Un nuovo testimone della 'Chirurgia' di Ruggero Frugardo in lingua occitanica (Siviglia, Biblioteca...

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UN NUOVO TESTIMONE DELLA CHIRURGIA DI RUGGERO FRUGARDO

IN LINGUA OCCITANICA(SIVIGLIA, BIBLIOTECA COLOMBINA, MS. 5-5-20)

ILARIA ZAMUNER

(Università di Chieti)

I

I testi di cultura pratica medievale sono stati costantemente con-finati ai margini della ricerca scientifica a causa in particolaredella loro natura non-letteraria e apparentemente artigianale(parlo soprattutto della Francia e dell’Italia,* accantonando laPenisola iberica —e specialmente la Catalogna— che si è, al con-trario, dimostrata più attenta nei confronti della Fachliteratur, inparticolare nelle lingue volgari);1 una marginalità non del tuttomeritata se si considera la loro funzione di testimonianza scrittadella cultura tecnico-scientifica dell’epoca e di attestazione di unpatrimonio lessicale altrimenti sommerso. Non mancano certa-mente delle eccezioni nel passato e nel presente: Paul Meyer,Gianfranco Contini e Clovis Brunel dimostrarono un evidente

* Desidero ringraziare Lluís Cifuentes (Universitat de Barcelona), peravermi gentilmente segnalato il ms. di Siviglia assente in Brunel 1935 e peraver seguito passo passo lo sviluppo di questa ricerca, e Pär Larson (Firen-ze, CNR – Opera del Vocabolario Italiano), per avermi gentilmente fornito latrascrizione di alcune porzioni di testo della Chirurgia di Ruggero da Parmavolgarizzata, contenuta nel ms. Firenze, Biblioteca Riccardiana, 2163 (vediinfra, §§ 2 e 3).

1 Per una messa a punto, si veda la documentazione relativa alla scienzacatalana d’epoca medievale e rinascimentale raccolta nel sito Sciència.cat(indirizzo di rete: <http://www.sciencia.cat>), a cura di Lluís Cifuentes e An-tònia Carré.

interesse nei confronti dei testi scientifici in lingua occitanica efrancese (vedi Meyer 1862, 1894, 1897, 1903, 1908, 1915-1917;Contini 1938a, 1938b, 1940; Brunel 1956a, 1956b, 1957, 1959,1961, 1962, 1966); e sempre più frequentemente, da qualcheanno a questa parte, alcuni studiosi si stanno dedicando all’ana-lisi e alle edizioni di opere di natura pratica: restando in territo-rio italiano e limitando il discorso alla sola sfera linguistica occi-tanica, possiamo citare Maria Sofia Corradini Bozzi per l’ambitomedico-farmacologico (1991, 1993, 1995, 1997, 2001, 2002, 2004,2006) e Mahmoud Salem Elsheikh per la chirurgia e la medicinain generale (1990, 1992); si sono o si stanno dedicando all’edi-zione di singoli testi: Maria Di Nono (Chirurgia di Stefano Alde-baldi contenuta nel ms. di Basel, Universitätbibliothek, D.II.11, ff.9r-138r);2 Matteo Milani (erbario contenuto nel ms. Palatino 586della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ff. 9r-29v: cfr.Milani 2004 e Milani 2007);3 Stefano Rapisarda (testo astrologicoManieira de far la sentensia de la sort, contenuto nel ms. Paris,BNF, lat. 7349, ai ff. 106r-114v);4 Simone Ventura (versione occi-tanica del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico tra-smessa dal ms. 1029 della Biblioteca Sainte Geneviève di Parigi);Gianni Vinciguerra (testo negromantico tradito nei ff. 115r-118rdel ms. lat. 7349 della BNF: cfr. Vinciguerra c.s.), e così via. Perl’ambito francese, un notevole contributo ci viene dai paesianglosassoni: basti pensare alle esemplari pubblicazioni di TonyHunt, David Trotter —recente editore della traduzione francesedella Chirurgia di Albucasis o Albucasim—, e Sabine Tittel, a cuidobbiamo l’edizione dell’Anatomia, sempre in traduzione fran-cese, tratta dalla Chirurgia Magna di Guy de Chauliac (vedi Hunt1986-1987, 1987, 1988, 1990, 1992, 1993, 1994, 1997, 1999, 2000;Trotter 1999a, 1999b, 2000, 2001, 2004, 2005; Tittel 2004). Soprat-tutto questi ultimi sembrano rispondere all’invito di Max Pfister

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2 Di prossima pubblicazione nella collana Publications de l’AIEO.3 Matteo Milani si è inoltre occupato della tradizione italiana del Secre-

tum secretorum pseudo-aristotelico: cfr. Milani (2001), (2003), (2006a) e(2006b).

4 A Stefano Rapisarda dobbiamo anche l’edizione del Thesaurus paupe-rum in volgare siciliano: vedi Rapisarda (2001).

—sebbene rivolto agli studiosi della letteratura scientifica in lin-gua occitanica— a completare le edizioni critiche con ricchi efunzionali glossari al fine di colmare le ancora notevoli lacunelessicografiche (Pfister 1997: 170).

Nonostante la nuova sensibilità dimostrata dagli studiosi, l’u-nico strumento bibliografico in possesso degli interessati all’areascientifica occitanica rimane, ancora oggi, l’ormai datata Biblio-graphie des manuscrits littéraires en ancien provençal di ClovisBrunel (1935), ristampata, senza aggiornamenti di rilievo, nel1973. Già Gianfranco Contini nella recensione dedicata allaBibliographie aveva sottolineato la scarsa attenzione di ClovisBrunel nei confronti della Fachliteratur, invitando lo studioso aprestare maggiore riguardo verso i testi non-letterari in linguaoccitanica in una eventuale seconda edizione dell’opera (Contini1935: 488, nota 1) e esortando «i provenzalisti» a portare «il con-tributo della loro esperienza per integrare, se è possibile, laBibliographie in qualche particolare minore» (ibidem: 492).Nonostante il suggerimento del noto filologo, il settore scientifi-co si avvale tuttora dei singoli interventi non finalizzati ad unrepertorio completo e aggiornato dell’insieme. Il panoramaappare ancor più esiguo se messo a confronto con quanto si con-tinua a fare, invece, per la lirica occitanica: si pensi, a semplicetitolo d’esempio, ai progetti Intavulare. Tavole di canzonieriromanzi coordinato da Anna Ferrari, Repertorio informatizzatodell’antica letteratura trobadorica e occitana (RIALTO) direttoda Costanzo Di Girolamo (<www.rialto.unina.it>) e BibliografiaElettronica dei Trovatori (BEdT) a cura di Stefano Asperti(<www.bedt.it>), restando unicamente in Italia. La mancanzapertanto di un quadro compiuto di riferimento non permette 1)di dare una risposta ad alcuni interrogativi: chi erano gli autori,chi i destinatari, quali gli ambienti di diffusione e ricezione equali le fonti; 2) di affrontare con un certo margine di sicurezzale edizioni critiche dei testi inediti ed infine 3) di realizzare infuturo un glossario che vada ad arricchire il repertorio lessicaleattualmente noto della lingua occitanica.

Lungi dal risolvere il problema appena esposto, per il qualenecessariamente ci si dovrà giovare di un lavoro d’équipe (e, inquesta direzione, un grande passo avanti sarà rappresentato dalrepertorio Tanslations medievales. Cinq siècles de traductions en

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français (Xe-XV

e siècles). Étude et répertoire, in preparazione sottola direzione di Claudio Galderisi),5 il presente contributo si pre-figge il modesto scopo di fornire, da un lato, nuovi aggiorna-menti sulla Chirurgia di Ruggero da Parma (grazie soprattutto alrinvenimento di un inedito testimone, come suggerito nel titolo),e, dall’altro, di inserire tale tassello all’interno di un quadro sto-rico-culturale di riferimento, evitando, fin dove possibile, ilrischio di limitare il discorso al fatto letterario in sé. Oltre per-tanto all’esame della tradizione manoscritta della Chirurgia,verrà abbozzata una breve analisi linguistica al fine soprattutto diindicare l’ambiente, anzi gli ambienti, di ricezione e riuso di que-sto testo nelle diverse redazioni.

II

La Practica chirurgiae (o Chirurgia) di Ruggero Frugardo daParma (o da Salerno), detta Rogerina, o anche Post mundi fabri-cam in base alle prime parole utilizzate nella versione latina ori-ginale,6 venne compilata intorno agli anni settanta del 1100 da

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5 Vedi articolo in questo volume.6 Sulla figura di Ruggero da Parma e la sua opera, cfr. Tabanelli (1965: 3-

14), Pazzini (1966), Hunt (1994: 5-8) e Valls (1996: 1-20). Per una bibliogra-fia aggiornata fino al 1990, rinvio a Cuna (1993) e Keil (2002). Utili notizieanche in Sarton (1927-1948: II, 435-436); DESM (5, 112-113) e Fery-Hue(1964: 1297-1298), che collegano la figura di Ruggero alla Scuola salernita-na (su questo punto vedi anche la nota riassuntiva di Rinoldi c.s.). Tornasulla questione Green (c.s.) che, sulla base soprattutto di tre elementi(1. conoscenza della terminologia medica salernitana; 2. il nome Ruggero,più frequente nel Sud d’Italia che nel Nord e 3. la forte analogia tra la tra-smissione manoscritta dei testi salernitani e i primi testimoni della Chirur-gia di Ruggero), ne sostiene con fermezza l’origine salernitana. Tuttavia Keil(2002) lega il trattato, le versioni posteriori e i successivi adattamenti alla tra-dizione chirurgica germanico-longobarda, dalla quale Ruggero avrebbedesunto le proprie conoscenze salernitane. Nel ms. Paris, BNF, lat. 7035, leg-giamo: «Rogerii studii Montispessulani cancellarii Chirurgia»; la rubrica sug-gerirebbe che Ruggero Frugardo sia stato cancelliere all’Università di Mont-pellier (HLF: 17, 388-389), ma l’elemento paratestuale fa più probabilmenteriferimento a Ruggero Barone (o di Normandia) autore a sua volta di una

un allievo del noto medico medievale, Guido d’Arezzo il Giova-ne con l’ausilio di un gruppo di collaboratori.7 Rispetto alleopere di matrice greco-latina e araba, introdotte in Europa daiMaestri della Scuola medica salernitana e soprattutto da Costan-tino l’Africano, ca. 1015-1087, e dal suo allievo Giovanni Afflacio,ca. 1040-1060 (cfr. Huard – Grmek 1966: 14-15), la Chirurgia diRuggero rappresenta il primo trattato chirurgico originale com-posto in Occidente. Scrive, infatti, Mario Tabanelli (1972: 313):

Rogerio fue el primero que, con su libro Practica Chirurgica, superólos límites del arabismo de Costantino el Africano, del que estabaimpregnada la escuela salernitana, y dictó los principios de una ci-rugía nueva, concreta, objetiva, casi con seguridad fruto de una largaexperiencia personal.

La Practica si snoda in quattro libri, a capite ad calcem: ilprimo libro tratta le malattie della testa; il secondo quelle delcollo; il terzo delle parti superiori del corpo, del torace e del-l’addome; il quarto delle malattie delle parti inferiori e, inoltre,della lebbra, dell’elefantiasi e del tetano. La teoria e la diagnosti-ca occupano una sezione ristretta del trattato e risalgono al IX

sec. o poco oltre; mentre la terapeutica e le tecniche operatoriesono particolarmente sviluppate e si basano sulle informazioni diprima mano.8

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Practica medico-chirurgica che circolò con il titolo di Rogerina e che spes-so viene confusa con l’opera di Ruggero da Parma (cfr. Cifuentes 2000b: 453e Cifuentes 2002: 96 e 126).

7 Si legga l’explicit della Chirurgia nel ms. München, Bayerische Staat-sbibliothek, Clm. 376 (ultimo decennio del XII sec. - primo decennio del XIII),f. 15v, segnalato da Sudhoff (1914: 19) e Sudhoff (1918a: 153, da cui si cita):«Hoc opus in lucem et ordinem redactum fuit ab Aretino Guidone, logiceprofessionis ministro, rogatu clarissimorum sociorum et egregii doctoris con-cessu et desiderio, Anno ab incarnatione domini M°.c°.lxx°, regnante glorio-sissimo rege Guillermo feliciter [Wilhelm II, der Normanne, 1166-1189].Explicit cirurgia magistri Rogeri Frugardi a magistro Guidone Aretino suodiscipulo persecuta et ab eius doctore laudata». Per un elenco di codici lati-ni contenenti la Practica, cfr. Giacosa (1901: 380 e sgg., 418, 423 e 470),Thorndike – Kibre (1963: §§ 191 e 1064), e Valls (1996: 319-332).

8 Senza entrare nei particolari, rinvio a Huard – Grmek (1966: 19-22) e aHunt (1994: 21-23) per un sunto del trattato.

L’opera si diffuse ben presto in tutta Europa per meritosoprattutto dell’esposizione concisa e del continuo riferimentoall’esperienza diretta (fattori che diverranno poi consueti nei trat-tati chirurgici del XIV secolo).9 Ne attestano l’eccezionale circola-zione da un lato i commenti latini, la Chirurgia di Rolando daParma detta anche Rolandina, scritta a Bologna intorno al 1240(cfr. Huard – Grmek 1966: 22-23), e le Glossule super ChirurgiamRogerii et Rolandi, dette dei Quattro Maestri salernitani, risalen-ti alla metà del sec. XIII (ed. Henschel – Daremberg – De Renzi1852-1859: 497-724 e Sudhoff 1918b). Dall’altro, le diverse tra-duzioni nelle lingue occidentali, delle quali rammento:

– le versioni provenzali, che saranno qui oggetto di studio(cfr., infra, §§ 3 e 4);

– i quattro volgarizzamenti francesi, parzialmente inediti, piùuna versione incompleta, conservati nei mss. London, BL,Sloane 1977 (XIII sec.) e Sloane 3525 (ca. 1300), Paris, BNF, fr.1288 (XV sec.) e fr. 14827 (primo quarto del XV sec.), Rouen,Bibliothèque Municipale, 985 [olim 55] (XV sec.) e Cambridge,Trinity College, 0.1.20 [olim James 1044] (1230-1260);10

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9 Ad es. Henri de Mondeville (ca. 1260-ca. 1320) invitava i principiantidella disciplina chirurgica a frequentare sia gli Studia che i tornei e i campidi battaglia: «Oportet quod cyrurgici sufficientes discurrunt per studia medi-cinae et per torneamenta et per cetera gesta armorum periculosissima»,Pagel (1892: 132).

10 Per quel che riguarda i mss. Sloane 1977 e Sloane 3525, cfr. Meyer(1915-1917: 163-172, 182-214) e Hunt (1994: 11-13); edizione a cura di Valls(1996: 25-99), ms. di base: Sloane 1977; confronto con il ms. Sloane 3525nell’ Appendix D. Relativamente al ricco corredo illustrativo, vedi Sudhoff(1914: 19-33), tavole II-IV, e Valls (1996: 124-270). Inoltre: Hunt (1994: 137-142) offre l’edizione della versione frammentaria contenuta nel ms. Cam-bridge, Trinity College, 0.1.20, ff. 24va-30rb, e Valls (1996: 339-358) fornisceuna descrizione dei mss. francesi e una tavola sinottica relativa al contenu-to. Purtroppo non mi è stato possibile consultare il ms. London, WellcomeHistorical Medical Library, 546 (XIV sec.), segnalato da Fery-Hue (1964:1297b) quale latore di una ulteriore versione francese della Chirurgia (maValls (1996: 337), segnala il ms. London, Wellcome Historical MedicalLibrary, 544, ff. 107-149, contenente invece la Chirurgia di Rolando). Rinvio,per ulteriori aggiornamenti, alla scheda «Roger de Parme, Practica Chirur-

– la versione anglonormanna conservata sempre nel ms. Cam-bridge, Trinity College, 0.1.20;11

– i due volgarizzamenti italiani trasmessi nei mss. Conv.Soppr. B.3.1536 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firen-ze (metà sec. XIV) e 2163 della Biblioteca Riccardiana sem-pre di Firenze (manca ancora uno studio complessivo suivolgarizzamenti italiani della Chirurgia);12 e, infine,

– La traduzione catalana, oggi perduta, di cui si ha notiziaattraverso gli inventari dei libri a partire dalla prima metàdel XV sec. (cfr. Cifuentes 2002: 125-126).

Va, ancora, ricordato che la Practica chirurgiae è stata stam-pata per la prima volta a Venezia nel 1498.13

III

Il codice 5-5-20 della Biblioteca Colombina di Siviglia (qui sigla-to S), composto da più frammenti di codici e stampe di diversaorigine, che vanno dal sec. XIII al sec. XVI, racchiude un fascico-lo del primo quarto del XIV sec. (si tratta del fasc. VIII, un qui-nione, ff. 145-154), contenente un ampio frammento della Chi-rurgia di Ruggero Frugardo da Parma14 e un ricettario medico

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giae», in preparazione per il repertorio Tanslations medievales. Cinq sièclesde traductions en français (Xe-XVe siècles). Étude et répertoire cit.

11 Si era occupato delle due versioni contenute nel ms. di Cambridge,Meyer (1903: 75-95). La versione anglonormanna è stata edita per la primavolta da Ross 1940 (studio che non ho potuto consultare) e, successivamen-te, da Hunt (1994: 45-87). Il ricco repertorio iconografico è riprodotto e com-mentato da Hunt (1992), ma si veda anche Sudhoff (1914: 33-42), tavole V-VII e Valls (1996: 140-253).

12 Segnalano il ms. della BNC di Firenze, Puccinotti (1850-1866: 2, 127-128, 395 e sgg.), ripreso da Tabanelli (1965: 15-16), Pazzini (1966: 17 e 28)e Valls (1996: 334-335) e il ms. della Riccardiana, Sudhoff (1918a: 155n), daqui Valls (1996: 335) e Elsheikh (1990: 45).

13 Consultabile in rete nella Biblioteca Digital Dioscórides: <http://cisne.sim.ucm.es/search*spi~S4>.

14 Prologus, Indice e capitoli I-XXVIII del I libro: cfr. l’ed. Sudhoff (1918a:156-171), consultabile anche in rete nel sito della BIUM: <http://www.bium.

(più alcune ricette sparse, aggiunte da altre due mani), scritti inoccitanico.

Il ms., miscellaneo e composito, è costituito da 263 fogli cartacei epergamenacei (ff. 67-96 e 145-154). Una foliazione recente in cifrearabiche sull’angolo inferiore a destra sostituisce le cartulazioni indi-pendenti che alcune unità manoscritte conservano ancora sull’ango-lo superiore destro. L’unico elemento che accomuna i testi tra loro èl’antica appartenenza al bibliofilo Fernando Colón, che appose dellenote d’acquisto, comprese tra il 1530 e il 1536, sul verso delle cartefinali di alcune porzioni librarie. Il fascicolo VIII, di mm 293x220 (f.150) e mm 300x225 (f. 154), risulta unitario (145, 146, 147, 148, 149| 150, 151, 152, 153, 154). Sul f. 154v leggiamo la nota di FernandoColón: «Este libro costó 18 dineros en León por setiembre de 1535,y el ducado vale 570 dineros».15

Nel 1972, Guy Beaujouan aveva segnalato il codice 5-5-20 dellaColombina all’interno della ricca catalogazione di manoscritti d’ar-gomento medico depositati in Spagna come segue: «Rogerus Fru-gardi de Salerno. Chirurgia. Version catalane: Sev. BC 5-5-20...»(Beaujouan 1972: 197).16 Il difficile accesso al materiale descrittivoriguardante i fondi della Biblioteca Colombina e, inoltre, l’asse-gnazione all’ambito linguistico catalano del fascicolo pergamena-ceo trecentesco, hanno senz’altro concorso al silenzio su questocodice rispetto ai passati e recenti contributi degli studiosi dellaFachliteratur in lingua occitanica.17 Della Chirurgia di Ruggero

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univ-paris5.fr/histmed/medica.htm>; è inoltre disponibile un’altra edizione,non critica, in Henschel – Daremberg – De Renzi (1852-1859: II, 425-493),basata sulla giuntina del 1546 e sul ms. di collazione Paris, BibliothèqueMazarine, 3599 (ed. Consultabile in rete nel sito della BIUM: <http://web2.bium.univ-paris5.fr/livanc/?cote=34887x02&do=chapitre>).

15 Analisi diretta del ms. in data 14 marzo 2005.16 A p. 211 (§ XXVI, 2-3), Beaujouan (1972) segnala inoltre i ricettari con-

servati nel codice S: l’uno latino trasmesso nei ff. 77-79 (parzialmente discen-dente dal Liber aquarum di Pietro Ispano) e l’altro catalano, in realtà occi-tanico, tràdito nei ff. 152-154. Il codice non è citato da Giannini (1930),Beaujouan (1964) e Delcorno (1970).

17 Per una messa a punto, rinvio soprattutto a Corradini Bozzi (1993); sivedano anche, sebbene parziali, Paterson (1987) e Ducos (1999), in que-st’ultimo articolo non si tiene conto della traduzione versificata della Chi-rurgia di Ruggero da Parma per mano di Raimon d’Avinhon.

Frugardo erano sinora noti solo due testimoni: il codice duecente-sco Bologna, Biblioteca Universitaria, 2836 (qui siglato Bo e erro-neamente segnalato da Clovis Brunel con il numero 1530, in realtànumero d’inventario),18 contenente una traduzione della Rogerina(o piuttosto un compendio rimaneggiato) in 1565 versi parzial-mente dodecasillabici ad opera di un certo Raimon d’Avinhon;19 eil codice Basel, Universitätbibliothek, D.II.11, ff. 139r-153r (d’ora inpoi siglato Ba), latore di una traduzione in prosa (tuttora inedita)dei primi tre libri della Chirurgia (prima metà del XIV sec.).20 Perquel che riguarda la localizzazione delle due versioni, AntoineThomas aveva còlto all’interno del testo di Raimon d’Avinhon (ms.Bo) alcuni circostanziati riferimenti storico-geografici: al v. 474l’autore parla di un prodigioso unguento per la cute que sobrebenfes a’N Rascas, segnor d’Uses e al v. 1561 nomina un caster qu’anom Monclus; questi dati permisero allo stesso Thomas di ricono-scere in Raimon d’Avinhon un chirurgo d’Uzès, abitante del castel-lo di Montclus département du Gard (Canton de Pont-Saint-Esprit,già vicariato e diocesi d’Uzès) e di datare il volgarizzamento aglianni precedenti il 1209 (anno della morte di Raimon d’Uzès,soprannominato, in maniera poco lusinghiera, Rascas).21

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18 Brunel (1935: 84, n. 288). Al primo e all’ultimo foglio del ms. compa-re la scritta «BIBLIOTHÈQUE NATIONALE. R. F.», che dimostra che il codicesi trovava ancora a Parigi tra il 1796 e il 1815, Thomas (1881: 65).

19 Thomas (1881: 456); cfr. la Rubrica a f. 1r: «Incipit Cirurgia magistri Roge-rii Salernitanensis translata in lingua romana a magistro Raimundo Avinionen-se». L’opera di Raimon è stata edita parzialmente da Thomas (1881: 71-74),frammenti del testo anche in Thomas (1882), integralmente da Cianciòlo (1941:7-67) e Bonardi (1961-62), tesi di laurea che non ho potuto consultare; le edi-zioni sono ora da integrare con le ampie note al testo a cura di Rinoldi c.s.

20 Il codice è citato da Bartsch (1872: 67-68) e da Brunel (1935: 102, n.355). Descrivono il ms., Brunel (1957: 289-291) e Corradini Bozzi (2001: 154-155). La Chirurgia di Stephanus Aldebaldi, che occupa la prima parte delcodice D.II.11, ff. 9r-138v, è stata oggetto di una tesi dell’École Nationale desChartes, sostenuta il 27 marzo 1968 e poi rimasta inedita, cfr. La Soujeole(1968); ha curato l’edizione della Practica oculorum di Benvenuto da Saler-no, trascritta nei ff. 172r-177v, Teulié (1900), estratti in Pansier – Laborde(1901) e Bertoni (1904); per i ricettari, si vedano Brunel (1957: 294-318) eCorradini Bozzi (2001: 157-163).

21 Thomas (1881: 66-68 e 70). L’ipotesi di Thomas è accolta da Cianciòlo(1941: 4-5), Paterson (1987: 386) e Paterson (1988: 123-124). Torna sull’iden-

Tuttavia la copia contenuta nel ms. di Bologna è opera di unamanuense di lingua catalana, come stanno a documentare alcu-ni elementi di ordine linguistico: lo svolgimento di a protonicain e (v. 8 letin, v. 51 leti, vv. 158 e 596 resor, v. 387 cavelers), ilpassaggio di -as a -es nelle desinenze verbali (vv. 29, 653 e 805sies) e nei femminili plurali (v. 29 totes, v. 63 quantes guises, v.69 pesses, v. 77 trencades, e così via), la chiusura di o tonica in udinanzi a palatale (v. 6 vuya, v. 329 fuya), la resa di [l ] e [n] coni grafemi yl e yn (v. 1 seynors, vv. 9 e 11 enseynar, v. 16 meylor),la grafia x/ix, al posto di is/iss provenzali (v. 131 naxer, vv. 135e 182 nax, vv. 198 e 615 axi, v. 890 laixa, ecc.) e l’esito pera <PETRA (vv. 207, 343, 590 e 1453), contro il provenzale peira(comunque presente).22

Anche la traduzione in prosa della Chirurgia (ms. Ba) ci con-duce verso la Linguadoca e in particolare verso una zona sud-orientale dell’Occitania. Clovis Brunel localizzò a Montpellier ilRicettario e le Regulae urinarum conservati nel codice di Basi-lea (ff. 153v-163v) sulla base specialmente di due fenomeni lin-guistici: l’utilizzazione del digramma lh al posto di l (I.c escu-delha, I.b, 2.e, 22.c, 33, 74 galhina, II.c lha, 4.a colha, ecc.) e lagrafia -th per -t finale per la resa verosimilmente di un suonofinale palatale (I.b picath, 5.c adagath, 6.b rosath, 53 sangloth).23

Conferma la localizzazione a Montpellier del ms. la recente ana-lisi di Maria Sofia Corradini Bozzi, localizzazione che si fonda suiseguenti fenomeni linguistici: oltre al grafema -th per -t, trattopeculiare del dialetto di Montpellier, la studiosa sottolinea l’im-piego della desinenza -i per la 2a pers. sing. dell’imperativo (boli,frigi, prendi), in uso nella Linguadoca e a Montpellier (Corradi-ni Bozzi 2001: 170-171).

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tificazione del signore d’Uzès e, di conseguenza, sulla datazione del compen-dio verseggiato, Rinoldi c.s. e sull’individuazione di questo Raimon d’Avinhoncon il trovatore anonimo, Cifuentes nell’articolo in questo volume. Jacquart(1981: 372) afferma che, stando ai dati del DBM, non vi è nessun caso di chi-rurgo al servizio di un signore prima della seconda metà del XIV sec.

22 Cfr. Thomas (1881: 66-68), Cianciòlo (1941: 69-70) e Rinoldi (c.s.: § 2).Vedi anche Cifuentes (2002: 126) e articolo in questo volume.

23 Brunel (1957: 293), i numeri tra parentesi fanno riferimento all’ed.curata dal medesimo autore alle pp. 294-318.

Il ms. S, dunque, oltre ad ampliare la tradizione manoscrittadella Rogerina in lingua occitanica, rappresenta un importantetassello all’interno di un quadro storico, attualmente poco noto,della chirurgia in volgare nella Francia meridionale. Oltre a ciò,alcuni elementi linguistici —che analizzeremo qui di seguito—permettono di ricondurre all’area catalana l’amanuense di questoms., aggiungendo un nuovo documento al già ricco patrimoniooccitano-catalano, testimone quest’ultimo di una fitta rete di rela-zioni tra Sud della Francia e Catalogna sotto il profilo storico-cul-turale (non dimentichiamo che ciò avviene sullo sfondo di unquadro politico peculiare e favorevole, come vedremo in conclu-sione). Si segnalano, dunque:

01. il passaggio da o a u davanti a palatale, come nel catala-no (Badia i Margarit 1951: § 51, Moll 1952: § 55): uls‘occhi’ (145v), fulas de malvas (147r);24

02. il mancato dittongamento della vocale O lat. in posizionetonica: foc (146v), loc (147v), ou ‘uovo’ (149r), trattoappartenente alla zona occidentale dell’Occitania fino aNarbonne;25

03. la conservazione della velare [k] in posizione inizialeseguita da a: causas (145r), can (145r), cascuna (145r),carn (145v), cara (146r), cambra (147v), ecc.;

04. le grafie y e anche yn per la nasale palatale [n], frequentinel catalano: seyals (f. 146r), f(ra)yeme(n)t (146r), frayn(149r);26

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 201

24 Cfr. il canzoniere provenzale V (Venezia, Biblioteca Nazionale Marcia-na, Str. App. 11 = 278) di mano catalana (mi riferisco alla prima sezione delcanzoniere, ossia V1: Zufferey (1987: 227-247) e Zamuner (2003a: 20 e sgg.):fulla (57v22), huils (27v18, 33v29), nug (82v16), pug (74r26), ecc., Zufferey(1987: 234). Il confronto con la scripta di V1 è particolarmente interessanteperché di poco anteriore (siamo intorno al XIII sec. ex.: Zamuner 2003a: 23)alla stesura del ms. di Siviglia.

25 Cfr. Meyer (1889: 423-429), Grafström (1958: § 16,3b), Kalman (1974:§ 16) e Arthur (1955: 12).

26 Cfr. il canzoniere provenzale V1 (la y è talvolta sormontata da unapice): compayos (28r1, 76r1), seyor (60r27, 84v25, ecc.), loynar (65v10),frayna (76r12), ecc., Zufferey (1987: 243).

05. le grafie c e ch per la fricativa: ceda (f. 146v, ma ancheseda a f. 147v), abscincij (147v), arcimira o anche arce-mira ‘artemisia’ (147v),27 rancha (f. 146v);28

06. la grafia x sempre per la fricativa (contro la grafia s del-l’occitanico): unxura (146v);29

07. le grafie i e y per l’affricata palatale sonora [g]: freya(146r), roseiara (146v), miia (147r, ma anche miga nellostesso foglio),30 plantaie (f. 147v), saieta (148v, ma sagetasullo stesso rigo), meyya (149r);

08. la grafia l per la laterale palatale [l˘]: mulat (f. 147r), fulas

(147r), ols (147r), ola (149r);31 ma anche ll, sebbene menofrequente: aurellas (145v);

09. le grafie yx, x, ix, xx per la sibilante palatale [s]: ix (146r),conexx (146v), enayxi (147r), conexeras (147r), aixi (147r),enaixi (147r), exuta (147r), exir (147v), axxi (147v), layxar(148r), pux (148r), metexx (148r), puxx (149r);32

202 TRANSLATAR I TRANSFERIR

27 Le forme arcimira e arcemira con rotacismo appartengono ai dialettidella Languedoc del XIV sec., Pfister (1997: 170).

28 ch per [s] emerge nei documenti dell’Albigeois e del Rouergue (chai <ECCE·HAC·HIC, parallelo a sai): cfr. Grafström (1958: § 45) e Pfister (1958: 359).

29 Non si esclude una pronuncia palatalizzata: cfr., di seguito, punto 10 enota 32.

30 La g per la semiocclusiva è attestata nei documenti d’archivio delQuercy e del Tolosano: cfr. Grafström (1958: § 67) e Corradini Bozzi (1997:97-98); per i soli testi caorsini rinvio a Dobelmann (1944: 47) e Gambino(2008: 9).

31 Il tratto appartiene sia al catalano che al linguadociano occidentale,Grafström (1958: § 74).

32 Elemento caratteristico del catalano, Badia i Margarit (1951: §§ 81.II,84.II, 87.II e V), Moll (1952: §§ 138, 149, 154, 185, 190, 191); cfr. il canzo-niere provenzale V1: baixa (41v), conoixen (26v), aixi (38r), ixic (59v), ecc.,Zufferey (1987: 241), e il canzoniere provenzale Sg (Barcelona, Biblioteca deCatalunya, 146), sempre di mano catalana, Zufferey (1987: 248-274):conoixer (35r), aixi (42r), axi (38v), ecc., Zufferey (1987: 259). Grafström(1958: § 61) non esclude la pronuncia [s] per ix e x di Saixag, Sexa e Fox,ma aggiunge «causée par l’i précédent (Fois > Fox, ecc.)» (ibidem: 174). Alcontrario il nesso sc di abscincij (147v; cfr. mescina al v. 751 della Chirur-gia di Raimon d’Avinhon, ms. Bo) sta presumilmente per [s], cfr. Grafström(1958: § 57a). Si notino nel ms. Ba le occorrenze aixi, grayxa e vixigua, Cor-radini Bozzi (2001: 171) e, nel solo f. 178r, pueix, exchugar, Brunel (1957:

10. l’esito grafico xx, da -CT- lat., per la resa verosimilmente diun’occlusiva palatale sorda [c]: estrexxa (146v);33

11. la conservazione della nasale finale mobile -n: coton(147r), lin (147r, ma anche li nello stesso foglio), vinblanc (147r), tratto della Provenza propriamente detta(fino alla città di Montpellier) e della fascia ad est delRodano (Ronjat 1930-1941: § 385; Van der Horst 1981:334; LRL: V,2, 92; Corradini Bozzi 1997: 82-83 e Pfister2002: 77);34 elemento che convive con la caduta;

12. la conservazione del nesso -nt in fine parola: segurament(146r), saudament (146r), frayament (146v), forment(147r);35

13. l’inserimento della cons. epentetica p tra m e s, per es. intemps (147r);36

14. lo sviluppo di una n inorganica davanti a -g- intervocali-ca: engalment;

15. il passaggio da as a es nei f. pl.: riqueses (145r), vegades(145v), les moles (146v), aureles (148r), las tenales (148v, males tenalas nello stesso foglio), plumes d’auca (148v), ecc.;37

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 203

293 e nota 6, 318 [ricetta 125 di mano avventizia]) e Corradini Bozzi (2001:171-172); vedi infra, nota 47.

33 Cfr., ad esempio, le forme sofraxe (33v), sofraxos (64v), adrexura (86r)del canzoniere provenzale V1 (Zufferey 1987: 238) e sapxatz (46r) del can-zoniere provenzale Sg (Zufferey 1987: 255).

34 Cfr. infatti il canzoniere provenzale f = Paris, BNF, fr. 12472, Meyer(1871: 22-23) e Zufferey (1987: 207-225, in partic. 212) e il ricettario con-servato nel ms. Cambridge, Trinity College, 903, R 14.30, Brunel (1962: 148)e Corradini Bozzi (2001: 152).

35 Per l’area occitanica, cfr. Ronjat (1930-1941: § 371) e Van der Horst(1981: 335), ma Grafström (1958: § 76, 219) segnala una maggiore diffusio-ne geografica del tratto in questione; per l’area catalana, Badia i Margarit(1951: § 10. III.B) e Moll (1952: § 173 h).

36 Cfr. il ms. Princeton, Garrett 80 (= P), localizzato in una zona di tran-sizione tra la Linguadoca orientale e la Provenza, in partic. fra Montpellier eArles, da Corradini Bozzi (1997: 64) e, per il versante occidentale, il canzo-niere provenzale R (Paris, BNF, fr. 22543) localizzato a Tolosa da Zufferey(1987: 126-127).

37 Badia i Margarit (1951: § 63.II) e Moll (1952: § 89). La forma le dell’art.det. m. s. non compare mai; un solo caso di les per il m. pl. (les pels, 149v).

16. la terminazione -et dei perfetti (formet, donet) vs -ec (com-prendente un’area che va dal centro tolosano al Rouer-gue);38

17. sotto il profilo lessicale, si notino l’esito cuir (f. 148r) < CORIUM proprio del cat. (cfr. DCVB: 3, 823-824a, DECLC:2, 1093-1094) e il termine eses ‘assenzio’ presente nel gua-scone (Corradini Bozzi 1997: 81 e Corradini Bozzi 2003:253).

La maggior parte dei fenomeni linguistici isolati ci conduco-no verso una zona occidentale dell’Occitania e, visti i numerosicatalanismi (soprattutto i punti 1, 4, 9, 10, 15 e 17), verosimil-mente in una zona aldilà dei Pirenei; tuttavia i tratti, quali la con-servazione della -n finale mobile e del nesso -nt in fine di paro-la sembrano rinviarci al substrato di questo ms. e, fors’anche,all’originale della redazione della Chirurgia conservata nel ms. S(come già sottolineato, i due fenomeni, parzialmente estranei alcatalano, appartengono in particolare alla zona provenzale pro-priamente detta fino alla zona linguadociana orientale con parti-colare riguardo per la città di Montpellier). Malgrado la linearitàdel discorso (e la propensione, direi talvolta pregiudiziale, diconsiderare il catalano in subordine rispetto all’occitanico), nonè da escludere che la questione vada considerata in termini rove-sciati, ovvero che il catalano rappresenti il substrato del ms. (eforse la veste linguistica originale di questo testo) e il provenza-le la lingua del copista (la questione sarà ripresa più avanti). Aprescindere comunque dall’esito dell’analisi stratigrafica del ms.,vedremo alla fine come queste parziali conclusioni in ambito lin-guistico ci aiutino comunque a fare maggior luce sulle redazioniconservate nei mss. Ba e S.

204 TRANSLATAR I TRANSFERIR

Le forme le e les sono caratteristiche della zona linguadociana occidentale(intorno a Tolosa), ma anche in un’area non contigua, cioè lungo il Rodano,dal Valentinois al paese d’Orange, Corradini Bozzi (1997: 87), e bibliografiaivi citata.

38 Pfister 1994: 86-87. Nei testi linguadociani occidentali si riscontrageneralmente l’alternanza tra le due desinenze verbali: cfr. Brayer – Monfrin1966.

IV

Si pone a questo punto una questione essenziale: i mss. Ba e Strasmettono una medesima traduzione della Chirurgia oppuresono tra loro del tutto indipendenti? Il confronto con la versio-ne latina edita da Karl Sudhoff, con la versione anglonormannapubblicata da Tony Hunt, con la versione francese contenuta neimss. Sloane 1977 e Sloane 3525 ed edita da Helen Valls39 e, in-fine, con le versioni italiane inedite trasmesse dal ms. Conv.Soppr. B.3.1536 (F1) e dal codice Riccardiano 2163 (F2), ci per-mette di giungere ad alcune importanti conclusioni: i due testisembrano derivare da una stessa versione della Chirurgia, ma,malgrado ciò, paiono il frutto di due redazioni distinte della stes-sa versione.

A partire già dal Prologus, assente nella versione trasmessadal ms. 0.1.20 del Trinity College di Oxford, notiamo un possibi-le errore congiuntivo tra Ba e S.40

Sudhoff 1918a: 156, Prologus:Post mundi fabricam eiusque decorem de terrestri substantia deushominem formare uiteque spiraculum in eo, uelut de celesti, uoluitinspirare, ceu de uili fragilique materia ponderis sibi grauitateminesse, de celesti uero, sicut de sublimi, pura gloriosa‹que› substan-cia conditori similem celestibus in gloria coequalem cognoscere, etut de uno terrenis preciperet, de altero uero diuinis cultibus ratio-nabiliter subderetur.

S, 145r:{Prologus} Post mu(n)di fabrica(m), e‹n› la be‹le›sa d(e) ‹si mesexx›D(eu)s v‹o›lc home formar d(e) terrenal susta(n)cia et espirre lod’esp‹er›it d(e) vida, aixi com d(e) vera (et) d(e) pura (et) d(e)clara sabesa, p(er) so q(ue) aq(ue)st esp(er)it en se conegues egale‹n› se(m)bla‹n›c ‹et› en gra(cia) a·ls celestials e p(er) la terrenalsusta(n)cia conogues si mesexx esser sotzmes a les terrenalsc(aus)as.

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 205

39 Sudhoff (1918a: 156-236), Hunt (1994: 45-87) e Valls (1996: 25-99).40 S’intenda per i soli mss. Ba e S: tra parentesi uncinate le integrazioni

e tra parentesi quadre le espunzioni.

Ba, f. 139r:Post mu(n)di fabrica, en la beleza de si meseis Dieus volc formarome de terr‹en›a‹l› substancia, c’ayssi com a de vil e de fragil subs-tancia, et speritet lo d’esperit de vida, aissi com a d’auta e de purae de gloriosa substancia, per so que per aquest sperith om se cono-gues engal en semblant et en gracia als celestials e per la terrenalsubstancia conogues se meteis sozmes a las terrenals causas d’aquestmon.

Valls 1996: 25:Aprés ce que Diex ot le monde crié et il l’ot enbeli de sustance ter-rienne, il ot formé homme et mis en lui esperit de vie. Et li plut quehomme fust formé de vil matere et de froissable et que li esperis fustde gloriouse substance et de espirituel et pardurable.

F1, f. 1r:Dopo la fabricatione del mondo et sua belleça, Idio formò l’homodi substantia terrestra et in lui volse inspirare spiraculo di vita,come di cosa celestiale al quale, quanto che fatto di vile et fragilemateria, volse fusse gravità di peso, quanto che fatto di substantiaceleste, sottile, pura et gloriosa, simile al suo factore ‹et› a quelli delcielo, volse fusse conosciuto coequale in gloria, accioché dell’unoparticipasse co’ terreni, dell’altro fusse ragionevolemente subdito a’ailti divini.

F2, f. 1v:Doppo l’ordinatione del mondo e dela sua belleçça, Idio volle for-mare l’uomo dela substançia terrena et in lui volle spirare spiracolodi vita di celestiale substantia sì come a llui in essere graveçça dipeso, di vile e di debole materia. Dela celestiale dunque sì come d’al-ta e gloriosa substançia congnoscha sé simile al suo fattore ugualein gratia ale celestiali cose. Ed acciò ke apparecchiasse dell’uno alecose terrene dell’altro fosse sottomesso ragionevolemente a cotidia-ni coltivamenti.

La frase ceu de uili fragilique materia ponderis sibi grauita-tem inesse del Prologus (tradotta correttamente dal volgarizzato-re toscano, F1: quanto che fatto di vile et fragile materia, volsefusse gravità di peso) è parzialmente assente nelle traduzionioccitaniche: mentre nel ms. di Basilea viene tradotto solo ilprimo emistichio (c’ayssi com a de vil e de fragil substancia), nelms. di Siviglia l’intera frase viene omessa, modificando anche il

206 TRANSLATAR I TRANSFERIR

senso di quanto segue (et espirre lo d’esp‹er›it de vida, aixi comde vera (et) d(e) pura (et) d(e) clara sabesa).

Proseguendo la lettura del testo, è possibile rinvenire altrierrori che congiungono i mss. di Basilea e Siviglia contro il restodella tradizione latina e volgare della Chirurgia. Si prenda ad es.il cap. III del testo latino edito da Karl Sudhoff.

Sudhoff 1918a: 159, Prologus:Si uera ante cranei reparationem alia superflua caro supra durammatrem excreuerit, spongia marina bene lota exsiccata ponatur,quousque caro superflua corrodatur. Ceterum si post reparationemcranei caro super ipsum reparamentum superflua crescit, pulueremde hermodactilis secure ponere consueuimus. Uulnus autem extrin-secus con panno solo et carpia usque ad finem perfecte curamus.

S, f. 146r:E[n] ‹si› neguna carn sob(re) naxx en la dura maire ena(n)s q(ue)·ltest sia restauratz, meta y hom d(e) esponsa marina be lavada exugata t(ro) q(ue) la car(n) sia gastada; (et) si sob(re) crexx car(n)segu(en)te·l restaurame(n)t de test, meta y hom pelv(or)ad’(er)modattilis segurament. Mays en la n(afra) d(e) fora meta hompessas d(e) drap de lin o d(e) seda tota via t(ro) sia garitz. ¶ Meta yhom, be(n) segue(n)t(e) la megia d(e)l[s] saudame(n)t de la nafra,apostolicon.

Ba, f. 140rb:E si neguna carn sobre nais en la dura maire enans que·l test siarestauratz, met i d’esponza marina non lavada e sia secada; e s’i naiscarn seguentre restaurament de test, meta i om de polvera d’ermo-datils e pessas de drap de li o de seda.

Hunt 1994: 46:[III] Por morte char. Si il aveint que devant le reparrailement del testauchune maleveise char e mort surcresse la teie que dure mere estapellé, l’esponge de la mer, mult ben [f. 241v] lavee mes ben sec-chié, metez desure, que par sa sause mangusce la morte [char]. Etant metez la desure que tote la maufaisse char seit amortie. Pormorte char: [A]prés, si aveint que après le parraillement del testmalvaise char surcresse le test reparrallié, si metez seurement lapudre des hermodacles. Si deveiz garir la plaie dehors od sul draplinge u od cotun que res [est] de [d]rap linge que est apelé charpie.De la soudure de la plaie: [E]naprés la soudure de la plaie deveiz

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 207

mettre sure le a[n]trait cirugien qui e[st] dit apostolicon, que si doitestre fait: ecc.

Valls 1996: 28:¶ Aprés l’en doit metre en la bouche de la briseure du test un dra-pel de lin, ou de soie qui miex vaut assez, si que li chiés du drapelsoit de toutes pars pardesoz les eurs du test, que la porreture de laplaie ne descende sus la dure mere et face mal au cervel. De cestechose solions nos faire espurge marine bien lavee et bien sechie. ¶Aprés ample la plaie de drapeals de lin moilliez en aubuns d’oes etun petit esprains. [...] A la morte char oster qui est desus la dure[mere] devant la soudeure du test, metez i l’esponge bien lavee etbien sechie, tant que la morte char soit mengie. ¶ Et se il avient dere-chief que morte char croisse sus le nouvel test, metez i la poudre dehermodates et cure la plaie par defors tant qu’ele soit garie. ¶ Aprésquant ele sera close, met desus la plaie apostolicon cyrurgien que tuferas en tal manere.

F1, f. 4r:Ma se innansi alla reparatione del craneo alcuna carne superfluacrescerà sopra la dura madre, mettivisi suse della spungia marina[4v] bene lavata et bene seccha, per insino a tanto che la superfluacarne sia rosa. ¶ Della carne superflua sopra il craneo. Ma, se dopola reparatione del craneo sopra-l detto reparamento crescerà alcunacarne superflua, usiamo di ponervi suse polvere di ermodattali. Laferita di fuori curiamo perfectamente per insino a la fine solame‹n›tecon panno lino et carbino. Dopo la consolidatione vi pogniamo susolo empiastro cirugico ecc.

F2, f. 4v:Ma se alcuna carne superflua fosse cresciuta sopra la dura madreprima che fosse ristorato lo craneo, tolli la spugna marina bene lava-ta e secchata e ponvela su tanto che la carne superflua sia rosa. Mase doppo il ristoramento del craneo carne sup(er)flua nascesse sopraquello ristoramento usiamo di ponere polvere d’ermodattili. Ma lafedita di fuori co(n) pa(n)no solo e carpia i(n)fino ala fine p(er)fec-tamente curiamo.

Il sintagma alio superflua caro del testo latino viene resoerroneamente con neguna carn in entrambe i mss. occitanici(si confrontino invece le traduzioni corrette, anglonormanna:auchune maleveise char, e italiane: alcuna carne superflua). Ma

208 TRANSLATAR I TRANSFERIR

particolarmente interessante si presenta l’analisi del sintagmapanno solo et carpia, che pare essere stato malcompreso dadiversi volgarizzatori, in particolare da quelli occitanici e france-se. Se il testo anglonormanno, oltre ad offrirci una resa quasi allalettera del testo latino (od sul drap linge u od cotun), ritienenecessario specificare il senso del termine lat. CARPIA con unaglossa ([d]rap linge que est apelé charpie); quello italiano (F1) silimita a tradurre con panno lino et carbino, proponendo sostan-zialmente una dittologia quasi sinonimica e introducendo unprobabile hapax: si veda, infatti, la voce carpìa nel TLIO, unicoesito dal lat. CARPIA attestato nelle Rime di Meo dei Tolomei, XIII-XIV sec., con il senso di ‘materiale leggero ed inconsistente’; men-tre dal corpus dell’Opera del Vocabolario Italiano non emergenessuna forma carbino —o carpino, ipotizzando un passaggiodell’occlusiva bilabiale sonora a sorda— con il senso qui espres-so.41 A sua volta quello italiano (F2) propone il segmento latinoinalterato, con panno solo e carpia, sintomo, mi pare, di unacerta difficoltà da parte del volgarizzatore a comprendere il testo(analogamente nella Chirurgia di Raimon d’Avinhon, ms. Bo,porzioni di testo in latino intercalano la chirurgia volgarizzata).

I mss. Ba ed S, a loro volta, offrono una lezione comune: pes-sas de drap de li (lin nel ms. di Basilea) o de seda, proponendodunque una traduzione del termine carpìa con lino, ma aggiun-gendo la seta, non contemplata nel testo latino. Questo farebbealmeno supporre una fonte comune alle due traduzioni, tuttaviail volgarizzamento francese (leggiamo dall’ed. Valls: un drapel delin, ou de soie) porta a stabilire che il termine ‘seta’ fosse già pre-sente nella fonte latina di entrambe le versioni (o redazioni) occi-taniche.42 Quanto detto, comunque, non esclude un probabileantigrafo comune ai due manoscritti.

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 209

41 Per la voce charpie, cfr. FEW, s.v. CARPERE ‘pflücken’: fr. charpir ‘carder (dela laine), effiler (de la vielle toile)’ (2.I, 401b); a.fr. charpie f. ‘amas de fils tirésdu vieux linge, dont on se sert pour les pansements’(ca. 1300 ecc.) (2.I, 403b).

42 L’inserimento nel testo del termine seta va forse collegato alla più largadiffusione in Occidente del prezioso filato nel corso del basso Medioevo;pertanto, l’introduzione del lemma nei testi occitanici e francese può essereavvenuta per poligenesi (colgo il suggerimento datomi da Claudio Galderi-si, che ringrazio).

A differenza delle zone testuali meno permeabili all’interven-to dei volgarizzatori (per intenderci, prologo e descrizione degli‘accidenti’, loro sintomatologia e modalità d’intervento), i rimedio ricette mediche, al contrario, subiscono spesso delle profondemodifiche rispetto alla fonte, talora a seconda dell’esperienza deisingoli volgarizzatori, che, si suppone, abbiano fatto parte dellefila degli operatori in ambito medico (si pensi ad esempio al ms.di Basilea, verosimilmente trascritto da un chirurgo, legato forsealla nota scuola medica di Montpellier, ms. che, oltre a racco-gliere unicamente testi medici, offre anche una serie di disegnianatomici, con glosse marginali, ad uso verosimilmente di spe-cialisti, cfr. figura 1).

Se prendiamo, infatti, la ricetta per disinfettare e cauterizzarela ferita sul capo (cap. V dell’ed. Sudhoff), noteremo come le dueredazioni occitaniche si allontanino all’unisono dalla fonte latina,prendendo anche le distanze dagli altri volgarizzamenti romanzi.

Sudhoff 1918a: 161, cap. V:Pannum inter duram matrem et craneum con penna diligenter etcaute immittas et quecunque in cura superius dicta facenda docui-mus, infra craneum prosequaris, extra craneum uero scarnatiris inprimis infra se coartatis et constrictis totum uulnus con panno lineoin albumine oui infuso, primo etiam preparato bene impleatur ecc.

S, f. 146v:(Et) saviament ‹met ·i·› drap p(ri)m ent(re)·l test e la teaxx co(n) dit,‹...›. E fay aq(ue)st engue(n)t, lo cal receup arge(n)t viu ·i· on(sa),comi m(ija) on(sa), e sob(re) cap(ut) pucij m(ija) on‹sa›, tot aysopelv‹u›drizat, mescla o ab ·vi· on‹sas› d(e) say(n). Aq(ue)st engu‹e›ntes bos a fleum(a) salsa (et) a malenconja (et) a la rancha q(ue) solvenir en les cuyas. (Et) si carnadura es ent(ro) sia aiustada tu i ves[?] en la n(affra), met i un drap mulat en claira d’ou, aixi co(m) esd(e) sob(re) [ms. lob(re)] e lia lo ab pluma sol e laxa·l estar ent(ro)a nust [?] (et) d(e) la nuit [ms. nu?t] t(ro) al mati.

Ba, f. 140rb:E met ·i· drap prim ‹...›, aissi com dig es, e fait aquest enguent: recepargent viu (una) o(n)sa e de comi miegga, de capud purgij mieiaonsa, to‹t› aisso polverizath, mescla o am ·vi· onsas de say. Aquestenguent es bos a·fflecma salsa et a malenconia et a roinha que venentre las cuichas. E si vana carn sobreven en la naffra, metth i drap

210 TRANSLATAR I TRANSFERIR

mulhat en clara d’uou: es estia entro lo matti. E si vana carn sobre-ven en la naffra, metth i drap mulhat en clara d’uou, es estia entrolo matti.

Hunt 1994: 46-47:E un drap linge en esclenge entre le test e la teie que est apelé duremeire od une penne dedenz metez. E totes les choses que nus avumdevant enseinnié si devez faire en la cure del test. E quant les[es]charneures s’entretienent e sunt ensemble print, emplez tote laplaie dehors le test d’un drap linge delié e blanc mis en albun d’oefe pois auches entre voz meins enprient.

Valls 1996: 29:E met sagement entre la dure mere et le test ·i· linge drap a unepenne, et fai ensi comme je commandai en la cure devant ditededenz le test. ¶ Aprés tu estendras les quartiers tant com tu porraset emple toute la plaie de drapeals moilliez en aubuns d’ues. Et met·i· drapel pardesus et lie sagement le chief et laisse einsi la plaie siqu’au matin ou du matin jusqu’au soir.

F1, f. 5r:Ma se puoi rimuovi inco(n)tenente et, quella remota, rimuove com-petentemente et co(n) diligentia lo pan(n)o che è tra la dura madree-l craneo co(n) la pen(n)a et cautame(n)te lo mette dentro. Et seguedi fare et curare come t’abbiamo inse[5v]gnato di sopra, in dellacuratione del craneo. Tractene le scarnature et curato et constrectela ferita tucta di pan(n)no lino bagnato i(n) albume d’uovo, da poibene preparati si riempi [ms. riempî].

F2, f. 5v:E metti diligentemente il panno co(n) penna tra la dura matre e-l cra-neo, et ongni cosa la quale nela cura di sopra detta intra-l craneo fac-cendo amaestra(m)mo si seguita. Ma fuori del craneo le scarnatureinprima infra sé coartate e co(n)strette inp(r)ima apparecchiatopanno lino infuso i(n) albume d’uovo sia bene ripiena tutta la fedi-ta.

Nella versione latina, come anche nella maggior parte dellerestanti traduzioni, il panno di lino, inserito tra la testa e la duramadre, è imbevuto nell’albume d’uovo. Il rimedio, oltre a com-parire solo in seguito nei codici occitanici (ms. di Basilea: metthi drap mulhat en clara d’uou), viene anticipato da una ricetta del

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 211

tutto originale, atta a sterilizzare e rimarginare la ferita e costi-tuita da argento vivo, comino, caput purgium e grasso. La speci-ficità del rimedio esclude in maniera inequivocabile la possibilitàche i due copisti/redattori abbiano potuto rielaborare e glossarela fonte in maniera autonoma, corroborando dunque l’ipotesi chei mss. di Basilea e Siviglia siano testimoni di una medesima ver-sione occitanica.

Sebbene, però, i due mss. derivino con buona probabilità dauna fonte comune, le differenze lessicali e morfologiche sono talida far presumere un intervento massiccio sul testo da parte deisingoli amanuensi (va inoltre detto, in margine, che il testo con-servato nel ms. di Basilea è in genere più corretto di quello tra-smesso dal ms. di Siviglia, ma quest’ultimo resta comunque fon-damentale per la ricostruzione del trattato in sede critica). Silegga ad esempio la ricetta dell’apostolicon chirurgicum. In essanoteremo alcune peculiari differenze tra le diverse traduzioni e,in particolare, tra le due redazioni occitaniche, messe a confron-to con il testo latino.

Sudhoff 1918a: 160, capp. III-IV:Post uulneris uero consolidationem apostolicon cirurgicum superpo-nimus, quod R picis naualis libram semis, picis grece libram I,galb‹ani›, serapini, ammoniaci, opoponacis ana libram semis, cerelibram iii, aceti libra semis; fit autem sic. De apostolico cirrurgico.Acetum in stagnato ‹uase› cum gummis, que non debent teri, pona-tur, scilicet galbani, armoniaci, serapini, opoponacis, pice nauali etsupra ignem ponantur et liquefiant et, cum liquefacta fuerint, parumde ipso in aquam frigidam mittatur et, cum se tenuerit et coloremmutauerit, pix greca in supradicta quantitate puluerizata con masti-ce et olibano ana libram semis puluerizatis con predictis in stagnatoponatur et con spatula semper agitando bene insimul omnia incor-porentur.

S, f. 146r:Meta y hom, be(n) segue(n)t(e) la megia d(e)l[s] saudame(n)t de lan(afra), apostolicon ¶ lo fix d(e) dolre d(e) nafra lo q(ua)l receppega naval miya liura, armoniac, oppoponac, d(e) cascu(n) miyaonsa, cera ·iij· [ms. (et)] on‹sas›, vinag‹r›e miya liura; lo vi(n)ag(re)ho(m) met en ·i· payrol esta(n)hat e la gomas, q(ue) no(n) porionpisar, e la pega naval e lo c(er)a, estia sob(re)·l foc (et) fonda (et),ca(n)t er fundut, mene ·i· pauc en ayga freya e si sten‹ra› o muder‹a›

212 TRANSLATAR I TRANSFERIR

color, met i la [ms. lo] p(e)ga g(re)ga pisada ab esses (et) ab mastec[ms. mot] d(e) cascu(n) miga onsa pisadas, e met o e·l peirol emescla o be(n), mena(n) tota o(ra) me(n)t(re) bulira, (et) ca(n)troseiara e‹s› seyal q(ue) es cuit.

Ba, f. 140ra:¶ Segue(n)tre la meggia del saudament de la naffra, meta i om apo-stolicon de surgia, lo cal se fay de tal maneira: pren pega navalmiega liura [ms. luira], de pega greca aitant, de galbanon, de sera-pi, de amoniac engalment miegga onsa, de sera ·iij· onsas, de vina-gre miegga liura [ms. luira]; e fai aissi lo vinagre e met en ·i· pairolhestanhat am la(s) gomas, que non deu·s trissar, so es a·ssaber galba-num, amoniac, segap(ri), oppoponac [ms. oppore], la pega navalh ela cera, meta hom sobre·l foc e fon sobre e, cant cera fonduda, metai (ms. metaii) hom ·i· pauquet en aigua fregga e, cant se tenra emudara color, meta i om pegua grega trissada am miegga onsa d’en-cens e miegga onsa de mastec, tot aisso polverizatz meta om en ·i·pairolh e mescla ab (una) esperlha menan tota via mentre buli(r)a, equant enrogezira aquo es senhals que cueit es.

Nel passo riportato si notano numerose differenze lessicali (lericette, ad esempio, presentano ingredienti diversi) e morfologi-che (le frasi sono strutturate spesso in maniera dissimile). Talidifferenze sono facilmente giustificabili se si ipotizza l’interventodi due zelanti amanuensi (in particolare per quel che riguarda lestrutture fraseologiche) o, meglio ancora, di due operatori inambito medico (forse coincidenti con gli amanuensi stessi), cheper ragioni pratiche hanno ritenuto necessario modificare il trat-tato in diversi punti, verosimilmente sulla base della propriaesperienza medico-chirurgica.

V

Come si diceva precedentemente, il fascicolo VIII del codice diSiviglia, oltre a contenere il volgarizzamento della Chirurgia,propone anche, a chiusura del quinione, un ricettario vergatodalla medesima mano (cfr. supra, § 3). Contrariamente a quantoci saremmo aspettati, la raccolta di ricette mediche non presentai tratti tipici del catalano, quali, ad esempio, la sibilante palatale

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 213

[s] per la sibilante sorda (grafie yx, ix, x) e la resa della nasalepalatale [n] con y e yn (tuttavia si riscontra sporadicamente l’o-scillazione del dittongo ue < O lat. e u davanti a palatale: ad es.fuellas, ma poco prima fullas), ma tratti che lo riconduconomaggiormente alla Linguadoca occidentale con la presenza peròdi alcuni elementi propri della zona orientale. Vediamo in breve:

–0il suffisso -ARIU evolve in -ier (mortier) e il femminile -ARIA

in -ieira (entieira, primieira). L’esito -ier < -ARIU e -ieira <-ARIA è tipico della Linguadoca occidentale ed è attestatospecialmente in documenti delle zone di Foix, Narbona eTolosa;43 il femminile -ieira si riscontra talvolta nell’Ariègee nel basso Quercy. Ricordo che nel catalano l’esito con-sueto è -er < -ARIU e -era < -ARIA (Badia i Margarit 1951: §47 II B, Moll: § 51);

–0la O lat. dittonga in ue: pueis, puesca, pueia, nuet, fuella,mueilla, cuechas, ueills, fuec; il fenomeno, attestato costan-temente sia nei canzonieri provenzali che in quelli lingua-dociani occidentali e orientali, compare affiancato all’esitovocalico semplice: loc, oill. Tale esito appartiene solo allazona linguadociana occidentale fino a Narbona, oltre che alcatalano;

–0l’occlusiva velare sorda [k] a volte sonorizza, sia in posizio-ne finale che interna: fig ‘verruca’, oils sanglens; il trattoappartiene alla scripta tolosana;

–0si rileva l’uso grafico di quo per [ko] e qua per [ka] (quo-gas, quada dia), presente soprattutto nel tolosano e nell’A-riège (Grafström 1958: § 43), ma anche nel canzoniere pro-venzale J localizzato nella Linguadoca orientale;44

–0il nesso CT lat. evolve generalmente nell’affricata palatale [c]con grafia ch se intervocalico, e g, gs se finale: penchenhar,facha, cuechas, frucha, lag, nueg e nug ‘notte’ (ma anchenuet), cuegs e piegs;

214 TRANSLATAR I TRANSFERIR

43 Cfr. ad es. il canzoniere provenzale R, Zufferey (1987: 109).44 Cfr. Zufferey (1987: 192). Si veda anche il ms. Princeton, Garrett 80

(= P): Corradini Bozzi (1997: 62-63).

– emerge qua e là la soluzione grafica l per la laterale palata-le [l ] (vedi supra, § 3, punto 8);

– si riscontra, come nel guascone, la confusione tra le nasalim e n: brem ‘crusca’, semes, hon ‘uomo’;45

– la -n finale mobile è a volte conservata, come anche ilsecondo elemento consonantico del nesso finale -nt: escal-fament, vin (ma anche vi), ben, bolent, angalment, atre-stant, comensament, mantenent, aurpiment ‘tinta d’oro’,ecc. (cfr. supra, § 3, punti 11 e 12);

– emerge l’uso di g (affianco a j) per l’affricata palatale sono-ra [g] (ad es. manga, fromage, segel ‘segale’, ecc.), fenome-no attestato nei documenti d’archivio del Quercy e del Tolo-sano (vedi supra, § 3, punto 7);

– si registra inoltre il fenomeno del betacismo (berbena ‘ver-bena’) tipico delle parlate della penisola iberica e del gua-scone, ma presente anche nel ms. di Basilea (ad es. beruga‘verruca’);

– ricorre infine il termine eses ‘assenzio’, appartenente al gua-scone (quest’ultimo compare anche nel ms. Ba). Cfr. supra,§ 3, punto 17.

Stando ai dati linguistici isolati, si potrebbe ipotizzare che ilricettario contenuto nel ms. S abbia avuto origine nella Lingua-doca occidentale e, molto probabilmente, in un’area tra Tolosa ela Guascogna. Tuttavia, numerosi fenomeni linguistici, presentiad es. nel codice di Chantilly (cfr. Corradini Bozzi 2003) e legatiall’area guascona o comunque linguadociana occidentale, sonoassenti nel ricettario di Siviglia:

– la predisposizione della -r, divenuta finale, a cadere;– la compresenza di forme in ia e in ie nelle desinenze ver-

bali (sia/sie);– il ricorso alla forma le per l’art. det. m.s., al posto di lo (trat-

to anche linguadociano occidentale e soprattutto tolosano);ecc.

˘

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 215

45 Il tratto, frequente nel Martres-Tolosane, Ronjat (1930-1941: § 851), èpresente anche nel canzoniere provenzale f, Zufferey (1987: 215).

A sua volta, la conservazione, sebbene sporadica, della -nfinale mobile e del secondo elemento consonantico nel nessofinale -nt, spinge verso una zona orientale dell’Occitania.

Alla luce di quanto detto, mi pare più economico pensare cheil ricettario sia il risultato della stratificazione di due scriptae,l’una genericamente linguadociana occidentale e l’altra proven-zale o linguadociana orientale, e che gli esigui tratti catalanisiano il frutto di un’interferenza di carattere preferibilmente sto-rico-culturale (cfr. infra, § 6).

Anche in questo caso, il confronto con il ms. di Basilea si rive-la di particolare interesse. Come il codice di Siviglia, il ms. Ba èlatore di un ricettario medico parzialmente tratto dall’EpistolaIppocratis ad Caesarem e recentemente riedito (Corradini Bozzi2001: 155-163). I due manoscritti, oltre a trasmettere un numeroelevato di ricette comuni (tuttavia le lezioni sono spesso diver-genti, anche a causa della particolare corruzione del ms. di Sivi-glia), offrono anche un frammento della ps.-aristotelica Epistolaad Alexandrum de dieta servanda.46 Nonostante non siano pre-senti errori che permettano di congiungere Ba a S, il frammentodell’Epistola, presente nel codice di Siviglia, pare risalire allastessa tradizione alla quale fa capo il lacerto trasmesso dal ms. diBasilea. Si noti, in particolare, la perfetta coincidenza delle primelinee di testo rispetto alla fonte latina (tra parentesi quadre leespunzioni):47

216 TRANSLATAR I TRANSFERIR

46 L’Epistola ad Alexandrum de dieta servanda (o Epistola Aristotelis adAlexandrum) corrisponde ad una breve sezione del Secretum secretorumps.-aristotelico, ovvero alla parte di testo dedicata ai consigli di natura igie-nica e dietetica (regimen sanitatis) offerti da Aristotele al suo discepolo Ales-sandro Magno, ed. Möller (1963: L29-L49). Rinvio a Zamuner (2003b), (2005)e (2007) per ulteriori approfondimenti.

47 Anche la modalità di trasmissione dei due frammenti, incastonatiall’interno dei rispettivi ricettari, rinvia ad una medesima tradizione mano-scritta, «che, depositaria di un testo ormai deformato e fortemente parcel-lizzato, autorizzava il libero impiego dei frammenti d’argomento dietetico—privi ormai di una propria autonomia— quali tasselli di raccolte piùampie di ricettari medici», Zamuner (2003b: 749); cfr. anche Zamuner (2007:171-172).

Ricapitolando, la Chirurgia e il ricettario contenuti nel codi-ce di Siviglia, nonostante siano vergati dalla medesima mano,presentano elementi linguistici discordanti: l’uno, il trattato diRuggero, offre una spiccata patina catalana con alcuni tratti ori-ginari del sud-est dell’Occitania; il ricettario invece è il fruttodella stratificazione di due componenti linguistiche, l’una gene-ricamente linguadociana occidentale (con qualche tratto catala-no) e l’altra provenzale o linguadociana orientale. Entrambi i testipresentano delle relazioni stringenti con il codice di Basilea,localizzato a Montpellier. Se ci basiamo sugli elementi comuni trai due testi, ovvero i tratti catalani, gli elementi linguadocianiorientali o provenzali (conservazione della -n finale mobile e delnesso -nt divenuto finale) e l’evidente legame con l’ambientemotpellierino attraverso il codice di Basilea, mi pare ragionevoleconcludere che l’ultima tappa della tradizione rappresentata daquesto ms. sia stata la città di Montpellier. Tra l’altro, le relazionipolitico-culturali tra Montpellier e la Corona d’Aragona donereb-bero una giustificazione più che ragionevole agli elementi lin-guistici catalani presenti sia nel volgarizzamento della Chirurgiache nel ricettario (seppure in misura minore), senza necessaria-mente varcare il confine franco-catalano.48

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Suchier 1883, II, 11-15Oportet te, o Alexan-der, cum a sompnosurrexeris, modicumambulare et membratua modicum exten-dere et equaliter,caput pectere, quiaextensio corroboratcorpus et pectinacioextrahit fumositates,humores ad caput as-cendentes temporedormitionis a stoma-co...

Ba, f. 163vOm quan ce leva dedormir, deu anar pe-tit e pla, e sos mem-bres estendre e soncap penchenar, carl’estendilar aferma locors el penchenar enfa issir lo fum quepueia el cap la nueg.

S, f. 152v [f. 8v]Hon cant se leva dedormir deu anar pe-tit e[m] pla, e sosmembres estendree lo cap penchenhar,[a]car l’estedilar afer-ma lo cors el pence-nil ‹...› lo fum quepueia el cap de nuet.

48 La presenza nel ms. Ba di alcuni tratti dell’ovest dell’Occitania (l’as-senza della dittongazione in loc e foc, l’evoluzione del nesso CT lat., intervo-

VI

In Occidente lo sviluppo delle scienze, e della medicina in parti-colare, va collocato tra la fine del XII e gli inizi del XIV sec., valea dire nel periodo della renaissance scientifique (Paterson 1987:383; García Ballester 1995). Se durante questo lasso di tempo leUniversità a Parigi (ma anche a Chartres, Reims, Tours e Toulou-se nel Midi) manifestarono soprattutto l’interesse per la filosofianaturale (centrale è, dunque, il ruolo svolto dalla lettura e inter-pretazione delle opere aristoteliche, autentiche e non), la scuoladi Montpellier si dimostrò, fin dall’origine, particolarmente attrat-ta dall’art de guerir.49 La differenza tra le due impostazioni dipensiero tra il Nord e il Sud della Francia —a parte Tulouse, chesembra maggiormente allinearsi alle tendenze culturali parigi-ne— comportava, effettivamente, delle notevoli divergenze sottoil profilo pedagogico. L’attività dei chirurghi e dei barbieri —obarbieri-chirurghi— veniva considerata al Nord meno nobilerispetto a quella del medico naturale, il quale —diversamente—cercava di curare la malattia, ossia l’alterazione dell’armonia

218 TRANSLATAR I TRANSFERIR

lico e finale, in [it], la riduzione del dittongo ieu in iu) e di un tratto del cata-lano (la grafia x per [s]) ha portato la Corradini Bozzi (2001: 171) a sup-porre «che la compilazione sia stata eseguita nell’area di Montpellier e chele evoluzioni linguistiche caratteristiche dell’ovest costituiscano la traccia diuna tradizione precedente». Stando a quanto detto sopra, non è da esclude-re che i tratti occidentali e in partic. catalani del ms. di Basilea siano da attri-buire più a questioni di carattere storico-culturale che non geografico-lin-guistico. Infatti, a f. 178r del ms. Ba una mano diversa e occasionale trascriveuna ricetta con tratti catalani più pronunciati rispetto al resto del codice; tut-tavia, per la capacità dei liquidi il medesimo copista fa riferimento a la mesu-ra de Montpeylier. Scrive al riguardo la Corradini Bozzi (2001: 172): «ciòinduce a credere che egli, pur attenendosi all’uso linguistico della propriaregione d’origine, appartenga comunque all’ambiente della Linguadocaorientale». Ci troviamo pertanto in un contesto in cui catalani e linguadocia-ni lavorano uno affianco all’altro, scambiandosi presumibilmente nozionimediche (anche per iscritto) assieme ad usi linguistici. Similmente in Siciliae in Basilicata colonie settentrionali (soprattutto d’origine ligure e piemon-tese) hanno lasciato tracce evidenti sia nelle parlate, di tipo nettamente set-tentrionale, che nel lessico (specialmente siciliano) anche sotto il profilofonetico: cfr. Varvaro (1995: 171-172).

49 Paterson (1987: 383); ma cfr. anche Corradini Bozzi (1993: 732).

umorale, attraverso la diagnosi, la dietetica e la farmacologia (cfr.Dulieu 1961 e O’Boyle 1994). Ciò chiaramente non equivale adire che a Parigi non si praticasse l’attività chirurgica (a testimo-nianza di ciò possiamo ricordare le figure e le opere di Lanfran-co da Milano o d’Henri de Mondeville, e anche i numerosi vol-garizzamenti francesi di opere chirurgiche scritte in origine inlatino, di sicuro ausilio dei praticiens dell’arte in questione, cfr.Jacquart 1998), né tantomeno che a Montpellier non si leggesse-ro i testi di Aristotele (anche se ad Aristotele si preferivano mag-giormente Ippocrate e, soprattutto, Galeno),50 ma semplicemen-te che la formazione del chirurgo era lasciata ad ambitiextra-istituzionali e che, pertanto, a praticarla erano spesso ciar-latani illetterati in cerca di facile guadagno.51 Malgrado ciò, lascuola di Montpellier si distinse ben presto per l’importanzaassegnata alle discipline pratiche dell’ambito medico e, standoall’analisi degli statuti scolastici montpellierini, la formazioneprofessionale del medico era basata sia sulle letture teoriche chesulla prassi terapeutica e le tecniche operatorie (cfr. Demaitre1975: 118-121).52 Nonostante sia più che probabile che la chirur-gia non abbia mai fatto ufficialmente parte del curriculum medi-co,53 i trattati chirurgici al contrario sono stati verosimilmenteoggetto di lettura e commento durante le lezioni universitarie.Stando, ad esempio, alla testimonianza scritta di uno studente

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 219

50 Sul finire del XIII sec. venne introdotto —in partic. al livello scolasti-co— il nuovo Galeno, inedito corpus di opere del noto medico medievale,che da quel momento venne riconosciuto quale auctoritas massima incampo medico. Cfr. García Ballester (1982), García Ballester (1986) e Jac-quart (1995: 330-334).

51 Cfr. Librandi (2003: 151). L’indagine sui modi e le forme dell’insegna-mento, più o meno istituzionale, della chirurgia in Europa è tuttora in corso:cfr. Pesenti (1978), Agrimi – Crisciani (1988: 157-158), Siraisi (1990: § 6),O’Boyle (1994), McVaugh (1994), Jacquart (1998: § 1) e McVaugh (2006).

52 A Montpellier vi era inoltre l’uso regolare della dissezione dei cadave-ri anche quando le disposizioni ecclesiastiche ne vietavano la pratica: Jac-quart (1981: 78) e Corradini Bozzi (1997: 11).

53 Chiara Crisciani (2003: 135-136) parla infatti di «progressiva integra-zione» della Chirurgia nel sapere scolastico-universitario, integrazione chegiunge a compimento soltanto in epoca rinascimentale (cit. a p. 136). Cfr.anche McVaugh (2006).

tedesco dell’Università di Montpellier —ms. Leipzig, Universität-bibliothek, 399—, sappiamo che Guillaume de Conches (DBM: I,235 e DBMSuppl: 105) si era giovato della lettura della Chirur-gia di Ruggero da Parma durante una sua lezione universitariapresso l’Ospedale dello Spirito Santo:

Audiendo magister Willehelmus bis in anno ad minus scolaribuslegere consueuerat, in festo natiuitatis domini et in pasca [...] [cum]alii cessauerunt legere, ipse incepit. Iste autem suus legendi modusfuit. Cirurgiam magistri R[oger] pre oculis habuit. Sed illam non legit,secundum quod aliquid legi dicitur, sed secundum ordinem illorumcapitulorum modum suum operandi docuit, quedam dicta magistriapprobauit, quedam in melius commutauit, quedam autem [...] pror-sus amputauit (cit. in Sudhoff 1918c: 312).54

Ma qual era il rapporto tra istituzione scolastica e lingue vol-gari? L’incremento delle scienze si accompagna, pressoché neces-sariamente, all’introduzione del volgare per la stesura dei tratta-ti scientifici e in particolare medico-pratici. Scrive infatti DanielleJacquart (1981: 198):

La connaissance du latin chez les chirurgiens et les barbiers fut, sem-ble-t-il, tout à fait exceptionnelle. Les œuvres originales furent sou-vent écrites en langue vulgaire: lorsque’elles étaient en latin, commecelles de Guy de Chauliac [DS] ou Henri de Mondeville [DS], ellesbénéficièrent très tôt de traductions plus accessibles à l’ensembledes praticiens.55

220 TRANSLATAR I TRANSFERIR

54 Cfr. inoltre Bullough (1960: 202-204) e Demaitre (1975: 120). Sullabase del DBM e del DBMSuppl, si può ragionevolmente dedurre che il testofaccia riferimento a Ruggero da Parma, poiché non risulta nessun altro chi-rurgo di nome Ruggero che abbia composto un trattato in epoca contempo-ranea o anteriore a Guillaume de Conches.

55 Si legga, inoltre, quanto scrive Cifuentes (1997: 41) in riferimento alprocesso di traduzione dei testi scientifici nelle aree dominate dalla Coronad’Aragona: «La llengua vulgar fou percebuda per la burgesia (mèdica i nomèdica) i pels poders (municipals i reials) que li donaren suport, més queno el llatí acadèmic i eclesiàstic, com un eficaç instrument de difusió i derecepció de tot un nou model de medicina i de professional mèdic, de totun sistema mèdic, assumit com el més adequat, que sorgí i començà a desen-volupar-se en el Mediterrani occidental i a difondre’s per tota l’Europa llati-na a partir de la transició del segle XIII al XIV».

La scuola di Montpellier svolse —grazie anche all’importanteinflusso esercitato dalla Corona d’Aragona—56 un ruolo notevolenella creazione di un patrimonio scientifico in lingua d’oc (inbuona parte ancora poco noto), quasi certamente più rilevante diquello svolto durante il pieno XIV sec. dal conte di Foix e diBearn, Gaston Fèbus, a cui dobbiamo le importanti traduzioni inoccitanico della Chirurgia d’Albucasis e dell’Opus de proprieta-tibus rerum di Bartolomeo Anglico.57 Inoltre, figure di spiccodella cultura scientifica catalana, quale soprattutto Arnaldo daVillanova, prestarono servizio all’interno della scuola medica diMontpellier, dando vita al periodo più brillante dell’istituzioneuniversitaria della città linguadociana orientale e contribuendoalla creazione di un punto d’incontro tra diversi poli scientifici:le scuole mediche italiane, le università catalano-aragonesi e,naturalmente, l’ambiente scolastico occitanico.58 A favorire ulte-riormente gli scambi tra catalano-aragonesi e provenzali concor-se senz’altro la vicinanza tra le due lingue d’uso: non va dimen-ticato il ruolo della langue d’oc nella produzione lirica catalanafino al XIV sec., ovvero fino ad Ausiàs March, favorito appuntodall’affinità tra le due lingue;59 ma anche la circolazione negliambienti catalano-aragonesi di testi scientifici in occitanico, qualiad esempio la già ricordata Chirurgia di Ruggero da Parma nellatraduzione di Raimon d’Avihnon e, nell’ambito della medicinarivolta al mondo animale, il Romans dels auzels cassadors diDaude de Pradas (ed. Bartsch – Koschwitz 1904, c.195 [estratti] eSchutz 1945).60

EL SABER I LA LLENGUA VERNACLA 221

56 Sulle correlazioni tra nuovo sistema medico, volgarizzamenti (in par-tic. dal latino al catalano) e Corona d’Aragona, vedi soprattutto Cifuentes(1997: 26-31 e 41-42), Cifuentes (2002) e Cifuentes (2004: 274-279).

57 Cfr. Cifuentes (2004: 274-278). Per la Chirurgia d’Albucasis in occita-nico, si vedano Lafont (1983), Grimaud – Lafont (1985) e Elsheikh (1992);per l’opera di Bartolomeo Anglico, cfr. Badia (2001).

58 Riguardo al ruolo di Arnaldo da Villanova nello sviluppo della scuolamedica montpellierina sullo scorcio del XIII sec., cfr. Alomar Esteve (1976),Paniagua (1987), García Ballester (1982), McVaugh (1993) e i volumi dellaserie AVOMO (1975-).

59 Si legga, ad es., quanto scrive Di Girolamo (1998: 9-15).60 Cifuentes (2002: 126 e 154-155) e articolo in questo volume. Ai testi-

moni presi in esame nell’edizione Schutz 1945 è da aggiungere un fram-

A partire inoltre dagli ultimi decenni del XIII sec., alcune clas-si sociali, sovente estranee all’ambiente universitario (mi riferiscosoprattutto alla borghesia cittadina), cominciarono a rivolgereuna speciale attenzione alla ‘salute del corpo’, attivando di con-seguenza un crescente processo di traduzione nelle lingue vol-gari di testi scientifici, e soprattutto medici, originariamente scrit-ti in latino.61 In secondo luogo, questo processo va a collocarsialla base del disegno che univa in maniera eccezionale i maestriuniversitari di Montpellier agli studenti di medicina: formaredegli specialisti che, benché privi di un’adeguata preparazionelinguistica, dovevano comunque, per il bene collettivo, accederefacilmente alle conoscenze accademiche. In caso contrario, leconseguenze erano ben note: in un contesto caratterizzato dallapenuria di medici con formazione universitaria e spesso inacces-sibili, per ragioni economiche, alla maggioranza della popolazio-ne, quest’ultima era purtroppo costretta a rivolgersi «à la massedes praticiens non latinistes» (Cifuentes 2004: 279).62 Dunque,durante il dominio catalano-aragonese a Montpellier, classe poli-tica, borghesia cittadina e ambiente scolastico portarono avantiun progetto comune: facilitare, anche attraverso l’applicazione diuna legislazione apposita, la formazione di chirurghi senza par-ticolare istruzione universitaria allo scopo di salvaguardare lasalute pubblica.63

Tornando alla tradizione volgare della Chirurgia di Ruggero,senza difficoltà è possibile inserire all’interno di questo quadrostorico-culturale il ms. di Basilea che, come abbiamo visto sopra,presenta alcuni tratti dialettali propri della regione montpellieri-na. Inoltre, la particolare confezione del manufatto, opera presu-mibilmente di un operatore in ambito medico (si noti soprattuttoun disegno anatomico con glosse marginali in occitanico: figura 2),rinvia ad un ambiente preferibilmente extra-scolastico e soprat-

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mento di mano italiana (sec. XIII ex.) rinvenuto a Padova, per il quale cfr.Benedetti 1998-1999: 89-99.

61 Sul peso della borghesia nel processo di volgarizzazione di testi scien-tifici in ambiente linguistico catalano, cfr. Cifuentes (1997: 26-41); (1999:142-145); (2000a) e (2002: § 1). Più in generale, cfr. Librandi (2003: 130-132).

62 Cfr. Librandi (2003: 150).63 Cfr. Cifuentes (2004: 279) e bibliografia pregressa ivi citata.

tutto borghese. Grazie al ms. di Siviglia è forse possibile andareoltre. Le patine catalane e probabilmente montpellierine del codi-ce S (si noti in particolare l’affiorare qua e là della -n finale mobi-le) ci permette di aggiungere un tassello nella ricostruzione dellatradizione di questo volgarizzamento: le tre componenti, due lin-guistiche (occitanico e catalano) e una socio-culturale (ambientemedico presumibilmente extra-istituzionale, legato forse alla bor-ghesia cittadina) sembrano ridisegnare le coordinate del medesi-mo quadro storico-letterario descritto poc’anzi. In conclusione, imss. di Basilea e Siviglia vanno considerati non soltanto comedocumenti di una particolare tradizione medico-scientifica, maanche come monumenti della centenaria collaborazione tra lacittà di Montpellier e la Corona d’Aragona, impegnate all’unisononell’elaborazione di un nuovo sistema medico.

Concludendo, per quanto riguarda la datazione del volgariz-zamento, l’epoca di trascrizione del ms. di Siviglia permette distabilire un più che probabile terminus ante quem nel primoquarto del XIV sec. Non si può escludere che la traduzione risal-ga ad un periodo di gran lunga anteriore alla stesura dei duemss., anche se, visto il panorama delle traduzioni scientifiche inlingua d’oc (cfr. Paterson 1987, Corradini Bozzi 1993 e Ducos1999: in partic. la tavola cronologica a fine articolo, ma si leggaquanto scritto supra, alla nota 17), sarebbe forse più prudentenon arretrare oltre gli anni cinquanta del XIII secolo.64

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64 Contribuisce a spostare verso il basso la datazione della Chirurgiaanche l’uso della prosa al posto della versificazione. Ad es., nell’ambito dellatradizione romanza del Secretum secretorum, le versioni più antiche, quellaanglo-normanna di Pierre d’Abernun (post 1267) e quella occitanica (termi-nus ante quem il 1288), trasmessa dai mss. Città del Vaticano, BAV, Barb. Lat.311 e Barb. Lat. 3574, London, BL, Harley 7403 e Add. 22636, sono in versi,il resto della tradizione volgare è in prosa: cfr. Zamuner (2003b: 758-759) eZamuner (2005: §§ 2.1.1 e 2.1.2). Sui motivi che hanno portato autori e tra-duttori di opere storiografiche (e, aggiungerei, scientifiche) all’utilizzo dellaprosa al posto della versificazione, si legga Buridant (1983: 105): «cette pre-tention [scil. nel Prologo alla Vie des anciens Pères] à la fidélité prend uneimportance particulière au moment où l’historiographie française se consti-tue en genre littéraire autonome en adoptant la prose, qui n’est pas suspec-te, comme le vers, de l’ornementation affabulatrice des fictions épiques enparticulier: dans le domaine historique surtout, la traduction est une affaire

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niere provenzale V)

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