Aprire le porte all'immaginazione

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TERESA ESCOBAR, ANTONELLA MONTELEONE, ROBERTA SORTI.

danzaterapeute, Roma, Milano.

Aprire le porte all'immaginazione.

"Alla corte del Principe di Birkasha arrivò una danzatrice con i suoi musicisti. E fuammessa a corte e danzò alla presenza del Principe, accompagnata dalla musica delliuto e del flauto e della cetra. Eseguì la danza delle fiamme e la danza delle lance edelle spade; la danza delle stelle e la danza dello spazio.Poi fu la volta della danza deifiori nel vento. Si fermò infine davanti al trono del Principe e si piegò dinanzi a lui inun inchino. E il Principe le ordinò di avvicinarsi, e le disse: "Bella fanciulla, figlia digrazia e diletto, da dove viene la tua arte? E come domini gli elementi dei tuoi ritmi edelle tue armonie?" E la danzatrice s'inchinò di nuovo davanti al Principe e rispose:"Potente e graziosa Maestà, non so dare risposta a ciò che chiedi. Solo quest so:l'anima del filosofo dimora nella sua testa, l'anima del poeta nel suo cuore, l'anima delcantante nella gola, ma l'anima della danzatrice dimora in tutto il corpo... " .

(K. Gibran )

Con questo scritto intendiamo condividere con voi le nostreriflessioni su un'esperienza che abbiamo iniziato tre anni orsono e che è tuttora in atto. Siamo tre danza-movimento-terapeute, diplomate già da diversi anni; lavoriamo in diversiambiti clinici e proveniamo da tre diverse città (Roma, Milano,Bologna). Il progetto che è scaturito dal costituirei come gruppodi lavoro e che ci accingiamo a descrivere, ha preso le mossedalla necessità condivisa di una formazione e di un aggiornamentopermanente, creando una rete di scambio e di rinforzo reciproco.

Proveniendo da diverse esperienze nel campo della danza delteatro e della psicologia, ognuna con il proprio bagaglio diconoscenze, ognuna con la propria storia, ci siamo incontrate nelluglio del 1984 a Castiglione del Bosco in Toscana al I° SummerIntensive Training Institute in Creative Arts Therapy. promossodall' Associazione Art Therapy Italiana. Il modello di istitutointensivo prendeva spunto dal Programma estivo per la formazionein terapie espressive del Pratt Institute in New Hampshire, dal

quale provenivano la maggior parte dei docenti.

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Quello che stavamo cercando era la possibilità diconoscere ciò che altri avevano già sperimentato,applicato e teorizzato rispetto alle potenzialità deilinguaggi artistici, in particolare della danza, comestrumenti di espressione, di comunicazione e ditrasformazione all'interno della relazione terapeutica.

Nella nostra ricerca avevamo intuito che tra arte escienza esistono dei nessi e delle interrelazioni, cheesprimersi attraverso il movimento crea delletrasformazioni a livello psicologico, che il movimentopuò essere letto come manifestazione della psiche.

In Toscana ci siamo trovate immerse in un ambienteparticolare caratterizzato dallo scambio e dal confrontotra culture diverse, tra quella artistica e quellapsicoanalitica.

Lì abbiamo iniziato a trovare delle risposte ainostri quesiti ed è così che abbiamo scelto diintraprendere il nostro percorso di formazione in danza-movimento terapia. Il Programma quadriennale in arte edanza movimento terapia offerto da Art Therapy Italianaha come schema di riferimento la teoria psicoanalitica,che pone l'accento sul valore della relazioneterapeutica, sul significato del processo creativo esulla produzione simbolica. Questo tipo di formazionerichiede di sviluppare le proprie conoscenze in camposcientifico così come di acuire le proprie capacitàcreati ve; di dare ascolto e di potenziare sia il latorazionale che quello intuitivo e di familiarizzarsi coni processi ad essi collegati, in modo da poter entrareed uscire partecipando ed osservando nel lavoroartistico e/o nella coreografia del paziente.L'apprendimento avviene attraverso l'integrazione dipratica e di teoria, facendo di sé il principalestrumento di conoscenza. .

Il passaggio dalla posizione di studente a quello diprofessionista specializzata in danza-movimento-terapia,ci ha messe di fronte al sorgere di nuovi interrogativie di nuovi bisogni. Sentivamo innanzi tutto la necessitàdi creare delle opportunità di incontro che offrisserouna possibilità di scambio, di confronto e di sostegnolungo il percorso di maturazione della propria identitàprofessionale. Si trattava di creare una struttura digruppo di "pari" come parte di una formazionepermanente.

Al primo incontro avvenuto come già detto tre anni fa abbiamo individuato gli argomenti che intendevamo affrontare: - la teoria - la supervisione sul lavoro clinico - l'esperienza creativa attraverso il movimento.

E' stato definito un calendario mensile degli

incontri e il tempo da dedicare a questi tre argomenti.Nel corso del tempo è però apparso evidente che l' e-sperienza creati va attraverso il movimentorappresentava per ognuna di noi l'argomentoprioritario, un bisogno non altrove soddisfacibile.

Infatti il nostro lavoro ci porta in modi diversi amuovere il nostro corpo

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in risposta ai bisogni dell' altro, del paziente,facendoci "abitare" dalle sue emozioni, dalle sueimmagini.

Diventa quindi fondamentale mantenere uno spaziodove il nostro corp<: in movimento possa essereinterprete del nostro mondo interiore. Uno spazi~ diascolto e di riflessione dove il movimento "apra leporte all' immaginazione", ri~eli perché si possasentire e vedere in sé, perché diventi in se stessestrumento di conoscenza.

Eravamo altresì consapevoli che questo tipo dilavoro che attinge direttamente alle fonti del nostroinconscio non può essere praticato senza un contenitorestrutturante (setting, ruoli e norme definite) cheprevenga il rischio di una perdita dei confini, di unaconfusione tra il mondo interno e la realtà esterna.

Nell'estate precedente l'inizio di questo nostrolavoro una di noi (Teresa Escobar) aveva avuto lapossibilità di partecipare ad un seminario sul "Movi-mento Autentico" condotto da Joan Chodorow, allieva diMary S. Whitehouse pioniera della danza terapia negliStati Uniti.

Condividendo questa esperienza all'interno delnostro gruppo è appar~~ chiaro che la forma delmovimento autentico poteva rappresentare quel conteni-tore strutturante di cui eravamo alla ricerca.

L'anno successivo insieme abbiamo avuto l'occasionedi vivere un'altra esperienza di movimento autentico conun'altra danza-terapeuta americana. Janet Adler, allievaanch'essa della Whitehouse, che ci ha permesso diesplorare e approfondire ulteriormente le potenzialitàdi questa "forma" e di verificarne i significati.

Ritornando a descrivere la nostra esperienza digruppo: nei nostri incontri mensili vengono dedicatecirca tre ore alla teoria ed alla discussione rispettoal lavoro clinico. La stessa quantità di tempo vienededicata al lavoro di movimento autentico che via via hacominciato a rappresentare per ognuna di noi il punto diriferimento costante e in un certo senso costituisce ilcuore del nostre lavoro di gruppo.

Ciascuna di noi ha a sua disposizione 20 minuti ditempo per realizzare lasua danza personale, un'improvvisazione creata sul momento.

Si inizia magari come se si facesse uno scarabocchio,senza sapere qualeforma si vuole creare.

Oppure si avverte un'interferenza dell'attivitàcosciente e così i gesti lapostura o i movimenti appaiono vuoti o schematici.

In seguito, generalmente, la persona comincia ad entrare maggiormente in contatto con le proprie emozioni, i sentimenti, le immagini interiori e il movimento può dare forma a questi aspetti dell'inconscio.

Per questo si agisce ad occhi chiusi mantenendo lapossibilità di aprirli

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solo nel caso si senta la necessità di un movimentoveloce e ampio che prenda molto spazio.

Le due restanti persone del gruppo, mentre lapersona si muove siedono ai lati della stanza silenti edin atteggiamento di ascolto recettivo pronte ad ac-cogliere dentro di sé i movimenti di chi danza e alasciare che questi suscitino dentro di lei immagini edemozioni che cercherà di discernere come appartenenti asé o provenienti dalla persona che danza.

Terminati questi primi 20 minuti si è stabilito untempo breve durante il quale ciascuna può riflettere,scrivere o eventualmente esprimere attraverso un disegnocirca la propria esperienza come testimone o comeinterprete della danza.

Infine si è definito un tempo di 15 minuti per laverbalizzazione durante la quale colei che si è espressanel movimento può decidere di parlare o meno del propriovissuto e può chiedere, se lo desidera, di ascoltarel'esperienza delle testimoni.

Questa è a grandi linee la struttura che hacaratterizzato il nostro lavoro, costituendosi nel tempocome un contenitore rituale che ha permesso al gruppo diaprirsi alla libertà della ricerca.

Ci sembra utile a questo punto esporre in modosintetico i principi fondamentali su cui si basa illavoro da noi intrapreso che fa riferimento come abbiamoaccennato precedentemente alle ricerche dellaWhitehouse, della Chodorow e della Adler. Citeremosoltanto alcuni degli aspetti e delle idee che questeautrici hanno sviluppato nel corso del loro lavoro ecioè queli che ci sono sembrati più pertinenti al temache qui viene trattato.

Il termine movimento autentico è stato introdotto daM.S. Whitehouse (1911/1979), danzatrice coreografa edanalista junghiana, la quale ha sviluppato un unicoapproccio teorico-pratico alla danza-movimento-terapianel quale vengono integrati concetti provenienti dallapsicologia junghiana (immaginazione attiva-polarità-relazione terapeutica) con aspetti del lavoro e dellaricerca nel campo della danza (improvvisazione-consapevolezza kinestetica). Secondo l'autrice esistonodue polarità nel movimento che corrispondono a duetendenze psichiche, ai concetti del "lo mi muovo" e "losono mosso": "lo mi muovo" movimento diretto dall'Io e"lo sono mosso" movimento diretto dall'inconscio.

E' proprio nell'incontro tra questi diversi aspettidelle esperienze dell'''Io mi muovo" e "lo sono mosso"che secondo lei il movimento autentico si rivelapermettendoci di accedere a strati profondi della nostra

psichechefinoaquelmomentoeranosconosciuti.S

ullatr

accia di questi insegnamenti la Chodorow e la Adlerhanno sviluppato un loro specifico orientamentoteorico-pratico creando la forma del movi-

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mento autentico così come noi ne abbiamofatto esperienza.

Secondo la Chodorow nel lavoro con la danza-movimento-terapia ci si può muovere in due direzionifondamentali, una diretta verso il conscio ed una di-retta verso l'inconscio. La prima è più appropriata nellavoro con i pazienti psicotici o comunque con gravideficits, che hanno bisogno di sviluppare la consapevolezza,il senso della realtà esterna e di rafforzare attraversoil movimento i confini corporei. Il secondo approccio,in quanto "strumento atto ad aprire le portedell'inconscio", è più appropriato per le persone chehanno una più chiara distinzione tra mondo interno emondo esterno.

L'intento della Chodorow nel definire questi duemovimenti è quello di chiarire nei diversi tipi dipersonalità quali possono essere i diversi bisogni, an-che se poi afferma che "esiste un costante interscambiotra questi due livelli".

L'autrice sostiene che il punto focale nel lavoroterapeutico attraverso la danza e il movimento èrappresentato dall'esperienza che fa chi si muove, dal-l'esperienza che fa chi osserva (il testimone) e dallarelazione che si crea tra i due che serve da contenitoree allo stesso tempo costituisce il processo.

La Chodorow afferma che ci sono diverse cose chepossono catturare l"attenzione del testimone che osservala danza: può essere incuriosito da quelle che il corposta facendo, o dal tono emozionale; ci sono aspettidella storia personale che possono emergere oppure imovimenti possono richiamare una musica, una poesia, unquadro, un mito...".

Ella scrive: "E' tutto là mentre stai osservando, maper lo più è come un sogno. Non puoi trattenere tutto. Qualcosa rimane ma non puoi ricordare tutto. In un certosenso c'è una qualità rituale. E' come se entrassimo in uno spazio sacro" .

Secondo la Chodorow la relazione tra il testimone ecolui che si muove avviene dentro una sorta di "spaziosacro", di cerchio magico, di contenitore terapeuticodentro al quale ci si può deliberatamente aprire allapossibilità della fusione con l'altro, in uno stato che sipuò definire di "partecipation mistique" (Jung).

J. Adler, resasi inizialmente nota per il suo lavorocon bambini autistici. oggi riconosciuta per il suoesteso lavoro sul movimento autentico con adulti. haampliato ed approfondito lo studio del ruolo delterapeuta come "testimone", il ruolo di osservatoreempatico.

Il testimone, spiega la Adler (1985), inizialmentequando siede in disparte e si mette ad osservare, si facarico della responsabilità della funzione cosciente.Il ruolo del testimone permette in questo modo allapersona che si muove di allentare il controllo coscientemantenendo la sicurezza di non perdersi nella suaesperienza attraverso il movimento durante la quale sipuò abbandonare all' in-

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tuizione, facendo emergere le proprie immaginiinteriori e dialogando con esse.

Come la Whitehouse e le sue allieve, la Adler chiedealle persone di muoversi ad occhi chiusi, credendo sullabase della sua esperienza che questo aiuti gli individuiad espandersi ed approfondire la propria consapevolezzadelle esperienze inconscie e di quelle transpersonali.

Il ruolo del testimone è quello di osservatoreempatico, partecipe e non giudicante. Come se dicesse:"lo sono qui, presente, sono parte di quello che staaccadendo".

E' importante che il testimone impari a riconoscereciò che la danza suscita dentro di lui/lei, distinguendoquello che proviene dal suo mondo intrapsichico e quelloche è proprio di colui che si sta muovendo.Nell'interazione verbale successiva all'azione cercheràdi mantenere lo stesso tipo di atteggiamento: cercheràdi non fare domande, di non dare giudizi o spiegazioni,di rimanere in contatto con il proprio sentire piuttostoche con la parte razionale.

Secondo la Adler questo tipo di lavoro può essereutilizzato in tre diverse aree di ricerca ed interesse:a) come sorgente creativa nel lavoro artistico; b) comeesplorazione dell'inconscio universale ad un livellotranspersonale; c) come mezzo per un ampliamento dellacomprensione del processo terapeutico.

Concludendo, crediamo che questa esperienzaattraverso il movimento autentico abbia risposto ainostri bisogni iniziali di sostegno a livello personalee di supporto lungo il percorso della nostra formazioneprofessionale.Ma non solo questo. Forse quello che stiamo scoprendo

è qualcosa a cuinon è facile dare un nome.Proviamo a farlo citando alcuni frammenti dei nostri

diari e appunti scrittiin relazione all'esperienza.

"Costruire il luogo della fiducia nello spazio dell'illusione, aggiungendo strato dopo strato l'esperienza della storia del gruppo. E' come una discesa in una caverna in cordata".(Roberta)

"Lasciare che il movimento riveli, apra le porte all'immaginazione, creando la forma di ciò che io ho dentro, perché io possa sentire, vedere in me, perché gli altri possano, vedendo loro stessi, aiutarmi a vedere ciò che io non vedo.”(Teresa)

"Una riflessione sul mio centro, un ritornare al movimento puro come strumento di conoscenza di se stessie del mondo, un entrare in quel mondo dove la danza diviene sacra".(Antonella)Convinte che la nostra ricerca sia appena agli inizi,

ci piace finire questonostro scritto con alcuni degli interrogativi che sono emersi nel nostro lavoro:

Che cosa accade quando lascio cadere le barriere cheesistono tra me e l'altro da me, tra me e il mio mondo interno segreto e l'inconscio, quando si permette che esso si manifesti prendendo forma in una danza?

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Quali sono le condizioni perché questo accada in unmodo sicuro che non

porti ad una situazione di confusione?Cosa rende questo processo veramente trasformativo?Quanto e che cosa di questa esperienza può essere

riportata all' interno di una relazione terapeutica?

Quanto di ciò che accade ha a che fare con la nostraesperienza personaleo con quella collettiva della storia umana?

Che senso può avere nella nostra società modernaaprirsi ad un'esperienzatranspersonale?

Possiamo ritornare al rituale, all'anima, mantenendoviva la forza dell’Ioche tanto faticosamente abbiamo conquistato nel corso della nostra evoluzione ?

Quanto e come l'arte con il suo spazio simbolico e specificamente la danza che utilizza il corpo come contenitore e strumento di espressione possono contribuire a costruire uno spazio sacro per la ricerca interiore?

Ci chiediamo infine, guardandoci intorno, che sensopuò avere tutto questo in un'epoca in cui l'uomo sembrateso a rinunciare alla propria corporeità ricostruendouna nuova realtà virtuale fittizia attraverso ilcomputer che non "vede", che non "sente", che non"tocca" che non immagina e che non provaemozioni?

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