teologia morale fondamentale (breve introduzione a)

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IMITATIO CHRISTI appunti di etica fondamentale Vito Sibilio “Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro Che è nei Cieli” Nostro Signore Gesu' Cristo L'imitazione di Cristo è la vera e unica definizione e ragione dell'etica cristiana. Lui è il modello, ma anche la fonte della vita etica. L'aspetto dogmatico della questione, ossia il modo con cui Egli opera in noi mediante la Grazia in virtù della Redenzione operata sulla Croce, è stato esposto nel saggio Christus Redemptor 1 . In questa sede, illustreremo i contenuti e le forme dell'etica resa possibile dalla giustificazione e voluta dal decreto divino. Cominciamo dai caratteri generali dell'etica cristiana, ossia: lo scopo delle azioni umane, la Legge, la morale naturale e soprannaturale, la libertà e la responsabilità, la persona e la società nell'etica, la virtù naturale, il peccato nelle forme e nelle specie sue proprie, le sue conseguenze, i vizi, le virtù teologali, le Beatitudini. Poi riproporrò il summenzionato saggio, come esposizione del fondamento dogmatico soteriologico della morale. Infine, mostreremo come la vita morale soprannaturale scaturisca dai Sacramenti e specialmente del Battesimo, come già illustravo in Sacrum Baptisma, il saggio di teologia battesimale da me pubblicato in passato 2 . 1 Il saggio è consultabile nell'archivio del sito www.theorein.it ed è confluito nell'e-book Il Dogma Cattolico. Appunti per una esposizione sistematica, da me edito su amazon.com. 2 Consultabile nell'archivio del sito www.theorein.it e confluito nell'ebook Il Culto Cattolico. Appunti per una esposizione sistematica, edito su amazon.com.

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IMITATIO CHRISTI

appunti di etica fondamentale

Vito Sibilio

“Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro Che è nei Cieli”

Nostro Signore Gesu' Cristo

L'imitazione di Cristo è la vera e unica definizione eragione dell'etica cristiana. Lui è il modello, ma anche lafonte della vita etica. L'aspetto dogmatico della questione,ossia il modo con cui Egli opera in noi mediante la Grazia invirtù della Redenzione operata sulla Croce, è stato espostonel saggio Christus Redemptor1. In questa sede, illustreremo icontenuti e le forme dell'etica resa possibile dallagiustificazione e voluta dal decreto divino. Cominciamo daicaratteri generali dell'etica cristiana, ossia: lo scopodelle azioni umane, la Legge, la morale naturale esoprannaturale, la libertà e la responsabilità, la persona ela società nell'etica, la virtù naturale, il peccato nelleforme e nelle specie sue proprie, le sue conseguenze, i vizi,le virtù teologali, le Beatitudini. Poi riproporrò ilsummenzionato saggio, come esposizione del fondamentodogmatico soteriologico della morale. Infine, mostreremo comela vita morale soprannaturale scaturisca dai Sacramenti especialmente del Battesimo, come già illustravo in SacrumBaptisma, il saggio di teologia battesimale da me pubblicatoin passato2.

1 Il saggio è consultabile nell'archivio del sito www.theorein.it edè confluito nell'e-book Il Dogma Cattolico. Appunti per una esposizionesistematica, da me edito su amazon.com.

2 Consultabile nell'archivio del sito www.theorein.it e confluitonell'ebook Il Culto Cattolico. Appunti per una esposizione sistematica,edito su amazon.com.

PARTE PRIMA – ELEMENTI DELL'ETICA

ELEMENTI FONDAMENTALI DELL'ETICA

Nell'etica, ossia nell'ambito che studia le azioni umanecompiute secondo un criterio positivo individuato dallaragione, il primo concetto da puntualizzare è quello delloscopo delle azioni umane. Ogni creatura è una entelechia, ossiaè una realtà sostanziale che ha in sé la capacità diraggiungere il proprio fine. Ogni entelechia sviluppa unafinalità che è quella propria della sua differenza specifica, ossia diquella caratteristica che la differenzia, all'interno delgenere suo proprio, dalle altre specie. Per cui l'uomo,essendo un animale razionale, si realizza proprio attraversoquesta sua razionalità, secondo la quale deve vivere. Laragione umana è ad un tempo il mezzo mediante il quale l'uomoscopre le regole del buon vivere e la regola stessa, inquanto essa, una volta adoperata, non può condurre ad altrorisultato che all'individuazione della virtù. Essa,etimologicamente parlando, è infatti ciò che è propriodell'uomo. La si può considerare, con Socrate, unica perchèretta da un criterio unitario, appunto quello razionale,oppure molteplice, con Aristotele, perchè declinata nellevarie circostanze della vita. In ogni caso, la regola umanadella virtuosità sta nel giusto mezzo che ognuno deve seguirenelle proprie azioni, contemperando ogni cosa sul basamentodelle virtù stesse, che è la giustizia. Essa è la prima adessere individuata dalla ragione, perchè ognuno la determinasulla base di ciò che vorrebbe fosse dato a sé; infatticonsiste nel dare a ciascuno il suo. Su questa prima efondamentale virtù si innesta la consapevolezza che l'uomo hadei suoi doveri etici, verso se stesso, verso gli altri everso Dio. Questi, scoperto dalla ragione attraverso ilcreato, anche in una semplice teologia razionale appare comeColui Che è garante dell'ordine morale, perchè proprio Lui,creando le cose, lo ha costituito, evidentementecommisurandolo su Se stesso. Perciò l'uomo può, con la suasola mente, capire che verso Dio ha il dovere diretto di

adorazione e imitazione della Sua perfezione morale3. Unavolta determinato l'ambito della giustizia, l'uomo puòscoprire le altre virtù che costituiscono gli atti dacompiere nella morale naturale. Tuttavia la virtù non è soltanto un concetto da scoprire, maun principio a cui essere fedeli e da applicare. Agere sequituresse. Per cui nella vita ogni uomo deve dapprima conoscere epoi agire. Quest'ultimo sarà dunque un'esplicitazionedell'essere proprio dell'uomo, il quale non sceglie di voltain volta cosa vuole fare, ma riconosce ciò che è giusto fare,che gli si impone per evidenza e necessità; riconoscendolo,l'uomo lo compie. Entrano quindi in gioco nellarealizzazione dell'essere umano, accanto alla ragione, lavolontà e la libertà. Se l'uomo non fosse libero non potrebbevivere secondo ragione, perchè la razionalità è legata allalibertà, ma proprio perchè libero, l'uomo può anche viverecontro la ragione e addirittura ignorarla del tutto, fino aspegnere quel richiamo che in ognuno essa compie mediante lavoce della coscienza. Questa non è una mera elaborazioneculturale, come oggi si sostiene, sebbene il contesto in cuil'uomo viva la determina almeno in parte, ottundendone orafforzandone la voce, ma è una struttura portante dellamente umana, dell'anima dell'individuo, come anche la

3 Già Anassagora intuì il ruolo del Nous nella regolamentazione delcosmo e ne fece l'unico Dio. Socrate, suo seguace, predicò la razionalitàcome criterio dell'azione umana proprio come imitazione della razionalitàcosmica. Platone considerò la conformità dell'uomo alla morale come unmezzo per l'ascensione al Divino Uno. Aristotele pose in Dio, MotoreImmobile, la causa finale dell'agire degli esseri tutti e in particolaredi quelli senzienti – e tra essi l'uomo – volti a vivere secondo ragioneper essere conformi alla razionalità suprema. La sintonia tra ragioneindividuale e universale divina è alla base dello sforzo etico degliStoici e dei Neoplatonici. La fondazione naturale dell'etica èsottolineata anche dai filosofi cristiani. Il ruolo di garanzia di Dioverso l'ordine morale è espresso, sia pure in forme diverse, da Agostinocome da Bonaventura, da Tommaso, da Duns Scoto, da Ockham, da Cartesio,da Locke, da Spinoza, da Kant, da Fichte, da Schelling, da Hegel, daKierkegaard, dagli Spiritualisti, da Croce, da Gentile, da Marcel,Mounier, Maritain, Jaspers, da molti filosofi della Scuola di Cambridge edegli Analitici di Oxford, da Arendt, da Stein, Levinas e da molti altripensatori sino ai giorni nostri, nonostante essi non abbiano tutti lastessa concezione del Divino.

psicologia moderna ha dovuto ammettere, spesso a dispetto delsuo stesso ateismo. Ogni uomo, depurato dalle sovrastrutturelegate al proprio costume, sente sempre e solo la voce dellacoscienza, che reclama il dovere del bene. Una volta chel'uomo stesso si è predisposto ad esso, non lo considera piùuna imposizione, ma lo ama ed anela ad esso. In ragione diciò il bene, inteso come azione razionale, è appunto l'esserein quanto voluto, essendo la razionalità la legge stessa delreale. Questo bene concettualmente è sia l'insieme dei beniterreni e umani utili e leciti, sia l'uomo stesso nella suaautorealizzazione, sia Dio, come Essere Supremo a cuiconformarsi. In tal maniera il vivere secondo ragione diventail vivere secondo Dio e quindi l'una e l'altra definizioneimplicano la realizzazione e la felicità dell'uomo stesso.Virtù e felicità sono congiunti concettualmente, per cui o siperviene alla loro sintesi già in terra o si deveraggiungerla nell'eternità: come già Kant aveva intuito, ledue cose non solo vanno insieme, ma implicano l'immortalitàdell'anima, come condizione previa per il raggiungimento dientrambe, sotto l'azione divina. L'etica sfocia nellametafisica e nella religione naturale. Ma essa trova unostacolo insormontabile nella sua realizzazione:l'inclinazione dell'Uomo al male e la facile vittoria chequesto ottiene in lui. Non solo, infatti,va constatata la presenza del vizio comerovescio della virtù – ossia vivere contro ragione- e del malecome negazione e mancanza del bene, non solo va registratol'uso improprio che si può fare della libertà sotto l'impulsodelle passioni che s'impongono all'anima, ma va denunciato comel'uomo, abbandonato a se stesso, è capace solo del male. Diquesta radicale incapacità pratica dell'uomo, in assolutadissonanza con ciò che ognuno comprende concettualmente evuole teoricamente, solo la Rivelazione cristiana dà laspiegazione esauriente, con i concetti di Peccato Originale, Graziasantificante, Libertà e Libero arbitrio, Giustificazione e Redenzione, per i qualirimando ai luoghi citati all'inizio. Basti qui ricordare che,in virtù della Grazia divina, l'uomo redento può, attraversola Fede, compiere tutte le opere prescritte sia dalla moralenaturale che da quella soprannaturale. Lasciamo perciò il

mero campo dell'etica razionale ed esploriamo l'eticacristiana propriamente detta.

I FONDAMENTI DELL'ETICA CRISTIANA

Attraverso l'azione morale, resa possibile dalla Grazia,l'uomo instaura in sé il Regno di Dio, mediante la conformitàa Cristo, Che è il Regno stesso. L'uomo inizia così acollaborare con Dio nella realizzazione del Suo pianosalvifico in modo libero e consapevole. Ogni azione umanaconverge nel progetto divino, ma l'azione morale sfocia nelladimensione spirituale e soprannaturale, perchè è l'azione delfiglio adottivo, conformato a Cristo e a Lui incorporato.Essa è meritevole della Vita eterna, così come il suocontrario, offendendo Dio e la Sua santità, è passibile didannazione. Lo scopo naturale per cui Dio ha creato l'uomo èinfatti conoscerLo, amarLo e servirLo, attraverso la sua naturarazionale, per poi goderLo in Paradiso. In tale azione l'uomorealizza e usa i suoi talenti, per il cui impiego riceveràpotere su molto, dopo la fedeltà nel poco, entrando nellagioia del Suo Signore (Mt 25, 21). La decadenza della naturaumana è stata sanata dalla Grazia, per cui l'uomo può tuttoin Colui Che gli dà forza, ma nulla può senza di Lui.L'azione morale è quindi, in ultima analisi, ciò che Dioopera attraverso di noi, ciò che noi Gli permettiamo dioperare in noi e con noi. Dio ci indica cosa fare attraverso la Legge. Essa è naturale,quando verte su doveri e diritti che la ragione scopre dasola. Gli ambiti in cui quest'ultima scopre tali doveri ediritti, quando non è obnubilata dal peccato e dalla culturaelaborata attorno ad esso e surrettiziamente trasmessa digenerazione in generazione, corrispondono grosso modo allearee normative dei Dieci Comandamenti: l'onore e il rispettoverso Dio, quello verso i genitori e le legittime autorità,il rispetto della vita propria e altrui, della proprietà chela garantisce, della verità, dei vincoli affettivi coniugalinell'uso ordinato della sessualità, la purificazione delleintenzioni. Ognuna di queste aree si determina a partire daldiritto che ognuno riconosce a se' e che quindi deverispettare negli altri. Questa legge naturale morale, scritta

nel cuore di ognuno e custodita dalla coscienza, può esserederogata, a differenza delle altre leggi naturali fisiche, acui invece non ci si può sottrarre. Ragion per cui Dio havoluto che l'uomo, essere sociale la cui moralità è sempreinterpersonale e ha valenza comunitaria, venisse retto da unaautorità che potesse emanare una Legge positiva che, di volta involta, ribadisse ciò che la natura ha fissato e la ragionepuò scoprire, all'occorrenza sanzionando l'inadempiente.Nasce così il diritto, che ha sempre un nucleo etico, anchese spesso può essere imperfetto o soverchiato da aspettiformali. A garanzia perfetta della validità della Leggenaturale, Dio stesso ha promulgato una Legge positiva, quellaMosaica, sintetizzata nei Dieci Comandamenti ma comprendentetutti i precetti del Pentateuco, che sono vincolanti pertutti gli uomini, sfrondati degli aspetti cultuali egiuridici tipicamente ebraici. Il Decalogo è dunque naturalenei contenuti, ma divino nell'autorità. Di esso parleremoampiamente. Per ora basti ricordarne i comandamenti nellaformulazione catechetica tradizionale.Io Sono il Signore Dio tuo:

I. Non avrai altro Dio al di fuori di Me.II. Non nominare il Nome di Dio invano.III. Ricordati di santificare le feste.IV. Onora il padre e la madre.V. Non uccidere.VI. Non commettere atti impuri.VII. Non rubare.VIII. Non dire falsa testimonianza.IX. Non desiderare la donna d'altri.X. Non desiderare la roba d'altri.

La grande novità dell'etica viene però col Cristo. Egli nonsolo perfeziona e completa la Legge antica sfrondandola diquelle forme solo temporaneamente ammesse sia cultuali chegiuridiche, ma introduce i precetti di una morale soprannaturale,possibile e comprensibile solo nella prospettiva della vitadivina, dell'immedesimazione con essa e della beatitudineeterna. In questa Legge Dio, Che già nell'AT diceva: Siatesanti perchè Io sono santo, ora in Cristo ordina: siateperfetti come è perfetto il Padre vostro Che è nei Cieli, enel Redentore dà un modello, un esempio. La morale cristiana

non è dunque un insieme di norme ma una imitazione di unmodello, l'Uomo perfetto, Cristo. Come tutte le imitazioni,essa è suscettibile di imperfezioni, fallimenti e riprese, maè indispensabile: solo in questo rapporto personale conCristo essa assume un senso, uno scopo e la sua stessapossibilità. Tale Legge è la Legge dell'Amore, perchè Cristo èvenuto nel mondo per amore, ha insegnato e operato per amore,è morto per amore, per salvare coloro che vivevano nell'odioe nella morte. Cristo dunque è il Maestro dell'Amore, e noipossiamo amare solo se impariamo da Lui. Egli ci ha dato idue precetti della Carità, in progressione di perfezione. Ilprimo è: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima,con tutta la tua mente. Il secondo è simile al primo: Amerai il tuoprossimo come te stesso. Di questo secondo precetto, Cristo ha datopoi una formulazione più esigente: Ogni volta che avrete fatto qualcosaa qualcuno di questi miei fratelli più piccoli, l'avrete fatto a Me; ossia hainsegnato ad amare il prossimo come si ama Lui. Infine haulteriormente alzato la soglia: Amatevi gli uni gli altri, come Io vi hoamato. In tale senso, l'amore del prossimo è innanzituttol'applicazione della Regola d'Oro: Tutto quello che volete sia fatto avoi, fatelo agli altri, con il suo complemento: Non fate agli altri ciò che nonvolete sia fatto a voi. Infatti queste parole sono state pronunziatedal Logos con le Sue labbra umane. Esse danno sostanza alprimo dei tre gradi del precetto dell'amore del prossimo. Ilsecondo ci insegna invece a fare il bene a Dio nei fratelli,ad amarLo in loro, per cui essi sono da amarsi con tutti noistessi, nelle singole azioni che facciamo. Non è tanto uncontenuto, ma una forma dell'etica. Il terzo è inveceorientato a farci amare nelle stesse forme con cui Dio ama:il perdono e il sacrificio. Il perdono è la grande norma delCristo, Che ci insegna che Dio non ci perdonerà se nonperdoneremo. Il sacrificio è l'amore che dona se stessi e, senecessario, si immola. La morale naturale non può perdonaresempre e non può sacrificarsi mai, perchè dovendo realizzarese stessa nella ragione, trova nella morte e nel fallimentoil suo limite. Ma Cristo ha vinto la morte e ha fatto delsoffrire uno strumento di salvezza per sé e per gli altri,quindi l'abnegazione, che è la vetta ma anche il limite dellamorale naturale, diviene l'apogeo e il punto di partenza

della morale soprannaturale, perchè è sempre la più fecondadi bene. La bellezza irraggiungibile di questi insegnamentiha conquistato il mondo e oggi è patrimonio anche di chi noncrede, ma solo nella giustificazione operata da Cristo essa èpossibile, è utile e sfocia nella felicità soprannaturale siain terra che in cielo. Diversamente, è solo una utopiairrealizzabile. Se non pericolosa. Nella infinita superioritàdella morale cristiana a dispetto della stessa ragione sicoglie l'orizzonte della verità cristiana: essa non èraggiungibile dalla ragione, ma quando essa la vede ne èabbagliata. Se fosse una menzogna, allora la bugia sarebbemigliore della verità. In questo spirito possono essere vissute quelle Sette Opere diMisericordia corporale dettate da Gesù stesso come schema sul qualesaremo esaminati alla fine della vita. Esse esprimonol'atto d'amore dato al misero, che o ne ha estremo bisogno onon può avere titolo esigitivo per riceverle, esattamentecome suggerisce l'etimologia della parola “misericordia”. Chile esercita le compie verso Cristo stesso. Chi le trascuraabbandona lo stesso Gesù. Perchè chi soccorre o abbandona lemembra del Cristo soccorre o abbandona Lui. Sono le seguenti:

1. Dar da mangiare agli affamati.2. Dar da bere agli assetati. 3. Vestire gli ignudi.4. Alloggiare i pellegrini.5. Visitare gli infermi.6. Visitare i carcerati.7. Seppellire i morti.

A queste la catechesi della Chiesa ha aggiunto le Sette Opere diMisericordia spirituale, estrapolate anch'esse dal Vangelo ealtrettanto importanti e di riferimento:

1. Consigliare i dubbiosi.2. Insegnare agli ignoranti.3. Ammonire i peccatori.4. Consolare gli afflitti.5. Perdonare le offese.6. Sopportare pazientemente le persone moleste.7. Pregare Dio per i vivi e i morti.

Sia le une che le altre hanno creato la civiltà moderna cheassiste e non emargina i bisognosi. Mense, aiuti umanitari,

ospedali, cimiteri, ospizi, armadi, dispensari, scuole,centri di consiglio e orientamento, luoghi di formazionemorale e di preghiera si sono sparse nel mondo a partiredalla carità cristiana e oggi sono sostenute anche dai noncredenti, avendo contribuito a plasmare in modo nuovo lastessa idea di uomo.Le forme dell'amore cristiano sono custodite nellaRivelazione attraverso le sue fonti, la Bibbia e laTradizione, e interpretate dal Magistero, nonché vissute edesemplificate dalla Vergine e dai Santi. Sono dunque formeviventi, anzi la vita stessa operativa del Cristo totale, laChiesa come Mistico Corpo. Tutti i comandamenti, anche quellipiù apparentemente normativi, sono riconducibili all'amorevissuto.La norma dell'amore è la più importante di tutte, perchè chiama Dio e il prossimo osserva di conseguenza tutti gli altricomandamenti. Essi poi possono essere osservati sempre etutti, perchè Dio non nega mai la Sua grazia a chi lo invocasinceramente, né alcuno è mai sottoposto a tentazione che nonpossa vincere. Esse infatti non sono permesse per fardannare, ma per accrescere la gloria in Cielo. Per esplicare e commentare la Legge divina sia naturale chesoprannaturale, vi è la Legge ecclesiastica, positiva, emanata perautorità divina dalla Chiesa, a cui si deve una obbedienzatanto più stringente quanto più le sue norme o canoni sonoutili alla salvezza. L'autorità pontificale, che la promulga,ha solo due limiti: il giudizio della coscienza e la normarivelata da Dio. Queste leggi sono riunite nel Codice di DirittoCanonico per la Chiesa Latina e nel Codice di Diritto Canonico delleChiese Orientali per queste ultime4. Tra esse, le più importanti,su cui torneremo prossimamente, sono quelle dei Cinque PrecettiGenerali della Chiesa, che esplicano significativamente alcunicomandamenti e vincolano gravemente in coscienza:

1. Partecipare alla Messa la domenica e nelle altre festecomandate.

2. Santificare i giorni di penitenza secondo le disposizionidella Chiesa.

4 Gli ultimi due Codici sono stati entrambi promulgati dal beatoGiovanni Paolo II (1978-2005).

3. Confessarsi almeno una volta all'anno e comunicarsialmeno a Pasqua.

4. Soccorrere le necessità della Chiesa contribuendo secondole leggi e le usanze.

5. Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti.Obbedendo alla Legge nelle sue forme, l'uomo realizza la sualibertà, perchè nella grazia sceglie di fare il bene e puòperseverare in esso. L'uomo infatti, compiendo anche unavolta sola il peccato, ne è schiavo, anche senzaaccorgersene. La grazia libera l'uomo, e questi può senzaostacoli raggiungere il bene, in se stesso e poi in cielo,superando ogni condizionamento. Ogni atto umano è dunquecostituito dal sapere ciò che si fa, accorgersi di farlo e volerlo liberamente.Diversamente, l'atto non è umano, perchè non è consapevole ovolontario. In ragione di ciò, l'uomo è responsabile. Laresponsabilità è orientata ad acquisire il merito e il premio, mala malizia dell'uomo vi ha implicato la colpa e il castigo.Ciascuno riceverà l'una o l'altra cosa, a seconda che abbiafatto più bene che male. Naturalmente l'uomo non è sempreresponsabile, né sempre nella stessa maniera, dei propriatti. Vi sono alcuni elementi che attenuano laresponsabilità. Il primo è l'ignoranza. Se una persona compieil male perchè non sa che è male, è almeno parzialmentescusato. Però l'ignoranza può essere vincibile, quando si ignoraciò che si è tenuti a sapere e che si può sapere, o invincibile,quando invece non si sa ciò che si dovrebbe o potrebbesapere. Il cristiano è tenuto a sapere e può apprendere ciòche Dio vuole che Lui faccia, anche se in modi e tempidifferenti per età e condizione, per cui se pecca perignoranza, va considerato se ha violato leggi su cui doveva ono informarsi o riflettere. Il secondo è la violenza, fisicao psichica, che ci forza ad agire contro il nostro volere;essa attutisce la responsabilità, sebbene l'uomo forte possaeroicamente resistere sino alla morte con la grazia. Il terzoè la passione, ossia un moto disordinato dei sensi interni oesterni, che attutisce la consapevolezza e la volontà,sebbene l'uomo debba imparare a dominare le proprie passioni5.5 Sant'Agostino elenca diverse passioni: la superbia, l'ambizione, lacrudeltà di terzi, la seduzione subita, la curiosità, l'ignoranza,l'insipienza, la pigrizia, la lussuria, la prodigalità, l'avarizia,

Il quarto è la malattia mentale, che causa disfunzione cerebralee quindi impedisce l'esercizio delle facoltà dell'animaattraverso il corpo, fino a forme estreme di completaincapacità di intendere e volere, che azzerano laresponsabilità sebbene sempre un'azione cattiva siainaccettabile di per sé alla Maestà di Dio. Compiendo sistematicamente il bene, l'uomo acquista un abitomentale e pratico, chiamato virtù. Quanto più si è allenati nelbene, tanto più la virtù è facile. Essa realizza la presenzaattiva della Grazia in noi. Come dicevamo, le virtù sono innanzitutto naturali o umane,perchè tutti possono praticarle, sia perchè tutti possonoconoscerle per ragione, sia perchè ognuno riceve la graziaper compierle. Per i cristiani, le virtù naturali, compiuteper amore di Dio, sono elevate al livello soprannaturale,divenendo efficaci per la vita eterna. Di tutte le virtù6,quattro sono le cardinali, su cui cioè s'impernia tutta la vitamorale e dalla cui mescolanza nascono tutte le altre. Laprudenza è dell'uomo che agisce secondo la retta ragione,illuminata dalla fede, non secondo sentimenti o passioni;essa implica la preghiera, per invocare luce, la riflessionee l'ascolto dei consigli delle persone sagge. La giustizia èdell'uomo che dà a ciascuno il suo: a Dio l'adorazione, lapreghiera e l'osservanza dei comandamenti; a se stesso lacura di corpo e anima; agli altri il rispetto nella Regolad'Oro. La fortezza è dell'uomo che fa il bene a qualunquecosto, nonostante le difficoltà, le persecuzioni e la mortestessa, lottando contro le passioni, accettando il martirio esacrificando se stesso. La temperanza è dell'uomo che frena leinclinazioni disoneste, fermando le cattive propensioni,moderando l'uso dei cibi e delle bevande, rinunciando aipiaceri che offendono Dio.Sulle virtù naturali vi sono quelle soprannaturali, detteteologali, che sono tali perchè riguardano Dio. Esse sono tre:la Fede, la Speranza, la Carità. Non si acquisiscono, ma sonoinfuse nel Battesimo, confermate nella Cresima, corroboratedall'Eucarestia, restaurate dalla Confessione e dall'Unzionedegli Infermi, esercitate di volta in volta nei vari atti che

l'invidia, l'ra, la paura, l'amarezza. 6 Che sono centotrentatrè per San Tommaso d'Aquino.

li riguardano e che sono possibili nella grazia ottenutanella preghiera. Per ora ne basti la definizione. La Fede,poiché Dio è Verità infallibile, ci fa fermamente credere inciò che Egli ha rivelato e la Chiesa ci propone a credere. LaSperanza, in base alle Promesse di Dio e ai meriti di CristoSalvatore, ci fa attendere dalla Sua bontà la vita eterna ele grazie necessarie per meritarla con le buone opere chedobbiamo e vogliamo fare. La Carità ci fa amare Dio con tuttoil cuore sopra ogni cosa in quanto Bene Infinito e nostraeterna felicità, mentre per amor Suo amiamo il prossimo comenoi stessi e perdoniamo le offese ricevute7. Accanto alle Tre Virtù Teologali, nel Battesimo e ancor piùperfettamente nella Cresima sono infusi in noi i Sette Donidello Spirito Santo: Sapienza – che ci fa conoscere e gustarele cose divine- Intelletto – che ci fa comprendere per quantopossibile le verità rivelate- Consiglio – che ci orienta nellescelte alla luce di Dio – Fortezza – che ci fa resistere nelbene nonostante gli ostacoli - Scienza – che ci fa vedere lecose create in rapporto al piano di Dio – Pietà – che ispira lanostra devozione - e Timor di Dio – per cui agiamo in base alrispetto a Lui dovuto. Lo Spirito Santo poi produce in noi i suoi XII Frutti, chepure alimentano la nostra vita interiore soprannaturale, leperfezioni da Lui plasmate in noi come primizia di eternità:amore, gioia, pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà,modestia, continenza, castità, come attesta la Lettera ai Galati.Agli antipodi della morale vi è il peccato. Esso è unadisobbedienza alla Legge di Dio. Tre forze spingono l'uomo apeccare: il diavolo, la concupiscenza, il mondo. Satana è impegnatissimoa danneggiare il piano di salvezza di Dio e continuamente,con la sua intelligenza superiore, travia e inganna l'uomo,ma mai può dominarne la volontà e i pensieri. Laconcupiscenza è l'inclinazione disordinata e spessoprepotente al male che l'uomo porta nel suo corpo inconseguenza del Peccato d'Origine. Essa è triplice: quelladegli occhi che è l'avidità dei beni terreni, quella del cuore cheè la bramosia del sesso, la superbia della vita che cercal'innalzamento sugli altri. Il mondo è la realtà umana7 Ad esse papa Benedetto XVI ha dedicato tre Encicliche: Deus CharitasEst, Spe Salvi e Charitas in Veritate (2005, 2007, 2009).

strutturatasi attorno al peccato e che travia mediante ilcattivo esempio. Mediante questi tre nemici l'uomo è indottoal male, che può avvenire in pensieri, parole, opere e omissioni di attidovuti. Il peccato può essere di due specie: mortale eveniale. Si dice mortale il peccato che fa perdere all'animala grazia, che è la sua stessa vita, privandola del paradisoe condannandola all'inferno, nel quale va quell'infelice chemuore prima di essersi pentito ed essere stato perdonatodella sua colpa. Perchè avvenga, vi è bisogno di treelementi: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. La materiagrave o ritenuta grave dal peccatore è l'infrazione in sé, seappunto gravemente contraria alla Legge di Dio o cosìritenuta. Essa è individuata dalla proibizione esplicita deicomandamenti (uccidere, rubare, eccetera). Se si compieun'azione credendo che sia grave, si pecca mortalmente anchese essa non lo è, perchè vi è disponibilità a offendere Dio.La piena avvertenza è la chiara coscienza di quello che sifa. Il deliberato consenso è appunto la volontà deliberata difare il male contro i suggerimenti della coscienza. Ilpeccato mortale uccide nell'anima tutti i meriti acquisitisino ad allora e le toglie la capacità di acquisirne dinuovi, colpendo la libertà mediante la privazione dellagrazia. Colui che commette peccato mortale causa la Passionee la Morte di Cristo, rifiuta di essere figlio di Dio,espelle da sé lo Spirito Santo, si separa dal Corpo Mistico,offende la Maestà Divina; causa le sofferenze di Maria SS.,contrista gli Angeli, i Santi e i Defunti. Non tutti ipeccati mortali sono uguali (uccidere non è comemasturbarsi), né un solo peccato mortale vale quanto tanti diessi, ma ne basta uno per la pena eterna. La sua remissione èpossibile con la contrizione perfetta, ossia col dolore di avercausato la Morte di Gesù e offeso la Paternità di Dio, o conla Confessione unita almeno all'attrizione, ossia al dolore diaver meritato l'inferno e perduto il paradiso. La prima puòsupplire alla Confessione se non si fa in tempo a riceverla,la seconda non può farne a meno8.

8 Sull'argomento mi sono dilungato nel saggio Remissio Peccatorum, sullaConfessione, nell'ebook Il Culto Cattolico, edito su amazon.com. Ilsaggio è consultabile nell'archivio del sito www.theorein.it.

Quando uno dei tre elementi che rendono mortale il peccatomanca, esso si dice veniale, ossia è perdonabile, perchè nontoglie la grazia e si può rimettere con il pentimento e lebuone opere anche senza la confessione sacramentale. Tuttaviaesso è sempre dannoso all'anima perchè raffredda nell'amoredi Dio, dispone al peccato mortale e rende degni di penetemporali in questa vita e in purgatorio. Ovviamente anche ipeccati veniali non sono tutti uguali e le conseguenze sonodifferenti in base ad ognuno.Per prevenire di cadere in peccato, è indispensabile usare imezzi offerti dalla Bontà divina: la preghiera e i Sacramenti, ossiaConfessione e Comunione. Utili sono anche il sacrificio e la penitenza.E' illusorio sottrarsi alla lotta: essa imperversa in noi eattorno a noi; solo chi è in armi può sopravvivere. La cattiva abitudine nel peccato crea il vizio, ossia l'oppostodella virtù. Il vizioso, con il suo cattivo esempio o scandalospinge gli altri al male e lo compie attivamente, diventandocosì nemico di Dio e sodale di satana. Lo scandalo stesso è,nella sua pubblicità, di per sé un peccato. I vizifondamentali sono detti capitali e sono sette, come le testedella bestia dell'Apocalisse. E' tramite essi infatti chesatana seduce tutta la terra. Sono la superbia, l'avarizia, la lussuria,l'ira, la gola, l'invidia, l'accidia. La superbia è l'eccessiva stima di sé,che arriva sino alla ribellione; è sinonimo di orgoglio; fula colpa di lucifero e dei progenitori, perchè tutti vollerofare a meno di Dio. Essa è alla base di ogni peccato e ditutti i peccati. Da essa derivano l'ambizione, intesa comedesiderio smodato di onore, potere, ricchezza; lapresunzione, quale fiducia eccessiva in sé tanto da esporsi,magari con altri, a pericoli; la vanagloria, come ricercadella lode e dell'ammirazione altrui, spesso arrivando alridicolo. Il contravveleno alla superbia è l'umiltà, per cuiognuno sa che ciò che è lo deve solo a Dio. L'avarizia è unattaccamento morboso ai beni materiali, che crea spessoinquietudine e infelicità. E' il peccato del ricco Epulone.La generosità è il suo antidoto. La lussuria è la bramosiadella sessualità, che uccide a volte anche la Fede e faperdere la pace interna, se non anche la salute. La castità ela purezza la sconfiggono. L'ira è il moto di reazionedisordinato a chi ci contrasta; è il peccato di Caino, che

produce tragiche conseguenze. La mitezza la cauterizza. Lagola cerca smodatamente di mangiare e bere, nella quantità equalità, danneggiando anche la salute. L'ubriachezza ne è laforma più ignobile, in quanto cancella la ragione eabbrutisce l'uomo. La temperanza la contrasta. L'invidiasoffre del bene altrui e gode delle sue disgrazie, èmeschina, gretta ed egoista, rende infelici, spinge allacalunnia, alla maldicenza e alla delazione. Conl'amorevolezza e la benevolenza la si spegne. L'accidia è lapigrizia spirituale, spesso causata dalla preponderanza delleattività umane; essa dapprima è negligente nelle cosedell'anima – preghiera, culto, meditazione, contemplazioneeccetera- e poi le tralascia del tutto. La pietà e lo zelo laneutralizzano. Sebbene il vizio renda schiavi e infelici,perchè solo Dio rende felici in terra e in cielo, esso noncessa mai di farsi una finta propaganda a cui arride fintroppo successo. Le buone opere devono bilanciare tale operapestifera di plagio divenendo evidenti come la fiaccola sullucerniere. Tra i peccati, alcuni in particolare vanno segnalati per laloro malizia. I Quattro Peccati che gridano vendetta al cospetto di Diosono, come attesta la Bibbia: l'omicidio volontario, il peccato impurocontro natura, l'oppressione dei poveri, la frode nella mercede degli operai. I Sei Peccati contro lo Spirito Santo sono l'esplicazione di quellabestemmia contro di Lui che Gesù considera la colpa piùgrave, perchè inibisce l'azione salvifica: disperazione dellasalvezza, presunzione di salvarsi senza merito, impugnare la verità conosciuta,invidia della grazia altrui, ostinazione nei peccati, impenitenza finale.

LE VIRTU' TEOLOGALI

Le virtù umane si fondano nelle teologali, che rendono l'uomoidoneo alla partecipazione alla natura divina (CCC II 1812).Le virtù teologali hanno come origine, causa ed oggetto laSantissima Trinità. Esse fondano, animano e caratterizzanol'azione morale del cristiano. Modificano il senso e ilvalore delle virtù umane rendendole meritevoli della vitaeterna, orientando l'agire stesso dell'uomo a tale fine, anzialla stessa comunione con Dio a livello personale. Ciò

avviene perchè sono pegno della presenza attiva dello SpiritoSanto. La Fede l'abbiamo definita. Per il modo in cui essascaturisce dal Battesimo e vi è collegata, rimando alla terzaparte di questo contributo. In merito al resto, diciamoanzitutto che essa fa abbandonare a Dio liberamente, comeinsegna il Concilio Vaticano II nella Dei Verbum. In tale virtùl'uomo conosce e fa la volontà di Dio, anzi in essa ègiustificato, perchè il giusto vivrà per la sua fede, comeattesta la Lettera ai Romani. Tale fede opera attraverso lacarità, perchè senza di essa è morta, come testimonia laLettera di San Giacomo. A partire dalla fede, per la caritàe nella speranza, l'uomo è unito al Corpo Mistico di Cristo.Il fedele, che è colui che ha la fede, deve custodirla,viverla, professarla, testimoniarla e diffonderla,all'occorrenza anche tra le persecuzioni, conformemente aCristo, Che morì per noi. Non a caso Gesù ha detto cherinnegherà innanzi al Padre nell'Ultimo Giorno coloro che lorinnegheranno innanzi agli uomini. La Fede, come fonte di conoscenza, non è in contrasto con laragione. Essa la supera e la integra, ma non la annulla, anzine ha bisogno nel campo propriamente umano e perl'enunciazione dei suoi misteri. La Fede va esercitata conl'intelligenza, nella buona volontà e chiedendo l'aiuto diDio; infatti l'intelligenza ci rende credibili i contenutidella Fede per l'autorità di Chi li rivela, anzi esige distudiare sempre la sacra dottrina per crescere nella suacomprensione, nelle sue motivazioni, nella sua professione,superando i dubbi con un impegno che dura tutta la vita; lavolontà poi rende possibile la Fede, perchè nessuno puòcredere se non vuole farlo, come attesta Nostro Signorequando considera colpevoli coloro che non vorranno credere inM 16, 16; infine l'aiuto di Dio, ossia la richiesta della SuaGrazia, in quanto la Fede stessa è la prima grazia, che vienegratuitamente data ma che continuamente va richiesta, sianell'aumento che nella conservazione. In essa vediamo tuttoin modo nuovo. Contro di essa si pecca con l'indifferenzareligiosa, come se Dio non ci interessasse e ancor meno lanostra sorte eterna, per cui non ci poniamo problemi inmerito o addirittura abbandoniamo la Fede stessa senza

ragione alcuna; con l'ignoranza colpevole, di chi non studiaciò di cui avrebbe bisogno per crescere nella Fede; coldubbio volontario, rimanendo consapevolmente in mezzoall'oscurità dell'incertezza sulle verità rivelate, piuttostoche chiedere lume a Dio e ai Suoi ministri; con l'eresia,negando alcune verità della Fede; con l'apostasia,rinnegandola del tutto; col rispetto umano, vergognandosi diprofessare la Fede dinanzi agli uomini. Perciò, permantenerla salda, bisogna pregare con costanza, sostenerlacon lo studio, difenderla contro tutto ciò che laindebolisce, specialmente l'orgoglio, l'impurità, le cattiveletture, le cattive compagnie. La professione e la confessione di fede non può essere sologenerica, ma deve esplicitarsi nelle verità maggiori:

1. Unità e Trinità di Dio2. Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Cristo

nonché nel Giudizio a cui tutti saremo sottoposti da Lui perle nostre opere, con la vita o la dannazione eterna. Perquesto è bene recitare spesso il Credo, oltre che nellaMessa, e l'Atto di Fede.La Speranza, conformemente alla sua nozione già espressa, cifa appoggiare sulla Grazia piuttosto che su noi stessi. LaLettera agli Ebrei esorta a mantenerla senza vacillare, invirtù della fedeltà di Chi ha promesso ciò in cui speriamo.Noi possiamo sperare perchè, giustificati dalla Grazia,abbiamo ricevuto lo Spirito tramite Cristo, per cui possiamogiungere alla vita eterna, come insegnò Paolo a Tito. Talevirtù corrisponde al bisogno umano della felicità e losupera, lo purifica, lo ordina al Cielo e lo sostiene nelletraversie, dilatando il cuore in attesa della Beatitudine,liberando dall'egoismo e riempiendo di carità. La Speranzacristiana corona quella che fu dell'AT, trovando già inAbramo un modello impareggiabile. Dalla sua speranza infattiegli trasse la fede che lo rese padre di tutti i credenti,come insegna la Lettera ai Romani. E' nella Speranza cheacquistano senso le Beatitudini, elevandoci verso la terrapromessa celeste, tracciandone la mappa attraverso letraversie della vita e custodendoci nella Passione di Cristoche non delude. Essa come ancora penetra laddove Cristo èentrato come Precursore, dice la Lettera agli Ebrei. E' arma

invicibile di difesa, è causa di letizia e forza nellatribolazione, si esprime nella preghiera e in essa sialimenta, specie nel Pater, in cui Gesù sintetizza tutto ciòche abbiamo diritto di sperare nel Suo Sangue. Bisogna dunquesperare in Dio e nel Suo premio in ogni circostanza e adispetto di tutto, specie di noi stessi, ognuno per se stessoe per tutti gli uomini, anche coloro che ignorano il Vangelo.La Speranza ci apre ad una prospettiva di felicità veramentestabile, piena, inesauribile, interminabile, come la vuole ilnostro cuore, che però niente in questo mondo può saziare.Essa dunque è confacente alla natura umana e nello stessotempo la eleva. Sazia il bisogno naturale di Dio sfamandolosoprannaturalmente. Noi possiamo sperare perchè Dio èOnnipotente e può esaudirci, ma è anche buono e vuole farlo;speriamo altresì nella fedeltà di Cristo alle Sue promesse eperchè per primo ci ha preceduto nella Resurrezione;addirittura ha conformato a sé anche la Madre, Assunta inanima e corpo. Tuttavia anche contro la Speranza si puòpeccare: con la disperazione della salvezza, mancando difiducia nella bontà e onnipotenza divina, che invece possonoe vogliono perdonare ogni peccato e dare le disposizioninecessarie per concedere tale perdono (come accadde a GiudaIscariota); con la presunzione, che invece pensa di ottenerela salvezza senza aver fatto nulla per meritarla o di avergià fatto abbastanza (come nella parabola dei talenti): ilrischio è l'unilateralità della giustificazione per solafede, come dicono i luterani, o addiritturadell'impossibilità di far nulla per contribuire alla nostrasalvezza, come insegna Calvino. La Carità è pure stata da noi definita. Essa è la condizioneper applicare il comandamento nuovo. Il suo esempio è Gesù,Che ama fino alla fine e mostra l'amore del Padre. Come Lui,ci amiamo gli uni gli altri. Come amiamo noi stessi, comeamiamo Lui e come Lui ci ama. Frutto dello Spirito, èpienezza della Legge, per cui in essa osserviamo realmentetutti i comandamenti, anzi li superiamo, perchè come CristoChe morì per noi quando eravamo Suoi nemici, possiamo amare inostri nemici, perdonarli, farci prossimi a chi è lontano,amare i bambini, le donne, i poveri come Lui stesso. Essa èpaziente, benigna, non è invidiosa, non si vanta, non si

gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse,non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non godedell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre,tutto spera, tutto crede, tutto sopporta (cfr. 1 Cor 13, 4-7). Senza la carità, noi non siamo nulla. Senza di essa ognivirtù, privilegio, servizio non giova a nulla. Essa è lamaggior virtù e rimane in eterno, come legame definitivo tranoi e tra noi e Dio. Lo attesta la Prima Lettera ai Corinzi.Tutte le virtù sono animate e ispirate dalla carità, la formadi tutte le virtù, il loro nesso e la loro ordinatrice, laloro sorgente e il loro termine, così come della praticacultuale. E' garanzia e fonte di purificazione per l'amoreumano, perchè lo eleva alla perfezione soprannaturaledell'amor divino, completamente gratuito. Nella Carità l'uomoè libero dal precetto imposto come allo schiavo e vivevolontariamente nella corrispondenza d'amore al Padre. Perquesto solo le azioni dettate dall'amore sono perfette equelle che vengono dal timore no. La carità ha dei frutti,che sono gioia, pace, misericordia, esige generosità ecorrezione fraterna, è benevola, suscita reciprocità, èdisinteressata e benefica, piena di amicizia e comunione. Amare Dio e il prossimo sono una sola cosa, perchè Dio è diper sé infinitamente amabile in quanto Bene infinito,Bellezza suprema, Felicità eterna, Bontà senza limita,Creatore, Padre, Signore benefico, Redentore e Salvatore,Provvidenza, mentre il prossimo è amato proprio per farpiacere a Dio, Che lo ama infinitamente come ama anche noi, eperchè è parte del Corpo Mistico di cui anche noi siamomembri, nonché per spingerlo in noi, con noi e per noi adamare Dio a sua volta. Il nostro amore per tutti non deveavere limiti. Questo significa che tutti sono oggetto delnostro amore, che dobbiamo concretamente beneficarli secondoquanto Dio ci chiede e mette in condizione di fare, chedobbiamo perdonare le offese come noi siamo incessantementeperdonati, anche se ovviamente l'intensità dell'affetto edell'impegno sono differenti, andando dai parenti, aibenefattori, agli amici, ai superiori e agli inferiori, aiconcittadini, ai compatrioti, ai fratelli tutti in Cristo e atutti gli uomini, sia in terra che nell'aldilà. La Carità èla nostra carta di identità: da essa ci riconosceranno, dice

Gesù, se ci amiamo gli uni gli altri. In essa si deve perforza crescere servendosi dei mezzi che Dio ci dà, altrimentinon potremmo averla in noi: la Bibbia, la conformità alla SuaVolontà, i Sacramenti, la preghiera, l'abnegazione, ilservizio ai fratelli e l'esercizio della virtù.

LE BEATITUDINI EVANGELICHE

Il cristiano che vive la vita soprannaturale sperimenta lavera natura della moralità, non come legge del dovere, macome vocazione alla Beatitudine, in terra e in cielo, perl'unione e la conformità a Dio in Cristo per lo Spirito.Assume significato quindi la pratica di vita delle BeatitudiniEvangeliche, così come Gesù le ha espresse nel Vangelo nel corsodel Discorso della Montagna (Mt 5,3-12). Esse capovolgono lalogica umana, non andandole contro, ma superandola emostrandone gli aspetti fallaci:

I. Beati i poveri di spirito, perchè di essi è il Regno deiCieli.

II. Beati gli afflitti, perchè saranno consolati.III. Beati i miti, perchè possederanno la terra.IV. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia,

perchè saranno saziati.V. Beati i misericordiosi, perchè otterranno misericordia.VI. Beati i puri di cuore, perchè vedranno Dio.VII. Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati

figli di Dio.VIII. Beati i perseguitati a causa della giustizia, perchè

di essi è il Regno dei Cieli.

Queste Beatitudini sono più di un comando, sono unacanonizzazione. Coloro che scientemente vivono le condizionidescritte sono benedetti già in terra, e in esse trovano unaradice eminentemente soprannaturale nella quale innestare inmodo completamente nuovo la vita morale, sia del Decalogo chedelle virtù. Esse possono essere vissute solo in unaprospettiva divina, proprio in vista della beatitudine cheassicurano, ma una volta abbracciate svelano il sensoprofondo della stessa esistenza in terra.

Già nell'AT erano dichiarati beati coloro che praticavano lapietà, la saggezza, il timor di Dio, specie nei Librisapienziali (Sal 1, 1-2; 33, 12; 127, 5-6; Pr 3, 3; Sir 31,8). Gesù fa entrare in queste benedizioni i poveri di questomondo. In particolare le prime tre Beatitudini dichiaranofelici i deboli e i miseri di questo mondo, perchè hanno labenedizione del Regno; le altre riguardano l'atteggiamentomorale dell'uomo. I poveri di spirito sono coloro che hanno un'anima da poveri.La parola povero è usata con la sfumatura morale di Sof 2,3;indica colui che, non avendo le ricchezze, non le desideradisordinatamente, oppure possedendole, non ripone in esse lasua speranza e vive distaccato dal loro stesso possesso. Labeatitudine consiste nel fatto che chi è povero di spiritopossiede il Regno dei Cieli, che è Gesù stesso, poverorealmente a sua volta, essendosi spogliato della condizioneesteriore della Divinità ed essendosi fatto privare di tutto,compresa la vita, per donarla all'uomo, in piena e assolutafiducia nel Padre. Solo infatti colui che è poverospiritualmente e considera Dio sua sola ricchezza ècompletamente unito a Lui. In questa prospettiva un poveroavido e insoddisfatto – non legittimamente inteso amigliorare la propria condizione – non è più beato di unpossidente. Nella povertà di spirito tutti, anche i ricchi,possono essere salvati, anche se ovviamente una minorericchezza facilita la salvezza perchè allontana dallatentazione; di certo non vi è salvezza per chi non sidistacca dai beni di questo mondo. Gli afflitti sono coloro che, sapendo che la vita umana non èmai esente da sofferenze, le sopportano per amore di Dio inunione al Cristo Crocifisso; ciò darà loro la consolazione daparte di Dio stesso, attraverso il Suo Spirito, e alla finedella vita nella Salvezza. Va da sé che una afflizione malsopportata non produce alcuna beatitudine.I miti sono coloro che rimangono calmi e sereni innanzi allecattiverie umane e alle sventure; sono coloro che vivonolontani dalla superbia che vuole sempre e comunque imporsi,che non sa perdonare le offese; sono gli umili, perchè solol'umiltà permette la mitezza, mentre l'orgoglio rendelitigiosi e vendicativi. Essi hanno imparato da Cristo, mite

e umile, ed erediteranno la terra, sia perchè umanamentesopravviveranno ai conflitti, sia perchè essa, intesa comepromessa, prefigura il Cielo.Coloro che hanno fame e sete della giustizia sono quelli chebramano ardentemente di praticarla e farla praticare, dando aciascuno il suo, e ancor di più sono coloro che desideranocostantemente la giustificazione, la santificazione, che nellinguaggio biblico spesso è semplicemente indicata come“giustizia”. Questa giustizia è Cristo stesso; noi possiamomangiare e bere di Lui nell'Eucarestia. Ecco perchè labeatitudine consiste nell'essere sfamati e dissetati:attraverso il Pane del Cielo otteniamo la giustizia di Dio equindi anche quella umana.I misericordiosi sono capaci di perdonare, di donarsi a chinon merita o a chi non ha titolo, di racchiudere in sé, comenelle proprie viscere, attraverso l'amore, tutti i fratelli,conformemente alla radice della parola ebraica che indica lamisericordia. Ad essi sarà riservata la stessa misericordia,da Dio stesso.I puri di cuore sono distaccati da ogni concupiscenza edesiderio malvagio; la loro intenzione è limpida; le loroazioni terse, perciò possono essere sicuri di vedere il Santofaccia a faccia.Gli operatori di pace sono coloro che la costruiscono attornoa sé, senza invidie, rancori, meschinità, vendette, gelosie,lotte, contese; coloro che vivono promuovendola nellaserenità e nella sincerità, non con debolezza, ma con dolcefermezza. Essi sono figli di Dio, perchè Egli è l'autoredella pace, e nel Suo Figlio siamo pacificati tra noi e conLui.I perseguitati per la giustizia sono coloro che soffrono perla loro rettitudine e in particolare per la Fede in Cristo;come Lui martirizzati, sono uguali al loro Modello, Che èdunque stabilmente in loro. Di essi infatti si dice che,quando saranno insultati, perseguitati, calunniati per causaSua, dovranno rallegrarsi ed esultare per la grandezza dellaloro ricompensa nei Cieli. In Lc 6, 20-22, in un Discorso diverso da quello dellaMontagna, ma simile per argomento, Gesù dà una versioneridotta e meno estesa concettualmente delle Beatitudini.

Dichiara beati i poveri, perchè di essi è il Regno di Dio;quelli che hanno adesso fame, perchè saranno saziati; quelliche ora piangono, perchè rideranno; quelli che sono odiati,messi al bando, insultati e il cui nome è respinto comescellerato, a causa di Gesù stesso, perchè grande è la lororicompensa nei Cieli. Queste Beatitudini sottolineano lapredilezione che Dio ha per coloro che sono vittime del mondonella sua cattiveria e annunziano il capovolgimento dellaloro sorte in cielo; sottendono tuttavia una ispirazionespirituale che proprio in Mt è resa esplicita e si rapportaalla vita interiore, rendendo ancora più perfetta lacondizione dei beati stessi. E' infatti eloquente quello chesegue dopo, le dannazioni, rivolte ai ricchi, ai sazi, acoloro che ridono, a coloro di cui tutti dicono bene.Costoro, evidentemente per la vita che conducono in talicondizioni, sono dimentichi dei fratelli e di Dio; il riccoha già la sua consolazione e quindi non ne avrà altre; ilsazio avrà fame e colui che ride sarà afflitto e piangerà,sia perchè la loro sorte non potrà sempre essere stabile, siaperchè stoltamente in essa hanno riposto la loro fiducia eperciò saranno puniti; coloro che poi hanno il plauso ditutti sono come i falsi profeti, dei quali ovviamente avrannoil castigo.

I CONSIGLI EVANGELICI

Sempre nella morale teologale e nello spirito delleBeatitudini il cristiano può vivere, ciascuno nel propriostato, sino nei casi estremi di una vita consacrata solo adessi, i Consigli Evangelici praticati da Gesù stesso: Povertà,Castità e Obbedienza, liberando del tutto l'uomo dal fomite delmale che si è installato nella sua stessa anima attraverso latriplice concupiscenza. Mentre il comandamento e il precettosono obbligatori, mentre in tutte le situazioni della vital'uomo deve scegliere la via della beatitudine o delladannazione, i Consigli evangelici non obbligano magarantiscono una perfezione maggiore. Essi esprimono treistanze che, se seguite alla lettera, liberano l'uomo daibeni terreni, dall'amore coniugale e dalla propria stessalibertà, non perchè cattivi, ma per fondarsi completamente in

Dio. Se ogni cristiano è tenuto a vivere i tre Consigli nellapropria condizione di vita, alcuni prescelti lo fannoradicalmente, i religiosi. Per essi parliamo di povertàvolontaria, castità perpetua e ubbidienza perfetta. Certo, setutti fossero chiamati, l'umanità finirebbe. Ma nessuno èesentato dallo spirito dei consigli. La povertà è appunto laconcretizzazione della povertà di spirito; la castità èlegata alla propria condizione e può essere osservata anchenel matrimonio senza essere totale; l'obbedienza implical'onesta sottomissione ai superiori per quanto compete loro.Tuttavia i Consigli evangelici sono propriamente dei solireligiosi. Non è che la vetta della santità si abbiaattraverso essi, perchè si raggiunge nella carità; ma inqueste tre forme vi è la situazione di vita più perfetta econforme a Cristo, Che fu povero, casto e obbediente.Vi sono buone ragioni per praticare la povertà. L'uomo siattacca ai beni del mondo ed essi lo pervertono.Allontanandosi da essi per fondarsi in Dio e aiutare chi habisogno rende l'anima più sicura della salvezza. In quantoalla castità, nella sua forma totale è una vocazione, chedeve essere seguita pena la perdita dell'anima, specie sefunzionale alla vita sacerdotale e religiosa, così come nondeve essere imposta per non ottenere lo stesso danno perl'incapacità di sopportarla. Nella castità virtuosa l'uomopuò dedicarsi solo a Dio senza l'impaccio degli affettiterreni. Relativamente all'ubbidienza, essa nella suaperfezione riceve il divino volere in ciò che gli altri e nonnoi stessi decidiamo a nostro riguardo. In questo l'uomo,come Gesù, accetta senza riserve la volontà del Padre,riconoscendola in ogni cosa.

ULTERIORE ELABORAZIONE SUGLI ELEMENTI DELL'ETICA SULLA SCIA DELCATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

Nessuna vita morale cristiana si può improvvisare, ma esigeuna catechesi, che è ad un tempo dello Spirito Santo e dellaSua presenza in noi; della Grazia, che ispira, sostiene ecorona ogni azione buona, dopo averci giustificati nelBattesimo per il Sangue di Gesù nella fede in Lui; delle

Beatitudini, che conducono alla felicità eterna dimenticandoquella effimera di quaggiù; del peccato e del perdono,mediante il riconoscimento della colpevolezza che ognuno deveumilmente fare per poi analogamente chiedere la misericordia,causa dello stesso duplice riconoscimento, in quanto solo laconsapevolezza del perdono ci può far accettare il peso dellacolpa in cui siamo nati ; delle virtù umane, da acquisire ecapire; delle virtù cristiane, da contemplare e vivere inCristo e nei Santi; del duplice comandamento della Carità,modellato su Gesù; della Chiesa come famiglia di Dio in cuiinteragire e cooperare. Colmi della consapevolezza dellanostra dignità di cristiani, confessando la nostra fede eirrobustendoci coi Sacramenti, incorporati a Cristo, in Luigiustificati, inabitati dallo Spirito, facciamo ciò che ègradito al Padre, divenendo perfetti come Lui seguendo la Viache conduce alla Vita nella Verità, ossia sempre il nostroRedentore Gesù. Ciò mostra egregiamente la nostra dignità, conferita,innalzata, perduta, restaurata e ancor più nobilitata. Creatiad immagine e somiglianza di Dio, abbiamo compimento nellabeatitudine divina, a cui liberamente tendiamo; i nostri attiliberi ci conformano o no al bene divino che anche lacoscienza ci attesta, edificandoci interiormente nella vitafisica, psichica e spirituale; con la Grazia compiamo il benee fuggiamo il male del quale, se l'abbiamo commesso,chiediamo perdono. Così diventiamo, per grazia, perfetti. L'uomo infatti è immagine di Dio, per la sua anima immortale,per le sue facoltà e per la sua libertà; Cristo ci mostra lapienezza della nostra dignità che viene a restaurare con laSua Morte dopo che l'abbiamo sfigurata col peccato; in virtùdi ciò non solo possiamo sentire la voce della coscienza, maobbedirle, cogliendo la natura del vincolo a cui essa ciassoggetta, a dispetto della ferita che ancora permane in noiinclinandoci al male, ma che non è più invincibile. Iniziadunque una vita nuova, che germoglia in terra e fiorisce incielo. Siamo perciò chiamati alla Beatitudine, perchè ciò è conformealla nostra natura, anche se questa, ferita, la cerca laddovenon c'è; la chiamata in Cristo perfeziona anche quella giàoperante nell'AT. Tale Beatitudine è più della felicità

stabile naturale a cui l'uomo aspira e che poteva essere ilsuo destino ultraterreno se non fossimo stati chiamati allavita soprannaturale: è un dono purissimo della bontà di Dio,che ci rende partecipi della Sua stessa felicità. Questachiamata innalza la nostra vocazione naturale ed è orastrutturata nell'uomo, che perciò anela, anche senza saperlo,alla visione di Dio, alla partecipazione alla Sua Natura,alla vita eterna, alla filiazione di Lui e al riposo in Lui.Vivendo le Beatitudini evangeliche, scegliamo nettamente trail mondo e Dio, purificandoci per amare solo Lui, nonchédandoci i criteri per usare rettamente dei beni terreni. La libertà umana è indispensabile per aderire a Dio ed esserecome Lui, sovranamente libero. Essa è mezzo, non fine;strumento, non valore. L'atto umano dev'essere libero, ma nonnecessariamente è meritorio, né la libertà dev'esseretutelata di per sé, ma per il bene che rende possibile. Diostesso l'ha fatto, anche se ha tollerato che essa servisseper il male. Quando perciò essa si è danneggiatainvischiandosi nel male, Egli ha mandato il Figlio aredimerci, restaurando la nostra libertà con la Grazia erimettendoci in condizione di fare il bene, inteso come Diostesso, quale nostro fine supremo sia naturale chesoprannaturale. Essendo liberati in Cristo, dobbiamo rimanereliberi: la lotta al peccato è la lotta per rimanere uomini.L'atto umano è dunque necessariamente libero, ma la suamoralità dipende, come dicevamo, dall'oggetto,dall'intenzione e dalle circostanze che possono modificarle.L'oggetto scelto specifica moralmente l'atto del volere,facendolo buono o cattivo, mediante il giudizio che ilsoggetto agente formula. In ragione di ciò, nessuna azionecattiva può farsi con una buona intenzione. Il maleintrinseco moralmente agli oggetti scelti è una mancanza dibene e quindi è un dato di fatto ontologico che nessunaintenzione o consapevolezza può cancellare, ferme restando leattenuanti della responsabilità individuali. Il peccatofilosofico, ossia compiuto senza offendere Dio, non esiste,come sentenziò giustamente papa Alessandro VIII (1689-1691).La colpa è sempre sgradita a Dio, anche se chi la compie nonpuò esserne imputato.

A offuscare la ragione e a spingere al male sono spesso lepassioni, come abbiamo detto. In sé neutre, se non atte apresentire bene e male, esse sono colpevoli nella misura incui dipendono dal nostro controllo; da esse vengono, sepervertite, i vizi o, se elevate, le virtù. Quando l'uomovuole il bene con la sua natura passionale purificata, alloraè libero e perfetto. In tutto ciò fondamentale è il ruolo della coscienza, ilnostro nucleo più intimo, il nostro sacrario, il luogo doveabita Dio soprannaturalmente e dove Egli opera, anchenaturalmente. La coscienza morale è un giudizio morale chericonosce la qualità buona o cattiva dell'atto concreto. Lacoscienza rimprovera il male e loda il bene che facciamo. Benformata, essa è retta e veritiera; segue la ragioneassoggettata alla Grazia; deve perciò essere oggetto di curada parte di ognuno di noi. Naturalmente essa può sbagliare.Molte volte la scelta può essere difficile tra una azione el'altra. Possiamo ragionevolmente scegliere un'azione quandoci sono buoni motivi per ritenerla giusta, anche se menoprobabili di quelli opposti (sistema del probabilismo),specie se il soggetto che deve scegliere ha una coscienzarigida che gli crea facilmente difficoltà di giudizio. Esistetuttavia anche il criterio più lineare che privilegial'azione la cui moralità è suffragata da prove e ragionamentipiù probabili (sistema del probabiliorismo, approvato dalbeato Innocenzo XI [1678-1689]), più atto a coscienze menostrette. In genere, vale il criterio che nel ragionevoledubbio vi è libertà di scelta. Ma quando il giudizio dellacoscienza è chiaro, si deve sempre seguire. In quanto poiall'ignoranza e al dubbio che offuscano il giudizio dellacoscienza, bisogna combatterli, perchè permanere in essi nonè una attenuante ma una aggravante, come ognuno può capire.La Parola divina diventa dunque un faro sicuro da seguirenelle nebbie della vita.Se nella Grazia l'uomo raggiunge la virtù, nel peccato laperde. Tutti siamo nati nel Peccato originale e nessuno, adeccezione di Cristo e Maria, l'Uno Nuovo Adamo l'altraredenta in modo preservativo, è privo di peccato individuale,anche minimo o una volta sola. Dio tuttavia ha permesso chetutti fossimo peccatori per salvarci tutti per misericordia.

Sebbene il peccato è essenzialmente una offesa a Lui, equindi infinita, perchè negazione di bene che Lui è in gradosommo, la misericordia è superiore alla colpa e la lava. Ilpeccato è eclissi della ragione, allentamento della volontà,corruzione del sentire, perdita di libertà, morte eterna eterrena, causa di dolore; la sua radice è nel nostro cuore;la sua proliferazione ci corrompe e corrompe, presente intutti gli uomini simultaneamente, l'umanità tutta, anzi creale proprie strutture per dominare e spacciarsi per bene,sotto la regia occulta di satana, che trama la nostra rovina.Diviene quindi un fatto anche sociale. La società umana non è il frutto di un contratto, ma ilnaturale compimento della personalità dell'uomo, per la qualeegli è tale solo se in relazione con altri. Essa deveesistere per forza ed è il secondo livello, accanto a quelloindividuale, nel quale l'uomo si compie ed esplicita.Inoltre, siccome tutti gli uomini sono usciti da Adamo, lasocialità umana intesa come umanità ha un fondamentoontologico preciso, che ne fa una realtà organica,interconnessa, retta da leggi essenzialmente oggettive, incui interagiscono la libertà e la necessità fisiologica,conosciute e studiate in forme sempre più complete dallescienze umane, illuminate anche dalla Fede. I diritti e idoveri che infatti sovrintendono alla società stessaesistevano anche prima del Peccato originale (come insegnòpapa Giovanni XXII [1316-1334]) e la società umana non è unaconseguenza della colpa, anzi ne è stata essa stessadanneggiata, lacerata, divisa. Tuttavia, così come il singoloè assoggettato alla legge morale, così anche la comunità,perchè tale legge è per l'uomo integralmente inteso; anche lasocietà è inclinata al male in modo irreparabile dopo laColpa d'origine ed è redenta da Cristo e in Lui è resa capacedel bene, sia naturale che soprannaturale. Naturalmenteparlando, principio soggetto e fine delle società umane è lapersona, come insegna il Vaticano II. In ragione di ciò ènormale incoraggiare la partecipazione degli uomini adassociazioni ed istituzioni elettive, come anche rispettarele funzioni proprie di ogni corpo sociale senza accavallarsiad esso da parte di quello superiore (principio disussidiarietà), così come il corpo sociale non deve fare

altrettanto con la persona singola. In tale contesto, bisognaagevolare e non ostacolare l'esercizio della virtù, cheattraverso la sua diffusione diviene non solo dei singoli, madella società stessa. Anche questa è infatti capace di virtùe vizi, per cui deve sapersi convertire, sia alla leggenaturale che la guida nella coscienza collettiva che vainterpretata innanzitutto dai capi, sia alla leggesoprannaturale per quelle nazioni che sono state inserite inCristo mediante il Battesimo, inteso tanto come Sacramentoricevuto dalla totalità dei membri della stessa quanto comeliturgia collettivamente celebrata nel passato ma, proprioper questo, incancellabile, come per quelle nazioni cheinvece a tale legge vanno chiamate e formate, nei loro membrie nella loro totalità. Nella società l'autorità viene solo da Dio, perchè nessunopuò comandare al suo simile. La Lettera ai Romani mostra comeogni potere è emanazione di quello divino; deve perciòseguire e far seguire, per quanto di sua competenza, la leggemorale naturale e soprannaturale per diritto divino, non soloumano. L'autorità è indispensabile per l'ordinamento sociale,ma la sua legittimazione sta nella persecuzione del benecomune mediante mezzi moralmente leciti; solo in questoparametro è legittima la molteplicità dei sistemi politici edistituzionali, senza che la Fede ne imponga uno proprio,anche se può giudicare il più adatto alla natura umana, aseconda delle epoche. L'autorità politica ha dunque come suoilimiti il diritto divino e quello naturale, oltre che lalibertà personale come mezzo di realizzazione umana. Il beneche essa deve perseguire è l'insieme di quelle condizioni chepermettono ai singoli e ai gruppi di raggiungere i proprifini, ivi compresi e svettanti quelli soprannaturali. Implicadunque rispetto e promozione dei diritti fondamentalirettamente intesi; prosperità e sviluppo dei beni materiali espirituali della società; pace e sicurezza del gruppo e deisuoi membri. In tale prospettiva ogni persona è tenuta adadoperarsi per questo scopo, mentre ogni Stato deveconcorrere alla persecuzione di esso a livello mondiale, incollaborazione con quelle istituzioni che è bene esistano inogni epoca per promuoverlo globalmente. Lo sforzo in talsenso è notevole perchè il peccato inclina la società al bene

di pochi, alla sovversione della legge di natura, allapersecuzione dei giusti e alla lotta con altri gruppi socialisimili, superiori o inferiori, sino alla stessa sovversionedel diritto di natura e divino, con la negazione di Dio ol'indifferenza verso di Lui, considerata a volte persinocondizione di libertà e convivenza civile. Di converso, la società deve assicurare la giustizia sociale,realizzando le condizioni che permettono ai singoli e aigruppi di ottenere ciò che loro spetta. Il suo fondamento stain quei diritti naturali che ognuno deve rispettarenell'altro e la comunità in tutti. Tali diritti sonol'aspetto sociale dell'uguaglianza umana, basata sulla lorodignità, indipendentemente dalle forme giuridiche assuntenelle varie epoche. In tale uguaglianza si commisurano quelledifferenze inevitabili tra i singoli, che si riverberanoanche socialmente, che sono volute o permesse da Dio, checreano sinfonia nella società ed esigono la solidarietà e lacarità fraterne che edificano la società stessa e che poi aloro volta impongono l'impegno per superare quelle differenzeche invece non sono necessarie o addirittura sono dannose. Intal modo la solidarietà si configura come la virtù cristianasociale per eccellenza. Ciò è possibile solo nella Grazia delCristo, Capo della Nuova Umanità, la società vivente che siidentifica col Suo Corpo.Da questo punto di vista anche la Legge, di cui dicemmo, èsuscettibile di ulteriori riflessioni. Già come frutto dellaragione di chi guida i popoli, orientato al bene comune edebitamente promulgato, il suo comando è atto della paternitàdi Dio, vietando il male e conducendo al fine ultimoattraverso quelli intermedi, anch'essi da Lui fissati.Termine di ogni legge è, per divina bontà, Cristo stesso, Chesolo insegna e dà la giustizia di Dio. La legge naturaleesprime la dignità umana e ne fonda diritti e doveri, comeespressione della sapienza e della bontà divine. Essa èimmutabile, anche se le circostanze in cui essa è compresa evissuta implicano una dilatazione o una restrizione del suoambito applicativo, della sua comprensione concettuale, senzapregiudizio alcuno della sua essenza. Di tale legge, quellamosaica è, come dicevo, la promulgazione positiva maggioreperchè fatta da Dio stesso, in quanto gli uomini da soli non

possono più facilmente ritrovare in sé ogni suo comando conla propria ragione. Tuttavia, sebbene non la implichi, laLegge mosaica prepara a quella di Cristo. Essa è Grazia delloSpirito Santo ricevuta nella Fede in Cristo, che opera nellacarità; la sua massima espressione è il Discorso dellaMontagna e si serve dei Sacramenti per comunicarci la Graziastessa, per cui la pratica cultuale e la professione dellaFede ne sono parte integrante e vincolante, ne sonofondamento e basamento. Essa compie, supera e perfeziona laLegge antica, le sue promesse con le Beatitudini e i suoicomandamenti con la trasformazione del cuore. E' dunque digrazia, di amore e libertà. E' composta non solo di precetti,ma anche di consigli, che sono lo scheletro della santità,che a sua volta ne è la corona.Tale santità è il frutto della giustificazione. La Graziadello Spirito ci conferisce la giustizia di Dio; Egli cirende partecipi della Sua vita mediante la fede e ilBattesimo, unendoci alla Passione di Cristo. Perciò l'eticaha un fondamento dogmatico soteriologico. La giustificazioneimplica la mozione dell'uomo verso Dio e poi il suoaccoglimento del perdono e la giustizia stessa dall'alto,senza cui nessuno ha una vita etica. La remissione deipeccati, la santificazione e il rinnovamento, ordinariamentecompiuti dai Sacramenti, sono percorso obbligato della vitamorale, ne sono il presupposto e l'integrazione. Diveniamodunque giusti non per il nostro sforzo morale, ma per laMorte di Gesù. Dio ci rende giusti, realmente, ma senza chesiamo noi ad iniziare il processo né che possiamo compierlo ecompletarlo da soli. Il suo fine è la Gloria di Dio, nellaquale siamo chiamati ad entrare, definitivamente nella vitaeterna; ciò è il capolavoro della misericordia divina, che cifa santi come il Signore e fa approdare l'etica nelladimensione escatologica attraverso un rinnovamento ontologicodell'uomo e del cosmo. Da ora, per la giustizia, diventiamofigli di Dio, e allo scopo naturale di vivere secondo ragionein vista di Dio, sostituiamo quello soprannaturale di viveresecondo Dio direttamente, in una razionalità illuminata dalSuo Verbo. In tale processo entriamo nel cuore della Trinità;la Sua Grazia previene, sostiene e corona il nostro bene, siacome santificante che come sacramentale ed attuale e di

stato, nelle forme che io stesso ho esposto in ChristusRedemptor. Questa Grazia sacramentale è attrice fondamentaledella vita etica e va oltre essa, come vita divina in noi,come capace di renderci graditi a Dio, come scopo dell'agiredivino in noi, a cui sono ordinati i carismi che ci sonoconcessi, sia naturali che soprannaturali. Perciò il meritomorale non è nostro, ma di Dio, sia come azione sua diretta,che come dono concessoci per averci associato alla Sua azionesuscitando e coronando la nostra. Solo in tale ottica noiabbiamo dei meriti, come dono realmente ascrittoci, ma nonconseguito con le nostre sole forze, bensì col concorsodeterminante di Dio. In virtù della Grazia esso è veromerito, per gratuità divina, ma mai la Grazia prima puòessere meritata, solo ricevuta per il merito di Cristo. Legrazie seconde, debitamente assecondate, ci permettono dimeritarle progressivamente come dono divino. Ognunonaturalmente può raggiungere la vetta, perchè il dono,sebbene gratuito, è offerto a tutti. La strada per la vetta èsempre quella: Chi vuol essere Mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la suacroce e mi segua (Mt 16, 24). La salita alla perfezione divienequella al Calvario. Questa ascesa è un culto spirituale, reso possibile da quelloliturgico che gli dà nutrimento e forza per costituirsi. Intale ottica, la norma cultuale e quella morale sono unitenella legge della Chiesa, il Cristo Totale, mediante cui ilCristo Capo è unito ad ognuno. Il Magistero diventa cosìindispensabile per rettamente orientarsi nell'etica, perchèinsegna e interpreta autenticamente la Legge divina, in modosempre più perfetto della ragione umana, che converge conesso se rettamente usata. Per questo il Magistero èautorevole e infallibile nelle forme sue proprie anchenell'etica, sia naturale che soprannaturale, e in tuttoquanto pertiene alla custodia, alla esposizione e allaosservanza delle verità di fede,perchè siano osservate semprein modo integro, onde condurre l'uomo alla salvezza9.

ERRORI SULL'ETICA SECONDO LA VERITATIS SPLENDOR

9 L'argomento è stato da me esposto nel saggio Divina Revelatio,consultabile nell'archivio del sito www.theorein.it e nell'ebook Il DogmaCattolico, già citato.

Nel 1993 il beato Giovanni Paolo II promulgò la primaenciclica che un Papa abbia mai dedicato alle questioni suifondamenti della morale, intaccati da tendenze odierne.Ricordarli completa il quadro che andiamo tracciando, ponendoi paletti che la Chiesa ha piantato a tutela della leggemorale. Ne possiamo enucleare dieci. Il primo è l'esaltazione della libertà, fino a farne lasorgente dei valori con la conseguente separazione tra essa ela natura, tra la coscienza e la legge morale. In ragione diciò la coscienza è intesa come legislatrice, come normativa,come autoreferenziale, orientandosi così verso ilrelativismo, in base ad una perversa tendenza le cuiascendenze stanno nella filosofia di Stirner e di Nietszchecon la sua ontologia del superomismo. Ciò nega la veritàfondamentale, per cui solo Dio stabilisce ciò che è buono ocattivo.Il secondo errore è la concezione della ragione come autricedella legge morale, e non piuttosto come colei che scopre oconstata la razionalità della legge fondata sul Logos divino.Il terzo, connesso al primo, sostiene che la legge morale nonsolo scaturisce dalla ragione, ma si impone solo se essa lariconosce come conforme a sé nella coscienza individuale,come se la morale dovesse essere confermata nella suarazionalità dalla valutazione di ognuno, perdendo la suaoggettività.Il quarto errore è la separazione tra l'ordine etico, chesarebbe solo umano e mondano, e l'ordine della Salvezza, incui conterebbero solo alcune intenzioni e atteggiamentiinteriori; non vi sarebbe dunque alcun nucleo etico nellaRivelazione, tanto meno permanente e universale, quasi cheDio non avesse dato all'uomo alcuna norma di bene e di male oGli fosse indifferente l'agire specifico degli uominisingoli.Il quinto è designato sia come fisicismo che comenaturalismo; per essi la morale presenta come leggi suequelle che sono solo biologiche, erroneamente assolutizzate einvece mutabili. In tali concezioni l'elemento corporeo o èanteriore o estraneo alla morale, per cui l'atto compiuto nelcorpo e per il corpo non è assoggettato alla legge morale. Si

dimentica qui che il soggetto morale non è solo l'animadell'uomo, ma l'uomo stesso, come composto di anima e corpo.Il sesto errore è lo storicismo, che nega l'immutabilitàdella legge morale, confondendo la modificazione dellecircostanze in cui la legge viene osservata con lamodificazione, in realtà mai accaduta, della legge stessa. Il settimo è costituito dal presunto primato della coscienzasul Magistero nella determinazione della moralità degli attiumani e dall'esaltazione dell'opzione fondamentale, ossiadella scelta di fondo che l'uomo fa per Dio o contro di Lui;laddove l'uomo scelga Dio, nessun atto, sebbene grave,potrebbe modificare tale opzione. In realtà non solo ilMagistero gode di quell'ausilio divino che lo esonera dallafallacia del pensare umano individuale o comune, ma neanchel'opzione fondamentale si configura come irreformabile, sianel bene che nel male, per cui ognuno può orientarsi al maleo convertirsi in base agli atti che compie.L'ottavo errore è la negazione tra peccato mortale e veniale,quasi che fosse semplice casistica e non riflesso di unagraduata organizzazione del bene da parte di Dio.Il nono è il teleologismo. Esso valuta l'atto umano in vistadei fini perseguiti dall'agente e dei valori da lui intesi.L'atto quindi andrebbe valutato o in base alle conseguenzepreviste (conseguenzialismo) o in base alle proporzioni tragli effetti buoni e cattivi preventivati (proporzionalismo).Tali concezioni rifiutano ogni proibizione assoluta, come sela materia morale cattiva in se stessa non esista. In taleottica qualunque sacrificio morale non avrebbe senso e ilmartirio, la più alta testimonianza di amore per Dio,superfluo e dannoso.Il decimo errore è la possibile alleanza tra democrazia erelativismo etico, che toglie alla coscienza civile i puntidi riferimento stabile posti dalla Legge divina, naturale esoprannaturale.Il Papa ricorda infine che la teologia morale è al serviziodella verità e deve muoversi nell'alveo della Rivelazione,assoggettandosi all'occorrenza al Magistero.

PARTE SECONDA- LA FONDAZIONE SOTERIOLOGICA DELL'ETICA10

Quello che segue enuncia i caratteri generali dellasoteriologia (sotèr= salvatore), ossia di quella branca delladogmatica che spiega il modo in cui Dio ha operato la nostrasalvezza, le ragioni e i fini di tale operazione e le sueconseguenze. Attore della salvezza è sempre Cristo, per cuiquanto andiamo a dire si colloca nello stesso alveo dellateologia che verte sulla Seconda Persona della SantissimaTrinità incarnata e fatta Uomo. Per enunciare il piùchiaramente possibile tale dottrina, andiamo a vedere cos’èla salvezza, ossia perché e da cosa dobbiamo essere salvati,da chi e con quale vantaggio. Cominciamo però dai concettifondamentali.

QUESTIONI TERMINOLOGICHE DELLA SOTERIOLOGIA

10 E' questo il saggio Christus Redemptor dell'ebook Il Dogma cattolico,qui riprodotto per congruenza di argomento.

La parola chiave della soteriologia è Giustificazione . Essa è ilprocesso mediante cui l’uomo, da peccatore, viene costituitogiusto innanzi a Dio; suo sinonimo è Giustizia, spesso nellaBibbia detta più specificamente Giustizia di Dio. Essa si compiemediante Gesù Cristo, il Quale è, secondo San Paolo, Eglistesso la Giustizia di Dio. S’impone subito unapuntualizzazione: nella Chiesa Cattolica la Giustificazione è un attomediante il quale Dio modifica lo stato ontologico e morale del giustificato, ossial’uomo, che è peccatore prima di essere giustificato eportatore di una natura guastata – come vedremo- dal Peccatod’Origine, dopo essere giustificato recupera una naturarestaurata e diviene realmente giusto innanzi al suo Creatore,in quanto può compiere azioni che meritano di esserericompensate da Lui con la Beatitudine Eterna. Questaconcezione si è in parte perduta nel Protestantesimo, dove laGiustificazione è un atto con cui Dio conferisce all’uomo uno statuto formale disantità che non modifica il suo stato ontologico né quello morale, ossial’uomo, che è solo peccatore prima di essere giustificato, dopoesserlo stato diviene anche giusto, in quanto Dio ha deciso diconsiderarlo tale. In altre parole, se nel dogma cattolico lagiustificazione è un processo che pone capo ad una res, inquello protestante giunge solo ad un nomen. Infatti, allespalle della teologia luterana c’è il nominalismo della TardaScolastica11. Tale concezione trapassa, in modi differenti,anche negli altri maestri della Riforma, come Calvino (1509-1564) e Zwingli (1484-1531). Naturalmente, l’insegnamentocattolico si regge sulla Tradizione che, in modo sempreunanime, interpretò la Sacra Scrittura, fissandone i pilastrisin dai tempi del Concilio di Orange (529), e riproponendolinel modo più autorevole possibile con il magisteroinfallibile del Concilio di Trento (1545-1563). Esso esprime laricchezza della misericordia e della potenza di Dio, il Quale non si limita aconsiderare l’uomo giusto, ma lo rende tale realmente. Il grande dottoredella Giustificazione e dei temi connessi fu Agostino di Ippona

11 In particolare il magistero di Guglielmo di Ockham (1285-1349) ilquale, affermando che il nomen corrisponde alla res solo perché Dio havoluto così, per cui è inconoscibile all’uomo la vera definizione dellacosa, ha permesso di considerare giusto ciò che Dio vuole, senza che essodebba esserlo di per sé. Le implicazioni ereticali del pensiero di Ockhamfurono condannate dal papa Giovanni XXII (1316-1324).

(354-430), al quale – commentatore insigne della Lettera aiRomani di Paolo, dalla quale prende le mosse tutto ildibattito interconfessionale cristiano sull’argomento – sisono poi riagganciati tutti gli altri pensatori, siaortodossi che eretici, in una serie di posizioni concettualiche hanno sviluppato tutte le implicazioni possibili delmagistero dell’Ipponense, anche quelle rifiutate dalla Chiesaufficiale. Solo partendo da questo dato – il plessoermeneutico Paolo-Agostino e la pluralità dei suoi sviluppi –si può addivenire ad una comprensione tale del dogma chepermetta di recuperare le istanze positive presenti anchenell’interpretazione protestante della soteriologia. Il cheoggi, in seguito ai numerosi passi fatti tra le Chiese pervenirsi incontro sull’argomento, non è istanza datrascurarsi. La Giustificazione può essere detta per fede e per opere.Entrambe le locuzioni sono bibliche, l’una di San Paolo nellaLettera ai Romani, l’altra di San Giacomo nella sua unicaEpistola; la prima mette in evidenza il fatto che l’uomo ègiustificato se crede in Colui Che Dio ha mandato nel mondo per salvarlo, ossiaGesù Cristo; la seconda sottolinea che l’uomo salvato deve compiere lebuone opere che gli meritano il Paradiso. Ossia l’uomo, redento da Gesù,credendo in Lui, viene giustificato e può compiere le buone opere necessarie allasalute eterna, fuggendo il male e facendo il bene. Ragion per cui laGiustificazione per fede implica e postula quella per opere,come l’albero il frutto, e quella per opere presuppone quellaper fede, come sua radice12. In questo plesso ermeneutico12 La teologia luterana,volendo sottolineare il primato dell’azionesalvifica divina, ha ripreso la sola Giustificazione per fede: all’uomo èconcesso solo di credere che Dio possa salvarlo. Credendo questo come sicrede in un dogma – ossia avendo l’assoluta certezza di essere salvato-l’uomo riceve la Grazia che gli fa compiere le buone opere che di per sénon lo salvano, o perché non hanno un reale valore sovrannaturale operché avendolo lo devono tutto all’azione di Dio, che quindi non puòattribuirle agli uomini come merito. Il nocciolo ortodosso di questateologia è che il fondamento della salvezza è la fede nel Redentore, nonla pretesa di conquistare il cielo con le proprie azioni. Ma lasvalutazione delle opere - conseguenza della convinzione del fatto chel’uomo non subisce una reale trasformazione ontologica nellagiustificazione, per cui continua, per quanto dipende da lui, a faresempre e solo il male, anche quando sembra che faccia il bene – non puòessere accettata: il redento è pienamente in grado di fare ciò che piace

trovano collocazione altri quattro concetti: la fede, la carità, lasperanza e la Grazia. Le prime tre sono le cosiddette virtù teologali,ossia concernenti Dio stesso, in quanto permettono all’uomo(vir, da cui virtù) di agire in relazione a Lui, per cause,modi e fini che Lo riguardano e sono quindi soprannaturali.La fede è la virtù soprannaturale per la quale l’uomo crede inDio e in ciò che Egli può operare, a cominciare dallasalvezza. La carità è la virtù soprannaturale con cui l’uomoama, facendo il bene, il prossimo per amore di Dio e Questiper Se stesso, compiendo atti che meritano la celestericompensa. La speranza è la virtù soprannaturale per cuil’uomo attende dalla misericordia divina l’aiuto per compiereil bene nella carità e il premio per il bene fatto, oltre cheil perdono per il male commesso13. La Grazia è il dono gratuito – come indica il nome – che Diofa della Sua stessa vita all’uomo, comunicandogliela in modoanalogico e come forza operatrice trasformante14. Quando laGrazia s’insedia nell’anima, questa diviene conseguenzialmente dimora delloSpirito Santo, che vi rimane finchè l’uomo non perde la Grazia stessa. Essapreviene ogni merito umano, perché è il frutto dellaRedenzione operata da Cristo sulla Croce15; in prima istanza

a Dio.13 San Paolo insegna che nessuno può sapere se, davanti a Dio, èdegno di salvezza o di dannazione. Per cui il Concilio di Trento hadefinito che la propria salvezza non può essere oggetto di fede, ma disperanza, a differenza di quanto insegnato da Lutero (1483-1546).14 Paolo VI (1963-1978) la definì energia spirituale.

15 Calvino, insistendo unilateralmente sulla natura previente dellaGrazia, ossia sul fatto che essa è comunicata primordialmente da Dio,evidenziò che l’Autore della salvezza è Dio stesso attraverso di essa,per cui l’uomo non è giustificato né dalle opere né dalla fede, ma daDio, che ha deciso di conferire la Grazia che rende possibile le une el’altra. Questa dottrina è erronea perché implica che la Grazia non siagratuita solo nel dono, ma anche nell’efficacia, ossia che l’uomo abbiafede non per suo merito, sia pure assecondando la Grazia stessa, ma soloper opera della stessa. Invece Dio conferisce all’uomo una Grazia che glipermette realmente di avere una fede gradita a Lui. Il nocciolo ortodossosta nel fatto che Dio, comunicando la Grazia, avvia il processo disalvezza, di cui è l’Autore principale, ma non unico. Come dicevaAgostino: Colui che ti creò senza di te non ti salverà senza di te. Ma èsintomatico che il maggior discepolo di Agostino, san Fulgenzio di Ruspe(467-532), anticipasse molte posizioni di Calvino, senza essere

essa comunica all’uomo la fede, suscitandola e sostenendolanell’atto con cui essa crede in Cristo come Redentore16; inseconda istanza viene comunicata all’uomo che ha fede perchépossa scegliere di compiere, intraprendere e completare leopere di carità gradite a Dio; in terza istanza suscitanell’uomo che opera il bene la speranza dei beni celesti;simultaneamente a tutte queste istanze, la Grazia conferisceagli atti di fede, carità e speranza compiuti dall’uomo un

condannato come eretico, a causa della fluidità del dibattito che c’eraall’epoca sull’argomento.16 La Grazia Santificante previene la fede. Ossia quest’ultima èpossibile per la Grazia. L’uomo poi corrisponde a tale Grazia e fa sua lafede, assumendone merito. La disputa sulla Grazia, iniziata dopo ilConcilio di Trento, continua a tutt’oggi nel mondo cattolico e forsetroverà nel dialogo con i Protestanti una possibilità di soluzione. Iseguaci di Tommaso d’Aquino (1225-1274) e del suo interpretecontroriformista, Domingo Bañez (1528-1604), sottolineano con forza lanecessità della Grazia preveniente, parlando di premozione fisica, praemotiophysica, di messa in movimento, da parte di Dio, dell’uomo attraverso laGrazia stessa, che dunque ha una efficacia primordiale, attivante, dellapossibilità di credere e di fare il bene. Ciò sulla base della causalitàuniversale di Dio che è valida nel mondo soprannaturale come in quellonaturale. Essi sostengono che la Grazia data da Dio è sufficiente sempre perporre un atto meritorio, ma che essa diviene efficace solo se sostenuta daun ulteriore intervento soprannaturale. La mozione divina è dettairresistibile e infallibile, ma Dio muove ogni creatura in modo conformealla propria natura, per cui l’uomo agisce nella libertà. I gesuiti,attorno a Luis Molina (1535-1600), sostengono la necessariacollaborazione dell’uomo. La sua libertà rimane intatta anche sottol’azione della Grazia. Per lui non esiste alcuna premozione. L’azione diDio accompagna la scelta dell’uomo. La Grazia è sempre sufficiente, espetta all’uomo, con il suo assenso, di renderla efficace. Non operandola Grazia sulla volontà, l’elargizione della prima dipende dallaconsapevolezza (scientia media) che Dio ha dell’assenso che l’uomo leaccorderebbe nelle varie circostanze (futuri contingenti). Le due teologiedella Grazia che abbiamo esposto sono due poli oretici in perpetuadialettica tra loro. Di certo c’è che la Grazia si dona in modoassolutamente libero e fonda la possibilità stessa di avere fede e quindidi fare il bene. Personalmente credo nella premozione fisica, come attodivino che avvia la fede come principio di giustificazione; sono convintoche ogni atto buono necessiti di una premozione divina e che Dio sostengaogni atto meritorio nel suo farsi. Credo che la distinzione tra Graziasufficiente ed efficace sia più di modo che di tipo, almenoordinariamente. Una soluzione del problema in termini completamentediversi venne formulata da Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787). Egli

valore soprannaturale o divino, per cui essi meritanorealmente di essere graditi a Dio e da Lui ricompensati. Lacorresponsione a tali gradi di perfezionamento implica epermette il passaggio da un grado all’altro. Tale Grazia èdetta dunque santificante, proprio perché rende chi la ricevesanto, ad immagine di Dio, il Quale dice: Siate santi perché Io, ilSignore Dio vostro, sono santo (Lv 19, 2b). Tale Grazia santificantecompie il suo scopo attraverso due modulazioni di efficacia:la Grazia di stato, per cui l’uomo può compiere i suoi doverilegati alla condizione che vive (l’uomo sposato, per esempio,può amare sua moglie ed esserle fedele); la Grazia attuale, percui, di situazione in situazione, l’uomo può compiere sempreil bene, per cui egli passa di buona azione in buona azione,in base ad una efficacia proporzionale allo scopo daraggiungere. La Grazia si comunica in due tipologie di modi: gli ordinari egli straordinari. Gli ordinari corrispondono ai Sette Sacramenti,che producono di per sé nelle anime la Grazia, che diventaoperativa in ragione della disposizione di chi la riceve.Perciò colui che formula per la prima volta il suo atto difede in Cristo Redentore deve ricevere il Battesimo, chegenera la Grazia nelle anime rendendole cristiane, ossiaimprimendo in loro il carattere indelebile della Redenzionecompiuta. Da sola infatti la fede non produce, ma ottiene laGrazia. Gesù infatti dice: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo (Mc16, 15 a). Gli altri sacramenti producono la Grazia loro propria

distingue una doppia efficacia della Grazia: l’intrinseca e l’estrinseca. La seconda –detta Grazia comune – è accordata a tutti gli uomini, che con essaadempiono i precetti più semplici, specie quello della preghiera.Quest’ultima – definita il grande mezzo della salvezza – ottiene aciascuno le Grazie intrinsecamente efficaci o speciali – perché Dio non le nega maia chi le chiede – con cui si può adempiere a precetti più difficili. Intale ascesa alla perfezione anche terzi possono pregare per il peccatore,in particolare la Beata Vergine. Nell’ottica alfonsina possono esserelette le grandi devozioni cristiane che promettono la Grazia dellaperseveranza finale a chi le compie in virtù di particolari pratiche dipietà, come i Nove Primi Venerdì del Mese del Sacro Cuore di Gesù o iCinque Primi Sabati del Mese del Cuore Immacolato di Maria o le Tre AveMaria mattina e sera o le Quindici Orazioni di Santa Brigida, e moltealtre legate a grazie particolari ultraterrene (lo Scapolare del Carmineo la Corona Angelica ecc.).

o sacramentale in base alle circostanze in cui devono esserericevuti17. In quanto ai mezzi straordinari, che solo Dio conosce in modopreciso, essi distribuiscono a coloro che sono fuori della Chiesa la Graziaprodotta e messa in circolo dai sacramenti celebrati in essa. Si fondanoquindi sulla natura sacramentale della Chiesa stessa,istituita da Dio per conferire la Grazia a tutti gli uomini.Il mezzo straordinario più semplice è il Battesimo di desiderio,da imputare sia a chi si farebbe battezzare se sapesse che ègradito a Dio18, sia a chi vorrebbe essere battezzato ma nonfa in tempo a farlo19. In ragione di tale mezzo tutti coloro17 I sacramenti di iniziazione, dopo il Battesimo, confermano laGrazia Santificante in modo stabile (Cresima) o pieno (Eucarestia);quelli detti di guarigione restaurano la Grazia perduta col peccato(Confessione e Unzione degli Infermi); i sacramenti di stato abilitano acondurre la vita secondo le principali vocazioni cristiane (Matrimonio eOrdine). La validità assoluta dei sacramenti è detta da Agostino ex opereoperato, perché indipendente dalla santità di chi li amministra. E’sintomatico che i sacramenti siano rimasti anche nel Cristianesimoevangelico, anche se ridotti ai due maggiori (Battesimo e Eucarestia).18 In questo modo possono giungere alla salvezza anche coloro che nonprofessano il Cristianesimo perché non lo conoscono o non ne hannocompreso la natura salvifica. Anzi, maggiore è il patrimonio spiritualeche con esso condividono, maggiore è il mezzo loro fornito per salvarsi,come insegna il Concilio Vaticano II (1962-1965). 19 Questa dottrina del Battesimo di desiderio è a mio avviso il mezzocon cui risolvere il problema della salvezza dei bambini morti senzaBattesimo sacramentale. Sicuramente indegni del Paradiso perché nati colPeccato Originale, i bambini non battezzati, privi di altre colpeimputabili, sono posti in un luogo di felicità naturale detto Limbo. Ditale luogo oggi si parla molto, affermando che non esista. Ma destinaregenericamente tutti i morti senza battesimo al Paradiso in nome di unagenerica Misericordia divina – a cui pure essi vanno affidati – significasvuotare di contenuto tutta la Redenzione. Il Limbo esiste, ma i bambinimorti senza battesimo, anche prima di nascere, non ci vanno, se igenitori hanno avuto l’intenzione – cioè il desiderio – di farlibattezzare, anche se poi non ne hanno avuto il tempo. Infatti, se la fededei genitori supplisce alla fede del battezzando al momento dellaricezione del sacramento, in quanto il bambino non intende, allora ancheil loro desiderio, basato sulla fede, può supplire a quello di ricevereil Battesimo che il piccolo non può avere dentro di sè. Tale desiderioper conto terzi si può considerare valido anche per i genitori di bambinimorti in altre religioni, ancora nell’età dell’innocenza, purchè taligenitori abbiano avuto una coscienza talmente retta, da desiderare per ipropri figli una piena conformità ai voleri divini, per cui avrebbero

che professano, in buona coscienza e per incolpevoleignoranza, un’altra religione, possono giungere allasalvezza, sempre per i meriti di Cristo, e non per validitàdella propria fede20. Infatti bisogna ricordare l’anticamassima: Extra Ecclesiam nulla salus, Fuori della Chiesa non c’è salvezza, maanche puntualizzare che nella Chiesa sono inseriti tuttiquelli che professano, almeno implicitamente epotenzialmente, la vera fede. Questo realizza il voleredivino, espresso dall’Apostolo: Dio vuole che tutti gli uomini sianosalvi (2 Tm 2,4). Ciò ci introduce ad un altro termine chiave dellasoteriologia, la Predestinazione. Essa è l’atto con cui Dio,conoscendo in anticipo coloro che corrisponderanno allaGrazia concessa per la Giustificazione, sanziona la loroscelta e li destina alla beatitudine eterna. Coloro che sonopredestinati sono perciò detti eletti; essi sono compresi nelnovero dei chiamati , ossia tutti gli uomini, che hanno lavocazione alla vita soprannaturale e che sono appuntogiustificati nel modo descritto sopra. I giustificati cheperseverano sino alla fine sono detti santificati (anche seessi sono santi in senso lato – perché provvisoriamente –anche in questa vita); il loro stato dopo la morte è quellodesiderato per loro anche il Battesimo, se lo avessero conosciuto qualenecessario alla salvezza. Analogamente si può supporre per tutti ibambini affidati ad altri educatori forniti delle medesime intenzioni.Forse, innanzi alla condotta omicida con cui tanti genitori non solotralasciano di battezzare i figli, ma persino negano loro il diritto dinascere con l’aborto o con la distruzione degli embrioni soprannumerarinella fecondazione assistita, il pio desiderio di battezzarli prima dellamorte prenatale, formulato da chiunque potrebbe, almeno ipoteticamente,farlo, o da chiunque vorrebbe avere tale possibilità, potrebbe aprire aquesti sventurati, mai venuti alla luce, le porte del Cielo. 20 Cornelius Jansen, latinizzato Giansenio (†1638), interpreteunilaterale dell’ultimo pensiero di Agostino, aveva sostenutol’infallibilità e l’irresistibilità della Grazia, che dunque è concessasolo ai salvati, in quanto se fosse concessa a tutti, non vi sarebberodannati. Aveva cioè sviluppato le implicazioni ereticali presenti nelsistema di Bañez. Il rigorismo di Giansenio esclude quindi dalla salvezzanon solo tutti cristiani che non sono santi, ma anche tutti quelli chenon sono cristiani. A questa eresia si oppose papa Clemente XI (1700-1721) che, nella costituzione apostolica Unigenitus Dei Filius (1716), ribadìla destinazione universale alla salvezza e l’esistenza delle viestraordinarie, già teorizzate da San Giustino (†165 ca.).

dei glorificati, sebbene la gloria della Grazia sia presente,invisibilmente, anche nei giusti che ancora sono in questomondo. I giustificati sono detti Figli di Dio per adozione (Ef 1,5) perché riempiti della vita stessa di Dio, la Grazia;perché inabitati dal Suo Spirito; perché inseriti nel CorpoMistico del Figlio di Dio secondo natura, Gesù Cristo. Inquesto senso tutti gli uomini, in quanto giustificati, sonopredestinati ad essere costituiti Figli di Dio, anche se nontutti permangono in tale stato. Infatti il Signore dice: Moltisono i chiamati, ma pochi gli eletti (Mt 22, 1421). Coloro i quali, puressendo chiamati e giustificati e costituiti Figli di Dionella Grazia, non perseverano, si determinano alla dannazioneeterna, della quale Dio non è artefice. Infatti Egli ha pergli uomini solo una volontà di salvezza, con cui corregge ildestino di dannazione che essi si sono procurati col Peccato.Inoltre Egli a tutti fornisce i mezzi per salvarsi. Per cuinessuno è dannato per divino volere, ma sempre e solo pervolontà propria, la cui cattiveria è sanzionata dallagiustizia celeste22. Infatti non vi è, né vi è stato né mai vi sarà un uomoper il quale Gesù Cristo, Redentore dell’Uomo, non abbia sofferto per salvarlo, pursapendo che per molti la sua sofferenza sarebbe stata vana23.21 La frase sembra riferirsi più che altro agli Ebrei – eletti –soppiantati dai pagani – chiamati. Ma vale anche oggi, quando gli elettisono tra i cristiani, scelti tra i chiamati battezzati.Indipendentemente dalla quantità dei salvati, la frase insegnal’esistenza di una differenza tra la chiamata alla salvezza e il suoconseguimento, con conseguente possibilità di fallimento per una partedegli uomini. Parliamo di possibilità, in quanto di nessuno nella Bibbiaè data per certa la dannazione, anche se le stesse Scritture presentanoun futuro escatologico in cui alcuni sono salvi e altri dannati. Vedinota 12.22 L’idea calvinista di un Dio che predestina alla salvezza dando lafede ad alcuni e che quindi, negandola agli altri, li determina alladannazione, è da respingere. La polemica sull’efficacia della Grazia, cheessendo invincibile e infallibile non può non adempiere il suo scopo, èmal posta da Calvino come da Giansenio. La Grazia è invincibile einfallibile perché giustifica tutti, ma non ha lo scopo di salvare gliuomini contro la loro volontà né di surrogarne le funzioni.23 Alcune correnti teologiche contemporanee hanno ipotizzato un infernovuoto (H.U. Von Balthasar, Giovanni Paolo II) come conseguenza trionfaledell’onnipotenza della Misericordia Divina. Tale ipotesi va presa comerelativa all’esito della Redenzione ma non considerata – comeerroneamente fanno molti – una negazione della possibilità stessa della

IL PECCATO ORIGINALE

Quando Dio creò l’uomo, lo costituì in un perfetto equilibrionaturale, in cui i due elementi che lo formano, l’anima e ilcorpo, erano nella massima armonia. Tuttavia, arricchendoquella natura che Lui stesso aveva creato, le aggiunse dellecaratteristiche che non le erano proprie, i cosiddetti donipreternaturali: immunità da dolore e morte, assenza di passioni,capacità di conoscere senza difficoltà. Infine, non contentodi aver volontariamente eliminato per l’uomo quei limiti cheavrebbe dovuto avere, Dio volle elevarlo al livello dellavita soprannaturale: gli conferì la Grazia Santificante – dicui abbiamo già detto – che lo costituì Suo figlio adottivo.Il primo uomo – Adamo, ossia “fatto di terra”- e la primadonna – Eva, ossia la “madre dei viventi” – non avevanonessuna colpa da cui essere giustificati, perché erano staticreati e posti simultaneamente in questo stato di Grazia(giustizia originale); ma naturalmente anche per loro esso fu undono assolutamente gratuito. La Grazia in loro preveniva,sosteneva e coronava le opere compiute in perfetta sintoniacon essa. Costituito in piena armonia con il mondo naturale,benedetto per causa sua (Paradiso Terrestre), l’uomo e i suoidiscendenti avrebbero dovuto vivere in uno stato di felicitàe armonia, per poi passare, al termine della vita terrena,nella beatitudine eterna, con l’anima e col corpo, senza iltrapasso doloroso del morire. La mancanza delle passioni –ossia dei desideri spontanei – e dell’ignoranza avrebbe resofacile la vita spirituale, segnata dall’ossequio alla leggemorale dettata dal Creatore. In questa obbedienza Dio posel’unica condizione per mantenere l’uomo in questo stato. Eglivolle che Adamo e Eva fossero confermati in Grazia, con tutti i doni connessi, invirtù di un solo atto di obbedienza, il cui merito sarebbe stato tramandato ai lorodiscendenti per sempre. Tale atto nel racconto biblico è rappresentato dal divieto dicogliere il frutto dell’albero della scienza del bene e del male, ossia dal divieto difarsi legge a se stessi. Ma l’uomo e la donna, che non potevano commettere altrogenere di peccato che un gesto di volontaria insubordinazione, cedetteroall’inganno del diavolo. Questi, appartenente alla schiera degli

dannazione, che anzi nella Bibbia è presentata molto spesso e come assaiincombente.

esseri celesti immateriali creati da Dio prima dell’uomo,aveva, con altri suoi simili, già rifiutato di riconoscereDio come suo Signore, era stato condannato ed era divenuto,da puro spirito, uno spirito impuro, assieme ai suoi sodali.Ora, per vendicarsi di Dio, consigliò ad Eva di mangiare ilfrutto proibito, ossia di fare a meno di Dio per determinareil giusto e lo sbagliato, per diventare come Lui. La donna silasciò irretire e suggerì al marito di trasgredire. Questiascoltò lo scellerato consiglio e commisero perciò il Peccatooriginale. Preferì alienarsi il favore divino, pur di esserelegge a se stesso. Consapevole delle conseguenze che nesarebbero derivate, l’uomo tuttavia volle ribellarsi a Dio,considerando questo atto una liberazione dall’unico limiteche gli era stato imposto. Perciò, in seguito alla colpacommessa al posto dell’atto virtuoso, quello che dovevatramandarsi ai discendenti come merito passò a loro comecolpa, come macchia, che segnò definitivamente la razza umanae il mondo, ad essa affidata.

Il Peccato originale, ossia l’atto di superbia primordiale con cuil’uomo rifiuta radicalmente il ruolo di Dio dopo aver ricevuto daLui tutto il possibile, è un fatto realmente storico, senza delquale non solo non potremmo capire il fatto della Redenzione, mala stessa storia umana e la natura degli uomini, drammaticamentesegnata dal male, odiato, temuto e però continuamente commesso.Una forma di soggezione della teologia nei confronti delleacquisizioni, vere o presunte, della storia umana e naturale,della filologia e della scienza, ha fatto sminuire il ruolo delPeccato originale, degradato al rango di racconto popolare, dileggenda, di mito, di teologumeno, di proiezione psichica. Inrealtà, la narrazione biblica è di alto livello letterario, avendocome modello i testi dell’antica epica mesopotamica, e rivestedelle migliori forme narrative dell’epoca il suo oggetto24. Il

24 La tradizione letteraria mesopotamica, la cui forma classica è laletteratura sumera, ha custodito il racconto eziologico delle origini, incontesti religiosi anche differenti, con un medesimo significato e con lacostante convinzione della sua storicità. Sarebbe interessantericostruire la storia filologica e concettuale del racconto, per vederese la forma fissata nella Bibbia, incentrata sul monoteismo, sia piùrecente o – come sarebbe più logico aspettarsi – più antica di quellelegate al politeismo. In questo caso la redazione ebraica sarebbe solo ilpunto d’arrivo di una tradizione scritta e orale di un racconto

predominio dell’ipotesi evoluzionista nella storia naturale hafatto credere che il Peccato originale non fosse possibile, perchéin realtà non vi è mai stato un primo uomo, né tanto meno unostato di primordiale armonia tra lui e la natura25. Ma in realtàl’evoluzionismo non c’entra niente col Peccato originale.Anzitutto, il racconto biblico insegna esplicitamente che Dio hacreato direttamente l’uomo, insufflando l’anima in una materiapreesistente debitamente plasmata e predisposta. Tale materia puòessere benissimo un animale superiore come le scimmieantropomorfe, o un ominide o un Homo di tipo non sapiens, maanteriore ad esso. Ma è di fede che la creazione dell’uomo rompeil normale schema evolutivo, perché introduce nel cosmo materialeun essere composto di materia e spirito26. Peraltro, proprio lastoria naturale ha scoperto un salto genetico intorno ai centomilaanni fa, per cui, in modo discontinuo rispetto alle forme umanoidiprecedenti, comparve l’Homo Sapiens. Un salto che rimandaall’intervento superiore, che integra ciò che aveva creatointroducendo un elemento nuovo: un genoma utilizzabile da unaforma spirituale, l’anima. Inoltre, la costituzione dell’uomo inuno stato preternaturale e soprannaturale non è il punto di arrivodi nessuno sviluppo evoluzionistico, ma una volontaria immissione,da parte di Dio, di elementi superiori in un mondo inferiore,assolutamente incapace di produrli da sé. L’uomo infatti, comeessere naturale, non doveva necessariamente essere chiamato da Dio

antichissimo, arricchito in parallelo di fatti e personaggi nelle epichepagane. In ogni caso, nessuno potrebbe credere che la Genesi sia fattanei suoi primi capitoli da un racconto popolare: tanto varrebbe credereche gli antichi potessero facilmente credere che i serpenti potesseroparlare. In realtà i lettori contemporanei alla stesura sapevano bene cheil nuovo testo echeggiava figure religiose anteriori, aventi unospecifico significato. Non dunque letteratura ingenua e scoordinata, maconsapevole e unitaria nel suo scopo didattico.25 In realtà ogni specie deve iniziare da una sola coppia. Quindi unprimo uomo e una prima donna, in cui il genoma si sia modificato, e cheabbiano ricevuto l’anima, devono essere esistiti per forza. In quanto poial Paradiso Terrestre, creato per l’uomo innocente, scomparve senzatraccia quando egli si corruppe.26 Il lodevole sforzo di conciliare Darwin con la Creazione fatto daTehilard de Chardin (1881-1952) non può essere accettato quando tenta dimostrare che la Creazione si sviluppa sino ad essere capace di accoglierel’elemento spirituale e men che meno quello soprannaturale. Ciò furilevato da Pio XII nella Humani Generis, e ribadito dal Sant’Uffizio sottoGiovanni XXIII, nonché confermato dalla Segreteria di Stato sottoGiovanni Paolo II.

alla Salvezza. Diversamente, la Grazia non sarebbe più un donoassolutamente gratuito. Ci sono quindi le coordinate storiche incui inquadrare la creazione dell’uomo e della donna, la primacoppia interfeconda della nuova specie, a cui Dio, in un tempoancora imprecisato e in un luogo non identificato27, ha dato, siapure per poco, uno stato di vita superiore, perduto per propriacolpa. Non dunque una narrazione che esprime un concettoteologico, ma un fatto storico le cui premesse, i cui fattoriconcomitanti e le cui conseguenze sono oggetto di fede28. Non unaproiezione psicologica ancestrale ma l’oggetto corrispondente allafenomenologia della mente in materia di origini: l’eventoprimordiale che ha drammaticamente segnato la vita della razzaumana e del quale tutti conserviamo un inconsapevole ricordo e unadrammatica conseguenza.

Le conseguenze del Peccato originale furono devastanti per tutti noi. Tramandatoper traducianesimo – ossia con la generazione sessuale, cheproduce corpi macchiati dal Peccato stesso e che subitocontaminano le anime che Dio immette immediatamente in loro –esso implicò per l’uomo la perdita della Grazia Santificante e della giustiziaoriginale, assieme alla dignità di Figlio adottivo di Dio, per cui le porte del Cielo sichiusero irrevocabilmente; ruppe l’equilibrio con la natura trasformandol’ambiente in un luogo ostile; causò la perdita dei doni preternaturali e il ritornoallo stato base di natura, peraltro irrimediabilmente danneggiato; ampliò adismisura la percezione del dolore, le tenebre dell’ignoranza, il terrore della mortee la forza delle passioni: la triplice concupiscenza (del sesso, della ricchezza edella grandezza) divenne la tiranna dell’anima; infine danneggiò irreparabilmentela capacità umana di autodeterminazione. Infatti, se l’uomo conservò la capacità discegliere se fare il bene o il male (libero arbitrio), perse la libertà, ossia lacapacità di perseverare nel bene stesso, e rimanendo capace di fare

27 La cornice geografica del racconto, il Medio Oriente – come sideduce da due dei quattro fiumi nati dall’Albero della Vita, il Tigri el’Eufrate – probabilmente è la spazializzazione data dall’autore, ignarodei luoghi reali. In quanto ai tempi, stando alla lettera biblicadovrebbe risalire a quattromila anni avanti Cristo, che naturalmente sibasava su una cronologia mitica oggi inaccettabile.28 A dispetto di quei teologi che affermano che il Peccato originaleè solo l’inclinazione al male che l’uomo ha in sé, evidentementeinvincibile se bisognoso di Redenzione, quasi che Dio abbia creato l’uomostesso corrotto. Analogamente, il Peccato originale è ereditario,contrariamente a quanto diceva Pelagio, altrimenti la natura non sisarebbe corrotta e la Redenzione sarebbe stata inutile.

volontariamente solo il male29. In conseguenza di ciò, tutti gli uomini avrebberopotuto fare solo cattive azioni e, dopo aver perduto il Paradiso, meritare di soffrire,morire e di andare poi inevitabilmente all’inferno. Il Peccato Originale e la pletorainfinita dei peccati attuali commessi dagli uomini aprivano inoltre un drammaticocontenzioso con la Giustizia Divina: avendo offeso un Dio infinitamente buono,meritavano una punizione eterna, contraendo un debito immenso che nessunoavrebbe potuto ripagare. L’umanità, incapace di fare alcunché dibuono, era destinata alla completa rovina, se Dio, nell’attopiù sovrano, più clemente e più misericordioso mai compiuto,non avesse mandato un Redentore, promesso immediatamente dopola Caduta: Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la sua stirpe e la tua stirpe; tule insidierai il calcagno, ma Essa ti schiaccerà il capo (Gen 3,15). Il sensoprofetico fu subito compreso dai due destinatari: l’uomo, consollievo; il diavolo, con terrore. Il piano di Dio, per cuil’uomo doveva essere suo Figlio adottivo, danneggiato dallasua rivolta, venne così restaurato e fu predisposta laGiustificazione, secondo quanto descritto prima, attraversoil Sangue del Redentore.

IL REDENTORE: GESU’ CRISTO

Prima ancora di creare il mondo, Dio sapeva che l’uomo cheavrebbe fatto e chiamato alla comunione con Lui Gli sisarebbe ribellato; fin da allora aveva previsto che avrebbedovuto scegliere se abbandonarlo – e poteva farlo in basealla Sua giustizia – o salvarlo, e sin da allora avevaovviamente deciso che l’avrebbe salvato, e che l’avrebbesalvato attraverso un atto redentivo. In Dio infatti non vi èscansione di tempo e Lui vede tutto ciò che accadrà nel Suoeterno presente. Il decreto della Creazione e dellaRedenzione è dunque unico, anche se solo la Caduta diede ilmotivo per applicarlo completamente, ossia fornì la ragionedella Redenzione stessa. Per questo Dio la permise, perchéGli avrebbe dato la possibilità di mostrare in pienezza ilSuo amore per l’uomo e di chiamarlo ad una giustizia ancora

29 Lutero, affermando che l’uomo perse anche il libero arbitrio,asserì che egli poteva fare solo e necessariamente il male, per cui viera condannato. Ma così non si vedrebbe neanche la colpevolezza di chi,capace di scegliere solo il male, di fatto non avrebbe più avutopossibilità reale di scelta.

migliore. In seno alla Sua famiglia trinitaria, Dio ebbecompassione della rovina dell’uomo; Egli, Che erainfinitamente offeso dal peccato umano, sia appena compiuto,sia nelle molteplici forme che avrebbe assunto in futuro,volle che l’immenso oltraggio fattoGli fosse lavato da unariparazione proporzionata, ossia infinita anch’essa; taleriparazione poteva venire solo da Lui stesso, in quanto solola Sua Santità immensa e infinita può soddisfare la SuaGiustizia altrettanto incommensurabile. La Sua Misericordia,che è anch’essa incalcolabile, colmò l’abisso tra Santitàdivina e colpa umana, in una sintesi che poteva placare laSua Giustizia, e con arcano decreto l’Uno e Trino Dio decisedi mandare Uno della Trinità per soffrire nella Carne30. Il progettodella Salvezza fu proferito, nel silenzio trinitario, dalPadre alle Due Persone Consostanziali, Figlio e Spirito. Adesso Entrambi assentirono: nulla infatti in Dio non è volutodalle Tre Ipostasi insieme. Il Padre chiese: Chi andrà per noi? (Is6,3b). E il Figlio, per l’amore di cui arde per il Padre Suo,volle realizzare il Suo desiderio più grande, che era ancheil Suo, e disse dinanzi allo Spirito, rivolto a Colui Che Logenera in eterno: Ecco, manda Me (Is 6,3 c). Il Padre, che nel VerboIncarnato aveva posto l’archetipo sul quale aveva modellatol’uomo, per renderlo partecipe di questa somiglianza, avendoamato la Sua creatura, l’amò fino alla fine e volle che ilFiglio Unigenito patisse per lui. Lo Spirito, in eternoassenso con le Sue Due eterne scaturigini, volle che l’Unadonasse l’Altra all’uomo peccatore, nel quale Lui stessoaveva insufflato la vita. Nel momento in cui inizia l’attesa del Redentore, la storiadell’uomo si divide in due ere: quella di coloro che credono nelCristo venturo – e che sono giustificati in vista di Lui, in Cuicredono almeno implicitamente – e quella di coloro che credono nelCristo venuto – e che sono giustificati per Lui, in Cui credonoalmeno implicitamente e nel Cui Nome sono battezzati almenoper desiderio. Prima della Sua Morte, il Cielo rimane chiusoanche per i Giusti: essi, quando muoiono, vanno in un luogodi attesa, il Limbo dei Padri, il biblico Sheol31. I malvagi invecevanno all’Inferno. La lunga attesa è punteggiata di richiami30 E’ l’antica Formula di fede detta Teopaschita: Uno della Trinità hasofferto nella Carne.

profetici: figure ed eventi (la morte di Abele, l’Arca diNoè, il Sacrificio di Isacco, Giuseppe venduto dai fratelli,il Serpente di Bronzo nel Deserto, i sacrifici prescrittidalla Legge mosaica ecc.), profezie e scritture (di Isaia,Geremia, Ezechiele, Daniele e di tutti gli agiografi del VT)descrissero con dovizia di particolari la Vita e i Dolori delRedentore32. Non mancarono luci anche ai pagani33. Perciòquando Gesù venne nel mondo, tutti potevano riconoscerlo.Per ciò che concerne il mezzo della Redenzione, diciamo che ilFiglio dunque decise di assumere la Carne umana, nei modidescritti nella lezione dedicata alla cristologia. Dioavrebbe potuto sovranamente perdonare l’uomo senza nessunaespiazione, lasciando in ombra la Sua Giustizia; avrebbepotuto redimerlo facendo versare al Verbo Incarnato una solagoccia di sangue o di sudore, facendo risaltare la SuaSantità; volle invece che la Persona del Verbo, nella Sua Natura umana,soffrisse in modo proporzionale alla gravità delle colpe che gli uomini avrebberocommesso sino alla fine del mondo, sia quelle di cui si sarebbero pentiti sia quelledi cui non avrebbero mai fatto penitenza; in ragione di ciò il Verbo Incarnato, GesùCristo, soffrì ciò che mente umana o angelica mai potrà neanche immaginare nellaSua Passione e Morte, ma di cui abbiamo un pallido riflesso nella ricostruzione deitormenti inflittigli, i più atroci inventati dall’uomo, e nella meditazione dei suoidolori interiori. Egli soffrì per ognuno dei peccati di ognuno degli uomini, e tutti liconobbe nella Sua Passione. Egli pagò il prezzo del peccato con il Suo Sangue,che biblicamente è appunto la Vita dell’Uomo. Egli espiò nelSuo Corpo, che è la Sua stessa Umanità assunta nella Personadivina. Egli riparò nelle Sue Piaghe, perché lo Spirito Santoattesta tramite Isaia: Nelle Sue Piaghe siamo stati guariti (Is 53,5d).

31 Da esso sono liberati dall’Anima di Cristo, Che vi discende dopola Morte, e li porta con Sé subito dopo, prima ancora della Resurrezione.32 Alcune descrizioni sono impressionanti nella loro precisionecronachistica: il Salmo XXII, i Canti del Servo del Signore in Isaia, laII Lamentazione. Eppure sono scritti da un minimo di 400 a un massimo di900 anni prima di Gesù.33 In molte letterature pagane ci sono riferimenti, sia pureoccasionali, alla necessità che un Dio salvi l’uomo o a tale credenza.Avviene per esempio in Cicerone o in Euripide, ma anche negli Annalidegli Imperatori Cinesi, in epoca coeva a quella di Cristo. L’istanza diun Salvatore divino è peraltro drammaticamente e profeticamente presenteanche nella cultura contemporanea, anch’essa in attesa di Qualcuno cheperò è già arrivato (Heidegger, Beckett, Horkheimer, Adorno ecc.).

Peraltro, tutta la Vita di Cristo, dall’Incarnazione in poi,è espiazione. Per il semplice fatto che Egli, Persona divina,abbia vissuto l’esistenza creaturale, ha meritato la nostrasalvezza, per la Sua umiltà; in essa, inoltre, ha provato lesofferenze proprie dell’umana vita. Inoltre Gesù, Che sapevadi dover morire e come ciò sarebbe accaduto, trascorse la SuaVita in questa angosciosa attesa, che fu essa stessaespiazione. Ma naturalmente la vetta dell’espiazione fu laPassione e Morte. In questa maniera Dio mostrò al mondo ilSuo volto più vero: la Misericordia e l’Amore. Essi nonoscurarono la Giustizia, ma trionfarono su di essa; noneclissarono la Santità, ma la coronarono. Infatti l’Uomo Gesùè veramente tale, e perciò può patire per i Suoi simili,offrendosi Lui – con la Sua volontà umana – per loro; ma nonè progenie di Adamo, in quanto la Sua Incarnazione avvienecome conseguenza riparatrice del Peccato d’Origine, per cui èimmune da tale colpa, ossia è costituito in quella innocenzaoriginaria perduta dal primo uomo e per giunta potenziatainfinitamente dal contatto con la Natura Divina nel vincoloipostatico. In ragione di ciò Gesù è Santissimo, privo diogni macchia, adorno di ogni santità: Egli dunque poteva nonsolo offrirsi, ma offrirsi come vittima gradita. Come infattiavrebbe potuto riparare per gli altri, se Lui stesso fossestato macchiato? Inoltre, essendo la Persona che si offreumana ma anche divina, questa Divinità dava al sacrificio unvalore infinito, che compensava ampiamente la Giustizia delPadre. Infine, proprio perché Uomo e Dio, Cristo, venuto nelmondo, divenne subito e di diritto, il nuovo capo del genereumano, per cui era abilitato a soffrire per esso. L’Amore diDio ha dunque escogitato un sistema in cui la Persona che sioffriva fosse anche Colei a Cui si offriva: nell’UmanitàCristo soffriva, nella Divinità riceveva, e nel vincolo cheunisce le Due Nature l’una soddisfava e l’altra salvava. Eccocome la cristologia calcedonese mostra la sua intimaconnessione con la soteriologia. Il Verbo Incarnato, Gesù Cristo, potè, con la Sua Vita tutta,dalla Sua Concezione, sino alla Passione e Morte, salvare eredimere tutta l’Umanità. La Sua Resurrezione mostra che il sacrificio fugradito a Dio: come avrebbe infatti potuto restituire la vita aglialtri, se Lui stesso l’aveva perduta? E nell’Ascensione Egli

fu costituito realmente Capo dell’Umanità, unita a Lui comele membra in un Corpo, la Chiesa. Il Redentore, con la SuaUmanità glorificata, chiama, giustifica, elegge, santifica eglorifica i Suoi fratelli, conferendo loro la Graziapreveniente, quella della Fede, la Santificante, le Grazieattuali, quelle di stato, le concomitanti e le susseguenti,quella della Speranza e quella della Carità. E’ Gesù, l’UomoDio, la causa di tutto il bene che c’è nel mondo: Egli loispira, lo sostiene e lo porta a compimento. E’ Lui cheimpedisce che si compia tutto quel male che l’uomo riesce adevitare. E’ Lui che perdona e ripara tutto quel male che èstato fatto contro la Sua Volontà. L’Uomo Gesù è lo strumentoconsapevole di cui si serve la Sua Divinità per compiere ineterno il mistero della Giustificazione: tutte le azioni cheabbiamo descritto a proposito di tale processo divino sono leSue azioni. In quanto all’effetto della Redenzione, essa anzitutto salda il debitodella Giustizia, e l’uomo non deve né più pagare le conseguenze innanzi a Dio ilPeccato Originale – che può essere lavato con il Battesimo – né scontare i varipeccati attuali di cui si penta, per cui riceve il perdono attraverso le vie ordinarie ostraordinarie della Grazia. In conseguenza, l’uomo riceve nuovamente la GraziaSantificante, nei modi di cui abbiamo parlato, e può ottenere nuovamente la vitaeterna. La Grazia Santificante infatti restaura la natura umana devastata dalpeccato, e mette la libertà umana in condizione di fare il bene, purchè vogliaaccettare l’ispirazione divina in tal senso e collabori con essa nei modi descritti. E’per questo che Gesù ci ha uniti a Se’ in un Corpo Mistico,nel quale la Grazia dello Spirito scorre come il sangue, e incui siamo nutriti del Suo Vero Corpo e dissetati del Suo VeroSangue: per operare Lui in noi. Infatti Gesù dice: Senza di Menon potete fare nulla (Gv 15, 5 c). La Grazia Santificante quindi non solorestituisce all’uomo che corrisponde la vita soprannaturale, ma permette ancheall’uomo che non persevera di compiere qualche azione apparentemente buona oalmeno tale da un punto di vista naturale, anche se non meritevole del Cielo.Questo effetto è valido per tutti e per sempre, in seguitoalla comunicazione della Grazia stessa che ogni uomo ricevealmeno una volta nella vita. Ecco perché non vi è nulla dibuono che non venga da Cristo. Specularmente, alla stessamaniera, la Grazia rende meritevole l’astensione dal male oalmeno rende possibile che essa avvenga. In quanto poi allarestaurazione dello stato base della natura umana, la Redenzione, tramite la

Grazia, permette al giustificato di dominare la triplice concupiscenza, nonostanteessa sia rimasta forte, come mezzo di prova per ognuno. I doni preternaturali nonsono stati restituiti, ma alla fine dei tempi, quando l’ultimo discendente di Adamosarà nato e l’ultima conseguenza della sua colpa sarà stata esplicitata, alloraanche l’ultima Grazia Santificante sarà conferita e l’umanità tutta sarà restauratanello stato primigenio. Infatti è necessario che chi da Adamo haavuto colpa e pena, sia innestato in Cristo per riceveresantità e premio. Allora dunque tutta l’umanità salvatariceverà una natura migliore, spiritualizzata, superiore aquella data ad Adamo stesso nell’Eden, nella Resurrezione deiCorpi. Ecco perché Cristo è il Nuovo Adamo: in Lui siamoinnestati tramite la fede e il Battesimo. Egli non ha avutobisogno di generare una nuova umanità, ma di innestare inSe’, Uomo nuovo, la vecchia umanità restaurata. Allora ilnumero dei predestinati, conosciuto da Dio prima ancora dellaCaduta, in conseguenza della quale alcuni sarebbero statisalvati e altri persi, sarà compiuto, e il disegno disalvezza realizzato. Così, a dispetto di satana e della Colpadi Adamo, chi avrebbe dovuto salvarsi, si salverà, e chiavrebbe dovuto dannarsi, andrà dove ha scelto di andare.

LA NOSTRA COOPERAZIONE ALLA SALVEZZA

Completo nel mio corpo ciò che manca alla Passione di Cristo a vantaggio del SuoCorpo che è la Chiesa (Col 1,24b). Così si esprime San Paolo,esprimendo il ruolo che ogni cristiano ha nella Salvezza delmondo. Nessun uomo può salvare se stesso né i fratelli. Ma ilbattezzato, redento e innestato nel Corpo di Cristo, quandosoffre e offre, soffre e offre la Sofferenza e l’Offerta diCristo stesso. Tutta la sua vita è oblazione con Cristo, main particolare i suoi dolori sono una partecipazione allaPassione, in quanto essi, ordinariamente dovuti a causenaturali o umane, possono essere volontariamente accettati evissuti con spirito oblativo. Cristo stesso continua così asoffrire nelle Sue membra, mentre queste attingono alcapitale infinito della Sofferenza del Redentore, che nellaSua Passione ha già causato, finalizzato, santificato evissuto i loro dolori. Noi infatti non potremmo soffrire conLui, se Egli non avesse predestinato tale buona opera, e non

le avesse conferito valore nel Suo dolore che anticipa,riassume e ricapitola il dolore di tutti. Questo è necessario non per la redenzione oggettiva – ossiaper la liberazione delle anime – ma per la redenzionesoggettiva – ossia per l’applicazione del merito e lapartecipazione ad esso. Finchè Cristo fu sulla terra, fuVittima e Sacerdote, ossia Colui Che offre ed è offerto. IlPadre ricevette il Sacrificio e ne trasmise la validità anchealle Altre Due Persone Divine. Da quando però Cristo ascese,Egli stesso, in qualità di Mediatore, offre ancora Sé stessonella liturgia tramite la Chiesa, ma anche riceve ciò cheviene offerto, in quanto Dio. Tutte le volte in cui l’umanainiquità rende vana l’offerta di Cristo per il mondo, sicontrae un debito di giustizia, che può essere ripianato inquesto mondo solo se un termine medio tra Cristo stesso e ilpeccatore ripete l’offerta stessa, associandovisi. Taleassociazione è indispensabile, perché Cristo è sempre Vittimae Offerente, e nessuno può essere l’uno e l’altroseparatamente e senza Cristo stesso. Perciò ognuno, comeCristo, può intercedere per i vivi e i morti, per sé e glialtri. Non sono dunque meriti nuovi prodotti dal nulla, mal’esplicitazione dei meriti stessi del Redentore, che in noisono fecondi nella generazione di nuovi elementi di salvezza,di per sé inutili, ma in unione a Cristo realmente efficaci.Non si tratta di un sadismo divino, che moltiplicaall’infinito le sofferenze dei buoni per la salvezza deicattivi, ma dell’unica strada per la quale l’inevitabilesofferenza umana, alla quale in ogni caso la Redenzione haposto un argine che sarà definitivo alla Fine dei Tempi,assume un valore e un senso, quello della carità e dellamisericordia verso gli altri e verso Dio, oltre che, diconseguenza, verso se stessi. In questa sofferenza, che faparte della vita umana e cristiana allo stesso titolo dellagioia, è sempre presente la letizia cristiana, che sa chenulla è inutile per gli eletti.La prima e fondamentale associazione ai Dolori di Cristo èquella della Madre Sua, nel corso di tutta la Sua Vita e aipiedi della Croce, quando il Suo soffrire, sia pure in modoassolutamente subordinato a quello del Figlio, fu chiamato apartecipare alla Salvezza degli altri uomini. Come vedremo

infatti, Maria, redenta in modo speciale in vista della Suamissione e quindi addirittura preservata dal Peccatooriginale, non aveva bisogno di espiare per Sé, ma non fuesentata dal dolore perché fu chiamata all’amore: Ella applicò perprima le Sue sofferenze, scaturenti in modo diretto, per contemplazione, da quelledel Figlio, all’umanità peccatrice, e compiendo quindi l’opera della Salvezza, perquanto stava in Lei, a vantaggio della Chiesa, di cui è Madre. Al di sotto diquesta immolazione meravigliosa e tremenda, stanno leimmolazioni di tutti i Santi e dei giusti, offerte in questomondo per i loro fratelli. Un posto eminente tra esse hannoquelle dei martiri, dei confessori, dei mistici, specie diquelli che rivivono la Passione di Gesù, per quanto èconcesso loro. Un terzo livello è l’espiazione delle animepurganti, che è solo per se stesse. Un quarto è il soffriredei Santi in modo mistico nelle membra del Corpo di Cristo,attraverso il mistico soffrire del Cristo stesso nel SuoCorpo. E’ il caso per esempio dei giusti calunniati o obliatida morti, che in Cielo offrono per noi.Ognuno dunque porta la sua stilla di sofferenza alla fonteche sgorga dall’albero della Croce, quello che in eterno dàla vera vita, nella quale lo stesso dolore si trasforma ingioia, in attesa della felicità piena, nella Beata eternità,apertaci dal Cristo nella Sua Morte.

PARTE TERZA- FONDAZIONE SACRAMENTALE DELL'ETICASOPRANNATURALE34

34 Tratto da Sacrum Baptisma, il saggio sul Battesimo dell'ebook IlCulto Cattolico.

Al battezzando, nel momento centrale del rito sacramentale,si chiede la Fede. Come insegna Gesù stesso, chi crede e sifa battezzare si salva. La Fede richiesta è quella in CristoSalvatore. Tale Fede permette di ricevere con profitto ilBattesimo, che dà la Grazia che ci rende capaci del bene.Infatti san Paolo insegna che è giustificato chi crede inCristo. La Fede tuttavia non viene fuori dalla volontà edall’intelligenza del battezzando, ma dalla Chiesa stessa,alla quale egli – o chi per lui – la chiede. Ossia vienecomunicata al catecumeno in virtù dell’efficacia della Chiesaquale sacramento di salvezza e quindi per effetto anticipatodel Battesimo stesso, senza cui nessuna Grazia può essereconferita al neofita. Ossia, quel Dio che chiama al Battesimosuscitando la fede in esso, tramite esso conferisce lapienezza della Grazia che la fede stessa reclama. Perciòdiciamo che il Battesimo è Sacramento della Fede. Tale Fede èdunque embrionale all’atto del Battesimo, appunto più unabito che un atto. Dovrà crescere. Diciamo quindi che si ègiustificati per le opere in modo altrettanto esatto. Inentrambe le formule soteriologiche la scaturigine strumentaledella Grazia è il Battesimo. In ragione di tutto ciò, da unlato il Battesimo può essere ricevuto anche dai bambini,perché essi sono capaci di ricevere la Fede come Grazia,anche se non possono ancora fare atti della Fede stessa;dall’altro proprio per conto dei bambini i loro genitori e icosiddetti padrini possono chiedere alla Chiesa il dono dellaFede nel Battesimo stesso in vista della Salvezza, facendoessi in prima persona un atto di questa virtù teologale eimpegnandosi ad educare i figli nella religione cristiana .In poche parole, battezzare un bambino anche se questi non hala consapevolezza di ciò che gli accade non è pedagogicamentediverso dal fatto che egli sia educato dai genitori in valoriche non ancora conosce e capisce, ma ai quali è sottintesoche debba e voglia dopo dare il suo assenso, proprio perchéeducato in essi. Ragion per cui le obiezioni dellaplurisecolare disputa sul Battesimo dei bambini non hanno unaragion d’essere, ancor meno se si considera che il Sacramentonon è solo un atto pedagogico, ma produce una mutazione

ontologica nel soggetto che lo riceve, di cui andiamo adire .

EFFICACIA SOTERIOLOGICA DEL BATTESIMO

Nostro Signore in Persona ha insegnato che il Battesimo ènecessario per la salvezza: da esso si rinasce e dalloSpirito, come dal grembo materno (Gv 3, 5), come si è dettoall’inizio. Perciò tutte le genti debbono essere battezzate,o altrimenti saranno perdute (Mt 28, 19 ss.): Morte oBattesimo è l’alternativa che San Bernardo mostrava ai pagani. Coloro che dunque sanno che Dio ha istituito taleSacramento e lo rifiutano o lo disprezzano o lo trascurano,pur potendolo richiedere, sono fuori della Chiesa e quindiprivi della Salvezza (Mc 16, 16). Non esiste infatti alcunaltro mezzo per cui la Chiesa stessa possa comunicare laGrazia santificante. Dio ha legato la salvezza a questoSacramento.

Tuttavia Egli non è vincolato ai Suoi Sacramenti. Perciò visono altre due forme battesimali mediante cui vienecomunicata la Grazia ai non battezzati nell’acqua. La prima èil Battesimo di Sangue, ossia la testimonianza del martirio:chiunque muoia per la Fede senza aver ancor ricevuto illavacro, è asperso dal Sangue di Cristo nell’uniformazionealla Sua Morte . Il già citato Battesimo di desiderio valesia per coloro che sono morti prima di ricevere il Sacramentoa cui si preparavano (ossia i citati catecumeni) sia percoloro che, pur non conoscendo il precetto di Cristo sulBattesimo, sarebbero desiderosi di riceverlo se loconoscessero, come anche coloro che, non conoscendo Cristostesso o finanche Dio, sarebbero disposti a servirLi sefossero loro noti, con zelo e amore. Costoro desiderano,senza saperlo, un Battesimo che non conoscono. Almeno unavolta nella vita, tutti i non cristiani sono messi incondizione di desiderare il Battesimo e di entrare così

invisibilmente nella Chiesa, anche se magari mai laconosceranno in terra. Tale Battesimo trae la sua efficaciadalla mediazione universale e strumentale della Chiesa,Sacramento di Salvezza. In quanto ai bambini morti senzaBattesimo, è certo che senza la sua Grazia essi sono perdutialla Salvezza e destinati ad una mera felicità naturale oLimbo dei Fanciulli; ma non è detto che essi non possanoessere raggiunti, per vie a noi ignote, dalla Grazia stessa equindi entrare anch’essi nel Regno di Dio. In ogni caso èbene battezzare i bambini entro otto giorni .

Tale universalità del Battesimo si deve al fatto che tramiteesso si compiono azioni insostituibili:

1. innanzitutto esso cancella il Peccato originale;restituisce quindi l’innocenza in cui Adamo fu creato econferisce la Grazia santificante, ossia la vita divina,mediante cui lo Spirito Santo opera e risiede in noi;diventiamo perciò membra del Cristo, figli del Padre,tempio dello Spirito;

2. inoltre cancella i peccati personali in chi loriceve da adulto, sia in ordine alle colpe (ossial’imputabilità) sia alle pene, di qualunque genere:mortali e veniali; chi muore dopo il Battesimo, anche seadulto, se dopo non ha commesso alcun nuovo peccato, vadiritto in cielo perché innocente;

3. cancella altresì le conseguenze personali delpeccato, sia originale che individuale; dunque restaurala libertà perduta col Peccato d’origine, per cui l’uomopuò non solo scegliere il bene con il libero arbitrio, maperseverare in esso; altresì annulla le conseguenze sullalibertà umana causate dai peccati individuali, specie semortali; non fa scomparire invece le conseguenze delpeccato sulla natura: la sofferenza e la morte,l’ignoranza, la concupiscenza, nonché le loro

declinazioni individuali, come difetti e limiti dellamente e del corpo, della volontà e del sentire ;

4. conferisce la Grazia sacramentale, ossia quellaspecifica per vivere per sempre come fedele cristiano, adispetto e in contrasto con le stesse conseguenzenaturali del peccato, mantenendo almeno l’opzionefondamentale per Dio nell’anima;

5. in virtù della Grazia santificante, infonde le trevirtù teologali, chiamate così perché riguardano Dio, chepossono essere praticate di conseguenza. Esse sono: 1) laFede, che ci fa credere fermamente in Lui, in quantoverità infallibile, e in ciò che ci ha rivelato e ci èproposto dalla Chiesa, vivendo di conseguenza, a partiredalla Due Verità principali del Cristianesimo: A) Unità eTrinità di Dio; B) Incarnazione, Passione, Morte eResurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, Vero Uomo eVero Dio, Giudice dei Vivi e dei Morti; la Speranza, checi fa attendere dalla Sua bontà, per le Sue promesse e imeriti di Cristo Salvatore, la vita eterna e le grazienecessarie per meritarla con le buone opere che sivogliono e devono fare; la Carità, che ci fa amare Diosopra ogni cosa, sopra la nostra stessa vita e sopra noistessi, perché Bene infinito e nostra felicità che ciamati per primo e infinitamente, nonché il prossimo, peramor suo, come noi stessi, come amiamo Lui e come Lui loama, perdonando le offese;

6. sempre per la Grazia santificante, rende capaci divivere e agire sotto l’azione dello Spirito Santo, che èla Grazia increata, riempiendoci dei Suoi doni: laSapienza, l’Intelletto, il Consiglio, la Scienza, laPietà, la Fortezza, il Consiglio e il Timor di Dio;

7. infine, in relazione alla Grazia santificante e allasacramentale, permette di praticare il bene naturale,elevato al rango sovrannaturale, tramite le virtùmorali ;

8. esplicando quanto detto, esso ci incorpora allaChiesa, rendendoci membra gli uni degli altri (Ef 4, 25),facendoci partecipi del sacerdozio reale dei fedeli,dandoci in proprietà a Cristo e sottomettendoci a Lui eai Suoi rappresentanti in Terra, nonché conferendoci idiritti ai beni soprannaturali custoditi nella Chiesastessa e legandoci ai doveri della professione pubblica edell’apostolato della Fede, nonché del culto edell’osservanza dei Comandamenti;

9. imprime quindi il carattere o sigillo indelebile checi fa cristiani, ossia ci scorpora da Adamo e innesta inCristo stesso; tale sigillo non è cancellato da nessunpeccato, anche se i peccati successivi impediscono,specie se mortali, al Battesimo di portare frutti; talesigillo, custodito con zelo, sarà motivo di gloria pergli eletti; negletto, sarà ragione di vergogna per idannati .