Tra relativismo e antirelativismo: due posizioni di epistemologia sociale

30
Relativismo e Non relativismo Due posizioni in epistemologia sociale Giangiuseppe Pili Università Vita-Salute San Raffaele Dottorato XXIX ciclo

Transcript of Tra relativismo e antirelativismo: due posizioni di epistemologia sociale

Relativismo e Non relativismoDue posizioni in epistemologia sociale

Giangiuseppe Pili

Università Vita-Salute San Raffaele

Dottorato XXIX ciclo

Una presentazione in tre passi

• La posizione del relativista presentata da

Paul Boghossian.

• Critiche alla posizione relativista.

• La proposta di Alvin Goldman.

LA POSIZIONE RELATIVISTA PRESENTATA DA PAUL BOGHOSSIAN

La posizione relativista presentata

da Paul Boghossian (2011)

• Il relativismo di Paul Boghossian

1. Non vuole difendere il relativismo ontologico(costruttivismo dei fatti).

2. Accetta l’idea che esistano fatti indipendentidalle credenze dei soggetti cognitivi.

3. Sostiene che non esistano fatti epistemiciassoluti (o giustificatori).

4. Per (3), il “relativista epistemico” sostienel’esistenza di più sistemi epistemici capaci digarantire la giustificazione in credenze.

L’idea argomentativa di fondo

• Il relativista difende l'idea che si dia il caso cheesistano due sistemi epistemici S1 e S2 tali che S1giustifichi la credenza in p e S2 giustifichi la credenzain non p.

• Potrebbero esistere due sistemi epistemici (insiemi diassunti sulla base dei quali derivare l'evidenza) S1 eS2 tali che il soggetto A assumendo S1 crederebbegiustificatamente nella proposizione p e il soggetto Bassumendo S2 crederebbe giustificatamente nellaproposizione non p e nessuno dei due sarebbe nellaposizione per rivendicare di avere maggiore o minoregiustificatezza sull'altro per la sola ragione di avere unsistema epistemico da cui trae il suo corpus dievidenza.

Galileo e Bellarmine

• I due soggetti cognitivi credevano rispettivamentein p e non p, e non semplicemente per caso, maperché essi disponevano di due sistemi epistemici,S1 e S2 tali che l'uno era poteva trarre evidenze afavore di p mentre l'altro poteva trarre altreevidenze a favore di non p.

• Non esistendo fatti epistemici tali da garantire ipsofacto la legittimità di una sola credenza, esistendoquindi più possibili sistemi epistemici concorrenti,non si può affermare che il cardinale Bellarminenon fosse giustificato tanto quanto Galileo nelcredere quello che credeva.

Ciò che non vuole il relativista

• Il relativista non vuole concludere che esista un insieme unico diprincipi epistemici tale che da esso si possano ordinare tutti gli altri.

1. Se due sistemi epistemici S1 e S2 sono equivalenti, lo sonoappunto sulla base di una serie di condizioni G, tali che esse sonola garanzia che ogni specifico sistema epistemico le rispetti.

2. Se due sistemi epistemici distinti S1 e S2 rispettano le condizioni Gallora S1 e S2 sono epistemicamente equivalenti. Ma se solo unodei due sistemi S1 e S2 rispetta le condizioni G, ad esempio S1(ma non S2), allora S2 è epistemicamente inferiore rispetto a S1.

• Questo è esattamente quello che non vuole sostenere il relativista,per il quale non esiste alcun insieme unico e ristretto di norme Ggrazie alle quali discriminare i vari sistemi epistemici.

Come formuliamo i principi

epistemici1. Non c'è alcun sistema epistemico tale da essere di per sé autogiustificato

ma è solo capace di portare evidenza delle singole credenze.

2. Il nostro modo di formare le regole è, in generale, per generalizzazione dacasi specifici– Se vedo una forma che mi sembra un cane, dato il fatto che per lo più che mi pare di

vedere un cane c'è un cane di fronte a me, allora sono giustificato nel credere che cisia effettivamente un cane di fronte a me per percezione.

– Da ciò posso poi generalizzare: "sono giustificato nel credere nelle credenze formatevia percezione...".

3. Se il nostro modo di costruire i principi epistemici è questo, o in generalepotrebbe seguire questa ricostruzione razionale, allora si possonolegittimamente formulare anche principi meno banali tramite cui trarreevidenza.– "L'oracolo predisse correttamente tutte le battaglie dell'antica Grecia... quindi un

soggetto che si formasse credenze sulla base degli oracoli sarebbe giustificato inquelle credenze".

4. Stando alla formulazione precedente, è legittima la possibilità di assumerecome legittimi principi che includano oroscopi, oracoli, aruspici etc..

5. Quindi è legittima la possibilità di formulare principi epistemici che includanoanche oracoli etc. come legittimi principi epistemici da cui trarre evidenza.

La forma del giudizio

• Se il giudizio di un soggetto cognitivo ha qualchepossibilità di essere vero, allora non è lecita la formaʽE giustifica la credenza Bʼ.

• Bisogna piuttosto asserire qualcosa del tipo:secondo il sistema epistemico C, tale che il soggettoB crede che p in base a C allora B ha evidenza percredere che p sulla base di C.

• Il punto è che questo fantomatico sistemaepistemico C è ovviamente non unico, perchédipende dalla formulazione degli specifici principi.

L’argomento a favore del relativismo

1. Se ci fossero assoluti fatti epistemici su ciòche giustificato cosa, allora sarebbe possibilearrivare alle credenze giustificate su quelli.

2. Non è possibile arrivare a formarsi credenzegiustificate su ciò che tali fatti epistemici sono.

3. Non ci sono fatti epistemici assoluti (per 1 e2).

4. Se non ci sono fatti epistemici, allora ilrelativismo è corretto (per (3)).

5. Il relativismo è corretto (per 4).

In conclusione

• Insomma, tra Galileo e Bellarmine non c'eraalcuna differenza a livello della rispettivagiustificatezza nelle loro credenze, se non il fattoche Bellarmine aveva il coltello della parte delmanico.

• Che, se ben formulato nella testa di qualcuno (intutti i casi in cui abbiamo il coltello dalla parte delmanico avevamo ragione, allora tutti coloro checredono a p sulla base del fatto che hanno ilcoltello dalla parte del manico sono giustificati),può diventare un buon principio per un buonsistema epistemico (e Torquemada, lui si, l'avevacapito benissimo).

ALCUNE CRITICHE ALLA POSIZIONE RELATIVISTA

(1) Il relativismo è una tesi che si

auto rifiuta• Il relativista vuole sostenere che due sistemi epistemici

S1 e S2 sono entrambi capaci di fornire giustificazioneper due credenze distinte e opposte, p e non p.

• Per tanto non si possono ordinare in modo dariconoscere il più idoneo dal punto di vista epistemicoperché, semplicemente, non c'è una funzione capace difornire questo ordine, dato il fatto che tutti si ègiustificati a credere in quello che il nostro sistemaepistemico ci legittima nel credere (ci giustifica nelcredere).

• Ma se questo è vero, allora anche lo stesso argomentodel relativista non può pretendere di avere maggioriragioni di quello che sta cercando di contrastare, nellamisura in cui esso stesso non può essere stimatomigliore di un altro dal punto di vista epistemico.

(1) Il relativismo è una tesi che si

autorifiuta (2)

• Il relativista non è altro che un soggettocognitivo che assume un certo sistemaepistemico, diciamo S1, tale per cui non puòpretendere di avere maggiori ragioni di unnon relativista con un sistema epistemicodiverso (a fortiori), diciamo S2.

• Quindi, se il relativismo ha ragione, allora nonha più ragione del non relativista proprio sullabase dei motivi che egli stesso ha elencatocontro la posizione non relativista.

Un paradosso

• In realtà, in questo si adombra una forma di paradossodove se il relativista propone una sola forma direlativismo, allora egli è un non relativista mascheratoda relativista (in fondo c'è un modo di pensare ai principiepistemologici, che poi si declinano in molti modi. Macome c'è una sola religione e mille sette, quelle millesette si considerano di una sola religione...).

• D'altra parte, non si vede come il relativista possaportare più alternative in chiave relativista, nella misurain cui l'alternativa al relativismo è proprio una posizionenon relativista. E allora il relativismo sembra giungeread un irrimediabile paradosso nocivo, perché insolubile(in entrambi i casi cede le armi al non relativista).

(2) Il relativismo critica solamente il fondazionalismo

classico e accetta una forma di coerentismo debole

• Questa seconda critica punta il dito sul fatto che ilrelativista critica esclusivamente una delle varie formedi trattamento della giustificazione, vale a dire ilfondazionalista classico (ad esempio Cartesio). Ilfondazionalista classico è colui che, per evitare ilregresso all'infinito rispetto a ciò che garantisce lanostra giustificazione in una certa credenza p, assumeche esistano dei principi a loro volta non giustificatisulla base di altri, ma capaci di giustificare ogni altroprincipio.

• Per tale ragione, infatti, il relativista, nella ricostruzionepresentata da Boghossian (2011), utilizza unargomento tratto dal classico scetticismo pirroniano,anche se leggermente più elaborato.

(2) Il relativismo critica solamente il fondazionalismo

classico e accetta una forma di coerentismo debole (parte 2)

• Questo genere di argomenti colpisce

esclusivamente il fondazionalista classico

ma non la maggioranza delle forme di

esternismo (ad esempio l'affidabilismo o il

funzionalismo).

• Ed è anche discutibile che esso sia

capace di colpire anche alcune forme di

internismo (almeno il mentalismo).

Il relativista è un non relativista

mascherato?1. Il relativista concede che esista una forma di principio superiore che garantisce

universalmente giustificatezza. Ed è appunto la coerenza di una certa credenzarispetto al sistema epistemico che la giustificherebbe.

2. L'esempio di Galileo e Bellarmine è emblematico. Se entrambi erano giustificatinel credere rispettivamente a p e non p, allora essi erano giustificati per via didue sistemi epistemici distinti, S1 e S2, tali che S1 giustifica p e S2 giustifica nonp. Ma sulla base di cosa i sistemi epistemici S1 e S2 giustificano le proposizionip e non p? Sulla base della coerenza che p intrattiene rispetto a S1 e sulla basedella coerenza che non p intrattiene con S2.

3. Quindi, a ben vedere, esiste un principio che giustifica ogni credenza, anche sela giustificatezza dipenderà, poi, dagli specifici principi epistemici adottati: sitratta del principio di coerenza di una credenza rispetto al sistema epistemico diriferimento.– Questo si evince anche rispetto alla formulazione della giustificazione di una certa

credenza rispetto ad un particolare sistema epistemico formulata da Paul Boghossian.

4. Se le cose stanno così, allora, esiste almeno un principio epistemico che valeper ogni sistema epistemico ed è addirittura un solo principio che garantisceogni forma di giustificazione per le singole credenze dei vari soggetti.

5. Allora il relativista, in questo caso, non è altro che un non relativista mascherato

(3) Il relativismo fallisce proprio

di fronte alla sfida di Galileo

• Questo terzo argomento vuole mostrare chese il relativista ha ragione, allora (1) nonconsente di discriminare i sistemi epistemicidal punto di vista della conoscenza (e quindidisattende uno dei desiderata stessi dellateoria della conoscenza), (2) non fornisceuna sufficiente spiegazione di ciò cheaccade, cioè ha una bassa capacitàesplicativa e (3) fallisce sfide pratiche.Andiamo quindi con ordine.

Il relativismo fallisce proprio di fronte alla sfida di Galileo (2)

1. La scienza produce più credenze vere che false. Come spiegarlo?

2. Il punto sopra è intrinsecamente legato con il fatto che (2) ilrelativista non sembra fornire una spiegazione sufficiente di ciò cheaccade, ovvero del motivare il perché di fatto la scienza si èimposta come sistema per produrre credenze giustificate sulmondo e il suo alto grado di attendibilità relativa e comparata.

1. Secondo il relativista, la vittoria di un certo sistema epistemico dipendedalla quantità di persone che sono disposte ad assumerlo sulla solabase di ragioni di preferenza non epistemiche (questo, almeno, nellapresentazione della preferenza epistemica su basi di scelta individualefondata esclusivamente su desiderata non epistemici).

2. Cioè un sistema epistemico non sarebbe scelto sulla base della suacapacità di giustificare credenze vere sul mondo, ma solo sulla base diquanto un soggetto vuole credere sulla base di ragioni che con laconoscenza non c'entrano affatto.

3. Eppure questo sembra proprio in contrasto con l'esempio di Galileo.

Il fallimento pratico

1. Proprio per quanto appena scritto, (3) il relativismo fallisce nella sfidapratica.

2. Infatti, esso non sa motivare perché una certa teoria epistemicaconsente di formare credenze giustificate sul mondo tali che graziead esse possiamo efficientemente modificare il mondo.

3. Stando alla sua posizione, ogni credenza giustificata dipende dasistemi epistemici diversi. E quindi ogni sistema epistemico dovrebbeconsentire la stessa capacità di intervento sul mondo. Ma questo èpalesemente falso proprio perché solo alcuni sistemi epistemiciconsentono di formare più credenze vere che false, ovvero digiustificare proprio le credenze vere e, quindi, consentono di potergiungere a nuove credenze vere giustificate sulla base di altre eprecedenti credenze vere e giustificate.

4. Quindi, il relativista fatica, se non fallisce, a spiegare perché lascienza

LA POSIZIONE DI ALVIN GOLDMAN

Verità e non giustificazione rispetto ai

problemi dell’Epistemologia Sociale

• Alvin Goldman sostiene una posizione in epistemologiache vuole difendere l'idea che la valutazione epistemicadeve essere in funzione della quantità di verità che isingoli o le società sono in grado di produrre e diffonderenel restante spazio sociale.

• Secondo questo punto di vista lo scopo stessodell'epistemologia sociale consiste proprio nel riuscire adiscriminare le pratiche che aumentano le credenze verenello spazio sociale.

• Goldman parla di verità, più che di conoscenza perché laconoscenza o, almeno, la credenza giustificata, sonoproblemi controversi nell'epistemologia analiticatradizionale.

L’argomento

1. I valori dell’epistemologia sono l'acquisire verità eottenere credenze giustificate.

2. Gli scopi epistemologici si possono considerare comei valori epistemologici.

3. Vale di più la credenza vera rispetto alla credenzafalsa.

4. Per (3) è possibile analizzare il valore di verità comeun fatto di gradi tale che la verità è megliodell'indecisione tra due credenze alternative che è asua volta meglio della falsità.

5. (4) conta come descrizione dell'ordinamento tra valoriepistemici.

6. Il valore della verità è alternativo al valore sullagiustificazione.

Un problema da considerare

• Ci possono essere delle situazioni in cui ilrisultato desiderato non è l'aumento dellecredenze vere, quanto quello di quelle false.In condizioni di guerra alcuni fatti devonoessere celati, alcune credenze non devonomai essere formulate da alcuni soggetti inmodo che siano vere.

• Oppure la sicurezza individuale può passaredalla privacy, sicché bisogna salvaguardarel'ignoranza delle persone circa alcuni datiche, se accessibili, potrebbero essereparticolarmente pericolosi.

Dalla verità al valore veristico

generale• Per queste ragioni Goldman passa da una valutazione

puramente funzionale della società in base allaproduzione di verità ad una posizione più generale in cuiil valore ultimo è sempre la diffusione di un valore diverità rispetto alle credenze nei soggetti, ma non c'è piùnecessariamente l'equazione: verità = valore sommodell'epistemologia sociale.

• A differenza che l'epistemologia individuale, in cui ilvalore della verità è indubbiamente vincolante, nel casodell'epistemologia sociale le cose stanno diversamente,tanto più che può essere utile comprendere in che modola razionalità epistemologica sociale può richiedere uninterazione complessa tra ignoranza, verità e falsità.

L'argomento della riforma dell'epistemologia

sociale veristica di Goldman

1. Il valore della verità può rimanere centrale all'epistemologia sociale(SE) ma non è l'unico.

2. In alcuni contesti istituzionali è desiderabile implementare diversepolitiche informative, tali che la razionalità ultima sia quella diminimizzare la verità piuttosto che di massimizzarla.

3. Per alcuni individui può essere preferibile il valore epistemicodell'ignoranza rispetto alla conoscenza (per 1&2).

4. Il valore epistemico coincide con il valore di verità che non è equiparatoa "verità e falsità" come estremi di qualità. (Per 2&3)

5. L'SE indaga gli stati di veridoxastici delle credenze (veridoxic states).– Def. stato veridoxastico: uno stato di cose formato da (a) una certa

attitudine doxastica (ad esempio, una credenza) e (b) un valore di verità (overo o falso).

6. L'SE non è più vincolata alla sola valutazione delle società in funzionedella formazione di credenze vere. (Per 4&5).

La posizione di Alvin Goldman

revisionata• Goldman assume che l'epistemologia sociale non debba accontentarsi di valutare

le società in funzione della verità ma in generale rispetto ai valori di veritàcomplessivi.

• Quindi egli non annulla la funzione di valutazione delle società in base allecredenze degli individui, quanto egli annulla la funzione di ordinamento epreferenza delle società da un punto di vista epistemico, in funzioneesclusivamente dell'impatto della verità, ma semplicemente si informa di comeuna certa società produca una certa quantità di verità, piuttosto che di falsità e siconsidera il desiderata sociale veristico di riferimento.

• Se una società ha come scopo stesso quello di produrre più credenze vere (adesempio, un gruppo di scienziati) allora si può valutare in funzione del rapportoverità/falsità prodotte o che ci si aspetta che produca e si stima buona quellasocietà che produce più credenze vere. Nel caso, invece, di un sistemacrittografico si può valutare in funzione della sua capacità di rendere inaccessibilel'informazione criptata (cifrato) e quindi della capacità di mantenere inalterato lostato di ignoranza relativo.

Grazie per l’attenzione!

Bibliografia

• Boghossian P., (2011), "Epistemic Relativism Defended", in Social Epistemology Essential readings, Edited by Alvin Goldman & Dennis Withcombe, Oxford University Press, Oxford.

• Fallis D., Social Epistemology and Information Science, Annual Review of Information Science and Technology

• Foucault M., (1975), Sorvegliare e punire: la nascita della prigione, Einaudi, Torino.• Fuller S., (1988), Social Epistemology, Bloomington, Indiana University Press.• Goldmad A., (2009), "Social Epistemology: Theory and Applications", Royal Institute of Philosophy,

Supplment 64.• Goldman A., (1987), "Foundations of Social Epistemics", in Synthese Vol. 73 issue 1, pp. 109-144.• Goldman A., (1999), Knowledge in a Social Word, Oxford University Press, Oxford.• Goldman A., (2011), "A Guide to Social Epistemology", in Social Epistemology Essential readings,

Edited by Alvin Goldman & Dennis Withcombe, Oxford University Press, Oxford.• Goldman A., (2012), "Social Epistemology", Stanford Encyclopedia of Philosophy,

http://plato.stanford.edu/entries/epistemology-social/• Greco J., (2000), "Two Kinds of Intellectual Virtue", Philosophy and Phenomenological Research 60,

179-84.