Danza con lei. Ricordi e immagini di Maria Grazia Nicosia raccolti da Isabelle Chabot, Firenze,...

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Transcript of Danza con lei. Ricordi e immagini di Maria Grazia Nicosia raccolti da Isabelle Chabot, Firenze,...

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d i ma R i a gR a z i a ni c o s i a

Rac c o Lt i Da is a b e L L e ch a b ot

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ISBN 978–88–8251–308–xPagnini EditoreVia delle Lame, 35 /1B50126 Firenze – Tel. 055 6800074

Progetto grafico e impaginazioneChiara Ronconi – Ronconi Comunicazione

StampaTipografia Il Bandino

Esistono persone che con la loro passione, professionalità e senso dell’impegno riescono a mutare la realtà sociale

che le circonda: a creare occasioni, a far nascere interessi nuovi, a costruire sensibilità e prospettive inattese.

Maria Grazia Nicosia è una di queste figure. Il suo corpo esile, delicato cela una forza e una tenacia colti-

vata e allenata nel tempo. Sin dalla prima infanzia l’amore, innato, per la danza l’ha accompagnata lungo

un percorso artistico di crescita personale che è andato via via crescendo, delineando un curriculum vitae

eccezionale e un’aspirazione, mai sazia, a migliorarsi, a sperimentare. Penso alla sfida, felice sintesi tra Arte e

scommessa politica, del Collettivo Danza Contemporanea della città di Firenze. Danza con lei, questo affresco

biografico che un’altra grande donna di cultura, Isabelle Chabot, ha voluto dedicare a Maria Grazia, lasciando

momentaneamente il proprio ambito di studio e di lavoro abituale che è quello della storia medievale, è la

fedele ricostruzione di una carriera in continua evoluzione: dai primi passi, a sei anni, nella scuola di Madame

Faggioni, alla parentesi di Carosello, sino all’esperienza parigina e a quella, decisiva, nel Corpo di Ballo del

Maggio Musicale Fiorentino. Ma questo non è che un veloce e del tutto incompleto profilo professionale di

Maria Grazia. Rimandiamo alla lettura di Danza con lei per scoprire – e stupirsi – la straordinaria vita di una

donna che ha ballato nei templi della danza con nomi ormai passati alla storia, ma che, ancora, non rinuncia

a una generosa opera di insegnamento e di positiva contaminazione verso le nuove generazioni.

L’amore per il ballo che con la sua ferma convinzione la Nicosia ci ha mostrato essere esperienza totalizzante,

espressione artistica completa che accoglie in sé movimento, mimica, gestualità, educazione diretta alla fruizio-

ne e alla pratica culturale, è la linfa e il motivo ultimo del successo di un’altra sfida che Maria Grazia ha voluto

condividere con il marito Franco Cipolla, Vanna Boffo, Elena Villar, Elena Scotti, Stefania Guidotti, il grande e

compianto Franco di Francescantonio, e tanti altri: il Centro Studi Danza di Grassina, giunto quest’anno al suo

35° anniversario, fucina artistica formidabile, nucleo di una socialità rinnovata attraverso la danza di cui hanno

beneficiato intere famiglie – il sottoscritto in prima persona – in virtù dell’assidua frequentazione dei loro figli e

della lungimiranza della Casa del Popolo, che ha ospitato e ospita con successo questa iniziativa. E un affettuoso

pensiero va all’allora presidente Giuliano Guidotti, e un sentito ringraziamento a Gianni Ravenni.

Il libro di Isabelle Chabot non è dunque una mera biografia: è testimonianza viva del valore assoluto del fatto

artistico e culturale come occasione di crescita individuale e collettiva, quale argine di un imbarbarimento

dei costumi e dei rapporti sociali che non solo ci allontana dal Bello, ma limita profondamente le prospettive

di un futuro migliore. Danza con lei, il lavoro tutto di Maria Grazia sono la prova consolante che l’Arte non

si arrende. E noi con essa.Luciano Bartolini

Sindaco di Bagno a Ripoli

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Maria Grazia Nicosia: una vita per la danza. Con orgoglio ed emozione Bagno a Ripoli rende omaggio a un

personaggio, una stella di prima grandezza nel mondo dello spettacolo, a una donna che è riuscita a realizza-

re il sogno di una vita: danzare, raggiungendo la vetta dell’eccellenza e conquistando il successo internazio-

nale. Una donna che, acquisita con impegno e rigida disciplina la raffinata bellezza dell’espressione artistica,

ha rivolto il suo amore verso le giovani generazioni, trasmettendo la sua passione attraverso l’insegnamento.

La grande professionalità, la profonda esperienza, sono state le qualità fondanti della sua scuola, nata all’in-

terno di un circolo dell’Associazionismo, la Casa del Popolo di Grassina, in un territorio e in un contesto

sociale ed economico, alla metà degli anni Settanta, di grande vivacità culturale e impegno organizzativo.

Maria Grazia Nicosia rappresenta il Successo e la Cultura scritti con la maiuscola e da trentacinque anni i

suoi balletti illuminano il palcoscenico più importante del nostro Comune e le sue allieve sbocciano come

fiori sulle punte delle scarpette più ambite dalle fanciulle.

Lo stemma di Bagno a Ripoli reca in campo azzurro l’emblema del leone rampante con la balestra, simbolo

del coraggio e della forza con cui la Lega di Ripoli ha sostenuto Firenze nelle lotte combattute nei secoli

passati. Ma questo leone sostiene fra le zampe anteriori anche un mazzo di rose, che alludono probabilmente

alla fertilità ed al rigoglio del nostro territorio, definito da Emanuele Repetti “il giardino più delizioso”… Mi

piace interpretare questo mazzo di rose come l’omaggio che il nostro Comune è tenuto a tributare a tutti quei

personaggi che con la loro presenza e la loro eccellenza in così gran numero lo onorano.

Questa volta, le rose più belle, sono per Maria Grazia Nicosia.

Alessandro CalvelliVicesindaco

Assessore allo Sviluppo Locale

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« Maria “Grazia”, nata a Firenze, già dall’età di tre–quattro anni si esprimeva fisicamente e sia pur di natura piuttosto timida, aveva

trovato spontaneamente un suo linguaggio, grazie alla “grazia” dei suoi movimenti e attitudini, da far pensare che il suo nome era

predestinato. Cresciuta in un ambiente dove l’arte, la letteratura e la musica erano pane quotidiano e in un contesto geografico e

culturale che fa di Firenze una delle perle del suo Paese mondialmente riconosciuta, Maria Grazia ebbe dalla sua prima infanzia

materia per nutrire di valori profondi il suo spirito e il suo intelletto. Suo padre, medico chirurgo, era un grande umanista e sia

nella professione che in ogni atto della sua vita viveva con la musica nel cuore. La madre, donna di spirito, bellezza e personalità,

aveva la danza nell’anima...»

Lascio che sia Adriana Nicosia a iniziare con le sue parole questo racconto biografico di Maria Grazia perché lei, ben prima di me,

aveva intrapreso di ripercorrere la carriera artistica dell’amatissima sorellina. Di questo progetto sono rimaste alcune pagine di appunti

manoscritte che hanno fatto da guida alla mia narrazione e mi fa piacere che questo autentico frammento di memoria familiare non

vada disperso. Adriana era la figlia maggiore di Ada e Giuseppe Nicosia: dopo di lei sarebbero nati Franco, il figlio maschio destinato

a seguire le orme del padre, e infine Maria Grazia, la figlia ballerina che seppe colmare le aspirazioni artistiche della madre. Il ritratto

abbozzato da Adriana è anche un ritratto di famiglia: una bella famiglia, fondamentale nella vita di Maria Grazia e che, con tanto

affetto, ritorna costantemente nei ricordi che ha voluto condividere con me. Il padre umanista e violinista amateur – un dottore di altri

tempi – che aveva incontrato la moglie a un concerto; la madre appassionata di danza che partiva dalla Sardegna alla volta di Roma

per andare a vedere un balletto in teatro: entrambi – scriveva ancora Adriana – “hanno sicuramente avuto un’influenza determinante

nella formazione della personalità di Maria Grazia” e hanno saputo assecondare il suo precoce talento. Adriana avviata alla danza per

primogenitura e che, da dilettante, ha seguito con amorevole ammirazione la carriera e i successi della ‘graziosa’ sorellina; Adriana

che, facendo la spola tra Parigi, dove viveva con il marito Alberto, e Grassina, è stata l’instancabile ed efficientissima assistente

artistica del festival Danza–Primavera. E, fra il pubblico degli spettacoli dove danzava Maria Grazia, c’era anche l’amato fratello

Franco con la moglie Giovanna: lo stimato chirurgo era capace, all’occorrenza, di improvvisare un ‘pronto soccorso’ nel camerino

per medicare il piede della ballerina prima del suo ingresso in palcoscenico.Isabelle Chabot

Ad essi, che sono sempre vivi nel ricordo,

A Franco, l’insostituibile compagno di vita e d’Arte,

A tutta la sua famiglia di ieri e di oggi,

Maria Grazia dedica questo libro.

A mia figlia Tessa, apprendista ballerina nella scuola di Maria Grazia,

A mia sorella Sylvia, la ‘zia ballerina’ di Tessa,

Io dedico questo racconto.

È nata una steLLa! 11Gli anni di formazione (1951–1960)

entRée Des aRtistes 19Inizia la carriera nel Corpo di Ballo del Maggio Musicale Fiorentino

evoLuzioni e RivoLuzioni 27Il Collettivo di Danza Contemporanea di Firenze (1975–1985)

DanzaRe con GRazia aLLa casa DeL PoPoLo 351975: nasce il Centro Studi Danza di Grassina

aL comunaLe aRRiva un ‘Génia’ 41L’Era Polyakov

uLtimi GiRi Di vaLzeR con iván 61

PioGGia Di steLLe a GRassina 65Danza Primavera (1988–2007)

mauRizio 73Ritratti danzati di un’amicizia

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Chez MadaMe Faggioni (1951–1953)

L’ABCedario della danza, Maria Grazia Nicosia lo impara da Ma-

dame Faggioni – ancora allora usava rivolgersi in Francese alle

‘Maestre de ballet’ –, in quella che fu una delle prime scuole di

danza a Firenze. Siamo nel 1951, Maria Grazia è una bambina

di sei anni che la madre accompagna a lezione presso il Circolo

Ufficiali in via San Gallo, la prima sede dello Studio Faggioni che

si sarebbe poi trasferito nel Palazzo Capponi, in via dei Bardi.

Maria Grazia ricorda perfettamente e con grande tenerezza questi

due primissimi anni di iniziazione alla danza nella scuola di Ma-

dame Faggioni: una danza libera, a piedi nudi, “moderna” come

già si chiamava la danza che, nel primo Novecento, si era eman-

cipata dalle regole dell’accademismo “classico” stabilite nel se-

colo prima, alla ricerca di altre forme, altri gesti, nuove linee.

Maria Traut Faggioni Streiff (Genova 1910 – Firenze 1994), dan-

zatrice e coreografa, si era formata alla danza libera mitteleuropea

seguendo gli insegnamenti di Kurt Jooss (il maestro di Pina Bausch),

Harald Kreutzberg e Mary Wigman, ballerina e coreografa tedesca

considerata una delle massime esponenti della danza libera e pionie-

ra della danza moderna. In teatro, Traut Faggioni aveva collaborato

con Anton Giulio Bragaglia, una figura eclettica del Movimento Fu-

turista. Nella sua città natale, insegnava la danza euritmica, “un’arte

plastica in movimento” come la descriveva il suo inventore Rudolf

Steiner. Nell’immediato Dopoguerra, Traut Faggioni aprì a Firenze la

prima scuola di danza della città, nella quale sviluppava la tecnica

e le idee dell’Espressionismo tedesco. Nello Studio Faggioni, si sono

formati danzatori moderni come Virgilio Sieni, Alessandro Certini,

Roberta Gelpi, Paola Del Cucina.

Sfogliando l’album realizzato dalla madre, la prima foto nella qua-

le mi imbatto è quella del debutto di Maria Grazia che, nel 1952,

fu scelta per danzare nello spettacolo Aucassin et Nicolette: Canta-

favole del XII secolo in 4 episodi per una voce, orchestra da camera

e marionette: una novità assoluta su musica di Mario Castelnuovo–

Tedesco, recitava la locandina. E quel precocissimo debutto, all’età

di sette anni, avvenne niente meno che nell’ambito del XV Maggio

Musicale Fiorentino! La favola medievale narrava la toccante storia

di due adolescenti innamorati: Aucassin, figlio del Conte di Beau-

caire, e Nicolette, rapita in tenera età dai Saraceni e trattata come

serva pur essendo figlia del re di Cartagine. Dopo molte vicissitudi-

ni, quest’amore finiva, come si deve, con un bel matrimonio. Maria

Grazia, truccata a dovere e assai compresa nella parte, è il piccolo

Moretto che, con sguardo fiero e notevole piglio, si mise in posa

insieme alla troupe davanti al fotografo: “eppure – mi confessa,

ridendo – ero molto arrabbiata perché avrei preferito la parte del

paggetto e soprattutto la sua bellissima parrucca bionda!”

Nell’aprile 1953, Maria Grazia partecipò insieme ad altre giovani

allieve della “Scuola di danza universitaria diretta da Traut Fag-

gioni Streiff” – così venne chiamata dalla stampa locale – a uno

spettacolo di Balletti e Quadri sceneggiati organizzato dalle signo-

re della buona società al Lyceum Club di Firenze che fu ripetuto

a maggio in una serata di gala al Teatro Lux. In quella occasione

la giovanissima stella della serata vinse un bel trofeo, in grado

di ripagarla della delusione dell’anno precedente: la luccicante

acconciatura a forma di sole regalata dall’elegante signora che

è nata una stella!Gli anni di formazione (1951–1960)

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daria Collin: una Maestra

Daria Collin, nata ad Amsterdam nel 1902, si era for-

mata alla scuola russa studiando con Olga Preoba-

jenskaya, la celebre “Madame Preo” che insegnava a

Parigi presso il mitico Studio Wacker dopo aver lasciato

l’Unione Sovietica. Negli anni Trenta, la Collin aveva

conquistata una certa notorietà con i suoi recital di

danza moderna portati in tournée in tutta Europa. Nel

1949, fu all’origine della fondazione del Nederlands

Opera Ballet dal quale sarebbe poi disceso l’attuale

Balletto nazionale olandese. Trasferitasi a Firenze, la

Collin aprì una scuola di danza nel 1952. La sede origi-

naria era in Piazza Santa Croce, ma fu successivamente

spostata in via Ricasoli e infine in via Sant’Egidio, nel

Palazzo dove tutt’ora esiste. Daria Collin scomparve a

Firenze nel 1967.

Nei ricordi scritti dalla sorella Adriana – che frequentava anche

lei la scuola – tra la Maestra e la sua giovane allieva nacque un

legame molto forte, un fervore nello studio che andava al di là

delle ore di lezione, “come quando uno scultore ha finalmente

trovato la materia che corrisponde al suo slancio

creatore”. Ospite della famiglia Nicosia a Casti-

glioncello, Daria Collin continuava a insegnare a

Maria Grazia anche in vacanza, davanti al mare.

Come non cogliere questa predilezione nella vi-

cinanza, nel sorriso accompagnato da uno sguar-

do affettuoso che la Collin rivolge a Maria Grazia

nella foto di gruppo della scuola. Di lei Maria

Grazia ricordava in un’intervista del 1986: “Ha

plasmato il mio carattere irruente e vivace e l’ha

piegato alla disciplina e al metodo: a lei devo

la mia continua meticolosità e il mio eccessivo

perfezionismo”. Severità e dolcezza: Adriana si

ricordava di Daria Collin come una donna dal

polso di ferro in un guanto di velluto, che insegnava la precisione

e l’eleganza del gesto: “Presentatemi il vostro piede come una

mano..., come per offrire una tazzina di coffee”, raccomandava

alle allieve con il suo inconfondibile accento straniero!

aveva personificato il re degli astri. La signora Faggioni colse su-

bito una particolare predisposizione di Maria Grazia per la dan-

za, un talento da far sbocciare: “la bambina merita, può andare

avanti” avrebbe detto ai genitori, suggerendo – con la modestia

che la caratterizzava, aggiunge Maria Grazia – di farle proseguire

gli studi con una maestra di danza classica che potesse insegnarle

la tecnica delle punte.

Ora, proprio negli anni in cui Maria Grazia iniziava a danzare, Da-

ria Collin, una prima ballerina olandese, apriva a Firenze una scuo-

la di danza accademica che andava in qualche modo a colmare il

vuoto lasciato da Angiola Sartorio e la sua “Scuola di danza della

città di Firenze” fondata negli anni Trenta. Danzatrice e insegnante

presso la compagnia di Kurt Jooss, la Sartorio aveva creato le coreo-

grafie per il Sogno di una notte di mezza estate che inaugurò la pri-

ma edizione del Maggio Musicale Fiorentino nel 1933. L’esigenza

di formare danzatori professionisti da inserire negli spettacoli del

nascente festival portò alla fondazione di quella che è considerata

come la prima scuola italiana di danza moderna dove, tuttavia, si

insegnava anche la danza accademica. Ma con l’inizio della guerra

e la partenza della Sartorio per gli Stati Uniti, questa esperienza

innovativa si era precocemente conclusa.

Quando, nel 1952, Daria Collin approdò a Firenze dalla sua

Olanda natìa, l’unica scuola di danza in città era quella di Traut

Faggioni, che non insegnava il balletto classico. Inizialmente

aperta in Piazza Santa Croce, la scuola di Daria Collin sarebbe

ben presto diventata un punto di riferimento per la danza, non

solo a Firenze ma in tutta Italia. Oltre al generoso invito di Traut

Faggioni a perfezionare la sua formazione, fu anche l’incontro

fortuito con Gioietta Romoli, una compagna di studio della scuo-

la Faggioni, a incitare Maria Grazia a riprendere la danza dopo

che un lutto in famiglia l’aveva costretta a interrompere gli studi:

“Devi venire da Daria Collin, devi assolutamente conoscere la

Collin!”, fu il consiglio dell’amica, ed è così che Maria Grazia si

presentò, non poco emozionata, per un’audizione davanti a que-

sta grande signora della danza. Era il 1954, Maria Grazia aveva 9

anni: Daria Collin sarebbe diventata la “sua” Maestra.

Aucassin et Nicolette (15° Maggio Musicale Fiorentino, 1952) Balletti e Quadri sceneggiati (Lyceum Club di Firenze, 1953) Balletti e Quadri sceneggiati (Lyceum Club di Firenze, 1953) Daria Collin con le sue allieve

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Alexandre Sakharoff (1886–1963), ballerino, coreo-

grafo e pedagogo russo, sviluppò insieme alla partner

Clotilde von Derp (che diventò sua moglie nel 1919)

una forma personale di danza moderna che chiamava

“pantomima astratta”, che miscelava libertà e accade-

mismo. La coppia debuttò a Londra nel 1922 e la loro

fama si allargò presto oltre i confini europei. Fuggen-

do dalla Germania nazista (Alexandre era ebreo), nel

1940 i coniugi Sakharoff emigrarono in America lati-

na. Quando nel 1952, ritornarono in Europa, Clotilde

e Alexandre si stabilirono a Roma dove aprirono una

scuola di danza nel palazzo Doria.

Maria Grazia, accompagnata dalla sorella Adria-

na, trascorse tutta l’estate 1959 a Siena, in quella

fucina di grandi talenti che era Palazzo Chigi Sara-

cini: tre mesi di studio e di prove che si conclusero con il saggio

di fine corso nel Teatro dei Rinnovati dove Maria Grazia ricorda

di aver eseguito un Passo a due sulla Sinfonia classica di S. Proko-

fiev. Ma in quell’estate senese, Maria Grazia e le sue compagne

della classe di danza dei Sakharoff ebbero anche l’opportunità

di partecipare allo spettacolo allestito nel parco della Villa Chigi

Saracini di Castelnuovo Berardenga: il 25 agosto, il conte Guido

inaugurava il monumento a Frédéric Chopin dello scultore Vico

Consorti con un concerto per pianoforte e voci in cui le giovane

ballerine furono accompagnate al pianoforte dal celebre pianista

Alfred Cortot.

Nella stessa stagione, un prolungamento della sua borsa di studio

consentì a Maria Grazia di partecipare alla Settimana Musicale Se-

nese, il festival creato dal conte Chigi nel 1939, dove Franco Zeffi-

relli, che in quegli anni debuttava come regista di opere liriche, al-

lestiva La favola d’Orfeo di Casella e Il giovedì grasso di Donizetti.

“Maria Grazia aveva solo 14 anni – scriveva la sorella Adriana – e

solo oggi appare chiaro che lasciava la sua vita di giovane allieva

per diventare una promessa della danza”.

Di ritorno a Firenze, Maria Grazia riprese le lezio-

ni con la sua maestra. Ma Daria Collin, che aveva

un’esperienza artistica internazionale, cominciò

anche a suggerire alla famiglia di ampliare l’oriz-

zonte dell’allieva mandandola a perfezionarsi con

altri maestri. “Devo molto – dichiara Maria Grazia

in un’intervista del 1986 – al maestro Victor Gsov-

sky di Parigi con il quale feci un corso di perfezio-

namento di due anni e alla mia prima insegnante

che, pur bravissima, mi consigliò di andare in giro

per il mondo per affinare la mia tecnica”.

gli anni parigini: lo studio WaCker

Destinazione: Parigi. Maria Grazia approdò così al famoso Studio

Wacker, un luogo quasi mitico della danza dove insegnava Olga

Preobrajenskaya che era stata la maestra di Daria Collin. Situato

non lontano dall’Opéra Garnier, al 69 rue de Douai, lo studio Wa-

cker apparteneva a un venditore di pianoforte, Monsieur Wacker,

che negli anni Venti trasformò le sale di esposizione in una scuola

di danza per dare ospitalità alle ballerine russe emigrate a Parigi

dopo la Rivoluzione del 1917. L’Opéra non si era dimostrata mol-

to accogliente nei loro confronti... Fu così che Madame Egorova,

Madame Préo (Olga Préobrajenskaya), Madame Rousanne, Ma-

dame Nora (Nora Kiss), Victor Gsovsky – il fior fiore degli artisti

del Teatro Bolschoi di Mosca e del Marinskij di San Pietroburgo

in esilio nella capitale francese – dettero vita, vicino alla Place de

Clichy, al centro non ufficiale di riferimento per la comunità in-

ternazionale delle ballerine, dei ballerini, dei coreografi. I grandi

nomi della danza del Novecento – Roland Petit e Maurice Béjart

per citarne solo due – hanno seguito le lezioni di questi maestri

nel famoso Studio; ed è là che i coreografi del mondo intero ve-

Dai 9 ai 14 anni, Maria Grazia si immerse in incessanti ore di studio,

formandosi alla tecnica della “scuola russa” con la Collin, prima, e

successivamente con i maestri con i quali si perfezionò.

Nella Firenze degli anni Cinquanta, Daria Collin sarebbe diventata ben

presto una figura di spicco della danza. L’apertura della sua scuola rese

finalmente possibile la formazione di un’intera generazione di danza-

trici professioniste, molte delle quali entrarono a far parte del Corpo

di Ballo del Teatro Comunale, facendovi carriera come soliste e prime

ballerine: oltre a Maria Grazia Nicosia, Anna Berardi, Franca Bellini,

Lilia Bertelli, Cristina Bozzolini, Marga Nativo, Giovanna Papi, Gabriella

Pecchioli, Gioetta Romoli, Rosanna Serravalle – che compaiono sulla

foto di gruppo – e qualche anno dopo Barbara Baer, ecc. hanno avuto

la Collin come Maestra. Successivamente, alcune di loro hanno dato

vita a grandi scuole di danza presenti oggi sul territorio fiorentino che

idealmente si sono iscritte nella filiazione della “scuola Collin”.

Curiosando nelle carte che Maria Grazia e Franco hanno messo a

mia disposizione, ho scoperto nel programma del Festival di mezza

estate della città di Tagliacozzo in Abruzzo, che il 16 luglio 1986 il

Balletto di Toscana andò in scena con Tulipani. Spettacolo di balletti

dedicato a Daria Collin con tre coreografie di Nils Christe, Eb Wubbe

e Orazio Messina. Evidentemente Cristina Bozzolini direttrice della

compagnia e Barbara Baer che ne era il Maître de ballet, furono le

ispiratrici di quest’omaggio alla loro Maestra e vollero così trasmette-

re ai giovani danzatori della compagnia che non avevano conosciu-

to la Collin un pezzo di storia della danza fiorentina.

all’aCCadeMia Chigiana Con i sakharoFF

Nel 1959, a 14 anni, Maria Grazia vinse una borsa di studio all’Ac-

cademia Musicale Chigiana di Siena, un’istituzione internazionale

fondata nel 1932 dal mecenate conte Guido Chigi Lucarini Sara-

cini che offriva dei corsi di perfezionamento per i musicisti e can-

tanti. In quell’anno, “i Sakharoff”, ovvero Clotilde e Alessandro,

una delle coppie più celebri della storia della danza, aprirono alla

Chigiana una classe di danza con un numero selezionato di giova-

ni promesse. Tre allieve di Daria Collin furono selezionate: Maria

Grazia, Gioietta Romoli e Sandra Filippi.

“Alla squisita danzatrice Signorina Maria Grazia Nicosia, ammirato e mentore. Guido Chigi Saracini”

Clotilde e Alexandre Sakharoff con le giovani allieve

Inaugurazione del monumento a Chopin, nel parco di Villa Chigi

16 17

nivano a cercare nuovi talenti come Patrick Dupond e molti altri.

Nello Studio Wacker, Maria Grazia seguì per due anni consecu-

tivi l’insegnamento di Victor Gsovsky e di Nora Kiss, e oltre alle

giovani promesse della danza come lei, poté incontrare Yvette

Chauviré, la celebre étoile dell’Opéra, che dopo il suo impegno

in teatro, veniva a studiare con Gsovsky.

Victor Gsovsky, nato a San Pietroburgo nel 1902 (morto a Am-

burgo nel 1974), era un ballerino e coreografo russo, nonché au-

torevole didatta. Nel 1925, lasciò la Russia per Berlino e diventò

maestro di ballo dello Stadt Opera per tre anni, prima di aprire,

nel 1928, una scuola di danza insieme alla moglie. Costretto a

lasciare la Germania del Terzo Reich, Victor Gsovsky approdò a

Parigi dove iniziò a insegnare, diventando anche Maître de ballet

dell’Opéra. Nel 1946–47 e fino al 1953, fu Maestro di ballo ai

Ballets des Champs–Elysées dove, nel 1946, mise in scena la pri-

ma rappresentazione de La Sylphide del Dopoguerra. Nel 1947,

era al Metropolitan Ballet di Londra. Dal 1950 al 1952, fu diretto-

re della danza all’Opera di Monaco di Baviera. Come maestro di

ballo e coreografo ha lavorato in molti teatri europei a Düsseldorf

(1964–67), Amburgo (1967–70). Victor Gsovsky era un famoso

professore che annovera tra i suoi allievi Yvette Chauviré, Violette

Verdy, e Vera Zorina.

Maria Grazia tornerà ancora a Parigi, per seguire un corso di

Passo a due con Boris Trailine, un ballerino greco fratello della

ballerina Hélène che danzava con étoiles della grandezza della

Chauviré e della Toumanova e che fu un interprete di spicco di

balletti di Aurel Milloss.

Durante tutta la sua carriera di ballerina professionista, Maria

Grazia ha continuato a seguire delle classi di perfezionamento

durante le sue vacanze estive perché se si fermava per più di un

mese, la ripresa delle attività al Comunale era molto faticosa.Lo

sanno bene le sue giovani allieve che faticano non poco per ri-

mettersi “in gamba” quando la scuola di Grassina riapre a settem-

bre! Curiosando nelle centinaia di fotografie conservate da Maria

Grazia, ne abbiamo scovate due, del luglio 1969, che ricordano

uno stage che seguì a Colonia con Valentina Pereslavec e con

Yuriko Kikuchi, danzatrice e coreografa americana meglio cono-

sciuta come Yuriko, un’allieva di Martha Graham e successiva-

mente sua fedele collaboratrice nella compagnia.

Maria Grazia ricorda che il primo anno andò a Monte–Carlo, nel-

la prestigiosa Scuola di danza classica di Marika Besobrasova:

l’esperienza fu entusiasmante per lei, un po’ meno per Franco,

suo compagno, che non trovò particolarmente piacevole né la

città, né l’ambiente di Monte–Carlo! Come dargli torto... Fu così

che entrambi decisero di cercare un luogo più ameno per la va-

canza–studio e iniziarono ad andare in Iugoslavia (ora Croazia),

nella scuola che Igor Urosevich apriva ogni estate a Rovigno. Per

diciassette anni, fino ai tragici eventi che hanno insanguinato

quel Paese, Maria Grazia e Franco hanno trascorso un mese a

Rovigno, alternando la mattina di studio e il mare nel pomeriggio.

La scuola di Urosevich, ballerino Iugoslavo che risiedeva a Pari-

gi, era un luogo d’incontro per i ballerini di tutte le compagnie

europee, che offriva l’opportunità di perfezionarsi con prestigiosi

insegnanti e coreografi europei come Rayko Pakasky, o ancora

Jean Cébron e Sonia Gaskell.

Foto in alto: Maria Grazia, Rosanna Serravalle, Anna Berardi e Sandra Mangani nella scuola Collin

Le due foto in basso: Maria Grazia a uno stage di Yuriko (Colonia, 1969)

19

entrée des artistesInizia la carriera nel Corpo di Ballo del Maggio Musicale Fiorentino

Fin da bambina, Maria Grazia aveva fatto “apparizioni saltuarie

nei saggi di scuola e nei gala di danza, un po’ come fanno molti

bimbi agli esordi nel mondo della danza”. Pochi mesi dopo l’espe-

rienza alla Chigiana, Maria Grazia si avviava, all’età di 15 anni,

a calcare la scena di teatri molto prestigiosi.

Uno dei primi fu quello di ... Carosello!

Nel 1960, infatti, la giovane promessa della

danza fu scelta da Luciana Novara per parte-

cipare alle riprese di uno spot pubblicitario

destinato alla mitica trasmissione televisiva

che, da tre anni, andava in onda tutte le sere

sul primo canale della Rai. Luciana Novaro

era prima ballerina del Teatro alla Scala di

Milano, nonché coreografa e regista di fama

internazionale e, come altri coreografi, veniva a Firenze nella

scuola di Daria Collin per scegliere le ballerine per le sue pro-

duzioni. Fu così che Maria Grazia si ritrovò negli studi della RAI

di Milano per girare un messaggio pubblicitario per il dentifricio

Odol: “ma per poter partecipare dovettero addirittura aumentare

la mia età perché ero troppo giovane per lavorare in televisione!”.

Da qualche parte negli archivi della Rai, esiste quindi un sipariet-

to di Carosello in cui compare una giovane Maria Grazia.

«E dopo Carosello, tutti a nanna…! », ma in questo caso: tutti alla

Fenice.

Dal siparietto di Carosello, Maria Grazia approdò, infatti, sull’iso-

la incantata della maga Alcina. Nel febbraio 1960, calcò la scena

del prestigioso Teatro La Fenice di Venezia nel memorabile alle-

stimento di Alcina che consacrò la soprano Joan Sutherland come

“La Stupenda”: Franco Zeffirelli firmava la regia di una delle ope-

re più celebri di Georg Fredrich Händel mentre Anni Radosevic

creava le coreografie delle due suites di bal-

letti inserite a pieno titolo nell’azione dram-

matica. A giudicare dalla foto di gruppo della

compagnia dei danzatori che parteciparono a

questa produzione rimasta negli annali della

Lirica, Maria Grazia, in posa accanto alla co-

reografa, era davvero la più giovane.

E dopo la Fenice? Tutti a Boboli!

Pochi mesi dopo, infatti, nella primavera del

1960, Maria Grazia fu nuovamente ingag-

giata da Anni Radosevic per danzare nell’altrettanto memorabile

Euridice, il dramma musicale di Jacopo Peri che Franco Zeffirelli

allestiva nei Giardini di Boboli in occasione del XXIII Maggio Mu-

sicale Fiorentino, sempre in collaborazione con la coreografa che

aveva creato le danze per l’Alcina veneziana.

Con questo primo contratto, firmato all’età di quindici anni, per

Maria Grazia iniziava una collaborazione con il Teatro Comunale

di Firenze destinata a concludersi nel 1990. Fino al 1967, gli in-

gaggi furono puntuali perché il Teatro fiorentino non era ancora

dotato di un Corpo di Ballo stabile. Maria Grazia si ricorda che,

quando non erano organizzate delle audizioni, i coreografi anda-

vano nelle scuole di danza – e quella di Daria Collin era uno dei

Alcina di G.F. Händel, i ballerini con Anni Radosevic (Venezia, Teatro La Fenice, febbraio 1960)

20 21

fie de Il Mandarino meraviglioso di Bela Bartók (1942), Boléro di

Maurice Ravel (1944), La follia di Orlando di Goffredo Petrassi

(1947), Jeux di Claude Debussy (1975), La rivolta di Sisifo di Gof-

fredo Petrassi (1977), L’Uccello di fuoco di Igor Stravinskij.

Per chi, come Milloss, aveva frequentato i teatri europei, non era più

possibile concepire il balletto soltanto come un piacevole intermez-

zo oppure come l’ornamento di una serata d’opera. La direzione

del festival fiorentino riconobbe la necessità di dotarsi di un gruppo

stabile di danzatori e Milloss fu uno degli artefici della costituzione,

nel 1967, del Corpo di Ballo del Maggio Musicale Fiorentino.

Dopo aver superato il concorso, vi entrarono molte delle giovani

ballerine formatesi nella scuola di Daria Collin che, già da anni,

venivano scritturate per le produzioni del Teatro: Marga Nativo,

Cristina Bozzolini, Giovanna Papi, Anna Berardi e naturalmen-

te Maria Grazia che, pur non avendo ancora compiuto 22 anni,

aveva già sei anni di carriera alle spalle. Mi ha raccontato che

avrebbe dovuto fare il concorso di ammissione il ... 4 novembre

1966, ma fu il giorno della terribile alluvione che sconvolse Fi-

renze e le prove furono rimandate. Maria Grazia entrò quindi nel

gennaio dell’anno successivo come Ballerina di fila diventando

presto Ballerina solista, per essere poi nominata Prima Ballerina,

concludendo la sua carriera nel 1990.

Nella primavera del 1967, il Corpo di Ballo del Maggio Musicale

Fiorentino esordì alla grande con Ballo Excelsior, un balletto mi-

mico di Luigi Manzotti, su musica di Romualdo Marenco rappre-

sentato per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel 1881

e che aveva poi deliziato le platee di tutto il mondo. Si trattava di

un “ballo grande all’italiana”, una grandiosa “azione coreografica,

storica, allegorica in sei parti e undici quadri” che esaltava le grandi

opere e invenzioni del tardo Ottocento e celebrava il trionfo della

scienza e del progresso. Lo spettacolo, rappresentato all’Esposizio-

ne universale di Parigi nel 1895, aveva riscosso un successo stra-

ordinario fino alla Prima Guerra mondiale. Proprio in occasione

del IXXX Maggio Fiorentino del 1967, il coreografo Ugo Dall’Ara

ne concepì una nuova versione (con un organico un po’ ridotto),

con la regia di Filippo Crivelli su musiche di Fiorenzo Carpi. Lo

spettacolo che aveva per interpreti principali Carla Fracci, Ludmilla

Tcherina e Attilio Labis riscosse un clamoroso successo.

Nella stagione Lirica Invernale 1967–68, il Corpo di Ballo si esibì

nell’Andrea Chenier, l’opera di Giordano, ma anche in due coreo-

grafie di Milloss, La rosa nel sogno, “una rievocazione del balletto

romantico in chiave leggera” (su musica di Alfredo Casella) e

Deserti, un “allegoria coreografica” su musica di Edgar Varèse,

definita dalla stampa come uno dei “documenti più significativi e

più belli di un ‘inventore’ del Novecento”.

Il Corpo di Ballo continuava a essere impiegato nei Balletti

d’Opera, sotto la guida di grandi firme della danza come Luciana

Novaro (Adriana Lecouvreur nel 1966, La forza del destino nel

1974), Ugo dall’Ara (Roberto il Diavolo di G. Mayerbeer, 1968),

pochi punti di riferimento non solo per gli spettacoli fiorentini –

per reclutare le ballerine per le singole produzioni degli Enti lirici.

Giuliana Barabaschi scelse Maria Grazia per una produzione de

La Traviata a Parma, Filippo Crivelli la scritturò per una Giocon-

da che andò in scena a Cremona. Nel 1962, il coreografo Aurél

Milloss, figura di riferimento della danza al Teatro Comunale di

Firenze in quegli anni, firmò le danze di due opere allestite nella

XXV edizione del festival fiorentino, Antigone di Tommaso Traetta

e Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart, e attinse anche lui al

serbatoio della Scuola Collin.

Nel 1963, nell’ambito del XXVI Maggio Musicale Fiorentino, di-

versi ballerini tra i quali la giovane Maria Grazia, furono coinvolti

in una creazione di danza e di musica antica ideata da Nives Poli

e sotto la direzione musicale di Rolf Rapp, che andò in scena al

Teatro della Pergola con il titolo Donne venite al ballo. Madrigali e

Balletti del Rinascimento. Negli anni successivi, furono soprattutto

Nives Poli ma anche Luciana Novaro, Anni Radosevic e Gilbert

Canova a curare le danze d’opera in Aida, Un ballo in maschera,

Lucia di Lammermoor (1963), La Traviata (1964), Le nozze di Figaro,

Turandot (1966) e tanti altri titoli del Melodramma che andarono

in scena nella stagione lirica del Teatro Comunale, nelle edizioni

annuali del Maggio Musicale e negli spettacoli estivi. Sfogliando

il repertorio degli spettacoli prodotti dal Comunale dalla sua fon-

dazione nel 1933, risulta evidente che fino agli anni Settanta, la

danza era prevalentemente al servizio del Melodramma.

In Italia, si deve ad Aurél Milloss, il rinnovamento del balletto e il

suo progressivo affrancamento dalla Lirica: oltre alle numerose

coreografie firmate per il teatro fiorentino (per diciotto edizioni del

Maggio Musicale e tre stagioni invernali), fu lui a portare in Italia

grandi compagnie internazionali e stelle della danza, a far cono-

scere i balletti dei celebri coreografi russi come George Balanchi-

ne, Bronislava Nijinska, Mikhail Fokine, Leonide Massine.

Aurél Milloss (1906–1988), danzatore e coreografo italiano di

origine ungherese, studiò a Berlino con un’allieva di Rudolf von

Laban, il massimo teorico della danza libera che lo influenzerà

molto e con Victor Gsovsky; in Italia studiò con Enrico Cecchetti

alla Scala. Nell’immediato Dopoguerra e fino agli anni Sessanta,

Milloss realizzò molte danze d’opera, coreografie e regie al Tea-

tro alla Scala di Milano, alla Fenice di Venezia e più particolar-

mente al Maggio Musicale Fiorentino.

A Firenze, nel 1950 creò la compagnia “Il balletto del Maggio”

nella quale entrarono Yvette Chauviré, Vladimir Skouratoff, Jean

Babilée ecc. Milloss dimostrò una particolare predilezione per i

grandi compositori del Novecento: sono celebri le sue coreogra-

Maria Grazia e Giuseppe Carbone nell’Idomeneo (Firenze, 1962)

Ballo Excelsior (1967)

22 23

negatti e dal coreografo Milorad Miskovitch. Lo spettacolo viene

portato in una ventina di teatri italiani: a Firenze, Giselle è pre-

sentato per il balletto di Capodanno e impegna il Corpo di Ballo

del Teatro Comunale accanto ai due primi ballerini ospiti, Carla

Fracci e Paolo Bortoluzzi. Il mensile francese Les saisons de la

danse tesse le lodi delle soliste Cristina Bozzolini, Giovanna Papi

e della “giovane Maria Grazia Nicosia”, tutte e tre molto applau-

dite nel II atto. Lo spettacolo sarà ripreso nel 1977.

Aurél Milloss ha anche un altro importantissimo merito, quello

di aver fatto conoscere al pubblico fiorentino i grandi coreografi

russi del Novecento: fin dal 1970, George Balanchine, Bronislava

Nijinska, Leonide Massine e Mikhail Fokine entrano nel cartello-

ne del Teatro comunale.

Nel 1970, in occasione del Maggio Musicale, Milloss programma

nella stessa serata Apollon Musagète di Balanchine su musica di

Igor Stravinsky et Les Biches, una storica coreografia commissio-

nata da Daghilev a Bronislava Nijinska, sorella di Vaslav Nijinski

nel 1924, su musica di Francis Poulenc e libretto di Jean Cocteau;

La Giara, coreografia dello stesso Milloss conclude lo spettacolo.

Sia Apollon, sia Les Biches verranno ripresi più volte: il primo

balletto nel 1976 e poi di nuovo nella stagione invernale 1979–

80, realizzato da John Taras con Rudolf Nureyev come ospite, il

secondo nel 1982 nella realizzazione di Robert Mead di nuovo

interpretato da Rudolf Nureyev insieme a Eva Evdokimova.

Nel 1974, è il celeberrimo Sacre du printemps, Tableaux de la

Russie païenne en deux parties, un balletto composto da Igor

Stravinsky e originariamente coreografato da Vaslav Nijinski per

i Ballets Russes di Serge Diaghilev, che suscitò un vero e proprio

scandalo alla sua creazione a Parigi nel 1913. Il balletto fu suc-

cessivamente ripreso da Leonide Massine, il principale coreogra-

fo dei Ballets Russes dal 1915 al 1921.

Nel 1977, Mikhail Fokine, il padre del balletto moderno, occupa

il cartellone del Teatro comunale con due balletti: L’après–midi

d’un faune, su musica di Claude Debussy e Le Silfidi, una “rêverie

romantique” su musica di Frédéric Chopin, creata nel 1909 dallo

stesso Fokine sempre per i celebri Ballets Russes di Diaghilev. La

Marianne Wick (Manon, I Masnadieri, nel 1969), Giuseppe Urba-

ni (Macbeth e Aida nel 1969, Kovàcina di Modest Musorgskij nel

1973). Lo stesso Milloss firmava nel 1971 le danze per L’Africana

di Meyerbeer.

Nell’anno successivo, fu la ballerina e coreografa francese Janine

Charrat a creare i balletti del Guglielmo Tell di Gioachino Rossini

che andò in scena in occasione de Maggio Musicale del 1972,

con Galina Sansova e Andrej Protovsky come primi ballerini ospi-

ti. Fu indubbiamente una coreografia memorabile che il Corpo di

Ballo ripropose più volte, nella Stagione Lirica Invernale 1976–77

e in particolare nell’estate 1981, con uno spettacolo dedicato in-

teramente ai Balli d’Opera: oltre al Guglielmo Tell, i ballerini si

esibirono ne La Favorita (coreografia di Evgheni Polyakov), e ne I

Vespri siciliani (una coreografia creata da Paolo Bortoluzzi per il

Maggio del 1978). Una tournée iniziata a Firenze, nel cortile di

Palazzo Pitti, e proseguita al Teatro romano di Fiesole, a Monte-

catini e, nel mese di novembre, in Francia.

Sotto l’impulso di Aurél Milloss, il Teatro Comunale, che ormai

dispone di un Corpo di Ballo stabile, inizia a produrre degli spet-

tacoli di danza autonomi. Con i Balletti del repertorio classico–

accademico, è la tradizione ottocentesca ad essere presentata,

magari rivisitata da coreografi contemporanei: Paquita, una co-

reografia di Marius Petipa su musica di Léon Minkus va in scena

nel febbraio 1971. Nel 1974 e 1975, Luciana Novaro propone

la sua lettura di Coppelia (Coppélia, ou la Fille aux yeux d’émail),

un balletto di Arthur Saint Léon su musica di Léo Delibes tratto

da un racconto di Hoffmann che fu rappresentato per la prima

volta all’Opéra di Parigi nel 1870, e successivamente riproposto

da Marius Petipa nel 1884.

Nel 1976, vanno in scena Don Chisciotte, un balletto creato da

Marius Petipa a San Pietroburgo nel 1869, presentato nella co-

reografia di Attilio Labis, e Il Lago dei cigni, musica di P.I. Tchai-

kovsky, un’altra celebre coreografia di Marius Petipa ripresa da

Milorad Miskovitch.

Nel 1975, Carla Fracci e Paolo Bortoluzzi trionfano all’Arena di

Verona in una nuova produzione di Giselle firmata da Beppe Me-

Maria Grazia, Maurizio Dolcini e Massimo Acri nel Guglielmo Tell Galina Sansova e Andrej Protovsky nel Guglielmo Tell (1972) Maria Grazia tra le amiche di Coppelia (1974) Maria Grazia Nicosia e Franz Wilhem in Salade (1974)

24 25

rilettura che ne dà Ljuba Dobrievich, apre il secondo spettacolo

della stagione estiva che vede ospiti Paolo Bortoluzzi, Monique

Janotta, Geneviève Chaussat e Luciana Savignano. Nella recen-

sione scritta per la Repubblica il 26 luglio 1977, il critico Alberto

Testa ricorda “Cristina Bozzolini, Matilde De Mattei e Maria Gra-

zia Nicosia che, nel rivedere il complesso al lavoro, ci appaiono

come le strutture portanti di ballo al Comunale”.

Sono anni in cui, al Comunale, le ballerine soliste e le prime

ballerine come Maria Grazia hanno l’opportunità di danzare

accanto a personalità di fama mondiale come Paolo Bortoluzzi,

Rudolf Nureyev, Vladimir Vassiliev, Mikhail Baryshnikov e Peter

Schaufuss. Anni durante i quali, Carla Fracci brilla sui palco-

scenici dei teatri italiani: a Firenze, è protagonista insieme a

Paolo Bortoluzzi dell’ Hommage romantique, creato da Milorad

Miskovitch nel 1973, in occasione del XXXVI Maggio Musicale

Fiorentino; nello stesso anno danza in Nobilissima visione, una

coreografia di Loris Gai con Carla Fracci e James Urbain.

Oltre ai Balletti del repertorio classico e moderno, Aurél Milloss

propone al pubblico fiorentino le sue creazioni che cercano un

equilibrio tra danza accademica e danza libera. Nel 1970, nell’am-

bito del XXXIII Maggio Musicale Fiorentino, Maria Grazia ha l’op-

portunità di danzare ne L’enfant et les sortilèges, una fantasia lirica

in due parti su musica di Maurice Ravel. La regia e la coreografia

sono affidate a Aurél Milloss, sul podio Georges Prêtre dirige una

compagnia di cantanti francesi. Tra i danzatori interpreti dell’azio-

ne, Maria Grazia è la Tazza, in coppia con la Teiera interpretata da

Flavio Bennati. Ci sarà poi La Giara, sempre nel 1970, Raramente

soggetto, Sylvano Bussotti e A. Milloss l’anno successivo, e nella

stagione lirica invernale 1970–71, Pétrouchka, su musica di Igor

Stravinsky e in questa nuova edizione di una coreografia di Aurel

Milloss, Maria Grazia interpreta una delle zingare.

In occasione del XXXIV Maggio Musicale Fiorentino, del 1971,

Milloss presenta quattro coreografie: La création du monde, un

“balletto negro” su musica di Darius Milhaud dove i danzato-

ri compaiono con delle curiose maschere; Il Figliol Prodigo, su

musiche di Prokofiev; Il canto dell’Usignolo, su musica di Igor

Stravinsky e, infine, Fantasia indiana, su musica di Ferruccio Bu-

soni. In quella edizione del Maggio, il corpo di Ballo si esibisce

anche in Padmâvati, un‘opera ballo di Albert Roussel, diretta da

Georges Prêtre. Infine, nel 1974, in occasione del XXXVII Mag-

gio Musicale, Aurél Milloss propone une nuova versione della

sua coreografia Salade, un balletto cantato su soggetto di Albert

Flament e musica di Darius Milhaud. Maria Grazia, nel ruolo di

Rosetta, danza con Franz Wilhem, primo ballerino dell’opera di

Vienna riscuotendo secondo il mensile francese Les saisons de la

danse, “un grande successo personale nei ruoli principali”.

Con questo spettacolo, Milloss termina la sua pluridecennale col-

laborazione con il Teatro Comunale di Firenze.

Carla Fracci e James Urbain in Nobilissima visione (1973)

Maria Grazia e Franco Bruni in Laborinthus (1977)

27

evoluzioni e rivoluzioniIl Collettivo Danza Contemporanea della città di Firenze (1975–1985)

Nel 1975, insieme a Cristina Bozzolini e ad altri ballerini del Teatro

Comunale, Maria Grazia contribuisce alla nascita del Collettivo

di Danza Contemporanea della città di Firenze. L’idea è matura-

ta sia nell’ambito del Teatro, sia dallo sviluppo delle attività del

Centro Studi Danza di Firenze (ARCI),

la scuola fondata nel 1971 da Cristina

Bozzolini e Lilia Bertelli per promuo-

vere una nuova didattica della danza.

Per la danza, gli anni Settanta sono in-

dubbiamente un momento di grande

vitalità creatrice, di innovazioni for-

mali ed estetiche, ma in Italia la danza

“contemporanea” stenta a trovare spa-

zio nella programmazione dei Teatri di

tradizione. I giovani solisti del Comu-

nale capiscono che per conoscere me-

glio questi nuovi linguaggi è necessario

uscire dai luoghi “ufficiali”, intrapren-

dere un lavoro di ricerca e sperimentare insieme. Il nome stesso

Collettivo conferisce subito un chiaro connotato politico all’espe-

rienza fiorentina, in sintonia con l’air du temps: siamo, infatti, nel

cuore degli anni Settanta. L’esperienza è rivoluzionaria nel voler

rompere con gli schemi classici e le gerarchie esistenti nei Corpi

di Ballo dei teatri, trasformare il linguaggio dei danzatori e stabi-

lire un rapporto più dinamico e di maggiore reciprocità tra loro e

i coreografi; rivoluzionaria nella volontà di far uscire la danza dai

teatri tradizionali alla ricerca di altri spazi e un pubblico diverso;

rivoluzionaria nell’avvicinare questa espressione artistica alle te-

matiche del mondo circostante: “Vogliamo che i modi della danza

siano aderenti ai modi della vita di oggi”, si legge nelle dichia-

razioni programmatiche del Collettivo

che, al suo esordio nel 1975, mette in

scena Essere donna, un balletto che ha

per tema le lotte delle donne per i loro

diritti.

Insomma: “una specie di Sessantot-

to sulle punte”! A distanza di solo sei

anni dalla sua fondazione, Cristina

Bozzolini osserva che “è improbabile

che oggi qualcuno pensi di chiamare

‘Collettivo’ una nuova compagnia di

danza. Allora, invece, non ci sembrava

possibile una via diversa da quella: la

creazione e la partecipazione ‘colletti-

va’ ad ogni genere di progetto erano come indispensabili al nostro

lavoro. Il collettivo doveva per forza essere un momento ‘diverso’ dal

lavoro in teatro, un momento in cui potessero esplodere le nostre

personalità, in cui prendevano vita altri mondi (…) in particolare il

mondo della danza moderna. Eravamo a digiuno di tecnica moder-

na, essendo ballerini prevalentemente classici, per cui non abbiamo

mai preteso di rivoluzionare il nostro stile di danza tutto d’un colpo.

Cercavamo qualcosa che tendesse ad avvicinarsi, anche stilistica-

Maria Grazia, Francesco Bruno e Franco di Francescantonio in La canzone disperata

L. Bindelli, H. Barrile, G. Pecchioli, C. Bozzolini e Maria Grazia in Eventi 77

28

mente, alla realtà personale di ognuno di noi, al nostro modo di

pensare,e anche di muoverci” (Conversazione con Cristina Bozzoli-

ni, in Eventidanza, a cura di P. Calvetti, Firenze, 1981, p. 53).

Al nucleo iniziale composto da Cristina Bozzolini, Maria Grazia

Nicosia, Gabriella Pecchioli, Francesco Bruno, Franco De Vita,

Raymond Lukens, tutti solisti del Corpo di Ballo del Teatro Comu-

nale di Firenze, si affiancheranno via via altri ballerini professionisti

come Rino Pedrazzini, Orazio Messina, Mimo Crea, Franca Bellini,

Gioietta Romoli, Raffaella Renzi e altri.

Dopo l’impegno in Teatro, i danzatori

si ritrovano quindi in Piazza della Si-

gnoria, nelle sale del Centro studi Dan-

za di Firenze per studiare le nuove tec-

niche della Modern Dance americana,

del Teatro–Danza tedesco. In questo

“laboratorio coreografico”, si lavora

nel fine settimana, il lunedì quando

il Comunale è chiuso oppure la sera

quando non si va in scena. Si lavora

a delle coreografie frutto dell’iniziati-

va creatrice di tutti i danzatori che, in

questo spazio sperimentale, non sono

più soltanto degli esecutori. Anche la

collaborazione che stabiliscono con i musicisti è molto stretta:

Franco Cipolla (violino), Francesco Novelli (pianoforte) e Germa-

no Cavazzoli (chitarra/percussioni) eseguono le scelte musicali del

gruppo che spaziano da J. S. Bach ai compositori contemporanei

come Luciano Berio o V. De Angelis; ma compongono anche le

musiche per una coreografia ideata da tutti i ballerini del Collettivo

come Eventi 77. Sia nel lavoro dei ballerini sia in quello dei mu-

sicisti, il Collettivo lascia anche molto spazio alle improvvisazioni

come in Nel movimento e nel suono, un balletto firmato da Susana

Zimmerman, o in quello di Robbie Nadas dal titolo emblematico:

Se succedesse qualcosa di imprevisto... meno male!

Nel programma della Rassegna internazionale di danza contem-

poranea, che si svolge a Firenze il 12 e il 13 settembre 1979, il

Collettivo si presenta in questi termini:

“La propria linea di espressione è certamente caratterizzata dal

costante raccordo tra una sperimentazione di forma e linguaggi

nel rapporto tra gesto e suono, tra danza e musica con l’espe-

rienza sociale e storica, individuale e collettiva dell’uomo con-

temporaneo. Di ciò è diretta conse-

guenza la costante tensione verso un

equilibrio tra la formulazione collettiva

di ogni risultato coreografico e la mas-

sima esaltazione dell’espressività indi-

viduale. Ne discende l’affermazione di

nuove modalità produttive nel balletto,

una nuova interrelazione di ruoli tra

invenzione ed esecuzione del gesto e

del movimento, un rapporto nuovo tra

coreografo e ballerino, con una presa

di distanza verso sclerotizzate funzioni

nel mondo accademico della danza”

Il Collettivo, a differenza di altre com-

pagnie di danza, non ha il suo coreo-

grafo ma cerca continuamente nuove collaborazioni e – come

ricorda Maria Grazia – i danzatori si tassano per pagare i coreo-

grafi chiamati a creare dei balletti per loro. Quando si dice collet-

tivo...! Hector Barriles, un ballerino e coreografo sudamericano

che ricerca precisi collegamenti con la realtà sociale, firma dei

balletti impegnati come Essere donna, su musiche da Les circles

di Luciano Berio (1975–76), che evoca la condizione delle donne

e il movimento femminista. ll Collettivo esordisce nel 1975 con

una sua creazione – A porte chiuse, un balletto ispirato al testo di

Jean–Paul Sartre, musiche da “Parafrasis” di V. De Angelis.

Maria Grazia, G. Pecchioli in A porte chiuse

Il Collettivo in: A porte chiuse, Brahms variations on a theme by Handel (1979), Eventi 77; Conferenze danzate “Itinerari della danza”; Correspondances

30 31

di via Forlanini, sempre a Firenze, il Collettivo partecipa a un’ini-

ziativa intitolata “Berio e i Progetti sulla Musica” presentando

Circles, una coreografia di Hector Barriles su musica di Luciano

Berio che prolunga la dimensione gestuale appena accennata dal

compositore. Nel 1976, il Collettivo è ospitato nella 14a Stagione

degli Amici della Musica di Sondalo e rappresenta Stelle filanti di

Gabriella Borni, su musica di S. Prokofiev.

Quando, nel 1978, Evgheni Polyakov viene chiamato alla direzione

del Corpo di Ballo del Teatro Comunale, ben presto i danzatori del

Collettivo riescono a “trascinarlo” fuori dei sentieri teatrali ufficiali.

A lui il Collettivo deve alcune delle migliori creazioni coreografi-

che. Nel 1980, Massimo Acri, Franca Bellini, Maria Grazia Nicosia,

Cristina Bozzolini, Daniela Buson, Arturo Cannistrà, Gabriella Pec-

chioli e Rino Pedrazzini interpretano Correspondances, liberamen-

te ispirato a Les Fleurs du Mal di Charles Baudelaire, un balletto in

un atto e nove quadri di Evgheni Polyakov e Susana Zimmerman

su musiche di Claude Debussy, César Frank, Maurice Ravel e Eric

Satie. I danzatori sono accompagnati al pianoforte da Francesco

Novelli, e dalla voce recitante dell’attore Franco di Francescanto-

nio. Per il Collettivo, Polyakov firmerà anche Cinque pezzi al posto

del silenzio, su musica di R. Schumann e, nel 1982, ‘Gran cru’, una

serata da Franca, su musiche di clavicembalisti italiani: “un balletto

creato grazie a una approfondita e continua collaborazione con il

coreografo Evgheni Polyakov, che è stato considerato dalla critica

più accreditata ‘il miglior balletto dell’anno’ per il 1982”.

il Balletto di tosCana

Quando compie dieci anni, il Collettivo di Danza Contempora-

nea di Firenze si trasforma in Balletto di Toscana, che è al tempo

stesso una compagnia di danza e un progetto culturale realizzato

con il patrocinio e il contributo della Regione Toscana. Cristina

Bozzolini ne assicurerà la direzione artistica fino al 2000 quando,

suo malgrado, l’esperienza si concluderà allorché il Balletto di

Toscana si era imposto in Italia e all’estero. Evgheni Polyakov, ma

anche Fabrizio Monteverde e altri grandi nomi della danza firme-

ranno delle creazioni per la nuova compagnia. Nel luglio 1985, il

Balletto di Toscana debutta con uno spettacolo intitolato Cangian-

ti notturni che presenta quattro opere di importanti coreografi:

Altre sue creazioni s’intitolano Contemporanea, su musica–col-

lage a cura di V. De Angelis, o Kronos rappresentato in prima

esecuzione assoluta nel 1979. Con La canzone disperata, di Pablo

Neruda, un balletto per voce recitante e due danzatori, il Collet-

tivo sperimenta forme di Teatro–Danza: Maria Grazia Nicosia e

Francesco Bruno evolvono sul palcoscenico incrociando l’attore

Franco di Francescantonio che recita i testi del poeta cileno.

Susana Zimmerman, una coreografa anch’essa proveniente dall’Ame-

rica Latina, dà un’impronta più poetica e astratta alle sue coreografie

– Opus Bach, Duetto per una solista, Eventi 76 – che coinvolgono i

danzatori anche nel gioco dell’improvvisazione (Nel movimento e

nel suono). A importare nel Collettivo le innovazioni della Modern

Dance statunitense sono Robbie Nadas, con Doppio duetto e Suite

per oboe e danzatori, due balletti rappresentati in prima esecuzio-

ne assoluta, nel 1979, e Rachel Lampert, che firma la coreografia

di Brahms variations on a theme by Handel, anche in questo caso

in prima esecuzione assoluta nel 1979.

L’intensa attività che, tra il 1975 e il 1984, porta la compagnia in

giro per Firenze e per l’Italia non è facile da documentare. Ma-

ria Grazia ha conservato solo alcuni programmi degli spettacoli,

molti dei quali sono dei semplici fogli ‘ciclostilati’, come lo erano

i volantini politici del tempo. Scorrendoli, si capisce benissimo

come in quegli anni la danza, uscita dai teatri lirici per affermarsi

come forma d’arte “contemporanea”, andasse anche in cerca di

altri spazi, di un altro tipo di contatto con il pubblico.

A questo proposito, alcune foto ritrovate da Maria Grazia sono par-

ticolarmente significative: con le sue “Conferenze danzate”, rap-

presentate a Lugo di Romagna, il Collettivo vuole illustrare, con un

approccio marcatamente didattico, il percorso evolutivo compiuto

dalla danza, dal Balletto codificato nell’Ottocento fino alle forme

più libere di improvvisazione che spingono i danzatori a mettersi in

gioco. Il palcoscenico collocato in una posizione centrale permette

ai ballerini di essere circondati, o meglio, avvolti dal pubblico.

Il Collettivo trova spazi scenici diversi dai teatri tradizionali esi-

bendosi nei locali dell’SMS Andrea del Sarto di Firenze, al Circolo

ARCI di San Casciano, al Teatro Tenda (ora Saschall), nell’ambito

del Festival nazionale de L’Unità che, nel 1975, si tiene a Firenze

al Parco delle Cascine. Nel maggio 1977, nella Casa della cultura

Stelle filanti Prove di Quartet II con Nils Christe Sul retro dedica: “Thank you for your wonderful interpretation of Q II, Nils Christe” Prove di Quartet II con Nils Christe

Charle Vodoz, Alchimia del dolore, con Franco di Francescantonio (1985)

32 33

Memento amoris su musica di S. Rachmaninov, una coreografia

di Evgheny Polyakov che cura anche l’ambientazione e i costumi,

Quartet II di Nils Christie, Alchimia del dolore, di Charles Vodoz

e Birdland di Gabriella Borni.

Il ballerino e coreografo svizzero Charles Vodoz, entrato a fare

parte del Corpo di Ballo del Teatro Comunale di Firenze nel 1984,

ha già avuto l’occasione di sperimentare la sua vocazione di co-

reografo con la piccola compagnia, Azimut che partecipa a una

serata dedicata ai giovani coreografi organizzata

dal Teatro di Grassina. La collaborazione artisti-

ca tra Maria Grazia e Charles Vodoz inizia con

Alchimia del dolore, un balletto “per danzatrice

e attore” su musiche di Richard Wagner e testi di

Charles Baudelaire tratti da Les Fleurs du Mal e

da Petits poèmes en prose. In uno spettacolo che

fonde la parola con il movimento, la poesia del

testo e della danza, il ruolo del Poeta è affida-

to all’attore di prosa Franco di Francescantonio,

mentre Maria Grazia Nicosia interpreta la sua

musa, “una musa malata, ispiratissima e quasi

metafisica” (Silvia Paoletti per la Repubblica),

in un duetto controverso e drammatico. Vittoria Ottolenghi che

recensisce lo spettacolo per il giornale Paese Sera, parla di “un

prodigio di rigore, nell’accavallarsi dei ritmi e dei linguaggi diversi,

frutto soprattutto dell’esperienza di Franco di Francescantonio e di

Maria Grazia Nicosia”. Alchimia del dolore sarà spesso ripreso:

nell’estate 1987, a Poggio a Caiano nell’ambito del Festival delle

Colline, quando si esibisce la compagnia di danza contempora-

nea Azimut (formata da ballerini del Teatro Comunale di Firenze)

con la quale Vodoz collabora. Quella sera, Maria Grazia Nicosia

è una delle “Stelle sulle punte” invitate a danzare nello splendi-

do scenario della Villa medicea, insieme a Noella Pontois (étoile

dell’Opéra di Parigi), Lucia Isenring (étoile dello Stuttgarter Ballet)

e Jean–Charles Gil, una stella nascente della danza. Vodoz sarà

spesso ospite del Teatro di Grassina nella cornice di Danza Prima-

vera: nel 1990, con Alchimia del dolore , nel 1992 con L’histoire

du soldat di Igor Stravinskij che Maria Grazia aveva già interpretato

insieme all’attore Franco di Francescantonio nella parte del Diavo-

lo e Mario Pardi nel ruolo del Soldato, nel giugno 1986, al Primo

Festival internazionale di musica contemporanea di Trento.

Il debutto del Balletto di Toscana offre anche a Maria Grazia l’oc-

casione di sviluppare una collaborazione arti-

stica con Nils Christe, il rinomato danzatore e

coreografo olandese assistente di Jiri Kylian al

Nederlands Dans Theater. Nello spettacolo Not-

turni cangianti, Nils Christe presenta Quartet II,

una creazione sul Quartetto per archi op. 122 di

Dimitri Schostakovitch, che fa seguito al balletto

Quartet I creato per il Nederlands Dans Theater

che gli è valso il Primo premio al concorso di

coreografie di Colonia nel 1979. Vittoria Otto-

lenghi che recensisce il balletto per Paese Sera,

parla di una coreografia drammatica e struggen-

te che si presenta come “un ampio, viscerale la-

mento per la libertà perduta e non più raggiungibile. Due coppie

in nero “urlano” a passi di danza, estrema e scattante, tutta la

loro impotenza sovrastate da un alto muro grigio (e ognuno può

identificare quel muro con quello che vuole”. Su la Repubblica, il

critico Alberto Testa evoca “i quattro ballerini: Maria grazia Nico-

sia, Rino Pedrazzini, Franca Bellini e Torao Suzuki, stupendi per

plastica incisività”.

Dopo il primo anno di vita del Balletto di Toscana, Maria Grazia

lascia la compagnia per dedicarsi ad altri progetti, legati, come

vedremo, allo sviluppo della sua attività di promozione della dan-

za; ma ben presto il Balletto di Toscana avrà un appuntamento

fisso con lei, a ogni primavera nel Teatro di Grassina. Charle Vodoz, Alchimia del dolore, con Franco di Francescantonio (1985)

35

Danzare con Grazia alla casa Del PoPolo1975: nasce il centro studi danza di Grassina

Il 1975 è un anno decisamente ricco di novità per Maria Grazia,

un anno molto creativo: mentre procede la carriera al Comunale

e partono le prime le sperimentazioni “collettive”, ecco che trova

il tempo di aprire una scuola di danza. Per capire come andarono

le cose, lascio la parola a Gianni Ravenni, l’altro artefice di que-

sta nascita, che ci ha consegnato questo bellissimo racconto:

Una sera dei primi giorni di settembre (1975), uscito dal lavoro mi recai in

Piazza Signoria dove, in uno dei palazzi che la circondano, c’era la sede

del Centro Studi Danza (di Firenze). Salii le scale e mi trovai di fronte ad

un’anziana signora che faceva da segretaria: chiesi della direttrice sig.ra

Cristina Bozzolini alla quale domandai se c’era disponibile qualche inse-

gnante disposta a tenere dei corsi di danza classica nella Casa del Popolo

di Grassina. Mi venne presentata la sig.ra Nicosia Maria Grazia, collega

della stessa Bozzolini, alla quale spiegai le intenzioni del consiglio della

Casa del Popolo per quel tipo di attività. La sig.ra Nicosia parve assai

interessata della cosa. Ci salutammo allora dandoci appuntamento dopo

due giorni alla Casa del Popolo di Grassina.

Ma com’è che io, Ravenni Gianni, conosciuto più come organizzatore di

attività di montagna e di sci, mi ritrovai a recarmi in una scuola di danza?

Bisogna risalire ad una sera in cui il Consiglio della Casa del Popolo te-

neva una riunione. Si presentò una signora che si qualificò come inse-

gnante di danza, la quale chiese se poteva tenere dei corsi la cui orga-

nizzazione sarebbe stata di lei e per la quale avrebbe pagato una certa

cifra per l’uso dei locali. Il Presidente dell’epoca, sig. Guidotti Giuliano,

disse che la cosa era abbastanza interessante, che il Consiglio avrebbe

discusso dell’opportunità di creare questa attività e fu deciso di risentirci

telefonicamente. Durante la discussione della cosa, il Presidente disse

che sarebbe stato meglio se fosse stata la Casa del Popolo ad organizzare

direttamente l’attività e mi incaricò di recarmi presso la sede provinciale

dell’ARCI per sapere se loro avessero disponibilità di persone in grado

di tenere questo tipo di corso. Mi recai all’ARCI e mi comunicarono che

l’unica conoscenza che avevano riguardo alla danza classica era quella

che il Centro Studi Danza di Piazza Signoria era un circolo affiliato all’or-

ganizzazione. Non mi restava che andare a vedere di cosa si trattava e fu

così che si arriva alla sera di settembre.

Quando dopo due giorni ci incontrammo io e la sig.ra Nicosia, la con-

dussi sul palcoscenico, che era il luogo che la Casa del Popolo aveva de-

stinato per questi corsi. La Nicosia disse che con qualche aggiustamento

– mettere le sbarre, fare luce con certi fari che c’erano –, si poteva fare la

cosa. Stabilimmo il tipo di pubblicità da fare, manifesti, data di inizio dei

corsi, il 10 di ottobre, prezzo dei corsi e ci salutammo.

Io mi misi subito al lavoro, preparai le domande di iscrizioni e per avere

qualche punto di informazione coinvolse le signore che erano di servizio

al Bar, e qui voglio ringraziare Lunghi Marisa, Cecchi Elena, Poggi Fioren-

za per il grande aiuto che hanno dato al Centro Studi Danza in quanto per

i primi quattro, cinque anni hanno fatto funzioni di segreteria.

Alla chiusura delle iscrizioni, ci trovammo ad avere 9 bambine di età tra gli

8 e i 10 anni che iniziarono l’attività che si protrasse fino a giugno quando

allestimmo il primo saggio, mettendo un fondale trovato nelle cantine della

Casa del Popolo e delle quinte fatte di juta che si trovavano sul palcosce-

nico. Riscuotemmo il plauso dei genitori e ci demmo appuntamento a set-

tembre. L’avventura della danza classica a Grassina era iniziata.

Non credo che molte scuole di danza classica possano vantare un

tale esordio e neppure contare sulla memoria così nitida del suo

principale artefice. Gianni Ravenni, il delegato alla scuola della

Casa del Popolo che ne ha assicurato la gestione diretta, è stato per

oltre due decenni uno dei due pilastri del Centro Studi Danza di

Grassina: il braccio organizzativo di Maria Grazia che della scuola

è stata, ed è tutt’ora, l’anima artistica. Alla metà degli anni Settanta,

aprire una scuola di danza classica in una Casa del Popolo costitu-

36 37

to collegamento con il Teatro. Progettato negli anni Sessanta, ai

tempi dell’ampliamento della vecchia Casa del Popolo, il teatro,

con una sala da 600 posti e un palcoscenico secondo, in ordine

di grandezza, a quello del Teatro Comunale di Firenze, venne

inaugurato nel 1972, pochi anni prima della nascita del Centro

Studi Danza. Era un vero teatro, tecnicamente attrezzato che con-

sentiva l’allestimento di spettacoli di alto livello. Ma il collega-

mento tra la scuola e il teatro che non è solo un fatto di contiguità

fisica, è parte integrante del progetto didattico e artistico di Maria

Grazia che ha insegnato alle allieve a danzare, certo, ma anche

ad andare in scena, e ben presto le ha portate a condividere il

palcoscenico di Grassina con grandi compagnie, solisti di fama

nazionale e stelle internazionali. Fin dall’eroico primo saggio del

1976 ricordato da Gianni Ravenni – nove bambine sul palco-

scenico, con un fondale di fortuna provvidenzialmente rinvenuto

nelle cantine della Casa del Popolo –, tutte le allieve del Centro

Studi Danza, dalle piccoline di Giocodanza alle “grandi” dei

corsi avanzati, hanno sperimentato il lungo e rigoroso lavoro che

prelude uno spettacolo teatrale, provando prima negli studi e poi

in palcoscenico: mesi di studio, di prove, e poi l’Antigenerale, la

Generale, e finalmente, la sera della Prima, i preparativi, i tutù, il

trucco, le acconciature, l’attesa febbrile dell’apertura del sipario...

e infine gli applausi che ricompensano l’impegno di un anno.

Maria Grazia che, nella sua attività artistica di Prima ballerina,

la scena la calcava quotidianamente ha saputo trasmettere il suo

mestiere di artista di teatro, portando a Grassina ballerini e co-

reografi con i quali lavorava al Comunale e nel Collettivo. Basti

dare un’occhiata alla locandina del saggio di fine anno andato in

scena nel Teatro della Casa del Popolo il 23 giugno 1980, quan-

do le allieve del ‘Centro Danza’ di Grassina presentarono In una

scuola di danza... Un viaggio immaginario: le coreografie erano

firmate da Barbara Baer, Lillia Bertelli, Cristina Bozzolini, Rachel

Lampert, Raymond Lukens, Robbie Nadas, Maria Grazia Nicosia,

Elena Scotti, mentre le azioni mimiche erano curate da Franco di

Francescantonio; insomma: il Collettivo di danza contemporanea

si era momentaneamente trasferito a Grassina per fare danzare le

“bambine” di Maria Grazia!

Tre anni dopo, il 20 giugno 1983, il saggio s’intitolava “Sarà

sogno?...o realtà?!” e, accanto a Maria Grazia, Elena Scotti ed

Elena Villar, era già presente Maurizio Dolcini, il ballerino–co-

reografo amico di Maria Grazia che, negli anni, avrebbe ideato

innumerevoli balletti per i saggi di fine anno della scuola. Questo

fu il primo vero grande spettacolo delle allieve della scuola che,

da quel momento, sarebbero state sempre più spesso inserite in

serate che vedevano coinvolti dei danzatori professionisti. Maria

Grazia e Maurizio firmeranno, nel giugno 1995, le coreografie

e la regia di Notte folle... nella soffitta di palazzo, lo spettacolo

che, per due sere, festeggiò il Centenario della fondazione della

SMSFC di Grassina e il Ventesimo anniversario della nascita del

Centro Studi Danza. Franco Cipolla era, come sempre, la mente

musicale dello spettacolo, coadiuvato alla fonia da Paolo Benci-

venni, i costumi erano realizzati da Gianna Corsini, la scenogra-

fia era curata da Giovanni Lipari, mentre Gianna Cheli e Moreno

Petreni si occupavano delle luci; naturalmente, a coordinare di

tutta l’impresa c’era l’insostituibile Gianni Ravenni.

Grazie al Centro Studi Danza, il Teatro di Grassina, alla stregua dei

grandi teatri internazionali, ha potuto anche iscrivere il “Balletto

di Natale” nel suo cartellone. A distanza di dieci anni dalla fon-

dazione della scuola, e per ben due serate, l’11 e il 12 dicembre

1986, tutte le allieve del Centro Studi Danza presentarono Natale

è... un carretto pieno di sogni!, una favola danzata da fanciulli per

fanciulli e non solo, che riecheggiava lo Schiaccianoci (celebre

balletto natalizio) e citava molti altri classici del repertorio. Ma

il fatto straordinario, sottolineato da Silvia Poletti che recensì la

serata, era che, “accanto alla lunga schiera di giovanissime in-

terpreti”, avevano dato il loro prezioso contributo “alcuni artisti

iva indubbiamente una bella scommessa: ma farsene direttamente

promotore – come volle il Presidente Guidotti – non lasciando che

la scuola nascesse solo da un’iniziativa privata ci dà la misura di

quale fossero le idee di politica culturale che animavano i dirigen-

ti delle Case del Popolo. Gianni Ravenni mi ha raccontato che a

spingerlo a investirsi con tanto slancio nella creazione della scuola

– lui che era un amante della montagna –, era la convinzione di

contribuire a un’operazione culturale importante per il paese di

Grassina, che avrebbe consentito alle figlie di operai di avvicinarsi

a un’arte che nell’Italia di quegli anni – a differenza di quanto av-

veniva nei paesi dell’Est – era ancora ritenuta “borghese”.

MadaMe niCosia? no: Maria grazia!

In effetti, la scuola di Maria Grazia non ha niente di “borghese”

e le allieve – le sue “bambine” come continua a chiamarle anche

quando sono cresciute – non l’hanno mai chiamata Madame Ni-

cosia. Certo, i tempi sono cambiati, ma per le centinaia di allieve

che hanno frequentato la scuola, Maria Grazia è Maria Grazia,

quando non è, con scherzoso affetto: Mary Grace.

Il primo anno, le bambine erano nove, l’anno successivo erano

già ventidue; al saggio del 5 giugno 1978, di cui abbiamo ritro-

vato il programma ciclostilato, le apprendiste ballerine nominate

una per una erano ben cinquantuno, suddivise in tre corsi. In

quell’anno, Elena Scotti, insegnante diplomata dalla Royal Aca-

demy of Dancing di Londra, cominciava ad affiancare Maria Gra-

zia nell’attività didattica e, a partire dal 1990, avrebbe assunto

per alcuni anni la co–direzione della scuola. La continua crescita

del Centro Studi Danza è la migliore prova del successo del pro-

getto iniziale: nel 1990, ottanta bambine e ragazze erano iscritte

ai vari corsi di danza; oggi superano il centinaio e tra loro, trovia-

mo anche le figlie di alcune allieve ‘storiche’ dei primi anni della

scuola. E siccome la danza non è affatto un’arte riservata alle

ragazze, il Centro Studi Danza è orgoglioso di poter annoverare

tra i suoi allievi anche alcuni ragazzi.

Fin dall’inizio, il Centro Studi Danza di Grassina nasce con la vo-

cazione di promuovere la danza “intesa come educazione del mo-

vimento, come attività ritmica ed espressiva, come fatto sociale e

culturale”: non vuole essere soltanto una scuola professionale, ma

un luogo d’incontro dal quale ognuno possa uscire arricchito di

nuove esperienze. Il suo obiettivo è duplice: innanzitutto, avvici-

nare alla danza il maggior numero possibile di bambine e bambi-

ni, adolescenti e adulti perché tutti possano, divertendosi, trarre i

massimi benefici che la pratica amatoriale di quest’arte procura

e anche diventare il pubblico competente dei teatri che mettono

in scena il Balletto. In secondo luogo, sviluppare le attitudini e il

talento delle allieve più dotate e sostenere la loro volontà di affron-

tare la carriera professionale. Si comincia da piccole con i giochi

mimici e l’avviamento all’espressione corporea, prima di frequen-

tare i corsi di danza classico–accademica, di avvicinarsi ad altri

stili e di perfezionare altre tecniche: le danze storiche, le danze

spagnole, la Modern Dance, la danza Jazz, più avanti anche l’Hip

Hop e la Break Dance. Fin da primi anni, a Grassina si insegna-

va anche la Mimica intesa come espressione teatrale, unitamente

all’ascolto della ‘grande musica’, sotto l’appassionata consulenza

di Franco Cipolla, marito di Maria Grazia nonché violinista Prima

parte nell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. A lui si deve

l’apertura, nel 1984, di una Sezione Musica dove musicisti profes-

sionisti insegnavano pianoforte, violino, viola, violoncello, chitarra

classica, teoria e solfeggio e storia della musica.

la sCuola e il teatro

La scuola cresce e dal palcoscenico del Teatro della Casa del Po-

polo, dove nei primissimi anni si svolgevano le lezioni, le allieve,

si devono spostare nelle sale al primo piano. Non di meno una

delle particolarità del Centro Studi Danza di Grassina – e anche

una chance per chi lo frequenta –, è e rimane proprio il suo stret-

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una “Bottega coreografica”, un spazio, unico nel suo genere, de-

dicato ai coreografi esordienti che ben presto diventerà un ap-

puntamento molto atteso per il mondo della danza. I Panorami si

concludono con un grande spettacolo capace di mettere in luce i

giovani talenti allevati nelle varie scuole del territorio fiorentino.

Così, il 31 maggio 1987 va in scena un Galà di danza ideato da

Egon Madsen, direttore del Corpo di Ballo del Maggio Musicale

Fiorentino, al quale partecipano alcuni solisti del Comunale in

“omaggio al pubblico e agli allievi partecipanti alla rassegna”.

Nel 1988, gli ambiziosi progetti di Maria Grazia troveranno,

come vedremo, l’indispensabile sostegno del Sindaco e dell’Am-

ministrazione comunale di Bagno a Ripoli: prenderà così avvio

Danza Primavera, una rassegna che, per la qualità degli spettaco-

li, la fama delle compagnie e dei danzatori professionisti coinvolti

potrà, nel giro di un paio d’anni, rivaleggiare con molti prestigiosi

festival internazionali.

“L’avventura della danza classica a Grassina” era iniziata con

nove bambine e la loro giovane ‘Maestra’, una ballerina in car-

riera che – mi ha confessato – dubitava seriamente di aver la pa-

zienza richiesta a ogni buon insegnante! Nel giro di pochi anni, il

Centro Studi Danza di Grassina sarebbe diventato una fucina: ac-

canto all’attività didattica, che aumentò con il numero crescente

di allievi, Maria Grazia si fece promotrice di spettacoli ed eventi

culturali che animavano il Teatro della Casa del Popolo. Più Maria

Grazia lanciava idee e proposte nuove, più Gianni Ravenni ve-

deva crescere i suoi compiti di coordinatore. Per oltre vent’anni,

il suo impegno per promuovere la danza classica nella Casa del

Popolo di Grassina non è mai venuto meno: i corsi della scuola,

i saggi, le rassegne, i galà, il lavoro non mancava. Ogni volta –

come mi confidava, da intenditore di cime innevate – era come

affrontare la scalata di una montagna, ma raggiunta la vetta, le

soddisfazioni erano tante!

del Maggio Musicale e del Balletto di Toscana, certo di grande

esempio per le giovani allieve”: Rino Pedrazzini, Gianpiero Ga-

leotti “lunare partner di Angela Bandinelli in Folk song di Kylian;

Peter Malmsjo, ottimo porteur per Carolina Becattini ne I quattro

temperamenti di Balanchine; il fulgido talento di Umberto De

Luca – incisivo principe nel Pas de deux dello Schiaccianoci – e

Eugenio Scigliano, slanciato Uccello Azzurro”.

Le allieve del Centro Studi Danza hanno avuto anche l’opportu-

nità di calcare le scene di altri teatri: così nel luglio 1984, pre-

sentarono nell’ambito del Festival della Val di Sieve Panorami di

danza, lo spettacolo Concerto di danze spagnole, creato dalla

loro insegnante Elena Villar che vinse il primo premio Tersicore

d’oro al Festival internazionale di Danza organizzato dall’Acca-

demia internazionale Medicea. L’anno successivo, Monia Bazza-

ni, Neva Ceseri, Sara Pagnini e Valentina Saccardi, insieme ad

alcune allieve della Scuola Collin di Firenze, danzarono al Teatro

romano di Fiesole Papillons, un balletto di Antonietta Daviso e

Maurizio Dolcini. Nel marzo 1991, furono le bambine del corso

di Mimo ad essere coinvolte in uno spettacolo musicale ideato

da Marisol Carballo per il Teatro Comunale – Europa in–cantata

– per solisti, coro di voci bianche, piccoli attori ed ensemble stru-

mentale. In tempi più recenti, lo Spring Dance Group, la ‘com-

pagnia’ costituita dalle promesse della scuola, ha portato in giro

per l’Italia gli spettacoli ideati da Maria Grazia, Maurizio Dolcini

e Anna Balducci che il pubblico di Grassina aveva potuto apprez-

zare nell’ambito del festival Danza Primavera.

panoraMi di sCuole

Nel 1985, la Casa del Popolo e il Centro Studi Danza organiz-

zano con le proprie forze e risorse una “Mini rassegna di danza

e balletto” che prelude a iniziative molto più impegnative alle

quali, a partire dal 1988, il Comune di Bagno a Ripoli collabore-

rà attivamente, ovvero le ‘maxi’ rassegne di Danza Primavera. In

poco più di un mese, tra il 12 marzo e il 23 aprile, tre spettacoli

presentano balletti del repertorio classico, opere di affermati co-

reografi contemporanei e sperimentazioni di giovani danzatori–

coreografi del Comunale come Charles Vodoz e Torao Suzuki, cui

partecipano danzatori professionisti e allieve della scuola. La ras-

segna propone anche al pubblico di avvicinarsi alla storia della

danza con tre video–conferenze dedicate al “Romanticismo nel

balletto”, al “Tardo romanticismo e la danza accademica” e infine

a “Balanchine e i contemporanei”. Si inserisce in questa iniziativa

la prima edizione di “Panorami di Scuole”, una rassegna che fa

incontrare sul palcoscenico del Teatro di Grassina le allieve delle

principali scuole di danza fiorentine, oltre naturalmente a quelle

del Centro Studi Danza.

La rassegna “Panorami di Scuole” diventerà un atteso appunta-

mento annuale, dove confrontare le molteplici didattiche della

danza, lasciando che a presentarle siano proprio dei giovanissimi

allievi alle prime esperienze di palcoscenico. Nella sua terza edi-

zione del 1987, si ritrovano le migliori scuole di danza fiorentine

fondate da alcune ballerine del Comunale, amiche e colleghe di

Maria Grazia che, a suo tempo, si erano formate alla scuola di

Daria Collin: il Centro Studi Danza di Firenze di Cristina Bozzoli-

ni e Lilia Bertelli, il Centro Danza accademica diretto da Giovan-

na Papi, la scuola di danza Dance line diretta da Anna Berardi, il

Florence Dance Center di Marga Nativo oltre alla Scuola di danza

classica Daria Collin, diretta da Antonietta Daviso di Charvensod.

Franco De Vita e Raymond Lukens, anch’essi compagni di Maria

Grazia al Comunale, partecipano con la scuola di danza classica

Hamlyn da loro diretta; e ancora Imago Lab., il Centro di danza con-

temporanea diretto da Emanuela Salvini e Simona Bucci oltre, natu-

ralmente, al Centro Studi Danza di Grassina. Dal non troppo lontano

1952, quando Daria Collin aveva aperto la sua scuola, il panorama

della danza fiorentina si era indubbiamente arricchito.

Ancora nel 1987, nell’ambito della rassegna, Maria Grazia apre

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al comunale arriva un GéniaL’Era Polyakov

‘Génia’ è l’affettuoso soprannome con il quale gli amici chiama-

vano Evgheni Polyakov (1943–1996), il ballerino e coreografo

russo che, nel 1978, inaugurava una delle migliori stagioni per la

danza fiorentina. Allievo della scuola di ballo del Bolshoi di Mo-

sca, Polyakov era stato primo ballerino del Teatro dell’Opera di

Novosibirsk dal 1962 al 1976 e si era dedicato all’insegnamento

presso la scuola del Bolshoi nel quinquennio 1970–75. Polyakov

lasciò il suo paese nel 1976, chiamato a lavorare in Italia, prima

al Teatro La Fenice di Venezia come maître de ballet e coreogra-

fo, poi nel 1978 al Teatro Comunale di Firenze dove assunse la

direzione del Corpo di ballo fino al 1983. Chiamato da Rudolf

Nureyev a occuparsi, come maître de ballet, della compagnia

dell’Opéra di Parigi, Polyakov ritornerà a Firenze nel 1988 alla

direzione del Corpo di Ballo del teatro Comunale. Un ritorno

che suscita l’unanime consenso del mondo della danza fiorentina

e della stampa: con il parziale rinnovamento dell’organico e il

nuovo nome di MaggioDanza che dà alla compagnia, Polyakov

annuncia subito la sua volontà di cambiamento.

Nel corso delle sue due stagioni, Polyakov costituisce un ampio ed

eclettico repertorio: accanto ai grandi titoli classici come Giselle, Le

Silfidi, Schiaccianoci, il Lago dei Cigni, Cenerentola, Coppelia, accan-

to ai capolavori del Novecento, trovano finalmente spazio celebri

coreografi contemporanei ancora poco conosciuti in Italia come An-

thony Tudor, Merce Cunnigham, Maguy Marin o Bill T. Jones. Oltre a

queste novità – presentate talvolta in prime assolute – la formazione

fiorentina è impegnata in diverse creazioni dello stesso Polyakov.

Ma il maestro russo ha anche il grande merito di inaugurare

un’inedita e fruttuosa collaborazione con la scena indipenden-

te italiana di danza contemporanea. Per il Comunale, commis-

siona alcuni titoli a innovativi artisti come Virgilio Sieni, Enzo

Cosimi, o Mario Piazza. Ma ‘Génia’ esce anche dal suo teatro,

lasciandosi coinvolgere dai suoi ballerini che hanno dato vita

all’interessantissima sperimentazione del Collettivo, poi sfociata

nella creazione del Balletto di Toscana: per loro firmerà alcune

significative creazioni. Con Maria Grazia e il Centro Studi Dan-

za di Grassina, Polyakov instaura subito un rapporto artistico

intenso, a volte anche dialettico, seguendo con grande interesse

e sostenendo il tenace lavoro di promozione dei giovani talenti,

coreografi emergenti e promesse della danza. Un lavoro che,

come vedremo, Maria Grazia ha portato avanti per oltre due de-

cenni, nell’ambito del Festival Danza Primavera e del Concorso

internazionale di danza, istituito nel 1999 e a lui intitolato, a tre

anni dalla sua scomparsa.

Polyakov impegna subito i danzatori del suo Corpo di Ballo nel

recupero della grande tradizione classica con una rivisitazione

delle celebri coreografie ottocentesche di August Bournonville o

di Marius Petipa. Lasceranno il segno la sua versione di Giselle

(1977), la sua Bella Addormentata (1979), il suo Schiaccianoci,

che nel 1983 riscuote un grandissimo successo e sarà più volte

ripreso a Firenze e in altri teatri italiani. Il maestro russo invita a

danzare negli spettacoli della compagnia fiorentina le più lumi-

nose stelle della danza italiana e internazionale: Carla Fracci, Eli-

Prove in scena al Comunale con Evgheni Polyakov

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sabetta Terabust, Margot Fonteyn, Maja Plisetskaja, Ekaterina Ma-

karova, Ekaterina Maximova, e poi Vladimir Vassiliev, Rudolf Nure-

yev, Mikhail Baryshnikov, Alexander Godunov, Paolo Bortoluzzi.

Nella stagione invernale 1979–80, va in scena La Bella Addor-

mentata, il secondo, per cronologia di composizione, dei tre

balletti di Piotr Ilitch Ciaikovski, con una coreografia di Marius

Petipa di cui Evgheni Polyakov dà una personale lettura. Rudolf

Nureyev e Eva Evdokimova sono i primi ballerini ospiti, ma il III

atto –“Le nozze d’Aurora” – lascia ampio spazio ai ballerini fio-

rentini nell’interpretazione dei vari ruoli tratti dai personaggi del-

le fiabe di Perrault. Nella sua carriera Maria Grazia interpreterà a

più ripresa il Passo a due e divertissement dell’Uccello Azzurro,

la Gatta bianca, Cenerentola.

Nel 1983, Polyakov rivisita Lo Schiaccianoci, un altro celebre bal-

letto di Piotr Ilitch Ciaikovski tratto da un racconto di Hoffmann

adattato da Alexandre Dumas. Maria Grazia ne interpreterà vari

ruoli, tra i quali quello della Fata confetto, con Franco De Vita

quale Schiaccianoci.

Nel dicembre 1983, il Corpo di Ballo fiorentino presenta La Syl-

phide, una storica coreografia di August Bournonville del 1834,

e accanto a Elisabetta Terabust nel ruolo–titolo e Peter Schaufuss

ballerino ospite che ne firma la realizzazione, Maria Grazia in-

terpreta La Regina delle Silfidi. I danzatori fiorentini si cimente-

ranno anche in Infiorata a Genzano, un altro balletto di August

Bournonville considerato uno dei meglio riusciti: un affascinante

duetto d’amore tra Rosa e Paolo nel quale i due giovani esprimo-

no la loro gioia e la loro giocosità dispettosa.

Infine, Polyakov mette in scena Giselle, di Jules–Henry Vernoy

de Saint–Georges e Théophile Gautier, su musica di Adolphe

Adam, l’archetipo del balletto romantico creato a Parigi nel

1841. Giselle, l’ingenua contadina impazzita e morta di dolore

dopo aver scoperto che Loys il suo innamorato, travestito da

contadino, è in realtà il Duca Albrecht fidanzato di una prin-

cipessa. Quando Myrtha, la regina delle Villi, insieme alle sue

compagne, accoglie Giselle nel loro mondo irreale, decide che

Albrecht dovrà seguire la fanciulla nella tomba. Condannato a

danzare fino alla morte, il Duca è salvato dallo spirito di Giselle

che danza con lui sorreggendolo fino all’alba. Ai primi raggi del

sole, le Villi scompaiono e, con loro, scompare Giselle. Albrecht

è salvo ma rimarrà solo per sempre.

In continuità con l’impostazione che fu di Aurél Milloss, Polyakov

ripropone al pubblico fiorentino i balletti dei grandi coreografi russi

del Novecento, coinvolgendo i primi ballerini e il Corpo di Ballo

nelle “rêveries romantiques” del Poeta circondato da Le Silfidi, una

coreografia aerea su musica di Frédéric Chopin creata da Mikhail

Fokine nel 1909, che nel fruscio dei lunghi tutù bianchi ricorda l’at-

mosfera romantica de La Sylphide ottocentesca. Les Biches, la co-

reografia di Bronislava Nijinska nella realizzazione di Robert Mead

e, Apollon Musagète, il balletto di George Balanchine su musica

di Igor Stravinsky realizzato da John Taras erano stati rappresen-

tati per la prima volta a Firenze nel 1970. Nella stagione inver-

nale 1979–80, Polyakov invita Rudolf Nureyev e Eva Evdokimova

a dare la loro interpretazione dei due celebri balletti. Accanto a

Nureyev, Maria Grazia interpreta Calliope, una delle tre Muse che

Apollon Musagète – ovvero il conduttore di Muse – istruisce sulla

loro arte (la Poesia, la Retorica e la Danza) prima di condurle nel

Parnaso. Il balletto sarà ripreso più volte, con vari ballerini ospiti

nel ruolo–titolo. Negli anni, il repertorio del Corpo di Ballo fioren-

tino si arricchisce di nuovi titoli “russi”: Petrushka, un altro balletto

stravinskiano coreografato da Mikhail Fokine; Pulcinella, sempre di

Stravinskij, nella lettura che ne dà il coreografo Oscar Araiz; infine,

La bottega fantastica, di Leonide Massine su musiche di Ottorino

Respighi (da brani per pianoforte di Gioachino Rossini), una favola

ambientata nel negozio di un fabbricante di giocattoli dove bam-

bole e pupazzi – e fra essi una straordinaria coppia di danzatori di

can–can – sono dotati di vita e sentimenti.

Bella Addormentata: ‘Uccelli azzurri’ (con Franco De Vita), ‘La gatta bianca’, Cenerentola (con Philip Beamisch)

44 45

Nella sua carriera di Prima ballerina del Teatro Comunale, oltre

ad aver interpretato varie parti e talvolta il ruolo–titolo di que-

sti balletti del repertorio classico e neoclassico, Maria Grazia ha

avuto l’opportunità di danzare in molte creazioni di autori con-

temporanei. Non è possibile illustrare qui tutto il suo impegno

artistico. Nella stagione 1978–79, per Micha Van Hoecke, Maria

Grazia interpreta La moglie di Ciaikovski in Souvenir de Floren-

ce, accanto ai ballerini ospiti Maja Pliseskaija e Paolo Bortoluzzi.

Qualche anno dopo, il coreografo belga crea per Maria Grazia

Heure bleue, un assolo su musica di Olivier Messiaen che va

in scena in prima rappresentazione assoluta il 6 giugno 1986

nell’ambito del XLIX Maggio Musicale Fiorentino. La stampa par-

la di una Maria Grazia Nicosia “in stato di grazia, lirica e ironica

come un personaggio di Marcel Marceau nel tracciare i sogni e

l’”a sola” di una mamma a passeggio con il bimbo in carrozzina”.

Lo spettacolo sarà ripreso l’anno dopo al Festival Musica ‘900 a

Trento e nel 1988 nella prima edizione del Festival Danza Prima-

vera, festival di cui Micha Van Hoecke sarà spesso ospite.

Geoffrey Cauley è un altro autore che Maria Grazia ha frequen-

tato spesso: A–Ronne, Chemins IV e Laborinthus II sono tre co-

reografie su musica di Luciano Berio presentate al Teatro della

Pergola nell’ambito del XL Maggio Musicale del 1977. Maria

Grazia danzerà anche in Kindertotenlieder, su musica di Malher,

in Dimensioni, Vangelis e, con Torao Suzuki e Francesco Bruno

in Rounds one and two.

Quando, nel 1987, il Teatro Comunale rende omaggio a John

Cranko, il grande coreografo sudafricano morto tragicamente nel

1973, Maria Grazia e Umberto De Luca interpretano Holberg Su-

ite, su musica di Edward Grieg riscuotendo un successo di pubbli-

co e di critica. Scrive Alberto Paloscia su L’Unità del 20 gennaio

1987: “Holberg Suite di Grieg, conclude trionfalmente la serata.

È quest’ultimo un passo a due fra i più perfetti scaturiti dalla cre-

atività del coreografo sudafricano, degno di affiancarsi a quello

celebrerrimo di “Romeo e Giulietta” di Prokofiev: un bel banco

di prova per l’aereo lirismo e il rigore stilistico di Maria Grazia

Nicosia e per il portamento impeccabile, da autentico “danseur

noble” di Umberto De Luca, giustamente applauditissimi”.

Nell’ambito del Collettivo di danza contemporanea e del Balletto

di Toscana, Maria Grazia aveva avuto occasione di danzare va-

rie creazioni originali di Evgheni Poliakov. Al Teatro comunale,

il maestro russo proporrà altri titoli ai suoi ballerini: Le chant du

Rossignol, al Maggio Musicale del 1982 ospiti Maja Pliseskaija e

Boris Esimov, l’anno successivo Computer Valzer, interpretato da

Natalia Makarova, e ancora Fogli d’album, su musica di Robert

Schumann. Con una creazione di ‘Génia’, Maria Grazia termina

la sua carriera al Comunale: nel 1990, dopo oltre trent’anni di at-

tività, lascia la scena del ‘suo’ teatro interpretando, in alternanza

con Florence Clerc, il ruolo romantico dell’eroina di Alexandre

Dumas figlio, Margherita Gautier, ne La signora delle camelie. La

creazione – una novità assoluta – è firmata da Evgheni Polyakov

su musiche di Robert Schumann e John Field. Accanto a lei dan-

zano i suoi amici del Comunale, Umberto De Luca e Massimo

Andaloro che si alternano nel ruolo di Armand Duval e Rino Pe-

drazzini che interpreta Duval padre. Uno spettacolo posto sotto

il segno della danza pura, lineare a servizio del racconto del sen-

timento amoroso.

Maria Grazia lascia il Comunale ma non “appende le scarpette al

chiodo”: il palcoscenico di altri teatri la vedranno ancora prota-

gonista di importanti spettacoli.

Le Silfidi, con R. Pedrazzini, C. Bozzolini, M. Di Mattei, A. Rainò (il Poeta) Giselle

46 47Schiaccianoci: ‘Passo a due’ con Massimo Acri La Sylphide (La Regina delle Silfidi)

48 49

Giselle: I Atto, Passo a quattro dei contadini con M. Marino Giselle, con Rino Pedrazzini (Albrecht)

Giselle, con Mikhail Barishnikov (Albrecht)

50 51Apollon Musagète, con Dan Moissev Apollon Musagète, con Rudolf Nureyev

52 53Ugo Dall’Ara, Laudes Evangelii (1975)

Geoffrey Cauley: Vangelis (1983); Dimensioni (1975), Rounds one and two (con Torao Suzuki, Francesco Bruno)

54 55

Pulcinella, con Orazio Messina (1985)La bottega fantastica, con Antonio Colandrea (1985)

Micha Van Hoecke, Heure bleue (1986)

56 57Holberg Suite, con Umberto De Luca e con Rino Pedrazzini Opus cento ricordi, con Rino Pedrazzini, Gianpiero Galeotti (1987)

58 59Folk Songs, con Rino Pedrazzini (1988)

La signora delle camelie, con Massimo Andaloro (1990)

61

ultimi Giri Di valzer con iván

Quando si dice “finire in bellezza”! Gli ultimi anni di carriera al

Teatro comunale vedono Maria Grazia protagonista di una im-

portante creazione. Decisivo è l’incontro con Iván Markó che

avviene nel 1988 a Firenze dove il coreografo approda in occa-

sione del 51° Maggio Musicale Fiorentino per allestire una serata

intitolata Tre Balletti per Ravel, nel cinquantesimo anniversario

della scomparsa del grande compositore francese.

Iván Markó, nato nel 1947, è un ballerino e coreografo ungherese; Dopo

gli studi di danza a Budapest, viene ingaggiato da Maurice Béjart e diven-

ta presto solista nella celebre compagnia il Ballet du XXe siècle, dove dan-

za dal 1972 al 1979. Tornato in Ungheria, nel 1979 fonda il Gyori Balett

che ha sede nel teatro Kisfaludy di Gyori, ne diventa il direttore artistico e

con le sue creazioni rivoluziona il panorama della danza ungherese an-

cora molto legata alla tradizione. Coreografo del Festival di Bayreuth dal

1985, lavora nei grandi teatri europei come il Teatro alla Scala di Milano,

ad Atene, a Vienna. Nel 1996, fonda il Magyar Fesztivál Ballet.

Il trittico raveliano composto da La Valse, Daphnis et Chloé e

Bolero evoca, nell’idea del coreografo, ”l’amore professionale,

l’amore per la natura e l’amore sessuale”. Lo spettacolo trionfa al

Teatro della Pergola l’11 giugno 1988 e si rivela uno dei maggiori

successi del Maggio di quell’anno. Maria Grazia ottiene un gran-

dissimo successo di pubblico e di critica interpretando, a dire di

molti, “il ruolo della sua vita”. Ecco come Iván Markó descrive

la sua creazione: “Ho concepito La Valse come un racconto ci-

nematografico: molto espressivo ma anche molto danzato. Qui

il mio interesse si è concentrato sulla carriera del ballerino, così

faticosa, così corta. A quarant’anni un danzatore è pronto a cam-

biare professione, il suo impegno è stato totale, ma la danza con

lui sarà ingrata... Dunque al centro della Valse ho posto una bal-

lerina giunta alla fine della carriera che si sveglia una mattina

nella sua stanza. Il risveglio è tormentato: le duole la schiena,

la gamba e tutto il corpo; allo specchio la danzatrice scruterà

anche le sue rughe inarrestabili... E comunque, come sempre, si

avvicinerà alla sbarra per fare gli esercizi giornalieri quand’ecco

che all’improvviso scorge un pianoforte, sente in lontananza le

note della Valse. Le pareti della stanza in un attimo non ci sono

più e lei si ritrova nel mezzo della sala da ballo con un signore

vestito in nero che le ha regalato una magnifica cappa da sera.

La sala adesso è circondata di specchi. Dall’alto scendono lam-

padari brillanti e tutt’intorno si muovono ballerini un pò rigidi

come manichini che il signore in nero guida alla costruzione del

nuovo balletto. Ma la protagonista del balletto sarà lei, la nostra

ballerina. Poco alla volta, danzando nel gruppo, si accorgerà di

non saper reggere il confronto, di non poter combattere contro

la gioventù, contro la vita... Così, il coreografo, ovvero la morte,

la trasporterà via, in alto, mentre le creature di sotto, i ballerini,

inscenano una danza macabra sempre più forte. All’apice dell’in-

tensità, tutto si interrompe. La danzatrice ripiomba a terra. La sala

da ballo svanisce, ricompare la camera da letto e la protagonista

alla sbarra, come all’inizio...” (Tre balletti per Ravel, Programma

di sala, p. 23–24). “Con la Valse – spiega ancora Markó – ho pen-

sato al rapporto sofferto che sussiste tra una danzatrice e la sua

Maria Grazia con Iván Markó

62 63

George Bodnarciuc, l’impegnativo ruolo di una ballerina che ama

la danza fino a diventarne schiava e a morirne”. Il successo è tale

da spingere Markó a riproporre il Balletto in Ungheria: già nel

dicembre 1988, Maria Grazia è ballerina ospite del Gyori Ballet,

la Compagnia da lui fondata in Ungheria, insieme a Monica An-

dreuccetti e Umberto de Luca, interpreti di Daphnis e Chloé.

Il sodalizio artistico tra Maria Grazia e Iván si conferma l’anno suc-

cessivo, con una nuova splendida creazione, La Madre, su partiture

verdiane, rappresentato sul palcoscenico del Teatro della Casa del

Popolo di Grassina, nell’ambito della III edizione del Festival “Danza

Primavera” e, nel 1990, con una terza creazione, Chiusi uno nell’altro,

che vede il coreografo danzare insieme alla Nicosia, sempre nella

cornice di Danza Primavera. In quegli anni, Grassina, sta per assis-

tere a un’incredibile sfilata di stelle della danza internazionale.

arte: la brevità di una carriera a cui si dona completamente tutta

la propria vita e la coscienza che improvvisamente tutto può fi-

nire. In più, La Valse – che ho creato su Maria Grazia Nicosia e

Gheorghe Bodnarciuc – è un omaggio ai più grandi coreografi del

Novecento: Béjart e Balanchine”. Per Alberto Testa, che recensis-

ce lo spettacolo su la Repubblica (15 giugno 1988), “Il coreografo

ha trovato in Maria Grazia Nicosia l’interprete ideale, cioè una

danzatrice molto intensa, intelligente e sensibile che ha trovato la

parte nella quale poter emergere e uscirne vittoriosa. È stata molto

bene assecondata dall’impetuoso George Bodnarciuc”. Il critico

de La Nazione, Enrico Gatta sottolinea quanto lo spettacolo rivela

“la personalità di alcuni protagonisti a cominciare da Maria Gra-

zia Nicosia, confermatasi nel pieno della maturità artistica e che

in ‘La Valse’ ha affrontato, coadiuvata da un efficace e protervo

La Valse. Prove al Teatro Comunale con George Bodnarciuc (1988) La Valse, con il Gyori Ballet (1988)

65

Con l’istituzione, nel 1985, di “Panorami di Scuole. Rassegne di

scuole di Danza” e i primi spettacoli professionali, Maria Grazia

Nicosia aveva gettato le basi di un progetto più ambizioso che

si concretizzò nel 1988 con la nascita di Danza Primavera. La

“Rassegna di danza e balletto” – dieci spettacoli in tre mesi, tra

marzo e maggio – si proponeva inizialmente di promuovere la

danza fiorentina e toscana: quella delle grandi compagnie e dei

professionisti, quella dei talenti emergenti invitati nella “Bottega

coreografica” e infine le giovani promesse cresciute nelle scuo-

le del territorio. Ma già l’anno successivo, Maria Grazia riuscì a

portare sul palcoscenico del Teatro della Casa del Popolo di Gras-

sina i grandi nomi della danza internazionale come Iván Markó e

Micha Van Hoecke. L’iniziativa, attivamente sostenuta dalla Casa

del Popolo, fu subito patrocinata dal Comune di Bagno a Ripoli di

cui, allora, era Sindaco Giancarlo Girolami, con Alberto Ferretti

all’assessorato alla cultura, che firmava nel primo programma di

sala il saluto dell’Amministrazione comunale.

“Questa piccola, delicata quanto tenace e volitiva signora ha voluto

fortissimamente portare a Grassina, dove da tempo opera come mae-

stra di danza, molta di quella atmosfera magica e rara che respira ogni

giorno sul palcoscenico del Teatro Comunale: ha chiesto, coinvolto,

spesso convinto i suoi colleghi ed amici a collaborare con lei per la

crescita e l’affermazione del Teatro di Grassina non più come poten-

ziale ma come concreto centro di attività di danza per Firenze”.

Con il passare degli anni e le prime contrazioni del bilancio, un

gruppo di sponsors rappresentanti delle attività produttive e im-

prenditoriali del territorio ripolese si sono affiancati al Comune

(e successivamente alla Provincia e alla Regione) ‘adottando’ il

festival per sostenerlo. Maria Grazia alla direzione artistica era

coadiuvata da un piccolo staff, coordinato da Gianni Ravenni,

con Sandro Lozzi alle luci, Paolo Bencivenni alla fonia e natu-

ralmente Franco Cipolla come consulente musicale. Silvia Polet-

PioGGia Di stelle a GrassinaDanza Primavera (1988–2007)

La Madre (Danza Primavera, 1989)

66 67

ti, che redigeva il programma e le note illustrative si occupava

della promozione dell’iniziativa. Nel Comune di Bagno a Ripoli,

lavoravano attivamente all’organizzazione della manifestazione

Marina Ristori della Segreteria, Giuliana Righi e Roberta Tucci

dell’Ufficio cultura, Enrico Zoi dell’Ufficio stampa.

Come scrive Gabriele Di Fede, che nel corso degli anni ha svolto

un ruolo determinante nell’organizzazione della manifestazione,

Danza Primavera si inseriva a pieno titolo nell’ambizioso progetto

culturale del Centro Studi Danza di Grassina. Un progetto cul-

turale che combinava felicemente da una parte degli spettacoli

di compagnie e solisti di fama nazionale e internazionale, delle

proposte professionali capaci di esaltare il connubio danza–tea-

tro, dei concerti, e dall’altra degli spettacoli di promozione come

“Panorami di scuole di Danza”, “Panorami di scuole di Musica”,

“Bottega Coreografica”, “Idea Danza Nuove Coreografie” ecc,

concepiti per dare spazio alla creatività di giovani danzatori e co-

reografi. Questo indovinato mixage non ha consentito di valorizzare

soltanto la produzione artistica toscana. Danza Primavera è stata il

trampolino di lancio per Mauro Bigonzetti, coreografo stimato a li-

vello internazionale e direttore artistico dell’AterBalletto; ha rivelato

al pubblico Torao Suzuki e Charles Vodoz anche loro come core-

ografi; ha fatto conoscere giovani Solisti come Giulia Menicucci e

Ivan Cavallari (Stuttgart Ballet) e ha battezzato altri danzatori, oggi ai

vertici dell’olimpo internazionale, come Sabrina Lenzi (Birmingham

Royal Ballet). I suoi Galà hanno vantato anche la presenza di Aurélie

Dupont e Yann Bridart, Primi Ballerini dell’Opéra di Parigi. L’istitu-

zione, nel 1999, del Concorso Internazionale di Danza “Eugenio

Polyakov”, è stata la tangibile testimonianza di questo indirizzo nel

quale la produzione e la distribuzione sono stati considerati aspetti

inscindibilmente connessi con la formazione del pubblico, la forma-

zione professionale e la promozione, costituendo realtà la cui sintesi

è indispensabile per alimentare i due poli contrapposti”.

La Prima edizione di Danza Primavera (17 marzo – 30 maggio

1988) si apre con la “Festa di compleanno del Balletto di Tosca-

na”, la compagnia nata nel 1985 dal Collettivo di Danza con-

temporanea che compie quattro anni, e termina con un Galà di

Danza curato da Egon Madsen, il Direttore di MaggioDanza e

Rino Pedrazzini. Gli amici del BdT e del Comunale non potevano

mancare al battesimo della nuova ‘creatura’ di Maria Grazia, che

non è solo la direttrice artistica del Festival: è anche la protagoni-

sta del secondo spettacolo che la vede impegnata in tre balletti:

L’aquila a due teste, una coreografia di Charles Vodoz ispirata dal

dramma omonimo di Jean Cocteau, Heure bleue, un assolo cre-

ato per lei da Micha Van Hoecke nel 1986 in occasione del XLIX

Maggio Musicale, e infine Faccia allo specchio, una creazione

ironica di Maurizio Dolcini che danza insieme lei e a quattro

allieve della scuola (Angela Bandinelli, Carolina Beccatini, Neva

Ceseri e Sara Pagnini) su musica di Maurice Ravel.

Nel 1989, il cartellone della II edizione è degno dei migliori fe-

stival di musica, danza e teatro: Maria Grazia riporta a Firenze,

anzi a Grassina, il celebre coreografo ungherese Iván Markó che

aveva esordito l’anno prima al LI Maggio Musicale Fiorentino cre-

ando per lei La Valse. In questa edizione di Danza Primavera, la

danza va incontro alla musica e al teatro: Franco Cipolla cura

la parte musicale del programma con cinque concerti di musica

da camera e l’attore Franco di Francescantonio si esibisce in Let-

tera al padre, uno spettacolo di danza–teatro liberamente tratto

da Kafka che, dalla sua creazione nel 1983, riscuote un enorme

successo. Apre di nuovo la “Bottega coreografica”, uno dei fiori

all’occhiello della manifestazione di Grassina fin dai tempi della

“Mini rassegna di danza e balletto” del 1985, e confluita ora in

Danza Primavera: una vetrina di giovani autori che si cimentano

nella composizione di balletti, provenienti da varie parti d’Italia

che incontrano ‘artigiani” già affermati come Simona Bucci e la

sua Compagnia Danza Contemporanea Imago, la Compagnia To-

rao Suzuki e Danza Contemporanea Azimut di Charles Vodoz. La Madre (Danza Primavera, 1989)

68 69

aveva debuttato nel 1985, e L’histoire du soldat, una favola amara

su musica di scena in forma di melodramma composta da Igor

Stravinski nel 1917 su un testo di Charles Ferdinand Ramuz per

voce narrante e strumentisti. Un povero soldato vende al Diavolo

il suo violino (la sua anima) per un libro che racchiude la risposta

a ogni quesito e consente di predire l’avvenire; ma i tre giorni

trascorsi con il Diavolo per perfezionare lo scambio sono in realtà

tre lunghi anni. Quando il soldato torna nel suo paese, nessuno

lo riconosce più. Il soldato ricorre quindi al libro per diventare

ricco, ma non riesce a essere felice e decide di giocare a carte

contro il Diavolo: il suo denaro in cambio del violino. Il Diavolo

vince la partita ma, inebriato dai guadagni, si fa rubare il violino.

Il soldato, tornato alla sua vita avventurosa, va al palazzo del re,

guarisce la Principessa con il suono del violino e la sposa. Ma il

Diavolo lo attende ai confini del regno... Una marcia sarcastica

accompagna il trionfo del Demonio che porta via con sé il povero

soldato. Un recitar–danzando che vede, accanto a Maria Grazia

nel ruolo della Principessa, un ‘diabolico’ Franco di Francescan-

tonio e Mario Pardi nei panni del Soldato.

Con Fabrizio Monteverde, esponente di spicco della nuova dan-

za italiana, Maria Grazia instaura una fruttuosa collaborazione

nell’edizione del 1991 di Danza Primavera. Insieme a Baltica.

Danza contemporanea, una compagnia formata da ballerini to-

scani di cui assicura la direzione artistica, Monteverde presenta

uno spettacolo intitolato Ritratti in interno. Il coreografo torna a

Grassina nel 1992, per inaugurare, con il Balletto di Toscana, la

Lo spettacolo Ritratti danzati, presenta quattro opere create per

Maria Grazia: Eterno ritorno, una coreografia di Charles Vodoz

ispirata a Tristan e Isotta su musiche di Richard Wagner interpreta-

ta insieme a Giampiero Galeotti e Peter Malmsjö; Suor Angelica,

un assolo di Micha Van Hoecke su musica di Giacomo Puccini,

e (entrambi in prima assoluta), lo spumeggiante balletto di Mau-

rizio Dolcini, Nozze a sorpresa della vedova Cliquot nata Ponsar-

din, e, infine, La Madre, di Iván Markó,

su musiche tratte da I Vespri siciliani e dal

Requiem di Giuseppe Verdi. Creato per la

Nicosia, il balletto narra di una madre, ve-

stita di nero, che piange la morte dei suoi

tre figli. Un racconto dolente della soffe-

renza femminile, uno struggente omaggio

alle madri del mondo affidato ad ampi

movimenti e respiri nei quali la critica

ritrova accenti bejartiani. L’intensità e la

drammaticità che Maria Grazia conferisce

alla sua interpretazione suscitano l’entu-

siasmo del pubblico e la stampa consacra

la danzatrice come “l’Anna Magnani del-

la Danza”, riconfermando la sua notorietà

per questo genere di coreografie. Il felice

esito della creazione invoglia Ivan Markó

a replicare la coreografia, portando la sua

Compagnia, insieme alla Nicosia, come

étoile ospite, in tournée in tutta Europa. Il

compito di chiudere la rassegna 1989 è affidato alla compagnia

MaggioDanza, che spazia dalla Napoli di Bournonville all’Apollon

Musagète di Balanchine, passando per Paquita di Petipa.

Giunta alla sua terza edizione, nel 1990 Danza Primavera ospi-

ta nel Teatro di Grassina i solisti del Teatro alla Scala di Milano,

L’Aterballetto, il Balletto di Toscana con il giovane coreografo

fiorentino Virgilio Sieni, nonché Iván Markó, questa volta con il

suo Gyori Ballet al gran completo: ai danzatori ungheresi spetta

l’onore di inaugurare il festival (e anche – come ricorda Maria

Grazia – di partecipare festosamente... alle sue nozze con Fran-

co, celebrate sulle colline dell’Antella dopo 23 anni di vita insie-

me!). Con la presenza di scuole di danza di tutta la Toscana e la

partecipazione di ben diciannove giovani autori alle due serate

della Bottega coreografica, la scommessa

di Maria Grazia e del suo piccolo staff di

sostenitori può dirsi vinta. Nel giro di tre

anni, Danza Primavera è diventato “l’ap-

puntamento più atteso, divertente, stimo-

lante dei ballettofili cittadini”.

Il coreografo ungherese corona il suo intenso

sodalizio artistico con la Nicosia interpretan-

do insieme a lei, in prima nazionale, il bal-

letto Chiusi uno nell’altro, così presentato dal

suo autore: “In scena un uomo e una donna,

che pur amandosi e tradendosi, sono fede-

li l’uno all’altra. Essi sanno bene che quella

sfera apparentemente trasparente, nella qua-

le il bisogno reciproco li ha chiusi, è robusta

come il cemento. Il loro cammino nel mondo

è soltanto attraverso il loro essere ‘chiusi uno

nell’altro’”. Un intenso ritratto familiare dagli

accenti autobiografici in cui il coreografo–

ballerino interpreta i sentimenti d’amore ver-

so la sua donna. L’evento sarà successivamente replicato in vari Teatri

d’Europa.

Nella stessa serata intitolata Tra teatro e danza, Maria Grazia ri-

propone due coreografie di Charles Vodoz: Alchimia del dolore,

il balletto “per danzatrice e attore” su musiche di Richard Wagner

e testi di Charles Baudelaire con il quale il Balletto di Toscana

Chiusi uno nell’altro (Danza Primavera, 1990) L’histoire du soldat, Franco Cipolla, violino, Gino Ferrari, contrabasso L’histoire du soldat, con Franco di Francescantonio e Mario Pardi

70 71

il ConCorso internazionale di danza “evgheni polyakov”

Nel 1999, il Centro Studi Danza di Grassina, trasformatosi nell’as-

sociazione culturale Centro Studi Danza Teatro Musica, con il suo

festival Danza Primavera giunto alla dodicesima edizione, inno-

va ancora istituendo un concorso per giovani talenti. Il concorso

viene intitolato al maestro Evgheni Polyakov (1943–1996) per il

legame artistico molto stretto e affettuoso che ha sempre avuto

con Maria Grazia e con Danza Primavera. L’intento è di valorizza-

re l’attività di ricerca, di sperimentazione, della didattica e della

formazione e di aprire un confronto della danza in Toscana con

le diverse esperienze nazionali e internazionali.

Giuseppe Carbone, Presidente della giuria del Concorso per tutte

le sette edizioni, è stato affiancato da grandi nomi della danza

internazionale: Davide Bombana, Cristina Bozzolini, Giuseppe

Calanni, Anthony Dowson, Enrico Gatta, Michel Gascard, Ga-

briella Gori, Jay Jolley, Dominique Lesdema, Monique Lourdière,

Giulia Menicucci, Michel Odin Frédéric Olivieri, Rino Pedrazzi-

ni, Elisabeth Platel, Raffaella Renzi, Silvia Poletti, Gailene Stock,

Elisabetta Terabust, Katryn Wade, Renato Zanella.

Aperto a partecipanti di tutte le nazionalità, il Concorso Inter-

nazionale di Danza “Evgheni Polyakov” ha incentivato, a livello

europeo, una rete di cooperazione tra Scuole, Associazioni, Ac-

cademie, Enti Lirici, Compagnie di danze, capace di offrire nuovi

spazi e servizi. L’elenco degli enti che hanno erogato borse di

studio, con durata fino a un anno di perfezionamento presso le ri-

spettive Scuole, nonché tirocini presso le loro Compagnie è assai

ricco: l’AterBalletto, il Balletto di Toscana, MaggioDanza (Teatro

Comunale di Firenze), l’English National Ballet School, la Scuola

del Teatro San Carlo di Napoli, la Scuola del Teatro alla Scala,

la Scuola dell’Opera di Vienna, il Royal Ballet School, l’Amburg

Ballet School diretta da John Neumeier, il Conservatoire National

Supérieur de Musique et de Danse di Parigi, la Scuola del Royal

Danish Theatre, l’Ecole Supérieure de Danse de Cannes Rosella

Hightower, l’Ecole–Atelier Rudra Béjart Lausanne.

Dal 1999 al 2006, quando purtroppo ha dovuto cessare, il Concor-

so, “data la dimensione europea e altamente culturale della ma-

nifestazione” – sono parole di Josep Borrell Fontelles, Presidente

del Parlamento Europeo –, ha potuto fregiarsi del Patrocinio del

Parlamento Europeo, del Patrocinio della Presidenza del Consiglio

dei Ministri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Re-

gione Toscana, della Provincia di Firenze e del Comune di Bagno a

Ripoli, ottenendo riconoscimenti istituzionali con Premi di Rappre-

sentanza della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del

Senato e della Presidenza della Camera dei Deputati.

Nel Teatro della Casa del Popolo dove, per sette anni, si è allestito

il Galà dei vincitori del Concorso, si sono esibiti i Primi Ballerini

e Solisti di compagnie di danza internazionali come: l’AterBal-

letto, il Balletto di Toscana, MaggioDanza ( del Teatro Comunale

di Firenze), il Teatro alla Scala di Milano, l’Opera di Roma, il

Teatro Opera di Monaco di Baviera, lo Stuttgar Ballet, il National

Ballet Amsterdam, The Royal Theatre of Copenhagen, il Teatro

dell’Opera di Wiesbaden e le promesse dell’English National Bal-

let School, della Royal Ballet School e del Conservatoire National

Supérieur de Musique et de Danse di Parigi.

Hanno contribuito al successo di Danza Primavera e del Concor-

so Polyakov, illuminando il palcoscenico di Grassina: Alexandra

Cardinale, Alessio Carbone, Beatrice Carbone, Andrea Volpintesta,

Letizia Giuliani, Riccardo di Cosmo, Laetitia Pujol, Eleonora Abba-

gnato, Aurélie Dupont, Yann Bridart, Jérémie Belingard, Riccardo

Massimi, Christian Rovny, Nakamura Shoko, Myriam Kamionka,

Sabrina Brazzo, Alen Baottaini, Maria Eichwald, Nagy Tamas Zol-

tan, Lezhnina Larisa Vjachestavovna, Franz Ulrik Bikkjaer, Olsen

Christina Louise, Isabelle Ciaravola, Karl Paquette, Marta Romagna,

Alessandro Grillo, Lars Wan Cauwenbergh, Monica Perego.

Une pluie d’Etoiles,

Una pioggia di Stelle...

Quinta edizione di Danza Primavera, con lo spettacolo Le voci della

Musa. Nel programma della serata una novità assoluta creata per

Maria Grazia e con lei interpretata: La voce, una coreografia libera-

mente ispirata a La voce umana di Jean Cocteau su musica di Francis

Poulenc. Monteverde inscena un vero e proprio melodramma: ac-

canto al telefono, ossessionata da tormenti d’amore, una donna in-

terpreta e danza la sua pena; vicino a lei, un uomo in frac si muove,

sinuoso e passionale. Dall’alto, cade una pioggia autunnale, lacrime

della protagonista che riempiono brocche di cristallo. Mentre i pro-

tagonisti s’incontrano e si scontrano, dall’alto, calano, come fossero

cappi, tante cornette telefoniche che simboleggiano un amore finito,

parole di disperazione scambiate tra i due amanti senza guardarsi

negli occhi; e infine, al posto della musica, degli squilli di telefo-

no, battiti del cuore amplificati... In un teatro gremito, lo spettacolo

riscuote un grandissimo successo e la critica, che sottolinea la fan-

tasia del coreografo, loda la grande espressività dell’interpretazione

danzata e recitata della protagonista, una prova di grande intensità

(Roberto Incerti su la Repubblica). Fabrizio Monteverde avrà ancora

molte occasioni di tornare a Grassina per presentare le sue creazio-

ni: nel 1995, con Danza d’autore: Bigonzetti & Monteverde, inter-

pretato dal Balletto di Toscana, l’anno dopo con Otello, un balletto

di grande effetto che vale al suo autore il Premio Danza&Danza

1996 come migliore coreografo italiano. Virgilio Sieni è un altro co-

reografo italiano esordiente che sarà ospite di Danza Primavera, per

la prima volta nel 1996 con la Compagnia Virgilio Sieni Danza che

presenta Cantico. Oltre a questi nuovi talenti, Maria Grazia riesce,

budget permettendo, a portare sul palcoscenico di Grassina mol-

ti danzatori esordienti: nel 1994, il Galà internazionale di danza

“Tra Ottocento e Novecento” vede la partecipazione straordinaria

di giovani promesse dell’Opéra di Parigi, di Maggiodanza, dell’En-

glish National Ballet ecc. Nel 1996 le stelle del Balletto dell’Opéra

di Parigi tornano per un memorabile Galà di balletti di repertorio

concepito in esclusiva per Danza Primavera con il prezioso aiuto

di Evgheni Polyakov. L’anno dopo, il festival di Grassina tributerà al

maestro e amico prematuramente scomparso un Saluto a Genia al

quale si associano Aurélie Dupont e Yann Bridart, primi ballerini e

solisti dell’Opéra di Parigi già presenti a Grassina nel 1994, danzato-

ri di MaggioDanza e del Balletto di Toscana.

La voce, di e con Fabrizio Monteverde (1992)

73

maurizioRitratti danzati di un’amicizia

Nella scuola di Grassina, per Maria Grazia e le sue allieve,

Maurizio Dolcini è sempre stato ed è tutt’ora “Maurizio” tout

court: un nome senza cognome, perché molto familiare, che

talvolta riassume in sé il coreografo e le sue coreografie. Infatti,

quando, all’avvicinarsi di un spettacolo Maria Grazia annuncia

“Oggi si prova Maurizio”, le ragazze sanno che si tratta del

Balletto che Maurizio ha creato per loro.

La collaborazione tra Maurizio e il Centro Studi Danza risale al

1981 ed è una collaborazione che si può definire a tutto campo:

come coreografo, regista, scenografo, costumista nonché come

interprete, Maurizio Dolcini ha, infatti, firmato numerosi balletti

e spettacoli, in particolare per Danza Primavera e per i saggi di

fine anno della scuola. L’amicizia con Maria Grazia risale invece

al 1970, quando, da Pesaro, Maurizio approdò a Firenze per

iniziare gli studi di Architettura. Alle geometrie monumentali, il

giovane studente preferiva i più morbidi arabesques, ecco perché

frequentò le sale della Scuola Collin con maggiore assiduità delle

aule universitarie. In questi storici studi di danza, di cui Antonietta

Daviso aveva assunto la direzione, Maurizio ha conosciuto Maria

Grazia che, dopo l’impegno in Teatro, continuava a studiare

nella sua scuola. Entrambi hanno poi danzato insieme al Teatro

Comunale dove Maurizio era entrato nel 1972, rimanendovi

fino al 1976, per poi tornarci per alcuni anni, dopo che Evgheni

Polyakov aveva preso la direzione del Corpo di Ballo. La sua

carriera di danzatore ma anche di regista e coreografo, Maurizio

l’ha fatta principalmente nella compagnia Fracci–Menegatti tra il

1976 al 1987, prima di lavorare free lance, con varie compagnie

e scuole di danza in Italia.

Maurizio si ricorda che il suo sodalizio artistico con l’amica

ballerina è cominciato al Teatro Ariston di Sanremo quando, nel

giugno 1981, furono entrambi ospiti di uno spettacolo di Balletti: per

l’occasione, Maurizio firmò i due Pas de deux che interpretarono

insieme, il primo su musiche tratte dal Guglielmo Tell di Gioacchino

Rossini, l’altro sul 1° movimento della Sonata n° 3 per violini e

pianoforte di Johannes Brahms. Alla fine dello stesso anno, fu il

Teatro della Casa del Popolo di Grassina ad accogliere la coppia

Maria Grazia–Maurizio per una nuova creazione nell’ambito del

Concerto di musica e danza organizzato dal Centro Studi Danza:

Un’idea per Fedra, un Passo a due sul 1° movimento del Quartetto

n° 5 di Bela Bartok, che avrebbero successivamente riproposto a

Danza Primavera e in vari Galà di danza.

Li troviamo nuovamente riuniti sul palcoscenico di Grassina l’8

marzo 1984, in una serata di Balletti che iscrive nel cartellone

ben tre coreografie di Maurizio: Gli addii, un nuovo Passo a

due su musica di Gustav Malher (dal VI canto della Terra) che

interpreteranno in varie altre occasioni (alla Festa provinciale

dell’Unità di Firenze nel 1985, al Teatro Pedrotti di Pesaro o

nella cornice di Danza Primavera); Notturno, “un viaggio nella

penombra e nel mistero della pittura surrealista” su musica di

Benjamin Britten, e infine, Ritratto di un matrimonio, danzato sul

Quartetto in Mi b maggiore opus 47 per pianoforte, violino, viola

e violoncello di Robert Schumann. Il balletto, rappresentato quella

Nozze a sorpresa della vedova Clicquot nata Ponsardin

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sera in prima esecuzione assoluta, si articola in quattro quadri:

L’incontro – Dall’album di fotografie – La crisi – Ritorno a casa, ai

quali Maria Grazia e Maurizio danno vita insieme a due giovani

allieve del Centro Studi Danza, Monia Bazzani e Sara Pagnini, al

loro esordio. Anche questo balletto sarà successivamente ripreso,

in particolare al Teatro Pedrotti di Pesaro e a Danza Primavera.

Angela Bandinelli, Carolina Becattini, Ilaria Boganelli, Neva

Ceseri, Simona Meriggi e Sara Pagnini, la prima generazione di

promesse della scuola di Maria Grazia, saranno nuovamente

coinvolte in uno spettacolo intitolato Una voce poco fa. Tra lirica

e balletto, di cui Maurizio firma tutte le coreografie e che, nel

dicembre 1988, festeggia il Trentennale della fondazione del

Circolo ricreativo culturale dell’Antella.

Ritratto di un matrimonio viene riproposto nell’ambito della prima

Mini rassegna di Danza e Balletto, l’iniziativa che, come abbiamo

visto, prelude al festival Danza Primavera. Lo spettacolo “Musica

romantica e Danza contemporanea” che va in scena il 27 marzo

1985, presenta anche un altro balletto in Prima esecuzione assoluta

di cui Maurizio firma la coreografie e i costumi: Infanzia di Elettra

(storia di due delitti), un ritratto femminile di notevole spessore

su musica di Franz Schubert, interpretato da Maria Grazia. Oltre

a lei e Maurizio, Rosella Bechi e le allieve Monia Bazzani, Giulia

Menicucci e Sara Pagnini sono le interpreti della serata.

L’amicizia e l’intesa artistica fanno sì che Maria Grazia non

può non coinvolgere Maurizio nella prima edizione di Danza

Primavera. Siamo nell’aprile del 1988, al Comunale Maria Grazia

sta ancora provando La Valse, il balletto di Iván Markó che, due

mesi dopo, riscuoterà un grandissimo successo nell’ambito del

Gli addii

Maggio Musicale Fiorentino. Con Faccia alla specchio, creato a

Grassina l’8 e il 10 aprile, Maurizio propone a Maria Grazia di

danzare sulla stessa opera di Maurice Ravel cui tuttavia dà una

lettura assai diversa da quella, drammatica, di Markó: una lettura

surreale ma vitale e positiva che Maria Grazia interpreta con brio

insieme a lui e quattro allieve, ormai regolarmente coinvolte negli

spettacoli del Centro Studi Danza, Angela Bandinelli, Carolina

Becattini, Neva Ceseri e Sara Pagnini. La protagonista è una donna

che, come Alice, attraversa lo specchio ma per intraprendere un

viaggio introspettivo che la porta a spogliarsi dei tabù e delle

costrizioni morali e ad acquisire la piena consapevolezza di sé

trascinata dal vortice del valzer per, finalmente, scegliere di vivere

pienamente la sua nuova dimensione ‘dentro lo specchio’.

Con questa parte, ma soprattutto con il ruolo che Maurizio propone

a Maria Grazia l’anno successivo, la danza rivela l’anima positiva

di chi crea il movimento e lo interpreta. La danza non potrebbe

addirittura essere concepita come un allegro Divertissement?

Pur riconoscendo che Maria Grazia interpreta magistralmente

i personaggi drammatici e sofferti, Maurizio è convinto che la

sua amica possa anche danzare ruoli più leggeri e assecondare

la vena comica, il tocco ironico, a tratti surreale che egli dà

alle sue coreografie. Forti di questa loro amichevole complicità,

nella seconda edizione di Danza Primavera del 1989, Maurizio

e Maria Grazia tratteggiano lo spiritoso ritratto di una gran

dama del primo Ottocento, il cui nome campeggia sull’etichetta

color mandarino di una famosa marca di Champagne. Nozze

a sorpresa della vedova Clicquot nata Ponsardin, è un balletto

spumeggiante, di gusto ottocentesco, sull’irresistibile musica così

‘parigina’ di Jacques Offenbach che Maria Grazia (la vedova),

Giampiero Galeotti (l’amante) e Maurizio Dolcini (il defunto

Barone) interpretano in prima rappresentazione assoluta al Teatro

di Grassina l’11 e il 12 maggio 1989. La scena si apre sulla veuve

Clicquot lievemente ebbra per aver tentato di alleggerire con

Ritratto di un matrimonio

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Un’idea per Fedra

Faccia allo specchio (Danza Primavera, 1988)

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le preziose bollicine il dispiacere di una precoce vedovanza.

Giunge il suo giovane amante: mentre amoreggiano nel parco del

castello, vengono inopinatamente sorpresi da un gruppo di turisti

che obbliga gli amanti a fingersi statue. Cambio di scena: in una

sala del castello, il defunto barone Clicquot esce dal suo ritratto

per sfidare a duello il giovane rivale, ma poi si dovrà rassegnare e

lasciare la sua vedova convolare a giuste seconde nozze.

Quando, dopo alcuni anni di assenza, Maurizio ritorna a Grassina

nel 2002, trova una nuova leva di bravissime allieve di Maria

Grazia ormai pronte a calcare la scena. Nasce lo Spring Dance

Group, la ‘compagnia’ del Centro Studi Danza di Grassina che

comincia a esibirsi nella cornice dei Panorami di scuole e di Danza

Primavera ma anche su altri palcoscenici italiani. Per loro – sono

Linda Boninsegni, Valentina Caini, Elisa Capecchi, Francesca

Cerminara, Jennifer Dari, Ida Donnini, Chiara Draghi, Valentina

Ermini, Margherita Falagiani, Samanta Frosini, Anna Giorgetti,

Francesca Goggioli, Eleonora Insinna, Valentina Luzzi, Monica

Onorio, Gemma Poggi, Pryia Smuraglia e Matteo Marfoglia

– Maurizio firmerà alcune importanti creazioni. Al gruppo di

danzatori ‘grassinesi’ si uniscono Claudia e Francesca Catarzi,

Maria Novella Milanini, Ilaria Soldi e Elena Villella, collaboratrici di

Anna Balducci l’insegnante di Danza moderna che firma anch’essa

alcune belle coreografie per lo Spring Dance Group.

Nell’edizione del 2002 di Danza primavera, il 17 maggio, lo Spring

Dance Group interpreta tre coreografie di Maurizio Dolcini in uno

spettacolo intitolato Tra Musica e Danza: la Suite sinfonica (Suite

da Le baiser de la fée) di Igor Stravinsky, Per Violino e Chitarra, e

infine Allegro brioso, uno splendido balletto sul Primo concerto

per pianoforte e orchestra di S. Prokofiev (ripreso, sempre a

Grassina nel 2009). Pochi giorni dopo, Anna Balducci e Maurizio

Dolcini tracciano i Percorsi musicali che le danzatrici dello Spring

Dance Group seguono con slancio e eleganza.

L’anno successivo, sempre nell’ambito di Danza Primavera

2003, Maurizio firma il soggetto e la coreografia di Sogno di un

Angelo (L’annuncio fatto a Maria – Balletto in quattro scene e

un’Assunzione), su musiche di G.F. Händel e L. Minkus, che va

in scena il 17 maggio 2003 con le danzatrici del Spring Dance

Group. Nel 2005, il balletto di Maurizio, Serenata per archi, apre la

Serata internazionale Eugenio Polyakov. Interpretando Anima Vaga,

leggera. A mia madre e a tutte le anime che con lei vagano leggere,

le giovani danzatrice di Grassina saranno anche le messaggere del

personale omaggio di Maurizio alla madre scomparsa. E ancora,

nel 2006, Divertissement, su musica di Dmitri Shostakovich che,

dopo Danza Primavera lo Spring Dance Group danzerà a Pesaro.

Anche se incompleto, l’elenco dei balletti creati e danzati per e

con Maria Grazia e le allieve della sua scuola rende comunque

conto della ricchezza artistica di un’amicizia.

Maurizio non poteva mancare all’appuntamento del 35°

anniversario del Centro Studi Danza di Grassina. Il suo regalo di

compleanno? Una creazione per la terza generazione di giovani

ballerine cresciute nella scuola di Maria Grazia che, nel 2009,

hanno interpretato con brio il suo Piano concerto, il balletto su

musica di Prokofiev ideato nel 2002.

Il 15 e il 16 giugno 2010, Isabella Ameli, Margherita Barzagli,

Chiara Bigazzi, Alessia Bonafede, Giada Brogi, Carlotta Brogioni,

Valentina D’Amora, Valentina Ermini, Margherita Falagiani,

Martina Forte, Martina Galardi, Lucrezia Mariannantoni, Milena

Meniconi, Martina Pandinelli, Tessa Pirillo, Allegra Rovini,

Martina Taddei e Irene Tarchi, con Fabio Montefosco nel ruolo

del Jolly, concluderanno il 35° saggio di fine anno interpretando

Jeu de Cartes, un “balletto in tre mani” di Igor Stravinski, creato

da Maurizio, l’amico di sempre: di Maria Grazia e della Danza.

Maurizio e lo Spring Dance Group

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F I N I T o d I S Ta m P a R E N E L m E S E d I G I u G N o 2 0 1 0 d a L L a T I P o G R a F I a I L B a N d I N o , B a G N o a R I P o L I , F I R E N z E