Felsina al potere: Francesco I e la supremazia dei pittori bolognesi, in Modena Barocca. Opere e...

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Le Voci del Museo. 28Collana di Museologia e Museografia

le voci del museocollana di museologia e museografia

Collana diretta daCristina De Benedictis

Antonio Paolucci

Comitato scientificoLuca Basso PeressutPellegrino Bonaretti

Enzo BorsellinoPietro Clemente

Marisa Dalai EmilianiPaola D’Alconzo

Michela di MaccoArturo FittipaldiElena FumagalliAntonella Gioli

Donata LeviViktoria Markova

Maria Cecilia MazziRaffaella Morselli

Giuseppe OlmiMarinella PigozziKrzysztof PomianEdouard Pommier

Cecilia PreteEmanuela Rossi

Massimiliano RossiEttore Spalletti

Segreteria Scientifica

Maria Maugeri

Modena baroccaOpere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

a cura di Stefano Casciu, Sonia Cavicchioli, Elena Fumagalli

Le Voci del Museo. 28

La collana ha un Comitato Scientifico ed un collegio di referee internazionali“Le Voci del Museo” ® is a peer-reviewed book series

Il volume è stato finanziato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna, con un contributo del Dipartimento di Studi linguistici e culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia

© Copyright 2013by Edifir Edizioni Firenze s.r.l.Via Fiume, 8 – 50123 FirenzeTel. 05528639 – Fax 055289478www.edifir.it – [email protected]

Responsabile del progetto editorialeSimone Gismondi

Responsabile editorialeElena Mariotti

Fotolito e stampaPacini Editore Industrie Grafiche

Progetto GraficoHeartfelt Graphic Design Studio – Milano

isbn 978-88-7970-555-4

Referenze fotograficheBerlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie Fotoarchiv; Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio; Boston, Isabella Ste-wart Gardner Museum; Dresda, Staatliche Kunstsammlungen; Firenze, Soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Firenze; Modena, Archivio di Stato, Arci-diocesi di Modena-Nonantola – Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, Banca popolare dell’Emilia Romagna, Biblioteca civica d’arte Luigi Poletti, Biblioteca Estense Universitaria, Museo Civico d’Arte – Archivio Fotografico, Soprinten-denza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia; Nancy, Musée des Beaux Arts; Oxford, Christ Church; Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques; Piacenza, Museo Civico; Prato, Banca Popolare di Vicenza; Rennes, Musée des Beaux-Arts; Torino, Biblioteca Reale; Verona, Banco Popolare-Patri-monio Artistico; Vienna, Kunsthistorisches Museum.Ciascun autore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare.

In copertinaGiusto Suttermans e collaboratore, Ritratto di Francesco I d’Este a cavallo, Sassuolo, Palazzo Ducale, particolare

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, ConfArtigianato, CASA, CLAAI, ConfCommercio, ConfEsercenti il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall’editore.Photocopies for reader’s personal use are limited to 15% of every book/issue of periodical and with payment to SIAE of the compensation foreseen in art. 68, codicil 4, of Law 22 April 1941 no. 633 and by the agreement of December 18, 2000 between SIAE, AIE, SNS and CNA, ConfArtigianato, CASA, CLAAI, ConfCommercio, ConfEsercenti. Reproductions for purposes different from the previously mentioned one may be made only after specific authorization by those holding copyright/the Publisher.

PresentazioniCarla Di Francesco, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna 7Andrea Landi, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena 8

Introduzione 9

Collezionismoemercatoartistico

FrancescoIeilmercatoveneziano 13Linda Borean

DipintiepittoritraModenaeFirenzenegliannidiFrancescoI 24Elena Fumagalli

AggiuntealcollezionismodidipintiemilianidiFrancescoI 39Barbara Ghelfi

FrancescoIcollezionistaeRomanelcarteggiodeisuoiagenti 49Sonia Cavicchioli

FrancescoId’Estecollectionneurdedessins? 61Catherine Loisel

Tavole 69

Alserviziodelduca

BartolomeoAvanzini«ArchitettodiSuaAltezzaSerenissimailDucadiModena».Ledifficoltàdiunabiografia 97Vincenzo Vandelli

Gliartigianidelprincipe 117Enrico Colle

LaritrattisticaaModenaametàSeicento:Suttermans,VanGheldereglialtri 129Lisa Goldenberg Stoppato

Indice

Felsinaalpotere:FrancescoIelasupremaziadeipittoribolognesi 145Raffaella Morselli

PerJeanBoulangerdisegnatore 163Alessandra Bigi Iotti, Giulio Zavatta

Fastoemisura.DisegnidiornatoperilPalazzoDucalediSassuolo 173Luca Silingardi

Tavole 187

L’immaginedelprincipe

L’idea,lastoriael’immagineprincipescadiFrancescoId’EsteaModena 237Alice Jarrard

Tavole 247

Abstract 255

Bibliografia 257

Indicedeinomi 283a cura di Maria Grazia Silvestri

Indicedeiluoghi 291a cura di Maria Grazia Silvestri

Felsina al potere:Francesco I e la supremazia dei pittori bolognesiRaffaella Morselli

«…quando in Bologna succedettero a’ Carracci gli allievi loro, continuò la gioventù del vici-no stato di Modena a istruirsi da’ Bolognesi che vedeva pregiati alla corte Estense».

Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia, ed. 1809

Quanto sono state suggestionate le scelte artistiche dell’appassionato conoscitore France-sco I dall’avere avuto un confinante come Bologna, qualitativamente così affermato in Euro-pa nel campo delle arti? E posto che la supremazia di Felsina sia stata da lui ammessa, come poteva egli proporzionare le commissioni e le regole del mercato bolognese alle forme di una corte di antico regime, desiderosa di affermarsi nei suoi edifici di rappresentanza, negli apparati e nelle raccolte? In che modo poté commisurare le richieste economiche degli arti-sti bolognesi ad una moneta differente e oscillante nella valutazione come quella modenese, che doveva essere cambiata in lira bolognese, in scudo romano e in ducatone? E ancora, la complessa ragioneria di corte, così lontana dalle regole del libero mercato felsineo, come poté essere adattata e piegata dai contabili per incontrare le esigenze di una schiera di arti-sti accompagnati da collaboratori, aiutanti e garzoni che si muovevano lungo la via Emilia con carrozze e carretti carichi di colori, tele, impalcature, chiodi e ferraglie di vario tipo? Quanto fu disposto ad investire il nuovo duca, in ordinativi e acquisti di opere d’arte felsi-nea, durante i suoi tre decenni di potere (1629-1658), affinché la magnificenza del suo stato potesse sostenere il paragone con gli altri coevi sopravvissuti alle trasformazioni imposte dalla guerra dei trent’anni? 1 Questo saggio intende riflettere sul tema della committenza artistica e su quello dei cantieri modenesi, in cui vennero coinvolti artefici bolognesi, ap-procciando la materia da un punto di vista differente rispetto agli studi storico artistici già messi in atto. Carte, affreschi e dipinti di vario genere vengono passati al vaglio della pro-spettiva socio-economica, baluardo ormai indispensabile anche in questo genere di studi per capire appieno fenomeni di larga portata.Il condizionamento giocato da Bologna su Modena è un tema che la letteratura artistica, dall’abate Luigi Lanzi in avanti, ha evidenziato chiaramente 2. Che si trattasse di una mera opportunità logistica, o di una reale inclinazione verso uno stile che, partendo da Ludovico Carracci e Reni, passava per Tiarini, Albani e Guercino, fino a tutti i pittori e decoratori di-sponibili nella città delle due torri fin dopo la metà del Seicento, è un postulato che va dimo-strato con dati e incroci di fonti diverse. Sullo sfondo svettavano il palazzo ducale di Mode-na e la reggia di Sassuolo, le collezioni ducali e le basiliche, chiese, confraternite e conventi che s’inurbavano in un territorio in fase di rinnovamento, e una moltitudine di committenti pronti a trovare fondi per la loro decorazione. La struttura artistico-sociale di Bologna, alle date di Francesco I, era adatta per aprire un canale privilegiato con il ducato limitrofo: una

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gilda degli artisti riformata e ben gestita aiutava a mantenere stabili i prezzi e a garantire le commissioni, un’ingente schiera di addetti poteva sopperire ad ogni genere di richieste, un buon numero di scuole era in grado di accogliere artisti modenesi che intendevano avviarsi alla professione, un mercato fiorente proponeva quadri antichi e moderni, le botteghe degli speziali erano rifornite di tutti i pigmenti più pregiati e infine alcune stelle del firmamento delle arti splendevano nella capitale a garanzia e tenuta di tutto il sistema 3.Sulla scorta di Lanzi, Adolfo Venturi, nella sua attenta e organica disamina delle raccolte estensi condotta attraverso i documenti, aveva riservato un intero capitolo, il terzo, al tema del predominio dell’arte bolognese, riconoscendone l’indubbia importanza per Modena 4. Nientemeno, esponendo le tematiche del collezionismo di dipinti da parte dei duchi, lo stu-dioso, nel capitolo dedicato alla raccolta di Francesco I, scriveva che questi «aveva infeudata l’arte ai Bolognesi» 5. Suggerimento raccolto da Fiorella Frisoni che, in un saggio basilare per questo nostro studio, elencava una serie di opere importanti di pittori quali Annibale e Ludovico Carracci, Galanino, Cavedone, Garbieri, Spada, Tiarini, Reni e Guercino al lavoro per le commissioni ecclesiastiche del ducato, alcuni addirittura anteriormente alla devolu-zione di Ferrara allo Stato pontificio (1598) e dunque prima del trasferimento del ducato e delle esigenze che una nuova capitale imponeva 6.Per fare qualche esempio tra i più significativi, allo scadere del Cinquecento un cospicuo numero di tele bolognesi erano state inviate a Reggio Emilia, in particolare quelle di Anni-bale Carracci raffiguranti il Compianto sul Cristo morto (1586) e la Madonna di San Luca (1588) per San Prospero; la Madonna con San Matteo (1592, Louvre, già cappella dei Notai) per il Duo-mo; i dipinti voluti dal canonico Brami per la confraternita di San Rocco cioè l’Assunta (1587) e l’Elemosina di san Rocco (1595, Dresda, Gemäldegalerie) 7. Il cugino Ludovico, d’altra parte, operò per Modena, eseguendo tra il 1606 e il 1607 la Vergine assunta per la chiesa omonima 8. Ma la vera calata dei bolognesi iniziò sotto il governo di Francesco I a partire dal terzo de-cennio del Seicento: Lionello Spada e Alessandro Tiarini lavorarono alla Ghiara rispettiva-mente nel 1615-1616 e nel 1619; nel 1622 Tiarini eseguì l’Elevazione della Croce per l’Oratorio della Buona Morte, fino a quando si trasferì a Reggio, dove operò fino al 1629, con la seconda tranche di affreschi nel presbiterio e nel catino absidale della Ghiara 9. Viene inoltre attestata la presenza a Modena del seguito del Reni, a cominciare da Francesco Gessi, autore della Ma-donna del Rosario di Castelnuovo Monti, per continuare con Michele Desubleo, cui si devono il San Francesco di Sassuolo (1654) (Fig. 55) e il coevo Sogno di Giuseppe (Modena, Chiesa del Paradisino) 10. Nel gusto internazionale prediletto dal duca si inseriva anche il milanese Pier Francesco Cittadini, che nel palazzo di Sassuolo eseguì, a partire dal 1650, festoni e cornici di frutta e fiori 11. Un conterraneo di Jean Boulanger, del cui ruolo di pittore di corte si parlerà più avanti, fu Pietro Lauri o De Laurier (documentato tra il 1634 e il 1669), ricordato più volte da Malvasia nella brigata reniana, di cui rimane, nella chiesa di San Vincenzo a Modena, una Sacra famiglia, probabilmente degli anni quaranta 12.Accanto ai nomi più noti, sono da registrare numerosi altri bolognesi di nascita o di ado-zione che operarono a Modena negli anni di Francesco I. Comprendendo i già citati, sono cinquantatré quelli menzionati dalle fonti antiche e dalla letteratura artistica, di cui qua-rantacinque bolognesi per nascita e otto di formazione, per un totale di 153 quadri eseguiti

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in un arco di tempo di circa trent’anni, senza contare gli affreschi e gli apparati decorativi che sono di difficile computazione 13. Dalla documentazione emerge, dunque, che rispetto ad altre scuole pittoriche, la presenza bolognese è davvero rilevante, specie per quanto con-cerne gli artisti impegnati nelle imprese decorative, purtroppo perdute, eseguite nel palaz-zo ducale e in quelle della reggia di Sassuolo, che sono invece ancora interamente visibili. Se il gruppo di opere bolognesi risulta rilevante, è di qualche utilità tentare di sistematiz-zare, ove possibile, le dinamiche della corte nelle relazioni con questi artisti in termini di contrattazioni, pagamenti, rapporti di clientela o di autonomia rispetto al duca, partico-lari predilezioni o, all’opposto, idiosincrasie dei consiglieri verso l’uno o l’altro artefice. Si cercherà di estrapolare le commissioni dirette dagli acquisti, gli artisti residenti da quelli convocati per una specifica richiesta, i frescanti dai ritrattisti, chi opera per la corte e chi per la committenza ecclesiastica. Quanto costava il quadro di un autore esterno al circuito cit-tadino? Quanto e come erano pagate le maestranze bolognesi che si trasferirono a Modena? Fruttava di più essere salariati o rimanere sul mercato? Guercino non accettò di rientrare tra gli stipendiati del duca perché non gli conveniva economicamente. Al contrario l’architetto romano Bartolomeo Avanzini figurava tra i salariati, ma percepiva uno stipendio esiguo rapportato al libero mercato di Bologna 14.Modena non aveva lo status della grande corte e anche se, negli anni di Francesco I, tentò di darsi una veste internazionale, rimase imbrigliata nella rete di un’economia di provincia, con il conseguente ridimensionamento dei prezzi e degli stipendi degli addetti alla magni-ficenza del principe. La riflessione sulla nuova capitale del ducato estense deve comunque essere esaminata alla luce della profonda crisi che stava investendo le dinamiche artistiche delle corti rinascimentali negli stessi anni, protese ad una nuova definizione di sé, in con-trapposizione con un mercato dell’arte in vertiginosa ascesa e con una circolazione di ogget-ti e di produttori che non cercavano più la protezione economica fissa, spesso variabile nei pagamenti e nella loro corresponsione, quanto piuttosto l’offerta più allettante per opere singole e di grande valore 15. Prima di procedere nella disamina dei materiali occorre fare chiarezza sul cambio e sul valo-re delle monete modenesi. Le ricerche di Gian Luigi Basini sono imprescindibili per capire ciò che accadeva a Modena in questi anni 16: lo studioso, pur considerando prevalentemente il periodo del ducato di Cesare d’Este, dal 1598 al 1628, registra importantissime varianti ne-cessarie per comprendere quanto valesse la lira modenese in relazione ai mercati nazionali e internazionali. La novità più importante è che, con la devoluzione, la zecca diventò patri-monio camerale e dunque il ducato ne assunse direttamente la gestione e l’amministrazio-ne. Con la conseguenza che per il periodo tra il 1605 e il 1606 la zecca emise 11.131 ducatoni d’argento, con un valore di cambio pari a 5,34 lire modenesi per ducatone. Il conio, tra il 1608 e il 1613, aveva messo in circolazione altri 107.550 ducatoni d’argento facendo sì che la mone-ta si svalutasse, con il cambio che cresceva a 5,78 lire. Tra il 1643 e il 1658 Francesco I, spinto dalla grande necessità di denaro, fece coniare 2.463.531 lire modenesi in ducatoni d’argento, cifra che espose pericolosamente il ducato a un’altra pesante svalutazione. Prendendo in esame il vitalizio che percepiva nel 1653 Bartolomeo Avanzini, prefetto delle fabbriche du-cali, si possono fare ulteriori raffronti. All’epoca l’architetto, che viveva a corte, aveva uno

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stipendio di «lire 34,16 in corrispondenza di quattro scudi romani»: lo scudo romano, che era l’unità di cambio più accreditata, valeva 8,54 lire modenesi, ma siccome uno scudo veni-va cambiato a 5 lire bolognesi, tale compenso equivaleva a circa 20 lire bolognesi. Il rapporto di cambio tra la lira bolognese e la lira modenese era di 1: 1,708. L’intricata formula serve a spiegare che la tesoreria estense era chiamata a sborsare una cifra superiore per ottenere i servigi di un artista bolognese, che guadagnava enormemente di più sul mercato autoctono. Lo dimostra la decisione del frescante favorito dal duca, e il più pagato in assoluto, Angelo Michele Colonna, che nel 1646 non volle più lavorare a Sassuolo, poiché era nata «qualche discrepanza nei prezzi» con la computisteria ducale 17. Gli esempi di artisti che ricevettero uno stipendio regolare, prestando servizio a corte per periodi di tempo prolungati, non sono molti: Avanzini, posto a bolletta dal 1634 al 1653 «con la provvisione di dieci ducatoni d’argento al mese, del pane e del vino in natura e di lire 75 l’anno per fitto della casa» 18, è l’esempio più significativo, rispetto al quale si possono misu-rare i compensi emessi a favore di altri residenti. Nel 1637 egli riuscì ad ottenere un aumento di 30 lire, ben poca cosa visto che si trattava di lire modenesi ed erano dunque poco più di tre scudi, cioè uno all’anno. Tale prassi si consolidò in seguito, visto che il primo ottobre del 1649 gli veniva assegnato un incremento di 80 lire sullo stipendio. D’altra parte, come si è visto, il vitalizio conferitogli il 12 novembre 1653 era di appena 4 scudi 19. I registri dei mandati ducali annotano tuttavia altre somme a lui assegnate, come rimborso spese per viaggi e acquisti di varia natura. Il 22 febbraio 1635 veniva ricompensato con 50 lire per an-dare a Ferrara, mentre il 13 settembre 1636 ne riscosse 204,14 per attività condotte «con sue carrozze e cavalli in servitio di Sua Altezza», cioè per incombenze riguardanti Sassuolo 20. Lo stipendio mensile era dunque una base su cui si andavano ad aggiungere tutte le spese vive che l’architetto sosteneva per i desiderata del duca. Nello stesso anno, il 6 marzo 1636, l’ingegnere Antonio Vacchi percepiva un mensile di 100 lire, che era superiore a quello di Avanzini, ma non comprendeva le spese di vitto e alloggio. Anche Jean Boulanger (1606-1660), pittore francese che frequentò a Bologna la bottega di Guido Reni, nel 1638 «fu accettato dal Duca di Modena al suo servigio […] in qualità di pitto-re ordinario» 21 e dal 28 aprile dello stesso anno gli venne conferito un «mensale stipendio il quale si vede pagato […] fino al giorno in cui cessò di vivere» 22. Il Libro dei salariati delle bol-lette segnala che la sua provvigione ammontava a 150 lire «per ogni mese di questa nostra moneta» 23, accresciuta in seguito a 200 lire mensili fino alla fine dei suoi giorni. Al «pittore famoso» 24 fu dunque assegnato uno stipendio che equivaleva a quello dell’Avanzini, cui si doveva aggiungere la residenza che il duca gli aveva concesso 25. Le sue mansioni a corte erano molteplici, ma evidentemente gli vennero accordati anche degli extra per mansioni particolari: dal 28 settembre 1638 cominciò a lavorare alla copia di un ritratto a cavallo del duca e a un altro quadro grande, mentre il 30 dicembre ricevette 100 ducatoni d’argento equivalenti a 755 lire «per causa nota a Sua Altezza». Che la ragione dell’esborso fosse la copia del ritratto o altra faccenda, non è al momento noto, ma certa-mente doveva trattarsi di qualcosa di molto impegnativo, visto che la ricompensa equiva-leva a più di tre mensilità. Tuttavia va osservato, come prassi in ogni corte, che i suoi paga-menti non furono regolari e molto dipendeva dalle volontà dei computisti: nel 1643, mentre

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era impegnato a Sassuolo, si lamentava «perché le sue provvigioni non avevano corso» e le geremiadi si susseguirono per tutto l’anno seguente, finché Francesco I con ordine peren-torio non venne a troncare gli indugi dei suoi fattori generali 26. Ma la quaestio pecuniae con-tinuò ad angosciare Boulanger per tutta la durata del suo servizio estense: ancora nel luglio del 1655 protestava con i fattori ducali perché da quattro mesi non lo pagavano e reiterava la lagnanza ancora all’inizio di agosto 27. Nel 1657 attirava l’attenzione del duca lamentando di non avere altre entrate di quelle ottenute «co’ suoi pennelli» (che peraltro si faceva spedire da Roma) 28 e che doveva ogni giorno «passeggiare nelle anticamere dei signori fattori». Non andava meglio al pittore di origini ferraresi, ma modenese d’adozione, Ludovico Lana: nel 1634 per la copia di due ritratti del duca e della duchessa, probabili repliche di quelli ese-guiti dal Guercino nel 1633, dipinti su commissione del conte Marcello Quarenghi a seguito dell’indicazione di Sua Altezza, chiese la corresponsione di un pagamento di 240 lire mode-nesi, circa 30 scudi, e 10 lire per le tele e i telai, e altrettante per il ritratto del principe Alfon-so, figlio di Francesco I, per un totale di 495 lire modenesi o 61 scudi romani da pagarsi dalla guardaroba ducale. A tergo della fattura, tuttavia, si trova l’ordine di pagargli 350 lire, circa un 30% in meno del prezzo pattuito 29. Che fosse stato defalcato un acconto già corrisposto, o che il guardarobiere avesse deciso che il prezzo richiesto non era commisurato al risultato, l’intervento della tesoreria indica quanto attenti fossero i computisti estensi.Benché Avanzini e Boulanger avessero mansioni differenti, progettare le regge il primo, consegnare dipinti su tela e decorare il palazzo di Modena, di Sassuolo e quello delle Pente-torri il secondo, il trattamento economico era lo stesso. Anche la modalità di cooptazione sembra simile: la buona reputazione e l’ordinarietà raggiunta – concetto che coincide con l’onesto livello non straordinario – permetteva di potersi proporre al duca e di venire ac-cettati. Dopo che la proposta veniva registrata dal magistrato dei fattori generali, ammini-stratore dei beni della Camera Ducale e curatore dell’azienda camerale, il Duca emanava un chirografo che sanciva l’inserimento dell’artista nel libro dei salariati e delle bollette. La stessa procedura deve essere stata seguita per l’affiliazione alla corte di Modena del fre-scante bolognese Giovan Giacomo Monti (1620-1692), «tutto ingegnoso, tutto franco e disin-volto, officioso, splendidissimo homo, insomma da Principe», come lo definì Carlo Cesare Malvasia, il quale dipinse per Sassuolo e per Modena e divenne pittore di corte, tanto da risiedere nel casino citato nell’inventario estense del 1663 30. Stessa sorte toccò a Baldassar-re Bianchi, genero di Agostino Mitelli, richiamato da Rimini, dove stava lavorando, dallo stesso parente alla morte del collaboratore Paderna. Uomo di corte, piacque moltissimo al duca, tanto che divenne il suo punto di riferimento per la decorazione dei palazzi e di alcune chiese, come quella di San Francesco a Sassuolo, nonché autore di scenografie teatrali in occasione di importanti avvenimenti, come il matrimonio tra il principe Alfonso e Laura Martinozzi 31. Anche Lucrezia Bianchi, l’ultima figlia di Baldassarre, lavorò a corte per la duchessa nel ruolo di pittrice residente 32. Questa moltitudine di decoratori bolognesi immessi nei pagamenti ducali non era ben accetta da tutti i cortigiani. Giovan Battista Spaccini, per esempio, era molto contrario, tanto da scri-vere, in una missiva del 25 agosto 1632: «Il Duca ha fatto depingere certe galerie in castello con un camerino da certi bolognesi a prospettiva da un […] Dentone, et è già 18 mesi, et vi costano

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ducatoni 100 il meso, che se pigliava tutti questi dinari a far dipingere tutti i più famosi pittori che sono oggidì, faceva la più bella raccolta di pitture che fosse in Italia» e poi continuava con commenti di ordine stilistico: «v’è dentro una mano di spropositi, e figure molto male intese, piglia consiglio da ignoranti interessati che non sanno se son vivi, e fanno spendere il Principe malamente e mal servito» 33. Il cruccio principale del cronista modenese, dal 1617 al 1630 guar-darobiere della Serenissima Infanta, donna Isabella di Savoia, sembra essere stato l’esborso di denaro, che lui computava in 100 ducatoni al mese, tra i salariati e i rimborsati dall’ufficio del mese 34. E ne aveva ben d’onde, visto che lui stesso era salariato e percepiva lo stipendio base di 10 ducatoni d’argento al mese, la stessa cifra assegnata all’Avanzini e a Boulanger, avendo però il compito delicatissimo di registrare i beni preziosi e segreti di Isabella. Incarico così alieno dagli schiamazzi e dalle invenzioni dei frescanti bolognesi che si accapigliavano sui ponteggi dei palazzi ducali, eppure retribuito nella stessa misura 35.Un altro protetto di Francesco I, Ludovico Lana, non figura tra i salariati anche se lavorò alacremente per la corte: il 10 maggio del 1632 la Camera Ducale lo ricompensava con 105 lire per avere dipinto 25 giorni nel camerino del duca, mentre cinque anni dopo, il 2 maggio, lo stesso ufficio lo pagava, per diverse opere, 2575 lire 36. La considerazione del duca era tale che quando Lana nel 1634 andò a Reggio Emilia presso il cantiere della Ghiara per porre fine a lavori già iniziati, egli raccomandò ai padri serviti «che ei venisse trattato nel prezzo con-forme a quello che avevano stabilito per Lucio Massaro essendo io certo che egli si renderà ben meritevole di trattamenti non inferiori» 37. Modena e Bologna dovevano avere qui un compenso paritario. Tra il 14 gennaio e il 23 febbraio del 1638 il tesoriere ducale corrispose ad Agostino Mitelli «venuto di Bologna» ducatoni d’argento 14, cioè 108,10 lire, perché «ha faticato insieme al suo garzone più giorni in servizio di Sua Altezza» 38. In questo caso il suo compenso prevedeva che il pagamento dell’aiutante fosse già incluso. Altra cosa rispetto al registro delle bollette era l’ufficio del mese, che si occupava soprat-tutto delle spese per le trasferte effettuate dal duca, i suoi famigliari e i membri della corte, come funzionari, oratori e corrieri: vi si trovano registrati esborsi per pranzi, pernottamen-ti in osterie e stazioni di posta, noleggio di cavalli, pedaggi e traghettamenti 39. Tuttavia in certi periodi, tra le sue competenze, l’ufficio ebbe anche quella di pagare gli stipendi dei salariati, soprattutto gli “straordinari”, cioè i fuori bolletta; tra questi figuravano i pittori bolognesi attivi a Modena per brevi periodi di tempo 40. Nell’epoca di Francesco I si possono dunque isolare tre filoni di spesa importanti nel cam-po delle arti realizzate con manodopera proveniente da Bologna: la decorazione del palazzo ducale, che incideva in maniera cospicua sul bilancio della corte; l’impresa della reggia di Sassuolo, destinata a oltrepassare le prospettive iniziali con un cantiere che andava mol-tiplicandosi e diventava via via più costoso 41; infine gli acquisti diretti e indiretti di opere d’arte sul mercato felsineo 42.

«Il Duca ha fatto depingere certe galerie in castello con un camerino da certi bolognesi»

È tra i conti dell’ufficio del mese che si ritrovano i pagamenti a favore degli artisti bolognesi che, fin dall’inizio del ducato di Francesco I, vennero coinvolti nelle decorazioni degli am-

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bienti del palazzo ducale 43. Il 16 agosto 1630 la tesoreria pagava al gestore dell’osteria mode-nese «all’insegna della Comedia», 442,18 lire per 292 pasti dati al pittore bolognese Jacomo Lippa e al suo aiutante Francesco Zara, oltre a 138 boccali di trebbiano consumati fuori pa-sto, mentre il giorno successivo lo stesso Lippa venne ricompensato con 140 lire, valuta di ducatoni 20 d’argento, per conto delle pitture fatte in castello (da identificarsi col palazzo ducale) 44. L’anno successivo, il 5 giugno 1631, a Giacomo Maria Aretusi venivano corrisposte 80 lire dall’ufficio del mese per le pitture che stava eseguendo nel giardino 45, mentre il mese seguente, alla data del 22 luglio, Girolamo Curti detto il Dentone e un compagno ricevettero 70 ducatoni d’argento «a buon conto delle fatture fatte e da farsi nel castello» 46, una sorta di saldo e di anticipo sui lavori da fare. È interessante rilevare che mentre Boulanger era costretto a inseguire il tesoriere per farsi accreditare lo stipendio, l’ufficio del mese arrivava addirittura ad anticipare il denaro ai pittori. L’11 agosto Giacomo Aretusi venne retribuito con 100 lire a conto delle pitture fatte nel giardino grande. Il pittore e il suo garzone erano stati alloggiati in una camera fornita con letto, mobili e la scansia da tavola 47. Il 6 ottobre dello stesso anno è ancora l’ufficio del mese a pagare 910 lire, valuta di ducatoni 130 d’ar-gento, a Girolamo Curti e compagni «pittori da Bologna» per saldo e varie fatture eseguite in castello, mentre alla fine dello stesso 1631, il 23 dicembre, vennero ricompensati ancora il Dentone con 490 lire, Lucio Massari con 350 e Giacomo Aretusi con 170, per un totale di 1010 lire: la comitiva di pittori aveva evidentemente reclamato il compenso perché decisa a rientrare a Bologna per le feste di Natale 48. Per tutto il 1631 il duca aveva sborsato, solo per la decorazione del castello e limitatamente ai pittori bolognesi, una cifra importante, che mostra l’urgenza con cui egli desiderava che i lavori per la sua residenza ufficiale progredis-sero celermente.Il 16 aprile 1632 l’ufficio del mese pagava a Curti 420 lire di ducatoni 70 d’argento, a buon conto della galleria e della cappellina dipinte per Sua Altezza 49. È chiaro che si stava pro-cedendo con i lavori di ristrutturazione di un nuovo appartamento ducale, composto da galleria, camerino e cappellina: il modello di riferimento va ricercato negli ambienti fatti approntare all’inizio del secolo dal nonno di Francesco, il duca Cesare 50. Il 16 agosto del 1632 veniva emesso un mandato di 120 ducatoni d’argento a favore del solito Curti a saldo di ducatoni 250 dati per «tutte le fatture da lui fatte nella capellina e Galleria di Sua Altez-za». Nella stessa occasione faceva la sua comparsa anche Angelo Michele Colonna, pagato 50 ducatoni d’argento «a buon conto per istorie che fa nella Galleria» 51. Qualche mese più tardi, il 3 ottobre, era ancora lui a ricevere altri 50 ducatoni d’argento, cioè 350 lire «a conto delle opere che ha fatto e che farà» 52, mentre il 22 ottobre la sorella del defunto Lippi (o Lippa), autore delle decorazioni nel giardino, sosteneva di essere creditrice del duca per 80 ducatoni. L’ufficio del mese sborsò inoltre 490 lire, cioè 70 ducatoni d’argento, per intero pagamento delle pitture fatte, praticando al solito un diminuzione di più del 10% 53. Il 10 dicembre Curti veniva ricompensato dallo stesso ufficio con 1190 lire, valuta di 170 ducatoni d’argento, cioè ducati 120, per saldo di 250 ducatoni per le fatture nella cappellina e nella galleria, mentre Colonna ne riceveva altri 50 per le storie eseguite nella galleria 54. Quest’ul-timo, il 31 dicembre, ne ottenne altri 35 per l’intero saldo di ducatoni 135, per le storie e le figure dello stesso ambiente 55. In sintesi, mentre nel 1632 Curti aveva percepito un totale di

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360 ducatoni d’argento per la cappellina e la galleria, Colonna ne aveva ricevuti solo 250 per le storie e le figure dello stesso ambiente, un trattamento economico differente che si spiega con il diverso impegno, in termini di tempo, profuso dai due pittori. La tormentata vicenda di Colonna presso la corte estense nei primi anni trenta è emblema-tica dell’insofferenza di un pittore talentuoso e in via di promozione sociale nei confronti del lavoro forzato presso un piccolo centro, che non rendeva economicamente quanto il passare di commissione in commissione al servizio di più clienti. Eppure, a conti fatti, egli fu il più pagato in assoluto tra i frescanti bolognesi, il più ricercato dal duca e il più accu-dito. Tanto che quando si infortunò mentre decorava il soffitto della cappella ducale, enor-memente ammirato da Sua Altezza, «volle essere trasportato a Bologna in comoda lettiga e accompagnato dai commessi dello stesso duca» 56. In seguito Francesco I gli fece un’offerta assai vantaggiosa, accompagnata da ottime condizioni economiche e di alloggio, affinché egli accettasse il ruolo di artista di corte, ma «ossequioso il Colonna supplicò Sua Altezza a dispensarlo […] quindi splendidamente regalato e con onore fu rimesso in Bologna in una carrozza di Sua Altezza» 57. Non pago di tale decisione, il Duca inviò Curti a Bologna per ordinargli di rientrare a Modena e anche questa volta, suo malgrado, Colonna ritornò alla corte estense, portando con sè Mitelli, per finire l’oratorio di San Carlino. Tuttavia France-sco I ne approfittò per fargli decorare anche la volta di una stanza, approntata in occasione delle sue nozze con la principessa di Parma Maria Farnese nel 1631. Qualche anno più tardi, il 31 dicembre 1633, il decoratore venne nuovamente retribuito con 350 lire (cioè 50 ducatoni d’argento) a buon conto di alcune fatture 58, il 21 gennaio 1634 ricevette ancora 140 ducatoni d’argento, pari a 980 lire, per saldo di varie opere e per il viaggio di ritorno a Bologna e lo stesso giorno 980 lire, valuta di ducatoni 140 d’argento, per «saldo di varie fatture in dipin-gere camere». Il 22 gennaio lo stesso Colonna garantì per Giovanni “doratore”, che aveva lavorato dieci giorni nella “Camera di Sua Altezza”, mettendo in opera 700 fogli d’oro 59. L’insofferenza di Colonna verso la corte estense non è da biasimare: nel corso degli anni egli era diventato il quadraturista più famoso d’Europa e, quando accettò di lavorare a lungo per una corte, aveva ottenuto ben altro credito economico. Infatti, durante il suo secondo viaggio in Italia (1649-1651) Velázquez, incaricato da Filippo IV di reclutare artisti esperti nell’affresco, trattò con il Colonna e il Mitelli 60, ma fu solo nel 1658 (1659, secondo il Malvasia) che i due bolo-gnesi accettarono di andare a Madrid accogliendo le insistenti richieste di quella corte, di cui si era fatto portavoce il cardinale Giovan Carlo de’ Medici. Il loro soggiorno fu determinante per lo sviluppo in Spagna della pittura decorativa ad affresco, anche se è difficile valutare il grado di tale influenza a causa della scomparsa di molti edifici, principalmente dell’Alcázar e del Buen Retiro 61. Mitelli morì nel 1660, mentre affrescava la cupola della chiesa della Merced Calzada, mentre Colonna continuò a lavorare a Madrid con Francisco Rizi e Juan Carreño: qui era ancora attivo il 26 maggio 1662. L’impresa spagnola ebbe un riscontro economico sostanziale: per con-tratto i due pittori erano riusciti a spuntare 124 doppie di Spagna al mese ciascuno, più altre 29 per il vitto, un compenso di 1000 scudi per il viaggio, oltre all’alloggio a corte perfettamente ammobiliato, come si conveniva al loro status, il rimborso di tutte le spese relative alla loro professione e un regalo finale. E anche in questo caso l’incarico, nonostante il protrarsi della permanenza, era a tempo determinato e li lasciò liberi di decidere per la loro vita.

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Quanto a Lucio Massari nel 1631 era impegnato con Dentone in un’impresa sfortunata: chia-mato a sostituire Colonna nella decorazione di una cappella in palazzo ducale, i suoi modi non soddisfecero il duca, che si adoperò per riavere il suo decoratore preferito, il quale ri-prendendo il lavoro fu costretto a riaccomodare gli «spropositi e le figure male intese» del collega 62. Nel 1632, poco prima della morte, Massari affrescò a Modena la cupola dell’orato-rio di San Carlo, oggi perduta 63.

Bolognesi a Sassuolo

Tra le iniziative ragguardevoli promosse da Francesco I, la reggia di Sassuolo le supera tutte, oltrepassando anche la villa delle Pentetorri, distrutta durante il secondo conflitto mondiale. Al centro dell’opera mecenatistica del duca, si tratta di una tra le imprese più significative dell’Emilia barocca 64. Progetto e realizzazione avvennero in tempi brevissimi, e la radice va individuata nella rete delle delizie estensi che Borso, Ercole I e Alfonso I ave-vano eretto nella campagna ferrarese: anche la scelta di raffigurare Bacco ha un precedente nei Baccanali alfonsini e nel Trionfo di Bacco del Garofalo oggi a Dresda 65. Favole, mitologie, personificazioni allegoriche, tutto il bagaglio delle antiche e moderne lettere è squadernato in pittura da Jean Boulanger e dalla sua schiera in chiave di “renismo cortese”, dai plastica-tori Lattanzio Maschio e Luca Colombi, ma soprattutto da Curti, Mitelli e Colonna, maestri dell’illusionismo prospettico, e dai loro epigoni Bianchi, Paderna e Monti. A tutti gli effetti la decorazione della reggia di Sassuolo, l’impresa più esuberante negli anni di Francesco I, si deve completamente agli apporti dei pittori della scuola bolognese. Si calcola che per il palazzo e i suoi giardini vennero impiegati ben 100.000 ducatoni; cifra enorme, ma non intraguardabile se la si confronta con i 200.000 ducatoni che si spesero nel 1635 per la messa in scena dell’Isola di Alcina, tragedia tratta da Ludovico Ariosto con libretto di Fulvio Testi e musiche di Francesco Sacrati 66. Girolamo Curti, caposcuola dei quadraturisti bolognesi, lavorò a Sassuolo insieme a Mitelli e Colonna dal 1645 al 1649. Quando nel 1645 questi ultimi vennero reclutati, erano già noti a Francesco I, come si è visto in precedenza. Morto Dentone, Colonna continuò la decorazione della galleria con «Istorie e figure». Gli rimasero a fianco dal 1633 al gennaio 1634 Giovanni Paderna e Mitelli. Quest’ultimo ricomparve a Modena nel febbraio e nell’aprile del 1638. Nel palazzo di Sassuolo, tra la primavera del 1645 e l’estate del 1648, Colonna e collaboratori dipin-sero i due cortiletti d’ingresso precedenti l’atrio, il cortile centrale, la parete di fondo nel vano dello scalone e la gran sala. Il 3 agosto 1645 il caposcuola bolognese ricevette 3200 lire «in conto di pitture fatte e da farsi» 67; il 26 agosto 1646 1200 lire per la pittura fatta nel cortiletto; il 23 dicembre 1647 2400 lire per altre pitture, il 30 dicembre 4960 lire per dipinti non precisati e il 31 dicembre 1648 altre 560 lire «per pittura fatta e da farsi». Bisogna sottolineare qui un cam-biamento procedurale nei pagamenti emessi dalle casse ducali: se durante i primi anni trenta per i lavori eseguiti nel palazzo modenese, il pittore venne retribuito dall’ufficio del mese, a Sassuolo i suoi conti furono gestiti direttamente dalla Camera Ducale.Morto Paderna, nell’agosto del 1646 Francesco I convocò Giovanni Giacomo Monti, a quel tempo impegnato a Panzano nel Casino di Cornelio Malvasia, e Baldassare Bianchi, genero del

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Mitelli 68. “I pittori bolognesi”, così come vengono chiamati nei documenti, formavano ormai un corpo unico agli occhi dei computisti ducali: il 14 ottobre 1651 Monti riceveva 700 lire per lui e un compagno e il 31 dicembre, insieme a Baldassarre Bianchi, otteneva altre 1000 lire come «aconto della provvigione mensile», per dipingere sia la galleria di Sassuolo, sia la chie-sa 69. Dal 4 agosto al 4 novembre 1652 a Monti e compagni venne assegnata una provvigione mensile di 1260 lire 70, mentre il 24 dicembre 1654 i pittori risultano pagati la stessa cifra in tre ordini da 420 l’uno; Monti e “compagno” sono infine liquidati tra gennaio e ottobre 1655, con una provvigione mensile di 420 lire 71. Monti e Bianchi godettero quindi di uno stipendio diffe-rente rispetto a quello di Boulanger e Avanzini, apparentemente più alto, ma è assai probabile che il loro contratto avesse clausole a progetto e a scadenza, magari legato alla decorazione di Sassuolo e non onnicomprensivo, come accadeva a Boulanger negli stessi anni.Il primo novembre 1649 Geminiano Poggi scriveva da Bologna che il Guercino si sarebbe recato ad ammirare la reggia di Sassuolo con il Colonna «che a giorni passati venne di Firen-ze» 72. In realtà il Duca invitò il “desolato” centese, che aveva lavorato per lui anni prima e continuava ad essere uno dei suoi artisti di riferimento, a Modena e a Sassuolo per distrarlo dalla morte del carissimo fratello Paolo Antonio, avvenuta nel giugno dello stesso anno. Guercino accettò per riverire il duca e «per vedere le meraviglie che si sono accresciute alle rare pitture di lei e per ammirare la reggia di Sassuolo» 73. La decorazione della celebre Gal-leria di Bacco, ideata da Mitelli, sarebbe iniziata solo nel giugno del 1650 74, ma Guercino e Velàzquez nello stesso anno vennero là condotti per ammirare il progetto di ineguagliabile magnificenza. Non è un caso che di lì a poco Colonna e Mitelli salpassero per la corte di Fi-lippo IV in Spagna con ben altro appannaggio 75.Infine al 1654 si datano alcune lettere relative all’esecuzione del San Francesco in estasi di Mi-chele Desubleo per la nuova chiesa di Sassuolo (Fig. 55): l’opera venne spedita dal pittore, che si trovava a Venezia, nell’agosto del 1654 76. Con questo invio per la chiesa della città, Sassuolo si poteva dire ben fornita.

Gli acquisti sul mercato felsineo

Se si confrontano gli investimenti che Francesco I operò nel campo delle arti durante il suo lungo mandato, scorporando i denari spesi per la decorazione della reggia e delle ville su-burbane da quelli sborsati per l’acquisto di quadri destinati alla propria collezione, il bilan-ciamento risulta fortemente squilibrato sulla seconda scelta. Le compere di dipinti antichi e moderni sul mercato europeo e le commissioni dirette ad artisti di fama internazionale, ne-cessitavano, oltre che di una liquidità operativa immediata, di agenti di cambio, di banchi disposti a finanziare in assenza di contante sulla piazza e di velocità di scelta; senza contare che nei decenni centrali del Seicento moltissimi mediatori e intendenti erano sguinzagliati a caccia di capolavori dai maggiori collezionisti europei. Il prezzo per ottenere il meglio era molto elevato e certo non poteva competere con la fatica e la quotidianità, nonché l’incer-tezza del risultato, della decorazione a fresco. Francesco I fu buon conoscitore e fine raccoglitore, viaggiatore attento alle forme urbane e infaticabile perlustratore di collezioni 77. Quadri da lui opzionati pervennero nella sua col-

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lezione da Bologna, Milano, Parma, Reggio, Mantova, Roma, Venezia 78, Vienna e la Spagna, mentre pittori ingaggiati con contratti particolari giunsero dalla Francia, come Pierre Mi-gnard, e altri naturalizzati italiani si stabilirono a corte per lunghi o brevi periodi. Boulan-ger, come si è visto, divenne salariato del duca, mentre Nicolas Régnier riceveva 25 doble d’Italia, cioè 500 lire «per causa nota a Sua Altezza» e il 22 dicembre la somma di 500 duca-toni d’argento, cioè 3875 lire, «per ricognizione di tante sue pitture fatte all’Altezza Serenis-sima» 79.Se si compie una carrellata veloce sull’impegno finanziario dedicato all’acquisto di quadri, ci si rende subito conto di quanto il principe era disposto a corrispondere: per il Ratto di Ele-na di Giulio Cesare Procaccini comperato, forse, nel 1635 sulla piazza di Milano (poi Dresda, e ora distrutto) spese 300 ducatoni; 400 ducatoni dovrebbero corrispondere alle 100 doble che Virgilio Malvezzi promise a Velázquez per l’esecuzione del supposto ritratto a cavallo, perduto o mai portato a termine, nel 1639 80; 630 ducatoni furono sborsati per i ritratti del duca e della moglie eseguiti dal Guercino (perduti), di cui si dirà oltre; infine altri 600 per il Salvatore che scaccia i mercanti dal tempio (perduto) dello stesso autore 81. Va ricordato che nel 1651 egli ricompensò Bernini con 3000 scudi per il suo busto (Modena, Galleria Estense). Si tratta di una cifra esorbitante, sei volte quella ricevuta dallo scultore per il ritratto di Scipio-ne Borghese del 1632, che fece dire a Bernini di avere sempre saputo di avere a che fare con «un prencipe che ha l’animo regio», ma di non essersi aspettato una manifestazione di tale liberalità 82. Si tratta di cifre di tutto rispetto, le quali denotano la forza trainante che opere di immagine e di simbolo detenevano nel programma politico del duca.La piazza di Bologna, dove operavano in questi anni artisti fondamentali per la costruzio-ne mitopoietica di una collezione, quali Reni, Guercino e Albani, era limitrofa al ducato di Modena. Alcuni mediatori felsinei tra i più attivi su questo fronte, sia come conoscitori sia per le relazioni che li intrecciavano alla società pittorica contemporanea, erano al servizio di Francesco I. D’altra parte la città poteva vantare un mercato artistico tra i più vivaci in Eu-ropa anche se, come ricorda l’intermediario Gherardo Martinengo in una lettera da Bologna del 23 novembre 1639, a proposito di Diana e Atteone dell’Albani (Dresda, Gemäldegalerie) (Fig. 56), «il prezo è stato stabilito da me in 240 ducatoni d’argento con grandissima fatica […] i denari son molti, ma questa benedetta mercancia oggidì in Bologna è in eccesso» 83. La sproporzione tra i prezzi praticati da Reni, Albani e Guercino e dai loro collezionisti, rispetto alla valutazione di opere di altri autori, anche fuori dalle mura della città, era evi-dente al conte bresciano Martinengo, cognato di Enzo Bentivoglio e generale dell’artiglie-ria ducale. Non era la prima volta che egli si occupava di progetti artistici estensi: fu lui a curare, negli stessi anni, il trasporto dei marmi un tempo nei Camerini della Via Coperta, da Ferrara a Modena e a reclutare decoratori da impegnare a Sassuolo, nonché a trovare una persona vicinissima a Reni perché trattasse con il pittore l’acquisto di un quadro per il duca 84. Nonostante la richiesta pretenziosa, Francesco I acquistò il dipinto di Albani, citato nell’inventario ducale del 1663 tra «i quadri che sono in Castello nei Camerini fabricati di nuovo da sua Altezza Serenissima in cura di Giovan Giacomo Monti». Ovvero tra le gioie di quel principe. Se si compara il prezzo richiesto da Albani con quelli praticati da Guido e dal Guercino, si deve ammettere che egli aveva addirittura applicato un trattamento di favore:

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dieci figure intere, seppure piccole, e un mezzo busto nell’acqua, con boscherecce e cielo, avrebbero potuto valere ben di più. Il quadro con Diana e Atteone d’altra parte non era una commissione diretta: Francesco I, dopo averlo ammirato nello studio del pittore a Bologna, si era affrettato a inviare il suo uomo di fiducia per trattarne l’acquisto. Albani quindici anni prima, al duca di Mantova Ferdinando Gonzaga – per il quale aveva realizzato gli affreschi della Villa della Favorita – aveva chiesto un mirabolante stipendio fisso per essere assunto tra i ruoli di corte, ma il duca lo aveva allontanato in malo modo definendolo un «imperti-nentissimo pretensore» 85. Per trattare gli acquisti sul mercato bolognese il duca si avvalse di tre specialisti: un auten-tico conoscitore come il conte Cornelio Malvasia, cugino dell’espertissimo canonico Carlo Cesare e luogotenente estense ai comandi delle armate di Luigi XIV in Italia, cui venne affi-dato il compito di reperire i dipinti di Guido; il pittore Antonio Randa (1577-1650 circa), già collaboratore di Reni, del quale Malvasia ricordava «avendo anche antiche servitù fin col […] Duca Francesco che senza il consiglio del reverendo nissuna pittura o disegno comprava in Bologna» 86; infine il pittore miniaturista Bonaventura Bisi detto il Pittorino, specializzato nelle copie in scala ridotta di opere tratte da Reni, che «[…] s’introdusse […] alla servitù del Duca di Modena Francesco I che di lui valse per acquisti di quadri in Bologna» 87. A que-sti tre, i più attivi, e al mediatore Martinengo, si deve aggiungere il gentiluomo reggiano Francesco Corte che, nel 1638, aveva inviato da Bologna tre tele acquistate per 170,10 lire 88. Poca cosa rispetto alle cifre chieste da Albani; tre tele che avevano poco valore e, con ogni probabilità, non erano di autore affermato, ma che tuttavia attestano la vivacità del mercato e la propensione verso la scuola bolognese da parte del duca. Lo stesso Corte nel 1651 gli se-gnalerà la collezione del letterato bolognese Giovan Battista Manzini, che in seguito dovette confluire, almeno in parte, nelle raccolte ducali 89.Il più grande cruccio di Francesco I fu Guido Reni: solo una volta riuscì a commissionargli direttamente un’opera, una Giuditta con le donzelle, che probabilmente non gli venne mai consegnata. In questa occasione né lui né il suo fiduciario Martinengo riuscirono a incon-trarlo di persona per trattare direttamente, come al solito celato agli sguardi del mondo dal-la folta schiera di amici-intermediari dei quali gli acquirenti conveniva si servissero. Eppure Cornelio Malvasia era informatissimo sul mercato locale, e non mancava di segnalare opere certe, ma costosissime, che venivano immesse sulla piazza felsinea da accorti possessori che sfruttavano la domanda e la scarsezza dell’offerta. Su questo tema Barbara Ghelfi ha messo in luce le operazioni finanziarie, gli acquisti e le procedure di reclutamento delle opere da parte del duca, per cui non si insisterà oltre. Preme qui sottolineare che il prezzo dei dipinti bolognesi si formava su quelli di Reni e che il possesso di un’opera dell’illustre ma reticente maestro dava luce all’intera collezione, oltre a fornire motivo di vanto e di regalo eccelso in caso di favori internazionali 90. Francesco I doveva, per queste ragioni, impossessarsi di qualche opera del divino Guido: ci riuscì almeno nei casi del David vittorioso con la testa di Golia (forse il dipinto passato nel 2012 a un’asta londinese di Sotheby’s) e del San Girolamo nel deserto (Vienna, Kunsthistorisches Museum) 91. Bonaventura Bisi, che pure si muoveva primariamente su Bologna, era il più eclettico dei referenti in materia di quadri: il 28 agosto 1651 inviò a Modena un Apollo del Parmigianino 92;

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nel marzo e nel maggio 1652 chiese di condurre un Cristo inchiodato alla croce; nel 1658 spedì un disegno di Michelangelo, un Ballo di Putti di sua mano, disegni del San Michele di Raffael-lo, una «Famiglia» del Pordenone e un disegno di Polidoro 93. Precedentemente, nel 1653, il duca l’aveva sguinzagliato, insieme a Cornelio Malvasia per ricercare un quadro di Raffaello che doveva trovarsi a Fano; con ogni probabilità un’opera differente rispetto alla Madonna di Foligno che Geminiano Poggi aveva tentato di acquistare per la collezione ducale nel 1652, ma di difficile identificazione. Il 19 agosto di quell’anno Bisi scriveva da Pesaro narrando che, in compagnia del conte Francesco Maria Santarelli, si era recato a Fano alla ricerca del Raffaello, ma non l’aveva trovato 94. E dunque questa missione si tramutò in una passeggiata marchigiana.Di natura affettuosa, rispettosa e ammirativa fu il legame che Francesco I strinse col Guerci-no, assai più amabile e disponibile di Reni. Almeno per due volte il pittore si recò a Modena: la prima dall’ottobre del 1632 fino al giugno del 1633, accompagnato da Matteo Loves e da Bartolomeo Gennari, per eseguire i ritratti del duca e della duchessa, perduti ma noti attra-verso le copie di Loves (Ginevra, Musée d’art et d’histoire, Figg. 57-58); la seconda nel 1649 quando Francesco I lo fece prelevare a Bologna perché si distraesse dalla morte del carissimo fratello Paolo Antonio, alter ego nella gestione della sua carriera 95. Tra commissioni dirette, acquisti, doni, la sua presenza nelle collezioni ducali si assesta nel consistente numero di nove quadri. Tra questi la Madonna con San Giovanni Evangelista e San Gregorio Taumaturgo per la chiesa di San Vincenzo a Modena (Fig. 59) e la splendida Salomé che riceve la testa del Battista (Rennes, Musée des Beaux-Arts, Fig. 60), destinata a ornare la Camera dei Sogni nel Palazzo Ducale di Sassuolo.

158 Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

1 PerFrancescoIsivedanoifondamentaliL.ChiaPPi-ni,Gli Estensi, Milano,1967;L.amorth,Modena capita-le: storia di Modena e dei suoi duchi dal 1598 al 1860,Milano, 1967; O. romBaldi, Il Duca Francesco I d’Este: 1629–1658, Modena, 1992. Per le iniziative edilizie eartisticheneisuoianni,Modena 1598: l’invenzione di una capitale,acuradiC.ConForti-g. CurCio-m. Bulgarelli,Milano,1999;Il Palazzo Ducale di Modena: regia mole maior animus,acuradiE.Corradini-e. garzillo,Cinisel-loBalsamo,1999;C.ConForti,Dimoreestensi nei secoli del barocco,inCentri e periferie del barocco. Il barocco romano e l’Europa,acuradiM. Fagiolo-m.l. madonna,Roma,1992,pp.213-232;C.ConForti,La pompa funera-ria di Francesco I d’Este,inLa chiesa di Sant’Agostino a Modena. Pantheon Atestinum,acuradiE.Corradini-e. garzillo,CiniselloBalsamo,2002,pp.53-63.2 L.lanzi,Storia pittorica della Italia. Dal risorgimen-to delle Belle Arti fin presso al fine del XVIII secolo,ed.terza, Bassano, 1809, t. IV, pp. 49, 53; A. venturi, La R. Galleria Estense in Modena,Modena,1882,pp.181-196;F. FriSoni, Presenze bolognesi nel Seicento a Modena e Reggio, inL’arte degli estensi.La pittura del Seicento e del Settecento, catalogo della mostra, Modena, 1986,pp.21-25;D.Benati,Da Leonello Spada a Francesco Strin-ga. Modelli forestieri per la pittura reggiana, in Il Sei-cento a Reggio. La storia, la città, gli artisti,acuradiP.CeSChi lavagetto,Milano,1999,pp.131-158.3 SuquestiargomentisivedaR.morSelli,Collezioni e quadrerie nella Bologna del Seicento: inventari 1640-1707,acuradiA.Cera SoneS,SantaMonica,1998;ead.,Bologna, in Painting for Profit. The economic lives of seventeenth-century Italian painters, a cura di R. E.SPear-P. Sohm,NewHaven,2010,pp.145-172.4 venturi,La R. Galleria… cit.5 Ivi,pp.199-259.6 FriSoni,Presenze bolognesi … cit.7 Ivi,p.21;D.Benati,L’oratorio di San Rocco. Il ruolo di Reggio nella prima attività di Annibale Carracci,inIl Sei-cento a Reggio ... cit.,pp.51-65;D.Benati,Annibale Carrac-ci e il vero, inAnnibale Carracci,catalogodellamostra,a cura di D. Benati-e. riCCòmini, Milano, 2006, pp. 27-29;C.roBertSon,The invention of Annibale Carracci,Milano,2008,p.86ess.SivedanoancheMaestri della Pittura del Seicento Emiliano,catalogodellamostra,acuradiF.arCangeliet al.,Bologna,1959;D.Benati,La pittura nella prima metà del ’600 in Emilia e in Romagna,inLa Pit-tura in Italia. Il Seicento,acuradiM.gregori-e. SChleier,Milano,1989,vol.I,pp.216-246.8 A.Brogi,Ludovico Carracci (1555 - 1619),OzzanoEmi-lia,2001,pp.200-201,n.87,conbibliografiaprecedente.9 FriSoni,Presenze bolognesi … cit.;Benati,Da Leonel-lo Spada…cit.,pp.131-142;D.Benati, Alessandro Tiarini: l’opera pittorica completa e i disegni, conlacollabora-zionediB.ghelFi,Milano,vol.I,2001,pp.78-135.TiarinilavoròaModenasoprattuttonegliannidelducaCe-sare: tra ilgennaioe ilfebbraiodel1627virisiedetteconl’allievoLucaFerraripereseguirealcuniritratti,tra

iqualiquellodelprincipeefuturoducaFrancesco(Be-nati,Alessandro Tiarini … cit.,p.118).10 Per Gessi vedi F. Chiodini, Alcune aggiunte al ca-talogo di Francesco Gessi, in«ArteCristiana», LXXXVI(1998), pp. 221-223, con bibliografia precedente. PerDesubleo,venturi,La R. Galleria… cit.,p.222;A.Cottino,Michele Desubleo,Soncino(CR),2001.11 E.riCComini,Pier Francesco Cittadini,inStudi di storia dell’arte. Raccolta di saggi dedicati a Roberto Longhi in occasione del suo settantesimo compleanno, Firenze,1961,pp.362-373;B.ghelFi,inSovrane Passioni. Le raccolte d’arte della Ducale Galleria Estense,catalogodellamo-stra,acuradiJ.Bentini,Milano,1998,nn.144-147;A.Cri-SPo,Percorsi, fiamminghi, romani e lombardi della natura morta emiliana e romagnola,in«Parmaperl’arte»,XII(2006),pp.49-65;Dipinti inediti del Barocco italiano da collezioni private: Palazzo Chigi in Ariccia, 2008-2009;Pier Francesco Cittadini, Sant’Orsola,presentazionediM.Pulini,Ariccia,2008;C.BaronCini,Il ritratto della famiglia Campeggi a Dozza Imolese: dal Cittadini al Pasinelli?,in«Attiememorie.AccademiaClementina»,XXXVIII/XX-XIX,1998/99(1999),pp.77-94.12 FriSoni, Presenze bolognesi … cit., p. 25. Pietro Lauriviene ricordato da Luigi Lanzi; si vedano anche A. Pel-liCCiari,L’eredità di Guido Reni,inLa pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento,acuradiA.emiliani-J. Bentini-l. Fornari SChianChi,Milano,1992,pp.191-200;M.Cellini, Pietro Lauri,inLa scuola di Guido Reni,acuradiE. negro-m. Pirondini,Modena,1992,pp.295-299;M.Cellini, inPinacoteca Na-zionale di Bologna. Catalogo generale. 3. Guido Reni e il Seicento,acuradiJ. Bentini-g. P. Cammarota-a. mazza-d. SCa-glietti keleSCian-a. Stanzani, Venezia,2008,pp.358-360.13 I bolognesi per nascita erano: Francesco Albani,Alessandro Albini, Baldassarre Aloisi, Menichino DelBrizio, Biagio, Baldassarre Bianchi, Lucrezia Bianchi,Giambattista Bolognini, Matteo Borbone (autore diuna Pianta del contado di Bologna del 1639, copiadiSappoVincenzo, inASMo,ME,Stampe e disegni,b.18), Francesco Brizzi, Filippo Brizio, Giambattista DalBuon,DomenicoMariaCanuti,BartolomeoCesi,Car-loCignani,TeresaCoriolani,AntonioCrespi,GirolamoCurti,GiovanniAndreaDonduzzidettoilMastelletta,LorenzoFranchi,PietroGallinari,LorenzoGarbieri,To-masoGazzini,FrancescoGessi,VincenzoGotti,Giaco-moLippa,LucioMassari,AgostinoMitelli,SebastianoMonchi, Giovan Giacomo Monti, Giovanni Paderna,Lorenzo Pasinelli, Antonio Randa, Guido Reni, Girola-moRocca,DomenicoSanti,GiovanniAndreaSeghizzi,ElisabettaSirani,GiovanniAndreaSirani,AndreaStra-ni,AlessandroTiarini,FlaminioTorri,FrancescoTiarini,GiovanniLuigiValesio,DomenicoZampieri.Ibologne-si per formazione erano: Giovan Francesco BarbieridettoilGuercino(daCento), ilfratelloPaoloAntonioBarbieri,JeanBoulanger(daTroyes),GiacomoCavedo-ni(daSassuolo),PierFrancescoCittadini(daMilano),Angiol Michiel Colonna (da Como), Tommaso Costa(daSassuolo),BenedettoGennari(daCento).

Note

159ii Raffaella Morselli, Felsina al potere: Francesco I e la supremazia dei pittori bolognesi

14 Il Palazzo Ducale di Modena: sette secoli di uno spazio cittadino, a cura di A. Biondi, Modena, 1987; C.ConForti,“Domus Dei”: Bartolomeo Avanzini e Tomma-so Loraghi per il tabernacolo della chiesa di San Vin-cenzo,inLa chiesa di San Vincenzo a Modena: ecclesia divi Vincentii,acuradie. Corradini-e. garzillo-g. Polidori, Modena,2001,pp.158-169.B.adorni,Il ducato estense: Modena e Reggio Emilia, in Storia dell’architettura ita-liana.Il Seicento,acuradiA. SCotti toSini,Milano,2003,pp.354-369.15 Su questo argomento si veda R. morSelli, Artisti al lavoro: commissioni di corte e declinazioni di ruoli tra convenzione e eccentricità nell’Italia di antico regime,inThe Court in Europe,acuradiM.Fantoni,Roma,2012,pp.407-426.Perledinamichedellaproduzioneartisti-caferraresetraQuattroeCinquecentoèfondamentaleG.guerzoni,Apollo e Vulcano. I mercati artistici in Italia (1400-1700), Venezia, 2006. Per un confronto con lacortemediceanelSeicentosivedaE.Fumagalli,Prime in-dagini sui rapporti economici tra pittori e corte medicea nel Seicento,inVivere d’arte. Carriere e finanze nell’Italia moderna,acuradiR.morSelli,Roma,2007,pp.135-166.16 G.L.BaSini,Zecca e monete a Modena nel secoli XVI e XVII,Parma,1967,pp.47-99;G.L.BaSini,Sul mercato di Modena tra Cinque e Seicento. Prezzi e salari,Milano,1974.17 G.CamPori,Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi,Modena,1855,p.164.18 Ivi.,p.21.19 O.BaraCChi giovanardi,Arte alla corte di Francesco I,in«AttiememoriedellaDeputazionedistoriapatriaperleanticheprovincemodenesi»,s.XI,XI(1998),pp.119-155,p.127.20 ASMo,CD,MV,b.98,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.,p.130.21 CamPori,Gli artisti …cit.,p.11.22 D.Bellei,Sposizione delle pitture in muro del ducale palazzo nella nobil terra di Sassuolo: grandiosa villeggia-tura de’ serenissimi principi estensi,Modena,1784,p.11.23 venturi,La R. Galleria…cit.,pp.216-217.24 Per Boulanger, M. Pirondini, Giovanni Boulanger: un pittore francese nel Ducato di Modena, Modena,1969, M. Pirondini, Giovanni Boulanger in «QuadernidellaBiblioteca»,I(1993),pp.53-58;Benati,Da Leonello Spada … cit.,pp.154-157.PerladecorazionediSassuo-lo, l’iconografiadeiciclie laGalleriadiBacco,operadi Boulanger, con la collaborazione dei fratelli PierFrancescoeCarloCittadiniedeiquadraturistiGianGiacomo Monti e Baldassarre Bianchi, si vedano C.aCidini luChinat, Una nota sull’iconografia secolare nella committenza estense: Sassuolo, la chiave ritro-vata, in«QuadernidellaBiblioteca», I(1993),pp.59-65; A. mazza, “In questa bella compagnia d’Amore e di Fortuna”. La decorazione pittorica, in Il palazzo di Sassuolo. Delizia dei Duchi d’Este, acuradiF.treviSa-ni,Parma,2004,pp.57-76;V.Farinella,“Non alberga il dolor nel regno mio”: nostalgie estensi a Sassuolo, inTracce dei luoghi, tracce della storia: l’editore che in-seguiva la bellezza.Scritti in onore di Franco Cosimo Panini,Roma,2008,pp.203-206;F.Candi,L’immagine

di Francesco I nella Galleria di Bacco a Sassuolo: una proposta di interpretazione politica degli affreschi,inIl principe e le cose. Studi sulla corte estense e le arti nel Seicento,acuradiS.CaviCChioli,Bologna,2010,pp.1-15.PerilpoetaesegretariodistatoGirolamoGra-ziani, coinvolto nella progettazione dell’opera, vediD.Benati-D.monteveCChi,Giovanni Boulanger per Giro-lamo Graziani, in «QB-Quaderni della Biblioteca», II(1996),pp.109-112.25 CamPori, Gli artisti … cit., p. 92; Ducale Palazzo di Sassuolo, a cura di M. Pirondini, Genova, 1982, p. 10, J.Southorn,Power and display in the seventeenth centu-ry: the arts and their patrons in Modena and Ferrara,Cambridge,1988,p.50.26 Innotaventuri(La R. Galleria…cit.,p.216)citalalet-teradel13novembre1643diFrancescoMontecuccolialdott. Marinelli, commissionario di Sassuolo; quella diScipioneSacratiaifattorigenerali,27aprile1644;infineilChirografoducale,Sassuolo,18ottobre1644.27 Ducale Palazzo…cit.,pp.139-140.28 Ivi,pp.134,138,18giugno1647e31maggio1652.29 ASMo, CD, MV, b. 96; AM, Arti Belle, Pittori, b. 14,Lana,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte…cit.,p.128,1novembre1634.SuLanasivedaL’amorevole maniera: Ludovico Lana e la pittura emiliana del primo Seicento,acuradiD.Benati-l. Peruzzi,CiniselloBalsamo,2003;L.Silingardi,Regesto,ivi,p.148.30 C.C.malvaSia,Felsina pittrice.Vite de’ pittori bolo-gnesi (Bologna,1678),ed.Bologna,1841,vol.II,p.420;Campori,Gli artisti …cit.,p.76.PerMontisivedanoE.FeinBlatt,A note on Bianchi-Monti,in«TheBurlingtonMagazine»,CXIV(1972),pp.17-22;D.lenzi,Dal Seghizzi al Monti ai Bibiena: architetti e scenografi bologne-si a Mantova sotto gli ultimi Gonzaga, in Il Seicento nell’arte e nella cultura con riferimento a Mantova,Atti del convegno internazionale di studi, Cinisel-lo Balsamo, 1985, pp. 164-173; Le magnifiche stanze: paesaggio, architettura, decorazione e vita nella villa palazzo degli Albergati a Zola, Bergamo, 1995; A.M.matteuCCi,La grande decorazione architettonica. Gian-giacomo Monti e Baldassarre Bianchi concludono, con le decorazioni in S. Francesco, l’attività dei quadratu-risti bolognesi nella reggia di Sassuolo,inLa chiesa di San Francesco in Rocca a Sassuolo,acuradiV.PinCelli-v. vandelli,Modena,1999,pp.83-93;F.CeCCarelli,Le lega-zioni pontificie: Bologna, Ferrara, Romagna e Marche,inStoria dell’architettura italiana. Il Seicento,acuradiA.SCotti toSini,Milano,2003,vol.II,pp.336-353;D.len-zi,Bologna: palazzo Pepoli “nuovo”, compiuto esempio di palazzo senatorio, inAtlante tematico del Barocco in Italia Settentrionale: le residenze della nobiltà e dei ceti emergenti; il sistema dei palazzi delle ville,atti del convegno di studi, a cura di M.L. gatti Perer, CesanoMaderno,2005,pp.15-22.31 A.Bologniniamorini,Vite dei pittori ed artefici bolo-gnesi,Bologna, 1843,vol.V,p.545.PerBianchisivedaFeinBlatt,A note … cit.32 malvaSia, Felsina … cit., p. 487; CamPori, Gli artisti …cit.,p.78.Sivedalanotaprecedente.33 CamPori,Gli artisti …cit.,p.176.

160 Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

34 Si veda la Cronaca di Modena di Giovan BattistaSpaccini(1588-1636),acuradiA.Biondi-R.BuSSi-C.giovan-nini,Modena,1993-2008,6voll.;e,dellostessoautore,Il registro di Guardaroba dell’Infante Isabella di Savoia d’Este (1617-1630),acuradiG.Biondi,Modena,2000.35 Bisognatenerecontochealcuniimportantigenti-luominidicortecomeilmarcheseMassimilianoMon-tecuccoli arrivavano a percepire un salario di 6000scudil’anno:sivedaSouthorn,Power and display…cit.,p.58.PerquestiealtriesempidispesesostenutedaFrancescoIperoggettid’arteivi,pp.66-71.36 ASMo,CD,MV,b.94,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.,pp.124,131;Silingardi,Regesto…cit.,p.152.37 MinutaaideputatidellacongregazionedellaMa-donnadellaGhiara,4marzo1634,ASMo,Arti Belle,Pit-tori,b.14,fasc.LudovicoLana:Silingardi,Regesto…cit.,p.147.Il2agosto1631SpaccininellaCronacariferiscecheColonna,DentoneeMassarisostituironolepitturediamori e paesi eseguite da Lana nel Gabinetto delladuchessa:Silingardi,Regesto…cit.,p.144.38 Altri pittori ricordati nei pagamenti pubblicati daBaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.,pergliannidiFrancescoI,moltideiqualidiprovenienzaignota,sonoil reggiano Pellegrino Magnanini (1631, 1632); AndreaBasori(perunritrattoeseguitonel1634,ivi,p.127);Ri-dolfoFranciosini(ivi,p.128);GiovanBattistaPesari(nel1634e1637, ivi,pp.128,131); loscultorecarraresePaoloMarchetti (1634-1635); Bartolomeo Colombini (1636-1637-1638,ivi,pp.130-132);Régnier(1638,1639,ivi,p.132);Boulanger(1638,1650),FrancescoCairo(1639).Imanda-tiinvolumemancanoperglianni1639-1640;riprendo-nodal1641,attestandosoprattuttoilavoriaSassuoloeBaracchiscegliedipresentareunadocumentazionechenonriguardaipittori-decoratori(ivi,p.133).39 G.guerzoni,Le corti estensi e la devoluzione di Ferra-ra del 1598,Modena,2000,pp.104-105.40 Peripagamentidell’ufficiodelmesesivedaE.ma-nenti,Le carte ed i registri dell’Ufficio del Mese nell’ar-chivio della Camera Estense presso l’Archivio di Stato di Modena,tesidilaurea,FacoltàdiLettereeFilosofia,UniversitàdiBologna,1978-79.Quelladeipagamentideglistipendi,scriveManenti,èunaprassiecceziona-le.Talvoltal’ufficiopagavaancheglistipendiordinari:lanotiziasorprendepoichéilpagamentodeisalariatiordinari,cioèidipendentifissidiCorte,CancelleriaeCameraDucale,eracompitodell’ufficiodellaBollettadeisalariati(ivi,pp.45-46,48).41 Per la documentazione dei pagamenti relativa aSassuolo,Ducale Palazzo…cit.SivedaancheA.ColomBiFerretti,La decorazione pittorica del Palazzo Ducale di SassuoloinL’arte degli Estensi.La pittura del Seicento e del Settecento a Modena e Reggio,catalogodellamo-stra,Modena,1986,pp.27-33.42 SultemadellacollezionesivedaG.manCini,“Il mio viaggio sin qui è stato tutto sul pensiero delle pitture”. Geminiano Poggi e altri agenti di Francesco I d’Este,inSovrane passioni. Studi sul collezionismo estense,acuradiJ.Bentini,Milano,1998,p.139-164.43 Il Palazzo Ducale …cit. (1987);A. Jarrard,La resi-denza tra castello e palazzo, in Modena 1598: l’in-

venzione di una capitale, a cura di m. Bulgarelli-C.ConForti-g. CurCio,Milano,1999,pp.99-123;Il Palaz-zo Ducale di Modena … cit.(1999);F.Candi,Il Palazzo Ducale di Modena: nuove ipotesi ricostruttive, nuovi documenti,in«AttiememoriedellaDeputazionedistoriapatriaper leanticheprovinciemodenesi»,s.XI,XXVII(2005),pp.87-126.PerCurtieColonnanelpalazzo ducale di Modena si veda Southorn, Power and display … cit.,pp.160e176,conbibliografiapre-cedente.44 PerGiacomodaBudriooGiacomoLippavediCam-Pori,Gli artisti …cit.,p.291-292;venturi,La R. Galleria…cit.,p.184.VediancheC.PellaCani,Capolavori nascosti: dalle raccolte del Ducato Estense alle collezioni private d’oggi,ReggioEmilia,1998,p.60.45 ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.13,fasc.CesareAre-tusi, inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.p. 122.PerAretusivediventuri,La R. Galleria…cit.,p.184.46 Ivi,b. 14, fasc.GirolamoDentoniCurti, inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.,pp.122-123.47 Ivi,b.13,fasc.CesareAretusi,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.,p.123.48 Ivi, Cose d’arte,b.18/1,inBaraCChi giovanardi,Ibidem.49 ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.14,fasc.CurtieCo-lonna,inBaraCChi giovanardi,ivi,p.124.50 H.van BergeiJk,La prima metà del Seicento: dal ca-stello al palazzo, in Il Palazzo Ducale ... cit. (1987), pp.171-201; R. PaCCiani, Da rocca cittadina a residenza eu-ropea: forme e mutazioni del principale insediamento estense a Modena, ivi,pp.45-82;H.van BergeiJk, Il pro-getto di Floriano Ambrosini per il castello di Modena,in«AttiememoriedellaDeputazionedistoriapatriaperleanticheprovinciemodenesi»,s.XI,XI(1989),pp.169-175;A.Jarrard,La residenza tra castello e palazzo,inModena 1598...cit.,pp.99-123.51 ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.14,fasc.Curti,inBa-raCChi,Arte alla corte…cit.,p.125.52 Ivi, fasc. Colonna, in BaraCChi giovanardi, Arte alla corte…cit.,p.125.53 Ivi,fasc.Lippi,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte…cit.,p.125.54 Ivi,fasc.CurtieColonna,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte…cit.,p.125.55 ASMo,CD,MV,b.39;ASMo,AM, Arti Belle,Pittori,b.14,fasc.CurtieColonna,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte…cit.,p.126.56 Bolognini amorini,Vite…cit.,p.328.57 Ivi,p.329.58 ASMo, AM, Arti Belle, Pittori, b. 14, fasc. Colonna;ASMo,CD,MV,b.95,inBaraCChi giovanardi,Arte alla cor-te…cit.,p.126.59 Ivi,ASMo,CD,MV,b.96,inBaraCChi giovanardi,Arte alla corte…cit.,p.127.60 E.harriS,La mission de Velázquez en Italia, in«Ar-chivoespañoldearte»,XXXIII(1960),p.111.61 Ivi,p.102.62 CamPori,Gli artisti … cit., pp.308-309.63 M. Cellini, Lucio Massari, in La scuola dei Carracci: i seguaci di Annibale e Agostino,acuradiE.negro-m. Pirondini,Modena,1995,p.225.

161ii Raffaella Morselli, Felsina al potere: Francesco I e la supremazia dei pittori bolognesi

64 J. Bentini, “Otium Regium”: i privilegi del principe collezionista, ovvero le qualità della galleria del Se-renissimo Duca di Modena, in Sovrane passioni. Le raccolte d’arte della Ducale Galleria Estense,catalogodella mostra, a cura di J. Bentini, Milano, 1998, p. 36.OltreallabibliografiagiàcitatasuSassuolosiveda-noGaspare & Carlo Vigarani: dalla corte degli Este a quella di Luigi XIV,Attidelconvegno internazionaledi studi, a cura di W. BariCChi-J. de la gorCe, Milano,2009; A. monti, Il Palazzo Ducale di Sassuolo: da ca-stello a delizia attraverso il mutamento delle funzioni difensive, in «Quaderni della Biblioteca», VII (2007),pp.21-89;A.Bigi iotti-G.zavatta,Forniture di marmi ve-ronesi per il Palazzo Ducale di Sassuolo,in«Annuariostorico della Valpolicella», XXI, 2004/05 (2005), pp.59-84;A.M.matteuCCiarmandi,Per il Palazzo Ducale di Sassuolo, in«QuadernidellaBiblioteca»,I(1993),pp.67-74;V.vandelli,L’”immagine” del Principe d’Este nella facciata della delizia di Sassuolo: iconografia, autori e materiali, in Centri e periferie del barocco. Il barocco romano e l’Europa,acuradiM.Fagiolo-m.l. madonna,Roma,1992,pp.609-633.65 mazza,“In questa bella compagnia … cit., p.73;Fari-nella,“Non alberga il dolor …cit.66 Bentini,“Otium Regium” … cit., pp.28-29.67 Ducale Palazzo…cit.,pp.55-57,131.68 l. CreSPi,Vite de’ pittori bolognesi, non descritte nel-la Felsina Pittrice,Roma,1769,p.63.Il20maggio1647CornelioMalvasiascrivevaaFrancescoIinformandolocheilpittoreGiovanGiacomoMontistavalavorandoper lui, ma era disposto a rinunciarvi per compiace-reSuaAltezza(ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.14,fasc.Monti;a. venturi,Affreschi nella delizia estense di Sas-suolo,in«L’Arte»,XX(1917),p.71;Ducale Palazzo…cit.,p.134).69 Ducale Palazzo…cit.,p.138,pubblicaunampiore-gestodocumentariocondocumentidelfondodell’Ar-chivioEstensedenominatoCassa Segreta,cheattesta-noperlopiùlespeseperimateriali(colori,quinternidicarta,olio,colla,pennelli,lapis,biacca,chiodi,mate-rialeperleimpalcatureecc.)ediversipagamentiallemaestranze(soprattuttopittori,tagliapietra,scultori,l’architettoAvanzini,muratori,doratori,stuccatori).70 Ducale Palazzo…cit.,p.138.71 Ivi,p.140.72 ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.14,fasc.Colonna.Cfr.anchemalvaSia,Felsina…cit.,p.268;venturi,La R. Galle-ria…cit.,p.257.73 Lettere di Geminiano Poggi al duca Francesco I,Bologna,1dicembre1649eModena,12dicembre1650,venturi,La R. Galleria…cit.,pp.188-189,206;Ducale Pa-lazzo…cit.,p.137edoc.XIX;nellamissivaPoggiparladellavisitadiVelázquez aModenaeaSassuolo.74 Ducale Palazzo…cit.,pp.59-61,133,135,136.75 ASMo,CA,Bologna,bb.8-9.Nelcarteggiosi con-servanonotizieineditedaleggereinrapportoalma-terialegiànoto,traquesteloscambiodiletteretrailducaeGirolamoCaprara,riguardanteColonna,Mitellieilgenerodiquest’ultimo,GiacomoAlboresi,aiqualinel1658sivoglionoaffidarealcunilavori.Nonsispeci-

ficaqualieforsel’affarenonandòinportoperchèallafine dello stesso anno Francesco I morì. Il 3 gennaio1658Capraracomunica:«Quelpittorechehodiversevolte significato aV.A. per potere essere a propositoperdipingereMezaninihoraèritornatoaBolognaconrisoluzionedinonandarepiùaFerraradaSS.riBenti-voglietioattenderòdisapereseV.A.hapiùgustodivalersidiluidelqualenepuolehaveredalliPittoridiModena intiera relatione avendo nome Giacomo Al-boresigiovinedimediocretrattamentoaquellosentodiredibuonariuscita». Il22marzo1658ilcorrispon-denteparladelladifficoltàdifareunsoffittopianoedegli impegnidiColonnaeMitellichehannol’occa-sionedioperareaSanMicheleinBosco,incaricocheliterràoccupatiancoraquattromesi;appenaterminataquestasecondaoperazionevaglieràlelorointenzioni.Il4aprile1658ColonnaeMitellisonoingransperanzadiandareinSpagnaenondanno,all’agenteestense,risposteprecise.76 Ducale Palazzo…cit.,p.139.77 Bentini,Otium regium … cit., pp.30,34;manCini,“Il mio viaggio … cit.Delruolodelfratello,ilcardinaleRi-naldo,nellevicendecollezionistichedicasad’EstesièrecentementeoccupataL.PeCori,Il ruolo del cardinale Rinaldo nelle vicende collezionistiche di casa d’Este, inIl principe e le cose ... cit.,pp.35-46;per luisivedanoancheSouthorn,Power and display …cit.,pp.28-71eA.Jarrard, Architecture as Performance in Seventeenth-Century Europe. Court Ritual in Modena, Rome, and Paris, Cambridge, 2003; S. guarino-G. manCini, Il col-lezionismo minore di casa d’Este: il caso del cardinale Rinaldo (1618-1672), in Sovrane passioni. Studi sul col-lezionismo … cit., pp. 165-186. Per le rappresentazioniteatraliacorte,A.Jarrard,Theaters of power: Francesco I d’Este and the spectacle of court life in Modena,NewYork,ColumbiaUniversity,Diss.,1993.Southorn,Power and display … cit., ha fornito un quadro complessivodelmecenatismoducaledelSeicento,perFrancescoIcfr.pp.28-71.78 PerirapporticonVeneziaegliacquistidiFrance-scoIsivedaV.riCCa,Gli agenti di Francesco I e gli acqui-sti di opere d’arte,inIl principe e le cose…cit.,pp.17-33,dove si segnala come Guercino fosse ben attestatonellecollezioniveneziane;ivi,p.18.79 venturi,La R. Galleria …cit.,p.211.80 Ivi,p.202;Bentini,“Otium Regium”…cit.,p.28.81 SivedalaschedadiP.BoCCardo,inCaravaggio, Gui-do Reni, Guercino, Mattia Preti.Le stanze del cardinale,acuradiV. SgarBi-S. PaPetti,CiniselloBalsamo,2009,n.21,conbibliografiaprecedente.82 T.A. marder, L’immagine del principe, in Modena 1598…cit.,p.44.SivedaancheA.BaCChi,Bernini a Sas-suolo,inIl palazzo di Sassuolo … cit.,p.47,cheportaadesempioAlessandroAlgardichesifacevapagarei ritratti di marmo 150 scudi escluso il marmo. Peril busto di Bernini si vedano I. lavin, Bernini e l’im-magine del principe cristiano ideale,appendicedocu-mentariaacuradiG.manCini,Modena,1998;I.lavin,“Impresa quasi impossibile”: the making of Bernini’s bust of Francesco I d’Este,inid.,Visible spirit,London,

162 Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

vol. II,2009,pp.757-788;A.BaCChi“Veramente è vivo e spira”. Bernini e il ritratto,inI marmi vivi…cit.,pp.58-59.83 venturi,La R. Galleria …cit.p.190;BaraCChi giovanar-di,Arte alla corte …cit.,p.135.84 SivedailcontributodiB.ghelFiinquestovolume.85 r. morSelli-S. laPenta,Le collezioni Gonzaga. Atlante dei dipinti nell’elenco dei beni del 1626-1627,CiniselloBalsamo, 2006, in particolare Un labirinto di quadri,pp.19-177.86 malvaSia,Felsina…cit.,vol.IV,p.160.87 CamPori,Gli artisti…cit.,p.80;venturi,La R. Galleria …cit.,p.217.88 venturi,La R. Galleria …cit.,p.232,checitailRegistro dei mandati camerali,1638,segnato369/2,sottolaru-bricaGuardaroba,manonvengonoprecisatisoggettieautori.89 SivedailcontributodiB.ghelFiinquestovolume.90 R.morSelli,“Io Guido Reni Bologna”. Profitti e sper-peri nella carriera di un pittore “un poco straordinario”,inVivere d’arte…cit.,pp.71-134.

91 D.S. PePPer, Guido Reni: l’opera completa, Novara,1988,n.144;R.morSelli,“Io Guido Reni Bologna”… cit.,p.123;D.S.PePPerinNell’età di Correggio e dei Carracci: pit-tura in Emilia dei secoli XVI e XVII,catalogodellamo-stra,Bologna,1986,n.185,pp.517-519,conbibliografiaprecedente.PerlevicendepiùrecentisivedainquestasedeilcontributodiB.Ghelfi,p.48nota14.92 ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.13,fasc.Bisi,BaraCChi giovanardi, Arte alla corte …cit.,p.142.PerBisisivedaancheventuri,La R. Galleria …cit.,pp.217-218.93 Ivi,p.272,BaraCChi giovanardi,Arte alla corte …cit.,p.145.94 ASMo,CD,P,b.180,Bisi.95 PerquantoriguardailfratelloPaoloAntonioBarbieri,GuercinoscrivevadaCentocheeglinonavevatempodidipingereinquanto«leoccupazioniglirubasseroiltempoeattendessepiùacontardoppieeducatonicheamaneg-giarpennello»:ASMo,AM,Arti Belle,Pittori,b.13,fasc.Bar-bieri, letteradelGuercinoapadreGiovanBattistad’Esteda Cento 31 maggio 1634. Per i soggiorni modenesi delGuercinosivedad. mahon,Il Guercino,catalogodellamo-stra,Bologna,1991,pp.169,219,conbibliografiaprecedente.

212 Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

55. Michele Desubleo, San Francesco in estasi, Sassuolo, chiesa di San Francesco

213Tavole

56. Francesco Albani, Diana e Atteone, Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister

214 Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

57. Matteo Loves, Ritratto di Francesco I d’Este, Ginevra, Musée d’art et d’histoire

215Tavole

58. Matteo Loves, Ritratto di Maria Farnese d’Este, Ginevra, Musée d’art et d’histoire

216 Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658)

59. Guercino, Madonna in trono con i Santi Giovanni Evangelista e Gregorio taumaturgo, Modena, chiesa di San Vincenzo

217Tavole

60. Guercino, Salomè riceve la testa del Battista, Rennes, Musée des Beaux Arts

The volume, Modena barocca. Opere e artisti alla corte di Francesco I d’Este (1629-1658) presents the most up-to-date scholarly view of this important patron and collector. Divided into 2 sections entitled Collezionismo e mercato (Collecting and the market) and Al servizio del duca (In the duke’s service), the volume’s innovative essays shed light upon important themes by taking various lines of investigation and by drawing upon a large body of unpublished archival documents, paintings, and drawings.In Collecting and the market, an important and detailed picture emerges of Francesco’s likely collection of graphic works; previously, only other members of the Este family were known collectors of drawings. With regard to paintings, studies document his detailed search for works by the great masters of the Emilian Seicento (Guido Reni, Guercino, etc.), and trace the more precise outlines of his continual contact with the Venetian market, the Florentine grand-ducal court, and Rome. Information about heretofore unknown consultants and new specifics about the acquisition of Veronese’s paintings emerge from documents concerning Venice, while diplomatic correspondance with Florence shows Francesco’s interest in works and artists tied to the Medici court, with whom the duke sought to enrich his collection through the rather unusual means of frequent exchanges as well as the trading of pictures. In Rome, ducal agents searched ceaselessly for available works in newly dispersed collections for Francesco I, but the searche was rarely satisfied.The second section, In the duke’s service, presents an exhaustive biography of the still little-known architect Bartolomeo Avanzini for the first time, based on a broad archival exploration. Ample documentation also allows us to reconstruct the tight web of artisans (ebonists, woodcarvers, furniture makers …) who worked for Francesco I, and to describe sophisticated court furniture that is lost today. The presence of foreign artists was a constant at the Este duke’s court. Closer study of Justus Suttermans, the Medici court painter who was active as a portraitist and frequently visited the Este court, allows an abundance of new attributions, while an examination of Jean Boulanger, designer of much of Sassuolo’s decoration, allows a better understanding of his graphic work. Another essay, which examines decorative projects long associated with the palace of Sassuolo, emphasizes the rich implications of these materials and allows us to reconstruct a compelling moment in the history of taste, one that is only partially documented in the palace as finally completed.The varied approaches and thoroughness thus suggested above find a synthesis in the final essay dedicated to the ideology, aesthetics, and strategies by which the court sought to promote the duke’s image in the illustrations to Domenico Gamberti’s exquisite publication commemorating Francesco I’s death, L’Idea di un Prencipe et Eroe Christiano (1659).

Abstract

Finito di stampare in Italia nel mese di maggio 2013da Pacini Editore Industrie Grafiche - Ospedaletto (Pisa)

per conto di EDIFIR-Edizioni Firenze