Archeologia urbana a Durres

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Transcript of Archeologia urbana a Durres

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Ricerche archeologiche in Albania

Atti dell’incontro di studiCavallino–Lecce, – aprile

a cura di

Gianluca Tagliamonte

Volume stampato con il contributo del Dipartimento di Beni Culturali – Università del Salentoe della Banca Monte dei Paschi di Siena.

Copyright © MMXIVARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I edizione: novembre

Indice

Avvertenza editoriale

IntroduzioneGianluca Tagliamonte

L’archeologia politica di Luigi Maria UgoliniAndrea Pessina

Alla ricerca delle «ancora oscure vestigia illiriche»Gianluca Tagliamonte

Networks e società nell’Albania dell’età del BronzoFrancesco Iacono

Sulle tracce del Periegeta. Prospettive, contatti e interazioni nella descri-zione dell’Illiria meridionale nelle fonti geografiche grecheFlavia Frisone

L’Istituto Archeologico Albanese e la ricerca archeologica in AlbaniaShpresa Gjongecaj

Archeologia urbana a DurrësSara Santoro

Recherches coroplathiques en Illyrie méridionale et en Épire du NordBelisa Muka

Résultats et prospectives des fouilles franco–albanaises d’Apollonia d’Illy-rieJean–Luc Lamboley, Faïk Drini

Nuove indagini intorno al teatro di ApolloniaHenner von Hesberg

Il monastero della Dormizione della Vergine ad ApolloniaMarina Falla Castelfranchi

Indice

Aspetti urbanistici, cultura e società di Phoinike dalle origini al I sec. a.C.Sandro De Maria

Hadrianopolis e la valle del Drino tra ellenismo ed età tardo–anticaRoberto Perna

Management and conservation aspects at Butrint National Park – AlbaniaAlbana Hakani

Porti, approdi e itinerari dell’Albania meridionale dall’Antichità al Me-dioevo. Il ‘Progetto Liburna’Giuliano Volpe, Giacomo Disantarosa, Danilo Leone, Maria Turchiano

Ceramiche e commerci nel Canale d’Otranto tra X e XI secolo. Rifles-sioni sulla cultura materiale bizantina tra Salento e Albania meridionaleMarco Leo Imperiale

La ceramica invetriata tra il Salento e l’Albania dall’età angioina alla finedel MedioevoMarisa Tinelli

Abbreviazioni bibliografiche

Abstracts/Përmbledhjet

Ricerche archeologiche in AlbaniaISBN 978-88-548-7245-5DOI 10.4399/97888548724558pag. 123–158 (novembre 2014)

Archeologia urbana a Durrës

S S

. Archeologia e sviluppo urbano in Albania e a Durrës nel XX secolo

In Albania, dopo il consistente inurbamento avvenuto nei primi trent’anni del XXsecolo, lo sviluppo urbanistico modesto del quarantennio del regime comunistanon aveva posto in modo impellente il problema della salvaguardia del patrimonioarcheologico nelle città storiche a continuità di vita, come Valona/Vlorë (Aulona),Elbasan (Scampinus), Berat (Antipatreia), Scutari/Shkodër (Scodra/Colonia Scuta-rinorum), se non nel caso di Durazzo (Durrës), l’antica Epidamnos–Dyrrachium,la cui imponente stratificazione archeologica sottostante la città contemporaneaera nota fin dagli inizi del secolo.

Fra il e il le indagini archeologiche condotte in occasione di lavorimilitari nel ‘centro storico’ della città di Durrës dai due archeologi austriaci C.Praschniker e A. Schober, e l’elenco topografico dei rinvenimenti della città finoad allora avvenuti, stilato successivamente da quest’ultimo (Fig. ), avevano resoevidente che la città ottomana, circoscritta dalle mura ‘bizantine’ e denominataBazar nella schematica pianta realizzata da L. Heuzey quarant’anni prima (Fig. ),e l’Exobazar esterno ad essa, con la grande spianata per il mercato del bestiamecorrispondente all’attuale piazza Liria (sheshi Iliria), coincidevano topografica-mente con la città antica di Dyrrachion/Dyrrachium. La scoperta, da parte di C.Praschniker, del mosaico ellenistico di ciottoli detto la ‘bella di Durazzo’ alcunecentinaia di metri più a nord della piazza e a metri di profondità aveva fattocomprendere anche che la città antica era stata assai più estesa, verso nord, diquella ottomana e moderna e che gli strati di epoca greca e romana erano sepoltidall’enorme crescita della sedimentazione archeologica, composta dalla presenzadi livelli relativi alle diverse fasi di vita della città postclassica.

Gli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale furono unperiodo di grande instabilità politica, per l’Albania: la definizione dei confini dellostato a livello internazionale avvenne solo nel , dopo due anni di totale anarchia,a cui seguirono governi effimeri, che si succedettero con estrema frequenza fino alcolpo di stato di Ahmet Zogolli (Zogu) del gennaio .

Questa situazione di forti tensioni politiche si rifletteva anche a livello locale, som-mandosi alle considerevoli trasformazioni in atto nella città di Durrës: l’inurbamento

. P, S , –; S .

. H, D , ss.; per gli acquerelli: pl. , fig.; la pianta è nell’album (vol. II, pl. H).

. P –, .

Sara Santoro

Fig. . Carta dei rinvenimenti archeologici di Durrës in S .

dalle campagne e dalla montagna ne aveva moltiplicato abitanti ed estensione, e losviluppo commerciale del porto imponeva urgenti e radicali interventi di adeguamen-to delle attrezzature dello scalo e di razionalizzazione dell’intera struttura urbana.In quegli anni si deve all’intervento di un sindaco particolarmente attivo e cultural-mente sensibile, K. Paftali, il salvataggio e recupero di numerosi beni archeologici inoccasione di interventi edilizi e dello smantellamento di vecchi edifici e di parti dellemura bizantine e ottomane. Il passaggio in città di alcuni archeologi stranieri cheavrebbero avuto poi un grande ruolo nell’archeologia albanese, Léon Rey e LuigiMaria Ugolini, contribuì a rendere più evidente l’importanza della stratificazionearcheologica durazzina fornendo nuovi e più puntuali dati.

Léon Rey, arrivato in Albania già nel , a Durrës si interessò anzitutto allemura, di cui proprio in quegli anni erano stati abbattuti alcuni tratti, a nord–ovest,nord–est e sud–est, e anche il Bastione Meridionale, nel quadro di interventi dirazionalizzazione urbanistica. Dagli smantellamenti era venuto un consistentegruppo di materiali epigrafici di varia epoca. Negli anni e l’archeologofrancese compì alcuni sondaggi nella città, nell’ambito delle attività della Missione.Di questo soggiorno durazzino furono frutto due articoli, il primo riguardante isondaggi condotti dal Rey nella città, il secondo dedicato alle mura.

. M , –.

. M , .

. R a; R b.

Archeologia urbana a Durrës

È interessante soffermarsi sul primo articolo, nella parte dedicata ai Sondages àDurazzo, perché attraverso la registrazione puntuale delle stratigrafie, esso forni-sce un quadro delle potenzialità dei bacini archeologici, in termini di profondità edensità dei materiali antropici, pur se con alcune incongruenze determinate dallanon corrispondenza fra testo e piante: nella pianta (Fig. ) i sondaggi sono sei,nel testo ne sono descritti sette. I dati non sono immediatamente utili per unconfronto con la situazione attuale, in quanto la carta fornita è troppo generica peruna localizzazione precisa dei rinvenimenti e fa riferimento ad una situazione urba-nistica assai diversa dall’attuale, sia per configurazione topografica che per quote. Iriferimenti topografici forniti dall’autore sono oggi scomparsi e ricostruibili solosu carte d’archivio, con molte incertezze per le numerose trasformazioni subitedalla città ottomana proprio in quegli anni; le quote delle strade e piazze sonosensibilmente diverse da quelle di un secolo fa a causa di interventi di spianamentoe rifacimento. Nonostante ciò, quei vecchi dati sono comunque interessanti perchéindicano significative differenze da zona a zona, corrispondenti a differenti situa-zioni di apporti colluviali e ad una morfologia ‘naturale’ dei pendii a quei tempiancora riconoscibile e danno conto con precisione delle sequenze stratigrafichedel bacino archeologico e della loro potenza. Inoltre, essi sono confrontabili conquelli forniti da alcuni recentissimi scavi di emergenza, più o meno nelle stessezone.

Nel suo testo, Rey parte dai risultati dei sondaggi di Praschniker nel (iln. in carta è la ‘bella di Durazzo’, che era stata riseppellita per conservarla e dicui si riafferma la profondità a - m, verificata nel successivo recupero e distacco,nel secondo dopoguerra) e di quelli condotti dal sindaco Paftali nel (n. in carta), che aveva rintracciato resti di abitazioni di cui la più antica ancora a -m di profondità, con materiali databili al IV sec. a.C., presso la strada principaled’ingresso alla città moderna, via (rruga) A. Goga. Rey descrive poi la serie disondaggi, da lui stesso condotti come Missione Francese. Nel saggio n. sulla carta,all’interno della città murata, presumibilmente nei pressi della moschea Fatih eaccanto alla casa che fu poi del celebre attore shakespeariano Alexander Moisiu, lasequenza stratigrafica rilevata dal Rey era la seguente: fra e -, m di profondità:macerie ottomane; fra -, e -, m: muri e base di una colonna appartenenti allachiesa bizantina che egli propone di riconoscere nella chiesa cattedrale di S. Nicola;a - m: due monete di Basilio II (X–XI sec. d.C.).

Il sondaggio è localizzato all’esterno della cinta muraria ottomana, a marginedella grande piazza e all’imboccatura della via verso Porto Romano, sul lato dellacollina, in una posizione certamente interessata da forti colluvi. In effetti, fra -,e - m di profondità il Rey intercettò un muro in filari di laterizi intervallati daspessi letti di malta bianca e dura, che l’A. non interpreta ma che dalla descrizione

. R a, –.

. Credo che ciò dipenda dal fatto che il sondaggio n. presenta strati (da a ), e la numerazione delsuccessivo saggio è diventata per errore .

. C, C .

. M , .

Sara Santoro

Fig. . Carta dei rinvenimenti archeologici di Durrës in R a.

sembra essere simile alla tecnica delle mura ‘bizantine’, datate fra la fine del V e laprima metà del VI sec. d.C.

Il successivo sondaggio, che reca il numero , si localizza bene sulla carta fornitada Rey, sia alla fig. che alla pianta delle mura, a p. della stessa rivista, in quantocondotto nella corte del Monopolio, lungo il muro del giardino della gendarmeria:siamo dunque fuori dalla cinta ottomana delle mura, sul lato ovest dell’attualepiazza principale della città, dove ora si trova la Prefettura. La sequenza stratigraficadel sondaggio riporta a -, m di profondità una tomba in lastre di pietra affioranteal livello di un pavimento di laterizi di una chiesa bizantina.

Il sondaggio n. è nel testo indicato come eseguito nella stessa strada, davantialla gendarmeria e di fronte alla moschea, quella vecchia e piccola, che stavasul lato nord della piazza e che fu sostituita dalla nuova, quella attuale, che erain quegli anni in costruzione e fu inaugurata nel . Questo sondaggio nonpuò quindi essere il n. della pianta, che è del tutto spostato verso est e verso lapalude. Il sondaggio n. intercettò un muro in mattoni che affiorava a livello delmarciapiede: si trattava dell’abside, orientata, tre volte rifatta, pertinente ad unedificio probabilmente cristiano, secondo il Rey lo stesso rintracciato nel sondaggioprecedente (e adiacente). Il pavimento si trovava a -, m, circa la stessa quota delsondaggio precedente. A -, m erano comunque due tombe in tegole e a -, muna base di colonna.

Archeologia urbana a Durrës

L’ultimo sondaggio, con il n. nel testo, forse identificabile con il n. della carta,riguarda un terreno, «lungo il muro sud della prefettura [di allora — n.d.r.]», in cuinel era stato scoperto il sarcofago di Meleagro. Lo scavo non produsse i risultatisperati. La sequenza stratigrafica era la seguente: da a -, m di profondità: terravegetale smossa; da -, a -, m: ceramica bizantina; a -,/-, m: tombe integole; a -, m e fino a -, (?) m: muro in pietre, intonacato sui due lati, posatosu strato di sabbia, vergine; da -, m compariva ceramica sigillata, romana. Illivello di falda in questo punto era -, metri.

In conclusione, il Rey fornisce alcuni dati medi di profondità della stratigrafiadell’area centrale (attuale piazza Liria) della città: fra e -, m terreno vegetale emateriali moderni; fra -, e -, m: strato bizantino; fra -, e - m: strato roma-no; a partire da - m: strato ellenistico, greco e suoli naturali. La gran profondità deilivelli più antichi è giustificata, dall’archeologo francese, sia dalla continuità di vitae quindi dai continui rifacimenti della città, sia dall’abbassamento del suolo e daifenomeni di colluvio dalla collina soprastante. Circa la diffusa presenza di tombealla cappuccina, ripetutamente trovate da lui stesso, da Paftali e da Praschniker, aprofondità differenti ( fra -, e -, m), giustamente il Rey attribuisce le differen-ze di quota alla lunghissima persistenza di questo modo di seppellimento, che vadall’epoca tardo imperiale all’età bizantina tarda (fino al XIV secolo, come si evincedall’affermazione del Rey circa la presenza in esse di ceramica che riconosciamodalle descrizioni come graffita tardo–medievale e rinascimentale).

Il passaggio di Luigi Maria Ugolini a Durrës nel suo primo e contrastato viaggioin Albania, nel , non fu altrettanto fruttuoso di dati: Ugolini fece alcune fotodelle mura di Durazzo, in località Porto Romano, a km a nord della città (quellegià ricordate da Ciriaco d’Ancona nel e nuovamente da Heuzey), foto che pub-blicò nel I volume di Albania Antica. Dopo questo ‘assaggio’, tuttavia, la missioneitaliana si focalizzò su altri obiettivi, Phoinike e poi Butrinto, città abbandonatee sepolte la cui riscoperta avrebbe dato notorietà e quindi impulso alle ricerche,con meno difficoltà tecniche rispetto allo scavo in una città a continuità di vita,come Durazzo, dove l’espansione edilizia, la profondità degli strati archeologiciantichi, le tensioni sociali interne all’area urbana e quelle diplomatiche dovute alleprecedenti indagini austriache e francesi pregiudicavano nuove ricerche.

Nonostante la suggestione esercitata dal suo essere stata il celeberrimo campo dibattaglia di Cesare e Pompeo e di Alessio I Comneno e Roberto il Guiscardo, Du-razzo non si prestava a ricerche sistematiche ed estensive. La città fu quindi esclusada progetti complessivi di indagine, tanto italiani quanto di altri paesi europei, e laconoscenza del suo passato rimase affidata all’occasionalità delle scoperte legateall’attività edilizia e agli scavi di emergenza. Fiorirono invece i progetti urbanistici,dovuti ad architetti italiani, in particolare l’imponente realizzazione del nuovoporto (–) e una serie di interventi nella città, assai mal documentati, checonfluirono poi nel nuovo Piano Regolatore Generale degli architetti L. Carmagna-ni e F. Poggi, del . Le trasformazioni radicali dell’immagine urbana che essi

. U a, , .

. ‘Piano Regolatore di Durazzo, relazione’, Tirana, luglio , manoscritto a firma di Leone Carmignani,

Sara Santoro

comportarono furono rese possibili anche dalle estese distruzioni provocate dalviolento terremoto che colpì la città il dicembre . Quanto di antico si salvòin quelle attività edilizie fu soprattutto materiale architettonico ed epigrafico,recuperato da vecchi edifici demoliti e raccolto in quello che poi diventerà, neldopoguerra, il Museo Archeologico della città.

Come scrive N. Ceka, in una acuta revisione dello sviluppo delle ricerche ar-cheologiche in Albania nel XX secolo, alla fine della Seconda guerra mondiale ilpatrimonio archeologico ereditato dalle spedizioni italiane e francesi che avevanooperato nella prima metà del Novecento era concentrato nelle tre città antichedi Phoinike, Apollonia e Butrinto, che non avevano avuto prosecuzione di vitaurbana dopo l’età tardo antica. Nei quarant’anni successivi, l’archeologia alba-nese si concentrò in modo efficace sugli insediamenti del retroterra illirico, conricognizioni sistematiche e scavi in numerosi centri urbani (Amantia, Byllis, Klos,Lissos, Antigoneia) e fortificazioni (Dimal, Belsh, Selcë, Zgërdhesh, Dorëz, Mar-gëlliç, Mashkjezë). Queste attività erano dettate dall’interesse per un nuovo temadi ricerca, quello della comparsa del fenomeno urbano in ambito illirico, lettotuttavia in chiave fortemente ideologica: riprendendo spunti già presenti neglistudi dei processi etnogenetici della prima metà del Novecento (soprattutto su baselinguistica), si enfatizzava la componente illirica autoctona a discapito degli apporticoloniali greci e romani. Nonostante questo, l’attenzione per ‘Durrës città–museo’non venne meno.

Come ha ricordato in questo convegno S. Gjongekaj, la struttura della tutelaarcheologica pubblica, facente capo inizialmente al Museo di Tirana (), poiall’Istituto Storico–Linguistico (), quindi al Centro di ricerca archeologica(), pur con mezzi molto limitati e con metodi non aggiornati, garantì unanotevole attenzione allo scavo ed al recupero delle testimonianze antiche. Permotivi ideologici, tuttavia, alcune epoche (in particolare l’età della dominazioneottomana e più in generale la fase medievale) erano ritenute poco o per nullainteressanti e dunque i materiali relativi erano scartati, per giungere rapidamente,nello scavo, alle fasi romana e greca. La situazione, ad essere sinceri, non era poimolto diversa da quella italiana: l’affermazione dell’archeologia postclassica è stataanche da noi molto tardiva rispetto all’Europa settentrionale e centrale.

La situazione della tutela della stratificazione archeologica urbana diventò dicolpo drammatica con la transizione alla democrazia, dopo il : l’improvvisaliberalizzazione e l’abolizione di numerosissime leggi e regolamenti urbanisticiportarono ad un vero e proprio boom edilizio, in gran parte di natura speculativa,in una situazione di sostanziale anarchia che colpì soprattutto Durrës, le cui attivitàportuali erano decollate molto rapidamente, contemporaneamente ad una nuovaondata di inurbamento, con una crescita esponenziale. La struttura della tutela,affidata nel all’Istituto di Archeologia, facente parte dell’Accademia delleScienze, composto da dipartimenti decentrati nelle principali città ma dotati di poco

architetto progettista, e di Ferdinando Poggi, architetto consulente, Archivio delle Costruzioni di Tirana.

. Vedi S .

. C , .

Archeologia urbana a Durrës

personale e scarsissimi mezzi tecnici, si trovò sopraffatta dalla quantità di ‘scavi diemergenza’ da realizzare, sia in città che nelle periferie. L’intrico di competenzecon l’Istituto dei Monumenti di Cultura, a cui spettavano i restauri delle strutturearcheologiche messe in luce e la loro valorizzazione, e con le autorità municipaliresponsabili delle concessioni edilizie fu abilmente sfruttato dagli speculatori perprocedere alle costruzioni con concessioni comunque ottenute, distruggendo unaquantità imponente di strutture antiche che gli scavi d’emergenza, realizzati incondizioni di estrema difficoltà, avevano tuttavia posto in luce. Si trattava peraltrodi scavi che, eliminando a pala meccanica gli strati dal contemporaneo all’etàmedievale, scendevano senza registrazione di dati fino all’età romana o addiritturagreca e si arrestavano solo in presenza di superfici continue (pavimenti) o strutturemurarie riconoscibili e significative. I materiali, accumulati senza alcuna distinzionestratigrafica, rappresentano tuttora un volume enorme, stivato nei depositi delmuseo, ormai privo di capacità informativa per la perdita dei contesti e delleinformazioni di scavo.

L’urgenza di provvedere ad una diversa gestione della tutela era comunquesentita, sollecitata e supportata anche dagli organismi internazionali operanti nellafase di post–emergenza del paese e diede luogo ad una nuova legge (la n. del..) che imponeva la verifica preventiva dell’interesse archeologico delle areeper le quali si richiedeva una concessione edilizia e che fossero poste all’internodelle zone definite a rischio archeologico. I costi per tali indagini preventive eranoa carico dell’imprenditore edile: per la prima volta, nella legislazione albanese,l’archeologia diventava un rischio imprenditoriale a fronte del quale, tuttavia, loStato attraverso i suoi organi specifici, e in particolare l’Istituto dei Monumentidi Cultura, si assumeva l’impegno di fornire le necessarie informazioni relativeal rischio stesso, realizzando per tutte le antiche città albanesi a continuità di vitadelle ‘carte del rischio archeologico’, sul modello di quanto era stato realizzato,appunto nel , nell’ambito del ‘Progetto Durrës’ e che riprendeva, a sua volta,l’esperienza delle carte del rischio archeologico italiane ed europee. Si integrava intal modo la pianificazione urbanistica, di competenza degli Enti locali, con la tuteladel patrimonio archeologico, culturale ed ambientale, di competenza dello Stato.Lo scopo era quello di coniugare la salvaguardia del patrimonio della collettivitàcon le esigenze di sviluppo di quella stessa comunità.

. La Carta del Rischio Archeologico di Durrës

La zonizzazione a scopo di tutela aveva avuto un precedente illustre, a Durrës, allafine degli scorsi anni Ottanta in un articolo di A. Baçe, che con acuta sensibilitàavvertiva l’estremo pericolo che minacciava lo straordinario ‘museo sepolto’ dellacittà e proponeva una serie di provvedimenti, anche legislativi, per la sua tutela.Nel tumultuoso periodo di transizione alla democrazia e alla liberalizzazione

. B . Un’ulteriore definizione di questa zonizzazione a scopo di tutela, cercandone l’avallo sulla basedi indagini geoelettriche, è in K, A .

Sara Santoro

economica quella proposta non aveva avuto seguito, ma quindici anni dopo, fa-cendosi sempre più urgente l’esigenza di regolamentare lo sviluppo edilizio checoinvolgeva il centro storico della città, un’azione di cooperazione internazionaledecentrata svolta da UNOPS PASARP Durrës, Università di Parma, Musei Civicidi Udine e Dipartimento di Archeologia di Durrës (DAD), denominata ‘Proget-to Durrës’, aveva ripreso quell’obiettivo progettando e realizzando la Carta delRischio Archeologico (CRA) dell’area urbana centrale.

Il ‘Progetto Durrës’ partiva dall’esigenza di una conoscenza migliore, quan-titativa e qualitativa, del patrimonio archeologico della città, come strumentoindispensabile alla sua tutela. I numerosi scavi e le scoperte occasionali in queglianni di sviluppo economico ed edilizio incontrollato erano tutti nati dall’emer-genza, non da un’attività di ricerca programmata né da un protocollo di diagnosipreventiva del rischio archeologico sistematicamente applicato. La situazione digrave carenza di mezzi tecnici in cui scavi e scoperte si erano svolti aveva portatoa non documentare sufficientemente quanto trovato: moltissimo restava affidatoalla memoria dei protagonisti di quelle scoperte, in una situazione estremamenterischiosa di conservazione dei dati. Non era stato possibile mettere in relazione lestrutture ridisegnando una planimetria urbana che ne consentisse la comprensioneattraverso le relazioni reciproche, costruendo una visione organica della città anticae permettendo quindi una qualche previsionalità del rischio archeologico. Anche imonumenti già posti in luce erano minacciati dalle nuove costruzioni e soffocatida queste, senza aree di rispetto che ne consentissero una valorizzazione e unafruizione pubblica, con grave pregiudizio delle possibili vocazioni turistiche dellacittà.

La Carta del Rischio Archeologico si proponeva, quindi, di raccogliere tuttele informazioni disponibili relative ai rinvenimenti nell’area urbana, vagliarnel’attendibilità, provvedere a localizzarli con precisione e a catalogarli, rendendoquindi le informazioni disponibili ad amministratori e imprenditori, elaborandoconcretamente una proposta di gradazione dei provvedimenti di tutela preventivaed esercitando contestualmente una forte pressione, tramite le agenzie interna-zionali e un’opinione pubblica opportunamente sensibilizzata, affinché fosseroadottate le misure legislative necessarie per attuarla.

Le esigenze di tutela e di programmazione urbanistica prevalevano dunquesu quelle propriamente scientifiche. Pertanto, la Carta del Rischio Archeologico,realizzata su piattaforma GIS e redatta nelle due lingue, italiano ed albanese (nellaversione del ), era dotata di schede di catalogazione dei rinvenimenti (la partepiù propriamente archeologica) molto sintetiche ma con riferimenti bibliografici edocumentali che giustificavano le proposte di tutela. Essa era concepita anzitutto

. United Nation Office for Project Service (http://www.unops.org) è un’agenzia delle Nazioni Uniteche opera con progetti diretti allo sviluppo umano. In Albania ha gestito il progetto ‘PASARP’ (Programme ofActivities in Support of Albanian Regions and Prefectures) nelle regioni di Durrës (Durazzo), Shkodër (Scutari)e Vlorë (Valona). Il progetto ‘PASARP’, un programma ponte fra l’emergenza e lo sviluppo, è stato finanziatodal Ministero degli Affari Esteri italiano attraverso fondi per la cooperazione internazionale e da alcune Regioninell’ambito della cooperazione decentrata.

. Sui concetti–chiave e il quadro istituzionale del ‘Progetto Durrës’ vedi B .

Archeologia urbana a Durrës

come strumento di gestione urbanistica per gli amministratori della città e comestrumento di conoscenza e informazione per gli imprenditori edili, perché fosseroconsapevoli dei rischi che affrontavano intraprendendo costruzioni soprattutto nelcentro storico della città. (Figg. e )

Fig. . Carta dei rinvenimenti archeologici di Durrës (CRA ).

In linea generale, una carta del rischio archeologico deve registrare e docu-mentare con rigore scientifico la collocazione, profondità, ingombro e natura dellestrutture archeologiche intercettate nel tempo. Essa è qualcosa di più di un ordinato

Sara Santoro

ed esaustivo catasto dei ritrovamenti archeologici, che è pure una delle funzioniprincipali della cartografia archeologica. Può infatti valutare le potenzialità di que-sto ‘archivio sotterraneo’ anche attraverso elaborazioni previsionali, fondate sullaprevedibilità dei comportamenti insediativi in ambienti determinati, sulla strutturae densità abitativa e sulla sequenza stratigrafica. Quest’ultimo aspetto non è statosviluppato nelle edizioni del e del e nei suoi successivi aggiornamenti,bastando a definire le aree di rischio le numerosissime attestazioni di struttureeffettivamente intercettate. Per l’emissione del vincolo, infatti, occorre la concretaindividuazione del bene da preservare, non la presunzione della sua esistenza. Gliaspetti previsionali e le riflessioni ed elaborazioni di carattere più propriamentestorico–archeologico finalizzate ad una conoscenza più compiuta e organica deldivenire storico dell’abitato, furono dunque rinviate ad un momento successivo dielaborazione scientifica.

Realizzata nel corso del , consegnata nel febbraio , pubblicata in linguaitaliana con un’ampia premessa metodologica nel , la Carta del RischioArcheologico di Durrës è stata aggiornata con le nuove scoperte fino al ,quando il Dipartimento di Archeologia di Durrës fu sciolto nell’ambito dellariforma degli organi di tutela albanesi che ha creato un’apposita agenzia di ricercaarcheologica (ASA: Archaeological Service Agency), dipendente dal Ministerodella Cultura (MTKRS) e dal National Council of Archaeology, separando questaattività da quella di ricerca realizzata da scavi programmati che resta invece affidataall’Istituto Nazionale di Archeologia, a sua volta scorporato dall’Accademia delleScienze e divenuto ora parte del Centro di Studi Albanologici.

In quello stesso anno la Carta del Rischio Archeologico è stata interamenterecepita nel Master Plan dell’area centrale urbana, redatto da una équipe italo–albanese vincitrice di un concorso internazionale, di cui costituisce la tav. e ilrelativo quaderno (Fig. ). Il nuovo piano regolatore dell’area centrale di Durrësassume non solo le proposte di tutela della Carta ma anche quelle di valorizzazioneattraverso percorsi turistico–culturali attrezzati che si snodano nella città. Infine, unestratto della Carta con le ultime integrazioni ad essa apportate, relativo a piazzaLiria, cioè la piazza centrale della città, è stata fra i documenti preliminari forniti nelconcorso internazionale di architettura per la rivitalizzazione della piazza stessa.

. CRA .

. CRA ; S, M .

. ‘Plan for the Central Area of the town of Durrës’, approvato dal Territory Adjusting Council of theAlbania Republic il .., team leader prof. Piero Rovigatti.

. International Competition ‘Revitalization Liria Square’, promossa da INARCH e dal Forum delle cittàadriatico–ioniche, indetta dall’Amministrazione municipale di Durrës e svolta fra giugno e gennaio , percui vedi R , in part. –.

Archeologia urbana a Durrës

Fig. . Carta dei livelli di rischio archeologico sulla base del potenziale informativo (CRA ).

Sara Santoro

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Archeologia urbana a Durrës

Fin dalla sua prima configurazione, la Carta del Rischio Archeologico dell’areaurbana centrale di Durrës registra e documenta i rinvenimenti archeologici distrutture e stratigrafie (escludendo quindi i soli reperti mobili) sulla base dellabibliografia, albanese e internazionale, della documentazione d’archivio del Dipar-timento di Archeologia di Durrës e degli archivi personali e delle testimonianzedei collaboratori (in particolare, A. Hoti ed E. Shehi), delle fotografie dell’archiviostorico aerofotografico dell’Istituto Geografico Militare di Firenze (voli e). Il Dipartimento di Archeologia di Durrës era garante della correttezza edesaustività della propria documentazione. La valutazione dei dati è stata condottain collaborazione fra il Dipartimento stesso e l’Università di Parma.

Il posizionamento e l’indicazione degli ingombri è stato fatto sulla carta cata-stale in scala :, nel più recente aggiornamento utilizzabile in quel momentoe risalente agli anni Novanta, fornita dal Municipio di Durrës, che ne garantival’accuratezza. Ulteriori misure e rilievi topografici sono stati condotti dai tecniciitaliani e integrati nella carta, georeferenziati e posizionati anche sulla fotografiaaerea. L’impianto scientifico della carta, il coordinamento e la progettazione delsistema informativo sono stati realizzati dagli operatori dell’Università di Parma (S.Santoro, A. Monti). La carta integra, per l’area urbana, la ricognizione sistematicadi superficie condotta nella sola area collinare fra la città e Porto Romano nel – dall’International Center of Albanian Archaeology di Tirana, avvalendosidi un pool di studiosi anglo–americani e albanesi delle università di Cambridge,Cincinnati, Tirana, con il sostegno del Packard Humanities Institute. La Cartafornisce, infine, valutazioni sul rischio e sulle potenzialità delle risorse archeologi-che della città. Propone di conseguenza provvedimenti di tutela opportunamentegraduati, secondo un concetto qualitativo oltre che quantitativo.

Nella sua attuale configurazione, la Carta (indicata d’ora in avanti con la siglaCRA), si è trasformata da strumento di gestione e programmazione a strumentodi ricerca, di interpretazione della storia urbanistica e di previsione del rischioarcheologico. Attraverso l’ implementazione dei dati tratti dalla lettura geomor-fologica e geoarcheologica delle stratigrafie, la Carta oggi permette non solo dieffettuare previsioni di rischio notevolmente più affidabili, ma anche di potenziarela conoscenza delle trasformazioni morfologiche intervenute attraverso i secoli,causate dai terremoti e bradisismi, da variazioni di livello del mare, dal dissestodei versanti della collina sovrastante la città: queste trasformazioni nei duemilae settecento anni di storia urbana sono state molto rilevanti e una loro miglioreconoscenza consentirà una progettazione edilizia più adeguata alla prevenzionedei rovinosi effetti delle catastrofi naturali, a cui la città è andata soggetta più voltenel corso della sua lunga storia. Da un punto di vista tecnico, inoltre, l’intera archi-tettura della piattaforma GIS si è trasformata, passando da un sistema basato sullapredominanza di livelli informativi raster bidimensionali ad un sistema vettorialee tridimensionale. Lo scopo è quello di realizzare un modello tridimensionale

. D et alii .

. In corso di stampa, è aggiornata al ; mancano tuttavia i più recenti rinvenimenti operati dallaArchaeological Service Agency.

Sara Santoro

della città antica e delle sue trasformazioni nel tempo, correlando le evidenzearcheologiche e quelle ambientali.

. Le trasformazioni della città e la complessità dei depositi archeologici ur-bani di Durrës

Uno dei più affascinanti e attuali temi di ricerca è la trasformazione delle cittànel tempo: in esso si condensano gli aspetti della modificazione del clima e del-l’ambiente, oggi così urgenti e sentiti, e dell’evoluzione delle economie, dellesocietà, dei comportamenti, dei modi dell’abitare e di sfruttare il territorio e lesue potenzialità. Declinata in tal senso, la ricerca archeologica costituisce la baseconoscitiva per la programmazione urbanistica, il controllo ambientale, il turismoculturale, che sono le chiavi di uno sviluppo sostenibile nel tempo. La disciplinache affronta specificamente la trasformazione della città nel tempo è l’archeologiaurbana, con i suoi concetti–chiave e i suoi metodi specifici.

Nella definizione corrente, l’archeologia urbana è una ricerca archeologicaglobale su una città tuttora esistente (e nel nostro caso anche tuttora abitata),ossia che si rivolge all’intera sequenza insediativa a partire dalla fondazione fino ainostri giorni, senza privilegiare un periodo rispetto a un altro o un’evidenza piùmonumentale rispetto ad uno strato di sola frequentazione. Essa utilizza molteplicifonti informative e ogni tipo di indagine diagnostica geofisica utile e interpretabilearcheologicamente; il suo specifico strumento d’indagine è comunque lo scavostratigrafico.

Nata nella Londra del dopoguerra, in occasione della ricostruzione dei quartieribombardati, l’archeologia urbana ha per oggetto i depositi urbani pluristratificati,per indagare i quali si avvale oggi di tecniche di indagine sistematica. In particolare,essa affronta due problemi centrali: la complessità di questi depositi e le dinamiche,antropiche e naturali, dei loro processi di formazione. Ciò si traduce in un’analisiparticolarmente accurata delle sequenze stratigrafiche verticali, in termini di po-tenza, e dei contesti, in termini di caratterizzazione geoarcheologica della matricee cronotipologica dei materiali e delle strutture. Questa dimensione verticale siassocia alla determinazione tridimensionale degli ingombri delle strutture e allavalutazione dell’estensione orizzontale dell’insediamento che ne risulta, articolataper fasi (complessi di azioni collegate da rapporti, in un lasso di tempo).

È evidente che in questa dimensione diacronica tutte le fasi sono fondamentali,e in particolare quelle un tempo trascurate dall’archeologia tradizionale, cioèquelle post–classiche nelle quali la città antica si è trasformata fino alla sua formaattuale, attraverso processi di sedimentazione causati da vari fattori, sia naturaliche antropici, caratterizzati da differenti velocità. Accanto all’indagine sui bacinideposizionali, l’archeologia urbana considera anche, nelle dinamiche di evoluzioneurbanistica, la conservazione selettiva di monumenti antichi rimasti in alzato,

. Utilizzo qui, modificandola un poco, la definizione data da B .

Archeologia urbana a Durrës

attraverso il loro riuso e rifunzionalizzazione, e la riproposizione di percorsi eparcellizzazioni antiche anche se con modificazione delle funzioni (calchi urbani).

Come le altre forme di ricerca archeologica, anche l’archeologia urbana utilizzaun ampio ventaglio di fonti combinate fra loro, da quelle archivistiche alle tecnichediagnostiche geofisiche di cui valuta di volta in volta la differente efficacia in rap-porto alla situazione urbana, fino allo scavo programmato di siti campione. Unostrumento essenziale di questo tipo di ricerca è costituito dalla cartografia tematica:del rischio archeologico, che come abbiamo visto nel caso della CRA di Durrës do-cumenta i depositi conservati; degli spessori dei depositi, che è fondamentale nellavalutazione d’impatto delle attività edilizie attuali e di cui possiamo considerare unprecedente l’articolo sopra ricordato e commentato di L. Rey; delle potenzialitàarcheologiche dei depositi, che ha invece scopo predittivo e si costruisce sulla basedi altri tematismi, sia ambientali, come le pendenze, le insolazioni, la ventositàe la prossimità idrica, che antropici, come le vocazioni funzionali delle aree e lestrategie insediative per periodo, estese non solo all’area urbana, ma all’interoterritorio.

È evidente, infatti, che per comprendere una città, soprattutto quando si trattidi una città che ha avuto successo nel tempo, essendo ancor oggi abitata, occorreconoscerne il territorio di riferimento. Ciò determina una moltiplicazione di datiambientali, storici, archeologici, non tutti graficizzabili e documentabili allo stessomodo e nello stesso dettaglio, oggi gestibili nella loro forma differenziata dallepiattaforme GIS di ultima generazione. Relativamente a Durrës, area centrale, èquanto sta già facendo da alcuni anni la Missione Archeologica Italiana, erede del‘Progetto Durrës’ e operativa dal , proponendosi di estendere in un futuro assaiprossimo questo sistema informativo all’intero territorio dell’antico municipium.

In una strategia di ricerca adeguata alla conoscenza e comprensione di un’interacittà a continuità di vita, fra le fonti informative rientrano certamente anche gli scaviarcheologici, sia quelli estensivi che le differenti forme di indagine a campione,come le trincee e i carotaggi, integrati dai dati recuperati degli scavi di emergenza,assimilabili a campionature casuali.

. Stratigrafie dagli scavi di emergenza e preventivi

Fra e , l’équipe italiana si è trovata ad affiancare occasionalmente ilDipartimento di Archeologia di Durrës (DAD) in alcuni scavi di emergenza parti-colarmente complessi, nei quali ha messo a disposizione dei colleghi albanesi leproprie strumentazioni e competenze. In alcuni di questi casi, la sequenza strati-grafica rilevata è confrontabile con le sequenze indicate dal Rey nell’articolo sopracitato nei sondaggi e .

Il primo sito (sito CRA) si trova nel quartiere n. , in una situazione mor-fologica pianeggiante pienamente urbana, nell’area Ex–cinema Iliria, compresafra le due principali strade della città che confluiscono verso la piazza centrale

. Vedi CRA , n. .

Sara Santoro

(piazza Liria) e cioè via A. Goga (a ovest) e Bulevardi Kryesor (a est). Gli scavid’emergenza, condotti dal Dipartimento di Archeologia di Durrës sotto la direzio-ne del prof. A. Hoti, si sono svolti nel su una superficie di m e hannomesso in luce una situazione pluristratificata, comprendente pozzi e muri di etàottomana, tombe alto–medievali, un complesso monumentale tardo–antico estrutture murarie di età romana (Fig. ). Le strutture rimesse in luce sono statesuccessivamente coperte e distrutte dalla costruzione dell’edificio residenziale apiù piani che era stato programmato.

Ad una fase inquadrabile all’età ottomana (XVII–XIX sec. d.C.) appartenevanodue setti murari a corsi irregolari di pietrame di varia dimensione, quasi privo dilegante, a una profondità di -, m dal piano di calpestio.

La fase più evidente per il suo aspetto monumentale si trovava alla profonditàdi -,/-, m dal piano di calpestio attuale ed era costituita da una porzione diuna grandissima abside con una curvatura molto aperta (m di corda ricostrui-bile), appartenente ad un grandioso edificio, e da quattro setti murari affiancatiall’abside. Era riconoscibile un peribolo o corridoio interno che definiva un set-tore centrale pavimentato in lastre rettangolari, marmoree o di calcare, di cui erarimasta l’impronta ma che erano state interamente asportate in antico. La tecnicaedilizia dei muri era in opera laterizia a corsi orizzontali legati con alti letti dimalta contenente abbondanti frustuli laterizi. Le strutture proseguivano oltre illimite di scavo. Particolarmente interessante era il punto di congiunzione fra laparte curvilinea dell’edificio e il muro rettilineo che la chiudeva, realizzata comescala a chiocciola che sale attorno ad un possente pilastro, simile per concezionearchitettonica alle torri della facciata della Basilica di S. Vitale a Ravenna (a cuisomiglia anche nella tecnica edilizia) e a un ninfeo dal Palazzo di Galerio a Tessa-lonica. In base alla tecnica edilizia e alla morfologia di alcuni elementi scultorei didecorazione architettonica (capitelli, capitelli d’imposta) riteniamo che si trattassedei resti di un edificio monumentale, pubblico piuttosto che di culto cristiano(ingresso monumentale di un palazzo residenziale ufficiale?), degli inizi del VI sec.d.C., riferibile cioè a quell’età giustinianea che sembra particolarmente ricca direalizzazioni nella città adriatica.

Muri più tardi, caratterizzati da una tecnica edilizia che fa ampio uso di materialedi recupero legato con cattiva malta, si erano appoggiati a questo edificio. Sul livellopavimentale dell’edificio absidato e poco più sopra, erano tombe alla cappuccinaorientate E–O, senza oggetti di corredo, che proseguivano anche oltre i limitiimposti dallo scavo. I materiali ceramici riferibili a questo livello appartengono aisecoli VII–X d.C.

Esternamente all’abside, a m di profondità rispetto alla rasatura del muro e a-, m dal piano stradale, furono messi in luce resti murari in laterizi legati conmalta di un ambiente o cortile pavimentato in lastre di marmo o calcare e riferibileall’età romana medio imperiale. Sul pavimento poggiava una grande statua inmarmo pentelico, acefala, di dimensioni superiori al naturale, che rappresentauna dea seduta su un trono, in grembo alla quale sono assisi due genietti informe infantili e vari frutti dal significato simbolico (melograni, uva, capsule dipapavero); sui braccioli del trono sono assisi due eroti in miniatura, recanti una

Archeologia urbana a Durrës

Fig. . Sito : ex cinema Iliria: localizzazione su foto satellitare (www.googlemap) e su CRA ;panoramica della prima estensione dello scavo, in cui si nota la porzione della grande abside; statuadi Tellus; rilievo planimetrico finale delle strutture.

Sara Santoro

cornucopia ciascuno. La parte posteriore della statua è piatta e non rifinita, per unacollocazione contro una parete. Si tratta di un’eccezionale versione tridimensionaledell’iconografia della Tellus dell’Ara Pacis. Alcuni dettagli della lavorazione edelementi stilistici suggeriscono una datazione agli inizi del II sec. d.C., in quella etàtraianea che pure fu un momento di grande sviluppo della città. Considerato cheil blocco marmoreo della scultura nella parte inferiore, quella del basamento dellafigura, è irregolare, è probabile che la posizione in cui la statua è stata trovata nonsia quella originale ma appartenga ad una ricollocazione. Ulteriori indagini per lacomprensione della natura di questo importante contesto sono state impossibiliper l’affioramento dell’acqua di falda, incontenibile con i mezzi a disposizione.Tuttavia si è potuto raccogliere un insieme limitato di materiali ceramici, che sonostati riconosciuti e confermano le datazioni sopra indicate.

Un secondo sito dalla stratigrafia complessa (sito di CRA), rilevata dallaéquipe italiana, si trova in via (rruga) H. Troplini, nelle immediate adiacenze ( m)a est della piazza principale (piazza Liria), verso mare, subito fuori dalla linea dellemura ottomane (Fig. ) Si tratta di un’area pluristratificata con strutture pertinentiad una torre farea di età tardo–classica, magazzini e banchine portuali di età tardo–ellenistica e romana, una canalizzazione di età imperiale di grandi dimensioni,pavimentazioni pertinenti forse ad un balneum e sepolture di età alto–medievale.Le strutture proseguono oltre l’area del cantiere. Lo scavo di emergenza, condottonel dal Dipartimento di Archeologia di Durrës sotto la direzione del prof.A. Hoti, era ampio m e ha raggiunto i m , di profondità senza arrivare alvergine, in presenza della falda già -, metri.

Sotto l’attuale manto stradale, nel lato sud dell’area di scavo, una fitta serie diriporti alternati a piani d’uso di epoca post–medievale (fino a una profondità di -m), e medievale (fino a -, m) coprivano una serie di sepolture alto–medievalidi VII–VIII secolo d.C. Alcune di queste poggiavano, e altre tagliavano, una pavi-mentazione in lastre di calcare rosato (a una profondità di -,/-, m) riferibileal periodo tardo–antico (V–VI secolo d.C.) e pertinente al balneum.

Le sottostanti strutture edilizie erano variamente interrelate fra loro; quelle amaggior profondità sono le pavimentazioni in lastre di terracotta dei magazzinitardo–ellenistici (II–I sec. a.C.), a quota -, metri. La base della torre farea prose-gue ulteriormente in profondità, ma non si è giunti al suo spiccato. La presenza dibanchine e moli, del faro e dei magazzini, si giustifica con la vicinanza del battentemarino antico, oggi distante circa m, e con la particolare natura del porto diDurrës: quest’ultimo ancora alla fine del XIX secolo era caratterizzato da fondalibassi, con necessità di ancorare al largo le navi e di scaricare le merci con barchinipiatti che potevano risalire i canali, con un sistema diffuso in antico in molti portidelle coste sabbiose dell’Adriatico, come Ravenna e Aquileia.

Quanto alla linea di costa, essa è stata soggetta a oscillazioni dovute al diversocombinarsi di vari fattori: in generale un diffuso fenomeno di regressione marinadella costa albanese settentrionale rispetto all’antichità e un fenomeno di progressi-

. Per Tellus, G . Per l’identificazione del soggetto e la proposta di datazione, S c. s.

. Per una descrizione e interpretazione delle strutture individuate, vedi S, S, H .

Archeologia urbana a Durrës

Fig. . Sito : via (rruga) H. Troplini: localizzazione su foto satellitare (www.googlemap) e suCRA ; rilievo planimetrico finale delle strutture (elab. B. Sassi) e panoramica.

va subsidenza, ma con fasi alterne, ipotizzato per la parte centrale del graben e chesarebbe all’origine della laguna e delle oscillazioni della sua ampiezza. I forti appor-ti colluviali dal disfacimento del plesso collinare soprattutto dall’età tardo–antica ealto–medievale, accentuati da alcuni catastrofici eventi sismici, hanno sicuramenteallontanato la linea di costa in alcuni tratti urbani, fra cui questo dove si trovavauno dei fari di questo celebre porto antico.

Sara Santoro

Fra gli scavi di emergenza più recenti condotti dal Dipartimento di Archeologiadi Durrës riveste particolare importanza, ai nostri scopi, quello eseguito fra e in via A. Goga (nn. e di CRA), nel quartiere n. , poco più a norddel sito di rinvenimento della statua di Tellus sopra ricordato. Gli scavi archeolo-gici, diretti dal prof. A. Hoti con la collaborazione dei drr. A. Anastasi e E. Shehi,hanno interessato, in due tempi, un’area complessiva di m, raggiungendola profondità di -, m (Fig. ). Essi hanno posto in luce i resti di un edificio dietà arcaico–classica, che ha subito molteplici trasformazioni nel tempo, compren-dendo, in età ellenistica, anche attività produttive (coroplastica) fino a diventare,in età romana una vera e propria insula . Le quote degli strati riferibili all’etàarcaica e proto–classica sono molto profonde (-, m) e sono state raggiuntesolo perché, fortunosamente, in quest’area la falda era, al momento degli scavi,assai più bassa che nel resto della città. Ciò indica una situazione di circolazionedelle acque sotterranee diversificata da zona a zona anche nella pianura, come delresto c’è da attendersi in una città posta ai piedi di un plesso collinare di naturaprevalentemente argillosa. Uno strato di combustione, a -, m, chiudeva questafase. Le strutture furono riutilizzate nella fase successiva, propriamente classica,aggregando ad esse nuovi ambienti; in quella proto–ellenistica i vecchi muri furonosoprelevati con mattoni legati con argilla, tecnica questa ampiamente utilizzata nelperiodo.

Questo riutilizzo di murature precedenti, che denota il conservatorismo degliassetti e degli orientamenti del primo impianto urbano, è un fenomeno riscontratoin numerosi altri casi in città. Dalle unità stratigrafiche di questo periodo proto–ellenistico proviene un ricco materiale numismatico, la maggior parte del qualedi zecca durazzina. Il ritrovamento di un tesoro di monete d’argento, del tipo‘Eracle–Pegaso’ con legenda ΔΥ e ΔΥΡ, indicate come una produzione della finedel IV sec. a.C. (– a.C.), associate a stateri d’argento di Alessandro Magno,dedicati al padre Filippo II, indica l’alto rango degli abitanti di questo edificio chesi trovava, d’altra parte, nello stesso quartiere della casa in cui il già menzionato,bellissimo mosaico di ciottoli detto ‘la bella di Durazzo’ decorava un ambientecurvilineo o forse una vasca. Il mosaico si trovava, come si ricorderà, a -, m diprofondità, mentre qui il livello corrispondente stava a -, m dal piano di calpestio.La lunga fase successiva di vita del complesso comprende poi l’età romana, nellaquale i vari edifici precedenti sembrano aggregarsi in una grande insula. Un piccolomosaico a meandro in bianco e nero, databile alla metà del I sec. d.C. si trova ad unaquota di -, m dal piano di calpestio. La distruzione di questo edificio, segnalatadal crollo degli intonaci dipinti con motivi a Tapetenmunster, sembra da collocarsientro la metà del IV sec. d.C., stando ai materiali ceramici rinvenuti, e potrebbequindi essere riferibile ai vasti danni del terremoto del d.C., noto appuntocome ‘terremoto di Durazzo’. Ulteriori crolli e riporti in alcuni vani, contenenti

. S , .

. C, C .

. La sistematica raccolta di dati, letterari e scientifici, relativi agli antichi terremoti, di G ; G-, C, T ; G, C ha permesso di stilare una sequenza sufficientemente

Archeologia urbana a Durrës

Fig. . Sito : via (rruga) A. Goga: panoramica dello scavo.

fra l’altro due spathèia completi e venticinque colli, datati al primo venticinquenniodel V sec. d.C., sono forse da riferirsi alla violenta conquista della città da partedegli Ostrogoti, nel d.C. Successivamente a tali eventi, alcune strutture furonoaggiunte nell’area a margine dell’edificio più antico. Esse si trovano a , m aldisopra del livello romano ma non hanno restituito materiali datanti. Una serie disepolture alto–medievali, in gran parte alla cappuccina e alcune in nuda terra, sonostate identificate fra i -, e i -, m di profondità. Il sondaggio n. di L. Rey, unpoco più a est ma non molto distante da questo sito, segnalava le tombe bizantine

attendibile di sismi che hanno interessato la città: – a.C. (P., Cic. .): terremoto e maremoto; / o (evento riferito anche al o ; E., Hieron. chron. .–): noto come ‘terremoto di Durazzo’; /

(evento riferito anche al o ; M. –; T. .–; C. ); (evento riferito anche al/ e ); ; dicembre ; aprile .

Sara Santoro

a -, m di profondità e la comparsa di ceramica romana a -, m, la falda a -,metri.

Stando alle non molte notizie fin qui rese pubbliche, un’importante sequenzastratigrafica è stata rilevata dagli scavi preventivi realizzati nell’area ex SIP e XHEMFltd, compresa fra Lagjia , piazza (sheshi) Demokracia, via (rruga) P. Meksi, pocopiù a nord rispetto al sito sopra citato, e incluso infatti nell’area B della zonizzazionearcheologica. Gli scavi, realizzati fra e dall’impresa A.K.Er. ltd. sotto lasupervisione della Archaeological Service Agency, hanno riguardato un’ampia areadi quasi m. Il primo dato importante fornito da questi scavi, che hanno postoin luce strutture di età bizantina, romana, greca e anche livelli precoloniali, è chela città ellenistico–romana si estendeva fin qui ed anzi questo era un quartieredensamente popolato, di carattere fortemente artigianale. Si tratta dunque di undato importante dal punto di vista urbanistico– topografico. L’area è interessatada un incrocio di strade di età romana, di cui la principale con direzione nordest–sudovest, pavimentata in pietre e larga almeno metri. Non dovrebbe trattarsipropriamente della via Egnatia, quanto piuttosto di un asse parallelo a questa. Lasede stradale è fiancheggiata da canalizzazioni e, almeno in alcuni tratti, da porticicolonnati. L’impianto della rete stradale e delle canalizzazioni dovrebbe risalireall’età tardo–ellenistica.

Il quartiere sembra improntato ad un carattere fortemente commerciale e arti-gianale: gli edifici che affacciano su questo asse stradale appartengono alla tipologiadelle case–bottega, con lo spazio commerciale ad accesso diretto dalla strada, l’areadi lavoro nello spazio retrostante e l’abitazione vera e propria al primo piano. Sottoquesto quartiere databile all’età augustea, sono stati trovati edifici delle fasi prece-denti, addirittura precoloniali, fondati su palificazioni, a - m di profondità. Unaltro dato importante dal punto di vista stratigrafico, inoltre, è che dell’età bizantinasi sono trovate solo fondazioni, a circa -, m di profondità, ed esse avrebberorasato le pavimentazioni di età romana: sembrerebbe dunque che quest’area nonsia stata soggetta agli imponenti depositi di colluvio riscontrati nell’area centrale,precedentemente esaminata, almeno in età postclassica. Si attende dunque conmolto interesse la pubblicazione scientifica dei dati di un così vasto quartiere.

Altri scavi di emergenza condotti dal Dipartimento di Archeologia di Durrës, acui l’équipe della Missione Archeologica Italiana ha prestato assistenza, localizzatiin aree particolari, per assetto naturale (pendici collinari, margini della laguna) ofunzione (aree funerarie), sono ugualmente interessanti per il nostro assunto relati-vo alla potenza e complessità delle stratigrafie dell’antica città, in quanto fornisconodati relativi alle trasformazioni geomorfologiche, da un lato, e al conservatorismofunzionale, dall’altro.

Dal punto di vista geomorfologico, la città storica attuale, e quella antica al disotto di essa, si colloca parzialmente sulle pendici del versante orientale del lungoplesso collinare orientato nord–sud che contraddistingue questa ‘quasi penisola’ esoprattutto ai piedi di essa, fra la collina e la costa. La linea di questa è sicuramentediversa, oggi, rispetto alla situazione antica a causa di cospicui fenomeni naturali di

. Prokop Meksi .

Archeologia urbana a Durrës

apporto colluviale e antropici di regolarizzazione e attrezzatura del porto, questiultimi nell’ultimo secolo. Il versante orientale è modellato da una serie di bacini idri-ci, orientati est–ovest con drenaggio verso est, all’interno dei quali si accumulanodepositi di colluvio superficiale potenti fino a – metri. I colluvi sono intercalatida suoli sepolti brunastri, che testimoniano momenti di stabilità dei versanti. Ilversante meridionale (tra Villa Zog e il sito di cui si parlerà subito sotto) èinteressato invece da frane caratterizzate da nicchie di distacco con morfologia adarco aperto verso la linea di costa ed elevate pendenze nella parte alta.

In via (rruga) Durrsaku, nell’immediata pendice orientale della collina prospi-ciente il mare, la cosiddetta ‘acropoli’, a q. (sito CRA), nel uno scavoesteso su circa m ha rivelato un’area funeraria terrazzata (Fig. ), attraversatada una via processionale di prima età ellenistica che conduce ad un monumentorettangolare, probabilmente del tipo a naìskos; l’area risulta definita da un grossomuro perpendicolare alla via processionale, lungo cui corre un’altra strada ad an-damento nord–sud. Da questa Grabenterrasse provengono, a una profondità di -,m dal piano di calpestio, terrecotte architettoniche di stile corinzio, con inusualiinserti vetrosi, pertinenti probabilmente ad un tempio posto a quota superiore,databili al secondo quarto del VI sec. a.C. La vocazione funeraria del sito proseguein età romana, con una serie di tombe a camera in laterizio, databili fra I e IIIsec. d.C., nonostante un’interruzione e risistemazione dell’area avvenuta agli inizidell’età romana (II–I sec. a.C.). Tutta l’area collinare meridionale fu sede di piccolenecropoli di età romana imperiale e anche tardo–antica e alto–medievale.

Fig. . Sito : via (rruga) Durrsaku: panoramica dello scavo.

In via (rruga) S. Efendiu (sito CRA), nel quartiere n. , sulle prime pendicicollinari volte verso est, un altro scavo di emergenza condotto su un’area ampia m, a circa -, m di profondità, ha individuato una porzione di un cortile oandròn (, x , m) dotato di una cisterna, pertinente ad un edificio residenziale,

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probabilmente disposto su terrazze (Fig. ). La pavimentazione messa in luceera articolata in differenti settori, uno in grosse tessere laterizie e uno in scaglie dicalcare con emblema in tessere irregolari raffigurante un rosone inscritto in unquadrato con due delfini negli spazi di risulta, databile all’ultimo venticinquenniodel II sec. a.C. L’edificio era stato sepolto da una frana ed era in parte franatoesso stesso. Nella sezione esposta, a monte dell’area indagata, erano ben visibili lestratificazioni pertinenti a questo evento, cui era sovrapposta una pavimentazionein malta e laterizi e un livello di crollo cui era sovrapposto un altro notevolespessore di frana, al di sopra della quale erano strutture murarie labili, in pietralegata da poca malta, riferibili ad un’occupazione semi–rurale di età ottomana,praticamente affioranti. Ciò sta ad indicare la notevole instabilità di questo versante,particolarmente accentuata nel periodo tardo–ellenistico e post–bizantino.

Fig. . Sito : via (rruga) S. Efendiu: pavimento musivo.

Entrambi questi due ultimi scavi di emergenza, insieme ad alcuni altri rinveni-menti già noti, localizzati sulle prime pendici del plesso collinare ai piedi del qualesta la città moderna, in particolare quello di una casa a pastàs nel Parku Rinia di

Archeologia urbana a Durrës

III–I sec. a.C., indicano che l’abitato in età tardo–ellenistica comprendeva anchequest’area collinare, probabilmente con un’occupazione più rarefatta e di un certopregio. Dimostrano inoltre la forte instabilità del pendio, almeno a partire dall’etàellenistica e soprattutto in epoca post–classica, in grado di produrre e depositarecolluvi con spessori di diversi metri, che hanno modificato in modo notevole lamorfologia di superficie e con essa l’aspetto della città, indirizzandone lo sviluppoverso aree differenti. Per una migliore comprensione di questi fenomeni nel ,è stata effettuata una ricognizione geoarcheologica e geomorfologica di superficiedei rilievi collinari tra Dautë e Villa Zog, a ovest del centro di Durrës, i cui risultati,unitamente alla lettura geoarcheologica di alcune colonne stratigrafiche negli scavidi emergenza citati, sono in corso di pubblicazione.

Alcuni scavi d’emergenza hanno riguardato poi l’area ai margini di quella la-guna, oggi prosciugata, sulla cui esistenza in antico moltissimo si è discusso e checostituisce uno dei nodi per la comprensione dell’urbanistica antica della città,essendo strettamente legata all’individuazione dell’antico porto. Le opinioni degliarcheologi e dei geomorfologi sono, su di essa, contrastanti, non tanto sulla suaesistenza in età antica, che è fuori discussione sulla base delle numerose fonti chela citano, quanto piuttosto sulla sua ampiezza, pari o minore di quella modernaprecedente alla bonifica. I geomorfologi ritengono che l’espansione della lagunasia piuttosto recente, da porre in relazione con fenomeni di regressione marinaregistrati nel XV–XVI secolo. Alcuni dati archeologici confermano questa ipotesi:nell’area della laguna ‘moderna’ sono stati trovati, infatti, resti di villae, necropolie impianti artigianali antichi. Nelle recenti ricostruzioni della situazione anticadella città proposta da P. Cabanes e da A. Gutteridge, A. Hoti, H. R. Hurst, inve-ce, il plesso collinare in età antica avrebbe formato una lunga penisola, compresafra mare aperto e una vasta laguna aperta sul mare verso nord (Capo Palit) e incomunicazione con il mare aperto, a sud, solo attraverso un piccolo canale.

In via (rruga) Dëshmorëve – Ex fabbrica di farina (n. CRA), nel quartiere, a fianco del palazzo dello sport, a circa m in linea d’aria dall’attuale lineadel porto, in un’area di m, sono state rimesse in luce dagli scavi d’emergenzadel – alcune strutture edilizie ellenistiche (IV–III sec. a.C.), con successivecanalizzazioni romane di II–III sec. d.C. Lo strato ellenistico si trovava a -, m diprofondità, quello romano una ventina di centimetri più in alto (il dato tuttavia è didifficile valutazione, trattandosi di canalizzazioni in laterizio). Sottili strati di sabbiainterposti potrebbero indicare fasi di ingressione marina o lagunare.

Un poco più a nord–ovest, e dunque più all’interno, in via (rruga) Bashkimi(sito CRA), nel quartiere n. , nel uno scavo d’emergenza in un’area

. CRA , sito .

. P, S c. s.

. Sul tema, vedi S, S, H ; S –; S, S, H .

. T. .; L. . ; C., civ. .; A., nat. .; P. G. –.

. M , .

. C .

. G, H, H .

Sara Santoro

di m, a una profondità di -, m ha messo in luce un edificio ellenisticoorientato nord–sud. Esso comprendeva un cortile (, x , m) pavimentato agrandi tessere laterizie dotato di pozzo; in giacitura secondaria, vi si trovava unmagnifico capitello di fine IV sec. a.C. Attigui al cortile erano due vani con muri inlaterizi legati con malta. I materiali inquadrano le fasi di vita dell’edificio tra gli inizidel II sec. e la fine del I sec. a.C. Nel I sec. d.C., su un riporto spesso circa cm, ilcortile fu ripavimentato in mattoni e sul lato nord si realizzò una vasca rettangolarerivestita in cocciopesto. A -,/- m di profondità, furono invece intercettate tretombe alla cappuccina, con inumati privi di corredo (VII–XII secolo). Un lungosetto murario ad andamento nord–sud senza connessione con altre strutture, forseuna delimitazione di proprietà risalente alla tarda età bizantina o alle prime fasiottomane (XIV–XVI sec.) chiudeva l’area dalla parte della laguna in una zonadella città che, in età medievale e post–medievale, risulta allo stato attuale delladocumentazione totalmente rurale.

L’insieme dei dati forniti da questi scavi di emergenza dimostra la potenzae complessità del bacino stratigrafico dell’area centrale di Durrës e l’estensioneareale della città antica. Dimostra inoltre che gli assetti e gli orientamenti del primoimpianto urbano furono stati sostanzialmente rispettati fino all’età tardo–antica,così come la vocazione funzionale dei quartieri (funeraria, sacrale, commerciale eartigianale, residenziale), che rimase più o meno la stessa fino al terremoto del d.C. I disastrosi effetti di questo, in un momento di crisi e di cambiamenticulturali epocali, di modificazioni delle rotte commerciali e delle stesse gerarchieurbane nel Mediterraneo, comportarono sul piano urbanistico la prima rottura delsistema urbano unitario e avviarono la sua polarizzazione in città portuale bassa ecittà fortificata alta.

. I dati dagli scavi programmati

Concludono questa panoramica di dati recenti e recentissimi, quelli emersi da duescavi programmati.

Il primo, anglo–albanese, è consistito in una serie di sondaggi condotti nelmacellum/forum bizantino, la straordinaria piazza porticata circolare scoperta nel dietro il teatro A. Moisiu, nel centro della città e la cui pavimentazione inlastre di marmo proconnesio si trova a -, m di profondità dal piano stradaleattuale. Il confronto icnografico più stringente è con il foro circolare costruito daCostantino a Costantinopoli, tuttavia il materiale architettonico e in particolare lamagnifica serie di colonne e capitelli in marmo proconnesio rimanda piuttostoal periodo giustinianeo. Una prima datazione alla fine del V sec. d.C. era stataindicata sulla base del considerevole complesso ceramico rinvenuto in due dellebotteghe. Le indicazioni relative alla stratigrafia riconosciuta al di sopra della

. Per una sintesi degli scavi precedenti e per i dati stratigrafici qui presentati vedi H et alii , in part.fig. t.

. S b.

Archeologia urbana a Durrës

pavimentazione marmorea sono piuttosto sommarie nella edizione dello scavoe nei documenti d’archivio. Essa era costituita da uno strato nero di circa m dispessore, contenente materiale ceramico residuale; su questo era un altro strato diargilla giallastra di circa m , di potenza, contenente almeno tombe distribuitesull’intero sito. Un ulteriore strato bruno, di circa cm, che arrivava al livellodella strada attuale, conteneva ancora ceramica e frammenti laterizi. Sulla basedei dati raccolti, l’edificio sembra defunzionalizzato alla fine del VII sec. (tombe) ecrollato nel IX–X sec., benché l’area sia stata poi risistemata e frequentata, comedimostrano le ceramiche pertinenti ai secc. XIII–XIV .

Alcuni sondaggi sono stati realizzati dall’équipe anglo–albanese fra e ,finalizzati alla conoscenza delle fasi precedenti la costruzione dell’edificio monu-mentale e alla sua più precisa datazione. Essi hanno dato luogo al riconoscimentodi una stratigrafia assai articolata, sottostante la pavimentazione del foro e hannostabilito con considerevole precisione, sulla base dei contesti ceramici rinvenuti,che il monumento fu costruito alla fine del V sec. d.C. e dunque all’interno delprogramma edilizio propagandistico dell’imperatore Anastasio I, nativo di Dyrra-chium. I sondaggi hanno intercettato una sequenza di livelli di età romana, fino aquota -, m, pertinenti a strutture (muri e pavimentazioni) di abitazioni di etàaugustea e proto–imperiale e sottostanti livelli di occupazione ellenistici di II–I sec.a.C., questi ultimi non associati a strutture e la cui potenza non è specificata. Lestrutture residenziali proto–imperiali ebbero continuità di vita fino alla fine delIII– inizi del IV sec. d.C., quando furono abbandonate e successivamente demolite,forse in rapporto al terremoto del d.C.; un’azione di livellamento precedettela costruzione del macellum, fra la fine del V e gli inizi del VI sec. d.C. Nell’inter-pretazione di J. Wilkes, questo lungo periodo di stasi, in un’area posta nel cuoredella città antica che sarebbe rimasta per un secolo e mezzo occupata da ruderi estrutture demolite, potrebbe corrispondere ad una fase di crisi della città, dopo ilterremoto del , causata dalla turbolenta presenza, nella regione, dei Visigoti diAlarico e successivamente degli Ostrogoti di Teoderico, fino alla ripresa dovuta adun forte intervento imperiale motivato da ragioni strategiche.

L’altro scavo programmato nel centro storico della città è quello condottodal dalla équipe italo–albanese nel settore meridionale dell’anfiteatro (Figg., , ). Si tratta, in questo caso, di uno scavo estensivo, di m, che haraggiunto la profondità di -,/- m dal piano stradale attuale, tenendo contoche si tratta di un terreno in pendenza il cui assetto è comunque molto recente enon corrisponde a nessuna superficie naturale o antica: lo scavo, infatti, riguardaun’area compresa all’interno del monumento romano e nel suo immediato esterno.Secondo gli studi architettonici sul monumento, le strutture poste in luce dagliscavi, inserite al livello del maenianum secundum, si troverebbero a , m circa,sopra il piano di calpestio di età romana corrispondente alla galleria del pianoterreno dell’anfiteatro. Lo scavo, dunque, in questo particolare caso non fornisce

. H .

. H et alii , .

. S, H, S ; S, S, H ; S, H c. s.

Sara Santoro

informazioni sulle fasi precedenti l’edificio, quanto piuttosto su quelle successivealla sua defunzionalizzazione, abbandono, parziale demolizione, trasformazioneselettiva, per un periodo che va dalla seconda metà del V alla fine del XX secolo. Sitratta di un caso realmente definibile come archeologia urbana, anche se non èpossibile considerarlo esemplificativo delle vicende della città nel suo complesso, acausa della peculiarità del monumento in cui l’area indagata è inserita e del settoreurbano in cui il monumento si trova, piuttosto marginale rispetto al cuore dellacittà antica, come era prassi per questo tipo di edifici.

Fig. . Anfiteatro: rilievo con indicazione delle aree di scavo della Missione Archeologica Italo–Albanese (–).

La vicenda dell’anfiteatro di Durrës, considerato nella sua interezza, è comun-que emblematica delle trasformazioni post–classiche subite dalla città, dovute

Archeologia urbana a Durrës

Fig. . Anfiteatro: grande galleria settentrionale: sezione del colmamento di terra.

tanto a fenomeni naturali di colluvio, frane e terremoti quanto ai cambiamentidella struttura urbanistica, a partire dall’ età tardo–antica, determinati dalle crescen-ti necessità difensive, dalla crisi demografica ed economica e dalla conseguenteretractio urbana, dal sorgere di nuovi poli di aggregazione di natura religiosa, alter-nativi e sostitutivi di quelli pubblici della città romana, e poi in età alto–medievaledall’ingresso delle sepolture e degli spazi rurali nella città in un paesaggio di rovinecannibalizzate o rifunzionalizzate con strutture labili, fino alla ripresa agli inizidel IX sec. e alle successive fasi edilizie, via via sempre più consistenti, legatealle vicende molto complesse di questa città. Essa fu spesso contesa fra potenzecontrapposte, Bizantini e Normanni, Veneziani e Angioini, e infine Ottomani, esempre caratterizzata da una forte vocazione commerciale, portuale, che la reseaperta ai traffici, agli uomini e alle culture, con la presenza di fondachi veneziani,amalfitani, ragusei, orientali. Il modello del processo di trasformazione e del pas-saggio dalla città antica alla città medievale, e poi moderna, è simile nelle sue lineegenerali nelle città mediterranee ma segue poi modalità e tempi diversi in ognunadi esse.

L’anfiteatro, costruito in epoca traianea, subì danni nel terremoto del d.C.,

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Fig. . Anfiteatro: scavo del settore meridionale (panoramica da est).

Fig. . Anfiteatro: scavo del settore meridionale (panoramica da ovest).

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ai quali si cercò di porre qualche rimedio (si riconoscono nelle murature alcuniinterventi di consolidamento) prima che le leggi teodosiane vietassero i combatti-menti gladiatori e soprattutto il gusto del pubblico facesse preferire le corse deicarri degli ippodromi alle venationes, che ancora nel primo venticinquennio del Vsec. vi avevano luogo episodicamente. Come quasi tutti gli anfiteatri del Mediter-raneo, cessata la sua funzione di edificio per spettacolo, anche l’anfiteatro di Durrësdivenne cava di pietra, prima di essere inglobato all’interno delle mura costruitefra la fine del V e gli inizi del VI secolo. Queste, secondo le nostre indagini geofi-siche e i calcoli e le ricostruzioni architettoniche, ne utilizzarono una porzionedell’anello esterno come fondazione; per la loro costruzione furono probabilmentecalcinati i materiali lapidei delle gradinate. Demolito nella sua superficie esterna,il suo scheletro in opus coementicium era diventato contemporaneamente, nellasua struttura interna, un quartiere urbano: le gallerie, compresa la grande galleriasettentrionale, furono occupate da poverissime abitazioni, da necropoli e da edificidi culto cristiano, anche se sulla datazione della celebre cappella di S. Stefano, esoprattutto della sua decorazione musiva, il dibattito è tuttora aperto. I risultatidello scavo del settore meridionale agganciano questa situazione, databile al passag-gio fra VI e VII sec., documentando la sequenza delle fasi successive fino ai giorninostri. Si tratta di una finestra assai ridotta quanto ad estensione areale, ma è perora l’unica che consenta una visione diacronica degli ultimi quindici secoli dellacittà, pur se parziale e fortemente condizionata dalla monumentale presenza in cuiè inserita.

A partire dal momento della defunzionalizzazione del monumento, frane, col-luvi e scarichi intenzionali hanno determinato nel tempo il colmamento, da unlato, della conca dell’anfiteatro e dall’altro della retrostante valletta a nord–est delcastello turco, su cui usciva la grande galleria settentrionale posta sull’asse mag-giore dell’anfiteatro stesso. Una lettura geoarcheologica, realizzata dalla nostraéquipe (F. Pavia, B. Sassi) della sezione esposta del colmamento interno di questagalleria, parzialmente scavata da V. Toçi negli anni Sessanta del XX secolo e da altrisuccessivi interventi non meglio documentati (Fig. ), ha consentito di riconoscerela successione stratigrafica fino a m , di altezza dall’attuale piano di calpestiodella galleria. Questo piano è del tutto recente e relativo agli scavi sopra citati;i sondaggi archeologici da noi effettuati all’interno della galleria settentrionalenel indicano che esso si trova a , m sopra il piano pavimentale anticodella galleria, in scaglie di calcare, che a sua volta si trova a quota , m slm. Ildeposito sottostante il piano attuale di calpestio è costituito da una successionedi livelli colluviali e antropici di discarica contenenti materiale ceramico di etàromana imperiale, intonaci, residui carboniosi e ceneri. In connessione con questi,alcuni muri in materiale lapideo di riempiego definiscono ambienti di ridottedimensioni, pertinenti ad una fase di rioccupazione a scopo abitativo degli spaziinterni dell’anfiteatro, fase riferibile al periodo tardo–antico e alto–medievale (V–

. C et alii ; G, G .

. Da ultimo B, M .

. La quota più bassa dell’arena raggiunta dagli scavi di V. Toçi era di , m slm.

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VII sec. d.C.). A partire dal piano attuale, invece, la stratigrafia del colmamentodella galleria è composta da un’alternanza di strati a matrice argillosa, contenentirari frammenti laterizi e ceramici, con strati a matrice sabbiosa contenenti abbon-danti macerie e ceramiche di età tardo–romana. Alcuni strati presentano superficiconcave canaliformi. Sulla base delle caratteristiche di tessitura, colore, caratteripedologici e reperti archeologici diagnostici sono state individuate diverse UUSSraggruppate in sette macrofasi, che sintetizzano i principali momenti di erosionee sedimentazione responsabili del riempimento della galleria. Gli strati a matriceargillosa con scarsa presenza di elementi ceramici dovrebbero corrispondere amomenti di erosione–deposizione che intaccarono una stratigrafia posta a mon-te, scarsamente antropizzata e potrebbero riferirsi quindi a fasi di dissesto delversante collinare (frane, colluvi). Gli strati più antropizzati, invece, potrebberocorrispondere ad azioni di movimentazione e scarico intenzionale di depositi dietà romana e tardo–romana. La stratigrafia appare dunque come un’alternanza diepisodi naturali e antropici che vedono la grande galleria trasformata in una sortadi canale dove indirizzare scarichi provenienti da aree esterne e poste più in altorispetto al monumento, in occasione di interventi edilizi a quota superiore quali,probabilmente, la costruzione del castrum, trasformato poi in castello medievale eturco.

Nel settore meridionale, la struttura dell’anfiteatro alla fine della tarda antichitàdoveva essere già in gran parte crollata e demolita, nei suoi due anelli più esterni:si trattava infatti della porzione completamente sostruita, e non appoggiata allacollina, e dunque più fragile; inoltre trovandosi ai piedi del pendio, aveva ricevutonel tempo la spinta devastante dei colluvi, delle frane e dei terremoti. Nell’areae alla quota dello scavo restano solo le arcate delle gallerie radiali, con la loroalternanza di scale e sostruzioni voltate chiuse. Restava inoltre parte della galleriameridionale, voltata: infatti, sotto i grandi blocchi del piano cementizio sovrappo-sto ad essa, crollati nel terremoto del , erano focolari e sistemazioni ligneepertinenti ad abitazioni di età precedente, medievale. In quest’area, dunque, frala fine del V e il VII sec. d.C. le macerie e i ruderi del monumento, parzialmenteriempiti di terra di colluvio (come indicano le indagini geofisiche), costituivanoormai una superficie pressoché continua, abbastanza stabile, da cui si elevavanoancora blocchi e porzioni delle potenti strutture romane; le arcate delle gallerie,che ancora restavano, potevano offrire riparo a uomini, merci e animali.

Una fornace per la produzione ceramica trovava posto fra questi ruderi, a sud–est dell’area dello scavo: ne è stata individuata in parte la struttura della camera dicottura e alcuni prodotti di scarto sono compresi fra il molto materiale ceramico delriporto di una quarantina di centimetri che fu steso su questa superficie, piuttostoirregolare, per regolarizzarla, nella prima metà dell’VIII secolo. Su di esso fucostruito un lungo muro, probabilmente di divisione dello spazio in due diverse

. D F et alii , in part. fig. : il modello tridimensionale del campo di velocità delle onde P, elaboratoutilizzando tutte le sezioni sismiche a rifrazione realizzate nella prospezione sismica, indicava la presenza distrutture più superficiali distaccate da altre a maggior profondità da spessori variabili, anche potenti alcuni metri,di terreno decoeso (riporti, colluvi).

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pertinenze. Questa situazione di occupazione parzialmente rurale e comunquediscontinua sembra superata nel secolo successivo, agli inizi del IX, quando ilmuro fu dismesso e ricoperto da un riporto e il settore si strutturò in sensomaggiormente urbano, con la realizzazione di una canalizzazione accuratamentecostruita, che sfiorava le poderose strutture antiche, ancora presenti nell’angolosud–est del settore di scavo e che erano state certamente riutilizzate (Fig. ), comevediamo nell’anfiteatro di Arles. La canalizzazione si dirigeva, in leggera pendenza,verso sud convogliando le acque del quartiere abitativo che nel tempo si eravenuto formando sul lato est, sui ruderi meglio conservati in alzato dell’anfiteatro,rispettando la partizione in cunei come si può osservare ancora oggi nel calcourbano tuttora presente ed abitato.

Il IX secolo costituì una fase di ripresa, economica e demografica, per la città,sancita dall’assunzione al ruolo di capitale del thèma. In questo secolo, e nel X,l’intero anfiteatro, compresa quest’area meridionale, acquisì sempre più il caratte-re di centro religioso e funerario, con sepolture di rango superiore rispetto allenumerosissime tombe alla cappuccina quasi sempre prive di corredo e sepolturein nuda terra, messe in luce dagli scavi di V. Toçi, che già in età alto–medievalene avevano occupato gli spazi interni ed esterni. Secondo la recente e convin-cente disamina degli elementi archeologici, architettonici e storico–artistici di J.Mitchell, è questo il momento in cui venne decorata con prestigiosi mosaicila cappella funeraria nota come cappella di S. Stefano, che doveva contenere unsarcofago e accanto alla quale è una grande tomba bisoma in cassa litica e unacappella–ossuario, utilizzata fino alla metà del XVI secolo. Una seconda cappellasul lato opposto dell’anfiteatro, quello orientale, assolveva probabilmente analoghefunzioni funerarie in connessione con un luogo di culto posto a livello superiore.Lo strato inferiore, più antico delle pitture da cui era decorata, oggi pressochéevanide, stilisticamente e per stratigrafia muraria sembra riferibile a questa fase.

Nel settore meridionale oggetto dello scavo, alcune sepolture alla cappuccina,plurime, furono disposte sui gradini della galleria a scala VI: la cassa era costituitada laterizi di reimpiego, di cui uno decorato con un pesce. La datazione di questedeposizioni è circoscritta, dalle analisi al C, agli anni – d.C. Intorno al d.C. si data un’ulteriore sepoltura di una giovane donna, ricavata in un tratto dellacanalizzazione oramai dismessa. La defunta aveva orecchini ad anello, in bronzo,un anello digitale in ferro e una moneta in bocca. Con la tipica commistionemedievale di abitazioni, attività produttive, edifici religiosi e tombe, sempre nelX sec. nell’area venne costruita un’abitazione, con fondazioni in pietra legate conterra e alzato retto da pali lignei. L’edificio ebbe una seconda fase, caratterizzata dauna differente tecnica edilizia che riutilizzava grossi blocchi di muri dell’anfiteatro,recuperati e disposti come elementi costruttivi. Questa fase si data fra la fine dell’XIe gli inizi del XII secolo ed è concomitante con la presenza di una vetreria (resti

. T .

. B, M .

. S, H, S , (C. Boschetti).

Sara Santoro

della fornace, scorie e elementi di soffiatura) posta qualche metro più a ovest.Sono questi gli anni che vedono Durazzo sanguinosamente contesa fra Roberto

il Guiscardo e Alessio I Comneno. Come ricorda Anna Comnena in città c’eraun’importante presenza di fondachi veneziani e amalfitani, anzi, a detta della storicabizantina, ‘tutti’ gli abitanti della città erano veneziani o amalfitani, e la città fuconquistata dai Normanni proprio per il tradimento di uno di questi ultimi. Alla fineprevalse la componente veneziana, grazie all’appoggio navale dato all’imperatore.Un secondo tentativo di conquista da parte dei Normanni si ebbe ad opera diRuggiero II, che riuscì a prendere la città nel per riperderla però ad operadell’imperatore Isacco II Angelo poco tempo dopo.

L’edificio messo in luce dagli scavi venne intenzionalmente smantellato nellaseconda metà del XII sec. per costruirne al suo posto un altro, più ampio, dallemura possenti, realizzate con una tecnica inusuale a lunghi conci parallelepipedi dicalcare grigio; il grande ambiente unico era affiancato da un cortile con tettoia.

Nel , quando la flotta crociata proveniente da Zara approdò a Durazzo,conquistandola, la città era ancora bizantina; due anni dopo, nel l’occupazioneveneziana era già stabile: in città venne installata una guarnigione e un governatoreveneziano; del è la prima attestazione del ducato veneziano di Durazzo.Tuttavia, i mutamenti politico–economici legati agli esiti della IV crociata, inparticolare in Macedonia e Tessaglia, modificarono le rotte e i percorsi dell’areabalcanica, privando Durazzo della sua importanza internazionale come snodocommerciale; Venezia si liberò dunque alla svelta del fardello della gestione dellacittà cedendola nel al despota dell’Epiro Michele Dukas.Una nuova fase siaprì nel , allorquando il figlio di Federico II, Manfredi, si impadronì della costaalbanese e anche di Durazzo, ma di lì a poco lo stesso Manfredi fu sconfitto erimpiazzato da Carlo I d’Angiò sul trono del Regno di Sicilia.

Una seconda fase edilizia del palazzo è da porsi intorno alla metà del XIII, qual-che decennio prima del disastroso terremoto che nel ridusse la fiorente città,da poco passata nelle mani degli Angioini, ad un borgo di rovine abitato da pochecentinaia di persone, come descritto nel dal pellegrino francescano Simon Fi-tzsmons. Gli effetti drammatici di questo terremoto sono stati ben constatati negliscavi, che hanno posto in luce non solo i grandi crolli delle parti ancora conservatein alzato della grande galleria meridionale dell’anfiteatro romano, ma anche levittime schiacciate da questi e soffocate dalla polvere, all’esterno e all’interno delpalazzo. Ne sono state recuperate complessivamente undici.

Sappiamo da fonti d’archivio che, successivamente al terremoto, Carlo I d’An-giò intervenne ripetutamente inviando denaro e manodopera dalla Puglia per laricostruzione, in particolare delle fortificazioni di questa piazzaforte così importan-te, finalmente acquisita al regno e fondamentale per l’ambizioso progetto angioino

. B et alii .

. Alex., ..; .. e .

. Le notizie storiche qui di seguito riportate e le datazioni, non sempre concordanti, sono tratte da D

; H , –; H , –.

. M , .

Archeologia urbana a Durrës

di attacco all’impero bizantino, progetto ben presto fallito: nel Durazzo vennenuovamente presa dai Bizantini d’Epiro, e poi dai Serbi, nel , i quali la tenneroalmeno fino al , allorquando tornò in mano angioina. Intorno al tutta l’areadurazzina era in mano ai signori albanesi, Musachi e Thopia, guadagnando di fattol’autodeterminazione a partire da questa data, seppure fosse ancora formalmentesotto il governo angioino. In quel tempo la costa albanese era ormai stabilmenteentrata a far parte del circuito economico adriatico dominato da Venezia, e conessa Durazzo, che ne divenne uno dei capisaldi commerciali e militari. La città,tuttavia, non si era ripresa dalla gravissima crisi del terremoto e continuò ad esseresoggetta ad un continuo fenomeno di spopolamento, dovuto al peggioramentodelle condizioni ambientali seguite all’estendersi delle lagune; in particolare, lapenuria d’acqua diventava sempre più grave. I numerosi provvedimenti di agevola-zioni fiscali ai nuovi residenti e di interventi idraulici e portuali, a dire il vero piùproposti che realizzati, documentati negli archivi della Serenissima, non sortironogli effetti desiderati.

Nonostante queste vicende politicamente e militarmente tumultuose e la crisidella città, il palazzo fu ricostruito fin dai primi anni del XIV secolo, rialzandonei muri, e divenne una costruzione complessa, costituita da diversi ambienti piùpiccoli, ortogonali fra loro, residenziali, cortilizi e di circolazione, in cui la sovrap-posizione dei piani pavimentali, i riporti, il rifacimento dei focolari, l’apertura echiusura di porte seguono il tipico modello di accrescimento delle stratigrafieurbane degli interni. L’area circostante sfruttava le strutture dell’anfiteatro ancoraesistenti, opportunamente approntate e spianate, come depositi e magazzini, men-tre una gran quantità di pozzi/rifiutaie venivano progressivamente aperti, manmano che i precedenti si riempivano.

Forti colluvi riconosciuti nell’area dello scavo, determinati da un peggioramen-to climatico e dal disboscamento e dall’instabilità dei versanti superiori all’anfitea-tro, coincidono con l’ulteriore indebolimento demografico della città che MarinoSanudo, nell’aprile del , dice abitata da soli uomini atti alle armi, serratientro le mura, terrorizzati dai Turchi che li assediavano: la caduta definitivaavvenne nell’estate successiva. Nel , il Contarini, comandante della flotta vene-ziana bombardò ancora la città, divenuta turca e abbondantemente fortificata dainuovi signori: «... il Contarino, ripieno di sdegno, assaltò il luogo con l’arme e conl’artiglieria di modo, che presto andò in terra una gran parte della muraglia, rovinòancora la Moschea dentro alla quale morirono assai Turchi, del uno e del altrosesso, per il che fuggirono tutti dalla Città...». Nel nostro scavo la macrostoria silega alla microstoria: una delle palle da mortaio, in ferro, di quel bombardamentoè stata rinvenuta accanto ad una delle strutture di divisione parcellare dell’area,divenuta un intrico di orti, cortili, magazzini pertinenti all’abitazione in cui si era

. Per l’analisi di alcuni di questi documenti, relativi soprattutto agli interventi di fortificazione, vedi M

c.s.

. Diarii, III (anni –), (edito a Venezia nel ).

. DHS (Dokumente për Historinë e Shquipërisë –, Accademia delle Scienze d’Albania–Istituto di Storia, Tirana). XVI – XVII, fr. , p. .

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trasformato l’antico palazzo medievale. Ancor più tardi, nella prima metà del XVIIsecolo, sotto ad un battuto pavimentale dell’ambiente A–B qualcuno nascose inuna brocchetta in ceramica invetriata dipinta di XVI secolo un deposito monetalecostituito da monete d’argento (grossi) della zecca di Ragusa. Il deposito copreun arco cronologico che va dalla seconda metà del XVI secolo al ed è dunqueposteriore a tale data.

Le abbondanti discariche del XVII, XVIII e XIX secolo indicano una tendenzaalla ruralizzazione dell’area. All’inizio del XX secolo si data la ristrutturazionedell’abitazione che in effetti è ricordata come locanda per i marinai del porto; viebbe poi sede una macelleria, con annessa stalla, dismessa e smantellata nel .Questo intervento di bonifica urbana e di recupero dell’area, ricompresa nellospazio pubblico dell’anfiteatro, consentì l’avvio di questo scavo di archeologiaurbana, aprendo una finestra su una storia millenaria. Nei progetti di restauroe rifunzionalizzazione dell’anfiteatro, elaborati dalla Missione, si propone lamusealizzazione di quest’area, come museo della città cresciuta su se stessa.

Referenze grafiche e fotografiche

Università degli Studi ‘G. d’Annunzio’, Chieti–Pescara: Dipartimento di Scienze Psicologiche,Umanistichee del Territorio; [email protected]

Fotografie e disegni sono opera della Missione Archeologica Italo–Albanese attiva a Durazzo (Durrës).La Fig. è tratta da S ; la Fig. , da R a.

Sara Santoro

. H, B .

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Ricerche archeologiche in AlbaniaISBN 978-88-548-7245-5DOI 10.4399/978885487245519pag. 363–405 (novembre 2014)

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– Scienze matematiche e informatiche

– Scienze fisiche

– Scienze chimiche

– Scienze della terra

– Scienze biologiche

– Scienze mediche

– Scienze agrarie e veterinarie

– Ingegneria civile e architettura

– Ingegneria industriale e dell’informazione

AREA – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

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– Scienze politiche e sociali

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Finito di stampare nel mese di novembre del

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