Distillati dal Sole e dalla Luna: significati e importanza dello specchio nella cultura cinese

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Jian e jing In cinese sono due i caratteri più utilizzati per indicare lo spec- chio, ed entrambi sono composti fono-semantici in cui la parte sinistra significa “metallo” e la parte destra dà indicazione sulla pronuncia (fig. 1). Jian deriva da un antico pittogramma che raf- figura una persona china su un bacile, intenta a specchiarsi nel- l’acqua in esso contenuta, e mantiene nel cinese contemporaneo il significato di “guardare attentamente, ispezionare”. Il senso dell’ideogramma può essere reso dunque come “il metallo che permette di ispezionare”. Le origini pittografiche dell’altro ter- mine, jing, sono meno chiare e il suo significato è più astratto: indica un limite, uno stacco, un completamento, ma anche l’in- contro con qualcosa di inaspettato. Volendo forzare un po’ la mano delle analisi etimologiche, diremmo che questo specchio rappresenta “il limite metallico” tra due mondi, quello della real- tà e quello del suo riflesso. Un excursus sul significato e sull’importanza dello specchio nella cultura cinese non può prescindere dalla sua duplice faccia: una liscia, chiara e diretta (yang, direbbero i cosmologi dell’an- tichità), destinata a scopi pratici di toeletta e di palese scintillìo; l’altra complessa, nascosta, yin, ornata di simboli più o meno arcani che necessitano di uno sforzo di interpretazione ma che costituiscono parimenti la ragion d’essere dell’oggetto in que- stione. Il legame tra le due facce risulta tanto più stretto se si pensa che, a parte una fase iniziale di sperimentazione con spec- chi “a doppio corpo” e una fase finale di impoverimento delle materie prime e delle tecniche di fusione che resero necessario placcare la faccia riflettente per renderla fruibile, il recto e il verso dello specchio cinese sono costituiti da uno stesso metallo ottenuto in un unico episodio di fusione. Jian e jing sono anch’essi termini intercambiabili, dalle sfuma- ture diverse ma complementari, necessarie l’una all’altra. Non è esagerato affermare che quando un cinese teneva uno specchio poteva credere di tenere in mano un intero universo: di fronte il riflesso di se stesso e del mondo reale, transeunte nel transeun- te; sul retro il riflesso della cultura del suo tempo e del mondo immutabile dei simboli, fossero essi di carattere cosmologico, religioso o genericamente augurale. Le iscrizioni che talvolta accompagnano questi simboli ne aumentano la significatività in un perfetto esempio di interazione tra testo e immagine. È diffi- cile pensare a un altro oggetto di uso pratico e di valore artistico tanto vicino – fisicamente e spiritualmente – al proprietario quanto lo specchio, e tale constatazione da sola dovrebbe illumi- narci sulla sua importanza nell’ambito della cultura cinese. In vita, strumento indispensabile per controllare l’aspetto impecca- bile imposto dal ruolo sociale o autoimposto dal narcisismo, ma anche oggetto di lusso da mostrare e “promemoria” visivo delle forze che controllano i ritmi del mondo; in morte, oggetto tra i più ambiti per accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’al- dilà e per illuminare l’oscurità del sepolcro. Usi edonistici, idea- listici ed esoterici si mescolano a tal punto che la definizione dello specchio come “bene suntuario” o il suo incasellamento tra le arti minori adottata da molti testi suonano quantomeno inade- guati. La perfetta fusione di funzione e significato in un’unica forma ne fa piuttosto un’epitome della produzione artistica cine- se, un chiaro riflesso della “coscienza collettiva” nelle varie epo- che della storia. Sarà un caso che tra i più antichi manufatti di bronzo finora ritro- vati, prodotti con certezza nell’attuale territorio cinese e risalen- ti a circa quattromila anni fa, gli specchi occupino una posizio- ne di primo piano. Non è un caso però che, dopo essersi defini- tivamente affermato alla metà del primo millennio a.C., questo oggetto abbia resistito indenne – unico tra i prodotti del bronzi- sta – ai mutamenti della cultura e del gusto, mentre le altre tipo- logie dei bronzi venivano soppiantate da altri materiali e da altri valori. Rimase un bene elitario irrinunciabile fino al XVIII seco- lo, quando cominciò a essere sostituito dagli specchi di vetro di ispirazione occidentale. È opinione consolidata che l’età di massimo splendore della pro- duzione bronzistica in Cina si sia esaurita prima dell’avvento dell’era volgare. Lo specchio di bronzo è quindi un nobile sopravvissuto di quest’arte arcaica, nella quale la cultura cinese 13 Distillati dal sole e dalla luna: significati e importanza dello specchio nella cultura cinese Marco Guglielminotti Trivel 1. I caratteri cinesi jian e jing, scritti nella variante antica del “Piccolo Sigillo” e nella forma attuale (jian) (jing) RIFLESSI 012-045:09917-11-201211:47Pagina13

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Jian e jingIn cinese sono due i caratteri più utilizzati per indicare lo spec-chio, ed entrambi sono composti fono-semantici in cui la partesinistra significa “metallo” e la parte destra dà indicazione sullapronuncia (fig. 1). Jian deriva da un antico pittogramma che raf-figura una persona china su un bacile, intenta a specchiarsi nel-l’acqua in esso contenuta, e mantiene nel cinese contemporaneoil significato di “guardare attentamente, ispezionare”. Il sensodell’ideogramma può essere reso dunque come “il metallo chepermette di ispezionare”. Le origini pittografiche dell’altro ter-mine, jing, sono meno chiare e il suo significato è più astratto:indica un limite, uno stacco, un completamento, ma anche l’in-contro con qualcosa di inaspettato. Volendo forzare un po’ lamano delle analisi etimologiche, diremmo che questo specchiorappresenta “il limite metallico” tra due mondi, quello della real-tà e quello del suo riflesso.Un excursus sul significato e sull’importanza dello specchionella cultura cinese non può prescindere dalla sua duplice faccia:una liscia, chiara e diretta (yang, direbbero i cosmologi dell’an-tichità), destinata a scopi pratici di toeletta e di palese scintillìo;l’altra complessa, nascosta, yin, ornata di simboli più o menoarcani che necessitano di uno sforzo di interpretazione ma checostituiscono parimenti la ragion d’essere dell’oggetto in que-stione. Il legame tra le due facce risulta tanto più stretto se sipensa che, a parte una fase iniziale di sperimentazione con spec-chi “a doppio corpo” e una fase finale di impoverimento dellematerie prime e delle tecniche di fusione che resero necessarioplaccare la faccia riflettente per renderla fruibile, il recto e ilverso dello specchio cinese sono costituiti da uno stesso metalloottenuto in un unico episodio di fusione.Jian e jing sono anch’essi termini intercambiabili, dalle sfuma-ture diverse ma complementari, necessarie l’una all’altra. Non èesagerato affermare che quando un cinese teneva uno specchiopoteva credere di tenere in mano un intero universo: di fronte ilriflesso di se stesso e del mondo reale, transeunte nel transeun-te; sul retro il riflesso della cultura del suo tempo e del mondoimmutabile dei simboli, fossero essi di carattere cosmologico,religioso o genericamente augurale. Le iscrizioni che talvoltaaccompagnano questi simboli ne aumentano la significatività in

un perfetto esempio di interazione tra testo e immagine. È diffi-cile pensare a un altro oggetto di uso pratico e di valore artisticotanto vicino – fisicamente e spiritualmente – al proprietarioquanto lo specchio, e tale constatazione da sola dovrebbe illumi-narci sulla sua importanza nell’ambito della cultura cinese. Invita, strumento indispensabile per controllare l’aspetto impecca-bile imposto dal ruolo sociale o autoimposto dal narcisismo, maanche oggetto di lusso da mostrare e “promemoria” visivo delleforze che controllano i ritmi del mondo; in morte, oggetto tra ipiù ambiti per accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’al-dilà e per illuminare l’oscurità del sepolcro. Usi edonistici, idea-listici ed esoterici si mescolano a tal punto che la definizionedello specchio come “bene suntuario” o il suo incasellamento trale arti minori adottata da molti testi suonano quantomeno inade-guati. La perfetta fusione di funzione e significato in un’unicaforma ne fa piuttosto un’epitome della produzione artistica cine-se, un chiaro riflesso della “coscienza collettiva” nelle varie epo-che della storia.Sarà un caso che tra i più antichi manufatti di bronzo finora ritro-vati, prodotti con certezza nell’attuale territorio cinese e risalen-ti a circa quattromila anni fa, gli specchi occupino una posizio-ne di primo piano. Non è un caso però che, dopo essersi defini-tivamente affermato alla metà del primo millennio a.C., questooggetto abbia resistito indenne – unico tra i prodotti del bronzi-sta – ai mutamenti della cultura e del gusto, mentre le altre tipo-logie dei bronzi venivano soppiantate da altri materiali e da altrivalori. Rimase un bene elitario irrinunciabile fino al XVIII seco-lo, quando cominciò a essere sostituito dagli specchi di vetro diispirazione occidentale.È opinione consolidata che l’età di massimo splendore della pro-duzione bronzistica in Cina si sia esaurita prima dell’avventodell’era volgare. Lo specchio di bronzo è quindi un nobilesopravvissuto di quest’arte arcaica, nella quale la cultura cinese

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Distillati dal sole e dalla luna: significati e importanzadello specchio nella cultura cinese

Marco Guglielminotti Trivel

1. I caratteri cinesi jian e jing, scritti nella variante antica del “Piccolo Sigillo”e nella forma attuale

(jian) (jing)

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stessa affonda le sue radici. Certo, sono noti anche antichi esem-plari in giada e in pietra levigate, che probabilmente avevanodestinazioni più rituali che pratiche a causa della natura stessadei materiali1. E in alcuni periodi furono utilizzati anche altrimetalli, sebbene più per necessità che per scelta, come testimo-niano ad esempio gli specchi di ferro (cat. 52). Ma la lega terna-ria rame-stagno-piombo – tre metalli per eccellenza (sanshang)dell’alchimia daoista –, e in particolare lo speculum ad alto teno-re di stagno noto anche ai Romani per la sua parvenza argenteae riflettente2, continuò a mantenere un ruolo privilegiato per tuttala storia cinese dello specchio.

Contatti con lo sciamanesimo scito-siberianoLa più antica citazione letteraria di uno specchio metallico in Cinarisale al 673 a.C., dove viene descritto appeso alla cintura di unaregina3. Si tratta, è lecito supporre, di uno specchio rituale piutto-sto che d’uso pratico, che richiama immediatamente gli specchiappesi alle vesti degli sciamani in Asia settentrionale: amuleti eaccessori d’elezione per creare un alone di baluginìo attornoall’intermediario tra i mondi della terra, del cielo e del sottosuo-lo. Il parallelismo con gli specchi delle popolazioni scite/saka esarmate/sauromate delle steppe euroasiatiche rinforza la teoriadell’introduzione (o meglio della reintroduzione) dello specchioin Cina grazie ai contatti con queste popolazioni nel corso delprimo millennio a.C.4. Il primo specchio propriamente cinesedoveva essere di tipo sciamanico, ancora poco adatto a rifletterela realtà in modo attendibile ma ottimo per creare effetti di luce e,almeno in una fase iniziale, legato probabilmente a un culto ditipo solare. Dalla stessa fonte sembra scaturire il primato simbo-lico dello specchio in Giappone, ad esempio, dove è consideratol’attributo principale della divinità shintō da cui si fa discendere ilpopolo giapponese: Amaterasu-no-ōmikami, la dea del sole non-ché l’archetipo sciamanico per eccellenza. A proposito dello scia-manesimo mongolo, Heissig (1980, p. 19) scriveva:

Anche nei casi in cui il resto della veste cerimoniale è stato dimenti-cato, il grembiule rituale e la sospensione degli specchi giocano

ancora un ruolo prominente […]. Una volta uno sciamano mi spiegòdi persona che negli specchi vive il bianco cavallo dello sciamano.Spesso […] sono indossati sul petto e sulla schiena. Questi specchihanno una funzione multipla. In primo luogo spaventano le forze egli spiriti malefici. […] Un’altra funzione simbolica dello specchio[…] è che esso riflette tutto, all’interno come all’esterno, inclusi ipensieri più segreti. Attraverso il potere dello specchio lo sciamanoacquisisce lo status di un essere onnisciente. Infine, il terzo compitodello specchio è quello di disperdere gli ostili dardi invisibili delleforze del male e proteggere così lo sciamano dalle ferite che posso-no infliggere.

L’onnipresenza dello specchio come paramento sciamanicospiega bene in realtà anche una ragione fondamentale della for-tuna che lo specchio cinese ha sempre goduto nello spazio asia-tico. Dotato di qualità riflettenti, artistiche e tecniche superiori,veniva commercializzato e tesaurizzato per usi rituali primaancora che come oggetto da toeletta5. Non è raro trovare tuttoraantichi specchi cinesi appesi ai grembiuli sciamanici di diversepopolazioni asiatiche, dagli Evenchi in Manciuria orientale aiTuvani in Siberia meridionale e oltre: e più lo specchio è antico,più viene considerato efficace. Con sfumature diverse, anche ilmelong tibetano condivide analoghe proprietà.La pregnanza magico-rituale dello specchio cinese aiuta anche agiustificarne la forma: prevalentemente rotonda, senza manico,con una presa centrale forata sul retro dove far passare un nastroo una corda che ne permetteva la presa sicura in una mano (fig.2), oppure la possibilità di assicurarlo a sostegni verticali quan-do era troppo grande/pesante o quando si necessitava di duemani libere per la toeletta (fig. 3). Si tratta di un retaggio ditempi più antichi, quando il suo uso principale era quello dirimanere appeso allo sciamano durante la danza e la trance, eche si può riconoscere nei gancetti decentrati degli antichi spec-chi di area mancese e coreana (catt. 22-23). Un manico da presasarebbe risultato superfluo, addirittura ingombrante. Tanto radi-cata era l’abitudine a questa forma nella mente cinese che, puressendo attestati specchi con manico già in epoca Han (206 a.C.

1 Si vedano a questo proposito Hirth (1906, pp. 216-217) e il ritrovamento del periodo Han Occidentale (206 a.C. - 8 d.C.) segnalato in Hunan (1984, p. 793).2 Caius Plinius Secundus (23-79), Naturalis Historia, Liber 34, § 160.3 Zuozhuan (Commentario di Zuo), cronache dell’anno 21 del duca Zhuang di Lu. Riprodotto in Legge (1872, p. 101).4 Si rimanda ai contributi di Rubinson, Davis-Kimball, Chugunov, eccetera in Aruz et al. (2006).5 Si vedano in proposito gli studi di Maenchen-Helfen (1973) e Raschke (1978).

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- 220 d.C.; Chêng 1957, tav. 62/2) e di nuovo molto più tardi inepoca Song (960-1279), essi vennero sempre trattati come curio-sità esotiche o capricci di un bronzista eccentrico, e non venne-ro mai prodotti su larga scala.La forma rotonda aveva anche una ragion d’essere tecnica fon-damentale, ovvero la possibilità di conferire alla faccia rifletten-te una superficie convessa uniforme attraverso la quale i cinesicapirono presto di poter riflettere un’immagine più grande suuna superficie specchiante di diametro ridotto, secondo il princi-pio ottico della lente convergente. Lo stesso espediente è diffi-cilmente realizzabile quando lo specchio ha i contorni sagomatied è praticamente impossibile in presenza di angoli. Per questo,a parte certi esemplari quadrati di epoca preimperiale e ripresidai Tang (618-907), oppure le forme lobate Tang e qualche spe-rimentazione successiva, la forma prediletta per lo specchio datoeletta è sempre stata rotonda. Ma la ragione profonda eraanche di tipo simbolico: rotondo è il sole, rotonda la luna piena,rotonda la volta celeste secondo le più antiche concezionicosmologiche cinesi; nella forma circolare è anche più faciledisporre in maniera armonica i vari elementi decorativi e figura-tivi del verso, talvolta ordinati in vere e proprie rappresentazio-ni dell’universo.

Lo specchio daoistaGli studiosi si sono sbizzarriti nel cercare parallelismi tra glispecchi e il Cielo, soprattutto per quanto riguarda le più impor-tanti produzioni della Cina preimperiale (per es. cat. 15) e Han.Camman (1955, pp. 43-44), per esempio, li paragona ai dischilavorati di giada con foro centrale, Bulling (1955) alla trasposi-zione bidimensionale di parasoli e baldacchini rituali di stoffa:tutti questi oggetti erano simboli di alto rango collegati tradizio-nalmente all’ambito celeste e ricoprivano un ruolo importantenei riti funebri. Il palese assorbimento dello specchio nelle spe-culazioni cosmologiche ed escatologiche cinesi giunge a com-pimento nella prima epoca Han, quando le necessità politichecomportano una rivisitazione e omologazione dei simboli edelle credenze delle diverse culture che confluivano nel nuovo

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2. Particolare di un pannello di pietra dipinta, 120 × 71 cm,dalla tomba di Yang Hui, Jingbianxian (Shaanxi), circa 736

3. Particolare del dipinto su seta Consigli dell’istitutrice per le dame di corte,copia Tang (?) da Gu Kaizhi (circa 344-406). Londra, The British Museum

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impero. Emblema di questa riorganizzazione sono gli specchicosiddetti “TLV” (cat. 37), ma quasi tutte le nuove tipologie delperiodo si prestano a interpretazioni di tipo “cosmico”. Le raf-figurazioni sul retro dello specchio ne fanno un simbolo spazio-temporale potente, un vero e proprio intermediario tra l’uomo eil cosmo, collegato probabilmente a pratiche divinatorie.Da questo momento in poi lo specchio diventa appannaggio pre-ferenziale del Daoismo e delle credenze – anche popolari – a essocollegate. Si può anzi affermare che la storia dello specchio siaintimamente legata all’evoluzione/involuzione di questa correntedi pensiero filosofico-religioso più di altri oggetti artistici chegodevano di una diffusione paragonabile tra le classi abbienti6.L’identificazione dello specchio con il Daoismo conosce il suoculmine nella seconda parte della dinastia Han, quando questocomincia a conformarsi come religione organizzata anche peremulazione e in concorrenza con il Buddhismo, che proprio neiprimi secoli dell’era volgare aveva iniziato ad attecchire sulsuolo cinese. Ma anche se alcune immagini di Buddha hannotrovato sporadicamente spazio sul retro degli specchi di quelperiodo, peraltro sempre in contesti figurativi daoisti, i cosmo-grammi e le divinità più rappresentati – per non parlare delleiscrizioni che li accompagnano – sono indubbiamente di stampodaoista7. Anche più tardi, quando con i Tang i riferimenti alDaoismo sembrano attenuarsi e infine (dai Song in poi) simescolano sempre più a simbologie augurali di stampo popola-re, le decorazioni dello specchio sono riconducibili in maggiormisura al Daoismo piuttosto che al Buddhismo o alConfucianesimo. Il retaggio autoctono si è tramandato sul retrodegli specchi più che in altre manifestazioni artistiche e questospiega a sua volta il perché della sopravvivenza dello specchiocome elemento di conservatorismo nella cultura cinese.D’altronde, l’alone magico dell’arte dei metalli che caratterizza-va la Cina preimperiale aveva trovato uno sbocco naturale nel-l’alchimia daoista, e i daoisti stessi si erano fatti portatori deisegreti del bronzista ammantandoli di valenze esoteriche8. Lospecchio, oggetto già culturalmente carico di forze arcane, si pre-stava perfettamente a simboleggiare il mistero dell’alchimia e a

divenire il supporto di raffigurazioni sacre. I daoisti utilizzavanoqueste raffigurazioni come sussidui rituali per pratiche di medi-tazione, visualizzazione e viaggi astrali (“percorrere il vuoto”secondo il loro lessico; cfr. Schafer 1977), in maniera paragona-bile all’utilizzo dei maṇḍala nel Buddhismo. Lo specchio rappre-senta a tutti gli effetti un microcosmo del macrocosmo, è un dia-gramma tipicamente cinese che procede parallelamente – e forseprecede – ad analoghe pratiche buddhiste come quelle evidenzia-te, per esempio, da cat. 117. Con l’aiuto dello specchio, l’adeptodaoista poteva richiamare visivamente dentro di sé le divinità ouscire di sé per incontrarle; immaginava di effettuare dei veri epropri viaggi interstellari che, come acutamente enunciato daSchafer (1976), corrispondevano a viaggi intercellulari nell’uni-verso del proprio corpo grazie a un sistema in cui macrocosmo emicrocosmo, estremamente grande ed estremamente piccolo,alchimia esterna e alchimia interna, sostanzialmente coincidono.Gli specchi, insieme alle spade, erano paramenti rituali impre-scindibili degli altari daoisti (Cahill 1986, p. 63) e adempivano afunzioni apotropaiche (Little, Eichman 2000, pp. 344, 347).

Ricettacoli di luceLe credenze cinesi sulle proprietà magiche degli specchi sonoinnumerevoli e derivano fondamentalmente dalla sua capacità didivenire ricettacolo di luce, di poter carpire l’energia yang del solee yin della luna per poi rimetterla, quando necessario, al suo pos-sessore. Lo stesso atto creativo della fusione degli specchi è spes-so ammantato di allegorie daoiste e di ritualismi tesi a garantirneil pieno successo. Molte iscrizioni sugli specchi recano ad esem-pio la datazione del giorno bingwu, che, secondo il tradizionalesistema di computo sessagesimale del tempo carico di corrispon-denze cosmologiche, rappresenta il culmine dell’elemento delfuoco nei “Cinque Agenti” (wuxing) o elementi costitutivi del-l’universo: fuoco, terra, metallo, acqua, legno. Indipendentementedal fatto che un tale mese di tale anno potesse vantare o meno ungiorno chiamato bingwu, ribadire l’azione del fuoco nel momen-to della presunta fusione dello specchio doveva essere sicuramen-te garanzia di qualità eccelsa (non solo riflettente) del manufatto9.

6 Si veda a questo proposito Cahill (1986 e 1994).7 I daoisti avevano fatto delle concezioni cosmologiche ereditate dalla Cina preimperiale e codificate nel Primo Impero uno dei fondamenti intellettuali della loro religione.8 Sotto i Song Meridionali (1127-1279), ad esempio, troviamo ancora alcuni maestri fonditori di specchi che si definiscono daoisti (cfr. Wang Shilun, Wang Mu 2006, fig. 165).9 Si veda ad esempio l’iscrizione di cat. 40: non c’era un giorno bingwu in quel mese di quell’anno.

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Il giorno migliore per la fusione di uno specchio era considerato ilsolstizio d’estate, a mezzogiorno, quando il principio yang e l’ele-mento fuoco erano al culmine. Famosa in questo senso è una leg-genda relativa alla creazione di uno specchio shuixin (“cuore d’ac-qua”) per il compleanno dell’imperatore Tang Xuanzong (r. 712-756). La fusione aveva avuto luogo su una barca a Yangzhou, inmezzo al fiume, e al termine dell’operazione un drago si era innal-zato dalle acque a suggellarne la piena riuscita: lo specchio eraperciò dotato delle essenze giuste, era carico di potere magico(Sun Kerang 1998). Fu infatti grazie a questo specchio che, secon-do la stessa fonte, l’imperatore riuscì a porre fine a un periodo ditremenda siccità: il drago raffigurato sul verso (cat. 89) si materia-lizzò e, nella migliore tradizione estremo-orientale, divenne por-tatore della pioggia benefica che fa crescere le messi10.Il parallelismo specchio-sole-quintessenza di yang è ricco diesempi nella letteratura cinese, e sono peraltro attestati specchiustori concavi per accendere il fuoco, in particolare i fuochisacri per i rituali di Stato (Hirth 1906, p. 227; O’Donoghue1990, pp. 80-83)11. Ancora più ricorrente, tuttavia, è il parago-ne del disco luminescente di bronzo con la luce fredda dellaluna, e quindi con l’elemento acqua e con la massima espressio-ne del principio “femminile” yin, complementare al “maschile”yang. Si tratta per lo più della luna ispiratrice dei poeti e dun-que di un topos ricorrente per esprimere nostalgia, struggimen-to, bellezza del volto femminile imbellettato, eccetera (cfr.iscrizione cat. 60).Ma la simbologia profonda che lega lo specchio alla luna è anco-ra una volta retaggio di credenze derivate dal Daoismo, legate inparticolare alla cosiddetta “rugiada lunare” di cui si nutrono gliimmortali yuren (“uomini piuma”; Little, Eichman 2000, p. 378).Secondo le fonti, certi specchi potevano essere lasciati all’apertodurante la notte per raccogliere la preziosa “acqua di luna” dalsatellite, ovvero la rugiada notturna. Nell’era Kaiyuan (713-742),durante una ricorrenza mensile in onore delle dame di corte – evi-dente richiamo al principio femminile – si esponevano gli spec-chi alla luna e li si tamburellavano12. Come ulteriore binomioconcettuale rispetto al sole, sembra che il momento più opportu-

no per fondere questo tipo di specchi fosse la mezzanotte del sol-stizio d’inverno, quando l’essenza yin dell’acqua era al suo cul-mine. Alcuni studiosi hanno voluto distinguere specchi “solari”rotondi da specchi “lunari” quadrati (cfr. Pelliot 1920-1921, p.51), che con i loro bordi rialzati sul retro sarebbero stati eccellen-ti contenitori di liquidi (cat. 12). Punto focale di argomentazioneè una delle più diffuse concezioni cosmologiche, secondo cui ilcielo rotondo è legato al principio solare yang mentre la terraquadrata si associa al principio lunare yin, ma tale interpretazio-ne non ha trovato riscontri univoci13. Forse converrebbe conside-rare tutti gli specchi un po’ yang, perché nascono col fuoco, e unpo’ yin, perché mantengono una fredda luce nascosta come i cri-stalli che (secondo alcune credenze) illuminano la luna dall’inter-no: la doppia faccia si prestava in ogni caso egregiamente a riflet-tere la luce da un lato e a raccogliere la rugiada dall’altro.Merita ancora menzione una simbologia minore collegata allaluce emessa dallo specchio, quella del lampo. La divinità daoi-sta Dianmu (“Madre del Fulmine”) viene spesso rappresentatacon in mano degli specchi che emettono saette (Little, Eichman2000, p. 239).In virtù della loro luce intrinseca, gli specchi venivano ancheposti nelle tombe per illuminare la vita post mortem del defun-to. Una funzione precipua degli specchi decorati con disegnicosmologici doveva essere quella di costituire una mappa del-l’universo e dello scorrere del tempo per l’orientamento deldefunto (Loewe 1979, pp. 60-85). In alcuni contesti funerari,invero, la collocazione degli specchi in scatole da toletta assie-me ad altri oggetti non suggerisce un’interpretazione altra daquella della necessità del morto di portare quanto sarebbe ser-vito alla cura del proprio aspetto anche nell’aldilà. Ma più spes-so la loro posizione è ravvicinata al defunto, accanto alla testao sul petto, a indicare un rapporto intimo e privilegiato.Sicuramente, oltre a fungere da “lampada” nelle tenebre delsepolcro, lo specchio doveva possedere proprietà apotropaichee demonifughe (sulle quali torneremo) per proteggere il cada-vere da influssi nefasti. In epoca Han si sospendeva talvolta unospecchio all’interno della bara, dentro un apposito recipiente

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10 Taiping guangji, vol. 231, pp. 1771-1172.11 Un raro specchio ustorio (yangsui) di epoca Tang è illustrato in Du Naisong (2006, tav. 169).12 Pei wen yun fu (Deposito in rima di frasi stimate), compilato da Zhang Yushu et al. nel 1711, cap. 86, p. 7. Riportato in Hirth 1906, p. 228.13 I riferimenti letterari si prestano infatti a diverse interpretazioni, e non è detto che il recipiente per la rugiada – chiamato nelle fonti fangzhu – fosse davvero uno specchio. Cfr.Wang 2005, n. 38; Schulten 2005, n. 34.

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dotato di un’apertura verso il basso14. Talaltra le virtù protettivee illuminanti erano estese all’intera camera funeraria: un gran-de specchio veniva inglobato o appeso, recto in giù, al centrodel soffitto. Tale espediente fu largamente praticato ad esempionelle tombe di epoca Liao (907-1125), seppur arricchito di sim-bologie cosmologiche e di riferimenti al Buddhismo (cfr.Steinhardt 1997, pp. 342-350; Schulten 2005).Le fonti parlano anche di specchi appesi negli edifici dei vivi,utilizzati sia allo scopo pratico di gettare luce riflessa in ambien-ti bui, sia per scopi rituali e legati alla superstizione. Alla base diquesti ultimi c’era l’opinione radicata che lo specchio riflettessesoltanto la verità delle cose e che quindi gli spiriti malvagi, cela-ti sotto false spoglie, avrebbero mostrato il vero volto rifletten-dosi in esso: la visione del proprio orribile aspetto, reso final-mente palese ai loro stessi occhi, sarebbe bastata a farli fuggire.Nel testo Baopuzi (Il Maestro che abbraccia la Semplicità) diGe Hong (284-364) si racconta che gli adepti daoisti, quandoviaggiavano per le montagne, portavano uno specchio di bronzosospeso dietro la schiena per difendersi dagli attacchi dei demo-ni15. In buona sostanza, lo specchio era un perfetto e potente tali-smano, da portare sul proprio corpo sia in vita che in morte. Inquesta valenza magica ravvisiamo un ulteriore rimando a cre-denze di tipo sciamanico, ereditate dal Daoismo religioso e daiculti popolari, che implicavano il controllo delle forze divine esoprannaturali attraverso lo specchio. Si riteneva infatti che essopotesse proteggere il guerriero nella battaglia, e la presenza diuno specchio cucito all’altezza del petto sulle armature degliultimi sovrani mancesi non è che un residuo di tali credenze (fig.4). Esso diviene inoltre metafora di potere in molti riferimentileggendari, come ad esempio i 12 specchi – uno per ogni mesedell’anno – fusi dall’Imperatore Giallo, capostipite della civiltàcinese16. Merita menzione, a questo proposito, anche lo specchioHan, “che dissipa la guerra”, simbolo dell’età di pace inaugura-ta dall’impero centralizzato, che trova un’eco nell’iscrizionedell’esemplare cat. 59 riferita ai Sui (581-618; Chavannes 1906,p. 102; Soper 1967, pp. 56-58).Poiché lo specchio “dice sempre la verità” ed è espressione di unpotere benefico, è naturale che gli vengano attribuite proprietà

14 Brashier (1995) ha avanzato l’ipotesi che in epoca Han lo scopo di tale pratica fosse quella di augurare longevità al defunto, ma a nostro parere questo aspetto simbolico dellospecchio non esclude le funzioni vere e proprie che gli venivano attribuite.15 Si veda il brano tradotto in Ware (1966, p. 281).16 Huangdi Neizhuan (Biografia segreta dell’Imperatore Giallo), riprodotto in Takeuchi (1911, p. 311) e Weitz (2002, p. 115).

4. Divisa da parata militare, XIX secolo. Città del Vaticano, Musei Vaticani,Museo Missionario Etnologico

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profetiche e mantiche. L’impossibilità di vedere il proprio rifles-so, ad esempio, è considerata presagio di morte imminente (Dien2007, p. 261). Esso serve certamente per guardare nel futuro, masoprattutto per riguardare al passato e riflettere su pregi e difettidei predecessori. Lo specchio come riflesso della storia è quindiun altro tropo importante, sfruttato a piene mani soprattutto dachi voleva mettere in guardia i sovrani del presente17. Una delleraccolte storiografiche più importanti della Cina, pubblicata nel1084 per ordine imperiale, porta il significativo titolo di ZizhiTongjian, “Specchio Generale per servire il Governo”, e il jian(lo specchio per ispezionare) finisce qui per identificarsi con uncerto tipo di cronaca storica, dagli intenti edificanti e – per unavolta almeno – imbevuta di conservatorismo confuciano inveceche di misticismo daoista. Si pensi, per analogia, ai vari speculamedievali e rinascimentali in Occidente.Se lo specchio riflette la storia, riflette prima ancora l’animoumano. Aforismi che lo adottano come metafora di purezza e diintelligenza abbondano fin dal periodo preimperiale. Al signifi-cato psicologico (lo specchio come strumento di autoanalisi) siaggiunge quello filosofico. Si ricordi ad esempio la massima delZhuangzi (cap. 13), secondo cui “La mente del saggio è perfet-tamente calma, è come uno specchio che riflette il cielo e la terrae tutti gli esseri”18.Strettamente collegata a questa metafora è un’altra virtù attribui-ta allo specchio: quella della trasparenza, sia di se stesso siadella realtà che rispecchia.

Trasparenza e purezzaIn Cina furono prodotti, almeno dall’epoca Han, degli specchichiamati oggi touming jing, “specchi trasparenti”, la cui facciariflettente esposta a una fonte di luce diretta ha la proprietà diproiettare su una superficie piana lo stesso motivo e le stesseiscrizioni che si trovano sul retro del manufatto. Si tratta per lopiù di rari specchi del tipo “a motivo raggiato” come l’esempla-re cat. 31, e la tecnica straordinaria che permetteva tale fenome-no di rifrazione non è ancora stata spiegata con chiarezza: sulrecto, infatti, non è percepibile nessun disegno, né alla vista néal tatto. Non abbiamo qui spazio a sufficienza per addentrarci

nell’argomento; basti dire che si tratta probabilmente di unfenomeno legato alle differenti velocità di raffreddamento tra leparti più spesse e quelle più sottili del rilievo sul verso dopo lafusione che provocavano impercettibili ondulazioni regolarisulla superficie opposta, ondulazioni che costituiscono diversiangoli di rifrazione della luce19. Se teniamo a mente le valenzemagiche e simboliche attribuite agli specchi, non sarà difficileimmaginarsi l’effetto che tali espedienti potevano produrrenella Cina tradizionale: veder realizzata oggettivamente lamagia inspiegabile del riflesso, le proprietà rivelatrici e traspa-renti dell’oggetto, quella “luce propria” che si mescola alla lucedel sole per produrre effetti meravigliosi. Il criptico riferimen-to poetico al “fiore di castagna d’acqua” nell’iscrizione di cat.62 è ispirato a questo tipo di specchio magico illuminato dalsole; l’accostamento al riflesso della luna dello stagno ribadisceinvece quel dualismo sole/luna di cui abbiamo già sottolineatol’importanza.Non è un caso che buona parte degli specchi ritrovati nelletombe giapponesi dei periodi tardo Yayoi/primo Kofun (III-IVsecolo) e dei primi esemplari prodotti in Giappone appartenga-no alla tipologia “a motivo raggiato” (cat. 56). Come deducia-mo dalla quantità e qualità dei ritrovamenti, lo specchio ingenerale era uno dei simboli di potere più importante per laclasse dominante del periodo, e specchi dalle proprietà prodi-giose di questo genere, provenienti dal continente, non dovette-ro passare inosservati: se si aggiunge che il motivo raggiatopoteva essere intuitivamente associato alla simbologia solare,lo specchio diventava automaticamente il segno del favore delladea Amaterasu per la sua discendenza di re-sciamani giappone-si (Edwards 1999).Vale la pena ricordare per inciso che furono proprio gli “spec-chi magici” ad attirare per la prima volta l’attenzionedell’Occidente sugli specchi di bronzo dell’Asia orientale nelXIX secolo. Sull’onda del positivismo ottocentesco, si era tut-tavia troppo interessati a spiegare scientificamente il fenomenocon l’intento di mostrare la superiorità occidentale rispetto allecredulità del resto del mondo per rendersi conto dell’alto valo-re – tecnologico, artistico, culturale – dello specchio estremo-

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17 Si veda a questo proposito l’interessante articolo di Wang (1994).18 Riportato in Hall 1935, p. 184.19 Sicuramente interveniva a posteriori una speciale tecnica di politura della superficie riflettente che non cancellava queste tracce ma semmai le esaltava. Per alcune spiegazionipossibili del fenomeno si rimanda a Needham (1962-1971, parte I, pp. 90 sgg.) e Shanghai (2005, pp. 144-145).

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orientale, il cui primo studio davvero scientifico risale a pocopiù di un secolo fa20.Per quanto riguarda le virtù di trasparenza dello specchio tra-smesse alla realtà che esso riflette, è famoso a questo propositoil leggendario specchio “che schiarisce il fiele”, posseduto dalPrimo Augusto Imperatore dei Qin (r. 247-210 a.C.) e descrittocome uno strumento radioscopico ante litteram. Si narra che nelPalazzo Afang fosse appeso un grande specchio rettangolare attoa riflettere una persona nella sua interezza e a esplorarne i“Cinque Visceri” per diagnosticare malattie e scompensi psico-fisici. Nella migliore tradizione della letteratura denigratoria suQin Shi Huangdi, dipinto immancabilmente come un sovranocrudele e spietato, l’uso principale dello specchio era quello diispezionare la bile e il cuore delle sue concubine, per scoprirequelle che covavano rancori o infedeltà e metterle a morte21.Superstizioni a parte, questo e altri riferimenti letterari suggeri-vano l’esistenza di grandi specchi rettangolari che nel 1979hanno trovato conferma dalle scoperte archeologiche (De Caro,Scarpari 2010, p. 272; fig. 5). Questo esemplare Han, insieme auno più antico dello Stato di Qi (III secolo a.C.), dotato di treanelli mobili lungo il bordo (Qi Wentao 1972; Li 1985, pp. 309-310), sono eccezioni notevoli alla forma usuale dello specchiocinese: erano in questi casi le loro stesse dimensioni a renderesuperflua la presa centrale.Le virtù “radiologiche” degli specchi sono accostabili ad altreproprietà magiche di tipo medicamentoso che sono state loroattribuite fino a tempi recenti. L’ispezione del paziente con unospecchio era una pratica adottata da molti dottori per determi-nare le cause della malattia, mentre talvolta se ne sfruttavano lepresunte proprietà tumaturgiche per contatto, passandolo sullaparte malata. Alcune ricette mediche richiedevano espressa-mente come ingrediente la polvere macinata di specchio: piùantico esso era più la medicina sarebbe stata efficace. Fino aepoche recenti, si pensava ad esempio che i preparati a base dispeculum fossero in grado di regolare il ciclo mestruale (Hirth

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20 Della vasta letteratura sull’argomento, si ricordino per esempio David (1836) e Bertin (1881). Hirth (1906, pp. 211-212), pur accennando alla questione, concentra per primol’attenzione su altri tipi e su altri significati dello specchio cinese.21 “Xijing zaji (Miscellanea della Capitale Occidentale)”, attribuito a Liu Xin (50 a.C. - 23 d.C.), in Han Wei Liuchao biji xiaoshuo daguan (Grande compendio di annotazioni enarrazioni degli Han, dei Wei e delle Sei Dinastie), Guji chubanshe, Shanghai 1999, vol. III, p. 97.

5. Retro di uno specchio di bronzo rettangolare, 115 × 57,7 cm,dalla tomba del Re di Qi, Zibo (Shandong), dinastia Han

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1906, pp. 231-232). Anche in questo caso le proprietà magichedello specchio cinese e quelle degli specchi sciamanicidell’Asia settentrionale si sovrappongono e tradiscono una radi-ce comune. La differenza sostanziale è che le speculazioni daoi-ste e le concettualizzazioni del letterato confuciano hanno nobi-litato e sistematizzato le credenze animistico-sciamaniche nelcorso della lunga storia cinese. Tali convinzioni erano peròsempre pronte a riemergere a livello popolare.La natura sacra dello specchio determina, come in Occidente,grande sfortuna per una sua eventuale rottura. In Cina la sventu-ra è limitata però all’ambito matrimoniale/sentimentale: la frat-tura dello specchio è metafora della separazione della coppia(vedovanza inclusa), mentre “ricongiungere lo specchio” èun’espressione tipica degli amanti ritrovati o convolati a nuovenozze22. Come testimoniano i numerosi specchi “nuziali” Tangpresenti in catalogo, si usava offrire uno specchio in dono allanovella sposa che la accompagnasse come talismano durante lacerimonia e per sospenderlo poi a scopi protettivi e auguralinella camera nuziale.A differenza dell’Occidente, in Cina non si sottolineano gli

aspetti narcisistici dello specchio se non per ironia o a sostegnodi ulteriori simbologie. Si dice per esempio che il fagiano,messo di fronte allo specchio, cominci a danzare inebriato dellapropria bellezza fino a stramazzare (cfr. iscrizione cat. 62).Paragoni e parallelismi potrebbero continuare ad libitum, mauscirebbero dagli scopi circoscritti di questo breve saggio.Abbiamo dovuto sorvolare ad esempio sull’importante apportodel Buddhismo alla simbologia e agli usi rituali dello specchiocinese dai tardi Tang in poi23. In tale contesto predominano sicu-ramente metafore come il vuoto, l’alone (lunare) che circondagli esseri superiori, il centro del maṇḍala, la “mente delBuddha”, eccetera (cfr. Sen 1999 e Shen 2006). Lo specchioserve anche a esprimere pensieri sottili in ambito Chan (giap.Zen): “Il corpo è l’albero della Bodhi (Illuminazione), la menteè come il supporto di uno specchio lucente. Occorre semprelustrarlo con diligenza perché la polvere non si depositi”. A que-sta quartina composta dal monaco Shenxiu (607?-706) rispon-deva il novizio Huineng (638-713): “La Bodhi in sé non è unalbero, e lo specchio lucente è senza supporto. Se fondamental-mente niente esiste, dove potrà mai depositarsi la polvere?”24.

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22 L’archeologia riporta dei casi di deliberata rottura dello specchio in due metà, ritrovate nelle tombe separate di due coniugi (Peng Shifan, Tang Changpu 1980, pp. 28-29). Cisono anche indicazioni di tipologie distinte preferite dai due sessi almeno a partire dall’epoca Han (Chou 2000, p. 13).23 Alcune informazioni possono essere tratte dalle schede di specchi a soggetto buddhista in catalogo.24 Liuzu tanjing (Sūtra della Piattaforma del Sesto Patriarca), Taishō, vol. 48, pp. 348b, 349a. Riportato in Ch’en 1973, p. 355 e Cahill 2005, p. 32.

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Bagua: “Otto Trigrammi”. Sono gli otto simbolidivinatori di base dai quali derivano i 64 esagrammidello Yijing, il Classico dei Mutamenti, erappresentano i cicli del divenire. Ogni trigramma èformato da una delle otto possibili combinazioni di trelinee, intere o spezzate, che simboleggiano idealmentele manifestazioni base della mescolanza tra i dueprincipi yang* e yin*: cielo e terra, vento e tuono,acqua e fuoco, montagna e lago. Sono raggruppativisivamente, molto spesso, attorno al simbolo cosmicodel Taiji, e rappresentano anche i quattro punticardinali e le quattro posizioni intermedie.

Baihu: “Tigre Bianca”. Nella serie dei “Quattro Spiri-ti” (sishen*), è la creatura che presiede all’Occidente eall’autunno, ed è associata al Metallo nella serie deicinque elementi (wuxing*). È considerata inoltre,assieme all’unicorno (qilin*), la più importante dellecreature pelose nella suddivisione degli esseri viventiin squamati, pelosi, piumati, corazzati e ignudi.

Bixie: “Dissipatore del Male”, è il nome attribuitodalle Cronache degli Han (Han Shu) a una creaturasimile al cervo, dotato di due corna, le statue guardianedel quale venivano poste insieme a quelle del tianlu*lungo la “Via degli Spiriti” che conduce alle sepoltureimportanti. Le sue caratteristiche iconografiche nonsono chiaramente definite e sono mutate nel corso deltempo, finendo per assumere quelle di una chimerabicorne dai tratti leonini.

Chi Songzi: “Maestro del Pino Rosso”, leggendarioeremita daoista pre Han che avrebbe ottenuto l’immor-talità attraverso pratiche di medicina esoterica; come“spirito immortale” sarebbe poi divenuto uno degli“spiriti tutori dei Sovrani umani”. Nelle agiografiedaoiste post Han è anche considerato come “Signoredella pioggia” al servizio di Shennong*.

Chokkomon: lett. “motivo retta-arco”. Motivo deco-rativo tipicamente giapponese dalle presunte proprietàmagiche: lo si ritrova dipinto o inciso su oggetti e sar-cofagi durante il periodo Kofun (III-VI secolo) nellaregione del Kansai. È composto da linee che si incro-ciano in una X, delimitando zone triangolari attraver-sate da linee arcuate. Non è noto cosa rappresentasse,ma probabilmente aveva qualche relazione con le sca-pole di cervo o i carapaci di tartaruga usati nella divi-nazione.

Dao: la “Via”, il “Sentiero”, è il concetto filosoficofondamentale e fondante del Daoismo. Rappresenta ilprincipio ineffabile preesistente all’Universo, la quieteperfetta, l’origine e l’impulso di tutti gli esseri chesfugge a ogni definizione: “la Via che come tale puòessere presa, Via eterna non è / Il nome che come talepuò essere preso, nome eterno non è” (Daodejing - IlClassico della Via e della Virtù, 1).

Dizhi: “Rami Terrestri”, una serie di 12 caratteri cheindicano le 12 divisioni dell’equatore celeste, ovvero lesezioni del cielo (stazioni) attraverso le quali passa ilpianeta Giove nella sua orbita di 12 anni attorno alsole. Questi simboli vennero utilizzati dai cinesi persegnalare non soltanto le direzioni dello spazio e il pas-sare degli anni, ma anche i mesi dell’anno, le 12 “dop-pie ore” che costituiscono una giornata. I caratteri dei“Rami”, in combinazione con quelli dei 10 TronchiCelesti (tiangan), formano il ciclo sessagesimale gan-zhi, sistema attraverso il quale tradizionalmente in Cinasi misurava lo scorrere del tempo.

Dongwanggong/Dongwangfu: “Duca/Re Padredell’Est”, divinità daoista che tiene il registro di tuttigli immortali e dimora nella mitica isola di Penglai nelMare Orientale. Controparte maschile di Xiwangmu* eappartenente probabilmente a una tradizione più tarda,divenne un motivo comune nell’immaginario religiosoe artistico della tarda epoca Han.

E-kagami: “Specchio col manico”. Gli e-kagami fan-no la loro comparsa nel periodo Muromachi (1336-1573) e raggiungono un’ampia diffusione tra la bor-ghesia del periodo Edo (1603-1868). Dapprima ilmanico è lungo e stretto, per poi divenire più largo ecorto. Con l’inserzione del manico, lo specchio nonnecessita più per essere manovrato del passafilo centra-le che così scompare, permettendo una maggiore liber-tà nella decorazione figurativa.

Fenghuang: la fenice cinese è una creatura propiziache racchiude in sé le caratteristiche di diversi animali.Nella sua forma più comune appare come un bell’uc-cello dal lungo collo e dal ricco piumaggio. Le descri-zioni testuali si sbizzarriscono nel trovare riferimenti alcollo della tartaruga, al becco della rondine, al corpodel drago, eccetera. Emblema per eccellenza di bellez-za e fortuna, la fenice è immortale, si nutre di bambù esi posa soltanto sul wutong, un albero della famigliadelle Sterculiaceae.

Hakudo: lett. “rame bianco” o cupronichel. Lega dirame e nichel con presenza di stagno; è uno deimateriali maggiormente utilizzati per gli specchigiapponesi.

Horaikyo: tipologia di specchio i cui elementi decora-tivi si rifanno all’iconografia dello Horaisan*. Essisono: una coppia di gru, la tartaruga cosmica, mino-game*, rocce (spesso i tre picchi), le tre piante pino-susino-bambù e altri fiori dal significato benaugurale.

Horaisan: la montagna mitica rappresentata con trepicchi che, secondo la tradizione cinese, si trova nellaCina orientale e costituisce la dimora delle divinità chequi portarono l’elisir dell’immortalità. Tema iconogra-fico diffuso nell’arte giapponese.

Houtian: “Cielo Posteriore” è il nome dell’arrangia-mento degli Otto Trigrammi (bagua*) nella realtàfenomenica, rappresenta il diagramma cosmico creatoin seguito al manifestarsi dei principi complementariyin* e yang* nel mondo. Partendo da nord si susseguo-no in senso orario i trigrammi kan (acqua), gen (mon-tagna), zhen (tuono), xun (vento), li (fuoco), kun (ter-ra), dui (lago), qian (cielo).

Hu: termine generico per tutti i tipi di recipienti pan-ciuti con collo alto atti a contenere liquidi; di solitoindica un vaso rituale per il vino di cereali, a voltemunito di coperchio e di una coppia di anelli mobilisulla spalla, la cui origine risale alla fase Anyang (cir-ca 1300-1046 a.C.) del periodo Shang.

Laozi: “Vecchio Maestro”, il semileggendario fonda-tore del Daoismo filosofico vissuto tra il VI e il V seco-lo a.C. e presunto autore del Daodejing, il Classico del-la Via e della Virtù, testo fondamentale della dottrinadaoista. In molte scuole del Daoismo religioso vieneassunto come massima divinità del pantheon e parago-nato al dao* stesso.

Liubo: gioco molto amato dalle classi alte del periodoHan, spesso raffigurato sulle pareti delle tombe e suglispecchi. Il set si componeva di una tavola da gioco,pedoni e sei bacchette: queste venivano gettate perdeterminare il movimento dei pedoni, ma le preciseregole del gioco non si sono tramandate. Lo scopodoveva essere l’annientamento dell’avversario e/o laconquista del centro della “scacchiera”, ed era proba-bilmente arricchito di valenze divinatorie basate sullecredenze cosmologiche in voga a quel tempo.

Luan: uccelli mitici appartenenti alla famiglia dellefenici; simboleggiano grado elevato e alto appannag-gio, ma sono soprattutto un topos poetico e iconografi-co per esprimere il legame di coppia. Vuole infatti laleggenda che il maschio e la femmina, se separati, pos-sano morire di dolore vedendo la propria immagineriflessa, che riporta loro alla mente quella dell’amato/acon cui non si possono ricongiungere.

Minogame: la tartaruga (kame) dalla folta coda è unavariante giapponese della tartaruga cinese, simbolo dilongevità. Mino, che significa letteralmente “imper-meabile di paglia”, rappresenta le alghe che cresconosul carapace delle vecchie tartarughe: sono questemorbide alghe che vengono confuse con la coda delrettile.

Qilin: l’unicorno cinese è una creatura ibrida descrittanei testi come avente il corpo del cervo, la coda delbue, gli zoccoli del cavallo e un singolo corno carnososulla fronte. Nell’iconografia assume tuttavia aspettimolto diversi a seconda dei contesti e delle epoche. Sitratta di un animale mitologico di buon auspicio, con-

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traddistinto dalla benevolenza verso ogni essere viven-te, la cui comparsa coincide di solito con la nascita diun grande saggio.

Qinglong: “Drago Verde (o Blu)”. Nella serie dei“Quattro Spiriti” (sishen*), è la creatura che presiedeall’Oriente e alla primavera, ed è associato al Legnonella serie dei cinque elementi (wuxing*). Il drago èinoltre la più importante delle creature squamate nellasuddivisione degli esseri viventi in squamati, pelosi,piumati, corazzati e ignudi.

Ruishou: “Animale di buon auspicio”, è un terminegenerico utilizzato in Cina per indicare quelle creaturefantastiche per le quali non si riesce a trovare un termi-ne specifico e che sono portatrici una generica valenzaaugurale.

Ruyi: lett. “a piacimento”. Termine che designa unsimbolo propiziatorio con l’estremità lobata e il mani-co curvo, spesso definito come “scettro che esaudiscetutti i desideri”. L’origine di questa forma è forse daricercarsi in una trasposizione stilizzata del “fungo del-l’immortalità” lingzhi; la forma della “testa” rimandaanche al generico senso benaugurale della nuvola.

Shengxiao: traducibili come “Segni Ciclici” di valen-za astrologica, legati all’anno di nascita dell’individuoe corrispondenti a 12 posizioni del compasso. Già epo-ca Han i 12 Rami Terrestri (dizhi*) potevano essererappresentati da altrettanti animali simbolici, noti erro-neamente in Occidente col nome collettivo di “zodiacocinese”: Topo (nord), Bue, Tigre, Coniglio (est), Dra-go, Serpente, Cavallo (sud), Pecora, Scimmia, Gallo(ovest), Cane, Maiale. Tale espediente fu ripreso nel VIsecolo e divenne la prassi con i Tang.

Shennong: “Contadino Divino”, l’eroe mitologicoche avrebbe introdotto in Cina le tecniche di coltiva-zione agricola nei tempi prestorici della tradizionalestoriografia cinese.

Sishen: i “Quattro Spiriti”, detti anche “Quattro Sim-boli” (sixiang), sono le creature che rappresentano iquattro quadranti del cielo, ovvero i quattro punti car-dinali, le quattro stagioni e altre serie quadripartite divalenza geomantica: qinglong*, zhuque*, baihu*,xuanwu*. Derivano da antiche costellazioni.

Suanni: nome di un animale fantastico che deriva pro-babilmente dall’iconografia iranica del leone, introdot-ta in Cina nel periodo di divisione tra gli Han e i Tang.Nelle raffigurazioni Tang e seguenti lo si identifica

solitamente come una variante meno possente del leo-ne, a metà tra un agile felino e un canide dal musoallungato.

Taotie: maschera zoomorfa rappresentata frontalmen-te e spesso altamente stilizzata, che costituisce unricorrente motivo simbolico nella decorazione vascola-re della Cina preimperiale.

Tianlu: “Cervo Celeste”, scritto anche “EmolumentoCeleste” per un gioco di parole basato sull’omofoniadella sillaba lu. È il nome attribuito dalle Cronachedegli Han (Han Shu) a una creatura simile al cervo,dotato di un singolo corno, le statue guardiane del qualevenivano poste insieme a quelle del bixie* lungo la “Viadegli Spiriti” che conduce alle sepolture importanti. Lesue caratteristiche iconografiche non sono chiaramentedefinite e sono mutate nel corso del tempo.

Wangzi Qiao: nelle agiografie daoiste post Han è rite-nuto figlio del Re Ling (circa 571-545 a.C.) dei Zhou ecapace di cavalcare un grande uccello bianco sul qua-le, una volta divenuto immortale, se ne sarebbe volatovia per non comparire mai più tra gli uomini. In altrestorie sarebbe stato ucciso per sbaglio dal suo discepo-lo (Wenzi), il quale dopo averlo composto coprendolocon una vecchia coperta, lo vide trasformarsi in ungrande uccello bianco e scomparire nel cielo.

Wudi: cinque “Imperatori” delle Cinque Direzioni,chiamati anche “I Perfetti delle Cinque Città”, riporta-ti nel Laozi Zhongjing (Scrittura Centrale di Laozi), untesto daoista composto nei primi secoli dell’era volga-re (cfr. Raz 2007, p. 106). Furono adottati nella cosmo-logia daoista per esprimere controllo dei cinque punticardinali, come variante antropomorfa dei sishen*:Gou Mang a est, Zhu Rong a sud, Ru Shou a ovest, YuQiang a nord, Huang Chang al centro. Nel testo del IIsecolo a.C. Huainanzi questi nomi corrispondono –con qualche variante – agli assistenti dei Cinque Impe-ratori leggendari: Taihao/Gou Mang, Yandi/Zhu Rong,Shaohao/Ru Shou, Zhuanxu/Xuan Ming, Huangdi/HouTu (ivi, pp. 87-88).

Wuxing: sistema dei Cinque Agenti, tradotti anchecome Elementi o Fasi, che secondo la cosmologia tra-dizionale cinese sono alla base della classificazione diogni cosa che esiste: Fuoco, Terra, Metallo, Acqua,Legno. Secondo un sistema di corrispondenze codifica-to con la dinastia Han, a ogni Agente corrisponde pre-cisamente un colore, una direzione dello spazio, unanimale simbolico e via dicendo, in modo da incasella-re in gruppi pentadici molti ambiti dell’esistente.

Xiwangmu: “Regina Madre dell’Ovest”, è una divini-tà femminile importante dell’immaginario cinese diispirazione daoista. Viene rappresentata soprattuttodurante l’epoca Han, spesso in coppia col consorteDongwanggong*, ma le sue origini sono più antiche.Secondo la leggenda, la Regina dimora sulle montagneoccidentali del Kunlun e presiede a un paradiso conmeravigliosi palazzi e giardini, dove crescono dellepesche magiche che conferiscono l’immortalità a chi lemangia.

Xuanwu: “Guerriero Oscuro (o Nero)”. Nella serie dei“Quattro Spiriti” (sishen*), è la creatura composita chepresiede al Settentrione e all’inverno, ed è associatoall’Acqua nella serie dei cinque elementi (wuxing*). Èrappresentato come un serpente avvinghiato attorno auna tartaruga, un’unione propiziatoria di due animalicarichi di implicazioni simboliche. La tartaruga è inol-tre la più importante delle creature corazzate nella sud-divisione degli esseri viventi in squamati, pelosi, piu-mati, corazzati e ignudi.

Yin: il principio “femminile” della natura secondo laconcezione filosofica e culturale cinese. Corrispondea concetti come passività, ricettività, oscurità, morbi-dezza, è correlato alla fredda luce della luna e allaTerra.

Yang: il principio “maschile” della natura secondo laconcezione filosofica e culturale cinese. Corrisponde aconcetti come attività, creatività, luminosità, durezza, ècorrelato alla calda luce del sole e al Cielo.

Yu Boya: eccellente suonatore di cetra guqin, forsevissuto nel periodo Primavere e Autunni o in quellodegli Stati Combattenti, che pur capace di sublimimelodie era largamente incompreso dai suoi contem-poranei. Solo un taglialegna di nome Zhong Ziqi, aven-dolo udito per caso, comprese l’armonia delle suemusiche divenendo suo amico per sempre. Alla mortedi Zhong Ziqi, infatti, Boya strappò le corde del suo qine fece voto di non suonare mai più.

Zhong Ziqi: si veda Yu Boya*.

Zhuque/Zhuniao: “Uccello Vermiglio (o Rosso)”.Nella serie dei “Quattro Spiriti” (sishen*), è la creaturache presiede al Meridione e all’estate, ed è associato alFuoco nella serie dei cinque elementi (wuxing*). Peranalogia con la fenice (fenghuang*) è considerata inol-tre la più importante delle creature piumate nella sud-divisione degli esseri viventi in squamati, pelosi, piu-mati, corazzati e ignudi.

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