Opere di Francesco Redi gentiluomo aretino e accademico ...

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OPEREDI

FRANCESCO REDL

/ .

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OPEREDI

FRANCESCO REDIGENTILUOMO ARETINO

ACCADEMICO DELLA CRUSCA,

VOLUME PRIMO.

D*IU SucieU TipograBca uc’ Classici Italiani,contrada di t. Margherita, N.° mg.

anmo 1809.

t

AVVISO

degli editore

Albbiamò dato priticlpiri allf Opere di

Francesco Redi col fahioso suo Ditirambo,per soddisfare cosi alle istanze che fatte

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TI

ci fiirono Ja moltissimi de nostri Associati.

Diffatti nessun frenerò di 'toscana Poesiavenne più di questo Ditirambo accolto congrandi applausi non solo dagC Italiani , mado tutti gli stranieri ancora. Fu esso pub-hlicato la prima volta in Firenze tanno 1 6tt5 .

in 4*’ e fu dateAutor suo corredato di mol-tissime k\mo\&i\on\, tu lle quali chiaramentesi vede di quanta erudizionefosse egli a do-vizia fornito. Queste Aimolazioni furono poidallo stesse) Autore di molto accresciute

nella tr^rza edizione fatta pure in Firenze

in 4.° nelC anno if>gi. E le ime e le al-

tre furono da noi aggiunte nelf edizion

nostra affmliè in essa nulla più rimanes^

se a desiderarsi. Quanto at testo , ci sia-

mo attenuti specialmente alle due poc an-

zi accennate edizioni , citate amendue da-

gli Accademici della Crusca.

Nel secondo volume noi riprodurremo

tutte le altre poesie di questo nobilissimo

Scrittore, e non dispcriam pure, di potere

aggiungere qualche componimento inedito

e finora sconosciuto. Alla mita dellAuto-re scritta dal celebre Salvino Salvini ab-

biamo a^iunta l'Orazione funebre che in

lode di lui recitò lo stesso Salvini nella

puhblica Accademia di Firenze nelfannoiGgg. Essa lien luogo di quolunque elo-

gio noi avremmo potuto tessere di untanto Autore, che certamente al pari del

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VII

&aUlco fu norl solo colcissimo Scrittore y

ina ancfte uno de' primi Ristoratori della

haona filosofia.

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VITADi

FRANCESCO REDIAKF.TIUO

TRA GLI arcadiA • . ;

DETTO ANiaO THADSTIO

'scrittaI

DALL’ ABATE SALVINO SALVINl

FtOFEirttUO

DETTO CRI8ENO ELISSONEO.

I

I

/

T i antica e nobile città di Arezzo fa

sempre mai feconda madre d* uomini in

lettere e in armi chiarissimi , molti dei

quali nella fiorita cittadinanza Fiorentina

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It

innestandosi , non meno alla prinia , chealla seconda patria fecero onore. Fra que*sti si contano ne’ secoli passali un Lionar-

do Aretino , c un Carlo Marzoppini , am-bedue Poeti laureati, e dottissimi Segretarj

della Repubblica Fiorentina , e i molli

della Casa degli Accolti per dottrina e

pei' dignità famosissimi. Nel segnalato nu-

mero di costoro fu certamente FrancescoRedi insigne letterato de’ nostri tempi ; il

quale nato in Arezzo di nobile famiglia ,

e in ogni tempo illustre per le soleuui

ambascerie , e per le principali magistra-

ture, fu poi allevato e nutrito in Firenzej

agli onori della qual città era il padre

suo stato descritto. Nacque egli adunque ,

come s’ è detto in Arezzo, l’anno 1626. il

fiorno 18. di febbrajo , di Gregorio di

rancesco Redi , e di Cecilia de Ghincialtresi nobil famiglia Aretina in oggi

estinta. Studiò Gramatica e Rettorica in

Firenze nelle scuole de’ Padri della Comjia-

gnia di Gesù , e 1’ altre scienze nell’ Uni-

versità di Pisa ,dove prese la laurea del

Dottorato in Filosofia e Medicina. Si fe’

ben presto conoscere in Firenze , fino da-

gli anni più teneri,

per quel grand’ Uo-

mo, che egli poi riuscì; dandosi non solo

alla cultura delle lettere più amene, delle

lingue volgari, e «Ielle antiche erudite

ma ,quel che era il suo maggiore scopo,

alla intelligenza c pratica della più pro-

ibndit filosofia. Viveva allora il Granduca

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Ferdinando II. gran Mecenate degl’ingegni

più rari , il quale aftezionalissimo alle

scienze tutte , dava stimolo e comodità ai

Frofessori di quelle, di poter far prova

della loro acutezza, fiarticolarmeute nelle

cose sperimentali , dove veramente il Re-di si rendè immortale

;poiché ebbe occa-

sione di conferire i suoi studj , c coi Bo-

re 1 1 i e con gli Stenoni, e altri dottissimi

uomini , che si trattenevano alla Corte di

Toscana , scuola d’ ogni più rara virtù, e

di esercitar suo valore nella famosa Acca-demia del Cimento , che sotto la protezio-

ne del Principe Leopoldo poi Cardinale

de' Medici , fu aperta. Quindi avendo il

Granduca , ottimo cognilore degl’ iugegui

,

conosciuto quello 'finissimo del Redi, lo

dichiarò suo primo medico; nel quale im-

piego egli servì poi il Regnante Cosimo 111.

e tutta la Casa di Toscana , fino a eh’ ei

tisse, con tanta soddisfazione di tutti queiPrincipi , che gli portarono sempre incre-

dibile affetto; onde non solo ne’ consigli

di sua nohil professione , ma in affari an-

cora, e maneggi di confidenza e di fedel-

tà fu sovente impiegalo. Quindi dalla ma-gnanima Granduchessa Vittoria di felice

ricordanza,

giustissima stimatrice di suavirtù , dopo avere egli da quella ricevute

in vita ad ognora cortesissime diraostrauze

d’affetto, ne fu in morte con nobil la-

scio,

per ultima testimonianza dell’ alto

suo giudicio, onc ralissimameute riconb-

SII

sciato. Nè solo dai nostri, ma dai t*rlnci-i

pi , e personaggi stranieri tenuto era ia

venerazione, lo ho veduto una copia di

lettera appresso 1’ eruditissimo Pierandrea

Forzoni Accolti amico affezionato del Re-di , scritta ad esso Redi l’anno 1678. daCarlo Lodovico Fletter Palatino

,per la

quale ringraziandolo d' un consulto invia-

togli, in occasione di sua malattia

,gli

manda un ricco e nobil regalo, e lo assi-

cura , con espressioni ben distinte , delia

stima, che per lui mantiene. Alla genti-

lezza de* costumi , alla bontà della vita ,

alla professione in somma di Filosofo unìquella della intelligenza delle buone let-

tere ; mettendosi da principio per la mi-

gliore strada , che alla vera cognizione di

quelle ne conduce. Compose in sua gio-

ventù molte Toscane poesie, ed amorose 0

morali per esercizio d’ ingegno , e moltis-

sime osservazioni, distese , un gran fascio

delle quali negli ultimi anni di sua vita

egli consegnò alle fiamme , come mi" af-

ferma il Dottore Stefano Bomicci gentil-

uomo Aretino, domestico famigliare del

Redi , e che molte delle sue cose mano-scritte conserva. Coltivò sera|,'re mai gli

amici virtuosi , mantenendo con loro uncontinuo letterario commercio ; onde benpresto si fe’ conoscere , ed ammirare inItalia, e fuori di essa ancora

,particolar-

mente quando egli diede fiiora i suoi libri

notissimi al mondo, e per l’ameuità della

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xmdottrina , e per la pulitezza dello stile ce»

Icbralissimi. Quando egli si trovava disoc-

cupato dalle speculazioni delle naturali

esperienze, da lui più volte, per maggior»

Diente accertarsi della verità, reiterale

,

si metteva a filosofare sulla lingua Tosca-

na , su gli Autori di quella più accredi-

tati, su gli antichi testi a penna, de'qiiali

ne era fornitissimo, per contribuire, giu-

sta sua possa ,al vantaggio e al ripuli-

Diento della lingua , e specialmente alla

grand’ opera del Vocabolario,

del qualefu uno dei Compilatori. Lcggansi le Eti-

mologie della lingua Italiana del famosoletterato Francese Egidio Menagio, il quale

ebbe dal Redi quasi infinite etimologie e

notizie , ed egli bene in molli luoghi di

Suoli’ Opera lo confessa

,protestandosi di

overe alla gentilezza , ed erudizione del

Bedi il migliore di quell’ utilissimo Trat-

tato. Leggansi le Mescolanze del medesimoMenagio , dove sono registrate alcune let-

tere del Redi a lui indirizzate, nelle quali

per tutto risplende unita alla cortesia del-

le maniere la cognizione delle dottrine; e

di queste sue rare doti ne volle ancoralasciare in iscritto testimonianza 1’ incom-parabile abate Regnier nelle Annotazionial suo Anacreonte , lodando il nostro Re-

di , il quale, dice egli , ad una somma

erudizione in ogni genere di litteratura hasaputo accoppiare tanta purità di stile, etanta

, per quel eli io sento ,dolcezza di

i

I

t

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XITcostumi , cA’ ei lascia in dubbio qual sia

magiare in lui o la profondità della dot-

trina , o la soavità dslt eloquenza, o la

gentilezza del vivere civile. Nutriva egli

sempre un geuio amorevole verso i lette-

rati , benigno ammiratore, censore giudi-

cioso e gentile , lodatore amicbevole,pro-

motore insigne degli altrui studj : ondeuon |)ochi segnalati soggetti da Ini furono,

a’ suoi conforti , e colle sue singolari ma-niere , fatti e formati; ed egli con savio

accorgimento sul bel principio conosciuti,

eli fe’ conoscere al mondo. Uno di ((uesli

( lasciando stare i professori di medicina)f’i il celebre Benedetto' Menz.ini , a cui il

Redi diede animo , anzi le prime mosse

}

)er la nobile carriera , che egli fece, del-

a poesia. Io udii già dire al medesimoFrancesco Redi , che il Menzini

, essendo

ancor giovane gli portava di cpiando in

quando qualche poetica composizione, nel-

la quale, benché non d'intera perfezione,

pur ravvisava il buon genio, e il buonoincomiuciamcnto , ondo facendogli cuore,

ed esortandolo ad esercitarsi colla scorta

de’ migliori autori , crebbe poi iu quel

J

tregio di sublime poeta , che ognun sa,

ila per tornare alle sue sperimentali pro-

ve , e speculazioni naturali e filosoGche ,

egli fu inventore d’uu nuovo c facilissimo

metodo di medicare; nel che quali allievi

e seguaci non fece mai? Basta dire, che

furono suoi diletti discepoli i due celebra-

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xrtissÌDiì non men filosofi, che letterati, Lo-

renzo Bellini ili felice ricordanza , e Giu-seppe del Papa vivente , ambedue Medicidi queste Altezze, e famosi professori nel-

lo studio Pisano ; i quali ne’ loro scritti

immortali , si dichiarano eternamente al

gran Pedi t<>nuti. Cominciò questo ocula-

tissimo sperimentatore le sue prime osser-

vazioni ,sotto gli auspici di Ferdinando li;

sopra le vipere ; ed avendone raccolto unfinissimo trattato, lo diede alla luce delle

stampe in Firenze l’anno <664. in forma •

di lettera uaiirizzata al conte Lorenzo Ma-galotti , lagnale poi fuor d’Italia tradotta

in latino fu inserita nel primo tomo delle

^ IKiscellanee curiosità naturali; e di nuovoil testo volgare stampato in Firenze

nel i686. Centra quest’opera gli fu scrii- /

to in Francia ; ed egli con ogni maggiormodestia ribattendo tutte le opposizioni

fattegli , ne stampò in Firenze la risposta

pure in forma di lettela ai signori Ales-

!

sandre Moro Inglese , di cui conservava' una bella elegia in sua lode, e Abate!Bourdelot signor di Condè, e di s. Leger.j

E perchè , come egli stesso asserisce in

altra delle sue Opere ,egli ebbe 1

’ onoredi servire in una Corte , alla quale da'

tutte le parli del mondo corrono tutti que’grand’ uomini , che coi loro pellegrinaggi

van cercando, e portando merci di virtu-

de ; seguitò il Redi a dar fuori in diversi

lempi altre bellissime fatiche piijuc di dot-

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trina e di recondite erudizioni , similmen-te in forma di lettere a diversi amici suoi,

come furono l’ esperienze intorno a diver-

se cose naturali , che ci son portate dal-

. rindie, indirizzate al Padre Atanasio Cbir-

Icber della Compagnia di Gesù , uscite al-

i la luce r anno ibyi. che pure furon tra-

dotte in latino, e stampate in Amsterdamnel 1675. Opera fatta coll’ occasione d’ es-

ser capitati alla Corte di Toscana l’ anno1662. alcuni Padri Francescani dall’ Indie

Orientali, che da que’ paesi recarono mol-te curiosità, e le feccr veder^al Grandu-ca. L’ esperienze intorno all^Henerazionedegl’ insetti a Carlo Dati

,panmente tras-

portate in latino , e impresse in Amstèl^dam, fattane poi la quinta impressione

> Firenze nel i688. Contea a queste stampò

I

alcune opposizioni il Padre Filippo fionan- 1

ni , alle quali in altre sue Opere rispose

il Redi non meno con chiara evidenza

,

che con singoiar gentilezza. Le osservazioni

intorno agli animali viventi , che si tro-

vano negli animali viventi , stampate in

Firenze 1684. con moltissime belle ligure

in rame. E ben si diede a conoscere al

mondo , essere egli il genio della natura ,

discopritorc di verità ,creatore di belle ed

utili dottrine, ed artefice di squisita fa-

condia in tutte queste Opere , scritte dalui nella Toscana favella, le sue delizie e

i suoi amori, con tanta proprietà e purità

di stile che nulla più;

onde perciò sono

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XVIIlatte citate nell' ultima edizione del Yoca*boiario della Crusca; della quale Accade-mia egli fu benemerito e affezionatissimo

sempre ,avendovi con sua gloria sosleiime

tutte le cariche fino alla suprema di Ar-ciconsolo. Per questo suo tenero amore al-

la lingua Toscana , meritamente fu anco-ra insignito del titolo di Lettore della me-desima nello studio Fiorentino. Ebbe sem-

ftre in sommo pregio gli autori di nostra

ingua ; onde ritrovandosi tra’ suoi scelti

manoscritti uno antico codice delle vite di

Dante e del Petrarca , scritte da LiouardoAretino , confrontatolo diligentemente eoaaltri testi a penna , lo fe' stampare in Fi-

renze nel 1672. Fu ollremodo vago delle

antiche memorie , e diligentissimo conser-

vatore delle medesime;

per lo che, tra

r altre sue cose , avendo scritta una eru-

dita lettera a Paolo Falconieri, intorno al-

i’ invenzione degli Occhiali da naso , la

diede alle stampe ben due volte in Firen-(

ze , con aggiunta in quest' ultima , e fuquesta lettera tradotta poi in francese daMonsù Spon^ che forma la sedicesima dis-

sertazione delle sue curiose ricerche d’an-

tichità stampate in Lione nel i(j83. Ma

3uanto egli valesse in questo particolare

i antiche , nostre e straniere erudizioni

,

le dottissime annotazioni , che e' fece al

suo celebre Ditirambo, intitolato Bacco in

Toscana, sUimpato due volte in Firenze ,

ed una in Napoli , insieme con tutti gli

J\cdi. Opere, b

T

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XTIII

altri suoi libri, chiarissimamente il dimd«

Strano. Questo fu l’ ultimo suo ammirabilej)oelico componimento , con artificiosa evaria struttura per lungo tempo , e conamore da lui fabbricato, e delle accenna-

te annotazioni,per le quali altri il cliia-

tnò il Vairone Toscano arricchito. Non si

può mai a bastanza ridire l’ applauso

,

che colle sue dolci Tirtuose maniere s’era

acquistato appresso i nostrali e stranieri ;

basta dire , che in segno di ciò egli rac-

colse un ben grosso volume di poesie to-

scane e latine, fatte in sua lode da diversi

eccellenti soggetti, che si conserva appres-

so il Bali Gregorio Redi suo degno nipo-

te, insieme con altre sue Opere non coin-;

pite; tra le quali sono il Vocabolario Are-

tino , moltissime note a quello della Cru-sca , il Ditirambo principiato dell'Acqua ,

che egli formò, fingendo Arianna amma-lata per lo soverchio vino bevuto ; e me-ditava ancora di dare alla luce le Rime e

le Lettere di F. Guittone d'Arezzo , anti-

chissimo Prosatore e Poeta toscano , delle

quali ne aveva due buoni esemplari. Nonmancarono ancora molli , che aedicaronoal glorioso suo nome le opere loro ;

cometra gli altri furono Pietro Adriano Van-den Brocch Fiammingo Professore d’ Uma-nità nella città di Pisa , il secondo libro

delle Selve Poetiche, le cui Lettere Lati-

ne , sua opera postuma , divisa in tre li-

bri , e già al Redi dall’Autore disegnata •

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XIXfn a lui dedicata da Loreneu Adriani Luochese scolare del Vanden firoecb ; dodici

delle quali lettere piene d’ alta stima delHedi, sono al medesimo scritte. AlessandroMarchetti celebre Matematico, e Professo*

re altresì nello studio di Pisa , dedicò al

Redi il libro della natura delle Comete.Giuseppe Zambeccari Lettore di Medicinanel sopraddetto studio ,

1’ esperienze intor*

no a direrse viscere tagliate a diversi ani*

mali viventi. Lorenzo Bellini il Trattato

de Urinis et pulsibus , de missione san-

guinis, de fehrìbus , de morbis capitis , et

pectoris. Giuseppe del Papa indirizzogli i

tre suoi libri , dove si discorre della na*tura deir umido e del secco ; del caldo edel freddo; del fuoco e della luce. AntonFilippo Ciucci Aretino il Filo d’Arianna

,

ovvero fedelissima scorta agli csercizj di

Chirurgia. Giovanni Caldesi le Osservazio-

ni Anatomiche intorno alle Tartarughe.

Benedetto Menzini il libro De literatorum

homintim invidia, e il trattato della costru-

zione irregolare della lingua Toscana .

Francesco Cionacci un breve trattato purdella Lingua

; e queste due opere Tosca-ne gli furono indirizzate 1’ anno del suoArciconsolalo. Gio. Cosimo Botiomo

, ePietro Paolo da san Gallo i loro opusculidi naturali osservazioni. Federigo Nomi le

poesie liriche. 11 Padre' Francesco Eschi-nardi Gesuita il Corso Fisico* Matematico,etl una Lettera della meilesima. materi'.r.

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£ Anton Maria SaWini suo grande amicoj Discorsi Accademici. In mezzo a queste

sue glorie , ad onta di sii/u piccola com-

f

dessioue debilitata bene spesso dalle ma-atlie , che lo travagliavano , come fq il

xnatcaduco , da lui pazientemente negli

ultimi anni di sua vita sofferto, mantennesempre indefesso 1’ amore alle Lettere , e

r affezione agli amici, i cui parti d'inge-

gno volentieri tutto di ascoltava ; e sopra

tutto l'assiduo servigio, ebe egli prestava

alla Casa Serenìssima di Toscana , colla

quale portatosi llnalmente a Pisa 1' anno1697. f^u la mattina del di primo del me-se di Marzo dàll’ Incarnazione del Salvato-

re trovato nel proprio letto, esser passato,

a cagione delle suddette sue indisposizio-

ni , da un breve e placido sonno agli e-

temi riposi del cielo , dove il suo buoncostume, e la sua religiosità ci persuado-

no, che egli sia andato sicuramente. Por-

tato il suo cadavere, siccome egli aveva

ordinato, ad Arezzo, ebbe nella chiesa di

san Francesco onorevole sepoltura , dovedalla pietosa riconoscenza del Bali Grego-

rio Redi suo nipote, anch’ egli Accademi-co della Crusca , e Arcade gli è stato e-

retto un nobile c ricco sepolcro di marmi,nel quale sono scolpite solamente queste

parole r FRANCISCO REDI PATRITIOARETINO GREGORIUS FRATRIS FILIUS.

£ ben può servire a tutti i secoli che ver-

rauoo,

per uo lunghissimo e degnissime

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XXIelogio il solo nome di questo erand'uomo.Gli furono fatte colà pubbliche esequiecoir Orazione funebre , composta e recita*

ta dal Canonico Giovan Dario Cipolleschi,

tra gli Arcadi Cloridano Achelojo , chemorì vice-custode della nostra Colonia For-

zata in Arezzo. Lasciò alla sua Casa que-

sto onorato gentiluomo una ricca eredità,

e molti legati pii a favore della sua dilet-

tissima patria; la quale per decreto pub-blico collocò il suo ritratto, come suol fa-

re degli illustri suoi cittadini , nel palagio

pubblico; imitando in ciò il glorioso esem-pio di Cosimo III. che non solo in foglio,

ma in bronzo lui vivente fece imprimerein tre artificiose medaglie con ingegnosi

rovesci , alludenti alle tre facoltà , che in

eccellente grado possedeva di Filosofia",

Medicina e Poesia. Dispiacque oltre ogni

credere la sua morte, non solo a’ suoi piùcari amici , ma ai nostri Principi tutti

,

che molto 1’ amavano. Piansero ancor la

sua perdita le più ce.lebri Accademie d'I-

talia , nelle quali egli era descritto cometra le altre i Gelati di Bologna , che neavevano già stampato un nobilissimo elo-

gio tra le vite di quegli Accademici l’an-

no 1673. La nostra Arcadia, dove si chia-^°*'

mò col nome di Anicio Trauslù) ; e prin-

cipalmente la Crusca^ di Firenze, la qualegrata alla memoria d^un tanto Letterato ,

e gli diè luogo tra le immagini de’ suoi

pia rinomati Accademici , e gli celebrò

pubblica Accademia l’anno 1699. il di i 3 ..

Agosto , con buon numero di poetici com-ponimenti, e colla Orazione funebre fatta

e recitata dal mentovato Anton Maria Sal-

vini ,nella quale mostrollo l’Amico Lette-

rato ;altro non essendo stata la vita sua

,

che un continuo esercizio di letterata ami-

cizia. E veramente, se il principal fonda-

mento della buona amicizia è la virtù ,

quali attrattive non avevano,

per gentil-

mente forzare altrui ad amarlo e riverir-

lo, e tenerlo caro, i suoi incorrotti costu-

mi, ne’ quali spiccava a maraviglia il ga-

lantuomo e 1’ uomo d’onore, le tante vii'-

tù morali , che risplendevano in lui , la

moderazione, la modestia, il genio di gio-

vare a tutti , r avversione a nuocere adalenno , il prevalersi della grazia de’Prin-

cipi più , che a favore de’ suoi , in pròdegli altri ? il ebe fu giustamente notato

dagli Accademici Gelati di Bologna nel-

l’elogio fattogli in vita sua, con dire:

A' suoi serenissimi Padroni non sa maichiedere cosa alcuna per vantarlo di suapersona , a chiedere per altri si mostraprontissimo , e talvolta riesce per cosi dire

importuno. Troppo lungo sarei , se io vo-

lessi numerare tutti coloro, che di lui, edelle Opere sue, fecero nelle loro onorata

menzione. Tra quelli, che 'alla rinfusa misovvengono , sono : Carlo Dati nelle vite

de' Pittori antichi. Donato Rossetti Profes-

sore di Matematica nello studio di Pisa

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xxmnella prefazione al trattato della composi*zione de’ vetri. Gemiiiiano Montanari fa-

moso Professore Matematico nello studio

di Bologna , nelle Speculazioni fisiche so*

pra gli effetti de’ vetri, dove in molti luo-

ghi cita molte esperienze fatte dal Redisopra tal materia. Francesco Folli nel suoTrattato fisico. Filippo Baldinucci nei De-cennali delle vite de’ Pittori. Egidio Me-nagio nelle Elegie latine , c in altre sue

Opere. Stefano Lorenzini in molti luoghi

delle Osservazioni intorno alle Torpedini,

dove cita un trattato inedito deH’Anguille

fatto dal Redi. Jacopo Grandi Medico Ve-

neziano nella risposta sopra alcune richie-

ste intorno all’ isole di s Maura e la Pre-

vesa. Ferdinando Leopoldo del Migliore

nella Firenze illu.Urata. Carlo Maria Magginelle rime. Lodovico Antonio Mm|^^||i

nella vita del, detto Magg^Luca xerenzi

ne' soneiii e nelle canzoni. Agostino Col-

tellini nelle sue opere. Ezecchiello Spane-

mio : De praestantia, et usu numisrnatumantiquorum. Gio. Andrea Moniglia nella

spiegazione de’ vocaboli e proverbi della

plebe Fiorentina e del contado , inserita

traile sue opere drammatiche. Giuseppe Ci-

gnozzi nel libro d’Ipocrate dell’ulcere conle note pratiche chirurgiche. Alessandro

Pascoli Perugino Lettore di medicina nel-

l’Università di Roma nel libro delle feb-

bri. Il Vallisnieri ne’ Dialoghi sopra gl’in-

setti. riiccolò Lemery noi suo corso di Chi-

«XlTmica. Giovali Vincenzio Coppi nelle Me-morie isteriche di san Gimignano. II con-

te Vincenzio Piazza nel poema di Bona,

espugnata. Ipolito INeri nelle rime. 11 P. Fi-

lippo Bonanni nel libro intitolato: Ricrea-

zione dell’occhio e della mente. Domenicode Angelis nella Dissertazione della Patria

d’ Ennio poeta. Il P. Carlo Scrnicola Car-

melitano nelle rime. Giusto Fonlanitii in

più luoghi delI’Aminta difeso. Antonio Bu-

lifon nella seconda Raccolta delle sue let-

tere , dove ne scrive una al Redi di rag-

guaglio sperimentale. Alessandro Marchetti

ne’ Saggi de’ suoi sonetti. Anton Francesco

Bertini nella Medicina difesa. Benedetto

Meuzini nelle poesie , c nelle note alla

sua Poetica. Il Senatore Vincenzio da Fi-

licaja in quattro maravigliosi sonetti. Pao-

IwMÌmvcì nelle note al poema di Loren-zo Lippi. Antooio del Casto nel Sp^o so-

}tra r origini della lingna toscana, lì Pa-

dre Tommaso Strozzi INapolitauo della Com-pagnia di Gesù nel poema latino della

Cioccolata. Giovan Mario Crescimbeni in

molti luoghi delle sue Opere , e special-

mente nella Istoria della volgar poesi<< «

dove fa nu breve si, ma sugoso elogio del

Redi , dal quale spezialmente apparisce

quanto grande amore rpiesto famoso lette-

rato portò all’Adunanza degli Arcadi, cui

lino all’ estremo della sua vita mostrò se-

gni di stima ; trovandosi molti componi-menti, e molte lettere di lui nel lor ter-

xxtbatojo. E molli e molti altri autori, clic io

qui tralascio ; oltre all’ onorevole memo-ria ,

che di lui si legge nella Bibliote-

ca Anatomica , e nella Biblioteca Me-dico-pratica. E n verità ciò che si di-

ca di lui, non vi ha sospetto di mentitri-

ce adulazione; orde non saprei meglio lo-

darlo. che colle stesse parole dei due suoi

nominati insigni liscepoli Lorenzo Bellini

e Giuseppe del Papa , coll’ occasione di

dedicargli le opere loro. Son queste, le pa-

role del ])rimo : Tollit quidem omnem dete falsae laudaticnis suspicionem comma-nis iUe consensm omnium gentium

,quo

uhique diceris in omni generb eruditionis ,

in omni splendor* doctrinae , in omni gra-vitate sapientiae

,prudentia , consilio, mo-

rum suavitate , integritate animi, constane

tiaque singidaris , ut nihil snpea , imdeexultat Etruria t»ta

,priscam majestatem

cum simplicitate conjunctam,quam arti

Mediane conciliateiat Hippocrates , et sue-

cedentium temporim conditiones lahefàcta-

verant , et penitus exerterant , tanto cura

plausi* honorum omnium , tanto fremitaimperitorum

, cum tanta hominum utilica-

te , tua opera reititutam. Il secondo, bia-

simando coloro , che lìdandosi dell’ altrui

parere , ,it«i>-si Condano^spUc ragioni >sisull’ cspei ienze ben fatte , dice allo stesso

Pedi ; Non così può già dirsi di V. S. osignor Francesco, la quale non acqueta-tasi punto alla cpinione degli altri , c di

V

XXVIgran lunga separata dalla schiera del vol-

go^ ha saputo colla somna sua intelligen-

za ^ e con accuratissimi esperienze trar

Juori allo splendore della 'verità tante etante belle conclusioni , "//e per t innanzidentro alt oscuro grenho della Naturaerano ascose : onde siicome 'viveranno

eterni i suoi dottissimi llfri , cosi ancoranon morirà mai appreun gT indagatori

del vero la fama e la lede , che ella conessi si è meritata. Vagliami finalmente in

vltimo , in attestalo della virtù del Redi «

la stima , che ne fece d>po sua morte il

Serenissimo Principe Feriinaiido di Tosca-

na; il quale, a spese distia reai munifi-

cenza, ordinò, cne fos^ stampata tina

scelta di 6o. suoi leggiadrissimi sonetti

,

trascelti dai moltissimi , clic vanno attor-

no per le mani degli iiiendcnti. Furonoquesti impicssi in Fircn» in foglio reale

con molti nobilissimi lani nella Stampe-ria del G. Duca Tanno 1702. E poi di

nuovo comparvero alfa |uce in piccolo,

per renderli più comuni,con un sonetto

avanti , fatto sotto al ritmtto del Redi daCarlo Maria Maggi. Sopfa di questi giu-stissimo è l’attestato, che ne fa il dottissi-

mo Lodovico Antonio Miratoci ncL Trat^L^o della perfetta jiocsl; , dovedichiarando 11 liedi uom* di finissimo gu-

sto, ed esaminando aleuti de’ suoi sonetti,

vi riconosce per tutto, cerne egli confessa,

delicatezza e tenerezza naturale , rara soa-

DigitizacLb

xxvnTità , chiarezza continua , finimento singo-iar dello stile , artifizio magnifico , dolcemelodia

,grazia e naturalezza. Il che otti-

mamente s’ accorda col giudizio , che ne•vìen dato nella Prefazione stampata inFi-rraze axanti a’ nominati sonetti, col qualesi può francamente concludere per epilo-go di tutto ciò , che s’ è detto m questabreve Vita di Francesco Redi : essere cosicelebre per tutta V Europa il nome suo ,che è superfluo adornarlo d* encomj

; ^or-chè la sua virtù ^ e la sua universal lette*ratura lo renderanno sempre famoso a'se-coli futuri , come ha avuto vivendo talfor-tuna nel passato.

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J3igitiz«4-b5^0ÒgIe

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SlLLl LODI

PI

FRANCESCO REDIACCADEMICO DELLA CRUSCA.

ORAZIONE

D’ ANTON MARIA SALVINI

Detta da esso neU’Accademia pubblica

funerale fatta sopra il medesimo

Tanno 1699. il dì i 3. d’Agosto.

E proprio della forte mnicizia non po-

tere portare in pace il desiderio dell ami-

co,quando è lontano « e consumarsi dt

rivederlo , e sempre nella memoria ripas-

sondo le cose sue^ averlo a quella ognorapresente. Or che sarà

,quando alcuno non

da un particolar paese dilungatoy ma da

questo mondo partito y lascia di se appres-so tistti ottima ricordanzoy e •spezialmentein chi lo conobbe , e famigliarmente il

conversò , desiderio non ordinario ? Certa-mente che quello sarà il contrassegno ve-ridico y e'I paragone sincero duna veracee ben fondata amicizia

,quando col tem-

po la memoria del trapassato amico nons' estingue , nè lui morto muore ; ma vive

sempre, fresca , vigorosa e gagliarda , si

si mantiene. Amai quanto alcun altro ; equesta fu ben avventurosa sorte mia ; a-maiy dicoy il leggiadrissimo Poeta Tosca-no y r insigne Accademico della Crusca y

r oculatissimo sperimentatore , il pruden-tissimo e nobilissimo Fisico

, t erudito , il

dotto y il savio y il cortese, C onorato, il

gentile, e nella patria nostra chiarissimo,per tutte le parti del mondo rinomatofRANCESCO REDI d immortale memoria,e da esso fui sopra ogni possibilità di miabrama riamato, continuamente accarezza-to y onorato , lodato , ed in voce e negliscritti ; talché parca , che me in partico-lare si fosse egli posto innanzi per segno,ove gentilmente saettasse la sua generosacortesia. Cosi in ogni luogo , ad ogni sorta dipersone, si prendeva amichevole compiacen-za difar risonare il mio nome nelle sue lab-

bra,e d empierò di quello P orecchie an-

TLUX'l

cara de' Grandi, per acquistarmi coìr au-

torità sua qualche benigno posto nel lor

giudicio. lo per me in contraccambio gli

rendeva tuttora i miei umili ossequj, ed alui stava in perfetta unione d"amicizia le-

galo ; la quale cosi forti impresse nel miocuor le radici , che nè tempo , nè monepotranno svellere, nè dibarbicare giammai.Tra tutte quante adunque le prerogativa

e le doti , che il nobilissimo e gentilissi-

mo animo suo adornavano a maraviglia ,

ed arricchivano , ben han molta ragione

tutti , che il conobbero , ed io sopra tutti

di celebrare quella , che a me piace ora

dall altre trascegliere , deiramicizia lette-

rata. Eccomi dunque a soddisfare al pie-

toso ufìcio damico , e a consolare in par-

te il desiderio comune nato dalla mancan-za , e dalla perdita di tanto Uomo , confarvene nel miglior mudo , che per me si

potrà il ritratto ;dimostrandovelo CAmico

Letterato.

Quanto cera,quanto santa , e desi-

derabil cosa sia t amicizia, e quanti frutti

e comodi e vantaggi ne arrechi a chi fi-

na e leale ne la possiede,non occorre

che io in molte parole a sporre m' affati-

chi;

poiché torrebbe il sole dal mondo

,

disse colui, chi dal mondo levasse t ami-

cizia Ella le tenebre delle confusioni ede' travagli , che talora ingombrano e pre-

mono r anime nostre,co' dolci ed oppor-

tuni ragionamenti consolativi rischiara. Le

Jtxxii

felicitadi col gaudio, che dal cuore d'uno

amico nell' altro amico si versa, e dijfon-

desi, cresce incomparabilmente e rinnalza

e moltiplica. Il savio , dagli stoici , con

sublime ed invidiosa idea , e non per a-v-

ventura trovabile cosi di facile,Jigurato ,

che sarebbe egli costituito in solitudine

,

se non avesse davanti un lamico per ispet-

tutore e vagheggiatore delle sue doti ?

JJ interna sua felkità ,quantunque com~

pila per ogni parte fosse e perfetta ; tut-

tavia senza gli amici riuscirebbe manca edimperfetta ;

spuria inoltre ed illegittima è

in certo modo quella amicizia ,che dal bi-

sogno e dair itidigenza ne nasce , e a tu-

multo e a varianza soggetta. Ma quella

conciliata dalla similitudine de' costumi,

dal confronto de' genj , e che non sutCin-

teresse, o sul piacere, come quelle de'vol-

gari ;ma sulla bontà sola è forulata ; co-

me quella de letterati,quella ò , e addo-

marìdare si puote bella , buona e leale

amicizia. È una virtù t amicizia ,come

jiristotile vuole, e la cosa stessa il con-

ferma ; ed in essa atti virtuosi e morali

continuamente !t esercitano ,somministran-

do larga materia agli animi generosi e

gentili di spiegare quel bello , che dentro

tengon racclUuso. Gli uficj, i doveri, i con-

venevoli ,non sono cose tutte d' onestà e

di giustiziai Le finezze, le cortesie, le H-

heralitadi , le lealtadi , le gentilezze tutte

han per sorgente la bella amicizia, ììe vii-

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XXXIII

tà adunque ' è F amicizia,

quegli che èamico si potrà dire ancora virtuoso ; manon dvl genere delle virtù speculative oiF intelletto ;

ma delle pratiche , o morali,

cioè costumato. Or chi potrà meglio esser

tale , del buon Letterato ? le btume Let-

tere , che da noi con titolo al lor pregio

inferiore , belle si chiamano , non essendo

altro in sostanza, che moralità per tutti i

buoni componimenti , cosi degli antichi,

come dé novelli , diffusa. Che se la forza,

e la leggiadria del favellare è uno aggra-

devole e poderoso incanto , che allaccia i

cuori , e tiene gli uomini per gli orecchi

con preziose catene , a guisa delC Ercole

Celtico, legati e stretti, dove si ritrova que-

sta maggiore,

che ne' Letterati ? i quali

ben hanno alle mani di che discorrere,

sopra [opere di Natura, del Cielo , d' Id-dio

, sopra la varietà della fortuna e decasi umani

, che hanno in veduta tutta

T antichità , che per amici si tengono efamiliari i buoni Scrittori, che si dilettano

maravigliosamente nelle loro belle e buo-ne sentenze

,e che la gran Poesia

, comeogni bene armonizzato intelletto dee avercara , così essi hanno in sommo pregio ?

La loro memoria di quante notevoli coseè tesoro, e come fan pendere le genti dal-

la lor bocca i savj e scienziati uomini, li

quali i loro belli e profondi sentimenti, ele loro per lungo studio formate osserva-

zioni , con agevolezza indicibile in pochiRedi. Opere. Voi. l. c

XTXITmomenti apprendono , mentre eglino consoavità mirabile amando di comunicare le

lor cose , senza invidia , o riservo, ne le

compartono. Le toro accoglienze son na-turali e liete , non isforzate e finte , nella

loro fronte aperto si scorge f animo ; everso chiunque egli subodorano

, che dei

medesimi studj si diletti, prontissima corre

là la benevolenza e f affetto , sincera be-

nevolenza , limpido affetto f base e comin-

ciamenta di stabile e di perfetta amicizia.

E come quegli , che sono impastati,per

cosi dire , di vera e generosa gentilezza ,

odiano i vani, gT iruitìU, gli affettati com-plimenti , poiché non son usi a pascersi ,

nè a pascer altri di vanità, l'osto discen-

dono a una Jamigliarità nobile, a una di-

mestichezza gentile, di dignità piena e di

grazia. Ogni lor moto ,ogni gesto , ogni

Tegumento è dal garbo e dalla disinvol-

tura e dalla cortesia accompagnato. Inno-

cente il trattenimento, poiché in quello si

tratta de comuni sutdj , si recitano a vi-

cenda i componimenti , con fare sopra que-

amichevoli critiche riflessioni, così for-

mandosi, e ripulendosi il giudizio. Non

s' intacca , come ne' circoli de' plebei. Tal-

trai fama , non si mormora delle pubbli-

che faccende , nè delle cose si discorre ,

che a noi non appartengono. Le Muse più

gioconde, le Grazie più delicate, le ame-nità più squisite , te finezze (€ ingegno più

rare, le novità letterarie più curiose , le

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xxxtdisputazioni pià vaghe formano il passa-tempo, e i ra^onamenti piacevoli insieme

e onesti e fruttuosi. Sbandite adunque so-

no da tali letterate conversazioni le invi-

die , le maldicenze , le smoderate allegrie,

le nauseanti oziosità, i viziosi e gli oziosi

discorsi. Niente di frivolo , di licenzioso,

di stolto;

il tutto pesato , moderato , sa-

vio. Onde uno sempre non pe^iorato

,

non depravato e guasto , ma pià dotto neritorna, e migliore. Ben tutto questo si rav-

visava nella dotta e gentile conversazione

del Redi, il quale parva fatto a posta, emandato dal Cielo espressamente quaggiìt,

per instiIIare soavemente ne cuori di chiun-

que gli s' appressava ,F amore degli studj

e delle Lettere, e per inspirare nello stes-

.so tempo F amore delF amicizia , che perquelle massimamente s' acquista. O geniodel Redi amorevole, benigno , ammiratore,ed amatore de Letterati , e degli studiosi

grandissimo l che nella censura esercitava

la finezza del suo giudieio , nella lode fa-cea spiccare sua gentilezza amichevole ;

gli altrui studj favoriva , sollevava,

pro-

moveva ; onde molti insigni personagginelle Lettere sotto la sua guida , e sotto

i suoi auspici a eccelso posto di gloria

pervennero, col suo finissimo discernimentogli scoperse , e scoperti gF incoraggiò , e

incoraggiali gli formò,gli allevò

,gli mo-

strò al mondo, e la nostra età. ne rendè

pià onorata e pià chiara. Al contrario di

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XXXTtquei falsi amici e falsi, letterati

(che non.

vi ha cosa si buona tra noi, che' non ma-ligni nella sua corruttela , e che soggetta

non sia a guaslamento, e a falsificazione')

i quali pieni d' orgoglio , di vanirà , dipresunzione , iT invidia , ciechi amatori di

se stessi , disprezzatori rf altri , mal ve.g-

giono chiunque s' apparecchia ad aver po-sto tra i Letterati, amando eglino rtesser

soli gli ammirati e i iodati, onde invidio-

se gore ne nascono, e talora sanguinolenti

contese , con iscialacquamento di tempo,

il quale più utilmente compartire si dove-va , e con accattar brighe e travagli senza

fine , e porre in discredito e in vilipendio

le Lettere , le quali dove aveann a essere

iT amicizia conciliatrici , fanno colle acer-

be liti e nimistà odiosi a un tempo , e

ridicoli comparire nel teatro del mondo i

loro seguaci. Ala lungi , lungi dal bencomposto cuore del Redi un cosi fatto

abuso, e reo maneggio delle Lettere

, chedella pace amiche sono e compagne , e of-

ficiosi e gentili fanno gli uomini, in cui

elle daddovero, e legittimamente s'appren-

dono, e gli oltraggiosi tumulti fuggono, edalle inquiete risse lontane stanno. Esem-pio di letteraria moderazione Jìa sempre il

Redi , rarissimo ed immortale : poiché il

suo dar contro , che non faceva egli se

non di rado , e per grandi cagioni , e co-

stretto,non era un offendere , ma un ob-

hligùre;

il rispondere, alle opposizioni, un

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XXXTllsemplicemente difendere se stesso senzaoltraggiare altrui ; anzi congiunto semprecolla stima di quello^ a cui egli obbligatodi rispondere si trovava. E per tutto rUu~

|

ceva t amore alla verità,la quale essen- I

dogli sopra tutte le cose rara , non dimi-j

nuiva però punto quella pia affezione^ esolenne carità , che a tutti i letterali por^tava. Tutta la vita sua in somma era uncontinuo esercizio di letterata amicizia. E

|

che altro fu mai quella divozione verso la

Casa regnante di Toscana fedelissimamen-te fino altultimo spirito coruervata^ nella

cui Corte scuola perfettissima tC ogni piùsovrana virtù , allevato , non solo né con-

sigli di sua nobil professione , alla qualeraccomandata era la salvezza di coloro

,

da cui pende quella de' popoli’, ma in affari' ancora ,

e maneggi di confidenza edi fedeltà fu sovente impiegato; per tutto

dando sa^o di sincero e leale amico ,

non già della fortuna , ma delle personemedesime : e ben lo mostrò la savia e pru-

dentissima Granduchessa Vittoria, nel cuialto giud’cio trovò egli ji grazioso posto

,

che essendo da lei con segni di stima edaffetto continuamente riconosciuto

; fu dalei con ultima e vera dimostranza, di no-bil lascito onorato, L' amicizia de' grandinon coltivò egli per farsi abuso di suapotenza , col precipitare questo e quello ,

ma unicamente per beneficare le genti, eavanzarle, A tiiuno dannoso, a tutù uU-

XXXVIUle. Ldifigi da lui la vanità e la burbanza.

E in tanto credito , in tante ricchezze ,

che egli onoratissimamenle acquistò, fu

segnalatamente modesto, e sempre si stette

umile in tanta gloria. Amico egli era ai,

discepoli suoi , a quali il suo sapere, noncon austero sopracciglio , ma per modo di

grave e piacevole conversazione , comuni-cava , andando con essi in volta per la cit-

tà; esercitando sua gentil facoltà a bene-

fizio delPuman genere. E tra questi buonaparte trascegliendo, e le comunità di buonimedici provvedeva , e le cattedre di eccel-

lenti lettori forniva. A' principianti giovani

amico, i quali nelle sue orecchie deposi-

tavano le primizie de' loro studj,e dalle

sue esortazioni prendevan lena, c le mos-se per r onorata loro carriera. I letterati,

e dotti uomini colla sua autorità, che ap-

presso tutti acquistata s' era grandissima ,

con singolare benevolenza abbracciando

,

ben faceva vedere , salda base delTamici-

zia esser le lettere;

poiché non solo i

presenti, ma i lontani ancora di tutte le

regioni , ove pur fosse politezza e civiltà ;

colta infinita dilezion sua, e col letterario

mantenuto commercio , a se univa e com-prendeva. O letteratura adunque nel Redifontana di bontà e d" amicizia ! Traggansiindietro la superbia e T arroganza dallasua umanità e gentilezza disperse e confu-se. Fugga r invidia davanti alla sua cari-

tà, e confessi, che nel vero letterato non

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XXXIXHti luogo. ytìTncizia

, pace , concordia, be^nevolenza, ufizj scambievoli, ilarità, schiet-

tezza , cortesia , bontà, generosità

, bene-ficenza ,

queste,queste son le virtuti so-

lenni e legittime, else fanno la corte dellaletteratura. Niuno andava a lui, che con-•solato, e insieme ammaestrato non si par-tisse ,

ammaestrato dalla dottrina , thè egli

dissimulantemente ancora, e per acconciomodo instiilava ; consolato dalla naturaibontà, che tome gioja in lui risplendeva, ein ogni gesto, e in ogni piccolo moto suo,e nel silenzio medesimo a conoscer si dona-va ; bontà di cuore

,fontana viva di nobi-

le e di 'verace cortesia. Giovani voi , chedal dolce desio di gloria spronati, abban-donando generosamente gli spassi, e i di-

lettosi inviti di vostra fresca età non ascol-

tando , aie erto e faticoso poggio della

virtù V incamminate, dite, chi vi fece darei primi passi ,

chi 'vi diè mano , chi -vi

scorse , chi vi confortò nel gran 'viario ,

ehi i vostri sudori con sobrie ed aggiusta-

te lodi inghirlandando asciugò, se non il

Bedit Al Bedi infiniti debbono gli onoraticominciamenti de' loro studj, e i forti pro-

gressi in quelli fatti. Fìsonomo gentile de-gT ingegni-, in questo emulator di Pittago-ra, a prima fronte gli squadrava, gli rav-

visava , ed una •volta conosciuti , non ^lasciava in pigro òzio intristire-, ma qualperito signor di terreni , •volea , che tut-

tora si colti'i'asseso , e con t occhio sue

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XLvisitandopU impingitava.’ Gioitami (/fa

dir cosa in me succeduta, perché da que^

sta si conosca la virtù della gentUezuiamichevole di si gran letterato. Produci-

tnce ella fu in me unicamente(rendasi

onore alla verità ) di tutti quei poveri

parti deir ingegno mio , qualunque egli si

sia , aNevati e cresciuti sotto la luminosa

ombra di sua gentil protezione ; che benmnsttava in se stesso trasfuso lo spirito

e V genio nobilissimo di quelt antico suo

cittadino , che alludendo , credo io , adArezzo sua patria , insigne , tra C altre

anticamente per vasellamenti di bella ter-

ra , Augusto Imperadore in una facetalettera al medesimo indirizzata , rapporta-

ta da Seneca , Diaspro per ischerzo ap-

pellò de' Vasari ; di quel letterato Corti-

giano io dico disceso per lunga serie da-

gli antichissimi Signori di Toscana, prin-

cipal lume deltAretina gloria il gran Cil-

nio Mecenate . nome ornai più di virtù ,

che di persona ; favorendo a guisa di

^quello nella Corte di Toscana le lettere ,

• e me in particolare come di quello stu-

dioso e bramoso di quelle,proteggendo ;

e di questo suo generoso favore ne ho sen-

titi , e ne sento pur tuttavia solidissimi

frutti. Città nobilissima di Toscana , edantichissima, che quasi dal santo linguag-

• gin per figura dC eccellenza Arets cioè ter-

ra ti appelli, chiara tTuomini, e in guerra

* • in pai» famosi , clte inventivi hai gFin-

Digiti,: od by Googlc

ffegni ed eloffuenti , come un tuo Guidopadre della moderna Musica i o tramai-tri molti., che per brevità io tralascio., i

Carli Marzoppirù , i Ldanardi Bruni, già

letteratissimi Segretari della Fiorentina

Repubblica-, e i tanti Accolti per lettere,

e pià d' uno anche per sacra porpora in-

signi, tutti- nella nostra fiorita Cittadinan-

za gloriosamente innestali ; nobili e 'ver-

deggianti rampolli tuoi abbondevolmenteil dimostrano

,e fin f istesso Petrarca

gran cittadin nostro, cui nel tuo grembonascente con favorevole aspetto rimiraron

le Muse ;ben può , o città di' Arezzo ,

'gioirti ihcuore , come di antica e buona' madre , nel eedere in questi ultimi tempi

la gloria del tuo nobil figlio , e insieme

nostro cittadino Francesco Redi, fiorire e

distendersi dappertutto ; portendo sopra il

capo tuo corona dC onore luminosa,

pre-

ziosa, immortale. Tanto avea la gloria di

fiti vivente oltre ogni uso umano, e sopra

ogni credere , qual chiara fiamma caligi-

noso fummo sormorUata, e sopraf/atta Fin-

'vidia, che non aspèttasU tu a riporlo tra

t ritratti degt illustri tuoi nobilissimi citta-

dini nel palagio pubblico per segno di

onoranza , come degli altri solevi tu fareappresso morte ; ma vivo ancora , e spi-

rante lo coruacrasti alla gloria-, imitandoin ciò il glorioso esempio del tuo e nostro

sovrano oggi Regnante -, che in bronzo lui

vivente imprimendo in tre artificiose meda-

*LII

fflie con ingegnosi rovesci alludenti alle

tre facoltà^ che in eccellente grado posse-

deva , di Filosofia , Medicina, Poetica ,

fece correre pel mondo nobili , singolari ,

eterni contrassegni della di lui stima verso

, i grandi letterati ; tramandatagli di lungamano , come retaggio , dai suoi gloriosi

maggiori. E ben dovevi tu molto a lui

,

cara patria , sì per» la .iua chiara virtù, ecelebratissima fama, cerne ver Faffettuosadivozione , colla quale te , amantissimamadre sua , riveriva ed oiurruva. Che eglif

che tutto amore era ,e delF amicizia esi-

mio coltivatore , chiaro vedeva, quanto gli

amori nostri trar debbe a se la terra, checi produsse e ci allevò e crebbe, e di beni

e di parentele e (F amicizie ci forni. Sospi-

rava egli nelle tue braccia , come in dol-

ce porto, di finire i brevi e mortali affa-

ticati suoi giorni ;ma quella seconda pa-

tria la bella nostra Fiorenza , che se Fera

come caro figliuolo adottato , e la quale

egli a tutto suo potere onorava e con Co-

pre e coi, detti l^gF ingegni Fiorentini, tra

C altre , sempre al cielo innalzando ) nonlo lasciò mai da se partire, e con ristret-

tissimi vincoli lo ritenne. Cosi era egli per

la sua virtù necessario , utile , e a ariti

giocondo e grazioso. Laonde, o nobil pa-

tria del Redi ,non ti stiegnare , se nelle

sue amabili ed ammirabili doti perduto, e

dallo stupore rapito, rutila io dico de'suoi

onorati maggiori ,che con solermi arnba-

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XLIII

scene f e colle principali magiscrature si

segnalarono ; nè tengo in conto di lode

r antichità di sua famiglia , e F antico enoifello lustro di quella

,quando

, comedalla luce del sole i minori lumi s abbat-

tono , cosi dalla sua bontà vera, e piU in-

trinseca nobiltà, gli altri quasi esterni or-

namenti, vengono oscurati e coperti. Evoi, uditori gentilissimi, contentatevi, cheproseguendo il filo del mio discorso

, io

descriva alquanto accuratamente le ma-niere, delle quali egli si serviva nelle sue

amicizie , e per quanto amate le lettere

,

vi prego ad essermi cortesi della vostra

attenzione. È cosa innata a quei che stu-

diano , e che compongono , il participare

le cose sue a qualche persona amica edintendente , non solo per comunicare la

gioja, che uno prende di sue fatiche, qualpadre , che ha caro di mostrare i suoi

pargoletti , ma ancora per ammendare i

falli, e perfezionare col giudicioso consi-

glio , e coir amorevole censura delF amicoi suoi parti. Per ritrarre adunque una si

lieta giocondità e utilità insieme conside-

rabile, correva io dal Redi a comunicar

le mie bagattelle ; ed egli mostrando di

fame alcun conto , e per F affetto ancoraforse , e senza forse assai maggiore diquello , che elle per loro si meritassero ,

animo mi faceva e corag^^, e a nuovi enuovi cimenti sempre più rrC invogliava.Contasi degli anticìù una molto buona *

XLIV

bella usanza ,/ic’ giorni cortissimi di Di-

cembre dedicati a Saturno, e perciò Sa-

turnali chiamaà , il regalarsi e carezzarsi

scambievolmente con certe amorevolezze epiccoli regalucci, che essi addimandavanoXeuia , ovvero doni ospitali , c con tfual-

che bel distico , o motto accompagnando-,gli

,crescer>an pregio al regalo. Le anti-

che feste Saturnalizie dir si poteano rin-

novellate al tempo del Redi , anzi fatte

perpetue di tutto V anno. Con amabilepersecuzione regalava egli con doni e vi-

glietti piace voli continuamente gli amici ,

e me fìequentissimamente e particolarissi-

mamente ; nè i regali erano di pompa e

di burbanza , la cui liberalità assomigliar

si puote a diluvio tC acqua, che tosto man-ca

, e dilavando del terreno la scorza, nè

addentro penetrando , in breve ora arido

il lascia ed asciutto. Regali erano per usa-

re la frase d"Omero, e piccoli e cari, e a

guisa di minuta pioggerella e spessa, che

non lo mostrando bagna ; t animo e la

memoria , lasciatemi dir cosi ,inzuppavan

dCamore. Non vi credete però,queste li-

beralitadi del Redi senza alcuno interesse,

che vi era e ben grande ; ma che lungi

dal nojare quegli, dai quali ei T esigeva,

recava loro vantaggio. Interesse era questo

letterario ; e co' regali, cioè coi contrasse-

gni di sua stimabilissima confidenza ed

ajfe'to e zelo dell altrui profitto provoca-

va sonetti, provocava canzoni^ provocava

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XLT

ffrofe. Non bisognava venire a Ini conmani, vote dei doni delle Muse, i quili alui

,qual Nume delle lettere , venivano

da tutte le parti in mvravif^iosa copia

presentati divotamente ed offèrti. Oltre atanti in sua lode componimenti, e di stra-

niai letterati, e di nostrali, che un granvolume compongono', quante primizie di’ in-

gegno a lui dedicatei quante Opere uscite

alla luce sotto il suo nome ebbero più si-

cura la fuma, e goderono meglio dell au-

ra del popolar favore', e si poterono pm-mettere dal suo giudicio, e dalt approva-zion sua ben lunga vita. Il più bello , il

più legittimo, il più tranquillo, il più sta-

bile , il più sicuro , il più glorioso impero,

si è quello, che sopra i volontarj si eser-

cita. Or non vi ha cosa al mondo , a cui

r uomo per altro superbo animale e ritro-

so, e del comando mal sofferente, più di

genio si renda e di buon grado , e congajo cuore sottomettasi , che alla virtù ,

al sapere accompagnati dalla cortesia edalla bontà. Queste doti essendo nel Rediin sovrana guisa rnaravigliose, vi stupirete

forse, cortesissimi uditori, e parravvi stra-

tro il mio dire , s' io vi dirò : questo jì

affabile , jt amoroso , si cortese , si rispet-

toso verso di lutti, e si benigno e man-

sueto gentiluomo, essersi da per se stesso,

senza che egli si dispa/a, eretto un trono,

fabbricatosi un regno ; io//ra gente nonvile già e volgare

; ma nobile e scelta e

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XLTI

d animo signorile,

quale si è la nazioneper tutto il civil mondo sparsa dei cari

alle Muse , degli studiosi , de' letterati. Olettere , o amicizia ! Biasimarono i savjantichi il tenere f amicizia di molti

, cheessi chiamarono con un solo vocabolo Po-liJiUax e ciò perchè essendo i genj e le in-

clinazioni degli uomini tanto strane tra

loro e diverse, e le massime ed i costumi

e le maniere cosi varie e moltiplici ; c ri-

chiederulo la soda e vera amicizia unaunifornìtà e concordia di voleri , malpuote un animo solo alla sua guisa for-mato, reggere a sì gran piena , soddisfare

a tanti , e accomodarsi ad ima si prodi-

giosa diversità di complessioni e dumori-,

non saprebbe andare a versi delCuno, chenon disgustasse V altro ; nè così in tanti e

tanti personaggi trasformarsi , che egli se

non distruggesse , e in varie parti distrat-

to , e per così dire , stracciato , non per-

desse insieme, colla libertà, il riposo e la

pace. Or la forza della letterata amistà è

tale e sì fatta , che ottimamente congiu-

gner si puote, e conservare con molti sen-

za far torto a niuno , senza alienare nin-

no , senza nimicarsi niuno ; ma co t at-

trarre, con ritenere ,

con obbligare tutti

quanti. Perocché quantunque alcune garetra letterato e letterato inter\’ensano : chenon vi ha cosa , come s è det'o

,per in-

nocente che sia, che la sua corruttela nonabbia’, il vero e perfetto letterato tuttavia

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XLVII

ia (fueUe si tien lontano , e di meszo ; odove può , e senza turbare la sua tran-

quillità, amore ed amicizia ed unione me-sce ed infonde. E di che tempra mai sonquegli amici, che il leuerato sija\ Amicinon di fortuna , che colla fortuna si mu-tano

;ma amici di virtù , che colla virtù

deir amico , che non abbandona chi (a

possiede, si si conservano e mantengonsi.

Che quando tutti per impossibile al lette-

rato gli amici falliscano, ha pur egli amicicerti e sicuri dove ricorrere , e co' quali

familiarmente può sèmpre, e con sua gran-

de giocondità ed utilità conversare. Questisono i sav/ antichi , che nelle carte la-

sciarono eternati i loro pensieri. Innocen-te e gustosa con versazione, che fa popolonella solitudine , rallegratrice nelle pro-

sperità , nelle afflizioni consolatrice , cheper lutto il letterato accompagna

,per

tutto r attende, ed è tutta a lui. La qualcon versazionc ed amicizia da primi annigustata non intermesse mai ; tra i suoi piùgravi maneggi ancora e occupazioni

,ed

ebbela sempre cara, e coltivolla e accreb-

bela fino alt ultima vecchiezza ; di cui si

può con verità dire, che ella fosse la nu-trice e 7 sostegno. Quella malvagin età ,

che con tacilo ]<ie.de,non aspettata so-

pra^iugnendo colla dolorosa schiera di

tutti , come si dice, i mancamenti sen vie-

ne-, in cui non vi ha cosa la più crudele,

ciré t accorgersi d'essere, come al più de.

XLVIII

uomini idioti avviene , odioso altrui in

quella età', or questa in virtà delle lettere

si fa men grave a se e ad altri j ma chedissi men grave ? leggiera e gioconda, confelicità si trapassa. Che bella cosa i anti-

co uomo la vita sua n prò del pubblicoonoratamente condotta, e in nobili cose

esercitata ,e gli accidenti in quella oc-

corsi, esempio ai futuri , e tante cose ai

suoi tempi succedute con memorabil fa-condia rammemorare', stanno al suo dire

come incantate le persone, ravvisando

nel volto suo una virtù consumata , e il

capitai di virtù in tanti anni ammassato.Che bello spettacolo era al Redi il vedersi

dintorno or questo or quello da lui bene-

ficato e protetto, e con ogni sorta tf ufi-

zio favorito, rendergli spontaneo omaggioe tributo e sacrificio dC ossequio ? I libri

da se composti, de quali, per esser notis-

simi al mondo, e per t amenità della dot-

trina e per la pulitezza dello stile , cele-

bratissimi, e che viveranno sempre nella

memoria de' secoli, io non parlo, per noniscemare colla bassezza del mio ingegno i

loro pregi, e che meriterebbero per loro

stessi un lungo encomio a parte;

questi

libri pure stampati e ristampati,quai di-

letti figliuoli far corona al loro padre ,

dolce rimembranze delle passate fatiche

,

che mirabil vista mai era ella 7 De' quali

quel molti, che Esperienze naturali conten-

gono fatte le prime di esse sotto i grandi

XLIX

uuspicj del Granduca Ferdinando li. e

t altre sotto il presente felicemente Re-

gnante , lo mostrano amatore delta verità,

e per conseguente alla verace amicizia ,

che nelle lettere si ritrova, attentissimo. I

sonetti pieni di sentimenti d'amore nobile

e gentile, che purità tli lingua e unità di

pensiero, doti da lui sommamente in tal

componimento ricercate, a maraviglia pos-

seggono, degnissimi tutti di vedere la pub-

blica luce,per amoroso e gentile spirito

Io dichiarano ,natura attissima alla buo-

na e leale amicizia ; la quale egli pienis-

simamente dimostrò neltultimo suo ammi-rabile poetico componimento , il Ditiram-

bo io dico di cosi varj e bizzarri metri

tessuto , e con bel furore dettato , ame-nissimo e lieto e spiritoso Poema, da dot-

te e squisite e ricche Annotazioni accom-

pagnato, nel qiuile tra tanti ragguardevoli

personaggi e letterati insigni e di Fioren-

za e d^talia e d Europa , non isdegnò

( con tenerezza il rammemoro ) non isde-

gnò queir onorato vecchio di porre il miobasso e ignobil nome , onde in me

,più

che in ogni altro , spiccò la forza delt a-

micizia , che non avendo altro merito che

quello ,che essa aver mi faceva, trattomi

dalle mie tenebre,

mi.fece comparire nel

teatro del mondo luminoso , e adorno , e

se dir mi lice, fondato sull eternità do-

vuta ai suoi scritti, anco immortale, fsugìtefti a penna di toscani antichi autori ,

Redi, Opere, Val. d

I

c he e^li molti possedeva , e rarissimi, e

che tanto gii seri’irono per la grand'Operadel V^ocabnlario , a cui egli non ordina-riamente contribuì , e provvide anche ab-bondantemente in futuro, non F abbando-navano mai, ma respirando egli dalle vi-

site , da' negozi , dagli esercizj , nella do-mestica quiete e solitudine , a se il chia-

mavano, e a gara facevano ,

per rosi di-

re , eC avere da lui un' occhiata, acciocché

dii'loro muti ragionamenti cuaiche gmja e '

gentilezza scegUesse, per adornai ne la sua i

favorita , la sua diletta , ia cara sua to-|

scana fa vella , di cui ei;li,per gli meriti I

verso della medesima , e per le. grandi fa-tiche durate in quella fa inugnito in que-

sto Fiorentino studio del titolo di IjCttore.

II rivolgersi per la memoria quanto oltre

al nostro dolce idioma , la cui cognizionef

colla bella unione delle lingue volgari , edelle antiche erudite ancora mirabilmente

raffinò, e ad alto punto condusse, la na-

turale Scienza ,la Notornia, la Medicina^

da lui si può dire senza invidia e miglio-

rata e rifatta , alle sue diligenze doveva-

no, dir esattezze sue, alle sue attenzioni

e premute, non era questo a lui un riem-

pirsi la mente di cure , e rimisurando col

pensiero le buone e gloriose cose da se

. operate , un ringiovenire ad onta degli

anni, in cuote alta vecchiezza! Per que-

sto , per questo , malgrado dei mali cito

r affù^evat^o , delF età che il premeva » si

tnoneenne egli sempre gajó 6 tranquillo

con vivacità (T occhio « e secondo quella

statone, con bontà ancor di colore. Quin-di la nera morte temendo per ventura

d" assalire a fronte aperta , chi infinite

volte in altri fugata C aveva e sconfitta •

preselo con agnato , e di furto ( in unacittà nobilissima della nostra Toscana

, eper lo suo insigne famosissimo studio ri-

nomatissima , ore uvea egli tante suecreature , colle quali intratteneva virtuosa

e bella amistà ) e il fece passare dal son-

no air eterno riposo,quasi satollo convi-

tato partirsi da questa vita mortale^ comeda breve convito, per portarsi alla nonsazievole mensa celeste , dove il suo buoncostume e la sua pietà, che egli sia sicu^

ramente andato , ci persuadono. E bene aun animo sobrio e gentile un si fatto dol-

ce passaggio disconveniente non fu , nonda mortali agonie , non da angosce , nonda travagli

,non da dolori , non dalla

terribile apprensione di morte accompa-gnato

, ma placido , soave , veloce , sciol-

to : proprio delle belle anime , che standoeUtaccate d corpi per' mera necessità natu*

rate , non per passionato affetto , stan

sempre pronte sulf ale per rivotarne a unpaese più bello « dona ebber ! origine ,

donde discesero. Portato il suo cadaveroda Pisa ad ylrezzo , e per Fiorenza pas-sando

, ricevè da per truto , come era il

dovere, da queste tre città , devote alla

tìt

sua memoria, tributi di dolore ossequioso f

e di pianto. E nel passare che per neces-

sità ebbe a fate dalla casa di mia abita-

zione;qual cuore

,pensate voi, che fossa

il mio , uditori , in dar t ultimo addio aquel corpo

,da quella casa tanto da lui

per sua bontà frequentata ; e nella qualetanto volentieri il carissimo amico si trat^

teneva 7 Abbandono il tutto alla vostra

considerazione, quanto j’ incrudisse allora

la piaga ancor fresca e sanguinante del-

T anima mia,per quella vista , eh' io non

so ,nè voglio descrivervelo.

Or godi adunque , Anima bella, spe-

dita e disciolta dalP impaccio mortale , il

premio delle onorate tue fatiche', e della

vita impiegata tutta , e spesa a prò del

pros'simo , il guiderdone di tue virtù,per

le quali risplendesti , e fosti amico vero ,

quale si è f amico letterato. Virtuosa e

santa cosa è Tamicizia, e celeste e degnadel cielo ;

poiché ella è P epilogo di tutte

le virtù. In essa la prudenza campeggia ,

nel consigliare , nelP ajutare , nel confor-

tare , nel consolare , nelP illuminare, nel-

P indirizzare P amico. Ha luogo dove eser-

citarsi la fortezza nel soffrire per P amicoincomodi, disagi

,pericoli, e nelP eseguire

con prontezza e con efficacia ciò eh'è suobene ; non risguardando ancora di disgu-

starlo a salute , anzi che di lusingarlo apregiudizio. Colle amabili persone impiegaP amicizia la temperanza , e con tutti f-

I

nalmente neìT amicizia spicca a maraviglia

la reina delle virtù la giustizia , di cui è

propria la fedeltà , la ragione , il dovere,

E avendo io mostrato qui in fine Camici-

zia epilogo delle virtù , voglio che questo

senza altra arte o manifattura oratoria ,

basti dC epilogo , e di riconto alC Orazionmia medesima ; nella quale secondo la miadebolezza, CAmico Letterato mi sono in-

gegnato nella persona del nostro Accade-mico FRANCESCO REDI, di dimostrarvi.

*

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BACCOIN TOSCANA

DITIRAMBODI

FRANCESCO REDI.

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BACCOIN TOSCANA

DITIRAMBODI

FRANCESCO REDIAccademico della Ciwca.

Deir Indico Oriente

Domator glorioso il Dio del vin»

Fermato area 1’ allegro suo soggioru*

A i colli Etruschi intorno;

£ colà dove imperiai palagio

L’ augusta fronte inver le nubi innalza

Sul verdeggiante pratto

Con la vaga Arianna un dì sedea,

E bevendo, e cantando

Al bell’idolo suo così dicea.

Redi. Opere, Voi, /. i

Se deir iiTe il sangue amabileNon rinfranca ognor le vene,

Questa vita è troppo labile ,

Troppo breve , e sempre in pene.

Si bel sangue è un raggio acceso

Di quel Sol , che in elei vedete ;

E rimase avvinto e preso

Di più grappoli alla rete.

Su su dunque in questo sangueRlnnoviam l’ arterie e i musculi;

E per chi s' invecchia , e langue

Prepariam vetri majusculi:

Ed ili festa baldanzosa

Tra gli scherzi , e tra le risa

Lasciam pur, lasciam passare

Lui , che in numeri e in misureSi ravvolge, e si consuma ,

E quaggiù Tempo si chiama ;

E bevendo , e ribevendoI ]ìensier mandiamo in bando.

Benedetto

Quel Claretto,

Clic si sprilla in Avignone ,

Questo vasto Bellicone

Io ne verso entro ’l mio petto;

Ma di quel , che sì puretto

Si vendemmia in Artimino,Yo’ trincarne più d’ un tino ;

Ed in si dolce e nobile lavacro.

Mentre il polmone mio tutto s'abbevera,

Arianna , mio Nume , a te consacro

II tino, il fiasco, il Ixitticin, la pevera.

Digilized b iioCKjle

ÀecQsat*,

Tormentato

,

CondannatoSia colui

, che in pian di LecorePrim’osò piantar le viti:

Infiniti

Capri e pecoreSi divorino quei tralci

,

£ gli stralci

Piogaia rea di ghiaccio asprissimo;Ma lodato

,

Celebrato

,

CoronatoSia r eròe , che nelle vigneDi Petraja e di CastelloPiantò prima il Moscadello.

Or che stiamo in festa, e in giolito

Bei di questo bel Crisolito.Ch’ è figliuolo

D’ un magliuolo

,

Che fa viver più del solito;Se di questo tu berai

,

Arianna mia bellissima,Crescerà si tua vaghezza,Che nel fior di giovinezzaParrai Venere stessissima.

Del legpiadretto

,

Del SI divinoMoscadel letto

Di MontalcinoTalor per scherzoNe chieggio un nappo.Ma non meappo

^

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A

A berne il terrò:

Egli è un vin ,eh’ è tutto grana

Ma però troppo mi saria.

Un tal vino

Lo destino

Per stravizzo , e per piacere

Delle vergini severe.

Che racchiuse in sacro loco

Han di Vesta in cura il foco;

Un tal vino

Lo destino

Per le dame di Parigi

,

E per quelle

,

Che si belle

Rallegrar fanno il Tamigi :

11 Pisclancio del Coione

,

Onde ricco è lo Scarlutu ,

Vo’, che il bevan le persone ,

Che non san fare i lor fatti. —

Quel cotanto sdolcinato, r*^

Si smaccato ,

Scolorito ,snervatello

Pisciarello di Bracciano

Won è sano

,

E il mio detto vo’ che approvi

Ne’ suoi dotti scarubelli

L’ erudito Pifmatelli ;

E se in Roma al volgo piace

Glie lo lascio in sanU pace :

E se ben Ciccio dAndreaCon amabile fierezza

,

Con terribile dolcezza

Tra gran tuoni d’ eloquenza

5Nella propria mia presenzainnalzare un di volea

Quel d’Aversa acido Asprino,Che non so s’ agresto, o vino.Egli a Napoli sei beaDel superbo Fasano in compagnia

,

Che con lingua profana osò di dire,Che del buon vino al pardi me s'intende;Ed empio ormai bestemmiator pretendeDelle Tigri Nisee sul carro auratoGire in trionfo al bel Sebeto intorno;Ed a quei lauri, ond’ave il crine adorno.Anco intralciar la pampinosa vigna ,

'

Che lieta alliba in Posilippo e in Ischia;E piu avanti s innoltra, e in fin s’arrischiaBrandire il Tirso, e minacciarmi altero:Ma con esso azzuffarmi ora non chero;Perocché lui dal mio furor preservaFebo e Minerva.

Forse avverrà, che sul Sebeto io vogliaAlzar un giorno di delizie un trono:Allor vedrollo umiliato, e in donoOfferirmi devoto

Di Posilippo e d’ischia il nobil Greco;E forse allor rappattumarmi secoNon fia ch’io sdegni, e beveremo in trescaAll’usanza Tedesca;E tra r anfore vaste, e l’ inguistare >

Sarà di nostre gareGiudice illustre

, e speltator ben lieto

Il Marchese gentil deir Oliveta,Ma frattanto qui'sull’Arnolo di Pescia, di Boriano,

Il Trebbiano ,il Colombano

Mi tracanno a piena mano ;

Egli è il Tcro oro potabile

,

Che mandar suole in esilio

Ogni male inrimediabile;

Egli è d’ Elena il Repente ,

Che fa stare il mondo allegro

Da i pensieri

Foschi e neri

Sempre sciolto, e sempre esente.

Quindi avvien, che sempre mai

Tra la sua Blosoiìa

Lo teneva in compagnia

Il buon vecchio Ruceìlai ;

Ed al chiaro di lui ben comprendea

Gli atomi tutti quanti, e ogni corpusculo,

E molto ben distinguere sapea

Dal mattutino il vesj>ertin crepusculo.

Ed additava donde avesse origine

La pigrizia degli astri , e la vertigine.

Quanto errando, oh quanto va

Nel cercar la veriti

Chi dal vin lungi si sta !

lo stovvi appresso , ed or godendo ac-

corgoini ,

Che in bel color di fragola matura

La Barbarossa allettami

,

E cotanto dilettami,

Che temprare amerei T interna arsura.

Se il Greco Ipocrate

,

Se il vecchio AndromacoNon mel vietassero.

Nè mi sgridassero.

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Che suol talora infievolir lo stomacoLo sconcerti quanto sa ;

Voglio berne almen due ciotole.

Perchè so mentre eh’ io votole

Alla fin quel che ne va.

Con un sorso

Di buon Corso,

O di pretto antico Ispano

K quel mal porgo un soccorse,

Che non è da Cerretano :

Non fia già, che il cioccolatte

V’ adoprassi , ovvero il tè ,

Medicine così fatte

Non saran giammai per me :

Beverei prima il veleno ,

Che un bicchier ,che fosse piene

Dell* amaro e reo caffè :

Colà tra gli Arabi

,

E ti-a i Giannizzeri

Liquor sì ostico

,

Sì nero e torbido

Gli schiavi ingollino.

Giù nel Tartaro

,

Giù nell’ ÈreboL’ empie Belidi 1’ inventarono

,

E Tesifone , e 1’ altre Furie

A Proserpina il ministrarono;

E se in Asia il MusulmannoSe lo cionca a precipizio.

Mostra aver poco giudizio.

Han giudizio , e non son gonzi

Quei Toscani be zi tori

,

Che tracannano gli umori

8Della vaga e della Bionda, '

Clic di gioja i cuori innonda.Malvagia di Montegonzi ;

Allor che per le fauci, e per 1* esofagoElla gorgoglia e mormora

,

Mi fa nascer nel petto

Un indistinto incognito diletto ,

Che si può ben sentire

,

Ma non si può ridire.

lo noi nego, e preziosa

OdorosaL’Ambra liquida Cretense; •

Ma tropp’ alta ed orgogliosa

La mia sete mai non spense ;

Ed è vinta in leggiadria

Dall’ Etrusca Malvagia :

Ala se fia mai , che da Cidonic scoglio

Tolti i superbi e nobili rampolli

Bingentiliscan su i Toscani colli

,

Depor vedransi il naturale orgoglio

,

E qui dove il ber s’ apprezzaPregio avran di gentilezza.

Chi la squallida CervogiaAlle labbra sue congiugnePresto muore

,o rado giugne

All’età vecchia e barbogia:

Beva il Sidro d’IughilteiTa

Chi vuol gir presto sotterra ;

Chi vuol gir presto alla morteLe bevande usi del Norte :

Fanno i pazzi beveroni

Quei Norvegi , e quai Lapponi ;

Quei Lapponi son pur tangheri

,

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9Son pur sozzi nel loro bere;

Solamente nel vedere

Mi fariano uscir de’ gangheri :

Ma si restio col mal die

Sì profane dicerie,

E il mio labbro profanato

Si purifichi, s’immerga ,

Si sommergaDentro un peccherò indorato

Colmo in giro di quel vino

Del vitigno

Sì benigno.

Che fiammeggia in Sansavino;

O di quel clic vermigliuzzo

,

Brillantuzzo

Fa superbo l’Aretino ,

Che lo alleva in Tregozzano,

E tra’ sassi di Giggiano.

Sarà forse più frizzante ,

Più razzente e più piccante

,

0 coppier ,se tu richiedi

Quell’Albano

,

Quel Vajano,Che biondeggia.

Che rosseggia

Là negli orti del mio Redi.

Manna dal ciel sulle tue trecce piova

,

Yigna gentil, che questa ambrosia infondi;

Ogni tua vite in ogni tempo muovaNuovi fior, nuovi frutti e nuove frondi;

Un rio di latte in dolce foggia , e nuova

1 sassi tuoi placidamente innondi :

Nè pigro giel , uè tempestosa piova

Digilized by Google

toTi perturbi giammai, nè mai ti sfrondi:

E ’l tuo Signor nell’età sua più vecchiaPossa del vino tuo ber colla secchia.

Se la druda di Titone

Al canuto suo marito

Coi) un vasto ciotolone

Di tal vin facesse invito.

Quel buon vecchio colassù

Tornerebbe in gioventìi.

Torniam noi Irattanlo a bere:

Ma con qual nuovo ristoro

Coronar potrò ’l bicchiere

Per un brìndisi canoro ?

Col Topazio pigiato in Lamporecchio,Ch’è famoso Castel per quel Masetto,

A inghirlandar le tazze or m'apparecchio, \x .

Purcliè gelato sia , e sia puretlo

^

Gelato,quale alla stagion del gielo

Il più freddo Aquilon fischia pel cielo.

Cautlnette e Cantinpl(>re

Stieno in pronto a tutte 1’ ore

Con forbite bombolette

Chiuse e strette tra le brine

Delle nevi cristalline.

Son le nevi il (|uinio elemento,

Che compongono il vero bevete:

Ben è filile chi sjiera ricevere

Senza nevi nel bere un contento:

Venga pur da VallombrosaNeve a josa :

Venga pur da ogni biccocca

Neve in chiocca ;

V £ voi Satiri lasciate

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11

Tante frottole e tanti riboboli

,

£ del ghiaccio mi portate

Dalla grotta del Monte di Boboli.

Con alti picchi

De' mazzapicchi

Dirompetelo ,

Sgretolatelo,

Infragnetelo ,

Stritolatelo,

Fioche tutto si possa risolvere

In minuta freddissima |K>lvere

,

Che mi renda il ber più fresco

Per rinfresco del palato.

Or eh’ io son mortoassetato.

Del vin caldo s’ io n’ insacco ,

Dite pur eh’ io non son Bacco.

Se giammai n’ assaggio un gotto

Dite pure, c vel pendono.

Ch’io mi sono un vero Arlotto:

E quei, che in prima in leggiadretti versi

Ebbe le grazie lusinghiere al fianco

,

E poi pel suo gran cuore ardito e franco

Vibrò suoi detti in fulmine conversi

,

Il grande Anacreontico ammirabileMenzin, che splende per Febea ghirlanda,

Di satirico fiele atra bevandaMi porga ostica, acerba e inevitabile;

Ma se vivo costantissimo

Nel volerlo arcifreddissimo

,

Quei , che in Pindo è sovrano , e in

Pindo godepriorìe immortali

, « al par di Febo haì vanti , w'i

\

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12Quel gentil Filicaja inni di lode

Su la Cetera sua sempre mi canti ;

E altri Cigni ebri festosi

,

Che di laui-o s’ incoronino

Nc’ lor cauli armoniosi ,

Il mio nome oguor risuouino,

E rintuouino

"Viva Bacco il nostro Re;;

EvoèEvoè :

Evoè replichi a gara

Quella turba si preclara

,

Anzi quel Regio Senato,

Che decide in trono assiso

Ogni saggio e dotto piato

Là ’ve l’Etrusche voci e cribra e affina

La gran Maestra, e del parlar Regina;

Eli il Segni Segretario

Scriva gli atti al Calendario

,

E spediscane Courier

A Monsieur F -lbbé Regnier.

Che vino è quel colà

,

Ch’ ha quel color dorè ?

La Malvagia sarà

,

Ch’ al Trebbio onor già diè :

Ell’è da vero, eli’ è;Accostala un po’ in qua ,

E colmane per meQuella gran Coppa là:

E buona per mia fc,

E molto a grè mi va ;

lo bevo in sanità

Toscano Re di te.

i

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i3

Pria eh’ io parli di te, Re saggio e forte.

Lavo la bocca mia con quest’ umore

,

Umor, che dato al secol nostro in sorte

Spira gentil soavità d’odore

Gran Cosmo ascolta. A tue virtudi il

Cielo

Quaggiù ]iromette eternila di gloria.

E gli Oracoli miei, scuz’ alcun velo

Scritti già son nella immortale istoria.

Sazio poi J’anni, e di grandi'opre onusto,

Volgendo il tergo a qnesla bassa mole

Per tornar colassù ,donde scendesti

,

Splenderai luminoso intorno a Giove

Traile Medicee stelle Astro novello,

E Giove 'stesso del tuo lume adorno

Girerà più lucente all’etra intorno.

Al svion del cembalo ,

Al suon del crotalo

Cinte di Nebridi

Snelle Bassaridi

Su su mescetemi

Di quella porpora ,

Che in Mouterappoli

Da’ neri grappoli

Si bella s|>remesi ;

E’ mentre annaffione

L’ aride viscere

Ch’ognor m’avvampano,Gli esperti. Fauni

Al crin m’ intreccino

Serti di pampano;Indi allo strepito

Di flauti e nacchere ^

14Treseanclo intooniné

Sirambuui e frottole

D’ alto misterio ;

E 1’ erbe Menadi

,

E i lieti Egipani

A quel mistico lor ro«o sermoni»

Tengan bordone.

Turba villana intanto

Apj>lauda al nostro canto,

E dal poggio vicino accordi e suoni

Talabalaccai'v tamburacci e corni; ^

E cornamuse’ e pifferi e sveglioni ; 'y

£ tra -cento colascioni

Cento rozze forosette

,

Strimpellando il dabbuddà.

Cantino e ballino il bombababà ;

E se cantandolo

,

Arciballandolo

Avvien che stanchinsi

,

E per grandavida

Sete trafelinsi

,

Tornando a bevere

Sul prato asseggansi.

Canterellandovi

Con rime sdrucciole

Mottetti e cobbole.

Sonetti e cantici ;

Poscia dicendosi

Fiori scambievoli

Sempremai tornino

Di nuovo a bevere

L* altera porpora , v .

Che in Menterappoli

rsT

i5

Da’ neri grappolj

Sì bella spremesi

}

£ la maritino

Col dolce Mammolo ,

Che colà imbottasi ,

Dove salvatico

Il Magalotti in mezzo al Solleone

Trova 1’ autunno a quella stessa fonte

,

Anzi a quel sasso, onde 1' aulico Kìoiie

Diè nome e fama al solitario monte.

Questo nappo, che sembra una pozzan:?, itera.

Colmo è d’uu vin sì forte e sì possente.

Che per iscberzo baldanzosamente

Sbarbica i denti, e le mascelle sganghera:

Quasi ben gonfio e rapido torrente

Ul ta il palato , e il gorgozzule inonda ,

£ nrecipita in giù tanto fremente

,

Cb appena il cape l’una e l’altra sponda:Madre gli fu quella scoscesa balza

,

Dove l’annoso Fiesolano Atlante

Nel più fitto meriggio e più brillante

Verso rocchio del Sole il fianco innalza:

Fiesole viva , e seco viva il nomeDel buon òalviati, ed il suo bel Majano;£gli sovente con devota manoOTfre diademi alle mie sacre chiome ,

£d io Lui sano preservo

Da ogni mal crudo e protervo:

£d intanto

Per mia gioja tengo accantoQuel grande nnor di sua reai CantinaVin di Val di Marina :

Ma del via di Val di Botta

Voglio berne giorno e notte ,

Perchè so che in pregio l’ hannoAnco i Maestri di color che sanno :

Ei da un colmo bicchiere e traboccanteIn sì dolce contegno il cuor mi tocca

,

Che |)er ridirlo non saria bastante

Il mio SaUin, ch’ha tante lingue in bocca:Se per sorte avverrà, che un di lo assaggiDentro a’ Lombardi suoi grassi cenacoli.

Colla ciotola in man farà miracoliLo splendor di Milano il savio Mag^

:

Il savio Mag^i d’Ippocrene al fonte

Meniognero liquore unqua non bebbe ,

Nè sul Parnaso lusinghiero egli ebbeSerti profani all’ onorata fronte :

Altre strade egli corse; e un bel sentiero

Rado, o non mai battuto aprì ver l’etra ;

Solo a i numi , e agli eroi nell’aurea cetra

Offrir gli piacque il suo gran canto altero:

E saria veramente un Capitano,

Se tralasciando del suo Lesmo il vino,

A trincar si mettesse il vin Toscano ;

Che tratto a forza dal |>ossente odore ,

Post’ in non cale i Lodigiani armenti

,

Seco n’ andrebbe in compagnia d’onoreCon le gote di mosto, e tinte e piene

Il Postar de Lemene\Io dico Lui , che giovanetto scrisse

Nella scorza de’ faggi e degli allori

Del Paladino Macaron le risse ,

E di Narciso i forsennati amori :

E le cose del Ciel più sante e belle

Ora scrive a caratteri di stelle :

f '

d by Goo^lc

«7

Ma qiiando assidcsi

Sotto una rovere ,

Al suoa del zufolo

Cantando spippola

Egloghe, e celebra

11 purpureo liquor del suo bel colle.

Cui bacia il Lambro il piede ,

Ed a cui Colombano il nome diede

,

Ove le viti in lascivelti intrichi

Sposate sono in vece d’ olmi a’ Cebi.

Se vi è alcuno , a cui non piaccia

La Vernaccia

Vendemmiata in Pietrabtta,

Interdetto

Maladetto

Fugga via dal mio cospetto

,

E per pena sempre ingozzi

Via di Brozzi ,

Di Quaracchi e di Peretola,

E per onta e per ischerno

In eterno

Coronato sia di bietola ;

E sul destrier del veccbierel Sileno,

Cavalcando a ritroso ed a bisdosso.

Da un insolente Satiretto osceno

Con infame ilagel venga percosso,. v

E poscia avvinto in vergognoso loco ^

Ai fanciulli plebei serva per gioco

E lo giunga di vendemmiaQuesta orribile bestemmi^.

Là d’Antinoro in su quei colli alteri ,

Cb’ bau dalle rose il nome

,

Redi. Opere, P''ol. I. 2

Oh come lieto, oh comeDagli acini più neri

D'un Canajiiol maturoSpremo un mosto si puro

,

Che ne’ etri zampilla.

Salta, spumeggia e brilla!

E quando in bel paraggio' '

D’ ogni altro vin io assaggio ,

Sveglia nel petto mioUn certo non so che.

Che non so dir s’ egli è

O gioja , o pur desio :

Egli è un desio novello,

?ìovel desio di bere ,

Che tanto più s’ accresce

Quanto più vin si mesce :

Mescete, o miei compagni,E nella grande inondazion vinosaSi tufi! , e ci accompagniTutt’ allegra e festosa

Questa, che Pan somiglia

Capribarbicornipede famiglia,

Mescete , su mescete :

Tutti affoghiam la sete

In qualche vin polj)Uto,

Quale è quel , eh a diluvj oggi è vendutoDal Cavaìirr elail’y^mOrn

,

Per ricomptarne poco muschio cd ambra.Fi s’ è fitto in umoreDi trovar un odore.Si delicato e fino.

Clic sia più grato dell’ odor del vino ;

Mille inventa odori eletti ,

• )

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*9Fa ventagli e guancialetti

,

Fa soavi jirofumiere,

E ricchissime cunziere,

Fa nolvigli

,

Fa norsigii.

Che per certo son perfetti;

Ma non trova il poverino

OJor, che agguagli il grande odor del vino.

Fin da’ gioghi del Perù,

E da’ boschi del TolùFa venire ,

Sto per dire ,

Mille droghe , e forse più ,

Ma non trova il poverino

Odor, che agguagli il grande odor del vino.

Fiuta, Arianna, questo è il vin deH’Atnbra !

Oh che robusto , oh che vitale odore !

Sol da queslo nel core

Si rifanno gli spiriti , e nel celabro ,

?’'

Ma quel che è più ,ne gode ancora il labro.

Quel gran vino

Di PuminoSente un po’ dell’Affricogno

,

Tuttavia di mezzo AgostoIo ne voglio sempre accosto ;

E di ciò non mi vergogno

,

Perchè a berne sul poponeFarmi proprio sua stagione :

Ma non lice ad ogni vinoDi PuminoStar a tavola ritonda ;

Solo ammetto alla mia mensaQuello

, che il nobil Albiai dispensa ,

E die fallo J’ uve scelte

Fa le menti chiare e svelte:

Fa le menti chiare c svelte

Anco quello,

(ih' ora assaggio, e ne favello

Fer sentenzii senza appello:

Ma heii piia di favellarne

"V o’ gustarne un’altra volta.

Tu,Sileno , intanto ascolta,

t^lii ’l crederla giammai? Nel bel giardino

Ne’ bassi di Gnalfonda inabissalo,

nove tiene il liiccanh alto domino ,

In gran palagio, e di giand’ oro ornalo.

Ride un Vermiglio, che può stare a fronte

Al Piropo gentil di Mezzomontc;

Di Mezzomonte , ove talora io soglio

Render contenti i miei disiri a pieno,

A Por che assiso in verdeggiante soglio

Di ([nel molle Piropo empiomi il seno.

Di (juel molle Piropo almo e giocondo,

G'inma ben degna de' Corsini eroi,

(ieiii'na deH’Arno, ed allegria del mondo.La rugiada di Rubino ,

Cile in Valdaiuo 1 colli onora.Tanto odora ,

Che per lei suo pregio perde]^a brìi netta

Mainmolelta *

Qu indo spunta dal suo verde :

.S’ io ne bevo,

iVli sollevo

Sovra i gioghi di Perincsso ,

E nel cauto si m’ accendo

,

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21

Che pretendo , e mi do vanto

Gareggiar con Febo istesso ;

Dammi dunque dal boccal d’oro

Quel Rubino, eh’è

’l mio tesoro;

Tutto |iicn d’ allo furore

Cantero versi d’amore,

Che sarau via più soavi,,

lì più grati di quel che è C

11 buon vin di Gersolè :

Quindi al suon d’ una ghironda ,

O d’ un’ aurea cennamella

,

Arianna idolo mio

,

Loderò tua chioma bionda

,

Loderò tua bocca bella

,

Già s’ avanza in me 1’ ardore ,

Già mi bolle dentro ’l seno

Un veleno

Ch’ è velen d’ almo liquore :

Già Gradivo egidarmato

Col fanciullo faretrato

Inferrifoca il mio core:

Già nel bagno d’ un bicchiere

,

Arianna idolo amato ,

Mi vo’ far tuo cavaliere ,

Cavalier sempre bagnato :

Per cagion di si bell’ ordine

Senza scandalo ,o disordine

Su nel cielo iu gloria immensaPotrò seder col mio gran padre a mensa;

E tu gentil consorte

Fatta racco iinmnrtal verrai là dove

I numi eccelsi fan corona a Giove.

r-

22Altri bera il Falerno, altri la Tolfa ,

Altri il sangue, che lacrima il VcsutÌo;

Un gentil bevitor mal non s’ ingolfa

In quel fumoso e fervido diluvio:

Oggi vogl’io, che regni entro a i miei vetri

La Vei-dea soavissima d’Arcetri :

Ma se chieggio

Di Lappeggio

La bevanda porporina

,

Si dia fondo alla cantina.

Su trinchiam di si buon paese

Mez/ograppolo , e alla Franzese ;

Su trinchiam rincappellato

Con granella c soleggiato;

Tracanniamo a guerra rotta

Viri Rullato, e alla sciotta;

E tra noi gozzovigliando

,

Gavazzando ,

Gareggiamo a ohi più imbotta.

Imbottiam senza paura.

Senza regola , o misura :

Quando il vino è gentilissimo,

Digeriscesi prestissimo,

E per Ini mai non molesta

La sprangbetta nella testa ;

E far fede ne potria

L’anatomico BrìUnì

,

Se dell’ uve , e se de’ vini

Far volesse notomia ;

Egli almeno, o lingua mia,T’ insegnò con sua bell’ arte

In qual parte

Di te stessa , e in qual vigore

23Puoi gustarne ogni sapore ;

Lingua mia già l'atta scaltra

Gusla un po’,gusta quest’ altro

"Vili robusto , che si vanta

D’ esser nato in mezzo al Chianti

,

£ tra’ sassi

Lo produsse

Per le genti più bevoneVite bassa , e non broncone:Bramerei veder trafitto

Da una serpe in mezzo al petto

Quell’avaro villanzone ,

Che per render la sua vite

Di più grappoli feconda,Là ne’ monti del buon Chianti

,

Veramente villanzone ,

Marilolla ad un broncone.

Del buon Chianti il vin decrepito

MaestosoImperioso

Mi passeggia dentro il core ,

E ne scaccia senza strepito

Ogni affanno, e ogni dolore;

Ma se Giara io prendo in manoDi brillante Carmignano

,

Cosi grato in sen mi piove

,

Ch’ambrosia e nettar non invidio a Giove.

Or questo, che stillò dall’ uve bruneDi vigne sassosissime ToscaneBevi, Arianna, e lien da lui lontane

Le chiomazzurre Najadi importune ;

Che saria

Gran follia

E brullissimo peccalo

Bcvere il CarmigQHU,ijuando« innacquato.

Chi r acqua beve

Mai non riceve

Grazie da me :

Sia pur l’acqua o bianca , o fresca , O nc’

O ne’ loiifani sia bruna:

IVcl suo amor me non Invesca

Questa sciocca ed importuna ,

Questa sciocca ,che sovente

Falla altiera e capricciosa ,

^ Riottosa ed insolente

Con furor perfido e ladro

Terra e del mette a soqquadro:

Ella rompe i ponti e gli argini

,

E con sue nembose aspergini

Su i fioriti c verdi margini

Porte oltraggio ai fior più vergini;

E r ondose scaturigini

Alle moli stabilissime

,

Che sariaii perpetuissime ,

Di rovina sono origini.

Lodi pur Tacque del MioIl Soldati de’ Mammalucchi,Nè T ls|’ano mai si stucclii

D’ innalzar quelle del Tago ;

eh’ lo per me non ne son vago .*

E se a sorle alcun de’ miei

Fosse mal cotanto ardito.

Che Ix'vessene un sol dito,

Di mia man lo strozzerei ;

Yadan pur, vadano a svellere

La cicoria e raperouzoll

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aSCerti magri mediconcoli ,

Che coir acqua ogui mal pensan di c»>

pellere :

Io di lor non mi fido

,

!Nè con essi mi aflanno ,

Anzi di lor mi rido ,

Che con tanta lor acqua io so eh’ egli hannoUn cervel cosi duro e cosi tondo ,

Che quadrar noi potrla nè meno in pratica

Del f^iviani il gran saper profondoCon tutta quanta la sua Matematica.Da mia masnadaLungi sen vadaOgni bigoncia

Che d’acqua acconciaColma si sta :

L’ acqua cedrata

,

Di limoncello

Sia sbandeggiata .'

Dal nostro ostello :

De’ gelsominiNon faccio bevande

,

Ma tesso ghirlandeSu questi miei crini :

Dell’aloscia c del candieroNon ne bramo , e non ne chero :

I sorbetti ancorché ambrati,

E mille altre acque odoroseSon bevande da svogliati

,

E da femmine leziose;

\ ino vino a ciascun bever bisogna,

Se fuggir vuole ogni danno

,

E non par mica vergogna

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i6Tra i bicchier impazzir sei Tolte T10 per me son nel caso

,

E sol per gentilezza

Avallo questo, e poi quest’ altro vaso,É SI facendo del nevoso cielo

PJon temo il giclo,

Nè mai nel più gran ghiado m’imbacuccoNel zamberlucco.Come ognor vi s’ imbacuccaDalla linda sua parruccaPer infìno a tutti i piedi

11 segaligno c freddoloso Redi,

Quali strani capogiri

D’ improvviso mi fan guerra ?

Farmi proprio, che la terra

Sotto i piè mi si raggiri;

Ma se la terra comincia a tremare,E traballando minaccia disastri

Lascio la terra , mi salvo nel mare.Vara vara quella gondolaPiù capace , e ben fornita ,

Gli’ è la nostra favorita.

Su questa nave ,

Che tempre ha di cristallo

,

E pur non pavéDel mar cruccioso il ballo ,

Io gir men voglio

Per mio gentil diporto,

Conforme io soglio.

Di Brindisi nel porto

,

Purché sia cacca

Di brindisevol merceQuesta mia barca.

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Su voghiamo ,

INavighiamo

,

Piavighiamo infino a Brindisi :

Arianna, Briudis , Brindisi.

Oh bell’ andare

Per barca in mareVerso la sera

Di PrimaveràlVenticelli e fresche aurette

Dispiegando ali d’ argento

Sull’ aiEuiTO pavimentoTesson danze amorosette ,

E al mormorio de’ tremuli cristalli

Sfidano ognora i naviganti ai balli.

Su voghiamo.Navighiamo

,

Navighiamo infino a Brindisi :

Arianna, Briudis, Brindisi.

Passavoga , arranca , arranca ,

Che la ciurma non si stanca ,

Anzi lieta si rinfranca

Quando arranca inverso Brindisi :

Arianna , Brìndis , Brindisi.

E se a te Brindisi io fo.

Perchè a me faccia il buon prò

,

Ariannuccia , vaguccia , belloccia,

C intami un poco, e ricantami tu

Sulla Mandola la cuccurucùLa cuccurucùLa cuccurucùSulla Mandola la cuccurucù.Passa vo

28Passavoga , arranca , arranca

;

CLe la ciurma non si stanca;

Anzi lieta si rinfranca

,

Quando arranca

Quando arranca inverso Brindisi :

Arianna, Briudis, Brindisi.

E se a te ,

E se a te Brindisi io fo,

Percliè a mePerchè a mePerchè a me faccia il buon prò11 buon pr«

,

Ariaunuccla leggiadribcll uccia ,

Cantami un po’

Cantami un po’

Cantami un poco, e ricantami tu

Sulla ViòSulla Viola la cuccurucùLa cuccurucùSulla Viola la cuccurucù!

Or cjual nera con fremili orribili

Scatenossi tempesta lierissima

,

Che de’ tuoni fra gli oiiidi sibili

Sbuffa nembi di grandine asprissima?

Su noccliiero ardito e fiiTO,

Su nocchiero adopra ogn’arte

Per fuggire il reo periglio;

Ma già vinto ogni consiglio

Veggio rolli e remi e sarte,

E s’ infuriai! tnllavia

Venti e mare in traversia.

Gilta spere ornai per pi'ppa,

E riutoppa, o marangone

,

agL'arcìpoggia e l’ artimone.Che la nave se ne vaColà dove è il fìnimonJo,E forse anco un po’ più in là.

lo non so quel cn’ io mi dica

,

E neir acque io non son pratico;

Farmi ben , che il ciel predicaUn evento più rematico:Sccndon Sioni dall’aerea chiostr.a

Per rinforzar coll’ onde un nuovo assalto,

E per la lizza del ceruleo smalto1 cavalli del mare urtansi iu giostra:

Ecco, oimè, ch’io mi mareggio,

E m’ ayvegglo,

^

Che noi siam tutti perduti : v » \

Ecco,oimè , eh’ io faccio getto

Con grandissimo rammaricoDelle merci preziose

,

Delle merci mie vinose;

Ma mi sento un po’ più scarico: ,-

Allegrezza allegrezza : io già rimiro

,

Per apportar salute al legno infermo.Sull' autenua da prua muoversi in giroL’ oricrinite stelle di Santermo:Ah ! no, no; non sono stelle:

Son due belle

Fiasche gravide di buon vini :

I buon villi son <{uegli, che acquetano

Le procelle si fosche e rubelle,

Che nel lago del cor l’ anime inquietano.Satirelli

Ricciutelli ,

Satirelli, or chi di voi

SoPorgerà più pronto a noi

Qualche nuovo smisurato

Sterminato calicioue

Sarà sempre il mio mignone,

riè m’ importa se un lai calice

Sia d' avorio , o sia di salice ,

O sia d’oro arairicchissinio

,

Purché sia molto grandissimo.

Chi s’arrisica di bere

Ad un piccolo bicchiere

Fa la zu])pa nel paniere :

Questa altiera,questa mia

Dionea bottiglieria

rion raccetta , non alloggia

Ilicchicretti fatti a foggia :

Quei bicchieri arrovesciati

,

E quei gozzi strangolati

Sono arnesi da ammalati :

Quelle tazze spase e piane

Sou da genti poco sane :

Caraflini ,

Buffoncini

,

Zainpilletti e borbottini

Sou trastulli da bambini :

Son minuzie, che raccaltole

Per fregiarne in gran dovizia

Le moderne scarabaltole

Delle donne Fiorentine ;

Voglio dir non delle Dame,Ma bensì delle ])cdinc.

In quel vetro, che chiamasi il tonfanoScherzai! le Grazie , e vi trionfano ;

Ognun colmilo, ognun volilo

,

1

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3iMa di che si colmerà?

Bella Arianna con bianca manoVersa la manna di Montapulciano ;

Colmane il tonfano, e porgilo a me.

Questo liquore, che sdrucciola al core

O come l'ugola c baciami, e mordemi !

O come in lacrime gli occhi disciogliemi!

Me ne strasecolo , me ne strabilio

,

E fatto estatico vo in visibilio.

Onde ognun , che di LieoRiverente il nome adora

,

Ascolti questo altissimo decreto ,

Che Bassareo pronunzia , e gli dia fe.

Montepulciano d’ ogni vino è il re.

A cosi lieti accenti

D' edere e di corimbi il crine adorneAlternavano i canti

Le festose Baccanti ;

Ma i Satiri, che avean bevuto a isonne.

Si sdrajaron sull’ erbetta

Tutti cotti come monne.

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ANNOTAZIONIDI

FRANCESCO REDIA t B T 1 N O

ACCADEMICO DELLA CRUSCA

jit

DITIRAMBOcon aggiunta.

Redi. Opere. Voi. I. 3

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35

JN NOTAZIONI,

Pag. r. yers. i.

Deir Indico Oriente ^ f*0

Domator glorioso il Dio del vino.

Molti Poeti Latini e Greci hanno da<

to a Bacco il titolo di domator dell’ la^

dia , e con questo lo circoscrive il Ron-sardo nell’inno delle lodi della Francia: ^

f

Plus quen nul lieu dame Ceres la blonde^

Et le donteur des Indes i abonde.

Antologia lih. i in un Epigram-.

ma d' incerto Autore sopra Bacco , con-

cd by fìoogle

36lenente, oltre #1 primo verso, tanti ver-

si,

(|iiante sono le lettere del Greco Al-

fa'nelo, ognuno de’ (piali versi lia paro-

le, die com iieiaiio dalla stessa lettera;

e ogiii parola è un titolo, e un atlri-

hiito di Bieco; al verso della lettera I,

die è tessuto di tutte jiarole, die prin-

cipiano per 1 , è chiamalo tra gli nhriI ''.'i di Iriiggitore degl’Iiuli, cioè h^o-XéTì2(, 11 verso Intero si è:

l’ .l^ufpTÒ» .IotXóxov . tlpapiÓTHiV.

in cui osservo li licenza del Poeta, chenon gli sovveiieii.io parola jier liiiire il

verso , la quale cominciasse da [ola , si

servi d’ una , die cominciasse da tt dii-'

toiigo. Se si sapesse TAiitore di ipieslo

Epigramma, o più Insto Inno sopra Baoco , e ’l tempo iii cui visse ; e si ritro-

vasse essere de’tempi buoni, o vicino a(quelli

,potrebbe non poco avvalorare

1 opinione d’ un moderno, il cjuale si

sforza di provare la moderna pronunziade’ Greci , seguitata in gran parte da-

gl’ Italiani, e rifiutata dagli ollraluonta-

ti, esser biioua c legittima ; e trall’ al-

tre esser buono il pronunziare il ditton-

go ss , come se fosse una sola lettera ,

«d un semplice iota. Ma temo forte,

anzi lo credo fermamente, che quest’in-

no sia cosi stato capricciosamente com-posto da alcuno de’ secoli bassi

,quan-

I )itized by Google

tìo già s’era alterata la scliietta « natu-

rale ^^ronunzia de’ Greci, e format.isciie

quella ,cbe oggi è comune tra loro.

Certo die di tal sorta di fauci ullesclie

comj'osizioiii con (juesia osservanza di

lettere, e di versi non se ne leggono,

per quanto a me pare, trall’ antiche.

Pag, T. V. 5. Imperiai pala "io.

Intende della villa iinpei iale fuor del-

le mura di Firenze fahbticata dalla Se-

renissima Ai cidnehessa Maria Maddale-na d’Austria Granduchessa di Toscana,

e lasciala da essa per retaggio delle fu-

ture Granduchesse , come sì legge ia

una cartella posta sopra la porla del

Salazzo di essa villa

,posseduta oggi

alla Serenissima Granduchessa Vittoria

della Rovere moglie già del GranducaFerdinando 11. c madre del Serenìssimo

Cosimo III. Granduca di Toscana Re*gnante.

f^illa imperiaìis ab Austriacis

AtTfrustir'’iomen consecuta

Futurae magnae Dares Etruriaa

l'estro odo deiiciisrjug

Aeternum inserviat.

»

Pag. I. V. 8. Arianna.Molli degli scrittori Toscani antichi

'volgarizzando il nome latino Atiadnascrissero in nostra lingua Adriana. L’an-

/

38tico volgarirrator Fiorentino dell’Episto*

le A'Ovidio nel prologo dell’epistola di

Fedra a Ippolito: E poiché Teseo fugiunto, jldrìana innamorò di lui. E ap-

presso ; Ma Teseo non fu percontento

di menarne Adriana, ma egli ne menòancora Fedra. E ivi medesimo: Abharv-

donò Adriana a dormire piena di vino,

e di sonno. T?el principio della lettera

d’Arianna a Teseo; Alcuna delle ferebestie non è tanto crudele , quanto tu

Teseo fosti in verso di me Adriana.

Bernardo Gianibullari nel 2. lìb. del

Ciriff. Calvaneo.

Come fe d'Adriana poveretta.

Luigi Pulci Morg. i6. 87.

Tu non aresti Adriana lasciata

Suir isoletta in tanta passione.

Il Petrarca nel Trionf. d’Am. cap. i.

Ì

ella ne moria , vendetta forse

polito , di Teseo e d'Adrianna.

ero ancora Andriana. Nel sopracci-

prologo Lo Be Minos , il quale

ignare di Creti ebbe di Pasiffe sua

moglie, tre fgliunli\ fra quali' fu An-

dwgeo, Andriana e Fedra. E nel pro-

- lego della pistola di Arianna a Teseo:

t^uestà è quella. y4ntlriana , chó Teseoabbandonò in sulla diserta isola. Volen-

tieri i nostri Scrittori antichi aggiupiie-

vanb la lederà n. alla prima sìllaba di

cosi falli nomi, come si piiò vedere nel

Novelliere antico nov. 8o, dove si legge

F.nsiona invece d’ Estone, In RicordanoMalespini cap* S. Anseraco , Ansiona «

Giànsone,per Assaraco «

Estone , Gia-

sone. In Gio. Villani Hb. i cap. la.

Ansaraco , Anson , Ansiona , e cap. i a.

Anceste,

per Assaraco , Esone, Esio-

he, Aceste. Nel prologo della pistola di

Medea: Dappoiché Giànsone JigUuolo di

Ensone ebbe conquistato lo ricco 'vello

deir oro, ec. In due antichissimi manu-scrilti della pistola di san Girolamo aEnstochio , volgarizzata da fra Domeni-co Cavalca Pisano dell’ ordine de’ Pre-

dicatori , si legge sempre costantemente

Èanbillonia e linbidiné in cambio di

Babilonia e libìdine. E in un antichis-

simo manuscritto intitolato Fioretti di

san Francesco: Santo Francesco, ec. adi-

venne una volta oltre a mare con do-dici suo' compari Santissimi per andarisene diritto al Saldano di Banbillonia.

Paj 2. V. I. ^e deir uve il sangue ama-bile.

Nel cantico di Moisè, Denter. 3a. 14; '

Sanp^uinem uvae biberet meracissimum:Nell’ Ecclesiast. 5o 16. Porrexit mattani

suam in lihation* ,et libavit de san-

guine uvae. Nel i de Maeab. 6 34. Eie-

phantis ostenderunt sanguinem uvae, et

mori. Giuffredi di Tolosa Poeta Proyen-

zale :

Vveillh el sang del racin

,

Lai cor platz en ioi en rire.

Soggiugnerei , che Plinio lib. 14 eap. 5riferisce , che Androcide disse ad Ales-

sandro Magno: Vinum poUUurus , Bex,memento te bihere sanguinem icrrae ;

ma temo, che i critici non mi sgridino

•ol Dalecampio

,

il quale volle , che si

leggesse sanguinem tauri, e non sangui-

nem terrae. Achille Tazio lib. 2 fa, che

Bacco banchettato da nn pastore Tiri»

gli dia da bere del vino ; e che il pa-

store, dopo averlo assaggiato, interroghi

Bacco : Ove hai tu ritrovato sangue si

dolce! « Bacco gli ris]'onda : Questo èsangue digrappoliTovro ètrìf alga ^orpvov.

Ma il Chiabrera genlilissimameute nelle [

ballatene :

'

y Tosto che per le vene erra ondeggiandoI \ Delle bell uve il sanale,

« . \

Romolo Bertini nelle poesie maau-•ci'itte :

Ma se non va delle belT uve il sangue

^ DigitizecUifci'iUOgl

4 *

Per le mie vene a riscaldarmi il petto ,

E morto nel mio canto op^ni diletto

^

Ogni piacere intiepidisce e langue.

^ Francesco Maria Gnalterotti nel Di-

tirambo intitolato la morte d'Orft* :

Statinvemar possa in cucina

Chi non amaChi non brama i

Questo sangue di cantina.

In Toscana sogliamo dire per proverbio:

Il buon vino fa buon sangue ; e per

parlar con Galei.o aifiarof ètri

Yevftirixóf.

Pag. 2. v. 5. Sì bel sangue è un raggio ac-

ceso

Di quel Sol, che in del vedete.

Il divino poeta Dante nel PUrg. 25.

Guarda il color del Sol, che si fa dnoGiunto alt umor, che dalla vit^ cola.

Un non molto dissimll pensiero pare ,

che avesse Empedocle

,

il quale opinò ,

che le piante fossero figliuola della ter-

ra , ed i loro frutti' nascessero di fuoeo

e d’ acqua ; come si può leggere ncl-

TAutore , chi chi sia , della Storia Fi-

losofica attribuita a Galeno verso il li-

I

i

42ne. Ateneo ìib. 1

1

cita F.iiripide, che dìcC}

che uno de’ca valli del Sole nominato l’Ac-ceso, è quello, che fa maturar 1’ uve ,

e che da lui il vino sia chiamato aiiòrj/,

cioè ardente ,o nero. Da Sabino poeta

nell’Antologia lih. G. vien chiamato il

vino ^avo(; , colla qual parola si signi-

fica ralh-gria, c il lume, o splendore,che parte rìsce allegria.

, ^,

,

• . . . àv^trt 9'aifì

,

nàj»; aye^tiv. Ni(Upai, xi9axa.

favo^.

E Snida alla lettera f. yavóov. XtÌM/t-i

xpitifiivoc. E immediatamente soggiugne

yayof ó oivoc, e per esemplo cita que-sto medesimo verso di Sabino jrav àys*

, ec. Al qual esempio di Sabino

,

Se ne può aggiugnere un alti*o d’ Eurì^

pide nel Ciclope, da cni per avventuraSabino lo prese : ove Ulisse dice al Ci-clopo

,per mettergli volontà di bere;

Guarda , che divina bevanda producedalle viti la Grecia ,

allegrezza di Bac-co, e splendore. Lo stesso Euripide nel-

le Baccanti ;f

,

O'itórraat Pótpvo( i^^riTdvo( h Salti ^eSf‘ ii •

k ...,1'

Un altro esemplo ne somministra Ala-ctobio Saturn. lib. 5< cap. zi. preso dal-

Jvkìuu-gltf

431* Andromeda , ovvero Anilivimaca del

taedesimo Euripide. /

Pag. a. V. 7. E rimase avvinto e preso

Come la luce del Sole rimanga hn-

prigìonata ne’granelli dell’uva è da fa*

vellarne in luogo molto più opportuno»

che non sono queste baje.

Lasciai cosi nobil pensiero al mio

grande amico il sig. Dottore Giuseppe

del Papa, uno de'più pregiati e de’ più

celebri Filosofi e Medici del nostro se-

colo, come fanno ampia teslimonianva

le sue dottissime Opere con tanta gen-

tilezza scritte e stampate, e particolar-

mente quelle intorno alla natura del

caldo e del freddo ;quelle intorno alla

luce : quelle della natìira delC umido e

del secco : le quali tutte a questo pro-

posito sono da vedersi attentamente con

molto diletto , e giovamento de’ leggitori.

Pag. 2. V. II. E per chi s' invecchia, e lan*

gue, ec.

In Firenze è trito proverbio: Il vinU

è la poppa de’ vecchi ;che potrebbe il-

lustrarsi con quel verso di Macedonio »

che si legge tra gli epigrammi Greci.

OvSlixo( èst ^pvov iav^òv yaintti

dove il grappolo è detto la poppa, da cui

li mngne il vino, \jjilamanni Colt. 1.

44, ^ _

C1Ì è sì chiaro a ciascun, che'l mondocanta ,

CìC alla dehil 'vecchiezza il 'vin man-tie le

Solo il caldo e T umor, le forze »r alma.

Pag. 2 . V. 12 . fletti mnjitsculi.

A Ciro per vago da bere usata antica-mente da Franco Saccheui citato dalVocabolario alla voce Cioncare : Si co-mincia ad attaccare al 'vetro

; bei è ri-

bei ; cionca e ricionca. Bernardo Giam-builari Cirìff. Calv.

A Cirìffo gli piace, e il vetro succiaSenza lasciar nel fondo il centellino.

Romolo Bertini Poes. manuscr.

Versate pur 'versate

Anfore preziose in, questi 'vetri

Manna di Chianti , e nettare étAreetri.

La Vetriuola in lingua furbesca si-

gnifica il biccliirre. Bastiano de' Rossigià Sfgret. AcM'Accadernia della Cruscachiamato l’Inferigno in una sua Cica-

lala fatta la sera dello Stravizzo dciran-no i5y3. Per la qual cosa andatomenea casa con una graziosissima sete , vi

so dir io , che la 'vetriuola andò attor-

•Ì.3V

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no , e che non risecco, ma molle me ne _andai a letto,

Pag. 2 . V. I». Preparlarn vetri majutculi.

Majusculo, e majiiscolo propi iameiite

si dice di lettera , clic gli antichi chia-

mavano grossa , a differenza della ini-

miscola e piccola. Gli antichissimi ado-

f

ieravano per tutto nelle scritture la bel-

a lettera majnscola , e qnesto era il

proprio carattei'e Romano , come t> osr

serva nel Virgilio mannscrilto della Li-

breria di s. Lorenzo: poi ne’ tempi j>tu

bassi usarono simihucnte la majnscola ,

ma un poco più piccola e tralignante

in minuscola , e come noi diremmo ca-

rattere formatcllo , come si vede nel-

r ( Irosi» della medesima Libreria di

s. Lorenzo, e nelle famosissime Pandet-

te, che nella reai guardaroba del Sere-

nissimo Granduca mio Signore come uatesoro si conservano ;

finché a^ipoco ap-

poco tralignando, per cosi dire, la let-

tera dall’ antica , e soda architettura

nella stravagante e barbara , fece quetanti cambiamenti , i <|uali tempo per

tempo dagli eruditi s’ osservano. Si trae

questa voce ail altri , e diversi signifi-

cati, come per esemj'io si suol dire unerror majuscolo, un crror grosso, e».

Pag. 2. V. ig. E bevendo, e ribevend»

1 pensier mandiamo in bando.

Bacco è detto . da’ Latini Liher , da’Greci Avaìoc^raa da Anacreonte Avai-\(ppov , perchè libera dalle cure nojose.

hìel 2. lib. dell’Antolog.*

(Xffoutv àtSpo/póvop (ppoftLòck rmJs (pià-

^ai(

Scacciamo co’ bicchier cure omicide.

11 Chiabrera gentilmente :

Bei'iatno, e diansi al 'vento' \ 1 torbidi pensieri.

Vedi Tilml. lib. 3. Elee, ult., ed OrazioOd. 7. lib. I. Od. II. lib. 2. Vedi altresì

Stasino ,o chi si sia il Poeta scrittore

delle cose di Cipro, citato da Ateneonel principio del libro secondo :

Il vino, o Menelao, fecer gt IddeiOttimo a dissipar P umane cure.

»

Pag. 2. T. 24. Questo vasto Bellicone

Bellicone è voce nuova in Toscana

,

ed è venuta di Germania , dove chia-

masi wilkomb , o wilkumb quel bicchie-

re, nel quale si beve all’ arrivo degli

amici, e significa lo stesso che benve-

nuto. Gli Spaguuoli , che ancor essi pi-

gliarono questa voce da’ Tedeschi , la

dissero in loro lingua V^eiicomen. Don

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Francesco de Quevedo nella Fantasia

intitolata Fortuna con seso: A.xparecieron

alli Iris con nectar, y Gantmedes conun Velicomen de ambrosia.

Pag. 2. . 27. Si vendemmia in Artimino.

Villa del Serenissimo Granduca di

Toscana fabbricata già dal GranducaFerdinando 1 . delÌEÌosissima non sola>

mente per le cacce de’ Daini, e d’altri

salvaggiumi , ma ancora per i vini pre>

ziosissimi che produce, i quali a giudi>

zio degl’ intendenti sono i migliori della

Toscana, Anticamente vi era un casteb

lo assai forte, di cui più volte fa inen>

zione Gio. Villani. Oggi il castello è

distrutto, ed il posto, dove prima era

situato, chiamasi Animino vecchio.

Pag. 2. V. 28. Ve» trincarne più d^un tino.

Nel Ciclope d’ Euripide domandandoesso Ciclopo a Sileno, se il desinare eraall’ordine, e se i vasi per bere il latte

eran pieni. Sileno gli risponde, che, se

volesse, ne potrebbe trincare un intero

doglio.,

ET. ^ xal ’jfó.Xantot tln stpax^pet xXéo ;

SIA. òffr'iMxislf vi óAoy **^ov.

Pag. 2. v. 3o. Mentre il polmone mio tutto

s' abbevera.

KA(1 imìMzione à'Aleso poeta Greca,

[

che disse réyye xvtvttovaf alvo, annuffia i

i polmoni •'.oL vino, PlaUme

,

forse poco'

,pratico nella uotomia , insegnò nel Ti-meo che i polmoni sono il ricettacolo

delle bevande. Proto^ene grainatic» ap-’

presso di Ateneo volle, che Omero fos-

se il primo, il quale avesse una cosifatta opinione. L’ ebbero parimente tragli antichi Greci molti nomini per altr»

dottissimi, e particolarmente Eupoli^

Przttn^oru,

Eratostene, Euripide

, Eu-stazio appiresso di Macrobio , PUistioneEocrense Medico, e Diosippo i l’Autoredel libro intitolalo xepì xapiitK , attri-

buito falsamente ad Ipocrale, fu un po-

\j co più ritenuto, e forse ancora un poco

/ ])iù veridico, e credette, che la m.aggior

]>arte di quello , che gli animali bevo-< no, cali nello stomaco, ed una piccolaI particella ne vada a’ polmoni; e lo volle

1persuadere con una certa sua esperien-

iza di dar ber* ad un porco ben asseta-

to qualche beveraggio tinto di colore

,

! c*l tagliar poi subito 1’ aspera arteria :

e si troverà, dice egli, la canna de’pol-

' moni tinta evidentemente del colore di

quel beveraggio. Se questa esperienza

sia vera, o no, non è da favellarne qui.

Da ipieirAiitore imparò forse MaestroDomenico di Maestro Bandino cTArez-zo

,quando nel Trattatello manuscritto

de Pidnionibus ebbe a scrivere : Durn

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animàlia bihunt , olùjua potus pomosimul cum aere in puhnonus delui ftur

per lacera arCerialts cannae. Fra Jaco-pone da Todi, che fiori ne' letn|>i [uùro7.zi deMa fanciullezza della poeiiia To-scana , in una sua Satira , die traile

stampate è la decimasesta :

Bevo e'rifondo il mio polmone. KVedi Aecllio lib. 17. cap. 11. MacrohioSaturnaT. lib. 7. cap. i 5. Marsilio Cagna/-Co Var. Osserv. lib. i. cap. 22.

• Pag. 2. T. 3i. Arianna, mio Nume , a te

consacro II tino ec.

In un Epigramma di Eratóstene nellib. 6. àeWAntologia , Senofonte consa-cra un doglio voto a Bacco, pregandoload accettarlo volentieri

;poiché non ha

altro da offerirgli.

. Olvorcbxac; Stevofòv xivsov xi^op àv^txolìixjfo.

Aé^pv<ro d’evpevéo(. yàp ovdsv• Syei.

Debbo questo luogo alla cortesia del-r eruditissimo sig. Antonmaria Salvini,che nella seguente maniera lo portaeir idioma latino:

\ -

Redi. Opere, Voi, I. 4

5oQuod vacuum JCenophon tibi vas dicat,

accipe , Bacche ;

Namque aliati,quod dei , non habeù

ille tibi.

?

Pag. 3. V. 93. Pevera.

La Pevera è un iu$trumcuto per lo

più di legno , che serve in vece d’ itn-

hiilo, quando co’ barili si versa il vinonella botte. Impiria la dicono i Vcne-xiani ab implendo, come vuole OttavioFerrari nelle Oi-igini della Lingua Ita-

liana. Pevera non è voce nuova in To-scana. La trovo in autori antichi , e par-

ticolarmente in un antichissimo Libromanuscritio di Mascalcia. E se non haialtro strumento

,prendi una Pevera da

imbottare colla canna torta. Cosa difle-

rentissima dalla Pevera appresso gli an-

tichi si è il P&’ero, che, come afferma

il Vocabolario delta Crusca , è un in-

tingolo fatto di varj ingredienti* con pe-

verada ; e la Peverada si è quell'acqua,

nella quale è cotta la carne ; e tal vo-

ce ebbe origine da Pepe

,

che dagli an-

tichi era chiamato Pevere; ed allora

quando quest' arumato era in maggiorcredito e prczxo ,

lo solevano comune-mente metter in tutte le minestre ; maoggi tal condimento è rimaso al volgo.

» w ^Pag. 3. V. 4- pian iU Lccore.

Lecore , villata posta nel più bassoj

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5tpiano in vicinanza di Firenze. Onde vi-

no, di Leeone passa iu proverbio pervi- '

no debolissimo , e di ninna stima ; e'

snol esser proverbiato col dirsi , che fa

sulla groppa de’ ranocchi , e che di po-

co è migliore dell’ acqua. Traile leggi

antiche della città d’Arezzo ve ne era

una, la quale permettendo il piantar le \

vigne nelle colline abili a far buon vi-

no, lo proibiva severamente nelle pia- /

nure> basse destinate alla semenza de*

grani. »‘

!'

Pag. 3. V. 5. Prim osò piantar le viti.

Costume è de’ Poeti prendersela co*

primi che ritrovarono quella tal cosa ,

che essi pongonsi a biasimare , o chestimano esser nocevole , o disutile al

mondo. Tibull. lib. i.

Jam tua qui Venerem docuisU vendereprimus ,

Quisquis es, infelix urgeat ossa lapis.

Vedi altrove nel medesimo libro , enel 3.

Vedi Oraz. lib. i. od. 3.

’ f*

,

Capri e pecoreSi divorino quei tralci. .

Virg. Georg. 2 . trattando del danno

,

che riceve la vite dal morso di questi

animali:

,' VA'* A

J'

Frtgora ,nec tantum cana concreta

jtmina,,w,

^

Aut gravis incumhens scopnlis arenti-

hus aestas ,

Quantum Uli nocucre greges , duriquevcncniun

Dentis, et admorso signata in stirpe ci-

catrix.

Lib. Cur. Malat. maouscrilto. Come il

dente della capra è velenoso alla vite

,

cosi lo dente delP uomo adirato è vele-

noso aie uomo.

Pag. 3. V. r5. Di Petraja e di Castello.

La Pctraja e CasteIJo sono due ville

della Casa Serenissima di Toscana , fa-

mose per i preziosi vini che producono;alla bontà oc' quali aggiugue pregio la

nobile diversità de’ vitigni fatti venire

dalla Spagna , dalle Canarie, dalla Fran-cia , e dall’ isole jùù celebri deirArcl-

;' p

Pag. 3. vJf6. Piantò prima il moscadcllo.

In una traduzione Franzese di Palla-

dio falla da Gio. Darces stampala in

Parigi l’anno i554 nel Febbrajo, al lit,

g, ove l’Anlore Aìcc svnt Apianae prae-

cipuae

,

il Traduttore rende cosi; nousavons aussi les vigues Apianes, ou Mu~scadettes fort excelìenles. E al marginesi legge stampata questa postilla : Les

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53'itignes Muscaelettes ont pris le nom (TA-pianes , des mousches a miei, que nousappellons opes. Agf^iungi Plinio lib. 14.

cap. 2. Apianis nvis apes dedere cagno-

nten,praecipue earum avidac. Papia

citato dal Ferrari alla Toce Moscato

,

Moscatello , uvae Apianae dnlce vinurn

faciunt,

quas nisi cito legas , a vespis

et apihus injeslantur ,unde et dicuntur.

Di tale infestamento io ne feci menzio-ne nelle mie Esperienze intorno alla

generazione degt insetti a car. 41 della

((uinta edizione Fiorentina del Matinidel 1688. Non ò però che le vespe nonvivano ancora di fiori, e di frutti e fre-

schi e secchi; ma f uva, ed in partico-

lare la Moscadella , troppo ingordamen-

te la divorano ;come ne fan testimo-

nianza Cointo Smirneo, e Nicandro ne-

gli Alesìfarmaci , e si vede tutto giornoper esperienza. Vedi Egidio MenagioAccademico della Crusca nelle Originidella Lingua Italiana alla voce Mosca-della, dove approva il Vocabolario del-

la Crusca y che dice Moscadello. Nomeif uva detta cosi dal suo sapore, chetiene di Moscado onde Moscadello il

suo vino. a,

Pag. 3. V. 17. In giolito.

Stare in giolito vale lo stesso che sta-

re in riposo , ed è termine marinaresco,e per lo più dicesi delle galere

,quan-

54do si trattengono nella Darsena , o nel

/Porto; e de’ vascelli d’altobordo, qnan-do in alto mare sono in calma. Gli Spa-

\ gnuoli &crivTOO iolito.

Pag. 3. V. 1 8. Bei di questo hel Grisolito.

Cosi più sotto Topazio pigiato in

Lamporecchio-. Ambra liquida Cretense.

Rugiada di Rubino, e simili.

Questi traslati sono proprj nostri To-scani , nè vi si ardirono

,per quanto io

mi ricordi , nè i Greci , nè i Latini :

solamente quando io leggo in Virgilio,

Eneide lib. 7.

. . et in lento luctantur marmoretonsae ,

mi si rappresenta un traslato simile

,

chiamando egli il mare in quel verso

un marmo viscido , e cedente. £ certa-

mente siccome molt’ altre maniere, cosi

dovette prendere questa da Catullo,

il

3uale ne’ versi Galliambici sopra Ati ,

isse verso la fine di essi versi Mormo-ra Pelogi per 1 ’ acqua, del mare.

V

Pag.3. V. iQ. figliuolo fCunmaf^liuolo^

Anacreonte

,

o chi sia l’autore della

Canzone tuówffov , attribuita ad Ana-creonte : ,

Vévov àpxé^ov fóv otvov.

• \

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55 »

E Pinàaro con più robustezza nella no*na delle jNemee :

Apfvpiam dè vo(id-

vo (piàÀaKTi ^laTÙy^ . /. . i t

.

ApijieXov 'xa.ìS'. o*

!

Madre del vino fu chiamala la Tite daCinea Ambasciadore del Re Pirro aTlo-

mani , il quale vedendo nella Riccia le

viti, come per aria, sopra olmi terribi-

li, che andavano fino alle stelle, scher-

zò sul sapore del vino bruschetto , anzi

che no , con dire , che giustamente

ne portava le pene la madre sua fatta

un penzolo sopra forch^ cosi rilevate.

Miratumque altitudinem earum Ariciae

ferunt L^gaLum Regis Pyrrhi Cyneamfacete lusisse in austeriorem gustum vi-

ni ; merito matrem ejus pendere in tamaita cruce. Plin. lib. r4- cap. i. Achiìle

Tazio similmente chiama la vite tov

pi^ipa. Ed in S. Matteo cap. ayquel yèwqpa si è lo stesso

,

che yó»o<; àpxéXov.

Pag. 3. V. z5. Giovinezza. 'i

Alcuni Gramatici hanno volu^ dire,

che la voce giovinezza sia solamentedelle Scritture moderne , e giovanezzadelle antiche. S’ingannarono. Dante stam-

pato in Firenze Accademia della

Crusca, Purg. 20 .

«6Per condurre ad onor la giovinezza.

Lapo Gianni manu scritto :

Pur giovinezza sembri uno bambino :

Fr. Giord. manuscrilto : Fiero , e per

rohust-a giovinezza baldanzoso. Potrei

adtlurre molti e molti esempli degli an-

tichi testi a penna.

X l-Pag. 3. V. 26 . Parrai Venere stessissima.

stofane nel Fiuto att. i. se. 2. per

ischerzo , come vuole Snida , e alla co-

mica ,disse ai'rÓTtt,ro(. Lo stesso dice

r.ioti co Scoliaste dtAristofane ^ cui per

avventura in questo luogo copiò Snida,

come è sua usanza il copiar gli Autori

senza citargli; ed ag^iugiie, che non si

trova ((uesto superlativo avrórarof

,

ne-

gli Scrittori di prosa ;ma bensì un sì-

mile , cioè (tovórarot

,

il che è come se

noi dicessimo solo solissimo, usato pure

più sotto dal Poeta nella stessa (Comme-

dia. Plauto disse ipsissimus che corri-

sponde al Greco avTÓrarot. Nelle anti-

che Prediche di Fra Giordano manu-scritte leggo : Si accorse esser lui Inis-

simo. 4 >''}

S -"4"

Pag. 3 . v.3z. *JVe chieggio un nappo.

1 Fianzesi dicono Henap, e lo prese-

li) da Sassonico Hnaep. \edi il dollissi-

! CCoogIc

5?ino Du-Fresne alla voce Hanapus. TediEgidlcf Menagìo nelle Origini della Lin-

gua llaliana , ed in quelle della Fran-

zese. Aedi altresì Pieti-o Boivlli nel Te-

soro delle Ricerche e Antichità delle

Ganle , ed il Fenario nelle Origini.

Pleir antico lAhro della cura delle Ma-lattie volgarizzato, per quanto posso cou-

ghietliirare , da Sere Zucchero Benci-

venni, trovo Annapo invece di nappo.

Stea per tre ore in una annappo fatto

di legno di edera, e poi si bea. Tra gli

Aretini oggi il nappo è un vaso di le-

gno per uso di bere , e per altri usi

nel tempo della vendemmia , e non so-

lamente dicesi nappo, ma ancora nappanel genere femminile.

Pag. 4. V. 20. Quei cotanto sdolcinato, ec. 1

Pisciarello. /

Tale era forse il vino descritto daBoileau nella terza delle sue Satire fa-de et doucereux

,

e il quale rìavoit rien >

qiìun goust plat. Di questo sapore sdol- '

cinato può essere, che intendesse Plinio

lib. 14 cap. 6, quando, discorrendo de’

gradi della nobiltà de’ vini , e venendoa quegli del terzo merito, dice AlbanaeUrbi eicina praedulcia

, ac rara in au-

stero. Catullo certamente non approva-va i vini cosi dolci :

il

\

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58Minister vetuli piter Falerni

In^er mi calices amariores.

Sebbene lo Scaligero spiega, che per

atnari abbia voluto intendere pretti , esenza alcuno annacc^uamento

; c certo

dal Ilio tutto deir Epigramma si rendemolto ragionevole lo spiegamento dello

Scaligero. Ma noi abbiamo in Toscanaun dettato

Vino amaroTienlo caro.

il che s’ intende del vino non dolce , e

che pende gentilmente nell’ austero. Tut-

tavolta lasciando il parlar da scherzo

,

non fia eh’ io voglia biasimare il Piscia-

rello di Bracciano, che è gentile, e vi-

no da Dame ,ed è lo stesso vino di

quello , che in Firenze si appella Pi-

sciando,

Pag. 4. V. 26. Scartabelli.

Gli antichi dissero Cartabello, e se

ne valsero iu sentimento di libro di

pregio. Fr. Giordano pred. : Fo scri-

ve nel suo Cartabello sopra il Genesi il

Maestro Alessandro. Tratt. Astiu. Tutti

gli antichi savj ne' loro Filosofali Car-

tabelli lo hatino scritto.

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Pag. 4. T. 27. L' erudito Pignatelli.

Intende del sig. Stefano Pignatelli ca-

valier Romano mio riveritissimo amico,e litterato di maniere senlilissime , co-

me ne fanno fede i Libri, cbe ha stam-

pati, e particolarmente il Trattato Pla-

tonico di quanto più alletti la bellezza

delC animo , che la bellezza del corpo ,

dedicato al nome immortai della Mae-stà di Cristina Regina di Svezia.

Pag. 4. V. 3o. Ciccio di’Andrea.Questi si è il sig. Don Francesco

d'Andrea nobilissimo Avvocato Najvoli-

tano , anch* esso mio riveritissimo ami-co, che altamente possiede tutte le -belle

arti, e tutte le belle scienze, che in unanimo nobile possono allignare.

Pag. 4. V. 3ì . Con amabile fierezza^

Con terribile dolcezza.ì

Claudiana nel Panegìrico , eh’ egli fa '

in lode d'Onorio quando per la quarta,

volta prese il Consolato, a ice di lui : (

Quantus in ore pater\ radiat quamjor^,

va vuluptasFrontif , et augusti majestas grata pu^

àoris l t

Quel torva ‘voluptas frontis spiega evi- ì

dentemente quel terribile dolcezza. Arist.|

X

Colib. I. della Rellorica discori'endo della

bellezza, secondo i p;radi dell'età, af-

ferma, che la bellezza del fiorane, per

cosi dire, fatto, ovvero dell’ uomo, ch’è '

nel vigore dell’età, è lo avere il corpo i

abile alle fatiche della guerra, ed il pa-

rere dolce con terribilità riB^vv di etvat <

doxtlv iifxw (po^epóxrrtOQ. < ìratore an- '

cora nel suo dire dee avere un orna-mento maestoso, una soavità soda e au-

stera. Cic. de Orat. lib. 3. Ita sit nobisigitur ornatus , et suavis Orator, nec la-

men potest alitar esse , ut suavitatemhabeat austeram , et solidam , non dul-

cem, aUiue decoctam. Dee aver dunque

una terribile dolcezza.

Pag. 4. ^.33! Tra gran tuoni dteloquenza.

Di Pericle grande Oratore della Gre-cia fu detto da Aristofane negli Acar-nesi att. 2 se. S. '

Yiorpaxx', è^pòvx» ,

^vftxvxa rii* iZ~Àdda,

Tonabat, fuìgurabat,permiscebat Grae-

ciam.

Questo verso senza ninna adulazione I

s’ adatta all’ eloquenza del signor Don >

Francesco dAndrea, '

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6i

Pag. 5 . V. 3 .Quel d‘Aversa acido Asprino,

Che non so s' è agresto, o vino,

Plinio lib. 14. cap. 6. racconta di Ti-

berio Imperadore , che il vino di Sur-

riento non lo soleva degnare del nomedel vino; ma gli dava titolo d'un aceto

nobile, e «juasi cosi ^er appunto il chia-

mava il Cajo detto Caligula : ’l'iberius

Caesar àicehat coiuensisse medicos , ut

nobilitatem Surrentino darenf, alioquin

esse generosum aceturn : Cajus Caesar ,

qui successit illi , nobilem vappam. Puòessere, che tal vino fosse fatto da quel-

r uve d’ aspro sapoi-e mentovate dallo

stesso Plinio lil). 14 cap. 2. che facevano

sul Vesuvio , e nelle colline medesimedi Surriento. Gemellarum , scrive egli

,

quibus hoc nomea uvae semper geminaededere , asperrimus sapor , sed vires

praeciputte. Ex iis minor Austro laedb,

tur , caeteris ventis alitur , ut in Vesu-vio monte Swrentinisque collibus. Il

• moderno Asprino di l^apoli è lodato,

ed è messo in compagnia della Lagri-

ma, e del Greco da Felippo Sgrutten-

dio nella sua Tiorba a Taccone nella

corda nona della Canzone intitolata : JLeglorie di Carnevale.

Ma su lo avantete

De chella Lagrema^Pe chi, ainunè , sospiro si

62Dm lo Posileco ,

Grieco ed Asprìno^ ec.

E Gian Alessio Abba^utis nell’ Eglogaterza delle Muse Napolitane:

Ca trovo cienlo sorte

De vine da stordire ,

C hanno tutte li nomme appropriateVAsprinio aspro a lo gustoLa Larema , che face lagremare t ec.

Pag. 5. ». 6. Del superbo Posano in com-pagnia. .

11 sig. Gabbriello- Fasano di Napolij

poeti celebre ha tradulto eoa galanteria I

spiritosissima la Gerusalemme Liberaladal Tasso in lingua Napolitaua. Questo I

leggiadro Poeta leggendo un giorno il

Ditirambo , c tingendo d’ essere in col-

lera,

perchè in esso non si lodavano i

vini generosi di Napoli,

rivoltosi con 1

gentilezza ad un Givaliere comune ami- 1

co , ebbe a dire : Voglio fa verà, Baccoj

a Posileco, e le voglio fa 'vede , che I

differenza n c è tra li vini nuostri, e lei

PisciazzeUe de Toscana.^

Pag. 5. V. 8. Che del buon vino al par di

ine s' intende.

Gl* intendenti de’vini, e gli assaggia-

tori son detti con un nuovo e galante

vocabolo oìvó}fT<u da .Fiorentino uno de-

X

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63gli autori Geoponici al lib, 7. e l’assag-

giare i vini ohoyev(TiIv,e son quest’esse

le sue parole ; oi àè éfiireipoi ohóìrtat

Tov rÓTov trréovroi oivoyevarov-

civ

,

delle quali paiole ce ne dà la Ua-duzione Pier Crescenzio al cap. 36 , del

lib, 4. bienni altri sperti conoscitori dea'ini altAustro gli assaggiano. Ho det-

to , che ce ne dà la traduzione PierCrescenzio

;perchè tutto il lib. 4. del

medesimo è copiato in buonissima parte

quasi a parola per parola dal lib. 7 del-

le Gcoponiche. Vero è che il Crescenzio

non \ide i Greci ;ma bensì una tradu-

zione Latina fatta da un certo Burgun-dio, siccome egli, citandolo in più luo-

ghi del lib. 4. viene a darci notizia , c

ai questa vecchia traduzione Latina , e

insieme del suo prendere da quella.

L’ eruditissimo sig. Antonmaria Salvini

Lettore della Lingua Greca nello Studio

Fiorentino va dottamente congetturando,che quel soprammentovato Burgundiosia quello stesso , che tradusse le cose

Greche delle Leggi Latine compilate daGiustiniano. Que/ Burgundio

,

dice il

sig. Salvini, citato sempre da Pier Cre-

scenzio ne Capitoli , che apparisconotratti dagli Autori Greci Geoponici , io

r ho per quel Burgundio Pisano , chetradusse ciò che <v' era di Greco nelle

Latine compilate da Giustiniano,il quale però il Panzirolo nel Lib. de

64Claris Legum Interpretibus, chiama Ber-

ffuntio, Jura ergo Gr.xce coiiscripla, di-

ce egli, Berguntio Pisanus Lcoai» Juris-

coiisulti Avus Latina fecit , ut Odotre-dus vetustissiiniis Auctor testatur. Que-sto OtIoJ'redo fu discepolo di rizone , efiorì circa il 12S0 , come evidentementemostra il Panzirolo nel suo Elogio lih. 2cap. óS de' Lettori di Legge Illustri. Eraadunque in tpie tempi mollo famoso ,

come intendente di Lingua Greca, que-sto Durgundio , o Berguntio

, e potette

siccome le Leggi Greche , che sono nelDigesto, e le Novelle, così anche avertradotto i Geoponici , o pure fatto unLibro della Vendemmia, nel quale nonV era di suo altro che il nome e la fa-tica del tradurre, di cui si potette be-

nissimo servire Pier Crescenzio, che fiori

al tempo di Carlo IL di ringiò He di

Napoli e di Sicilia.

Pag. 5. v.i3. y rinco intralciar la pampinosavigna.

Qui vigna vale lo stesso che vite

,

nel medesimo modo che appresso i Greci

il àpiceÀec , e appresso 1 Franzesi la

veigne significa e vite e vigna ; ed in

questo significato di vite non ne man-cano esempli appresso i buoni Autori

Toscani. Ne porterò (lui un solo sommi-nistratomi dal Vocabolario alla voce

'Tralcio, ed è di Seneca pistol. ò6. Pren-

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65

dea il tralcio del ceppo della vippia vec-

chia, e mettealo sotterra. Il Testo La-

lino dice Illud etiam nane vidi vUemex arbusto suo annosam trans/erri.

Pag. 5. V. a8. L' ingiMtare.

La voce Inguistare può esser nata

dalla Provenzale Engrestara. ?lelle Rime

Provenzali, antico manoscritto in carta-

pecora della Libreria di s. Lorenzo sen-

za titoli di Autori si legge:

yénc al temps èCArtus, ni d" ara

Non crei, qe nuls homs uis

• Tan bel colf , cum en las crins

Pris Sordel dtun Engrestara.

Et sei colp non di fo de mori

Sei qel pezenet nac tort

,

Mas el al cor tan umil, e tan frane

Qel trend en patz totz colps, pois no

i e sane.

La Engrestara de’ Provenzali è cosa fa-

cilissima , che prendesse origine dalla

oce Greca Tàaipa, vaso corpacciuto

mentovalo da Àteueo e da altri , dalla

quale senz’alcun dubbio derivò il voca-

bolo Ciciliano Grasta usato dal Boccac-

cio nella Novella della Ciciliaua. G)$i

gli antichi Provenzali dissero Engresta-

. ra

,

quasi Ingrastaria. Quindi il Novel-

liere antico, libro pienissimo di Proven-

zalesimi , usò Inguistara , e noi iiual-

Eedu Opere. Vol, L S

66mente Guastada , di cui hanno Tolnto

scriTcre diverse etimologie il Menagio ^

il Ferrari

,

il Monosini , ed il Canini ,

che tutti sono da vedersi.

Pag. 5. . 33. Io di Pescia il Buriana.

Forse il Burlano è fatto dell’ uve diquella razza , di cui Crescenzio 4. 3. io.

Ed è uri aUra maniera , ciré si chiamaBuranese , che è uva bianca molto dolce.

Pag. 6 . V. 3. ^gli è il vero oro potabile.

Un pensiero non molto differente si

legge in un antico Quadernario d’ unPoeta Turco tra' Libri Orientali manu-scritti del Serenissimo Granduca Cosi-

mo 111. mio Signore.

Ibrik zerden salkia laal mezbbi Rii

revan

Àltum olur isciunij taman kibrit ah-

mar ghendidurRaher zemanunij deft itmea isaki devan

llla sciarab dilkuscia Teriak acbar ghen*

didur.

Dal boccal ét oro , o coppiere, fa cor-

rere il rubino fondato.

Tati oro sarà la tua opera^ perchè que-

sto è il vero zolfo deltAlcharùa :

Per iscacciare il 'veleno del tempo reo,

e iniquo non v' è altra più possen-

te medicina

I

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®7Del vino , che apre i cuori. Questo è

la Teriaca massima.

Debbo questo luogo al sig. Bartolomfmeo dErbellot gran litterato Fraozese,e yersatissìmo iu tutte le lingue Orien-tali.

Pag. 6. T. 6. Egli è Elena il Nepente.Questa medicina, cbe messa uel vino

faceva rallegrare il cuore, e toglievaogni tristezza data ad Eleua da Polida-mna moglie di 'fune colà nell' Egitto

,

cbe alcuni vogliono, che fosse la Borra-na, e Plinio l'Elenio, vien descritta daOmero nel 4. dell’ Ulissea al verso 220.

Pag. 6. V. 14. Il buon vecchio Rucellai,

Allude a’ Dialoghi Filosofici del sig.

Cavaliere Orazio Rucellai Priore di Fi-

renze : e perchè non sono per ancorastampati , e si conservano manuscrittiappresso il sig. Priore Luigi suo figli-

uolo, mi fo lecito portar qui 1’ argo-

mento di quella degna e nobilissima

Opera.I Dialoghi sotto nome dellImperfetto

Accademico della Crusca pigliano il

motivo dall indirizzare i figliuoli nellavia della virtù ^ tr(ì quali Luigi il mag-giore interviene in detti Dialoghi. Que-sti sono disposti in tre villeggialwe ^

Tusculana , Albana e Tiburtina ì eia-

tr.

scuna delle tjuali è divisa in varie^

di ricreazioni studiose, e queste ne Ùia^

loghi. L' occasione di esse Dillegpature

si assegna al contagio , nel cui tempo

si finge dalCAutore , che molte conver-

sazioni di uomini eruditi ritirati in quel-

le buone arie ,si trovassero insieme

,e

discorressero di varie materie ;fra’ quali

per mantenitor del discorso , s' introdu-

ce Don Raffaello Magiotti, come uomo

versato in alte scienze ; e fuori che TIm-

perfetto e Luigi, i quali intervengono

. col Magiotti in lutti i Dialoghi-, ortu-

na ,or P altra di quelle persone erudite

s'introducono in etri, secondo che la

materia si confà col genio e co talenti

loro. La materia universale sifonda so-

pra le due proposizioni-, hoc unum icio

quod nihil scio, e nosce te ipsum,la

prima di Socrate , e P altra , che dalla

gentilità s'attribuisce ad Apollo scolpita

nel frontespizio del Tempio di Delfo.

La prima , di' è contenuta dalla villeg-

giatura Tusculana ,si vien provando col

dedurre in varj Dialoghi le opinwrd

cotanto diverse degli antichi c più re-

putati Filosofanti , (P intorno a' principi

universali, che variamente e' si sono

immaginati della Filosofia naturale ; e

mostrando , che niuna opinione ne con-

vince con prova manifesta ,si viene a

dimostrare per vera la mentovata pro-

fosiiione di Socrate. Nella villeggiatura

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Cibària si tratta dèli animà e delle suépotenze ,

siccome degli organi e degt i-

stramenti ,per cui , e dove esse si ma-

neggiano ; che perciò discorrendosi della

otomia , si vengono a distinguere quali

strumenti servano agli appetiti^ e a sene

si : e quali alla mente e alt intelletto

e alla rosone. Per mezzo di tal cogni-

zione si passa alla villeggiatura Tibur-

tino , onde s' indirizzano le dette opera-

zioni al conseguimento della virtù e allo

sfuggimento del vizio ^ con varj Dialo-ghi intorno alle materie morali. Per tal

modo conesso il conoscimento di noimedesimi s' impara a distinguere il Jine^

a cui sieno destinate le parti sensibili,

e a quale le ragionevoli^ e come quelle

abbiano a essere ministre , e suddite di

queste. In somma in tutti i sopraddetti

Dialoghi si favella distesamente .delLst*-

na e -deWohm Filosofa naturale e mo-rale i e dove il luogo sia opportuno, ci

vengono sparse molte di queste opinioni

moderne tanto di’ intorno alle cose fisi-

che, che alla Notamia i traendo m^tiltto

e per tutto la materia filosofica^ dalle

questioni , c dà termini delle scuole ; eridurendoTa , il pià_ che si può

,a dl-

scorsi facili e familiari,

TT Opera corrisponde molto bene , e

con gran nobiltà all’ argomento ; e per>

cbè questo virtuosissimo Cavaliere noa•olaaeuU nelle prose lilosoiicbe , ma

I

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7»ancora nella poesia era genlilissimo

, e

{

>ieno d’altissimi pensieri , voglio farmi

ecito di soggiugner qui, come per sag-

gio , uno da’ suoi Sonetti di sentimentoPlatonico.

Sentimenti amorosi secondo il concetto

Platonico che Dio creasse l’ anime

Sarticolari degli nomini degli avanzi

eli’ anima universale del mondo.

Con eterne faville il sommo Sole

Suo divino valor nel mondo accese i

E quelC alta ragion dal Ciel discese ^

Che spirto infuse a cosi vasta mole.

Ma perchè si belP opra adempir vuole ,

/ preziosi avanzi in man riprese',

E vostra abita gentil formarne intese

Con divine virtudi al mondo sole.

E se ben mille e mille altri composeSpiriti accesi da suo ardente zelo

;

Qualche raggio più vivo in voi nascose :

E 'n porgervi Natura il mortai velo

,

, Tanta chiarezza ed armonia vi pose

,

Che ben traspare in lui, che cosa è'

l

cielo.

Digìtiz^i»_L

Pag. 6. V. tg. Ed additava donde avesseorigine

La pigrizia degli astri , e la vertigine,

UAlamanni Colt. lib. 3. dice del vino :

Ma l'ingegno, il discorso, e t alte parti.Che delt animo son, risveglia.

E appre&so:

(Questo ci mostra in del le stelle e i

poli-,

I cerchi e gli animai, che van d'intorno ;

II viaggio del Sole , e le faticheDella Sorella sua ; degli altri i passi j

I dolor di'Orlon ; del Can la rabbia.

Pag. 6. T. 21. Quanto errando, oh quanto vaNel cercar la verità

Chi dal vin lungi si sta !

Presso Ateneo lib. i. vien fatta menzio-ne del proverbio oivot xai àXijSfeià, del

quale si servì Teocrito ,Idill. 35 . che

' cosi comincia :

<

Olvoc, ov (piXt stai Mytxai xai àXaòéa.

Tanto è a dir vino,

che verità. Plin,

lib. 14. 22. ulgoque veritas jam attri-

huta vino est. Noi Toscani abbiamo unproverbio ; La tavola à una mezza eolia.

72Pag. 6. T. 25. Che in bel color di fragola

matura.

Questo forse è quel colore di Tino

,

che PUrì. lib. 14 . cap. g. chiama sangui-

gno : Coìores vini quatuor : albus, ful-

vas ,sanguineus , niger.

Il Chiabrera :

Sulla sponda romita

/ lamgo il bel rio di questa riva erbosa ,

Y O Filli, a bere invita

A Ostro vivo di fragola odorosa.

Pag. 6. V. 36. La Barbarossa allettami.

È un -vino gentile , scarico di colore,

d’un vitigno particolare, per lo più del

contado di Poscia.

I

I

I

I

Pag. 7. V. 3. Voglio berne almen due cio-

tole.

Ateneo nel lib. ir. ove fa una lista

secondo T abbiccì di varie fogge di bio>

cbirri, alla lettera K. pone un tal nomeKotvAi? , che è un biccniere fondo sen-

za manichi , simile ad una conca , ovaso da lavarsi , differente dal calice ,

!

>er non aver manichi, o orecchi , comeIO detto. Più sotto alla voce Kv3t^ cita

un certo Glaucone nelle Glosse , cheafferma, il calice da’Cipriotti esser no-

minato Co^la. Da questa voce usata

anche da’ Latini per una misura di li-

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^. .

.73qttidì abbiamo sene* alcan dubbio fatta

la nostra Ciotola. Cosi ancora tenne il

sif;. Egidio Menagio nelle Origini della

Lingua Italiana, rij^rtando quivi quan-' to ne avea prima di lui scritto Girola-

mo Aleandri nella risposta all'Occbiale.

Soggi ligne poscia ingannarsi il Monosi-ni, cbe deduce Ciotola dal Greco xéòov.Quindi nelle Giunte non gli sembra an-

co inverisimile il pensiero del PadreBertet Gesuita , che da Scutula detta

per Scutella fa derivar Ciotola.

Pag. 7. T. 9. A quel mal porgo un soc-

corso.

Euripide nelle Baccanti dice, che nonV* è altra medicina de’ mali, e degli af-

fanni , cbe il vino.

ovò' iftìf àÀXo (pàppaxov

XÓPOV.

E P"arone nella Satira , cbe egli intito-

lò : Est modus matulae jttpi x

volle dire , che vino nihil fucundius

qtiidquam cluit. Hoc ad aegritudinemmedendam invenerunt.

Pag. 7. V. II. Non fui gtàj che il Ciocco-

latte.

Il Cioccolatte è una mistura , o con-fezione fatta di varj ingredienti , tra i

' quali tengono il maggior luogo il Cacao

ahbronr.ato , ed il zucchero. Così fatta

confezione messa nell’ acqua bollente

colla giunta di nuovo zucchero sei-ve

di bevanda a’ popoli Americani della

nuova Spagna. E di là traportatone Tu*

so in Europa, è diventato comunissimo,e particolarmente nelle Corti de’Princi-

p5 . e nelle case de’lNobili; credendosi,che possa fortificare lo stomaco , e cheabbia mille altre virtù profittevoli alla

sanità. La Corte di Spagna fu la primain Europa a ricever tal uso. E vera-

mente in Ispagna vi si manipola il Cioc-

colatte di tutta perfezione: ma alla per-

fezione Spagnuola è stato a' nostri tempinella Corte di Toscana aggiunto un nonso che di più squisita gentilezza

,per

la novità degl' ingredienti europei , es-

sendosi trovato il modo d’ introdurvi le

scorze fresche de’ cedrati e de' limoncel-

li , e r odore gentilissimo del gelsomi-

no , che mescolato colla cannella , colle

valniglie, coll’ambra, e col muschio fa

un sentire stupendo a coloro , che del

Cinccolatte si dilettano. Del resto in no-

stra lingua r uso ha introdotte le voci

Cioccolatte , Cioccolate ,Cioccolata e

Cioccolato derivate dal nome Indiano.

Uno de’ primi, che portassero in Euro-pa le notizie del Cioccolatte, fu Fran-cesco dAntonio Carletti Fiorentino

,

che in un suo lungo e maraviglìoso

viaggio, avendo circondato tutto l’Uni-

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verso dall’ Indie Occidentali alle Orien-

tali, ritornò quindi in Firenze il di 12

di luglio 1606 ,donde si era partito

l’anno i 5gi a’ 20 del mese di maggio:e lo raccolgo da alcuni ragionamenti dalui fatti alla presenza del Serenissimo

Ferdinando I. Granduca di Toscana , il

manuscritto de’ quali si trova appresso

il sig. Conte Lorenzo Magalotti , ed io

ne ho estratte le seguenti notizie.

Pigliammo prima posto in s. Jonatdiscosto da Limma 1600 miglia posto in

altezza di gradi e mezzo verso il polo

Artico , luogo ove nasce il Cacao frut-

ta tanto celebre^ e di tanta importanza

per quella provincia , che si affermaconsumarsene ogni anno per pià di cin-

quantamila scudi , la qual frutta serve

ancora di moneta per ispcndere , e per

comprare nelle piazze le cose minute ,

dandosene per un giulio il numero di

settanta^ o ottanta, secondo che se neraccoglie più , o meno ;

ma il suo priri-

cipal consumo si fa in una certa be-

vanda, che gt Indiani chiamano Cioc-

colate, la quale si fa mescolando dette

frutte , che sono grosse come ghiande ,

con acqua calda e zucchero ; e primasecche molto bene , e brustolate al fuo-co si dUfanno iopra certe pietre, sicco-

me noi vediamo disfare i colori alli pit-

tori, fregando il pestello, che è ancKes-so di pietra

,per le lungo sopra detta

76pietra piana e liscia ;

e cosi si viene d '

formare in una pasta, che disfatta nel-

r acqua serve di bevanda, che s' usa

comunemente bere per tutti i naturali

del paese \ e gli Spagnuoli , e ogni altra

nazione , che vi vadia , e una volta si

accostumi a essa , diventa cosi viziosa

,

che con difficoltà può poi lasciare di

berne ogni mattina, o vtro il giorno altardi dopo desinare

,quando fa caldo

,

e in particolare quando si naviga ; eperciò si porta accomodata nelle scatole

fattone mescolato con spezierie, o fatta

in panellini, che messi nelt acqua su-

bito si disfanno in certe ciotole, fattedalla natura di frutte grosse , che pro-ducono alberi di quei paesi, come zuc-

chette, ma tonde, e più dure di scorza-,

che secche diventano come legno, nelle

quali bevono detto Cioccolatte , rime-

scolandolo in esse con un legnettn, cheraggirandolo colle palme delle mani se

li fa fare una spuma di color rosso , esubito se le mettono alla bocca , e lo

tracannano in un fato con mirabile gu-sto e satisfazione della natura

, alla

quale dà forza ,nutrimento e vigore in

tal maniera , che quegli , che sono usi-

tati a beveme , non si possono mante-

nere robusti lassandolo , se bene man-giassero cose di maggior sustanza ; epare loro venirsi meno

,quando a quel-

r ora non hanno detta bevanda -, sicco-

,77

me avviene ancora a tutti Olitegli , c/ie

sono avvezzi a pigliare il fumo di ta-

bacco similmente molto stimato, e usato

per vizio da ogni condizione d" uominiin tutte queste Indie per cosa moltonaturale del paese , che lo produce ; il

quale è caldo e umido, e quivi usano

pigliare detto tabacco fattone polvere ,

la tirano su pel naso: e nelluno e nel-

T altro modo vien commendato assai perdiverse sorte d infirmità, e per evitarne

molte ;e in particolare guarisce t acci-

dente del mal dellAsima , ma io , se

bene stetti nel detto paese , beveva del

detto Cioccolate, e mi piaceva e giova-

va', e quasi non mi pareva potere stare

un giorno senza berne, ma non mi pia-

cque già mal pigliare il fumo del ta-

bacco ,del quale per esser foglia tanto

conosciuta non dirò altro ; e solo toc-

nonrio al Cacao ,col quale si fa detto

Cioccolatte, dico, che è una frutta, chenasce nella predetta Terra di S. Jonat,

ma molto più se ne raccoglie nella pro-

vincia di G-uattimala iT un albero pic-

colo , a maraviglia bello, e tanto deli-

cato , che se non si coltiva lavorandoli

la terra , e nettandola da ogni malaerba

,e se non si pianta , e si custodi-

sce appresso in mezzo di due alberi

molu> più grandi', che gli stessi Indianichiamano il padre e la madre del Ca-cao , acciocché venga difeso dal sole e

dal vento ; non produrrebbe il suo frut-to ^ che produce una volta t anno, ser-

rato in Ulta scorza durissima, come unapina-, se bene vi sono compartiti dentro

i frutti in differente ordine, e molto piùgrossi, che non sono i pinocchi con la

loro scorza dura : ma questa frutta ca-vata dalla sua prima scorza

, non haaltro che una sottilissima buccia che la

copre , e tiene unita quella carne, che

si divide come una ghianda in molti

pezzetti cC intorùcciate commettiture in-

sit-rne , e di color lionato scuro , e disapore amariccio , tenendo in se urta

certa untuosità e crassizie , che gli dàuria sostanza e virtù , che chi ne beve

la mattina una di dette ciotole ( cheesse dicono cìiichera ) acconcia comesi é detto , è cosa certa , che per tutto

quel giorno se la può passare senza al-

tro mantenimento , ec.

Fin qui il Carletti

,

nel quale s’ os-

stM'vi, che ne’ suoi tempi si bevea unachicchera di Cìoccolalte tutta iu un fia-

to ; ed oggi si costuma universalmente

Eigliiii'la a piccioli sorsi ; ed è prover-

iule detto degli Spaglinoli en Choco-late no se beve , sino se toma. E unagran Dama soleva dire , che el Choco-

lute se ha de tornar calienle,sentado

,

y murmurando.La maniera di manipolare il Ciocco-

latte in pasta « e di ridurlo poscia in

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foggia d’ una bevanda ogni qualvolta

che voglia prendersi, l'u gentilmente de-

scritta con nobiltà e proprietà di versi

latini , come per uno scherzo , dal Pa-dre Tommaso Strozzi Mapolitano granTeologo , e Predicatore insigne della

Compagnia di Gesù. Spero di far cosa

grata a’ Lettori col portare in queste

Annotazioni quella galantissima Poesia

conceduta cortesemente alle oue pre-

ghiere dall’Autor medesimo.

Principio t chalybis rvpelito crsbrius ictu^

E gravidae 'vena silicis mUii seminaJlammae

Elido, imbutus quam sulphure fomesin auram

Excitat , et multo satur excipit un-guine lychnus :

Appositae lychnus triplex substemi-tur umae

Abditus , instabili ne fluctuet ignis

ab aura :

Abditus , incluso 'vires ut colligat

igne.

Quo lateat, subjecta umae stat ahe-nea circum

Turriculae in speciem dimenso carce-

re fomax,Multiplici fomax oculata foramine ,

flammam

Ut modico sentim spiramine nturiat

aer ,

Angustoijue vomat glomeratwn in car-

cere fumum.Ni pateat ,

vivum mox deserat halir

tus ignem.

Ni pateat ^ vigilem fìanus mox obrual

ignem ,

Hinc subito lymphae semissem infun-

dere in urnamSoUicitus propero : semissem pondero

certo

Hesperii statuunt. FerU imam cuspide

ahenumIgnis, et infusae frigus mihi perdo-

mat unda.

Interea facili Cocolatem scindereferro^

Dives ab occiduo mittit quem Mexi-cus orbe ,

Aggredior\ strata surgunt praesegmi-

na charta

In cumulum , cumuloque modum le-

vis uncia ponit.

Q^uin et sacchaream decisa in /rag-

' mina metamComminuOf cumulusque pati mihi portr

dere surgit,

Mixtaque stai fusto simuly uncia et

uncia metro,

Vix opus expedio , mussai simul un-

da ,susurroque

Advocat ipsa suos libamina dulcia in

aestus.

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8f

Haud mora , fumiferòs pretiosa obso-

nia jacto

In latices ,digito relegens vestigio ,

si quaUda vaporato servai sibi chartula

fumo.Sunt et qui geminos , dainnato more^

vitellos

Adjiciant ,liquidum ut cogant em-

bamma vitelli.

Hi potius ventri faduni \ bis vectaLibumo ,

Et vel amygdalinae , vel foede sordi-

da quernae

Glandis adulterio^ Cocolatis nomine

^

gleba

Ah precor obveniat ; quando tamcrassa palato

Arrident ,vilemque movent pulmenta

salivam.

Sed jam fervei opus , versandaqueturbino lympha est.

Est mihi roborea decerptus ab arbore

turbo ,

Turbinibus vulgi dispar, nam longius

unHastile assurgit , cui cuspide figitur

imaTordlis , et muhis dissectus dentibus

orbis j

Ille inolarn simulat,palmaque inclus-

sus utraque >

Redi. Opere. ul. I. 6

Trudit odorotum ,miscetque volumi-,

ne ìihum.

Quae mihi ,quae gravidis flavo de

vortice bullis

Spuma tumet\ lepido nubes quam ro-

scida labro

Emicatt et fumo nares pnmtat odoro ! •

Mox ubi multiplici detrita est utra-

que gy ro

Palma,, molae insislens, permistaque

frugibus unda,Excipit incoctum mellita ad pocula

nectar\

Ipse etiam patulo sitiens brevis ur-

ceus ore ,

Urceus illimi vincat qui murrhina

creta ,

j4st mihi non uno temere stani po-

cula jactu ,

Nec simul exhausta cumulantur fun-

ditus urna.

Funditur ad numerum succus , quae

turgida bullas

Pars agii ,inverso perii liaec decer-

pta lahello',

Quae superest ,muhos iterum revo-

catur in orhes\

Utque novo spumae tumet altius ex-

cita flore ,

Ipsa etiam cyathis , suspenso parcius

imbre

,

Additar ;alterno mihi terque ,

qua-

terque rotata

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83In spumoni liquor omnis ahìt

, fusus-que capacem

Explet , ballato turgescens fornice ,

nirnbuin.

GuUur hiat , nimbuinque inhians al-

lambere labro,

Spumea suspenso delibai pacala suctu.

Qui sapori exsucti quae roris gradaiqui ftos !

Augurar. Edocto non gradar alla pa-lato ,

Non dedignantis stomachi torporibus

Itila

Blandior Ambrosia est. Hispani o di-

cite ; Galli

Credito : non animos quae vellicet al-

la supinos

ForUor , et crebro jubeat sibi plaude-

re saldi.

Ast non fas uno siccare voracius

haustuFocaia ;

fumanti quod ferveat humorab aestui

Nec lubet: admoto combusta^ parcius

igne

Infudisse juvat medicato in nectare

ofellas

Panis , et intinctu mollitas frangeremorsa.

Vina vorent olii, seu quae non sub-

dita praelo ,

Jnjussisque fluens lacrj'mis dedit uvarubend

94Muijxe, Cretaeo seu quae stillata

cerno

Nauta peregrina vexit super aequoracymha.

Haud eqiudem invideo, capitique ,

oculisque nocentemDevoveo ; Hispana laetus promulside

,

Bacchimi.

Hoc hoc uberius te nectare protue ;

buccas

Huc centumgeminas Fama o demer-ge , canoram

Ut gemines animam, centenaque for-tius infles

AEra^ et utroque canas magnum subSoie Columbum.

Hic prior Herculeas Abylam , Calperir

que columnasNec sibi defixas , tati nec censuit

orbi ;

'^Icidemque animo exuperans , ubi

Jiocerat ille,

Extulit ipse gradum , ignotisque au-dacia ventis

Carbasa, et Oceano gemini spém cre>

didit orbis.

Ipse sibi PolluXi sibi Costar et ipse^

suosque

Pro geminis oculos Ursis, prò pjrxide

mentem'fronte gerens alias Terzis ostenderq

4erms,

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83Jiitra Astris potait, 'mundùmqùè ad^

fungere mando ;

t^uodque novo paceat rerum natura

cheatro ,

Se major ,magno debet detecta Co-

' lombo.

Huic nova labentis debes opobahamavitae

Gens hominum , nostri quae ìttrùte

cìauderis orbis

Scilicet Americis qua Mexicus expli-

cat oris

Frug^feras late ^ebas , caput exetit

arbos

In speciem tenuis;gratae sed germi-

ne glandis

K^uae truncos Arabum vincaU Ce-

drumque ,Cupressumque i

Et vitae amisso prope Jloreat aemulaLi^o.

Indica vox, Italis ingrata sed auribusi

illam

Exprimit, illecebramque gulae dixere

Cacaum ,

Hisce edam late Faginula provenit

• oris ,

Phaseolum siliqua referens Vaginula,sed quae

Tantum Phaieolo praestet, gratissi-

ma quantumExuperant predo pallentes Cynnama

cannas :

86Delicium Aumraé , lecto tjiutm rare

tenellam• lllecehras inter, redoìentis et ubera

' F/orae

. Educai, et grato donai pinguescere

succo.

DLeeris enatam qua comua dejicit

Iris ,

Gleba ubi Sidereo felicius halat odore :

Tanta illi ex ipso fragrantia corticc

spirai,

Illam languiduli circum Zephyrique ,

jocantesque

Aurillae allambunt, dulcique per oscu-

la furto

Fragrantem rapiunt animam , vectam-

que volucri

Remigio alarum vicina per avia furi-

dunt.

Haec Cocolatis erunt tibi bina eie-

menta parandi.Qui si nosse lubet qua fruge metro-

que paretur

,

Accipe. Delecti partem sepone Cacali

Praecipuum Guaxaca dabit, quo Me-xicus ullum

Fnigij'eris nusquam praestantius edu-

cai arvis.

Pingue legas ,carptumque ex arbore,

namqueExesum macie, vel rmiltìs ante re-

postum

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htensibus tfxiuctt» sine viribus unguiriè

torpet.

Arserit interea moderato Clibanus

igne,

' Torreat ut lectas afflata deside glan-

des ,

Est sapor , est tosto major mihi cre-

de CacaoGratia ,

nec cyathos dabit exTiaurire

salubres

Ni vehemens succi ingenium prius igne

retandosi,

Tarn fragili tostas simul exue cortice

gìandes

Ne puram infìciónt neglecta putaminet

massam ;

‘ ‘

Neve imo vilis Jundo subsidat a-

murca ,

Dulcia nectareo sorbes cum pocula

nimbo.

Hinc defaecatum partita froge Ca-

caumMarmoreo lapidi

,qitem levior als^eus

aequet ,

insieme ,et duro pressum defringt

cilindro ,

Injice mox labro , atque alias super-

ingnre fruges ,

Pondero quas certo ut statuas , age ,

pende Cacai

Ante alias libram , cui roris congere

hessem

Digitized hy Google

88Saccharei, et junctos cognato foedere

mìsce.

Augeat et tritis fragrans Va^nulafhistis

Vel tema libram silùjua , vel fortequaterna ,

Si mavie nares ut oìendor • halitus

afjflet.

Et contendit iners stomachi depellere

fngus\ :

^am calido target pinguis Vaginulasucco.

Cynnama quin edam mordaci e cor>

tice sectamPardculam pendant, piperi sed parca

calenti ,

Qued praefert spolio rubicundi corti-

cis urens

Immodico fbras Cocolates Indicus

aestu.

Sed potius moschi puìvis , vel messis

odoraePrimus apex , Ambar, modico sed

aromate mixtumAccedat, capiti quaesitum, et nari-

tus Arrwar.

Mox age coUectas itentm supetingere

frugesMarmoreo lapidi , modicos cui sub/ice

prunasUt sensim lentus tibi cuncta coup-

let ignis.

n>gitized by Google

Marmoream posthac iterans age ti*-

me cylindrum ,

B.t eotam lùctante manu ,luctantibus

armisCantere ,

pinse , agita , validoque re-

perdite nìsUf

Donec permistam, et saxo molitore

subactamUnguinis in morem cogas coalesceie

massam.Hanc aut in teretes demum dispesce

cylindros ,

Vel sterne in lateres , latumv* recol-

lige in orbem.

Tum clausa libi conde arca-, nec prò-

fer in usum,

Signifemm 'l'itan donec compleverit^

orbem ,

Ut constipata durescantfrustala mica.

Et calida demum citius solvantar ab

andò.

Fin qui il Padre Tommaso Strozzi :

ed acciocché si conosca chiaramente

,

eh' è stato uno scherzo, se nel Ditiram-»

ho ho biasimato il Cioccolatte;

soggiu-

gnerò alcuni versi latini scrittimi negli

anni passati dalla gentil penna del sig.

Pier Andrea Fononi Accademico della

Crusca , dotto non meno nelle Toscane^

che nelle Latine Lettere.

AB

FRANCISCUM REDt

PÀTRICIUM ARRETINUM.

J^^umantem pateram teneo dum nectare

plenam ,

Quod parit Occiduo terra sub Orbe

jacens,/ f ! |

Libo llbens, Gen^mgu^ voco;\laetus^ I

'que prmino ,>

Atque Ubi "ex animo fata seconda

precor.

O dutcem Ambrosiam\ validam firmare

salutem ,

Digiiized by Googic

Labentem , et vitam quae reparare

vales !

rid Superum mensas genus immortaleDeorum

Crediderim succos appetiisse tuos.

Mexicus Occiduis Cocolutem mittit aboris ,

Qui fama implevit Solis utramqueDomum,

Felix qui prior ignotum tentare pro-

jtindumjdusus , et indomito ponere fraena

mari.

Non quia divitihus ripis argentea cur-

runt

Flumina, queis fulvwn subdit arenavadum ;

Non quia gemmiferis iìlic plaga rupibus

ardet ;

Sed quia 'vitali cespite frondet hu-

mus.O fortunata , et Saturni tempore digna

Arbor,quae tarUas prodiga fundis

opes\

Indidit arcanum tibi Fatum rohur^

ut

omnesFxupetes plantas , cedat et omne

nemus.Sic te felici despectet sydere Coelum ,

Sic fetus teneros nulla procella petat.

Sic le rare levi ciemens enutriat ÀEther\Radicem in nostrum ftge benigna So'

ktm.

9»Sic longaeva Salus depellet pectore soni-^

num :

Si Cocolatis adest i is , sopor '' èxulerit.

Sic luctus , curae >,morhi

, tristisque se-

nectns

Longe aherunt,potus si Cocolatis

adesti

Quare age , cnlte Redi , Cocolatem tol-

lera canta

Incipe ;namque illi ìtaec Gloria sola

deest.

Pag. 7. T. 12. Il TeE una bevanda usitatissima traile per-

sone nobili nella China « nel Giappone^

e quasi in tutte le parti dell’ Indie O-rientali ; e si compone col tenere infusa

. nell'acqua bollente mia certa erba chia-

mata Te, ovvero dà.Chi vuol notizie più particolari di

tal erba, legga il Padre Giovanni Maf-

feo nella Storia dell’ Indie ,il Padre

Matteo Ricci , Giacomo Ronzio ,Oio-

'vanni Linscot, Pietro Jarrie , Luigi

Froes nelle Relazioni del Giappone , il

Libro dell Ambasceria delle Provincie

Unite all Imperador della duna ; il

Fiag^o del Vescovo di Berit alla Coc- ,

cincina. Il Padre Alessandro de Rodes,

il Padre Atanasio Chircher nella China

illustrata , Simone PaulU nel Quadri-

Digiiized by Google

partito Botanico, dell’uso dell’erba 2 e,

. e molti altri autori , che ne hannoscritto.

Pag. 7. V. 17. Caffè.

Beveraggio usato anticamente tra gli

Arabi , ed oggi tra’ Turchi , e tra’ Per-

siani, e quasi in tutto l’Oriente; ed è

un cerio legume abbronzato prima , eposcia polverizzato, e bollito nell’acqua

con un poco di zucchero per temprarner amarezza. Non è gran tempo, che co-

mincia ad esser costumato in Cristiani-

tà , ma vi piglia gran piede; e vi son

persone ,le quali voglion dire , che il

Caffè non sia altro che l’antico Nejien-

te d’ Elena,

giacché ella , come recita

Omero,

ne imparò la composizione in

Egitto,dal qual paese per lo più ci ò

portato il fruito uel Caffè. Tra’ Persiani

da molti anni in qua si è introdotta

una nuova bevanda amarissima chiama-ta Choc-nar , la quale per ancora nonè costumata da’ Turchi : e piglia il no-

me dalle radiche del Melagrano , cheson il principale ingrediente. Per com-porla pestano quelle radiche , e ne ca-

vano il sugo ,il quale mescolato con

altre droghe gagliarde, si mette a bol-

lire io acqua come il Caffè , e si bee asorsi caldissimo in ogni tempo del gior-

po ; ma più particolarmente ne' couviti

tanto tra’ grandi ,che tra’ plebei, e tanto

tra gli uomini , che tra le clonue per

conciliare 1* allegria. Comiuciano bene

i Turchi più civili ad usare una be-

vanda fatta col sugo spremuto dalle

mele cotogne, delle quali è abbondante

il territorio di Costantinopoli, raddolcita

con un poco di 7-uccbero, e la succiano

bollente, e a sorsi, come se fosse Caffè.

Pag. 7. V. 1 9. Giannizzeri,

Vedi il Covarruvias nel Tesoro della

lingua Casligliana alla voce Genizaro

,

vedi il Vossio de vitiis sermonis ; vedi

l’Abate Egidio Menagio nelle Origini

delia Lingua Italiana , e Ottavio Fer-

rari pur nelle Origini della medesima

Lingua Italiana.

Pag. 8. v. 3 . Montegonzi

Villa posta nella Diocesi Aretina ce-

lebre per la bontà de* vini.

<' * *!

w V-‘

' Pag- 8 . V. 7. Un indistinto incognito dilette 1

Dante , Purg. 7.

Ma di som'ità di mille odori

Fi faceva un incognito indistinto.

I

I

Tass. Amint. att. 1.2.

A poco a poco nacque nel mio petto

Non so da qual radice

Coni erba suol che per se stessa germini^

Un incognito affetto.

Digitized bv Goosle

5)5

P« 8. V. 20. Depor cedratisi il naturale or-

goglio

Galeno nel terzo Libro delle cagioni

de’ sintomi ci lasciò scritto,che le viti

trapiantate in paesi differenti producono

altresì il vino differente xd^axep olpat

•itai tò xctp fipiv apjieÀiOV , o( wcoiÀ>~

Àdtrovin 'là j(ppia> ,iidpopof ixpepàvn

TÒf olfor. Dello stesso parere fu Empe-docle appresso raulore della Storia Fi-

losofica attribuita falsamente a Galeno

oavtp exi lòri àpxé^o». ov "jfàpai dia-

(popai Tovxov xoiovn xòv oimv 9iaiiÀ,dT-

rovra , dÀÀà rov rpèportot; èSiupovf. Ej

pregio singolare della Toscana , che i ì

magliuoli delle viti straniere non sola- i

^nte v’ allignino bene, ma che ancoraj

vi producano il vino più grazioso e più

leggiadro.

Vr;

Pag. 8. V. 23. Chi la squallida Cervogia

Alle labbra sue congiugne

Presto muore, ec.

r

Jìon dissimile è il pensiero del Ron-|

sardo in quella Raccolta di versi , che

egli intitola les Meslanges nella Ganzo-|

netta , che comincia Boi Vilain :

I' home sot ,qui la-ve sa pance

D' autre breuvage,que du vin

,

Mourra iT urie inauvaise fin.

Il Maestro Aldobrandino maiuiscrittoPartita 3. cap. 2 . Cervogia è una manie-ra di beverof^io , che Cuomo fa di for-mento e di vena e d orzo. Ma quellaCervogia ,

cfie si fa di formento e divena, vai meglio, perche non enfia cosimalamente , e non ingenera tanta ven-tosità : ma di che ella si sia fatta , odi formento , o d orzo , o di vena , im-pertanto si fa ella mala testa , e si en-

fia la forcella , e si fa malvagia alenadi bocca , e ma' denti , e si riempie digrossi fammi le cervella, e chi con essoil vino la bee , si innebria tostamente.Ma ella ha natura di far bene orinare,

e di fare bella buccia , bianca e morbi-da. Ma la Cervogia

,fatta di segale, è

sopra tutte F altre la migliore. E anti-

chissimo r uso della Cerv^ia. Tuttaviaebbe molta ragione queir^/vco Abritv-

cense

,

che fiori sotto Enrico 111. Red’ Inghilterra , e citato dal dottissimo

Du-Fresne nel Glossario,quando volle

cantare i seguenti, versi in biasimo di

essa Cervogia :

Nescio quid Sty'giae monstrum confor-me paludi,

Cervisiarn plerique vocant : riil spissius

illa

Dum bibitur-, nil clarius, est,dummin-gitur-, unde

Constat,quod multas faeces in ventre

relinqiùt.

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". I

Contro la Cervogia altresì nel lib. i.

dell’Antologia si può leggere un genti-

lissimo Epigramma di Giuliano Intuirà-

dorè ,che comincia Tif ; jro^sv et( dtó-

yvas , ec. del qual Epigramma iu unadelle sue eruditissime Lezioni fu osser-

vato dal sig. Anton Maria Salvini ^

quanto maggior grazia e vivezza di spi-

rilo abbia la chiusa nel nativo Greco

idioma, che nel Latino, in cui traspor-

tolla Erasmo.

Pag. 8. V. 27. Il Sidro tf Inghilterra.

Il Maestro Aldobrandino Partita 3 .

cap. 2. Il Sidro, che è vino di mele, se

è fatto ,quando le mele sono mature ,

si è caldo e umido temperatamente, maelli non è sano a usare-, perciocché elli

enfia e ingrossa la forcella , e instoppa

tutte le vie del fegato e del polmone :

ma elli ha natura tf ingrassare e di do^

nare assai nodrimento , e vale molto aquelli, che hanno il petto aspro e sec-

co, e che non possono leggiermente ale-

nare. E se tal vino è fatto di mele afre,

si tiene a natura di vinagro , cioè tT a-

ceto, e vale spezialmente a quelli, che

hanno la collera amara alla forcella, e

che a dismisura hanno riscaldato il fe-

gato ; e tutte genti potrebbono di state

tale vino usare. Nel Ditirambo si nomi- Ana spezialmente il Sidro d’ Inghilterra , /

Redi, Opere. Voi. J. 7

• <

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9#

Serchè a’ nostri giorni è in credito più'ogni altro Sidro , ed è stimato il mi-

gliore che si faccia : se ne fa parimente

in alcune parti della Germania; ma in

Francia nella Provincia di Ngpin^jjd^ «

più che in ogni altro paese ; onde Gu-glielmo Britone nel lib. 6. della Filippi-

de parlando del paese d’Auge in Nor-

mandia.

Non tot in autumni rubet Algm tem-

pore pomis ,

Unde liquore solet Siceram sibi Neustria

gratam.

Quegli del paese d’Angiò in loro lingua

lo dicono Sitre. I Parigini ed i Nor-

manni Sidre, come si può vedere nelle

Osservar.ioni della Lingua Franzese com-pilate dal dottissimo sig. Egidio Meno-mo. Dalla voce Normanna è nata l’ Ita-

liana Sidro. La Normanna nacque daSicera degli Ebrei e de’ Latini, cne va-

le ogni bevanda diversa dal vino, abile

ad imbriacare. Isidor. lib. 3o. cap. 3. Si-

cera est omnis potio, quae extra viruim

inebriare polest. Cujus licct nomea He-

braeum sit ,tamen Latinum sonat

,prò

0o quod ex succo frumenti , 'vel pomo-rum conficititr. San Girolamo a Nepo-(iano. Sicera Hebraeo sermone omnispotio nnncupatur, quae inebriare potest,

tive illa quae frumento conficitur, sivc

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pomorum succo. Zaccaria vescovo di

Crisopuli , che fiori ue’ tempi di PapaPasquale II. ne’ Commentar] sopra i

quattro Evangelj. Siceram vocant Hebraei

omne poculum ,quod inebriare potest ,

sivc de pomis ,sive de frugibus , sive de

qualibet alia materia confecturn. Svida

alla parola Sicera dice , che è una be>

randa fatturata, e che cosi chiamasi per

gli Ebrei ,e che imbriaca : ma non è

già vero ciò, che soggiugue , che la Si-

cera sia un vino concio , e mescolato

con condimenti ; ed è falso parimente,

che tal voce sia originata dalla Grecaovyxexpà^M ; imperocché la voce è ve-

ramente Ebrea, nè accade cercarne l’o-

rigine nella Grecia : le parole di Svida

sono le seguenti : liixtpa. I,xBvacròv sró-.

pa. xai xap é^paioa; ovto Xeyóuevor.

pé^vffpa. otv<K ^iv<njOiaiv èx

Tov ffvyx£xpài3obi. ^latteo estmonaste^

riense, ed altri di quel tempo chiama-

rono il Sidro Mustum Pomatium. In

s. Girolamo ancora si legge Pomatium^e Piratìum. Quest’ ultimo da’ Normannimoderni si chiama Poiree, e non è al-

tro che una bevanda fatta col sugo spre-

, muto dalle pere macinate, il dottissimo

Du-Fresne alla voce Pomata afferma ,

che il Sidro è chiamato da’ GuasconiPomado. Pomata patio ex pomis cotu

fecta Vasconibus Pomada , nostris Ci'

dre.

^ ~:.;itizRd by -_iOOgle

looPag. 8. T. ult. Tangheri.

Villani ,7otichi. Di costumi rozzi. Di

natura ruvida e rozza. Epiteto proprio,

ma per disprezzo de’ contadini più sal-

vatichi. Ottfivin terrari nelle Origini

«Ila voce Tanghero, eh’ egli spiega Rn-stìcus y crede che tal voce derivi dalPersiano, e perciò manda a Angaria,ove spiega la voce Andari per con ieri,

o messi del Re ; d’ onde forse è venutala voce àyytXoi a’ Greci , che lo stesso

signi lica Ma non dice tutto. PerciocchéneW' Etimolof'ico Mastio si leggono duealtri signilicati della voce àyyapoi

,

ches’avvicinano molto alla nostra Tanghe-ri. Primo signilìca Lavoratore^ colla

qual ]>.nrola n^i chiamiamo il contadinoàyyapfvo . rò èpyó.'rat iyeipo. óxò tovàyyapof. ó o'v(iaivti ròv èpydr^v. Poise;;ii«'; àyydpot( Xéyovnv oi fii* rovi

trpéa^Hi. 4 àrpdxTOVi, xai voteti.

Au:.'ari chiamano alcuni i messi, o

gii amhasciadori\ ed altri i dappochi, e

balordi. E questo secondo significato

non è tocco punto dal Ferrari. Svidasimilmente alla voce àyyapog, dopo aver

detta la comune sua significazione di

corriere , di messo ,o ambasciadore ,

soggi ugne ,che si dice angari anco a’

facchini , e in universale a gente stoli-

da ,vile ed ahhiftla riderai rò óropa

xaì stù ròv (poprfjyòv , xai ÒÀO( àvan-

^i^rop , ttaì àvdpaxodeSàv.

Dìqilized by Googlc

Pag. q. V. g. Peccherò.

Vocabolo venuto io Toscana dalla

Germaoia. Vedi il dottissimo Du-Fresnenel Glossario alla voce BicarUtm.

Pag. g. V. IO. Colmo in giro di quel vino.

Omero nell' Ilìade 8. vers. 282. disse

bicchieri coronati di vino:

II(vom( Mpqviipat ixiittipéaf aivoio.

Pag. g. V. II. Del vitigno.

Qualità e sorta di vile, detta, cred’io,

dall’ add iettivo vitigineus usato da Plinio

lib. 4. cap. I. Metaponti Temptum Juno-TÙs vitigineis columnis stetU.

V*Pag. g. V. 12. Si benigno.

Al vino Albano par che dia questo

tìtolo di benigno Marziale nel libro in>

titolato Xenia al Distico io3 . che haper titolo Albanum.

Hoc de Caesareis mitis lùndemia cellis

Misit , Juleo quae sibi monte placet.

Pag. g. V. i 3. Che fiammeggia in Sansavino.

Plinio lib. 14. cap. 6. favellando di

certo Contado nel Regno di Napoli cbia-

maio Ager Faustianus disse. Nec ulli

in vino major authoritas. Solo vinorum

fiamma accenditur.

T02Pag. g. T. 14. Vermigliuzzo.

Diminutivo di vermiglio. Vermigliovale di color rosso acceso , e nacquedal Latino 'vermiculus. Papìa vermicu-him ,

nihrum , sive corcineum ; est enimvermiculus ex silvestribus frondibus

, in

quo lana tingitur, quae vermiciUum ap-

peìlatur. E appresso vermiculum tinctura

a similitudine vermis. Del nascimento di

(piesti vermicciuoli per servizio delle

tinte , vedi jéndrea i.esalpino nel lib. 2.

delle Piante cap. 2. Carlo Clusio nelprimo delle Piante più rare cap. 16.

Pietro Bellnnio lib. i. delle osservazioni

cap. 17. Simon Paulli nel QuadripartitoBotanico, ec. Dalle parti d’America ci

viene una certa altra preziosa mercan-zia di vermicciuoli, la quale si adopraa tignere in cremisi , e si chiama Cuc-cinielia, ed è di diverse maniere, la piuperfetta delle quali dicesi Lanuta percagione dell’ esterno colore , che pendeal canuto.

Dell’origine della voce Vermiglio veg-

gasi il Canini ncH’Ellenismo, ed il dot-

tissimo ed eruditissimo Egidio Menagionelle Origini delia liingua Italiana , epiù di flitsamente in quella della Fran-zese. Gli antichi Provenzali ebbero an-ch’ essi tal voce. Ramhaldo de V^acheras

del lesto a penna della Libreria di

S. Lorenzo :

“ Digillzed by

to3Ane Persevai cani ella corte ctArtus

Tolc las armas al cavalier vermeilh.

Bernardo del Ventadom:

Prat me sembla veri , et vermeill

Issamen com lo temps de MaiSim ten fin amor coinC, e gai

Nef mes fior bianca, e vermeilla.

Beltramo dal Bornio :

Qtie riaia calps recebutz eit ma taria

E faitz vermeilh de mon gonfanottblanc.

Guido d’Uzez manuscritto Strozzi :

IjO vermeilha, e bianca kara

De la mea fina entendensa.

Da’ suddetti versi di Guido dC Uzez per

passaggio si può osservare,quando nel

Poema del Filostratò il Boccaccio cantò:

Di poter riaver qual si vuol pria

La dolce sua , e unica intmridenza.

Che disse intendenza alla Provenzale in

vece dell’Amata;

siccome ancora nella

Fiammetta disse intendimento. Mentreio fra loro alcuna volta il mio intendi-

mento mirava.

*•4Bìaneh/tcet del Testo della Libreria

di 8. Lorenro in siguificato d’amore, edi pensiero amoroso :

Car ay en lei mes mon entendimen.

Ma per tornar alla voce Vermiglio, nonsolamente fu usata dagli antichi Proven-rali, ma altresì da' Guasconi, e da que-gli di Linguadoca. Goudelin nel librointitolato le Ramelet Moundi:

A pourtat dous hroutousD' uno couloureto hermeillo.

E ivi medesimo :

Frese, et biu de sas coulouretos

Coumo Uu rosos hermeilletos.

Ed in somma comunemente da tuttel’ altre nazioni della Francia. MarzialdAuvergne nel libro chiamato les Figi-les de Carle VII. descrivendo un granfunerale :

Puis venoit urte hacqueneeConverte de beau cramossy

, ec.

Et mtis venoit le CancelierHabille de velours vermeil.

?ie suddetti versi di Marzial dAuver-gne dalla Ghinea covertala di cremisi-

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io5' Bó , e dal Cancelliere vestito di vermi-glio, raccolgo, che tal colore era in usonell’ antiche esequie ; ed il Monaldinella sua Cronica manuscritta parmiche confermi questa asservazione. Mer-coledì, dice egli, addi 28 étAgosto i 38 r

a ora di terza si fé VEsequie , e ripo-

sesi in s. Croce messer Francesco Ri-

nuccini , che mori martedì addi 27 di

Agosto. Ebbe grandissimo onore. Cin-

quanta doppieri, due cavalli a bandie-

re , uno a pennoncello , ed uno col ci-

miere, spada e sproni, ed uno covertodi scarlatto il cavallo e 'I fante , cheaveva il mantello di scarlatto co' vaigrossi per mercatante', tutto il coro de'

frati pure a torcìdetti , e 'ntomo t alta-^

re , la cappella sua della sagrestia, otto

fanti vestiti alla bara, e drappelloni di

drappo d'oro, egli vestito di velluto ver

miglio : onore grandissimo, e pianto daogni gente per lo migliore caxmliere di

ogni bontà. Nella stessa Cronica. Ve-nerdì addi 7 Agosto mori messer Nicco-

lao di Jacopo degli Alberti per lo piùricco uomo di danari ci fisse per av-ventura dugento anni sono

; e addi 8dAgosto alle dodici ore si seppellì in

Santa Croce con grandissimo onore e

di cera e di gente. Ebbe letto di scia-

mitx> rosso ; ed egli anche vestito del

detto sciamito,

e di drappo a oro , e

guaizeroni;otto cavalli, urfo dellarme

dèi popolo,perchè era cavalù re del po-

polo , e. imo della parte Guelfa, perchèera de capitani ;

due. cavalli coverti conle bandiere prandi con T arme degli jdl-

herti , ed un cavallo con un pennoncel-lo ,

ed uno col cimiero, .^pada e sproni

df oro ;il cimiere una donzella con due

ale ;ed un cavallo coverto di scarlatto,

e ’/ fante con un mantello di vajo gros-

so foderato , ed un altro cavallo noncoverto con un fante con un mantellodi pavonazzo foderato di vajo bruno ;

arrecato il corpo dalle logge loro , equivi fu predicato. Ebbe settantaduetorchi , cioè sessanta da se

, e dodicine diè la parte Guelfa : grande arcatutta fornita di torchietti di libbra , etutta la Chiesa intorno , e le cappelle

alte dal mezzo tutto ogni cosa pieno di

torchietti di mezza libbra, e spesso se-

minati di quei di libbra. Tutti i con-sorti e parenti stretti della casa vestiti

a sanguigno. Tutte le donne entrate eduscite di tor casa vestite a sanguigno ,

ec.

IViccola Villani nel quarto degli otto

Canti di quel suo nobilissimo Poemaeroico della Fiorenza difesa

,

i quali

furono fatti stampare in Roma da Ono-

frio Ippoliti suo nipote, e dedica ti al-

rEminentissimo Cardinal francesco Bar-

berino; nel quarto,dico, di quei Canti

descrivendo il funerale d’ Armanai ico

Digl;i2^

107

fratello di Hadagaso Re de’ Goti asse-

diatore di Firenze, vi fa apparire usato

il colore vermiglio. Stanza 6o.

Curate avean étArmanorico intanto

ZjC membra mute ,pallide e defunte ,

E ogni ferrea salma ,e tC ogni am-

mantoSpogliate e terse e profumate ed unte.

Dentro infuso gli avean di Mirra il

pianto ,

E T ambrosio liquor di Jericunte,

E 7 sudor del gran Cedro , e varie

sorti

D' odor possenti ad eternar le morti.

Di sciamito vermiglio , e drappi ad oro

Eo vestir poscia in barbaresca foggiai

Cuopre il letto , ove ei posa , aureo

tesoro

Di nobil coltre , e pur serica e ro^ìa. .

Stanza 63.

D' un rosso crudo è quella tenda im-

mensa.Che chiude intorno il cataletto altero.

Stanza io8.

r

Radagaso alla fin vestito tutto

Di vermiglio color, la pompa serra-,

E col manto seguace, al collo addutto

Con fibbia di rubin , rade la terra.

/io8

Simil costume leggesi per antico in Po»libio, ma io non voglio avanzarmi taii-

t’ oltre : soggiugnerò solamente, che a*

nostri tempi in Francia è in uso talvoN

ta il color sanguigno tra gli abbiglia-

menti di quelle persone che portano

!

} * bruno. Ho saltato di palo in frasca : ne

I! dovrei esser proverbiato. Kon lo farò

I * più.

Pag. q. V. i 5 . Brillantuzzo.

Un gentilissimo e pulitissimo Scrittore

^esalta la moilema lingua Franzese, per-

chè non ammette i diminutivi ^ biasima' l’antica, perchè gli costumava f non lo-

da l’Italiana, perchè ne ha dovizia. Io

per me sarei di contrario avviso, e cre-

derei , che i diminutivi fossero da nove-

j

rarsi tra le ricchezze delle lingue , e

.particolarmente se con ilnezza di giudi*

\zio , e a luogo e tempo sieno posti in

uso. La lingua Italiana si serve non so-

lamente de’ diminutivi ; ma usa altresì

i diminutivi de’ diminutivi , e fino—ift_

terza e quarta generazione.)

Pag. 9. V. 27. Manna dal ciel sulle tue

trecce piova.

Mutato da quel del Petrarca. Fiammadal ciel sulle tue trecce piova. Questa

figura da’ Greci è chiamata itapodia ;

e vi erano Poeti, i quali con poca mu-tazione si servivano de’ versi di qualche

Digitized by Google

l.

*®9I antico e accreditato per fornirne alcuna' nuova e capricciosa materia

, e questi

\erau detti xapodoi : travestivano

,per

I

così dire ,Omero , e con qualche ag-

i giunta del loro traevano il serio d'Ome-\ro a) giocoso. Di questa sorta di poesìa,

e de’ poeti che vi s’ impiegarono , uite- {

neo iin. i 5 verso il line. >. i i

''

Pag. 9. T. 27. Sulle tue trecce. '

Esprime quello che i Latini pur par*

landò delle viti , dissero Capillamenta ,

come si può vedere nell’ epistola 8(j di

Seneca, e nel lib. 4 cap. 11 di Columel-

I

la. Plinio li' . 17 cap. 24 disse crines.

Vemacula putatio dejectis per ramosvitium rrinibus circumvestit arborem. EMarco Varrone volendo > spiegare checosa sia il capriuolo delle viti, e per*

che sia cosi detto : Is est cauliculus vi-

teus intortus ut cincinnus; is enim, vi-

tes ut teneat , serpit ad locwn capiun-

dum, est quo a capiendo capreotus di-

ctus.

Pag. 9. v. 28. frigna gentil, che quest; am-brosia infondi

Archestrato Poeta, il quale, yercioc*

che ne’ suoi versi descrive cose attenenti

a cene e a desinari , è soprannominatoDipnologo

, riferito da Ateneo lib. t ,

esaltando sopra gli altri vini il vino del-

n.

110r isola di Lesbo scrive , che doq s’asso-

mi{jlia a vioo , ma ad ambrosia.

Mfivof ds doKriazk

Ovai òivo mi c ^tif òfioiof Xéfta . àfi^po»ffia dì.

Pag, 9. V. iq. Ogni tua vite in ogni tempomuova

Nuovi fior, nuovi frutti e nuove fronM

. / Omero nel settimo dell’Odissea aven-

\ /do affermato , che gli alberi, le piante 1

'/ d’ ogni ragione sempre fon Borite, e

tutto Tanno fan frutti là negli orti del /

' Re Alcinoo , segne a dire della vigna !

carica d’uve, che alcune di esse si ra-

sciugano, e si stagionano al sole ; altre

son fatte , e si vendemmiano ; altre si

pigiano ; alcune ancora sono agresto,

I

ed hanno buttato il fiore ; e alcune fi-'

nalmente hanno cominciato a pigliar^

colore. Vedi quivi. La nostra uva dij

tre volte non fu incognita a Plinio, il

qual lib. 26. cap. 27. f'Ues quidem , etj

triferae sunt, quas ob id insanas vacanti

Xquoniam in iis alia maturescunt

, alia|

tuigescunt, alia florent. ' t

Pag. g. v. 3 i. [/n rio di latte in dolcefoggià , e nuova , ec.

Eu'ipide nelle Baccanti, contando nel >

V tuo linguaggio poetico le maraviglie dij

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Bacco, dopo aTer detto, che le Baccan- '

ti, ferendo le pietre colle loro aste, fa-

cevano scaturire i rugiadosi umori del-

r ac(|ue , e che alcuna di esse ficcando

il suo bastone in terra , Bacco ue faceva

sorgere fontaue di vino ; aggiugue, che

a quante arcano gusto di bevanda bian-

ca e lattata ,bastava , che chiamandosi, .

I

ìrendessero pizzichi di quella terra, per '

a quale passn'vano; e tosto si vedeva-;

no le mani piene di fiali di latte. E I

nella stessa favola una di esse Bac-canti , che rappresenta tutto il coro , f

dice , che per dove passava Bacco , la

campagna correva latte, vino e nettare,

o miele. Cosi la S. Scrittura per dise-

gnare la fecondità della terra promessa,

o per dirla colla frase Ebrea , di pro-

missione, la chiama terram Jluentem la-

cte, et melle-

Pag. IO. V. 3. Possa del vino tuo ber colla

secchia

Ipponatte citato da Ateneo lib. 1 1 nel

catalogo de’ Bicchieri alla voce Tt'ÀÀa ,

che è quel vaso da muguere, die i La-tini dicono mulctrale conta in certi suoi

versi, che forse sono scazzonti; che nonavendo alcuni bevitori calice da bere ,

per avervi dato dentro il servitore , erottolo , si servirono d’ uno di questi

vasi, o sia d’iin bicchiere simile ad essi.

E appresso , lo stesso Ipponatte non so-

tl2lamente fa menEÌone del Taso da mu-gnere , ma anco d’ un vaso , col fjnale

s' attìgneva l'acqua chiamato àpvxaivcb

da àpvtiP

,

che in Latino è haunre, con-

versi tutti due a uso di bere il vino.

. . . èx 9è ‘xà'KXtiz

EariTO* aXZox’, avrò; àÀZor' ipvxctitti

Tlpovttivey,

'\

Pag. IO. V. 4. (Se la druda di Titone" La voce drudo, il cui femminile è

druda, vale lo stesso che amadore , va*go , amante , damo ; nè sempre si pren-

de in significato disonesto , come volle-

ro scrivere quei valentuomini, che com-pilarono il nostro Voraholario della

Crusca della seconda edizione. DantePar. 12. favellando di Callagora patria

di s. Domenico :

Dentro vi nacque T amoroso drudo

Della fede cristiana il Santo atleta

Benigno a suoi , ed a' nemici crudo.

Cristofano T^andini nel Cemento : Den-tro vi nacque Domenico drudo

, cioè

sommo amatore delia fede cristiana. Lostesso Dante nel Conv. chiama drudi

gli amatori della filosofia : O dolcissimi,

o ineffabili sembianti , ruhaton subitanei

della mente utnana , che nelle ilimo-

straiioni negli occhi della filosofìa ap-

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ii3parve

,quando essa olii suoi drudi ra-

dono. Il bealo Jacopone da Todi anti-

chissimo Poeta ne’ Cantici sacri si vale

della voce druderia in sentimento pio e

devoto , e particolarmente in uno alla

Beatissima Vergine , dove ebbe a dire :

La balla tu rC hai avuta '

Lungo tempo t hai tenuta

Per pietà ; Madre or rrì ajuta

Che 7 ci presti in druderia,

E nello stesso sentimento ei medesimosi vale altresì del verbo indrudire. LucaPulci nel Gir. Calvan. c. 7. in personad’ una onesta vergine :

Ed ogni cosa del suo vago , e drudoVeder potea Aleandrina bella.

Onde non è da ascoltarsi il terribile fa-

mosissimo critico Benedetto Fioretti, il

quale nel quarto volume de’ suoi Pro-

ginnasmi poetici al proginnasina bg vol-

le dire, che contro al decoro poetico

, j

e cristiano è questa metafora di. D.mte j

stravagantissima,chiamando un santo '

nel Parad. tz. drudo della fede. Del;

che Monstg. della Casa nel Galateo me~ i

ritamente ne fece ramare. Se questo Cri-

tico, e con lui Monsignor della Casa,avessero considerato iu qual uso , ae’

Redi. Opere, Vol. I. 8

l tempi di Dante, era la Toce drudo, nongli arrebbon ,data questa cosi j)Oco eru-

dita accusa. K degna a ciuesto proposito

di esser letu una delle Veglie toscane ,

ohe reruditissimo sig. Carlo Dati lasciò

I

compilate ,nella quale gentilmente di-

I fende Dante dall’ accuse di Monsignor

'della Casa. 1 Provenzali parimente si

servirono della voce drudo , e druderia

in buon senso. lu una canzone registra-

ta nella vita di Ganselm FaidUz testo

a peuua della Libreria di s. Lorenzo.

Cant, et depott, dompneis et sollaz

Enseniamen , largetsa et coitesia ;

Honor et pretz ,et Hai drudaria,

Folcbetto da Marsilia :

Cane mais tant nom plac iovem

JV/ pretz, ni cavalaria

iV/ dompneis , ni drudaria,

Rambaldo de Vacheras:

Jjial drutz honrat ,et pretzan

Fer la amansaEn beneuonsaIni el cor port honestat, •

Glossario Provenzale lesto a penna di

Francesco Redi. Dmtz. diUetus , umans

jfidelis. Enrico Spelmunno nel Gloasario,

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• DrwJes drudi spiega Jtdeles. Ne’ capitoliReiueos. e Rotumag. neU'aanodiS. sinesolatio , et comitatu drudorum

, atquevassorum nuda , et desolata exìbit. Vediquivi alle voci drudes , drenches, dren.-gits, druchte

y druthe. 11 sig. Egidio Me-nagio nelle sue Origini della LinguaFranzese

, osserva , che le parole anti-che drud, e drurie significano in quella

feal, fidel, amy, fidelitè, amour,

onde nel Romanzo di Fiorimondo scrit<to l’anno iiz8.

Li Roy ses chambeìlans appaile

,

Li Roy appella de ses drus,

Et commanda qu'il soit vestus.

£ quivi medesimo :

Li Roy li a sa ftlle monstreeLi autre Cont par lui veve ,

Se dii ja quelle Feste sa drue.

Nel Romanzo di Guido di Toumaut;

Onq ne fout tei criee de puis le RoyJirtus

La regreue chucun son amy, et son drus.

Il Romanzo di Guglielmo aucourh-nez:

S‘avons perdu et je , et voiis assezAmis et dius et parens et ptivez.

i6Sono da vedersi Mons. Bicone nelle

Note sopra le forni, di Marcolfo, il Pa-

dre Sirmondo sopra i capitoli di Carlo

Magno , il Vossio ne’ Libri de’ vizj del-

la tavella , e 1' eruditissimo Du-t'resne

nel Glossario. Egli è ben vero , che il

suddetto sig. Ecidio Menagio afferma

,

obe siccome i più anticlii Poinanci Fran-

zesi si servirono di quella voce in buonsenso, cosi cominciarono poi ad usarla

inumala parte ne’ tempi di san Luigi, e

di Filippo il Bello , 9jq^licauJ^ol^..agli

amori disonesti , come si può leggere

nel Romanzo della Rosa , cominciato daGuglielmo de Lorris, e terminato dal

.Maestro Giovanni de Meung

,

che fu il

Padre , ed il primo inventore dell’ elo-

iquenza Franzese , nel qual Romanzo io

'osservo ;

I

ai (Ili il a voulu retenir

Quelle ne puisse alter ne venir

Soie sa moviller , ou sa drue ,

Tantost en a Tamour perdue.

E nell’ Ovidio manuscritto , che si con-

serva nella Libreria del famoso Mons.Conrart, favellandosi di Agamennone edi Criseide :

jigamennon en fit sa drue,

Idais cher fu ceste amour vendue.

Digitizéd by Gòogle

ii7Ho posto mente, che i Proyenzali altresì

la usarono in significato oscenp. Nella

•vita di Gauselm Faid'uz. K tant Cao-rat, et tant la servii, e il clatnet mer-ci, que elle s’ennamora de lui, et fetzGauselm Faiditz son cuvalier , et sondrutz. C nella stessa vita. L'accollia

cortesamen , et fasiali bel semhlant, et

sollazar<a , et risea ab lui-, don era ere-

sutz,qel coms fbs sos drutz. Et fon dii

a en Gauselm Faiditz,

qel corns aviaagiit de lei tot son plaser, et tota vo-lontat. In somma drudo è voce che po-

trebbe corrispondere a procus de’Latiui,

e si trova indilTerentemente secondo ì’or-

dine de’ tempi in buono ed in cattivo

significato: il perchè con molta ragione

l’Autore del Rimario Provenzale manu-scritto della Libreria di san Lorenzo.

Drutz , idest procus,qui intendit domi-

nabus. Negli esempli suddetti per lo piùdrudo è nome sostantivo; ma io lo tro-

vo ancora in forza d’addiettivo appressogli scrittori Toscani più antichi, ed ap-presso (quelli che fiorirono nel secolo

passato, cavale forte, valoroso, gentile,

di maniera graziosa , destro , ec.

Facio degli Uberti nel Dittamond. 4. 22.

$

Silvestri, montuose

, fredde e nudeIn molte pari vidi le sue rive

,

E in altre assai di belle ville, e drude»

i6ISelle sestine trorate in un antichissime

teslo a |>enna , e stampate nella Rac*colta de’ Poeti antichi in Firenze dai

Giunti i5zy a carte i3i.

Jo ai>ea duro il cor come una pietra

Quando vidi costei druda com' erbaNel tempo dolce , che fiorisce i colli,

Ser Lippo d’Arezzo manuscritto ;

E quando me mìrao si bella e drudaIn del cor me passao così rapente.

Trojano manuscritto canto 3.

Ma quando vide il franco Baron drudo.

Il Berni Ori. i. 2 .

Mosse il destriero ^ e la gran lancia in

manoNel corso T anestò quel baron drudo.

In tal significato del Berrà fu usato da-

gli antichi Franzesi « come si legge nel

Bomanzo di Bertrando de (luesclin

cap. 28 .Quant vous sercz en bataille ,

altez si avant, camme il vous plaira, et as~

semblez aux greigneurs ^ et aux plusdrus. E avverbialmente

(osto ivi mede-

simo : Grant temps doura t assault , etle trait de nos gens, les quelz trayoient

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si Jru , éfue a pene osoient les Engloìztnettre la teste dehors. In alcune Scrit-ture manuscritte citate da Monsig. t^in-cenzio Borghini intorno agli anni 1214.si legge Dritdo, e Drudolo per nomi pro-prj a uomini nobili.

Pag. IO. V. 7. Di tal vin facesse invito,^E frase usata ancora da’ Latini, Plau- >

to neirAnfitruone att. i.'sc. i. vedendo|

tardare a venire il giorno :

Credo aedepol equidem dormire solem

,

atque appotum probe ! i

Mira sunt, nisi invitavit sese in coena 1

pluscutum,I

Pag. IO. V. 12. Coronar potrò il bicchiere.

Più sotto :

A inghirlandar le tazze or rrC apparec-chio.

Frase SOmero nell’Iliade al g. vers. 176imitata da Virgilio nell’ Eneida lib. tverso la fine.

Pag. IO. V. i 5 . C/l è famoso costei per quelMasetto

n Bemi nell Ori. lib. 3 . canto lettimoifavellando di se stesso ;

r-

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Costui eh' io dico a Lamporecchio na-

cque ,

Ch' èr famoso costei per quel Masetto.

La novella di Masetto da Lamporecchio

,^'sì può vedere nel Decamerone. Giom. 3.

nov. r. Lamporecchio è villa deliziosa

degli eccellentissimi sigg. Rospigliosi nonmolto lontana da Pistoja.

Pag. IO. v- 17. E sia puretto.^ I nostri contadini chiamano puretto il

vino, che non è innaci|uato: da puretto

nacque la voce Fiorentina pretto , che

ha lo stesso signilìcato secondo l’opinio-

ne di Jacopo Corbinelli nelle Annota-

zioni sopra Dante de 'vulvari eloquen-

tia, la quale opinione fu confermata

dal sig. Carlo Dati nelle Origini della

Lingua Italiana del sig. Egidio Mena-gio.

Pag. IO. V. 20. Cantinplore.

r In Toscana la Cantinplora è un vaso

di vetro, che empiendosi di vino ha nel

mezzo un vano ,nel —quale si mettono

'' pezzi di ghiaccio, o di neve per rinfre-

scarlo , eìl ha un lungo e grosso collo

,

. che sorge da uno de’ banchi a foggia

1 d’ annafli.ntojo. Oggi non è molto in uso;

ed alla Corte si chiamano cantimplore

quei vasi d’argento, o d’altro metallo,

che capaci d’ una , o più bocce di ve-

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I2I

tro , servono per rinfr^care il vino , e

r acque col gnìaccio. Donde abbia avu-

ta origine tal voce , io per me sarei

della stessa opinione di Don Sebastiano

Covarrnvias

,

il quale nel Tesoro della

Lingua Castigliana scrisse: Cantimploraes una carrafa de cobre con el cucilo

muy larf^ para enfriar en ella el agita^

o el vino medendola , y enterrandola

en la nieve , y meneandola dentro deuno cubo con la dicha nieve, cosa miyconocida

, y usada en Espanna, y en

todas partes. Dixose Cantimplora por-

(jue al dar el agua , o el vino rjue tie~

ne dentro,por razon del aire

, que se

encuentra en el dicho cucilo , suena enmuchas dijèrencias, unas baxas, y otras

altas , unas tristes, y otras alegres, que

pareze cantar, y llorar juntainente. En

Griego se dite , idest rUlens,

et flens a vèrbo xXaio fico , et

rideo. Por està mesma razon llaman los

Franceses Lhanteplure , a cierto arca-

duz, y regadera , con que sacan agua

para regar los jardines.

Pag, IO, V, 22, Bombolette.

Diminutivo di bombola. Bombola è

un vaso di vetro col collo corto per usodi tenervi il vino , o altro liquore. Edè voce a mio credere originata dal Gre-co ^op^vXov. Svida. BouSv^ov. axivo(

(spoyYv^otiSéf, Polluce nel capitolo de*

122nomi (le’birchieri ^ofi(tvXiò( 9è rò (rtfòt

ixvona , xaì fiou^ovv èv xdoct , ó$

Avri^èv*ic iv UpoTptxrixó- Appresso di' Esicrhio la voce significa lo

stesso che Orcìnlinn dell alio. Il soprac-

citato esemplo di PoUuce mi fa sovve-

nire molto a proposito un luogo di Gorlena nella sposizione delle voci antiche

usate da Ipocrate^ il qual luogo ne’Li-*

bri , che furono stampali da' Giunti èmolto scorretto. E di quivi parimentesi può ridurre alla sua vera ed amicalezione ~Rofip,vXiot ( leggi ^op^vXmv )éxrofta ti (Tt» rò (TÓpa, p xopasrapà rò (

leggi Boplietv ) èvo-

(ta<ruivov. In un frammento di Ateneoportato dal Casaubono nelle sue dottis-

sime Animadversioni , si fa menzioned' un vaso da bere di quelli detti dal-

l’Autore Tericlei fallo in Modi , o alla

Rodiana appellato Bop^v^toi ,il quale

dovea essere di bocca stretta , e però vi

si bevea appoco appoco , e non quantouno avrebbe voluto , come quando si

attaccava la bocca alle fiale, e si me-sceva con esse.

Pag. IO. v. 22. Forbite.

Forbito vale nello, pulito. Vedi il

Vocabolario. Trovo questa voce in Pro-

venza. La Contessa de Dia , o de Di-gno :

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123£/ $eu druti

A'vinem , gai et forbitz.

Nella Gram Provenzale della Libreriadi s. Lorenzo. Forbir

,polire e tergere.

Glossar. Provenz. F. Redi Forbir , ter-

gere, mundum facete.

Pag. IO. . 25. Son le nevi il quinto ele-

mento.

Ai quattro elementi de’ Peripatetici

aggiugne per ischerzo il quinto. Essereil quinto elemento è un modo prozer-

biale Toscano , che vale esser cosa ne-

cessarissima. Bonifazio Vili, nella suaincoronazione, avendo da diversi poten-

tati dell’A.sia e dcH'Europa , dodici am-basciatori Fiorentini

,mo.sso da maravi-

glia, disse in pieno Concistoro: I Fio-

rentini nelle cose umane sono il quinto

elemento. Antonio Pucci, che fiori pocodopo a’ tempi del Petrarca , nel Capi-tolo di Firenze, stampato nella Raccolta

delle Rime antiche fatta dal Corbinclli

nel i585 chiama la città di Firenzequinto elimento:

\

Ben fé' chi la chiamò quinto elimento.

Questo proverbiai modo di dire mi fa

sospettare, se in Giovanni Villani lib. 7cap. i38 nura. 7 quando ei disse la città

di Acri essere un alimento al mondo.

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124e quando lib. r i eap. 87 num. 3 le faini>

glie de’ Bardi e de’ Perutri essere quasi

un alimento , mi fa sospettar, dico, chela voce alimento in questi due luoghi

del Villani non si debba intendere nel

significalo di alimento ^ che vale gene-

ralmente ogni cibo di che l’uomo si nu-trisce ; ma si debba intendere per ele-

mento. I motivi del mio sospetto sono

,

che in un Testo del Villani manuscrit-

to della mia Libreria , in vece di ali-

mento in que’due esempli si legge sem-

pre elimento, che significa lo stesso cheelemento , come si può vedere dal so-

praccitato Capitolo ai Antonio Pucci\

e come |X)trei mostrare colla citazione

di molti Autori de’ primi tempi. Inoltre

ì nostri più antichi Scrittori Toscani in

cambio di elemento dissero sovente ali-

mento, cangiando la lettera e della pri-

ma sillaba in a, come è chiaro per gli

infrascritti esempli. Ser Brunello Latini

nel Tesorelto cani. a5 stampato in Romadal conte Federigo Ubaldini:

E tutta terra , e mare

E 'I fuoco sopra F aire

Cit'i son quattro alimenti ,

Che son sostenimenti

Di tutte creature.

11 Maestro Aldobrandino

i

cap. t.

Domeneddio per sua grande possanza

\

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125tutto V mondo stahiho

; primieramentefece il Cielo

, appresso fece li quattroalimenti , cioè la terra

, f aria e 7 fuo-co , e si li piacque , che tutte V altre

cose dalla Luna in piuso fossero fatteper la virtù di questi quattro alimenti.

E appresso : Perchè questi quattro ali-

menti si rimutano tutto giorno P uno anatura delP altro , e si corrompono

,

conviene , che tutte le cose , che sonfatte di questi quattro alimenti, ec. Eappresso : Dunque poiché P uomo è diquesti quattro alimenti ingenerato

, efatto. Luca PuJci nel i lib. del CirifF.

Calv.

Ower nelP alimento arson del fuoco.

Lo stesso Dante nel 29 del Paradiso si

servi di tal voce nello stesso signiiicato,

quando disse :

I

Non giugneriesi numerando al ventiSi tosto , come degli angeli parteTurbò 7 suggetto Je’ -vostri alimenti.

Che cosi si legge in molli buoni manu-scritti, e cosi parimente nel Testo stam-pato AaXVAccademia della Crusca l’an-no 1595 ancorché tutti gli altri Testistampati abbiano elementi. Egli è benvero, che quei valentuomini

, che com-pilarono le postille marginali al snddeU

I to testo della Crusca spiegarono la roee

I

alimenti in signi licato di nutrimenti

,

ma forse allora non fecero reilessione a

I

quanto gli antichi amavano di mutare' la lett* ra e nella a. Dante da Majanonel primo de’ suoi Sonetti stampati dis-

se Alena invece di Elena:

Alena greca co lo gran plagere.

Ser Brunetto nel Tesoretto cantic. ii.

Aìlifanti e leoni

CammeUt e dragamene.

Nella Tavola Ritonda del testo a pen-na della Libreria di s. Lorenzo : Unacolonna di marmo

,là dove era appic-

cato un corno (T aulifante. Nella stessa

Tavola Ritonda si legge freq ueutemen-te Arcante per Errante. Jo sono uomo

,

che amo molto li cavalieri arranti. Nel-la grande volle di Basìgnano ae duecavalieri arranti morti. La corte dello

Re Artus era tutta piena di Re , di

conti,di baroni e di cavaliei i arranti.

Guillone d’Arezzo nelle lettere manu-scritte usò il verbo alvggere invece di

eleggere. Lettera 3 Jacomo Apoitolo di-

ce, poveri nel mondo alesse Dio. E ajv

pressot Molli uomini sono servi di ?»o.

lontà, bestiale vita aleggendo, seguendo‘ diletlo corporale. Usollo ancora Gio. Vil-

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'Ioni, e tutt’a duci Malespini, ne’ quali

si trova sanatore , sanato, assempro ,

assemplo

,

con altre situili voci. E Ri-

cordano nel cap. 128 volle almeno unasola volla storpiare il nome del Re En-zo figliuolo di Federigo li. chiamandoloAnzo

,

se però non è errore di stampa.Lo stesso Ricordano cap. 5 e 6 e Gio.Villani I 12 scrissero Ansiona invece diEsione. Nel Novell, antico nov. fio e inGio. Villani i. 12 si legge Talamoneper Telamone-, e nell’ Omelia manu-scritta di s. Gio. Grisostomo bastemmia,e non bestemmia. Spo"liato delle suesustanze , o in qualunque altro modoafflitto gitti parole di bastemmia con labocca sua. E appresso : In tutte questecose non solamente niente di bastemmiauscì dalla bocca sua. E ivi medesimo :

Che scusa potranno aver coloro, i qualiper piccole ingiurie

,ec. si conturbano

,

e bastemmiano. La più bassa plebe diFirenze conserva alcune poche reliquiedi tali arcaismi nelle ]>arole abreo, or-rore, datftno, sagrato, ec. Negli antichi

Provenzali si trova spesso tale amisl[ù eparentela tra la lettera a, e la e. Nellavita di Guidousel del testo della Libre-ria di s. Lorenzo si legge Raina perReina. Neza de Gutllem de Monpeslier,cosina germana de la Raina tfArago-na. Giuffredi di Tolosa nella Servente-se , eh’ ei fece per amore d’Alisa dami-

128gella di Valogne, disse molte volte pÌA-

tot invece di pietat.

A Madompna senes pitUat

Nitec , e dia eu clam mercè.

Tralascio infiniti altri esempli e de’ To-scani e de’ Provenzali. Del mutarsi le

lettere 1’ una nell’ altra veggasi Angelo

Canini d’Augbiari neirEllenismo, Claw-

dio Daìtsrjuio uell’ Ortografia,

il cav.

Lionardo Salviati negli Avvertimenti

,

Egidio Menagio nelle Origini della Lin-

gua Italiana , ed in quelle della Fran-zese.

Pag. I o. V. 28. Contento,

Contento nome sustantivo in signifi-

cato di contentamento , contentezza ,

soddisfazione,gusto

,piacere : non so-

lamente è voce dell' uso moderno ado-

perata dagli Scrittori più politi, ma an-

cora trovasi nelle scritture degli antichi,

ancorché di rado. Boccacc. Fiamm. lib. 4.

Le quali cose sono a te assai leggiere ,

e a me grandissimo contento daranno.

Filocop. lib. 5 . Non sarà senza contento

del tuo desio. Dittam. lib. 2 cap. 21.

E questo mio Signore , e mio contenta

(Quattordici fue meco Imperatore.

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E lib. 5 . cap. I.

129

Ed era il Sol poco più giù, che il mentoDel montone , e la luna si vedeaSI viva, che ciò rrì era un gran contento.

Storia Nerbonese manuscritta cap. 5. Il

Nano prttmise a Hanieri di fare il suo

contento.

Quell’ultimo esemplo del Dittamondo

fu osservato dal dottissimo Padre Da-niela Battoli nel libro intitolato iL Tor*

to ,e _il Diritto del_ non si libro

degno d’ esser letto dagli amatori della

toscana favella.

Pag. IO. V. 29. VallombrosaI nostri antichi scriveano per lo più

Valembrosa. Ricordano Malespini

,

o

Ricco di Dono , che si abbia a dire

,

cap. 65 . Andò come romito nell alpe di

Valembrosa, e cap. 169. Nel detto an-

no il popolo di Fiorenza fece pigliare

TAbate di Valembrosa. Nella Storia di

Gio. l^illani lib. 4 cap. 16 e lib. 6 cap. 68.

si legge l'unirOmbrosa. In un mio anti-

chissimo testo a penna si trova semprescritto costantemente yalembrosa. Tal

voce vive ancora tra la plebe Fiorenti-

na , e parimente in qualche Scritture

moderno.

Redi. Opere. Voi. I., g

i3«»

Pag. II. T. 2. E àel ghiaccio mi portate^

Tra’ Greci e tra’ Romani fu costumenolo il bere con la neve e col ghiaccio.

Andò poscia in disuso, e solamente ne’

nostri secoli si è rinnovellato , e forse

con soverchio lusso. Quindi è, che nella

vita manuscritta della beata serva di

Dio Umiltà, che mori nel i33g, e fuBadessa del già monastero di s. Gio.Evangelista presso alle mura di Firenzedell’ ordine di Yalombrosa , al cap. 35si legga il seguente miracoloso avveni-mento. Essendo la santa Badessa , nel

mese d' agosto , aggravata dafebbre con-

tiìuia , avea perduto ogni appetito , chenon potea mangiar cosa alcuna : stan-

dole intorno le suore , la confortavanodolcemente dicendo: o Madonna nostra

lasceretevi cosi morire ^ che non volete

pigliare alcun cibo ? Madonna , che vi-

vanda avreste a gusto ? che la faremovenire. Allora la Badessa santa sollevò

il capo , e disse : figliuole mie, del

• ghiaccio, O Madonna madre nostra, voi

dimandate cosa impossibile a noi , sa-

pete che non è ora il tempo del ghiac-

cio, Alle quali disse : come, fgliuole

mie, siete di poca fede\ Andate al poz-

zo, Come andarono la mattina al poz-zo , trovarono

,cavando la secchia , un

pezzo di ghiaccio •, si maravigliarono', lo

tolsono , e portaronlo alla santa Bades-.

sa, laudando Iddio di tanto miracolo.

i3tNe’ tempi altresì àcW'Ariosto il gbiac*

ciò non era in uso , e si rinfrescava il

ino ne' pozzi ; e perciò favellando egli

di un gran Sovrano ebbe a dire nella

prima delle Satire :

'A chi nel barco , e ’» villa il segue ,

dona ;

A chi lo veste , e spoglia , o pone i

fiaschi

Nel pozzo per la sera infresco a nona.

E molto prima àeWAriosto il Boccaccioracconta nella novella seconda della se-

sta giornata, cbe Cisti Fornajo per grandelizia in una secchia nuova e stagnata

di acqua fresca teneva il piccolo orcio-

letto del suo buon vin bianco. Senecanelle Questioni naturali lib. 4. verso la

fine afferma, cbe oltre la neve andava-

no usando ancora il ghiaccio. Inde est,

inqiuim,quod nec nive contenti sunt

,

sed glaciem, velut certior illi ex solido

rigor sit, exquirunt , ac saepe repetitis

aquis diluunt, etc. 1 Franzesi modernisono stati più tardi degl’ Italiani a rin-

novare l’uso del ghiaccio e della neve;ma oggi lo frequentano , e particolar-

mente tra la nobiltà : onde Boileau nel-

la terza delle sue Satire:

ìdais qui T auroit pensò ? pour cembhde* dissrace .

ì3zPar ìe ehaud, qui faisoit, nous navlons

point de pflace.

Poin de giace , bon Dieu\ ec.

A’ Turchi in Costantinopoli non è poranco arrivata , o ritornala questa deli-

zia ;an/i comunemente oggi amano più

le bevande calde, che le fresche; c molti

a desinare non soglion valersi di altra

bevanda, che del caffè, pigliandolo nel

fine del mangiare. Pietro Beìlonio nel

cap. 22 del lib. 3 delle Osservazioni

scrive , che ne’ suoi lcm|)i bere col

ghiaccio , e con la neve era molto iu

uso tra’ Turchi.

Ho detto di sopra , che per lusso co-

stumasi oggi il bere col ghiaccio e conla neve ; ma questo lusso di freschezza

non è per ancora arrivalo a tanto, che

ne’ conviti si sia introdotto lavarsi le

mani con acqua nevata , come usavaTrimalcione appresso Petronio: Tandemergo discubuimus

,pueris Alexandrmis

aquam in manus nicatam infundentibus

^

o come quel Sabello mentovato da Mar-ziale , che per tutto ’l tempo della cenafaceva a’ convitati teucre i piedi nudisu pavimento di marmo più freddo del-

lo stesso ghiaccio.

Pag. li. V. 3. Dalla grotta del monte diBoholi,

Col nome di Boholi si chiama conau-

i33«cwiente In Firense il giardino del Pa-lazzo del Serenissimo Granduca. In unadelle collinette si mantiene una ghiac-

ciaja per conservar quei vini , che si

tengono la State nella grotta incavata

sotto di essa gbiacciaja. Gio. Villani

lib. g cap. 258 chiamò il sito di questo

giardino la 'villa di Boboli, e lib. io

cap. 58 il di Boboli. IVe’ tempipiu anticlù dicevasi Bup;oli

,

e lo raocolgo dalla Storia di Bicorduno Male-spini, il iquale nel cap. i5g. 'I en^onosu per lo pogf^ di santo Giorgio , do-

'i' è una porta , che riguardava 'versa

ylrcvtri , e dalla detta porta seguendo

su per lo poggio, e poi discendendo per

Bagoli insino alla porta della Piazza,

^’on credo che possa aversi per errore

di stampa ;imj;eroccliè lio veduto la

stessa voce Bagoli nell’ antica Cronica

de Velluti manuscrittu. Anzi nello stesso

Gio. Villani di un antico maniiscrilto

del sig. Anton Maria óalvini si legge

Bogole, e Bogioìi.

Fag. II. V. 14 . Or dì io son mortoassetato.

Mortoasselato è detto nella stessa ma-niera , che innamoratomorto : di qualsi-

voglia, che abbia brama, o voglia gran-

de di che che sia si dice e muore di

sete , di fame , d’ amore. Onde i Latini

l’ amare iu eccesso dissero depetire.

i34Pag. ii.T. i5 . Dèi vin caldo s' io n* in-t

sacco.

Lo stomaco per similitudine fu detto

sacco. Morg. 19 i 3o.

Poi si cacciava qualche penna in boccaPer 'vomitar

, quando egli ha pieno il

sacco.

E 142.

Margutte cK avea ancor ben pieno il

sacco.

Quindi insaccare significa mandar giùnello stomaco. Morg. ig. 187.

E mangia e beve e insacca per duoverri.

Pag. IT. T. 17. Gotto.

Vale lo stesso che bicchiere ; ed èToce pigliata in presto da’ Veneziani

, ederiva non da giutus

,

ma da cyathus\e cosi mostra di credere Ferrari nelleOrigini alla voce Bufjone. Nella descri-

zione della processione e festa di Baccofatta da Tolomeo Filadelfo

, e riferita

da jiteneo lib. 5 . trovansi nominati certi

vasi olvojifiai,

,

che il Dalecampio tra-

duce gutti vinariì. Ma (juesli son vasiper mescere , e non per here , sicchénon sono il medesimo co gotti Venezia-

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i 35ìli, l quali sono sorta di bicchieri. Far*

laiio più proprio i Milanesi, che gottodicono al buffone di vetro , come narrail suddetto Ferrari alla t. gotto. Cheveramente in Milano si dica gotto adun piccolo vasetto di vetro in loggia di

huffoncino me lo conferma il sig. Dott.,

Giovannantonio Paganini gio-'

vane , che agli studj della miglior nlo^'

sofia , e della più sana medicina , ne* ì

quali 8* è innoltrato molto avanti, accop-

pia nobilmente quegli delle poetiche

amenità, e delle toscane erudizioni. ,

Pag. II. V. 19. Arlotto.

Arlotto significa uomo vile e sporco,

e che mangia e bee oltre ragione. 11

Giamhullari Ciriff. Calv. lib. 2.

B non vi dico se sapea tT arlotto

,

Morg. cant. 3 . 45.

E cominciò a mangiar con*’ un arlotto,

E cant. 19. i 3 i«

£ sapeva di vin coni un arlotto.

Trovo questa voce negli antichi Proven-

zali. Rimario Provenz. della Libreria di

san Lorenzo. Arlolz, Pauper, Vilis. Un

236poeta Provenzale incerto del testo a pen*na della suddetta Libreria.

Anc persona tant avaraNo crei qe nuls lioms vis

i Cum al veil Arloc meschins

,Naimeric ab trista cara.

Della viltà e bruttezza di questo no-me se ne legge un esemplo nelle Face-zie del Piovano Arlotto del raanusci it-

to della suddetta tante volte mentovataLibreria di san Lorenzo. Mandò per il

Piovano Arlotto per aver cierta infor^

mozione , e parlato alquanto insieme ,

domanda TArciveschovo. Ditemi Piova-no qual fu il 'vostro directo nome alla

fonte, quando ricevesti Pacqua del san-

ato boptesimo ? rispose Arlotto. Assaisi maravipliò PArcivescovo , e disse : se

affirenze fosse una pliahella chon questi

incarichi, che quando uno padre volesse

porre nome a un suo figliuolo ,pagasse

cierta quantità di danari, e chiane 'vo-

lesse uno più bello ,paghasse mag^or

somma-, ciertamente e' non è si poveris-

simo uomo, che non impegniasse il man-tello par potete comperare il più bello,

per porre un degnio nome al figliuolo ;

e vosLto padre,che era uomo da, bene

,

e di grande ingiegnio, ed al quale noncosta'va cosa alchuna, vedete che nomeistrano vi pose -, ciertamente mi pare ,

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elle lui commettessi grande errore. Ri-spose il Piovano yiriotto : Alonsigniore

non 've ne fate mara-vìglUt , mio padre

ne comisse assai de' maggiori , ec.

Questo Piovaao non fu il primo ail

aver colai nome, il quale, forse ne’pri-

mi tempi , non era tanto dispregevole ;

imperocché in una scrittura antichissi-

ma citata da Mous. Vincenzio Borghini

nel Trattato della Chiesa, c de’ Vescovi

Fiorentini si iegge ; che 1 ’ anno 1072. i

nobili uomini Rolando di Federigo , e

Arlotto di Sicltehno rinunziano in ma-no del Vescovo di Firenze quanluiujucragioni avessero nel castello di Cercina.

• E nel 1842 quando i Fissai assedin'^ono

la città di Lucca, venùnta a' Fiorentini

da inesser Mastino della Scala, fu capi-

tano del Popolo, e Comune di Pi^a Ar~lotto da Recanati

,

come ho letto i:i

una antica Cronaca Pisana mannscritta

della mia Libreria a car. 167. L li'a le

Scritture antiche del sig. Cavalier Ron-doni Pisano, fascio 2. niim. i 3 . trovo unContratto del i22Ó. nel quale interviene

Arloclus fdius fìonagruae della Gattaja.

Rogatus D. Joseph notarius DominiOthonis Imperatoris. E.xemplavit Bovn-fede Judiìx. Ne’ libri pubblici del sud-detto Comune di Pisa dall’ anno i2t(7.

sino al 1438. vi è notizia della nobile

famiglia degli Arlotti, i quali abitava-

no u«lie parrocchie di sau Michele di

j38Boi^rt, di 8. Paolo all’ Orto, di s. Pìe»«in vìdtoIì, e faceano per arme due leo»ni rossi in campo bianco divisi da unasbarra rossa. Se soggiugnerò, che IJuigiPulci nel Morganle cant. x5. ij3. poseil nome Arlotto ad un Re di Scria ,

;s’ accorgerà molto bene il Lettore

, che

^

per ischerzo , e per baja mi son messo,a scrivere queste annotazioni#

Prti gli o.ltri un Re di Jdma e gagliar-dia

,

Ch'io dissi appresso, Arlotto^ di Sona.

Nome non men bello di Arlotto è il

di Broda/o , che si trova nell’an-tichissima e nobilissima famiglia de’Sac-chetti ; siccome ancora in essa , ed innella degli Adimari si trova il nomei Tegghiafo.

Pag. li. V. 27. Ostica.

Ostico forse dall’ antica voce Latinahosticus, Varrone de Lingua Latina 1. 4.Ut nostri augures publice dixerunt

,

agrorum sunt genera quinqne, Romanus,Gabinus , Peregrìnus , Hosticus

, Incer-tus. E più sotto: Hosticus dictus ab ho-stibus. Così Ostico quasi nemico , spia-cente. Vedi il Menagio nelle Origini ,che lo fa venir dal Greco. Vedi CarloDati nelle Giunte delle medesime Ori-gini.

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Pag. 12. f. 9. Evoè.

11 Poliziano nella favola dì Orfeo fa

dire al Coro delle Baccanti :

Ognun segua Bacco te

Bacco Bacco e'voè,

E alla fine dopo più repliche di questo

medesimo intercalare :

Ognun gridi evoèOgnun segua Bacco te

Bacco Bacco e'voè.

Orazio, Ode 19 del lib. 2.

Evoe nienti fmens trepidat metu

,

Pìenogue : Bacchi pectorh ^ turbidum

LaetOfur, eh)oe pasce Liber ,

Pasce gravi metuende lltyrso.

Euripide nelle Baccanti canta, che Bac-

co è quegli , che dà la voce^ al Coro

delle Baccanti intonando egli 1 evoè , a

cui esse rispondono a coro pieno:

O 9 ' $v di :

E Luciano nel Bacco joatra , che quan-

do ques^ Dio fece l’

i

gipresa .delT-In-

^aj il Tegno accordato della battaglia

era Evoè Mai rò pi* (vvòtipa n*nxò ti 9Ì‘ Questo Evoè parrebbe una

sorta di acclamazione, e -che volesse dì*

re bene a lui secondo la scrittura gre-ca; ma dubito, cbe questa nou sia unadi quelle voci barbare, cbe come solen-

ni e legittime e sacre si usavano da’Gentili ne’loro sacrifizj per testimonian-za di Jamblico nel lib. de’ Mister)

, le

quali , dice egli, conforme alla loro su-perstizione, che aveano in se religione,

e che perciò non era lecito il mutarle.Ognun sa , che Bacco non era nato inGrecia , ma che bensì vi trasportò le

mistiche cerimonie. Io credo dunque ,

che questa appellazione di Eroè sia unavoce non altrimenti Greca , ma barba-ra, nella quale in linguaggio mistico esacro viene invocalo Bacco, e forse vie-

ne invocato come Signore, affermandoloLuciano, al quale per esser di Soria si

può dare in questa parte qualche fede.

Dice egli , nel Ragionamento intitolato

/ Bacco,

quando le Baccanti gridano

/ E'voè, che questo Evoe significa

, che1 esse chiamano il loro Signore, xat

I tv oi, tvvro H'tlxàietv, avróv\ TÒt 9tfTÓT*iv. E forse tal nome di Signo-

\ re fu tolto dalla lingua Ebrea, ed è

I una storpiatura fatta da’ Gentili del no-me del vero Iddio. '11 Bociarto

,nella

seconda parte della Geografia sacra lib. i.

cap. i8. trae il significato di E'voè da*Proverbi di Salomone 25. 29. 3o,

/

»

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*4»

Pag. 12. . 20. E spediscane caurier‘ A monsieur Fabbi Regnier

11 sig. abate Regnier des Marais granLetterato del nostro secolo

, Segretario

della nobilissima Accademia Franzese ,

e Accademico della Crnsca scrive prosee versi Toscani con tanta proprietà, pu-rità e finezza

, che qualsisia più ocula-

tissimo Critico non potrà mai credere ,

che egli non sia nato e nutrito nel cuo-re della Toscana. Con la stessa felicità

scrive ancor nella materna sna linguae nella Spagnuola e nella Latina e nel-

la Greca : e dalla Greca ha traportato

mirabilmente nella Toscana tutte le poe-

sie di senza scostarsi punto dal

Testo. Io ne parlo con certezza di scien-

za, essendomi stata comunicata questa

nobile Operetta dalla cortese modestia

dello sig. Abate per mano del sig. PierAndrea Forzoni Accademico della Cru-sca in cpiel tempo, che egli si trovava

in Parigi.*

Pag. 12. V. 22. C/ie vino è quel colà,

Ck' ha quel color dorè ?

Plinio lib. 14. cap. 19. sul principio:

Colores vini quatuor: albus, J'ulvus, san-

guineus , niger. Fnlviis è il colore del-

r oro. Tibullo eleg. 5 . lib, i. Divitias

aliiis fulvo sibi congerat auro ; e par-

rebbe quindi sì potesse inferire , che il

color dorè, ovvero dorato fosse il fulvus

de’ Latini. Ma questo fatto de’ colori ap-

presso gli Autori è confusissimo. Ovidio

fib. i3. delle Trasformazioni:

Sunt auro similes longis in vitibus uvae^

Sunt et purpureae.

Alam. Colt. lib. 3.

Chi più brama il color , che T ambra ,

o t auro

Rappresenti nel vin fumoso altero.

Pag. 12. V. 25 . C1Ìal Trebbio onor già die.

11 Trebbio è una villa posseduta oggi

da’ Padri della Congregazione di san Fi-

lippo Pieri. Anticamente posseduta dalla

famiglia de’ Medici. ?

Pag. 12. V. 3i. E molto a grò mi va.

Grè, voce venuta di Francia, c usata

dagli antichi Toscani ancora. L’ antica

Provenzale è grat dal Latino gratum.

Dante , Farad. 4. disse contr a grato

,

e Farad. 3. contr a grado. Gio, Villani

lib. 8. Il 5. a grande grado. Emblanchor

cet Poeta Provenzale del testo a penna

di san Lorenzo:

Perdio non dei amor ocaisonar.

Tan eum los oilli el wr ama parvenzot

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14^

Car li oill son dntgoman del cor t

E ili olii van vezer

Zp cal cor plaz retener

,

E con son ben accordan

,

E ferm tuit Irei d'un semblan

Adoncas pren verni amors nascenzha

Da so qe li oill fan al cor agradar,

Qasthers non poC naisser, ni comen-

zhar.

Mais per lo grat deh treis nais , e co-

menifui.

E appresso:

Per lo grat , e pel comanDel treis ,

e per lor plazer

Nais amor q en bon esper

Vai SOS amics confòrtan.

Siccome dunque i parliclpj Provenzali

amat , desirat

,

e simili il Franzese

spiega per aimè ,destri

,

e simili ; cosi

grat Provenzale è detto in Franzese grè.

Il nostro giuoco della Litma^rè

,

per1 ^ «

iscambiarsi in esso la carta , che non /''

'

piace con quella del compagno ,che è

allatto, è detto da Ella non mi va agrò , e cosi credeva il già sig. Giraldi

Proposto di Empoli. Questo giuoco tra

gli Aretini si chiama Piacitella , cioè

Ti piace ella 1 II che conferma il sud-

eletto signilicato di Lumaggrè.

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»44Pag. 12 . T. 32. Io bevo in sanità

Toscano Re di te.

T brindisi de’ Latini, dice il Ferrarialla voce Brindisi

(la quale egli con

r autorità dello Sdoppio fa TCnire dalTedesco) era di questa foggia. Bene te^

bene mei ma nr-n cita per conferma delsuo dello ninno Autore. Plauto nel Per-

siano so. I. att. 5. disse: Bene dbi, benemihi , come si vede in questo verso :

Paegnium , tarde ciathos mihi das , ce-

do sane :

Bene mihi , bene vobis , bene amicaemeae.

/

,Pag. i3. V. 4. Spira gentil soavità odore.

Omero nel g. delTUlissea vers. 208.

Quando bevean del dolce vin vermiglio

Pieno un bicchier , con venti parti

tT acqua

[Temprollo \ e un dolce odor spira dal

\ vaso.

Ne’ tempi d’ Omero ,come da’ suddetti

versi osservali ancora da Plinio, si rac-

coglie, innacquavasi dagli uomini sani

il vino molto più di quello che si co-

stumi oggi. £ se Ipocrate nelle febbri

ardenti in alcuni casi dava il vino ,

egli lo mescolava con venticinque parli

i45di acqua Tovre di Stdaiov Sivo* *ea/iaìo*

iKtvTt Kiteonv vdaxo^ , xaì iva òt-

vov SiSov- Tuttavia Esiodo per cemuueusanza consigliava bere il vino iaua-

cqualo con tre sole parli di acqua;

Tre parti d acqua, ed una sia di vino.

£d il suo parere fu seguitato da Giulio

Polluce nel cap. 2. del lib. 6. dell’Oao-

mastico. Vedi quivi. Vedi ancora Plu-tarco nella Quist. 9. Simpos. 3 . ed Ate-neo lib. IO. Contuttociù gli antichi nel-

r innacquare facevan differenza tra vi*

no e vino; ed aveano ancora riguardoall’ età degli uomini , ed alla stagione

dell* anno.

Pag. i3. V. 9. Sazio poi danni, e di gran-di opre onusto

Per tornar colassà donde scendesti '

Orazio lib. i. Od. 2. ad Augusto:

Serus in coelum redeas ,diuque

Lroetus intersis populo Quirini.

Pag. i3. V. i3. Tra le Medicee stelle Astranovello

Gli antidii, e particolarmente i Pla.<

tonici settatori della teologia di Orfeo ,

stimavano 1’ anime più pure degli eroi'

Redi. Opere. VoLI. io

146•

pigliare corpi celesti. E la nuora stella,

o cometa, che fu veduta dopo la mortedi Giulio Cesare , fu creduta 1’ animadi lui divinizzato ; laonde Orazio lib. i.

Ode 12.

.... minat inter omnesJulium Sidus , velai inter ignes

Luna minoret.

E Virgilio , nel primo della Georgica ,

mostra di credere, che egli possa essere

dopo morie una nuova stella , e gli di-

se^a *il luogo tra il segno della Vergi-

ne, e quello dello Scorpione :

Anne novum taràis sidus te mcnsibusaddas ,

Qui locus Erignnen inter, chelasque se^

quentes

Panditur ? cc.

Ed il Tasso nella cantone pel natale

del Principe di Toscana:

Di Giulio ancor la vendicata morte,Clt ebbe alt antico Giulio cgual fortuna.

Sappia,e per duol ne pianga 'e ne so~

spiri.

Sappia , che in del translato or gli èconsorte

D'onore-, c quando Vorizzonte imbruno.Fra r altre stelle lampeggiar rimiri

*47La Giulia luce, e vigilar ne' giri

,

Mentre ad ogni alma al sangue suo ru~

bella

Con orrido splendor, con fiera facciaSangue e morte minaccia.

Teman pur gli empj i rai delT altra

stella;

Che o custodire , o vendicar puoC ella.

Pag. i3. V. i 6 . jft suon del cembalo. Alsuon del crotalo. '

Il Cembalo degli anticbi Greci e Ro-mani era molto differente dal Cembalo,che oggi è in uso. Vedi il Vocabolariodella Crusca. De’ Cembali e de’ Crotali

antichi reggasi il dottissimo ed eruditis-

simo Medico Jacopo Spon nella Disser-

tazione 8. delle sue Ricerche curiose di

antichità, stampale in Lione l’anno i683.

in quarto.

Pag. i3. V. 23. Da' neri grappoli

Palladio nel mese di Ottobre tìt. 14.

riferisce l’opinione de’ Greci, che il vi-

no gagliardo e polputo stimano farsi

dall’ uve nere. Uvis nigrit fieri forte ,

rubeis suave , albis véro plerunujue me-diocre. Fiorentino ne’ Gróponici lib.' 5.

dice, che l’nva néra per lo più fa' il

rio buono in gran oopia , e cne basta.

E Diafane nel lib. 6 . afferma , che l’u-

ve nere avranno più possente il vino.

J48Anacreonte chiama il grappolo

xòv ittXavoj^póxa, ^àrpvf. -» 1'

nero

'*V\

Pag. i3. V. uh. NacchereNacchera io lingua Toscana ha di-

versi siguilicati. In primo luogo vale lo

stesso che ÌMadreperla. 1 Francesi la dis-

sero Nacre , e gli Spagnuoli Nacar. 11

Covarruvias nel tesoro della lingua Gi-stìgliaiia. Nacar \ la concita •,

dentro dela qual se criaii las pcrlas , o margari-

•tas: yo no alcanzo su etimologia', deve

ser nombre parùcular de aquellas par-tes

, y mares donde se crian ; salvo si

,,.en razon de que se labra el nacar enescamas para guarnecer escritorio , yotras cosas

, es forzoso hotadarlo por la

parte, que se tiene de clavar , y assi

! se pudo dezir del verbo hebreo Nacharperforare. ISacebera signifìca ancora quel-

la sorta di conchiglie marine , che daPlinio furono chiamate pemae , e dal

Mattinolo , e dall’ Aldovrando furono

dette pinnae

,

le quali producono unacerta lana , o seta chiamata volgarmen-

te da’ Medici pelo di nacchera ; ed è

. credula buona per coloro ,che patisco-

no di sordità. Si dice eziandio Nacchere

nel plurale a uno strumento fanciulle-

sco da suopo , fabbricalo di legni , o

. d’ossi, o di gusci di noce, o di nicchi,

che posto fra le dila della mano sinistra

ai batte con la destra , e prese per av»

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i49

ventura il nome Nacchere,

per essa e

ne’ primi tempi fabbricato eli soli gusci

- di Nacchere ,o di altra razza di con*

chiglie. Le Nacchere sono altresi due

«Uumenti di rame in foggia di due

grandi pentole vestite di ciiojo , e per

di sopra nel largo della bocca coperte

con pelle da tamburo ,e si suonano

con due bacchette ,battendo con esse

vicendcvolmeistc a tempo or sopra 1 u»

no , or sopra 1’ altro di questi strumeu-

ll ,detti poi TabalU, e presentemente

Timballi, i quali anticamente erano per

lo più in uso tra’ Saracini , siccome lo

sono ancor oggi , e da essi in loro lin-

gua si chiamano Nachar ,ovvero Nac-

hur, Giovanni signore di Joinville , che

fiori ne’ tempi di s. Luigi H-e di Fran-

ci.a nella vita di esso santo ,scrivendo

dell’ esercito de’ Saracini intorno a Da-

miata : Le tumidte qu ilz menoienC ave-

qnes leurs cors et naccaires • eetoit una

espouvantahle chose a ovir ,et muult

estranfie aux Franzois E appresso ;

Quant les chevaliers de la. Hiitih qua

eurent occis leur Soldan, les Admiraiilx

firent sonner leurs trompettes , et na-

cquaires.

Bern. Ori. lib. i. cani. 4>

Passi un romor di trombe e di^Carr^urL

Di nacchere e di comi alla moresca

I

| 0 ()

' L’uso di questo strumento passò poscia' tra’Crisliani , e si legge in Gto. Villani

lib; IO. cap. 59. l’anno 1327. che nel-

l’ assalto di Pistoja Con gran vigore e

grida e spa<^’ento di trombe e di naephe*• re entrarono nella Terra,, e lib. n.cap. 37. quando 1

’ anno i 335 . i Peru-gini e loro collegati tolsero agli Aretini

la città di Castello per istrattagemma.

Fecero cista con gran tumulto digridOf

e di suono di trombe e di nacchered' assalire altra porta. E lo stesso Vil~

lani nel lib. ri. cap. 92. facendo men-zione delle spese , che nel i 338 . faceva

il Comune di Firenze , dice : 1 tiomba^

jdori e banditori dèi Comune, che sono

t i banditori sei, e trombadori e naoche-

ì vino e sveglia ,cennamella e trombetta

IO. tutti con trombe e trombette di ai'^

gento, per loro salato Tanno lir. 1000.

Il sig. Egidio Menalo nelle etimologie

delia lingua Italiana fa venir INacchera

dal Greco àvixapa

,

significa una spe-

zie di tamburo, come si può vedere ap-

' presso Codino nel Trattato degli ufici

della Corte di Costantinopoli, llsig, y^/z-

ton Maria Salvini non crede, che ven-

ga dal Greco; anzi va opinando, che i

Greci la prendessero dalle lingue Orien-

tali, e per avventura da’ Saracini e da*

Turchi, del che ne può far fede, comeegli dice la sillaba A preposta a vàxa-pm

,

che coirisponde ad uno degli arti-

Digitizod by Google

i5i* coli de^U Arabi. Similmenle anche i

.. Franzesi dissero non solamente ruiquai-

res

,

e nacaires

,

ma ancora coll’articolo

arabesco anacairesj come afferma d’averosservato nelle sue Annotazioni al sig.

di*Joinville il Du^Fresne nel Glossario.

1 Veneziani dicono gnaccare. Tra gli

Aretini. Non essere una gnacchera \a-

le lo stesso, che non ‘essere una cosa di

poco momento.

Pag. 14. V. r. Trescando intuonino

Glossario Provenzale Lat. manuscritlodella Libreria di san Lorenzo Trescar,

choream intricatam ducere. Vedi la ori-

gine di questa voce nel Menagio alla

voce Tresca. >

Pag. 14. V. 2. Strambotti

Il Vocabolario. Poesie, che si canta-

no dagli innamorati, e sono per lo piùin ottava rima. Un gran letterato mo-derno scrive tal voce essere un dimi-

nutivo di strambo

,

che vale torto,

ri-

torto, lo crederei , che strambotto aves-

se avuto origine da motto , che da’ no-stri antichi si prendeva in signiiìcato di

componimento poetico, e tanto' più Io

crederei, quanto che in .ilcuni luoghi

d’ Italia dalla plebe appellasi volgar-

mente strammotto , come si può vederenel frontispizio del Tirocinio delle cose

volgari di Diomede Guidalotto Bolo-

rSi

gnese stampato in Bologna i 5o4. in 4.*

appresso Caligula di Bazzaleri. E nel

frontispir.io parimente àtM'Opera nuovadi messer Bernardo Accolti chiamatorUnico Aretino stampata in Veneiia

nel i 5 iq. in ottavo appresso Ni(%olò

Zopino. vedi in queste Annotazioni Mot^tetto. E se si ha curiosità di leggere

esempli degli Strambotti del secolo pas-

sato , si troveranno ne’ due meniovati

autori ; e tra quelli dello Accolti, veue sono molti acutissimi

, e sull’ andarede’ buoni epigrammi de’ Greci e de’ La-tini. Oggi così fatta soi-ta di composizione

è andata quasi totalmente in disuso.

Tra’ Provenzali non ne trovo esemplo.

Pag. 14. v.a. Frottole (F alto mistero

Qual sorta di composizione poetica

sia la Frottola si può leggere nel Vo-cabolario , e nel 6. lib. delle Lettere del

•' Bembo nella lettera all’Arcivescovo Tro-

Jìmo , dove il Bembo osserva , che il

Petrarca ad una sua Frottola da esso

Bembo trovata in un codice antico diè

nome di Frotta. E veramente da’ più

antichi Poeti cosi fatte poesie erano

chiamate frotte, e non frottole. Per mo-

strar quali fossero quelle de’ primi , e

più rozzi tempi, ne porterò qui appres-

so una , lasciandola nella stessa forma ,

nella quale sta scritta nel mio antico

testo a penna.

Digit'-

~

Cìoogic

ot nEssm

BANIEEI DE’SAMARETANI

j mcssEK

POLO DI CASTELLO POETA.

Comen samaria nato far di fe : ferme

lo nome saura quello cagio.

Cosi come ver voi son dricto in Jè :

messere Polo però del senno cagio.

Sono vi mando c anvero Dio fé : e hi

rincontra lui vantene cagio.

Ludite volte mante ^ ad anime cornante i

probate son parole’, dicio he fo pa^

Tale.

Le frotte, o frottole sogliono per lo pii

parlare oscuro, e con misterio, comesi

può osservare nella sopraddetta , ed in

quelle del Petrarca ’, e 'perciò simili

poesie di senso arcano e misterioso poi-

soQ piacere a Bacco , come a quegli

,

i54che portò i mister)

nella Grecia.

e le cose mistiche

Pag. 14. V. 5 . jE i lieti Egipani.

II passo , ed il saltare degli Egipani

era imitato dagli antichi coH’andar^suitrampoli. Pesto Gramatico alla lettera G.Grallatores appeìlabantur pantomimi ,

qui ut in saltatione imitarentur AEgipa^

nas ,adjectis perticis furculas habenti-

bus ^ atque in his superstantes ad sùni~

litudinem crurum ejià generis,gradie-

hantur utique^ propter dijficultatem con-

sistendi.

Pag. 14. T. 7. Tengan bordone.

Dante, Purg. 28.

A/a con piena letizia P ore prime

Cantando risedean intra le foglie

,

' ette tenevan bordone alle sue rime.

Pag. 14. Y. IO. E dal po^io vicino accOr<r

di, e suoni

Talabalacchi , ec.

Questo baccano di contadini è descrit»

ito mirabilmente dal Poliziano nel Ru-

stico con que’ versi ,ove gli descrivg^

con tutta la famiglia passar le ^unghc

veglie del verno bevendo , saltando , so-

nando , cantando , e in varj modi im-

pazzando :

,x

, 7

rijilizod by Googic

i55

Mntuaque inter se ludunt ; tum tibia

folle

Lascivum sonat inflato ; tian carminacantant ,

Carmina certatim cantante tum tenta

recusso

Tympana suppìodunt bacalo , et cavacymbala pidsant ,

Et laeti saltant , et timdunt aeribus

aera ,

• Et grave conspirat coma tuba flexiìis

anco ,

Conclamantque altum unanimes , tol-

luntfjue cachinnos.

Pag. 14. V. II. Talabalaccfti

Strumento di sonare in guerra usato

da' Mori.

Bern. Ori. 3. 8 .

S" udì 'I rumor nel campo de' PaganiTalabalacchi e timpani sonando.

Pag. 14. V. II. Tamburaccio11 Tamburaccio è un grande strumen-

to da suono alla Moresca simile di figu-

ra ad uno de’ due timballi della caval-

lerìa Alemanna,fatto di rame copeiio

di pelle di tamburo , e si suona conbattervi sopra un pezzo di canapo inca-

,tramato. Teria lo dicono i Mori in loro

i lingua: Griff. Calv. lib. 2 .

i 5GTante tromhette ,

sve^Jié e cennamelle,

E lamburacci e naccheroni e comu

E lib. 3.

E certi, tamburacci e naccheroni.

Pag. 14. V. jz. Svegìioni

Svegliane. Accrescimento di sveglia.

La sveglia era uno strumento da sonare

usato da’ nostri antichi. Morg. 16. 25 .

Trombe, trombette, nacchere e hassoni.

Cembali , staffe ,cennamelle in tresca ,

Comi, tambur , cornamuse , sveglioni

,

E molti altri strumenti alla Moresca.

Pag. 14. V. 12. Colascione

Strumento musicale a due corde ac>

cordate in diapente. Il Ferrari alla vocecola, par che voglia, c\\e colascione

,

o,

come esso dice, colazone, sia detto dai

Coli Napolitani, che lo sogliono sonare.

Ma a Napoli non colazone, o colaicio~

ne, ma calascione lo chiamano. Giulio

Cortese nel viaggio di Parnaso canto 2.

in fìne :

E pe fare conzierto assale pià tannoSonaje lo calascione compà Junno.

Felippo Sgruttendio de Scafato nella

Digitizod by C

i57Tiorba a Taccone cemincia il suo libro

cosi :

Sto galasciorw, che me metto 'nzino ^

E sto taccone , che mi piglio 'mmano,

£ alla corda quinta della Tiorba :

Piglio lo calascione pe cantare.

Gian Alessio AhhattuUs nell’egloga no-

na delle Muse I^apolitanc si lamenta,

che al colascione sieno state aggiunte

modernamente più corde di quelle, che'

gli furono assegnate dal primo inventore:

Che malannaggia tante 'nmentiune.

Si benedetta tarma a li Spartane

,

Ca mpsero na celala

,

Perchè se ne era ag^onta ri autra_

corda ,

Ca mo f'uene farria lo permericolo

Lo primo, c ha guastato ,

Lo calascione re de li stromiente

Co tante corde e tante ,

Cli ha perduto lo nomme , e se po dire

Quanto mutato, ohimè, da citello cK era.

^on sarebbe gran cosa , che colascione

fosse originato da chelys

,

e non da’co/*

Plapolitaui. La più bassa plebe lo chia-

ma in Firenze ganascione.

j58Pag. t 4< . i5. Dabbuddà

11 Vocabolario. Strumento simile alBuonaccordo ; ma senza tasti , oggi an-

che chiamato Ogniaccordo , e si suonacon due bacchette , che si battono in

su le corde. Vaat. di Rinald. Una da-migella della Regina sonava il dabbud-dà con due bacchette d' avolio. Simile

-voce a la Napolitana zucchezzà detta aun altro strumento, che suonano le ma-schere per carnovale. Felippo Sgruttendio

da Scafato nella Tiorba a Taccone, cor-

da nona :

Lasso stare li piacire.

Che' pigliare me fai tu ,

E de mascare vestire

Co sonà lo zuchezù.

Gian Alessio Abbattutis nell’egloga so-

,praccitata disse zugo zugo , e nominòmolti altri strumenti fanciulleschi:

Valea chiù lo conzierto

De lo tiempo passato.

Lo pettano e la carta

,

D ossa 'nmiezzo a le deta ,

,Lo crocròf che parlava

Lo bello zuco zuco ,

La cocchiara sbattuta

Co lo taglierò, e co lo pignatiello.

Lo vottafuoco, co lo fiscariello

Che te ne ive 'nsiecolo.

Dìgitized by Google

i5gPag. 14. T. \6.iCantinq e ìndUno il bom-

bahabàIl bombababà ò! uoa canzone solita

in Firenze cantarsi dalla turba de’bevi*

lori plebei , e comincia :

Con questo calicione

Si corca la balestra , , ^Chi ha 'I bicchiere in manoAl suo compagno il presta

,

E mentre eh' ei herà

Noi diremo bombahabà.

Pag. 14. 26. Mottetto

Voce oggi restata a’ Musici, che, co*

me afiferma il nostro Vocabolario , conessa appellano una breve composizione

in musica di parole spirituali latine.

Anticamente signilicava una composi-

zione toscana per lo più di pochi versi

in rima contenente alcun concetto , co-

me si può vedere ne’ mottetti di messer

Francesco da Barberino, de’ quali altri

sono di due soli versi , altri di tre , o' di quattro , o di cinque al più , eccet-

tuatone il cinquantesimo, che può dirsi

canzone di sette strofe. Messer Lapo ,

che da altri fu detto messer Lupo di

Farinata degli Liberti , chiama per os-

' servazione del conte Federigo Ubaldini,

mottetto (|tiella ballata di Gelido Caval-

canti, che comincia:

i6oIn un boicJiett» vidi pastortUa ,

la quale è di molte stanze, dicendogli

in risposta :

Però rassetta se va' tuo mottetto,» • • l

Mottetto parimente si chiama una can-zone del Re Enzo , che comincia ne*

miei manuscritii ;

’jimor fa come'l fino uccellatore y

Cli olii auselli sguardare

Si mostra pià ingegnUri tTinvescare. ,

E similmente un* altra di messer Sim*buono Giudice , che cmnincia:

Spesso di &oja nasce, e iacomenzaCiò che aMuce dolore

Al core umano , e parli gio’ sentire

E frutto nasce di dolce semenza,' Che dà amaro savore, ec.

Del resto mottetto è diminutivo di mot-to. E motto ne’ primi rozzi tempi signi-

ficava ogni sorta di composizione poeti-

ca , e le sue parole ancora semplice-

mente. Onde nelle cento Vovelle anti-

che : I cavalieri e i donzelli , eli eranogiulivi e^gai , si fiu'.evano 'fi belle can-zoni , et suono e ’l motto, ndl’ antico

Tratt. Gov. Fam, Se nella brigata si cari-

Digìiized by Google

i6i

tino suoni e motti. Ed è voce lasciata ìa

Toscana da’ Rimatori Provenzali. Ponsde Capdoill :

E'I mòt K eu cant si no es gai e poli.

Nella vita di Ganselm Faidit, cioè di

Anseimo Federigo del testo a pennadella Libreria di s. Lorenzo :

Fetz moli bos sos e nos motz.

Salvarico di Malleone Inglese Poeta Pro-

venzale , che è quello stesso mentovatoda Guglielmo Britone nel Poema della

Filippide con nome di Savaricus Mal-leo, e da Matteo Parisio

,

e da MatteoVestmonasteriense Savaricus de MalloLeoni ; e da Ricordo Savaricus de Ma~lo Leone :

Doussament fait motz , et sos

Ab amor que tria vencut.

Qui mi sia permesso di replicare , chedelle canzoni t fare il suono e il motto^

fare buoni suoni e buoni motti, e faredolcemente motti e suoni , parmi chevaglia quello

, che noi diremmo com-porre insieme e la musica e le parole.

Gli antichi Poeti Lirici de’ Greci nonsolamente eran detti Àvpneoi dal cantare

Redi. Opere, Vol. 1. il

le loro ode, ovvero canzoni sulla Lira;

ma ancora si nominavano fie^neói ; per-

chè essi stessi si componevano 1* aria, e

il suono dello da’ Greci E simile

i Poeti Provenzali doveano comporsi1’ arie ,

sulle quali cantavano le ioi- ri-

me , come si legge nelle loro vite, e nefa fede chiaramente Arnaldo Daniello,che una sua canzone manuscritta della

Libreria di san Lorenzo termina così

dicendo :

Ma cantori prec qe non vus sia en nois,

Qar si volez grazir lo son, el mozJHauc prez AmauC , cui qe plaz o qe

tire. ^

Lo stesso Arnaldo in un’ altra Can-tone :

Ges per maltrag quem sojri

De ben amar non destali.

Si tot me son en desert

Per lei Jaz lo son el rima.

Quel che presso de’ Provenzali si dicemotto e suono ,

rima e suono , il Boc-caccio nella Novella settima della Gior-nata decima venne a dire parole e suty^

no. Le quali parole Minuccio presta-mente intonò a un suono soave e pie-toso , siccome la materia di quelle ri-

eluedeva , cioè mise in musica, spiega

Digìtìzed by Google

i63qui ottimameate il Vocabolario. E piùsotto lo stesso Boccaccio. Monsignore

,

rispose Minuccio , e non sono ancoratre giorni ,

che le parole si fecero , e Vsuono. Il termine a intonare usato dalBoccaccio ^er mettere in musica mi fa

sovvenire d un verso , che si legge nel

Poema intitolato Os Lusiades scritto in

lingua Portoghese da Lssigi Camocs, ovelodando un tal canto dalle parole e dal-

la musica , dice:

Soave a letra , angelica a toada.

£ veramente il mettere in musica ariet-

te, o canzoni non è altro , che un in-

tonarle , cioè dare loro il tuono nella

5rima stanza , o cobola

;poiché la me-

esima maniera di canto chiamata da'

Latini modus

^

e da’ Latini de’ secoli più.

bassi con voce greca Lropus, veniva tan-

te volte a replicarsi,quante si replica-

vano le stanze in essa canzone. LaondeStefano Paschiere in una delle sue let-

tere al Ronsardo intorno all’ origine , e

all’ antichità della Poesia Franzese affer-

ma aver viste più canzoni del conte Ti-

baldo di Sciampagna fatte tutte sopra

la Reina Bianca madre di san Luigi

,

delle quali ciascuna prima stanza era

segnata con le note delia musica usata

in que’ tempi. Je cous rcprescnte, dico

egli , ces vers ( intende de’ versi del

xC4conte Tibaldo) hchillez a la vietile fran-

colse , mais en ceste naifuetè ie mas-seure , fjtìy troverez pìusicurs traits

,

doni nous pourrions auiourdhuy /aire

nostre profjìt, et qui est une chose,queie vous veucc icy dire par excellence ,

c'est qne sur chasque premier couhletyest la musique ancienne. Io mi trovo

un antichissimo libro manuscritto di

Laudi , U maggior parte delle quali

nelle prime stanze è segnata con quelle

note di musica , con le quali antica-

mente s’intonavano le laudi in Firenze.

Per intonazione,

yier cosi dire, delle

parole, innanzi al Boccaccio avea usa-

ta Dante la voce suono. Purg. cant. t.

Seguitando 'I mio canto con quel suono^Di cui le Piche misere sentirò

,

Lo colpo tal, che disperar perdono.

£ di qui intendo qnel che si dice in unantico Libro conservato nell’ Archivio

principale di Toloja; de' sette Manteni~tori della gioja efyimore ; ove si tratta

de’ ludi poetici, e de* premje delle leg-

gi di Amore , siccome furono instituite

Tanno 1324. scritto nel linguaggio di

Linguadocca da Guglielmo Monilier Can-celliere di essi Ludi , e menzionato daPietro tahro Agonistic. lib. i. cap, 2 r.

]ib. 2. cap. 14. lib. 3 . cap. 20. c 28. In es-

so Libro aduuque viene definito , che

i63dictat am bon compas , am boti

mans ,am bel ornai de parauìas

, et

am sentensa cominal, que ne porta fritg,

cantque haja bel so, es yssorba vila, ocome poma defors bela

, e dedins poy~rida. Quelle parole cantque haja bel so

vorranno inferire , bencliè abbia bella

musica, ancorebè la musica sia buona,e buona la maniera del canto , non se

ne dee tener conto, se non è buona la

sentenza , e se non ha in se la bontà

de’pensieri, che è quella che principal-

mente si considera da’ savj. Nel Liside

di Platone avendo saputo Socrate, che

un certo per nome Ippotale componevasopra TJside amico suo versi e canzoni;

e che di più le andava cantando anchea chi non l’ avesse volute ascolure , e

nee;andolo Ippotale con dire , che era

un matto chi queste cose di lui a So-

crate raccontava ; Socrate per impe-gnarlo gli dice, che non chiede d’udire

i versi; che nè anche ha curiosità della

musica ; ma che solamente gli basta

d’intendere il pensiero; per poter quindiessere informato del motlo, che esso tie-

ne coll’amico suo, trai èyò ehcov , SovTi róv pérpav 9éofia,i àxov-

aai, oììdt fièXoc si fi rrs^oiijxai; sl<; roy

vtavlexov,àXXà ri^c IfiavoioiS , iva sl95

riva rpóito* •jrpotrpipq itpòt rà xaidixd.

Questo testo è poco dopo il principio ,

« l’ho posto qui volentieri, perchè nel-

i66la traduzione del Ficino non pare cosi

vivamente, nè così pienamente fatto ve-

dere quel 9iavoia(

,

il pensiero, o

come i Latini direbbono sententiam, e

il libro Tolosano citato qui sopra sen-

tensa.

Pag. 14. V. 26. CohboleCobbola , cobola e gobola son voci an<

tiche , e vagliono componimento lirico ,

ed ebbero origine dal Provenzale coblof

che in quella lingua avea lo stesso si-

gnificato. ^ella vita di Lanjhanco Cica"

la Genovese , che scrisse in Provenzale,

manoscritto della Libreria di san Lo*renzo ,

amparet chanson et vers et ser-

ventes et coblas et tenzons. ?iella vita

di Guidusel della stessa Libreria: Perrepenre Gvidusel fet a qesta cobla , et

mandetli. Jlella vita di INuc de Sam Si-

re : FI coms de Rodes , el vesconz deTorena sii leverent mout a ioglaria conlas tenzons, et con las coblas qe feiren

collui. Il Re Riccardo, manuscritto Redi:

Coblas a teira /aire adreitamenPor vos oillz enten dompna gentilz.

Federigo Uhaldini nella Prefazione a*

Documenti di Amore del Barberino:Non pure 1 versi , ma quello che piùimporta

, le gobole istesse eccedono lanorma prescritta, trovandosene alcune

d by Google

maggiori d»lt altre , non essendoci però

multiplicate le rime . Chiama messer

Francesco con vocabolo Provenzale co-

bole (quelle certe piccole quantità di

versi tra se rimati, di cui essendo rima»’

sti solamente tra gli Spagnuoli i vestigj,

oggi andrebbono sotto nome di stanze*

Don Sebastiano de Covarruvias nel Te-

soro della Lingua Castigliana : Copia ,

cierto verso Castellano ,qite llamamos

Redondillas,

quasi copula,porque va

copulando , y juntando unos pies con

otros para rnedida, y unos consonantet

con otms para las cadencias. Tambien

se usaron coplas de arte mayor , en

culo lugar succedio el verso Italiano ,

de que estan eompuestos los sonetos, ylas canciones. Ebbe ragione 1’ Ubaldini

a scrivere , che le coìrle anderebbono

talvolta sotto nome di stanze,perchè le

sUmpite de’ Provenzali erano per lo più

scompartite in tante stanze, o strofe co*

me son le nostre canzoni. Vita di Ham-baldo di Placherà : Si com el dis en unacobla de la stampida ,

qe vos ausirst,

Fuggibot :

En chantan de una stampida

Coblas de bellas faissos.

1 Franzesi con nome diminutivo chìa»

mano le stanze couplets quasi coboìette-.

Certe stanze fatte alla maniera Casti*

iB8gliana da Boscano

,

esso le intitola e»-

p/as,perciocché vanno a coppia a cop-

pia,

c sempre queste stanze vengonoad essere di numero pari.

Pag. 14. V. 27. Sonetti

Il Vocaboìarìo della Crusca ottima-

mente: Spezie di poesia lirica in rimacomunemente di quattordici versi di un-

dici sillabe. Mi sento inclinato a crede-

re, 'che tal foggia di sonetti fosse total-

mente invenzione de’ nostri più antichi‘ Poeti Italiani trovandone io esempli dei

così fatti nel Maestro Pietro delle Vi-

j^ne chiamato dal 'Villani, il buon Det-

tatore , iti Guittone di Arezzo Frate

Gaudente ,in Geronimo Perramagnino

Pisano , in Pucciandone Martello daPisa , in Meo Abbracciavacca da Pi~stoja

,che nell’ Indice di Mons. Leon

Allacci è scritto con nome di BraccioVacca ,

in Maestro Bandino eTArezzo ,

nel Giudice Ubertino , che tutti fioriro-

no nel tempo di Fra Guittone, in mes-

ser Lapo Salterello , in Mino del Pa-vesajo étArezzo, in Guido Guinizzelli ,

nel Notar Giacomo da Lentino , inmesser Gonnella degt Interminelli daLiicca, in Grazialo da Firenze, in Gio-vanni Marotolo , in messer GioxannidArezzo , in Masarelto da Todi

, inmesser Francesco Barberino , che na-cque nel 1264. ed in altri di quel se-

Digitizod by Google

colo : ma ne’ primi , e ne’ più antichi

Poeti , o trovatori Provenzali non netrovo esemplo veruno. Non mi è però

ignoto, che il vocabolo sonetto si legge

frequentemente nelle com])osizioni poe>

tiche di essi trovatori Provenzali, i quali

ne’ tempi che fiorirono , misero in cosi

gran lustro e pregio la loro lingua, cheella era intesa , e adoperata quasi datutti coloro che professavano con le let-

tere gentilezza di cavalleria , e di corte

non solamente ne’ paesi della Francia ,

ma altresì nella Germania, nell’ Inghil-

terra e nell’ Italia. E veramente neH'lla-

lia vi furono molti Italiani , che poesie

Provenzali composero, tra’ quali furono

Sordello Mantovano^ Bartolomeo Gior-

gi Veneziano , Alberto di Sisterone àe\-

l’antichissima e nobilissima Casa de’Mar-

chesi IVIalespinì ,Pietro dalla Rovere

Piemontese , Rugetto da Lucca , Lucadi Grimaldo , Bonifazio Calvi , e Lan^franco Cicala tutti da Genova, e da Ge-nova parimente quel Folchelto , che

Folchetto di Marsilia fece appellarvi

,

onde di lui il Petrarca:

Folchetto , eh' a Marsilia il nome ha• datoEd a Genova tolto ; ed alt estremoCangiò per miglior patria abito e stato.

Molti ancora Italiani scrivendo in fin-

»Togua Toscana mescolarono ad arte nelle

loro poesie molte toc! , frasi e modi di

dire Provenzali , e tra questi Italiani si

possono francamente numerare MaestroPiero delle Viarie , Guitton Arezzo ,

messer Francesco da Barberino^ Puccian^done da Pisa, Arrigo Baldonasco, Zuc-chero Bencivenni volgarizzatore del Mae-stro Aldobrandino , e di Rasis , Buona-giunta Urbiciani da Lucca, messer One-sto Bolognese, Guido Guinizzelli , Gui-do Cavalcanti , ser Lippo iTArezzo ,

Dante da Majano. Dante Alighieri, edil Petrarca medesimo , ed altri moltopiù antichi del Petrarca

,

i nomi de*

quali si trovano in molti testi a pennadella mia Libreria , senza quegli altri

che furono stampati da’Giunti in Firen-

ze nel iSay. in ottavo, e quegli altri

purè , che ultimamente uscirono in lu-

ce , per opera di Mons. Leone Allacci

Bibliotecario della Vaticana, in Napoli

in ottavo. In somma , com’ io diceva ,

mi sento inclinato a credere, che il so-

netto di quattonlici versi di undici sil-

labe sia stata invenzione degl’ Italiani

,

ancorché il vocaliolo Sonetto si trovi fre-

quentemente ne’ Provenzali. Imperocché

i Provenzali appellavano sonetti altre

composizioni rimate , e distese In molti

più versi di quattordici, c aventi diver-

sa quantità di sillabe; onde Giuffri

di Tolosa appella sonetto una certa 11-

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I?!

lastrocca di Tersi , che arrÌTano al nu-

mero di trentasei, indirizzata per rispo-

sta ad un simil sonetto della Contessa

di Digno ,o come altri dicono di Dia^

pur aneli’ ella Poetessa Provenzale :

Ben aja vostro sonet

Qe ar eu autre farai.

Mais no aus si perfet

Dir si cori le darai,

E de luenck en cantan

Qer mostrar el meu afan :

Dompna eu piane, e sospir, ec.

Elias Carel citato dal conte Federigo

Ubaldini chiama sonetto una sua lunga

canzone , che comincia :

Pues col la fueilla del garrier

Farai mi gai sonet.

Arnaldo Daniello , di cui inesser Fran-

cesco Petrarca :

Fra tutti il primo Arnaldo Daniello,

Gran Maestro di amor, chi alla sua terra

Ancor fa onor col dir pulito e bello

nominò pur anch’egli una sua canzone

sonetto

En este sonet condes e Ieri

Fai moz ca puie d* oli

«7 *

In qiiesli cliie Tersi si può osservar perpassa{>gio

, che Arnaldo volendo esalta-

re la diligenza del lungo studio, cheponeva nelle sue ]ioesie, dice, che puz-

zan d'olio;siccome appunto d'un anti-

co Oratore della Grecia fu detto , che

le sue Orazioni sentivano di lucerna.

Periol. d’Alvernia:

Un. sonet vau pensanPer solatz , e per rire.

Bernardo del Ventadorn , o del Venta-dom nel fine d' una sua gobola :

Sonet and a MadompnaQe es de luenck, e clam mercé;

e Giraldo di Borneil Limosini chiamatoil maestro de’ Trovatori :

Un sonet fatz malvatz , e bo.

I nostri Poeti antichi Toscani si valsero

ancora di t|uella voce in quel significa-

to ; onde sere Zucchero Bencivenni Fio-

rentino, che fiori nel i3ie.

A voi , donna , che gente

Sor le tutte altre siete

,

Manda *neo cor fervente

Esto sonetto'^ eh' ora voi leggete

Secondo meo parvente

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lyS

Senza verun paraggio

In voi s' alluma di beltà lo raggio :

Mante fiate il dico

In vostro belt onore, ec.

Fra Guittone nella Lettera, che nel mioantichissimo Codice è la cinquantesima,

mandando a Pucciandune da Pisa unacerta sua poesia di molti versi , che qui-

vi è scritta ,l’appella sonetto. Dante

stesso osservato dal Bembo nel secondoLibro delle prose

,dopo avere scritta

quella breve canzone, che comincia :

Oh voi , che per la via etAmor pas-sate,

Attendete , e guardate

volendola dichiarare nella Vita nuova ,

soggiugne: Questo sonetto ha due partii

ancorché poi , come dice esso Bembo ,

più volte in quella stessa opera della

Vita nuova , ed altrove , nominasse so-

netti quegli, che ora veramente si chia-

mano. Ne’ miei antichi testi a penna sonappellate con nome di sonetti rinterzati

non solamente la mentovata canzone di

Dante, ma ancora quelle altre due del

medesimo stampate ; una delle quali co-

mincia :

vr

Morte villana di pietà nemicaDi dolor madre antica

•I

/

Qualunque volte , lasio , mi rimembraChe non debbo'giammaiVeder la donna., ondio vo si dolente,

E di più ua’ altra pur di Dante, la

quale non è stampata, ed è la seguente:

Quando il coruiglio degli augei si tenne.

Di nicistà convenne

,

Che ciascun comparisse a tal novella

,

E la cornaccìùa maliziosa e fella

Pensò mutar gonnella

,

E da molti altri augei accattò penne.Ed adornossi, e nel consiglio venne :

Ma poco si sostenne.

Perché pareva sovra gli altri bella,

yilcun domandò V altro : chi è quella ?

Sicché finalment' ella

Fu conosciuta. Or odi che n avvenne.

Che tutti gli altri augei le Jur dintorno.

Sicché sanza soggiorno

La pelar si , eh' ella rimase ignuda,

E t un dicea , or -vedi bella druda;

Dicea r al^ ella muda;

E cosi la lascù^ iìy erarale scorno.

Similemente aeUviai'tùtto giorno

D' uomo , chessi fa adorno

Di fama , o di virtù, ch'altrui dis^

chiuda ,

Che spesse volte sudaDeiraltruicaldo tal, chepoi agghiacciaiDunque beato chi per se procaccia.

Ne* medesimi testi a penna si possono

vedere altri simili sonetti rinterrati di

Nocca di Cenni, di Frediano da Pisa,

di Niccolò Soldanieri

,

e di Francesco

di messer Simone Peruzzi da Firenze,

a’ quali si aggiunga , che Galeotto daPisa ne’ medesimi testi dà nome di -

netto ad una sua lunga ballatella :

S'J-

Un sonetto eo vollio fare

Per laudare

Està mea donrta gratiosa

,

Che amorosaBella gio' mi fa provare, ec.

1 Poeti antichi non solamente -aveano i

sonetti rinterzati

,

ma ne costumavano

altresì certi altri ,che appellavano so-

neUi donni, e potrei portarne qui molti

e molti di Fra Guittone d'Arezzo, di

Geronimo Terrarnagnino da Pisa

,

di

Pannuccio dal Bagno Pisano, e di al-

tri Autori senza nome : e perchè questi

sonetti doppj erano di diverse foggie ,

ne scriverò qui uno per sorta , comeper appunto stanno ne’ miei testi a pen-

na , e con la stessa ortografia ; e da que-

sti si potrà considerare la rozzezza dei

Poeti di quel primo secolo.

iy6

SONETTO DOPPIODI FRA GUITTONE.

O benigna^ o dolce, o preziosa,

O del tute' amorosaMadre del mio Siffiore, e Donna mia,

, O refagio a chi chiama, o sperar osaIJ alma mia bisognosa :

Se tu mia miglior Madre alla in obbriat

Chi , se noti tu,, misericordiosa

,

Chi saggia , o poderosa ,

O degna 'n farmi amore e cortesia

,

Merce dunque-, nonpiù mercè sia ascosa^

!^e appaia in parva cosa :

Che grave in aboiidanza è carestia.

Ne sanaria la mià gran piaga feraMedicina leggiera :

Ma si tutta si fera , e brutta pare,Sdegneraila sanare ?

Chi gran mastro, che non gran piagachera ?

Se non misera fosse ove mostrare ;

Se porca, ne laudare

La pietà tua tanta , e si vera;

Convien dunque misera

,

Madonna , a te , miserando, orrore.

DigiiizTti tay érreogle

7TT

SONETTO DOPPIO

DI rANNUCCIO da;, BAGNO.

Lasso di far più verso V >

Soni poi veggio ogn om mancoD' amor far tutto del diritto inverso

, ^Che qual denom più franco ^Di lealtate

,perso

Tosto fa se veder^ se po, del bianco^ BChe donna , ne converso yNon sol compia, stanco % fDi ciò pensare elfare onde ben perso

ifSicché vertù non branco ,

Pò dire ; anzi P ahberso : ^ ^Leal om sì P a preso per lo fianco ^

Jslealtate , inganno

,

c’ ognor monta, QE lo mondo governa

Sicch' a quella lanterna tvVol gir ogn omo, e in ciòfar si ponta C

Tanto , c oobriaS anno la superna\\

Membranza , dove P onta,

£ ’/ bel eP ogn' om si conta , ^E di ciascuno an merto in sempiterna.

Redi. Opere, ì^ol.I. tz

»7«

SOWtTtO DOPPIO

»’ INCEkTO.

Pér lunga dimoranza ,

Co fatt' an gran tormento

O" cangiata natura ;

Co piangendo allegranza\

E ridendo noi tento

Onni gioì mè rancura ,

jy aver ben o petanza ,

E del mal mi contento

Farmi il di nocte scura ^

Degli amici ò doctanza.

Coi nitnici ò abbento.

Per lo caldo freddura-.

Di quel c’ altri è siguro son temente \

Per gran dogUenza canto ,

Im solaccio rrC attrista ,

Credo aver ben per male.

Ciò c' ò ditto rtì aven certanamente

^

Ma anc ò senno tanto ,

Che , segando mia vista

Mal si -volla semi ale.

Digitizesl-by C^JOglc

Vi ha un’altra maniera di sonetti dop-

pj , che son fatti come quel primo di

Fra Guittone, se non che hanno di piùil ritoroello di cinque altri versi ; ondeson sonetti di ventisette versi. Gli anti-

chi poeti Franzesi, e lo riferisce Monsitde Nublè appresso Egidio Menagio nel-

le Osservazioni sopra le Poesie di Fran-cesco Malerba , usarono la stessa vocedi sonetto nello stesso sentimento di poe-

sia avente più di quattordici versi; tra

i quali Tibaldo conte di Sciampagna inuna canzone da lui fatta per la ReginaBianca di Castiglia madre del Re Luigiil Santo:

Autre chose ne ni a Amour meri

De tant que fay està èn sa baillie.

Mais bien m'a Diex par sa pitie gari^

Quand eschappè je suis sans perdre vie

One de mes yeux si belle heure ne vi.

Sen oz ye faire encor maint geni parti.

Et maint sonet, et mainte recordie.

E Guglielmo de Lorris , che mori l’ an-no 1 260. nel suo romanzo della Rosa :

Lais d'amours, et sorteti courtois.

Pel contrario i migliori Scrittori dellaFrancia affermano, che prima del regnodel Re Francesco I. non furono mai ve*

diiti sonetti di quattordici Tersi in ìin«

gua Franzese.

Nello stesso tempo , e non prima co-

minciarono simili sonetti in Spagna, ed

il pi imo che ne facesse fu GiovanniBoscano da Rarzellona, e con lui Gar-

tilasso de la di Toledo, che fio-

rirono ne’tempi uelTlmperator Carlo V.

e Botcano vi fu indotto dalle esortazio-

ni del celebre Bernardo Nuvoffiero, co-

me esso Boscano afferma nella Prefa-

zione diretta alla Duchessa di Sommanel principio del secondo libro delle sue

poesie stampate in Barzellona l’ anno1642. I Tedeschi per avventura nonprima del corrente secolo praticarono

3uesta appresso di loro nuova manierai ]ìOesia , e vi sono stati applauditi

Martino Opizio Siicsita, Andrea Grijio^

ed il F/emminffio. Tra’ Fiamminghi il

primo sonettatore forse fu il celebre Da~niel Einsio padre del dottissimo iVrco/no

Einsio,

Donde poi sia originata la voce so-

netto, vane sono sUte le opinioni degli

Scrittori. Il sempre con lode mentovatoEgidio VIenagio nelle Origini della lin-

gua Franzese tenne, che il nome di so-

netto abbia l’ etimologia dal suono, cherendono le doppie rime de’due quader-nari ; e sono (|nest’ esse le sue ))arole :

sonet du son ,que font let doublts n-

m^s dtp deux premiers rpiadiains. Temo

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t8t

fbrte ,ctie questo gran ìettefàto , e mio

gentilissimo amico, non cogliesse allora

tael vero segno ; e tanto più , elle egli

stesso nelle Origini della lingua Italiana

fu di un altro pat ere , e si conformò

«ol sentimento di Lodotico Dolce nel

lib. 4. delle sue Osservazioni, e con Fe*

derigo Ubaldini. La verità è , che gli

Accademici della Crusca nel Vocabola-

rio della Seconda edizione alla voce suo»

no vollero, che sonetto sia derivato dasuono inteso nel significato del quarto

asterisco della stessa voce, dove si spie-

ga suono intendersi per le parole , o

canzoni, che si cantano in sul suono;

e ,dopo essersene portati esempli del

Boccaccia nelle Novelle, e dell Autore

della Tavola Ritonda , si soggiugne :

Dalla qual voce suono creder si può

che venga sonetto per esser breve com-posizione. Agli esempli del Vocabolario

si può aggingnere Fra Giordano da Ri-

valto, che in una delle sue prediche ci

lasciò scritto; Avea composto un suono

scandaloso,

e pieno di profanità e di

lascivia. Il Vocabolario vien fiancheg-

giato dal suddetto Federigo Ubaldini

nella Tavola delle voci , che si trovano

ne’ Documenti d’Amore di messer Fran-

cesco Barberino. Come abbiamo , dice

riJhaldini , da motto mottetto , così so-

netto è diminutivo di suono,pigiando

suono per una sorta di cantare : onde il

Boecaceio chiama tuono quella carne-ne , che fece Mica da Siena al Re Pie-

tro d'jdrragona per la Lisa, che è di

ben tre stanze, ciascheduna di dieci versi

senza il principio, E Franco Sacchettidisse :

Che si cantasse , o suoni, o madrigali.

E nel Laberinto Vistesso Boccaccio c. 'jm.

canzoni, suoni e mattinate, o simili piùche altra volentieri ascoltava. Cosi dun-que da suono è sonetto, e da mottomottetto. Fin qui l' Ubaldini: ma vagliail vero panni , che egli prendesse unosbaglio, quando disse, che il Boccaccionella Novella settima della decima Gior-

nata chiamò suono ciucila canzone di

AJico da Siena. Poiché non ho saputo

rinvenire , che la chiami con altro no-

me , che di canzonetta e di canzone.

Minuccio partitosi ritrovò un Mico daSiena assai buon dicitore in rima a queitempi , e con preghi lo strinse a far la

canzonetta che segue. £ appresso: E conlei sola parlando ogni cosa stata rac-

contò , e poi la canzone cantò con la

tua vivuola. E quando Minuccio dice al

Re: E non sono ancora tre giorni, chele parole si fecero e 7 suono

;per le

Savoie significa la canzone composta da[ico, e per 1* suono la musica, e l’aria

accomodatavi sopra da lui medesimo, il

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tSS;

Sual« finÌMÌm» cantatore • tonalore era.

qui il Boccaccio imitò i Provenzali

,

cbe aneor essi talvolta si valevano della

voce suono in significato dell' aria del

canto. Giraldo di Borncllo in una delle

sue Serventesi , che comincia : HonmzOS hom per despendre^ in fine di essa

Tolgcodosi a lei dice:

Servente^ , tal sap ton son^

Qui no enten ta raion.

E Raimondo Giordano Visconte di San>

tantolino , cbe da Alessandro Tassoninelle Note al Petrarca fu chiamato Re-mondo lorda y e fiori ne’ tempi di Rai-

mondo Berlingbieri conte di Provenzay

e di Folcachieri , in alcune Ottave alla

maniera Provenzale , cbe cominciano :

yas vos suppèei donna primeramenty par

cbe dica insonare i motti per quel che

disse il Boccaccio intonare le parole y

ovvero mettere in musica un componi-mento y se non vuol dir piuttosto ean*

tarlo e sonarlo :

Ar conosc ben, feu fai grand ardimm,Quant ia l entfuier damary ni mot l en

so.

Tnttavia dei>bo giustamente affermare|

. cbe la voce suono fu usata ancora da*

Provenzali in siguificato di quc* campo*

1

ì64nimenti che si cantano in sul anono

,

. come si può Tcdere nelle •vite de’ loro

Poeti , e nelle loro opere. "Vita di Ric-cardo Berbesin: Mas ben cantava, e di-

. sia Sons ,et trokava avinemen motz et

Sons. Pietro Bremoute :

Cant, es raison, bos sos, et lausengiers.

Il soprammentoTato Visconte di Sant'An-tolino :

Serventes, motz et sons

En la onor dirai de luy.

Vedi sopra a Mottetto. — E tanto basti

intorno all’ origine della voce sonetto.

Dirò solamente , che negli antichi testi

a penna in tre modi si trovano scritti i

sonetti. Nel primo modo si trovano scritti

seguitamente, come se fossero prosa, sen-

sa far nessun capoverso; e distingueva-

no un verso dall’ altro col farvi duepunti di mezzo. Nel secondo modo era

scritto il primo quadernario dipersè an-

dante tutto insieme , come se fosse pro-

sa; e dipersè parimente il secondo qua-deimario , che faceva capoverso , c cosi

ancora tutt’ addue le terzine ciascuna

dipersè. Nel terzo modo eia scritto il

primo ed il secondo verso del sonetto

nella prima riga tutt’ andante ,il 3. ed

il 4 . verso nella seconda riga, e così a

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i85coppia a coppia tulli quegli altri versi.

• Chi avesse curiosità <li sapere la manie*' ra, e la diligenza dello scrivere i versi' de* Greci negli antichi testi a penna leg-

ga Efeslione ff amatìco nel suo Enchiri-

àio al cap. vtpì (ri^y, xó?>v, xóiifiarof,

xa'i ffvi;T*niaro(

,

dove aflerma , che nel

secondo e nel terzo Libro delle canzonidi Saffo, la maniera della scrittura era

tale, che si vedeano versi della stessa

misura a due a due uno dopo 1’ altro

,

ed ogni coppia dipersè distinta dalla se-

guente. Veggasi quivi.

Osserva il Bembo nelle Prose, che gli

antichi fecero tal volta sonetti di duesole rime. Talvolta in emenda di ciò

non contenti delle solite, e usate nel li-

ne de’ versi,quelle medesime rime an-

cora tramisero nel mezzo di tutti i ver-

si. De’ cosi fatti in un mio manuscritto

ve ne sono molti di Guitton dArezzo ,

e di ser Pace Notajo

,

e alcuni pochi

di messer Jacopo Mostacci da Pisa, di

Galletto da Pisa, di messer Lapo Sal-

terello, di messer Giovanni dArezzo,di Dello da Signa , di Ugo da Massadi Siena , di Amorozzo da Firenze, e

di alcuni altri, che non contenti di unasola rima nel mezzo, ve ne misero lino

in due, ed anco lino in tre, alla foggia

quasi di quei sonetti Leporeambi , cheagli anni passati furon fatti stampare in

Koma da Lodovico Leporeo. Egli è bea

i86Tero , che alcune fiate non in tutti i

mezzi versi trametteano le rime; ma so*

lamenle in quelli delle terzine , comene può esser esemplo un souelto di FraGuiUone , che comincia :

*

O Regina del cielo , o giglio aulente ,

Madre e figliuola del figUuol deDeo^Abbie pietate del tormento meo

,

Mira in la zambra dC osto cor dolente^

Verone pura, che fosti possente

Speziar la fronte al fiero verme e reo\

De soccorrimi tu , ec.

Ed alcune volte tramettevano solamentele rime ne’ versi delle quartine del so-

netto , senza trametterle in quegli de*

terzetti. Per un esemplo di quegli chehanno le rime tramesse in tutti i versi

potrà servire il seguente sonetto di Puc-

dandone Martello da Pisa copiato per

appunto nella stessa forma, nella qualesta scritto in un mio antichissimo teste

a penna in cartapecora:

Similemente . gente . criatura .

La portatura . pura . ed avenente .

Paite piagente . mente.per natura .

Sichen altura . cura . vola gente •

Callor parvente , nenie . altra figura .

Non a fattura . dura . certamente .

Pero neente . sente . di ventura .

Chissua pintura . scura . no presente.

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Tanto dohìata , data . vè beliessa .

E addomessa . messa . con plagensa.

Cagna chei pensa . senso . peimirata.

Peto amata . fata . vonnaltessa .

Che la fermessa . desso . conoscensa.

In sua sentensa . hensa . onorata .

Si osservi , che questo sonetto di Puc-ciandone è scritto secondo la pronunzia,

o dialetto Pisano; e si può da esso rac-

cogliere , che siccome ne' nostri tempiquelle voci , che hanno la z , son pro-

nunziate da’ Pisani come se avessero la

8, e quelle, che hanno la s son pronun-ziate come se avessero la z , cosi ezian-

dio anticamente i medesimi Pisani avea-

no la stessa pronunzia , o dialetto mo-derno. Ad un’ altra cosa è da porsi

mente intorno a’ sonetti; che i Poeti an-

tichi non facevano sempre i sonetti d^

quattordici versi ;ma talvolta ne face-i

vano qualcheduno di sedici, ponendovidue versi rimati , come nel line delle

ottave, dopo i quattordici,per appunto

come si è quel soprammentovato sonetto

di messer Francesco Barberino ed altri,

che si leggono ne' miei manuscritti , e

particolarmente uno di Dante, che co-

mincia :

Jacopo, io fai nelle nevicai' alpi

Con tjuei gentili, donde nata è quella,

dì amor nella memoria ti suggella :

i88E perchè tu parlando anzi lei pdlpi

;

Non credi tu, pereh' io aspre vie scolpii

Ch'io mi ricordi di tua vita fella! ec.

Ed altri di Passera della Gherminella ^

e di Guido Orlandi , di Fazio degli

liberti, di Maestro Antonio da Ferra~

ra , di Franco Sacchetti

,

ili Gano di

messer Lapo da Colle , di rnesser Dol-ciberie

,

di Ciscranna Piccolomini daSiena, di Niccolò Soldaweri

,

di Mae-stro Migliore da Firenze

,

di Pippo di

Franco Sacchetti, òìAdriano de' Fossi y

di messer Antonio da Siena , di Brac-

cio Bracci d'Arezzo, che fiori iie’teinpi

del Petrarca, di Marchionne di Matteo

Arrighi, di messer Guido della Bocca ,

di messer Arrigo di Castruccio

,

di An-

drea di messer Biado de Bardi

,

e di

I

quel Sandro_di Pippozzo df landra cit-

tadùw fiorentino , il quale nel 1299.

! nHIultiina sua rimbarbogita vecchiaja

1 compose un Trattato del governo della

\\/amiglia, del qual Trattato io feci men«i zione nella Lettera intorno allinventore

i degli occhiali che si portano al naso }

[e di molti e molti altri, clie si leggono

nel Libro de’ Poeti antichi raccolti da

Monsig. Allacci, e vissero nel tempo

del Petrarca, e dopo ancora la di lui

morte. Il Petrarca stesso fece alcuni di

questi sonetti di sedici versi , ed in tmmio testo antico se ne vede uno

, che

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i8^e^1 i mandù in risposta a Maestro- Antò-mo da Ferrara, c comincia:

Perchè non chagi nelle schure chaveDove t animo tuo par che vaglile

Piacemi di prestarti alchune stille

Di mio secretto fonte piu suave.

Crede Federigo Ubaldlni, che, dal nonesser bene ancora in fjue’ tempi prefissa

la regola del sonetto, i Poeti mettesserotalvolta a capriccio nel fine que' dueersi rimati ; e saviamente so^giugne

,

•che tali sonetti di sedici versi fossero

piuttosto sonetti familiari, c da scherzo,

che da senno, e gravi : e va opinando,che da essi abbian forse avnt’ origine i

sonetti con la coda, de’ quali si crede,che non ne facesse mai alcuno il Pe-trarca, perchè, come soleva dire il Com-mendatore Annibai Caro , dovean gire

alla presenza di Madonna Laura, che

era una damigella molto savia e mode-sta. Non voglio tuttavia tralasciar di di-

re , che quel sonetto stampato del Pe-trarca , che comincia :

Benedetto sia ’/ giorno e ’/ mese er anno

In un testo a penna del sig. Conte Lo-renzo Magalotti copiato intorno al 1481.si trova scritto colla coda seguente :

igoE non fona , nè arte

Farà, ch'io non sia suo buon servidojVf

E sempre mai terrò lei per signore.

Ma dubito, che tal coda non vi $ia sta-

ta appiccata dal copiatore, il quale peravTcntura fu Filippo Scarlatti Poeta,che liorì in que’ tempi. E tanto più nedubito , anzi lo credo

,quanto che in

tutti i manuscritti della Libreria di sanLorenzo , e della famosa Libreria delSenator Carlo Strozzi quel sonetto si

trova sempre scritto semplicemente sen-

za la giunta di quella coda ; siccomesemplicemente si trova scritto in alcunialtri testi a penna della mia Libreria.

Fece bensì il Petrarca de’ sonetti di di-

ciassette versi tutti di undici sillabe, unode’ quali si legge nel suo originale stam-

pato dAÌV L/baldini in Roma 1 anno 1642.

in foglio appresso i Grignani. Tali so-

netti di diciassette versi gli antichi gli

appellavano sonetti col ritornello , e netrovo molti ne’ miei testi a penna , eparticolarmente di Pannuccio dal Ba-gno , di Gerì Giannini Pisano , di Na-taccio Anquino Pisano^ di Passera del-

la Gherminella , e di messer Giovanni^Arezzo., senza quegli altri Poeti più

moderni stampali a&\VAllacci, e sono di

Borscia da Perugia , di Cucco di Fal-freduzio , di ser Filippo degli Albizzi ,

di Giglio Lelli, c del Burchiello', e non

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'9 '

solamente trOTO di cpiesti sonetti col ri-

tornello ^ma ne’ miei mannscrìtti ue tro*

-vo ancora di quegli col ritornello dop-

pio ,cioè sonetti di venlt versi , e tutti

di undici sillabe.

Veramente ebbe ragione VUbaldini acredere ,

che ne’ primi tempi non fosse

prefissa la vera quantità de’ versi del

sonetto ;imperocché tra’ manuscritti io

ne considero anco di quegli , che sono

quindici versi in Niccolò Soldanieri, in

Francesco di messer Simone Peruzzif

ed in un Autore incerto , che compose

otto sonetti sopra le immagini di otto

uomini illustri dipinti nella sala del ReRuberto di Napoli. 11 mentovato Nicco-

lò Soldanieri fece altresì de’ sonetti di

diciotto versi, come ancora Dino di Tu-

ra Bastafo j e molto prima ,di costoro

Bacciarone di messer Saccone da Pisa^

Giovanni Marotolo ,messer Benuccio ,

e Bindo Bonichi da Siena manuscritti;

e tra gli stampati daH’Allacci ser Filip-

po degli Albizzi , tra’ quali stampati

Cucco di Valfreduzio ne lasciò compo-sto uno di diciannove versi pur tutti di

undici sillabe. Pel contrario ne’ manu-icritti si vedono sonetti di soli tredici

versi, e de’ simili io ne ho esempli di

Forese Donati , che fiori ne’ tempi di

Dante ; di messer Giovanni da Prato,

di messer Alberto degli Albizzi , e di

Andrea Carelli da Prato, lo Fra Gaie-

192tane tì sono sonetti, che inrece dì ayerquattro versi per quadernario

, ne han-no cinque, rimanendo le terzine al so-lilo con tre versi per ciascuna.

Quanto a’ sonetti colla coda , cioèquelli che sono di diciassette versi , il

quindicesimo de’ quali ha sette sillabe ,

e gli altri tutti ne hanno undici, i piùantichi Poeti , che ne’ miei mauuscrittiio trovi , che gli componessero

, sonoPierozzo di Biagio di Strozza Strozzi ,

che fiori nel i38i. nel qual anno fuImhasciadore de’ Fiorentini a Verona, efece poscia molle altre simili imbasce-rie, come a Perugia, a Città di Castel-

lo, a san Miniato, a Cortona, a Geno-va , a Bologna , a Padova ed a Siena ;

e nel i3g4. fi\ Podestà di Arezzo, e fi-

nalmente mori in Firenze nel 1408. Aquesto Pierozzo aggiungo Niccolò Sol-

danieri ,Tommaso de' Bardi

, MaQeode Libri, messer Bruzzi Visconti, Fran-

co Sacchetti , Antonio Pucci , ser Do-menico Salvestri, Adriano de'Bossi, ser

Piero da Monterappoli , Marchione di

Matteo Arrighi, Stefano di Cino , Ma-netto da .

Filicaja ,Filippo de' Bardi

,

Dante da Votterrà , messer Marabutti-no dCArezzo , e Ottavante Barducci. Eperchè non ei’a ancora ne’ primi tempibene stabilita la forma de’ sonetti colla

coda,perciò in un mio manuscritto ne

trovo alcuni pochi di Autore incerto ,

-Digillzed by Coorte

i qaali, dopo i quattordici versi di ua-

dici sillabe , hanuo il verso «li sette , e

dopo di esso quattro altri versi di uu-

dici sillabe. E tra’ Poeti di Monsig Al-

lacci non solamente se ne legge un si-

mile di ser Angiolo da san Gimiguano,ma vi sono ancora sonetti di Gillio Lelli

colla coda , aventi diciassette versi, chehanno il sestodecimo di sette sillabe, e

tutti gli altri sedici versi di undici sil-

labe. I primi inventori furono costantis-

simi a non passare i diciassette versi

,

cioè a farvi una sola coda di tre versi.

11 Burchiello, che fiori nel 1480. fu dei

primi a passar questo segno , e quegli

che vennero dopo di lui , molto più di

lui lo trapassarono, e si stesero in mol-

te lunghe filastrocche di code. Quantun-que i sonetti colla coda sieoo per lo più

burleschi e familiari , nulladimeuo i

primi compositori ne fecero qualcunointorno a cose serie; ed un mio testo apenna ne ha ventotto tutti sacri di Au-tore incerto , ed in un inanuscritio del

sig. conte Lorenzo Magalotti ve ne so-

no di Feo Beìcari, e di Banco di Ben-civenni da Firenze. Gli antichi sonetla-

tori solevano alcupa volta con ischerzo,

per cosi dir puerile , con la prima let-

tera de' versi del sonetto accennare il

loro nome , o quello delle innamorate,

o altra cosa , che più loro fosse sudataRedi. Opete. Vol. /. . td »

I

‘ a grado , come si può vedere in quelsonetto , che Dante da Majano scrisse

per risposta a Monna ?iina stampatonel testo de’ Giunti a car. 140. e osser-

vato dal diligentissimo Ubaldini; e co-

me io ne osservo altri di simil narra ne’

manuscrilti aiiticlri \ e potrei protlurne

esempli di Dello' da Signa , che Dellodella Signa è nominato neiriiidice stam-

pato da Monsig. Allacci de’ Poeti ailli-

chi ,che si conservano ne' codici Vati-

cani ,Chisiani e Barberini , di Alberto

Frate , di liosso da Messina , e di al-

tri. Questa fanciullaggine la trovo an-cora in alcune (Joble ' Provenrali. Mache ? Talvolta ha servilo a prodnrrequalche noliria. bd in verità , che oggi

non «apremmo forse, chi fosse rmuWredell’ antico Fnlgar izzamento di Hasisconservato nella làbreria di s. Lorenzo

al Banco settantatrè , >se alcuni- Tersi

, scritti nel fine del Cotlice non ciimaiii-

feslassero , che egli fu sere ZuccharoBencivenni

,

conciossiacosaché colla pri-

ma lettera d’ ogni verso viene scritto il

- di lui nome nella seguente maniera :

Zertanamente vi dtcov%'ollio esser vostro amico ,

Ke Ke di me voltiate;

'

. . e non f>uò f amistate

rimaner tra noi due ;

I or *utn vi dico piue.

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Ben volilo in veritade

,

entra noi t amistade

non 'volilo ,che falli punto

con fino amor congiunto

intra noi due dimori :

villania ne sia fuori,

e ogne malusanza’.

non volilo ci abbia mancanza :• •'

non fa mestieri, più dire:

Io son vostro al ver dire.

Elia CaJanetto volle anch’ esso scherzar

colle lettere ,onde

,come si legge nel

testo a penna della Libreria di sau Lo-

renzo : . ' '

Tres letras del a, b. c.

Aprendez : plus non deman :

A. 'V/. 'A car aitan

Uolon dir, com am te.

I ,

Termino cpiiesti uojosi rancidumi , de*

cjuair”vòglio sperare, che mi abbia^ad

frnpelral’ perdono" raiincliita senipiejg^

"hérabìTèJ an^' nelle "co^ frivole,. E.-

forse di essi potrà valersi qualche va-

lentiiotno per dar lustro a qualche sua

scrittura;perchè queste colali cose, co-

me certi pezzi d^ anticaglie ne’ nostri

edifici tramesse , con altri ornamenti

moderni con giudizio:, e con modo-, e

Come graziosamente .disse quella giova-

ne Greca' tanto celelu'ala nelle poesie ,

ig6seminate colla mano , e non col sacco

,

danno grazia.

Pag. 14. V. 29. Fiori scambievoli’ Fiore in questo sigiiilicato si è un

breve scherzo in rima, che si costuma

nelle veglie , e ne’ balli del contado , ecomincia : Foi siete un bel fiore , a cui

vien risposto: Che Jtorel ec. Lo scherzo

è noto , e l’ usanza di questo schérzo èantichissima , e se ne fa menzione in

una poesia manuscritta di ser Bello an-

tichissimo Poeta:.

Quando eo ve dico Fai sete una flore.

Ne pur alzate li occhi a spuardar me ,

Ne volliate saper, che bella flore ,

E con silenzo mostrate odiar me.

In un Libro scritto 1’ anno i5g2. dove

tra l’altre poesie son copiati molti fiori:

P. Foi sete un bel fiore.

R. ( he fiore ?

P. Un fior di mammoletta.

R. Qualche mercede il mio servire a-

spetta.

rag- i5. V. 4. MammoloE una s|>ezie d’ uva rossa notissima

nel contado di Firenze. Mammolo vale

ancora bambino , fanciullo,

giovanetto.

Pecor. giorn. 10. uum. 1. Tolse segreta-

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tminte questi mammoli, e andonne alla

marina (parla di due bambini di na-

scita. ) È appresso : £ poi mandò perquesti due mammoletti. E giorn. num. x.

La mammola ebbe paura , e disse : io

noi farò più. E giorn. 4. num. 2 . Forse

la mammola non se ne contenterebbe.

Parla sempre di fanciulle da marito.

Di qui ebbe etimologia il nome delle

\mle mammole. £ mamfnolo in signifi-

cato di bambino ebbe origine da mam-ma, o mammella', quindi gli Spagnuoli

hanno ancor oggi la voce antica ma-rnante, che vale bambino che latta; c

se ne servono per esagerare qualchemoria di guerra , o di peste , dicendo j

No quedara piante , ni marnante , cioè

come dice don Sebastiano de Covarru-

vias nel Tesoro della lingua Castiglia-

na: No ha de qnedar cosa viva.

Pag. i5. V. g. Onde f antico EsoneDiè nome e fama al solitario monte.

Allude a Montisone , dove in tempodi state fa la sua villeggiatura il signor

conte Lorenzo Magalotti

,

ed è unamontagnuola, nella quale ha la sua sor-

gente il fìumicello Antella , che dà il

suo nome al paese,per lo quale passa

fino a mette!' foce nell’ Emai JacopoSoldani nella Satira a Motisig. Venturicontro il lusso de’ suoi tempi :

igS

\ Se fosse più magnifea la villa «

La qual mi porge bere al puro fontoLe lacrime dolcissime <C ntiUq

;?

O Monsignor, con quanta allegra fronteV' accorrei qui, doye Tj^tiaa—RsijqeDiè nome e fama al solitario montel

5Così pariraeme scherza sul nome dL

\monte Senario Andrea Dazji Lettore

• delle Lettera Greche nello Studio dt Fi-

'irenze, chiamaudolo monte Sinai, quasi

da Sinai fosse stato detto Sinaju, e poi

corrottamente Asinajo , come lo nominòil Boccaccio nel Proemio della quartaigioroata :

Perpetua stai mole rigens , et vertice

celso

AEtherias sete Synais mons tollit inauras ,

Cujus in extremo cingentibus widique

sylvis

Christiparae stani tempia jngo.

Simile altresì il Ronsardo, ncU'Inno di

Pacco , scherza sopra una collina del

paese di Vandomo sua patria, chiamata la

Deiiisìere, quasi ella fosse cosi chiamata

da Denis, cioè Dioniso, ovrero Bacco :

j£f Id ta main proigna urie haute coutiere^

iQui de ton nom Denis eut nom la De-• nisiete.

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Pag. r^/T. il. Questo nappouna pozzanghera

che sembra

Ateneo ,libro undecimo disse , che

non gli sembra che dicaa male quegli,

che a un gran bicchiere danno il nomedi }iozzo d’ argento juù, pos Soxovtn /te»

,

ytiv ov xaxóf , ol (pàffxovxsi xò ptyaxairipiof (pfiéap. àprvpov* tlvat.

vin si forte ^

e si possente»

Orazio:

' Aufidius forti miscébat mella Falerno.

Nel Maestro Aldobrandino , e nei Libro- della cura delle malattie si trova soven-

temente questo epiteto di forte dato al

•' vino in signiHcato di vino grande e ge-

• nerosn. E ueil' antichissimo Trattato ma-nuscritto delT Intendimento si- legge: Il

peccato di lussuria , che è spento perastinenza e per asprezza, le buone 'vi-

• vande e i firti vini lo accendono^ Oggiin Firenze tra ’l popolo vin forte' ai dice

del vino che ha pigliata Ja panta,.cioè,

che ha cominciato a inacetire.; mai tra

gli Aretini vin forte vale lo stesso chevino puro, e non innacquato', o' coode

-• assi dicono, non indacquato.. . j. <ii -1 ;»-»

,i !it

Pag. i5. T. i5. Quoti ben gonfio, e rapidatorrente

Urta il palato

Orazio disce , che i Tini orgogliosi apotenti assordano il palato, quasi comeuna grossa e romoreggiaute piena :

r

. Peri’ida quod suhdjle eccucdant vino pa-

\ l„mn,. ^jPag. i 5 . 22. Verso T occhio del sole

È cosa trita , che da’ Poeti sia attri»

huito l’occhio, che tutto vede, al sole;

e ne sono esempli in Omero, in Eschi-

lo , in Ennio ed in Virgilio. PindaroneirOlimpie, ode .3 . strofe 2. dette l’ oc-

chio alla luna ; Catullo attribuì il ve-

dere alle stelle; ed è nolo il Greco epi-

gramma di Platone sopra Stella amicosuo riguardante il cielo , in cui esso

Platone desidera di esser cielo, per po-

ter mirar 1’ amico suo con più occhi,

Pag. , 5 . V. 22. Il fianco innalza

Catone, citato ancora da Plinio, par-

lando del sito delle vigne : Qui locus

vino optimus esse dicetur , et oslentus

solibus.

Pag. i 5 . V. 27. Ed io lui sano preseri’o

Mnesiteo citato da Ateneo lib. 1. af-

ferma , Bacco in ogni luoga chiamarsi

—Digiti^ed h

2©I

medico, e che l’oracolo di Apollo Del-

fico ordinò ad alcuni , che invocassero

Bacco col nome SHyf^te ^ cioè di con-

servatore della sanità, drò xat xaXtlff^at

TÒv dtóvt «TO» srarrajijow larpòv. ^ Si Wvdì

ti/nixé Tin Siófveov vytdrtiv *«Astv. Al-

tro oracolo fu riferito da Fulvio Orsino

nel suo Virgilio illustrato sopra quelle

parole frigus opacum dell’ egloga primajn due versi greci ,

che da Gabbrielo

Faemo cosi furono voltati in latino:

Vigiliti ante canem , totìdem post ordì-

ne luces

,

Umbrosae intra sepia domus modico

lUere Baccho,

Elia di Berzoli, manuscritto Frane. Redi;

^ra pose eu estar alegres e jojos ,

Bacch adolza medesia mi maL

Pag. i5. V. ult. Ma del via di vai di Botte

Possessione de’ PP. Gesuiti del Colle-

gio di Firenze.

Pag. iG. V. 7 . Il mio Sahiin eh' ha tante

lingue in bocca11 sig. Anton Maria Salvini gentiluo-

mo Fiorentino Lettore della lingua Gre-

ca nello Studio di Firenze , oltre unavasta e recondita erudizione

,possiede

ancora le più celebri lingue dell’ Europa.

\

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202Pag. 1 6. T. lo. Con la ciotola in. man Jard

miracoli

Macedonio nel lib. 2. »lel l'Antologia,

colla giiaslada in mauo non ha jiaiira

de’ signori , o di ijiialsisia grande:

ovd' àXtyiio%òv j(^ptxriuy vndrov , (pid^i^v xa~

che Geraldo Buchohl tradusse :

Ref;cs

Non moror auratos poetila piena tenens.

Pag. i6. V. 1

1

. Co splendor di Milano il

savio Maggi11 sig. Carlo Maria Ma^ segretario

del Senato di Milano, Professore di Let*

tere Greche nello Studio di quella cit-

tà , Poeta celeberrimo del nostro secolo,

e mio riveritissimo amico, il quale puòfrancamente dire con Lucrezio ;

y4via Pieridum peragro loca nullius ante

Trita solo

E con Orazio :

- Libera per vacuum positi vestigio prin-

ceps ;

Non aliena meo pressi pede.

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2o3

Pag. i6. V. ao. E sarla veramente un capi-

tnnoj. n?

^

iSaturale77a imitata (ia qaella di Plau-\

' to Del Penulo, at. 3. se. 3.

Rex sum ,si e£;o illum hodie hominem

ad me attenterò. a ’) <,

Pac. i6. V. ai. Del suo Lesmo il vino

” Lesmo, villa deliriosa del sig. Carlo

Maria Maggi poste nel Milanese.

Pag. i6. V. a6. Con le gote di mosto e tin-

te e. piene * .

*

Cosi il Dio Como presidente de ba-,

gordi e dell’ ubriachezza , onde è hittoi

il verbo nopàittv, in latino corr^ssan,.

se si crede Fiìostrato ne Ritratti , e di- •.

pioto dal medesimo, rosso dal- vino ;

ipv^pòi iirò èhv. E Bacco era rappre-•

sentato con le gote rosse, e come tinte; .

e i Satiri, greggia di Bacco, son riti atti

« dallo stesso Filostmto èpvZftol , nai os-

injnótie. Vermigli in viso, e ca*'! sma- jlj

scel latitisi per le risa ,che tutti i denti

j j

• si potrebbon lor trarre. > ' "’

,*

Pag. i6. V. ay. Il pasfor de Lemene I

11 sig. Francesco de Itemene gentil-

uomo ijodigiano, e celebre Poeto del

nostro secolo , come chiaramente , '.fra

r altre suo nobili Opere ,fa. conoscere

il Libra intitolato Iddio stampato In Mi-lano l’anno 1684. in quarto.

Pag. 17. V. 6. Il purpureo liquor del »uobel colle

La collina Hi san Colombano nel ter-ritorio di Lodi abbondantissima di ogniaorta di frutti, ed in .spezie d’ura e difichi dove il sig. Francesco de Itemenesi ritira nell' autunno. Quivi, tia gli al-tri vini, se ne fa un rosso, il quale daipaesani si chiama Pignuolo

, e per la\ soavità e per la generosità

, secondo il

I giudizio di ess i paesaggi, è creduto pò-t tere stare a tavola ritonda con ogni al-' Irò vino d’Italia.

Pag. 17. V. fz. La VernacciaVendemmiata in Pietrafuta

Parla della Vernaccia di san Gimi-;nano , i pregi della quale son molta>en noti in Toscana.

17. V. 16. Fu^a via dal mio cospettm

Il Chiabrcra :

'V

S" alcun giudice strano

Divulga altra sentenza,la mia presenza^

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3o5Pag. T. 17. E per pena sempre ingozzi

l^in di Brezzi f di Quaracchi e di Pe-retola

Simile è quello che Ermippo citato daAteneo lib. i. fa dire a Bacco, il quale

!

dando pregio di l(KÌe a un ' certo vino'

odorosissimo chiamato Sapria couchiude,'

che di questo bisogna darne a bere nei’

banchetti agli amici suoi; ma a’ nemicivuol che si dia del vino di Pepareto ^

che dovea essere un viu debole e cat-

tivo :

Tovt» ipii irapé^eiv Jtivti* iv x^oij

ToiffiP ipoiai (piXoK xoh; B’ kj(PpoÌi i*^

vtxapiq^x.

E per ap]K>rtare un esemplo d’un modernoautore ; Boileau Satira d. nella liue :

)

Je consens de bon coeur,

ppuzL punir I

ma folie ,

Que tous les vins pour moi deviennent \

vins de Brie.

E veramente il vino di Brozzi, di Qua-racchi e di Pereto)a è vino di vilissimo

prezzo. E questi sou villaggi del pianodi Firenze , in vicinanza de’ quali si

trovano le villale di san_ Domnino e di[

pecore, e tutte insieme proverbialmente|

2o6I

sou dette le cinque terre di Toscena, a)[

distinzione delle cinque terre del (ìeno- '

Tesato , che producono vini mollo pre- (

ziosi. La sentenza data dal Collegio de-,

r gii' Osti in Firenze contro agli Accade^ t

mici della Crusca l’anno ihgS. in una ,

, Cicalata dello 'nferif'tio , fatta in occa- •

sione del solenne stravizzo di detta Ac-'

cadeinia si è questa : t'iiìalmente, dopo

lunghe dispute , riepilogate più d’ unavolta tutte le cose , risolverono , e sen- !

tenziarono , che mai a, ninno di nostra >

brigata , che. capitasse loro alle mani

,

^

non fosse dato altro vino, che di quello

delle cinque Terrai e si cercasse 'anco •

ilei peggiore, e che sapesse di botte, di

secco , di muffa , di le.no , di cuojo ,' di

marcorella ; e fòsse ribollito , e cercone,,

e più fiorito che aprile e maggio, e que-

- sto sotto gravissime pene fu a tutti co-

mandato ,ec. Del resto, il sopraccitato

Ateneo nel lib. io. fa menzione d’ unLeveraggio ilato per pena. E questo era

quando ne’ conviti si proponevano col

vino in tavola gl’ indovinelli : chi gli

scioglieva aveva delle carni un pezzo

di più;chi non gli scioglieva era fatto

ingozzare -un bicobier di vino mescola-

tovi aceto e sale , con chi si marinava-

no i pesci; e lo doveva tracannare sen-

za ripigliar tìnto. Hei' confermazione cita

un certo Antijane nella favola intitola-

la Ganimede, E simili, peue > come il

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Io7• bere una biioil* giiantiti d’acqua, se-

condo Esir.hio> rderilo dal Casaubono

- lib: II. caj). ib si doveaii praticare ia

. tal giuoco degl’ indovinelli, dagli -anti-

' chi' chi.imali Griphi. <’ 11 Berni- per una

tal pena di bevanda :' •

Datepili a bere a pasto acqua di vite. T

Pag. 17. . 18. J^in di lìrozzi

Lr' etimologia di bro/zi la somministra

il Ferrnrì. (Uiesti dando T origine della

voce Breda ,colla (piale i Lombardi, e

particolarmente i bresciani chiamano il

contado vicino'ulla città, incidenteinen-

• te viene a dare quella di Brozai, o per• dire , come dice egli ,

di tìiozzo ; per-

ciocché stima, che quando il Villani da

lui a tal proposito citalo nel lib. 9. dice

n. bando campi, brezzi e tutte le filiate

iV intorno , il Villani non abbia voluto

intendere nomi piOprj di VÌllato,«o di

altri luoghi,de’ (piali uno è chiamalo

Campi, e 1’ altro Brozzi , ma abbia vo-

luto intendere campi generalmente col

nome di campi ,e poderi col nome di

brozzi ; il qual brozzi egli origina da

piacdinm, e praedium essendo stato gua-

sto in bradium ; e ne cita gli statuti di

Padova;può esser benissimo stato tras-

formalo 111 brazzo , e poi in brozzi, sio

come ,dico io , da medium , si è fallo

mezzo con moltissime altre voci toscane.

io8nelle quali il <1 si muta in t. Nella s(e»>

sa maniera dunque , che campi nomeappellativo, e comune a molli si è fat-

to nome proprio di luo»o particolare,

cosi può darsi il caso, eoe sia avvenutoa Brozzi.

Pag. 17. y. Di PentolaIl villaggio di Peretola è nominato

per gli alloggiamenti di Castntecio nel' i3a5., il qual Castruccio come riferisce

Gio. Villani , a^ldl 4. di Ottobre fecein dispetto e vergogna de' Fiorentini cor-

rere tre pala dalle nostre rnosse injino

. a Peretola. Ma più nominato , e piùcelebre si è

,per esservisi rifuggito e

nascoso nella casa de’ Signori del Benequel Diavolo della Novella , che da Fi-

renze fuggiva la persecuzione de’ suoi

creditori.

Pag. 17. V. 20. E per onta «

11 Bembo nel primo libro delle Pro-

se. E medesimamente tjuadnllo vocePnrì'enzale , onta ,

piarle, ec, Pe-

riol d'Àlvernia, manuscritto di ssfa Lo-

renzo :

Dompna,per cui eu chan

,

Una ren vos dirai

Se l vostr amie deschai ,

Ontas naure e don.

**9Tfaimeric di Belleaot

, manuscriuoRedi:

Onta eu n ai gazanbat ^ « gran despit.

Osservo per passaggio nel nome di que-sto Poeta Nairnerico, che vale Amerigo^che nella lingua Provenzale ad alcunevoci, che cominciano per lettera vocale

era costume di aggiuguere in principio

la lettera n, come per esemplo in vecedi Ugo dicessi Nuc , e in vece di Al-fonso , o di Anfolso scrivessi Nanfos.Vita di Nuc di Sam Sire: Pois cn Ca-talogna, et en Aragon, et Espugna colbon Rei Nanfos de Lion. Vita di Nai-

merico di Pepugnan : Presentollo al ReiNanfos de Castella. Quindi è , che ser

Brunetto Latini nel Tesoretto , secondola maniera Provenzale :

Esso Comune saggio

Mi fece suo messaggioAir alto Re di Spagna ,

Cli' era Re d"Alamagna ,

E la corona attende ,

Che Dio non la contende \

Che già sotto la lunaNon si trova persona ,

Che per gentil legnalo ,

Ne per alto bamoggtoTanto degno ne fosse.Con» esto Re Nanfuse.

Redi, Opere, Voi, I, *4

aioE Giovarmi T'emani lib. 7, 102. LasciòRe tfAragona Namf'us suo primogenito.

E appresso: Con tutto che'l detto Narrt-

fus vivette. poco , e succedette il reameal Suo fratello Giamo.

Il Boccaccio usò ninfemo per infer-

no : nahissare per abissare , il che fu

osservato ancora da Franco Sacchetti', e

Giovanni Villani con Ricordano Male-spina disse Santa Maria Nipotecosa ia

rece di Santa Maria Ipotecusa : se pe-

rò co’ migliori e più eruditi Antiquarjon si volesse affermar quello che que-sti due autori scrissero , cioè che la

chiesa di Santa Maria Nipotecosa fosse

veramente edificata in Firenze da’nipoti

di UQ tal Cosa degli Adimari

,

da cui

ebbe origine 1’ antica famiglia de’ Cosi

consorti de’medesimi Adimari. E se be-

ne nell’ alto del muro della cantonata

di essa Chiesa si legge a grandi lettere

questa inscrizione: àyia papié, inrore-

nwffa, nulladimeno per non esser tale

inscrizione d’ incavo , ma di scrittura ,

verisi mi I mente , anzi senza dubbio si

può credere più moderna del titolo del-

la Chiesa , e forse inventata da alcunmoderno , che non arrivando a sapereil significato di quel vecchio nome Ni-potecosa l’abbia voluto far apparire dal

Grec > vxoTS xovea

,

che in latino si ren-

derebbe aggiustatamente puerpera. Maper tornare alle voci, che nel loro prin-

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1

211cipio hanno la giunta della lettera n

,

osservo, che questo vezzo era talvolta in

uso nell' aulica liugua Merboiiese, o di

Linguadoca. Nell' aulico libro, che si

conserva nell' archivio principale di To-

losa ;delle Lostitazioni delLi Giojcz, ov-

vero Premio ìT amore , compilato daGtujUel'no V/o/<«ier Cancelliere di esse

Costituzioni , e citalo da Pietro FabroAgonist. lib. 2. cap. 4. al capitolo di quellibro , che ha per titolo : Cui , so es , a4jui deu hom juejar , e donar joja

; tro-

vasi la voce nauta in vece di auta ,

cioè alta, E si hom troia dos; o mays

dictatz ayssi netz la un, coma C autre\

deu hom attendre, et gardar qual es demelhor , et de plis nauta > sentensa , et

am mais bos motz, et notables. Appres-

so gli Sgagnuoli 1' arancia ^uasi da un

latino aurantia non si dice in altra ma-

niera , che naranja. Il dottissimo ed eru-

ditissimo mio amico slg. Anton MariaSalvini saggiamente va opinando , che

r origine dell'aggiunta della lettera n ai

nomi proprj possa esser tale, cioè, che

dicendosi don Amfus, come si trova in

Giovanni f^illani lib. 7. cap. 124. Clic

,promise a don Amfus Re rtAraona

,

che, ec. E lib. g. Prilla di Chiesa, cheera assediata da don Amfus-, e dandosi

universalmente il titolo di dompno

,

ov-

vero di don dagli Spagnuoli, e da' Ca-talaui a' principi , a' conti e ad alti i si-

Bjsgnori , non larebbe gran fatto

, cbe la

lettera n raddoppiata in Donnarnfus, e

, Donnaimeric, ed in altri, toltone via il

don fosse rimasa al nome semplice Am-. fus, Aimeric, come appiccata ; e quanto. a’ nomi appellativi può benissimo, come

egli pur dice , essersi distaccata dalla

preposizione in , e aggiuntasi poscia al

nome, rimanere attaccata con esso, co-

me per esemplo , da innabissare fattosi

nabissare

,

e quindi nabisso. E da in in^

femo può esser nata la storpiata voce

ninfemo. E nauta per alto nel soprac-

citato libro Tolosano può essere stato

fatto dal verbo ennantir usato da’ Pro-venzali, che vale lo stesso che innalza-

re^ ovvero altire

,

come disse Guido. Giudice nelle Rime antiche del testo a

penna di Pier del Nero citato dal Vo-cabolario della Crusca. Arnaldo di Ma'

• raviglia :

Per ennaUr 'Giostre cor, e ondrar,

A VOI mi rend ; c om mielz non pot

amar.

Pag. 17. V a3 . Del vecchierei Sileno

Sileni erano detti generalmente tatti

i Satiri attempati, come afferma Paùsa-

nia, forse dal primo Sileno, cbe tenne-

ro gli antichi essere stato balio e pre-

cettore di Bacco , e secondo cbe scrive

Pausauia paiiayejfói, col qual

- ***'> Vtòme eraho chiamati i Servi, che aveaa

cura di allevare e d’ instruire i padrooi

• giovanetti.

Fag. 17. V. 3o. Bestemmia' Bestemmi», oltre il significato di at*

• tribiiire empiamente a Dio quel che

non si conviene ,ovvero di rimuovere

• da lui quello che a lui conviene, signi*

^ fica altresì in lingua toscana biasimo ,

• detrazione ,maldicenza , imprecazione e

*• maladizione. Gio. Batista Gelli, Capr.

Boti. car. 180. Lasciti però tu tanto of-

• fuscare dalC ira, che tu bestemmi gli an-

t ni, ed il tempo come tu fai! Vanto di

• Rinaldo da Mont'Albano ,manuscritto:

Bestemmiava Gano , e lo giorno in lo

quale ebbe nascimento la setta Maganezese. Nel Cicalamento di Maestro Bar-

tolino dal Canto de'Bischeri-, In questa' lingua il canchero è bestemmia , e nonè vivanda. In tal significato di maladi-

zione , r usano i Napoletani frequente-

mente. Nell* introduzione del Cunto,jÌg i

li Cuii^ Sto Prencepe è cfnamato Tad- \

deo ,10' quale pe na jastemma de nd ì

Fata , avenno dato T utema ntano a lo '

Quatro de la vita , è stato puosto dintoj

una sebetnfa-, e appresso; Io pe vedere^

me dileggiata e coffiata da vuoi , v’ ag-

gio data sta jastemma. Bestemmia vien

proprio dal Greco pXaarpi^iHa. Dal Gre*

co dunque,

che usarono anco i Latini

,più bassi t cioè blasphemiai i TfapoleUnt

iti rerò jatte>n>na

,

e i Toscani antichi

biaslt-mma ; e da biastem»

miare. Nov. ani io. 54- Sicché molti lo

scilifavano quanto più po''cano, e molti'

li biastcmmiavano, e diceano : menatelo

a' fossi , u cani e a lupi; e ap]>re$$o :

E molti il biastemmiavano , e ciascunoflicea la sua. Il Vocabolario porla que-st' ultimo esemplo delle Mov. anlìc. alla

voce hiastemmare, e, come si vede qui, hada dire biaetemmare

,

se però il Vocabola-

rio non seguita in questo luogo il testo

stampalo più anticamente, nel quale si

ha biastemmare , e non biastemmiare ,

come nello stampato da’ Giunti. Tra gli

Aretini, e particolarmente nel contado,

si continua all’ usanza antica a dire

biastimmiare, e biastimmia.

Pag. 17. V. 29. E lo giunga di vendemmiaQuesta otribile bestemmia. 1

Il tempo di vendemmia appresso gli

antichi era tempo di libertà ; e pareva,,

che in quello non si disdicesse il dir \

male , anzi vi usavano assai di licenza, 1

^ nella maniera clic in tale stagione si 1

. usa ancor oggi a Napoli. E da vedersit

il luogo d'O/azio del lib. 1. delle Satire,^

satira 7.

^ag. 18. V. 5 . Che ne' vetri zampilla,

Salta, spumeggia e brilla.

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ai5 t

' Tiptoteo nel Ciclope ^jmao Atenwlllij_u—

E %9tvt ift't^rV'Sri dé-xa^ xianvov (teXai~

ya( (TO|'ó)’o( à(t^i)óra( à(ppà ^pvàiot. l

- Jn bicchier d" edra infuse

Nere stille immortali

,

Ond io vidi fiorir altera spuma.

r

Antifone ne’ Simili disse un bicchiere

.pieno e spumeggiante xXppSf àppi^or.

! Enbolo ne metti tori di Dadi xvÀixa

. vxepaippiiovaaf calice sopraspumeggiante.

Pag. i8. V. 7* E (filando in bel pareggio

. Lf ogni altro vin lo assaggio

Foraggio, lo stesso che il latino com-

. paratio. Alla spiegazione però, la quale

si dà nel Vocabolario a’ Cavalieri di pa-

reggio menzionati da Giovanni Villani

lib. 1

2

. cap. 66. cioè valorosi a ogni pa-

ragone, pare , che se ne possa aggiugne-

. re un altra piu proporzionata , se si ha

punto di risguardo a ciò ,che dittusa-

mente scrive di tal sorta di cavalieri

r eruditissimo Du Fresne nella Disser-

tazione terza sopra l’ Istoria di san Lui-

gi , ove mostra cavalieri di pareggio es-

ser quelli , che sono di gran parentado,

e posseggono nobiltà di sangue e di

schiatta da' Legisti detta generosa. E uo-

mo di alto pareggio , e di basso pareg-

gio prova coir autorità di vecchi romanzi

aiGfran7.e$i non essere altro se non uomo

• di alto, o di piccolo affare; di alta , o

di bassa nascita.

Pag. i 8. V. 22. Capribarbicomipede fami-gita.

Di queste composizioni di parole biz-

zarre e capricciose convenienti a materia

comica e ditirambica se ne leggono presso

gli antichi Latini , e principalmente in

Plauto nel Milite glorioso , e altrove; ed

hanno imitato i comici Greci: ma quel-

lo, che passa tutti è un epigramma à'E-

gesandro contro i Sofisti , Ossuto tutto

di simili parole lunghe un miglio com-

poste a capriccio. L’ epigramma è ap-

presso Ateneo lib. 4« c 8a Giuseppe Sca-

ligero nelle sue Cognettanee sopra Var-

- rone fu felicemente volto in latino:

Siìonicaperones ,vibfissasperomenti,

Manticobarbicoìae , exterebropatinaex

Planipedatqueìucemitui , suffarcinamictif

Noctilavemivori , noctidoìostudii

,

Puìlipremoplagii ,subtelocaptiotricae

,

Rumigeraucupidae , msgicanoricrepL

Hanno voluto imitare questa maniera

alcuni Poeti ditirambici toscani; ma se- 1

minando tali voci non colla mano , macol sacco , son ventiti a perder quella !

grazia , che si studiavano di ottenere. ,

i. vedi Benedetto Fioretti ^ o , come egli^

217volle chiamarsi , Udeno Nisieli nel vo-

lume quarto de’suoi Proginuasmi cap. 35.

36. 3g.

Pag. i8. V. 24. Tutti affoohiam la sete

Il Ronsardo nell' Elegia del Bicchiere

canta , che egli fu inventato per affidar

la noja:

- O foli verre , oserai-je hein dire ,

Cotnbien je t" aime, et combien je iad-mire ?

Tu es heureus;et plus heureus celai.

Qui t'inventa pour noyer nostre ennui.

E altrove :

Il me plaist de noyer ma peine

Au fond de cesU tasse pieine.

Pag. 18 . V. 28. Per ricomprarne poco mu~schio ed ambra

Qui ricomprare vale lo stesso che

comprare una mercanzia col ritratto

deir altra. Orazio :

Vina Syra reparata merce.

Vini ricomprati colle mercanzie soriane*

cioè co’ danari fatti da quelle. In latino

parare e comparare vuol dire compera'

re , comprare. Reparare,ricontprare.

si8Pag. Tg. . 3. Cuntiara

È nome di ogni vaso, ove si tenga la

cuii7.ia preparata con odoii per uso di

profumar l’aria delle stanre. Blla è per

Io più a foggia di catinella di cristallo,

o di porcellana, o di altre tetre nobili,

e più comunemente di quella di Savo-na. Cunzia è voce Castigliana

, e signi-

fica una spezie di giunco di radice lun-

ga, odorosa, molto ben nota a’Semplici-

sti, e conserva in Italia lo stesso nomeCasligliano per esser venuta di Spagnaquesta maniera di profumo, che noi più

che in ogni altro tempo amiamo di sta-

te, non tanto come riconosciuto delizio-

so , che come immagiii.-)to salutifero e

ricreativo del respiro. SI concia la cun-

zia in diversi mMi secondo il gusto, ed

ancora secondo la possibilità di chi vuol

servirsene : ma convengono tutti in que-

sto, che scelgono le più grosse radiche,

le rimondano da quelle minute escre-

j

scenze ,o barbuzze, che gettano intorno

la guisa di peli; poi le ammaccano gen-

tilmente tra due pietre, e a quel mo<Io

i ammaccate ,o lasciandole intere, o fen-

j

dentlole per lo lungo , le tengono per

I molte ore in infusione nello aceto bian-

i co del più forte; cavandole poi, e pro-

t sciugandole cm un panno, le untano o

',di zibetto, o di balsamo nero, o di

jqiiintessenz.e odorose, o di altre confe-

zioni più o meno riccamente alterate

\

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aigéon muschio c con ambra ; ed a quel

'

‘ modo preparate le pongono nella cun- ì

1 ziera a suoli a suoli, spolverizzando lar>[

gamente ogni suolo col belgivino, o con '

altre varie polveri odorose, come di spe- !

zierie ,di buccheri di Eslremoz , di le-

j

gni aromatici , e ancora di pastiglie rioj

che da fuoco ; ed il tutto ricuoprouo

,

con aceto bollente , o almeno caldo !

quanto lo può comportare il vaso , ài ì

qual vaso immantinente lo cuoprono

coÈr~gran diligenza, acciocché non isva-

- .pori , e non lo scuo))rono finché non sia

TOn raffreddato: quindi a misura «he'

l’aria va becndosi di quello aceto, ne

rinfondono dell’altro, acciocché la)

sia stia sempre coperta ; e non solamen-,

le rinfondono del puro aceto , ma del '

profumato^’ o..'con infusione di fiori, o

con varie decozioni odorose , non man-

r.cando di quelli , che, per fin^entiUre

l’acutezza di esso aceto, lo tagliano di-

scretamente cun acque di fiori stillate ,

ed il lusso è tant’ oltre pervenuto, e per

così dire a tanta superstizione , che al-

cune delle più principali dame voglio^

no , che 1’ acque de’ fiori sieno stillate ,

nelle campane di oro , ovvero colla j

nuova invenzione del reticino. i (

Pag. 19. V. i 5 . Odor, che a^uagU il gran’-

de odor del vino \

Il Ronsardo afferma il sole odcre dell

230

j-vino farlo un brarìssimo intenditore dei

' "Versi d’Omero,

il qual Poeta,

perchèloda tanto il vino, naosira che fosse un

• buon bevitore. 1 versi del RonSarcìo* sono :

' Jo , je Tentens , chere troupe :

‘ ZjO seu/e ofitfur de cette coupéM'a fait un rapsodo paillard,

I Pour bien entendre ce vieillard.

E veramente l’odor del vino è lodato

gentilmente da Omero nell’ Ulissea , co*

me altrove ho acceunato.

Pag. 19. V. 19. Celabro

E voce antica ; ma ne’ bisogni 1’ han-no usata ancora i moderni

, tra’ quali

Mons. AzzoUni nella famosa Satira r

I

Perchè la voce , che- va intorno è que-

sta ;

t Ch' allora ti svani tutto il celabro

,

Quando Minerva ti scappò di testa,

\

Pag. 19. V. zy. Perchè a berne sul popone- Se de’ nostri poponi, e della dolcezza

loro avessero notizia gli antichi Greci e

Latini non è cosi facile lo affermarlo

con certezza, ed è stato in controversia

' tra’ litterati. Tra’ mamisci itti della mialibreria conservo uii erudito Tiattatello

latino intorno ad essi poponi, compilato

S2(

da Alberto Rimbotti celelire medico' Fiorentino. Nel cap. i6. e i8. afferma

quest’ autore , che sul popone si dee ber

vino generoso, puro e fresco; e lo con-

ferma con molte ragioni , e con molte

autorità. Qticsto Traltatello meriterebbe

di essere dato in luce colle stampe.

Pag. ig. V. 3i. Stare a tavola ritonda

Maniera proverbiale nata dall’ antico

Romanzo di questo titolo, che si con-

serva manuscrilto nella libreria di san

Lorenzo ,in cui si legge , che due sono

state le tavole ritoude, una del Re Uter

Pandragone ,1’ altra del Re Artù: que-

sta si chiama la nuova ; e quella la

vecchia.

Pag. 20 . V. 12 . Alto dominoCosì Tarquino per Tarquinio diceva-

no gli antichi. INel contado di Firenze

è rimasa la voce dimlno, Xa qu^l^iqlatrovo nell’antico Libro della cura delle

malattie, in alcuni Poeti antichi, e nel-

la Tavola Ritonda citata dal Vocabola-' rio; e nella Tavola Ritonda venne forse

dal Franzese domaine,vedendosi chia-

ramente essa Tavola essere traslatata dal

Franzese, imperocché vi si trovano mol-

te voci di questo linguaggio, come per

esempio la pitetta Brettagna per la pic-

cola Brettagna , e trinciar la testa per

tagliar la testa, ec.'

sxtl^ag. 20. T. x3. Tja ru^ada di r>thino .

Pindaro oeU’ Oliianiade <ptó,Xa,w \

sajff'Air X(S^ ^Aor^(;(Otty opàcso, vaso bpumeg- !

filante [CI la rugiada delia vite. £oi~ i

ìeau sat. d. i

\

Et le vin en rubis brilloit de toutetj

paru.I

Pag. 20. V. 3 i. Mi sollevo

^ovra i gioghi di Permesso

Bacco ha che fare ancora in Parnaso ;

Catullo nelle nozze di Peleo :

Stoepe vagus liber Parnassi vertice sommoThyadas effusis evantes crinibus egit.

Lucano ebbe a dire di Parnaso :

Mons Phaebo , Bromioque sacer.

E il vino è detto cavallo del Poeta ^

perchè lo fa alzare, e sollevare nella

poesia. Nell' epigramma Greco della An*tologia , citato ancora da Ateneo^ efatto sopra Gratino poeta della vecchiaGreca commedia, il.quale era gran be-

i vitore:

I

Olvot^ Tot ji^apitvTt fciXst ftéya( txxofàotiiè.

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223

D» Jone Chio poeta appres»o lo stesso

Ateneo il vino fu nominato àepnxvvf

quasi sollevante gli spiriti. Il cnncuisi'

di vino ,essere un sollevare la fantasia i

lo afferma Ronsardo nell’ inno sopra '

Bacco :

Par toi. Pere, chargis de ta douce am-

brosiej

Nous elei->->ns au del f humaine fan- |

tasie I

Portès dedans ton char .... 1

Pausania nelle bellezze del paese Laco*

nico racconta , che gli Amiclei sopran-

nominavano Bacco ypiXav , e i Dorici

dicono alle penne: volendo signi-

ficare con questo soprannome di penna,

o pennuto che Bacco ,cioè il vino , è

un dolce incarico, che solleva le menti

degli uomini, in quella guisa che fan-

no le penne agli uccelli.

Pag. 21. V. r. Che preUndo, e mi do vanto

Gareggiar con Febo isteuo ,

Il vino mette un cieco amore di loro

stessi negli uomini, e gli rende vanta-

tori più assai del dovere. Orazio nel-

l’ode a Bacco:

.... saeva tene cum Berecynthio

224Coma tympana , tfuae suhsequitur cae-

cus amor sui,

Attollens plus nimio gloria verticem.

Nel convito di Senofonte i convitati si

vantano chi d'una cosa, e chi d' un’ al-

tra ,facendo per così dire , una spezie

« di siuoco : e Platone nel Cratilo, comeanche osservò Ateneo lib. i. poco dopoil principio

,pone che il vino , oifog '

• sia cosi detto, quasi òtófvt

,

perciocchéci empie la mente di falsa stima di noi

\medesimi , la quale stima da' Greci di-

' cesi Che perciò i briachi non la

cedono ad alcuno; tutto il mondo è lo-

ro. Addis cornua pauperi, disse Orazio ;

e Anacreonte di se stesso IIavo ì’òkov-ta !>vpS, Graziosissimi sono i vanti in-

trodotti nel convito di Senofonte , comeproprj della mensa, e del vino.

Pag. 2f. V. 8. E più grati di quel cK è

Il buon vin di Gersolè.

Per osservare il costume antepone la

soavità de’ suoi versi a quella del vino

di Gersolè. Pel contrario il Caprajo di

f Teocrito nell’idilio i. volendo lodare il

canto di Tirsi, lo antepone alla dolcez-

I

za dell’ acqua :

\ Adtot o xMpàr

,

TÒ jeòv pliof

,

^ tò' xara^es'

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2>5T^/ «orò ró^xétpa^ Kona^ei^evat vtj/o-

Ste9 idop.

E parimente san Paolino vescovo di

Nola a Joviano :

Tane te divinum vere memorabo Poe-tam ,

Et quasi dulcis aquae potum tua car^

• mina dicam.

Pag. 21. V. (). Gersolò

San Gersolè è una villa poche miglia

lontan.a da Firenze in vicinanza deirim-pruneta, ed è cosi detta dal nome della

chiesa della stessa villa, che è intitolata

san Giovanni in Gerusalemme di pa-

dronato della nobile famiglia de' Ghe-rardini. Gli abitatori del contado stor-

piano facilmente, e corrompono i nomi;

quindi avviene , che la chiesa di santa

Maria in Coeli aula della diocesi Fio-

rentina la dicono Cilicciaulii san Gerva-sio fuor delle mura di Firenze san Cen-

bugio; il monte di santo Lucio presso

Artimiuo san Talluccio ; san Cajo sanGaggio

; sant'Ansano sanU» Sano ; san-

t’El igio, ovvero Aloeo santo lò\ il bo-

sco di san Luxorio in vicinanza di Pisa

san Rossore. Troppo lungo sarei, se vo-

lessi allungarmi in cosi fatta materia

,

essendo sempre stato, per cosi dire, do*

Redi. Opere, Vol. I, 1 5

aa6stino delle tocI , é particolarmenle di

quelle de’ nomi pioprj, Tessere storpia-

te stranamente,quando passano d' ana

lingua in un'altra.

Pag. 21. V. IO. GhirondaLa Ghironda è uno strumento musi-

cale , che si suona coT girare una ruo-

ta, e da quel giramento ha preso il

nome di Gironda, o Ghironda, secondoT opinione del sic. Egidio Menagio nel-

le Origini della Lingua Italiana. Oggi

è poco in uso , e si vede solamente ia

mano de' pitocchi oltramontani.

Pag. 2 1 . V. II. CennamellaStrumento musico, che si suona colla

,bocca. In alcuni luoghi di Toscana, e

particolarmente tra gli Aretini dicesi

Ciaramella. Ciaramella parimente disse

l’autore della vita di Cola di Rienzocap. 25. Ora ne mengon buffoni senza

fine , chi sona tromme ,chi cornamuse,

chi ciaramelle, chi mesi cannoni. Dal

tuono e dalle voci di questo strumentoehhe forse origine il verbo ciaramellare,

che significa cicalare con avviluppamen-to di molte parole. Tra gli antichi Pro-venzali caramelar vale lo stesso che so-

nare la cennamella. Plella GrammaticaProvenzale del testo di san Lorenzo :

Calamela fstala canit. E nelle cliiose

Piovcnzali dello stesso testo Caramelar,

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237eum JUtiilis eanere. Ne* più vecchi rima*tori franzesi si trova cìialemel^ e chaU-melle. Ovid. manascritto:

Puis prent fresteaux, et refresielle ^

Et c/ialemaux,et chalemelle ,

Et tabour,et fleutt.

E ivi medesimo:

Li chalemel de comovaille.

Il dottissimo sig. Du Fresne dopo aver

Jorlati dae esempli di challemelle

,

ei challemie del Romanzo manuscritto

in versi di Bertrando du Guesciin, scris-

se , che Dante nel 22. dell’ Inferno di-

cesse cannamella , e non cennamella.

Può essere , che nel Glossario sia errore

di stampa ; imperocché Dante disse cen-

namella , e non cannamella , siccomedissero ancora tutti quanti quasi ^li al-

tri autori toscani. Ho detto quasi tutti

gli altri autori toscani, perchè ve ne fu-

rono di quegli, i quali dissero cemba~nella , e tra questi Bernardo Giambul-lari nella Continuazione del CirifFo Cal-

vaneo lib. 2. stanza 228. del mio testo

a penna :

Tante trombette e sveglie e cembanelleE tamburacci e nacclteroni e comi.

E Antonio Alamanni , rim. buri.

Sonando cornamuse e cembanelle.

»

Benedetto Varchi disse cemmanelle nel-

rErcolano a carte 267. Ne i cembali^

ec. ne le cemmanelle,che si picchiano

r una coir altra. Qui però debbo av?er-

tire , che le cemmanelle del Varchi so-

no strumenti totalmente differentissimi

dalle cennamelle de’ soprammentovatiautori.

Pag. 21. . 17. Un ceìeno ^

eli è velen d"almo liquore

Gajo Giureconsulto lib. 4. ad LegemdiHvderim Tabnlarum, ne’ Digesti al tlt.

de vei'horum siguificatione alla legge 226.

Qui 'venenum dicit , adjicere debet ,

utrum malum , an bonum ; nani et me-dicamenta 'venena sunt

,quia eo nomi-

ne ovine continetur,quod adhibitum

naturam ejus , cui adhibitum est , mu-tai : quian id quod nos venenum appel-

lamus , Graeci pdppax»» dicunt;apud

illos quoque tam medicamenta,quam

quae nocent , hoc nomine continentur ;

unde adjectione alterius, nomine distin-

ctio Jit\ admonet nos summus apud eosPoetarurn Homerus

; nam sic ail :

fbippuxa, iToA^à pÈv ècr^Xà, pepiyuétfa ,

7ioÀ,?à, di Xvypd.

DigilizcQ b;

229Negli epigrammi Greci lib. 2.

A^Àa, (UH mdx^oio ^tXtjdofov Svrve tmna*Touto YÀp ejTt xaxàv (pap^axav àrzi-

doTOV.

Chiama qui il giocondo liquore di Bao>co un farmaco antidoto

,cioè un vele-

no buono contro a’ mali, e agli affaniii.

Nel libro della cura delle malattie :

Perchè si ee il vino uno ottimo veleno• contro V veleno di simili funghi.

Pag. 21. V. 22. Già nel bagno tf un bic-

chiere

Orazio lib. 4. od. 12.

non es'o te meis

Immunem meditor tinguere poculis.

' Tinguere, OTvero tingere nel latino èpropriamente bagnare ; onde i battezzati

da Tertulliano son detti tincti ,colla

qual parola volle esprimere la greca

pt5ax7lonirot

,

tulTati, bagnati. Virg. 3.

Georg.

Quid tantum Oceano properent se tin-

gere soles

Hibemi

l^aonde Orazio quando disse meis tin-

g7tere poculis è come $e avesse detto

tuffare , bagnare nel bagno de’miei bio.cbieri. E bella la fantasia del Ronsar-

• do ,ì\ quale per dare una lode grande

al suo bicchiere , dice , che crede asso-

lutamente , clic Bacco fosse lavato ia

' quello, allora che sua madre tocca dal

fulmine si sconciò , mandandolo fuora

intriso di sangue , e pieno di polvere

della saetta ; e che da quel tempo iaqua essendo rimasa nel bicchiere qual-

.che scintilla

, e avanzo di quel fuoco

,

metta in chi vi si attacca una voglia' inestinguibile di bere :

Qite dirai piasi par esprtuve je croi,

Que Bachus fot jadis lavò dans Coi,

Lors que sa mere atteinte de la foudre^

En avorta, plein de sang et de poudrviEt que des lors quelque reste du feu

j

Te demoura ; car quiconques a beu' Un coup dans toi , tout le tans de sa

f'vie

j

Plus i reboit,plus a de boire envie.

Pag. 21. v. 23. Arianna idolo amato ^

Mi 'vo' far tuo cavaliere ,

Il Boccaccio nella Novella del Re\ Piero, e della Lisa: Vogliamo, che co~* lui prendiate per marito , che noi vi da-’

remo , intendendo sempre , non ostantm

questo f vostro cavaliere appellarci.

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aS*Pag. a I . V. a5. Cavaliere sempre bagnato

Allude airaulicliissima milizia de'Ca*

valieri Bagnati. Di questa stessa volle

intendere il Medico appresso il Boccaodo nella Nov. y. della Giom. 8. quan-do da Bruno , c da Buffalmacco gli fa

detto: La contessa intende di farvi ca-nralier bagnato alle sue spese. Per intel-

ligenza delle ({uali parole scrissero Pin-

frascritte notizie quei val^tjjomjxiii eh®dal Serenissimo Granduca furono depu-tati alla correzione del testo del Boc-caccio l’anno iSyS. .nelle loro douissi-

me annotazioni. Erano dunque allora i

cavalieri bagnati i primi in onore, e si

dava questo grado con grandissima pom-pa , ec. Perchè v' intervenivano cirimo-

nie assai, e bilie, e pregne di regole e

costumanze cavalleresche : e di questa

la prima era che in un bagno per que-

sto solennemente apparecchiato in chie-

sa erano da altri cavalieri, bagnaci,

che erano i patrini in quesi atto , e di

quindi tolto lo riponevano in bianchis-

simo letto , con tutte queir altre parti-

colarità, che si leggono nella Novella

di messer Ugo di Tabaria, quando alla

richiesta del Saladino , che n ebbe va-ghezza , lo fece , secondo questo nostro

costume , cavaliere : nè ha molto ,che

uscì fuori del cento antico. E Giovan-

ni Ùillani parlando di Cola di Rienzo,

quando fu fatto Tribuno, e fu vicino

i>v GoogUI

a far gran faccende in Roma , e pertutta Italia , scrive , che egli

;ma met-

tiamo he parole sue, Fecesi il dello Tri-

buno far caTalier al Sindico del Popol

di Roma all’altare di san Pietro. E pri>

ma per grandezza si bagnò a Latcranonella conca del Paragone, che v’è, ovesi bagnò Costantino Imperadore , ec. Il

che medesimamente si legge , e pocomenoy che con le medesime parole nel-

le Istorie Pistoiesi. Messer Luca daPantano molto nobile e onorato cava-liere cosi scrisse di se, quando fu fattocavaliere T anno i36i. Il magni ileo M.Pandolfo Malatesta, in nome, e vicendadel Comune e Popolo di Firenze , mifece cavaliere armato in su la porta dei

Priori : e prima la notte dinanzi in sanLorenzo di Lamberto Soldanieri al pontea Grieve , mi bagnò solennemente M.Guelfo Gherardini , e M. Giovanni di

M. Bartoloromeo de'Mangiadori, cc. Mae non fu forse discaro a Lettori, udire

le parole proprie della istoria di Coladi Rienzo , siccome elle sono in quella

lingua Maremmana , o Romanesca an-tica. Allora fu celebrato un solenne ufi-

zio per lo Chiericato, e puoi l’< Micio,

entro nel Vaguo, e V-agnaose nella con-ca dello Imperadore Coslanliiio; la qua-le ene de porfiosissimn par.Tgone : stu-pore enc c|uesfo a (licere: iii<>!l<> fece lalente favellare. Uno cilladiuo di Roma

2.33M. Vice Scuotlo caTalìere li cienze laspada

,puoi se adorni io en un venera-

bile lietto, e iacnue in quel luoco, chese dice le fonti ai sau Janui. E nellaTavola Ritonda

, che mostra T usanzamolto antica. Trist.ino se ne va nellagran piazza della città

, e quivi lo Relo bagna, ec. Fino a qui le annotazionide’ Deputati , alle quali mi sia lecito

alcuni altri particolari esem-pli , che dimostrano c 1’ antichità diquesta Milizia

, e le diverse cirimoniee solennità costumate nel prenderla.Giovanni Monaco di Marmi'nslier nelprimo libro della storia di Goffredo Du-ca di !Norman<lia

, volendo raccontare ,

che Goffredo figliuolo di Fulcoe conte<li Angiò fu fatto cavaliere l’anno 1128.da Arrigo I Re d’ Ingliilteri'a , cosi nescrive : Gaufp-edus , Fnlconis comitis

ude^avonirn,post Jerosolymonim Re-

ffis , ftlins , adolescentiae primaevo florevemans

,quindeeìm annomm factus est,

Henricns primus Re.v y/nglornm vnicamfìliom Icffe conntihii jun^ie affectar

hat. Repia vohintas Falconi in pctitio-nihus sifit innotescit. Ipse Regis pelitio-nem effectui se mancipatunim gratulaneter promisit. Datar utrinque fides , etres sarramentis firmata

, oninem Jubie~tatis scrupulum tollit. Ex pruecepto in~

taper Regis exai tum est a comite , utfUium suutn nondum Militem ad iptam

imminentem Penteeostem Pothomagtmthonorijìce miuertt

,ut ibidem cum co-

aequaevis arma suscepturus , regalibits

gaudiis interesset. Nulla in his obtinen-

dis fuit dijficiiltas. Insta enim petitio

facilem meretur assenswn. Ex imirerio

itaque patris, Regis gener futurus, cum

quinque Daronihus , multo etiam stipa-

tus milite , liotliomagum dirigitur. Rcxadolescentem multiplici affatur alloquio,

multa ei pmpones, ut ex mutua confa-hulatione respondentìs prudentiam expe~riretur. Tota die illa in gaudio etexul-Catione expenditur. Illucescente die al-

tera , Balnenrum usus , uti tyrocinii su-

spiciendi consnetudo expostulat, paratus

est, Post corporis ablutionem ascendens

de Bulneonim lavacro, lysso retorta adcamem induitur, cyclade auro texta

superxestitur , cìdarryde conchylii , et

muricis sanguine tincta tegitur, caligis

holosericis calciatur,pedcs ejiis sotiìla-

ribus in superficie leunculos aureos ha-bentibus muniuntur. Talibus ornamentisdecoratus Regius generi adductns est

miri decoris equus ; induitur lorica in-

comparabili,quae maculis duplicibus in-

texta, nullius lanceae ictibus transfora-

bilis haberetur, Calciatus est caligisfer-

reis, ex maculis itidem duplicibus com-pactis. Calcarihus aureis pedes ejus ad-stricd sunt. Llypeus leunculos aureos

imaginarios habens collo ejus suspendi-

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aS-,

tur. Imposiia est copiti ejus cassis mul-to lapide pretioso relucens

,quae talis

temperaturae erat , ut nullius ensis ictu

incidi tvel falsificari valeret. Aliata est

basta fraxinea ferrum Pictavense prae-tendens. Ad ultimum allatus est ei en-sis de ihesauro Regio ab antiquo ibi-

dem signatus, in quo fabricando fabro-Tum superlativus Galanus multa opera,et studio desudavit, Taliter erso arma-tus Tyro noster , novus militiae post-modum flos futurus , mira agilitate- inequum prosilU. Quid plura ? Dies illa

lyrocinii honori et gaudio dicata^ toUiin ludi bellici exercitio , et pmeurandissplendide corporibus elapsa est, septemex integro dies apud Regem f^ rocinii ce-

lebre gaudium contìnuavit. Da una an-tica cartauecora, ebe si conserva tra le

scritture ael sig. Prior Francesco Setadi l'isa , ho copiato il seguente narra-mento dell’ Ordine di Cavalleria, che fadato nella città di Arerzo ad un tale

lldibrando Giralasca a spese del Comu-ne e popolo Aretino.Cum Domino. Anno 1260. die octava

Aprilis in Consilio generali congregatomore solito

, ad sonum campanac , ettubarum

, Domini Domini constituerunt,quod secando Dominica mentis Alaj fa-ctus esset Miles ad expensas publicasnobilis

, et fortis vir Ildibrandus vocatusGiratasea. Venta igitur die secundi Sa-

l?(>

hatl mensis Maj valJe mane praefatut

nohiìts , et strenuus vir lldibrandus be-

ne ,et nobiliter indutus citm magna

masnada suorum ingreditur Paìatium ,

et juravit Jtdelitatem Dominis Dominis^

et Sancto Protectorì civitatis irretii in

manits Notarli , et super sanata Deievangelio : postea honorifìce ivit ad Ma-trem Ecrlesiam , ut hahe.ret henedictio-

nem, et prò honnre ejus adfuemnt se.c

domicelli de Palatio , et sex tibicines

de Palatio : in bora prandii fuit adprandendum , ex deliberatione Domino-rum , in domum Domini Ridolfoni. Proprandio fuit panis et aqua et sai , se-

cundum legeni mHitiae, et commensales

fuerunt cum eo dictus Ridolfonus , et

duo eremitae Camaldulenses ,quorum

senior post prandium fecit illi sermonem

de opificio et obligationib s Militis. Post

hoc lldibrandus ingiessiis est cubiculum,

in quo stetit solus per horam unam, et

postea ingressus eit ad eum Senex Mo-

nachus sanctae Florae ,cui devote et

burniiiter confessus fuit peccata sua , et

accepit ab ipso absolutionem ,et fecit

poenitentiam impnùtam His peractìs in-

greditur cubiculum barbitonsor, qui con-

cinne caput, et barbum ejuK ruravit, et

postea ordinavit omnia,quae necessa-

ria erant ad Balneatinnem. Rebuf sic

stantibus ex deliberatione Dominorivn

venerimi ad domum Ridolfoni qualuor.

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strenui Milites Andreassus JUius Mani-buetini ,

Albertus Domif^ianus , Gilf're-

dus Guiduternus , et Ugus de sanato

Polo cum masnada nohilium Domicel-

lorum , et cum turba Jocularium, Me-

nestretiorum et Tihìcinam. Andreassuset Albertus spoilaverunt Ildibrandutn ,

et collocaverunt eum in Balncuni-,

()il~

fredus aiitem Guidotemus , et Ugus desancto Polo dederunt illi optima do tt-

menta de munere,et officio novi Mdi-

tis, et de magna dignitate. Post horamunam Balnei positus fiuit in ledo man-do in quo lintea eranC albissima et fi-

nissima de mussali ; et papiho et alia

necessaria lecti de drappo serico albo

erant. Permansit Ildibrandns per horamunam in lecto , et cum jam nox oppro-

pinquaret , fiat mest tus de Mediaianaalba cum caputio

,et fuit cìnctus cirv

ctara coriacea, òumpsit refectionem e.v

solo pane et aqna ; et pnstea cum Jti-

dol/òno, et quaCuor supradictis ivit admatrem Ecclesiam, et per tutum noctemvigilavit in cappella

,qtme est a mams

dextra, et oravit Dcnm

,et Sanctissi-

mam Matrem Pirginem , et sanctumDonatum , ut fanercut eum bonum rni-

litem , honoris plenum et justum. Aditi-

terunt illi per totam noctem cum ma-gna devotione duo sacerdotes Ecclesiae,

et duo clerici minorcs ;item quatuor

pulcrae , et nobiles domnieellae, et qui*-

238cuor nohiles domnae stniores nobiliter

indutae,quae per totam noctem orave-

runt Dcurn, ut haec Militia esset in ho-

norem Dei, et Sanctissimae Matris ejus

l^irginis , et sanati Donati, et totius

Sanctae universalis Ecclesiae, Ridolfo-nus , et quatuor ahi suprudicti iverunt

ad dormiendum ; sed ante auroram re-

dierunt. Orta jam aurora Sacerdos be-

nedixit gladium, et totam armaturam agalea usque ad solerettas ferreas\ posteacelebravit Missam, in qua lldibrandus

accepit a Sacerdote humiliter, et curri

magna devotione sanctissimum et sacra-

tissimum corpus et sanguinem DominiI^ostri Jesu Christi. Post hoc intiilit Al-tari unum magnum cereum viride , et

libram unam argenti honorum denario-

rum Pisanorwn-, item obtulit prò redem-

ptione animarum sancti Purgatorii li-

bram unam argenti bonorum denariorum

Pisanorum. His peractis portae Eccle-

siae apertae fuerunt, et omnes redierunt

in domum Ridolfoni , in qua domicelli

de palatio nohilem ,et divitem refectio-

nem praeparaverant ;ponendo sopra

unam tabulam magnam, magnam quan-

titatem trageae , diversa genera tartara-

rum, et alia similia cum optima Guar-

naccia et Tribbiane. Facta refectìonm

lldibrandus ivit aliquantum ad dormien-

dum. Interim cum esset jam bora rede-

undi ad Ecclesiam, novus futurus miles

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289surrexiù e ledo , et Jiu't indutus emdrappis omnibus albls sericeit cum cin-

Ctura rubra auro distincta et cum simili

stola. Interim Tihicines de pulutio, et

Joculares et Menestr ìii tangebant suainstrumenta ;

et canebant varius stam-

pitas in laudem MUiiiae, et novi Juturi

Mihtis, Postea omnes iverunt ad ma-trem Ecclesutm cum magna turba mili-

tum , et nobihum 'domiceUorum, et ma-

gna (fuantitate plebis voaferantis T'^ivat

Vivai. In Ecclesia incepiC Mitra ma-gna et solemnis. Ad Evangelium teruie-

runt enses nudos, et elevatos Ludovi-

cus de O.'lomeris , Antonius a Mammi,Cercaguerra illorum de Conoolis , et

Guilletmus Miserangeschi. Post Evan-gelium Ildibrandus juravit alta voce ,

quod ab illa bora in antea foret Jìdelis

et vassallus Dominorum Dominorum Co-

munis civitatis Arretii, et sancto Dona-to. Item alta voce juravit

,quod jujcta

suum posse defenderet semper Domnas ^

Domnicellas,pupillos , orplumos et bo-

na Ecclesiarum conira vim, etpotentiam

injustam potentium homimim, et cantra

illorum gualdanas ju-rta suum posse.

Post hoc Amphosus Busdragus cinxit

Ildibrandum calcare aurato in pede dex-tro ; et D. Testa dictus Lupus cinxit

eum calcare aurato in pedo sinistro.

Post hoc pulcra nobilis DomnicellaAlionora Jìlia Berengherii gladmm illi

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cinxit. Postea Ridolfonus de more de~dii Uli Gaatatiiìii

, et dirÀt Hit : Tu esMiles nohilis Militiae equestris, et haecGautata est in recordationem illius, quite armavit militem

, et haec Gautatadehet esse ultima injuria, quam patien-ter acceperis.

Finita celebratione sacrosancti sacri-

Jicii Missae , cum tuhis et tympanis re-dierunt omnes ad domum Ridolfoni.Ante portata D. Ridolfoni stabant duo-dccim pulcrae et nobiles domnicellaecum guimaldis de floribus in capite te-

ncntes, in manibus catenam ex floribuset herbis contextam, et hae domnicellaefacientes serralium nolebant

,quod no-

vus miles intraret in domum Ridolfoni.

Tiovus autem Miles dono dedit illis di-

vitem annulum cum rosa aurea, et di-

uùt^quod juraverat se defensurum esse

domnas et domnicellas; et tane illae

permiserunt illi ,ut intraret iri domum ,

in qua a dornicellis de palatio magnumprandiutn paratum fuerat, in quo multirnilites et seniores sederunt. In medioprandii Domini Domini miserunt divitem

donwn novo Militi, scilicet duas inte-

gras et fòrtes armatnras ferreas, unarrt

albam cum clavellis argenteis, alterarn

vitidem cum clavellis et omamentis au-rata , duos nobiles et grandes equosAlemmanicos unum album, alterum ni-

grum\ duos roncinos-, et duas nobiles et

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»4«omacas vestes armaturae superìmponen-

das. Inter prandendum projecta fuit eja

Jènestru ad populiun , qui erat in sura^

ta , magna quantitas Irageae , multi par

nes mustacei, multae gallinae et pipLo-

nes , et magna aucarum quantitas i un-de magna, et incredibili! laetitia in to-

ta illa centrata erat : et populus excl»mabat Vivai Vivati orabat, utfrequer»tius haec festivitas fieret^ cum jam es-

seni plures quam vigirUi anni, quod fa-età non fuisset. Post prandium nova*Miles Jldibrandus armatura lUa tota

alba,quae benedicta fuerat in Missa

ad auroram, armatus juit, et cum eoarmati fwrunt multi nobiles Aomines.

POStea Ildibrandus ascendit in equumalbum , et ivit ad platea/n positus in

medio a JLuchino Tastonis supranominedieta Pescolla, et a Farolfo Catenac-

cio vacato Squaràna cum omatis scu-

tiferis lanceas, et scutos deportantibus.

In platea praeparatum erat magnumtomeamentum ,

multaeque domnae et

domnicellae in fenestris erant, et multaturba populi in platea. Sex Judices tor-

neamenti fuerunt Bmnus Bonajutae »

Naimerius de Totis , Ubertus de Pai-miano dictus PoUezia , GuidoguerraMontebuorms, Bertoldus oìim Cenci vo-

catus Barbaquadra , et Nannes de Fa-talbis vocatus Man^abolzonus. HasHlu-

Redi. Opere. Voi, I, i6

*4»dium prius factum fut de torpore odcorpus cum lanceis absque ferro acuto ^

sed cum trappellis obtusis, in quo no-

vus Miles bene, et fortiter se gessit, etcucnrrit primo de corpore ad corpuscontea Jacobum a domo Bovacci , se-

cando contra Inghilfredum Gttasconissupranomine orucatum Scannaguelfos ,

tertio contra Qodentium Tagliaboves,Postea flit factum tomeamentum cumevaginatis ensibus

, et res fuit pulcra etterribilis, et tanquam vera guerra esset,

et per gratiam Dei nihil mali, ve! dam-ai accidit , nisi quod in bracchio sini-

stro leviter vulneratus fuit Philippus iì-

lorum a Focognano. Magnam autem vi-

rilitatem monstravit Pierus Paganellus ,

cui rum ex ictu ensis projecta esset ga-

lea de capite ,et remansisset cum capi-

te nudo , et absque birreto ex maculis,

noluìt tamen ex tomeamento exire , uthnneste poterai ; sed intentus ad beneagendum , et ad gloriam acquirendamscuto cooj>eriehat caput suum, et in ma-jori folta pugnantium sese immiscebat.

jdppropinquante jam vespere cum magno’ strepita tubarum indictus fuit finis tor-

neamenti ; et Judices primum premiumdederunt novo Militi , secundum Piero

Paganello, tertium Fico de Pontaneto,qui corren: de corpore ad corpus cumToniaccio illorum de Bostolis ,

lanoeaillum de equo projecerat, licei multi di-

"Dipizod by Coogic

243eerent, quod hoc non fuit ex deferta

Coniarci , sed equi ipaius;tarnen To~

niaccius de Boslolis non potuti sese exi-

mere quin depertaretur in barella deri-

soria facta de fusUs. Novus autem !di-

les swim premium dono rnisit per duos

omatos srutiferos nobili^ et pulchrae

domnieellae Alionorae,quae in Eccle-

sia cinxerat ipsi ensem militiae, et prue-

mium fuit unum braeiuni de drappo se-

riceo vermiculato. Post hoc, catti jamesset nox alta, novus miles lldibrandus

curn quant tate luminatium, et cum tu-

bis et buccitiis rediit in domum Ridol-

foni ,ubi caenavit cutn atnicis et con-

sattguitieis , et post caenam distribuit

honorifica mutiera Eidol/ono ,et omni-

bus illis.qui aliquam operum praestite-

runt. Habuerunt etiam sua munera do-

mnae et domnieellae,quae in nocte vb

giliae Ildibrando abstiterant , etc.

Haec scripsi ego Pierus Jìlius Mattel

a Pionta clericus anno aetatis meae òo.

qui vidi aliam similem solemtiitatem

,

quando anno millesimo ducentesimo, et

quadragesimo donino Papa Gregorio se-

dente , et dornno FrUlerigo imperatore

Serenissimo Imperante, Jactus fuit Mi-

les Corradus Masnaderius in Ecclesia

sanai Pieri ; sed illa solemniias non

fuit tam magnifica, quam fuit ista do-

mini lldibrandi,quae vere fuit magnifi-

eentissima ,etc.

/Deìlii «egnente scrittura che racconta

come in Firente furon falli cavalieri

Giovanni e Gualtiei-i Pancialichi ne so-

no stato favorito dal sig. conte Lorenzo' Magalotti t

che ne conserva copia in

un libro di diverse scritture antiche

raccolte da uno de* suoi nobilissimi an-

tenati.

i388. die 25. Aprìlis i388. presenti-

hus ser Dominico , ser Salvi , frate

Geòrgia.

Dominifecerunt Sinàicum ad tnilitiam

domini Joannis de Panciatichis et Gual-

tieri Jìlii Bandini,postra nominati do-

mini Bandini, et ad omnia et omnesactus et ceremonias dominum Gabrie-

lem Aymo de VenetUs capitaneum Po-

puli.

Die 2$. Aprilis i388. indictione ii.

presenlibus Aghinolfo D. GualterotU »

Bliccolò Nicolai, Laurentio D. Palme-

rii, etc. Franciscum Nerii Fioravantis

in Ecclesia sancU Joannis.

I. Caput et barbam sibi faciat fieri

pulcrius quam prius esset, etc. et voluit

prò completo haberi factum per domi-

num Capitaneum hoc modo ;quod ma-

nu tetigit barbam.

2. Intret balneum in signum lotionit

peccati, et cujuslihet vitii, etc. puritatis

prout est puer,qià exit de baptismate,

Commisit, quod fieret per dominum Phi-

lippum de Magalottis ,D. Michaelem

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>4*'de MediciSf et D, Thomatium 'de Sac-

chettis , et per eos balnearetur ; et sio

halneatus fuil.

3. Statìm post balnewn intret lectum

pwum et novum in signum magnae qui»tis

,quam quis debet acquirttre virtuto

miUtiaey et per militiam, Missus in le-

cium per predictos Commiss. etc.

4. Aliquanlulum in lecto stratus; exeot^

et vestiatur de droppo albo et sericeo

in signum nidditatis , quam debet

stodire Miles libere et pure. De manda'to capitanei inAitus albo : et sic ilio

sero remansU inter tertiam et quartamhoram noctis.

5. Induatur roba vermilia prò sangui-

neyquem MUes debet fundere prò ser-

vitto Domini nostri Jesu Christiy et prò

Sanata Ecclesia. Die 26. dicti me’nie

de mane in dieta Ecclesia praesertibu»

supradictis de mandato et commissiona

capitanei exutus est ^ et indutes verm»

Ho per dictos Milites.

6 . Calcetur caligis brunir in signum

terrae , quia omnes sumvs de terra , et

in terram radibimus. Factum est de c»ligis nigris de sirico successive per dictos

tres Milites.

7. Su/gat incontineftti, et cin^tur unacinctura alba in si^um virginitatis et

puntatisyquam Miìes rmiUian debet ir»

spicere , et nuUtum procurtaa • ne fedeà

34® . .

corpus suum. Factum est , et cinxit eum' capitaneus.

8 De calcare aureo ,sive aurato in

SÌgnum promptituàinis servitii militaris ,

et per miìitlam requisiti,prout volumus

alias MihU‘S esse ad nost.ram jussioncm.

Dieta die 26. super Aren^ìteria factum

de mandato, ut supra ;per D. yannem

de Castellanis , et Nicolaum PagnozzLg Cingutur ensis in iignum seasnta-

lis contea diabolumi et duo tallii signi-

ficant directuram ‘et legalitatem ,prout

est defendere pauperem contea dtvitem^

et debilem cantra fortem. Factum per

dominum Donatum de Acciajolis.'

10. Alba infoia iti capi^ in signitm^

quod, prout debet facere opera pura et

bona, ita debet reddere animam purarn

et bonam Domino nostro, Onussiunfuitf

quia non erat infida. '

i\. Alapha prò memoria ejus,qm

Militem Jecit. Non debet Miles aliquid

v'dlanutn,vel turpe facere timore mortis,

veì carcer,s. Quatuor generalia faciat

‘M'ies. Primo non sit in loco ,in quo

falsurn judicium detur. Secando non de

proditionc tractare ,et inde discedere ,

nisi alias posset resistere. Tertio non

ubi dama ,vel damigella exoonsilietur ^

sed consulere recto, Quarto jejunare die

yeneris in menioriam Domini nostri etc.

nisi valetudine , vel mandato superiorist

etc, vel alia justa causa eie.

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Dieta die a6 . 'Aprilis factus fuit Mi-les armatus Gualteriux's pnstea oh me-moriam Patrit dictus Di,minus Bandi-nus , et factus fuit per capLtaneum Sin>

dicum j etc Cah iatus calcarihus perDom. Robertum Pieri Lippi, et Dum.Baldum de i atalanis , et cinctus enseper Dom. Pazzinum de Strozzisi omniain presenzia DD. et plurium aliorumMilitum , et popoli multitudo maximafuit.

D. Joannes promisit, et juravit pròse , et prò D. Bandino , et promisit

<juando esset legitimae aetatis , infra

1 annum coram LiD. ratifìcuret , et jura-

ret.

L’ anno i3^g. a sau Dionigi in Fran-cia dal Re Carlo \l. furono falli cava-lieri , Luigi 11. Re di Sicilia . c Carlo

suo fialello, e figliuoli di Luigi I. Redi Francia colle segueuli cirimonie; co-

me si legge nell’Aulorc di una Cronacamanuscrìtla compilala ad istanza di Gui-do di Monsù , e di Filippo di Vilelte

Abati di san Dionigi , la qual Cronica

fu cominciata l’anno lòdo, e dura fiuo

al 141 5.

Ad celebritatìs fumam oris remotior»

bus di'vul^andarn in Alernunniam , et

Angliam longe ^ ìateqne per Rtgnumcursores Regi dinguntur, et nuntii, qui

utnusque sexus ingt rn.itatem ou.culo

vivae vocis , et apicibus invituìont ad

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348.solemnitatem in villa sancii Dionisii

prope Parisidi peragendam.

Prima die mensis, qnae fuit dies sab-

bathi^ Sole jam suos deUtciabiles radios

abscondente , Rex ad locum deditum' solemnitati accessit. (^uem,\modico tem^

poris spatio interjecto , Regina Siciliae

secata est. In curru de ParisUs exiviteum ducum , miUtum et baronum mul-tìtudine erniosa

^quam etiam duo ejus»

dem Jilii Ludovicus Rex Siciliae, et Co-rolus adolescentes egregii equestres sine

medio sequebmntur, non tamen simili

apparata, quo prius soliti erant equità-

re. Nam scutìferorum priscomm cerem»nias gradatim ad ayronum ordinem a-scendentium servantes , tunica lata ta-

lari ex griseto bene fosco uterque indù-

tus erat, Quicquid v&o ornamenti eo-

Tum equi , vel ipsimet deferebant , aura• penitus carebat. Ex simili quoque pan-

no , quo ambo induti erant,quasdam

porduncidas complicatas, ac seUis equo-

rum a tergo alligatas deferebat, ut ar-

migerorum antiquorum peregre profici-

scentium speciem denotarent. In hoc sta-

tu cum matrem usque ad s. Dionqrsiumconduxissent , in secretioribus locis rmdi

in pmeparatis baìneis se mundarunt.Quo peracto circa noctU initium adRegem redeunt salutandwn , a quo be-

nigne suscepti sunti et tuno ad Eccle-

siam festinans , eo sequi se praecipit

moiOf qui tequitur. IndumentU •prue-

dictis exuti mox vestimentis novae Mi-ìitiae adomantur. Ex oloserico rubino

vestimento duplicia minutis variis fode-rata deferebant , unum de subtus rotun-

dum , ad taìos usque protensum ; alte-

rum ad modum imperialis clamydis , ascapulis ad terram dependentis. Quo ha*

hitu distinetif et absque caputiis ad Eo*etesiarn sunt adducti. Insignium virorumcomitiva praeibat, et sequebatur. Domi-ni duces Burgundiae et Turoniae adlaevam, et ad dextram^ Ludovicum Re-gem SicHiae deducebant, Dux etiam

Borboniensis y et D. Petrus de NavarraCarolimi deducebant. Et hi omnes cumRege ante Martyrum corpora sacrosan-etOy peracta oratìone cum pompa y quavenerant ,

caenaturi ad aulam regiamrediemnt. lune in mensa Regisy ReginaSiciliae y duces Burgundiae et Turoniae^

ac Rex drmeniae sedem superiorem te-

nuerunt. Ad laevam Rex Siciliae , et

frater ejus Carolus consederunt. Celebri-

que coena factOy omnibus Rex vale di-

cens, ad quiescendum perrexit. Insignes

vero adoìescentes praedicti habitu eo-

demy quo prius , ante Martyres redu-

euntuT'y ut ibidem y sicut mos antiquitut

inolevit y in orationibus pemoctarent,Sed

yquia tenera aelas amborurn tanto

labori minime correspondebat y ibi mo-

25odica mora facta , reducuntur , ut quieti

• indul^erent,

lUucesrente aurora futurorum Miìitum' ductorcs' praenominati ad Ecclesiam ac-

cedenteSf adoìescentes Reffos prosCratos

onte pignora Martyrum sacrosancta re-

peremnt^

quos ad dvmum reducrntes' e.rpectare Missarum solernnia praecepe-

runt. Hate yintissioderensis Episcopuscum convento monasterii celebrando su-

^sceperat , ut noi>ae militiae insignia•' sanctius '' conferrentur. Ad quod etiam

decentius peragerulum^ Rex brevi nobi-' lium vallatus multitudine ad Ecclesiam•

' pervenit. Duo armigeri corpori ejus cu-‘ stodes praecipui evaginatos enses per

cuspidem dejèrentes , in quorum summi-tate "laurea calcaria dependebant

y perclaustri portam Ecclesiam sunt ingressi^

quos Rex longo , et regali epitogio in-

• duCusy ac postmodum Rex Siciliae cumfratre , ordine , quo prius , sequebantur.

Qui cum ad altare Marty rum penenis-sent y ac ibidem Reginas Franciae et

Siciliae y ac caeterorum Domiruirum in-

signe contubernium expeclassenty juben-

te Rege Missa solemnis inclmatur. Hocperacto , Episcopus protinus Regem adiity

et in ejus praesentia ambo adolescentes

flexis genious petierunt , ut tyronum ad-

scriberentur numero;

qui cum eis jurm-

mentum sohtnm exegissel , eos nox'iter

accinxit baltheo militari jet per Domi-

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25imrm àe Chawiniaco calcoribus deaura-

tìs eos jussit Rex Carolus insignirì. Inhoc stato ' prius tamen uh Episcopo be-

neàictione perct pta , in aulam Regiamreducuntur , ubi cum Rege prandium, et

coenam acceperunt utriusque sexus evo-

cata nobilitate assistente,quae ineJJ'a-

biliter congaudens trìptidiando perno-etavit.

Die Lunae subsequente , circa dici ho-

ram nonam, sicut condictiim fuerat, Rexviginti duobus electis militibus spectatae

strenuitatis indici jussit Hastiludiorum

spectaculum,

et cum quanto apparata

possente et scirent, illud redderent glo-

riosum, Quod , et peragere maturarunt.

Nam mox in equis cristatis , auro fui-

genttbus armis et scutis vitidibus insignì-

tis, qiios etiam sequebantur qui lanceas,

et galeas solemniter vectitabant, ad Re-

gem pervcnerunt, et ibidem insignem ca-

tervam Dominarum,quae ipsorum duc-

trices existerentf dignum dixerunt ali-

quandiu praestolari. Eoe jussu Regis adnumerum Militum praeelectae , vesti-

mentis similibus ex viridi valde foscocum sertis aureis oc gemmatis culto Re-

gio phaleratis ad ejus praesentiam ad-

ducuntur. Et sicut instructae fuerant ,

de sino suo funiculos sericeos extrahen-

tes ,dulciter praidictis militibus porre-

xerunt , et eorum sinistris lateribus ad-

haeserunt cum lituis , et instrwnends

o

/

aSxmusìcis eot usque ad campum agonitea»

rum deduccnCes. junior inde martiuslitum oninu s incita tut ^ ut ref>etitionm

ictuum lancearum usque ad òo/is acca-rum laudis et probitatis tUulos mereren^

tur. '/ um dominae, quorum ex arbitrio

sententia bravii dependebat, nominaruntquos honorandos et praemiandos singu-

ìariier censuerunt. Quorum sententiamgìalanter Bex audiens, et ipsam muniJirentia solita cupiens adimplere

, prae-Jatos viros egregivs, prò qualitate meri-

torum , donis donavit ingentibus. Et ir^

de coena peracta, quod reliquum noctit

fuit , tripudiando transactum est. Mili-tari tirocìnio peraeto ^ sequens dies adsimilia exercenda vigintiduobus elecUs

scutiferis assignatury et pari pompa , utprius , a toti^m domicellis in campumducti fuerunt, ubi alternatis ictibus mu-tuo usque ad noctem conflixerunt. Coe-

naque lauta regio more est peracta ,

cum dominae nominassent quos super

coeteros elegerant praemiandos.

Quia exercitium illud mUiiare per tri>

duum statuerat exerceri , die sequenti ,

priore tamen ordine non servato , iadi/i-

ferenter mililes cum scutiferis ludum làu-

dabiliter peregerunt , et ut prius virtutU

proemia receperurU qui judicio domina-rum se habuerunt fortius : sio nox quan-

ta finem dedit choreis.

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*53Sequenti die regia rejkciione percepì

ta , kex prò cujuscumque merito milites

et armigeros Liudavit non sine fliuoumunenim , mimijìcientiaeque regali ma-num porrigens liheralem, dominas et dom-nicellas atmillis , et munenbut aureis^

et argenteis, holosericisque donavit insi-

gnioribus, omnibusque cum pocis oscu-

lo valedixic , et concessit licentiam re-

deundi.

Mon sarà forse discaro agli amatoridelle antichità il soggiugnere qui lamaniera antica usata nei Regno d’ In>gbilterra, contenuta nella seguente Scrit-

tura , la quale fu data prima in luceda Edoardo Bisseo nelle sue note soprail Trattato di Niocolò Upton de Studio

\ ,

Militari, stampato in Lonara Tanno 1664. \ ./

in foglio , e poscia dal sig. tarlo Du- XPresne nel suo famoso Glossario Latino- ^ \barbaro. Io ne ho una antica copia ma- \nuscritta in carta pecora.

Cy opres ensmt Tordonnance et ma-niere de creer et /aire nouveaulx Che-nsaliers du Baing au temps de paix , se-

ìon la costume etAttgleterre.

Qiuxnt ung escuier vient en la Courpour recevoir Tordre de Chexalrie entemps de paix selon la costume d"An-gleterrei il sera tresnoblement receu parles officiers de la Cour, cormne le Se-neschal, ou du Chamberlain, s'Uz soni

'

presens ; et autrement,par les Mares-

chaulx et huhsters. Et ottone seront or-

donnez deux escuiers et onneur saiges,

et bien aprins en curCoisitìS, et nourri-

tures ,et en la maniere da fuit de che~

valine ; et iti seront escuiers et gouver-

neurs de tout ce qui appartient a cel-

luy ,qui prendra t odre dessus dit. Et

au cas,que Cescuier degne devant dts-

ner ,il servirà le Roy de une escuelle

de premier cours seulernent. Et puis les

diets escuiers gouverneurs admenerentr escuter

,qui prendra f ordre en sa

chambre sans plus estre veu en celle

tournee. Et au vespre les escuiers go-Verneiirs envcq eront apres le barbier, et

ili appareilleront ung Buiiig gracicuse-

ment appareille de tenie, aussy bien de-

dans la cuve,

que dehors. Et que la

cave soit bien couverte de tapiz , et

manteaulx,pour la froidure de nuyt.

Et adoncques sera f escuter rez la bar-

be, e les cheveulz tonde. Et ce faict les

escuiers gouverneurs yront au Roy , et

diront : Sire il est vespre , et T escuter

est tout appareille au Baing, quant vous

plaira. Et sur ce le Boy commanderaa son Chamberlan

,quii admene avec-

ques luy en la chambre de Tescuter les

plus gentilez et les plus saiges cheva-

lier, qui sont presens

, pour li^ infor-

mer et conseillier , et enseigner t ordre ^

et le fait de Chevalrie. Et semblable-

ment,que les autres escuter de Costei ,

Digilized by Google

255avec les menestrelx , voisent par devant

les chevaliers, cliantans , dansans et es-

batans,jusques a tuys de la chambre

du dit escnier. Et quant les escuiers

gouvemeurs orront la noisse des mene-

strelz j ilz despouilleront fescuter, et^le

meCironr. tout nu dedons le fixing. Maisa C entree de la chambre les escutere

gouvemeurs feront cesser les Menesirelx,

et les escuiers aussi pour le temps. Etce fait les genttlz saiges chevaliers etv-

treront en la chambre tout c.oyxment

sans noise faire : et adoncque les che-

valiers feront rrverence F un a f autre ,

qui sera le premier pour conseilUer Ces-

cuter au B.àing f ordre , et le fait. Etquunt ilz serene accordes dont yra le

premier aut Baing, et ylec s'agenoillera

par devant la cave eu disant en secreti

Sire a grani honneur soit il pour vous

cet Baing; et pois luy monstrera le fait

de r ordre , au mieux qu il pourra , et

puis mettra de F cave du Baing dessus

Fespaulles de Fescuter , et prendia con-

gie. E F escuiers gouvemeurs garderont

les costes du Baing. En mesme maniere

feront touts les autres chevaliers F unapres F autre , taitt qu ils ayent touts

fait. Et donc partiront les chevaliers

hors de la chambre pour ung temps. Ce

fait les escuiers gouvemeurs prendront

Fescuiers hors Baing, et le mcttront

an son Ut tant qiiil soit sechie, et soit

le dit lit simple som courtine* , E$quant il sera sechie , il leverà hors dulit, et sera addurne et vesti bien chauUdement pour le veillier de la nuyt Etsur tous ses draps il vestirà ime cotte

de drap rousset^ avecques unes longuesmanches y et le chapperon a la ditte

he en guise tC ung hermite. Et tescuieraùui hors du Baing, et attorne, le bar-

hier osterà le Baing , et tout ce quiia entour, aussi bien dedans camme da-

horsy et le prendra pour son Jle ensem-ble pour le collier ; camme ensi, si cest

chevalies soit conte , baron t, banerec ,

ou baehelier, selon la costume de lu

Coitr. Et ce fait , les escuiers gouver^neurs ouurerorU V t^s de la chambre ,

et feront les saiges chevaliers reentrer

,

pour mener tescuier a la chappelle. Etquant ilz seront entrez , les escuiers ,

esbatans et dansans seront admenes pardevant Tescuier avecques les menestrels

faixans leurs melodies jusques à la chap-

pelle. Et quant ilz seront entrez en la

chappelle , les espices y et le vin seront

prestz a donner aux dits chevaliers et

escuiers ; et les escuiers gouvemeurs ad-

meneront les chevaliers par devant Tes~

euier pour prendre congioy et il les mer-cira touts ensemble de leur travail ,

honneur , et courtoisies qu ilz li^ ontfait. Et en ce point ilz departiront horssia la chappelle. Et sur ce Ut etaUera

/

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gouvemeiirs farmeront la porte de la

chappello ,et ny demourera force les

escuiers ses gouverneurs , ses prestres ,

le chandelUcr, et le guet. Ut en ceste

guise demourera Cescuter en la chappeUle tant quii soit jour, tousiours en orai-

Sons , et prieres;

requerant le puùsantSeigneur , et la bennoite Mere

,qtte de

leur digne grace luy donnent pouvoir ^

et confort a prendre ceste haulte digni-

te temporelle en t honneur et lo vengo

de leur, de sainte Eglise, et de tordre

de Chevalrie. Et quant on verrà le pointdu jour

,on qiterra le Prestre pour le

confesser de tous ses peches , et orra

ses matines ,et messe , et pitis sera oc-

commuschie f s' il ‘ veult. Mais deptùs

T entree de la chappelle aura ung cier^

ge ardant devant liy. La messe com-inencee

,ung des gouverneurs tiendra

la cierge devant Cescuier jusques a [e-

'vangile. Et a Tevangile , le gouvemeurbaiUerà le cierge a C escuier jusques ala fin de la ditte evangile •. rescuier gon-vemeurs osterà le cierge , et le mettradevant C escuier jusques a la fin de la

ditte Messe \ et a la levacion du Sacra-ment ung des gouverneurs osterà le

chapperon de tescuier , et apres le Sa~crament le remettra jusques a Pe vangi-le In principio. Et au commencernentde la principio le gouverneur osterà le

Bedù Opere- VoU, *7

chapperon de tescuter, et le fera oster,

et lui dannerà le eteree en sa main :

mais quii y nit nn^ denier aii plus presde la lumiere fchie. Et quant ce -vient.

Verbum caro factum est, C escuter segenoillera , et offra le cier^ et le de-nier, Cest a savuir, le cierge en fon-neur de Dien , et le denier en Conneurde luy

;qui le fera Clievalier. Ce fait

,

les escuiers gouverneurs remeneroni Ces-cuier en sa cliambre , et le metront enson Ut jusques a haulte jour. Et quantil tera en son Ut, pendant le temps deson reveillier , il sera amende

, cest as-savoir avec ung couverton d'or, appellasigleton , et se sera Iure du carde. Etquant il semblera temps atta: goa-ver-

neurs,

ilz yront au Roy , et lui diront :

Sire, quant il vous plaira nostre mais-

tré reveillera. Et a ce le Roy comman-dera les saiges Chevaliers escuiers et

menestrelx dfaler a la chambre du dit

escuier pour le reveillier, attourner, ve-

stir et admener par devant lui en sasale. Mais par devant leur entree , et

la noise des menestrelz oye , les escu-

iers gouverneurs ordorvieront toutes ses

necessaries pres/s par ordre , a bailUer

aux chevaliers pour attourner , et vestir

rescuier. Et quant les Chevaliers seront

venus a la chambre de F escuier, ilz en-freront ensemble en licence , et diront

a fescuier . Sire,

le tres bon jour vqìss

25$'soit donne , il est temps de vous lever

,

et adrecier\ et avec ce les gouverneursle prenderont par les brazy et le fèrontdrecier. Les plus gentil, ou le plus sai-

ge Chevalier donnera a Pescuiersa che-

mise, ung autre lui buillera ses bragues’,

le tiers lui donnera ung porpuintj ung

autre lui vestirà avec ung Kirtel derouge tartarin. Deux autres le leveront

hors du la, et deux autres le chaulse-

ront : mais soient les chaulses denouz,

avectfues semelles de cuir. Et deux au-tres lasceront ses manches ; et ung au-tre le ceindra de la sancture de cuirblanc sans aucun hamois de metal. Etung autre peignera sa teste', et ung au-tre mettra la coiffe ; un autre lui don-nera le mantel de soye de Kirtel derouge tartarin atachiez a vec ung lazde soye blanc avec une paini de gansblans, pendus au bout du laz. Mais les

Chanccllier prendra pour sort Jìes tousles gamemens avec tout Farroy

, et ne-cessaries

, en quo)' C escuier estoit at-tournez

, et vestuez le jour qu il entraen la Court pour prendùre F ordre. En-semble le Ut

, en qui il coucha premier-ment apres le Raing , aussi bica avecle singleton

,que des autres necessices.

Pour les quels Jìefs le dit Chanceliertroverà a ses desperu la coiffe, les gans,la ceinture et le las. Et puis ce fait les

saiges chevaliers monteront a cfteval,

et aàmeneront tescuter a la sale, et le*

menestrelx tous jours devant,fuLtans

leurs melodies. Mais soit le chevai ha-hillie, camme il ensuit. Il aura urte tei-

le couverte de cuir noir, les arzons de

blatte fusi , et esquartes , les estriviers

noires , le fers dare* , le palerai de coirTtair avec urte craix patee daree pen-dartt par devant le piz du chevai , etsans croupiere , le frain de noix a lon-

gues cerres a la guise de Espagne, et

urte craix patee au front. Et aussi sait

ordonne tmg jeune Jovensel escuiergen-

til, qui chevauchera de^rant Pesctòer.

Et il sera dechapperortnè , et pareràT espee de P escuier avec ies esperons

pertdans sur les eschalles de P espee, et

soit Pespee a blanches escltalles faictes

de blanc cuir , et la ceinture de blatte

cuir sanz Itarnois; et le Jouvencel tien-

dra P espee. par la poignee , et en c»point chevauclterartt jusques a la sale

du Ro)\ et seront les gauvemeurs presta

a leur mestier. Et les plus saiges che-

valiers menaut le dii escuiers; et quant

il vieni par devant la sale , les mare-schaulx , et huissiers se seront presa es

Tencontre de Pescuies , et lui dirons De-scendez, et lui descendra. Le Maresca.1

prendra san chevai pour fie , ou C. S.Et sur ce les chevaliers admenerent Pe-scuier en la sale jusques a la haultetable

,et puis il sera dresciez au cem-

Oigitized by Googl(

mènctment de la tahìe seconde jusquet

a la venite du Boy, les chevaliers de

coste lu^' t le Jouvensel a bout , [espeO

estant par devant luy par entro les diti

deux gouvemeurs. Et quant le Boy sera

veni* a la sale , et regardera C escuter

prest de prender la hault ordre de di-

gnità temporelle , il demanderà f espee

avecques les esperons. Et le chamher*’

lain prenera C espee, et les esperons duJuvencel « et les mostrerà au Boy \ et

sur ce le Boy prendra Fesperon dextre^

et le haiìlera au plus nome et plus gen-

til , et luy dira: Mettez cestuy au tal-

lon de tescuier. Et celhy sera agenoiU

He a Tun genoil, et prendra Fescuierparla jambe dextre^ et mettra son pied sur

son genoil , et fichera F esperon au tal-

lon dextre de Fescuter. Et le seigneur

faira croix sur le genoil de Fescuier, et

liy baisera. Et ce fait viendea ung au-

tre seigneur, qui Jìchera F esperon autallon senestre en mesme maniere. Endonques le Boy de sa ttes grande cour-

toisie prendra F espee , et la ceindra aFescuier. Et puis F escuter leverà ses

braz en hault, les mains entretenans

,

et les gnns entre le pous et les droiti

et le Boy mettra ses bras entour le col

de Fescuier , et lievera la main dextre,

et frapperà sur le col , et dira : Soyes

bon Cnevalier, et pois le baisera. Etadonques les saiges Chevalies adrrtene

ront le nouvel chevalier a la chappeUea tres prende melodie jusque au haulù

autel. Et ilecques se apenoillera^ et met-

tra sa destre main dessus Vauteì. Etfe-ra promisse de soustenir le droit deSancte Eplise tonte sa vie. Et adoncquesoy mesme deceindra tespee avec gran-de devotion , et prieres a Dieu, a Sain-

te Eglise , et Toffreira en priant Dieu,et a tous set Sainets

,quii puisse gar-

der rordre,

qii il a prins , jusquez a la

fin. Et ceo acompliz prendra une soup-pa de 'vin. Et a la issue de la chapelle

le maistre queujc du Roy sera prest deoster les esperons , et les prendra pourson fie , et dira : Je suis vena le mais-tre queux du Rc ' , et prens vos espe-^

rons pour mon fie , et si vous faites

chose cantre T ordre de Chevalrie ( queDieu ne vueille ) je coupperay vos es-

perons de dessus vos talons. Et puis le

chevaliers le remeneront en la sale. Etil commenceta la table des chavaliers.

Et seront assis entour luy les cheva-liers ^ et il sera seny si camme les au-tres ; mais il ne mungerà

, ne ne boira

a la table ^ ne ne se mourra, ne ne re-

gardera ne deza ne de la, non plus

que une nouvelle mariee. Et ce JeU ^

ung de ces gouverneurs avra ung cueverchef en sa main qu il tiendra par da-

• vant le visage, guani il sera besoing

pour le craisier. Et quant le R<y}'' sera

'•teve hors ile sa table , et passe en sa

chambre', adoncques le nouvel chevalier

sera mene a grant fàison de chevaliers^

et menestrelx devant Iny jusqucs a sachambre. Et a tentree les chevalters et

menestrel.x prendront congie , et il rraa son disner. Et les chevaliers departiz^

la chambre sera fermee et le nouvelchevalier sera despouille de ses pare-

mens, et il seront donnes aux Roysdesheraulx , s'ilz sont presens , ou si non ,

aux autres heraulx , s'ilz y sont , autrc-

meni -aux menestrelx, avecques ung

mare di' argent, s' il est bacheler, et si

il est bacon, le doublé. Et le rousset

cappe de niyt sera donne au guet, aU'

trement au noble. Et adoncques il sera

revestu tTurte robe de bleu , et les man-ches de custote en guise (T un prestre

,

et il aura n t espaule senestre ung laz

de bianche soye pendant.. En ce blano

laz il porterà sur tous ses habellemens

qii il vestirà au long de celie journee,

tant quii alt gaignie honneur, et renom(T armes , et qu il soit recordes de si

' hault record ,camme de nobles cheva-

liers , escuiers et heraulx ef armes, et

quii soit renomme de ses faitt darmes,

comme devant est dit , ou aucun haultPrinc

, ou tros noble dame de pouvoircouper le laz de t espaule du chevalier

en disant'. Sire nous avons ouy tant deurt^' renom de vostre honneur, que vous

avez fati en diveries partìes , au tret

grand honneur de Chevaìrie a vous mes-me ^ et a cehy qui vous a /ait cheva»Iter, que droit. veult, qua cast laz voussoit ostes. Mais apree disner les clteva-

lier tf honneur , et gentil hommes vian-

dront aptes le chevalier, et le admene^

ront en la presence du , et les es~

cuiers gouvemaurs par devant luy. El Is

chevalier dira : Tres noble et redoubteSire, de tout ce, que je puis , vous re-

mercie , et de touts ces hormeurs , cour-

toisies et bontez,que vous

,par vostre

tres grande grace, rnavoiz fait, et vous

en merde. Et ce dit, il prendra cangiadu Roy. Et sur ce les escuiers gouver-

ncurs prendront congie de leur maistre

en disant : Sire , cela nous avons fait

par le commandement du Roy , ainsi

corame nous feusmes obligiez , a nostre

pouvoir. Mais s 'd est ainsi, que nous

vous q)'ons deplu par negligenze , oupar faict en cest tamps , nous vous re-

querons pardon-. tTautrepart, Sire, comrme uray droit est, selon les coustumesde court , et des royaulmes anciens ,

nous vous demandoru robes et Jies aterme de camme escuiers du Roy, com-paignons aux bacheliers , et aux autres

seigneurs. Fra Jacopo da Cessole Domi-nicano , nel suo libro del Giuoco degli

Scacchi al capitolo del cavaliere , testo

ft penna della Libreria del sig. Dottor

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a65Oinseppe del Tef’Iia , fa menjHotae par*

ticolare de’ cavalieri bagnati , e de’ mi-

steri contenuti nelle cirimonie , che si

costumavano nel ])rendersi quell’Ordine

di cavalleria. Questi . colali cavalieri t

ifuaruio si formo cigaera la spada della

cavalleria , se si bagnano in prirruif ac-

ciocché menino nuova vita e novelli co-

stumi. Vegghiano la notte , che sonobagnati , in orazione , addomandandoda Dio , che per grazia doni loro quel-

lo che manca loro dalla natura. Permano di Be, o di Principe son fatti ca-

valieri novelli , acciocché da colui , di

età debbono esser guardiani ^ ricevano la

degnità e le spese. In loro dee averesapienza , fedeltate, liberalitate

, fortez-

za , misericordia ,guardia de' pupilli «

telo delle leggi ; acciocché quelli , che

sono armati di' armi corporali , sieno

splendienti di costumi-, perocché quantola degnità de' cavalieri avanza gli altri

in reverenzia e in onore , tanto dee egli

più rispìendere di costumi e di virtudi

,

e di soperchiare in ciò V altre persone ;

conciossiacosaché V onore non è altro

,

che rendimento di reverenzia in testimo-

nianza di virtudi. Guglielmo Caradenonella sua Brittannìa afferma , che era

totalmente andata in disuso cosi fatta

maniera di cavalieri. Milite^ balnei, di-

ce egli,qui niultis balneorum , et vigi-

liarum caeretrwniis adliibitis,

patrum

memoria creati fuerunt , setens omitlo «

quod hic ordo jampridem exolevisse vi-

detur. lo non so quel che fosse ne' tem-pi , ne* quali vivea il Camdetto\ so be-ne , che il Re d’ Inghilterra Carlo fra-

tello del regnante ne* giorni della suacoronazione fece molti e molti cavalieri

bagnali, o del bagno, colle solite anti-

che cirimonie , e non mollo dissimili

dalle sovraccennate.

Pag. 21 . V. 25. Cavalier sempre bagnato

Plauto nel Pseudoio alt. 5. se. r. fa

diré a rseudolo, che si accorge di esser

briaco. Profecto aedepol ego nane probeateo maduìsg. Paolo 1’ abbreviatore di

Pesto gramatico alla lettera M. Madusa

( che lo Scaligero da Plauto rassetta

Madulsa ) ebrius , a graeco paìfàt de-

ductum (che vuol dire bagnare, annaf-

fiare) vel quia madidus sit vino. E ve-

ramente i briachi , e quei che aveanbevuto a sodo da’ Latini cran chiamati

madidi , e madore l’ esser ubbriaco

,

o aver bevuto assai . Tibull. lib.

eleg. I. — 2 .

Vina diem celebrent, non festa luce

madoreEst ' rubòr i errantes et male ferre

pedes.

I

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267E nello stesso lib. 2 . éleg. 5.

j4t inadidus Boccilo sua festa Palilia

'postar

Concinet

Ovidio nel terzo deU’Arte :

Turpe jacens mulier multo madefactaJj^aeo,

Uvidns disse ancora Orazio lib. 4. od. 5.

ad Augusto :

Longas o utinam , Dux bone , ferias

Praestes Hesperiae , dicimus integro

Sicci mane die : dicimus avidi^

Quum Sol Oceano subest,

Uguccione Pisano manuscritto del testo

antichissimo del sig. Anton Maria Sal-

vini alla voce Uva : Sed humidum est

quod exterius habet hnmorem ; uvidum^quod interius , et operatur. Uvidi ap-presso Orazio vale lo stesso , che pieni

mezzi di vino ; e asciutti pel coritrario,

quando non s’ è ancor bevuto. Da Lu-ciano nel Bacco ^t^aarJurpéyoi viene ado-

perato nello stesso senso di madidus , edi uvidus

,

cioè d’ imbriacato , e concio t

dal vino; onde nel Ditirambo si è detto

Cavalicr bagnato ad imitazione della

(rase de' Greci e de' Latini.

s6BPag. 2 T. T. 2.^. Cavalier sempre bagnato

Che il vino bagni il polmone fu ere*

doto da’Filosofi , e dello da’Poeli, comeho accennato verso il principio di que-ste Annotazioni. Il Ronsardo si vuol farbagnare da esso vino il cervello:

Et sovent haigner mon cerveauDans ìa liqueur tTun vin nouveau.

E forse in un certo modo lo prese daquello , che si legge presso i Latini :

multo perfusus tempora Baccho. Seno-fonte di più nel Convivio fa al vino ir-

rigare , e innaffiare T anima tà yó.potti ò oìfoc àpdap ìpvxàf, rà( aèv Av-«ràc , o(Txtp ò pavdp^ópat avjpóxvt

,

tcoipiies ; Poiché in effetto il vino innaf-

fiando r anime , siccome la mandragolaassonna gli uomini , così esso le cure.

Mnesiteo Medico Ateniese presso Ate-neo lib. II. esorta per la sanità a bere

qualche volta più liberalmente del soli-

to , a fine d’ innacquare gli acidi , chelascia nel nostro corpo il soverchio man-giare

; xatavi^tTou. yàp tò aòpa roti

olvoii, poiché, dice egli, viene a ba-gnarsi , e lavarsi il corpo co’ vini.

Pag. 21. V. 26. Per cagion di sì belt or-dine

\

Guitton d’Arezzo , manuscritto Redi :

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Pt'acemi Cavaìier ,cìie Dio temendo ,

Porta lo nobil suo Ordine bello ;

E piacemi dlbonare donztdlo ,

Lo cui desio è sol pugnar servendo.

ig. 2I.T. 2g. Potrò seder col mio gran

padre a mensaUn antico costume de’ Longobardi noa

permetteva, che i figliuoli del Re si tro-

vassero a mensa col padre, se prima

non erano siati armati cavalieri. Paolo

PParnefrido de Gest. Longobard. lib. j. \

c. 2Ì. Cum peracta victoria^ Longobardi|

ad setles proprias remeasscnt , Regi suo {

Audoin suggerunt, ut ejus Alboin con- *

viva fieret, cu/us viitute in praelio, vie- '

toriam cepissent ; utque patri in peri-

culo , ita et in convivio comes esset.

Quibus Audoin respondit^ se hoc face-

re minime posse , ne ritum gerUis infrin-

geret. Scitis enim, inquit, non esse apudnos consuetudinem , ut Regis cum patre

Jìlius prandeat ,nisi prius a Rege gen-

tis externae arma suscipiat. In una ce-

na , che fece in Parigi Carlo V. Re di*'

Francia a Vincislao Re de’Romani figli-

uolo di Carlo IV. Imperatore F anno

1878. alcuni Duchi non poterono esser-

vi ammessi, perchè non aveano l’onore- '»

volezza dell’Ordine di Cavalleria. Au-tore della Cronaca intitolata : Entreveve

de Charles IV. Empereur, et de Charles'

V. Roy de Fruuce: Le Rqy mena soùp- .

J

per avec luy le Roy des Romaint, et

les ducs , seigaeurs et chevaliers, qui

estoient venus uvee luy\ et eut trescanti

soupper preste de gens ìT estat. Lt futt assietta ielle qu il ensuyt. L' Evesque

de Paris premier , le Roy , et puis le

Roy des Romains , le due de Berry\ le

, diìc de Brabant, le due de Bourgogne^

le due de Bourbon et le dite de Bar.

Et pour ee que deux autres dues n es-

, toient pus chevaliers ,ils mangerent en

un autre table, et leur teint compaignie

messire fils du Roy de Navarre , le

comte d‘ Eu , et plusieurs autres sei-

gneurs.

n ^

Pag. zr. . 3i. Fatta meco immortai, ec.

Nel Codice Teodosiano Ub. a. tit. i,

leg. 7. Mulieres honore maritorum erigi-

mus ,et nobilitamus. Ulpiano Giurecon-

sulto nel lib. 6. de’ Fidecommissi citato

ne’ Digesti al titolo de Seualoribus : Fae-

minae nuptae clarissimis personis cla-

rissimarum personarum appellatione cory

tinentur. E nello stesso titolo al princi-

.pio lo stesso Ulpiano lib. (iz. ad Edi-

ctum : Consulares autem faeminas dici-

mus Consularium uxores.

Pag. 22. Y. 2. Il sangue che lacrima il e-

invio, \

‘ Parla di quei vini rossi del Regno di ,

' Napoli , che $on chiamati lacrime » tea|

-Digitized b^Googl^

.

^7 *

le quali stimatissime son quelle di Som*ma, e di Galitie. Le lacrime d* Ischia ,

di Pozfuolo, di Nola, d'Ottajano, di No-

cella e della Torre del Greco son tenu*

te in minor pregio, ancorché sieno mol-

to gagliarde e putenti. II Chiabrera cou'

impareggiabile graziosissima gentilezza

scherzò intorno al nome della lacrima :

Cìà fu àc contadini il si indiscreto,

Cìi a sbigottir la genteDiede nome dolente

' Al 'vin , che sovra gli altri il cuor falieto ?

Lacrima dunque appellerassi un riso^

Parto di nobilissima vendemmia ?

t

Nel secondo libro dell'Antologia il vinovien chiamato lasrime della vite.

t, V t -Os •* ‘ *V "

Pag. 22. V. 6. La Verdea soavissima cCAr-cetri

La migliore Verdea che faccia intor-

no a Firenze è quella della collinetta

di Arcetri. Di essa volle intendere il

Rinucetni :

I

Lascia il Trebbiano ^ e la vendemmiaancora

,

Onde cotanto Arcetri oggi s* onora.

E dopo lui Romolo Bertini Fiorentinonelle Poesie manoscritte:

V

i

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>7» ì

Versate ornai versate,

Anfore preaose in questi vetri ,

Manna^ di Chianti , e nettare dArcetri,\—* -

I vini , che da’ nostri anticlii Toscani si

chiamavano vini verdetti erano moltodiifcrenli da quello , che si sia oggi la

verdea. Imperocché per vino verdetto

intendevano qualsisia sorta di vino bian-

co , che non fosse dolce , anzi fosse bru-

sco ; e lo raccolgo dal Maestro Aldo-brandino partii. I. cap. 3. del Bere. Ilbuon vino naturale si è quello , ec, cheha savore intra dolce e amaro e ver-

detto. E appresso : Molte nature sono ,

che amano meglio vino Verdetto , vioébruschetto. E nel cap. dello stomaco :

Deesi guardare di bere vino troppo al-

to e potente , ma bealo verdetto e pic-

cioletto. Forse di tal fatta sono oggi i

verdischi e i verdischetti di Napoli , e

Sue’ vini altresì , che da’ Frauzesi sou

etti verds e verdets. Pasquier nelle Ri-

cerche della Francia. 8. 43. Enlanibò^nous eusmes des vins infirùment verds.

Ma la verdea di Toscana non è cosi

chiamata dal sapore verdetto, ma bensì

dal colore pendente al verde. I Latini

parimente , ed Ì Greci aveano vini di

color simile. Plinio lib. 14. cap. 1. favel-

lando de’ vini : Hic purpureo nitent co-

lore , illic fulgerU roseo ,nitent^ue viri-

di. Euripide nel Gclope: Oix otn

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pai ^on elei vin le verdi sul-

le. E Fiitreatiao uelle Geopouicue lib. 6 .

fa tneazloiir; il’ uaa speziti d’uva biauuanomiaata cioè verdetta.

Pag. ZI. V. 6. D'Arcetri

Ne’ canti caruescialeschi è detto Nar-cetri-, forse dal dirsi sau Matteo in A.r-

cetri è venuta l’n. della particella in a

restare addosso all’ a. della voce se-

guente.

Pag. 22. V. 8. LapperòVilla deliziosissima del Serenissimo

Principe Francesco Maria ài Toscana^dove s’ imbottano vini preziosi di diffe-

renti maniere per la diversità de’ viti-

gni, e per l’ artifizio secondo il costumedi varie nazioni.

Pag. 22. V. 12. Mezzograppolo, e alla Fran-cese

Vin Rullato, e alla sciotta

Fiorentino , uno degli autori Geopo-nici , insegna la maniera di tare il vinoalla Tasia ; e Beruzio ,

ciu^ un Geopo-ico da Baruli , la ricetta per fare il

Tino alla Coa : in Catone similmente èil modo di fare il vino alla Greca al

capitolo , che ha per titolo : VinutnGraecum quomodo fiat.

Redi. Opere. Vol.l,’ i8

»74Pag. 22. r. 14. Soleggiato

Il modo di fare il vino soleggiato

trovasi appresso Didimo nel libro sesto

degli autori Geoponici descritto cosi :

Nella provincia di Bitinia cosi fannoalcuni il vin dolce. Trenta giorni avanti

la vendemmia torcono il tralcio che hagrappoli, e lo spampanano affatto per

modo, che percotendovi il sole consumi

T umido : e fa dolce il vino ,come se

fòsse posto a bollire al fuoco. Torconopoi i tralci a fine di staccare i grappoli

dalt umidità , e dal nutrimento della

vite ; e non piglino f umido di essa.

Ma alcuni dopo aver nudati i grappoli

dalle foglie ,e che cominciano ad ap-

passire , vendemmiando P uve,pongono

ogni grappolo dispersè al sole, finché

tutte si appassiscano. Poscia levandole

sulla sferza del caldo, le portano al ti-

no ,e ivi le lasciano il restante del gior-

no, e tutta la vegnente notte; e la mat-

tina vegnente le pigiano. Soleggiato an-

cora era il vino che si faceva alla ma-niera Tasia, Geo|)od. lib. ottavo.

Pag. 32 . . tfl. Gavazzandoli FeiTari alla voce Gavazzo cita le

Glose Latino-greche , in cui Gaviso

jiaipe. Sicché dal Ialino Gavisare

,

che

gli Spagnuoli dicono gazar, sì è fatto

gavazzare.

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P«g. 22. T. ig. Gareggiamo a ehi più ùn~botta

11 Poliziano nella favola d’Orfeo :

Voi imbottate come pevere ;'

.

'

r vo bevere ancor mi. ’•

Pag. 22 V. 20. Imbottiam senza paura ^

Senza regola, o misura

E più sopra :

Tracanniamo a guerra rotta,

Macedonio nel lib. secondo dell’An-tologia :

X(tr9ovÓTOit at^Xtfrilptf ììkj^h

'£pYa, (xriaopsr iiXaaei~

Ltapiv axitSovTtf dpti9da dopa Xvaiv.

Tracannare è j(av9oxiyreh>. A guerrarolla ; corrisponde a quello xvxtXXopà-

eìXaxititt, Senza regola , o misuraspiega queir àtpezdéa dopa Xvaiv.

Pag. 22. T. 24. LuiUn yalen^omo ha voluto affermare

,

che lui, uou si jSossa dire agli animaliirragionevoli , ed alle cose insensate

, esenza auima. ?(ulladimeuo si trova tal-

Tolta osato negli autori del buon seco*

lo. Il Petrarca son. 107.

Unirne belle , e di virtute amiche

Terranno il mondo , e poi vedrem lui

farsi

Aureo tutto y e pìen delC opre antiche.

E son. 114,

Pommi ove il sole uccide ifori e ferite,

O dove vince lui'l ghiaccio e la neve.

E son. (84.

Così mi sveglio a salutar f aurora

,

B 7 sol , cA’ è seco , e più f altro ondeio fui

Ne'primi anni abbagliato, e sono ancorai

r gli ho veduti alcun giorno ambeduiBevarsi insieme , e'n un punto

, e 'n

uri ora

Quel Jar le stelle , e questo sparir lui.

E canz. Sg.

Se già è gran tempo fastidita, e lasse

Se di quel falso dolce fuggitivo ,

Che il mondo traditor può dare altrui ;

A che ripon più la speranza in lui 7

11 Boccaccio giorn. 5. noT. 9- nuin. n.

Qli forse agli occhi il suo buonjalcon^^

ìt t/uata nella sua salletta viac sopra là

stanga. Perchè non avendo a che altrò

ricorrere ,presolo , e trovatolo grasso t

pensò lui esser degna vivanda di cotal

donna. Dante nel Conviv. Il perso è uncolor misto di purpureo e di nero , nuà

vince il nero , e da lui si denomina»Vit. sant. Ànton. Trovoe uno antro mol-

to scuro cavato nel monte ^ e fissando

gli occhi entro di lui , comincioe a darbaci. Anco del pronome addiettiro co-stui vi fu chi scrisse, che non si dire1>

‘ be di cosa inanimata , nè di animalefuor della spezie dell’ uomo , e pure il

Boccaccio nel Filocopo lib. 5 . 67. farei*

landò dell’uccello Smeriglio: leggiamola Jìne di costui , s' egli avrà tanto vi-

gore, che da tutti la difenda. E lib. 6,

parlando di un anello: Z/a virtù di co-

stui credo , che il mio periclitante legno '

ajutasse. E nell’ antico rolgarizz. della

Bibbia manuscritto Genes. cap. B, Noèaperse la finestra dell arca , la qualeaveva fatta , e si mandò fiori il corba,

ec. Ma Noè dopo costui mandò la co-

lomba,

Pag. 22. T. 25 . La spranghetta

Aver la spranghetta si dice di cdlord^

i (fuali avendo soverchiamente bevuto

,

sentono gravezza ,o dolore di testa nel*

lo svegliarsi la mattina seguente dal son*

no. Cosi fatta spranghetta vien disegnata

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*78. da Plinio , OTC de* vini Pompe)ani del• regno di ISapoli favella nel lib. 14I cap. 6.

Dolore edam capitum in sextam horamdiei sequends infesta deprehenduntur.

Pag. 2S. V. 27. V anatomico Bellini

11 sìg. dottore Dorenzo Bellini Letto>

re di Notomia nell’ Università di Pisa ,

e celebre per tante belle e dottissime

opere Anatomiche e Mediche , le quali

ha stampate ; è celebre altresì per lasua forte e robusta maniera di poetare.

Qui si allude al libro intitolato GustusOrganum.

Pag. 28. V. g. P'ite bassa e non bronconeVite bassa in Latino si direbbe forse

vids capitata. Broncone vitis brachiata ;

onde forse è detta broncone. Ma il

cabolario della Crusca più veridicamen<

te la fa venire da bronco. Columel. deRe Rustie, lib. 5 . cap. 5 . ydlii capitata^

vineas , alii brachiatas magis probant.

In queste ultime si lasciano più occhi,

e si pota lungo : nelle prime si potacorto, e si lascia uno, o due occhi soli

nel ceppo della vite.

Pag. 28. V. 12. Villanzone

Con isponde alla parola, colla Cjuale

son nominali da'Latini gli abitatori del-

le rupi, villani nati sulle montagne ra-

pices f rupicones.

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279;

Pag. 23. V. 17. Maritolla ad un broncone

,Maniera noiissimaT' usata ancora da’ t

Latini. PHn. lib. 14. cap. 1. delle viti.

• In Campano <7»ro populis nubunc, wa-

ritastfue complexac, atque ramos earumprocacibus bracìiits genirulato cursu scan»dentes , cacumina aequant. E lib. 17.cap. 24. Maritare ni\i 2>alida^ inimicum,enecante veloci vitìum incremento. Oraz.lib. 4. od. 5 .

• Rt 'vitem viduas ducit ad arhores.

-xT'

Pag. 23. T. 22. E ne scaccia senza strepito

Ogni affanno . ..

^

yinacreonte disse , che quando Bacco!eli viene in petto, ev9vmr ai pepipvai.\'-<

Ed il vino da un Poeta citalo da Ate~^neo fu detto srawirtAwTof quasi Posa/-^

fanni,

Pag. 28. V. 24. GiaraVaso di d istailo senza piede con due

manichi per oso del bere. È voce por»

tata io Italia dagli Spagnuoli. 11 Covar-

ruvias nel tesoro della lingua Castiglia*

na : Jarra , vaso ventrudo con dos asas.

E ivi medesimo: jarrìlta , yjarrillo,far

ros perqitennos E appresso: farro comu-nemente se toma por el vaso de tierra,

an que echamos vino , o agita; y dezi-

mas un farro de vino , o un farro de

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3

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I

yvJ \

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280

afiua. Un gentilissimo mio amico , e ai*

giiore mi ha severamente, e ad alta vo-ce sgridato

,perchè io permetto a Bacco

bere il vino ad una giara ^ e mi ram-menta , die la delicatezza e la civiltà

moderna vuole , che le giare sicno de-stinate a bevervi Tacque, e non il vi-no. Ha ragione, e parla secondo la gen-tilezza del suo spirito nobilissimo

; mai bevoni

,quando son già imbarcati ,

non guardano a tante sottigliezze : cosapiù ]>Iebea è lo attaccar la bocca al fia-

sco , ovvero bere al boccale; e pure i

bevoni soventemente vanno cantaudo quel-la notissima canzona :

// buon vin non fa mai maleA chi'l beve allo boccale.

Ed il coro di Bacco appresso il CavalierMarino nell’ Idìllio delTArianna :

Ma di gioja io vengo meno ^

Se'l tracanno a sorso pienoNella fiasca col crò crò ,

Fa buon prò.

I

E come si legge nelle Cento No^ìelleantiche nov. 22. Andando lo 'mperadorFederigo a una caccia con vesti verdi

,

siccome era usato, trovò un poltrone insembianti a piede iT una fontana , edavea disteso una tovaglia bianchissima

I

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' ju terba verde ^ ed avea suso un tomonoie con vino , e suo mangiare molto

polito, ho 'mperadore giunse , e chieseli

bere. Il poltrone rispose con cìte ti da-re' io bere ? A questo nappo non ti por-

rai tu a bocca’, se tu hai corno, del vi-

no ti do io volentieri. Lo 'mperadore ris-

pose,prestami tuo barlione , ed io be-

rò per convento, che mia bocca non vi

appresserà. E lo poltrone li le porse , etenneli lo convenente. E poi non II le

tendeo, anzi spronò il cavallo, e faggiocol barlione. In questo luogo delle No-velle antiche osservo quel bere per con-

vento

,

che vale bere senza toccare il

vaso colle labbra , come ottimamentehanno spiegato gli Accademici della

Crusca nel nuovo Vocabolario della ter-

za edizione , che presentemente sì stam-

pa , il che non osservarono in quello

della seconda. Vant. Rinal. Montalb. Si

trasse la barìlozza da cintola, e porsela

allo cavaliere, che per grande pulitezza

volle bere per convento. Guitton d’Arez-

zo lett. 5z. ho bere per convento allo

nappo altrui non ee tuttogiorno mon-dezza : lo vino sovente si spande gii^

per lo seno. 5S-Pag. a 3. V. 27. Chi ambrosia e nettar non

invidio a GiovePaolo Silenziario nel secondo libro

deH’Antologia in proposito del vino si

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2^2assicnra a dire, che gli pince tanto, chepurché d’ abbia sempre , lascia ad unaltro r ambrosia :

àfi^ponfiv d’àAAoc «;!;«>’ idéXot.

Pag. a3 . V. 29. Di vigne sassosissime To-scane

Virg. Georgica :

Mitis in apricis coquitur vindemia saxis,

Giovanvettorio Soderini nella Coltivazio-

ne Toscana car. 2. Tutti gli agricoltori

convengono in parere, che i sassi sieno

amici alle viti. E car. 1 1. Tutti i terreni

sassosi in qualunque sito o di piano, odi poggio, ec. ricevono le viti lietamen-

te , e generano saporiti e gagliardi vini.

Alberto della nobile famiglia Fiorentina

de’Rimbotti celebre Medico dc’suoi tem-

pi soleva dire : vino nel sasso : poponein terren grasso.

Pag. 24. V. 6. Acqua bianca

0 per la limpidezza, o per cagione\

della spuma , ad imitazione di Omero , \

che nel 2Ì. dclFIliade, nel r|uinlo del- \

l’Odissea, e nella Batracomiomachia die- /

de tal epiteto di bianca all'actiua vdaat^

^evxò, che pure nella stessa Bafraco- >

miomachia ben due volte, e nell’inno \

< secondo di Pallade chiamò purpurea '

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283

v9(t<n voppvpémffi- itop<pvpéot(.

^ppoUonio Argon. 4. vcrs. 916 . ad imi-

tazione d’ Omero :

9è •xoppopéoio 9'ot9uaTOf . . ,

E Furio antico Poeta Latino appresso

j4gelUo criticato da Cesellio indice gra-

matico, e difeso dal medesimo Agellio'.

Spiritns Euronim viridcs dum purpurat

undas :

quasi forse volesse dire /«? yà hiancìie ,

e spumanti per T af^itazione , e per lo

scambievole frangimento. Si può adat-

tare alla spiegazione contraria , comesoggiugnerò qui appresso. Orazio col

chiamare purjiurei i cigni, che sono

bianchissimi , h.a data una gran fatica

a’ suoi Commentatori, tra* quali l’anti-

co Porfìrione: Quomodo purpurei dicun-

tur , cum albi sint potius ;sed purpii-

reum prò pulchro poetae dicere assueve-

rune , ut J^irgilius :

Et prò purpureo poenas dot Scylla cO“

pillo.

Et alibi:

Jn TTUire purpureum violentior affluit

amnis.

Ma sia detto con pace Porfuion» ;

E

284non mi pare, ebe alcuno di questi doéesempli provi il suo intento. Perciocché,quanto al primo ; è nota la favola diNiso e di Scilla , e si può vedere dalPoema di intitolato CeirU dalnome dell’ uccello, in cui fu convertitaScilla, in pena di aver tosato il capellolorporino

, che si vedeva sul capo delle Niso suo padre

; ove si preude il

colore di porpora in realtà , e non permetafora : e Tibullo mostrando quantograndi sieno le forze de’ versi dettati da’

ininni Poeti , che fanno credere ciò chevogliono di coloro, cui essi imprendonoa lodare :

Carmine purpurea est nisi coma : carmi»na ni sint ,

Ex humero Pelopis non nituisset ebur.

Onde siccome fu un trovato di Poeti

,

che Pelope avesse una spalla posticcia

di avorio ;così ancora che Niso avesse

quel suo crine di por|H>ra vera e reale.

Quanto al secondo esemplo di Virgilio

addotto da Porfìrione, non è manco fal-

so, che mare purpureum voglia dire ma-

re belìo ;anzi vuol dire tutto ’l contia-

rio ,cioè mare torbido e nero per la

copia delle ac<jue , che in lui s’ ingros-

sano: che così spiega Didimo il xopipv-

peo* d’ Omero , cioè che JtOit(pvprov si-

gnifichi pfXav in que’ versi dell' Iliade

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285

lib. I. 48 *' ® 48>- Ed Emtazio

deir edii. Romana a car. i3j. nel fine,

ne rende la ragione dicendo, che sicco*

me il sangue si dice purpureo , così an-

cora il fiotto del mare;

per essere il

rosso fondo tirante al nero. Le parole

sue sono: ctopfvptop 3t tcvfia , àìxì

xov (téÀav. àtFitsp xai alfia xopfpvpfov.

toixan yàp orde ipfo tà jj^óuara.

Ijrei iyyvi (itXaviaf ««ri tó xopfvpovf.

E SuMa alla lettela E. è<pv^paivetau

ui7{,aittrai. Quindi è che Omero in tre

luoghi dell’lìiade chiama purpurea to-

lendo dir nera:

’EMafis %op(pipeo( àdfaroc:

E noi Toscani contrapponghiaroo al vi-

no bianco il vino vermiglio , che i La-

tini dicono atrum, il che è rimase agli

Aretini , i quali ancor oggi al vino ver-

miglio ,o rosso dan nome di nero; sic-

come fu dato r epiteto di nero al san-

gue in molti luoghi dell’Iliade, nel ter-

zo dell’Odissea e negl’inni. Poteva con

più accortezza Porfirione, jper provare ,

che purpureo in lingua de’^Poeti valeva

lo stesso che belht addurre il luogo del-

r Eneide :

lumenque juventae

Purpureum^ et laetos oculit ajflarat ho-

npret.

286Sebbene gli si sarebbe anche in questopotuto rispondere, che il Poeta per lucevermiglia di gioventù intende il fiore

del sangue più brillante; e che purpu-

reo per se stesso non vuol dir bello, se

non aggiunto a quella luce, che è ma-dre della bellezza e della venustà; la

qual luce per avventura Virgilio stimò,

<me consistesse nel sangue; e perciò

chiamolla purpurea.

Sbrigatomi da, Porfirione 'non voglio

tacere di Acrone altro antico commen-tatore di Orazio

^

il quale per un ordi-

nario suol dire meglio di Porjìrione;

anzi quel che ha di buono Porjìrione ,

sembra che lo abbia tolto da Acrone.Dice dunque cosi; Purpureis ales olori-

bus. Nitidis aut pulchris , aut ReginaeVeneri dedicatisi ut prò regno purpu-reos dixerit. Questa è una lunga trac-

cia , che il sentir nominare la porporaabbia subito a far venire in cognizione

d’uno de’ titoli di Venere, cioè Reginoi

e che,

per essere i cigni i cavalli del

suo reai cocchio, abbiano perciò ad es-

ser detti purpurei , se non avessero, co-

me i cavalli de’ gran signori , le cover-

tine di scarlatto. Ma ciò non mi reca

maraviglia, quando considero la straor-

dinaria licenza de’ Poeti , i quali nomi-nando, per cagion di esempio, aristas

y

vogliono, che nel nostro cervello si fac-

cia tutta ([uesta filastroccola di nomi ;

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per reste s’intendano le spighe del gra-

no, per le spighe si vengano a intende-

re le ricolte; per le ricolte le stati; per

le stati gli anni. Ma quello spiegare di

Acrone jnrpuri is per nitidis , aut pul-

chris mi sembra molto natui ale; poiché

siccome Venere , |er esser tenuta Dea -

della grazia, bella, amabile, perfetta,

è chiamala soventemente da Omeroà(ppodÌTi] dalla bellezza e splen-

dore e pregio deH’oro; cosi noi Tosca-

ni diciamo a una persona compita, av-

venente , di garbo ;eli’ è una coppa

d’oro, un signor d’oro, e similmente

un libro d’ oro (presso i Latini aureo-

lus libellus) nella stessa guisa, giacché

il vestire di porpora era cosa appresso

gli antichi magniBca , e da Re, e comedicono i Greci Xafnrpà

,

i Latini e i

Toscani splendida , si senti Orazio trat-

to a chiamare i cigni , che hanno piu-

ma si vaga, netta e rilucente col titolo

di purpurei. Se però non si volesse cre-

dere ,che ne’ secoli antichi trovavast

una sorta di porpora bianca da Plutar-

co mentovata ,come osservò il dottissi-

mo Tanaquil Fabro.

Se non fosse un trattare un Poeta da f

troppo pratico , anzi disperato cacciato- \

re, potrei dire, che Orazio chiamò i ci-

gni purpurei non per alcuna delle sud*

dette ragioni; ma bensì perchè in realtà

si trova una razza particolare di cigui,

Digìtized by Googlc"1

*88i quali hanno il capo , il collo ed il

petto coperto con penne bianche sin alla

base ^ ma che tutte nella loro punta , oestremità, son tinte d’ un colore dorè, orancialo, il qual colore è molto più ac-

ceso , e talvolta rosseggia in quelle delcapo. Sembrerà strano questo mio detto

non essendovi stato alcuno Scrittore, chelino ad ora abbia osservata questa se-

conda razza di cigni , come 1’ ho io

molte volte veduta, ed osservata nell’oo-

casione di trovarmi alle cacce del Sere-

nissimo Granduca mio Signore. Due so-

no le razze de’ cigni. Quegli della pri-

ma razza sono di tutti gli altri maggiori

di corpo e di peso , ed arrivano alle

trentasei , ed anco talvolta alle quaran-

ta libbre fiorentine , che hanno dodici

once per libbra. E questi portano nella

parte superiore del rostro verso la base

una pallottola nera , e grossa quantouna ciliegia; e tal pallottola da’ caccia-

tori è chiamata il cece ; e da esso cece

vien creduto dal volgo , che i cigni sie-

no stali da’ nostri antichi appellati ce-

\ ceri. Hanno questi tutte le loro pennebianchissime ; ma i piedi son neri , edil rostro , che pure è nero , alquanto

rosseggia. I cigni della seconda razza

son minori di corpo , e meno pesanti

,

giacche tanto tra’ maschi,quanto ancora

tra le femmine , non ne ho mai trovato

alcuno che arrivi al peso di veatisette

aiviLioogle

libbre: ma tutti si trattengono dalle 22.

alle 26. Questi non hanno alla base del

rostro quella pallottola, o cece nero, edil loro rostro , ancorché sia nero , egli

è tempestalo tutto di macchie gialle : e

questi son quegli , che nel collo, nel

capo e nel petto hanno le penne tinte

di quel color d' arancia matura, che

forse fu cagione di fargli nominare pur-

purei. Ma,

per dire uno scherzo , nonvoglio tralasciar d' accennare , che for-

se quegli uccellacci^ destinati al carro

di Venere non erano veramente cigni

,

ma bensì grotti , bianchi come i cigni,

toltone alcune penne dell’ ali , che son

nere ; i quali grotti , avendo pendente

.

dal rostro quella loro grandissima e stei^

minata giogaja di colore d* accesissimo

schiatto , dettero occasione ad Orazio

di nominargli purpurei. >Se i commen-tatori volessero credermi questo scherzo,

potrebbon poi farsi onore , col soggìu-

gnere , che i grotti meritamente, e con

|

gran misterio furono destinati al servi-|

zio di Venere: imperocché essi non han- '

no voce, ed ancorché sieno grandi quasicjuanto i cigni , contuttociò hanno unalingua così piccolissima , e la portanoCOSI nascosa , e lontana dalla gola , chefa di mestiere usar diligenza per ritro-

varla ; onde alcuni Scrittori hanno cre-

duto che non 1’ abbiano. £ cosi non|

Redi, Opere. Vol.I, ig

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39®,

avendo lingaa, nè voce , non avrebbonpotuto rilevare le segrete galanterie del-

jla padrona. .

Pag. 24. V. 7. TonfanoRicettacolo di acqua ne’ fiumi lè do-

ve ell’è più profonda.

Pag. 24. V. 7. O ne tonfani sia brunaNe* tonfani 1’ ac(|ua sembra nera , o

bruua per la profondità, onde jipollo-

nio nel quarto deH’Argouaut. vers. 617.

ìraraftòf,

cioè fiume nero per la profondità. Evers. 1574. dello stesso libro:

Keiffi ptv xórtoio iiriXvnt , ifHa pi~Xttra

Bsv^oC àxivfitov psXavti.

Appresso di Teocrito il fanciullo Ila ,

attignendo l’ acqua dalla fonte per la

cena di Ercole e di Telamone cadde,tiratovi dalle tre Plinfe nell’acqua nera,xarripiirs 9 ’

è( péÀ,av v<top. Tralascio dimentovare Coiaio Smimeo nel terso li-

bro vers. 576. siccome ancora Omero , \

che in più di dodici luoghi dell’ Iliade,|

della Odissea e degl’ Inni chiamò nera[

1* acqua non solamente del mare , ma <

«quella altresì de’ fiumi e delle foutaaci1

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intorno a che è da leggersi lo Scoliasce

Didimo , ed Eustazio. 11 colore dell’ ao<

qua detto da' Latini aquilus è spiegato

per bruno. Pesto Pompeo: Aquilus color

est fuscus et subni^r, a quo aquila

dieta esse videtur, quamvis eam ab acu-

te volando dictam volunt. Aquilius au-

tem color ( che forse ha da dire aqui-

lus') ab aqua est nominatus. Lo ScalU

gero su questo passo cita il Glossario

,

che dice: Aquilum, (sé^oiv , \uxiX-ÀOi ;

quindi adduce due versi di f'^ar-

rone nel libro della fine del mondo:

Atque AEgeus Jluctu quam laiùt anteaquila ,

Saevus ubi posuit Neptuni filius urbem.

E dottamente aggiugne , che l’ aquilus

Jluctus di Varroue suona lo stesso , cheil vàop di Omero. Ma il nostrotnaggjor Poeta per altra cagione diedetitolo di bruna all’ acqua nel ad. delPurgatorio :

Tutte r acque , che son di qua piàmonde»,

Parrieno avere in se mistura alcunaPresso di qtiella, che nulla nasconde'.

Avvegnaché si muova bruna brunaSotto r ombra perpetua

,che mai

Radiar non lascia sole ivi, nè luna-

>92Pag. 24. T. 2?. ZoA' pur F acque àel Nilo

Filostrato nelle immagini, ovvero pit-

tare , descrive una certa storia , che si

contava delle maraviglie di Bacco fatte

nell’ isola d’Andros. ^gH Andrii ^ dice

egli, per virtù del Dio Bacco, la terra

pregna di vino scoppia , e fa loro na-

scere un fiume , il quale, se tu lo con-

sideri , come i fiumi ordinarii , non giu-

gno ad esser grande : pensando,che è

vino , sembreratti un grande e divino

? fumé ;poiché altri , attignendo da quel-

l lo ,può dispregiare con ragione il Nilo,

\ e F Istro tutto quanto , e affermare di

I essi , che molto parrebbero migliori , se

più piccoli fossero , ma con tali acquecorressero.

Pag. 25 . V. 16. U acqua cedrata. Sia sban-deggiata

Pel contrario nel Ditirambo delFA-rianna inferma io ho detto :

Corri, Nisa, prendi una concaDi majolica invetriala-.

Empita , colmala d' acqua cedrata;

Ma non di quella , che il volgo si cionca-.

Ma se vuoi, Nisa, farti un grande onore.Togli di quella , che iF odor si pierux

Serbasi per 1 1 bocca del Signore ,

Che te contrade delt Etruria affrena.

Questa ò F idolo mio , e il mio tesoro^

È questa è il mio ristoro -.

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E mentre cìl io la bevo , e cK io V in-

gozzo,

E, per dir più, la mastico e la ingollo.

Fatti di conto ,io ne berci un pozzo

;

Ma come un pozzo vorrei lungo il collo.

Pag. 25. T. a5. DelTAlosoiaBevanda costumata dagli SjMgnuoli, e

introdotta in Italia. 11 Covarruvias: A-loxa es una bevida muy ordinaria en eltiempo dCEstio, becha de agua, miei, yespecias. Vedi quivi.

^

Pag. 25. V. 25. Del CandieroE una sorta di bevanda moderna men*

te inventata. Fu per ischerzo gentilmcn*te descritta nella seguente maniera dal*l’illustrissimo sig. conte Lorenzo Maga-lotti :

Tuorli uovo cotti appenaSbatti in tersa porcellana

,

E se vuoi cosa sovranaQuanto sai sbatti, e dimenaiPoi metti zuccheroPiù assai ét un pizzico'.

Torme un gran bucchero i

Non fare a spizzico !

foco nuischio , ed ambra in chiocca ,Penti , otiirita ei hotmni .

Monda un par di limonciniSol per ggasa. dellà~^occa ;

*94Poi lastia stara

A riposare.

Finché r orlare

Fien tutto fuorp ;

Aliar con flemma"

( Cosa importuna ! )Trascegli , e leva

Ad una ad unale bianche foglie

De' gelsomini ;

Le verdi spoglie

De' limoncini ;

Indi i adacrfua

Con dimoifacqua

,

E rimaneva , S\Finché si veggia \ p. JIncorporato ^Eimescolato ^

Quel soave ojorosetto*

Gentilissimo brodetto

Proprio degno di Ciprigna :

Per finissima stamigna

Che forensi anche puivagne,Mentre in breve puoi vederla f

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Si:

/ ‘-

.

X

E di giefcangiarsi in neve.

Or di questo bel lavoro

D' assetati almo risWffSul mezzo giorno^ j, /

Bella trincierà‘

jilsane intorno

La soirbettiqrjii

E quando vedi ,

'

Che intorno intorno

Gelido nastro

Fa ’l vaso adorno ,

Con un cucchiajo in man di terso or-

genio

Tosto il distacca

E il ridistacca ^

Perchè'l vedrai rifarsi in un momento %

Finché bel bello

Rimescolando ,

Questo con quello*1 0

Tra gelato , e non gelato ^ )

Vedrcù farsi in pià (T un loco ,

E serrarsi appoco appoco

Come un latte ben quagliato \

nominato'j

Tal chiamollo il Siciliano ^

Che pria V fe contro la sete

Del signor di Carbognanot

Pag. 25. T. ult. E non par mica vergogna

Tra' bicclùeri impazzir sei volte F annot

II Maestro Aldobrandino pari, i . cap. 3.

Non dee t uomo bere tanto ^ che diven»

ga ebro , tutto sia ciò che molti filosofi

dicano , che esser ebro due^ voltejl me»^

je è santade, perciocché dicono, che la

Jorta del vino distrugge le superfiuitadi

del corpo , e le purga per sudore e perorina. Tibull. lib. 2. eleg. i.

. . . . non festa luce madereEst rubar, errantes et male ferrepedes.

y Impazzire fu chiamato il bere da Ana-\^creante', e Bacco stesso si chiama •

vópevot come scrive Ateneo sol bel prin<

cipio del lib. i 5 . Yedi.Qraz. lib. 2 od. 7.

lib. 3 . od. 28. lib. 4. od. 12. Plin. lib 14.

cap. 22. e Seneca de Tranquillitate

,

che disse : Aliquando vectatio , iterque

vigorem dabit,conmctusque

, et libera^

lior patio ; nonnunquam et usque adebrietatem veniendum , non ut mergat

non', sed ut deprimat curas : eluit enimcuras , et ab imo animum movef. et ut

morbis quibusdam , ita tristitiae mede-tur. Vedi Platone lib. 2. e 3 . delle leggi.

Vedi Agellio lib. i 5 . 2..

* ’

Pag. 26. T. 4. Avallo questo , e poi queir^

'.. r altro vaso

1 Franzesì dicono avaller un verre.

ella stessa formula si valsero i Pro-

venzali antichi. 11 Maestro Aldobrandi-

cd by Google

297no frequentemenle costumò di servirsi

del verno avallare in significalo di be-

re ^ d inghiottire , <T ingollarci Avallare

è quello che Seneca , ma in proposito

di mangiare, disse demittere. Sed ardeof

tes boietos,

et raptim condimento suo

mersatos demittunt pene fumantes, quosdeinde restinguant nivatis potionibus. Enella materia del bere il Poliziano ;

Ognun gridi Bacco Bacco ^

E pur cacci del vin giù.

Pag. 26. V. 8. ZamberluccoE una lunga e larga veste di panno

colle maniche strette, la eguale, invecedi bavero , ha un cappuccio cosi largo,

che può coprire la lesta , anco quandovi è il turbante de’ Turchi, o il caqiac*

co de’ Greci : e se ne servono i Turchie i Greci portandolo sopra tutte l’ altre

vesti in tem])o di freddo , o di pioggia.

I Turchi in lor lingua lo chiamano .7ia<

murluk donde è nata la voce zamber-lucco degl’italiani, che da poco io quahanno comiuciato ad usare una tal ve-

ste nella stagione più fredda.

Pag. 26. V. i3. Quali strani capogiri

IVel Cicalamento di Maestro Bartolinodal Canto de Bischeri fatto in uno de’

solenni stravizzi dell’ Accademia della

Crusca : Domandatene Purcograsso , e

ig8yannaccena, il qual» nel suo libro DequalUatibns , et proporCionibus dice , il

vino sovente esser cagione di parla^ia^

parletichi e capogiri , ed in somma di

moie altre girandole.

Pag. a6. T. i 5 . Pormi proprio^ che la terra

Sotto i piè mi si raggiri.

\ / Il Cìclopo briaco appresso Euripide :'

%!

O d' ovpavóc poi avppepiyjiévof 9oasij

T17 yq (pépsaSttu. j

Pormi che 7 cielo colla terra unito

Con essa lei si giri.

II Mureto nel Galliambo sopra Bacco;

tJideri ut nemus odalo procul ùnpete

rapitur ?

Humus ut tremens frequenti salit acta

tripudio ?

Pag. 26. . 19. Lascio la terra , mi salva

nel mare* Fa qui a proposito la storia raccon-

tata da Timeo di Tarmino , e riferita

da Ateneo nel lib. i. di coloro nella

città di Gergenti in Sicilia , che per

r ubbriachetza impazzati, gittavani dal*

: le finestre le robe della casa , credendo

idi essere ia mare jiericolando, e perdi

convenir far petto delle mercanzie; on-

de la casa loro fa nominata Tpii^ptK

,

come se noi dicessimo la nave, o la ga- /

lera.

Pag. z6 . V. 20. ^ara vara quella gondolaVarare vale propriamente tirare il

navilio da terra in acqua , come si puòleggere nel Vocabolario della Crusca ^

ed in tal significato se ne servirono an-

cora gli antichi Provenzali. GramaticaProvenzale manuscritta libreria di san

Lorenzo: Varar, mittere navem in pela-

gum. Quindi parrebbe forse credinile

,

che varare sia detto da vadaer', e Vir-

ilio nell' Eneida dà il nome di vadaall' acque del mare :

.... sulcant vada salsa carinae.

Ma, ancorché varare significhi tirare il

navilio da terra in acqua, nulladimenoLuca Pulci nel cant. 4. del Ciriffo Cal-

vaneo 1' usò per accostar la nave alla

terra, acciocché le persone di essa navepotessero sbarcare :

Venne la notte , onde di nuovo afferra

Il porto ; e i venti lo sen’on leggieri ;

Varò la barca, e'I pover mise in terra

Con quei cavalli, e con tutti gli arcieri.

E nel vanto di Rinaldo da Montalbano

3oo- manuserìtto Redi : Essendo già vicini

alla terra, vararono la nave quasi sdru-

cita , e smontarono nello lido deserto.Con questi esempli si può correggereMorgante 2o. 49* testo stampato ia

Firenze dal Sermartelli , dove si legge :

Greco surgeva , e varcava la barca :

Orlando lo pagò cortesemente.

dee leggersi varava, e non varcava.

Pag. 26. T. 21. Ben fornitaFornita in questo luogo vale provve-

duta , corredata di tutto quel che biso<

gna. I Provenzali se ne servirono nello

stesso sentimento. Gramatica Provenzaledella libreria di san Lorenzo: Fornir,necessaria dare. Onomast. Provenzaledella stessa libreria. Fornir , dar quelche bisogna.

Pag. 26. V. 28. Diporto

Trovo la voce dij^rto ne’ Poeti e ne*

Prosatori Prove)izali. Periol

,

o PietrodAlverina libreria san Lorenzo :

Ben ai aimaìs qeu sospir, e qeu piai-

gnaiQab paoc lo cor non pari

,qan me ro-

cori

Del bel solaz , del ioi , e del deport.

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3ot

Giraldo di Bomello ael priaciplo di

una sua canzone :

De chantar ab deport

Me /or en toz lassaz :

Mas guani soi bea irati ,

Estenc r ira ab lo can ,

£* vau me conortan.

Storia della Bibbia In lingua Provenza»

le , manuscritto di Francesco Redi : L>a

mullber del Rei ffarabo anaves ab sos

J/ils deportan per a guella orta, e vee-

ren a guella caxeta.

Pag. 27. V. 5 . Oh beir andare

Ber barca in mare.

Finge Euripidea che al Ciclopo imbrlacato |

* da Ulisse pareva di andar per mare a|

sollazzo , come una barchetta.|

t

Pag. 27, V. ig. Passavoga, arranca, arranca

Ottimamente il Vocabolario della

Crusca. Arrancare. Da anca. Propria-

mente il camrmnare , che fanno con

fretta gli zoppi , o sciancati ; dicesi al-

tresì delle galee ,guando si voga di

forza , che è lo stesso , che andare avoga arrancata. Gramatica Provenzale :

Rangueiar claudicare. Kella St<)ria della

Bibbia in lingua Provenzale del mioantichissimo testo a penna : Li^tant Ja-

3o2cob ab r angel , donali tangel una fo-nda en r amjua , si qise la li encodor-mi, e per a quella farida fo Jacob ren-qualos. E di qui prese 1’ etimologia la

voce ranco ia signilicato di zoppo

,

quando se 'ue desiderasse un’ altra dif-

ferente da quella accennata nei princi-pio di questa annotazione. Trovo la vo-

ce ranco nell’ antico libro della curadelle malattie. (Questi son ranchi e stor-

piati per lungo tempo , non ae rimedio,

Pag. 27 . V. 28. MandolaPuò esser forse che sia detto dal la-

tino Pandura, sorta di strumento musi-cale. La voce nella primiera sua origi-

ne è Assira , siccome ancora 1’ inven-zione dello strumento , che era di tre

corde : e ne fa testimonianza Giulio Poi-luce nell’ Onomastico dedicato da lui aCommodo Imperatore lib. 4. cap. g.rpij(pp<iov Se, oxep àmrvpiot xavUovpavÓv6pa4<y> > intitoir d’ xai tò evpqpa.Di qui si fece il verbo pandurizare

,

di

cui si servi Lainpridio nella vita d’EIio-

gabalo. Ipse cantavit, saltavit, ad tibias

dix.it,tuba cecinit, pandurizavit

, orga-

no modulatus est, come da molti è sta-

to osservato. La Pandora de’ modernimusici è strumento di dodici corde in

sei ordini. 11 Mandolino ha sette corde,

e quattr’ ordini.

3o3Pag. 27* V* 28. La eucciarucù

Canzone così detta, perchè in essa si

replica molte volte la voce del gallo; ecantandola si fanno atti

, e moli simili

a quegli di esso gallo, come si può ve-

dere nella Tiorba a Taccone di Felip-

§0 Sf'ruttendio da Scafato stampata inapoli nel 1646. e ristampata nel 1678.

alla corda nona in quella canzonetta, la

quale comincia :

Ferma su. Mosto Paziezo,Ca facimmo na Lucia.

1 due grandi Oratori della Grecia Ipe-ride e Demostene, volendo rappresenta-re la voce ed il verso che fa U gallo,dissero xoxxv^ei» , come afferma Pollucelib, 5. cap. i3. La maniera di rappre-sentare co’ moti del «orpo animali di-versi fu assai , ne’ loro scherzi

, Umilia-re agli antichi ; e facevano il lione

, lagru e la civetta, come pur testifica /»o/-luce nel lib. 4. cap. 14. dove raccontale varie spezie di saltazioni co’ nomi lo-

ro. E ve n’era una, che dal conlralfarsiin diverse forme di animali

, lacendoatti e smorfie a ciascuna ragione di essiappropriate , si chiamava fiopipao/ióf.Vedi Benedetto Fioretti nel volumequarto de’ suoi Proginnasmi cap. 37.

3o4Pag. 28. T. 22. Soatenossi tempesta fieris-

sima

Bellistiimo è l' epigramma di Callima-

eo riferito da Ateneo nel libro secon-

do, dove si dice, che il vino eccita nel

nostro cor{)0 una tal tempesta,

qualesuol essere nel mare della Libia.

Pag. 28. V. 24. SbuffaNella Gramatica Provenzale. Bufar,

ore insufflare. (Jnomasi. Provenz. Bu-far, buccis inflatis insufflare. Himar.Pmvenzale. Buf, idest insufflatio. Diqui ha origine la voce buffone in signi-

ncato di vaso di vetro tondo, gontìo di

cor|H) , e cortissimo di collo per uso di

mettere in fresco nell’ acqua le bevan-

de: e parimente buffone, cioè giullare:

e buffetto in sanificato del colpo di undito, che scocchi di sotto un altro dito,

e suol darsi nelle gote gonfiate : e buf-

fetto altresì aggiunto di pane: e bufera

e rabbuffare e rabbuffo. Tra gli Aretini

bufare vale lo stesso che nevicare conTento. Vedi quel che accennai nelle

Origini della lingua Italiana del signor

Egidio Menalo alla voce beffa stam-pate in Parigi l’anno 1669. appresso Se-

bastiano Mabrc Cramoisi in quarto , e

quelle deir ultima impressione dell’ an-

no i 685 . in foglio.

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« 3o5Pag. 28. t. 32 . Gitta spere ornai per poppa

Gettare spere. Fare spere. Mettere spe-re è termine marinaresco de’ nostri an-tichi. Morg. cant. 20 . 35.

Subito messori per poppa due spere ^

E 7 mar pur sempre di sopra su passa,

L’Ariost. cant.. 19 .

Rimedio a questo il buon nocchier ri-, -aei,

.

trova

,

Che comanda gettar per poppa spere^E caluma la gomona ^ e Ja prova

~~

Di due terzi del corso rattenere.

«Nella Tavola ritonda

, manuscrittodella libreria di s. Lorenzo : Niente gio-vava loro gettare ancora, ne potevanometter rimedio ne per timoni, ne per

, vele calare in orza, di che li marinari,per lo migliore

, facevano allora spera,

e la nave si lasciano andare alla vo-lontà, e alla signoria de' venti. Vita s.

Anton, manuscritto: Per lo ultimo rime-dio si risolverono a fare spera, e poi siabbandonarono allo mare. Messer t'raa-cesco da Uarberlno ue’ Documenti diAmore :

t, 't

'

Jn luogo di timoni

Fa spere , e in acqua poni.

Redi. Opere, Voi. l.

*

. •

\

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3o6Sopra di che le Chiose dello stesso cita*

te da Federigo Ubaldini. Speras. Ugan-tur enim plures fasces ,

et proijciuntur

in a/fuas retro naves,ut non sic naves

currant fractis themonibus;et dicuntur

tperae yquasi res quae faciwit tardare

progressum. Può essere, che si dicessero

spere,

quasi che fossero 1’ ultime spe-

ranze nelle tempeste. Che gli antichi di*

cessero alcune volte spera invece di spe-

ranza ne può essere testimonio ArrigoBaldonasco ,

manuscritto di FrancescoRedi:

Chi al suo presio si prova ,

Ogni altro va morendo:Però tutto mi arrendo :

A lei ,eh' è la mia spera :

' Spero in leiy che si trova, ec.

Lo stesso Poeta nello stesso manuscritto:

Amor novellamente

M' a preso in tal mamera ,

- Ke con tutta mia spera

M' a fatto servidore

Di voi, donna piacente,

£ di gran senno altera.

Ruggierone da Palermo, mannsorittp

Redi:

£ tutta la mia spera è posta in lei.

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I Poeti Provenzali dissero esper^ cbe

vale totalmente lo stesso di spera de’nostri Toscani. Emblanchacet nella can-zone che comincia : Lonzament m'antrabaillat, e mal mes , ses nul repausAmor en son poder^ ya dicendo ‘ del me-desimo Amore ;

Mais el me tea gai, e en bon esper.

Giraldo di Bornello, manuscritto di

sau Lorenzo :

Per lo gmt, e pel comanDeh treis

( cioè degli occhi e del cuo-re ) e per lor plazer

Nais amor ,<7’ en bon esper

Vai SOS amics conjortan.

Raimondo Giordano Visconte di san-t’Antolino :

E pìaz mi molt, car sai, car vostromso ;

Qiins bon esper de vos mi ten iauzen ;

Qab bon seignor nos perd ricz guazerdo,,Qui gen lo serf.

Tra le voci della marineria moderna viè il cavo della speranza

, che è un ca-napo grossissimo, serbato nelle navi pergittar r ancora negli estremi bisogni* Ilsig. Anton Maria òalvini avendo cuusi-

3o8dcrato , che ^ttare spere è termine ma*rinarcsco liell’Adriatico , e avendo letto

elle Origini del Ferrari, Spera. Suppo-situm , turunda ad solvendam alvum ,

quod in spitam convoìvatur, va conget*

turando, che, siccome la cura, o sup-

posta vien chiamata spera, per essere

un volgolo , cosi possano essersi dette

spere quei fasci legati e avvolti, che si

gittano in mare per arrestare , e ratte-

nere la nave , dal latino, spira. Greco,tnrtlpa

,

con che si signilica ogni cosaravvolta , c che abbia giri.

Pag. 29. V. I. Orcipoggia,

Messer Francesco da Barberino ne*Documenti di Amore :

Manti, prodani e pioggia ,

Poppesi ed orcipoggia.

Le Chiose. Orcipoggia. Furtes,

quibusvelae Irahitur, cum nimium vend

essent. Nel Vanto di Rinaldo da Mon^talbano del mio testo a penna si leggeOrzipoggia.

Pag. ag. v. 9. StoniMesser Francesco da Barberino ne*

Documenti d’Amore :

P se un Sion repente

J'ient che subitametUe

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Rontpe , spezza e rivoìge ;

Ben fa ì se a Dio si volga

Oirni anima : che solo

El ti può torre duolo.

Credono i marinari , che il Sione noni

sia altro, che una guerra di due , o dii

più Tenti d’ uguale , o poco differente\

possanza tra di loro , i quali urtandosi»

e raggirandosi in allo aggirano ancora I

le nuvole;

quindi con esse nuvole ca*

landò in mare , e raggirando 1* acqua , I

e assorbendone molta , stimano , che ilj

Sione vada crescendo e rigouiìando, e

che sia possente in quel ravvolgimento L

a far perire il vascello. Son da vedersi

r opinioni de’ Filosofi del nostro secolo.

Delle ridicolose e vane superstizioni co- i

stumate da’ marinari per tagliare, come /

essi dicono, il Sione, sarà bello il ta-

cere.

Pag. 29. V. 12. I cavalli del mareCavalli in termine marinaresco si di-

ce a que’gonfiamenti dell’ onde, quandoil mare è in fortuna, che con altro no-

me son chiamati marosi, fotti di mare,ec. ed oggi più comunemente son detti

cavalloni. Giti lo Giudice Storia Troja-

na: I.e disavventurate navi s' avviluppa-

no tra gli ondosi cai'alli. E quivi me-desimo : Cavalli del mare da venti si

levano in ffranài montagne ; dorè forse

volle esprimere quel di Virgiììo :

. . . insequitur praeruptus aquae mons.

Pag. 29. V. i5. Che noi siam tutti perdutiSan Giovan Crisostomo , o coi si sia

il rappezzatore dell’ Omelia contro la

gola , e contro l'ebbriachezza , intitolata

%ef>ì yatTpi(iapYÌOi<;, «ai /tedile , chiamal’ebbriachezza con nome di naufragio.

I luoghi son degni d’ esser veduti,per-

chè queir Omelia veramente è un rap-pezzamento, e un ricucimento di varj

passi di più Omelie del Santo , tutti

concernenti alla stessa materia.

Pag. 2g. V. 20. Ma mi sento un pò più sca-

rico

Pel contrario carico si dice di chi habevuto di soverchio. Antic. annotar. Bibb.

manoscritta : Oloferne era un po carico

dal vino. Firenzuol. Asin. lib. 3 . Tor-

nando jersera un poco tardetto da ce-

nar fuor di casa ,essendo assai ben ca-

rico , ec. cosi del cibo come del vino.

II lesto latino : Quum a coena me se-

rius aliquanto reciperem potulentus. Untal caricarsi volendo spiegar Virgilio

disse impleri :

Implentur veteris Bacclùy pinguisque fa-

rinae.

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3it. E Plauto alla comica disse saburrali

preadendo la metafora dalla zavorra

,

con cui si caricano le navi. Cistell. at. i.

. scen. I.

Idem mihi , magnae quod parti est vi*-

tium mulierum ,

- Quae hunc quaestum facimus ; quae ubi

saburrale swnusyLorgiloquae extemplo sumus : plus lo--

quimur quam sat est.

£ appresso :

- Quin ego nane » quia sum onusta meaex sententìa ,

Quìaque adeo me compievi flore Làbari^

Magis libera uti lingua conlibitum est

mihL

I Fiorentini soglion dire cena leggiera.

Andar leggieri a letto , e simili.

Pag. 29. V. 2r. Io già rimiro

Mirare , rimirare vale lo stesso, che

guardar fissamente ,guardar con atten-

zione, L’ etimologia del verbo mirare è

da leggersi nelle Origini Italiane del

Ferrari. Appresso i Provenzali antichi

mirar significava lo stesso, che guardarnello specchio. Nella Gmmatica Pro*

vernale del testo a penna della libreria

di san Lorenzo : Mirar, in speculo inspb

3ixcere. Nel Vocabolario Tolosano: Mirail»

là, mìrer, regarder au miroir. Quindimi fo a credere , che la voce miratore

usata nel Tesoro di ser Brunetto Latini

2 . i8. IjUca tanto vale a dire quantomiratore, e lucente, non significhi colui,

che mira , conforme scrissero i Compi-latori del nostro Vocabolario della Cru-

sca ; ma tengo , che debba interpretarsi

specchio ; e ne ritrovo un simile esem-pio nel mio testo a penna delle Lettere

di Fra Guittone dtArezzo, lett. 5. Cre-

do , che piacesse a lui di portar voi tra

noi per fare meravigliare, e perchèfoste{specchio e miradore , ove se provvedes-

se , e agienzasse ciascuna piacente e va-

lente donna. Lo stesso Guittone \c\X. i3.

invece di miradore disse eziandio mira-

glio. Carissimi, del mondo miraglio sie-

te voi ; tutti nel mondo magni ; a cui

s' affaccian tutti i minori vostri, e dela forma vostra informan loro. Ma il

verbo smerare, che si trova negli autori

più antichi vale depurare , nettare, pu-

lire: siccome raddictlivo smerato signi-

fica netto , limpido e trasparente. Nel-

r antico Trattato della Sapienza, manu-scritto : Quella fontana è si chiara e sì

smerata , che 7 cuore conosce , e vede

se , e suo Cteatore ; siccome t uomo si

vede in una bella fontana ben chiara

e ismerata. Queste voci capitarono in

Toscana dalla Provenza. Himar. Provenz.

«

/

3i3• della libreria eli sari Lòrenio : Esfnera

,

depurai', e di qui forse venne smeriglio,’

pietra , colla quale si brunisce 1’ acria-

* jo , e si puliscono i marmi ; se però- non fosse un volgarizzamento del greco

ffUiptf.

Pag. 2q. V. 24. SantermoDicono i marinari ,

che nelle più spa-

ventose fortune di mare suole sovente-

mente verso ’l fine di esse apparire unacerta luce , o splendore

,il quale si po-

sa sopra gli alberi, o sopra l' antenne,o sopra le pale de’ remi del navilio ; e

questo splendore è chiamato da essi ma-rinari la luce di Santermo, ovvci’o di

Santelmo. Gli antichi greci e latini fa-

voleggiando crederono , che fossero le

stelle di Castore e di Polluce, e altresì

di Elena. Alcuni de’ moderni pensano,che sia una esalazione spiccatasi dalla

moltitudine degli uomini del vascello.

Altri dicono essere un genio buono, cheannunzi il fine della tempesta. Altri ungenio cattivo , che , dando speranza di

salute a’naviganti ,brami d’ essere ado-

rato. Certuni s’ immaginano , che quelpoco di barlume di luce

, che al volgo

stordito dalla paura par di vedere sugli alberi e sull’antenne, sia un effetto

de’ raggi solari , che percuotono sull’an-

tenne,o sulle funi incatramate ,, nelle

quali dopo la tempesta,

soglioa rima-

3i4nere quasi sempre molte Iwlle d’acqua,

che a guisa di specchietti sodo abili a

rendere alcuni ri dessi luminosi. Cert’al-

tri ,ancorché abhian navigato tutto il

tempo di lor vita, affermano non essersi

mai imbattuti a vedere cosi fatta cosa ;

e la credono un trovato del semplice e

credulo volgo, il che fa molto a nro|K>»

sito i)cr confermar 1’ opinione dell’anti-

co Metrodoro citata da Plutarco nel 2.

de Placit. l marinari cristiani , come

che venerano per loro protettore san-

t’Elmo vescovo Siciliano, tengono fede,

che sia un soccorso del santo loro pro-

tettore. 11 Covarruvias nel tesoro della

lingua Castigliana crede, che questo no-

me di Santelmo sia nome abbreviato di

santo Erasmo; e di qui può esser nata

la voce Santemio.

Pag. 3o. V. 4. Sarà sempre il mio miffnone

Mignone significa amico, intimo, fa-

vorito; e non è voce nuova in Toscana.

Fra Giordan. Pred. ,manuscntto. Fol-

gele occhi della mente a Patroclo

. mifftone del Re Achillrs , e a Efer.tìo-

ne , che fue mignone del Re Alessan^

dro.

f Bem. OrhI

1 Or fatti liberar dal tuo mignone.

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3i5

Luigi Pulci fMorg.‘ 24* 5o«

Disse Ulivieri : a te si vorrè dare

Tanto in sul cui ,che diventasse rossQ ,

E farti a Gano il tuo mignon frustare.

Che ^ ha sempre trattato , come uomgrosso.

Duca Pulci, Cirifft CaWan. cani.

Cosi dair altra parte par che attenda

Il Re Luigi al suo mignone, o cucco.

Niccolo feniani nelle Rime piacevoli

stampate in Venezia sotto nome dell’>^c-

cademico Aideano fa dire al suo gatto:

10 fui mignon del mio signor molti anni,

11 dottissimo e diligentissimo Carlo Dur

Fresne nel Glossario alla voce Minna

cita un certo Maestro Isone

,

il uuale

,

facendo le chiose a’ versi di Pruaenzio,

dice:

Ardor ; amor , minna.

Furores

,

minna.Ignem

,

amorem ,minna.

La prima di queste chiose è aggiustata

su quel verso del libro primo di Pru^

denzio contro Simmaco , ove trattando

t

3i6degli amori di Ercole con Ila sno mi-gnonc disse :

Herculeits mollis pueri famosus amoreArdor.

Spiega queir ar^/or con due tocì , uualatina, e l’ altra germanica. Ardor ^

amor^ minna. Dissi minna voce germa*nica

;perchè il Kiliano scrive nel suo

Dizionario , come riferisce il medesimoDu-Fresne , Theutonibi*s minnen est

amare , diligere atque adeo venereis vo-

luptatibus frui , amare , amori litare ;

maxime superioribus Gennanis. Nel giu-

ramento scambievole de’ due fratelli di

Francia Luigi e Carlo in Argentinal’anno 842. riferito nel 3 . libro della

storia di Nitardo , c citato dal IJpsio ,

e dal Presidente Claudio Fauchet nel g,

libro dell’ antichità delle Caule c. 6. e

da Ottavio Ferrari nel proemio alle sue

Origini, quelle parole in lingua Tedesca,

In godes mìnna^ si espongono nell’altra

parte del giuramento prò don( ovvero

deu ) amnry cioè prò Domini , seu Deiamore. Da tutto questo si può con fòn-

damento raccogliere, che il mionon de*

Franzesi, e da loro a noi Toscani vcri-

similmente tramandato, sia una di quel-

le voci , che aliignarano nella Callia

• portatevi da’ Franchi, popoli di Germa-nia ,

che a quella regione dì Frauda

diedero il nome, le quali al parere del

famoso Legista Francesco OUomannonel libretto de Franco-Gollia

,

compon-

gono un terzo della lingua Franzese

,

poiché da minna, amore, e da minnem^

amare; voci antiche germaniche, hannofa'to a mio credere i Frauzesi mignon

il cucco, il favorito. E mignonne disse

il Ronsardo a donna leggiadra, vezzosa

e amata , che pur anco disse all’usanza

de' latini, amie, m' amie. E mignard

vezzoso. Mignardelet presso gli antichi

per vezzosetto; imperocché la grazia, la

gentilezza ingenerano amore. Veggasi il

Femiri nelle (.Irigini, ed il Covarruvias

alla .voce Menino. Veggasi altresi Egi~

> dio Menagio nelle Origini della lingua

Franzese, nelle quali questo valentuomo

si persuase da prima,

che mignon de*

Francesi fosse nato da mignoun

,

che

presso i bassi Brettoni vale amico , eposcia mutaudo parere .volle credere ,

che si originasse dallo Spaglinolo ninno,

ovvero mi ninno,

1 Greci mignone lo dicono rà naidixà.

I Latini deliciae, arnores. E siccome t*teaiSixà si usò presso Piatone, ed altri

in sentimento onesto di giovane amico

,

e di favorito ; cosi presso gli Storici

molte volte si trova in sentimento osce-

no. Ovidio disse:

Veait amicitiae nomine tectus Amor.

3 i 8. ricguardando al costume degli amanti

,

che cuoprano più che possono la diso*

nestà coir onesto nome di amicizia. Di(^ui è nato , che ai nome di vùgnonesia intravvenuto come a quello di dru-do, che essendo per se nomi d’amicizia

e di fedeltà , si sono tratti ad esser no-mi d’ amore , e d’ amore impuro ; nelqual sentimento VAzzolini nella celebreSatira :

Si si, che éCUlpian tcampino i lacci

Lene e mignoni,

Pag. 3o. V. 8. Purché sia molto grandissimoFu costume de’ nostri Scrittori antichi

Toscani 1’ aver dato sovente 1

’ accresci-

mento a’ superlativi. Gio. Vili. lib. 7.

c. 100. Assediò la terra di Margotto in

Soria, la quale era della magione dello

spedale di san Giovanni, ed era molto

fortissima. E cap. 101. Andonne consua oste infino a piè delle montagnadette Pirre molto altissime. £ lib. 4.

cap. 16. dove nello stampato: Quivi di-

ligentemente servia a Gesù Cristo, e

molto crebbe nella grazia di Dio, e di-

venne santissimo uomo : in alcuni de*

miei lesti a penna si legg^ motto san-

tissimo uomo. Nell’ antico libro mann-Bcritto della cura delle malattie : Usiquesto collirio ,

che è molto buonissimo

a rimuovere lo panno dagfi occhi. Nel-

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rantlco YolgaiÌ7.7.amento di Mesae, ma-nuscritto: Empiastro d'Archigene molto

agevolissimo a guarire li letargici. Nel-

le cento Nocelle antiche ve ne sono• esempli assai , come osservò il PadreDaniel Bartoli nel libro intitolato : Il

torto, ed il diritto del non si può cap.

102 . che è da vedersi ;siccome son da

vedere il Cavalier Lionardo Salviati

negli Avvertimenti voi. 2 . 1. r. e Ude~no Nisieli nel terzo volume de’ Progin»

nasmi Poetici cap. i5g. Anche i Latini

aggiungono particelle accrescitive a’ su-

perlativi : qitam maximus ; longe maxi-mus ; multo maximus. E i Greci altresì

ó( ftiyurtai, rpuruéjunoi. E nell* Ora-zione a Demonico attribuita ad Isocrate

vi è xoÀv péyieTO(.

Pag. 3o. V. 10 . Ad un piccolo bicchiere

Epigene nell* Eroin.a appresso Ateneolib. XI. fa un graziosissimo lamento in-

torno a’ bicchieri piccoli, e fatti a foggia.

AXX' ov9è tetpapérvin fvf tovi tiav!tdpv(

fi -rdAav, èxeivvg rovi àdpovi , taneivck

9èSai fXa/pvpà, xderti , eaxtp avrà %o-

Ttipia

Ov ròt dlrop ntvópsvot ....

Quei cantari oggi più non si lavorano.Quei cantari gagliardi , ahi lasso , ma

320Bicchieretti galanti c piccolini

;

Quoti i bicchieri y e non il vin si bea.

Pag. 3o. V. ij. E quei gozzi strangolati

U’ un bicchieie fallo per bizzaria colcollo torto fa menzione Ateneo nel sud*detto libro, citando Tenpompo nella fa-

vola delle Soldatesse: £/ò yczp xà^ovotix axptijfa‘e](^évot xioipav , tò» rpa^tiXo»àvaxexXaepéppf. Che il ( asaubono l'a-

. ceudovi r interrogativo traduce : Egoneut e cothone curvicervice bibatn

, cui

. collum obtortum, et resjlexuml

Pag. 3o. V. i8. ArnesiTommaso fìeinesio nel cap. primo del

terzo libro delle varie lezioni accenna ,

che questa voce avesse origine dalla la-

tino-barbara ìiernasium usala dagli scrit-

tori Tedeschi ; e hemasium avesse forse ori-

gine da faruy che nello stesso significa-

to di arnesi, come egli afferma, si suol

trovare nelle leggi Longobarde. Ma conpace di questo eruditissimo litterato fa-ta nelle leggi Longobarde , e ne’ libri

d’ alcuni autori non significa arnese,

ma belisi famiglia ,generazione

, linea ,

discendenza. £ fu osservato dal Maglinelle Notizie de’ vocaboli ecclesiastici, e

dal sig. Du-Frestie nel (} lussa rio. Pietro

Bembo l’ha per voce Provenzale. Il Ca-

,stel-vetro lavora di sottigliezza d’ inge-

gno. Perdicone Poeta Provenzale :

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321VaivassoT rie et poderosa

Ke tien rics et bos ameis.

Egidio Menagio nelle Origini della lin-

gua Franzese fa venire liamois dall’lta-

uano arnese , e questo dall’Alemannoamisch. Questo gran letterato , e vera-

mente di grandissima fama, avendo let-

to in Parigi questo mio Ditirambo della

prima impressione, volle onorarmi co’

seguenti suoi versi , da lui fatti stampa-

re piuttosto in riguardo della nostra an-

tica amicizia , che di alcun mio merito.

Redi. Opere. Vol, /. 21

/

FRANCISCUM REDIUIVI

ACaDEUICU» FLOaENTlNU*

Magni Elruriae Ducis Archiatrorum Comiiem

EUCHARISTICON

JEGlDll MENAGIl

Pro eximio ejus Italico Carmine, cui tituluf.

BACCO IN TOSCANA.

xterrwm hunc, mea Musa , mihi con^

cede faroorem.rrt r

Res est carminihus digna ,TftaUa ,

trUUe ___

Dicendus REDIUS i REDIUS , mea

fervida cura

.‘

riigitized by Goógle

323

T^nheni REDIUS pars venerandaChori.

Sed quibus aut verhis^ aut qìta tu voce

canendus ,

Docce REDII laudes ordiar undetuas ?

Conantem terree laudian seges ampiatuarum.

Cunctantem et duhium me meus ur-

get amor.jludendum : audentes comitatur gloria i

dignas

Audenti vires ipsa Thalia dabit.

Si mihi non alio merito spectabilis esses^

(^uam quod pars Tusci tu mihi notaChori ;

Non te non ‘cultu possem , non prose-~

qui amore :

Sic sibi devinxU me Chorus ille tuus.

Doctrina at propria^propria virtute re-,

fulges :

Ipse tuo luces lumine , docte REDI.Hetlados et Latii et spoliis Orientis

onustoMille cibi ornatus , mille Cibi veneres\

Ipse suas ultra cessit libi Delius artes :

Stat Stygii per te cymba quieta senis.

Nec solam Phoebus panaceam : ipsos

amaranthosEt tibi Pierio carpere monte dedit.

Tu potcs , ut vitas , extendere nominain aevum :

Nomina tu tenebris eripuisse potes

824Largìor ut nulli ; fas verum dicere ;

nulli

Contigit Aoniae purior haustus aquae.Testantur celebrata novo Uhi cannine

Vino :

Accendunt avidam quae mihi potasitim.

O blanda , o grata , o Jucìmda ,o dui-

eia vina !

Vina^ quies curii, et medicina malis.

Q^uae Ubi, quae tanto referam prò mu~nere dona ?

Qui dederit nectar, dona minora dahit.

Pac. 3o. V. i8. Sono arnesi da ammalatiFerecrate Comico ap|)rcsso Ateneo

lib. ir. nella Commedia intitolata la Co-rianno, se però il titolo non è guasto:

Et "kiOo ... mi tÒ9 *vXiir»ri9 ;

pòc ,

Mtaepdiye. setneirat yàp tv^éc pai,

£| ovxep éxiov ex TOtavrqt <pàppaxo9.

Vuoi eh' io U porti il caliceIto T no.Piccolo egli è , e muovemi lo stomaco ,

Sovvenendomi, che dentro un jì JattoLa medicina io bevvi.

Pag. 3o. V. 27 . Scarabattole

Fogge di stipi , o studioli trasparentida una, o più parti, dove a guardiadi cristalli si conservano tutti i [generi

32^

,di minute miscee, cui ]a rarità, la riocliezza , o il lavoro rende care, jireziose,

o stimabili : e sono per lo più airedi e

gale per gli appartamenti delle dame «

a divertimento e trastullo delle quali

pare , che fossero inventati in Ispagna ,

di dove nc abbiamo ricevuta la moda.Diconsi in Casligliano ejca/wmzej, dal-

la qual voce ebbe origine tra noi, jcn-

rahattola e scarabattolo , e appresso apoco su questa stessa aria di corruttela

altre simili voci dello stesso significato

in altri paesi d' Italia. Ne' tempi , cheverranno

,quest’ etimologia sarà forse

stimata un sogno ; e si vorrà credereche scarabattola abbia avut’ origine dal-

le minute bazzecole, o miscee, che peraltro nome son chiamate carabattole.

Pag. 3o. V. 3o. FedireSon dette per ischerzo le donne di

bassa condizione, perchè vanno a piede:

o è tolta r appellazione dal giuoco di

dama , e degli scacchi.

Pag. 3o. V. 3i. In quel vetro, che chiamasiil tonfano

Ateneo nel lib. ii. fa menzione d’imdetto , col quale alcuni solevano affer-

mare , che un gran bicchiere è un yovzo di argento, vedi quivi.

> i K

Pag. 3i. V. 6 . O come P ugola e baciami

,

e mordemP.Sileno presso Euripide beve furtlra-

i

mente il vino al Ciclope : il Ciclope se )

n’ avvede , e addrizzandosi a lui,

gli

dice :

OSto: , ri 9pài ; xòv oX*09 èxaiveiz

^pui

Olà, che fail cionchi di furti il vino!

Sileno mettendo la cattività in ischer*

zo , risponde :

Ov* , àAA’ ip,' ovToc éxvat*- Sxt tukXòp.

^Xéno. '/

Non io , signor , ma ben costui bacia* I

^vanii

,

\

' Perdi ho cortese il guardo , e dolce\

miro.

Pag. 3i. V. 7. O come in lacrime gà' occhidisciogliemi

!^

Bastiano de' Rossi in una sua Cicala-|

ta fatta nello stravizzo deU’.<^ccn</emiaj

della Crusca 1’ anno i SgS. Quel chiaro,j

limpido , brillante,pien di rubini

,gu- I

stoso , odorifero , saporito e schizzantej

KV negli Occhi, il quale ti faccia bevendolo i

/ \ ìagrimare per la dolcezza.

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3r. T. 9. £hilio

Estatico in questo luogo risponde al

latino exteTTiatus , uscito fuor di se , il

che è cagionato dalla -violenza dell’ af-

fetto dominante, o del piacere presente.

Apuìejo lib. 3. Sic extematus animi ,

aUonitus in amenlia vigilans somma-barn. Il Firenzuola qui': E fuor di meattonito e balordo vegghiando sognava.

Sebbene extematus nel latino convienemeglio a chi è per dolore , o per altra

cagione trista , che per amore , o perallegrezza forsennato. Catullo disse adArianna compassionandola :

Ah misera , assiduis quam luctihus ex-temavit

Spinosas Erycina serens in pectore cu-ras !

Ma Celio 'Aureliano Celer. passion. 1 . 15.

verso la fine: in ebrijs enim nlienalio exmultitudine poti vini facta perspicitur.

Sorano , il quale in questi libri è lati-

nizzato da Celio , dovea verisimilmente

nel greco aver usata la parola

la quale in latino otlimamcnte fu resà

alienatio. Gli Spagnuoli, volendo signi»

ficare una persona astratta di qualsisia

astrazione ai mente, si vagliono della

voce embevecido, tratta la metafora dnl-

l' iibbriacbezza. Piella traduzione della

fatto estatico vo in visi-

3a8Opere 'di santa Teresa si legge imhevi»

merito^ o astrazione ^ colie quali dueparole volle per avventura dar ad in-

. tendeie il Traduttore ciò, che nello Spa<

.gnuolo forse si dice con una sola em-bevecimiento astrazione, estasi.

Pag. 3i. V. g. in visibilio

Nella contraria maniera, che da eie àpi-

MOK di Omero disse Virgilio intuirne

facendo di due parole una , nel che ,

per usar la frase del Bemi , ei prese

un granciporro, la plebe Fiorentina dainvisibilium y parola del Simbolo Nicenoda lei , siccome moli' altre , male intesa

e storpiata, ha fatto invisibiliom, e })OÌ,

come se fossero due parole in visibilio.

Onde andare in visibilio per andare in

estasi quasi strasecolato , cioè fuor di

questo secolo , e nell’ altro mondo. Manon si userebbe se non per iseberzo.

Pag. 3i.v. 19 . isonne

Vale lo stesso che a ufoy cioè a spese

altrui, senza propria spesa. L’etimologia

à' isonne' SI può leggere per iseberzo nel

Cicalamento di Maestro Bartolino dalCanto de Bischeri. Io non voglio im-

. brogliarmi in cosi fatte facezie. La ve-

rità è , che qucH’Autore la fa nascere

da un certo Maccario da Isonne , e

conta una certa Novella piena di equi-

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voci di non buoni sentimenti , de’ qua-

li , come diceva Dante-.

Più è tacer t che ragionare ones^.‘

Pag. 3 1 . V. ao. «Si sdrojoron suW erbetta

Virgilio lib. g.

• i

. . . .passim somao ,

vinoque per

herbamCorpora fusa vident.

Era cosa solita tra gli antichi rappre-

sentare i Satiri in atto di dormire pro-

fondamente ; e gl’ intagliavano per lo

fiù ne’ vasi da mescere^ o da bere.

lin. 34. 32. trattando de’ bravi Inta-

gliatori nomina un certo Stratonico fa-

moso per un tale intaglio ; e Platone

nel lib. 3. dell’Antologia fa menzione

di un tal Diodoro, che avea scolpito in

argento un Satiro , che apparisce di

dormir forte.

Pag. 3r. V. ult. Tutti cotti

Cotto qui significa lo stesso che uh-

liriaco.

Morg. 19 . i3i.

£ quand'egli era ubbriaco e ben cotto

^

Ei cicalava per dodici putte.

/

ZSoAntonio Alamanni ne* sonetti alla

Burchiellesca :

Vorrei costì dal Tihaldeo sapessi

,

S'un crudo senza legne esser può cotto.

Pier Sulvetti nel Brindisi manu*scritto :

Oimè quasi per gli occhi

Escomi 7 vin , che pur mandar di

sotto.

E non so adesso qual umor mi tocchi

Di far da Lonzo cotto.

Vant. Rinald. da Mont<ilb. E poco ap-

presso quaii cotto dal molto bere , e

imbavalliato dalT oppio sie si addor-

mentoe sì forte , ec.

In Diomede Gramatico si leggono di

Petronio questi due anacreontici , i

quali son posti nella Raccolta de’Fram*menti dello stesso Petronio dietro al suo

Satirico :

Anus recocta vino

Trementibus ìabeìlis.

Pag. 3i. V. ult. Tutti cotti come monne.

Monna coll’ o stretto è lo stesso clic

scimmia , o bertuccia. Esser cotto come

'"•i’od by Googlek

33t

una monna. PigUar la monna , che si-

gnificano esser ubbriaco , e imbria^r-

si ,non solamente son modi di dire

usati da noi Toscani, ma ancora da al-

tre nazioni. Bernardo Giamhul^ri nel-

la Continuazione del Ciriffo Calvanee

lib 3.

ji Ciriffo gli piace , ® il vetro succia

,

Senza lasciar nel fondo il centellino ;

Ed è già coUo ,e presa ha la Bertuc-

E dice I che vuol fare un sonnellino.

Jiel Vocabolario Tolosano : Mounard

singe . Mounino ,guenon ,

guenuche

.

Prenè la mounino ,s' enyvrer

.

Gou-

delin nel Ramclet Moundi ; segound

llonret :

Countent ; et frane de lout souci ,

Sounque de prenè la mounico.

Don Sebastiano de Covarrnvias Orozeo

nel tesoro della lingua Casligliana^ alla

voce mona dopo aver accennata 1 ori-

gine di tal Toce , soggiugne : Estas mo-

nas appeteeen el vino , y las sopas

mojadas en el ^ y aze dijèrentes efetos

la borraches en ellaSy porqua unas dart

en alegrafe mucho , y dar muchos sal~

tos , y bueltas ; otras se encapotan , y^

332• se arrùnan a un rincon ; encuhrìenàese

la cara con las Tnanos. De a qui vinollamar mona triste al homhre borra-

cho,que està melancolico

, y caldo ;

y mona alerte al que canta , y baila ,

' y se huelga con todos. Questi due di-

versi effetti deir ubbriachezza, cosi be-

ne accennati dal Covarruvias non furo-

no ignoti agli antichi latini. Lioberio

nella Citerea citato da Nonio Marcelloalla voce ebriulari : Ebriulad mentemhilarem arripiunt. Pel contrario Plautonel Cureulione : Operto capite calidumbibunt tristes , atque ebrioli incedunt.

Da questo ebriolus di Plauto , e dalverbo ebriulari ebbe origine la voce

brillo in significanza di awinazzato , o

cotticelo, E forse ancora la parola brio^

che esprime una ilarità , o espansione

di cuore e di fronte , e una certa com-mozione e vivacità di spiriti simile aquella allegria , che dona il vino in

qualche buona quantità assaggiato, ^onè però che la voce greca ^pvXXov , Col-

la quale Aristofane ne’ Cavalieri in-

tende uno>' che abbia cioncato più del

dovei'e , e che perciò sia allegro piùdel solito , non si accosti molto alla

voce toscana brillo , e particolarmente

se r ypsilon si dovesse pronunciare alla

moderna,come un i

, e non come l' ufrauzesc

^Quei varj , e pazzi effetti del

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333vino , che fa la monna allegra , e la

monna malinconica , sembrano adom-brati da Orazio lib. 3. od. ai.

'

O nata mecum Consule Manlio,Seu tu querelas , sive geris jocos ,

Seu rixam, et insanos amo es ,

Seu facilem,pia testa , somnum.

I

/

I

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335

INDICE

delle cose più notabili,

X DEGLI AUTORI CITATI.

^Avviso de^i Editori pag. tyita di Francesco Redif scritta dalFAba-

te Salvino Salvini ix

Delle lodi di Francesco Redi Accademicodella Crusca , Orazione d'Anton MariaSalvini xxiX

Racco in Toscana pag. x

V

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336

A

A in vece di e. e seg.^

Accademico Aideano, vedi Niccola fen-

iani.

Achille Tazio 55.

Acqua bianca 282. purpurea 284. perchè

detta bruna 2qo . cedrata 2<42.

Aerane Cnmmentator d"Orazio 286.

Adrianna per Arianna 3iL e seg.

Adriano de’ Rossi Poeta, antico manuscrit*

to di Francesco Redi 188 icj2.

'Agellio 43 i85 ifiQ aq6.

Agnolo Firenzuola 810.

A isonne 828.

Alberto di Sisterone poeta Provenzale i6q.

Alberto frate poeta, antico mauuscrilto di

Francesco Redi ig4 -

Riesser Alberto degli Alblzzi poeta, antico

manuscritto di Francesco Redi igi.

Alberto Rimbotù 221 282.

Alceo 48.

Maestro Aldobraudino , testo a penna di

Francesco Redi g6 oQ_ 124 272 2q6 e seg.

Alena per Elena 12S.

Padre Alessandro de Rodes ^2.

Alessandro Tassoni i83.

Alimento per elemento 128 124.

Aloscia ,bevanda Spagnuola 2q3.

Amorozzo da Firenze poeta , .antico manu-

scritto di Francesco Redi i85.

’ 337yinacreonte 46 54 lijr L4® ^70 296»

yintlare in visibilio oz^.

u^ndrea Cesaipino 102.

Andrea Grijio poeta tedesco ififl.

Audrea di messer Biodo de’Bardi poeta an*

fico manuscritto appresso Frane, nedi iQìL

Aadrea Carelli da Prato poeta antico ma*

nuscrilto appresso Francesco Redi 191.

Andrea Dazzi 198.

Andriana per Ariana 28 89.

Angelo Canini 128.

Angelo Monosini qi.

Angelo Poliziano i3g 164 275 297.Ser Angelo da san Gìmignano poeta antico

manuscritto appresso Francesco Redi iq3.

Annibale Caro i''g.j

Annotazioni anticue alla Bibbia tèsto a^renna appresso Francesco Redi 3io.

Antifane 206.

/intorno Alemanni 228.

Maestro Antonio da Ferrara poeta antico

manuscritto di Francesco Redi 188.

Antonio Pucci poeta antico manuscritto

di Francesco Redi 124 192.

Messer Antonio da Siena poeta antico

manuscritto di Francesco Redi 188.

Anton Maria Salvini 49 82 97 i 5o 2QI 267.

Antologia 3S 49 97.

Apollonio 283 290.

Apulejo 827.

Arcetri 2ji 278.

Archestrato 109.

Aristofane ^ 332 .

liedi. Opere, f^ol.L ai

I

\

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Arlotto ^ e suo signijicabo l35 o sogg.

Arnaldo Daniello poeta Provenzale , testo

a penna della libreria di san Lorenzo

149 rSo i7»> _ ,

ArnSdo di Maraviglia poeta Provenzale ,

manuscrilto della libreria di san Loren-

zo 212.

’jirnese ,e sua origine 3ao.

jinancare 3oi

Arrante per errante Lzfi.

Arrigo Baldonasco poeta antico manu-

scritto appresso Francesco Redi i^o doli

3o7.riesser Arrigo di Castruccio poeU aulico

iganuscritto di Francesco Redi iSS*

Aspino di Napoli (Ll.

Padre Atanasio Lhircher 9^ n .

Ateneo 42 46 05 71 ^ 1 1

1 ^AvAlare in significato di bere 297.

Autore della Storia Filosofica attribuita

a Galeno qS.

Azone Giureconsulto 64»

B

Bacciarone di messer Baccone da Pisa poe-

ta antico del testo a penna di Fran-

cesco Redi 191.

Bacco medico 200 20l pennuto aa3. ba-

gnato per briaco zOiL

Balli ad imitazione di animali 3oa 3o3.

Banbillonia per Babilonia 3q<Banco di Bencivenni da Firenze poetaamico manoscritto del conte LorenzoMagalotti iq 3.

Maestro Bandino d* Arezzo poeta antico

manoscritto di Francesco RediBarbarossa sorta di vino 2^Bartolommeo d"Erbellot 67.

Bartolommeo Giorgi poeta Provenzale 169.Bastiano de' Rossi 4^ dzS.

Belìicone sorta di bicchiere , e sua origi^

ne 46.

Ser Bello poeta antico manoscritto diFrancesco Redi ip6.

Beltramo dal Bornio poeta Provenzale

,

manoscritto della libreria di san LoremZQ io3.

Bembo i5i 178 174 i85 ao8.

Benedetto Fioretti ii3 216 3o3 3 iq. vedi

Udeno Nisieli.

Benedetto Varchi 228. i

Messer Benoccio poeta antico manoscritto

di Francesco Redi rgi.

Bere per rimedio 268.

Bere per convento 281.

Bernardo /Accolti Aretino iÌZ.

Bernardo Navagiero 180.

Bernardo Giambullari 38 44 33i.

Bernardo del Ventadorn poeta Proveozalet

testo a penna della librerìa di san Lo*renzo , e di Francesco Redi 172.

Semi II li iig 149 i55 207 814 828.

padre Beret Gesuita 78.

Bestemmia, e hiastemma 2 t4»

Bevanda se cali nel polmone ^ 49.

Bevanda data per pena né conviti 296 207.

Bianco epiteto deli acqua

Bicchiere coronato loi. chiamato bagno

229 23o. pozzo di argento 325 ,piccolo

319.

Biodo Bonicbl da Siena poeta antico ma-

nuscritto di Francesco nedi 19 ••

Blancbacet poeta Provenzale del testo a

penna di san Lorenzo io4- i42 3ofi òo’].

Botoli Giardino del Serenissimo Grandu-

ca i 33.

Boccaccio 63 iq3 128 l3i 162 1.82 if)0

280 276.

’Boileau poeta Franze.se ^ i.3i 2q5 ,

Bombababà 159.

Bombola , e sua origine l2t.

Bonifazio Calvi da Genova poeta Proven-

zale iGq.

Bersela da Perugia poeta antico 190»

Boscano poeta Spagnuolo 168 iSo,

Braccio Bracci poeta antico manascritto

di Francesco Redi 188.

Braccio Vacca, vedi Meo Abbracciavacca.

Brillo in significato ili briaco 332 ,

Brindisi 144. poesia di Pier Salvetti 33o.

Brio , c sua origine 332<

Brodajo nome proprio i 38 ,

Broncone , e sua derivazione 278.

Brezzi , e sua etimologia 207.

Ser Brunetto Latini 126.

841

ilftfjjer Bruzr.i Visconti poeta antico ma-

nuscritto di Francesco Redi

Bufare. Bufera. Buffetto. Buffone, e loro

origine do4-

Buonaggiunta Urblciani da Lucca poeta

antico mauuscritto di Francesco Redi 170»

Buranese. Burlano sorta di vino SS»

Burchiello 190 iq3.

Burgundio Burgunzio 63 6^

C

Cacao frutto 78 74 0 segg.

Caffè 9^ •

Calascione , e colascione i_56 io7»

Candiero sorta di bevanda aqS.

Canini SS»

Canùnplora^ e sua origine tifi»

Canto anteposto al vino , e alla dolcezza

dell acqua a 24-

Capre nemiche alle viti 5l 5a»

Carlo Clusio 102.

Carlo Dati ^ IZO.

Carlo Maria Maggi ao3.

Carlo Du~Fresne

,

vedi Du-Wrcsne.

Cartabello , e scartabello òQ.

Casaubono itz.

Castelvetro Szo.

Catone zoa 273 .

Catullo ^ ^ ZQQ 222 3^7» '

Cavalier bagnato a3x»

Cavalli Hel mare cavalloni Sog.

Cavo della sperante 807.

Cece nel rostro de cigni 188.

Celebro 22H±

Celio Aureliano 827.

Cembalo antico differente dal moderno 147.

Cennamella , ciaramella , cannamella 228

227 228.

Cervogia q5 .

Cesellio Vindice 288.

Chiabreia 40 46 72 204 271.

Choc-nar ,bevanda de' Persiani

g3 .

dà, e sua bevanda ^Ciaramella , ciaramellare 226.

Cicalamento di maestro Battolino dal can-

to de' bischeri 2_i3 297 828.

Cicalata dello 'Nferigno

Cigni chiamali purpurei da Orazio 288 e

segg. sono di due razze loro peso

a88. col cece nel rostro, e senza, e per-

• chè detti ceceri 288.

Cilicciauli , e sua etimologia 225 .

Cioccolatte 78 74 c segg.

Ciotola 72.

Cirimonie e costumanze nel fare i cava-lieri del Bagno z3j_.

Cisrranna de’ Piccolomini poeta antico

del testo a penna dì Francesco Redi188. a

ClaudianoJ(6.

/

Claudio Dausquio 128.

Claudio Fauchet 816.

Cobbola , cobola e cobla 166.

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Codino i 5o.

Coitilo Smimeo ac)o.

Columella 278.

Composizione di parole mi Ditirambi 2^Contento ,

sostantivo usato dagli antichi

128.

Contessa de Digno, o de Dia poetessa Pro^

ventale ,manuscritto di Francesco Redi

Costui in significato a cose inanimate a??*

Coronar le tazsc i iq.

Cotto ,ubbriaco 829

Cotto come una monna 33p 33

1

.

Covarruvias 94 LaJ tSy 197 279 298.

Cristofiano tendini 1 1.2 .

Cronaca Pisana del testo a penna di Fran*

ccsco Redi i35 tifi.

Cronaca del Velluti manuscritU l33.

Crotalo 147*

Cocciniglia canuta 1 Q2.

Cucco di Valfreduzio poeta antico 191.

Cuccurucù ,canzone

Cunzia ,cunziera aiiL

D

D mutato in 2 208.

Dalecampio i34.

Padre Daniele BartoU 1*9Daniel Einfio 189.

344Dante 4l S5 56 ixs n4 uS

170 178 187 227 —Dànte da Tolterra poeta antico manu-

,

acritto di Francesco Redi iq2.

Dello da Signa 'poeta antico manascritto' di Francesco nodi ifiS iq4 -

Contessa de Dia poetessa Provenzale, ma*nuscritto di Francesco Redi 122 171.

Demostene 3o8 .

Dente della capra dannoso alle viU 5i 52 .

Deputati alla correzione del Boccaccio z3 i.

Dialetto Pisano 187.

Dialoghi filosòfici del Prior Rucellai 67.Didimo 284 .291.

Diminutivi, e loro uso 108.

Dino di Tura'Bastajo jioeta antico del te-

sto a penna di Francesco Redi igi.

Diofane GeoponicoDiomede Guidalotto i 5 i. gramatico 33o.Diosippo 48.

Diporto 3oo.Messer Dolcibene poeta amico del testo apenna di Francesco Redi 188.

Domenico Magri 820.

Maestro Domenico di Maestro BandinOd’Arezzo , testo a penna di FrancescoRedi 48,

Fra Domenico Cavalca , manuscritto diFrancesco Redi 3q.

Ser Domenico Salvestri poeta antico ma*nuscritto di Francesco Redi iqz.

Domino per dominio 221.

Dante da Majano

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3^Donne partecipi delTonor de' mariti 270.Druderia in significato onesto 1 13.

Drudo sustantivOf e suoi significati 1 12 3i8.

Drudo addiettivo 118 nome proprio 119.

Duchi , che non erano cavalieri non si

ammettevano alla mensa ‘ del Re di

Francia 269.

Du-Fresne 67 q6 ifìi 116 iSi 2iS 3i5 820.

E'

E cangiala in a 124 e se^^Egidio Menagio S3 ^ ^ 78 94 98 ioa

ul5 120 128 i38 i5o ijg 180 804 3i7321 322.

Egipani su' trampoli i54.

Egesandro 218.

Elia di Berzoll poeta ProTcnzale del testo

a penna di Francesco Redi 201.

Elia Cadenetto poeta ProTenzale, testo a

penna della hbi’eria di s. Lorenzo igS.

Elias Carel poeta Provenzale, testo a pen*na del Senalor Carlo Strozzi 171

.

Elimento per elemento i23.

Emblanchacet poeta Provenzale , testo apenna della libreria di 8. Lorenzo. VediBlancbacet.

Empedocle 41 q5.Engrestara quasi ingrastaria 65, «T ondeprenda origine 65.

Ennio 200.

346Enrico Ahrincense q6.

Enrico Spehnannn i^Enzo Re poeta antico testo a penna di

Francesco Redi i6q.

Epigcne 3 rc),

Epistole d’Ovidio. Testo a penna di Fran-cesco Redi dfi.

Epistola di 8. Girolamo a Eustocliio , vol-

garizzata da Fra Domenico Cavalca. Te-sto a penna di Francesco Redi 89.

Eratostene 48.

Ermippo 2o5.

Eschilo 200.

Esichio 122 123 207.

Esiodo, come voleva che s' innacquasse il

vino ^ 45 .

Estatico 327.

Etimologico magno iqq.

Eubolo 2i5.

Evoè i 3q.

'Eupoli^o.Euripide 42 48 78 110 189 272 2q8 Stf

826.

Eustazio 48 a85 291.

F

Facezie del piovano Arlotto. Testo a pen-na della libreria di s. Lorenzo i 3C.

Fare spere 3a£LFazio degli liberti 117 i88.

Zirr

Federigo Uhaldini i 5q i£6 l8l » suo shd-

gUo ifìa

Felippo SgruttenOio da Scafato Qi i5b

Feo Beicari poeta antico del mannscritto

del conte Lorenzo Magalotti iq3.

Ferecrate comico 3a4»

Ferrari vedi Ottavio^

Festa Pompeo 2qi.

Figliuoli del Re^' Longobardi non sede-

vano a mensa con padre se non erano

armati cavalieri 269 270»

Ser Filippo degli AWizzi poeta antico iqi.

Filippo de’ Bardi poeta antico. Testo a

renna di Francesco Redi 192.

Filippo Scarlatti poeta antico. Testo a pen-

na del conte Lorenzo Magalotti 189.

Filistione Locrense 48.

Filostrato loA 292.

Fiore, spezie di componimento poetico rqS.

Fiorentino Qz fi3 147

Fioretti di san Francesco. Testo a penna

di Francesco Redi 3q.

Flemmingio poeta Tedesco 180.

Folchetto di Marsilia poeta ProTenzale.

Testo a penna della libreria di san Lo-

renzo 114 iliq.

Forbito 122.

Forese Donati poeta antico. Testo a penna di

Francesco Redi 191.

Don Francesco di Andrea ^ fio.

Francesco Cai-letti , e snoi viaggi. Testo a

penna del conte Lorenzo Magalotti 74.

Don Francesco de Quevedo 47.

848Francesco Maria Gualterotti 4^Messer Francesco da Barbelino iSg 166

168 170 181 187 8q5 3q8.Francesco di messer Simone Peruzzi* da

Firenze Poeta antico. Testo a penna di

Francesco Redi 178 191.

Francesco Malerba poeta Franzese 179.

Francesco de Lemene 2o3.

Francesco Ottomano 3 i 7 .

Franco Sacchetti poeta antico. Testo a pen-na di Francesco Redi 188 192.

Frediano da Pisa poeta antico. Testo apenna di Francesco Redi 178.

Frotta. Frottola, e loro significato iSz i 53.

Fulvio Orsino 201.

Furio poeta Latino 283.

Galeno 41 corretto 122.

Galletto da Pisa poeta antico. Testo a pen-

na di Francesco Redi 17S i 85 .

Ganselm Faiditz poeta Provenzale della

libreria di s. Lorenzo 114Gano da Colle poeta antico. o a pen-

na di Francesco Redi 188.

Garzilasso della Vega fu de primi , che

facessero sonetti in bnffzaSpagnuola itto.

G

Gabbriello Posano 62.

Gabbriello Faemo 201.

Gajo giureconsulto 238.

/

by Gpogle

349

'Gavazzo 274«

Ceraldo Bucold 202 t_

Ceri Giannini Pisano poeta anUco. Manu-

scritto di Francesco Redi 190-

’Cersolé , e sua etimologia Z2^Gerusalemme del Tasso in lingua Napo^

letana ^ . tx-

Geronimo Tcrramagmno Pisano poeta an-

tico. Testo a penna di Francesco Kedi

168 175. ,

Ghiaccio per rinfrescare il bere quando

costumato i3o i3 { i2Zi

'Giachetto Malespini izj.

Giacomo Bornio 9^Giacomo da Lentino poeta anUco. Manu-

scritto di Francesco Redi iM.

Giamhullari i 35.

Gian Alessio Ahhattutti Q2 1^ ino.

Giannizzeri 94^[Giara 279.

\CigUo, o GiUio LclU, poeta antico 190

198.

Giolito Ii3 54._ T» j- i. 'T »

Fra Giordano da RiTalto. Prediche. Testo

a penna di. Francesco Redi ^ 58 814.

Giovanni MaVotolo poeta antico. Manu-

scritto di Francesco Redi 1681

Giovanni d’Arezzo poeta antico. Manu-

scritto di Francesco Redi 18S i85.

'Giovanni Boscano. Vedi Boscano.

Messcr Giovanni da Prato poeta antico.

Testo a penna di Francesco Redi igt.

Gio. Battista Golii 2iiL

35oGiovanni monaco di Marmomtier a.'ì3.

Padre Giovanni Maffeo 92.

Giovanni Linscot 9^ ^'Giovanni della Casa 1 14»

Giovanni di Meung udì.

Giovannantonio Paganini Milanese i35.

Giovanni signore di Foinville 149 i5i.

Giovan Battista Marino 280.

Giovanni Villani 124 127 129 i.S3

14.2 l5o 208 210 2JL1 2 i 5.

Giovanni èCArces 82.

Giovanvettorio Soderini 282.

San Giovan Grisostomo 3io.

Giovinezza e giovanezza 58 5£.

Girolamo Aleandro 7^San Girolamo gg.Giraldo di Bomeil , o di Bomello poeta

Provenzale. Manuscritto della libreria drs. Loreuzo 172 i83 3qi 807.

Gittare spere 3o5.

Giudice Ubertino poeta antico. Testo apenna di Francesco Redi 168.

Giuliano Imperadore 97.

Giulio Polluce. Vedi "Polluce.

Giulio Cortese i56.

Giuseppe del Papa 43,

Giuseppe Scaligero 216.

Glossario Provenzale. Manuscritto di Fran-cesco Redi 1 14 123.

Gnaccare , voce eneziana i5i.

Gobola ififì.

Gonnella degrinterminelli da Lucca poc-

35i

ta antico. Te*to a penna di Francesco

Redi liiS.

Gotto ,e suo significato i_M.

Goudelin poeta Guascone io.t 33 1 .

Gazar 274.

Gozzo t vaso da bere OZQ^

Gra malica Provenzale. Manuscritto della

libreria di san Lorenzo LZd ai6 agt)

3or 3o4 Sii.

Grasta , voce usata dal Boccaccio 63*

Graziole da Firenze poeta.antico. Testo a

penna di Francesco Redi 168.

Gre , e suoi significati 14^.

Grotto, uccello z8<j ha la lingua piccolis^

sana , e senza voce a8q.

Guglielmo Britone y8 l6j.

•Guglielmo au courb, nez ij_3.

Guglielmo di Lorris ,autore del Romanzo

della rosa u6 i79-

Guglielmo Monilier 164 gii,

Guglielmo Camdeno 263*

Guido d’Uzez poeta Provenzale. Mauuscrit-

to Strozzi loS.

'Guido di Touinaut i_i5.

Guidoufel poeta Provenzale. Testo a pen-

na della libreria di s. Lorenzo 137.

Guido Cavalcanti jtoeta antico ijjcj 170.

Guido Guinizzelli poeta antico. Manuscrit-

Uì di Francesco Redi t68 170.

Guido Orlandi poeta antico. Testo a pen-

na di Francesco Redi 188

Guido della Rocca. Manuscritto di Fran-

cesco Redi 188*

«5*Guid* Gindice dell» Colonne .Storia Tro-

Testo a penna di Francesco Redi

d’Areno. Manascritto di FrancescoRedi 126 168 ITO ini 17S i 85 igi loa268 281

'

jana.

3oq-

GaiUon

1

Beato Jacopone da Todi ^ ri3.

Jacopo CorbinelU 120.

Jacopo Mostacci da Pisa poeta antico. Tc*sto a penna di Francesco Redi i85 .

Jacopo Soldani Satire. Manuscritto di Fran-cesco Redi iq7.

Jacopo Sport

Fra Jacopo da Cessole Dominicano 264.

Jamblico i4o-

Jatnurluh 2Q7.

Jmbriacarsi per sanità 2q6.

Impazzire trct bicchieri 296.

Impiria , voce Verteziana So.

Jridrudire in signijlcato onesto »t3.

Indovinelli proposti ne' conviti 2*6.

Inghirlandar le tazze 119.

Inguistara 65. <

Innacquare il vino come costumavanantichi 145 .

Intendenti de' vini 62 63.

Intendenza. Intendimento io3 .

Intonare per mettere in musica i 5 r.

d5SImitare a bere Z19.

Jone dito 228.

Iperide oratore 3o3 .

Ipocrate 4B L22 i44«

Jpponatte ii i.

Isidoro qS.

L

Lacrima spezie di vino 270 271. \

Lamporecchio villa de signori Rospigliosi120.

Lanfranco Cicala Genovese poeta Proven-zale i6q.

Lapo Gianui poeta antico. Testo a pennaai Francesco Redi 5S.

Lapo Salterello poeta antico. Mamiscrilto

al Francesco Redi i£8 i85 . ;;

Lapo detto Lupo di Farinata degli liberti

poeta antico i 5q.Lappeggio ,

Leone Allacci 168 170 188 104,.

Laporeambi ,sorta di versi iÓ5.

lettera rna/uscola

Lettere di Fra Guittene d’Arezzo. Testo apenna di Francesco Redi 126 178 3i2.

Libertà di parlare in t^po di vendenvnia

Libreria manuscritta del Senator CarleStrozzi

Redi.,

•re. Voi. L 23

854Libro antico della cura delle malattie.

Testo a penna di Francesco Redi ^ 2293 i8 3 i q.

'

Libro dellAmhasceria delle Provinci» Urti^

te alt Imperador delia China qg.

Jjìnhidine per libidine 3j.

Leonardo Salviati 128 3 ip.,

Lippo d’Arerzo poeta^ antico. Mauuscrittodi Francesco Redi ''118 170.

Lodovico Ariosto i 3 i.

Lodovico Dolce i8i Leporeo i 85 .

Lorenzo Bàliini 278.

Conte Lorenzo Magalotti 76 76 >89 19729I.

Luca Pulci if3 laS 199 3 t.5 .

Luca di Grimaldn da Genova poeta Pro~. vernale 169.

Luce di Santermoy che sia 3 i,3 .

Luciana i3q 267.Lucrezio ao2. - • ' -

Lui dato 0 cose insensate » irrogionevoH

275.Luigi Alatnanni 44 71 142.

Luigi Camoes poeta Portoghese i 63 .

Luigi Froes qz.

Luig Pulci 38 184 i35 t 38 199 3o5 81 5.

Luigi Rucelltti priore di Firenze 67.Luissimo superlativo 56 ,

Lumaggrà giuoco i43 >

M

8SS

Macedonio 48 202 276. -

Macrobio 42 48. > ... ^Madere essere^ìBbriaoo 288. '

Maffeo de’ Libri da Fìreaze poeta aulico.

Testo a penna di Franc<»co Redi IQZ.*,

Majusculo , « minuscolo. . Vedi lettera mAjuscula.

Malvagia di MorUegonii ^ del Trebbio

14*- ' • •• s ' . •

^L

Marnante voce Spagnuola iqjt ,.

Alammola. Mammolo J196 197.

Mandola, Mandolino 3o2. ><

Iddoetlo da FUicaja poeta antico. Testo apenna di Francesco Redi 192. '

Mani lavate nè conviti oon facqua neva-

ta i3 i e seg.

Mantenitori della Gioja StAmore 164.’

Manoscritto antico, in cartapeoorà della

libreria di s. Loremo tema titoli di au-

tori 65.

Mare purpureo , e suo significato 384. .

Messer Marabuttieo d’Arezzo poeta antico.

Manuscrilto di Francesco Redi (92.

Marchionne di Matteo Arrighi poeta' anti-

co. Mauuscritto di' Francesco Redi iB8192. • .

• • .

Maritare 279. *

Marsilio Cognato ^ Ficino i66- • *

Martino Opizio 180.

Sf!6

JAartìaìé for. JTAuvergne ie4.

Mnsarello da Todi poeta antico. Testo

penna di Francesco Redi 168.

Matteo Parisi 161. Ricci estmonaste-

riense gg 162. • s.

-

Mattinolo 148.

Meo Abbracciavacca poeta antico. Manu»scritto di Francesco Redi 168.

Metrodoro 814.

Mettere spere, termine marinaresco 3o5 .

Maestro Migliore da Firenze poeta anlicow

Manuscrilto di Francesco Redi 188.

Mignard. Mignordelet 817.

Mignotte , e suo significato 814.

Minna, voce Germanira 8 1ó.'

Mino del Pavesajo d'Arezeo poeta antico

del testo a penna di Francesco Redi 1G8.

Miradore , miratare , miraglio 81 1 812.

Mirare , rimirare,guardar nello specchio

Mnesibeo 200 268.

Monnldi Cronaca manusnritta tq5.

Monna. Pigliar la monna 881.

Monna briaca, allegra, malinconica 33 t 882.

Monosini 6lìi

Monsignor della Casa 118.m M . t n

Mottetto , e suo significato iGn.

Motto componimento poetico i5i,

Mureto 298-

Muitum potnalium gg.

8i L

1

S57

N

'tf ag^unta iii'olcune voci ^ aog aio ai i

l’j'L

Nocchent. Nacchere 148 e segg.'

Naimerico di Belleooi poeta Provenzali;

del testo di Francesco Redi 309.

Nappa. Nappo , e sua origine Sj.

Narcetri per Atcetri 278.tiatuccio AnquinO Pisano poeta antico.

Testo a penda dì Francesco Redi 190.

NepetUe 67 98.

Nero vino , sangue a85. acqua a55 a56.

Niccola Villam io6.

Niccolò Einsio i8q.

piccolo Soldanieri poeta antico. Testo apenna di Francesco Redi 188 191.

Ninfemo per inferno 2*0.

Hocco di Cenni poeta antico. Testo a pen*

na di Francesco Redi iq'ò.

Nonio Maroello 33a.

Novelliere antico ^

0

'Occhio del sole e della luna adc>.

Odofiedo Gitueconsulto G4.

Odor del vino, e suoi effètti ai 9 aao.

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3»Omelia di i> Gio. Grisostomo. Test* a pea-

na di Francesco Redi 127.

Omero 48 ^ g3 110 1 19 144 200282 287 2qo.

Onesto Bolognese poeta statico 170.*

'

.

Onomastico Prorenrale. Testo a penna del-

la libreria di s. Lorenco 3oa 804.

Onta , voce Provenzale 209. 1 ‘ !

Orazio 46 Si 1% 146 am *1^ ai^ aaS22Q 267 27^ aHd 2^ 3.hX

Caviuier Orasio Ruceliai Prior di Firenre,

e suoi Dialoghi filosofici , e sonetti. Te-sto a penna appresso il Piior Luigi tuofigliuolo 67.

Orcipo^a fUrz^oggia 3o6.

Origine del sonetto lyq eOrosio della libreria di s. Lprerao 4S.

Ostico i 38 .

Ottavante Barducci Fiorentino poeta anti-

co del testo a penna di Francesco Re-

di 192^

Ottavio Ferrari 5o 53 66 94 ioq 144i 56 274 3 i I 3 i 6 .

Ovidio manuscritto. Testo di Mmisù Con-rart 1 16 267 3 i 8 .

P

Ser Pace Notajo poeta antico. Testo a pen-

na di Francesco Redi i 85. . . --

Palladio 52 147.

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^pait huffeUbi e sua origino 804.

Pandette 49.Pandora. Pandurizzare 3q2.

Pannaccio dal Bagno Pisano poeta antico.

Testo a penna di Francesco Redi 175

»77 IQO-

Panzirolo 63 64^

San Paolino vescovo di Nola aaS.

Paolo Abbreviatore di Pesto x6fi. Silan~

ziano 281. PPalnefrido 269.Papia 33.

Paraggìo , lo stesso else in latino Campa*ratio 21 5 .

Passera della Gerniinella poeta antico. T»' sto di Francesco Redi 188 190.

Pasquier 272.

Pausania 212 228. . .

Peccherò loi.

Pedina 32.^.

Peirol, o Periol d’AWemia poeta Proven-zale. Manuscritto delia libreria di s. Lo*renzo 208 172 3oo.

Peretala 208.

Perdicione poeta Provemale. Testo a pen-• na di Francesco Redi 320 .

Petrarca 38 lq8 i 52 169 171 188 190 276.Non fece sonetti con la coda 190.

Petronio Arbitro 3 lo.

Pevera. Pevere. Pevera, Peverada So..

Piacitella,giuoco 148.

Mi ‘ “

36dPierozzo di 'Biagio di Strozza Strozzi po«t»

antica. Testo a penna di Francesco Re-

di 192.

Pietro Crtscenzio 63 6^ Jarrie Fabro

!

164. 211.

Pier Andrea Portoni 8§ 141. Bembo vedi

Bembo.'Pietro della Rovere Piemontese poeta Pro~

vernale 169.

Piero Bremonte poela Provenzale. Testo

della libreria di s. Lorenzo 184.

Piero Salvetti Fiorentino poesie. Testo di

Franceseo Redi 33o.

Pietro Bellonio IQZ l^Z±

Ser Pietro da Monterappoli poeta antico.

Manuscritto di Francesco Redi 192.

Pigliar la monna 33i.

Pindaro 56 200 222.

Pippo di Franco Sacchetti poeta antico.

Manuscritto di Francesco Redi i8fi.

Pisciando. Pisdarello sorta di vino 5&Platone 48 i65 2^^ 817.

Platone poeta ago 829.

Plauto ^ iiQ IM ^ ^Plinio 40 58^ ^^ 67 72 401 Ì09 IIP

141 144 148 20p.

.Plutarco 145 287 814.

i^Poesia del Padre Tommaso Strozzi sopra

A i7 Cioccolatte 79.

''^Di' Pier Andrea Forzoni 89.

Poesie che puzzan tT olio I72.

Poeta Provenzale incerto del testo a penna

della libreria di s. Lorenzo i36.

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36i'•

Polibio 108. ‘

Poliziano. Vedi An^lo Poliziano.

Polluce 121 145 3q2 3o3.

Polo di Castello poeta antico. Testo a pen-

na di Francesco Redi i 53 .

Pomada 93. *

Pons de Ca}idoil poeta Provenzale. Testo apenna di Francesco Redi ifix.

Porjirione Comentatore dOrazio 288 285.

Porpora bianca 287.

Pozzo , nome di hicclùere 199.

Prediche di Fra Giordano da Rivalto. Te-

sto a penn^ di Francesco Redi 814. 've-

di Fra Giordano.Pretto , e sua origine 120.

Pronunzia delle lettere Greche 36. De'Pi-sani 187.

Protagora 48.

Protogene gramatico 48.

Proverbi di Salomone i4o-Prudenzio 3 i 5 .

Pucciandune Martello da Pisa poeta anti-

co. Manuscritto di Francesco Redi 168

170 178 i86 187.

Puegibot poeta Provenzale. Testo a pennadi Francesco Redi 167.

Purpureo , epiteto delt acqua 284. dtt Ci-

gni 283. del mare 284. delia morte 285 . .

36a

K

Rabbuffare. Rabbuffo^ e loro origine 3e4..

/. Raffaello Magiotei fifl.

Raimondo Giordano poeta Provenzale. Ma»nuscritto della libreria di san Loretizo

ifìd 307.Rarabaldo de Vacheras poeta Provenzale.

ManatcriUo della libreria di s. Lorenzo,e di Francesco Redi loz 1 14. 1

Ranco .3o2,,

Ranieri de’Samaretani poeta antico. Testo

a penna di Francesco Redi i53.

Re de Longobardi non facevano sedere

alla loro mensa i figliuoli se non etano

!armati cavalieri 269.

7 Redondillas 167.

Re Enzo poeta antico. Manuscritto di Fran-

cesco Redi 160.

Re Riccardo poeta Provenzale. ManuscriUto di Francesca Redi i£fL

Abate Regnier des Marais , e sua tradu-

t sione di Anacreonte in verso Toscano

Remondo lorda. Vedi Raimondo Giot-

Romanzo di Bertrando di Guesclin. Testo

a penna di Francesco Redi 1 18.

* Anno. ,^

Ricordano Malespini 127 129 i,33.

Rimario Provenzale. Manuscritto della li-

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86SRomanzo di Florimondo. Di Guido di

Tournat. Di Guglielmo au courb. nez.Della Rosa li 5 .

Romolo Bertioi Fiorentino, poesie manu-scritte del testo di Francesco Redi 4044 *7 »^

Ronsardo poeta Franzese 35.gS i63 igS

217 aig ^z3 23o 2ò8 317.Rosso in significato di nero 285.Rosso da Messina 'poeta antico. Manuscrit'

to di Francesco Redi 194.Rugetto da iMcca poeta Provenzale 169.

.

Ruggicrone da Palermo poeta antico. Ma*nuscritto di Francesco Redi 3o6.

S

S come pronunziata da'Pisani 187.Sabino Poeta 42.

Saffo i 83.

Salvarlco di Malleone poeta Provenzale.Manuscritto di Francesco Redi 161.

/ Samuel Bodarto 140.

Sandro di Pippozzo poeta antico. Mana-scritto di Francesco Redi 188.

Santa Maria Nipotecoso 210. . .

Santermo, e suo significato 3i 3.

Sapria , sj>czie di vino 2o5.Sasci ^ amici alle viti 282,Satire di Monsig, Azzolini. Testo a penna

di Francesco Redi 220 3 18.

864òbujfar*\ e sua origine 3o4 .

Scaligero 58 .

Scarabatlola , e sua origine 3 z!i.

Sdoppio I j4.

Scoliaste d‘Aristofane 56.

Sebastiano Covarruvias. Vedi Covarruvias.

Seneca 64 i3 i.

, Sidro 32 96.Sileni «tzi.

Simbuoao Giudice poeta antico. Manu-scritto .di Francesco Redi 160.

Simone Pauli 92.

Sione , che cosa sia 809.>Padre Sirmondo 1 16.

Smerare. Smerato SLlJL

Smeriglio , e sua origine 3x3.

Sonetti di quattordici versi indentati dagli

Italiani 168. sonetti de' Provemali, checosa fossero 169.

Sonetti Toscani di più versi, che quattot’

dici 172 173. sonetti, rinterzati iqi 174.

doppi *75 e segg. di due rime i 85 . conle rime nel mezzo de' versi 184 | 85.

leporeambi i 85 . sonetti come si trovino

scritti ne'testi antichi 184. sonetti di di‘

•verse quantità di versi x38 fìiio a 195.

con le quartine di cinque versi per cia-

scuna IQ2. sonetti , che con le primelettere de' versi accennano il nome del-

rAutore 194. sonetti col ritornello , ccol ritornello doppio 178 190. sonetti

quando cominciati in Francia ed in

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365

Spagna i8o. con la coda , e loha

ariane 130 e segff.

Sonetto j e donde abbia avuta origine 180*

Sonetto di Dante non più stampato del

testo a penna di Francesco Redi 187.

,Sonetto di Pucciandone Martello da Pisa

scritto secondo la pronunzia Pisana. T#»

/ sto a penna di Francesco Redi ifiS*

'/^Sonetto del priore Orazio Rucellai 7^\Sorano Bay.

Sordello Mantovano poeta Provenzale

Spera. Gittare spere. Fare spere dfiS

lo stesso che speranza óo'j.'

Spran^ietta cagionata dal vino 277.

Stampite de' Provenzali 167.

Stare a tavola ritonda jproverbio 231 .

Stasino poeta 46.

\Stefano Pig^elli ^ Paschiere ifiiL

Stefano di Cino poeta antico. ManuscrittO

di Francesco Redi 192.

Stessissimo superlativo

Storia della Bilibia in lipgua Provenzale.

Testo a penna di Francesco Redi 3oi.

Storia INarnonese . ManuscrittO appresso

Francesco Redi 129.

Strambotto, strammotto, e sua Orione iSi,

Sveglia ,sveglione i 56.

Snida 43 ab gg 121 28S.

Superlativo con V accrescimento 3 i 8.

^abalU-e timballi 149.

lalahalacchi i55. uunburacai l56.

TAnaquil Fabro a8y.

Tanghero lOO.

Tavola ritopda» Manuscritto della libreria

di san Lorenzo iz6 181 321 a3i 3o5.

Tè , « sua bemanda 93.

Teocrito 2i 224» , . «

Tericleiy vati da bere >

TertuUiano 229.

Tibaldo di Sciampagna poeta arUico Frati-

zete i6d.

Tibullo il 141 266 284 396.

Timeo di Taormina 298.

Tommaso de’ Bardi poeta antico. Testo apenna di Francesoo Redi 193.

Padre Tommaso Strozzi Gesuita 79.

Tammaso Reinesio

Tonfano 390. • '

Torquato Tasso 146.

Trattato del governo della famiglia.

Testo a penna di Francesco Redi ifii.

Trattato latino de’ pontoni di Alberto Rim*

botti. Manuscritto di Francesco Redi 220.

Trattato dell’ Intendimento . Manoscritto

appresso Francesco Redi 199.

Trattato della Sajiienza. Manoscritto ap-

presso Francesco Redi 812.

Trecce, delle vigne mS 109.

367

Trescare iSt.

Trojano poema in ottava rìnoa. Manu-•ccitlo appresso Francesco Hedi uiL

Y

Vallombrosa , e Valembrosa 129.

Vanto di Rinaldo. Manoscritto diFranccsc*

Redi aid aSi 299 3ogVarare , e suo doppio significato 299.

Varrone "jZ i d8 291.

Udeno Nùielo. Vedi Benedetto Fioretti,'

Vendemmia tempo di libertà 214»

Verde vino 272. vetdea 271.

Verdetto ,verdischeUo ,

verdisco vini 272.

Vermicciuoli per tignerà in cremisi laa.

Vermiglio 102^. usato nell esequie 104. ,

Vemaccia di san Gimignano 204.

Versi de' Greci come scritti anticamente

184. i 65 .

Vespe ghiotte dell uva moscadella 63-

Vetritsola in significato di bicchiere 72 7^Vetro per vaso da bere 44.

Ugo da Massa di Siena poeta antico. Ma*tiuscritto di Francesco Redi 166.

Uguccione Pisano Graraallco , del testo apenna di Anton Maria Salvini 267.

Viaggio del vescovo di Berit alla Goccine

cina 9^ .

Vigna, per lo stesso che vite 64. ;

Villanzone 278. Vincenzio Borghini

flirto tangue delt uva 4^ fa buon sangue.

È un ra^io del sole 41. la poppa dei

vecchi^ amaro suoi colori 14,1 142.

come innacquato dagli amichi 144. da-

to nelle febbri da Ipocrate 144. vino

grande fatto dalt uve nere 147 148. for-

te ,e suo significato 109. cavallo del

poeta J22. solleva la fantasia zz%L fagli uomini vantatori 223 . veleno dè'ma^

< il 229. innaffia t anima 268. posaffanni

279. fatto nel sasso 282. eccita tempe-

ste 304. suoi effetti differenti nelle mon-

ne 2^ 332.

Vino di Lecore So 2l_i Albano loi. di

Lesbo T IO. di Brozzi ao5 . di Pepa-

reto , e delle cinque terre di Toscana edel Genovesato 2o5 206. di Lappeg^.Rullato. Alla Sciotta. Soleggiato. Alla

Franzese. Alla Greca %l\ 274. alla Tor

sia 274. Pompeiano 278.

Viola mammola 136 197.

Virilio ^ 119 140 200 229 282 aS3

284 285 299 3 io 329.

Virgilio manoscritto della libreria di s. Lo-

renzo 48-

Visibilio óz8 .

Vita di Ganselin Faiditz poeta ProTenzale.

Manuscritto della libreria di sau Loren-

zo 147 161.

Vita di Guidousel poeta Provenzale. Ma-nusoritto della libreria di aan Lorenzo

127 166.

369Tìta della Beata Uotiltà. Testo a penna

di Francesco Redi i3o.

.Vita di Lanfranco Cicala poeta Provenza-le. Manuscritlo della libreria di s. Lorenzo 166.

Vita di Nuc de Sam Sire poeta Provenza-

le. Testo a penna della libreria di sanLorenzo 166 209.

Vita di Rambaldo di Vacherà poeta Pro-

venzale del testo manuscrilto della li-'

breria di s. Lorenzo 167.

Vita di Riccardo Berbesm poeta Provenza-le, del testo manuscrilto di san Lorenzo184.

Vita di Naimerico di Pepugnano poetaProvenzale del testo a j>euua di s. Lo-renzo 209.

Vita di sam Antonio. Testo a penna di

Francesco Redi 277 So*).

^Viia di Cola di Rienzo stampata za6.

yite bassa 278. vite trapiantata in paesi

differenti produce vino differente 9^ j'r*

tifino lot.

^J^t/lisse Aldovrando 148.^ ^Vlpiano Giureconsulto l’jo.

'^Vocabolario della Crusca So 53 ^ 112

147 ifiB at 5 278 zSi 299 Sol 3i2.

'Vocabolo! io Tolosano 3i2 33i.

Volgarizzamento aulico di Rasis. Manu-scritto della libreria di s. Lorenzo X94.

.Volgarizzamento antico della Bibbia» Ma-” mesco Redi ^77.

S70

z/

Z mutata in d »o8.

Z come pronunziata da Pisani 107»

Zaccaria vescovo di Crisopoli 99.

Zamherlucco 297.

Zucchero Sencivenni Fiorentino 67 170

17^ *94- ^ „ KftZucchezzù, Zuco Zuco 100,

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pralto prato

spiriti spi I ti

o fresca, One’ o fresca,

L’ arcipoggia orcipoggia

Nelle Annotazioni.

Auacreonte AnacreonteTo-Iontà TO-luttà

medicotiu-gere

domnicellis

Laporeambì Leporeambi

,

modicotin-guere

domicellis

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