Post on 18-Jan-2023
Itinerario archeologico subacqueo tattile delle
ancore romane in ferro -Isole dei Ciclopi-
Autori
Dr.ssa Fisichella T. Dr.ssa Saitta T.
Via Gravina, n 34 Via R. Franchetti, n45
95014 Giarre (CT) 95123 Catania
Tel 3476702626 Tel 3921055388
fisitizi@yahoo.it teresasaitta@virgilio.it
Itinerario archeologico subacqueo tattile delle ancore romane in ferro -Isole dei Ciclopi-
Premessa
La baia antistante Capo Mulini, frazione di Acireale (CT), compresa all’interno dell’Area Marina
Protetta “Isole dei Ciclopi”, è stata oggetto tra il 1995 e il 2001 di una sistematica ricognizione
archeologica effettuata dalla Facoltà di Lettere di Catania, a cura della cattedra di Topografia Antica
della Facoltà di Lettere presieduta dal Prof. Edoardo Tortorici.
L’esito di suddette analisi ha consentito di identificare, nei fondali del golfo in oggetto, un ingente
mole di ritrovamenti.
Tali reperti, cronologicamente coerenti con i materiali rinvenuti nei livelli di occupazione della
terraferma, hanno confermato quanto già noto dalle fonti a partire dal XVI-XVII sec. in merito al
riconoscimento di un insediamento costiero di grande interesse sviluppatosi, senza soluzione di
continuità, dall’età preistorica ai nostri giorni.
Oltre ad una grandissima varietà di anfore da trasporto di differenziata tipologia, sono state
individuate, a circa 250 m dalla costa, otto ancore in ferro in discreto stato conservativo, incluse in
un arco temporale compreso tra l’età romana repubblicana e l’alto medioevo.
Tale interessante rinvenimento, in linea con l’esperienza di Ustica del 1989, ha spinto gli enti
competenti ad optare per la conservazione in situ delle ancore, nel rispetto delle norme espresse
dalla Convenzione UNESCO in materia di musealizzazione.
Ciò ha consentito ad una cospicua parte di subacquei, appassionati e studiosi di archeologia, di
vivere l’imprescindibile esperienza sensoriale afferente alla contestualizzazione dei resti
archeologici, strettamente legati all’ambiente marino in cui giacciono da millenni e costituenti, essi
stessi, insediamenti di flora e fauna sottomarina.
E’ nato così, in seguito a debita registrazione e catalogazione dei reperti, il percorso archeologico
delle ancore posto all’interno dell’Area Marina protetta, ad oggi riconoscibile tramite una boa di
segnalazione designata come punto d’immersione.
L’itinerario, noto ormai da anni, è compreso in un’area fortemente sfruttata ai fini delle attività
subacquee ma non ha, finora, goduto di una degna fruizione turistica.
L’idea ha preso vita con la duplice intenzione di rivalutare un patrimonio storico che rischiava
l’oblio e, al contempo, di impiegare l’archeologia per sensibilizzare una collettività sempre meno
attenta alle esigenze delle categorie disagiate.
Tale consapevolezza ha dato avvio al progetto “percorso tattile”, che prevedeva la realizzazione di
una sorta di museo sottomarino visitabile e fruibile non solo dai sub normodotati ma anche e
soprattutto da diverso-abili sensoriali e motori.
Le necessità legate alla fruizione dell’itinerario da parte di queste categorie, hanno imposto
l’impianto di una cima guida al fine di segnalare la distanza tra le ancore e la direzione da seguire,
espediente utile, per garantire a tutti una visita in sicurezza, considerando la presenza nella zona in
oggetto di forti correnti.
L’ imprescindibile finalità didattica e l’esigenza cognitiva dei subacquei, non e ipovedenti, ha
imposto inoltre, il posizionamento, su ogni singolo reperto, di n 2 cartellini esplicativi uno dei quali
inciso con caratteri Braille, riportanti la medesima descrizione di quello stampato a caratteri
normali.
Si è pensato, inoltre, data l’impossibilità di ricontestualizzare i reperti originali, di arricchire
l’itinerario realizzando copie in terracotta di alcune anfore da trasporto intere e frammentarie (sette
in totale), recuperate sporadicamente negli anni passati ma coeve alle ancore dell’itinerario.
La base topografica di riferimento è stata impostata sui rilievi diretti eseguiti nel 2001 dall’Arch.
Salvatore Basile che hanno permesso di impostare preventivamente una strategia d’intervento per
la creazione del percorso e di realizzare l’aggiornamento della planimetria.
A seguito delle preliminari operazioni di pulizia delle ancore e dell’area ad esse circostante, si è
proceduto, quindi, alla realizzazione tecnica del percorso, tramite la foratura della roccia basaltica
in prossimità dei reperti per l’ inserimento di n 8 tasselli ad anello (Ø 20 mm).
Attraverso questi ultimi si è poi fatta passare la cima di collegamento (poliestere semilucida di Ø
pari a 18 mm), operazione a cui è seguito l’ impianto dei reperti anforici (n°7 copie), singolarmente
fissati con cemento idraulico.
Descrizione del percorso e cenni storici sui reperti
L’intero itinerario si estende per una lunghezza di circa 135 m ed è orientato in direzione NW-SE
con una batimetrica che da -15 m discende gradatamente a -22 m.
Le ancore, quasi tutte, localizzate a ridosso dello sperone roccioso del fondale, sono a ceppo mobile
e realizzate in ferro.
Nonostante la frammentarietà di alcune di esse e la perdita di tutti i fori d’inserzione del ceppo si è
potuta, comunque, cogliere una plausibile successione diacronica che le inquadra tra la fine del I
sec. a.C. e il XV sec. d.C.
Tutto ciò a conferma dell’importanza che la baia ebbe come approdo commerciale, soprattutto nel
periodo imperiale romano.
Il rispetto di tale contesto storico ambientale nonché la necessità di trasmettere a tutti i visitatori
maggiore consapevolezza delle dinamiche commerciali delle antiche società, ha suggerito la
riproduzione delle copie dei reperti anforici.
I modelli, sono stati posizionati lungo la rotta dell’itinerario tra un’ancora e l’altra e la loro
localizzazione è fedelmente segnalata sulla planimetria del percorso, sebbene, per esigenze
editoriali sia stato necessario, proporne le immagini fuori scala.
Sono visibili dunque, tipi di anfore da trasporto appartenenti alle classi Greco-Italica; Dressel 1;
Almagro 51 C; Spatheion; Africana 2 C; Keay LII; Late Roman I.
Fig.2- rilievi copie anfore da trasporto
del tipo Spatheion e Africana 2C
Fig.1- rilievi copie anfore da trasporto del tipo Late Roman e Dressel 1
I campioni, selezionati tra un’innumerevole quantità di erratici reperti originali, recuperati lungo
tutto il fondale della baia, sono riproduzioni dei recipienti da trasporto per vino, olio e derrate
alimentari, tra i più utilizzati lungo le rotte siciliane durante l’arco cronologico suggerito dalle
ancore.
Fig.3- rilievi copie anfore da trasporto del tipo Greco-Italica, Almagro 51c, Keay LII
La più antica tra le ancore pare essere la n.5, che per la caratteristica forma a “freccia” delle marre,
rientra cronologicamente nel I sec.a.C., durante la fase finale del periodo repubblicano.
Si tratta di un reperto di notevoli dimensioni di cui rimane il fusto, a sezione cilindrica di m 1,22,
mutilo dell’estremità superiore ed entrambe le marre, la cui apertura è pari a m 0.99.
Fig.4- Ancora n. 5
Recenziore di circa un secolo appare l’ancora n.4, in pessimo stato conservativo, priva quasi del
tutto del fusto del quale rimangono solo m 0,20, ma munita di entrambe le marre, di apertura pari a
m 0,79, dalle quali è possibile cogliere l’evoluzione della forma che progressivamente da dritta
diventa semicircolare, elemento indicativo dell’arco cronologico in cui è compreso il reperto, datato
dal I al II sec. d.C.
Fig.5- Ancora n. 6
Appartenenti al medesimo lasso di tempo appaiono invece le ancore n.3 ,n.6, n.7.
Della n.3 si è conservata parte del fusto a sezione rettangolare, di m 0,92, e il punto d’unione di
questo con le marre, entrambe mutile alle estremità, con le quali sembra formare un angolo retto.
Fig.6- Ancora n. 3
La n.6 presenta una porzione di fusto, di m 0,85, anch’esso a sezione rettangolare, conserva l’intera
marra sinistra di m 0,47, perpendicolare al fusto con l’estremità formante un angolo ottuso, e la
destra, di m 0,23, mutila nella parte finale.
Fig.7- Ancora n. 6
Quanto alla n.7, le sue caratteristiche non si discostano molto da quanto detto per la precedente, si è
conservata parte del fusto, di m 0,72, ed una marra, di m 0,40 dalla forma identica alla n.6.
Fig.8- Ancora n. 7
Tutte e tre le ancore sopradescritte sono purtroppo mancanti del foro d’inserzione del ceppo,
elemento che avrebbe potuto fornire maggiore esattezza cronologica, per tanto, la loro datazione,
desumibile solo dalla forma delle marre, ortogonali al fusto, non può essere troppo precisa
oscillando in un arco cronologico piuttosto ampio, che va dal IV al VIII sec.d.C.
In fine , l’ultima dell’itinerario nonché la più recente è l’ancora n.8, costituita da una piccola parte
di fusto, pari a m 0,51, e da entrambe le marre quasi semicircolari la cui apertura è pari a m 1,46.
Fig.9- Ancora n. 8
Essa rappresenta un’ulteriore variazione dell’ancora il cui tipo si sviluppa, verosimilmente, intorno
al basso medioevo, caratterizzata da marre terminanti con delle patte applicate all’estremità, di
dimensioni non troppo grandi, a forma di picche, caratterizzata da un ceppo in legno (naturalmente
perduto) favorevole unicamente a far ruotare lo strumento, in modo da sfruttare per l’ancoraggio
solo uno dei due bracci.
Tale tipo di ancora è documentata verso la fine del X sec.d.C., nell’Europa del Nord, mentre nel
Mediterraneo appare in iconografie risalenti al XV sec.d.C.
Quanto alle ancore n.1 e n.2 il loro stato conservativo, rende impossibile qualsivoglia ricostruzione
tipologica e cronologica, trattandosi solo di sezioni di fusti in ferro, rispettivamente di m 0,58 e m
0,65, ricoperti da spesse coltri di concrezioni e completamente privi delle porzioni utili a definire i
loro elementi distintivi.
Fig.10- Ancora n. 1 Fig.11- Ancora n. 2
Le notizie finora fornite sono indubbiamente limitate, in quanto desunte dai pochissimi dati in
nostro possesso e tratte da un tipo d’indagine unicamente autoptica, si prospetta, per tanto, che la
ricchezza storica della baia in questione e l’interessante corrispondenza tra sito costiero e fondali
antistanti, siano da stimolo oltre che per una degna rivalutazione del percorso archeologico anche
per una futura ricerca dai connotati meramente scientifici, che possa definitivamente mettere in luce
l’importanza di questo luogo e dei tesori in esso celati.
Bibliografia Essenziale
DELL’AMICO P. (2005)- Relitti del Mediterraneo. Guida all'Archeologia Subacquea , Luna
EdItore , La Spezia, 2005.
GIANFROTTA P (1980)- Ancore 'romane'. Nuovi materiali per lo studio dei traffici marittimi, in
Roman Seaborne Commerce, Mem. Of the Am. Acad. in Rome, XXXVI, Roma, 1980, pp. 103 ss.
PURPURA G.(2001)- Le ancore, in Archaeogate, marzo 2001.
TORTORICI E. (2000) - Ricognizioni archeologiche subacquee a Capo Mulini (Acireale), in A-
mare. L’influenza del mare nella vita degli adulti, nella cultura, nell'’economia e nella società,
Catania 2000, pp. 121-127.
TORTORICI E. (2001) - Contributi per una carta archeologica subacquea della costa di Catania,
in Archeologia subacquea. Studi, ricerche, documenti, III, 2001.
Appendice
Il presente elaborato descrive gli esiti di un progetto ideato dalle Dr.sse Teresa Saitta e Tiziana
Fisichella e sostenuto da:
- associazione L.I.F.E onlus (signor Carmelo La rocca istruttore HSA e PADI)
- Istituto per ciechi “Ardizzone Gioeni” di Catania (presidente Prof. Gianluca Rapisarda)
- diving center “oceanomarediving” (di Massimo Ardizzone)
patrocinato da:
- Soprintendenza del Mare (Soprintendente Prof. Sebastiano Tusa)
- Università di Catania (dipart. Archeologia - cattedra di Topogr. Antica Prof. Edoardo
Tortorici)
- Area Marina Protetta (direttore Dr. Emanuele Mollica)
con l’assistenza di:
- corpo sommozzatori comando VVF di Catania