La Turchia nello scenario internazionale: relazioni diplomatiche con la Santa Sede

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La Turchia nello scenario internazionale: relazioni diplomatiche con la Santa Sede Elania Zito «Sapienza» Università di Roma Dipartimento di Scienze Politiche Corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali Diritto Diplomatico e Consolare a.a. 2014-2015

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La Turchia nello scenario internazionale:

relazioni diplomatiche con la Santa Sede

Elania Zito

«Sapienza» Università di Roma

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali

Diritto Diplomatico e Consolare

a.a. 2014-2015

Indice

Premessa ............................................................................................ 3

Introduzione ...................................................................................... 4

I. Premesse storiche: ragioni alla base di una rottura ...................... 5

II. Turchia e Santa Sede ................................................................... 6

III. Una crisi diplomatica in atto ........................................................ 7

Riferimenti Bibliografici ................................................................. 11

Riferimenti sul Web ........................................................................ 11

Premessa Per la contemporaneità della situazione, è stato necessario ricorrere soprattutto a fonti

giornalistiche sul web.

Pertanto, ritengo opportuno segnalare che, per la ricerca su tale caso ancora in atto, ho

dovuto monitorare i quotidiani online, per riuscire a cogliere quanto più materiale possibile

e necessario alla trattazione dell’argomento.

L’elaborato attiene alle notizie aggiornate al 16 luglio 2015.

Introduzione

Lo storico equilibrio raggiunto tra la Città del Vaticano, emblema della cristianitas, e la

Turchia, la cui Sublime Porta si erge a simbolo del Mondo Islamico, sembra oggi vacillare

alla luce degli ultimi risvolti sfociati in una vera e propria tensione all’interno del contesto

internazionale.

La questione riaperta, o meglio, ferita mai rimarginata, del genocidio degli armeni, da parte

di Papa Bergoglio, infatti, ha comportato una conseguenza sul piano delle relazioni

diplomatiche tra Turchia e Santa Sede e un effetto domino sul piano più propriamente

internazionale, connesso ad altri Stati.

Si è avuto così un affievolimento dei rapporti diplomatici tra i due Stati, a seguito del

richiamo “per consultazioni” dell’ambasciatore turco presso la Santa Sede, correlato da una

reazione a catena che ha coinvolto alcuni Stati europei e non impegnati a riconoscere con

un atto dei propri parlamenti il massacro come genocidio. La Turchia non ha così mancato

di richiamare anche altri ambasciatori presso gli altri Stati coinvolti.

Il presente elaborato verterà principalmente sui recenti rapporti diplomatici tra Turchia e

Santa Sede. Tuttavia, sarà opportuno richiamare alcune premesse e considerazioni che ci

permetteranno di comprendere in seguito, per quanto possibile, ciò che sta avvenendo sul

piano dei rapporti bilaterali tra questi due Stati.

Pertanto, passando per un breve excursus storico, verranno analizzate in maniera generale i

rapporti storici tra Turchia e Santa Sede per passare, poi, alla trattazione di quella che è

certamente una crisi diplomatica in atto.

I. Premesse storiche: ragioni alla base di una rottura

La questione armena è stata l’ago della bilancia di un equilibrio che oggi, a distanza di

circa cinquantacinque anni, ha risentito di conseguenze pesanti e, con ogni probabilità, sarà

oggetto di future ripercussioni tra Turchia e Santa Sede.

Con il termine questione armena si fa riferimento al massacro perpetrato dall’Impero

Ottomano nei confronti di gran parte della popolazione cristiana armena durante la prima

guerra mondiale (1915). Ancora oggi, la commemorazione del Metz Yeghern (Grande

Crimine) del 24 aprile 1915 comporta non solo delle inosservanze da parte della Turchia,

quanto piuttosto delle ostilità nel riconoscimento della responsabilità dell’accaduto.

Il massacro da parte dell’Impero Ottomano ha provocato lo sradicamento della

popolazione armena dal proprio territorio, nonché l’esodo di numerose comunità.

Il 2015 ha ricordato il centenario del massacro e ciò non ha mancato di riportare alla luce

l’avversione storica che la Turchia, e soprattutto il suo Presidente Erdoğan e il suo Primo

Ministro Davutoğlu, nutrono nei confronti dell’Armenia.

La Turchia, infatti, ha sempre assunto a riguardo una posizione negazionista: nel tempo,

per ragione politiche più che di coscienza personale, ha ammesso che vi sia stato un

massacro del vicino popolo cristiano, tuttavia classificandolo come pulizia etnica

(giustificata da ragioni militari, ossia evitare l’avanzata delle truppe russe nei territori

dell’Impero) e mai come genocidio. A riprova di ciò, è subentrata la storiografia turca che

ha classificato l’episodio con il termine tehcir, vale a dire deportazione forzata: ogni anno,

quindi, le tensioni tra i due popoli aumentano e, soprattutto quest’anno, il Presidente

Erdoğan non ha mancato di accrescere le ostilità, anticipando i festeggiamenti della

centenaria battaglia sui Dardanelli per dissuadere l’attenzione dal ricordo del Medz

Yeghern. Le motivazioni addotte dalla Turchia nel rifiutare il termine genocidio si rifanno

al suo significato in quanto prevede una volontà predeterminata di sterminare un popolo.

II. Turchia e Santa Sede

Le relazioni bilaterali tra Turchia e Santa Sede hanno una loro eredità storica che, prima

ancora degli anni ’60, vanno ricondotti al periodo del Secondo Conflitto Mondiale.

Essenziale alla stipulazione di un accordo tra questi due Stati, nonché tra due mondi

completamente diversi per religione e ruolo svolto in questo ambito, è stata la figura

dell’allora delegato apostolico della Santa Sede a Istanbul Angelo Roncalli, futuro Papa

Giovanni XXIII, dal 1935 al 1944.

I rapporti tra Turchia e Santa Sede, infatti, trovano un primo avvicinamento nel lavoro che

il delegato apostolico svolse, riuscendo a coadiuvare i compiti religiosi con quelli

meramente civili, guadagnandosi il rispetto e l’amicizia del popolo turco e il riconosciuto

rispetto del Consolato Generale d’Italia a Istanbul. Il delegato apostolico Roncalli, pur

nella consapevolezza della propria circoscritta funzione religiosa più che civile, si adoperò

per mettere in pratica l’intento di realizzare una rete di rapporti costruita nell’arco dei suoi

dieci anni di missione spirituale, non solo intessendo relazioni con il governo turco, ma

anche con tutte le parti coinvolte nel conflitto mondiale.

L’azione svolta dal futuro Papa pose le premesse per instaurare, anni più tardi, l’accordo

che ha inaugurato le relazioni bilaterali tra Santa Sede e Turchia, istituendo il 25 gennaio

1960 l’internunziatura apostolica, eretta a nunziatura il 30 agosto 1966, per mezzo del

breve Optimo Sane di Papa Paolo VI.

Dal 1959 si sono succeduti otto Nunzi Apostolici: l’ultimo, l’attuale calabrese Antonio

Lucibello, svolge da dieci anni le funzioni di nunziatura, nominato nunzio apostolico dalla

Santa Sede il 27 agosto 2005.

Lo stabilimento di rapporti diplomatici tra Turchia e Santa Sede ha avuto come base

fondamentale la religione, al fine di garantirne, a condizione di reciprocità, la salvaguardia:

in tal modo, una volta consolidate appieno le relazioni diplomatiche, la Turchia dell’”islam

moderato” alla Erdoğan si è guadagnata un primo riconoscimento come massimo

rappresentante del mondo medio orientale, mentre la Santa Sede vigila costantemente sul

trattamento riservato alla comunità cristiana al di là della Sublime Porta.

Tuttavia, negli ultimi anni, i rapporti tra i due Stati hanno subìto delle incrinazioni tali da

porre le prime avvisaglie che hanno poi condotto agli ultimi e più che mai attuali risvolti

sul piano internazionale, datati aprile 2015.

È opportuno però segnalare che, già a partire da dicembre 2001, prima sotto il papato di

Giovanni Paolo II, ma soprattutto con i discorsi di Ratzinger del novembre 2006, la

Turchia ha cominciato a guardare con ostilità alle posizioni espresse dalla Santa Sede.

III. Una crisi diplomatica in atto

In occasione della commemorazione del centenario del Medz Yeghern armeno, Papa

Bergoglio ha voluto ricordare il massacro con un messaggio rivolto direttamente al

governo turco: quest’ultimo, ancora fermo sulle proprie posizioni negazioniste, non ha

mancato di rispedire il messaggio al mittente.

La reazione del Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, sostenuta dal Primo Ministro

Davutoğlu e dal Ministro per gli Affari Esteri Cavusoğlu, non ha mancato di risvolti e

teatri internazionali. Tuttavia, le posizioni e le parole di Papa Bergoglio non erano certo

nuove alla Repubblica Turca: già dagli anni di Giovanni Paolo II1 echeggiarono tra le mura

della Città del Vaticano, vale a dire quando ricordò adoperando per primo il termine

genocidio per definire il Grande Male che colpì il popolo armeno durante il Primo

Conflitto Mondiale.

A ben vedere, infatti, Papa Bergoglio, nel suo messaggio di commemorazione rivolto alla

comunità armena, riprendeva quanto già sostenuto dai suoi predecessori e, inoltre, al suo

interno non emergeva alcuna intenzione da parte della Santa Sede di riportare in auge la

questione nell’ottica di colpevolizzare la Turchia e rivendicare il popolo armeno.

La Turchia sembra comunque non aver accolto come avrebbe dovuto fare,

diplomaticamente, le dichiarazioni di Papa Francesco, inscenando una vera e propria

polemica internazionale, culminata non solo in dichiarazioni più o meno provocatorie,

aperte e dirette contro il Rappresentante della Città del Vaticano, ma riversando la

questione anche e soprattutto sui rapporti diplomatici tra Turchia e Santa Sede.

La crisi diplomatica in atto si è aperta quindi con le comunicazioni del Ministro degli

Affari Esteri turco Cavusoğlu che ha reso pubbliche le posizioni della Turchia in merito

alle dichiarazioni di Papa Francesco, ritenendole «inaccettabili».

La rigidità degli atteggiamenti del governo turco si è manifestata seguendo due fasi tipiche

delle relazioni diplomatiche: in un primo momento, infatti, il Nunzio Apostolico Antonio

Lucibello è stato convocato presso il Ministero degli Esteri turco, al quale il Ministro ha

reso noto il «disappunto» del governo di Ankara, dicendosi «dispiaciuto e deluso» per

quanto dichiarato dal Papa. La seconda fase, quella che più di tutti ha contribuito a

freddare i rapporti tra la Turchia e la Santa Sede, è avvenuta qualche ora dopo: il 12 aprile

1 Il 9 novembre 2000, Giovanni Paolo II e il Capo della Chiesa Apostolica Armena Catholicos Karekin II

hanno firmato un comunicato congiunto in cui veniva esplicitamente citato e riconosciuto il “genocidio

armeno”. Tuttavia, durante il suo viaggio in Armenia nel 2001 (al termine del quale fu siglato un secondo

comunicato congiunto), Papa Giovanni, si limitò a non utilizzare direttamente il termine genocidio durante la

preghiera rivolta al popolo, ma ponendo attenzione a ricordarlo solo come Metz Yeghern. A quanto pare,

questa accortezza non ha contribuito a sobillare gli animi del governo turco, fermo sulle proprie posizioni

storiche di un massacro del popolo turco ad opera degli armeni.

2015, infatti, il Ministero degli Esteri turco ha richiamato “per consultazioni” il proprio

ambasciatore presso la Santa Sede, tuttavia rilasciando le proprie motivazioni, coincidenti

nuovamente con il non riconoscimento delle dichiarazioni del Pontefice e ritenendo che

«che è discutibile sotto tutti i punti di vista, che è basata sul pregiudizio, che distorce la

storia e che riconduce il dolore sofferto in Anatolia nelle particolari circostanze della Prima

Guerra Mondiale ai membri di una sola religione».

La Santa Sede, fino ad oggi, non ha ancora fatto trapelare ulteriori notizie rispetto a quelle

della Segreteria di Stato che si reputa stupita per la reazione del governo turco, nonostante

le posizioni della Santa Sede siano state siglate quindici anni fa (già nel 2000) da Papa

Giovanni Paolo II.

Il comportamento del governo turco ci porta a ritenere così che siamo di fronte ad un caso

di affievolimento delle relazioni diplomatiche tra due Stati, in base alla fattispecie che vede

una tensione nei rapporti tra i due Stati, l’assenza del capo missione, richiamato in patria

“per consultazioni” [prolungata] deliberatamente nel tempo2.

Dal momento del richiamo del proprio ambasciatore presso la Santa Sede, i rapporti sono

rimasti stabili nel “silenzio internazionale”.

Tuttavia, la Turchia, per non rischiare di intaccare la propria immagine di ‘Repubblica’, ha

tentato un approccio con il governo del Papa, sfruttando l’evento Expo Milano 2015 e

invitando la Santa Sede a visitare il padiglione turco: a poche ore dall’invito, concesso il 20

aprile 2015 da parte del Ministro turco dell’Economia Adnan Yildirim, il cardinale

Gianfranco Ravasi, Commissario Generale del padiglione della Santa Sede, ha accettato,

ricambiando la cortesia. Il gesto di distensione non ha comunque portato a nuovi risvolti,

né nell’ambito di dichiarazioni pubbliche, né tantomeno allo ristabilimento effettivo dei

rapporti diplomatici tra i due Stati. In effetti, dopo l’avvenuto richiamo dell’ambasciatore

turco, permangono ancora oggi, al riparo dai media, eventuali dichiarazioni e scambi di

note.

Tuttavia, pur non avendo accesso a possibili comunicazioni interne, non è difficile

ipotizzare quale sia l’ancorata posizione del governo turco, visti i successivi risvolti sul

piano internazionale e ancor, più, europeo.

Qualche giorno dopo le dichiarazioni del Pontefice, il 15 aprile 2015, il Parlamento

Europeo ha fatto eco a Papa Bergoglio approvando una risoluzione che riconosce il

genocidio degli armeni contro il negazionismo turco, rendendo omaggio alle vittime e

proponendo l'istituzione di una giornata europea del ricordo: il governo turco ha risposto

con consolidata ostilità all’Unione Europea.

2 Curti Gialdino, Lineamenti di Diritto Diplomatico e Consolare, III ed., Torino, Giappichelli Editore, 2015.

L’ipotesi si fa più chiara se teniamo anche in considerazione alcune più recenti posizioni

con alcuni Stati, in particolare con Austria e Brasile. Il 22 aprile 2015 la Turchia ha

richiamato il proprio ambasciatore a Vienna, a seguito dell’approvazione da parte del

Parlamento austriaco di un documento simbolico che riconosce il genocidio degli armeni.

Più di recente, il 9 giugno 2015, la Turchia ha reso ancor più manifeste le proprie

intenzioni a riguardo, richiamando “per consultazioni” il proprio ambasciatore presso il

Brasile, a seguito del riconoscimento da parte del Senato brasiliano del massacro della

popolazione armena come genocidio.

Permane, a questo punto, un interrogativo sulla direzione che potrebbero prendere le

relazioni tra Vaticano e Turchia: i possibili risvolti potrebbero, infatti, condurre i rapporti

diplomatici ad una vera e propria rottura, nel caso in cui la Turchia decidesse di non

ammorbidire le proprie posizioni storiche.

Come sappiamo, infatti, incorreremmo in quella che è la conseguenza più grave di una

crisi nei rapporti internazionali fra gli Stati interessati3: la rottura avverrebbe con la

cessazione del consenso, condizione primaria per lo stabilimento di relazioni diplomatiche

fra due Stati.

Ad ogni modo, dopo la convocazione del Nunzio Apostolico Lucibello da parte del

Ministero degli Esteri turco, Cavusoğlu, durante la sua visita ufficiale in Mongolia, ha fatto

sapere che il governo sta pensando ad altre misure da adottare nei confronti del Vaticano,

dichiarando «che saranno rese pubbliche dopo una nostra consultazione». Ciò potrebbe

significare che il governo di Ankara potrebbe spingersi fino ad una possibile dichiarazione

di persona non grata che, come sappiamo, si configura come un atto unilaterale, senza la

previsione di una obbligatoria ed espressa motivazione.

In ogni caso, è opportuno ricordare quelli che sarebbero gli obblighi in capo allo Stato

ricevente, in caso di eventuale rottura dei rapporti: ai sensi dell’art.45 della CVRD, la

Turchia avrebbe il dovere di proteggere i locali, i beni e gli archivi della missione,

garantire la tutela degli interessi dei cittadini (in questo caso la comunità cristiana),

eventualmente affidando la custodia dei locali e degli archivi, nonché la stessa tutela, ad

uno Stato terzo accettabile per lo Stato inviante, ossia la Santa Sede.

Ovviamente, alla luce della posizione internazionale che occupa la Turchia, sia in rapporto

agli altri Stati sia più propriamente legata al suo status di membro candidato all’ingresso

3 Curti Gialdino, Lineamenti di Diritto Diplomatico e Consolare, cit., pag. 76

nell’UE, si auspica un pieno ristabilimento delle relazioni diplomatiche, onde evitare un

isolamento del Paese, anche in relazione ai recenti scenari internazionali.

Pertanto, sarebbe opportuna la mediazione da parte di un terzo Stato, affinché quest’ultimo

orienti in senso positivo le posizioni dei due Stati, così come gli Stati Uniti mediarono,

sotto la presidenza Obama, il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Turchia e

Israele4.

4 Ho ritenuto opportuno citare il caso, già presente all’interno del testo Lineamenti di Diritto Diplomatico e

Consolare, testo preso a riferimento, per garantire una trattazione ancora più pratica della questione.

Riferimenti Bibliografici

Curti Gialdino C., Lineamenti di Diritto Diplomatico e Consolare, III ed, Torino,

Giappichelli Editore, 2015.

Riferimenti sul Web

vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/armani-armenians-

armenios-40730/

www.armenian-genocide.org/current_category.7/affirmation_list.html

www.corriere.it/esteri/15_aprile_15/genocidio-armeni-governo-turco-il-papa-si-unito-

fronte-male-8fe33ca8-e379-11e4-8e3e-4cd376ffaba3.shtml

www.courrierinternational.com/article/diplomatie-la-turquie-rappelle-son-ambassadeur-au-

vatican

www.huffingtonpost.it/giuseppe-di-donna/turchia-segno-riconciliazione-celebrazioni-

massacro-armeni_b_7150472.html

www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/VATICANO/genocidio_armeni_turchia_richiama_a

mbasciatore_vaticano/notizie/1292106.shtml

www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-04-12/il-papa-ricorda-genocidio-armeni-nunzio-

apostolico-convocato-autorita-turche--142628.shtml?uuid=ABI96JOD

www.internazionale.it/storia/papa-francesco-genocidio-armeni-turchia

www.la-croix.com/Urbi-et-Orbi/Actualite/Rome/Les-relations-se-detendent-entre-la-

Turquie-et-le-Vatican-2015-04-28-1307244

www.lemonde.fr/europe/article/2015/04/13/crise-diplomatique-entre-la-turquie-et-le-

vatican_4614831_3214.html

www.repubblica.it/esteri/2015/04/13/news/turchia_papa-111826312/

www.theguardian.com/world/2015/apr/15/turkey-cannot-accept-armenia-genocide-label-

erdogan