Turchia. Evoluzione storica delle minoranze.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. Dalla dominazione Ottomana all’odierna Repubblica di Turchia. TORRE LUCA MARIA Gennaio 2014

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze.

Dalla dominazione Ottomana all’odierna Repubblica di Turchia.

TORRE LUCA MARIA

Gennaio 2014

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 1

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze.

Dalla dominazione Ottomana all’odierna Repubblica di Turchia.

Sommario

1. Introduzione ......................................................................................................... 2

2. Le minoranze nell’Impero Ottomano ................................................................ 3

2.1. Dhimma .................................................................................................................... 3

2.2. Millet......................................................................................................................... 5

2.3. Relazioni con i gruppi minoritari diverse dalla millet: sürgün e devşirme ..... 8

3. Cittadinanza nella Repubblica di Turchia ...................................................... 10

3.1. La fine dell’Impero: Patto Nazionale e Trattato di Losanna ........................... 10

3.2. Le minoranze riconosciute ................................................................................... 12

3.3. Le minoranze non riconosciute ........................................................................... 14

Bibliografia e sitografia ..................................................................................... 18

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1. Introduzione

In questo breve lavoro ho voluto analizzare lo status delle minoranze etniche e religiose

all’interno del territorio dell’odierna Repubblica di Turchia. Sono partito dalla storia di

questi luoghi, ho perciò esaminato come l’Impero Ottomano ha gestito i vari gruppi

presenti al proprio interno; sovranità ottomana che si tradusse sostanzialmente in

dominazione musulmana; quindi, come vedremo nel prossimo capitolo, questa

egemonia si declinò in particolari statuti giuridici applicati a quelle minoranze di fede

non musulmana.

Nel terzo capitolo invece tratterò in breve quello che fu il passaggio di consegne in

materia di minoranze tra la Sublime Porta e la Turchia kemalista. Come vedremo

rimarranno le storiche minoranze religiose presenti in territorio anatolico già durante

l’Impero, ma, con la nascita di uno Stato secolarizzato e che quindi ha lasciato il

“fattore Islam” alla sfera privata, non ci fu la volontà, da parte di Kemal in primis, e di

chi poi lo ha succeduto alla guida della Repubblica, di voler garantire l’identità e i diritti

a tutte quelle altre minoranze, benché di fede musulmana, appartenenti a gruppi etnici

completamente diversi da quello turco.

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2. Le minoranze nell’Impero Ottomano

2.1 Dhimma1

Letteralmente dhimma significa “protezione”, “tutela”, ed è generalmente un accordo

bilaterale tra un’entità statuale islamica e soggetti non musulmani ivi residenti2. La

dhimma è quindi uno specifico statuto giuridico che regola la convivenza dei

musulmani con soggetti di religione diversa all’interno della cosiddetta dār al-islām3.

Questo particolare accordo stabilisce che il governante musulmano si ponga come parte

dominante della mediazione nei confronti della controparte, sia che questa sia un non

musulmano residente nella dār al-islām, sia che provenga dalla dār al-harb4, affinché

l’harbī5 accetti le condizioni del contratto stabilite dai musulmani così da permettere la

sua confluenza nella dār al-islām.

In origine solo gli ahl al-kitāb6 potevano stipulare il patto di dhimma; tra queste

religioni erano inclusi naturalmente Ebrei e Cristiani e anche Samaritani e Sabei, ma

pure gli Zoroastriani7. Con l’espandersi dell’Impero e quindi con l’annessione di nuove

terre e popoli i dotti del fiqh sono stati indotti a tollerare altri culti come l’induismo e il

buddismo; in pratica hanno posto sullo stesso piano gli ahl al-kitāb agli idolatri

considerandoli tutti dhimmī (o ahl al-dhimma), come avveniva già a Medina nel 1 a.H.

con la stipulazione del cosiddetto “Patto Medinese”, ma soprattutto in base ai principî

1 Per ulteriori approfondimenti si rimanda a “Cahen, Cl.. ‘ imma.’ Encyclopaedia of Islam, Second

Edition. Edited by: P. Bearman, Th. Bianquis, C.E. Bosworth, E. van Donzel, W.P. Heinrichs. Brill Online, 2014. http://referenceworks.brillonline.com/entries/encyclopaedia-of-islam-2/dhimma-SIM_1823. (consultato il 27/01/2014). 2 Melis, Nicola, “Lo statuto giuridico degli ebrei dell’Impero Ottomano”, in: M. Contu – N. Melis - G.

Pinna (a cura di), Ebraismo e rapporti con le culture del Mediterraneo nei secoli XVIII-XX, Firenze, Giuntina, 2003, pp. 139-156. 3 Letteralmente “la Casa dell’Islām”, ossia dove prevalgono potere musulmano e legge dell’Islam (B.

Lewis, Il linguaggio politico dell’Islam, Editori Laterza, Bari, 2005, p.85). 4 Letteralmente ”la Casa della Guerra”, ossia il territorio esterno alla dār al-Islām, abitato da non

musulmani. 5 Forma attributiva della parola che indica la guerra. È però nettamente distinto dal d immī. Tra il arbī

e il d immī c’è il musta’min, cioè un arbī che soggiorna a lungo in un paese musulmano come visitatore temporaneo. Gli si accorda un salvacondotto, gli è permesso di praticare la sua religione ed è esonerato dal pagamento della capitazione e da altre esazioni imposte al d immī (B. Lewis, Il linguaggio…, Editori Laterza, Bari, 2005, p.90). 6 Letteralmente “Genti del Libro”, ossia i seguaci di religioni monoteiste dotate di un testo sacro (Melis,

Nicola, “Lo statuto…”, in: M. Contu – N. Melis - G. Pinna (a cura di), Ebraismo e …, Firenze, Giuntina, 2003, pp. 139-156). 7 Ivi.

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del versetto coranico 9:298. Questo versetto permetterà ai hanafiti ottomani

l’ammissione al pagamento della ğizya9 anche a popoli tecnicamente considerati

idolatri10

.

Tutti coloro che accettano la stipulazione della dhimma sono quindi portati ad osservare

tutta una serie di diritti e doveri. Tra i doveri quello cui i dhimmī erano sicuramente

tenuti a rispettare era il pagamento di almeno un’imposta: la già citata ğizya, oppure in

altre circostanze la kharāğ11

.

La ğizya era l’imposta detta di “compensazione” alla zakāt, anche se alcuni giuristi la

definiscono come “obbligo di sostituzione” e costituisce appunto il prezzo per aver

salva la vita12

. La ğizya può essere di due tipi:

Imposta in seguito ad un vero e proprio contratto, inteso come un accordo

formale, che regola scrupolosamente i rapporti tra musulmani e dhimmī;

Imposta dalla Umma all’infedele sconfitto che ha rifiutato il da’wa13

o

l’’anwat14

.

L’imposta era pagata in contanti o in natura e, siccome era un tributo personale,

l’importo era stabilito in base alla capacità di reddito e alla ricchezza del singolo

dhimmī; riguardava i maschi adulti, sani di corpo e di mente ed escudeva dal pagamento

donne, bambini, vecchi, schiavi, incurabili, ciechi, poveri (della categoria dei faqīr),

monaci asceti15

.

Per quanto concerne invece la kharāğ, essa trae origine dal termine greco khoreghìa

utilizzato da Polibio per definire le “entrate”, poi traslato in kharāğa nelle province

aramaiche sottoposte ai bizantini e riguardante l’”imposta sulla terra”. Questo termine

poi venne assimilato dagli Arabi identificandolo con le locuzioni usate nei passi

8 “Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e

il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo (ğizya), e siano soggiogati”. (Piccardo Hamza Roberto (a cura di), Il Corano, Newton & Compton, Roma, 1999). 9 Imposta personale.

10 Melis, Nicola, “Lo statuto…”, in: M. Contu – N. Melis - G. Pinna (a cura di), Ebraismo e…, Firenze,

Giuntina, 2003, pp. 139-156. 11

Imposta gravante sui possedimenti fondiari. 12

Melis, Nicola, “Lo statuto…”, in: M. Contu – N. Melis - G. Pinna (a cura di), Ebraismo e…, Firenze, Giuntina, 2003, pp. 139-156. 13

Invito ufficiale ad aderire all’Islam (Ivi). 14

Sottomissione all’autorità musulmana con lo statuto di dhimmī (ivi). 15

Ivi.

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coranici 18:9416

e 23:7217

. L’uso generico di kharāğ, interscambiabile con ğizya, durò

fino all’epoca del califfato di ‘Umar II (morto nel 720 d.C.). Da allora s’incominciò

infatti a designare, più precisamente, la ğizya come tassa individuale, il kharāğ come

tassa fondiaria18

. Questa imposta però presenta un’identificazione un po’ equivoca a

seconda delle situazioni geografiche in cui è stata applicata:

a) Intesa genericamente come “imposta”, senza alcun distinguo, come

nell’uso quotidiano ottomano (harac);

b) In maniera assai più tecnica, come “tassa che grava sui possedimenti

fondiari”, almeno inizialmente posseduti da dhimmī;

c) Per gli Šafi’iti, ma non per i Hanafiti, è il tributo dovuto alle autorità

musulmane dai non musulmani residenti nella dār al-sulh, sorta di

situazione territoriale intermedia tra dār al-Islām e dār al-harb non

prevista nella teoria hanafita;

d) In senso assai generale, indica le entrate totali del fay’, ricchezze del

Tesoro pubblico ottenute a seguito di conquista.19

Dopo l’epoca di ‘Umar II comunque si volle garantire allo Stato una rendita perpetua

sul fondo che venne legato al possesso dello stesso indipendentemente dalla fede; venne

così attuata la distinzione tra kharāğ, che era l’imposta per i non musulmani, e ‘ušr,

ossia la dècima, l’imposta terriera di carattere religioso musulmano.

2.2 Millet

La parola millet nella sua forma araba e coranica sarebbe milla, è di origine aramaica ed

ha il senso originario di “verbo”: da qui l’accezione di “gruppo di persone che accetta

un verbo particolare o un libro rivelato”20

. Questa tipologia di classificazione dei gruppi

residenti all’interno dell’Impero aveva come base primaria la connotazione religiosa più

16

“Dissero: «O Bicorne, invero Gog e Magog portano grande disordine sulla terra! Ti pagheremo un tributo se erigerai una barriera tra noi e loro»”. (Piccardo Hamza Roberto (a cura di), Il Corano, Newton & Compton, Roma, 1999). 17

“Oppure stai chiedendo loro un compenso? Il compenso del tuo Signore è migliore, ed Egli è il migliore dei sostentatori”. (Piccardo Hamza Roberto (a cura di), Il Corano, Newton & Compton, Roma, 1999). 18

Melis, Nicola, “Lo statuto…”, in: M. Contu – N. Melis - G. Pinna (a cura di), Ebraismo e…, Firenze, Giuntina, 2003, p. 151. 19

Ibidem, p. 150. 20

B. Lewis, Il linguaggio…, Editori Laterza, Bari, 2005, p.45.

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che quella etnica; è solo nel XIX secolo con la diffusione e l’influenza delle idee

nazionalistiche occidentali che iniziarono ad affiorare anche millet etniche.

Il sistema delle millet era sostanzialmente la realizzazione e applicazione dell’istituto

giuridico della dhimma descritto nella parte precedente. Questo modello regolava la vita

dei principali gruppi religiosi monoteisti all’interno del territorio islamico attraverso la

costituzione di comunità riconosciute dal potere centrale ottomano21

che poi sarebbero

state guidate dalla loro massima autorità. Quest’ultima aveva il potere di svolgere varie

funzioni: di “governo” per l’ambito religioso, familiare e dell’istruzione; inerenti al

diritto privato; esattoriali per la riscossione di particolari tributi; ed infine anche

funzioni per la gestione dei rapporti interni.

A differenza della comunità ebraica che era poco omogenea al suo interno, quelle

cristiana ortodossa e armena risultarono essere i ricettori perfetti del sistema delle

millet22

, giacché già durante la dominazione bizantina erano costituite in strutture molto

gerarchizzate. Le tre principali millet presenti all’interno dell’Impero Ottomano erano

dunque quella Cristiana Ortodossa, quella Armena e quella Ebraica.

La millet Cristiana Ortodossa fu istituita nel 145423

e proprio per la sua natura religiosa

al suo interno si potevano riconoscere membri di diversa etnia: Greci, Bulgari, Serbi,

Albanesi, Macedoni, Valacchi, Rumeni e altri ancora. La massima autorità della

comunità era il Patriarca ecumenico; esso risiedeva nell’odierna Istanbul e interloquiva

con la Sublime Porta. Il Patriarca rispondeva inoltre per i crimini di qualsiasi genere

commessi da un membro della sua comunità.

La millet Armena venne riconosciuta nel 146124

. Nonostante fosse fondata sulla base

religiosa della Chiesa Gregoriana essa era caratterizzata anche da un unico gruppo

etnico: gli Armeni. La popolazione armena in quel periodo era divisa sotto due

dominazioni: ad ovest quella ottomana, appunto, e ad est quella safavide; fu infatti il

Sultano Mehmed II a proporre un patriarcato armeno a Costantinopoli ad Horaghim

l’allora vescovo gregoriano di Bursa per la pacifica coesistenza sotto la dominazione

21 Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turchia e Mediterraneo allargato. Democrazia e democrazie,

Franco Angeli, Milano, 2005, p.72. 22

Ibidem, pp.72-73. 23

Demetris Demetriou, Ottoman Millet System, London, 2010, p.5, https://www.academia.edu/4590900/Ottoman_Millet_System, (consultato il 15/01/2014) 24

Ivi.

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ottomana. Ad Horaghim vennero conferiti gli stessi poteri del Patriarca della millet

Ortodossa.

La millet Ebraica non fu ufficialmente riconosciuta prima del 183925

con la nomina da

parte di Mahmut II di un hahambaşı, un rabbino capo26

che avrebbe rappresentato

l’intera comunità ebraica, anche se essa funzionò correttamente già dal 1453; inoltre,

anche se fino al XIX secolo non venne riconosciuta ufficialmente come millet, gli ebrei

ebbero lo stesso trattamento giuridico di ortodossi e armeni da parte degli ottomani.

Il sistema delle millet per cui denota per certi versi delle caratteristiche affini al più

longevo rapporto contrattuale legato al “Patto Medinese”27

poiché tutt’e due i modelli

mirano alla coabitazione e coesistenza di diverse tribù/etnie all’interno dello stesso

sistema. La differenza sostanziale sta però nel fatto che nell’Impero Ottomano viene

posta la comunità islamica come “nazione sovrana” e quelle non-islamiche come

“nazioni sottoposte/sottomesse”28

.

Secondo alcuni studiosi tra cui B. Braude il sistema delle millet sarebbe da datare in

un’epoca molto più tardiva, in particolare dal 1839 in poi, nel periodo delle cosiddette

tanzimat, ossia delle riforme. Tale teoria è però negata dalla maggior parte degli studiosi

della materia29

secondo i quali questo sistema di governo delle minoranze è da datare,

come ho già detto prima, dopo la salita al potere di Mehmet II e quindi dopo la

conquista di Costantinopoli del 1453.

Altro motivo di discordanza tra gli studiosi è la configurazione giuridica di queste

millet. Per alcuni si tratterebbe di un vero e proprio sub-Stato per la grande autonomia

di governo concessagli dal Sultano, quindi di una sorta di Stato nello Stato, che non

s’identificava in un territorio particolare ma in una diaspora30

. Secondo altri invece le

millet erano entità politiche autonome all’interno della amministrazione ottomana che

costituivano parte essenziale dell’Impero e non uno Stato a sé. Anche per il fatto che i

25

Sugar Peter F., Southeastern Europe under Ottoman Rule, 1354-1804 (risorsa elettronica), University of Washington Press, Washington, 1977, p.44. 26

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.81. 27

E. Fuat Keyman, Ahmet Içduygu (eds), Citizenship in a Global World. European questions and Turkish experiences (risorsa elettronica), Routledge, Abingdom, 2005. 28

Ivi. 29

Sale Giovanni, Stati islamici e minoranze cristiane (risorsa elettronica), Jaca Book, Milano, 2008, p.199. 30

Ibidem, p.21.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 8

vari dhimmī delle millet erano considerati veri e propri sudditi del Sultano e i loro capi

religiosi come funzionari imperiali31

.

Ma perché questo sistema di coabitazione andò pian piano decadendo? Possiamo

denotare due cause principali. La prima è la già citata diffusione di idee nazionalistiche

derivanti dal pensiero europeo; l’idea nazionalista rimise in discussione le identità

tradizionali modellatesi nella coabitazione multireligiosa32

. Il processo di

disintegrazione cominciò con la scoperta della propria identità nazionale da parte delle

etnie balcaniche che vollero presto liberarsi dal giogo turco; il nazionalismo balcanico

fu seguito poi da quello arabo ed infine da quello turco che portò alla formazione

dell’attuale Repubblica di Turchia. La seconda causa può essere invece identificata con

la continua e pressante ingerenza delle potenze europee (in particolare Francia e Gran

Bretagna) nella politica interna della Sublime Porta, che era ormai agli occhi degli

europei il cosiddetto “Grande Malato”.

2.3 Relazioni con i gruppi minoritari diverse dalla millet: sürgün e devşirme

Oltre alla struttura delle millet, la Sublime Porta seguì altre due pratiche di governo per i

gruppi minoritari del tutto particolari.

La prima è quella del sistema del sürgün (lett. “spostamento”), utilizzato nei confronti

di un singolo, una o più famiglie, tribù nomadi e, perfino, intere popolazioni33

. Questa

politica veniva attuata perlopiù per ragioni di Stato, ma raramente nel tardo impero

anche per provvedimenti punitivi. Il sürgün prevedeva lo spostamento forzato in

territori sempre diversi da quelli di origine dei soggetti colpiti dall’ordinanza34

. Mehmet

II grazie a questa linea politica riuscì ad attuare il ripopolamento di Costantinopoli, che

fu soprannominata nuova capitale dell’Impero dopo la sua conquista. Proprio negli anni

successivi alla sua cattura nel 1453 la città rimase un rudere devastato dalla peste35

.

Il Sultano così grazie alla tecnica del sürgün forzò innanzitutto le popolazioni turche

provenienti da Aksaray in Anatolia36

a stanziarsi nella nuova capitale; oltre a queste

genti turche furono sottoposte al sürgün nello stesso periodo anche gli Armeni da

31

Ivi. 32

Ibidem, p.202. 33

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.73. 34

Ivi. 35

Mansel Philip, Costantinople. City of t e world’s desire, 1453-1924 (risorsa elettronica), John Murray, London, 1995. 36

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.73.

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Ankara e gli Ebrei da Salonicco37

. Un altro esemplare episodio di questa politica attuata

dall’Impero Ottomano è quello della deportazione dei Turcomanni nel 1571 nell’isola di

Cipro, dopo che quest’ultima passò da Venezia alla Sublime Porta. Lo scopo principale

di questa operazione fu quello di installare delle coltivazioni consone al suolo deserto

dell’isola, in modo da assicurare gli appropriati mezzi di sussistenza alla popolazione in

eccesso dell’Anatolia centrale, e di rendere il territorio appena conquistato più sicuro

grazie all’instaurazione di un’affidabile popolazione musulmana sull’isola38

.

La seconda linea politica operata dall’Impero Ottomano per quasi tre secoli nei

confronti dei gruppi minoritari è rappresentata dal sistema del devşirme (l’ultima

ordinanza ebbe luogo nel 1637)39

. Questo sistema fu la miglior forma di conversione

forzata all’Islam attuata dai Sultani.

Letteralmente il verbo devşirmek può essere tradotto sia come raccogliere (forse meglio

prelevare) che come iscrivere o arruolare40

. Di certo c’è che per i bambini che furono

periodicamente prelevati dalle proprie famiglie, fu più una raccolta di uno speciale

tributo o tassa, mentre per l’amministrazione ottomana era vista come un semplice

arruolamento.

Questo sistema consisteva nel reclutamento obbligatorio e periodico da parte degli

agenti del Sultano dei migliori giovani delle comunità cristiane (in particolare di quelle

Balcaniche); i giovani arruolati dovevano quindi sottoporsi ad un processo che li

portava a divenire musulmani; una volta convertiti venivano addestrati per far parte

della classe dirigente dell’Impero ed erano, almeno in linea di principio, assolutamente

devoti al Sultano.

È da ricordare che le istituzioni schiave dei Sultani, come quella dei Giannizzeri41

, sono

antecedenti alla creazione del sistema del devşirme; si accredita però tradizionalmente a

Murad I (1360-1389) sia la prima unità di Giannizzeri, composta dagli schiavi di sua

37

Ivi. 38

G. Bellingieri, T. Kappler (eds), Cipro oggi (risorsa elettronica), Casa editrice il Ponte, Bologna, 2005, p.13. 39

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.73 40

Sugar Peter F., Southeastern Europe…, University of Washington Press, Washington, 1977, p.55. 41

Per ulteriori approfondimenti si rimanda a "Yeñi Čeri." Encyclopaedia of Islam, Second Edition. Edited by: P. Bearman, Th. Bianquis, C.E. Bosworth, E. van Donzel, W.P. Heinrichs. Brill Online, 2014. http://referenceworks.brillonline.com/entries/encyclopaedia-of-islam-2/yeni-ceri-COM_1367. (Consultato il 27/01/2014).

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 10

proprietà, sia l’attuazione della pratica del devşirme42

. L’autore Peter F. Sugar stima che

il numero dei giovani reclutati lungo più di due secoli di devşirme si attesta attorno ai

duecentomila individui. Anche se l’ultima ordinanza si ebbe nel 1637 sotto Murad IV

(1623-40), si accredita tradizionalmente ad Ahmed II (1691-95) la definitiva abolizione

di questo sistema43

.

42

Ivi. 43

Ibidem, p.56.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 11

3. Cittadinanza nella Repubblica di Turchia

3.1 La fine dell’Impero: Patto Nazionale e Trattato di Losanna

Dopo aver visto come la Sublime Porta ha gestito le minoranze presenti sul suo

territorio, non possiamo non soffermarci almeno per un poco su come questo modello si

sia poi tradotto dal 1923 all’interno della Repubblica di Turchia in quella che, ancora

oggi, è chiamata la “questione delle minoranze”.

Mustafà Kemal (soprannominato Ätaturk44

) pose alla base della nascente nazione il

concetto di “turchità”, che si basava, contrariamente a quello che si può immaginare, sul

territorio e non sul mitico-idelogico dell’identità etnica45

. Per la gestione della

cittadinanza egli sostituì la matrice religiosa con una nuova di stampo nazionalista. Con

il Patto Nazionale46

del 1920 si proclamava così l’unità della popolazione turca per

religione, razza e finalità da perseguire47

; era quindi inevitabile il richiamo alla cultura

tradizionale turca, ma anche al “fattore Islam” fortemente radicato nei territori anatolici.

Adottando così la cosiddetta “politica di negazione”, Kemal poté assimilare, all’interno

dello Stato nascente sulle ceneri dell’impero, tutte quelle minoranze etniche non turche

di culto islamico.

Sulla via del nuovo nazionalismo di stampo kemalista, ad Ankara, il 24 luglio 1923 fu

ratificato il Trattato di Losanna dal nuovo governo turco appena insediato48

. Fu

ufficialmente riconosciuto il principio della “territorialità” prima citato per

l’identificazione dei cittadini della nuova Repubblica. Le uniche minoranze però che

vennero riconosciute erano quelle di Greci, Armeni ed Ebrei, ossia quelle storicamente

presenti sul territorio anatolico e che sotto l’Impero Ottomano formavano le tre

principali millet descritte nel capitolo precedente; a questi tre gruppi minoritari furono

formalmente riconosciuti i rispettivi diritti, infatti, nel trattato si ammetteva che le

popolazioni non turcofone di Turchia avrebbero avuto garantite le libertà di utilizzare la

44

Padre dei turchi. 45

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.74. 46

Primo documento-base per la costituzione del nuovo Stato turco. 47

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.74 48

Ibidem, p.75. È da ricordare che ancora oggi quanto emerso dal Trattato di Losanna è la linea politica ufficiale della Turchia in materia di minoranze.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 12

propria lingua in ambienti pubblici e privati, libertà di parola, pensiero, stampa,

riunione, ecc.49

Tutte le altre minoranze etniche, principalmente musulmane, non vennero quindi

riconosciute. La Repubblica di Turchia adotta infatti la definizione di minoranza dettata

da Baskın Oran, noto studioso turco che afferma:

(…) una componente minoritaria all’interno di una società è caratterizzata

dai seguenti requisiti:

1. Differenza di “razza”, religione e lingua rispetto al gruppo

maggioritario;

2. Una certa consistenza numerica;

3. Posizione subordinata all’interno dello stato di appartenenza;

4. Possesso della cittadinanza;

5. L’idea che il gruppo faccia parte dello stato in cui vive;

6. Non avanza pretese secessioniste;

7. Ha coscienza del suo status di minoranza;

8. La componente maggioritaria percepisce il gruppo come

minoranza50

.

Possiamo quindi dire che il Trattato di Losanna ha reso fortissimo il legame tra la

stratificazione socio-politica e legale delle millet ottomane e la classificazione

minoranza-maggioranza della Repubblica di Turchia51

; ha anche obbligato tutte le

minoranze etniche ad adottare la nazionalità turca anche contro la propria volontà. La

Turchia ancora oggi basa la propria linea politica sui principi dettati da Mustafà Kemal

all’epoca della nascita della Repubblica, senza escludere la questione della gestione

delle minoranze; ci fu solo un momento nella storia della Turchia moderna in cui

sembrò esserci un cambiamento di rotta rispetto alla linea kemalista e fu con Torgut

Özal negli anni che vanno dal 1983 al 1993, inizialmente come primo ministro e poi

49

Ivi. 50

Ibidem, p.70-71. 51

Cengiz Gunes, Welat Zeydanlıoğlu (eds), The Kurdish question in Turkey: new perspectives on violence, representation, and reconciliation (risorsa elettronica), Routledge, Abingdom, 2014.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 13

come presidente52

; purtroppo la sua morte prematura fermò questo impulso di revisione

del modello kemalista53

.

Nella tabella si può vedere la composizione della popolazione dell’Impero Ottomano

negli anni antecedenti l’inizio della Grande Guerra54

.

3.2 Le minoranze riconosciute

Per i prossimi due sottocapitoli mi atterrò perlopiù al lavoro di Nicola Melis

“Cittadinanza turca e minoranze” inserito all’interno di “Fiorani Piacentini Valeria (a

cura di), Turchia e Mediterraneo allargato. Democrazia e democrazie, Franco Angeli,

Milano, 2005” poiché analizza in modo parecchio esaustivo il tema delle componenti

minoritarie all’interno della Repubblica di Turchia.

52

Precisamente fino al 1989 fu Primo Ministro e dall’’89 in poi Presidente. 53

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.76. 54

La fonte primaria della tabella è inserita subito sotto di essa, in realtà questa è la versione presa da “Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.78”.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 14

Come già detto prima, sono solamente tre i gruppi minoritari legalmente riconosciuti

dalla Turchia: Greci, Ebrei ed Armeni.

La storica millet-i Rum55

era composta da popolazioni di diversa etnia che

abbracciavano tutte la stessa fede, quella ortodossa; per i governanti turchi però essi

erano tutti classificabili come “Greci”56

. I risentimenti tra Turchi e Greci si fecero più

aspri in occasione delle Guerre Balcaniche del 1911-12; inoltre, con l’ingresso nella

Prima Guerra Mondiale, l’effetto del Panellenismo poteva essere sfruttato dalle potenze

occidentali con mire egemoniche sui territori ottomani.

Con il Trattato di Losanna fu concordato uno scambio di popolazioni con la Grecia:

Greci d’Anatolia in cambio di Turchi di Grecia57

. Inoltre a partire dagli anni Trenta

furono favorite le migrazioni verso la Grecia per coloro che erano ancora residenti in

Turchia; le ultime stime attestano il numero di Greci presenti in Turchia intorno alle

20.000-30.000 unità58

.

Gli Ebrei sono il secondo gruppo minoritario che prenderemo in considerazione. Essi

erano presenti sui territori anatolici già prima dell’avvento degli Ottomani, ma con la

continua espansione dell’Impero gli Ebrei crebbero notevolmente di numero, fino a che

nel secolo XVI “la gestione ebraica del commercio ottomano” raggiunse un notevole

volume di affari59

. Per quanto concerne l’ultimo periodo dell’impero, gli ebrei non

dimostrarono mai né particolare avversione alla causa turca, né particolari pretese

d’indipendentismo. La comunità ebraica durante il secolo XX rimase sempre attorno

alle 90.000 unità fino alla creazione dello Stato d’Israele nel maggio del 1948;

immediatamente 30.000 Ebrei migrarono e costantemente ogni anno circa 1.000

individui hanno abbandonato la Turchia60

.

La terza ed ultima minoranza riconosciuta è quella degli Armeni. Questo popolo era

presente in Anatolia a partire già dal VI secolo a.C.61

Con l’arrivo degli Arabi islamici

nel VII secolo acquistarono lo status di dhimmī, in quanto la maggioranza degli Armeni

aderisce al cristianesimo e quindi era considerata “Gente del Libro”. Questo status lo

mantengono, come già detto, anche sotto la dominazione ottomana e nel XVI secolo 55

Nome della millet che era composta dai Greci. 56

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.77. 57

Ibidem, p.78. 58

Ivi. 59

Ibidem, p.80. 60

Ibidem, p.82. 61

Ibidem, p.83.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 15

riescono a potenziare le loro attività commerciali, settore in cui eccellono da sempre62

.

Quindi in concomitanza con il declino degli Ebrei, nel XVII secolo vi fu l’affermazione

del popolo armeno che si distinse soprattutto come gente abile nell’intermediazione

dell’immenso flusso di traffici est-ovest e viceversa63

, nonostante i rapporti tra Impero

Ottomano e Safavide non fossero dei migliori. Ma la storia degli Armeni in Turchia è

nota soprattutto per il tristemente famoso “Genocidio Armeno” d’inizio XX secolo.

L’anno successivo la dichiarazione di ğihād e l’entrata in guerra a fianco di Germania e

Austro-Ungheria del 1914, l’Impero Ottomano dichiarò che ogni individuo armeno era

possibile causa di ribellione e disintegrazione interna per i forti legami con l’Occidente.

Da qui scaturì la scelta della deportazione della popolazione armena nell’Anatolia

orientale attraverso lunghe marce che causarono un’infinità di morti. Per le autorità e gli

studiosi turchi le morti si stimano tra le trecentomila e le seicentomila; secondo invece

le fonti armene si stimano tra un milione/un milione e mezzo di morti64

.

Oggi la popolazione armena presente in territorio turco è stimata attorno ai 70.000

individui e la “questione armena” inerente al genocidio del 1915 rappresenta più un

problema di politica estera rispetto ad uno di stabilità interna.

3.3 Le minoranze non riconosciute

La minoranza più importante in termini numerici è quella dei Curdi. Essi rappresentano

il secondo gruppo etnico dell’Anatolia e il quarto del Medio Oriente65

e sono visti

costantemente dal Governo turco come una minaccia. I rapporti sono peggiorati a

partire dal 1920 con il Trattato di Sèvres66

che prevedeva la formazione di uno Stato

Curdo indipendente (vedi cartina) e che mise quindi davanti agli occhi della comunità

62

Situata tra il Mar Mediterraneo , il Mar Caspio e il Mar Nero, in una posizione di rilevanza geografica strategica, l’Armenia è sempre stata luogo di incontro delle vie commerciali marittime e terrestri che dall’Asia conducevano all’Europa; ciò ne fece un paese di mercanti, abili uomini d’affari, esperti in tutte le lingue, onesti funzionari e interpreti di corte. (Ivi) 63

Ivi. 64

Ibidem, p.85. 65

Ibidem, p.86. 66

Il Trattato fu accettato e firmato solamente dal Governo ottomano. Non fu mai ratificato in ragione del fatto che era appoggiato solamente dal Sultano ormai decadente Mehmed VI e le condizioni erano umilianti per la Turchia. (Carducci Michele, Turchia(risorsa elettronica), Il Mulino, Bologna, 2013, p.30). Mustafà Kemal per contro lo osteggiò fortemente, costringendo le potenze alleate a tornare al tavolo negoziale dopo la vittoria nella guerra d’indipendenza turca. Erano gli albori della nuova Repubblica di Turchia nata dal Trattato di Losanna.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 16

internazionale la situazione di questa popolazione. Il Trattato di Losanna però spartì i

territori curdi tra i vari contendenti dell’epoca67

.

In quanto a fede religiosa la popolazione curda è abbastanza compatta: 3/5 sunniti di

scuola šāfi´īta, 1/5 shī´iti ed il resto êzidîtî. Solo negli anni Novanta la Repubblica di

Turchia ha riconosciuto l’esistenza dell’elemento curdo68

, in particolare dopo la

presidenza del già citato presidente Torgut Özal che rivelò in pubblico le sue origini

curde. Inoltre dall’arresto di Öcalan a fine anni Novanta il PKK69

ha dichiarato un

cambio di strategia e stile rinunciando al perseguimento di uno Stato indipendente

separato, alla rivoluzione violenta e alla contrapposizione all’esercito turco70

,

contribuendo così al decremento delle azioni violente del 90%. Dal 2002 è stato

ufficialmente autorizzato l’uso della lingua curda in sedi private.

Altra minoranza non legalmente riconosciuta è quella degli Alevi. Questi sono una setta

shī´ita riconducibile a quella dei bektaşi in quanto entrambi riconoscono in Hacı Bektaş

Veli il loro “santo”71

. Per essere Alevi però bisogna esserlo fin dalla nascita,

individuando così una forte connotazione etnica. Al proprio interno questo gruppo è

67

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.87. 68

Ibidem, pp.87-88. 69

Kürdistan İşçi Partisi, ossia Partito dei Lavoratori del Kurdistan. 70

Ali Kemal Özcal, Turkey’s Kurds: a t eoretical analysis of the Pkk and Abdullah Öcalan (risorsa elettronica), Routledge, Abingdom, 2006, pp.116-117. 71

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, pp.88-89.

1920: Spartizione dei territori

ottomani secondo il Trattato

di Sèvres firmato dalle forze

alleate - Fonte: treccani.it

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 17

molto disomogeneo presentando quattro diverse tipologie di seguaci: gli Alevi turchi,

gli ‘Alawî arabi, gli Alevi curdi che sono essi stessi divisi in Zaza e Kurmanci. L’entità

numerica di questo gruppo si attesta attorno al 20% dell’intera popolazione turca.

La terza componente etnica che prendiamo in esame è quella dei Laz. È proibito in

Turchia usare il termine Lazistan (ossia la zona del Mar Nero orientale tra Turchia e

Georgia) per indicare il territorio dove questa etnia è stanziata. In cifre essi si attestano

tra i 30.000 individui e il mezzo milione per le stime più ottimistiche72

. I Laz sono forse

coloro che hanno più accettato il processo di assimilazione all’interno della Repubblica

di Turchia e sono anche il gruppo che non ha mai rivendicato aspirazioni

indipendentistiche.

Quarta componente minoritaria non dichiarata è quella dei Dönme, setta religiosa a metà

tra il giudaismo e l’islamismo che trae origine dal Sabeatismo73

. Shabbetai Tzevi riuscì

ad avere un folto numero di seguaci proclamandosi nel 1648 l’atteso Messia tra gli

ebrei; nel 1666 fu arrestato dal governo ottomano e fatto convertire all’islam74

. Pur

dichiarandosi musulmani però, era difficile accettare che i Dönme fossero una setta

islamica; fu con Mustafà Kemal che essi vennero ufficialmente riconosciuti come

musulmani, forse proprio al fine di non includerli tra le minoranze non musulmane75

.

Da subito hanno accettato le linee politiche kemaliste che miravano al secolarismo e in

termini numerici la loro consistenza è stimata oggi a circa 15.000 unità76

.

Ci sono poi altre minoranze meno consistenti in termini di numerosità di individui

presenti sul territorio. Tra questi gli Assiro-Caldei che sono in realtà cristiani, ma non è

riconosciuto loro lo stesso status delle minoranze cristiane riconosciute dal Trattato di

Losanna; essi contano circa poche decine di migliaia di individui. Sono presenti poi i

Circassi di Turchia divisi in occidentali di lingua adyghey e orientali di lingua kabarda;

sono musulmani di ordine sunnita hanafita e sembrano essere all’incirca un milione di

individui. Di stessa fede (sunnita hanafita) sono i Georgiani di Turchia, stimati a circa

80.000 individui. Sono invece di fede shī´ita gli Azeri, stimati a 75.000 unità.

All’interno della Turchia vi è anche una minoranza araba composta innanzitutto da

72

Ibidem, p.90. 73

Ibidem, p.91. 74

Encyclopaedia Britannica on-line http://www.britannica.com/EBchecked/topic/169152/Donme (consultato il 23/01/2014). 75

Fiorani Piacentini Valeria (a cura di), Turc ia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, p.91. 76

Ibidem, p92.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 18

‘Alawiti che si calcola siano attorno alle 185.000 unità, ma anche sunniti šāfi´īti e

cristiani (Nasrani77

). In ultimo citiamo anche la comunità Rom principalmente

musulmana stimata attorno ai 50.000 individui78

.

77

Nazareni. 78

Piacentini Valeria (a cura di), Turchia e Mediterraneo…, Franco Angeli, Milano, 2005, pp.92-93.

Turchia. Evoluzione storica delle minoranze. | 19

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