Allungò il passo
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Transcript of Allungò il passo
Allungò il passo. Era a metà strada e mancavanocinque
minuti all’inizio. Superò l’incrocio e il semaforoe riprese il
marciapiede sulla destra; per fortuna non facevacaldo, il sole
era oscurato da una leggera nuvola che toglieva laluce ma
non il calore, e un venticello leggero spiravaallontanando la
calura e l’umidità. Non fece caso alla gente cheaspettava il
bus, aveva troppa fretta; oltrepassato l’incrociodi via Verdi
attraversò la strada spostandosi sulla sinistra,passò nel
piccolo giardinetto vuoto e privo di ogni
attrattiva e svoltò a sinistra, cercando di
tenersi in equilibrio su un marciapiede preso
d’assalto dalle radici degli alberi che lo avevano
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reso ondulato e pieno di piccoli crateri. Passò
sulle strisce pedonali e si trovò oltre l’incrocio
di via Sant’Adele; l’edificio della ASL alla sua
destra e quello del consultorio alla sinistra,
privi di pazienti e di utenti, apparivano
spettrali e sinistri. Rivide nella sua mente i
giorni in cui vi si era recato per analisi o per
visite, ai tempi d’oro quando in qualsiasi momento
del giorno si incrociava una marea di gente, e per
fare le analisi del sangue bisognava essere lì
alle sette altrimenti si finiva a mezzogiorno. Da
giovane era andato anche a fare le inalazioni,
nell’ambulatorio attrezzato al piano sotterraneo.
Ne aveva tratto beneficio ma, dopo tanti anni,
quando il medico gli aveva suggerito di rifarle,
aveva saputo che era stato tutto smantellato,
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adesso si doveva andare o a Milano o ad Assago.
Anche del consultorio aveva qualche ricordo, vi
aveva accompagnato la moglie quando c’era la Lega
per i Tumori. Erano servizi che facevano bene a
tutti: alla comunità, agli ospedali, perché meno
gente finiva al San Carlo o al San Paolo, a chi
aveva bisogno e non era autonomo, perché la
“mutua” di Corsico, come la chiamavano gli
anziani, non era distante e ci si arrivava con i
propri piedi. Poi era arrivata la
razionalizzazione, la Asl di Magenta o di Legnano
o di dove caspita era, e avevano cominciato a
chiudere ambulatori, uffici, sempre meno personale
e sempre meno prestazioni.
Si mantenne sul marciapiede mentre seguiva la
curva a gomito che lo avrebbe portato sul piazzale
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ed in un attimo si ritrovò nell’isola pedonale
antistante la chiesa di Sant’Adele. Entrò e si
fece il segno della croce, la Messa era appena
iniziata, alle prime battute; come al solito
scelse l’ultima fila e il posto più esterno, le
gambe lunghe avevano bisogno di spazio e in quel
modo riusciva a tenerle distese quando era seduto.
Diede un’ occhiata intorno, la chiesa era
abbastanza piena, e non solo di vecchi, l’umanità
varia era in essa rappresentata, ed ebbe piacere
nel constatare che, nonostante il buio della
struttura, le persone che osservava non erano
mummificate o con un piede nella fossa, erano lì
contente e ben felici di esserci. Non era una
chiesa frequentata da quel tipo di persone mai
andate a Messa che, improvvisamente, si accorgono
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che il tempo della resa dei conti si sta
avvicinando e decidono di sistemare i profitti e
le perdite. Era un vero piacere seguire la Messa a
Sant’Adele, e di questo era grato anche ai
sacerdoti che fino a quel momento non gliela
avevano resa ancora invisa. Aveva preso ad andarci
non per avanzare suppliche, sarebbero state
troppe, ma perché si era reso conto che lo stare
in piedi e poter gustare la vita era qualcosa di
cui essere già grati, finché gli fosse stata
concessa la forza di andare avanti lo avrebbe
fatto, dopo era nelle mani del Signore.
Arrivarono, nei banchi alla sua sinistra, un
gruppo di giovani e una famiglia, moglie, marito,
due bambini. Dal colorito della pelle non riusciva
a capire di che nazionalità fossero, non
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filippini, forse equadoregni. Ascoltò le due
letture e si predispose per il Vangelo; fu letta
la pagina più impegnativa per un cristiano: amare
quelli che ci odiano, perdonare quelli che ci
fanno del male, usare misericordia. Don Roberto
iniziò la predica: “ Questa è la pagina del
Vangelo che vorrei strappare, perché chiede tanto,
ma proprio tanto, a me e a tutti noi, e quando
Sabato sera sono uscito e ho visto le ruote della
macchina tagliate, queste parole mi sono tornate
in mente ma non riuscivo proprio ad amare chi
aveva fatto una cosa del genere. Poi però mi sono
detto che quello che ci chiede il Signore è il
massimo, la perfezione, e noi, che perfetti non
siamo, possiamo iniziare dal gradino più basso per
salire e avvicinarci alla santità. E il gradino
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più basso è usare misericordia, essere
misericordiosi con il nostro prossimo, con quelli
che ci circondano. Noi abbiamo un detto che dice ‘
Non fare agli altri quello che non vorresti fosse
fatto a te ’ ma nel Vangelo la negazione è
assente. Nel Vangelo è scritto ‘ Fai agli altri
quello che vorresti facessero a te ’, e il verbo
attivo ci spinge ad essere noi attivi, quindi a
usare misericordia, ci spinge a non giudicare ma a
perdonare, a non puntare il dito contro ma ad
abbracciare. Possiamo partire da piccoli gesti,
ogni giorno con chi ci circonda, e tutto viene poi
naturale, man mano ci si accorge di quanto
sembrava difficile e invece bastava solo fare un
po’ di pratica. Sembra che ci venga richiesto
chissà cosa ma il Signore non ha i ritmi della
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nostra società in cui bisogna fare, correre,
produrre. Prendiamo la nostra Santa, per esempio,
Sant’Adele; cosa ha fatto per essere proclamata
santa? Nulla, nulla di speciale. Sposata, quando
le è morto il marito ha consacrato la propria vita
al Signore ed ha finito la sua vita nel convento
in cui aveva cercato riparo. Tutto qui, ma la
Chiesa l’ha fatta Santa. Ecco perché a volte non
dobbiamo preoccuparci tanto di quello che
facciamo, basta semplicemente accogliere il
Signore quando Lui si presenta, nei nostri cuori e
nelle nostre case. Ed è questo l’augurio che vi
faccio per la settimana, che possiate portare
sempre con voi Gesù ed essere testimoni della Sua
misericordia e del Suo amore.”
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Certo che tagliar le ruote ad un sacerdote era
proprio da vigliacchi, chissà perché poi, una
bravata o un dispetto? Che brutto mondo, un mondo
così brutto che per vedere i buoni vincere
bisognava andare al cinema e guardare i film di
James Bond o Terminator. Anche nei libri i buoni
cominciavano a scarseggiare e la loro rarità era
spesso indice di scrittura facile e facili
guadagni.
Si girò verso la famiglia seduta alla sinistra, la
bambina passava da un banco ad un altro, la mamma
teneva in braccio un bambino piccolo, addormentato
con il pollice in bocca che, nel girarsi
sull’altro lato, mostrò sul faccino una voglia
grossa come una pallina da tennis. Era una voglia?
O si trattava di qualche deformazione particolare?
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Poteva essere solo una escrescenza? Però era scura
e non sembrava assolutamente innocua.
Era arrivato il momento del Credo. Invece della
solita spata fiata il sacerdote pose le tre
domande a cui tutti risposero: “ Credo” e dopo
questo punto si scambiarono il segno della pace.
Il suo vicino era un uomo abbastanza sportivo,
scarpe da ginnastica, pantaloni da tuta, una
maglietta. Anche il vecchietto davanti si girò e
gli porse la mano; certo, aveva scelto un posto
comodo ma non una donna o una ragazza a portata di
mano. Ohibò, stava diventando come suo padre che a
ottanta e passa anni, quando andava in chiesa,
voleva a tutti i costi mettersi ai primi banchi:
il perché era presto detto, ai primi banchi
c’erano di solito i più giovani e lui e i suoi
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amici speravano così di stringere la mano a delle
ragazze, possibilmente carine, comunque carne
fresca.
Si sedettero e il canto dell’offertorio coprì il
rumore dei soldini messi nei cestini che due
anziane signore portarono in giro per tutte le
file finché non ebbero raccolto da tutti e quindi
li depositarono ai piedi dell’altare. Strane
usanze, ogni chiesa aveva il suo modo di
raccogliere le offerte, in alcune chiese porgevano
un bastone con un sacchetto dall’apertura molto
stretta così che i vicini non potessero notare
quanto si metteva dentro, in altre avevano cestini
però ricoperti da un panno con una apertura al
centro in cui infilare la mano, sempre per
garantire la privacy probabilmente, in altre
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ancora i cestini erano aperti e foderati di pizzo
o di ricami fatti a mano, qualche vecchia zitella
che aveva tempo da perdere. Pensò alla cifra da
metter giù, era la festa della parrocchia, avrebbe
dovuto lasciare qualcosa in più? Si girò e rivide
il bambino; era sicuro che avrebbe avuto bisogno
di cure, solo una visita da un dottore specialista
avrebbe richiesto dai cento ai centocinquanta
euro, si decise: avrebbe messo la solita cifra nel
cestino e il pezzo da cinquanta lo avrebbe dato ai
bambini. Sperava solo che ci fosse l’opportunità
di darglieli, all’uscita finita la Messa. Ma
adesso c’era il Padrenostro, ci avrebbe pensato
dopo, iniziò la preghiera e mentre tutti
stendevano le mani come il rito richiedeva, girò
gli occhi intorno per vedere le varie pose. Alcuni
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tenevano le mani giunte invece che aperte, altri
le avevano come Gesù ne ‘ L’ultima Cena’ di
Leonardo, alcune vecchiette le avevano in alto
come se qualcuno stesse puntando loro un fucile, i
più indecisi avevano le braccia sporte a metà, né
troppo avanti né troppo vicino al busto, una via
di mezzo, coma fanno la maggior parte degli
italiani, qualche altro vecchietto, oltre lui,
aveva le mani appoggiate al banco, incurante dei
riti e delle nuove richieste.
La Messa era Messa, non un teatro. Con la coda
dell’occhio vide che il bambino era ancora disteso
in grembo a sua madre e dormiva saporitamente. Si
chiese se con il suo gesto non si sarebbero
offesi, se si sarebbero considerati feriti nella
loro dignità, se li avrebbero del tutto accettati,
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i suoi soldi, ma ormai aveva deciso di portare
avanti quello che si era proposto di fare e poi
quel che sarebbe accaduto non importava. Ci fu
l’Elevazione e dopo lo scampanellio la chiesa si
tacque. Tutta tranne la bambina della fila
accanto, due banchi avanti, che continuava a
ripetere al nonno: “ Ho sete! Ho sete!” E al secco
rifiuto di questi iniziò a prenderlo a morsi, sul
braccio e sulla spalla; forse la giacca del nonno
si era dimostrata un po’ duretta perché, quasi
subito, smise di addentare gli arti del nonno
mettendo su un faccino da offesa.
Guardò su in alto, oltre i finestroni: era buio
pesto, l’inverno procedeva a grandi passi, le otto
lampade che pendevano dal soffitto a semicerchio
non erano sufficienti per illuminare anche gli
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angoli più remoti, diverse serie di faretti
cercavano di aiutare l’illuminazione originale.
Guardò anche il Crocefisso, era dipinto e
assomigliava a quelli visti nelle chiese ortodosse
dal rito bizantino; stessi colori, stessa
posizione, la testa sempre appoggiata sulla
spalla. Non gli piaceva, no, il Signore in quella
posizione, preferiva i Crocefissi in legno, dove
la testa era penzoloni, e si capiva meglio quanto
aveva sofferto; quella testa abbandonata era il
segno più grande della disumanità degli uomini e
del grande amore che aveva richiesto.
Il sacerdote andò a prendere il calice con le
ostie, diede la Comunione prima ai quattro
chierichetti e poi a quattro adulti, mise un po’
di ostie in quattro calici diversi e insieme a
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tutti gli altri si dispose davanti ad ogni fila di
banchi. Pian pianino i fedeli si disposero in
file, la mamma e la bambina fecero il giro dei
banchi e arrivarono anche loro, la mamma teneva la
piccola per la mano e lei le saltellava intorno
come fosse una passeggiata. Con la stessa calma e
compostezza le file si scioglievano mentre un
canto si levava dall’assemblea. Rimase stupito
dalla bellezza percepita dalle sue orecchie, non
era un canto Gregoriano o qualcosa di complicato,
l’aveva ascoltato tante di quelle volte, ma era
sussurrato dai presenti, senza acuti e senza
stonature, veniva elevato al cielo così
semplicemente e così facilmente che si sarebbe
detto che anche i muri e le colonne e il tetto
partecipassero al coro. Quando tutti furono
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tornati al proprio posto il canto cessò, il
sacerdote si mise a sedere e per un minuto ancora
il silenzio si impadronì della chiesa. Guardò di
nuovo i bambini alla sua sinistra; il piccolino
era ritornato in braccio alla sua mamma e dormiva
sempre col dito in bocca. La bambina alla sua
destra invece, due banchi avanti, per passare il
tempo, aveva inventato un nuovo gioco: si
appendeva alla spalliera del banco a testa in giù
e dondolava col sederino in alto e le mani che
toccavano i piedi; i nonni, nel frattempo,
facevano gli indifferenti e speravano che si
finisse quanto prima. Mah! Ai suoi tempi, se si
fosse permesso di fare una cosa del genere sarebbe
stato preso a cinghiate dal padre, altro che
dondolo! Aveva letto un articolo di giornale sulla
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maleducazione dei bambini d’oggi, bambini-tiranni,
li definiva il giornalista, del resto se i
genitori non fanno i genitori vengon su come
carciofi, non è mica tutta colpa loro.
Don Roberto si alzò e annunciò quali erano gli
appuntamenti della settimana, augurò una buona
settimana a tutti e diede la benedizione.
Si fece il segno della croce e si diresse verso
l’uscita. Appena fuori dovette alzare il bavero
della giacca perché il venticello leggero si era
tramutato in vento gelido. Decise di aspettare che
la famiglia con i bambini uscisse, ma per non far
vedere che era lì in attesa di qualcuno, finse di
leggere i tabelloni che sul sagrato mostravano le
attività della parrocchia. Passarono più di cinque
minuti, la chiesa si era praticamente svuotata ma
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degli equadoregni neanche l’ombra. Che si fossero
fermati a parlare col parroco? Che avessero
chiesto a lui un aiuto? O erano rimasti per
pregare la Madonna di Lourdes nella nicchia sulla
destra? Cominciava a spazientirsi, se doveva dare
quei soldi bisognava pure che anche il Signore lo
agevolasse un po’. Decise di aspettare solo un
minuto, se non fossero usciti era segno che la
cosa non andava fatta. Trascorso il minuto, si
stava avviando quando li vide finalmente uscire:
il papà portava il passeggino in cui il bambino
continuava a dormire, la mamma teneva per mano la
bambina che continuava a saltellare come la vispa
Teresa. Si avviarono verso la direzione opposta
alla sua, passando davanti al bar dell’angolo che
era anche pasticceria e confetteria, li vide
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scomparire dietro i tavoli e allora, con passo
veloce, li seguì e li raggiunse quasi subito. Non
sapeva cosa avrebbe detto, non ci aveva pensato e
non aveva importanza. Per un attimo si trovò alle
loro spalle e si chiese come avrebbe fatto per
attirare la loro attenzione evitando di
spaventarli o intimidirli. Li seguì ancora per un
minuto finché la signora, per tenere a bada la
bambina, si girò e finalmente lo vide.
“ Scusate, vi offendete se vi offro questi soldi
per i bambini?”
La banconota da cinquanta euro nella sua mano era
piegata in due e rivolta verso di loro. Marito e
moglie si guardarono,
“ Io vorrei ma…” la moglie guardò ancora il marito
e si dissero qualcosa nella loro lingua.
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“ Usateli per prendere qualcosa ai bambini”
“ Io non so…” la donna aveva una voce dolce, non
parlava bene italiano ma quelle poche parole
avevano una melodia che le rendeva particolari,
preziose. Anche il suo viso, con la colorazione
olivastra della pelle, non aveva segni di bellezza
eppure sembrava che splendesse. Proprio come i
suoi occhi, grandi, rotondi, scuri, e dolci. Uno
sguardo mite, buono, che accarezzava e consolava.
In quel momento sembravano un po’ frastornati,
quegli occhi, presi alla sprovvista senza saper
che fare. Moglie e marito si diedero ancora
un’occhiata e poi lei disse: “Grazie” Ma non prese
la banconota, strinse le spalle della bambina e la
spinse in avanti; fu costretto a chinarsi e ad
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allungare la mano perché la bambina fosse in grado
di prenderla.
“ Così potete comprare loro qualcosa” Ripeté.
“ Grazie, grazie.”
Fece per allontanarsi, intuendo le loro
perplessità. Già, e se fossero stati falsi? Non lo
conoscevano, non lo avevano mai visto, potevano
fidarsi di lui? Poteva essere una trappola, ma di
che tipo? Era Domenica, come potevano sincerarsi
che fossero soldi veri, che tutto fosse vero?
Prima di girare l’angolo si voltò e salutò con la
mano; erano ancora fermi sul posto con la
banconota in mano ma dovevano essersi resi conto
che non c’era inganno perché risposero marito e
moglie sollevando le loro mani. Era riuscito,
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bene, adesso poteva rientrare; e con passo più
deciso riprese la via del ritorno.
Rispose al saluto di un vecchio conoscente ma non
si fermò, non poteva fermarsi. Aveva il magone e
le parole gli si sarebbero strozzate in gola. Si
sentiva un verme, una nullità. Aveva pensato di
fare un grande gesto, qualcosa di notevole, ma il
viso delle persone che aveva pensato di aiutare,
le loro facce pulite, i loro sguardi semplici, gli
avevano detto chiaramente che era lui ad
elemosinare, sicuramente non era lui a dare, ma
loro. Nella povertà, erano più ricchi di quanto
avesse immaginato e si sentì ancor più miserabile,
piccolo, piccolo, piccolo. Pensò al ben di Dio che
si trovava in casa sua e che pretendeva: il frigo
sempre strapieno, tutta quella roba che poi
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scadeva e bisognava buttare via, i vestiti, le
camicie, gli abiti della moglie e dei figli, tanta
di quella roba che non bastava più lo spazio
neanche per metterci un ago. E cominciò a chiedere
pietà, pietà per ciò che gli era stato concesso e
di cui aveva goduto, pietà per gli sprechi e gli
agi in cui era sempre vissuto, pietà per la sua
vita e per la sua anima.
Continuò a camminare seguendo il percorso a
memoria, la strada non la vedeva, non riusciva a
vederla, pieni di lacrime aveva gli occhi.
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