse essere contemporanea a quella della tomba 4 e per questo propo-neva di datare entrambe le strutture, subdiale e ipogea, nella metà del III secolo [LAVERMI-COCCA, Recente esplorazione cit. (nota 28), pp. 177-178]. Una più esatta definizione cronolo-gica della tomba 4 dovrà ricavarsi, comunque, dallo scavo dei depositi che si conservanoall’interno e all’esterno dell’edificio.

170 Per queste sepolture in muratura, caratterizzate dalla presenza di una o due edicole,di spessore limitato, il confronto più significativo sembra si possa stabilire con i cosiddettisarcofagi “ architettonici ”, che presentano, pur nelle diverse varianti, una organizzazionedella fronte ripartita attraverso la presenza di archetti [su questo tipo di sarcofagi vd. L. DE

MARIA, Riflessioni sulla produzione dei cosiddetti Sarcofagi “ architettonici ”, in F. BISCONTI - H. BRANDENBURG (curr.), Sarcofagi tardoantichi, paleocristiani e altomedievali, Città del Vaticano2004, pp. 131-148]. Le tracce di rivestimento di intonaco bianco, individuate, seppure nonsistematicamente, sulla fronte della casse suggerisce la possibilità di un voluto riferimentoalle più elaborate produzioni litiche.

171 Anche in questo cimitero, come è stato osservato a proposito di altre Gräberstrassen,le sepolture più tarde e più distanti rispetto all’asse viario, si organizzavano per gruppi chenon tenevano più conto del fronte stradale (cfr. per es. STEINBY, La necropoli della ViaTriumphalis cit. (nota 157), p. 106). Di difficile collocazione cronologica, come già sottoli-neato dalla Cassano [MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll.

a quanto visibile al momento delle scoperta degli anni Cinquanta la situa-zione appare oggi molto compromessa e la maggior parte dei sarcofagi alloraindividuati è andata perduta.172 Tuttavia dai monumenti ancora a posto edalla documentazione dei vecchi scavi si è potuta verificare la presenza didiversi tipi di casse sistemate nell’ambito della necropoli subdiale. Tra letombe 5 e 7 fu sistemato un sarcofago infantile di produzione locale, in pie-tra di Trani, poggiante su due blocchi irregolari. Si tratta della tomba di C.Servilius Crispinus, decorata con festoni e bucrani, datata alla fine del IIIsecolo.173 Attualmente il sarcofago, visto in situ fino al 1984, è disperso, men-tre il coperchio, monolitico, con tetto displuviato ed acroteri e con asciaincisa sui lati minori, è stato da noi ritrovato presso la base della cassa.174

276 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

358-364 e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), p. 867], il sarcofago inpietra di Trani posto davanti all’ingresso attuale della catacomba e sistemato su un podiocon due gradini. Si tratta di una cassa monolitica con la fronte inquadrata da una cornicea listello e gola diritta, mentre la parte posteriore e i fianchi sono privi di decorazione; ilcoperchio è a tetto displuviato con acroteri angolari. Come riportato dalla Cassano la data-zione del sarcofago si potrebbe circoscrivere grazie al fatto che esso fu ritrovato, almomento della scoperta, completamente ricoperto dai detriti derivanti dallo scavo delvicino ipogeo A: il sarcofago sarebbe pertanto più antico del nucleo cimiteriale e prece-dente al IV secolo [MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 363e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), p. 867]. Tuttavia, secondo quantosi può osservare a proposito dei fenomeni alluvionali che interessarono ripetutamente l’a-rea in esame, sembra possibile riferire l’interramento del sarcofago anche a una possibilenaturale modificazione altimetrica dell’area conseguente a una frana o a una alluvione.Che il sarcofago fosse ricoperto di terra, probabilmente intorno alla metà del IV secolo, èdimostrato dal fatto che parte dell’abside dell’antistante ambiente basilicale risultacostruito contro terra.

172 La rapida dispersione di materiali archeologici e, soprattutto, di sarcofagi nelperiodo immediatamente successivo alla scoperta e negli anni delle indagini è documen-tata da una serie di resoconti di Maddalena conservati presso l’Archivio della Soprinten-denza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia (cartella BA XIII – Canosan. 19 – Ritrovamenti archeologici).

173 L. TODISCO, Il sarcofago Meo Evoli ed altri a ghirlande di produzione apula, in A. CIANCIO

(cur.), Archeologia e territorio. L’area peuceta, Putignano 1989, pp. 127-145. Precedentementeil sarcofago era stato datato dalla Cassano nei primi decenni del IV secolo [MORENO CAS-SANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 378-382 e CASSANO, La necropoli delPonte della Lama cit. (nota 16), pp. 869-870]; mentre più di recente L. Faedo lo ritiene col-locabile nella metà del III secolo (L. FAEDO, Aspetti della cultura figurativa nel territorio delleregioni II e III tra III e V secolo, in L’Italia meridionale in età tardoantica. Atti del trentottesimo con-vegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto 1998), Taranto 1999, pp. 493-497). L’iscrizione alcentro della cassa riporta l’epitaffio del piccolo C. Servilius Crispinus con dedica dellamadre (ERC 183).

174 Il coperchio del sarcofago risultava disperso all’epoca della redazione di ERC 183ed è stato, invece, ritrovato nelle nostre indagini in corrispondenza del luogo originario direperimento [cfr. MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), fig. 23].

Il gruppo più numeroso è costituito da una serie omogenea di settegrandi sarcofagi in calcare privi di decorazione e di iscrizioni, chiusi concoperchi a due spioventi e acroteri arrotondati.175 La maggior parte di questesepolture non è più in posto, ma alcune informazioni si possono ricavaredalle descrizioni riportate al momento delle prime indagini,176 dalle fotogra-fie e dal rilievo eseguito negli anni Sessanta (cfr. fig. 5).177 In quest’ultimo sipossono distinguere due gruppi di sepolture: i sarcofagi 9 e 18, che sono rife-ribili alla fila delle tombe 5, 7 e 17, mentre i sarcofagi 10, 11, 13, 14 e 15 sonodisposti disordinatamente rispetto a un allineamento viario. Attualmentesono visibili solo due sarcofagi (10 e 11) (fig. 46), estremamente danneggiati,sistemati su basamenti composti da un filare di blocchi squadrati. La siste-mazione delle casse negli spazi di risulta e il mancato allineamento con i piùantichi battuti stradali sembra suggerirne una collocazione in una fase di svi-luppo abbastanza avanzata della necropoli.178 Inoltre, l’estrema semplifica-zione dell’impianto strutturale e il coperchio a doppio spiovente con acroteriangolari avvicina gli esemplari del Ponte della Lama alle produzioni tar-doantiche attestate a Concordia, nella necropoli di levante 179 e nei recintisepolcrali affiancati alla basilica Apostolorum,180 e a Vicenza, documentate dalrinvenimento dei sarcofagi della necropoli della via Postumia.181 Anche aSalona, nel cimitero di Manastirine, dopo la fine delle importazioni di sar-cofagi orientali, si diffonde una produzione locale in calcare con pezzi che

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175 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 396. 176 Cfr. supra, pp. 213-215.177 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), fig. 3.178 Cfr. supra, p. 275, nt. 171.179 Sulla necropoli concordiese e l’importante gruppo di sarcofagi vd. da ultimo

C. NOVIELLO, Su alcuni disegni di interesse concordiese del Cod. Vat. Lat. 10524 (con osservazionisui sarcofagi di Concordia), in Rivista di Archeologia Cristiana, LXXIV 2003, pp. 409-467 (conbibliografia precedente).

180 Per il complesso della basilica Apostolorum a Concordia vd. G. CUSCITO, Cromazio diAquileia e la chiesa di Concordia, in Studi su Portogruaro e Concordia. Antichità altoadriatiche XXV,Udine 1984, pp. 69-84; G. CANTINO WATAGHIN, Fra tarda antichità e altomedioevo, in Storia diVenezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima. I. Origini-Età ducale, L. CRACCO RUGGINI -M. PAVAN - G. CRACCO - G. ORTALLI (curr.), Roma 1992, pp. 338-343. Dello stesso tipo ancheun sarcofago rinvenuto presso Concordia [L. VILLA, La necropoli tardoantica di Arzene, inP. CROCE DA VILLA - E. DI FILIPPO BALESTRAZZI (curr.), Concordia Sagittaria. Tremila anni di sto-ria, Rubano 2001, pp. 55-57].

181 Cfr. A. M. PAIS, Sarcofagi romani delle Venezie di manifattura locale, in Archeologia Clas-sica, XXX 1978, pp. 147-185; M. MIRABELLA ROBERTI, Il cimitero, in La basilica dei santi Felice eFortunato in Vicenza, Vicenza 1980, pp. 58-67 e S. LUSUARDI SIENA, Vicenza, in A. CASTAGNETTI -G. M. VARANINI (curr.), Il Veneto nel medioevo. Dalla « Venetia » alla Marca Veronese, Verona1989, II, pp. 188-217.

nel IV secolo si caratterizzano per la progressiva semplificazione del latofrontale, che si può presentare anche privo di elementi decorativi.182 Alla lucedel contesto di rinvenimento e dei confronti tipologici il gruppo di sarcofagiin calcare del Ponte della Lama si potrebbe collocare nell’ambito del IVsecolo.183

278 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 46. Cimitero subdiale, tomba 10 e 11

182 Vd. N. CAMBI, Les sarcophages de Manastirine, in Salona III. Recherches archéologiquesfranco-croates à Salone, N. DUVAL - E. MARIN (edd.), Rome-Split 2000, p. 247 e fig. 107c eN. CAMBI, Sarcofagi con la croce al centro della cassa, in Akten des Symposiums “ FrühchristlicheSarkofage ” (Marburg 1999), Mainz 2002, p. 47.

183 Un esemplare più antico, rinvenuto in una discarica nel suburbio meridionale diCanosa in stato estremamente frammentario, è datato con certezza sulla base dell’iscri-

L’esecuzione in calcare locale assicura della presenza a Canosa in età tar-doantica di artigiani in grado di rifarsi a modelli diffusi in area adriatica.184

La totale assenza di decorazione e la bassa qualità del materiale usato eranoforse compensate da un rivestimento di intonaco, individuato in più puntisulle casse superstiti, che poteva fare anche da supporto a iscrizioni dipinte.185

Tra i numerosi elementi emersi nel corso dello scavo, di particolarerilievo è risultata la possibilità di rivedere la relazione tra l’ambiente absidato(la cd. basilica) e le vicine strutture funerarie. Si trattava in sostanza di veri-ficare se, come era stato ipotizzato, la costruzione dell’edificio si dovesse col-locare nell’ultimo periodo di occupazione del cimitero di subdiale 186 e dichiarirne la discussa attribuzione cronologica.187 Dall’analisi stratigrafica edalla ricostruzione degli antichi piani di calpestio è risultato più chiaro il rap-porto di cronologia relativa tra l’ambiente absidato e le vicine tombe 19 e 20:l’edificio precede nel tempo le tombe pavimentali 19 e 20 realizzate in unafase successiva 188 (fig. 47). La costruzione dell’ambiente absidato si inquadraquindi nell’ambito dello sviluppo del cimitero.

Nuovi elementi sono emersi anche riguardo la possibilità di definire lacronologia dell’edificio: i piani pavimentali in terra battuta che si addos-savano alla cortina del muro perimetrale sud, e – dunque – di formazione posteriore, hanno restituito materiali ceramici e vitrei che si inquadrano soprattutto nell’ambito del V secolo.189 I dati a disposizione inducono a rite-

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zione nella seconda metà del III secolo: si tratta di un sarcofago in calcare, a cassa sem-plice, con coperchio a due spioventi con acroteri appartenuto a P. Libuscidius Victorinus,come indica l’epitaffio inciso sulla fronte [ERC 50; SILVESTRINI, Un itinerario cit. (nota 164),pp. 125-126].

184 Un riferimento anche in FAEDO, Aspetti della cultura figurativa cit. (nota 173), p. 494,nt. 79.

185 L’ipotetica presenza di iscrizioni dipinte è stata proposta anche per i sarcofagi diConcordia in F. REBECCHI, I sarcofagi romani dell’arco adriatico, in Aquileia e Ravenna. Antichitàaltoadriatiche, XIII 1978, p. 255.

186 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 423 e CASSANO,La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), p. 875.

187 Vd. supra, pp. 215-218.188 L’analisi stratigrafica nel saggio III ha consentito di individuare una successione di

piani in terra battuta (UUSS 3032, 3027 e 3026) riferibili alla frequentazione dell’area sub-diale, che si appoggiano al muro perimetrale sud dell’ambiente. Le tombe a fossa 19 e 20risultano ricavate tagliando lo strato US 3027 e tale sequenza permette di determinare laposteriorità delle tombe 19 e 20 rispetto all’ambiente. In seguito, intorno ai lati nord edest della tomba 19 fu sistemata una canaletta, tagliata nel piano US 3026 e rivestita concoppi, con lo scopo di favorire lo smaltimento dell’acqua piovana.

189 Tra i materiali ceramici restituiti dai battuti (US 3026 e 3027) ritrovati all’esterno del-l’ambiente absidato risultano significativi al fine di definire la cronologia della frequenta-

280 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

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nere probabile per l’ambiente absidato una datazione nella seconda metàdel IV secolo.

L’ambiente fu inizialmente occupato da un sarcofago in pietra di Trani(oggi quasi del tutto scomparso, ma ricostruibile attraverso la documenta-zione fotografica) (fig. 48) sistemato nella zona absidale: 190 una cassa diforma irregolare definita inferiormente da un listello in rilievo, chiusa da uncoperchio a doppio spiovente con acroteri. Anche in rapporto a questo esem-plare, si può evidenziare l’analogia con i sarcofagi tardoantichi di area altoa-driatica e attribuirlo a una produzione databile nell’ambito del IV secolo,caratterizzata, anche in questo caso, dall’estrema semplicità di esecuzione edall’assenza di apparato decorativo ed epigrafico. La sepoltura poggia su duealti gradini realizzati con materiali di reimpiego 191 ed è sistemata in una posi-zione centrale che ne enfatizza la visibilità, in una collocazione di cui si rilevail carattere inusuale.192 L’ambiente dovette essere oggetto di una frequenta-

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 281

zione dell’area i frammenti di olle in ceramica comune con orlo estroflesso e incavo per l’al-loggio del coperchio diffuse in contesti abruzzesi, campani, lucani e pugliesi datati tra il V eil VI secolo d.C. (come alcuni siti della Valle del Celone, a Herdonia, a San Giusto: cfr. G.VOLPE, Contadini, pastori, mercanti nell’Apulia tardoantica, Bari 1996, p. 226) e le anfore di pro-duzione africana, riconducibili a contenitori cilindrici di grandi dimensioni. Nelle US 3026e 3027 sono stati ritrovati anche numerosi elementi vitrei riconducibili a forme presenti incontesti di V secolo, tra i quali si segnalano frammenti di bicchieri con piede ad anello e dilampade troncoconiche confrontabili con i materiali ritrovati nella cisterna della domus B aOrdona [per il contesto vd. TURCHIANO, La cisterna cit. (nota 91), pp. 343-385]. Il rinveni-mento nei battuti di monete di bronzo tutte riferibili al periodo compreso tra l’età costanti-niana e il regno di Costanzo II (US 3026: AE4 di Costanzo II e Gallo Cesare, RIC VIII, nn. 199,201, 205, 207, p. 458, n. 123, p. 544, nn. 79 e 80, tav. XXVIII; AE4 di Costantino II, CostanzoII e Costante, RIC VIII, n. 46, p. 493 e n. 48, p. 474. US 3027: AE3 di Costantino I, RIC VII,n. 114, p. 557; AE4 di Costante, RIC VIII, n. 47, p. 433; AE4 di Costantino II, Costanzo II eCostante, RIC VIII, n. 46, p. 493 e n. 48, p. 474), sembra da mettere in relazione con la con-tinuità di circolazione delle emissioni di IV secolo nel secolo successivo. Tuttavia la presenzaesclusiva in questo caso di monete antecedenti la metà del IV secolo costituisce un dato daapprofondire, anche perché monete della prima metà del IV secolo sono state ritrovate purenegli altri settori di scavo e nel corso delle indagini degli anni Cinquanta [cfr. MORENO CAS-SANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 404: moneta in bronzo di CostanzoII]. Sulla scarsa diffusione delle monete di V secolo nei contesti dell’Italia meridionale vd. P.ARTHUR, La città in Italia meridionale in età tardoantica: riflessioni intorno alle evidenze materiali, inL’Italia meridionale in età tardoantica. Atti del XXXVIII Convegno di studi sulla Magna Grecia(Taranto 1998), Taranto 1999, pp. 175-177 (con bibliografia di riferimento).

190 Il sarcofago è visibile solo nella foto pubblicata da MORENO CASSANO, La necropoli delPonte della Lama cit. (nota 16), fig. 55. Oggi si conserva solo la base della cassa.

191 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 420-421 e nt. 1,fig. 55 e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), p. 867. Cfr. supra, nt. 163.

192 Cfr. J. DRESKEN-WEILAND, Recherches sur les sépultures paléochrétiennes en sarcophages enOccident, IVe-VIe siècles, in Antiquité Tardive, XI 2003, p. 313.

zione piuttosto articolata, nel corso della quale in tempi successivi furonorealizzate le sepolture a cassa in muratura che andarono a occupare buonaparte dello spazio a disposizione.193

Le indagini hanno confermato inoltre la continuità di vita di alcunestrutture funerarie della necropoli subdiale fino almeno al V secolo, attra-verso l’occupazione degli spazi ancora disponibili con sepolture a cassa inlaterizi o blocchetti di tufo.194 È importante sottolineare, inoltre, che l’areasubdiale non ha restituito elementi che permettano di riconoscervi unafase di frequentazione altomedievale. Sembra peraltro che anche l’occupa-zione funeraria del cimitero a cielo aperto si possa circoscrivere in un

282 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

Fig. 48. Ambiente absidato, sarcofago centrale (da MORENO CASSANO, fig. 55)

193 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), coll. 420-423 e CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), pp. 873-876. Secondo l’ordine ricostruito dalla Cassano, dopo il sarcofago sistemato al centro dell’abside, si costruironola retrostante tomba A, le casse sistemate ai lati dell’ingresso (B-E e F-G) e quelle postelungo il lato destro dell’ambiente (L-M). Più tarde invece le due tombe ai lati del sarco-fago (O-N) e le altre sistemate nell’ambiente. A parte il sarcofago, la maggior parte dellesepolture è costituita da casse in laterizio, intonacate all’interno.

194 Tra le tombe riferibili al V secolo si possono annoverare la cassa 7c, che recava sullafronte l’epitaffio di Ilarianus (cfr. supra, p. 215), e la 7b, costruite all’interno del mausoleo7; le fosse 19 e 20; la tomba 4b addossata alla parete meridionale dell’ambiente 4.

periodo compreso entro il VI secolo, come è stato riscontrato anche all’in-terno della catacomba.195 Benché il dato necessiti ovviamente di ulterioririscontri, a causa degli sterri degli anni Cinquanta che miravano a metterein luce la necropoli senza prestare alcuna attenzione alle eventuali fasi piùtarde di occupazione, si è potuto osservare che neppure sporadicamentesono stati rinvenuti nelle aree indagate materiali riferibili ad età altome-dievale.

6. IL COMPLESSO DEL PONTE DELLA LAMA E I CIMITERI TARDOANTICHI DI CANOSA

L’area si è rivelata interessata da un numero notevole di complessi ipogei.La sua conformazione naturale, con la vasta pianura adiacente l’importanteasse viario e il costone roccioso retrostante, si prestava naturalmente ad acco-gliere il vasto insediamento cimiteriale subdiale e ipogeo.196

Lungo il fianco della roccia, nuclei sepolcrali con caratteristiche proprieed articolazione variabile si aprivano a quote diverse 197 (fig. 49). A partire danord, si segnalano i nuclei O-P 198 e le due gallerie (A e B) scoperte agli inizi

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 283

195 Cfr. supra, p. 244.196 Complessi articolati in un numero molteplice di impianti ipogei indipendenti, di

limitata estensione, sono attestati in Puglia e Basilicata. Si citano a livello esemplificativo,preliminarmente a un’analisi più compiuta, i casi di Siponto, del Gargano [CAMPESE SIMONE,I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 155-371] e di Venosa [sintesi in M. L. MARCHI, G. SAB-BATINI, Venusia (IGM 187 I NO/I NE), Firenze 1996, pp. 42-43]. Interessanti le analogie purecon i complessi ipogei siciliani come, solo per citare alcuni esempi, quello di Ferla (Sr)recentemente analizzato in N. CAVALLARO, Materiali per uno studio della necropoli di Ferla, inScavi e restauri nelle catacombe siciliane, Città del Vaticano 2003, pp. 113-125 (con bibliografiadi confronto) e quello di Naro nell’agrigentino, su cui vd. LA LOMIA, Ricerche archeologiche cit.(nota 34), pp. 333-357 e R. M. BONACASA CARRA, La diocesi di Agrigento fra la Tarda Antichità eil Medioevo, in La cristianizzazione in Italia fra tardoantico ed altomedioevo. Aspetti e problemi. Attidel IX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (Agrigento 2004), c. s.

197 Il piano pavimentale dell’ipogeo G si trova alla quota di 105 m s. l. m.; per quantoriguarda F, invece, la quota della volta di 104, 63 m si può rapportare a un livello di calpe-stio posto a ca. 103 m s. l. m. Sono state rilevate anche le quote pavimentali dei nuclei A(105 m) e C (103 m), mentre quelle di D ed I si possono calcolare considerando il proba-bile spessore dell’interro (D: 104 m; I: 110 m). Le catacombe A e B risulterebbero (sullabase di quanto riferito in CAMPESE SIMONE, Un nuovo sepolcreto cit. (nota 33), p. 93) poste allaquota media di ca. 170 m s. l. m., ma il rilevamento altimetrico dell’area esclude tale pos-sibilità.

198 Nel 2004, all’inizio delle indagini, è stato effettuato un piccolo saggio (m 2,20 ×2,20) presso il limite settentrionale dell’area sottoposta a vincolo, che ha permesso didocumentare l’estensione del cimitero ipogeo per oltre 150 m rispetto al limite alloraconosciuto, attraverso la presenza di due ambienti ipogei a destinazione funeraria, indi-pendenti tra loro (O e P).

degli anni Novanta, di incerta ubicazione.199 I nuclei F e G definibili, a quantosembra, ipogei di carattere familiare (con meno di 10 tombe ciascuno) 200 e ilnucleo H (praticamente sconosciuto).201 A breve distanza da essi erano situatigli ingressi degli ipogei D ed E. Il nucleo D, oggi percorribile con difficoltàper i livelli alluvionali depositatisi fino a circa mezzo metro dalla volta, si pre-senta come una lunga galleria, sulla quale si apre una serie di (12) arcosoliaffrontati, di esecuzione accurata e sistematicamente rivestiti da intonacobianco.202 Del nucleo E abbiamo una conoscenza estremamente parziale: unsolo ambiente interassato da gravi difficoltà statiche e da consistenti operemurarie, con una tomba a cassone in muratura, simile forse a quella indivi-duata nel cubicolo di F.203 Non meno intensa l’occupazione del settore meri-

284 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

199 Cfr. CAMPESE SIMONE, Un nuovo sepolcreto cit. (nota 33). I nuclei A e B sono composticiascuno da una galleria ipogea con ingresso proprio, aperto sul fianco del costone di roc-cia. L’ipogeo A risulterebbe interessato da alcuni nicchioni « a inumazioni sovrapposte » (oforse arcosoli). La sepoltura più notevole è l’arcosolio costruito in muratura in prossimitàdell’ingresso, sulla cui fronte, al di sopra di una monogramma cristologico, è riportato, inun’epigrafe dedicatoria, il nome di un A. Spanus, che si definisce il committente dellatomba (A. Spanus fecit) [cfr. NUZZO, Epigrafia cristiana a Canosa cit. (nota 9), p. 119]; la voltadell’arcosolio è decorata con un’affresco raffigurante un cielo stellato. Il nucleo B èanch’esso articolato in un’unica galleria, le cui pareti risultano interessate da una seriecontinua di nicchioni (o forse arcosoli) polisomi. Anche questo ipogeo conserva, dipintain rosso sull’intonaco di rivestimento del muro di chiusura di una tomba, un iscrizione: l’e-pitaffio bilingue di Alexander [cfr. NUZZO, Epigrafia cristiana a Canosa cit. (nota 9), pp. 115-116]. Il complesso cimiteriale è stato attribuito al pieno V secolo.

200 Cfr. supra, pp. 253-269.201 Cfr. supra, p. 262.202 La galleria D aveva un proprio accesso a est e si sviluppava all’interno del banco roc-

cioso per più di 30 m. I caratteri strutturali dell’ambiente, l’ampiezza (ca. 2 m di lar-ghezza), la presenza sistematica del rivestimento di intonaco e di tombe ad arcosolio con-figura questo ipogeo, di carattere collettivo, come il più monumentale tra quelli fino adora individuati. Dal punto di vista cronologico si può, per ora, riferirne l’escavazione a unmomento successivo a quella della vicina catacomba C, poiché il terz’ultimo arcosolio dellaparete meridionale risulta condizionato nello sviluppo dalla presenza dell’adiacente arco-solio Cc.

203 Il nucleo E è noto solo nell’ambiente quadrangolare oggi raggiungibile dalla vicinagalleria D, ma in origine da essa indipendente. La conoscenza dell’articolazione di questonucleo ipogeo è resa oggi impossibile dai consistenti ingombri di terra e macerie, che loriempiono fino quasi alla volta. Difficoltà statiche obbligarono in antico i fruitori a prov-vedere a consistenti opere murarie che rivestirono le pareti nord e sud e a costruire, comenel vicino ipogeo F, la tomba a cassone in muratura addossata alla parete orientale, che inqualche modo poteva svolgere anche una funzione di sostegno. Anche le strutture mura-rie costruite in questo ambiente furono oggetto di una particolare attenzione agli aspettidecorativi, evidente anche nel sistematico rivestimento dei letti di malta con pennellate dicolore rosso.

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 285

Fig. 49. Complesso cimiteriale del Ponte della Lama. Ubicazione dei nuclei ipogei

dionale: l’ipogeo familiare A e la catacomba C, ai quali si devono aggiungerealmeno altri tre nuclei, sui quali attualmente disponiamo di informazionimolto scarse: l’ipogeo I, pieno di terreno alluvionale e quindi impraticabile,che sembra costituito da un ampio vano di accesso di forma irregolare e dauna larga galleria con arcosoli affrontati, di fattura curata; 204 l’ipogeo M, dicui conosciamo un solo ambiente con arcosolio doppio 205 e, infine, gli ipogeiL ed N, oggi inaccessibili. Risultano presenti nell’area ulteriori nuclei cimi-teriali sotterranei, attualmente non collocabili, tra i quali si ricorda la« tomba scavata nella roccia, certamente cristiana per l’affresco di orante chedecorava l’arcosolio ».206

204 L’ipogeo si presenta in buono stato di conservazione dal punto di vista statico, maquasi completamente impraticabile. Uno schematico schizzo del dromos di accesso e delprimo ambiente è pubblicato da QUACQUARELLI, Note sulle origini cristiane di Canosa cit. (nota27), disegno I.

205 L’ambiente presenta forma irregolare, di 2 × 1,65 m, e un arcosolio bisomo ricavatolungo la parete meridionale. Sono state rilevate all’interno tracce del rivestimento conintonaco. La prima esplorazione di deve a M. SALVATORE, Due sepolcreti cristiani presso Canosa,in Vetera Christianorum, X 1973, pp. 383-384.

206 MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte della Lama cit. (nota 16), col. 350 (l’affrescorisulta visibile fino al 1962, ma perduto al momento della pubblicazione dell’articolo).

286 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

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Gli elementi cronologici a disposizione rimandano in generale a un’oc-cupazione funeraria degli spazi ipogei compresa tra la metà del IV e il VIsecolo. Naturalmente, solo l’indagine sistematica di tutti i nuclei evidenziatipotrà consentire una più articolata definizione temporale delle fasi di occu-pazione degli spazi sotterranei e delle dinamiche di sfruttamento del bancoroccioso. A proposito della necropoli subdiale, come si è detto, i dati emersinel corso dello scavo hanno consentito di evidenziare l’intensa frequenta-zione dell’area in età tardoantica, in particolare nel corso del IV secolo, inconcomitanza con lo scavo degli ambienti catacombali.

Il cimitero del Ponte della Lama ha – fino ad ora – restituito il numeropiù elevato di testimonianze funerarie di età tardoantica del suburbio diCanosa. Le altre attestazioni (fig. 50) sembrano riferibili a insediamenti cimi-teriali di estensione decisamente più limitata; risulta notevole, nuovamente,la diffusione delle sepolture ipogee (Belvedere,207 Santa Aloia,208 La Mar-chesa,209 Fontanelle).210

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 287

Riferimenti all’ipogeo anche in LAVERMICOCCA, Recente esplorazione cit. (nota 28), p. 173 e inSALVATORE, Due sepolcreti cristiani cit. (nota 205), p. 384, nt. 18 (che lo collocano « nella partepiù alta della collina »). Un’altra tomba ricavata nella roccia è stata segnalata dalla Cassanonella zona a ovest del torrente Lamapopoli [MORENO CASSANO, La necropoli del Ponte dellaLama cit. (nota 16), col. 350].

207 In contrada Belvedere, sono stati individuati uno spazio a cielo aperto, con arcosolimonosomi scavati nelle pareti rocciose, e una camera sepolcrale ipogea, in cui sono rica-vate tre tombe ad arcosolio. L’uso cristiano di questa necropoli, datata nel V-VI secolo, èattestato dalla croce monogrammatica incisa all’interno di una delle sepolture. Vd. SALVA-TORE, Due sepolcreti cristiani cit. (nota 205), pp. 377-382; R. MORENO CASSANO, I dati archeolo-gici. Appendice a F. GRELLE, Canosa. Le istituzioni, la società, in A. GIARDINA - A. SCHIAVONE

(curr.), Società romana e produzione schiavistica. L’Italia: insediamenti e forme economiche, I,Roma-Bari 1981, pp. 227-241.

208 Alla fine degli anni Settanta sono state ritrovate in contrada Santa Aloia, nel subur-bio settentrionale di Canosa, tre tombe ad arcosolio scavate nella roccia, riferibili verosi-milmente a un complesso cimiteriale ipogeo. La documentazione del rinvenimento è con-servata presso l’Archivio della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggioper la Puglia (cartella BA XIII – Canosa n. 19 – Ritrovamenti archeologici).

209 In località La Marchesa è ubicato un complesso cimiteriale ipogeo composto da treambienti: la notizia è riportata in MORENO CASSANO, I dati archeologici cit. (nota 207), p. 237.Vd. anche CAMPESE SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), p. 96.

210 Oltre alle numerose tombe a fossa segnalate da MORENO CASSANO, I dati archeologicicit. (nota 207), p. 237, l’area è interessata da una serie di ambienti sepolcrali ipogei didimensioni ridotte [vd. CAMPESE SIMONE, I cimiteri tardoantichi cit. (nota 29), pp. 92-96],che si distribuiscono lungo il costone roccioso che affiancava il percorso della viaTraiana in uscita da Canosa (su questo tratto stradale cfr. M. SILVESTRINI, Miliari della viaTraiana, in Epigrafia e territorio. Politica e società. Temi di Antichità romane, Bari 1983,pp. 110-113).

Relative ad età tardoantica anche alcune testimonianze funerarie subdiali(necropoli della via Traiana,211 contrada Rosale,212 Masseria Battaglini).213 Inlocalità Poggionuovo è stata rinvenuta, probabilmente presso il luogo di col-locazione originario, l’iscrizione funeraria di Brizinus, del 392-393,214 checostituisce attualmente la più antica iscrizione cristiana datata della città edella regione.215

Per completare il quadro distributivo delle tombe tardoantiche è neces-sario un riferimento alle sepolture urbane, attestate sporadicamente nel-l’ambito delle fasi di occupazione più tarde di edifici di carattere pubblico: iltempio di Giove Toro,216 le terme Lomuscio,217 l’acquedotto di Erode

288 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

211 La continutità di occupazione in età tardoantica della necropoli della via Traiana(per la quale vd. supra, p. 271) è attestata da tombe a cassa, a cappuccina e a fossa, dispo-ste fino a tutto il IV secolo presso i monumenti sepolcrali più antichi (F. TINÉ BERTOCCHI,Aree cimiteriali lungo la via Traiana, in Principi, pp. 716-717). Ulteriori rinvenimenti funerarinell’area, con fasi riferite ad età tardoantica, in S. BOLDRINI, Canosa. Via S. Paolo, in Taras,XV 1995, pp. 45-48.

212 In contrada Rosale è stata rinvenuta l’iscrizione sepolcrale di un primarius, datatanel IV secolo (ERC 147 e 147A). Cfr. V. MORIZIO, Topografia dei rinvenimenti, in ERC, p. 197.

213 Cfr. MORENO CASSANO, I dati archeologici cit. (nota 207), p. 238, che riporta la notiziarelativa a un cimitero cristiano con sepolture a fossa di cui già all’epoca non restavanotracce. Sul sito vd. anche R. GOFFREDO - G. VOLPE, Il “ Progetto Valle dell’Ofanto ”: primi dati sullaTarda Antochità e l’Altomedioevo, in Paesaggi e insediamenti rurali in Italia meridionale fra tar-doantico e altomedioevo. Atti del Primo Seminario sul Tardoantico e l’Altomedioevo in Italia meri-dionale (Foggia 2004), Bari 2005, pp. 228-230 (vd. anche fig. 6 in cui sono posizionate lenecropoli tardoantiche).

214 Per l’iscrizione vd. G. FIORELLI, Canosa, in Notizie degli Scavi di Antichità, 1878, p. 192;CIL, IX 6192; ILCV 582; PANCIERA, Note in margine cit. (nota 9), nr. 1; ERC 103. Si ritienepossibile identificare la località di rinvenimento dell’epigrafe riportata da Fiorelli (« nellavia che mena ad Andria, nel sito detto Poggionuovo ») con l’attuale Strada Vicinale PozzoNuovo, situata a ridosso di via Corsica, che ricalca l’antico collegamento tra Canosa eAndria (cfr. fig. 50).

215 Non conosciamo i luoghi di provenienza di altre iscrizioni cristiane trovate aCanosa. Non si dispone attualmente di informazioni sufficienti per collocare il rinve-nimento di una lastra con due epitaffi, datati agli anni 543 e 549, vista dal Paulicelliprima del 1873 « alla fornace la Monaca » [CIL, IX 412, ILCV 2444; PANCIERA, Note inmargine cit. (nota 9), nr. 4; ERC 166], mentre risulta sporadica l’epigrafe sepolcrale,forse incisa su una lastra, di Paulus, sepolto nel 529 [CIL, IX 411; ILCV 4677; PANCIERA,Note in margine cit. (nota 9), nr. 3; ERC 168]. Cfr. NUZZO, Epigrafia cristiana a Canosa cit.(nota 9), p. 112.

216 Cfr. R. CASSANO, L’area del tempio di Giove Toro, in Pittura romana a Canosa, Bari 1982,pp. 16-19, con notizia del ritrovamento di un sarcofago litico infantile negli ambienti adia-centi al tempio, nell’ambito dell’occupazione tardoantica; R. CASSANO, Il tempio di GioveToro, in Principi, p. 747.

217 Nella fase di abbandono del balneum sono attestate tombe a cassone in pietra (TINÉ

BERTOCCHI - BIANCHINI, Terme Lomuscio, in Principi, pp. 736-740).

Attico.218 In tutti i casi la cronologia risulta molto incerta e le presenze sepol-crali appaiono numericamente scarse. Abbastanza significativo il numerodelle attestazioni funerarie nell’ambito degli edifici di culto urbani e subur-bani: le tombe che interessarono l’area della cattedrale di S. Maria e dell’a-diacente battistero di S. Giovannni e quelle individuate all’interno della basi-lica suburbana di S. Leucio sono state generalmente datate tra il VII e l’VIIIsecolo.219

Emerge in questo quadro il ruolo esercitato dal complesso ecclesiasticodi San Pietro, dove la fase intensiva di occupazione funeraria si è potuta fis-sare, sulla base degli elementi emersi nel corso dello scavo sistematico, tra lafine del VI e il VII secolo.220

Se ha colto nel segno l’ipotesi di individuare nel mausoleo absidatoadiacente l’atrio la tomba primitiva del vescovo Sabino (514-566),221 si può

C. CARLETTI ET. AL. - IL COMPLESSO CIMITERIALE DI PONTE DELLA LAMA (CANOSA)… 289

218 Per la realizzazione di una camera sepolcrale, al cui interno era posta una cassa inlastroni di tufo, viene inglobata un’arcata dell’acquedotto di Erode Attico: cfr. M. COR-RENTE, Canosa di Puglia (Bari), via Intra – via Goldoni, in Taras, XIV 1994, pp. 162-163 (la cro-nologia della sistemazione funeraria viene genericamente rapportata ai materiali ceramicirinvenuti nel corso delle indagini che si datano tra V e VI secolo. Tuttavia, gli elementiemersi dallo scavo della vicina chiesa di San Pietro e dell’area circostante hanno eviden-ziato la continuità del funzionamento dell’antico acquedotto almeno nel VI secolo,quando esso viene collegato e utilizzato nelle strutture del complesso ecclesiastico: VOLPE -FAVIA - GIULIANI - NUZZO, Il complesso sabiniano cit. (nota 51).

219 Per l’indicazione di sepolture inserite nell’area dell’edificio battesimale San Gio-vanni vd. R. CASSANO, Il battistero di San Giovanni, in Principi, p. 865 e, più recentemente coni risultati delle nuove indagini, GIULIANI - LEONE, Indagini archeologiche cit. (nota 51), p. 169.Sulle tombe di San Leucio vd. R. CASSANO, La basilica di San Leucio, in Principi, pp. 846 e 854e G. VOLPE - P. FAVIA - R. GIULIANI, Edifici di culto dell’Apulia fra tardoantico e altomedioevo: recentiacquisizioni, in Hortus Artium Medievalium, IX 2003, pp. 68-70.

220 Le numerose tombe (più di un centinaio) individuate a San Pietro interessaronoambienti inizialmente privi di una specifica funzione funeraria e furono ricavate aspor-tando quasi completamente l’originaria pavimentazione musiva di parte del complessoecclesiastico (per es. nel nartece e nei portici dell’atrio). La cronologia specifica della fasesepolcrale è stata ricavata, inoltre, dai materiali di corredo ritrovati all’interno delle sepol-ture e dalla documentazione epigrafica [VOLPE - FAVIA - GIULIANI - NUZZO, Il complesso sabi-niano cit. (nota 51), c. s.].

221 Sul problema legato alla presenza della tomba del vescovo Sabino nella chiesa di SanPietro e sulla sua identificazione vd. G. VOLPE, Sabino, San Pietro e il problema della prima catte-drale canosina, in L. BERTOLDI LENOCI (cur.), Canosa. Ricerche storiche 2006, Martina Franca2007, pp. 21-29 e VOLPE - FAVIA - GIULIANI - NUZZO, Il complesso sabiniano, cit. (nota 51). Purtenendo conto della parzialità della zona indagata, si è potuta osservare una significativaconcentrazione degli impianti sepolcrali nelle aree adiacenti il mausoleo ipoteticamenteidentificato come il luogo di sepoltura di Sabino, in particolare nel corridoio compreso trail mausoleo e gli ambienti residenziali meridionali, le ali porticate dell’atrio e il nartece. Sul-l’attività e il ruolo svolto dal vescovo Sabino nell’ambito della comunità canosina vd.

provare a collegare la consistente presenza di sepolture negli spazi circo-stanti l’ambiente all’attrazione esercitata dalla sepoltura vescovile, checanalizzò nell’edificio di culto un gran numero di deposizioni, in coinci-denza con l’abbandono di aree come quella del Ponte della Lama intensa-mente occupata almeno fino alla metà del VI secolo. Sembra infatti che S.Pietro sia divenuto alla fine della tarda antichità il luogo di sepoltura piùambito della città, intorno al quale si raccolgono alcuni personaggi emi-nenti, resi noti dai rispettivi epitaffi, tra i quali l’anonimo defensor e il v(ir)h(onestus) Benenatus.222

I dati archeologici ed epigrafici non contrastano con il già preceden-temente noto ruolo della città in età tardoantica, che assunse la suprema-zia sugli altri centri urbani dell’Apulia et Calabria e divenne il capoluogodella nuova provincia.223 L’importanza e le capacità organizzative dellacomunità cristiana canosina, che emerge rispetto agli altri centri dellaregione distinguendosi per la lunga serie di attestazioni vescovili,224 tro-vano diretto riscontro nelle testimonianze archeologiche rese dai cimiteridella città. Anche l’antichità dell’istituzione diocesana 225 si riflette neiritrovamenti del Ponte della Lama, in cui si è potuto per la prima voltadocumentare un insediamento sepolcrale di committenza cristiana data-bile a partire dal IV secolo.

290 REND. DELLA PONT. ACCAD. ROM. D’ARCH. – VOL. LXXIX

G. VOLPE, Il ruolo dei vescovi nei processi di trasformazione del paesaggio urbano e rurale, in G. P.BROGIOLO - A. CHAVARRIA ARNAU (curr.), Archeologia e società tra tardo antico e alto medioevo. 12°seminario sul tardo antico e l’alto medioevo (Padova 2005), Mantova 2007, pp. 91-93.

222 L’epitaffio del defensor è stato presentato da chi scrive in VOLPE ET ALII, Il complesso epi-scopale cit. (nota 51), p. 131; vd. inoltre M. SILVESTRINI, Le città della Puglia romana. Un profilosociale, Bari 2005, pp. 196-198. L’iscrizione relativa al vir honestus, Benenatus, rinvenuta nellacampagna di scavo del 2004, nel braccio porticato settentrionale dell’atrio sarà edita inD. NUZZO, Committenza e prassi epigrafica nelle città dell’Apulia et Calabria, in G. VOLPE - R. GIU-LIANI (curr.), Paesaggi e insediamenti urbani in Italia meridionale fra Tardoantico e Altomedioevo.Secondo seminario sul tardoantico e l’alto medioevo in Italia meridionale (Foggia 2006), c. s.

223 L’importante ruolo della città di Canosa in età tardoantica è stato evidenziato inF. GRELLE, Canosa romana, Roma 1993, pp. 161-179. Ulteriori recenti considerazioni inG. VOLPE, Città apule fra destrutturazione e trasformazione. I casi di “ Canusium ” ed “ Herdonia ”,in A. AUGENTI (cur.), Le città italiane tra la tarda antichità e l’alto medioevo. Atti del convegno(Ravenna 2004), Firenze 2006, pp. 559-587 (con bibliografia precedente).

224 Cfr. A. CAMPIONE - D. NUZZO, La Daunia alle origini cristiane, Bari 1999, pp. 27-39 eD. NUZZO - P. DE SANTIS, La diffusione del cristianesimo nella Puglia centrale: città e territorio, inLa cristianizzazione in Italia fra tardoantico ed altomedioevo. Aspetti e problemi. Atti del IX CongressoNazionale di Archeologia Cristiana (Agrigento 2004), c. s.

225 Tra le più antiche attestazioni vescovili della Puglia è da ritenere senz’altro quelladi Canosa, il cui vescovo Stercorio partecipò al concilio di Serdica nel 343 (per la rico-struzione della cronotassi episcopale canosina vd. G. OTRANTO, Italia meridionale e Pugliapaleocristiane. Saggi storici, Bari 1991, pp. 235-261).