Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii? Note sul riconoscimento ed...

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MEFRIM – 122/1 – 2010, p. 81-106. ——————— Massimiliano Ghilardi, Istituto Nazionale di Studi Romani, Roma, [email protected] *. Con lievi modifiche formali, il presente contributo riproduce nelle linee generali il testo della relazione letta al Convegno «Reliques et culte des saints des premiers siècles. Dévotions et identités du XVI e au XIX e siècle. Atelier I. Les saints des origines. Lectures modernes», tenutosi a Roma, presso l’Isti- tuto nazionale di studi romani, nei giorni 24-25 ottobre 2008. Sono state aggiunte le note, ridotte all’essenziale, ed è stato precisato minimamente qualche punto. Ringrazio i professori Bernard Dompnier, Stefania Nanni e Jean-Fran- çois Chauvard per il consenso alla pubblicazione anticipata dell’articolo in attesa che possano essere predisposti per la stampa gli Atti dell’Incontro. 1. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri ed antichi cristiani di Roma, aggiuntavi la serie di tutti quelli che fino al presente si sono scoperti, e di altri simili, che in varie parti del mondo si trovano, con riflessioni pratiche sopra il culto delle sagre reliquie, Roma, 1720. 2. Su di lui, deputato dal cardinale Gaspare Carpegna ad assi- stere alle prediche forzate agli ebrei nell’Oratorio della Trinità dei Pellegrini per via dell’ottima conoscenza della lingua ebraica e più tardi nominato Scrittore della Biblioteca Vaticana da Innocenzo XII prima di essere incaricato da Clemente XI «Custode delle Reliquie e dei Cimiteri», si veda – oltre a G. Ferretto, Note storico-bibliografiche di archeologia cristiana, Città del Vaticano, 1942, p. 206-211 – quanto raccolto da A. Ferrua, Boldetti, Marcantonio, in Enciclopedia Cattolica, 2, Città del Vaticano, 1949, col. 1771. Cfr. anche, per maggiore completezza, il più dettagliato ritratto di N. Parise, Boldetti, Marcantonio, in Dizionario biografico degli Italiani, 11, Roma, 1969, p. 247-249. 3. Cfr. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri ... cit., p. 242-245. 4. Nonostante il processo riportato dal Boldetti non specifichi il nome del Notaio, esclusivamente ricordato come Notaio Spada, è certo che dovette trattarsi di Silvestro Spada, responsabile dell’Officio II della Curia del cardinale Vicario di Roma dal 1619 al 1638 : cfr. A. Francois, Elenco di Notari che rogarono atti in Roma dal secolo XIV all’anno 1886, Roma, 1886, p. 113. 5. Per agevolare il lettore e per favorire la lettura dell’interes- sante documento giunto nelle mani del Boldetti grazie alla liberalità del cardinale Carpegna, ho creduto cosa opportuna riportarlo in extenso in Appendice I. 6. Sul cimitero, dotato di una basilica semipogea impostata sul sepolcro del martire Ermete, si vedano : O. Marucchi, Le catacombe romane. Opera postuma, Roma, 1933, p. 568-581; P. Styger, Die römischen Katakomben. Archäologische Forschungen über der Ursprung und die Bedeutung der altchristli- chen Grabstätten, Berlin, 1933, p. 245-253; con bibliografia, Ph. Pergola, Le catacombe romane. Storia e topografia, catalogo a Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii? Note sul riconoscimento ed autenticazione delle reliquie delle catacombe romane nella prima età moderna* Massimiliano GHILARDI Nelle Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri ed antichi cristiani di Roma 1 , opera dedicata alla descrizione delle scoperte avvenute sul finire del XVII secolo ed al principio del secolo seguente nelle catacombe romane (fig. 1), il canonico romano Marcantonio Boldetti 2 , «Custode delle Reliquie e dei Cimiteri» al tempo di Clemente XI, ci ha lasciato testimonianza di un singolare processo intentato dal Tribunale del cardinale Vicario nei confronti di tre gesuiti indagati di aver estratto dai cimiteri ipogei un grande numero di reliquie di presunti antichi martiri 3 . La lettura delle domande rivolte dal Notaio Silvestro Spada 4 e l’esame delle risposte rilasciate dai tre correligionari (Uberto de’ Fornari, Nicolò Bianchi e Giorgio Brustonio) consentono di comprendere bene quali fossero i criteri adottati in catacomba nel riconoscimento dei corpi dei martiri e quali fossero le dinamiche mate- riali che accompagnavano l’esumazione e la trasla- zione delle reliquie dai cimiteri 5 . Ciò che emerge dall’inchiesta, cioè quanto si vuole apprendere dalla viva voce dei gesuiti, è lo stato delle gallerie e dei loculi prima del loro arrivo, il criterio impiegato dai religiosi nel riconoscimento dei corpi dei martiri, ovvero quali fossero i signa quibus putabant esse significativa Martyrii, e chi fosse materialmente presente – in qualità di esperto e supervisore – al momento delle ricognizioni ipogee e delle estra- zioni. Le risposte circostanziate dei padri gesuiti, interrogati il 23 novembre dell’anno 1628, ci permettono, nella loro sostanziale uniformità, di ricostruire una nitida immagine dell’attività estrat- tiva sotterranea : le gallerie del cimitero in questione (quello intitolato al martire Ermete 6 , ma

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MEFRIM – 122/1 – 2010, p. 81-106.

———————Massimiliano Ghilardi, Istituto Nazionale di Studi Romani, Roma, [email protected]

*. Con lievi modifiche formali, il presente contributo riproducenelle linee generali il testo della relazione letta al Convegno«Reliques et culte des saints des premiers siècles. Dévotionset identités du XVIe au XIXe siècle. Atelier I. Les saints desorigines. Lectures modernes», tenutosi a Roma, presso l’Isti-tuto nazionale di studi romani, nei giorni 24-25 ottobre2008. Sono state aggiunte le note, ridotte all’essenziale, ed èstato precisato minimamente qualche punto. Ringrazio iprofessori Bernard Dompnier, Stefania Nanni e Jean-Fran-çois Chauvard per il consenso alla pubblicazione anticipatadell’articolo in attesa che possano essere predisposti per lastampa gli Atti dell’Incontro.

1. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri edantichi cristiani di Roma, aggiuntavi la serie di tutti quelli che finoal presente si sono scoperti, e di altri simili, che in varie parti delmondo si trovano, con riflessioni pratiche sopra il culto delle sagrereliquie, Roma, 1720.

2. Su di lui, deputato dal cardinale Gaspare Carpegna ad assi-stere alle prediche forzate agli ebrei nell’Oratorio dellaTrinità dei Pellegrini per via dell’ottima conoscenza dellalingua ebraica e più tardi nominato Scrittore della BibliotecaVaticana da Innocenzo XII prima di essere incaricato daClemente XI «Custode delle Reliquie e dei Cimiteri», si veda– oltre a G. Ferretto, Note storico-bibliografiche di archeologiacristiana, Città del Vaticano, 1942, p. 206-211 – quanto

raccolto da A. Ferrua, Boldetti, Marcantonio, in EnciclopediaCattolica, 2, Città del Vaticano, 1949, col. 1771. Cfr. anche, permaggiore completezza, il più dettagliato ritratto di N. Parise,Boldetti, Marcantonio, in Dizionario biografico degli Italiani, 11,Roma, 1969, p. 247-249.

3. Cfr. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri...cit., p. 242-245.

4. Nonostante il processo riportato dal Boldetti non specifichi ilnome del Notaio, esclusivamente ricordato come NotaioSpada, è certo che dovette trattarsi di Silvestro Spada,responsabile dell’Officio II della Curia del cardinale Vicario diRoma dal 1619 al 1638 : cfr. A. Francois, Elenco di Notari cherogarono atti in Roma dal secolo XIV all’anno 1886, Roma, 1886,p. 113.

5. Per agevolare il lettore e per favorire la lettura dell’interes-sante documento giunto nelle mani del Boldetti grazie allaliberalità del cardinale Carpegna, ho creduto cosa opportunariportarlo in extenso in Appendice I.

6. Sul cimitero, dotato di una basilica semipogea impostata sulsepolcro del martire Ermete, si vedano : O. Marucchi, Lecatacombe romane. Opera postuma, Roma, 1933, p. 568-581;P. Styger, Die römischen Katakomben. ArchäologischeForschungen über der Ursprung und die Bedeutung der altchristli-chen Grabstätten, Berlin, 1933, p. 245-253; con bibliografia,Ph. Pergola, Le catacombe romane. Storia e topografia, catalogo a

Quae signa erant illa, quibus putabantesse significativa Martyrii?Note sul riconoscimento ed autenticazione delle reliquiedelle catacombe romane nella prima età moderna*

Massimiliano GHILARDI

Nelle Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiried antichi cristiani di Roma1, opera dedicata alladescrizione delle scoperte avvenute sul finire delXVII secolo ed al principio del secolo seguente nellecatacombe romane (fig. 1), il canonico romanoMarcantonio Boldetti2, «Custode delle Reliquie edei Cimiteri» al tempo di Clemente XI, ci halasciato testimonianza di un singolare processointentato dal Tribunale del cardinale Vicario neiconfronti di tre gesuiti indagati di aver estratto daicimiteri ipogei un grande numero di reliquie dipresunti antichi martiri3. La lettura delle domanderivolte dal Notaio Silvestro Spada4 e l’esame dellerisposte rilasciate dai tre correligionari (Uberto de’Fornari, Nicolò Bianchi e Giorgio Brustonio)consentono di comprendere bene quali fossero icriteri adottati in catacomba nel riconoscimento dei

corpi dei martiri e quali fossero le dinamiche mate-riali che accompagnavano l’esumazione e la trasla-zione delle reliquie dai cimiteri5. Ciò che emergedall’inchiesta, cioè quanto si vuole apprenderedalla viva voce dei gesuiti, è lo stato delle gallerie edei loculi prima del loro arrivo, il criterio impiegatodai religiosi nel riconoscimento dei corpi deimartiri, ovvero quali fossero i signa quibus putabantesse significativa Martyrii, e chi fosse materialmentepresente – in qualità di esperto e supervisore – almomento delle ricognizioni ipogee e delle estra-zioni. Le risposte circostanziate dei padri gesuiti,interrogati il 23 novembre dell’anno 1628, cipermettono, nella loro sostanziale uniformità, diricostruire una nitida immagine dell’attività estrat-tiva sotterranea : le gallerie del cimitero inquestione (quello intitolato al martire Ermete6, ma

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?82 Massimiliano GHILARDI

cura di P. M. Barbini, Roma, 19982, p. 115-119. Sulla basilicain particolare, si veda lo studio di R. Krautheimer, CorpusBasilicarum Christianarum Romae. Le basiliche paleocristianedi Roma (sec. IV-IX), I-IV, Città del Vaticano, 1937-1980, I(1937), p. 195-208.

7. Come è noto, infatti, tutti i distinti cimiteri sotterranei dellevie Salaria nova et vetus erano creduti essere parte dell’unicoenorme complesso funerario ipogeo intitolato a Priscilla.

8. Sul significato e sul valore di tale locuzione si veda quantoproposto da A. Ferrua, Corpi santi, in Enciclopedia Cattolica, 4,Città del Vaticano, 1950, col. 586-588.

9. Quindi, prima che Clemente X istituisse – il 13 gennaio del1672 (cfr. Bullarium Romanum seu novissima et accuratissimacollectio Apostolicarum Constitutionum. Ex autographis, quae inSecretiori Vaticano, aliisque Sedis Apostolicae Scriniis asservantur.Cum Rubricis, Summariis, Scholiis, & Indice quadruplici, tomusseptimus, Complectens Constitutiones a Clemente X. editas, Roma,1733, XCII : Diversae Ordinationes circa extractionem Reli-quiarum ex Coemeteriis Urbis, & Locorum circumvicinorum, illa-rumque custodiam, & distributionem, p. 161-162) – la figura del«custode delle sante reliquie», le perizie erano eseguite daillustri personaggi di Chiesa in qualche modo legati almondo ipogeo. Solamente più tardi, pertanto, nell’ultimotrentennio del XVII secolo si definì la figura giuridica di unesperto, nominato direttamente dal cardinale Vicario, ingrado di distinguere i resti dei santi martiri da quelli deicomuni defunti sepolti nei cimiteri sotterranei. Solo il«custode», e nessun altro, poteva quindi – avvisato dallasquadra dei suoi cavatori – riconoscere i «segni» del martirioe procedere all’apertura dei loculi. Tale prerogativa è chiara-mente indicata nelle norme del testo di un capitolo, il XII(Del custode delle sante reliquie), dell’opera Della giurisdittione eprerogative del Vicario di Roma del canonico Nicolò AntonioCuggiò : «Sicome deve portarsi nell’istessi cemiteri a ricono-scere i segni specifici del martirio, quali sono unicamente ilvaso di sangue o sia di vetro o pure di terra cotta e la palmascolpita et incisa al sepolcro o su la calcina che lo chiude, ose vi fusse qualche iscrizione che dichiarasse il martirio,poiché l’ufficio de’ cavatori non s’estende più se non che divuotare le strade o corridori de’ cemiteri della terra di cuisono state riempite antichissimamente, e ritrovando in dettestrade i sepolchri con sudetti segni, non è lecito loro sottogravi pene l’aprirli, ma darne parte subito al custode, il quale

vi si trasferisce a fare detta ricognizione e riconosciuti queicorpi esser di martiri fa aprire i detti sepolchri e colloca nellecassette fatte a questo effetto le ss. reliquie e sigillatele per difuori col sigillo dell’e.mo vicario vengono da detti cavatoriportate a spalla nella custodia, ove il custode poi le stende, faasciuttare e pulire, le accommoda ne’ credenzoni a ciò desti-nati, collocando a parte le ossa e corpi di que’ martiri, cheoltre al segno specifico di martirio, sono ancora distinti colnome proprio o su la lapida che chiude il sepolcro, la qualeetiandio si conserva col corpo o pure delineato nella calcina»(cfr. D. Rocciolo [a cura di], Della giurisdittione e prerogative delVicario di Roma. Opera del canonico Nicolò Antonio Cuggiò segre-tario del tribunale di Sua Eminenza, Roma, 2004, p. 113-114).

10. Odoardo Tibaldeschi, chierico di Norcia, fu eletto nel 1622primo Segretario del Tribunale del Vicario; cfr. G. Moroni,Vicario Generale di Roma del Papa, in Dizionario di erudizionestorico-ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni, I-CIII, Venezia,1840-1861, XCIX (1860), p. 64-104, partic. p. 80.

11. Sugli editti promulgati nel Seicento dai pontefici per vietarela frequentazione delle catacombe e per impedire il trafuga-mento di reliquie, sia perdonato il rimando al mio articolo«Auertendo, che per l’osseruanza si caminarà con ogni rigore».Editti seicenteschi contro l’estrazione delle reliquie dalle catacomberomane, in Sanctorum, 2, 2005, p. 121-137 (partic. p. 135-136per la trascrizione completa del testo di questo editto). Cfr.anche Regesti di bandi editti notificazioni e provvedimenti diversirelativi alla città di Roma ed allo Stato Pontificio, I-VII, Roma,1920-1958, IV, p. 12, num. 59.

12. Su di lui, in sintesi, – oltre a quanto ricostruito da E. Santovito,Cobelluzio (Cobelluzzi), Scipione, in Enciclopedia Cattolica, 3, Cittàdel Vaticano, 1949, col. 1902 – si veda quanto raccolto daF. Petrucci, Cobelluzzi, Scipione, in Dizionario biografico degliItaliani, 26, Roma, 1982, p. 433-435. Documenti interessantisul personaggio in questione sono stati di recente segnalati daF. Nicolai, La collezione di quadri del cardinale Scipione Cobelluzzi.Cavarozzi, Grammatica e Ribera in un inventario inedito del 1626, inStudi Romani, 52, 2004, p. 440-462. Con particolare riferi-mento al suo rapporto con le antichità cristiane, mi sia consen-tito rimandare anche a M. Ghilardi, Cobelluzzi, Scipione, inProsopographia christiana, a cura di S. Heid (in corso di stampa).

13. Un suo breve ma accurato profilo si veda a cura di A. Foa,Confalonieri, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degliItaliani, 27, Roma, 1982, p. 778-782.

ritenuto a quel tempo essere quello di Priscilla7) –già parzialmente distrutte – sarebbero stateraggiungibili tramite una lunghissima e pericolosascala a pioli, fossori energici avrebbero poi liberato icorridoi ipogei dalle terre che impedivano la perlu-strazione e, riconosciuti i «segni del Martirio», sisarebbe proceduto all’estrazione dei corpi. L’appa-rato epigrafico e, dunque, alcuni simboli incisi,dipinti o graffiti sulle lastre di chiusura dei loculiavrebbero permesso il riconoscimento dei martiri,differenziati dai defunti generici per la presenzadella palma, della colomba, del «vaso di sangue» edi alcuni inequivocabili strumenti di martiriotalvolta anche custoditi nelle stesse tombe oltre cherappresentati sulle lapidi. Se ci soffermiamo un

istante a ragionare sui nomi degli esperti che avreb-bero secondo i tre religiosi prestato in catacomba ilproprio servizio e la propria autorità per il ricono-scimento dei «corpi santi»8, notiamo che, pur secon minime eccezioni, non si tratta di personaggi disecondo piano e, cosa ai nostri fini maggiormenteimportante, non si tratta di figure del tutto estraneeal mondo della «Roma sotterranea»9. OdoardoTibaldeschi10, ricordato nella deposizione di NicolòBianchi, era, ad esempio, colui che – in qualità diSecretarius – aveva controfirmato nel 1624 un edittodi Urbano VIII contro la libera frequentazione dellecatacombe11; allo stesso modo, Scipione Cobel-luzzi12 e Giovanni Battista Confalonieri13, celebriporporati del tempo menzionati da Uberto de’

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14. Su di lui, con bibliografia precedente, si perdoni il rimandoal mio saggio Le catacombe di Roma dal Medioevo alla Romasotterranea di Antonio Bosio, in Studi Romani, 49, 1-2, 2001,p. 27-56.

15. Cfr. A. Bosio, Roma sotterranea, Roma, 1632, p. 563 : «Visi-tammo questa Chiesa alli 7 di Decembre dell’anno 1608.insieme con Monsig. Scipione Cobelluzzi, poi degnissimoCardinale di Santa Chiesa, del Titolo di Santa Susanna, conBaldassarre Ansidei Custode della libraria Vaticana, e conGio.Battista Confaloniero, guidati da alcuni Padri dellamedesima Compagnia, e particolarmente dal Padre Laurino,Scrittore illustre e celebre; e da detta Chiesa entrammo poinel Cimiterio per la bocca, notata nel disegno con la letteraI. la quale frà tutte l’altre era manco ripiena; se bene vibisognò andar con il corpo per terra, serpendo alquantoinnanzi, finche ritrouammo strade vn poco più commode,per le quali si poteua caminar’in piedi. Questo Cimiterio èassai grande di circuito, & hà diuersi ordini di grotte supe-riori, & inferiori : le strade sue sono strette, e basse; essendopoco più alte della statura d’vn’huomo, e larghe quantoappunto vi può caminar’vn solo».

16. A. Bosio, Historia passionis B. Caeciliae Virginis, Valeriani,Tiburtii, et Maximi martyrum, Roma, 1600, p. 160.

17. Sul Baronio e le antiche iscrizioni cristiane rimando ora aquanto puntualmente proposto da D. Mazzoleni, Il cardinaleCesare Baronio e le iscrizioni cristiane, in L. Gulia (a cura di),Baronio e le sue fonti. Atti del Convegno internazionale distudi, Sora 10-13 ottobre 2007, Sora, 2009, p. 411-434.

18. Cfr. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri...cit., p. 243 : «E nel tempo di Papa Clemente, vi venne labuona memoria del Signor Card. Baronio, il quale perentrare, fu di bisogno che lasciasse l’abito di Cardinale dilungo, e si vestisse tutto di tela bianca». Su tale episodio –che dovette svolgersi tra il 5 giugno del 1596, data dellanomina cardinalizia del prelato sorano, ed il 3 marzo del1605, morte di Clemente VIII – e più in generale sul rapportodel Baronio con i religiosi della Compagnia di Gesù perquanto attiene alle antichità paleocristiane, rimando al miostudio Baronio e la ‘Roma sotterranea’ tra pietà oratoriana e inte-ressi gesuitici, in L. Gulia, Baronio e le sue fonti . . . cit.,p. 435-487, partic. 469-472.

19. Sul Cepari (1564-1631), autore tra le altre cose dellebiografie dei santi Luigi Gonzaga, Francesca Romana, Fran-cesco Borgia, Maria Maddalena de’ Pazzi e Giovanni Berch-mans, si veda in breve – oltre a C. Sommervogel, Bibliothèquede la Compagnie de Jésus, I-XI, Bruxelles-Parigi, 1890-1932(vidi rist. anast. 1960), II, col. 957-965 – quanto raccolto da

P. Tacchi Venturi, Cepari, Virgilio, in Enciclopedia Italiana, 9,Roma, 1931, p. 758; C. Testore, Cepari, Virgilio, in Enciclo-pedia Cattolica, 3, Città del Vaticano, 1949, col. 1307; A. DeBil, Cepari, Vergilio, in Dictionnaire d’Histoire et de GéographieEcclésiastique, 12, Parigi, 1953, col. 149-150; F. W. Bautz,Cepari, Virgilio, in Biographisch-Bibliographisches Kirchenle-xikon, 1, Hamm, 1990, p. 970. Un più ampio profilo, limi-tatamente ai primi anni di attività, è stato curato daA. M. Pignatelli, Il P. Virgilio Cepari S.I. La formazione e laprima attività : 1582-1601, in Archivum Historicum Societatis Iesu,51, 1982, p. 3-42.

20. Su di lui, oltre all’attento ritratto di M. Rosa, Acquaviva,Claudio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 1, Roma, 1960,p. 168-178, si veda ora, con bibliografia aggiornata, il profilodi M. Fois, (Generales : 5) Aquaviva Claudio, in DiccionarioHistórico de la Compañía de Jesùs, Biográfico-Temático, I-IV, acura di Ch. E. O’Neill, J. M.a Domínguez, Roma-Madrid,2001, II, p. 1614-1621. A conferma del rinnovato interessestoriografico per il generalato di Acquaviva – oltre al classicosaggio di J. de Guibert, Le Généralat de Claude Aquaviva (1581-1615). Sa place dans l’histoire de la spiritualité de la Compagnie deJésus, in Archivum Historicum Societatis Iesu, 10, 1941, p. 59-93– si vedano ora A. Guerra, Un Generale fra le milizie del Papa.La vita di Claudio Acquaviva scritta da Francesco Sacchini dellaCompagnia di Gesù, Milano, 2000; e La linea Acquaviva. Dalnepotismo rinascimentale al meriggio della riforma cattolica. Attidel Secondo Convegno Internazionale di studi su «La casaAcquaviva d’Atri e di Conversano», Conversano 24-26novembre 1995, a cura di C. Lavarra, Galatina, 2005; e siricordi anche il seminario di studi organizzato dall’UniversitàRoma Tre e dall’École des hautes études en sciences socialesa Roma nei giorni 28-30 ottobre 2002 sul tema «Politica ereligione nell’Europa moderna. Il generalato di ClaudioAcquaviva (1581-1616)». In ultimo si veda ora P. Broggio etalii (a cura di), I gesuiti ai tempi di Claudio Acquaviva. Strategiepolitiche, religiose e culturali tra Cinque e Seicento, Brescia, 2007.

21. Un suo sintetico ritratto si veda a cura di C. Testore, Vitelleschi,Muzio, in Enciclopedia Cattolica, 12, Città del Vaticano, 1954, col.1529-1530. Per conoscere meglio la sua figura, si veda ora, conbibliografia, il ritratto di M. Fois, (Generales : 6) Vitelleschi,Mucio [Muzio], in Diccionario Histórico de la Compañía de Jesùs...cit., II, p. 1621-1627. Da non sottovalutare, per quantoriguarda il rapporto del Vitelleschi col mondo delle ricerchecimiteriali, che lo stesso Generale della Compagnia di Gesùconobbe certamente il Bosio del quale fu insegnante di filo-sofia presso il Collegio Romano : cfr. A. Valeri, Cenni biograficidi Antonio Bosio con documenti inediti, Roma, 1900, p. 17.

Fornari, erano intimi conoscitori di Antonio Bosio14

e con lui, come documentato da un passo dellaRoma sotterranea, avevano perlustrato proprio ilcimitero di Ermete nel dicembre del 160815. Interes-sante è, ancora, ricordare la presenza nelle galleriedel cardinale Cesare Baronio (peritissimum antiqui-tatis, come lo definì Bosio16) che, al momento discendere in catacomba in qualità di «espertoepigrafista»17, avrebbe provveduto anche a mutared’abito per non rischiare di danneggiare la propriaveste cardinalizia negli angusti e polverosi spazisotterranei18. E da non sottovalutare, secondo la

testimonianza di due dei tre gesuiti interrogati, è lapresenza del Padre Virgilio Cepari19, celebre agio-grafo gesuita, che – pur se non se ne possiede ladeposizione – sembrerebbe essere stato ascoltatoper primo nel corso della medesima istruttoria.

I Generali della Compagnia, Claudio Acqua-viva20 prima e Muzio Vitelleschi21 poi, avrebbero –secondo quanto ancora testimoniato dai tre gesuiti– predisposto le ricerche su ordine dei ponteficiClemente VIII, Paolo V e Gregorio XV. A dispettodi quanto testimoniato dai tre, va però ricordatoche la venerazione gesuitica per le antiche reliquie

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?84 Massimiliano GHILARDI

22. Contrariamente a quanto solitamente si afferma – chel’ambiente oratoriano, cioè, sia stato sul finire del Cinque-cento il promotore della nascita dell’interesse verso gli antichicimiteri cristiani e le reliquie in essi custodite – ho provato adocumentare il ruolo preminente della Compagnia di Gesùnella promozione delle pionieristiche ricerche archeologichecatacombali nel saggio Oratoriani e gesuiti alla ‘conquista’ dellaRoma sotterranea nella prima età moderna, in Archivio Italiano diStoria della Pietà, 22, 2009 (in corso di stampa).

23. Al momento del rinvenimento si pensò, infatti, di aver ripor-tato alla luce il cimitero di Priscilla e tale denominazionerimase nella storia degli studi sino al tempo di GiovanniBattista de Rossi che, nel 1873, ritenne invece le galleriescoperte accidentalmente nel 1578 parte del coemeteriumIordanorum (G. B. de Rossi, Scoperte nell’arenaria tra i cimiteridi Trasone e dei Giordani sulla Via Salaria Nuova, in Bullettino diArcheologia Cristiana, 4, 1873, p. 8), nonostante la propostadel Garrucci che vedeva in esse parte del cimitero di Trasone(R. Garrucci, Storia dell’arte cristiana nei primi otto secoli dellaChiesa, I-VI, Prato, 1873-1881, I, p. 63). Nuovi dubbi di attri-buzione furono formulati da P. Styger, Die römischen Kata-komben... cit., p. 265, ma l’identificazione col cimitero deiGiordani rimase fino alla scoperta, nel 1966, della tomba delmartire Alessandro, che le fonti reiteratamente indicavanoin coemeterio Iordanorum, nella vicina regione catacombale diVilla Massimo (U. M. Fasola, Le recenti scoperte nelle catacombesotto Villa Savoia. Il «Coemeterium Iordanorum ad S. Alexan-drum», in Actas del VIII Congreso Internacional de ArqueologiaCristiana, Barcelona, 5-11 octubre 1969, Città del Vaticano,1972, p. 273-297). Da allora al cimitero è rimasta la denomi-nazione «meno nobile, ma sicuramente più veritiera» (cfr.V. Fiocchi Nicolai, Storia e topografia della catacomba anonimadi via Anapo, in J. G. Deckers, G. Mietke, A. Weiland [a curadi], Die Katakombe «Anonima di via Anapo». Repertorium derMalereien, Città del Vaticano, 1991, p. 7) di «Anonimo di viaAnapo», nonostante vada lamentata ancora oggi, a circaquaranta anni di distanza dal cambiamento di nome edanche in sedi altamente scientifiche, la mancata ricezione ditale significativa nuova attribuzione. Quanto all’episodioapparentemente casuale del recupero del cimitero ipogeo,mi sono più volte in passato soffermato a ricordare lascoperta, avvenuta il 31 maggio del 1578, cercando di riflet-tere sul valore del ritrovamento e sullo sfruttamento apolo-getico che prontamente se ne fece; per brevità, mi sia quindipermesso rimandare in ultimo a quanto raccolto nellaPremessa del mio volume : Subterranea civitas. Quattro studi

sulle catacombe romane dal medioevo all’età moderna, Roma,2003, p. 7-11. Sulla riscoperta del cimitero e sulla nascitadegli studi di antichità cristiane – ma senza elementi dinovità, ripetendo cose ampiamente note – si veda la panora-mica offerta ora da R. Giordani, La scoperta della catacombasotto la vigna Sanchez e la nascita degli studi d’antichità cristiane,in Rivista di Archeologia Cristiana, 83, 2007, p. 277-315.

24. Per conoscere meglio la figura di Giovanni Nicolò de Notari,preposto provinciale della Compagnia per due volte – dal1574 al 1579 e dal 1581 al 1584 –, si veda quanto raccolto daM. Scaduto, Catalogo dei Gesuiti d’Italia (1540-1565), Roma,1968, p. 106.

25. Archivum Romanum Societatis Iesu (d’ora in poi ARSI), Busta152/1526, doc. 3. Alcuni dei documenti da me in questocontesto citati – tra i quali quello appena menzionato – sonostati rintracciati da Andrea De Luca nel corso delle ricerchecondotte per la compilazione della tesi di laurea in «Storiamoderna» Alla ricerca della santità. Catacombe e reliquie nellapolitica religiosa della Compagnia di Gesù nel XVII secolo, da luidiscussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Univer-sità degli Studi di Roma «La Sapienza» nella sessione autun-nale dell’anno accademico 2006-2007, relatore MarinaCaffiero, correlatore Massimiliano Ghilardi.

26. Cfr. G. Signorotto, Cercatori di reliquie, in Rivista di storia eletteratura religiosa, 21, 3, 1985, p. 383-418, partic. p. 407.

27. Su tale editti, oltre all’articolo menzionato supra a nota 11, sivedano C. Damen, De excommunicatione contra extrahentes reli-quias ex catacumbis romanis olim lata, in Apollinaris, 14, 1941,p. 52-60 e G. Pennacchi, Commentaria in Costitutionem Aposto-licae Sedis qua censurae latae sententiae limitantur, I-II, Roma,1883, I, p. 1031-1040 (Appendix XXVIII. De excommunicationein eos lata, qui absque legitima venia extrahunt reliquias e sacriscoemeteriis sive catacumbis urbis Romae).

28. Se per un periodo così antico le «patenti di scavo» sono almomento soltanto un’ipotesi di lavoro da approfondire, perl’ultimo trentennio del XVII secolo abbiamo la certezza dellaloro esistenza; il conforto viene dalle parole del canonicoCuggiò, il quale ci informa che spettava al cardinale Vicario ilrilascio di attestati di accesso e di libera circolazione nei cimi-teri per i cavatori autorizzati : «Deve anche il signor card.vicario concedere le patenti da lui sottoscritte alli cavatori,acciò siano riconosciuti, e non molestati da alcuno nell’ac-cesso e recesso da Roma, e loro permanenza, né sia loro impe-dito l’accesso a’ cemiteri che sono nelle vigne e poderi, tantonell’Agro romano, quanto altrove bisognando» (cfr. Dellagiurisdittione e prerogative del Vicario di Roma... cit., p. 115).

ex ossibus, in osservanza alle decisioni conciliaritridentine De invocatione, veneratione et reliquiis sanc-torum, et de sacris imaginibus, sembra avere originiassai precoci22. Già nel 1575, tre anni prima della«casuale» riscoperta del cimitero sotterraneo dellavia Salaria – allora creduto essere quello diPriscilla, ma oggi piuttosto da identificare come un«cimitero anonimo»23 – Giovanni Nicolò deNotarii24, preposto provinciale della Compagnia diGesù nella provincia di Roma e della Tuscia, rivol-geva al Pontefice Gregorio XIII – come provato daun interessante documento conservato pressol’Archivum Romanum Societatis Iesu – un’accoratapreghiera al fine di ottenere un Indultum extrahendi

reliquias25. I permessi di scavo rilasciati dai ponte-fici per esumare le reliquie presso gli antichi cimi-teri romani – le cosiddette patentes o licentiaeeffodiendi –, dovettero essere piuttosto numerosinel corso del pontificato di Sisto V e dovetteroriguardare principalmente alcuni membri dellaCompagnia di Gesù26. Questi ultimi, pur se nume-rosi editti papali furono a quel tempo promulgatiper vietare anche agli ecclesiastici la circolazionenei cimiteri e l’estrazione illecita di particelleossee27, dovevano quindi possedere un permessoapposito e soprattutto un accesso indisturbato allegallerie che potevano frequentare e «sfruttare»ampiamente e senza apparente controllo esterno28.

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29. Cfr. Bullarum privilegiorum ac diplomatum Romanorum Ponti-ficum amplissima collectio. Cui accessere Pontificum omnium Vitae,Notae, & Indices opportuni. Opera et Studio Caroli Cocquelines,Tomus IV, Pars III, Ab anno tertio Pii V. usque ad annum nonumGregorii XIII., scilicet ab anno 1568. ad 1580., Roma, 1746,p. 325-327.

30. Di permessi rilasciati dal papa al Generale dei gesuiti perestrarre reliquie dal cimitero di Ermete si parla chiaramentein una lettera inviata nel 1612 dal gesuita nativo di Saint-Pol(Pas-de-Calais) Angelin Gazet al confratello tournaisien Louisde Landres, Rettore del Collegio gesuita di Arras; cfr. M. VanCutsem, Une lettre inédite du P. Gazet sur la catacombe de Saint-Hermès, in Analecta Bollandiana, 52, 1934, p. 334-342, partic.p. 340 : «Notre R.P. General ayant esté requis de plusieursde leurs donner ou envoier quelque relique, demandalicence du Sainct Pere de pouvoir ouvrier le cimetière dePriscille et y envoier quelcu’un des Nostres pour en tirerquelques corps sainct. Or le Pape veult etre demandé toutesles fois et c’est pour un certain temps, apres il faut murerl’entrée et veult il encores avoir sa part aux reliques. Il yavait plus de deux ans qu’on n’y avoit esté et lors le Papereceut aussy aucunes reliques pour en donner a plusieursquy l’avoint requis. Je fus lors au Pape avecque le P. Procu-reur General et un coadjuteur qui portoit une guisse plainedes os de quelques saincts. Le Sainct Pere fit grande reve-rence aux dictes reliques, les baisa et montra d’en avoirgrand plaisir et contentement; il donna des benedictions anostre Frere, disant les donner propter retributionem de cequ’il avoit porté la quaisse».

31. Ho trascritto integralmente e commentato i documenti checiterò nelle prossime note nel saggio Baronio e la ‘Roma sotter-ranea’... cit., p. 473-487.

32. ARSI, Chiesa del Gesù, Busta I, doc. 82 a-d. Cfr. M. Ghilardi,

Baronio e la ‘Roma sotterranea’... cit., p. 474-476.33. Sulla politica nepotista del papa Paolo V cfr. W. Reinhard,

Papstfinanz und Nepotismus unter Paul V (1605-1621), I-II, Stutt-gart, 1974. Sui rapporti familiari della famiglia del pontefice,non troppo distesi, cfr. anche quanto raccolto da Id., Ämter-laufbahn und Familienstatus. Der Aufstieg des Hauses Borghese1537-1621, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archivenund Bibliotheken, 54, 1974, p. 328-427.

34. Nato probabilmente a Turbigo, piccolo centro lombardo alconfine con il novarese, da una famiglia di ricchi mercanti diorigine milanese nel 1556, entrò nella Compagnia di Gesùnel 1589 divenendo più tardi Procuratore della Casa Professadi Roma, dove morì il 26 dicembre del 1643. Cfr.C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus... cit.,VI, col. 691-692. Cfr. pure quanto raccolto da G. Mellinato,Piatti (Domizio), in Dictionnaire de spiritualité ascétique etmystique, doctrine et histoire, I-XVII, Parigi, 1937-1994, XII, 2(1986), col. 1409. Domizio, la cui famiglia era legata davincoli parentali al pontefice Gregorio XIV, ebbe anche unaltro fratello maggiore con sé nella Compagnia di Gesù :Gerolamo, al secolo Ottavio (1548/49-1591). Diversamenteda quanto da me indicato, non li ritiene legati da vincoli diparentela R. Tamponi, Il De Cardinalis Dignitate et Officiodel milanese Girolamo Piatti e la trattatistica cinque-seicentesca sulcardinale, in Annali di storia moderna e contemporanea, 2, 1996,p. 79-129, partic. p. 82, n. 29.

35. Per un suo profilo – oltre alla sintetica scheda di G. Moroni,Plato o Piatti Flaminio, in Dizionario di erudizione storico-ecclesia-stica... cit., LIII (1852), p. 313 – si veda, con bibliografia,quanto raccolto da P. Mira, Flaminio Piatti cardinale (1550-1613), in Bollettino Storico per la Provincia di Novara, 91, 1,2000, p. 121-136.

In effetti, tale circostanza dovette verificarsi real-mente e fu dovuta ad una fortuita scoperta effet-tuata dai padri della Compagnia al tempo delpontificato di Gregorio XIII : questi, infatti, avevadonato al Collegio Germanico dei gesuiti – con laBolla Quoniam Collegium Germanicum del 20novembre del 1576 – una vigna sulla via Salariavetus, cui era aggiunto un più piccolo terrenoattiguo per un totale di circa sei ettari in locoPesaioli nuncupato, pro recreandis scholaribus, ovveroper offrire riposo e restituire vigore ai giovanigesuiti in formazione29. Costruendo un casamentodi campagna nella vigna, i gesuiti – che realizza-rono l’edificio sui resti in parte emergenti di unabasilica funeraria semipogea paleocristiana da lororinvenuta parzialmente diruta – rintracciaronocasualmente le gallerie cimiteriali totalmentedimenticate da secoli penetrandovi, come docu-mentato dai tre stessi gesuiti interrogati dal NotaioSpada, con l’aiuto di una lunga scala lignea a piolie poi procedendo carponi preceduti da operai cheliberavano dalla terra il percorso. Il cimitero diErmete, vera e propria «miniera di santità»,divenne allora il deposito infinito delle reliquie, il

luogo dove poter cavare – certamente con giudizioe, soprattutto, con il permesso del papa30 – i corpidei martiri da inviare in tutto il mondo a chi neavesse fatto richiesta.

Per cercare di comprendere come si potesseroottenere i permessi per incaricare i padri gesuiti adeffettuare la «cava delle reliquie», possiamo rivol-gerci ad alcuni preziosi documenti conservatinell’Archivio della Compagnia di Gesù31. Nel mesedi maggio del 1612, Ortensia Santacroce – mogliedel «Generale delle galere pontificie» e «Generaledella Chiesa» Francesco Borghese, fratello delregnante pontefice Paolo V – inviò al papa /cognato un libello di supplica chiedendogli dipoter ottenere la facoltà di estrarre reliquie dalcimitero di Ermete con l’ausilio dei padri dellaCompagnia di Gesù32. Non avendo ottenutoimmediata risposta – nonostante l’evidente«canale privilegiato» familiare33 –, Ortensiasupplicò l’influente padre gesuita Domizio Piatti34,fratello minore del più celebre cardinaleFlaminio35, di intercedere per lei presso il viterbeseScipione Cobelluzzi, secretarius domesticus et fami-liaris del pontefice, affinché le venisse concessa la

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?86 Massimiliano GHILARDI

36. In compagnia del cardinale viterbese Cobelluzzi, oltre alcimitero di Ermete – come sopra ricordato (cfr. supra, nota15) – Antonio Bosio visitò anche il cimitero di Ponziano sullavia Portuense; cfr. Roma sotterranea... cit., p. 125 : «Visi-tammo questo luogo in compagnia del Cardinale ScipioneCobelluzzi, huomo di molta eruditione, e studiosissimo dellememorie Ecclesiastiche; & insieme vi furono BaldassarreAnsidei, Custode della Biblioteca Vaticana, e NicolòAlemanni, che poi gli successe in quel carico, tutti huominieruditi». Il rapporto di amicizia tra Cobelluzzi e Bosio è statoancora di recente documentato con la pubblicazione di unalettera inedita (conservata in Barb. Lat. 6458, f. 218-219)inviata dall’archeologo barocco al prelato viterbese in data26 ottobre 1620 : cfr. M.C. Misiti, «Pro collegio PatrumIesuitarum civitatis Viterbii» : la libraria del cardinale ScipioneCobelluzzi, in Le biblioteche private come paradigma bibliografico.Atti del convegno internazionale, Roma 10-12 ottobre 2007,a cura di F. Sabba, Roma, 2008, p. 195-233, partic. p. 212 e232-233 per la trascrizione completa della lettera (devo aIngo Herklotz, che ringrazio cordialmente, la segnalazione diquesto interessante documento).

37. ARSI, Chiesa del Gesù, Busta I, doc. 85. Cfr. M. Ghilardi,Baronio e la ‘Roma sotterranea’... cit., p. 477.

38. Su di lui, in servizio presso l’Officio III dal 1607 al 1634, cfr.A. Francois, Elenco di Notari che rogarono atti in Roma... cit.,p. 83.

39. Giovanni Paolo Taurino (o Taurini), nato a Milano nel 1579 emorto a Roma nel 1656, magister lignaminis, intagliatore, fuattivo a Milano, Pavia e Roma. Formatosi nell’atelier paternodove apprese cifre stilistiche e tecniche d’intaglio d’oltralpe (ilpadre Rizzardo, intagliatore, era originario di Rouen), vilavorò a lungo con i fratelli Giacomo e Giovanni, per poi dedi-carsi ad opere commissionategli dalla Compagnia di Gesù (inparticolare, ad esempio, la sua maestria va segnalata per i seiconfessionali posti in opera nella chiesa di S. Fedele a Milanotra il 1601 e 1603). Sugli intagliatori gesuiti italiani del Cinquee Seicento si veda quanto raccolto da P. Pirri, Intagliatori gesuitiitaliani dei secoli XVI e XVII, in Archivum Historicum SocietatisIesu, 41, 1952, p. 3-59 (per l’attività di Giovanni Paolo Taurino

si vedano in particolare le p. 44-52).40. Nessuna notizia biografica ho potuto rintracciare sul gesuita

in questione. La prova della sua familiarità con il mondo del-le reliquie, tuttavia, è possibile ricavarla – oltre che, natural-mente, dall’episodio in questione – da un atto notarile,conservato nel Monastero umbro di S. Maria del Fonte aFossato di Vico ma rogato a Roma e databile al 5 giugno del1641, in cui si ricorda la sua elargizione di reliquie cimiteriali(i santi Benigno, Giulio, Vittorino, Anastasia, Costanza,Ciriaco, Bonifacio, Alessandro, Giustino, Artemio, Felice, iresti dei quali a sua volta Rocchetti aveva avuto in dono dalnobile romano e poi vescovo di Camerino GiovanbattistaAlterio) alla chiesa di S. Maria quae dicitur della Fonte,affinché le monache le esponessero alla devozione dei fedeli;cfr. L. Galassi, Le cinquanta chiese della storia fossatana,Fossato, 2006, p. 24.

41. Relativamente a tale episodio, ad esempio, oltre ai resticeduti ad Ortensia – e da lei donati al Sacro Eremo di Camal-doli sul Tuscolo, dove nel 1616 sarà sepolta appena cinquan-tenne – ho potuto ricostruire solo la storia di pochi altri corpisanti : Olivo, Pelbonia e Fortunio e la coppia Dizolo eRecesso. I corpi di Olivo, Pelbonia e Fortunio furono inviatida Piatti a Carpignano Sesia, dove ancora oggi si veneranoall’interno della Chiesa parrocchiale intitolata alla BeataVergine Assunta (cfr. P. Mira, Flaminio Piatti cardinale... cit.,p. 128. Cfr. D. Pomi, Una ricerca inconsueta : corpi santi inValsesia, in Bollettino Storico per la Provincia di Novara, 93, 2,2002, p. 452; cfr. pure Id., Il viaggio dei corpi santi dalle cata-combe alla Valsesia, in de Valle Sicida, 14, 1, 2003, p. 131, n. 9.);mentre i corpi di Dizolo e Recesso furono inviati al collegiodi Saint Omer, al Pas-de-Calais, ma le reliquie andaronodisperse nel corso della Rivoluzione francese (Cfr. P. Villette,Dizolo e Recesso, in Bibliotheca Sanctorum, 4, Città del Vaticano,1964, col. 667-668).

42. Diversamente da me su questo argomento, cfr. M. Gana,Reliquie e nobildonne nella Roma barocca, in Sanctorum, 2,2005, p. 111-120, partic. p. 113-116, che ritiene che le donnedell’aristocrazia romana fossero le principali destinatarie deidoni e della custodia delle preziose particelle ossee.

tanto sospirata licenza. Cobelluzzi, amico del Bosioe suo compagno di avventure nella perlustrazionedei cimiteri antichi36, riferì – come documentatodalla copia di un manoscritto autografo del Piatti37

– che il papa non ritenne opportuno far produrreun apposito breve, ma che per la concessione dellalicenza fosse sufficiente la sua volontà orale giàespressa in precedenza. Alla presenza del Notaiocapitolino Giovanni Agostino Tullio38, e ricono-sciuti i «segni del martirio», i padri gesuitiDomizio Piatti, Giovanni Paolo Taurino39 e IgnazioRocchetti40 estrassero pertanto numerosi corpi dimartiri, del tutto sconosciuti alle antiche listemartirologiche come evidente dalla semplicelettura dei loro nomi : Essaniatore e sua moglieRomana, Elino, Primo e Quisquenzio, Felicita,Pelbonia, Fortunio, Leone, Messina, Valeriana,Sabina, Dizolo e Recesso, Silvio, Vergo, Nereo e

Olivo. Non tutte le reliquie estratte in questa occa-sione giunsero però nelle mani di Ortensia, chedovette accontentarsi solo dei resti di Essaniatore eRomana, Nereo, Pelbonia, Leone e Valeriana. Irestanti corpi – secondo quanto si può intuire daidocumenti – furono inviati in diversi collegi dellaCompagnia (Recanati, Stenico, Avignone), pur seè oggi quasi impossibile ricostruire con precisionegli spostamenti di tali reliquie41. Una politica dipressioni sociali e legami familiari – unite ad unalicenza papale concessa oralmente – sono dunquealla base dell’ottenimento e certificazione diantiche reliquie.

Si tratta però, come è evidente, di un casoeccezionale. La richiesta di particelle ossee, infatti,non era sempre e soltanto effettuata da nobil-donne della corte papale42, ma spesse volte – esoprattutto – anche da religiosi di parrocchie

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43. Un esempio significativo di tale indirizzo di politica religiosaè stato recentemente illustrato da G. Cracco e L. CraccoRuggini, «Cercatori di reliquie» e parrocchia nell’Italia delSeicento : un caso significativo, in C. Ossola, M. Verga eM. A. Visceglia (a cura di), Religione cultura e politica nell’Eu-ropa dell’età moderna. Studi offerti a Mario Rosa dagli amici,Firenze, 2003, p. 139-159.

44. Le pene previste per tale genere di reati potevano giungerefino alla confisca dei beni o al carcere, oltre alla scomunicaipso facto incurrenda. Cfr. G. Calore, Catacombe, in Enciclopediadel diritto, I-XLVII, Varese, 1958-1993, VI (1960), p. 475-479,partic. p. 475-476.

45. Va in realtà notato che la sua appartenenza alla sfera reli-giosa per i primissimi anni del XVII secolo non è del tuttoconfermata : se, infatti, alcune fonti coeve lo ricordavanoinequivocabilmente quale uomo di Chiesa, altri documenti,altrettanto coevi, lo ricordavano laico e coniugato. Su di lui(1555 ca-1619), si veda quanto raccolto da P. Zanetta,Mommo loco del novarexe, Borgomanero, 1985, passim [p. nonnumerate]. Crederei possibile, tuttavia, indicare una spiega-zione : nel 1603 – anno in cui sarebbe stato imprigionato perqualche tempo – il Cavagna poteva non aver ancora intra-preso la vita religiosa ed essere un laico. Solo più tardi,stando a Roma, avrebbe rinunciato alla propria condizionesociale per vestire l’abito francescano. Un interessante docu-mento del giugno del 1612 recentemente pubblicato, infatti,lo definisce Reverendus Pater Dominus Ioannes Baptista CavagnaNovariensis hodie habitu S. Francisci indutus. Dunque, l’utilizzodell’avverbio hodie potrebbe indicare che la scelta della vitareligiosa era una decisione piuttosto recente. Il documentomenzionato è pubblicato nel volume a cura di R. Massa, Iltesoro ritrovato. Reliquie e reliquiari dell’antica Prevostura diS. Erasmo in Castel Goffredo, Castel Goffredo, 2002,p. 156-158.

46. Il riferimento è al romanzo storico La chimera del genovese –ma piemontese di adozione – Sebastiano Vassalli. Nell’operavassalliana, «Premio Strega» e «Premio SelezioneCampiello», Cavagna ha un ruolo assolutamente secon-dario, ma ha la fortuna di essere descritto dalla felice – ma inquesto caso crudele – penna dello scrittore, che – fantasiosa-mente – lo immagina goloso, piuttosto goffo e di scarsa intel-ligenza; cfr. S. Vassalli, La chimera, Torino, 200722 (19901),p. 19-20 : «Dietro i seminaristi apparvero poi i canonici,riconoscibili per i cappelli rotondi e per i contrassegni diporpora dell’abito talare; tra essi faceva spicco da lontano,per grandezza di corporatura e floridezza di carni, quelGiovan Battista Cavagna da Momo che era destinato, di lì apochi anni, a diventare più celebre di quanto lui stessopotesse prevedere o desiderare [...]. Il giorno in cui venne invisita alla Pia Casa con il vescovo, invece, monsignor

Cavagna era ancora poco conosciuto, un prete come tanti :ma già circolava sul suo conto la facezia che il poeta medioe-vale Dante Alighieri avesse previsto la sua nascita con tresecoli d’anticipo, e che avesse pensato a lui quando scrissequel verso, in cui si parla d’un’“oca bianca più che burro”...I preti della provincia italiana, nel Seicento, ridevano così enel caso del Cavagna qualche ragione di ridere ce l’avevanodavvero : perché il poveretto, che veniva da una zona delnovarese ricchissima di oche, sembrava lui stesso un’oca,anzi un ocone smisurato, nell’andatura e nella voce e nellastruttura fisica; aveva infatti un gran sedere, spalle strette euna testolina da bambino su un lungo collo che muovevacamminando, come per curiosare ai due lati della strada.Soltanto il colore dell’abito, che era nero, non corrispondevaall’immagine dell’oca». Cfr. pure ibid., p. 117 : «Era un inca-rico importante, e di gran fiducia, questo che Bascapè avevadato all’“oca bianca più che burro”; il fatto poi che per taleincarico avesse scelto proprio monsignor Cavagna, e nonaltri, significava innanzi tutto che lo considerava un fedeleservitore di Dio e del vescovo; dotato, in più, di qualità edifetti specifici che lo rendevano particolarmente adatto pervivere e operare nella città dei Papi. I difetti del Cavagna –secondo Bascapè – erano la curiosità dei fatti altrui, lapropensione al pettegolezzo e alla mondanità, la ghiotto-neria, la scarsa fantasia; per contro, le sue qualità avrebberodovuto essere il temperamento flemmatico e la mancanza diambizioni : ma, su quest’ultimo punto, Bascapè sbagliava.Cavagna era ambizioso, come tutti; soltanto, era ambizioso amodo suo e non a modo del vescovo; in più, aveva nel suocarattere una componente di dabbenaggine che il vescovosottovalutava. Data la sua scarsa inclinazione per i grandivoli del pensiero, e la sua scarsa attitudine a farsi impressio-nare, Roma non lo intimorì, né lo eccitò; lo incuriosirono,invece, alcuni traffici di reliquie che allora si svolgevanoattorno alle basiliche fuori porta e ai sepolcreti ad esseannessi, e che smuovevano le stesse cupidigie, e gli stessiinteressi, che in altri luoghi del pianeta erano mossidall’oro». Sulla fortuna del romanzo di Vassalli, vero eproprio caso letterario, si veda quanto raccolto in R. Cicala,G. Tesio (a cura di), La chimera. Storia e fortuna del romanzo diSebastiano Vassalli, Novara, 2003. Sull’opera in questione sivedano pure le più corrette ed equilibrate valutazioni –pienamente condivisibili – di S. Pagano, Carlo Bascapè fraromanzo e storia. (In margine a «La chimera» di SebastianoVassalli), in Barnabiti studi, 7, 1990, p. 239-278.

47. Cfr. Regesti di bandi editti notificazioni... cit., II, p. 250-251,num. 1924.

48. Assume un valore ancora maggiormente ricco di significatitale arresto, particolarmente se ci si sofferma a confrontarlocon le benemerenze accordate in patria al Cavagna : i locali

lontane da Roma, desiderosi di dotare la propriadiocesi di preziose testimonianze della storia piùgloriosa della Chiesa delle origini ed affermare intal modo il legame con il centro della cristianità43.Gli esiti, però, erano alle volte decisamente diffe-renti e non pochi – anche uomini di Chiesa – fini-rono per conoscere le durezze delle carceripontificie44. Uno dei primi religiosi a subire taleinfamante sorte fu il francescano novareseGiovanni Battista Cavagna45, devoto fedele e abilemercante che ha avuto la fortuna – in anni relati-

vamente recenti – di vestire i panni di uno dei piùcaratteristici personaggi di un fortunato romanzostorico pubblicato da uno dei più dotati scrittoriitaliani contemporanei46. Cavagna, venuto ufficial-mente a Roma per ottenere reliquie da destinaread alcune parrocchie del novarese, meno di unmese dopo la promulgazione del secondo editto diClemente VIII contro la frequentazione libera deicimiteri (editto del 23 agosto 160347) fu incarceratoper volontà espressa dello stesso pontefice48. Ditale circostanza – sulla quale si dilunga il romanzo

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?88 Massimiliano GHILARDI

organi di governo, infatti, proprio per aver ricevuto in donovenerabili reliquie di antichi martiri, avevano esonerato avita il benemerito cittadino dal pagamento delle tasse. Cfr.P. Zanetta, Mommo loco del novarexe... cit., [p. non nume-rata] : «et insieme hanno ordinato che si levi dal libro del-l’estimo tutto il carico del signor Cavagna, per tanto quandoviverà et questo per parte di remuneratione delle sante reli-quie portate da Roma».

49. Cfr. S. Vassalli, La chimera... cit., p. 120-132.50. Su di lui, in breve, cfr. P. Prodi, Bascapè, Carlo, in Dizionario

biografico degli Italiani, 7, Roma, 1965, p. 55-58. Sugli aspettidevozionali della sua pastorale delle reliquie si veda quantoraccolto da F. Mattioli Carcano, Carlo Bascapè e il culto dei santiGiulio e Giuliano, in Carlo Bascapè sulle orme del Borromeo.Coscienza e azione pastorale in un vescovo di fine Cinquecento. Attidei Convegni di studio di Novara, Orta e Varallo Sesia, 1993,Novara, 1994, p. 319-334.

51. Cfr. I. Chiesa, Vita del Rev.mo Mons. D. Carlo Bascapè, Vescovo diNovara de Chierici Regolari di S. Paolo, Milano, 1636, p. 381 :«Con tutto ciò non passò molto che il cardinal Baronio, diordine del pontefice, ch’era Clemente VIII, scrisse al vescovoche facesse prigione il Cavagna e riponesse le reliquie sottol’altar maggiore infino a nuova deliberazione». La biografia èstata recentemente ripubblicata, con ricchissime note edattenti indici, a Firenze nel 1993 a cura di Sergio Pagano, Vitadi Carlo Bascapè Barnabita e vescovo di Novara (1550-1615), per itipi della Leo S. Olschki Editore.

52. Ingo Herklotz, che ringrazio cordialmente per la segnala-zione, ha recentemente presentato – e sono in corso distampa – alcune epistole inedite inviate dal Bascapè alBosio : cfr. Antonio Bosio und Carlo Bascapè. Reliquiensuche undKatakombenforschung im 17. Jahrhundert, in «...die Augen einwenig öffnen» : Der Blick auf die antike Kunst von der Renais-sance bis heute. Festschrift für Max Kunze zum 65. Geburtstag, acura di Stephanie-Gerrit Bruer e Detlef Rößler. A tali docu-menti inediti – a riprova dell’amicizia del Bascapè col Bosio –mi ero riferito io stesso in passato : cfr. Propaganda controrifor-mista e uso apologetico delle catacombe romane, in M. Ghilardi,Gli arsenali della Fede. Tre saggi su apologia e propaganda dellecatacombe romane (da Gregorio XIII a Pio XI), Roma, 2006,p. 13-72, partic. p. 31 e Id., Baronio e la ‘Roma sotterranea’...cit., p. 446-447.

53. Lettere episcopali di Carlo Bascapè, XXVI voll. mss. conservatinell’Archivio Storico dei Padri Barnabiti di Roma, XV,p. 190 : «Farò essequire quanto Vostra Signoria illustrissimacomanda per ordine di Nostro Signore, senza dimora, di fareimprigionare quel Novarese; costui ha portato quantità direliquie ancora col nome di corpi in molte scattole, con lesue facoltà et giustificationi et anche con indulgenzeconcesse alle chiese novaresi dove esse si havessero ariporre, et mi ha assicurato del parere di persone religiose dimolta qualità che sopra la concessione che havea da Sua

Beatitudine poteva ciò fare senza incorrere le pene; io stavapiuttosto sospeso, parendomi cosa insolita. Credo ferma-mente che in lui non sia malitia, poi che non solamente nonci ha guadagnato, ma ha speso quel poco che haveva».

54. Ibid., XV, p. 432 : «Torno a dire delle nostre reliquie che nonveggo via di verificarle se non con fare vedere i luoghi ondefurono tolte et dove ne sono tante altre, sì che conosca ilfatto il sig. Card. Baronio, che non sapeva tutto in questamateria; et sì fatti luoghi non può dimostrare se non quelToccafondo, dal quale ha imparata la via il nostro Cavagna».

55. Cfr. I. Chiesa, Vita del Rev.mo Mons. D. Carlo Bascapè... cit.,p. 375-378 : «Ma ritornato a Roma il Cavagna, più altre reli-quie assai, e più segnalate delle prime di gran lunga, si diedea raccogliere, toltosi in quella impresa per compagnoFlaminio Casella, prete novarese, il quale, lasciato l’ufficioche teneva di scrittore apostolico, tocco da spirito, impetratigli ordini sacri e datosi al servizio di Dio, disegnava con queicelesti pegni ritornar alla patria, e quivi ai cenni di Carlodarsi tutto ad opere di pietà e del divin servizio. Concorre-vano ambedue alle spese che lor conveniva di fare in presen-tare alcuna persona lor favorevole, in farle cercare, incondur notai, in guernimenti e lumi, e altri abbellimenti pertenerle il più ch’essi potessero decentemente, e infinecondurle per lunga strada al paese loro. Si servirono essiprincipalmente dell’opera di Giovanni Angelo Santini, dipin-tore romano, il quale, ottenuta facoltà dal pontefice di dise-gnare i cimiteri sotterranei di Roma, fu in estremo curioso dipenetrare e vedere ciascuna grotta e ripostiglio di quelli, econ questo si condusse a parti rimotissime, ove nessuno dagran tempo addietro non aveva animo di arrivare, poichébisognava alcuna volta per certe rotture e luoghi angusti estretti strisciarvisi, e faticarsi in modo che poi gli era neces-sario starsene più giorni in letto. Aveva oltre a ciò il pittorepratica di certi cavi o fosse di pozzolana, per le quali agevol-mente si calava dentro le grotte, aprendo egli poi altrui leporte. Per questa via venne il Cavagna a trar gran quantità direliquie, e vi trovò i nomi dei santi, e i segni dei martirii, ilche non avviene a chi non penetra tant’oltre, contenti diappigliarsi a quelle poche ed incerte che trovano vicinoall’entrata. Dalle grotte dunque, specialmente di SanLorenzo e San Sebastiano, cavarono molti corpi e grannumero di segnalate reliquie di santi martiri. Dico corpi,benché buona parte dell’ossa vi fossero dall’antichità edall’acque che vi penetravano consumate, onde estratti daquelle sacre tombe, era di mestiero farle seccare. I sepolcrinei luoghi più ampli erano scavati nei lati delle catacombe,nella medesima rena o pozzolana, divenuta dura poco mendella pietra, alti dal suolo intorno a due braccia, e dilunghezza poco meno di un corpo umano, e di proporzio-nata larghezza e altezza, chiusi con pezzi di pietra o mattoniuniti con calce, nella quale, mentre era ancora fresca, conalcuno stilo avevano grossamente scritti i loro nomi e incise

di Vassalli49 – siamo informati da un breve passocontenuto nella biografia del vescovo CarloBascapè50, redatta dal barnabita InnocenzoChiesa51. Eseguito l’arresto, notificato da CesareBaronio al vescovo novarese, Bascapè – amico delBosio, come testimoniato dalla corrispondenzaepistolare intercorsa tra i due52 – provò a dimo-strare l’innocenza del Cavagna al prelato sorano53,invocando in un secondo momento – quale testi-

monianza affidabile – l’intervento del pittoreromano Giovanni Angelo Santini, detto il Tocca-fondo, colui «dal quale ha imparata la via il nostroCavagna»54. Tale pittore, infatti, sarebbe stato laguida del novarese nel labirinto sotterraneo dellecatacombe romane e sarebbe stato colui che loavrebbe guidato nell’estrazione delle reliquie poste«a parti rimotissime, ove nessuno da gran tempoaddietro non aveva animo di arrivare»55. In questo

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una o più palme, e una o più fiere, come di orsi, o leoni, daiquali erano sbranati. Delle ossa dunque di questi corpi ilCavagna e il Casella riempiute sei casse o cofani, con quelli aNovara s’inviarono, e ai 18 di maggio l’anno 1603 giunseroalla chiesa di San Martino, detto del Basto, alla costa delTesino».

56. Sugli aspetti propagandistici ed apologetici della riscopertadelle antichità cimiteriali romane – ed in particolare per ilconnubio instauratosi tra mercanti di reliquie e pittori –rimando al mio saggio Propaganda controriformista e uso apolo-getico... cit., p. 27-34.

57. La sua figura ed il suo operato, per troppo tempo sottovalu-tati, sono stati da chi scrive recentemente ristudiati anchealla luce di nuovi documenti. Mi sia quindi consentitorimandare al mio saggio Dall’inventio del corpo santo, allacostruzione della reliquia : Giovanni Angelo Santini, detto il Tocca-fondi, pittore romano, in Studi Romani, 53, 1-2, 2005,p. 94-121.

58. È lo stesso Giovanni Angelo Altemps a dircelo alle pagine116-117 della versione latina di una Vita di papa Aniceto dalui composta dapprima in italiano (Vita di santo Aniceto papa,et martire, Roma, 1610) e più tardi tradotta in latino (VitaSancti Aniceti Papae, et Martyris. Cum rebus memorabilibus, quaeeo Pontifice in Ecclesia sedente acciderunt. A Ioanne Angelo Duceab Altemps collecta, Roma, 1617) : Cum requieuisset eius corpusin coemeterio Callixti 1429. annos, piae record. Clemens VIII.Pontifex Maximus, zelo & pietate motus, curauit exhumari, vtdecenti in loco collocarentur, maioriq; deuotione à viris coli possent;& vt pluribus petentibus satisfaceret, fecit vt diligenter inquirereturin eodem coemeterio Callixti : & tandem reperta sunt quadragintaquatuor corpora Sanctorum Martyrum, quae quidem exhumatafuere à quodam Pictore, nuncupato Ioanne Angelo, vulgariternominato, Toccafondo : & sciendum hunc virum in huiuscemodicoemeteria, & cryptas descendendi, corporaq; illic existentia inda-gandi fuisse peritissimus. Haec Sanctorum Martyrum corpora inPalatij Apostolici sacrarium delata fuere, & inde distributapluribus reuerenter expetentibus, ac inter ce∞teros alios, Ego humi-

liter petij Aniceti corpus, quod notum mihi erat inter ea esse, atqueeo maior illud habedi desiderium me tenuit, quia in officio diuinofit de eo commemoratio, ac in Pontificia dignitate se optime gessit.Praedictus verò felicis recordationis Clemens VIII. amoris ergò peti-tionibus meis benignè annuens, corpus S. Aniceti Papae, &martyris mihi concessit, quod 28. die Octobris 1604. à Reuerendis-simo D. Angelo Rocca Augustiniano, Tagastae Episcopo, eiusdemsanctissimi Sacrarij Praefecto mihi allatum, In Confessione electismarmoribus contexta; Sacello in meis aedibus à fundamentis adhoc erecto, in thecis argentea, cupressina, & plumbea, ac in labrumflaui marmoris, olim Alexandri Seueri Imperatoris sepulchrum, viaAppia, tertio ab Vrbe lapide repertum, hoc addito monumento pièreponi iussi. Il presente brano, pur se con piccole modificheed aggiustamenti, è stato più tardi edito in appendice altomo secondo degli Acta Sanctorum per il mese di Aprile; cfr.Acta Sanctorum, Aprilis Tomus II, Anversa, 1675, p. 477-478(vidi ediz. Parigi e Roma, 1866, p. 474).

59. Mariano Armellini, promettente allievo del de Rossi spentosiprematuramente nel 1896 a soli 45 anni di età, per primosegnalò di aver rinvenuto negli archivi della BibliotecaApostolica Vaticana un prezioso documento manoscritto,intitolato Notula delle cose confessate da Gio : Angelo Santinopreso in fragrante con Reliquie Leuate dal Cimiterio di S.ta Cedro-nella, Felicita, ò Novella fuora Porta Pia, in cui si menzionavanoi cimiteri depredati dal Toccafondi (cfr. M. Armellini, Gliantichi cimiteri cristiani di Roma e d’Italia, Roma, 1893, p. 144-145). Dopo lunghe e non semplici ricerche negli archivi giàindagati dall’Armellini, sono riuscito a recuperare e visio-nare il documento (Misc. Arm. VI n. 37 = Vat. Lat. 11904,f. 3-4) : si tratta, in realtà, di un interessante sunto mano-scritto del processo a carico del pittore, accusato di avercavato reliquie da molti cimiteri della campagna romana. Ilbreve documento in questione, premesso nel codice vati-cano alla manoscritta opera Descriptio aliquot EcclesiarumRomanarum di Iulius Roscius Hortinus, servì al compilatoreseicentesco dell’opera sulle chiese romane solo per docu-mentare quali antichi cimiteri sotterranei fossero conosciuti

contesto non è di secondaria importanza sottoli-neare brevemente il ruolo dei pittori nella cavadelle reliquie, ed il loro rapporto privilegiato con imercanti ed i cercatori di particelle ossee. I pittori,infatti, – proprio per via del connubio tridentinoche legava immagini e reliquie – dovevano posse-dere una certa familiarità con i sotterranei sacridella campagna romana, luoghi che, al di là deidivieti genericamente imposti, potevano frequen-tare per trarne antiche immagini funzionali alladifesa apologetica del primato apostolico dellaChiesa di Roma. Ecco dunque che i cercatori direliquie riconobbero in tali personaggi i miglioricollaboratori di cui potersi servire per ottenere,dietro pagamento, quanto ardentemente deside-rato56. Giovanni Angelo Santini, pittore ufficialedel Bosio incaricato da quest’ultimo di riprodurrele scene dipinte nelle gallerie cimiteriali per esserestampate nella Roma sotterranea, modificando a finicommerciali iconografie cimiteriali che egli solopoteva osservare negli anfratti più remoti delle

catacombe, fu colui che in quegli anni monopo-lizzò totalmente il campo delle esplorazioni sotter-ranee57. Le instancabili ricerche da lui condotte,favorite dalle minute caratteristiche fisiche che glivalsero il soprannome (il nomignolo Toccafondi oToccafondo fu, infatti, dovuto alla facilità con cuiriusciva a calarsi nei più angusti anfratti dei cimi-teri sotterranei), lo resero in breve tempo, tra lafine del XVI secolo e nei decenni iniziali del secolosuccessivo, uno dei personaggi più ricercati dacoloro che erano intenzionati ad ottenere reliquiedi martiri. Lo stesso pittore, tuttavia, pur essendosiin quegli anni distinto per la straordinarietà deirinvenimenti – fu lui, ad esempio, a recuperare ilpresunto corpo del papa martire Aniceto per lacappella palatina del duca Giovanni AngeloAltemps58 – non riuscì a sottrarsi al giudizio delTribunale Apostolico che, nei primi anni del XVIIsecolo, lo punì per i frequenti furti di reliquie cheaveva negli anni compiuto nelle catacomberomane59.

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?90 Massimiliano GHILARDI

al suo tempo, ma riveste per noi fondamentale importanzaper conoscere in dettaglio l’attività illecita del Toccafondi ed icimiteri da lui indagati in maniera approfondita. È così statopossibile per me apprendere che il Toccafondi, spesso incompagnia di acquirenti e destinatari di reliquie da estrarvi,era penetrato numerose volte nei cimiteri delle vie Flaminia,Salaria (nova e vetus), Nomentana, Tiburtina, Labicana,Latina, Appia, Aurelia e Ostiense.

60. La rapida ascesa del mercato illegale di corpi santi, senzadubbio, fu favorita anche dalla lunghezza dei tempi di acqui-sizione delle reliquie riconosciute ufficialmente dalla Chiesadi Roma. Il caso di Metrobio Severiano analizzato recente-mente da Giorgio Cracco e Lellia Cracco Ruggini («Cercatoridi reliquie» e parrocchia nell’Italia del Seicento...cit.) ne è inqualche modo esemplare : dalla richiesta ufficiale a Romadei fedeli di Malesco all’arrivo delle reliquie in Piemontetrascorsero poco meno di tre anni (dal mese di dicembre del1669 al mese di agosto del 1672), un tempo incredibilmentelungo se confrontato con la politica di «pronta consegna»promossa dai mercanti di reliquie. I costi previsti per l’otteni-mento di reliquie ufficiali, allo stesso modo, non ostacola-rono affatto il dilagare del fenomeno illegale : mentre con ivenditori di frodo si poteva, infatti, in qualche modomercanteggiare il prezzo per l’acquisto delle reliquie, laChiesa di Roma – che, a tutti gli effetti, per non incorrere nelreato di simonia non vendeva le reliquie ma le cedeva afronte di offerte – richiedeva forti somme di denaro percoprire tutte le spese ordinarie, che andavano dai lumi utiliz-zati nelle ricognizioni ipogee volte alle estrazioni alle spesenotarili per l’autenticazione dei resti ossei. La vicenda male-schese è, anche in questo caso, esemplare per comprenderel’impegno economico richiesto dall’acquisizione di reliquieufficiali : per poter ottenere i resti mortali del presunto SanMetrobio, i fedeli piemontesi si impegnarono in una «cerchaossia recolta per alegerire detta spesa» (ovvero elemosine edonazioni) contraendo, peraltro con un privato cittadinolocale, un forte debito al tasso di interesse del 5%. Certa-mente, se si fossero orientati al mercato illegale le spesesarebbero state decisamente più contenute.

61. Su Ambrogio Landucci (1599-1669) e le sue opere si vedanoJ. F. Ossinger, Bibliotheca Augustiniana. Historica, critica et chro-nologica in qua mille quadrigenti augustiniani ordinis scriptores,

eorumque opera tam scripta, quam typis edita inveniuntur, Ingol-stadii et Augustae Vindelicorum, 1768, p. 495-496 eD. A. Perini, Bibliographia augustiniana cum notis biographicisscriptores itali, Firenze, 1938, p. 143-145.

62. Per conoscere più da vicino la figura del gesuita p. AntonioFerrua, morto recentemente a 102 anni, si veda il bel profilodi C. Carletti in Studi Romani, 52, 2004, p. 236-242. Altret-tanto circostanziato e commovente è il ricordo di D. Mazzo-leni, Padre Antonio Ferrua S.I. 1901-2003, in Rivista diArcheologia Cristiana, 79, 2003, p. 3-8. E dello stesso studiososi veda anche il ricordo pubblicato in Rendiconti della Ponti-ficia Accademia Romana di Archeologia, 75, 2002-2003,p. 455-461.

63. L’operetta, di carattere privato – redatta, cioè, dal Landucciad uso personale per il pontefice Alessandro VII –, è conte-nuta nel codice Vat. Chig. G. III 82, f. 1-55 ed è stata parzial-mente edita, ma con numerose sviste e significativemodifiche testuali, dal padre Antonio Ferrua in appendice alvolume Sulla questione del vaso di sangue. Memoria inedita diGiovanni Battista de Rossi, Città del Vaticano, 1944, p. 99-129.

64. Landucci, oltre ad essere Priore dell’eremo di Lecceto, nescrisse anche una celebre storia : Sacra Leccetana selva CioèOrigine, e progressi dell’Antico, e Venerabile Eremo e Congrega-tione di Lecceto In Toscana, Roma, 1657.

65. Cfr. P. Gauchat, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi sivesummorum pontificum, S.R.E. cardinalium, ecclesiarum antistitumseries e documentis tabularii praesertim vaticani collecta, digesta,edita, volumen quartum, Monasterii, 1935, p. 285.

66. Cfr. Pratica per estrarre li Corpi de’ Santi Martiri da Sagri Cimiteridi Roma, f. 46v-47v (= A. Ferrua, Sulla questione del vaso disangue... cit., p. 124-125) : «Inhorridisco, quando fo rifles-sione à quel tanto ch’è passato frà me, e due Padri di uitaesemplare, superiori di due Monasteri di Padri regolari, chese non frà li maggiori, al certo neanche frà li minoriConuenti di Roma si deuon numerare. Q.ti due Religiosi indiuersi tempi però, mà non è anco trascorso l’anno, che ciòsuccesse, mi trouorono nella propria habitatione, significan-domi, che essendo stati ricercati con ogni mag.e Instanza dacerti Popoli, ad ottenergli un’Corpo Santo, e che hauendofatto capo ad uno di questi venditori, foss.o stati dal medemointrodotti in una stanza di casa sua, intorno intorno allaquale però in piana terra, senza alcuna decenza, e decoro vi

Esistevano, dunque, nei primi decenni delSeicento due diversi canali per ottenere le reliquie.Uno ufficiale, gestito prevalentemente dai gesuitisu incarico del papa. L’altro, certamente piùdiffuso – i tempi di acquisizione delle particelleossee dovevano essere infatti notevolmente piùbrevi rispetto alla lunghezza della burocraziapontificia60 –, illegale e gestito da mercanti senzascrupoli. Nel primo caso, però, le reliquie ex ossibus– custodite in scatoline di legno tenero, solita-mente pino cembro (fig. 2) – avevano una certifi-cazione ufficiale, rilasciata su moduli serialicompilati da notai pontifici che operavano alservizio del papa e controfirmata dalle competentiautorità religiose (fig. 3). Chi autenticava invece lereliquie che si potevano acquisire con estremafacilità sul mercato parallelo?

Apprendiamo uno dei sistemi di falsa autenti-cazione più diffusi a quel tempo dalle parole diAmbrogio Landucci61 (fig. 4), Sagrista del PalazzoApostolico durante il pontificato di Alessandro VII,che, per uso esclusivo del pontefice, compilò tra il1662 ed il 1667 un breve opuscolo – ancora oggisostanzialmente inedito nonostante una parzialetrascrizione del P. Antonio Ferrua62 – intitolatoPratica per estrarre li Corpi de’ Santi Martiri da SagriCimiteri di Roma63. Landucci, già Priore dell’eremoagostiniano di Lecceto64 e più tardi vescovo diPorfireone in partibus infedelium65, dopo aver condolore denunciato la forte percentuale di uominidi Chiesa nel novero dei compratori del mercatoillegale66 e dopo aver testimoniato con sdegno diaver visto personalmente molte sante reliquie inattesa di essere vendute tenute a terra in umide

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foss.o ammotinate l’ossa, che diceua esser di santi, e spezza-tamente, e di corpi interi, e che circa alli Corpi intieri dicesseloro q.to costa 60. scudi, questo 50. quest’altro 30., però scie-gliete, e sodisfateui; questo modo di negotiare pensauo Io,che solamente s’usasse nelle publiche fiere, quando si trattadi comprare, ò vender alcun Cavallo, Bue, ò Somaro. § 9.Uno di questi superiori di Natione francese a questo trattardiabolico si stomacò, s’atterrì, e spauentò, e non uolle prose-guir più oltre in simil negotiati; l’altro, ch’era Toscano, egrandem.te astratto dalle reiterate istanze, che gli ueniuanfatte dalla Patria, di procurar, et ottener onninamente d.oCorpo Santo, si fermò in uno di quelli di 30. scudi, conrestringersi però nelle spalle, raccommandandosi, e conesporre, che non haueua tanta moneta, ma che sarebbearriuato à dar per carità 12. o 15. scudi, e che per l’amor diDio di compiacesse contentarsi di questi, hebbe per rispostail buon Padre (così constantemente et in verbo sacerdotism’affermò) Padron mio, e se fossero meno un’baiocco di 30scudi, non l’hauerete, Giuda il Traditor discepolo del Corpodi Christo uiuo, e uero, al quale era unità la diuinità, sicontentò di 30. danari che à raggione della moneta corr.te

poteuano ascendere alla Somma di 12. scudi in circa, e questiingordissimi Avari dell’ossa d’un’Corpo, che Iddio sa, di chisia, pretendono, e vogliono 30. 40. 50. scudi, e più. Distolsi ilPadre da questo indegno traffico, persuadendolo à ricorrerecon memoriale alla Somma bontà di N.ro Signore Regnante,almeno per qualche portione di sante reliquie, per sodisfarealla diuotione di chi le domandaua, e fù consolato».

67. Ibid., f. 48rv (= A. Ferrua, Sulla questione del vaso di sangue...cit., p. 125) : «Per dar S.E. qualche prouidemento à tantomale, nel far fare la perquisitione in casa di chi hau.a scrittala lettera, fù trouata la stanza mentionata di s.a piena di reli-quie, e d’ossa tenute alla peggio in terra, e con gran confu-sione, e da persona degna di fede mi fù detto, che in d.a

Camera ui foss.o anco alcuni pezzi di Prosciutto, mà q.ti peròattaccati al muro».

68. Ibid., f. 50v-52r (= A. Ferrua, Sulla questione del vaso disangue... cit., p. 127-128) : «Qui mi sia lecito, non per calun-niare, mà auuertire, chi legge, e per scoprire’l modo, colquale q.ti sagrileghi, e simoniaci Mercanti defraudano lagiustitia, contaminano la verità, & ingannano la pietà de’fedeli. Procurono questi tali d’hauere, et estorcono da chi ciòpuol concedere qualche Autentica per un’Corpo Santo, epiù, ò di qualche parte di diuerse reliquie colla clausola.Cum facultate alteri donandi, in uirtù della quale donano

(dicono loro) quel Corpo Santo, ò quelle Reliquie à quelli,colli quali sono conuenuti del prezzo, asserendo di poter ciòfare, e gle ne fanno stromento In authentica forma per uia diNotaro, il quale solo hauendo la mira à ricevere quei due òtrè testoni, rilascia nelle mani del Donatore, o uenditorel’istessa Autentica, che a.ppo di se dourebbe ritenere, òalmeno notarui à tergo, che quel tale habbia dato quel SantoCorpo, ò quelle reliquie, non hauendo riguardo, a che ddiNotari, che ciò non deuono, ne possono fare, stante la prohi-bitione espressa, che ne hanno in virtù del Decreto della fel.m. d’Urbano 8.o delli 14 maggio 1624 § 6.o sotto grauissimepene, particolarm.e di scommunica riseruata al Papa, ed’altre ad arbitrio, colla quale Autentica poi ne danno adaltri sotto il medemo nome, come in quella col riguardo solo,che il Corpo, ò altre reliquie, non uadino nell’istesso Luogo,e che l’Instromento non sia rogato dal med.o Notaro, nonguardandosi q.ti tali d’alterare li sigilli, conformi à che glitorna più commodo, Et in q.ta maniera con una sola Auten-tica con d.a cła, danno per diuersi Luoghi più Corpi, ò reli-quie da loro cauate, ò rubbate dalli Sagri Cimiteri, ò daCommuni sepolture. E pure ultimam.e l’Emin.mo Sig.e Cardi-nale Vicario Ginetti trouò giuridicam.e che in q.ta manieraerano stati dati molti, e molti corpi, e reliquie. Et Io stesso hòleuato di mano, anco con qualche termine di rigore di uno diq.ti uenditori un’Autentica con d.a cła spedita da un’Monsig.Viceg.te colla quale concedeua ad un’Cavatore, ò soprastantetrè Corpi S.ti, e q.to tale poi in uirtù di detta Autentica distri-buiua li Corpi, hora sotto nome d’uno de’3. nominati, horasotto gl’altri, et in questo modo, e con questo Circolo sipensaua di non finir mai, nel por termine alla sua ingordacupidigia. Che però molto bene si deuono guardare queiMinistri, che hanno l’incombenza di far cauare le sante reli-quie; Primieram.te di non darne per premio, ò pagamento adalcun’operaio, che sia, e di non spedir mai Authentiche condetta clausola, se non sono persone più che qualificate, checosì si rimediarà à molti disordini, e s’assecurarà incoscientia, che per lui non si commettino q.ti sacrilegi».

69. Su di lui, segretario del tribunale del Vicariato di Roma dal1700 al 1739, si veda quanto raccolto da D. Rocciolo nellasua Introduzione al volume Della giurisdittione e prerogative delVicario di Roma... cit., p. 15-24.

70. Della giurisdittione e prerogative del Vicario di Roma... cit.,p. 115 : «Et inoltre secondo l’ordine di papa Clemente IX,come costa dall’editto del signor card. Marzio Ginnetti sottoli 3 gennaro 1668, nessun notaro o altra persona etiam rego-

stanze dal soffitto delle quali pendevano salumi instagionatura67, descrisse minuziosamente il mecca-nismo che, grazie all’intervento di accondiscen-denti o non sempre troppo onesti notai,permetteva di innescare il simoniaco processo divendita di falsi reperti ossei regolarmente certifi-cati da reali autentiche pontificie : era, infatti,possibile a chiunque, seguendo le normeprescritte, ottenere reliquie certificate dalle auto-rità preposte con la clausola Cum facultate alteridonandi; si vendevano poi, con atto notarile rego-larmente registrato, le vere reliquie ottenute ecertificate dalla Sede Apostolica, ma non si cedevaal compratore – se non in copia notarile – il certifi-cato di autenticità, che dunque veniva poi riutiliz-

zato ad infinitum per le successive vendite di falsereliquie ottenute da sepolture ordinarie o anche daossa di animali come Landucci stesso denuncia. Ilrimedio secondo Landucci era pertanto quello dinon autenticare più le reliquie con la clausola chene permettesse la successiva cessione ad altri o difarlo limitatamente a persone di comprovataprobità68 (fig. 5). L’onestà del notaio, ad ognimodo, era la più certa delle forme di controllo e lepene previste per coloro che contravvenivano alleregole fissate – come documentato pochi anni piùtardi da un passo della già più volte menzionataopera del canonico Nicolò Antonio Cuggiò69 –sembrano confermarlo con eloquente chiarezza70.

Esistevano, oltre alle riproduzioni di false

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?92 Massimiliano GHILARDI

lare, ha facoltà di rogarsi o fare istromento, fede, o altrascrittura publica o privata d’estrazione, donazione, conse-gnazione, traslazione, né qualsivoglia altra sorte di contrattoo scrittura, dove si faccia menzione in qualsivoglia modo direliquie, senza licenza speciale in scriptis del signor card.vicario sotto pena della perdita degl’ufficii et altre pene etiamcorporali, et alli notari, sostituti et altri che contraverranno,di scudi cinquecento».

71. La pittura, probabilmente sconosciuta al Bosio – che non laincluse pertanto nella Roma sotterranea – ed ai suoi immediatiepigoni, fu rivista dal Boldetti nel XVIII secolo (cfr.M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri... cit.,p. 21) e tornò definitivamente alla luce solo nel 1878 : cfr.G. B. de Rossi, Scavi nelle catacombe romane, specialmente nelcimitero di Domitilla, in Bullettino di Archeologia Cristiana, serieIII, anno IV, 1879, p. 91-96, partic. p. 95. Cfr. M. Ghilardi,Gli scavi della Roma sotterranea cristiana, in F. Coarelli (a curadi), Gli scavi di Roma, 1878-1922, Roma, 2004, p. 117-129,partic. p. 117.

72. Diversamente dalla mia proposta di lettura – cioè che ilToccafondo modificò volontariamente l’immagine dell’Ado-razione dei Magi –, la storiografia artistica – da JosephWilpert (Die Katakombengemälde und ihre alten Copien. Eineikonographische Studie, Freiburg im Breisgau, 1891, p. 49) aFrancis Haskell (History and its images. Art and the interpreta-tion of the past, New Haven-Londra, 1993, p. 107 e fig. 81-84),solo per menzionare gli studiosi più noti – ha sempre volutovedere in tale disegno l’imperizia dell’artista, che nonsarebbe stato capace di riconoscere e riprodurre l’esattaiconografia rappresentata ed avrebbe frainteso il tema scelto

in antico.73. Con il passare degli anni, aumentato enormemente il

volume dei traffici illegali di reperti ossei dal suburbio – doveerano ubicate le catacombe – alla città, i provvedimenti legi-slativi pontifici si fecero, come i controlli, sempre più rigidi.Un riflesso evidente si trova in un breve passaggio di uneditto barberiniano del 14 maggio del 1624 (cfr. Regesti dibandi editti notificazioni... cit., IV, 14, num. 68) in cui èpresente l’esplicita esortazione a tutti i «Portinari, Gabellieri,& altri, che tengono cura di riuedere robbe, che s’introdu-cono dentro la Città» affinché controllino tutti i contenitoriche vengono introdotti a Roma dalle campagne circostanti alfine di verificare, pena l’arresto immediato del proprietario,che non vi siano celate «ossa de’ morti» illegalmente cavatee pronte alla vendita sul fiorente e sempre crescente mercatoillecito. Il valore del passo a cui faccio riferimento è già statosottolineato da G. Signorotto, Inquisitori e mistici nel Seicentoitaliano. L’eresia di Santa Pelagia, Bologna, 1989, p. 84, n. 23 eda S. Ditchfield, Liturgy, sanctity and history in Tridentine Italy.Pietro Maria Campi and the preservation of the particular,Cambridge, 1995, p. 89.

74. Cfr. M. Sgarlata, L’epigrafia cristiana nell’età di Cesare Baronio,in P. Tosini (a cura di), Arte e committenza nel Lazio nell’età diCesare Baronio. Atti del convegno internazionale di studi,Frosinone, Sora, 16-18 maggio 2007, Roma, 2009, p. 49-68,partic. p. 57-60.

75. La segnalazione di tale falsa iscrizione si deve ad A. Nestori,Spigolature epigrafiche, in Rivista di Archeologia Cristiana, 46,1970, p. 139-147, partic. p. 144-147.

76. Sui formulari funerari delle iscrizioni cristiane di Roma si

autentiche, anche altri metodi di certificazione del-le reliquie. Toccafondo, collaboratore del piùstimato ed autorevole ricercatore delle catacombe,poteva sfruttare ad esempio il proprio ruolo dicompagno di esplorazioni del Bosio e la propriaperizia grafica per ingannare gli ignari compratori.Un suo disegno che accompagnava la cessione dellereliquie poste in luoghi che solo lui poteva raggiun-gere, cioè, doveva possedere il valore di unaodierna riproduzione fotografica ed era la più certadelle false autenticazioni possibili. Pertanto potéspesso modificare a proprio piacimento le anticheimmagini, mutando ad esempio – come nel celebrecaso di una pittura del cimitero di Domitilla – lascena di adorazione dei Magi in una rappresenta-zione di cruento martirio71 (fig. 6-7); la modificavolontaria dell’iconografia72 è dunque funzionaleall’inventio del corpo santo e, conseguentemente,alla creazione della reliquia : documentando che iresti ossei cavati erano stati rinvenuti laddove c’erauna scena di martirio, si poteva pertanto provareche il «corpo santo» in questione era indiscutibil-mente quello di un martire.

Per certificare l’autenticità delle reliquie, oltrele pitture, si alterarono anche le prove documen-tarie epigrafiche. La sempre maggiore richiesta di

reliquie, ed i sempre più restrittivi provvedimentilegislativi pontifici volti a debellare i commercisimoniaci73, suggerirono ai cercatori di corpi santidi immettere nel mercato illecito della devozionefalse reliquie ossee accompagnate necessariamenteda false epigrafi attestanti il martirio subìto. Laproduzione di iscrizioni cimiteriali paleocristianefalse, fenomeno sino ad oggi sottostimato,conobbe invece nella prima età moderna una forteimpennata – a fianco delle più celebri riproduzionidi false iscrizioni pagane74. Le falsificazioni sono ainostri occhi oggi ben evidenti, e certamente loerano meno nel Seicento. Si pensi, ad esempio, alcaso di san Fausto, venerato dal 1673 presso laConfraternita del Ss. Rosario a Ronciglione, nelviterbese75 (fig. 8). L’iscrizione marmorea cheaccompagnò la spedizione delle reliquie ossee,presuntamente cavate nel cimitero di Ciriaca sullavia Tiburtina, è invece – e non serve l’occhioesperto di un epigrafista per poterlo affermare concertezza – un evidente falso : lo prova in primoluogo l’improbabile formulario (Quinto nonas Octo-bris / occubuit Romae Faustus), in cui l’espressioneoccubuit Romae sarebbe certamente un unicum nelpanorama epigrafico antico76; in secondo luogo ilmotivo delle due palme incrociate incise sulla

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veda quanto raccolto da J. Janssens, Vita e morte del cristianonegli epitaffi di Roma anteriori al sec. VII, Roma, 1981, p. 65-99.

77. R. Fausti, Nel III centenario della pubblicazione di una insigneopera di romanità : il valore e il merito di Antonio Bosio e della«Roma sotterranea» (1632-1634), in C. Galassi Paluzzi (a curadi), Atti del III Congresso Nazionale di Studi Romani, I-V, Roma,1935, II, p. 329-335, partic. p. 333.

78. Cfr. A. Ferrua, Introduzione, in Id., Sulla questione del vaso disangue... cit., X-XI; cfr. anche Id., Giovanni Zaratino Castelliniumanista e raccoglitore d’epigrafi, in La Civiltà Cattolica, 110, 2,1959, p. 492-501, partic. p. 500-501. Cfr. ancora V. Saxer, Laricerca dei “corpi santi” e le prime esplorazioni nelle catacombe, inDopo Sisto V. La transizione al Barocco (1590-1630). Atti delConvegno, Roma 18-20 ottobre 1995, Roma, 1997,p. 255-265, partic. p. 262; V. Fiocchi Nicolai, San FilippoNeri, le catacombe di San Sebastiano e le origini dell’archeologiacristiana, in M. T. Bonadonna Russo e N. Del Re (a cura di),San Filippo Neri nella realtà romana del XVI secolo. Atti delConvegno di Studio in occasione del IV Centenario dellamorte di S. Filippo Neri (1595-1995), Roma 11-13 maggio1995, Roma, 2000, p. 105-130, partic. p. 123; e M. Ghilardi,Le catacombe di Roma dal Medioevo... cit., p. 40.

79. Cfr. I. Polverini Fosi, Crescenzi, Giacomo, in Dizionario biogra-fico degli Italiani, 30, Roma, 1984, p. 634-636. Cfr. ancheP. Pirri, L’abbazia di Sant’Eutizio in Val Castoriana presso Norciae le chiese dipendenti, Roma, 1960, p. 192-207. Un dettagliatoritratto coevo del Crescenzi ci è offerto dalle parole del-l’erudito Gian Vittorio Rossi, latinizzato in Iohannes VictorRoscius o Ianus Nicius Erythraeus; cfr. Pinacotheca Imaginumillustrium doctrinae vel ingenii laude virorum, qui, auctore super-stite, diem suum obierunt, I-III, Coloniae Agrippinae, 1645-1648, III, p. 591-594.

80. Cfr. I. Polverini Fosi, Crescenzi, Pier Paolo, in Dizionario Biogra-fico degli Italiani, 30, Roma, 1984, p. 648-649.

81. Cfr. Pinacotheca Imaginum illustrium doctrinae vel ingenii laudevirorum... cit., III, p. 594.

82. Alle pagine 197-201 della Roma sotterranea il Severano

pubblicò tre grandi tavole, disegnate dallo stesso abateCrescenzi, con vascula vitrea et testacea contenenti capillis,sanguine et cineribus di martiri rinvenuti nel cimitero diDomitilla; il Severano, curatore postumo dell’opera bosiana,tra parentesi quadre aggiunse : «La forma di questi Vasi nonè stata posta dal Bosio, nè si sono trouati detti Vasi doppo lasua morte : però ci è parso porre in questo luogo il disegnodi quelli, che furono trouati nel medesimo Cimiterio quandol’Ill.mo Sig. Abbate Crescentio per ordine della fel. me. diGregorio Decimoquinto lo visitò, e ne estrasse molti corpiSanti» (p. 197). Cfr. anche ibid., p. 216-217, per due iscri-zioni, evidentemente false per via dei formulari e per lapresenza in esse del monogramma cristologico – presentesulle epigrafi cristiane, come è noto, solo dall’età costanti-niana –, ma ritenute dal Severano l’una di età adrianea, el’altra di età antonina.

83. Mi sia consentito rimandare a quanto ricostruito in «Si unschertro nun è ttutto, s’arippezza». Giuseppe Gioachino Belli e lecatacombe romane, in M. Ghilardi, Subterranea civitas... cit.,p. 103-128, partic. p. 117-128.

84. Cfr. Acta Sanctorum, Junii Tomus V, Venetiis, 1744, p. 155.Sulla santa, cfr. P. Villette, Deppa, in Bibliotheca Sanctorum, 4,Città del Vaticano, 1964, col. 575.

85. Cfr. Ex litteris Rdi Patris Ludovici Carlerii datis Tornaci 9 Julii 1612ad R.P. Cornelium Cornelii, in Analecta Bollandiana, 7, 1888,p. 83-85.

86. Piuttosto che pensare ad un hapax onomastico, riterrei ilnome della santa ancora oggi venerata in Belgio un errore,difficile da dire se voluto o meno, del cavatore che, a mioavviso, potrebbe aver male interpretato il testo epigraficopresente sulla lastra di chiusura del defunto. Avrebbe cioè, inpratica, confuso la stereotipata e comunissima formulaaugurale funeraria paleocristiana depositus o deposita in pace(solitamente abbreviata come d. p. o dep. pa.) per l’elementonominale del defunto sepolto nel loculo. Sulle iscrizioni delcimitero di Ermete, si veda il dettagliato studio di C. Carletti,Iscrizioni cristiane inedite dal cimitero di Bassilla «ad

lastra sono un tipico ornamento barocco ispiratoall’alfabetario iconografico paleocristiano ma deltutto ignoto all’arte cristiana antica; e, soprattutto,l’uso dei puntini sopra le lettere capitali i – nellalapide in questione riscontrabili nei vocaboliQuinto, Octobris, occubuit – è assolutamente impen-sabile per l’epigrafia antica e da solo basterebbeper inficiarne l’autenticità.

Produsse iscrizioni false, come notato inpassato dal gesuita Romano Fausti77 e dopo di luidal suo confratello Antonio Ferrua78, – per motiva-zioni religiose più che per implicazioni econo-miche – anche un ecclesiastico molto vicino alBosio, l’abate di S. Eutizio di Norcia GiacomoCrescenzi79, fratello del più celebre cardinale PierPaolo80, che era solito recarsi spesso, beatissimiPatris Philippi exemplo81, nelle catacombe perpregare sulle tombe dei martiri : per certificare lasantità di alcuni corpi da lui stesso estratti nelcimitero di Domitilla per volere del ponteficeGregorio XV, Crescenzi non esitò a creare ex novo

apposite false iscrizioni funerarie di stampo marti-riale, epigrafi che furono più tardi riprodotteanche dall’oratoriano Severano nella Roma sotter-ranea82 (fig. 9-10).

Ma anche epigrafi vere generarono falsi culti,alcuni dei quali ancora oggi molto seguiti. Il casopiù eclatante è certamente – ma siamo nei primis-simi anni del XIX secolo, pertanto oltre i limiticronologici di questa breve ricerca limitata al XVIIsecolo – quello di santa Filomena, mai esistitamartire delle persecuzioni dioclezianee83. Allostesso modo generato da una erronea lettura deltesto iscritto è, per gli anni della nostra brevericerca, il culto tributato alla presunta martirecristiana Deppa84, il cui corpo, estratto dal cimiterodi Ermete, giunse sul finire del mese di giugno del1612 alla Ecclesia Novitiatus Societatis Jesu di Tournai,ove fu accolto con grandi celebrazioni85. Ilsemplice elemento onomastico – assolutamentesconosciuto al mondo antico86 – lascia pochi dubbisulla effettiva natura del «corpo santo» e sulla

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?94 Massimiliano GHILARDI

S. Hermetem», in Atti della Pontificia Accademia Romana diArcheologia, serie III, Memorie in 8o, volume II, Città del Vati-cano, 1976. Sull’epigrafia cristiana dei primi secoli in gene-rale, con particolare riferimento agli elementi onomastici deiformulari, si veda D. Mazzoleni, La produzione epigrafica nellecatacombe romane, in V. Fiocchi Nicolai, F. Bisconti eD. Mazzoleni, Le catacombe cristiane di Roma. Origini, sviluppo,apparati decorativi, documentazione epigrafica, Ratisbona, 1998,p. 147-184.

87. Nel 1639, ad esempio, l’agostiniano anconetano FortunatoScacchi (1575-1643), Sacrista di Urbano VIII, espresse seridubbi circa l’affidabilità di alcuni segni utilizzati per il rico-noscimento dei corpi dei martiri nell’opera De cultu et venera-tione Servorum Dei. Liber primus qui est de notis, et signissanctitatis beatificandorum, et canonizandorum. In quo nontantum de Sanctitate in genere, atque de virtutibus tam Theologa-libus, quam Cardinalibus in gradu heroico ad praxim Canoniza-tionis agitu; sed etiam de quibuscunque alijs argumentis, quaeSanctitatem ad effectum eiusdem indicare possunt, pubblicata aRoma ex typographia Vitalis Mascardi. Le sue osservazioni sonocontenute nel cap. II della sectio IX : Quodnam argumentumsanctitatis sumatur à Coemeterijs, & cryptis arenarijs antiquis,p. 664-678.

88. Cfr. U. M. Fasola, Il culto del sangue dei martiri nella Chiesaprimitiva e deviazioni devozionistiche nell’epoca della riscopertadelle catacombe, in F. Vattioni (a cura di), Sangue e antropologianella letteratura cristiana. Atti della settimana di studi delCentro Studi Sanguis Christi, Roma 29 novembre – 4dicembre 1982, I-III, Roma, 1983, III, p. 1473-1489, partic.p. 1488-1489.

89. L’analisi pù completa, alla quale si rimanda, rimane ad oggiquella del Ferrua (Sulla questione del vaso di sangue... cit.) cheriporta anche in appendice – come recita il sottotitolo delvolume – una Memoria inedita di Giovanni Battista de Rossi(alle p. 1-54). A proposito del volume curato dal Ferrua – esoprattutto a proposito della Memoria derossiana presunta-mente inedita –, mi sia concessa in questa sede una piccolama doverosa precisazione che, tuttavia, non intende in alcunmodo sminuire l’operato del dottissimo gesuita piemontese.Lo scritto del de Rossi in questione – circostanza già sfuggitaal compilatore della bibliografia generale del sommo archeo-logo romano : cfr. G. Gatti, Elenco delle opere pubblicate dalComm. G. B. de Rossi fino all’ottobre 1892, in Album G.B. de

Rossi, MDCCCXCII, Roma, 1892, p. 29-73 – era in realtà giàstato pubblicato circa ottanta anni prima – de Rossi vivente –in allegato ad uno studio di Domenico Bartolini (cfr. Congre-gazione particolare dei Sagri Riti con segreto pontificio deputata daSua Santità per esaminare e definire la questione se veramente ivasi di vetro, e di terra cotta posti fuori o dentro i loculi dei sepoltinei sagri suburbani cimiterj contenghino il sangue dei martiri; eperciò se debbano ritenersi come segno indubitato di martirio,Roma, 1863, p. 157-222) e di conseguenza, contrariamente aquanto affermato dal Ferrua nell’Introduzione (cfr. p. VII :«Uno scritto dell’immortale De Rossi in materia di archeo-logia cristiana è di per sé una cosa preziosa e degna di esseredivulgata a pubblica utilità. Tanto più quando esso tratti diun soggetto così importante e delicato come il presente, peril quale appunto si richiedevano la grande dottrina, lasomma probità scientifica e il perfetto sensus ecclesiasticusproprii del De Rossi. Quindi ci parve di non poter megliocommemorare il cinquantesimo anno dalla morte del grandearcheologo, che pubblicando questo suo lavoro restatofinora inedito. Esso veramente fu composto non per lapubblicità, ma solo per la privata istruzione degli officiali, deiconsultori e dei padri della Congregazione dei sacri riti, e cosìsi spiega che non sia mai venuto alla luce; ma al presente,tolte tutte quelle ragioni per cui allora fu tenuto a giacerenegli archivi di detta Congregazione, si è stimato benerenderlo di pubblica ragione»), non poteva essere in alcunmodo considerato un manoscritto inedito. Dalle parole dellostesso gesuita, inoltre, possiamo comprendere – seppur eglilo affermi solo in maniera molto velata (p. LXIX-LXX, nota1) – che egli fosse a conoscenza della pubblicazione dellarelazione derossiana inserita nel volume del Bartolini e nonsi comprende per quale motivo il religioso piemontese,sempre scrupoloso e scientificamente corretto nelle suericerche, abbia voluto in questo caso far apparire il testocome assolutamente inedito.

90. Su di lui, oltre ai brevi profili redatti da G. Bovini, Fabretti,Raffaele, in Enciclopedia Cattolica, 5, Città del Vaticano, 1950,col. 944; e da M. Ceresa, Fabretti, Raffaello, in Dizionariobiografico degli Italiani, 43, Roma, 1993, p. 739-742, si vedaora il ricco volume a cura di D. Mazzoleni, Raffaele Fabretti,archeologo ed erudito. Atti della Giornata di Studio, 24 maggio2003, Città del Vaticano, 2006.

discutibilità dei criteri adottati dai cavatori di reli-quie seicenteschi per il riconoscimento dei segni dimartirio nelle antiche sepolture delle catacombe.

Come è evidente, non solo le letture inesattedei testi epigrafici contribuirono a generare falsimartiri, ma anche – e soprattutto – l’erronea inter-pretazione dei simboli incisi sulle lapidi favorì ilpropagarsi di mai esistiti antichi santi. Palme,colombe, strumenti di lavoro o di vita quotidianarappresentati sulle lastre furono, come è ben noto,senza spirito critico alcuno ritenuti simbolieloquenti di martirio, nonostante voci isolateiniziassero a sollevare sei dubbi sulla «martiria-lità» dei segni individuati87. Assieme alle palme edalle colombe, i tre gesuiti interrogati al processo

affermarono che i «vasi di sangue» rappresenta-vano certissima signa per l’individuazione dei corpidei martiri. Molto si è scritto su tali recipienti vitreio fittili – si trattava ovviamente di balsamari e noncerto di contenitori per la raccolta di sangue88 –che, affissi nella calce di chiusura dei loculi, deco-ravano le tombe dei comuni defunti e non è certa-mente questa la sede più idonea per tornare adaffrontare l’argomento89. In ossequio al tema dellapresente indagine, ovvero per illustrare i processidi riconoscimento ed autenticazione delle reliquie,non è però certamente sconveniente ricordare chel’erudito urbinate Raffaele Fabretti90, nel tentativodi difendere l’essenza ematica dei liquidi rinvenutinelle ampolle in risposta alle frequenti e pungenti

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91. Di tale interessante episodio siamo informati dalle paroledello stesso Fabretti (che pertanto ne è l’unica fonte) chenella sua opera sulle antiche iscrizioni riporta il testo dellalettera inviatagli da Leibniz : cfr. Inscriptionum antiquarumquae in aedibus paternis asservantur explicatio, Roma, 1702,p. 556 : Tertiam addo ex physica observatione Clarissimi ViriGodefridi de Leibniz; qui quamvis à Romana religione alienus,non tamen ita studio partium affectum est, ut sine delectu damnetomnia ea quae nostra orthodoxa Ecclesia à Sanctorum Patrumtraditione, fideque historica, longè ante haec deploranda diffidiarecepit. Ita, inquam, de hac controversia, Vir doctissimus datis adme literis judicium tulit. Frustum phyalae vitreae ex Coeme-terio Calixti allatae, rubedine tinctum, examinavi nonnihil,ut faciliùs discerni posset, cujus ea generis esset, & utrum (utphysici hodie loquuntur) ex regno animali, an potiùs mine-rali, esset profecta. Et venit mihi in mentem uti solutionesalis armeniaci (ut vocant) in aqua communi, ac tentare, anejus ope aliquid à vitro separari, atque elui posset : id veròsubitò, & supra spem successit : indèque nata nobis meritosuspicio est, sanguineam potiùs materiam esse, quàm terre-strem, seu mineralemquae vi corrosivâ praedita, tantotempore, altiùs in vitrum fortasse descendisset, nec lixiviotam subitò cessisset. Haec libentiùs incredulis istis obiicio, quò exNovatorum ipsorum discordia, magis magisque Nostrorumconsensui fides accrescat. Il carattere tondo nella citazione èdell’autore.

92. A puro titolo di esempio si pensi – secondo una preziosatestimonianza fornitaci dal gesuita Antonio Maria Lupi – chein quegli anni, grazie alla presenza del «vaso di sangue», dalsolo coemeterium Jordanorum sulla via Salaria nova, ed inmeno di un anno, furono cavati circa duemila corpi dimartiri : cfr. A. M. Lupi, Dissertatio et animadversiones ad nuperinventum Severae martyris Epitaphium, Palermo, 1734, p. 4 :Ditissimum prae reliquis est hoc coemeterium, in quo intra decemvel undecim mensium spatium, ad duo sepulcrorum milia inventafuere, cruentis vasculis appositis notata.

93. Ad un numero straordinariamente alto di martiri sepolti neicimiteri romani – addirittura 64 milioni! – arrivò, nellaprima metà del terzo decennio del XVII secolo, un improba-bile calcolo dell’oratoriano Gerolamo Bruni : Quae si denuoper centenarium multiplicetur ut fiat quadratum totidem pedumresultabit num. 64.000.000 idest sex centies quadragies centenamillia, quod vulgo dicimus sexaginta quattuor milliones (cfr. Decoemeteriis, cap. II : Martyres Romae coronatos non solum adplura centena millia, sed ad incredibilem numerum pervenisse, inA. Ferrua, Sulla questione del vaso di sangue... cit., p. 72). SulBruni, nativo di Fermo e convittore a San Giovanni deiFiorentini, si veda quanto raccolto da A. Cistellini, SanFilippo Neri, l’Oratorio e la congregazione oratoriana. Storia espiritualità, I-III, Brescia, 1989, ad indicem e in particolarevol. III, p. 1951, 2229, 2263.

critiche dei protestanti, decise di ricorrere aimetodi scientifici dei quali a quei tempi si dispo-neva. In più, per poterne assicurare in qualchemodo l’imparzialità del giudizio, decise di noninterrogare scienziati cattolici, ma preferì chiedereil consulto di un celeberrimo dotto a Romana reli-gione alienus. Inviò pertanto a Gottfried WilhelmLeibniz un frustum phyalae vitreae rubedine tinctumaffinché potesse essere analizzato chimicamente esi potessero ottenere, con gli argomenti incontro-vertibili della chimica, risultati scientificamenteprobanti. L’analisi, condotta con sal armeniacum,escluse l’origine terrestre o minerale del sedi-mento colorato e si suppose, per la gioia deicredenti, che sanguineam potius materiam esse91. Ilgiudizio positivo fornito alla causa cattolica da unprotestante di celebrata autorità, favorì – ancorapiù di quanto lo era stato sino a quel momento – ilmoltiplicarsi di improbabili santi martiri estrattidalle catacombe romane92.

Concordemente i tre gesuiti del processo dalquale abbiamo iniziato la nostra breve indagine,riferirono che uno dei criteri per il riconoscimentodei martiri era la presenza nel sepolcro degli stru-menti di martirio, ed in particolare delle tenaglie.Secondo quanto testimoniato reiteratamente dalleantiche fonti letterarie cristiane, spesso i congiuntidei martiri riuscivano – dietro talvolta il paga-

mento ai carnefici di forti somme in denaro – arecuperare i corpi dei propri cari e con essi gli stru-menti del martirio, che provvedevano poi aseppellire assieme ai resti straziati dei defunti.Appellandosi a tali fonti, i cercatori di reliquieseicenteschi riferirono spesso di aver incontratonelle tombe che aprivano gli strumenti più dispa-rati del martirio. La frequenza di tali scoperte e lasuperficialità che distinse gli esperti chiamati adesprimersi sui segni del martirio ci induce a dubi-tare fortemente di tali ritrovamenti. Si trattòdunque, quando si rinvennero realmente, dioggetti di uso comune – quasi sempre da mettersiin relazione con l’attività lavorativa svolta in vitadal defunto – piuttosto ricorrenti nelle sepolture,non solo cristiane di ogni tempo e cultura. NelSeicento vollero però vedere in essi degli oggettiatti ad offendere e li trasformarono, senza spiritocritico alcuno, in preziose reliquie da venerare,tanto da credere che nei cimiteri romani fosserostati sepolti milioni di antichi martiri93. Asce, tena-glie, catene, chiodi, seghe – tutti utensili di lavoroascrivibili all’ambito dell’attività edilizia o allacarpenteria – e, ancora, pettini ferrei per cardare lalana, rastrelli, falci, roncole o altri attrezzi agricoli,coltelli e mannaie per la macellazione delle carni,vasi fittili in frammenti, conchiglie, pietre squa-drate o sassi di forma tendenzialmente sferica, fini-

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?96 Massimiliano GHILARDI

94. Per un’ampia panoramica dei lavori svolti dai primi cristianidocumentati dalla produzione artistica cimiteriale e soprat-tutto dall’epigrafia funeraria si rimanda al volume diF. Bisconti, Mestieri nelle catacombe romane. Appunti sul declinodell’iconografia del reale nei cimiteri cristiani di Roma, Città delVaticano, 2000.

95. Cfr. Roma sotterranea... cit., p. 433.96. Sull’argomento mi sia consentito rimandare al mio articolo :

Forceps ferreus seu instrumentum ad torquendum martires.La tenaglia del Vaticano tra devozione apologetica e propagandacontroriformista, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vati-canae, 16, 2009, p. 153-198.

97. Per conoscere più da vicino la figura del padre Gallonio, Biblio-tecario presso la Biblioteca Vallicelliana tra il 1593 ed il 1596, siveda quanto raccolto S. Ditchfield, Gallonio, Antonio, in Dizio-nario Biografico degli Italiani, 51, Roma, 1998, p. 729-731.

98. Per il Trattato de gli instrumenti di martirio, e delle varie manieredi martoriare usate da’ gentili contro christiani, descritte et inta-gliate in rame e per il De Sanctorum Martyrum cruciatibus siveda quanto ricostruito da G. Finocchiaro, Cesare Baronio e latipografia dell’Oratorio. Impresa e ideologia, Firenze, 2005,p. 87-91. Per gli aspetti iconografici del trattato si veda oraquanto proposto da O. Mansour, Not Torments, but Delights.Antonio Gallonio’s Trattato de gli Instrumenti di Martirio of1591 and Its Illustrations, in A. Hopkins e M. Wyke (eds.),Roman bodies. Antiquity to Eighteenth Century, London, 2005,p. 167-183; mentre per le «conoscenze martirologiche» delGallonio si veda l’importante studio di J. Touber, Articulatingpain : martyrology, torture and execution in the works of Antonio

G a l l o n i o (15 5 6 -16 0 5 ) , i n J . F. v a n D i j k h u i z e n eK. A. E. Enenkel (a cura di), The sense of suffering. Construc-tions of physical pain in early modern culture, Leida-Boston,2009, p. 59-89. Cfr. anche Id., Baronio e Gallonio : le fonti peril sapere martirologico, in L. Gulia, Baronio e le sue fonti... cit.,p. 389-409. Sullo stesso tema, del medesimo studioso, inlingua olandese ma con esauriente abstract in lingua inglese(alle p. 285-293), si veda ora la tesi di dottorato discussa allaRijksuniversiteit Groningen il 25 giugno 2009 dal titoloEmblemen van lijdzaamheid. Recht, geneeskunde en techniek inhet hagiografische werk van Antonio Gallonio (1556-1605).

99. Cfr. Descrizione della basilica antica di San Pietro in Vaticano.Codice Barberini latino 2733, edizione e note a cura di R. Niggl,Città del Vaticano, 1972, p. 279 (= Vat. Lat. 11988, f. 156v).

100. Cfr. De Basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura. Pubbli-cato per la prima volta con introduzione e note dal Dott.D. M. Cerrati, Roma, 1914, p. 103.

101. Vat. Lat. 5409, f. 2r.102. Antichità di Roma, Napoli vol. 10, c. 146v (Napoli, Biblioteca

Nazionale, Ms. XIII.B.10).103. Cfr. De praecipvis Vrbis Romae sanctioribusq; basilicis, quas

Septem ecclesias uulgo uocant, Liber, Roma, 1570, p. 55.104. Cfr. De septem urbis ecclesiis una cum earum Reliquijs, Statio-

nibus, & Indulgentijs, Roma, 1575, p. 116.105. Cfr. Historia delle Stationi di Roma Che si celebrano la Quadrage-

sima ... dove oltre le vite de santi Alle Chiese de quali è Statione, sitratta delle Origini, Fondazioni, Siti, Restaurationi, Ornamenti,Reliquie, & memorie di esse Chiese, antiche e moderne, Roma,1588, p. 104.

rono dunque per rappresentare improbabilistrumenti di martirio, finendo nelle collezioni piùprestigiose di privati ed ecclesiastici. Anche nelcaso degli oggetti raffigurati sulle lastre marmoreeche chiudevano i loculi i fraintendimenti nonfurono di minore rilevanza. Modii ricolmi dispighe di grano scambiati per bracieri ardenti efiammeggianti, botti vinarie credute minuscoleprigioni mortali dentro cui rinchiudere i cristianisino al soffocamento, strumenti medici o chirurgici– quali bisturi o pinze per dentisti – o forbici e rasoiper barbieri, ritenuti crudeli strumenti di tortura emartirio94 (fig. 11). Non mancarono tuttavia, tratante facili e fallaci suggestioni, voci più equili-brate. Un caso esemplare, in tal senso, è rappre-sentato dal Bosio che, commentando un’iscrizionedel pavimento della chiesa di Sant’Agnese in cuicompariva incisa una sega, confutò «l’opinioned’alcuni, che la sega scolpita in questa Iscrittionedenoti l’istromento del martirio» suggerendo alcontrario – anche per motivi cronologici, ripor-tando l’iscrizione i nomi dei consoli del 408d.C. (un momento, dunque, di «pace dellaChiesa») – «che conuien dire, che questa segadinoti più tosto l’istromento dell’arte di segatore dipietre»95.

Un caso straordinario di una falsa reliquia /preteso strumento di martirio asceso ai gradi piùalti della devozione è rappresentato dalla cosid-detta ungula vaticana (fig. 12), tenaglia presunta-mente rinvenuta al tempo di Paolo III all’interno diun’antica sepoltura tornata in luce durante i lavoridi ricostruzione della basilica vaticana96. Menzio-nata a partire dal 1550 – a quell’anno è databileinfatti il più antico documento manoscritto che nericorda l’esistenza (il Liber Bonorum Sacrestie Prin-cipis Apostolorum de Urbe) – la tenaglia utilizzata perscarnificare le membra dei martiri dell’età aposto-lica divenne in breve tempo, assieme alla «Vero-nica» ed alla «Lancia di Longino», uno dei cimelipiù preziosi della cristianità, da non dimenticaredi vedere e venerare nel corso della visita aRoma. Sovrani, principi e ambasciatori in visitaad limina Petri potevano addirittura baciarla, cosache fece «indegnamente» – come lui stesso citestimoniò – anche il padre oratoriano AntonioGallonio97, l’autore di un celebre repertorio distrumenti di martirio pubblicato nel 1591 initaliano e tre anni più tardi in latino98 (fig. 13).Giacomo Grimaldi99, Tiberio Alfarano100, AlonsoChacón101, Pirro Ligorio102, Onofrio Panvino103,Marco Attilio Serrano104, Pompeo Ugonio105,

97

106. Cfr. Martyrologium Romanum, Venezia, 1605, p. 357.107. Roma sotterranea... cit., p. 21 e 26-27.108. Memorie Sacre delle Sette Chiese di Roma E di altri luoghi, che si

trouano per le strade di esse. Parte prima. In cui si tratta Del-l’antichità di dette Chiese : di quello ch’era già ne i Siti loro : delleFabriche, Ornamenti, e Donationi fatte alle medesime : delle Reli-quie che vi sono : e della Veneratione, che à quelle hanno hauutotutte le Nationi del Mondo : particolarmente li Potentati della Chri-stianità; li sommi Pontefici; & i Santi, che l’hanno visitate, Roma,1630, p. 153-154.

109. Cfr. Roma subterranea novissima, I-II, Roma, 1651, I, p. 152-153; I, p. 220-222; II, p. 683-689.

110. Trattato de gli instrumenti di martirio, e delle varie maniere dimartoriare... cit., p. 62-69.

111. Per le immagini ispirate all’ungula del Vaticano mi sia perdo-nato rimandare a M. Ghilardi, Sacrate Grotte, e venerandihorrori. Corpi santi, reliquie e una «singolare assenza» nell’operadel Torrigio, in Francesco Maria Torrigio (1580-1650), San Pietro ele sacre memorie. Atti della Giornata di Studio, Bagnaia (VT) 6luglio 2007 (in corso di stampa). Sulla produzione artisticaispirata al martirio, rimando anche a quanto da me raccoltoin «Volendo la zelante madre nostra che da questi esempii piglinocuore i suoi figli». Il sangue dei martiri nell’arte della Controri-forma, in Studio e insegnamento della storia della Chiesa. Bilanci eprospettive per nuove letture. Atti del Congresso Internazionaledi Studi Storici, Roma 17-19 aprile 2008 (in corso di stampa).

112. La grossa tenaglia metallica, lunga ca 60 cm e del peso di2205 grammi, possiede manici lignei parzialmente conser-vati (uno lungo cm 8,5, l’altro – preceduto da una fascia inottone di cm 4 fissata al manico da 4 piccoli chiodi a testapiatta – lungo 10 cm) e sei estremità, tre per lato, acuminate.I due bracci metallici, manici inclusi, sono lunghi 62,5 e 66cm. Le sei «unghie» – ovvero le estremità appuntite fusesulle aste metalliche per offendere – sono lunghe 3,5 cm caciascuna. Le aste metalliche, di sezione ottagonale all’attaccodei manici e dal perimetro di base di cm 11,5, sono rastre-mate verso l’alto e si assottigliano – mantenendo la sezioneottagonale – sino ad un perimetro di cm 5 allo snodo, per poiproseguire – d’un sol pezzo – piatte, per un’altezza di cm 2 euno spessore di ca 1. Il dado ottagonale, alto ca 1 cm ha undiametro di 1,9 cm. L’apertura massima alla bocca della

tenaglia è di cm 33, mentre l’apertura massima ai manici èpari a cm 57.

113. Sul culto dei santi nella devozione tridentina si veda oral’ampia panoramica offerta da S. Ditchfield, Tridentineworship and the cult of saints, in The Cambridge History of Chri-stianity, vol. VI, R. Po-Chia Hsia (ed.), Reform and expansion1500-1660, Cambridge, 2007, p. 201-224.

114. Sul tema si veda ora la dettagliata e pregevole ricostruzionedi D. Julia, L’Église post-tridentine et les reliques. Tradition,controverse et critique (XVIe-XVIIe siècle), in Ph. Boutry,P. A. Fabre, D. Julia (a cura di), Reliques modernes. Cultes etusages chrétiens des corps saints des Réformes aux révolutions, I-II,Parigi, 2009, I, p. 69-120.

115. Tert., Apolog. L 13 = CCL I, 171.116. Sulla devozione al sangue degli antichi martiri mi sia

concesso rimandare al mio recente saggio : Sanguinetumulus madet. Devozione al sangue dei martiri delle catacombenella prima età moderna, Roma, 2008.

117. Si conoscono, soprattutto da produzioni vascolari attiche omagnogreche o da rilievi funerari o relativi a scene dimestiere – oltre che, ovviamente, da reperti archeologici –,tenaglie antiche. La presenza del dado ottagonale a bloc-caggio del perno centrale di snodo attorno al quale ruota-vano i bracci delle tenaglie, sottintendendo l’impiego di unutensile tipo «chiave inglese» – oggetto non impiegato in etàantica – denuncia però inequivocabilmente la modernità delreperto in questione. Per la morfologia e l’utilizzo delleantiche tenaglie si rimanda a quanto raccolto da :H. Blümner, Technologie und terminologie der Gewerbe undKünste bei Griechen und Römern, I-III, Lipsia, 1875-1884, II(1879), p. 192-194 (e fig. 32 a p. 193); S. Reinach, forceps, inDictionnaire des antiquités grecques et romaines d’après les texts etles monuments, a cura di Ch. Daremberg, E. Saglio, I-X, Parigi,1877-1919, II, 2 (1896), p. 1239-1241; Id., forfex, ibid.,p. 1241-1243; A. Mau, Forceps, in Paulys Real-Encyclopädie derclassischen Altertumswissenschaft, VI 2, Stuttgart, 1909, col.2851-2853; H. Leclercq, forces, in Dictionnaire d’archéologiechrétienne et de liturgie, a cura di F. Cabrol e H. Leclercq, V, 2,1923, col. 1874-1875; G. Zimmer, Römische Berufsdarstel-lungen, Berlin, 1982, p. 179-182; 184-186; 189-195. Si vedapure quanto raccolto da M. Cima, Archeologia del ferro. Sistemi

Cesare Baronio106, Antonio Bosio107, GiovanniSeverano108, Paolo Aringhi109 – oltre che lo stessoGallonio110, per volerne citare solo alcuni – cele-brarono nelle proprie opere la sacralità del repertoche, come è facilmente intuibile, ebbe un ruolodominante – in due lievemente differenti tipologie– anche nella crescente produzione artistica ispi-rata al martirio cruento111 (fig. 14).

Analizzando oggi la gigantesca tenaglia112 conattenzione – e, mi sia consentito dire, con minordevozione e sensus ecclesiasticus rispetto al Gallonio –ci si rende conto però che il terribile strumento dimartirio è ascrivibile con certezza a quell’ampiorepertorio di presunte o false reliquie la cui inventioesplode all’indomani delle decisioni conciliaritridentine sul culto dei santi113 ed il culto delle reli-quie114. La necessità di difendere l’apostolicità dellaChiesa di Roma dalle minacce dei riformatori

spinse, come è noto, le gerarchie cattoliche apotenziare il culto dei martiri delle origini. La devo-zione popolare corse allora sul filo della pietas e del-l’emotività. L’assunto tertullianeo – semen estsanguis christianorum115 – tornò dunque di grandeattualità : il sangue degli antichi martiri cristianidivenne nuovamente linfa vitale per i credenti del-l’età moderna116. La crudele tenaglia che secondo legerarchie ecclesiastiche del tempo aveva fatto scor-rere tanto sangue innocente divenne allora prepo-tentemente una delle reliquie della cristianità piùimportanti da venerare. La presenza del bullonecon dado ottagonale come snodo e congiunzionedei due bracci metallici è senza dubbio però – nonrisultando aggiunto in un secondo momento –, unelemento determinante per poter escludere l’anti-chità dell’oggetto, creato e propagandato ad artedalle alte sfere della cattolicità romana117.

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?98 Massimiliano GHILARDI

materiali e processi dalle origini alla Rivoluzione Industriale,Torino, 1991, p. 179-194 e da F. Zagari, Il metallo nel Medioevo.Tecniche strutture manufatti, Roma, 2005, p. 64-76. La conclu-sione qui presentata – la non autenticità della tenaglia, omeglio la sua non possibile datazione all’età precostanti-niana –, pertanto, è solo basata su considerazioni storiche ostilistiche, cioè «esterne» alla struttura fisica dell’oggetto,ben sapendo che tali considerazioni possono rivelarsitalvolta erronee e sono metodologicamente non scientifica-mente probanti e che solo i moderni sistemi di indaginechimico-fisica possono condurre ad attribuzioni certe;

sull’argomento si vedano le riflessioni di C. Botrè, Falsiarcheologici e metodi di datazione, in M. Cavallini eG. E. Gigante (a cura di), De Re Metallica dalla produzionealla copia moderna, Roma, 2006, p. 187-226.

118. Su di lui si veda ora quanto raccolto da B. Joassart, HippolyteDelehaye. Hagiographie critique et modernisme, I-II, Bruxelles,2000.

119. Cfr. H. Delehaye, Les reliques des saints, in Id., Cinq leçons surla méthode hagiographique, Bruxelles, 1934, p. 75-116 (la cita-zione è a p. 116).

Ma, inserito nel delicato contesto storico dellaControriforma, nulla o poco importa oggi se ilreperto in questione – come la maggior parte diquelli venerati o in circolazione nella prima etàmoderna – non sia realmente antico o autentico :del resto, in questo caso, va richiamata la distinc-

tion essentielle fissata nella prima metà del secoloscorso dal celebre agiografo bollandista belgaHippolyte Delehaye118, «c’est qu’une reliqueauthentiquée n’est pas nécessairement une reliqueauthentique»119.

*. M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri edantichi cristiani di Roma, aggiuntavi la serie di tutti quelli che finoal presente si sono scoperti, e di altri simili, che in varie parti del

mondo si trovano, con riflessioni pratiche sopra il culto delle sagrereliquie, Roma, 1720, p. 242-245.

Appendice *

Testes examinati pro comprobatione Reliquiarum existen-

tium penes Reverendissimum P. Generalem Societatis Jesu. Per

Acta Spadae Notarii Illustrissimi D. Cardinalis Vicarii.

Die 23. Novembris 1628

Examinatus fuit Romae in domo Reverendissimi Patris

D. Vicesgerentis per eumdem Reverendissimum D. & per me &c.

R. P. Ubertus de Fornariis Societatis Jesu Coadjutor

temporalis medio Juramento tactis &c. Juravit de Veritate

dicenda super tota Causa; & interrogatus de aetate. Io sono in

età di sessantanove anni in circa, e sono cinquantadue

anni, che sono Religioso.

Interrogatus. An ipse testis sciat causam suae vocationis?

Respondit. M’immagino, che sia stato chiamato ad

effetto di deporre quel che io so in materia di Reliquie,

che si ritrovano nelle nostre Chiese, ed in potere del

nostro Padre Generale.

Interrogatus. Quid sciat ipse testis de Reliquiis huiusmodi?

Respondit. Perché io sono stato Compagno di più

Generali della nostra Compagnia, cioè del P. Everardo

un poco, e poi del P. Claudio Acquaviva, e del presente

Generale P. Mutio Vitelleschi, e con quella occasione io

so, che la Santa memoria di Papa Clemente Ottavo, e poi

di Paolo V., e successivamente di Gregorio XV., il Padre

Generale Acquaviva, ed il P. Muzio Vitelleschi oggi

vivente, ebbero ordini da’ detti Sommi Pontefici in

diversi tempi, cioè il detto P. Acquaviva dal detto Papa

Clemente, ed il P. Vitelleschi da Papa Paolo, e da Papa

Gregorio XV, di far cavare nel Cimitero di Priscilla Corpi,

o Reliquie de’ Santi, che vi si trovano, e perché l’ordine

era, che si cavassero segretamente; però li detti

PP. Generali mandarono Uomini fidati, insieme con

alcuni zappatori, co’ quali fui io, ed il fratello Niccolò

Bianchi, ed il P. Brustonio Greco, ed in conseguenza

molto intelligente della lingua Greca, con altri de’ nostri

Padri, e Fratelli, quali non occorre, che io dica perché

sono morti, ed andammo nel detto Cimitero di Priscilla,

ed ivi facemmo cavare molti Corpi di Santi, parte de’

quali d’ordine dei detti Pontefici sono stati distribuiti a

diversi Principi, ed in diverse Provincie, e parte si ritro-

vano oggi nelle nostre Chiese, ed appresso al nostro

Padre Generale.

Interrogatus. Quando ipse Testis, cum ejus sociis accessit ad

dictum Coemeterium Priscillae, si dictum Coemeterium esset

apertum, vel Clausum?

Respondit. Nel detto Cimitero v’è la Chiesa antica,

della quale l’ingresso, e porta era serrata, e v’era una

finestra assai alta dalla quale non si poteva scendere se

non con una scala, e perché era cosa molto pericolosa,

però fu di bisogno pigliare una scala assai lunga, per la

quale scendemmo nella Chiesa, e nella Chiesa non

v’erano Reliquie, ma terra, pitture, e sassi.

Interrogatus. An loca, ex quibus fuerunt excavatae Reli-

quiae, essent aperta, vel clausa?

Respondit. I luoghi dai quali furono cavate le Reliquie

erano diversi corritori ordinati uno sopra l’altro : i quali

corritori noi li trovammo al principio ripieni di terra, in

modo, che per entrare nelle Grotte, fu necessario adope-

rare Zappatori, che cavassero la terra, e ci facemmo la

strada.

Interrogatus. Quid repererunt in dictis Curritoriis post-

quam terra fuit effossa?

Respondit. Ritrovassimo, che dall’una, e dall’altra

parte vi erano diversi Sepolcri, alcuni dei quali si ritrova-

rono rotti con alcuni pochi frammenti d’ossa, ed altri

erano Sepolcri interi, i quali non erano ancora stati

tocchi, ma stavano molto ben sodati nel muro uno posto

sopra dell’altro in diverse casse, e con diverse Iscrizioni.

Interrogatus. Ex quibus Sepulchris Corpora, seu Reliquiae

fuerunt per ipsum testem, & alios Socios extractae?

Respondit. Nel pigliare le Reliquie noi osservammo

questo modo; cioè i frammenti, che si trovano nelli

Sepolcri aperti non si pigliavano se non vi si trovava i

segni di Martirio, e di quelli, i Sepolcri de’ quali erano

interi, prima di rompere, si faceva diligenza particolare

per conoscere i veri segni del Martirio, e se non vi si

trovavano i segni, non si toccavano, ma si lasciavano

stare, ed io so benissimo, che tutti quei Corpi, e Reliquie,

che noi pigliavamo, erano quelle solamente, nelle quali

concorrevano i segni del Martirio.

Interrogatus. Quae signa erant illa, quibus putabant esse

significativa Martyrii?

Respondit. I segni dalli quali i Padri, che erano ivi

presenti, ed erano periti di simili materie, giudicavano,

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?100 Massimiliano GHILARDI

che fossero concludenti di Martirio erano questi; Cioè

Palme; Colombe con Palme in bocca; Bicchieri di

Sangue e dentro la Cassa Tenaglie, Piombarole, ed altri

strumenti simili di tormenti; ed oltre ai suddetti segni,

v’erano ancora cumulativamente le iscrizioni del nome

del Martire, quale stava scritta, quale in pietra, e quale

in altro modo.

Interrogatus. An praefatae Inscriptiones essent antiquae,

vel modernae, seu ab alio confictae?

Respondit. Per quello, che io giudicava, e posso giudi-

care, le Iscrizioni erano antiche, perché ivi erano Padri

molto intelligenti mandati per questo effetto, perche si

conoscessero le Iscrizioni, e che non si cavassero se non

quelle, le quali erano vere, ed indubitate.

Interrogatus qui sunt illi, qui accesserunt ad effectum

dignoscendi veras Inscriptiones, & signia significantia

Martyrii?

Respondit. Furono diversi, perche io vi andai diverse

volte, anzi sempre, che vi si doveva andare d’ordine de’

Papi, io vi andava di’ ordine del mio Generale. E nel

tempo di Papa Clemente, vi venne la buona memoria

del Signor Card. Baronio, il quale per entrare, fu di

bisogno che lasciasse l’abito di Cardinale di lungo, e si

vestisse tutto di tela bianca; e perché il tempo è lungo,

non mi ricordo chi fosse con lui; ma bene vi erano molti

Padri della Compagnia. Ed a tempo di Papa Paolo, vi

venne la buo. me. del Sig. Cardinale Cobellucci, il quale

non era Cardinale, ma Segretario de’ Brevi, ed il Signor

Confalonieri, ed altri della Compagnia : Ed a tempo di

Papa Gregorio vi fu il Fratello Niccolò Bianchi ed altri

della nostra Compagnia, che non mi ricordo precisa-

mente. Mi ricordo bene, che vi venne Monsignor

Boschetti in compagnia del Duca di Mantova, ed il Padre

Stefano del Bufalo Rettore della Penitenziaria.

Interrogatus. An dictae Reliquiae postquam fuerunt

extractae, fuerunt habitae, & reputate pro veris reliquiis, & à

quibus?

Respondit. Le suddette Reliquie furono non solo da’

nostri Padri, ma da i Sommi Pontefici esistenti pro

tempore tenute, e reputate per vere Reliquie; e come tali,

ne hanno sempre disposto, distribuite, e fatte distribuire a

diversi Principi, luoghi, e Provincie; ed a tempo del

P. Claudio Acquaviva, mi ricordo, che vennero alcuni libri

stampati di fuora, ne i quali si contenevano molti miracoli

fatti dal Signor Iddio, in riconoscimento delle dette Reli-

quie; E fra i Padri della nostra Compagnia non vi è stato,

né vi è chi dubiti della verità, perché se vi fosse stato, io,

come vecchio nella Religione, l’avrei saputo.

Ex tunc Reverendissimus Dominus Examen dimisit,

injuncto se subscribat, prout subscripsit.

Io Uberto de’ Fornari ho deposto quanto di sopra per

la verità.

Eadem die.

R. Nicolaus Blancus ejusdem Societatis Coadjutor, cui

delato Juramento veritatis dicen. tactis &c. In manibus dictis

Reverendissimi &c. juravit &c., & dixit ut infra videlicet.

Interrogatus de aetate. Io sono di età di sessanta sei

anni, e sono quarantaquattro anni, che sono nella

Compagnia.

Interrogatus. An sciat causam suae vocationis?

Respondit. Mi ha parlato il P. Virgilio Cepari, che

doveva essere esaminato sopra la verità delle Reliquie,

che in tempo di molti Pontefici sono state distribuite, e

parte delle quali si trovano al presente nelle nostre

Chiese, ed in potere del nostro Padre Generale, e però

m’immagino esser stato chiamato per questo.

Interrogatus. Quid sciat ipse testis de Reliquiis huiusmodi?

Respondit. Io d’ordine del P. Claudio Acquaviva, e poi

del P. Muzio Vitelleschi Generali della nostra Compagnia,

sono andato nel tempo della felice memoria di Papa

Clemente VIII. e di Papa Paolo V. e di Papa Gregorio XV. e

della Santità di N.S. Urbano VIII. più, e diverse volte nel

Cimitero di Priscilla, nel tempo, che vi è stato ordine di

detti Sommi Pontefici di ritrovare Corpi, e Reliquie di

Santi e con questa occasione so, che le Reliquie, delle

quali ho parlato di sopra, sono vere, ed autentiche, perché

prima di cavarsi, si sono fatte tutte quelle diligenze, che si

ricercano ad esser sicuri, che le Reliquie siano vere.

Interrogatus. In quo statu repererit Coemeterium, seu loca,

ex quibus fuerunt extractae Reliquiae?

Respondit. Avanti al Cimitero vi è una Chiesa, che oggi

è sotterranea, alla quale non si poteva entrare, se non per

una finestra alta trenta scalini, più sotto più, che meno,

dalla quale noi calammo con una scala di legno dentro

detta Chiesa, nella quale vi era una Porta bassa serrata di

terra, sotto la quale a carponi entrammo quasi due canne,

e perche il resto era tutto ripieno di terra, fu bisogno per

mezzo di zappatori farvi la strada, e cavando la terra

entrammo nel Cimitero, nel quale trovammo diversi

corritori, ch’erano più di cinque, ed all’una, e all’altra

mano di detti corritori erano pieni di Sepolcri, parte dei

quali si trovarono aperti, e parte serrati, e mentre io vi fui,

non si pigliò cosa alcuna dalli aperti, ma furono riconos-

ciuti i Sepolcri serrati, e poi quelli aperti. Vi furono trovati

i segni, e prima di aprire osservate le Iscrizioni e fatte tutte

queste diligenze, furono pigliate le Reliquie.

101

Interrogatus, quomodo fiebant diligentiae super recogni-

tione Inscriptionum, & signorum, quae reperiebantur in dictis

Sepulchris?

Respondit. Le diligenze erano queste. Si conosceva

prima se erano cose antiche, o moderne; e perche si

ritrovarono ch’erano antiche, si levavano in una carta

dai Padri della nostra Compagnia, e si portavano al

P. Generale, il quale col consiglio de gli altri Padri, giudi-

cavano, se si dovevano, o non dovevano cavare; E poi si

cavavano solamente quei Sepolcri, ch’erano ordinati dal

P. Generale, che si cavassero, e gli altri si lasciavano.

Quanto poi a i segni che si trovarono in quelli, che

furono cavati, quando io fui presente; i segni erano

differenti, perché in alcuni vi si trovava il segno della

Palma, in altri della Colomba colla Palma in bocca, in

altri di Bicchieri di Sangue. In altri si trovarono Accette;

in altri Pettini o Rastri, e Piombarole, e simili stromenti;

E questi segni vi erano oltre alle Iscrizioni de i Sepolcri.

Oltre a ciò in tre di quei corritori, da i quali furono

cavate le dette Reliquie, vi era una Iscrizione generale.

In uno diceva : Martiri di Cristo cinquecento, cinquanta;

e nell’altro : Cento cinquanta Martiri di Cristo : E

nell’altro la medesima Iscrizione, cioè : Martiri di Cristo

cento cinquanta.

Interrogatus de Contestibus, qui fuerunt praesentes,

quando praedicta fuerunt facta?

Respondit. Perché io vi andai moltissime volte,

però vi furono presenti diversi, tanto della nostra

Compagnia, quanto di fuora. Di fuora vi venne a

tempo mio Monsignor Boschetti in compagnia del

Duca di Mantova, il P. Generale di S. Onofrio, ed il

Signor Odoardo Tibaldeschi; vi furono presenti Fran-

cesco Fantino, il P. Vincenzo Godono, il P. Stefano

del Bufalo, ed il P. Giorgio Brustonio; il Fratello

Uberto Fornari, il Fratello Antonio Maria Nazario, ed

altri.

Interrogatus. An praedictae Reliquiae postquam fuerunt

extractae, fuerunt habitae pro veris, & realibus?

Respondit. Le suddette Reliquie d’allora, e poi sempre

consecutivamente furono, e sono reputate vere, ed

autentiche, e reali, e come tali sono state distribuite

d’ordine de i suddetti Pontefici, e dal Padre Claudio

Acquaviva Generale intesi che in Fiandra avevano fatti

miracoli.

Et fuit dimissum Examen, & examinatus licentiatus,

injuncto, ut se subscribat, prout subscripsit.

Io Nicolò Bianchi della Compagnia di Gesù depongo

quanto di sopra.

Examinatus fuit, ut supra.

Rev. P. Georgius Brustonius Graecus Sacerdos Societatis

Jesu aetatis suae annorum 42. Religionis vero 59., cui delato

Juramento veritatis dicen. prout tacto pectore &c. Juravit &c.,

& dixit, ut infra. Videlicet.

Interrogatus. An sciat causam suae vocationis?

Respondit. Ho inteso dal P. Virgilio Cepari, che mi ha

fatto sapere, ch’era necessario che fossi quì ad esami-

narmi ad effetto di far fede della verità delle Reliquie,

che sono state dispensate in diversi tempi dal nostro

P. Generale, e che oggi si ritrovano nelle nostre Chiese,

ed appresso al nostro P. Generale, ed altri Padri.

Interrogatus; ut dicat quid scit de veritate praedictarum

Reliquiarum.

Respondit. Da diecisette anni in quà io sono andato di

ordine del mio P. Generale nel Cimitero di Priscilla, ad

effetto di riconoscere le Iscrizioni tanto latine, quanto

Greche de i Sepolcri, che ivi si ritrovavano, e quando io

vi andai, fui necessitato calare per una finestra, dalla

quale, mediante una scala di legno fatta a piroli, scesi

nella Chiesa, nella quale non si toccò cosa alcuna, ma da

quella si entrò a carponi per spazio di due canne in circa,

e poi per entrare ne i corritori, fu bisogno, che adoperas-

simo zappatori per cavare la terra, e scoprire i corritori,

da i lati de’ quali vi erano le lastre dei Sepolcri.

Interrogatus, ut dicat formaliter, quomodo stabant sepul-

chra in dictis Curritoriis.

Respondit. I Sepolcri ne i Corritori stavano dall’una, e

dall’altra mano coperti di tufo, e con mattoni legati in

calce, nella qual calce per ordinario vi era il nome del

Martire scritto a mio parere con canna, o con legno.

Interrogatus. Quot Corpora extraxit ipse Testis à dictis

Curritoriis?

Respondit. Io estrassi in diverse volte ventidue Corpi

di Santi Martiri; e di più perché io partii da Roma, lasciai

segnati di mia mano undici nomi in altri Sepolcri, i quali

intesi, che dopo la mia partenza (per quanto dicevano i

Padri) sono stati d’ordine de’ Sommi Pontefici, mediante

i nostri Padri, cavati.

Interrogatus. Quae signa sunt illa quae reperiebantur tam

extra, quàm intus Sepulchra, ex quibus fuerunt extracta

Corpora?

Respondit. Fuori del Sepolcro aveano l’Iscrizione col

nome del Martire, ed insieme in ciascuno v’era alcuno

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?102 Massimiliano GHILARDI

de i seguenti segni; cioè in alcuni la Palma; In altri

Caraffine di Sangue; in altri Tenaglie; in altri Coltello o

Spada, ed in altri Piombarole. Dentro poi il Sepolcro si

trovava il Corpo con soavità di odore, e gran pulitezza.

Interrogatus. An ipse testis uti practicus; & peritus sciat,

vel judicet, quòd Inscriptiones, quae reperiebantur in Sepul-

chris, essent antiquae, vel modernae?

Respondit. Per necessità bisogna, che fossero antiche,

perché la maggior parte erano Greche, e la qualità del

carattere era antico; oltre che nella calce così secca, che

mostrava molta antichità, non si poteva scrivere di

fresco; Oltre che i medesimi Sepolcri erano coperti di

terra, e si scoprivano in mia presenza : per le quali

ragioni è impossibil cosa, che potesse esser Iscrizione

fatta di fresco; ma è necessario dire, che fosse fatta nel

tempo antico, che vi fu riposto il Corpo di quel Santo

Martire, e se fosse altrimenti, io me ne sarei avvisato per

la perizia, che tengo di simil materia.

Subdens ex se. I medesimi Sepolcri, che io lasciai

segnati, e che furono poi i Corpi estratti dopo la mia

partita, erano della medema qualità, che io ho detto di

sopra.

Interrogatus, an ipse Testis extraxerit, vel sciat, quod alii

extraxerint aliquod Corpus dubium; ita quod probabiliter

dubitaretur, an esset Sanctus, nec ne?

Respondit. Quelli che io ho cavato, e che lasciai segnati,

hanno avuti tutti la certezza, che ho deposto di sopra; e mi

sarei guardato cavarne alcuno dubbio : Il medesimo

credo, che abbiano fatto gli altri Padri, perché in simili

materie so con quanta circospezione si deve andare.

Interrogatus de Contestibus, qui secum accesserunt ad

praedicta facienda.

Respondit. Vi fu il fratello Niccolò Bianchi, fr. Uberto

Fornari, ed un Fratello Nicolò, che non ricordo il

Cognome, né mi ricordo d’altri.

Et fuit dimissum examen injuncto testi, ut se subscribat,

prout subscripsit.

Ego Georgius Brustonius Professus Societatis Jesu deposui,

ut sopra pro veritate manu propria.

Massimiliano GHILARDI

103

Fig. 1 – Frontespizio dell’opera di M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi Martiri ed antichi cristiani di Roma, aggiuntavi la serie di tutti

quelli che fino al presente si sono scoperti, e di altri simili, che in varie parti del mondo si trovano, con riflessioni pratiche sopra il culto delle sagre

reliquie, Roma, 1720.

Quae signa erant illa, quibus putabant esse significativa Martyrii?104 Massimiliano GHILARDI

Fig. 2 – Scatolina in pino cembro rivestita di carta contenente le reliquie

di un presunto San Felice (da R. Massa [a cura di], Il tesoro ritrovato.

Reliquie e reliquiari dell’antica Prevostura di S. Erasmo in Castel Goffredo,

Castel Goffredo, 2002, p. 128).

Fig. 4 – Ritratto del vescovo Ambrogio Landucci (da A. Landucci,

Sacra Leccetana selva Cioè Origine, e progressi dell’Antico, e Vene-

rabile Eremo e Congregatione di Lecceto In Toscana, Roma, 1657).

Fig. 3 – Autentica rilasciata, su un modulo seriale prestampato, dal vescovo Silvestro Merani (1748) relativa alla certificazione delle reliquie delle

sante martiri Seconda e Rufina (collezione privata).

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Fig. 5 – Autentica delle reliquie dei santi martiri Ausimio, Fausto, Onorato, Nazaro, Vittore, Teodulo, Teodoro, Libano e Adauto, estratte dalle cata-

combe romane di Ciriaca e donate da Ambrogio Landucci a Carlo Francesco Airoldi : notare l’utilizzo della formula cum facultate alteri donandi

anche nel certificato rilasciato dal Landucci (collezione privata).

Fig. 6 – Pittura rappresentante l’adorazione dei Magi dal cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina (da J. Wilpert, Le pitture delle catacombe romane,

Roma, 1903, tav. 116, 1).

Fig. 7 – Disegno di Giovanni Angelo Santini, detto il Toccafondi. Copia

della scena di adorazione dei Magi dal cimitero di Domitilla e sua tra-

sformazione in scena di martirio (da Die Katakombengemälde und ihre

alten Copien. Eine ikonographische Studie, Freiburg im Breisgau, 1891,

tav. XXII).

Fig. 8 – Iscrizione falsa di un presunto martire di nome Fausto (da

A. Nestori, Spigolature epigrafiche, in Rivista di Archeologia Cristiana,

46, 1970, fig. 3).

Fig. 9 – Falsa iscrizione del martire Saturnino prodotta dall’abate Giaco-

mo Crescenzi e da lui presuntamente rinvenuta nel cimitero di Domitilla

(da A. Bosio, Roma sotterranea, Roma, 1632, p. 197).

Fig. 11 – Lapide di Alexander, proveniente dal cimitero di Pancrazio sul-

la via Aurelia ma oggi perduta, su cui erano incisi un dente ed un forci-

pe da estrazione (da M. Boldetti, Osservazioni sopra i Cimiterj de’ santi

Martiri ed antichi cristiani di Roma, aggiuntavi la serie di tutti quelli che

fino al presente si sono scoperti, e di altri simili, che in varie parti del

mondo si trovano, con riflessioni pratiche sopra il culto delle sagre reli-

quie, Roma, 1720, p. 316).

Fig. 13 – Strumenti di martirio quibus Christi fidelium carnes Gentes discerpebant;

indicata con la lettera A è l’ungula (da A. Gallonio, De Ss. Martyrvm crvciatibvs

Antonii Gallonii Rom. Congregationis Oratorii presbyteri liber. Quo potissimum instrumenta, & modi, quibus ijdem Christi martyres olim torquebantur,

accuratissime tabellis expressa describuntur, Romae, 1594, p. 137).

Fig. 10 – «Vasi di sangue» dei martiri Vittore e Nicasio trovati nel cimitero

di Domitilla (da A. Bosio, Roma sotterranea, Roma, 1632, p. 199).

Fig. 12 – Disegno dell’ungula, strumento in

ferro – utilizzato per martirizzare i primi cri-

stiani – presuntamente trovato durante i la-

vori di ricostruzione della Basilica Vaticana

ed oggi custodito presso il Museo del Tesoro

nella Città del Vaticano (rilievo e disegno

dell’Autore).

Fig. 14 – Antonio Circignani (Pomarancio), affresco con putti alati che portano in

processione gli strumenti di martirio (particolare con la rappresentazione dell’un-

gula). Roma, Palazzo Altemps, Chiesa della Beata Vergine della Clemenza e di

Sant’Aniceto Papa e Martire (foto dell’Autore).