A. Guiglia Guidobaldi, C. Barsanti, M. della Valle, R. Flaminio, A. Paribeni, A. B. Yalçin, La...

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con diversi approcci, si sono ad esso acco- stati, perché molti sono ancora gli aspetti e le questioni che attendono approfondimenti e chiarezze. Quanto mai attuali appaiono così ancor oggi le parole con le quali, nel 1403, l’ambasciatore spagnolo Ruy Gon- zález de Clavijo, in viaggio alla volta della corte di Tamerlano, esprimeva le proprie emozioni al cospetto del grandioso edificio: “Tutte queste cose e molte altre ancora fu- rono da noi viste in questa chiesa, tanto essa è grande e ricca di cose meravigliose. An- che trascorrendovi molte ore, non si riusci- rebbe a vederla tutta. Perfino un visitatore che venisse per diversi giorni consecutivi, senza mai smettere di guardare, tornando- vi ancora un altro giorno, scoprirebbe altre meraviglie” 2 . La Santa Sofia, la Grande Chiesa dedicata alla Sapienza Divina (fig. 1), è senz’altro il monumento più rappresentativo della civil- tà e della cultura artistica bizantine, che nel- la sua lunga e stratificata vita, prima come chiesa, poi come moschea, infine come mu- seo, ha affascinato fedeli di ogni credo reli- gioso, viaggiatori e studiosi di tutte le epo- che e provenienze. È comprensibile dunque che in tanti si siano cimentati a descriverne e ad analizzarne le ardite forme architetto- niche e lo splendore dei suoi mosaici, così come più volte siano state rievocate le so- lenni liturgie e le fastose coreografie impe- riali che si svolgevano al suo interno 1 (fig. 2). Ma la complessità e la ricchezza del mo- numento sembrano quasi prendersi gioco e sfidare l’impegno di tutti coloro che, pur La collezione delle sculture bizantine nel museo della Santa Sofia a Istanbul Alessandra Guiglia Guidobaldi, Claudia Barsanti, Mauro della Valle, Roberta Flaminio, Andrea Paribeni, Asnu Bilban Yalçin Fig. 1

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con diversi approcci, si sono ad esso acco-stati, perché molti sono ancora gli aspetti e le questioni che attendono approfondimenti e chiarezze. Quanto mai attuali appaiono così ancor oggi le parole con le quali, nel 1403, l’ambasciatore spagnolo Ruy Gon-zález de Clavijo, in viaggio alla volta della corte di Tamerlano, esprimeva le proprie emozioni al cospetto del grandioso edificio: “Tutte queste cose e molte altre ancora fu-rono da noi viste in questa chiesa, tanto essa è grande e ricca di cose meravigliose. An-che trascorrendovi molte ore, non si riusci-rebbe a vederla tutta. Perfino un visitatore che venisse per diversi giorni consecutivi, senza mai smettere di guardare, tornando-vi ancora un altro giorno, scoprirebbe altre meraviglie”2.

La Santa Sofia, la Grande Chiesa dedicata alla Sapienza Divina (fig. 1), è senz’altro il monumento più rappresentativo della civil-tà e della cultura artistica bizantine, che nel-la sua lunga e stratificata vita, prima come chiesa, poi come moschea, infine come mu-seo, ha affascinato fedeli di ogni credo reli-gioso, viaggiatori e studiosi di tutte le epo-che e provenienze. È comprensibile dunque che in tanti si siano cimentati a descriverne e ad analizzarne le ardite forme architetto-niche e lo splendore dei suoi mosaici, così come più volte siano state rievocate le so-lenni liturgie e le fastose coreografie impe-riali che si svolgevano al suo interno1 (fig. 2). Ma la complessità e la ricchezza del mo-numento sembrano quasi prendersi gioco e sfidare l’impegno di tutti coloro che, pur

La collezione delle sculture bizantine nel museo della Santa Sofia a Istanbul

Alessandra Guiglia Guidobaldi, Claudia Barsanti, Mauro della Valle, Roberta Flaminio,

Andrea Paribeni, Asnu Bilban Yalçin

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L´obiettivo della prima fase del progetto, che si è conclusa nel corso del 2004 , è stato quello di elaborare il corpus completo delle oltre centoventi lastre marmoree in opera nelle gallerie della Santa Sofia di Giustinia-no (532-537), in massima parte collocate con funzione di parapetti sia nei grandi fi-nestrati (fig. 3) che si aprono nei muri peri-metrali, sia negli intercolumni che si affac-ciano verso l’interno del naos, recingendo come una doppia cintura l’immenso spazio dell’edificio (fig. 4).Di tale straordinario gruppo di sculture è stato realizzato il catalogo completo con schede che analizzano in dettaglio le carat-teristiche e i motivi decorativi scolpiti su entrambe le facce delle lastre, dando così la possibilità di porle tra loro a confronto e di fornire il repertorio completo utilizzato dalle maestranze agli ordini dell’imperato-re, punto di riferimento imprescindibile per lo studio della scultura bizantina di età giu-stinianea5.Nel caso delle cinquantadue lastre delle finestre6 (fig. 5) sono presenti due schemi-base: eleganti croci latine appena emergenti dal liscio piano di un disco, nel lato verso l´esterno, e semplici figure geometriche iso-late o accompagnate da croci sul globo ver-so l’interno (fig. 6). Nel caso delle cinquan-ta lastre in opera negli intercolumni7 (fig. 7) i semplici schemi presenti sul lato verso la galleria sono invece abbinati a composizio-ni assai più elaborate e per lo più articolate in due riquadri sul lato verso l´interno del naos. La documentazione integrale di que-ste ultime, fino a qualche tempo fa in gran parte sconosciute data la loro posizione de-cisamente sfavorevole per l’obiettivo del fotografo, è stata realizzata dallo Studio Azimut di Roma, utilizzando un program-ma informatico di raddrizzamento delle immagini che ne rende ora perfettamente fruibile la lettura8 (fig. 8).Del corpus fanno parte anche altri materiali di arredo, pure del VI secolo, ancora oggi in opera9, come le dodici grandi lastre decorate da croci su globo (fig. 9), che schermano la parete sotto il grande finestrone occidenta-le10 e come i sedici soffitti degli architravi11

Tra i molteplici aspetti che contribuiscono a definire l’eccezionale fisionomia della Grande Chiesa, l’arredo marmoreo è forse quello più trascurato dagli studiosi sebbe-ne costituisca, e per quantità e per qualità, una delle componenti di maggior rilievo. È nato così, nel 1999, il nostro progetto di ri-cerca dedicato alle sculture del Museo della Santa Sofia (Ayasofya Müzesi), elabora-to nell’ambito del Dipartimento di Storia dell’arte dell’Università di Roma “La Sa-pienza” per iniziativa di Alessandra Guiglia e di Claudia Barsanti e che, da allora, coin-volge altri studiosi italiani e stranieri che in questo medesimo Dipartimento si sono for-mati e che oggi insegnano la storia dell’arte bizantina in varie Università: Alessandra Guiglia a “La Sapienza”, Claudia Barsanti all’Università di Roma Tor Vergata, Mauro della Valle all’Università Statale di Milano, Andrea Paribeni all’Università degli studi di Urbino-Carlo Bo, Asnu Bilban Yalçin all’Università di Istanbul ed infine Roberta Flaminio dottore di ricerca presso l’Univer-sità di Bari3.

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con la particolare funzione di scherma-re e distinguere gli spazi privilegiati della chiesa, erano le monumentali “finte porte” marmoree, tipologia ben rappresentata da quella ancora in situ nella galleria meridio-nale (fig. 13); che questa non fosse l’unica all’interno dell’edificio è testimoniato dalla “riscoperta” della porzione di un’altra porta analoga, riutilizzata, in posizione defilata, nello stretto passaggio a sud del bema (fig. 14). Di essa resta visibile solo la metà di una grande croce su globo, che verosimil-mente in origine si coordinava ad un’altra simmetrica, a comporre una quinta marmo-rea identica a quella della galleria sud sopra citata.Questo approccio specifico sui singoli ele-menti che compongono l’arredo marmoreo si è rivelato ben presto come un osservato-rio privilegiato di più ampio respiro, tale da consentire di mettere a fuoco le comples-se strategie dell’organizzazione del monu-mentale cantiere. Le lastre infatti sono parte integrante delle strutture architettoniche in cui si inseriscono, anzi ne costituiscono un

delle grandi finestre aperte al piano delle gallerie nei muri perimetrali dell’edificio, i cui decori, scanditi per lo più in tre riquadri, mostrano strette analogie con quelli dei sot-tostanti plutei (fig. 10); si tratta di una delle ultime importanti testimonianze di questo tipo di membratura architettonica di tradi-zione classica che, dopo il VI secolo, lascia ormai il posto a diverse soluzioni strutturali in cui predominano più semplici arcate.Nel censimento degli elementi marmorei sono stati coinvolti anche i materiali de-contestualizzati e reimpiegati in varie zone dell’edificio12, soprattutto nei pavimenti, come le grandi lastre davanti alla Porta Im-periale (fig. 11), oppure come un pilastri-no di recinzione13, un pluteo14 e una men-sa15 (fig. 12), tutti di marmo pavonazzetto, piccole, ma importanti testimonianze del sontuoso apparato liturgico della Grande Chiesa tanto decantato da Paolo Silenzia-rio nella sua celebre ekphrasis composta in occasione della nuova consacrazione della chiesa celebrata la vigilia di Natale dell’an-no 56216. Parte integrante di questi arredi,

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aspetti che ha ricevuto maggiore attenzione nella fase conclusiva della nostra ricerca. Ha preso infatti forma definitiva una tabella che raccoglie i dati relativi a 111 sigle-base (fig. 15), molte delle quali sono a loro vol-

vero e proprio solido legante che contribui-sce al più generale equilibrio delle forze. È stato così possibile verificare l’esistenza di una quasi sempre precisa pianificazione di-mensionale di esse, coerente con l’ampiezza degli spazi di destinazione, ma anche – ciò che è più importante – con le proporzioni degli schemi decorativi, tale da ottimizza-re il lavoro delle maestranze. A questa or-ganizzazione abbastanza rigida del lavoro corrisponde tuttavia, in fase esecutiva, una certa libertà nella scelta degli ornati che ri-vela una tendenza di gusto orientata verso la varietas tale da evitare possibili effetti di uniforme monotonia.Preziosa chiave di lettura dell’organizza-zione costruttiva – quasi fil rouge che lega tra loro le diverse componenti – sono le centinaia di sigle di officina apposte su qua-si tutti gli elementi di marmo proconnesio con una dislocazione e una frequenza che le collegano evidentemente a precise esi-genze dettate dai ritmi certo assai serrati del cantiere giustinianeo e che lasciano dunque intravedere un preciso coordinamento tra le numerose maestranze contemporaneamen-te all’opera. È proprio questo uno dei due

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e sugli zoccoli dei rivestimenti marmorei; anche nel caso di “family groups” molto consistenti, come la sigla KOZ e il suo folto numero di varianti (fig. 17) che ricorre su cimase, lastre, elementi di portali, pilastri e stilobati, si riscontra una marcata tendenza alla specializzazione, con le sigle apposte sulle cimase che costituiscono il 66,9 % del totale. Un altro dato emerso è che un ristret-to numero di sigle (poco più che una dozzi-

ta suddivise in numerose varianti17. È stata così verificata la fondatezza di molte nostre ipotesi di lavoro: si è visto innanzi tutto che ogni singola sigla è associata di preferen-za a determinati tipi di manufatti marmo-rei, come ad esempio la sigla “a svastica” e la sigla AK, presenti rispettivamente sugli zoccoli del pianterreno e sulle griglie delle finestre, oppure la sigla IO (fig. 16), presen-te in prevalenza sulle griglie delle finestre

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può certamente essere frutto del caso la concentrazione delle sigle in determinate zone, particolarmente evidente ad esempio nella galleria nord in cui, insieme ad altre maestranze, lavorano fianco a fianco i mar-morari identificati dalle sigle AMPE e Zω (fig. 18); altra situazione eloquente è quella di KOZ e єL (fig. 19), le due sigle maggior-mente rappresentate nella Santa Sofia, che, come due eserciti schierati, si fronteggiano nella galleria ovest, distribuite le prime tra gli intercolumni della loggia e delle esedre nord-ovest e sud-ovest, le seconde sui lun-ghi finestrati della parete occidentale.Da tutto ciò emerge l’immagine di un can-tiere architettonico di altissima specializ-zazione e di elevatissima professionalità, in cui numerose botteghe di marmorari lavoravano in maniera coordinata, sotto la direzione di Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. Come ci riferisce Procopio nel De Aedificiis, i due mechanopoioi, oltre al

na) detiene il monopolio dei marmi da noi censiti, segnando una forte sperequazione con le quasi altre cento sigle, che si sparti-scono il restante 31,77% del totale.Si è verificato inoltre che le sigle censite all’interno della Santa Sofia non trovano numerosi e sistematici confronti con quelle presenti in altri complessi monumentali o su marmi erratici. È senz’altro vero che svaria-te sigle si incontrano anche in altri contesti, come ad esempio la sigla Qє su una base di colonna della Kilise Camii a Istanbul, ma molte altre, come la sopra citata KOZ, sem-brano essere esclusivamente attestate nella Santa Sofia, segno che il grande cantiere giustinianeo dovette assorbire totalmente le forze degli ateliers di marmorari nei cinque anni in cui venne compiuta la chiesa.Sono proprio le dinamiche legate all’atti-vità di cantiere che emergono dallo studio dei masons’ marks, soprattutto in rapporto alla loro distribuzione nell’edificio: non

Fig. 7 Fig. 8

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ben 240 centimetri di lunghezza per 125 centimetri di altezza, resta soltanto l’ele-gante incorniciatura (fig. 20) articolata in due fregi concentrici contenenti un tralcio ondulato con piccole foglie a tre o quattro lobi e foglie lanceolate. La specchiatura in-terna a traforo è invece andata perduta ed è stata sostituita da un’altra transenna di più piccole dimensioni (cm 137 x 86) affian-cata da due segmenti marmorei a chiudere gli spazi di risulta. Questa seconda transen-na (fig. 21), che mostra una incorniciatura

merito di progettare la grandiosa e ardita architettura, ebbero difatti quello di “re-golare attentamente i compiti delle diverse maestranze”18; di questa complessa orga-nizzazione del cantiere, base imprescindibi-le per il compimento della eccezionale im-presa architettonica voluta da Giustiniano, i masons’ marks che abbiamo studiato sono un riflesso e una preziosa testimonianza.Le novità più consistenti emerse nelle ul-time fasi della ricerca riguardano poi la specifica categoria delle transenne in opera all’interno della Santa Sofia19, che anche da noi stessi erano state inizialmente indivi-duate nel numero di due, collocate nei due opposti vani dei pilastri orientali che si af-facciano sul bema. In entrambi i casi si trat-ta di pannelli composti da più elementi mar-morei di diversa natura. Nel pannello sud è stato possibile individuare con chiarezza l’assemblaggio di due transenne di diversa dimensione. Della più grande, che misura

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Fig. 10

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qui proposta (fig. 23), destinata forse ad al-

tro uso e qui giunta di ripiego per completa-

re la schermatura del vano.

analoga alla precedente, conserva invece in ottimo stato l’originaria trama lavorata a giorno con festoni contrapposti e annodati tra loro, conclusi da una palmetta a cinque lobi.Diversa è la situazione nel vano del pilastro nord-est, dove troviamo una sola transenna di dimensioni analoghe a quella ora descrit-ta e diversa da essa soprattutto per la trama a traforo con un motivo geometrico a cer-chi intersecati a meandri di svastiche (fig. 22). Ai lati di essa vi sono due segmenti marmorei che presentano una lavorazione assimilabile a quella delle cosiddette pseu-dotransenne. L’analisi ravvicinata di tali segmenti, decorati da una composizione a riquadri allacciati campiti da motivi vegeta-li racchiusa da una doppia incorniciatura si-mile alle precedenti, ha permesso di ricono-scervi un manufatto di epoca postbizantina, riconducibile probabilmente agli interventi di restauro operati tra il 1847 e il 1849 dai fratelli Fossati nella allora moschea20. I due segmenti, inoltre facevano verosimilmente parte di un’unica grande lastra a due spec-chiature, come appare nella ricostruzione

Fig. 11

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il Cassas riproduceva una sorta di piccola loggia aggettante, ancor meglio delineata dal Texier nel 1834 (fig. 24), identificabile probabilmente con parte del complesso di strutture volute dal Sultano Ahmet III nel 1728. Tale loggetta è documentata inoltre da una grande quantità di documenti visi-vi, fino a quelli realizzati dai Fossati prima del restauro di metà ‘800, epoca in cui essa evidentemente venne rimossa, richiedendo così una nuova schermatura del vano che i fratelli ticinesi in qualche maniera realiz-zarono in un raro stile neo-bizantino. L’in-teresse per questo ambiente viene peraltro confermato proprio da un disegno di Fossati conservato nell’Archivio Cantonale di Bel-linzona (fig. 25) in cui si vede, inserito in un vano coperto con volta a botte, il prospetto di un elegante palchetto, inequivocabilmen-te identificato da una didascalia in italiano che specifica trattarsi di un “progetto d’una tribuna in S. Sofia per la ‘Sultana Validé’ madre del Sultano e la Sua famiglia”21. Nel realizzare la nuova loggia imperiale al pia-noterra i Fossati si preoccuparono dunque di immaginare anche una loggia al piano delle gallerie per la Dama più in vista della corte. Progetto che tuttavia non fu mai rea-Fig. 14

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to alle strutture del mihrap e del minber, nonché della primitiva loggia del Sultano al pianterreno. All’inizio del ‘700 i disegni del Loos mostrano soltanto una schermatu-ra del vano a sinistra, mentre già nel 1786

Del resto proprio questo vano è stato più volte oggetto di trasformazioni a causa della funzione che esso dovette svolgere nell’am-bito delle cerimonie della corte ottomana, data la sua posizione privilegiata in rappor-

Fig. 13

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quadrati allacciati con inserti vegetali.Il piccolo corpus delle transenne della Santa Sofia, divenuto oggi un po’ più consistente rispetto al passato, contribuisce ad inquadra-re meglio le caratteristiche della produzione costantinopolitana sia nelle sue costanti sia nelle sue più estrose invenzioni, contenden-do così a Ravenna il primato della conser-vazione più cospicua di queste straordinarie sculture create in età giustinianea. Più volte, nel corso dell’indagine all’inter-no dell’edificio ci siamo soffermati a pren-dere in esame la ricca collezione di marmi sistemata nel giardino dell’Ayasofya Mü-zesi (fig. 32) che riunisce materiali di varia provenienza e di varie epoche. Alcuni di essi sono ben noti, come l’importantissimo complesso di elementi in funzione architet-tonica emersi dallo scavo condotto da Al-fons Maria Schneider a partire dal 1935 e pertinenti al monumentale protiro della fab-brica teodosiana della Santa Sofia consacra-ta nel 41522 (fig. 33).Altrettanto conosciute sono le sculture ar-chitettoniche e liturgiche provenienti sia dall’area dell’antico Hebdomon, il sobbor-go sulle rive del mar di Marmara, ad ovest delle mura terrestri23, sia dallo scavo con-dotto nel 1947 da Nezih Firatlı nell’area di Beyazıt dove vennero alla luce i resti di tre chiese, la più importante delle quali rivela strette affinità proprio con la fase giustinia-nea della Santa Sofia24 (fig. 34).Ma sono centinaia gli altri pezzi raccolti nel giardino e nelle dipendenze del Museo25, di alcuni dei quali è nota la provenienza, come può essere il caso dei sarcofagi rinvenuti nel complesso del monastero di Costanti-no Lips (Fenari Isa Camii)26, delle sculture della Rotonda del Myrelaion o della note-vole serie di condutture marmoree recupe-rate nelle indagini lungo la Mese (fig. 35), che recano le sigle dei loro artefici, mentre molti altri attendono ancora di essere clas-sificati e studiati. Ed è qui che s’inserisce la seconda fase del nostro progetto di ricerca finalizzato alla elaborazione di un ampio e articolato catalogo che possa alfine docu-mentare in modo sistematico ed esaustivo una collezione tra le più importanti per gli

lizzato.Anche la vera e propria loggia imperiale ottomana al pianoterra, capolavoro degli architetti svizzeri, realizzata per il Sultano Abdülmecid I, era stata preceduta da siste-mazioni analoghe a quella della galleria, come ugualmente testimoniano i disegni sette e ottocenteschi.Proprio il riesame della grandiosa e artico-lata loggia, che si snoda dal padiglione po-ligonale nell’esedra nord-est al lungo corri-doio al termine della navata settentrionale (fig. 26), ha portato a dei risultati davvero sorprendenti quasi sullo scorcio del nostro lavoro di ricerca. È noto infatti che il pa-rapetto marmoreo (fig. 27), in parte dorato, della scenografica struttura è stato realizza-to con un gusto quasi antiquario che guar-dava con grande attenzione ai modelli della scultura bizantina dell’età giustinianea, ri-producendone con somma perizia schemi e ornati. Questa perfetta mimesi ha tratto finora in inganno l’osservatore così da far ritenere l’intera serie delle transenne dei pa-rapetti come di omogenea fattura ottocente-sca. Una più attenta osservazione ha invece rivelato che il modello per quei suggestivi trafori era in realtà stato materialmente in-globato nella stessa sequenza, in posizione eminente nella parte mediana del corridoio. Si tratta di due splendide transenne che pre-sentano (figg. 28-29) un’incorniciatura non dissimile da quella delle transenne al piano delle gallerie, ma una diversa trama lavorata a giorno, con quadrilobi allacciati ed ornati vegetali, per lo più fiori quadrigigliati, che richiama gli schemi di alcune celebri tran-senne oggi a Ravenna, ma di provenienza costantinopolitana. L’accesso al corridoio sopraelevato della loggia del Sultano (fig. 30) per completa-re l’esame delle due transenne ha svelato l’esistenza di una terza transenna posta in opera a chiudere la rampa di scale sul lato nord. Essa appare stilisticamente coerente con le altre (fig. 31), ma presenta la più rara articolazione in due pannelli a traforo con incorniciature affiancate che esibiscono due diversi motivi decorativi, l’uno, come le precedenti, a quadrilobi allacciati e l’altro a

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stati presentati al VI Congresso Nazionale di Studi Bizantini, tenutosi a Catania e Messina nel 2000, e al XX Congresso Internazionale di Studi Bizantini che si è svolto a Parigi nel 2001: A. GuiGliA GuidobAldi, Una ricerca coordinata sull’arredo marmoreo di età giustinianea del-la Santa Sofia di Costantinopoli, in Atti del VI Congresso Nazionale di Studi Bizantini, Cata-nia-Messina 2000, Catania 2004, pp. 397-428; C. bArsAnti, Aspetti e problemi della scultura di età giustinianea: le lastre in opera nelle gal-lerie della Santa Sofia di Costantinopoli, in Ibi-dem, pp. 33-53; r. FlAminio, Frammenti sculto-rei erratici nella Santa Sofia di Costantinopoli: testimonianze di un riutilizzo in situ, in Ibidem, pp. 289-310; A. PAribeni, L’organizzazione del cantiere della Santa Sofia di Costantinopoli attraverso lo studio dei marchi dei marmora-ri, in Ibidem, pp. 629-644; m. dellA VAlle, Il contributo dei fratelli Fossati al restauro dei materiali scultorei giustinianei della Santa So-fia di Costantinopoli e l’affermarsi di un gusto neo-bizantino, in Ibidem, pp. 215-239; C. bAr-sAnti, r. FlAminio, A. GuiGliA GuidobAldi, Un viaggio all’interno del cantiere giustinianeo: il progetto di catalogazione dei plutei marmorei della S. Sofia a Costantinopoli, in Table ronde n. 21. Nouvelles recherches sur le terrain dans la Constantinople byzantine, Pré-actes du XXe Congrès International des Etudes Byzantines, Paris 19-25 août 2001, p. 253. Nel settembre dello stesso 2001 è stata allestita presso l’Isti-tuto Italiano di Cultura di Istanbul una mostra fotografica dal titolo Gli arredi marmorei della Santa Sofia di Costantinopoli nell’età di Giu-stiniano: progetto per un catalogo. Una breve relazione dal titolo A Catalogue of the Marble Slabs and Windows Soffits of the St. Sophia Museum in Istanbul è stata presentata al 26. Uluslararası Kazı, Araştırma ve Arkeometri Sempozyumu, Konya 24-28 mayis 2004, men-tre una sintesi del lavoro (A. GuiGliA, Il corpus dei marmi bizantini nella Santa Sofia-Ayasof-ya Müzesi ad Istanbul) è apparsa nel volume Dall’Eufrate al Mediterraneo. Ricerche delle Missioni Archeologiche Italiane in Turchia – Fırat’tan Akdeniz’e. Türkiye’deki İtalyan Arke-oloji Heyetlerinin Araştırmaları, Ankara 2005, pp. 177-186. Un ampio panorama dei risultati della ricerca in costante aggiornamento è repe-ribile nel sito internet <www.misart.it>.

studiosi di scultura bizantina, come ben te-stimonia, ad esempio, lo splendido capitello dell’inizio del VI secolo con trofeo di cor-nucopie e maschera teatrale27 (fig. 36).

Note

Il presente contributo ripropone in forma più estesa e in parte modificata il testo della comu-nicazione dal titolo Aya Sofya Müzesi Bizans Plastik Eserler Koleksiyonu, presentata al 27. Uluslararası Kazı, Araştırma ve Arkeometri Sempozyumu, tenutosi ad Antalya nel giugno 2005, i cui atti sono in corso di stampa. 1. Non è qui il luogo per ripercorrere l’estesis-sima bibliografia sull’edificio, per cui si rinvia solo ad alcune tra le opere più recenti: Hagia Sophia from the Age of Justinian to the Pre-sent, ed. by R. Mark, A. Ş. Çakmak, Cambridge 1992; C. mAnGo, A. Ertuğ, Hagia Sophia. A Vision for Empires, s.l. (Istanbul) 1997; Santa Sofia ad Istanbul. Sei secoli di immagini e il la-voro di restauro di Gaspare Fossati 1847-1849, catalogo della mostra, Mantova, Casa del Man-tegna, 14 novembre-31 dicembre 1999, a cura di V. Hoffmann, Berna 1999; r. s. nelson, Ha-gia Sophia, 1850-1950. Holy Wisdom Modern Monument, Chicago and London 2004. 2. ruy González de ClAVijo, Viaggio a Samar-canda 1403-1406. Un ambasciatore spagnolo alla corte di Tamerlano, a cura P. Boccardi Sto-roni (I libri di Viella 18), Roma 1999, p. 66. 3. La realizzazione del progetto, che si è av-valso dei finanziamenti del Consiglio Nazionale delle Ricerche, poi del Ministero dell’Istruzio-ne, dell’Università e della Ricerca, ed inoltre del Ministero degli Affari Esteri, è stata possibile grazie all’autorizzazione concessa annualmente dal Ministero della Cultura della Repubblica di Turchia e con la piena collaborazione e disponi-bilità della Direzione e dello staff dell’Ayasofya Müzesi, in particolare Mustafa Akkaya che più a lungo ha seguito, come direttore, il nostro la-voro. Al momento attuale la carica di direttore è stata affidata a Jale Dedeoğlu con la quale ci auguriamo di proseguire la proficua collabora-zione instaurata con il Museo. 4. I primi risultati del lavoro di ricerca sono

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16. Il poema di Paolo Silenziario è stato re-centissimamente tradotto in italiano da m. l. Fobelli, Un tempio per Giustiniano. Santa So-fia di Costantinopoli e la Descrizione di Paolo Silenziario, Roma 2005. 17. PAribeni 2004, pp. 651-734. 18. De Aedificis, I, i 24. 19. bArsAnti 2004, pp. 489-529. 20. dellA VAlle 2004, pp. 737-792. 21. Bellinzona, Archivio Cantonale, Fondo Fossati, Album p. 45. 22. A. m. sChneider, Die Grabung im Wes-thof der Sophienkirche zu Istanbul (Istanbuler Forschungen, 12), Berlin 1941. 23. r. demAnGel, Contribution à la topogra-phie de l’Hebdomon, Paris 1945. 24. n. FirAtli, Découverte de trois églises byzantines à Istanbul, “Cahiers Archéologi-ques”, V, 1951, pp. 163-178. Anche molti altri pezzi sono stati oggetto di approfondite analisi da parte degli studiosi, si ricorda, solo per ci-tare un esempio, la monografia di th. zollt, Kapitellplastik Konstantinopels vom 4. bis 6. Jahrhundert n. Ch. (Asia Minor Studien, 14), Bonn 1994. 25. Appartengono al polo museale della San-ta Sofia il Museo dei Mosaici, la Santa Irene, il San Giovanni di Studio, la Fethiye Camii, il Museo della Kariye ed il Tekfur Sarayı. 26. th. mACridy, The Monastery of Lips and the Burials of Palaeologi, “Dumbarton Oaks Papers”, 18, 1964, pp. 253-278; C. mAnGo, e. j. W. hAWkins, Additional Notes on the Monaste-ry of Lips, “Dumbarton Oaks Papers”, 18, 1964, pp. 299-315. 27. Cfr. Ch. Strube, Polyeuktoskirche und Hagia Sophia. Umbildung und Auflösung an-tiker Formen, Entstehen des Kämpferkapitel-ls (Bayerische Akademie der Wissenschaften, Phil.-hist. Klasse, Abh. N.F. 92), München 1984, pp. 78-80, tav. 12, figg. 46-48 e tav. 13, fig.5; zollt 1994, n. 203, p. 83.

Immagini

1. Istanbul, Santa Sofia, veduta da est 2. Istanbul, Santa Sofia, veduta dell’interno

5. A. GuiGliA GuidobAldi, C. bArsAnti, San-ta Sofia di Costantinopoli. L’arredo marmoreo della Grande Chiesa giustinianea (Studi di an-tichità cristiana pubblicati a cura del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, LX), Città del Vaticano 2004, con testi di C. Barsanti, M. del-la Valle, R. Flaminio, A. Guiglia Guidobaldi, A. Paribeni, A. B. Yalçin e Appendice di L. Fabia-ni. Il volume è stato presentato in occasione del Colloquio Nuovi approcci di ricerca alla Ha-gia Sophia tenutosi presso l’Istituto Svizzero di Roma il 29 novembre 2005, in margine alla mo-stra “Il disegno geometrico della Hagia Sophia a Istanbul” curata da Volker Hoffmann. 6. GuiGliA GuidobAldi 2004, pp. 89-228. 7. bArsAnti 2004, pp. 315-474. 8. l. FAbiAni, La documentazione fotografi-ca delle lastre: riprese digitali e rielaborazione informatica, in GuiGliA GuidobAldi, bArsAnti 2004, pp. 800-801. Allo Studio Azimut si devo-no anche piante, prospetti, sezione e altri dise-gni pubblicati nella monografia, alcuni dei quali sono stati riproposti in questa sede. 9. L’analisi si è estesa anche alle altre mem-brature marmoree connesse con i plutei, come le cimase poste al di sopra di essi (bArsAnti 2004, pp. 475-487), i telai a più luci (FlAminio 2004, pp. 77-87) e le griglie dei finestrati, tutti calibrati per il loro ruolo nell’armonica sintassi d’insieme. Per aver ricevuto altrove specifica attenzione e per le diverse problematiche che sollevano, sono stati invece di proposito esclusi gli oltre cento capitelli che, in diverse tipologie, coronano le colonne e i pilastri sia al pianterre-no che al piano delle gallerie. 10. GuiGliA GuidobAldi 2004, pp. 291-311. 11. A. b. yAlçin, I soffitti decorati degli ar-chitravi delle finestre, in GuiGliA GuidobAldi, bArsAnti 2004, pp. 233-289. 12. FlAminio 2004, pp. 533-648. 13. Il pilastrino è stato riutilizzato nel lato meridionale della piattaforma ottomana collo-cata nell’area circostante l’antico bema. 14. Il pluteo è stato riutilizzato nel pavimen-to davanti alla soglia della cosiddetta Porta dei Morti, al termine orientale della navata sud. 15. La mensa si trova al piano delle gallerie, nel pavimento davanti al pannello musivo con i ritratti degli imperatori Comneni.

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la transenna maggiore in opera nella galleria sud, nel vano del pilastro sud-est 21. Istanbul, Santa Sofia, la transenna minore in opera nella galleria sud, nel vano del pilastro sud-est 22. Istanbul, Santa Sofia, la transenna in opera nella galleria nord, nel vano del pilastro nord-est 23. Istanbul, Santa Sofia, ipotesi ricostruttiva dei segmenti di pseudotransenna ai lati della transenna in opera nel vano del pilastro nord-est 24. Londra, Royal Institute of British Archi-tects: veduta dell’interno della Santa Sofia in un disegno di Charles Texier (1834) 25. Bellinzona, Archivio Cantonale, Fondo Fossati, studio per la loggia della ‘Sultana Vali-dè’ (Album p. 45) 26. Santa Sofia, pianta della loggia del Sulta-no con indicazione delle transenne del VI seco-lo 27. Istanbul, Santa Sofia, il corridoio della loggia del Sultano al termine orientale della na-vata nord 28. Istanbul, Santa Sofia, la transenna TL.01 nel corridoio della loggia del Sultano 29. Istanbul, Santa Sofia, la transenna TL.02 nel corridoio della loggia del Sultano 30. Istanbul, Santa Sofia, l’interno del corri-doio della loggia del Sultano 31. Istanbul, Santa Sofia, la transenna TL.03 nel corridoio della loggia del Sultano 32. Istanbul, Ayasofya Müzesi, le sculture bi-zantine nel giardino del Museo 33. Istanbul, Ayasofya Müzesi, i lacunari del protiro della Santa Sofia teodosiana 34. Istanbul, Ayasofya Müzesi, capitello dalla basilica A di Beyazit 35. Istanbul, Ayasofya Müzesi, condutture marmoree 36. Istanbul, Ayasofya Müzesi, capitello con trofeo di cornucopie e maschera teatrale

verso sud-est 3. Istanbul, Santa Sofia, veduta del prospetto occidentale 4. Istanbul, Santa Sofia, l’esedra orientale del-la galleria nord 5. Istanbul, Santa Sofia, pianta delle gallerie con indicazione delle lastre in opera nelle fine-stre 6. Istanbul, Santa Sofia, tre plutei in opera nelle finestre (FN.12, FS.01, FO.04) 7. Istanbul, Santa Sofia, pianta delle gallerie con indicazione delle lastre in opera negli inter-columni 8. Istanbul, Santa Sofia, il pluteo GN.15 negli intercolumni della galleria nord 9. Istanbul, Santa Sofia, i plutei in opera sotto il finestrone occidentale 10. Istanbul, Santa Sofia, i soffitti degli archi-travi dei finestrati nella galleria nord 11. Istanbul, Santa Sofia, lastre riutilizzate nel pavimento del naos davanti alla Porta Imperia-le 12. Istanbul, Santa Sofia, mensa di marmo pavonazzetto reimpiegata nel pavimento della galleria sud 13, Istanbul, Santa Sofia, la porta marmorea nella galleria sud 14, Istanbul, Santa Sofia, segmento di porta marmorea reimpiegato nel passaggio a sud del bema 15. Istanbul, Santa Sofia, una pagina della tabella con la distribuzione delle sigle dei mar-morari 16. Istanbul, Santa Sofia, grafico di un fine-strato della galleria ovest con indicazione delle sigle dei marmorari 17. Istanbul, Santa Sofia, la sigla KOZ e le sue varianti 18. Istanbul, Santa Sofia. distribuzione delle sigle ampo e zw nella galleria nord 19. Istanbul, Santa Sofia, distribuzione delle sigle koz e єl nella galleria e nelle esedre ovest 20. Istanbul, Santa Sofia, l’incorniciatura del-

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