teologia del V Comandamento

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NON OCCIDES Appunti di teologia morale del V Comandamento Vito Sibilio “Non occides” “Ou phoneùseis” (Il Signore Dio a Mosè) “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma Io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto a giudizio” (Nostro Signore Gesù Cristo) Il V Comandamento è di capitale importanza. Prescrive il rispetto della vita altrui e vieta tutte le azioni che la possono estinguere o danneggiare, sia nell'ambito fisico che in quello morale e spirituale. L'uomo infatti ha due vite: la terrena e l'eterna, la quale non può essere spenta ma può essere votata ad uno stato, la dannazione, che è peggiore della morte, quella che l'Apocalisse chiama la morte seconda. La vita umana, come primo dono concesso all'uomo come individuo e quindi come basamento di tutti gli altri, è il sacrario della dignitas hominis; eppure sin dall'inizio le creature sono omicide: satana con Adamo, che vota alla rovina eterna con la sua progenie, Caino con Abele, che sopprime. Ma dalla notte dei tempi il sangue versato, segno e simbolo della vita, grida vendetta innanzi a Dio (Gn 4,10-11), è uno dei quattro peccati più gravi. Il Signore ha proibito ad ognuno di uccidere, come attesta la coscienza di Caino, e ha rinnovato il precetto a Noè (Gn 9, 5-6) e a Mosè, perfezionandolo soprannaturalmente mediante il Suo Cristo (Mt 5, 21), per mezzo del Quale dà la vita soprannaturale e nel Quale sussiste ogni vita naturale. Morto per darci la Sua

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NON OCCIDESAppunti di teologia morale del V Comandamento

Vito Sibilio

“Non occides”

“Ou phoneùseis”

(Il Signore Dio a Mosè)

“Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere;chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.

Ma Io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratellosarà sottoposto a giudizio”

(Nostro Signore Gesù Cristo)

Il V Comandamento è di capitale importanza. Prescrive ilrispetto della vita altrui e vieta tutte le azioni che lapossono estinguere o danneggiare, sia nell'ambito fisico chein quello morale e spirituale. L'uomo infatti ha due vite: laterrena e l'eterna, la quale non può essere spenta ma puòessere votata ad uno stato, la dannazione, che è peggioredella morte, quella che l'Apocalisse chiama la morte seconda.La vita umana, come primo dono concesso all'uomo comeindividuo e quindi come basamento di tutti gli altri, è ilsacrario della dignitas hominis; eppure sin dall'inizio lecreature sono omicide: satana con Adamo, che vota alla rovinaeterna con la sua progenie, Caino con Abele, che sopprime. Madalla notte dei tempi il sangue versato, segno e simbolodella vita, grida vendetta innanzi a Dio (Gn 4,10-11), è unodei quattro peccati più gravi. Il Signore ha proibito adognuno di uccidere, come attesta la coscienza di Caino, e harinnovato il precetto a Noè (Gn 9, 5-6) e a Mosè,perfezionandolo soprannaturalmente mediante il Suo Cristo (Mt5, 21), per mezzo del Quale dà la vita soprannaturale e nelQuale sussiste ogni vita naturale. Morto per darci la Sua

Vita, versando il Suo Sangue Prezioso dalle Sue Piaghe e dalSuo Cuore squarciato, il Cristo, assassinato da noi, esige acompensazione innanzitutto la nostra sincera dedizione allacausa della tutela, della garanzia e della protezione dellavita nostra ed altrui. Vediamo dunque cosa prescrive ilComandamento.

CIO' CHE PRESCRIVE IL COMANDAMENTO PER LA VITA FISICA E MORALE

La vita di ogni uomo è sacra per l'altro uomo perché è creatadirettamente da Dio, da Lui mantenuta nell'essere, analogaalla Sua per modalità esistentiva anche se non essenziale(ossia la vita umana non è né infinita né di per sénecessaria); ragion per cui nessuno può rivendicare a sé, innessuna circostanza, il diritto di distruggere una vita umanainnocente (Es 23,7). In ragione di ciò, la legittima difesa dellepersone e della società, oltre che di se stessi, non è unaeccezione alla norma divina, ma il suo stesso complemento,perché non è un omicidio volontario, né riguarda uninnocente. Infatti, come insegna San Tommaso d'Aquino (1225-1274), dalla difesa personale derivano due conseguenze: laprima, necessaria, è la sopravvivenza della vita propria odella persona difesa; la seconda, non necessaria, mapossibile, è l'estinzione della vita dell'aggressore. Laprima è una conseguenza voluta, la seconda è solo tollerataed involontaria. Nessuno è tenuto a rinunciare alla legittimadifesa, perché la tutela della propria vita è più doverosadel rispetto di quella altrui, anche se tutti sono tenuti adifendersi solo nel modo necessario, senza una violenzasproporzionata. Chi poi ha la responsabilità di altri, di unafamiglia, di un gruppo sociale, dello Stato, ha il dovere diprovvedere alla loro legittima difesa.In tale prospettiva, l'autorità costituita ha la prerogativae il dovere di infliggere delle pene proporzionate allagravità dei delitti commessi, compresa, nei casi più gravi,la pena di morte. La pena deve sortire l'effetto di riparare ildisordine causato dalla colpa, dando a ciascuno il suo innome della giustizia, per cui è valida anche se inflitta achi non ne trae beneficio; se poi il condannato la accettacome espiazione, allora essa purifica anche la sua anima comepenitenza volontaria; inoltre, la pena difende l'ordine

pubblico e la sicurezza delle persone, dando un esempio etenendo fuori dal consorzio civile chi è potenzialmentepericoloso o anche semplicemente infamato dalla gravitàdell'azione commessa; infine la pena serve come correzionedel colpevole e ha una valenza pedagogica. Quest'ultimacaratteristica è senz'altro la più difficile da realizzare,soprattutto per la resistenza del condannato; non bisognatuttavia trascurarla, così come va evitato l'errore, assaidiffuso, per cui la pena abbia solo valore rieducativo. Essain verità ha piena legittimità anche se non raggiungel'effetto di rieducare, né è necessario che il rieducato siaesentato dalla pena residua, perché la correzione non implicala fine dell'espiazione, che è proporzionata al danno fatto enon è compiuta dal cambiamento morale del colpevole stesso. Se i mezzi incruenti sono sufficienti a difendere la vitaumana e a raggiungere i fini di cui sopra, la pena di mortenon è necessaria. Ma essa rimane una parte integrante dellaRivelazione, imposta dalla Legge mosaica in moltecircostanze, pena naturale per colui che uccide il suosimile. Sebbene le norme mosaiche siano decadute nel dirittopenale, esse sottintendono un senso morale. Sta alle varieepoche, a seconda del loro sviluppo culturale, determinare lecircostanze in cui tale pena estrema debba essere inflitta,sino ad estinguerle del tutto, oltre che le modalità dellasua esecuzione. Per secoli le nazioni cristiane e la Chiesastessa, tramite il braccio secolare, l'hanno inflitta, senzache questo sia in contrasto, come si crede spessoerroneamente, con la Fede. Tuttavia una recente e intensariflessione sulla dignità della persona umana ha fatto sì chela Chiesa sia diventata più precisa nella determinazionedelle circostanze che rendono lecita la pena di morte e piùimpegnata nella promozione delle condizioni che la rendanosuperflua e inutile, specie con il magistero del beato papaGiovanni Paolo II (1978-2005). Dai tempi dell'imperatoreCostantino I (306-337) è poi prescritta la pena di morte perCrocifissione, per rispetto a Colui Che ci ha redenti pertale Morte. La proscrizione più ampia odierna, nonprescrittiva in senso stretto, della pena capitale, è infondo un'ampliazione di quella forma di rispetto estesa adogni pena capitale.In ordine alla tutela della vita fisica, il V Comandamento

proibisce anzitutto l'omicidio volontario. E' proibito l'omicidioe la collaborazione ad esso, perché grida vendetta al cospetto diDio, come anche qualunque azione che che lo causi indirettamente, ol'omissione di assistenza o l'esposizione di sé o di terzi, senza grave motivo, a graverischio. Tollerare anche indirettamente la miseria o l'iniquità nelle relazionieconomiche e finanziarie tra i popoli che causano la morte di tanti uomini è essostesso un peccato per la società umana. In quanto all'omicidioinvolontario, non è una colpa, ma se la morte è statacausata, anche se preterintenzionalmente, con attisproporzionati alle circostanze, vi è responsabilità. Vi èovviamente responsabilità se si compiono azioni delittuose che possono implicarel'assassinio - che implicano la malizia di più colpe insieme - amaggior ragione se si è disponibili a compierlo (come la rapina a manoarmata, lo sfruttamento degli esseri umani, la loro tratta,l'esazione usuraria e del taglieggiamento) e se ci si associa per farle(come nell'associazione a delinquere, specie se di stampomafioso); analogamente, vi è colpa se si producono e diffondono o disperdonocose che causano direttamente o indirettamente la morte di chi viene a contattocon esse (come il traffico di stupefacenti, di scorieradioattive, di rifiuti tossici, di armi in modo illegale). E'particolarmente grave l'omicidio compiuto con efferatezza, per futili motivi, inmodo seriale e associato a violenze contro la persona della vittima; lo è altresì ilparricidio, il matricidio, l'uxoricidio, l'infanticidio, l'assassinio dei figli, dei parenti,dei benefattori, degli amici. L'omicidio può non essere imputabile nelcaso di turbe psichiche, ma colui che è consapevole di averesimili disturbi, almeno finchè è in tempo o quando ne èconsapevole sia pure a tratti, anche se si è già resocolpevole o se ragionevolmente teme di farlo, è tenuto asottoporsi alle cure e alle restrizioni necessarie pergarantire la sicurezza degli altri.L'aborto è la soppressione della vita del nascituro nel senomaterno, in qualunque stadio della sua gestazione. Esso, sevolontario, sia come fine che come mezzo, è gravementeimmorale. Ogni uomo infatti, com'è ormai sentenza unanime delmagistero ordinario, riceve l'anima nel primo istante delconcepimento (ominizzazione), per cui è persona viva sin dallafecondazione avvenuta dell'ovocita. La Bibbia attesta la curadi Dio per il soggetto personale sin dal grembo materno (Ger1,5; Sal 139, 15). Il diritto alla vita è imprescindibile sindal seno materno, nonostante oggi molti Stati, contravvenendoalla legge naturale, la negano. Sin dal I sec. la Didakè vieta

l'aborto come omicidio, mostrando che sia la Scrittura che laTradizione insegnano che l'anima umana è immessa nel corposin dal grembo materno. La violenza subita, l'incesto, lapovertà o la malattia del nascituro, se rendono drammatica lagestazione, non rendono lecito l'aborto. Ovviamente singoli egruppi, famiglia, società e Stato non devono privare del lorosostegno le donne che vivono, spesso in solitudine, questegravi situazioni, perché esse non siano indotte, perdisperazione, a compiere il male. E' possibile anche dare inadozione i figli avuti in condizioni drammatiche. Ma non sipuò far ricadere su un bambino innocente il peso di questestesse condizioni, che già segneranno la sua vita. Invece ilrifiuto puro e semplice del figlio che deve nascere rende lacolpa ancora più spregevole. La gravità dell'azione e la suadiffusione fanno sì che la Chiesa la condanni, in chi lacompie come genitrice o medico, e in chi vi collaboramoralmente e clinicamente, con la pena della scomunica,inflitta automaticamente, anche se la colpa è occulta (lataesententiae). L'aborto è ormai la causa del più grande genocidiodella storia, le cui vittime si calcolano in miliardi. Lalegge statale dovrebbe punire coloro che praticano l'aborto,violando in modo gravissimo il diritto alla vita di chi è piùdebole di tutti e nel luogo dove dovrebbe essere più alsicuro – il grembo materno – per mano della stessa madre. Il suicidio viola il V Comandamento perché nessuno è il padronedella sua vita, ma la riceve in dono. Essa va accettata conriconoscenza e va custodita con amore. Il suicidio invece vacontro la naturale tendenza alla conservazione della propriaesistenza e viola l'obbligo che abbiamo di amare noi stessi,a dispetto della cattiva percezione che abbiamo della nostrapersona; rompe altresì i legami di solidarietà umana con icari e tutti gli uomini ingiustamente e prematuramenteabbandonati; manca nei confronti dell'amore di Dio di cuidisprezza il maggior regalo e della cui Provvidenza diffida.Se commesso con l'intenzione di dare l'esempio, specie aigiovani, il suicidio è anche uno scandalo, come vedremo. Idisturbi psichici, l'angoscia, il timore grave dellasofferenza o della prova o della violenza o della torturapossono attutire la responsabilità del suicida, sino adazzerarla. Né il suicida è necessariamente dannato, qualunquesiano le ragioni del suo gesto, sia perché è presumibile che

lo stato d'animo che muova a tale gesto sia perturbante equindi attenuante, sia perché tra il darsi la morte e lamorte stessa intercorrono istanti in cui la Grazia di Dio puòconvertire il peccatore con la contrizione dell'atto che si ècommesso. Per questo oggi il suicida è generalmente ammessoai funerali religiosi. Sono in genere proibiti, per la tutela della vita fisica, lepercosse, i ferimenti, le violenze fisiche e psichiche, specie se gravi econtinuate o se compiute a danno di chi è affidato allapropria tutela a qualsiasi titolo, le ingiurie, le risse, il duello e tuttequelle forme di competizione che affidano alla sorte e alla forza l'affermazione deldiritto, nonché le mutilazioni arbitrarie, inflitte a sé e a terzi, ossia senzaragione medica, al pari delle amputazioni parimenti inferte.Tali azioni non possono essere compiute neanche dall'autoritàpubblica. Tra le violenze particolarmente ripugnante è ilrapimento, a qualunque scopo fatto; vile è la presa di ostaggi; ilterrore che ne deriva è riprovevole moralmente. Il terrorismo,che pretende di fare politica e di combattere uccidendo oferendo di soppiatto, indiscriminatamente e crudelmente, èingiusto e cattivo. La sterilizzazione degli innocenti è lesivadei diritti umani, anche se si tratta di disabili mentali ofisici, specie se orientata a scopi eugenetici. Tale praticaè particolarmente immorale se imposta dallo Stato. La tortura è stata praticata per secoli in tutti i sistemigiudiziari. Essa corrisponde ad una fase storica in cuil'elaborazione concettuale della modalità concreta dellatutela della dignità umana non era ancora sufficientementeelaborata. Sebbene non autorizzata nella Rivelazione, non èin contrasto con essa.

La posizione teologica assunta nei suoi confronti cambiò dunquepiù volte. Nei primi secoli fu rigettata (per esempio daTertulliano [150-220], ma in una fase già aperta all'influsso delMontanismo); Costantino il Grande la conservò solo per il processopenale come strumento di indagine. Sant'Agostino (354-430) laconsiderava di per sé un male ma indispensabile da praticare e dasubire, per la mancanza di certezza della colpevolezzadell'imputato: questa sua posizione, che sottende che il colpevolesia meritevole di tortura, anche se praticarla non si addice allaperfezione evangelica, fece sì che essa potesse essere accettatanella società cristiana in linea di principio (sul suo parere sicostruì la communis opinio dei teologi che fu orientativa in materia

fino al nostro secolo); l'aver sottolineato però che essa nonfosse confacente allo spirito cristiano e che non desse lasicurezza della colpevolezza del torturato che confessa, fece siche, nonostante il Codice Teodosiano (438) la accettasse in alcunicasi come punizione per gli eretici oltre che per la procedurapenale, Giustiniano I (527-565) restringesse ulteriormente lapratica della tortura nel suo Corpus Iuris e che Carlo Magno (768-514) non la introducesse nei suoi codici. Il papa San Niccolo' I(858-867) la considerò una pratica barbara, contraria alla leggedivina perché non dava la certezza della colpevolezza del reoconfesso, in concomitanza col declino del diritto romano inOccidente. Reintrodotta nei tribunali profani dalla metà del XIIsec. con la riscoperta dello stesso diritto romano, fu autorizzataanche nei tribunali ecclesiastici, con una decisione disciplinaree non magisteriale, contro gli eretici perché confessassero, apartire dalla metà del XIII sec. (decretale Ad extirpandam diInnocenzo IV [1243-1254]), anche se per una sola sessione ditormenti e senza nocumento per la vita e l'integrità del corpo.Tuttavia la norma, che pure non fu mai in vigore ovunque, fuinterpretata in modo estensivo e il Concilio di Vienne (1311) posedei limiti canonici alla procedura penale connessa. San Tommasod'Aquino (1225-1274) accetta la congruità della punizionecorporale per i battezzati caduti nell'eresia; afferma chel'imputato è tenuto a dire la verità dinanzi a prove della suacolpevolezza; insegna che, potendosi infliggere la pena di morte,a maggior titolo e con meno rigore si può infliggere una punizionecorporale; tuttavia non parla mai esplicitamente di tortura. TraXVI e XVII sec. iniziò il dibattito tra abolizionisti econservatoristi: i primi considerano la tortura una barbarie, datoanche l'abuso fattone in quei secoli; i secondi la considerano unmale minore da tollerare per le istruttorie penali rispettoall'impossibilità di individuare i colpevoli. Sant'Alfonso Mariade' Liguori (1696-1787) fa una sintesi finale sulla questioneormai plurisecolare: la tortura va utilizzata come ultima risorsaverso coloro sui quali vi è già un quadro probatirio pesante e maiper le persone deboli; non va mai inflitta in modo tale da nonpoter essere sopportata e le confessioni estorte anche solo con iltimore di una violenza pesante sono da considerarsi nulle; lareiterazione della tortura è lecita fino a tre volte, se il reoconfessa sotto tortura ma ritratta innanzi al giudice, mentre segià dalla prima sessione di tormenti non ammette alcuna colpa varilasciato, così come se per la terza volta ritratta innanzi almagistrato. Siamo già prossimi al clima in cui l'illuministaitaliano Cesare Beccaria (1738-1794) teorizzò l'inutilità della

tortura giudiziaria. Pio VII (1800-1823) nel 1816 abolì e vietòogni forma di tortura nel mondo cristiano, assumendo in tal sensole istanze dell'Illuminismo, conformi alla Rivelazione ancor piùdegli ormai arcaici principi del diritto romano. Il Codice Pio –Benedettino, riconoscendo il principio giuridico per cui nessuno,al di fuori di un tribunale ecclesiastico, è tenuto ad accusarsidi una colpa anche se commessa e quindi non può essere sottopostoa tortura durante interrogatorio, ne proscrisse nuovamente l'uso(1917). Pio XII (1939-1958) riconobbe l'inutilità della torturacome strumento di indagine, rovesciando l'assunto per cui essasarebbe il male minore; il Concilio Vaticano II (1962-1963)condanna l'uso della tortura come contraria alla dignità umana,accettando definitivamente l'idea che non solo l'innocente, maanche il reo, in quanto uomo, non debba essere torturato,conformemente alla nuova antropologia, sia laica che cattolica,invalsa in tempi recenti e perfettamente conforme allaRivelazione. In tale prospettiva, il beato papa Giovanni Paolo II(1978-2005) potè più volte reiterare la condanna della tortura edeplorare gli abusi commessi in tal senso nei secoli precedenti.Il suo insegnamento è reiterato nel Catechismo della ChiesaCattolica (1993) e nel Compendio della Dottrina Sociale dellaChiesa (2003), e da papa Benedetto XVI.

Lo spirito del Vangelo è dunque sempre stato incline allaclemenza e alla misericordia, nonché alla carità e allagiustizia, contenendo così in nuce la ragione per cui meglio siconfà, alla Rivelazione, l'astensione dalla praticatorturatoria piuttosto che la sua realizzazione. Oggi poi lariflessione sull'inutilità e la dannosità della tortura,nociva piuttosto che utile all'accertamento della veritàgiudiziaria, ha fatto si che il Magistero rigettasse questapratica antichissima, sia per questo fine sia, a maggiorragione, per infliggere punizioni e per procurare la morte.Sempre poi è stata rigettata come strumento terroristico ocome mezzo per sfogare l'odio. Oggi però la tortura è piùdiffusa del passato. Essa degrada carnefici e vittime.L'impegno per la sua abolizione è gravemente doveroso per lacomunità umana, apparendo essa ormai contraria alle modalitàpiù mature di applicazione del diritto naturale. Anch'essapuò essere considerata proscritta per rispetto di Cristo, Checi salvò venendo torturato a morte. I moribondi hanno diritto alle cure e alle attenzioni per

vivere serenamente e pacificamente gli ultimi istanti; devonoessere sostenuti con la preghiera per gli agonizzanti e daiSacramenti, da riceversi tempestivamente e prima ancora deimedicinali. I corpi dei defunti, consacrati dal Battesimo edagli altri Sacramenti, destinati alla Resurrezione, abitatidalla Grazia attraverso le anime ormai uscite da essi, vannotrattati con rispetto e devozione; essi hanno diritto allasepoltura. In ragione dell'attesa della Resurrezione sipratica l'inumazione. La cremazione è lecita solo sepraticata senza pregiudizio della fede nella Resurrezionedella carne. Per ragioni mediche o giudiziarie la disciplinacanonica permette l'autopsia, così come in passato permetteva losmembramento dei corpi per particolari sepolture, come quelle deiRe e dei Santi, e la conseguente generazione di Reliquie,possibile anche ora a determinate condizioni. La donazione diorgani da morti è moralmente lecita e anche meritoria se decisain grazia di Dio. E' lecito, e all'occorrenza meritorio,acconsentire a trapianti e donazioni di organi a vantaggio di terzi anche davivi, purchè non ci sia nocumento della propria salute e dellapropria vita. E' invece abominevole espiantare organi da unapersona viva non consenziente o costretta ad acconsentire perbisogno, e ancor più da una persona uccisa a tale scopo, avantaggio di un terzo anche gravemente malato. Oggi questodelitto avviene orrendamente su persone povere e su bambinirapiti e uccisi appositamente.La difesa della vita corporea implica anche l'obbligo, quandosi può farlo e nei modi che ognuno ha a disposizione, diaiutare gli altri nelle loro necessità corporali, sia comesingoli che come gruppi, società e Stati. In particolare ciòavviene con le Opere di Misericordia corporale, su cui Gesùci giudicherà, e che hanno creato i moderni serviziassistenziali ispirando l'azione umana ben oltre i confinivisibili della Chiesa Cattolica: Dar da mangiare agli affamati; dar dabere agli assetati; vestire gli ignudi; visitare i malati; visitare i carcerati; alloggiare ipellegrini; seppellire i morti. Declinate secondo le esigenze moderne,esse implicano, in aggiunta alle forme tradizionali, come lacura delle necessità dell'infanzia abbandonata, quellerelative alla tutela dei gruppi disagiati socialmente, degliimmigrati, degli anziani, dei diversamente abili fisici ementali, dei malati permanenti, gravi e terminali, deitossicodipendenti e di tutti coloro che hanno dipendenze,

delle donne e dei minori oggetto di violenze o bisognosi diparticolari cure, delle madri senza compagni, deglistranieri, dei disoccupati, dei profughi, dei senza casa e dichiunque soffra nel corpo per le avversità dell'esistenza.Destinare a chi non ha bisogno gli aiuti che legittimamentetoccano a costoro è spregevole, specie se implica la finedelle risorse così ignobilmente distratte.Ognuno di noi è poi tenuto alla legittima cura di sé,nell'alimentazione, nell'igiene, nella tutela della salute enelle cure mediche, nonché nel mantenimento della giustaforma fisica in base alle proprie attitudini, anzi dev'esserein questo supportato dalle strutture pubbliche e sociali egarantito dal diritto, senza però cadere nell'edonismo estetizzantedei miti del salutismo, dell'igienismo, dell'iperattività sportiva e del narcisismoestetico, intesi come forme di culto del corpo; rischi speculari sonolegati al vizio della gola, come l'abuso dei cibi, la crapula,l'ubriachezza, e l'alcolismo, nonché il tabagismo e la dipendenza immotivatada farmaci; particolarmente deleterio è l'uso di sostanze stupefacenti equindi gravemente immorale, come del resto la loro produzionee distribuzione, in quanto causano la rovina fisica,psichica e morale di coloro che le consumano, fino allamorte, deteriorando le relazioni familiari e sociali; anchela guida di qualunque mezzo a grande velocità o in stato di ebrezza, ponendo arischio la propria e altrui vita, è peccaminosa; del paril'ignoranza e l'inosservanza delle regole dei codici stradali. In ordine alla vita morale, il V Comandamento proscrive leimprecazioni contro sé e i terzi e soprattutto lo scandalo, ossial'atteggiamento e il comportamento che inducono gli altri almale, che è quindi peccato mortale se volontariamente inducead una grave mancanza, configurandosi come un vero omicidiospirituale. Ancor più grave dell'omicidio fisico (Mt 18, 6),lo scandalo è particolarmente ripugnante se colui che locompie ha un'autorità o una visibilità o un prestigioparticolari, se ha una responsabilità educativa religiosa,morale o culturale e se si rivolge a persone particolarmentedeboli. La legge, la moda, le istituzioni e l'opinionepubblica possono dare scandalo e anche in modo gravissimo,degradando i costumi, corrompendo la vita religiosa, creandocondizioni di vita in cui è difficile o impossibile obbedireai Comandamenti di Dio; sono di scandalo gli imprenditori cheinducono alla frode, i maestri che esasperano gli allievi,

gli operatori delle comunicazioni sociali che manipolanol'opinione pubblica sviandola dai valori morali. Se dunquegli scandali sono inevitabili, è altresì vero che chiscandalizza sarà punito (Lc 17, 1).Per quanto riguarda la difesa della vita morale e spirituale,il Comandamento impone la cura della propria innanzitutto e,per analogia e in base alle responsabilità, di quella altrui.Anzitutto vanno tutelate le facoltà dell'anima:l'intelligenza, con lo studio, la riflessione e laponderatezza nell'agire, lo sviluppo delle inclinazioni, lafuga della pigrizia, dell'ozio, della svogliatezza; lavolontà, col dominio dei propri istinti, la coltivazione dialti ideali, l'esercizio delle virtù naturali che larinsaldano (gentilezza, schiettezza, pazienza, umiltà), lascelta e la cura delle buone amicizie. Bisogna poisalvaguardare la propria vita soprannaturale, evitando ilpeccato mortale che è un autentico suicidio spirituale, e perquanto è possibile il veniale che è paragonabile ad unaferita inflitta all'anima; si deve altresì a tale scopoessere solerti e costanti nella preghiera, accettare eoffrire a Dio le nostre sofferenze in unione col Crocifisso,accostarci frequentemente ai Sacramenti. Per la vitaspirituale, naturale e soprannaturale altrui, bisognapregare, dare l'esempio, dire le parole giuste al momentogiusto e compiere opere di apostolato; soprattutto si devonopraticare le Opere di Misericordia spirituale: consigliare idubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti,perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio peri vivi e i morti. Esse hanno avviato le grandi opere di soccorsospirituale della civiltà cristiana e che oggi operano ancheal di fuori di essa; i moderni mezzi di educazione, diascolto e consiglio, di formazione e di apostolato morale espirituale, utilizzati all'occorrenza da esperti, aumentanoenormemente le possibilità di sollevare le miserie di unaumanità affranta e in difficoltà.

L'INTEGRAZIONE DEL V COMANDAMENTO NEL DISCORSO DELLA MONTAGNA

Da un altro Monte, quello degli Ulivi, il Verbo di Dio fattoCarne volle, nella Nuova ed Eterna Alleanza, completare laformazione morale degli uomini con le norme della vita

soprannaturale. Il Signore Gesù ci ha insegnato che l'ira saràsottoposta a giudizio (Mt 5,22); essa, che è un viziocapitale, ci spinge a desiderare la vendetta per il male perchi va punito, ma erroneamente, perché la vendetta appartienea Dio; sebbene sia lodevole imporre una riparazione al finedi correggere i vizi e conservare il bene della giustizia, lavendetta non è mai lecita, perché esorbita dalla giustizia.Perciò il Signore corregge l'espressione Occhio per occhio dente perdente e prescrive di perdonare generosamente, con una serie diiperboli che vietano di agire per rappresaglia (Mt 6, 39-41),mentre ordina di non negare, all'occorrenza, l'aiuto alnemico in difficoltà esattamente come all'amico, perchéabbandonare, per ostilità o indifferenza, può essere come unassassinio. Se invece l'ira si spinge sino al proposito diferire brutalmente o uccidere un'altra persona divienepeccato mortale. L'odio per il nemico opposto all'amore delprossimo è abolito da Gesù, che invece ordina di amare tutti,come Dio, pregando per i propri nemici e facendo del bene achi ci perseguita, in quanto solo in questo vi è merito,perché vi è gratuità (Mt 6, 43-48). L'odio del prossimo è unpeccato quando desidera per lui il male; se il maledesiderato è un grave danno, il peccato è ovviamente graveanch'esso (Mt 5,44-45). Gesù ci ammonisce anche sul giudiziomorale insultante espresso e sanzionato per ira, perché puòmeritare anche l'inferno (Mt 5, 22). Impone lariconciliazione come condizione previa per la presentazionedell'offerta all'altare. Esorta a comporre in vita lecontroversie, per non scontare i rancori in Purgatorio (Mt 5,25-26). Infine, il grande precetto della carità si configuracome l'antidoto dell'odio che genera la morte attraversol'omicidio: amare il prossimo come se stessi, come si ama Dio e come lo amaDio è il segreto della perfezione cristiana. Da questa ardua scalata allavetta della perfezione si fa agli altri ciò che si vuole siafatto a sé e non si fa loro ciò che non si vuole sia fatto asé, poi si fa per gli altri tutto ciò che Dio vuole e che sifa per Lui, per amor Suo, infine si spende e si dà la vitaper loro esattamente come ha fatto Gesù, amandoci gli uni glialtri di un amore di comunione, gratuito, oblativo, senzaretorica e pieno di concretezza materiale e spirituale. Inquesto spirito si può e si deve perdonare sempre, anzitutto nonvolendo il male di nessuno e il bene di tutti, poi aprendo il

cuore nuovamente a chi umilmente dica: mi pento, anche fino asettanta volte sette, esattamente come noi siamocontinuamente perdonati. Ciò non implica certo di ridare atutti la stessa fiducia o intimità, almeno non a scatolachiusa, ma comporta la manifestazione esteriore del perdonogià concesso. In questo spirito noi viviamo le Beatitudini dei miti,dei misericordiosi, degli operatori di pace, che erediteranno la terra,troveranno misericordia e saranno chiamati figli di Dio. Pervivere questa affascinante ma difficile perfezione noipreghiamo nel Padre Nostro: Rimetti a noi i nostri debiti come noi lirimettiamo ai nostri debitori. In questo noi riceviamo la pace diCristo e la diamo agli altri, come riconciliazione spiritualee unificazione in Lui, secondo quanto Lui stesso ci hapromesso.

L'ATTUALIZZAZIONE DEL V COMANDAMENTO NELLA BIOETICA

Il moderno progresso delle scienze e delle tecniche mediche ebiologiche ha fatto porre dei problemi completamente nuovialla coscienza morale, creando una disciplina trasversale, labioetica, che propriamente è la branca dell'etica che si occupadella generazione e della conservazione della vita. Essa siconfigura come afferente sia al V che al VI Comandamento.Applicando gli eterni principi della Rivelazione, la Chiesaha dato la risposta ai grandi interrogativi legati allatutela della vita nelle questioni critiche della bioetica. Anzitutto va ricordato che, essendo l'essere umano tale sindal suo concepimento, sia per la creazione dell'anima daparte di Dio all'interno della cellula fecondata in quellostesso istante, sia per la presenza di tutto il genomadell'individuo in essa sin dall'inizio, l'embrione come il feto èpersona. Esso dunque dev'essere difeso, curato e guarito comechiunque, per quanto possibile. Solo a queste condizioni, epurchè non comportino per lui interventi sproporzionati, èlecito intervenire sull'embrione stesso. La distruzionedell'embrione o il suo danneggiamento sono dunque delitti comel'omicidio e la ferita, tanto più che le condizioni disviluppo dell'embrione generato e conservato al di fuori delgrembo materno sono tutte affidate alle tecnologie umane, chesono indispensabili alla vita dell'embrione stesso, e la cuisospensione immotivata è dunque omicida essa stessa. La

generazione di embrioni in sovrannumero, per lasciarne sopravvivere o farneattecchire uno solo nel grembo materno sapendo che gli altri saranno perduti o persceglierne uno soltanto per criteri eugenetici, è un crimine inedito nella storiaumana, perché consiste nel dare la vita a molti per far sopravvivere uno soloeliminando volontariamente, in modo diretto o indiretto, gli altri. Oggi milionidi embrioni, individui in uno stato evolutivo bloccato, sonotenuti nel limbo di una crioconservazione dalla quale nonpotranno mai essere tirati fuori, sia perché nessuno livuole, sia perché ne sono troppi, sia perché la loro stessaconservazione implica, alla lunga, il loro danneggiamento equindi rende inevitabile la loro distruzione o la loro morte1.E' questo una sorta di microsistema di sterminio di massa,per persone, fortunatamente, senza coscienza, ma non senzadignità, alla cui strage ci si accinge con la minoresensibilità causata dal fatto che essi non hanno le parvenzericonoscibili dell'uomo e per il delirio di onnipotenzacausato dal fatto di averli generati in laboratorio. Inqueste azioni particolarmente riprovevole è la responsabilitàdi chi, come i genitori e i medici, danno la vita e la curanosolo in vista della morte. L'uso degli embrioni, anche sovrannumerarinelle disumane tecniche di fecondazione assistita, se non generati a tale scopo, peril prelevamento di cellule staminali totipotenti a scopo terapeutico per terzi è a tuttigli effetti un omicidio dilazionato, peraltro basato sull'erronea convinzione che talicellule così ottenute siano più efficaci di quelle ricavate dal cordone ombelicale, daaltro materiale organico o da cellule adulte svuotate del loro nucleo. Agliembrioni distrutti e ai feti abortiti non si concede neanchela dignità di una sepoltura, ma solo l'oscura sorte di unsacco di spazzatura2. La clonazione umana, ottenuta inserendo il nucleo di una cellulaadulta in un ovocita in modo da avviare la mitosi cellulare,separa la generazione della vita dall'atto sessuale, replicain modo surrettizio un essere umano in un altro, genera la1 La determinazione delle condizioni generali dell'embrione inrelazione al modo in cui è conservato, per cui in alcune di esseapparirebbe già avvenuta la morte biologica, apre lo spazio ad ulteriorivalutazioni etiche sulla possibilità o meno di smaltire gli embrionisoprannumerari. 2 Come smaltire gli embrioni in sovrannumero? Forse andrebberoconcessi in gestazione alle donne che, anche se sole, desiderano averefigli e non possono averne; a maggior ragione andrebbero concessi ingestazione a donne con il marito. Questo ovviamente è il parere di chiscrive.

vita stessa senza un concorso diretto della paternità ematernità umane. Tale pratica, disumanizzante per il clonatoe finora mai praticata, se genererebbe di sicuro esseri umanianimati, sarebbe tuttavia gravemente contraria all'ordinedivino stabilito in natura. Solo la replicazione parziale disequenze di DNA o la clonazione terapeutica di organi pertrapianto può essere, in vista dei suoi scopi terapeutici escientifici, legittima.Le manipolazioni genetiche sono lecite solo se, avvenendo senzacontravvenire alle norme della generazione umana naturale,vogliono contrastare le malattie. Il loro uso per selezionarele caratteristiche psicofisiche del nascituro sulla base diuno schema precostituito è una forma di eugenetica razzistaassai pericoloso per la disparità tra gli uomini che essapresuppone erroneamente e crea artatamente, oltre che unaviolenza fatta alla irripetibile ricchezza di ogni personaumana. L'ibridazione del genoma umano con quello di specie animaliper la creazione di chimere con scopi eugenetici o comemanodopera da sfruttare o materiale organico da utilizzareall'occorrenza è un'azione spregevole che viola l'ordinenaturale fondato da Dio e che genera esseri infelici votatiad una esistenza incompleta e dolorosa. La legge civile ètenuta a seguire tutte queste indicazioni della leggenaturale, confermata dal Magistero, a tutela dell'embrione edella sua integrità e normale sviluppo. L'eventuale uso ditecnologie cibernetiche ed informatiche per sovvenire a problemi disalute non presenta, al momento, problemi morali,evidentemente in ordine al sostegno dell'apparato neurologicoe alla sostituzione di arti e organi malati o perduti.Le sperimentazioni mediche, scientifiche e psicologiche sui singoli e i gruppipossono concorrere alla guarigione dei malati e al progressodella salute pubblica. Tuttavia le scienze non sono autonomedalla morale, anzi vi sono pienamente sottomesse per essereesentate dalla schiavitù della funzione d'uso, delleideologie, dell'utilitarismo, specie se a vantaggio di terzi.Ogni sperimentazione deve implicare il consenso di chi lasubisce e non giustifica mai, anche se consensuale, azionilesive della dignità umana o rischiose inutilmente osproporzionatamente per la vita e l'integrità psicofisica deisoggetti che vi si sottopongono. L'eutanasia, inflitta con qualsiasi mezzo ai malati terminali o

gravi o permanenti per abbreviare o porre fine alle lorosofferenze, o anche ai disabili fisici e mentali per lestesse ragioni, o anche a tutti costoro per altre ragioni, èun omicidio a tutti gli effetti, anche se può esserecompatito per la disperazione che muove a compierlo.Compassione che non può essere concessa a chi se ne serve perstrumentalizzazioni politiche e ideologiche (spesso in odioalla Fede), per eliminare persone sgradite, per sovvertire ildiritto naturale, per ampliare, in nome di una distorta epresunta libertà di scelta, l'ambito di rivendicazione ditale azione anche a coloro che, a qualunque titolo, sianotediati della loro esistenza. Tale compassione non puòneanche essere estesa a chi pone al servizio dell'eutanasiale sue competenze mediche e scientifiche. La legalizzazionedi questa pratica è contraria alla legge naturale ed è essastessa un delitto. Naturalmente i malati in gravi, irreversibili e terminalicondizioni, come anche i disabili, devono essere aiutati, perché non basta proibiredi ucciderli per salvaguardarne l'esistenza; ma anche su questo tema vi èindifferenza pubblica e privata, vuoto normativo, carenza distrutture, indispensabili per far fronte a situazioniindividuali e familiari che la scienza, col suo progresso, difatto prolunga allungando la vita dei sofferenti. In ognicaso, qualunque azione od omissione che, da sé ointenzionalmente, causa la morte per porre fine al dolore èmoralmente peccaminosa; l'errore di giudizio commesso inbuona fede non ne muta la natura. Interrompere procedure medicheonerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate (ossia di difficile oimpossibile applicazione, di documentata inefficacia, diaumento di sofferenza per il soggetto, di eccessivo costoeconomico) rispetto ai risultati attesi può essere legittima configurandosi comerinuncia all'accanimento terapeutico. Essa infatti non procura lamorte, ma la accetta come inevitabile. Ciò dev'essere sceltodal paziente o da chi lo rappresenta legittimamente, nel suointeresse. Tuttavia, anche se la morte è considerataimminente, le cure ordinarie non vanno interrotte. L'uso dianalgesici per lenire il dolore in malati prossimi alla morte èlegittimo, anche se abbrevia la vita residua, in quanto lamorte è solo prevista e tollerata come conseguenzainevitabile, ma non cercata di per sé. Le cure palliative sonoinvece da incoraggiare perché mostrano carità disinteressata.In ordine poi allo stato vegetativo, esso non può essere oggi

considerato come terminale, perché nutrizione e idratazioneartificiali possono fare sopravvivere a tempo indeterminato;non possono essere considerate accanimento terapeutico perché nutrirsi e idratarsinon sono cure ma funzioni organiche anche se supplite artificialmente3.Tuttavia, quando la fine è prossima, anche nutrizione e idratazione fatte inmodo oneroso possono essere evitate o interrotte.

TEOLOGIA ETICA DELLA PACE E DELLA GUERRA

Il rispetto e lo sviluppo della persona umana esigono lapace, che non è solo l'assenza della guerra, ma è l'ordinetranquillo della giustizia e della solidarietà umana. E'peraltro di per sé un valore per tutti e quindi un dovereuniversale. Può fiorire solo se tutti e ciascuno s'impegnanoa promuoverla secondo la propria competenza, aderendoall'ordine voluto da Dio. Essa implica la tutela dei benidelle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani,il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, lapratica assidua della fratellanza. La pace terrena èl'immagine e il frutto della Pace messianica, perché Cristo èil Principe della Pace (Is 9,5) Che ha riconciliato in Sétutti gli uomini, creando una nuova unità del genere umanonel Suo Corpo Mistico e riappacificandolo con Dio e con sestesso. Essa è a sua volta l'epifania di Dio, Che è Eglistesso Pace (Gdc 6, 24). Conseguenzialmente, la pacemessianica è in grado eminente la realizzazione di tutte leprospettive della pace dell'AT: essa la pienezza di vita,dono di Dio e benedizione che genera ogni altro bene; essa èla condizione escatologica in cui tutti i popoli celebranoinsieme l'Altissimo, è il progetto che Egli ha per la societàumana in questo e nell'altro mondo; essa si realizza nellaPersona stessa di Cristo. In ragione di ciò, non vi è verapace senza annuncio del Vangelo, senza la conversione adesso. Tuttavia la pace messianica non si esaurisce in quellaterrena né l'assenza della pace terrena pregiudica quella

3 Sulla qualifica della idratazione e della nutrizione come funzioninaturali svolte tramite strumenti artificiali o come terapie si gioca unimportante distinguo tra bioetica cattolica e laica. L'ulterioredistinzione tra la funzione, naturale, e il mezzo, artificiale di persé, potrebbe aprire la strada ad ulteriori puntualizzazioni etiche.

messianica, perché Cristo ci dà la pace in modo completamentediverso dal modo con cui la dà il mondo. In ogni caso,vertendo quanto segue sulla pace e sulla guerra in quantoassenza o inizio di conflitti, va anzitutto detto che coloroi quali, per salvaguardare i diritti umani, rinunciano aimetodi non violenti, denunciando i rischi impliciti nell'usodei mezzi violenti, attestano la carità evangelica, purchèavvenga senza pregiudizio dei diritti e dei doveri deglialtri uomini, compresi quelli connessi alla difesa di sé e diterzi. A tali condizioni, costoro sono profeti disarmati,segno di contraddizione, oggetto di persecuzione, seme chemorendo fruttifica. La Chiesa esorta innanzitutto a pregare perché non ci siano ocessino le guerre. La guerra in quanto tale è condannata dalMagistero, come avventura senza ritorno e mezzo mai adatto arisolvere le controversie (Giovanni Paolo II), flagello(Leone XIII), inutile strage (Benedetto XV), come qualcosacon cui tutto può essere perduto, mentre con la pace nulla loè (Pio XII). Tuttavia il diritto della legittima difesa, daesercitarsi una volta che le possibilità di accomodamentopacifico delle controversie internazionali siano esaurite orisultino impraticabili, esiste ed esisterà sempre per lenazioni, fino a quando non sarà istituita una istanzaarbitrale o un governo universale riconosciuto da tutti,dotato di mezzi propri, evidentemente anche coercitivi,capace di comporre i conflitti stessi. Ciò è stato confermatodal Concilio Vaticano II. La necessità di questa istanza o ditale governo è oggi, col progresso delle tecnologie belliche,ancora più forte di un tempo; esse, come l'interdipendenzaglobale, esigono che il problema della guerra sia trattatocon un approccio del tutto nuovo per cui, come diceva PaoloVI, essa non si ripeta più - specie su scala planetaria – enoi uomini non siamo più gli uni contro gli altri. Lapluralità delle minacce da più parte insorgenti giustificatuttavia, specie per gli Stati più deboli, l'azione e ilraccordo internazionali con organizzazioni che operino a talelivello, sia globalmente che regionalmente4.

4 La Carta delle Nazioni Unite esprime l'interdizione generalizzata della guerracome mezzo di risoluzione delle controversie tra Stati, fatti salvi i casidella difesa e delle misure prese dal Consiglio di Sicurezza, che esprime unaistanza di difesa globale. Sebbene di caso in caso si giudicherà se tali misure

Le condizioni in cui è lecito ricorrere alla guerra sono davalutarsi da parte di chi ha il potere politico e sono quelleche concorrono a definire il cosiddetto bellum iustum, giàsistematizzato da Sant'Agostino: anzitutto la constatazione che il dannocausato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni che si voglionodifendere sia durevole, grave e certo; indi che tutti gli altri mezzi per ovviareall'aggressione siano stati inefficaci o impraticabili; ancora, che nell'impresa bellicavi siano fondate condizioni di successo; infine, che il ricorso alle armi non implichimali più gravi di quelli da eliminare o impedire, tenendo oggi particolarmenteconto della potenza delle armi adoperate. Appare evidente che lavalutazione di questi criteri non solo è fattibile soltantocaso per caso, ma che si sostanzia di elementi differenti,culturali, a seconda delle epoche e delle sensibilità, né viè mezzo alcuno per ovviare a questa normale condizionestorica dello spirito umano, se non nella educazione allapace e alla convivenza ordinata. In ragione di ciò, lo Statoha il diritto e dovere di imporre ai cittadini gli obblighinecessari alla difesa nazionale, anche in tempo di pace,orientati evidentemente alla pace stessa come deterrente deldisordine5; a coloro che, legittimamente, fanno obiezione dicoscienza, è giusto chiedere un impegno equipollente per lacomunità statale; nessuno è poi autorizzato a tacciare chipresta il servizio militare di immoralità. Naturalmente, sianel servizio in armi, sia nel corso di eventuali conflitti,nessuna legge morale è sospesa e tutte vanno applicate. Ciòimplica il rispetto e il trattamento umano dei prigionieri,degli inermi, dei soldati e dei civili feriti; qualunquedisposizione contraria allo ius gentium, sia impartita cheeseguita, è un crimine contro Dio e l'uomo e non può esserescusata dalla disciplina militare, anzi è doveroso ricusareda parte dei militari quelle istruzioni che implicano il

siano realmente necessarie – e su scala mondiale è opportuno se non necessarioche la Chiesa si pronunci – il principio rimane moralmente valido egiuridicamente legittimo. Sempre comunque queste azioni devono rispettare iprincipi di proporzionalità e necessità, come andiamo ad esporli. La guerrapreventiva, lanciata senza le prove che l'aggressione sia per essere sferrata,solleva quindi interrogativi etici e giuridici, per cui esige una disaminaattenta e scrupolosa delle situazioni di crisi da parte della comunitàinternazionale legittimamente rappresentata.5 In passato la Chiesa ha promosso, al posto della leva obbligatoria deigrandi Imperi, gli eserciti professionisti proprio per ridurre al minimo ilnumero di persone coinvolte nelle violenze. Questa soluzione, come del resto laleva obbligatoria, ha i suoi pregi e i suoi difetti.

genocidio su base etnica, religiosa, culturale, sociale o diqualsivoglia altro criterio. La distruzione indiscriminata di interecittà, di vaste regioni, dei loro abitanti, è delitto control'umanità e contro Dio. Analogamente va inteso lo sterminiosistematico anche delle forze militari avversarie. L'uso el'effetto delle armi di distruzione di massa, chimiche, biologiche,atomiche, proprio perché implica quanto detto, appare quindiparticolarmente insidioso e, a conti fatti, quasi sempreimpraticabile. I colpevoli di questi crimini devono esserechiamati a rispondere innanzi alla giustizia umana, così comeaccadrà dinanzi a quella divina6. E' dovere connesso aldiritto alla difesa quello di proteggere le vittime innocenti e che nonpossono difendersi dall'aggressione e di tenere la popolazione civile al riparo delleguerre, nonché di accogliere debitamente i rifugiati. Proprio in favoredi coloro che corrono il rischio dello sterminio o che vedonogravemente violati i loro diritti la Comunità internazionaleha il dovere morale, se possibile, di intervenire per fermare edisarmare gli aggressori e promuovere iniziative analoghe. Contro i governidi quegli Stati che opprimono la popolazione e minaccianol'ordine mondiale è legittimo imporre sanzioni ai sensi deldiritto, per promuovere il dialogo, senza intenti punitiviper i popoli e con la dovuta prudenza, specie per quelleeconomiche, non dovendo soffrire intere nazioni e i loromembri più deboli. L'embargo economico non deve avere durataindeterminata né effetti indiscriminati. L'accumulo delle armi,nonostante il suo potenziale effetto dissuasorio per leguerre di aggressione, appare tuttavia foriero di graviincognite, sia per la possibilità di essere emulato, che diessere adoperato e di essere di sprone all'aggressione; lacorsa agli armamenti implica un dispiego di risorse che sonosottratte a usi civili, specie a vantaggio dei popoli poveri,e quindi appare come moralmente discutibile, oltre cheinadatta da sola a fungere da deterrente ai conflitti, se nonad accrescere la possibilità degli stessi; l'armamento ad oltranzamoltiplica le condizioni dei conflitti e la loro espansione.Se ne deduce che la produzione e il commercio delle armi, insé legittimo, esige una normativa internazionale e nazionalescrupolosa e sanamente restrittiva, oltre che severe sanzioniagli inadempienti, basandosi sul principio di sufficienza, per cui è6 Da qui il riconoscimento da parte della Chiesa della Corte Penale Internazionale.

lecito acquisire, produrre e commerciare solo le arminecessarie per la difesa, sia da parte degli Stati che dellestesse imprese. Si impone in tale ottica la necessità di undisarmo, generale, equilibrato, controllato, nonchédell'interdizione delle armi che infliggono traumi eccessivi, checolpiscono indiscriminatamente, che uccidono in modoinsidioso anche a distanza di tempo, come le mine antiuomo. Laloro produzione e il loro uso è una colpa gravissima. Lecampagne di sminamento sono un grave dovere morale per laComunità Internazionale. Anche la produzione e la distribuzione dellearmi leggere, spesso per uso personale, esigono misurerestrittive, sia per l'alto numero di vittime che causano,sia per la proliferazione di violenza che generano. Unacensura particolarmente severa merita l'arruolamento di bambini eadolescenti in guerra, con il corredo di violenze psicologiche efisiche che l'accompagnano; i precoci soldati esigono unadedizione particolare per il recupero e la rieducazionenell'ambito di una vita familiare e sociale normale. Ilfenomeno del terrorismo, oggi così odiosamente diffuso, specienella sua matrice religiosa fondamentalista spessoanticristiana, apportatore di gravi squilibri e generatore diodio, non è mai giustificabile ed è da condannarsi senzariserve; esso implica il diritto di difendersi, sia pure inuna cornice giuridica e morale definita, senza violare idiritti fondamentali dell'uomo, senza criminalizzare interipopoli e culture, senza tralasciare l'analisi delle cause chelo rendono possibile per poi rimuoverle. Nessuna religione hail diritto di predicare e tollerare il terrorismo, nétantomeno si può compierlo in Nome di Dio senza profanarLo;tutte le religioni hanno il dovere di promuovere, come indicaloro la legge di natura, la concordia e la pace, anche inbase a quei frammenti di verità che ognuna di esse possiede.Coloro che muoiono dando la morte agli altri in attiterroristici, anche sacrificando la propria vita, non sonomartiri, ma dannati.La promozione della pace nel mondo è parte della missione della Chiesa. Essa lofa in quanto sacramento di pace, con la preghiera liturgica edei suoi membri, con i loro sacrifici, con il suo zelo. LaChiesa sottolinea come senza perdono e riconciliazione non èpossibile pace, anche se il diritto alla difesa, alla veritàe alla giustizia ne sono i prerequisiti, sono il fondamento

al diritto alla pace. La rimozione degli squilibri sociali internazionali, lalotta alle ingiustizie economiche, politiche, culturali, religiose, nonché all'umanainclinazione all'odio e all'ira, all'orgoglio e alla diffidenza, sono i veri e principalideterrenti dei conflitti e vanno perseguiti dalla Chiesa e dallacomunità internazionale come dai singoli Stati e individui,da soli o associati. Un mezzo qualificato dellaindispensabile formazione alla pace è la celebrazione delleGiornate Mondiali della Pace il primo giorno di ogni anno, sottogli auspici della Madre di Dio; volute dal servo di Dio PaoloVI (1963-1978), sono occasione per Messaggi sempre ricchi dicontenuto etico, giuridico, politico e religioso.

APPROFONDIMENTO: LA GUERRA E LA PACE NELL'ETICA CRISTIANA ATTRAVERSO LOSVILUPPO STORICO

In tempi recenti un malinteso senso di autocritica cristiana neiconfronti del proprio passato, in alleanza con un ipercriticospirito laicista, ha sostenuto e divulgato una opinione erronea,per cui la morale della Chiesa in materia di guerra e pace sisarebbero modificate e addirittura bisognerebbe vergognarsi disecoli e secoli di magistero. In realtà, salvi gli abusi dellaprassi concreta, per cui valgano i mea culpa di papa Giovanni PaoloII nel Grande Giubileo del 2000, in virtù della divina assistenzail Magistero ecclesiastico ha sviluppato con coerenza la dottrinadella Fede, ovviamente adattandola alle circostanze storiche. Unprimo errore da correggere è la convinzione che nel Cristianesimoprimitivo fosse sostenuto il pacifismo in forme analoghe a quellecontemporanee. Fino all'età costantiniana il servizio militare èregolarmente prestato, anche se non mancano obiezioni di coscienzalegate ai riti sacrificali in onore delle insegne e alla teologiacultuale e celebrativa delle guerre imperiali. Il centurione sanCornelio (I sec.), san Longino (I sec.), san Mercurio (III sec.),san Giorgio (III sec.), i Martiri della Legione Tebea (IV sec.)sono solo alcuni dei testimoni del Cristianesimo che militaronosotto le insegne romane. Quando poi l'Impero si cristianizzò, la religione cristiana preseil posto della pagana nella propiziazione dell'aiuto divino per leimprese belliche dello Stato; la teologia agostiniana della guerragiusta pose i paletti per l'equo esercizio del mestiere delle arminel consesso internazionale da parte dell'Impero. La difesadell'ecumene romano, che a tal punto divenne la difesa deicristiani, spettò sempre al sovrano, alla cui valutazione etica epolitica ci si rimetteva per intraprendere o meno le guerre.

Durante poi le invasioni barbariche la Chiesa coi suoi Vescovi siadoperò sempre per evitare le incursioni di quei popoli o perrendere pacifica la nuova convivenza: nomi come quello di SanLeone Magno (440-461) per gli Unni e i Visigoti, di San SeverinoAbate (410-482) coi Rugi e gli Eruli, di San Remigio (†533) coiFranchi, di San Gregorio Magno (590-604) con i Longobardi, gliAngli, i Sassoni, i Visigoti, sono legati a questi sforzi persempre. La guerra è vista e giustificata essenzialmente comedifesa del mondo cristiano; l'Imperatore ha l'incombenza di farlaovunque, i Re nella loro giurisdizione. Ragion per cui nel VIIIsec. vi è una trasformazione: dapprima, entrata in crisi labizantinocrazia in Italia, papa san Gregorio III (731-742) chiedea nome dei Romani inermi l'auxilium dei Franchi di Carlo Martello(714-741) contro i Longobardi, per difendere la Chiesa fondata daPietro – per cui si configura il principio per cui l'autoritàecclesiastica può chiedere che si prendano le armi persalvaguardare la sicurezza fisica e morale della Chiesa stessa-epoi, quando quest'aiuto viene fattivamente prestato da Pipino ilBreve ([741] 751-768) a papa Stefano II (752-756) facendo nascerelo Stato della Chiesa, la guerra viene combattuta non solo comeaiuto, ma come venia delictorum, ossia diviene mezzo per esercitareuna carità fraterna che espii i peccati. L'una e l'altra cosaavvengono sempre nell'alveo della legalità internazionale, inquanto i due Papi offrono alle loro controparti il titolo diPatricius Romanorum, che dava il diritto di intervenire militarmente,non senza il consenso degli Imperatori d'Oriente. Restauratol'Impero d'Occidente con Carlo Magno ([768] 800-816), la teologiadella guerra e della pace è imperniata sulla necessità che ilsovrano mantenga l'ordine e la sicurezza nel suo dominio, fuoridel quale vi è solo barbarie. Egli combatte e il Papa prega,essendo la Chiesa racchiusa – qui come in Oriente – nell'Imperostesso come in un guscio. La pace rimane il bene sommo: GregorioIV (827-844) tenta di porre fine alle lotte intestine tra iCarolingi; ma la difesa dai barbari, pagani o saraceni, è tantonecessaria quanto è meritorio esporre la vita per salvare glialtri, per cui san Leone IV (847-852) e Giovanni VIII (872-882)concedono la remissione delle pene a chi muore in questedrammatiche guerre di difesa. Nel corso del secolo oscuro leguerre dilagano, pur non mancando sforzi costanti di pacificazionesvolti dal Papato e dall'Episcopato, per cui all'inizio dell'XIsecolo nella Francia, in Lorena e in Borgogna fioriscono le Paci ele Tregue di Dio. Queste impongono, sotto minaccia di scomunica, lacessazione ciclica delle guerre endemiche, nei periodi dipenitenza annuali (quaresima, avvento) e settimanali (venerdì), o

nei periodi di particolare solennità (natale, pasqua) e nelledomeniche. Le prime invece impongono la cessazione dei conflittiper decreto sinodale e costituiscono leghe di volenterosi,sanzionate in cerimonie liturgiche, che combattano quei feudataripiù riottosi che devastano le terre altrui, dopo averliscomunicati. Inoltre, viene ampiamente cristianizzata la cavalleria,con un apposito sacramentale d'investitura, così da impiegarenella difesa degli inermi e della Chiesa stessa i cavalierierranti. Il cambiamento di teologia politica iniziato già dall'VIII sec. eculminato nell'XI sec., in virtù del quale non la Chiesa ènell'Impero, ma questo e tutti i Regni sono nella comunitàtemporale universale dei battezzati, la Cristianità, e questa asua volta è nella Chiesa, da cui trae origine, fa sì che lagerarchia ecclesiastica possa essa stessa promuovere azionidifensive nell'interesse di tutti i fedeli, soppiantandoprogressivamente l'Imperatore. Per esempio papa san Leone IX(1049-1054) insegnò che la lotta contro i barbari che devastano leterre cristiane è una difesa doverosa e meritoria, che apre ilcielo a chi cade in essa, mentre Alessandro II (1061-1074)concesse l'indulgenza a coloro che andavano in Spagna a combattereper liberarla dal giogo dei Mori, dando al concetto di difesa uninterpretazione estensiva, atta alla liberazione dei luoghi che dasecoli erano sottomessi all'islamocrazia7. Papa san Gregorio VII(1074-1085) offrì alla coscienza cristiana molti validi motivi percombattere in difesa dei fedeli minacciati dai barbari, deideboli, dei cristiani d'Oriente e d'Africa, di Gerusalemme, dellaChiesa Romana anche e soprattutto nella guerra che l'oppose, suomalgrado, all'Impero per la Lotta delle Investiture, volta arestaurare l'indipendenza della Chiesa e liberarla dal suo piùforte fomite di corruzione. La svolta più importante la fece il beato Urbano II (1088-1099).Non solo considerò meritoria la lotta anche armata control'Impero, non solo esortò ad aiutare i cristiani oppressi, ancheda secoli, dai musulmani in Spagna e Sicilia8, ma soprattuttoprogettò un grande soccorso armato per i Cristiani d'Oriente,minacciati dai Turchi, sino alla liberazione del Santo Sepolcro.Fu la Prima Crociata, bandita in Concilio a Piacenza e Clermont7La Reconquista, che come vedremo poi divenne una Crociata, creò le nazioni portoghese e spagnola; sostenuta sempre dalla Chiesa, terminò nel 1492 con la Caduta di Granada.8 Nel quadro della liberazione dei cristiani dall'oppressione moresca nonsolo furono combattute queste guerre, ma anche altre, specie nel Mediterraneooccidentale, da Spagnoli e Italiani, per le Baleari, per la Tunisia, laCirenaica, la Numidia, la Mauritania ecc.

(1095). La teologia crociata, destinata a durare per secoli, sireggeva su alcuni presupposti: che il viaggio in Oriente fosse unpellegrinaggio armato, esattamente come l'Esodo biblico verso laPalestina; che i Cristiani, Nuovo Israele, tornassero così nellaTerra di loro spettanza, da cui erano stati espulsi dai musulmani,con un nuovo Esodo; che la Chiesa gerarchica potesse chiamaretutta la Cristianità a combattere per i suoi legittimi interessidifensivi. Ai combattenti, che usavano le armi come mezzo dicarità fraterna, era concessa l'Indulgenza plenaria, per ilsemplice fatto di partecipare all'impresa. Essa liberava (omanteneva liberi) i Luoghi Santi e per secoli vide impegnati icavalieri cristiani per mantenere la sovranità cristiana nei postiin cui si è compiuta la storia sacra. Tale atteggiamento, direazione alla Jihad islamica, era perfettamente congruente allasituazione culturale, politica e religiosa dell'epoca, per cui laCrociata è la manifestazione più tipica della spiritualità di unasocietà guerriera. Peraltro, nonostante la Crociata fosse unistituto polimorfo che lega il merito alla violenza difensiva,concepita in varie maniere attraverso il legame con ilpellegrinaggio, essa non fu mai considerata un precetto dellaFede, come la Jihad dell'Islam, né un mito fondativo come l'Esodonell'Ebraismo, per cui potè scomparire gradatamente senzaattentare al nucleo delle verità rivelate. Ma non merita di essereconsiderata un errore o tantomeno un crimine. Esprime solo unateologia ortodossa ma sorpassata9. Essa, autorevolmente confermatadal I Concilio Lateranense (1123) potè essere legittimamentecombattuta in Spagna (terra santificata dalla presenzadell'Apostolo Giacomo e in cui i cristiani avevano il pienodiritto di tornare liberi) e in Palestina. A coloro che sidedicarono alla difesa armata dei loro correligionari a tempopieno si additò come modello la perfezione monastica, facendo poi

9La costanza del Magistero, papale, conciliare, episcopale, in materia fu totaleper secoli, non solo per le Nove Crociate canoniche, ma per le innumerevolispedizioni più o meno ampie che si tennero senza soluzione di continuità fino aquando i Regni crociati non caddero nelle mani degli Infedeli (definitivamentenel 1291), nonché per i tentativi, durati almeno fino alla fine del XVI sec., diorganizzarne di nuove per liberare nuovamente Gerusalemme. Le violenze commessenelle Crociate non sono peggiori di quelle di qualsiasi guerra; né vannoaddebitate in quanto tali alla teologia connessa alle Crociate stesse, che èoggetto di questa breve trattazione. Peraltro, alcuni atteggiamenti violenti,desunti dall'AT, come lo sterminio di massa dei musulmani nella Gerusalemmeconquistata nel 1099, non furono percepiti come dissonanti dal modello biblicodi riferimento ma neanche furono mai prescritti dal Magistero o difesi perprincipio. Bisogna quindi sceverare la teorizzazione teologica, di per sécorretta, dai modi applicativi, suscettibili di errore e anche di colpa morale,anche se da contestualizzare nelle epoche in cui furono fatti.

nascere la milizia monastica, le cui forme sono impropriamenteconosciute come Ordini monastico-cavallereschi; tra essi iTemplari ebbero l'onore di un trattato tutto per sé di SanBernardo di Chiaravalle (1090-1153), il De Laude Novae Militiae.Sviluppando un concetto di Urbano II, Bernardo insegnò chel'omicidio in guerra, essendo un gesto di difesa dal male, andasseinteso come malicidium, perché più soppressione del male in azioneche volontà di nuocere a chi, contro la volontà del cavalierecristiano, lo attaccava o attaccava i suoi correligionari. IlBeato Eugenio III (1145-1153) estese il pellegrinaggio armatoindulgenziato anche ai Paesi Baltici, dove i pagani dovevanoessere sgominati per permettere la libera evangelizzazione dellazona: i guerrieri facevano devoto viaggio verso le Chiese inermi eonoravano in esse le membra mistiche del Cristo, duramenteperseguitate10. Il III Concilio Lateranense (1179) autorizzò adinfrangere la potenza politica degli eretici che diffondeval'errore e contrastava la verità, specie in Francia meridionale.Papa Innocenzo III (1198-1216) concepì questa impresa comepellegrinaggio armato indulgenziato tra le membra misticheafflitte e perseguitate nella stessa terra cristiana al di qua delmare, rendendo ancora più complessa l'articolazione interna delconcetto della Crociata e del pellegrinaggio ad esso connesso11. Lo10Su questo aspetto delle relazioni tra missione e armi mi sono più diffuso nelsaggio Ite ad Gentes. Qui rilevo che, sia pure in una accezione ancora più estesadi difesa, la dottrina del bellum iustum rimane strettamente connessa allateologia crociata, permettendo una sorta di guerra missionaria connessa alladilatatio Imperii Christiani. La Crociata contro i pagani del Baltico dura a lungo egenera lo Stato dell'Ordine dei Cavalieri Teutonici, durato fino al XVI sec. Suquesta scia si collocano indicazioni magisteriali analoghe, anche se rare, cheautorizzarono la difesa delle missioni nei territori coloniali portoghesiaggiudicati da Niccolo' V (1447-1455) alla Milizia di Cristo, nonché, sia purein modo generico, in quelli americani appena scoperti da Alessandro VI (1498-1503). Naturalmente tali interventi papali non costituivano una legittimazionedelle violenze spesso pretestuosamente compiute in quei luoghi, peraltrostigmatizzate spesso dai missionari stessi.

11Anche la Crociata contro gli eretici, così lontana dalla sistemazione teologicamoderna e dalla nostra mentalità, è congruente alla situazione dell'epoca econfacente alla dottrina teologica sulla guerra e sullo Stato sostenutacorrentemente all'epoca. Del rapporto tra la libertà di coscienza e l'obbligomorale di adorare il solo Vero Dio, con ciò che può comportare in materia, hodetto nel saggio Non habebis deos alienos coram Me. Rilevo che la Crociata contrahaereticos si combattè spesso contro i dissidenti politicamente organizzati, cheperseguitavano essi i cattolici, sino alla Controriforma. Tali guerre,sanzionate dal Magistero da un punto di vista canonico, culminarono appuntonelle Guerre di Religione dei secc. XVI-XVII e si esaurirono con quella deiTrent'Anni (1618-1648), quando si constatò non solo l'inanità dello sforzo chereciprocamente Protestanti e Cattolici facevano nel distruggersi ma la gravitàdelle conseguenze che questo presunto rimedio, peggiore del male, aveva nel

stesso Pontefice, sia pure assecondando le circostanze, legittimòl'idea che la Crociata potesse essere rivolta contro gliscismatici, peregrinando nelle terre cristiane, da essi separatedal Vero Israele che dovrebbe possederle12. Ancora Innocenzoacclarò l'idea che un analogo pellegrinaggio armato potesse esserefatto contro i nemici politici della Chiesa, purchè scomunicati,che ne opprimevano le libertà. La più feconda applicazione diquesta idea si ebbe con la Lotta contro Federico II (1211-1250) ei suoi discendenti, che papa Innocenzo IV (1245-1254) e i suoiSuccessori considerarono delle Crociate a tutti gli effetti13. Finoa quel momento le Lotte armate dell'Imperium contro il Sacerdotium,pur essendo sempre difensive -non avendo il secondo la potenzamilitare del primo – non erano state mai considerate Crociate.Peraltro, nei momenti di pace tra l'uno e l'altro, il Papato mediòsempre, per evitare conflitti armati, tra l'Imperatore e i Comuni,come, del resto, tra i vari Stati cristiani. Il I Concilio diLione (1245) bandì una Crociata per la difesa comune della terracristiana dai Mongoli. Il II Lionese (1274) invece cercò dipromuovere una pacificazione generale tra Oriente e Occidente perla restaurazione dell'unità del mondo cristiano, mantenendo econfermando la vocazione pacificatrice della Chiesa tra i popoli.Tale vocazione rimase intatta nei secc. XIII-XIV, con i tentatividei Papi di comporre tutte le grandi guerre tra le Nazionicristiane, cominciando da quella dei Cent'Anni, anche se spesso

mondo cristiano. Si avviò così la prassi della convivenza internazionalepacifica tra cristiani.12 Ciò è legato innanzitutto alla IV Crociata che gli intrighi di Veneziadeviarono contro l'Impero d'Oriente, sfruttando pregiudizi diffusi contro iBizantini, che avevano una teologia della guerra completamente diversa da quellacrociata e sembravano ostili alla liberazione del Santo Sepolcro. La conquistadi Bisanzio fu tuttavia un crimine deprecato dallo stesso Innocenzo e la pretesadi unire le Chiese in tale maniera, eliminando il presunto ostacolo del potereimperiale, si rivelò impraticabile. Tuttavia questa teologia crociata contraschismaticos durò fino al XV sec., anche se sempre meno sostenuta dal Papato. Piùche scorretta essa era dannosa. Lo scriteriato e peccaminoso appoggio dato daMartino IV (1281-1285) alla Crociata angioina contro Bisanzio causò lariproposizione dello Scisma d'Oriente.13L'uso della Crociata come guerra difensiva contro i nemici politici dellaChiesa comportò molti abusi pratici, come la Guerra del Vespro (1281-1303),bandita da Martino IV contro gli Aragonesi dopo la rivolta omonima in Siciliacontro il malgoverno angioino, o le guerre di Giovanni XXII (1316-1334) contro ighibellini in Italia. Queste iniziative fecero discreditare la spiritualitàdelle Crociate. Altre imprese di tal genere, fino a quelle dei Papirinascimentali, sono altrettanto discutibili (l'ultima fu quella della SantaLega di Cognac del 1526). Alcune tra esse furono invece giustificabili nellapratica. Notissima e controversa la Crociata contro Palestrina di Bonifacio VIII(1294-1303), bandita contro i Cardinali scismatici Colonna.

inutilmente. L'ultima tipologia di Crociata che si affermò fuquella che implicava la liberazione delle terre cristiane daiTurchi, resa necessaria dall'espansione dell'Impero Ottomano edurata fino alla Rivoluzione Francese. Caldeggiata dapprima comesostegno all'Impero d'Oriente, in vista del quale il ConcilioFiorentino (1438-1447) concluse l'Unione ecclesiastica e promossela pace generale, fu poi un sostegno costante alla guerra neiBalcani. San Pio V (1565-1572) con la Lega Santa che vinse aLepanto e il beato Innocenzo XI (1676-1688) con quella che liberòVienna dall'assedio salvarono la libertà europea14. Anche nei secoli dell'età moderna il Papato continuò, quando glifu possibile, la funzione di mediazione tra potenze belligerantiin vista della pace. Per esempio papa Adriano VI (1522-1523) epapa Paolo III (1534-1549) cercarono di mediare tra l'Impero e laFrancia, le cui lotte sconvolgevano l'Europa. In genere iPontefici, che pure come Capi di Stato avevano più volte condottodelle guerre – suscettibili di diverse valutazioni morali – neisecc. XVII-XVIII si tennero fuori dalle controversie politiche. Inetà moderna la fine della Cristianità, per la laicizzazione dellapolitica internazionale, oltre che l'emergenza causata dalloscontro tra Rivoluzione – anticlericale e anticristiana – eConservazione fecero si che l'idea di Crociata tramontasse,risultando impraticabile. Pio VI (1775-1799) prese le armi contutta l'Europa contro gli orrori della Rivoluzione Francese, anchese senza successo. Alla stessa maniera i Papi del Risorgimentochiesero e ottennero l'aiuto delle nazioni cattoliche per ladifesa dello Stato della Chiesa, come Gregorio XVI (1831-1846) oil beato Pio IX (1846-1878) contro la Repubblica Romana.Coerentemente, lo stesso Papa non aderì alla I Guerrad'Indipendenza (1848), meramente politica e onerosa per la suamissione spirituale, e oppose una resistenza solo simbolica, inquanto ogni sforzo era inutile, all'invasione piemontese delloStato Pontificio nel 1870.La fine del Potere Temporale e il delinearsi di una comunità umanache andasse ben oltre i confini del mondo cristiano fecero sì chela Chiesa e il Papato si impegnassero come non mai nellapromozione della pace nel mondo. Leone XIII (1878-1903) descrisseindefessamente le condizioni in cui essa poteva fiorire e svolseuna intensa attività diplomatica per comporre i conflitti, laddovegli fu richiesto. Benedetto XV (1914-1922) si impegnò percontrastare la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) seguendo delle

14 I bandi di Crociata in tal senso furono innumerevoli e spesso si confuserocon quelli per la liberazione di Gerusalemme. Celebre e sfortunato quello di PioII (1458-1464).

direttrici che fecero scuola per i Successori: intervenire persalvare vite umane; essere imparziale nel giudizio delle parti inlotta ma non neutrale nelle valutazioni; guidare con prudenza laChiesa nei campi avversi; svolgere una costante attività di spronealla pace attraverso il Magistero e i documenti diplomatici;intervenire fattivamente per fermare l'olocausto degli Armeni;tessere una tela diplomatica di mediazione e pacificazione;indicare i punti programmatici per una pace giusta (i VII Puntidella Nota di Pace del 1917) – poi confluiti nei XIV Punti diWilson- la censura dell'immoralità della guerra in questione,bollata come inutile strage; la preconizzazione di un'istanzaarbitrale internazionale; la rivendicazione dei diritti umani e diquelli delle nazioni; la deplorazione dei Trattati di Paceimposti. In genere, il Pontefice fu solerte nel Dopoguerra nelsoccorrere tutte le vittime del conflitto e di tutti i Paesi inqualunque genere di difficoltà, compresa l'URSS, l'Impero Turco,la remota Cina. Pio XI (1922-1939) censurò i fomiti di violenza intrinseci nelfascismo, nel nazismo, nel comunismo, nel radicalismo massonico.Il venerabile Pio XII (1939-1958), nelle drammatiche contingenzedella II Guerra Mondiale (1939-1945), agì secondo delle direttricifondamentali, ingiustamente criticate oggigiorno: lanciare unaserie di iniziative diplomatiche e morali per evitare lo scoppiodel conflitto o circoscriverlo; appoggio ai tentativi dirovesciamento del regime nazista; imparzialità nel conflitto peresercitare la libertà di giudizio; riprovazione del mezzo dellaguerra ma riserbo sulle singole azioni belliche allo scopo dipoter intervenire per sostenere le popolazioni; protezione deicattolici dalle rappresaglie naziste; condanne precise anche senon clamorose dello sterminio razziale attuato dai nazisti, speciesugli Ebrei; attività fattive per salvarne il più possibile (tra iseicentomila e gli ottocentosessantamila); difesa della città diRoma; organizzazione di aiuti umanitari; enunciazione dei principiper una pace e una società giuste; sostegno per la restaurazionedella legalità internazionale; ripulsa dell'imposizione deitrattati di pace; opposizione alla divisione del mondo in blocchi.Pio XII mantenne le stesse posizioni nel II Dopoguerra: condannòil comunismo, minaccia per la pace; continuò a dare indicazioniper la costruzione di una pace giusta, specie in corrispondenzadella Guerra di Corea (1950-1953), mantenendo l'imparzialità dellaSanta Sede; rifiutò di aderire al Patto Atlantico; sostennel'integrazione europea; condannò l'invasione dell'Ungheria daparte del Patto di Varsavia (1956); additò al mondo le frontieredi una civiltà cristiana né collettivista né individualista. Il

beato Giovanni XXIII (1958-1963) mediò nella Crisi di Cuba (1961)contribuendo a salvare il mondo dall'olocausto nucleare e trattòil tema della pace per la prima volta sotto forma di enciclica, laPacem in Terris (1963). Il servo di Dio Paolo VI (1963-1978) lanciò unimportantissimo appello per la pace all'ONU nel 1965, primo papa afarlo. Mantenne la tradizionale imparzialità della Santa Sedenella Guerra del Vietnam (1965-1975), non appiattendosi sulleposizioni di nessuna delle parti in lotta; si appellò più volteall'opinione pubblica internazionale per sensibilizzarla allecondizioni della pace da lui sempre rammentate, nonché ai suoisforzi diplomatici; cercò il dialogo interreligioso con ibuddhisti per raggiungere i suoi obiettivi pacificatori; condannòle violenze da ogni parte commesse; organizzò aiuti umanitari;chiese costantemente il rispetto dei diritti umani. Fu peraltrolui a iniziare la prassi dei Messaggi per la Giornata Mondiale della Pace,di cui abbiamo detto. Respinse il pacifismo come viltàintransigente. Continuò a sostenere l'integrazione europea.Assecondò la politica della Distensione (1963-1979), ritenendo cheil crollo del comunismo fosse lontano da venire; in quest'otticava vista la sua Ostpolitik. Il beato Giovanni Paolo II (1978-2005)approcciò il comunismo in modo diverso e contribuì decisivamenteal suo crollo (1989-1991), continuando a sostenere il movimentonon violento di resistenza morale ai regimi rossi, da lui stessocreato quand'era Cardinale Arcivescovo di Cracovia e operante, sinda allora, in Polonia, URSS, DDR, Cecoslovacchia, Ungheria. In talsenso importantissimo fu il sostegno al sindacato libero diSolidarnosc e l'appoggio alla linea politica di Gorbacev (1985-1991).Il Papa inserì la sua politica nella cornice mistica delleRivelazioni della Vergine Maria a Fatima (1917), in ottemperanzaalle quali egli consacrò il mondo e la Russia al Cuore Immacolatodi Maria stessa. Egli personalmente acclarò l'interpretazione delTerzo Segreto rivelato dalla Madonna a Suor Lucia dos Santos(1907-2005), per cui esso prevedeva sia la persecuzione comunistadei credenti sia l'attentato alla sua persona (1981),miracolosamente fallito. Ciò fu sanzionato da un appositodocumento della Congregazione della Dottrina della Fede (2000). Il grande Papa tenne una condotta coerente anche negli altriconflitti combattuti sotto il suo Pontificato. Mantenne latradizionale imparzialità della Santa Sede nella Guerra delleFalkland (1982), invitando ad ottemperare alle sanzioni ONU erecandosi sia in Gran Bretagna che in Argentina, perorando inentrambi i Paesi la causa della pace e del diritto. Si impegnòcostantemente per la pacificazione della Terra Santa, mediante lacostruzione di uno Stato palestinese, uno statuto particolare per

Gerusalemme e i Luoghi Santi, la garanzia di esistenza perIsraele. Dispiegò altresì un impegno senza precedenti per lapacificazione del cristiano Libano, dedicandogli addirittura unaLettera a tutti i Vescovi (1989) e lanciando vibranti appelli conun simultaneo impegno diplomatico. In una Assemblea straordinariadel Sinodo dei Vescovi del 1991 il Papa lanciò un appello per lasoluzione di tutte le controversie politiche del Medio Oriente,comprese quelle di Cipro e del Curdistan. Nel Nuovo OrdineMondiale (1990-2001) il Papa si oppose alla reductio ad unum dellapolitica mondiale sotto l'egemonia USA, sostenendo ilmultilateralismo e mantenendo la linea della Santa Sede semprelibera e sovrana. Nella II Guerra del Golfo (1990) egli condannòl'invasione iraqena del Kuwait ma i suoi appelli alla paceevidenziarono il suo rifiuto di far appiattire l'ONU sulleposizioni USA. Deprecò poi l'uso indiscriminato dell'embargo checolpiva i civili. Ebbe sempre a cuore la sicurezza dei cristianinei Paesi a maggioranza musulmana. A tale scopo promosse anche unampio dialogo ecumenico e interreligioso. Nei drammatici annidella Guerra di Bosnia (1992-1995) il Papa, che aveva subitosostenuto l'indipendenza di Slovenia e Croazia, dispiegò unimpegno diplomatico e umanitario senza confini; gli appelliall'Europa furono vibranti; egli sostenne la necessità di unaingerenza umanitaria che ponesse fine ai genocidi in atto in modosimultaneo, a dispetto dell'indifferenza mondiale; intrapreseiniziative ecumeniche per la promozione della pace; fece disaminecoraggiose delle motivazioni del conflitto; mantenne riserbosull'intervento unilaterale della NATO e non dell'ONU. Con lastessa coerenza operò nella Guerra del Kosovo (1999), deplorandol'unilateralità dell'azione NATO e censurando i genocidi di tuttele parti. Dopo il tragico attentato dell'11 settembre 2001, ilPapa condannò la violenza del terrorismo, riconobbe il dirittoalla difesa degli USA ma non riconobbe la proporzionalità dellareazione (Guerra di Afghanistan, 2001) al danno inferto e distinsetra Islam e terroristi, sempre usando l'arma dell'ecumenismo.Infine, nel 2002, Giovanni Paolo II respinse la Dottrina Bushsulla Guerra Preventiva, poi applicata nella III Guerra del Golfoe svolse un'attività diplomatica senza precedenti per impedire ilconflitto. Gli esiti destabilizzatori della guerra hanno datoragione alla sua impostazione. In genere, il Sommo Pontefice havalutato con molto scrupolo se, nei vari conflitti, ricorresserole condizioni per la guerra giusta, e non li ha quasi mairintracciati. Né può essere passato sotto silenzio il suo zeloper l'integrazione europea e africana, nonché le censure di moltesanguinose dittature di Paesi del Terzo Mondo, che contribuì a far

cadere (come ad esempio ad Haiti, in Paraguay, in Cile o nelregime di apartheid in Sudafrica). Il regnante papa Benedetto XVI hacontinuato il magistero dei Predecessori; ha condannato ilterrorismo integralista e la violenza; ha invitato l'ONU arinnovare le proprie ragioni ideali; ha lanciato appelli per lapace in Terra Santa, per i negoziati sul nucleare iraniano, per lapace in Iraq e per la cessazione di tutte le guerre.

TUTELA DELLA VITA ED ELEMENTI DI TEOLOGIA ETICA ECOLOGICA

La tutela dell'ambiente è diventato un tema importantedell'etica; sebbene di solito connesso alla morale dellavoro, oggi le gravi conseguenze dell'inquinamento sullavita umana e non solo consigliano di dare questi lineamentiin aggiunta all'etica del V Comandamento. Anzitutto vaevidenziato che l'ambiente, il Creato, è il luogo in cui Dioha posto l'uomo, per cui le sorti di entrambi sono collegate.Decaduto per il Peccato del suo custode, anche il Creatoattende una pienezza di redenzione, già iniziata (2 Pt 3,10,Rm 8, 19-23). Dio ha sempre operato in un contesto storico espaziale, nel quale l'ambiente non è mai ostile di per sé;esso partecipa alle vicende della salvezza secondo il pianodivino: nemico per castigo dopo la caduta, alleato nellalotta contro l'Egitto, nella traversata del Mar Rosso e inquella del Giordano, rifugio nei Quarant'anni nel Deserto,benedetto nella Terra Santa, assoggettato alla Signoria diCristo e partecipe del dolore della Sua Morte e della gioiadella Sua Resurrezione, il Creato è soggetto ai figli di Dio.Alla luce di questi elementi biblici, si capisce comedev'essere il rapporto tra l'uomo e l'universo delle cose,compreso lo sviluppo della scienza e della tecnica inrelazione ad esso. Tutti i risultati in sé sono positivi, male loro applicazioni sotto sottomesse alle condizioni etichedel Magistero, anche quando riguardano solo l'ambiente ol'agricoltura. Ciò deve avvenire mediante un vaglio prudentedi natura, finalità e modi delle applicazioni stesse. Ciòavviene considerando sempre come criterio il rispettodell'uomo, poi quello delle altre creature – della cui naturaspecifica e delle cui connessioni con il Creato stessobisogna tener conto – per cui nessuno si deve credere padronearbitrario della natura, quanto piuttosto di custode

responsabile. La crisi nel rapporto tra uomo e ambiente,invalso di recente, è oggetto di valutazione del Magisteroalla luce della Rivelazione. Lo sfruttamento sconsiderato delle risorse ela considerazione della natura come strumento da manipolare continuamente,con i loro corollari di meccanicismo, consumismo econvinzione dell'inesauribilità della dotazione organica delCreato stesso, scaturisce da una ideologia scientista etecnocratica perversa che condiziona la scienza e la tecnicain modo negativo. Specularmente, una difesa dell'ambiente chenon veda differenze tra esso e l'uomo e che lo innalziaddirittura sull'uomo stesso, arrivando a divinizzare laterra o la natura come sostiene certo ecologismo radicale,alla ricerca addirittura di legittimazione legale delle sueconcezioni, è altrettanto censurabile. L'ecocentrismo e ilbiocentrismo sono due errori, basati sull'idea che tutta labiosfera sia una sola unità biotica indifferenziataontologicamente e assiologicamente. Essi, come l'idea cheesista una dignità personale degli animali, addiritturaparificata a quella umana, sono contrari alla Fede cristiana.Così anche il rifiuto della trascendenza ha negato ilconcetto di Creazione e ha preteso di attribuire all'uomo ealla natura un'esistenza autonoma. In realtà la dimensionevaloriale dell'ecosistema e delle sue relazioni con l'uomopossono essere intese solo se fondate ontologicamente edeuristicamente su Dio quale Creatore. L'uomo ha il dovere disalvaguardare l'ambiente come sano, per sé e per tutti,intesi come viventi e come generazioni future. In ragione diciò, vi è una comune responsabilità della razza umana versol'ambiente. Esso è il bene collettivo per eccellenza, la cuitutela è dovere comune ed universale. Non si può fareimpunemente uso di animali, vegetali, minerali, nétrascurarne l'interconnessione, né disconoscere il valoredella biodiversità delle forme viventi, né tantomenodistruggere elementi fondamentali dell'ecosistema planetario,come per esempio le foreste o i mari o l'aria, con interventiinquinanti indiscriminati o di sfruttamento forsennato. Laresponsabilità ecologica esige una traduzione adeguata alivello giuridico, nazionale ed internazionale, basata suldiritto ad un ambiente sano e sicuro che ogni uomo ha. Laddove leautorità debbano gestire situazioni di eventuale rischio condati parziali o contraddittori, esse potranno seguire una

valutazione ispirata al principio di precauzione, che siaproporzionata ai provvedimenti già in atto per altri rischi eche valutino rischi e benefici per ogni possibile sceltaalternativa; tali decisioni, modificabili, connesseall'avanzamento doveroso della documentazione in materia,saranno prese sia in ordine all'azione che all'inazione, avolte altrettanto necessaria. La programmazione dellosviluppo economico deve rispettare l'integrità e i ritmidella natura, sapendo che le risorse non sono inesauribili enemmeno rinnovabili. L'economia deve salvaguardarel'ambiente, prevedere i costi delle sue iniziative, evalutare i cambiamenti climatici insieme alla politica e allascienza. Perciò non si perseguirà il profitto per ilprofitto, né la sua massimalizzazione, tantomeno nellosfruttamento e nell'organizzazione delle risorse energetiche.Analogamente, si deve salvaguardare il rapporto tra gliaborigeni e l'ambiente, come espressione fondante della loroidentità. Una menzione specifica meritano le biotecnologie, sianell'agricoltura che nella medicina, nella zootecnia e nellaprotezione ambientale. I criteri etici della loroapplicabilità sono la liceità, la responsabilità, lagiustizia, la solidarietà. Queste tecnologie e la stessaformazione scientifica vanno messe a disposizione dei Paesiin via di sviluppo per sovvenire ai loro problemi alimentari,sanitari e igienici, urgenze planetarie che esigono unaricerca prioritaria. Ovviamente tali ricerche, una voltacommercializzate, non devono diventare fonte di illecitoguadagno sulla pelle delle persone. L'impatto dellebiotecnologie deve essere oggetto di corretta informazioneper l'opinione pubblica e di legislazione accurata. Tutti ibeni dell'ambiente vanno condivisi, con giustizia e carità,evitando l'avidità e rispettando i diritti di proprietà deisingoli e dei popoli, in vista della loro destinazioneuniversale. In vista di ciò deve crescere la cooperazioneinternazionale. Emergenze particolari, oltre alla fame e allemalattie, sono quella della proliferazione di sobborghidisumani alla periferia delle città più grandi, lo squilibriodemografico con la sovrappopolazione e il calo demograficorispettivamente tra popoli poveri e ricchi, la prassi dirisolvere il problema demografico con politiche dicontenimento delle nascite immorali se non criminali, la

destinazione delle risorse idriche. Queste sono un beneprimario, non sono una merce come le altre, devono essereusate con razionalità e solidarietà ed esiste uno specificodiritto ad averle, diritto naturale, perché gli uomini vivonodi acqua. Alla luce di tutto questo, è bene che lo stile divita dell'uomo si modifichi verso il Creato, che varispettato e ricevuto come dono di Dio.