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Medioevo romanzo e orientale II viaggio nelle letterature romanze e orientali V Colloquio Internazionale VII Convegno della Società Italiana di Filologia Romanza Catania-Ragusa 24-27 settembre 2003 ATTI a cura di Giovanna Carbonaro, Mirella Cassarino, Eliana Creazzo e Gaetano Lalomia Indici a cura di Giovanna Carbonaro ed Eliana Creazzo Rubbettino 2006

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Medioevo romanzo e orientaleII viaggio nelle letterature romanze e orientali

V Colloquio InternazionaleVII Convegno della Società Italiana di Filologia Romanza

Catania-Ragusa 24-27 settembre 2003

ATTIa cura di Giovanna Carbonaro, Mirella Cassarino,

Eliana Creazzo e Gaetano Lalomia

Indici a cura di Giovanna Carbonaro ed Eliana Creazzo

Rubbettino2006

Alvise Andreose

Tra ricezione e riscrittura: la fortuna romanzadella Relatio di Odorico da Pordenone

La Relatio di Odorico da Pordenone è, dopo il Devisement du monde diMarco Polo, il resoconto di viaggio che ha conosciuto maggiore diffusione nelMedioevo1. Parallela e per certi versi complementare alla grande circolazionedell'opera è la forte instabilità del testo tradito, che concerne già la redazione lati-na fin dalle fasi più antiche, ma che diviene ancor più evidente nelle sue traduzio-ni volgari2. Ne è prova il fatto che in quella che aspira ad essere la summa del

1 F.E. Reichert, Incontri con la Citta. La scoperta dell'Asia orientale nel Medioevo, Bibliotecafrancescana, Milano 1997 (tit. orig. Begegnung mit China. Die Entdeckung Ostasiens im Mittelal-ter, Thorbecke, Sigmaringen 1992), pp. 187-89. Secondo il conto di Reichert, i codici medievaliche tramandano la Relatio o sue traduzioni sono oltre cento, mentre le testimonianze dell'operapoliana ammontano circa a 130. Un elenco provvisorio dei manoscritti (oltre che delle edizioniantiche e moderne) della Relatio è stato fornito da G.C. Testa, Bozza per un censimento dei mano-scritti odoridani, in Odorico da Pordenone e la Cina. Atri del convegno storico internazionale(Pordenone, 28-29 maggio 1982), a cura di G. Melis, Concordia sette, Pordenone 1984, pp. 117-50, in particolare pp. 143-44. La lista di Testa è stata poi aggiornata - limitatamente ai testimonilatini - da Reichert (Incontri con la Cina, cit., p. 188 n. 195) e da Paolo Chiesa (si vedano gli arti-coli citati alla nota successiva).

2 Non esiste ancora un'edizione critica della Relatio che tenga conto di tutti i testimoni noti.Il testo fornito più di settant'anni fa da padre Anastasius van den Wyngaert (b. Odoricus de PortuNaonis, Relatio, in Sinica Franciscana, I, Itinera et relationes fratrum minorum saeculiXlll et XIV,collegit, ad fidem codicum redegit et annotavi! p. A. van den Wyngaert O.F.M., Collegio S. Bona-ventura, Firenze-Quaracchi 1929, pp. 413-95) si fonda su un numero esiguo di manoscritti, in par-ticolar modo sul cod. 343 della Biblioteca Comunale di Assisi e lascia adito a numerose perplessitàper ciò che riguarda la classificazione dei testimoni e i criteri su cui si fonda la recensio. Lo statoancora arretrato degli studi non ci permette di conoscere con esattezza quali siano state le vicendeche hanno caratterizzato la genesi e la prima circolazione dell'opera. Fanno ben sperare in talesenso le ricerche sulla tradizione del testo latino condotte da Paolo Chiesa e dai suoi allievi pressoil dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali dell'Univeristà di Udine, concretizzatesi perora in un tentativo di «classificazione tipologica dei testimoni su base redazionale» (P. Chiesa, Perun riordino della tradizione manoscritta della 'Relatio' di Odorico da Pordenone, in «Filologiamediolatina» 6-7, 1999-2000, pp. 311-50; Id., Una forma redazionale sconosciuta della «Relatio»latina di Odorico da Pordenone, in «Itineraria» 2,2003, pp. 137-63). Da quel che sappiamo, la pri-ma stesura dell'opera è quella che Odorico dettò al confratello Guglielmo da Solagna nel conven-

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sapere geografico accumulato in oltre tre secoli di esplorazioni, ossia le Naviga-zioni e viaggi di Giovan Battista Ramusio (1554-1574), il testo odoriciano vienestampato in due versioni, diverse per lunghezza e distinte da un cospicuo nume-ro di varianti di sostanza3. Se è vero che, come scriveva Lucio Monaco nel 1979,la questione testuale della Relatio «non presenta i problemi di ricupero del Milio-ne [...], e per le più ridotte dimensioni e per una sostanziale buona conservazionedel testo»4, va rilevato tuttavia che la tradizione diretta e indiretta dell'operaappare per molti versi più articolata e multiforme di quella del resoconto polla-no. Le ragioni di tale fenomeno andranno ricercate anzitutto nel carattere polise-mico del testo - al tempo stesso resoconto di viaggio, raccolta di mirabilia esoticie apologià del francescanesimo orientale - che lo rendeva particolarmente adattoa operazioni di rifunzionalizzazione5; ma anche, e soprattutto, nel suo stile pianoe sobrio, nel suo tessuto narrativo lineare e non di rado aneddotico, nei suoi toniappassionati e inclini alla meraviglia piuttosto che alla riflessione concettuale, incui pare riverberarsi l'immediatezza del vissuto. Tutti elementi che già sembrano

to di Sant'Antonio a Padova, nel maggio del 1330. La versione del Solagna venne però molto pro-babilmente riveduta e ampliata in un secondo momento. Dopo la morte di Odorico, avvenuta il14 gennaio 1331, il resoconto venne portato alla curia pontificia di Avignone dal frate padovanoMarchesino da Bassano, dove fu trascritto da un altro frate, lo slesiano Enrico di Glatz. Alcunianni dopo Enrico riscrisse il testo, al fine di rielaborarlo stilisticamente. Non è ancor chiaro qualerapporto sussista tra le due redazioni latine. La versione che giunse ad Avignone, e che poi servì damodello a Enrico, recava infatti alla fine alcune integrazioni che solo in parte si ritrovano nellaredazione di Guglielmo e che, stando ad una dichiarazione di Marchesino riportata nel testo, risa-lirebbero ad Odorico stesso. Folker Reichert ha, infine, individuato una terza versione del testolatino caratterizzata da notevoli tagli ma anche da particolari assenti nelle altre redazioni latine(EE. Reichert, Bine unbekannte Version der Asienreise Odorìcbs von Pordenone, in «DeutschesArchiv fùr Erforschung des Mittelalters» 43, 1987, pp. 531-73; Id., Incontri con la Citta, cit., pp.184-85). Per una panoramica più dettagliata sullo stato attuale delle ricerche si rimanda comun-que a Chiesa, Per un riordino, cit., pp. 314-18.

3 Le due versioni del testo sono stampate l'una di seguito all'altra alle cc. 245-253 e 253v-256r del secondo volume della seconda edizione della raccolta ramusiana, uscita a Venezia tra il1554 e il 1574 presso la stamperia Giunti (v. anche Giovanni Battista Ramusio, Navigazioni eviaggi, a cura di M. Milanesi, Einaudi, Torino 1983, IV, pp. 263-309, 305-18). La versione lungariproduce nella sostanza il testo della Relatio; la versione breve, invece, presenta un testo forte-mente compendiato ma anche delle aggiunte che non figurano negli altri testimoni latini e volga-ri. Sulle caratteristiche di questa redazione (denominata da Henry Yule «Minor Ramusian Ver-sion») si veda Cathay and thè Way Thiter being a Collection of Medieval Notices of China, transla-ted and edited by colonel sir H. Yule, new edition revised throughout in thè light of recent disco-veries byH. Cordier, Hakluyt Society, London 1913-1915, II, pp.27-31. L. Monaco, I volgarizza-menti italiani della Relazione di Odorico da Pordenone, in «Studi Mediolatini e Volgari» 26,1978-79, pp. 179-220, in particolare pp. 181-82 e 211-12, ha dimostrato che la «Minor Ramusian Ver-sion» individuata da Yule appartiene alla cosiddetta «versione del Memoriale» (per cui si vedapiù avanti).

4 Monaco, / volgarizzamenti italiani, cit., p. 180.5 A. Andreose, Fra Veneto e toscana. Vicende di un volgarizzamento italiano &//'Itinerarium

ài Odorico da Pordenone, in Antichi testi veneti, a cura di A. Daniele, Esedra, Padova 2002, pp.81-93, in particolare p. 81.

La fortuna romanza della Relatio di Odorico da Pordenone 1

autorizzare quel passaggio dell'opera dal genere delle relazioni di viaggio a quellodella letteratura di intrattenimento, clic, come vedremo, segnerà la tappa conclu-siva del lungo processo di. rielaborazione e riscrittura a cui il testo è stato sottopo-sto fin dalle origini.

È noto, del resto, che i testi odeporici medievali appartengono ad un gene-re dallo statuto incerto, e non conoscono la stabilità testuale propria di altrigeneri letterari maggiormente codificati. «Tutte le volte - scrive lo studiosotedesco Folker E. Reichert - che i resoconti di viaggio sono stati sottoposti allarevisione di un traduttore o compilatore, bisogna fare i conti con aggiunte,interpolazioni, argomentazioni [...]. Nessuno di loro nutriva timore filologicoal cospetto del testo»6. Di norma, le modifiche che traduttori, compilatori osemplici copisti apportano al testo rispondono all'esigenza di adattarlo alleattese e ai gusti del destinatario. Così è avvenuto anche per la Relatio, che inrelazione al contesto storico, sociale, culturale in cui si è diffusa, è stata letta divolta in volta secondo una diversa chiave interpretativa: ora come una manualedi mercatura, ora come un pamphlet politico-religioso, ora come un romanzogeografico, ora come una semplice compilazione di mirabilia esotici. Ripercor-reremo brevemente, in questa sede, i momenti cruciali deEa fortuna romanzadell'opera odoriciana, cercando in particolare di valutare se, nella vasta gammadelle varianti che caratterizzano ciascuna traduzione, sia possibile o meno indi-viduare delle costanti che aiutino a fare luce sull'atteggiamento del traduttore,del compilatore, del redattore di fronte al testo.

L'area romanza in cui la Relatio di Odorico da Pordenone ha conosciutomaggiore fortuna è senza dubbio l'Italia. I manoscritti medievali che conten-gono volgarizzamenti italiani del testo odoriciano sono diciotto7. Otto di que-sti riportano integralmente una traduzione che nei codici reca il titolo di Librodelle nuove e strane e meravigliose cose8. Dallo studio della tradizione del testosi evince che tale volgarizzamento venne realizzato a Venezia, ma circolò benpresto in Toscana in una versione oramai priva dei connotati linguistici origi-nari, per poi tornare successivamente a diffondersi nel Veneto in una vesteformale ormai toscanizzata9. Nel corso del Quattrocento, probabilmente inambiente fiorentino, il testo fu compendiato e integrato con informazioni per-lopiù attendibili, ma di incerta provenienza: questa rielaborazione, che inalcuni dei testimoni prende il nome di Memoriale, è tramandata da quattro

6 Reichert, Incontri con la Citta, cit., p. 169.7 Monaco, / volgarizzamenti italiani, cit., pp. 184-89. A questi diciotto manoscritti antichi va

aggiunto il Palatino E. 5.9.67 della Nazionale di Firenze, oggi perduto, ma di cui si conserva unatrascrizione integrale ad opera di Henry Yule ( ivi, pp. 200-2).

8 Libro delle nuove e strane e meravigliose cose. Volgarizzamento italiano del secolo XIV del-/'Itinerarium di Odorico da Pordenone, ed. critica a cura di A. Andreose, Centro di Studi Anto-niani, Padova 2000.

9 Andreose, Nota al testo, ivi, pp. 85-132.

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manoscritti10. La versione del Memoriale approdò poi alle stampe nel 1513per cura dell'umanista e poeta Pontico Virunio11, finché nel 1574 venne accol-ta nelle Navigazioni e viaggi di Giqvan Battista Ramusio12.

Le caratteristiche del Librò delle nuove e strane e meravigliose cose non cipermettono di dire molto sulla sua origine. La traduzione segue perlopiù fedel-mente il testo originario. Le omissioni riguardano quasi esclusivamente locu-zioni accessorie e generiche, formule di introduzione di rito, giri sintattici reto-ricamente elaborati ma scarsamente informativi. Altrove, la rimozione di parti-colari macabri o comunque sgradevoli sembra dettata da un sorta di reticenzavolta a restituire decoro al racconto. Le aggiunte raramente introducono nellarelazione novità significative, ma sembrano rispondere alla volontà di «conno-tare» più esplicitamente segmenti testuali troppo generici o stilisticamenteincolori13. Se, dunque, in mancanza di dati significativi, non è possibile avanza-re ipotesi sull'origine della traduzione, qualcosa di più si può dire sulla sua dif-fusione. Degli otto testimoni superstiti, due soltanto sono stati esemplati inambito ecclesiastico, mentre gli altri sei rimandano ad ambienti laici, notarili omercantili14.

In due testimoni del Libro, il ms. It. XI. 32 (6672) della Biblioteca Marcia-na di Venezia (M) e il Conventi Soppressi C.7.1170 della Biblioteca Nazionaledi Firenze (Co), il volgarizzamento della Relatio è immediatamente seguito da«alguni altri belli chapituli» che, a mo' di appendice, aggiungono ulteriori det-tagli relativi al viaggio di Odorico15. Tali capitoli contengono solitamente deichiarimenti su alcuni episodi della relazione: sul viaggio di Odorico da Hor-muz a Tana, sul rogo di una donna in India, sulla tradizione cinese di deforma-re i piedi alle fanciulle e sull'uso dei mandarini di farsi crescere le unghie, sui

10 «Memoriale è il termine con cui, concordemente, tutti i testimoni indicano la narrazionedi Odorico; toscana è l'area di provenienza dei manoscritti, che risalgono comunque solo allaprima metà del XV sec.» (L. Monaco, I manoscritti della Relatio: problematica per un'edizione cri-tica, in Melis, Odorico da Pordenone e la Cina, cit., pp. 101-16, in particolare p. 108).

11 Odorichus de rebus incogniti^, Esauri MDXIII, per Ghesciom o Girolamo Soncino(ristampa anastatica: Odoricus de rebus incognitis: Odorico da Pordenone nella prima edizione astampa del 1513, a cura di L. Monaco e G.C. Testa, Camera di Commercio, Pordenone 1986).

12 Vedi n. 3.13 Andreose, Introduzione, in Libro delle nuove e strane e meravigliose cose, cit., pp. 46-59.14 II Conventi Soppressi C.7.1170 della Nazionale di Firenze (Co) proviene dai Domenicani

di S. Maria Novella di Firenze, mentre il Barb. lat. 4048 della Vaticana (Ba) fu realizzato per unanon meglio identificata confraternita religiosa sempre fiorentina, probabilmente femminile. Sonoriconducibili all'ambiente laico invece il ms. 488 della Comunale di Mantova (Man), il Vat. lat.5256 (Va) e l'Urbinate lat. 1013 della Vaticana (Ur), il ms. 2212 dell'Angelica di Roma (An), ilMarciano XI. 32 (M) e il n° 1296 della Statale di Lucca (Lu). Cfr. Andreose, Introduzione, cit.,pp. 62-63.

13 La denominazione citata è quella che compare nella rubrica introduttiva del manoscrittoMarciano («questi sono alguni altri belli chapit(uli)», e. 243r). Nel codice della Nazionale diFirenze, invece, i capitoli aggiuntivi sono anepigrafi.

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rimedi contro il veleno dell'isola di Talamasin, sulla circolazione della cartamo-neta nei domini del Gran Khan16. Talvolta vengono inserite delle informazioninuove che non si ricollegano in alcun modo a quanto detto in precedenza neltesto: si parla cosi dell'albero del sego, delle straordinarie dimensioni dei ser-penti e dei grifoni, delle macabre prove che l'uomo deve affrontare prima delfidanzamento in una non meglio precisata «contrada» d'Oriente, delle pratichedi imbalsamazione in uso a Tabriz, della scabrosa usanza diffusa presso certepopolazioni orientali «di fare spulcelare le loro figliuole a uomini forestieri» cuiOdorico a stento riesce a sottrarsi17, del modo di scrivere di cinesi ed ebrei. Sitratta quasi sempre di dettagli di un certo interesse, ma che poco aggiungono aquanto già detto nella relazione. La peculiarità di tali capitoli è semmai quelladi accentuare la centralità della figura del narratore sulla scena, tanto che il per-sonaggio Odorico racconta nei belli chapituli di essere stato protagonista diret-to di episodi e situazioni che nel Libro erano stati descritti con il distacco e lapacatezza dell'osservatore esterno18.

Gli studiosi non hanno in genere dato molto credito alle notizie contenutenei capitoletti aggiuntivi di Co e M19. Effettivamente alcune di queste informa-zioni compaiono anche in altri resoconti di viaggio - in particolare nel Milionepoliano - o in opere compilative di carattere enciclopedico come lo Speculumbistonde di Vincenzo di Beauvais20. Si è rilevato inoltre che la narrazione preli-minare, che vorrebbe che Odorico, ospite del convento di S. Francesco dellaVigna in Venezia, avesse raccontato, in una sorta di banchetto cui prendevanoparte sia religiosi che laici, alcuni fatti che aveva tralasciato di far scrivere nellaRelatio «o per brevità o per onestà o per domenticanza o per altra cagione»,appare poco verosimile21. Per l'autenticità dei belli chapituli si è pronunciato

16 I belli chapituli sono stati individuati e pubblicati per la prima volta - ma solo sulla basedel manoscritto Marciano - da C. Petrocchi, II B. Odorico da Pordenone e il suo «Itinerario», in«Le Venezie Francescane» 1, 1932, pp. 195-214; 2, 1933, pp. 3-19, 71-84 e 194-205; 3,1934, pp.3-17, in particolare 2, pp. 207-14. In tempi recenti, il testo è stato edito criticamente da A.Andreose (Libro delle nuove e strane e meravigliose cose, ed. Andreose, pp. 179-85, da cui si cita)e da F.E. Reichert (Die Asienreise Odoricos da Pordenone una àie Versionen seines Berichts, mitEdition der Aufzeichnungen nach dem mùndlichen Bericht des Reisenden, in Chloe. Beibeftezum Daphnis. Erkundung una Eeschreibung der Welt. Zur Poetik der Reise- una Landerbericbte,hrsgg. von X. von Ertzdorff und G. Giesemann, Rodopi, Amsterdam-New York 2003, pp. 467-509, in particolare pp. 481-509).

17 Libro delle nuove e strane e meravigliose cose, ed. Andreose, p. 182.18Ivi, pp. 179-80 (Capp. II e V) e 184 (Gap. XIV).19 Monaco, I manoscritti, cit., pp. 107-8.20 Andreose, Noie, in Libro delle nuove e strane e meravigliose cose, cit., pp. 241-44.21 Così si aprono i belli chapituli: «Per cagione che'l ditto frate Odorigo disse a bocca molte

meravigliose cose ch'avea trovate, vedute e udite da persone degne di fede ne' ditti paesi ov'elliera stato, le quali no sono scritte in questo libro o per brevità o per onestà o per domenticanza oper altra cagione, ènne scritte qui appresso alquante ch'io li udii dire uno dì e una sera ch'io fuicon lui a Santo Francesco delle Vigne, luogo de' frati Minori di Vinegia» (Libro delle nuove e stra-

10 \e Andreose\e Folker Reichert: «non solo lo scenario dal quale esso avrebbe avuto ori-

gine ha colorito originale, ma possiamo anche osservare che trasmette informa-zioni che difficilmente avrebbero potuto sgorgare dalla fantasia di un compila-tore e letterato europeo»22. Non è nostra intenzione affrontare qui il problemadell'autenticità del testo. Quel che ci preme invece di sottolineare è che in duecasi l'anonimo autore dei belli chapituli dichiara apertamente di avere attintonon solo dalla viva voce di Odorico ma anche da altre fonti, sia orali che scritte:«Tornando io a casa la sera poi ch'avemo cenato co uno mercatante venizano,ragionando insieme delle meravigliose cose ch'avamo udite da frate Odorigo,mi disse questo venizano ch'avea veduto al Torissi uno uomo morto imbalsa-mato grande come uno garzone»23. Oppure: «dico ch'io trovai scritto in unolibro che si chiama Lo speculo eie-re ài trancia [cioè lo Speculum historiale diVincenzo di Beauvais] che' frati Minori ch'erano andati in India al GrandeCane [...] contavano che aveano veduto colli loro proprii occhi mangiare lipidocchi umani senza abbominazione a quella gente»24.1 belli chapituli, dun-que, come dichiara esplicitamente il loro compilatore, derivano dall'assemblag-gio di materiali risalenti a fonti diverse: che tra di esse vi sia stata la viva voce diOdorico è, a nostro avviso, verosimile, anche se non sicuro.

Il Memoriale (o Memoriale toscano)25 è una traduzione abbreviata dellaRelatio, che però presenta dei dettagli che non si ritrovano nelle redazione lati-ne, né negli altri volgarizzamenti26. La presenza di tali aggiunte ha indotto l'e-

ne e meravigliose cose, ed. Andreose, p. 179). Secondo padre Antonio Sartori, i capitoli aggiuntividi Co e M «cominciano con troppe inverosimiglianze per meritar credito [...]. In refettorio i fratimangiavano in silenzio e non ammettevano mai estranei». Cfr. A. Sartori, Odoriciana. Vita ememorie, in «II Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte» 6,1966, pp. 7-65, in particolarep. 26.

22 Reichert, Incontri con la Cina cit., pp. 164-65 e 184; Id., Die Asienreise Odoricos da Porde-none, cit., pp. 476-80. Anche Colombano Petrocchi, IIB. Odorico, cit., pp. 204-14, che segnalòper la prima volta i belli chapituli, li aveva giudicati originali, pur senza addurre argomenti con-vincenti. Noi stessi, che in un precedente intervento avevamo espresso alcune riserve sulla lorogenuinità (Andreose, Introduzione, cit., pp. 64-68), incliniamo ora a riconoscerne l'originalità.Infatti, la presenza all'interno dell'appendice di Co e M di una versione dell'episodio dell'incon-tro tra i frati Minori e il Gran Khan (noto generalmente come De reverentia magni Chanis) diver-sa da quella che compare nelle due redazioni latine di Guglielmo da Solagna e di Enrico di Glatz,costituisce a nostro avviso un valido argomento a favore dell'autenticità del testo.

23 Libro delle nuove e strane e meravigliose cose, ed. Andreose, p. 180 (Gap. HI).24 lvi,pp. 181-82 (Gap. IX).25 Memoriale toscano di Odorico da Pordenone, ed. critica a cura di L. Monaco, Edizioni del-

l'Orso, Alessandria 1990.26 Monaco, I volgarizzamenti italiani, cit., p. 216: «Si tratta di annotazioni etnografiche: un

matrimonio in Caldea ([...] cap. 3), un funerale ad Ormes (cap. 4), altre usanze nuziali alla Tana(cap. 5), l'uso della cerbottana a Talamosa (cap. 22); ma anche di osservazioni geografiche: larapida descrizione dell'Ararat (cap. 1), l'accenno al Fiume Rosso (cap. 2), la descrizione diOrmes (cap. 3), frutti esotici, animali bizzarri, storie locali tra le quali la leggenda arabo-cinesedel wàk-wàk (cap. 17)».

La fortuna romanza della Relatio di Odorico da Patrdenone 11

ditore del volgarizzamento, Lucio Monaco, a ipotizzare, seppur cautamente,che il compilatore del Memoriale abbia lavorato su un testo che contenevaqualcosa in più rispètto alle versioni latine: «L'ipotesi più seducente rimane[...] quella che parti autentiche 'del testo odoriciano, cadute nel formarsi delledue redazioni latine di Guglielmo e di Enrico, siano state provvidenzialmentesalvate (magari in forma di glosse marginali) nell'esemplare poi usato dal com-pendiatore che diede origine al nostro testo»27. Lo studio della tradizionemanoscritta e la fisionomia generale degli interventi sul testo, fanno pensareche l'elaborazione del Memoriale si debba «al clima della cultura mercantescatoscana»28.

Come abbiamo anticipato, lo studio complessivo dei volgarizzamenti dellaRelatio ci ha permesso di stabilire che il testo del Memoriale è - almeno nelleparti che dipendono dal testo latino - un compendio del Libro delle nuove estrane e meravigliose cose. Alla luce di questo dato, l'ipotesi dell'originalità del-le aggiunte in esso contenute risulta meno plausibile. Certo, non si può esclu-dere che l'esemplare di cui si servì l'ignoto autore del Memoriale, recasse dellevarianti marginali che poi vennero incorporate nel testo. Non è possibile tutta-via stabilire se tali aggiunte vadano attribuite ad Odorico, o se piuttosto derivi-no da altre fonti, come altre relazioni di viaggio oggi perdute, o racconti orali diviaggiatori, mercanti, missionari29. Come abbiamo visto a proposito dei bellichapituli, e come vedremo per altre traduzioni italiane e francesi, la prassi diattingere informazioni da fonti diverse per integrare o per correggere i conte-nuti dei resoconti di viaggio era piuttosto comune nel Medioevo.

Altre traduzioni italiane presentano caratteristiche affini a quelle del Librodelle nuove e strane e meravigliose cose e del Memoriale toscano. Il volgarizza-mento contenuto nel ms. 1548 della Biblioteca Casanatense di Roma30 tende adabbreviare il testo latino, in quanto omette il lungo racconto del martirio diquattro frati Minori a Tana d'India (Relatio Vili, 1-21). Le lacune di minoreentità riguardano di norma frazioni di testo di difficile comprensione. Pochema rilevanti sono le innovazioni, volte perlopiù a chiosare o a meglio definirealcune informazioni contenute nella relazione. Di notevole interesse è una lun-ga digressione che viene introdotta verso la fine del testo (cc. 203v-204v), in cuisi narra della guerra tra il Gran Khan e il «Gran Turco». Che anche al volgariz-

27 Monaco, Introduzione, in Memoriale toscano, cit., p. 79.28 Ivi, pp. 71-72. Il traduttore-compilatore, annota poco più avanti Monaco (ivi, p. 74) «non

si limita a snellire il testo, ma anche a orientarlo in funzione di informazioni geografiche ed eco-nomico-politiche più immediate, senza rallentamenti agiografici e apologetici».

29 Sul ruolo svolto dalla tradizione orale nella diffusione delle esperienze dei viaggiatorimedievali, cfr. Reichert, Incontri con la Cina, cit., pp. 149-52.

30 Si tratta di un codice cartaceo, che fu esemplato dopo il 1453, come si deduce da datiinterni (menzione della caduta di Costantinopoli). Monaco, / volgarizzamenti italiani, cit., pp.192-93.

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zatore tale inserzione - che, per quel che sappiamo, non figura in nessun altrotestimone latino o volgare - apparisse come un'interpolazione, è evidente dalfatto che essa è posta tra parentesi quadre31. Anche la traduzione contenuta nelms. Panciatichiano 92 della Nazionale di Firenze (databile all'ultimo quarto delQuattrocento)32 - per altro spesso erronea e lacunosa - presenta delle consi-stenti innovazioni rispetto alla versione originale, che però potrebbero esserestate già presenti nel suo modello latino33.

Le modifiche apportate al testo odoriciano che figurano nei volgarizza-menti sin qui considerati sembrano rispondere prevalentemente all'esigenza -tipica della cultura laica, in specie mercantile - di conciliare desiderio di svagoe interessi pratici, intrattenimento e utilità34. Alla prima tendenza sarà da ascri-vere l'attenzione per i dati di carattere etnografico o storico, alla seconda, inve-ce, la preferenza accordata alle informazioni di ordine economico o geografico.In genere, possiamo dire che le frequenti aggiunte o interpolazioni appaionodettate dalla volontà di «aggiornare» il testo, integrandolo con informazionirecenti, autentiche o verosimili, attinte da altri testi consimili o da racconti ora-li. A questa particolare attenzione per il contenuto informativo del testo, fa dapendant il generale disinteresse per lo stile della traduzione, che comporta dinorma la semplificazione del già sobrio periodare latino e il pressoché sistema-tico ricorso alla paratassi.

Alcuni testi non si inseriscono nel quadro che abbiamo delineato sin qui.Tra i volgarizzamenti italiani riconducibili ad ambienti borghesi, l'unico chenon presenta sostanziali modifiche rispetto al testo latino è quella tradito daimanoscritti II.II.15 della Nazionale di Firenze e It. VI. 102 (5726) della Mar-ciana di Venezia35. Si tratta di un testo toscano, probabilmente fiorentino, data-bile alla prima metà del secolo XFV e realizzato con ogni probabilità in ambien-te mercantile, che si distingue per la qualità della traduzione e per la notevolefedeltà al dettato originale36.

31 Sulle caratteristiche della traduzione contenuta nel ms. Casanatense, v. A. Andreose, «Lolivro dele nove e stranie meravioxe cose». Ricerche sui volgarizzamenti italiani <fe//'Itinerarium delbeato Odorìco da Pordenone, in «II Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte» 38, 1998,fase. 1-2, pp. 31-67, in particolare pp. 51-52.

32 Monaco, I volgarizzamenti italiani, cit., pp. 185-86.33 Andreose, «Lo livro dele nove e stranie meravioxe cose», cit., pp. 50-51. La lunga interpo-

laziene che il Panciatichiano presenta a e. 173v («da questa partendomi, perveni a uno fiumechiamatto Tanai, del quale, siccome di sudeto inel quanto deccimo libro della teloggia da Tana re,primo re di Siccheia, denominatto, del quatte dalle sue rippe dicciendendo, ditermina Europpia edAssia et chossì entra inelle dua parte del mondo meggano, siché nel mare Ponttìccbo dicciende, ed èil maggiore fiume che ssia al mondo»), si ritrova ad esempio anche nel ms. Lat. XIV.43 (= 4326)della Biblioteca Marciana (v. Yule, Cathay and thè Way Thitber, cit., pp. 206-207 n. 5).

34 Monaco, Introduzione, cit., p. 69.35 Cfr. Monaco, / volgarizzamenti italiani, cit., pp. 184-85 e 193-94; Andreose, «Lo livro dele

nove e stranie meravioxe cose», cit., pp. 37-39.36 II Marciano It. VI, 102 fu edito alla fine del secolo scorso da Teofilo Domenichelli, Sopra

La fortuna romanza della Relatio di Odorico da Pordenone 13

II volgarizzamento conservato dal ms. Cicogna nc 2113 della Biblioteca delMuseo Civico Correr di Venezia costituisce un significativo esempio di rifun-zionalizzazione del testò odoriciano in chiave politico-religiosa. L'ignoto tra-duttore - che in genere segue fedelmente l'andamento della versione latina37 -premette alla relazione vera e propria una sorta di cappello introduttivo, voltoa attualizzare i fatti narrati inserendoli nel contesto delle guerre contro i turchi.Il testo si apre con la visione di un uomo, che, nella notte del 18 marzo 1426,scorge «in vixion over sonio over revelacion chose meraveiose»: cioè una«meraveioxa armada», schierata dalla sommità del «del gran monte deGoricia» fino a «Milan», e recante «le armi e l'insegne dela Santa Chiexia»38.

L'unico volgarizzamento italiano riconducibile sicuramente all'ambito reli-gioso è quello contenuto nel ms. It. VI. 208 (5881) della Biblioteca Marciana diVenezia. Il codice fu esemplato tra il 1518 e il 1520 da un frate francescano chesoggiornò in Palestina, e si presenta come una raccolta di testi relativi all'O-riente, in quanto contiene, accanto alla Relaiio, il Milione di Marco Polo, unamiscellanea di scritti di viaggio e vari estratti da opere concernenti l'Asia39.Nella traduzione, oltre a una serie di piccole aggiunte (che fanno pensare adun'opera di collazione con altri testi) compare un'interpolaziene particolar-mente rilevante: alla e. 25 viene inserita una lunga digressione sulla Valle Terri-bile derivata, come si dichiara esplicitamente nel testo, da Zuan de Mandevilla,cioè dai Voyages di Jean de Mandeville. Come è stato notato a più riprese, sitratta in realtà di una reintroduzione, dal momento che fu Mandeville ad attin-gere da Odorico, e non il contrario40. Il fatto che nel testo si faccia di Jean deMandeville addirittura un compagno di Odorico, prova che l'ignoto traduttorenon distingueva più «l'autore originario dal rielaboratore, il viaggiatore e dalletterato»41 e anzi poneva la relazione odoriciana sullo stesso piano dei fanta-siosi Viaggimandevilliani. ,..

la vita e i viaggi del Beato Odorico da Pordenone dell'Ordine de' Minori, Ranieri Guasti, Prato1881, pp. 201-55 [ristampa anastatica in Odorico da Pordenone, Relazione del viaggio in Oriente ein Cina (1314-1330?), a cura della Camera di Commercio Industria e Artigianato e Agricoltura diPordenone, s. e., Pordenone 1982]. I numerosi errori di trascrizione e i criteri, spesso discutibili,adottati dal Domenichelli nella definizione del testo, rendono tuttavia auspicabile una nuova edi-zione del volgarizzamento (Monaco, 1 volgarizzamenti italiani, cit., p. 194).

37 Si tratta di un manoscritto cartaceo, dell'inizio del secolo XV, vergato in scrittura corsiva,e postillato da una seconda mano, di poco posteriore alla prima. Monaco, I volgarizzamenti italia-ni, cit., pp. 196-97.

38 Andreose, «Lo limo dele nove e stranie meravioxe cose», cit., pp. 39-40.39 Monaco, / volgarizzamenti italiani, p. 194; Id., / manoscritti, cit., p. 107; Andreose, «Lo

limo dele nove e stranie meravioxe cose», cit., pp. 40-41.40 Yule, Cathay and thè Way Thither, cit., pp. 33-34; Les voyages en Asie au XIV siede dtt

bienheureux frère Odoric de Pordenone, Réligieux de Sainl-Franfois, publié avec une introductionet des notes par H. Cordier, Leroux, Paris 1891, pp. XLIX-LII; Monaco, / manoscritti, cit., p.107.

41 Reichert, Incontri con la Cina, cit., p. 222.

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Veniamo ora a considerare le traduzioni della Relatio nelle altre lingueromanze. Nella Penisola iberica la circolazione della relazione fu alquanto limi-tata, come del resto testimonia la sostanziale assenza di testimoni latini dell'o-pera in tale area42. L'unica traduzione del testo odoriciano realizzata in areaiberica è rappresentata da una versione castigliana, che costituisce una lungainterpolazione all'interno del Libro Ultramarino, una traduzione della Ristoriciorientali^ di Jacques de Vitry databile al terzo quarto del Trecento43. Questainsolita collocazione obbliga l'anonimo volgarizzatore a volgere alla terza per-sona tutti i riferimenti che nel testo originale rimandano ali'/o narrante. Nellaversione castigliana, inoltre, vengono omessi quasi sistematicamente i frequentiriferimenti a merci e prodotti esotici, mentre spesso vengono introdotte delleglosse moralizzanti volte a condannare i riti e i costumi dei popoli orientalidescritti dal viaggiatore. Tali caratteristiche inducono a pensare che la tradu-zione vada attribuita a un chierico, interessato più al valore esemplare e didatti-co del testo che a dettagli di tipo commerciale. È da notare, tuttavia, che anchel'episodio del martirio dei frati a Tana (Relatio Vili, 1-21) - normalmente con-servato in traduzioni di ambito ecclesiastico - appare nella versione spagnolanotevolmente compendiato44.

In Francia vengono realizzate due traduzioni della Relatio. La prima, ese-guita da Jean de Vignay attorno al 1331/1333, è tradita da due manoscritti,mentre la seconda, realizzata da Jean Le Long nel 1351, è conservata da seimanoscritti e da una stampa cinquecentesca.

La traduzione di Jean de Vignay circola presso un pubblico aristocratico,come dimostrano le caratteristiche dei manoscritti che la tramandano. Si trattain effetti di due codici di elegante fattura, impreziositi da un sontuoso corredoiconografico. In uno di essi, il ms. Royal 19.D.I. della British Library, la tradu-zione è preceduta da una miniatura che raffigura Jean de Vignay mentre offrel'opera al re di Francia Filippo VI di Valois45. Questo episodio non è conferma-to da nessuna fonte scritta, ma appare assolutamente verosimile alla luce diquanto sappiamo sul conto dell'autore della traduzione. Nato attorno al 1282-1285, fu uno dei più prolifici traduttori francesi del medioevo, e operò preva-lentemente alla corte dei re di Francia. Su undici traduzioni, tre sono dedicate

42 L'unico manoscritto latino della Relatio conservato nella Penisola iberica è il n° 490 dellaBiblioteca de Catalunya di Barcellona, che tramanda una versione del testo fortemente abbrevia-ta. Cfr. P. Bohigas, Un sumari del libre de viatges d'Odoric de Pordenone, in «Buletf de la Bibliote-ca de Catalunya» 6,1920-22, pp. 377-79.

43 E. Popeanga, El relato de viajes de Odorico de Pordenone, in «Revista de filologìa romàni-ca» 9, 1992, pp. 37-61, in particolare pp. 39-41. Il Libro ultramarino si trova all'interno del ms.3013 della Biblioteca Nacional di Madrid.

44Iw,pp. 40-4 l e 54.43 D.A. Trotter, Introduction, in Jean de Vignay, Le merveilles de la Terre d'Outremer.Traduc-

tion du I4e siede du récit de voyage d'Odoric de Pordenone, édition critique par D.A. Trotter, Uni-versity of Exeter, Exeter 1990, pp. V-XXXI, in particolare pp. XVII-XVHI.

La fortuna romanza della Relatio di Odorico da Pordenone 15

a Filippo VI, quattro alla regina Jeanne de Bourgogne, e una a loro figlio Jean,duca di Normandia46.

La nota dominante delle traduzioni di Jean de Vignay è l'estrema fedeltà aldettato dell'originale, che non di rado si tramuta in una pedissequa ripresa let-terale del lessico e della sintassi del modello latino. Va dettò comunque, chetale tendenza, per quanto evidente in tutta la sua opera di traduttore, si attenuanelle opere della maturità, in cui si intravede una maggiore libertà nei confrontidel testo originale47. Nella versione della Relatio, da questo punto di vista, l'o-rientamento seguito dal traduttore si presenta duplice. Da un lato, infatti, Jeande Vignay dimostra un atteggiamento di ossequioso rispetto di fronte al model-lo, che lo induce non di rado a forzare le strutture, soprattutto sintattiche, dellalingua francese, per seguire alla lettera il dettato latino48. Dall'altro lato, incompenso, egli non si fa scrupolo di apportare al testo delle modifiche disostanza. Si tratta perlopiù di glosse49, commenti moraleggianti50, rettificazionidi informazioni giudicate fuorvianti51. Solo in un caso, il traduttore giunge acorreggere un toponimo, attingendo alla propria cultura libresca52. Nel com-plesso, possiamo dire che tali modifiche appaiono orientate dall'esigenza, tipi-

46 Su Jean de Vignay si veda Ch. Knowels, Jean de Vignay. Un traducteur du XIV' siede, in«Romania» 75,1954, pp. 353-83; Trotter, Introduction, cit., pp. XII-XIII.

47 Knowels, Jean de Vignay, cit., pp. 368-77; D.A. Trotter, 'En ensivant la pure vérité de latetre':]ean de Vignay's Translation ofOdoricof Pordenone, in Littera etSensus: Essayson Form andìAeaning in Medieval Frencb Literature Presented to John Fox, a cura di D.A. Trotter, University ofExeter, Exeter 1989, pp. 31-47, in particolare pp. 31-36; Id., Introduction, cit., pp. XXII-XXX.

48 Trotter, 'En ensivant lapure vérité de la letre', cit., pp. 37-41.49 Si vedano alcuni esempi (si evidenziano in corsivo le parti aggiunte rispetto al testo lati-

no): «La est trouvee miex et en greigneur habondance une liqueur qui est apelee "magne" qu'enaucune autre terre qui aujourd'ui soit el monde» (Le merveilles de la Terre d'Outremer, ed. Trot-ter, p. 8); «Et uns oisiaus .que il apelent "<noctues",pourcequeilvontde nuiz» (ivi,p. 11); «aussicomme les crestiens vont de loing a saint Pierre de Romme, ou a saint Jaque» (ivi, p. 30); «Et donices ydoles s'en issent du feu, quar le[s] deablefs] qui habitelnt] dedenz ces ydoles les en traientbors» (ivi, p. 81). Sarà da interpretare come un tentativo di spiegare (e in parte di giustificare)una delle turpi consuetudini diffuse nell'isola di Sumatra, anche l'aggiunta che si riporta qui diseguito: «A ceste ylle si gamie d'espices vont le marcheans de loing. Et portent avec eulz enfanset les vendent a ces mescreans. Quar es contrees prochaines les hommes habondent d'enfans mer-veilleusement, en tant que il ne les pueent tous norrir ne ne veulent. Et pour ce eslisent il ceulz queil veulent et les retiennent devers eulz, et les autres il vendent as marcheanz qui vont en celle ylle etquant il les ont achetez il les tuent et les menjuent (ivi, pp. 34-35).

50 Cfr. ad esempio: «Ce ne sai se il le faisoit par art ou par viande» (ivi, p. 4); «Et il tiennentceste coustume en soi et la gardent, laquele est abhominable a dire, et engendre une horribleté, ettoutevoies je la raconterai pour descouvrir leur felonnie» (ivi, p. 28).

51 «Mes Frere Jehan du Vignay qui translata cest livre de latin en francois si dit au contraire,que sauve la grace de celui qui ce dist, selonc la Legende Dorée, le cors du dit saint Thomas est enEdisse la cité. En laquele cité il ne puet vivre longuement ne bougre ne herege, si comme il estplus plainement contenu en la leugende du dit saint, et en met a tesmoing le livre de la dite legen-de» (ivi, p. 30).

52 «Mare Maius» di Relatio LI diviene «la Mer Morienne», cioè il «Mare Maurum» deiBizantini (cfr. Le merveilles de la Terre d'Outremer, ed. Trotter, p. 3 e nota relativa).

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camente didascalica, di offrire un testo che sia al tempo stesso fedele all'origi-nale, accessibile alla cultura del destinatario, e conforme agli obiettivi morali,religiosi e finanche politici del traduttore. Tale atteggiamento si chiariscemeglio se si cerca di contestualizzare l'opera di Jean de Vignay. Secondo un'i-potesi fondata, la traduzione della Relatio sarebbe pressoché contemporanea aquella del Directorium ad passagium faciendum ad terram sanctam, un libellolatino attribuito al francescano Guillaume Adam che dispensa consigli spicciolisul miglior modo di condurre una crociata33. Queste due opere, che dal puntodi vista contenutistico appaiono per certi versi complementari, avrebbero avu-to come destinatario Filippo VI di Valois e risalirebbero al periodo - verosimil-mente 1331-1333 - in cui il sovrano francese ventilava l'idea di organizzare unaspedizione in Terra Santa54. È significativo, a tal proposito, il fatto che uno deidue manoscritti che tramandano la traduzione della Relatio, il Rothschild 3085della Bibliothèque Nationale de France, rechi il titolo di «Division Frere Odo-ric des merveilles de la Terre Sainte», che potrebbe essere originale55. Le modi-fiche apportate da Jean de Vignay al testo odoriciano, dunque, meglio si spie-gano se collocate nel clima di crociata che si respirava alla corte di Francia neiprimi anni del quarto decennio del secolo XIV.

Se, possiamo dire, fedeltà all'originale e rifunzionalizzazione dei suoi conte-nuti convivono armonicamente nella traduzione di Jean de Vignay, completa-mente differente è il risultato cui approda l'altro traduttore francese di Odorico,Jean Le Long. Monaco e poi abate dell'abbazia benedettina di Saint-Bertin, JeanLe Long è l'autore di una serie di traduzioni di testi concernenti l'Asia: il Liberperegrinationis di Ricoldo da Monte Croce; la versione latina della Flor des estoi-res de la terre d'Orient di Hayton; il Liber de quibusdam ultramarinis partibus etpraedpue de Terra Sanata di Guglielmo di Boldensele; il trattato latino noto comeDe l'estat et du gouvernement du grani Kaan de Cathay di Giovanni di Cori; alcu-ne lettere inviate dal Gran Khan Toghon Temùr al pontefice Benedetto XII56. Ilfatto che queste traduzioni siano tradite compattamente in tutti i manoscritti

53 C.R. Beazley, Directorium ad faciendum Passagium Transmarìnum, in «American Hìstori-cal Review» 12, 1906-1907, pp. 813-57 e 13, 1907-1908, pp. 66-115; Recueil des historìens descroisades. Documenti arméniens, latins et frangali relatifs a l'Armenie, Imprimerle nationale, Paris1906, pp. 475-515.

54 Knowelsjaztt de Vignay, cit., p. 367; Trotter, Introduction, eh., p. XVII.53 Le merveilles de la Tene d'Outremer, ed. Trotter, p. 3. Si tratta, tra l'altro, del manoscritto

scelto dall'editore come testimone-base. Stupisce, pertanto, che il titolo citato figuri all'inizio deltesto critico, ma non nel frontespizio dell'edizione, ove invece compare il titolo che si trova nel-l'altro testimone, il Royal 19.D.I. della British Library.

56 Su Jean Le Long si vedano le notizie riportate da L. de Backer, L'Extrème-Orieni auMoyen Age d'après les manuscrits d'un Flamand de Belgique et d'un prieur d'Armenie, Leroux,Paris 1877, pp. 7-14 (da integrare, soprattutto per ciò che concerne la bibliografia, con la schedarelativa all'autore contenuta nel Dictionnaire des Lettres Franfaises. Le Moyen Age, ouvrage pré-paré par R. Bossuat, L. Pichard et G. Raynaud de Lage, ed. revue par G. Hasenohr et M. Zink,Fayard, Paris 19942, pp. 805-6).

La fortuna romanza della Relatio di Odorìco da Pordenone 17

che tramandano l'opera di Jean Le Long, fa supporre che esse fossero destinatea formare un'unica, monumentale, summa del sapere geografico relativoall'Oriente57. Noi ci soffermeremo sulla traduzione di Odorico ma è evidenteche un'analisi precisa del progetto culturale di Jean Le Long non può prescin-dere dalla valutazione complessiva di tutte le sue traduzioni, che - sia detto perinciso - finora non sono state studiate in modo approfondito58.

Il pubblico di Jean Le Long appare più ampio di quello di Jean de Vignay.Dei sei manoscritti che tramandano la traduzione della Relatio, due soltantorimandano ad ambienti aristocratici. Si tratta dello splendido Livre des merveil-les (BNF, fr. 2810), copiato agli inizi del quindicesimo secolo per il duca di Bor-gogna, e del ms. Cotton. Otho D II della British Library, appartenuto a Jac-quette di Lussemburgo, duchessa di Bedford e suocera di Edoardo IV d'In-ghilterra. Si tratta di codici di lusso, corredati entrambi di preziose miniature59.Gli altri quattro manoscritti testimoniano della diffusione dell'opera presso unpubblico di estrazione borghese60.

57Reichert, Incontri con la Cina, cit., p. 193; L. Minervini, La letterarura di viaggio, in La let-teratura romanza medievale, a cura di C. Di Girolamo, il Mulino, Bologna 1994, pp. 297-308, inparticolare pp. 303-4.

58 Nessuna delle opere di Jean Le Long è stata fino ad oggi edita criticamente. Le traduzionidi Odorico, di Ricoldo, di Hayton, delle Lettres e ddl'Estat du grani Kaan sono state pubblicate daLouis de Backer, LExtréme Orient, cit., p. 89 ss., sulla base del solo ms. BNF fr. 2810. La trascri-zione di Backer contiene tuttavia un numero elevatissimo di fraintendimenti e di inesattezze, erisulta per questo del tutto inseiivibile. Sicuramente migliore ma ugualmente superata appare l'edi-zione della relazione odoriciana fornita da Cordier, Les Voyages en Asie, cit., pp. 1-496, che tieneconto - in modo per altro estremamente eclettico - tanto del succitato ms. 2810 quanto del ms.BNF fr. 1380. Ancora più invecchiate appaiono le edizioni delle Lettres du Grand Kaan e dell'Erta;du grani Kaan curate rispettivamente da E. Jacquet, Notices sur quelques relations diplomatiquesdes Mongols de la Chine avec les Papes d'Avignon, in «Nouveau Journal Asiatique» 7, 1831, pp.414-26 e da M. Jacquet, Le livre du Grani Caan. Extrait d'un manuscrit de la Bibliothèque du Roi, in«Nouveau Journal Asiatique» 6, 1930, pp. 52-72. Della traduzione del Liber di Guglielmo di Bol-densele esiste un'edizione recente, basata sul ms. 667 della Bibliothèque municipale di Besancon, acura di Ch. Deluz, «Liber de quibusdam ultramarinis partibus etpraedpue de Terra sancta» de Guil-leume de Boldensele (1336) suivi de la traduction defrère Jean la Long (1351), thèse de doctorat dey cycle, Paris IV, 1972. Attualmente è in preparazione una nuova edizione della traduzione dellaRelatio per cura di Philippe Ménard e di Alvise Andreose, mentre Alvaro Barbieri sta approntandoil testo critico della versione del Liber peregrinationis di Ricoldo da Monte Croce.

59 Sui due codici si veda Reichert, Incontri con la Cina, cit., pp. 205 e 265; ivi, pp. 172 n. 118,193,212 n, 314 e 265-68. Delle illustrazioni del ms. BNF 2810 esiste una riproduzione fotografi-ca a cura di Henri Omont: Livre des merveilles. Marco Polo, Odoric de Pordenone, Mandeville,Hayton, etc. Reproduction des 265 miniatures du manuscrit franfais 2810 de la Bibliothèque Gatto-nale, Paris 1907. Sulle miniature del Livre des merveilles si veda anche il saggio di Maria LuisaMeneghetti pubblicato nel presente volume.

60 Besancon, Bibliothèque municipale, ms. 667; Bern, Bùrgerbibliothek, ms. 125; Paris,Bibliothèque Nationale de France, fr. 1380; ivi, fr. 12202. La stampa realizzata da Jehan de Saint-Denis nel 1529, che reca il titolo di Histoire merveilleuse, plaisante et recreative du grand Empe-reur de Tarlane, etc., riproduce integralmente il testo del ms. BNF fr. 1380 (Cordier, Bihlio-graphie, in Les voyag.es en Asie, cit., pp. LXV-CLVI, in particolare CXXIII-CXXViH).

18 Alvise Andreose

II maggiore successo della traduzione di Jean Le Long si spiega anzituttoper l'indubbia fluidità della sua prosa, che è ben lontana dalle ardue movenzelatinizzanti dello stile di Jean de Vignay. Jean Le Long, sotto questo profilo, simostra ben più disinvolto del suo predecessore di fronte all'originale, e sotto-pone il testo odoriciano a una profonda revisione formale. Nella sua traduzio-ne, ad esempio, vengono spesso eliminate le ridondanze, le incoerenze, le inuti-li prolissità presenti nella versione latina. In alcuni casi vengono maggiormenteesplicitati i nessi logici tra le frasi grazie all'inserzione di connettivi e di con-giunzioni. Altrove, la piatta e scabra narrazione originale viene dilatata inmodo da divenire maggiormente perspicua e vivace. Raramente il traduttoreincorre in calchi sintattici e lessicali sul latino. Le frequenti infedeltà al modellosi traducono nell'insieme in una maggiore leggibilità del testo. Da questo puntodi vista, dunque, possiamo dire che le due traduzioni francesi si trovano unaagli antipodi dell'altra. Tutto ciò induce a ritenere che il pubblico a cui eradestinata la traduzione di Jean Le Long fosse meno compatto e colto di quellodi Jean de Vignay61.

Le innovazioni della traduzione di Jean le Long non concernono, però, sol-tanto gli aspetti formali del testo, ma anche i suoi contenuti. La gamma degliinterventi è estremamente variegata. L'inserzione di glosse dal contenuto mora-listico-didattico - che, come abbiamo visto, è tutt'altro che infrequente nei vol-garizzamenti realizzati in ambiente ecclesiastico - ha qui scarsa incidenza62.Raro appare nel complesso anche il ricorso a paragoni ed esempi volti ad avvi-cinare il testo all'universo culturale dei suoi destinatati63. Frequente è invecel'aggiunta di rinvii interni miranti a rafforzare la coerenza narrativa dell'opera.Questo avviene soprattutto nella lunga e un po' farraginosa narrazione del

61 «Si nous admettons (et c'est la seule hypothèse admissible) que la traduction fournie parJean de Vignay dut étre, d'une part, compréhensible [...] et, d'autre part, acceptable a son com-manditaire - peut-ètre Philippe de Valois - et, de manière plus generale, acceptable a sonpublic, nous sommes obligés de conclure que ledit commanditaire et ledit public toléraient, voi-re appréciaient, cette langue qui est, parfois, moitìeit latìn moitieit romans, et qui servali, peut-étre a expliquer [...] autant qu'à traduire le texte latin» (Trotter, Introduction, cit, p. XXX).

62 L'unica aggiunta di questo tipo degna di nota si spiega con la necessità di evitare un equi-voco causato da una corruttela presente già in uno dei modelli latini della traduzione. Nella ver-sione francese, infatti, il toponimo Soldania (cioè Sultaniyeh, nel nord della Persia) compare nellaforma deformata Somdoma (Sodoma in alcuni mss.). L'intervento del traduttore sul testo è voltoinfatti a impedire che il lettore venga fuorviato dall'omonimia: «Ce n'est my Somdoma ly une desV citez sur lesquelles Dieux fisi plouvoir feu et souffre en vengence de pechié contre nature quiregnoit en eulx comme dit la Sainte Escripture. Car ces V villes furent jadis en la Terre Sainte depromission, en ce lieu qui est ore la Mer Morte. Et ceste Somdoma, dont nous parlons si sìet ensou royaume de Persie» (Les Voyages en Asie, ed. Cordier, p. 36).

63 L'inserzione più significativa a tal proposito si trova nel passo in cui Odorico descrive conmeraviglia la consuetudine degli abitanti di Yangzhou di celebrare cene e banchetti in «hospiciaad hoc deputata» (Relatio XXV, 2). La traduzione francese a questo punto aggiunge «ainsi queen Flandres sont les cabarés», ridimensionando in un certo senso l'eccezionaiità dell'evento.

]_a fortuna romanza della Relatio di Odorico da Pordenone 19

martirio di quattro frati Minori a Tana d'India, che è inserita a mo' di digressio-ne nel capitolo Vili della relazione latina (Relatio Vili, 1-21). Per non far per-dere il filo al suo lettóre, U traduttore è costretto ad inserire molto spessoespressioni anaforiche come sus3.it, susdiz, dessus dit, dessus diz, «comme des-sus est dit»64. Questo genere di intervento può essere anche di maggiore entità.Per spiegare la decisione dei musulmani di uccidere i frati rei di blasfemialegandoli al sole, il testo latino aggiunge: «cum illic sit tantus calor ut si quis perspacium misse perseveraret in sole ipse penitus moreretur» (Relatio Vili, 5).Ora, nel capitolo precedente, era stato descritto il singolare rimedio che gli abi-tanti di Tana usano per difendersi contro l'eccezionale calore di queste latitudi-ni: «Ideoque gens illius centrate si vivere volunt, sibi faciunt unam unctionem»(Relatio VII, 3). Per rafforzare la debole compattezza narrativa del testo, JeanLe Long preferisce ripetere questo dettaglio anche in questo frangente: «Car lachaleur y est si tres grande que se un homme y demouroit par l'espace de chan-ter une messe sans estre arme cantre le chaultpar oingnemens comme ilzfont encepays ou autrement pour vray il mourroit»65.

Jean Le Long utilizza per la sua traduzione (almeno) due manoscritti latinidella Relatio: uno apparteneva verosimilmente a quella che, nella classificazio-ne di Paolo Chiesa, viene indicata come redazione «C» o «Recensio Guillel-mi»66; l'altro costituiva invece un esemplare della forma testuale «C9», un veroe proprio rifacimento del testo odoriciano «eseguito, con ogni probabilità, nel-l'area veneta, forse proprio a Padova, in epoca non troppo distante dalla metàdel XIV secolo»67. In tale rifacimento si nota una certa tendenza a rafforzarenel testo la componente del «meraviglioso» attraverso l'inserimento di datiprovenienti da altre fonti o mediante interventi sul tessuto narrativo originario.Il risultato finale di questo processo è in molti casi la sostanziale riscrittura diinteri passi della relazione odoriciana. Jean Le Long manifesta nei confronti deltesto un orientamento analogo a quello dell'anonimo compilatore di C9, dalmomento che non solo segue di norma tale redazione quando questa si allonta-na dall'originale, ma si spinge anche fino a modificare i contenuti dei suoimodelli, inserendo nel racconto informazioni assenti nelle versioni latine oppu-re modificando la narrazione per adattarla alle sue esigenze.

Consideriamo anzitutto il breve capitolo in cui si descrivono i costumi dei«Pigmei» che abitano lungo il corso dello Yangzi. Le scarne informazioni sugliusi di questo popolo riportate nella versione latina originale vengono integratedal compilatore di C9 con notizie attinte dalle fonti classiche (Plinio, Solino, S.Agostino, Isidoro) e medievali (Onorio di Autun)68. Altre aggiunte presenti nel

M Les voyages en Asie, ed. Cordier, pp. 81, 84, e passim.65 Ivi, p. 74.66 Chiesa, Per un riordino, cit., pp. 324-28.67 Chiesa, Una forma redazionale sconosciuta, cit., p. 154.68 L'informazione aggiuntiva «et vivunt non plus quam sex annis» (Chiesa, Una forma reda-

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capitolo sono quasi certamente dovute alla fantasia del redattore del rifacimen-to latino69. Jean Le Long - che segue in questo punto la versione di C9 - inter-viene anch'egli sul testo, inserendo nella rubrica una notizia («que nous disonsles gens Prestre Jehan»)70 che è quasi sicuramente tratta da una delle versioni(forse quella anglonormanna) della celebre lettera del Prete Gianni71. Un altroesempio di integrazione dei contenuti del testo con elementi provenienti daaltre fonti è costituito dall'inserimento del nome del monte Ararat («le montHarach»)72, che non figura nel testo latino, ma che è tratto con ogni probabiltàda Hayton o da un brano di Simone di Saint-Quentin incluso nello Speculumbistonde di Vincenzo di Beauvais73.

Gli interventi più corposi del traduttore si concentrano nel succitato capi-tolo dedicato all'uccisione dei frati a Tana. A conclusione della lunga narrazio-ne, Odorico riferisce di essere stato lui stesso testimone di un fatto miracoloso,mentre era in procinto di traslare le reliquie dei martiri da Supera a Zayton(Quanzhou). Imbarcatosi su una nave a Polumbo (Quilon), il viaggiatore e isuoi compagni vengono sorpresi da un'improvvisa bonaccia, contro la qualenulla possono le preghiere dei marinai «idolatri» (cioè induisti o buddisti) emusulmani. Solo grazie all'invocazione della Beata Vergine e al lancio in maredi una delle reliquie dei martiri, Odorico riesce a far ripartire la nave per il suoviaggio. Nella redazione C9 l'episodio presenta delle varianti considerevoli:l'imbarcazione finisce in pericolo a causa del forte vento e il fatto miracolosoconsiste nella cessazione della tempesta74. Jean Le Long segue in questo punto

zionale sconosciuta, cit., p. 160) potrebbe dipendere da una notizia contenuta nel De imaginemundi di Onorio d'Autun («tertio anno pariunt, octavo senescunt», Patrologia latina, ed. J.P.Migne, t. 172, XI, col. 123d), derivata a sua volta da un'errata interpretazione di un passaggio diSant'Agostino (De civitate Dei, VIII,1) o di Isidoro (Etymologiae, XI, 3,26-27). Nella redazioneC9, inoltre, viene inserita anche la celebre leggenda della guerra tra i Pigmei e le gru (Chiesa, Unaforma redazionale sconosciuta, cit., p. 160), che, come è noto, risale ad Omero (iliade, III, 2-6), eche ritorna di frequente nella letteratura enciclopedica classica e medievale (Plinio il Vecchio,Naturali! historia, VII, 26; Solino, Collectanea rerum memorabilium, IX, 11; LII, 15; Isidoro, Ety-mologiae, XI, 3,7,26, etc.).

69 Alla fine del capitolo, laddove il testo latino si limita ad osservare «Hii pigmei sunt magnitribus spannis, qui faciunt maiora opera gotomim, id est bombicis, quam aliqui homines qui sintin mundo» (Relatio XXIV, 2), la redazione C9 si mostra ben più ricca di dettagli: «In dieta civita-te dicti biduini non laborant terras nec vineas, sed in eadem civitate multi maiores sicut nossumus sunt, qui opera predicta faciunt temporibus oportunis. De talibus longis semper trufantur,sicut hodie facimus de multum longis ultra debitum rationis» (Chiesa, Una forma redazionale sco-nosciuta, cit., p. 160). Tale passaggio figura anche nella versione di Jean Le Long, cfr. Les voyagesen Asie, ed. Cordier, p. 347.

70foz,p.345.71 Cfr. La lettera delPrete Gianni, a cura di G. Zaganelli, Pratiche, Parma 1990, pp. 54 e 100.72 Les voyages enAsie, ed. Cordier, p. 6.73 G.R. Cardona, Indice ragionato, in Marco Polo, Milione. Versione toscana del Trecento, ed.

critica a cura di V. Bertolucci Pizzorusso, Adelphi, Milano 1975, pp. 489-761, in particolare pp.683-84.

74 Chiesa, Una forma redazionale sconosciuta, cit., pp. 151 e 156.

La fortuna romanza della Relatio di Oàorìco da Pordenone 21

C9, ma amplifica notevolmente la drammaticità dell'episodio. Così il sobrio«non deficit totaliter ipse ventus» («nobis defecit totaliter ventus» nella versio-ne originale, cfr. Relatio Vili, 23) diviene nella traduzione «se leva un vent etoraige et tempeste si grant que nostre maronniér qui estoient ydolastre avec lesautres de la nef cuiderent bien perir»75. Mentre poi, nel testo latino, Odoriconon getta personalmente la reliquia dei martiri in mare, nella versione franceseil viaggiatore diviene l'unico protagonista della scena: «puis pris un os de cessaintes reliques et a grant reverence et a l'onneur de Dieu le mis a ce coste dontla plus grant tempeste et les plus grans vagues venoient et un gettay»76.

In conclusione, possiamo dire che la frequente infedeltà al modello denunciauno scarso interesse di Jean Le Long per il dato storico e geografico di carattereinformativo, e una attenzione maggiore agli aspetti letterari del testo, che si tra-duce normalmente in una profonda revisione stilistica del modello, ma che a vol-te può arrivare fino all'amplificazione dell'elemento scenico e favolistico origina-ri. Del resto, la collocazione della Relatio accanto ad altre compilazioni geografi-che sull'Asia, conferma l'idea che il nostro traduttore classificasse il testo odori-ciano tra quelle opere che allietavano il lettore con i mirabilia munài. Non stupi-sce dunque che, nella versione francese, l'opera tenda a perdere il carattere com-posito e aneddotico proprio delle relazioni di viaggio, per acquistare maggiorecoerenza e forza narrativa. Di lì a poco, l'operazione intrapresa da Jean Le Longverrà portata a compimento dall'autore dei Voyages di Jean de Mandeville, che,come è noto, rifonderà - spesso dilatandoli e modificandoli - numerosi elementiattinti dalla traduzione francese della Relatio in una composizione letteraria ori-ginale e autonoma77. L'ennesima metamorfosi romanza dell'opera odoricianasegnerà così il suo passaggio dal genere ibrido e informe delle «relazioni di viag-gio» a quello - certo più consono ai gusti del pubblico medievale - delle compila-zioni (pseudo)geografiche e delle raccolte di mirabilia esotici.

75 Les voyages en Asie, ed. Cordier, p. 83.76 Ivi, pp. 83-84. Nella redazione C Odorico si avvale dell'aiuto di un servo: "Cum autem

ventura minime habere nos poteramus, tunc accipiens ex ossibus istis unum, ipsum dedi famulonostro ut iens ad caput navis ipsum in mari prohiceret festinanter" (Relatio Vili, 23). Più laconi-ca la versione C9: "unum de ossibus sanctorum [...] in mari cum reverencia in Dei honorem feci-mus elargiri" (Chiesa, Una forma relazionale sconosciuta, eh., p. 156.

77 Reichert, Incontri con la Cina, cit, pp. 221-23.