Sanità e devolution. La soluzione britannica.

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DIRITTO PUBBLICO COMPARATO ED EUROPEO Convegni – XVI

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DIRITTO PUBBLICO COMPARATO ED EUROPEO

Convegni – XVI

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ISBN/EAN 978-88-348-2843-4

Questo volume è stato pubblicato con il contributo della Scuola dottorale in Diritto ed Economia deiSistemi Produttivi dell’Università degli Studi di Sassari.

Composizione: Carla Degiacomi – Torino

Stampa (D): L.E.G.O. S.p.A. - Lavis (TN)

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Indice

Presentazione Tommaso Edoardo Frosini VII

Introduzione Giuliana Giuseppina Carboni 1

Relazioni

Carlo Casonato, I sistemi sanitari: note di comparazione 5 Carla Bassu, La riforma sanitaria negli Stati Uniti d’America: un modello federa-

le di tutela della salute? 29 Lucia Scaffardi, Sanità e devolution. La soluzione britannica 43 Ginevra Cerrina Feroni, Pubblico e privato nella erogazione delle prestazioni

sanitarie. Italia, Germania, Svizzera a confronto 71 Domenico Amirante, Tutela dell’ambiente e diritto alla salute: note minime per

un confronto 113

Interventi Andrea Pin, La riforma sanitaria USA e il suo destino. Perché Obama è riuscito

dove altri hanno fallito (e potrebbe perdere dove altri avrebbero vinto)? 127 Pier Luigi Petrillo, Due facce di una stessa medaglia: il ruolo dei gruppi di pres-

sione e del Presidente Federale nella riforma sanitaria statunitense 139 Ciro Sbailò, Dal diritto alla salute all’eco-bilancio: alla ricerca di un ampliamen-

to del concetto di “bene pubblico” 167 Antonio Azara, Gli effetti del Federalismo sulla salute e sulla qualità dell’assi-

stenza. Uno sguardo al passato per orientare la sanità del futuro 181

– Indice VI

Sanità e devolution. La soluzione britannica

di Lucia Scaffardi

Sommario: 1. La tutela della salute nello Stato composto. Proiezioni di immagini in continuo mutamento. − 2. La prima riforma del sistema sanitario inglese: dal libro bianco Working for patient (1989) alla legge NHS and Community Care Act 1990. − 3. Il Governo laburista e The third way: una diversa strada per garantire performance di sistema e riduzione della variabilità gestionale. − 4. Devolution e postcode lot-tery of care. Dalle asimmetrie agli elementi uniformanti. − 5. La Big Society e l’Health and Social Care Bill 2011. 1. − Le conquiste veicolate dall’affermazione dello Stato sociale sono in continuo

mutamento in quella dinamica che tende sempre più a garantire, perseguendole nel suo massimo grado possibile, eguaglianza e dignità sociale degli individui1. Il tema della Sani-tà è parte fondante di queste conquiste, ed è in certo qual modo la “cartina di tornaso-le” del grado di raggiungimento degli obiettivi prioritari che stanno alla base di questo Stato2. Come attentamente notato3, le scelte vuoi pienamente federali, vuoi decentrate nel senso di un riconoscimento politico-amministrativo alle unità componenti (pur in un quadro di riferimento unitario), hanno svolto una decisa influenza sulla forma di Stato stessa4. Analizzare quali possano essere stati e siano i portati evolutivi del processo devo-

1 A. D’Aloia, Storie «Costituzionali» dei diritti sociali, in Scritti in onore di Michele Scudiero, Napoli, Jove-ne, 2008, 746, sostiene, a conclusione di un lungo studio proprio sulle “storie ‘Costituzionali’ dei diritti so-ciali” come «quella dello Stato sociale che persegue l’eguaglianza e la pari dignità sociale delle persone, e che nella sua capacità di ricercare incessantemente questi obiettivi ripone la sua stessa ragione identitaria, è una storia che non finisce, che non smette di cercare i suoi equilibri nella successione e nel mutamento dei contesti sociali».

2 In via generale sull’attuazione dei diritti sociali nei diversi ordinamenti si consultino: L.M. Diez Picaro, Diritti sociali e federalismo, in Politica del diritto, 1999, 23; R. Bifulco, Federalismo e diritti, in T. Groppi, M. Olivetti (cur.), La Repubblica delle autonomie, Torino, Giappichelli, 2003, 141; S. Gambino, Stato, diritti sociali e devolution: verso un nuovo modello di welfare, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2006, 1-38.

3 È risaputo, infatti, come i sistemi di welfare abbiano ingenerato tendenze centralizzatrici in ordinamenti a struttura federale. V. in tal senso P. Carrozza, Riforme istituzionali e sistemi di welfare, in M. Campedelli, P. Car-rozza, L. Pepino (cur.), Diritto di welfare. Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Bologna, il Mulino, 2010, 209-210, che utilizza come esempi in tal senso Stati Uniti, Canada e Australia. Nello stesso senso v. anche B. Baldi, Stato e territorio. Federalismo e decentramento nelle democrazie contemporanee, Roma-Bari, Laterza, 2003, 78.

4 Giuliano Amato ha segnalato come fino agli anni Settanta, ad esempio la sempre maggiore espan-sione del welfare abbia comportato una spinta egualitaristico-redistributiva che ha portato con sé, un raf-forzamento degli apparati centrali di governo G. Amato, Democrazia e redistribuzione, Bologna, Il Muli-no, 1983.

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lutivo in tema di tutela della salute5 in un Paese come la Gran Bretagna è cercare di comprendere quel difficile equilibrio che vuole oggi combinare istanze unitarie ed esi-genze di differenziazione possibile6. Tutto questo in un ordinamento assai particolare, caratterizzato da sempre per il suo forte tasso di centralismo nell’attuazione dei servizi sanitari, ma che alla luce del processo devolutivo in atto sembra sempre più avvicinarsi al-l’esperienza – come alle contraddizioni – di altri paesi europei maggiormente decentrati come Italia o Spagna7.

Si tratta, anche nel Regno Unito, di un fisiologico grado di disparità che i cittadini di Sua Maestà sono chiamati ad affrontare o il criterio della residenza geograficamente in-teso prelude ad un possibile infingimento dell’eguaglianza nel godimento dei diritti legati alla tutela della salute? E come incide anche in questo Paese, da sempre attento all’uti-lizzo delle risorse pubbliche8, il problema della scarsità delle stesse in presenza di un co-stante aumento della voce relativa alla spesa sanitaria9?

5 Questo nella consapevolezza di come il diritto alla salute sia sancito in maniera assai generica, la-sciando ampio margine discrezionale nell’attuazione di ciò al Ministro della Sanità (Secretary of State for Health): questo perché la legge non fornisce un elenco completo delle prestazioni che debbono essere obbligatoriamente fornite, ma affida al Ministro la determinazione degli interventi necessari per garanti-re “ragionevolmente” le esigenze dei singoli. Sottolineano la difficoltà di approccio al tema, se sviluppa-to da un punto di vista “continentale”, Carlo Casonato e Cinzia Piciocchi, i quali affermano condivisi-bilmente come: «La ricerca di un diritto corrispondente a quello previsto e tutelato dall’art. 32 della Costituzione italiana, infatti, non si scontra solamente con l’assenza di una Costituzione scritta nell’ordi-namento britannico ma anche, e soprattutto, con la difficoltà di individuare un’espressione equivalente, un right to health al quale fare riferimento. La ricostruzione sistematica del diritto alla salute nell’ordina-mento britannico, pertanto, presuppone un’indagine in grado di giungere all’individuazione di un qua-dro unitario a partire dai diversi aspetti che lo compongono: il right to health care, il right to physical in-tegrity, il right to medical treatment e così via». C. Casonato, C. Piciocchi, Devolution, diritti, identità: la tutela della salute fra asimmetrie ed esigenze di uniformità, in R. Balduzzi (cur.), Sistemi costituzionali, diritto alla salute e organizzazione sanitaria. Spunti e materiali per l’analisi comparata, Bologna, Il Muli-no, 2009, 56.

6 Sulla vasta produzione generale in tema, che certo non potrebbe essere contenuta nel breve rinvio di una nota, si vedano per l’interesse di questi contributi e per la bibliografia in essi contenuta, A. D’Aloia, Di-ritti e Stato autonomistico, Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in Le Regioni, 2003, 1063 ss., L. Chieffi, M. Ricca, (cur.), Il governo della salute: regionalismi e diritti di cittadinanza, Roma, Formez, 2005; mentre fra gli ultimi G. Delledonne, Federalismo, Livelli essenziali, Diritti, in M. Campedelli, P. Carrozza, L. Pepino (cur.), op. cit., 251 ss. e E. Catelani, G. Cerrina Feroni, M.C. Grisolia (cur.), Diritto alla salute. Tra u-niformità e differenziazione, Torino, Giappichelli, 2011. Sul piano specifico riferentesi alla Gran Bretagna si v. C. Casonato C. Piciocchi, op. cit., 51-83 e S. Troilo, Il National Health Service britannico fra devolution e mero decentramento, in A. Torre (cur.), Processi di devolution e transizioni costituzionali negli Stati unitari (dal Regno Unito all’Europa), Torino, Giappichelli, 2007.

7 S. Troilo, Il National Health Service britannico fra devolution e mero decentramento, cit., 1117. 8 Sul punto vedi il grafico proposto nella successiva nota 17. 9 Il grafico sottostante rende intellegibili i livelli crescenti di spesa sanitaria che si stanno riscontrando nel

Regno Unito (motivo per cui è in atto una profonda riforma di cui si dirà alla fine del presente lavoro).

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A questi e ad altri interrogativi, il presente testo intende fornire delle prime risposte, segnalando via via l’importanza degli spunti che si possono trarre, ma che comunque rappresentano, in quel quadro incrementale di cui si diceva all’inizio, un unfinished bu-siness dal momento che una delle più grandi riforme del sistema sanitario è in corso di discussione nelle aule parlamentari, mostrando gli opposti volti di un’idea tanto affasci-nante quanto controversa10.

Per comprendere appieno quali siano le evoluzioni che stanno caratterizzando il tema della sanità in Gran Bretagna è necessario premettere una ricostruzione storica dell’avvento e dello sviluppo del suo National Health Service (d’ora in poi NHS)11. Tale

Spesa sanitaria pubblica e privata in UK in percentuale rispetto al PIL

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Public 5.3 5.3 5.6 5.6 5.8 6.0 6.2 6.5 6.7 6.9 6.8 7.2 8.2

Private 1.3 1.3 1.3 1.5 1.5 1.5 1.6 1.5 1.5 1.6 1.6 1.5 1.6

Public Private

United Kingdom Percentages

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

01997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

united Kingdom percentages

Fonte: Office for National Statistics.

10 Diffusamente, su questo tema, si veda l’ultimo paragrafo del presente lavoro. In questo specifico pun-to si leggano, ad esplicazione del dibattito fortemente divergente, le tre ore di resoconti parlamentari del 13 marzo 2012, House Of Commons, Official Report Parliamentary Debates (Hansard), vol. 542, 13 March 2012, 278, 159-218.

11 Questa premessa, che non ha pretese di esaustività, risulta peraltro necessaria per comprendere alcu-ni dei passaggi fondamentali che hanno contraddistinto l’evoluzione del “modello sanitario” in Gran Breta-gna e le scelte operate di recente, a volte in continuità di visioni preesistenti, laddove in discontinuità con le scelte compiute in passato. Per un’analisi complessiva del tema si vedano: M. Crivellini, M. Galli, Sanità e salute: due storie diverse, Milano, Franco Angeli, 2011, 236-265; R. Klein, The New Politics of the NHS: From Creation to Reinvention, Oxford, Radcliffe Publishing, 2010, 1 ss.; C. Megali, Modelli e strumenti di gover-nance sanitaria. Elementi di comparabilità tra il Servizio Sanitario Nazionale italiano e il National Health Servi-ce inglese, Roma, Aracne, 2008, 71 ss.; R. Baggott, Health and health care in Britain, London, Macmillan Press, 1994 di cui si veda in particolare la descrizione dell’evoluzione del sistema sanitario britannico dal

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ricostruzione appare tanto più importante quanto più per il fatto che la Gran Bretagna ha svolto, e in certo qual modo svolge tuttora, un ruolo di primo attore in questo ambi-to12.

Il National Health Service viene istituito nel 1948, all’indomani della seconda guerra mondiale, proprio come primo sistema sanitario pubblico, ispirato a criteri universalistici e in ottica solidaristica, da cui hanno preso spunto negli anni successivi molti Paesi euro-pei e in modo particolare l’Italia13. L’obiettivo ambizioso e quanto mai importante per i futuri sviluppi del welfare state14 era quello di rendere il servizio sanitario gratuito per tutti, basandolo su un finanziamento proveniente dalla tassazione generale (c.d. modello Breveridge).

Inizialmente il Sistema Sanitario Nazionale15 fu pensato come istituto pubblico posto sotto il diretto controllo del Segretario di Stato per la Sanità e strutturato su tre livelli di-versi: il primo atteneva ai medici di base (General Practitioners), liberi professionisti sti-pendiati dal Department of Health in rapporto al numero dei pazienti assistiti e che si occupavano dell’assistenza primaria, un secondo livello veniva fornito dai cosiddetti ser-vizi di comunità, (come ad esempio per quanto riguardava le pratiche di vaccinazione o di ostetricia) ed era da subito sottoposto al controllo degli enti locali (autorità comunali), mentre nel terzo ed ultimo rientravano gli ospedali che divenivano dunque anch’essi soggetti di diritto pubblico, subordinati al controllo di autorità regionali (Regional Health Authorities, RHA) a loro volta dipendenti gerarchicamente dal ministro della salute. Que-sta specificazione è rilevante per il fatto che il Regno Unito è stato ritenuto a ragione, fin

1948 al 1979, 74 ss.; M. Ferrara, Modelli di solidarietà. Politica e riforma sociali nelle democrazie, Bologna, Il Mulino, 1993.

12 M. Crivellini, M. Galli, op. cit., 237 ss., ma v. anche 247 ss. e 256. 13 L. Sarti Magi, A. Vitale, Il servizio sanitario inglese punto di riferimento per la riforma sanitaria italiana,

in Previdenza sociale, 1979, 937-965. L’articolo appare di interesse per l’analisi approfondita del sistema sa-nitario inglese di allora e per i suoi grafici che efficacemente evidenziano, non senza un’analisi critica, le “proficue indicazioni” provenienti dall’NHS inglese, riprese dalla riforma sanitaria italiana attuata con la l. n. 833/1978. V. inoltre sulle influenze svolte dalla riforma inglese su quella italiana: Redazione, La riforma sani-taria in Italia ed il sistema sanitario inglese, in Previdenza sociale, 1976, fasc. 2, 483-484 e M. Ferrara, Mo-delli di solidarietà. Politica e riforma sociali nelle democrazie, Bologna, Il Mulino, 1993.

14 Per una interessante, quanto critica analisi del welfare Britannico dai suoi albori al periodo post-de-volutivo si legga D. Wincott, Social Policy and Social Citizenship: Britain’s Welfare States, in The Journal of Federalism, 2006, 169-188. Su di un piano più generale e su cosa si intenda per forma di stato sociale, temi questi essenziali allo studio del diritto alla salute e come vedremo sempre più interconnessi per non dire intimamente legati allo sviluppo di questa materia, si legga in chiave storico-istituzionale l’efficace definizio-ne di C. Mortati, Le forme di governo, Padova, Cedam, 1973, 61 ss. Per una approfondita ricostruzione complessiva dell’evoluzione dei sistemi di welfare ed in particolare dell’influenza sulla forma di Stato si con-sulti P. Carrozza, op. cit., 209.

15 Si fa riferimento alla previsione contenuta nel National Health Service Act 1946 che prevedeva ap-punto l’istituzione di un NHS che entrò in funzione il 5 luglio 1948. A questa prima e fondamentale legge si aggiungano poi le successive importanti modificazioni introdotte dal National Health Service reorganization Act 1973 e dal National Health Service Act 1977.

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dal suo nascere, come un sistema particolarmente accentrato16. Tuttavia, pur ricono-scendo questa forte impronta di carattere stato-centrica, il tema della salute in Gran Bre-tagna segna una sua particolarità: il forte coinvolgimento, da sempre, delle comunità re-gionali/locali e degli stessi medici di base.

Il modello di sanità brevemente richiamato ha operato fino alla metà degli anni ’80, fornendo un eccellente servizio ai cittadini con una spesa complessiva fra le più basse in Europa17. Si trattava evidentemente di un modello fortemente centralista che necessitava di meccanismi operativi nuovi, atti a garantire efficacia ed efficienza sia sul piano gestio-nale sia su quello politico-amministrativo.

2. − Nel 1989 si dà inizio alla prima grande riforma del servizio sanitario in UK18. Il

16 G. Giarelli, Il malessere della medicina. Un confronto internazionale, Milano, Franco Angeli, 2003, 217; G. Maciocco, La riforma laburista del NHS, in Salute e Territorio, 2000, 19; C. Ciardo, Concorrenza amministrata e federalismo sanitario. Confronto fra NHS e SSN, in DPCE, I/2008, 378.

17 Sul tema v. G. Chiara, Breve scheda sul sistema sanitario inglese, Milano, CESAV, 1988, 7; T. Peronace, Politiche di contenimento della spesa sanitaria in Italia, Francia e Regno Unito, in Economia pubblica, 1990, 644. Di particolare immediatezza per comprendere il trend positivo in fatto di contenimento della spesa attuato in Inghilterra negli anni della politica tatcheriana rispetto ad altri importanti Paesi come Canada o Germania si legga il seguente grafico:

Canada Germany 9

8

7

6

5

4

3

2

01960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000

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Fonte: J. Jordan, in Publius: The Journal of Federalism, 39/2009, 164-186

18 V. al proposito quanto descritto nel Libro Bianco Working for patients. Secretary of State for Heath, Working for Patients, London, HMSO, 1989, Cm 555. Al di là del contenuto del Libro Bianco sulla neces-sità del cambiamento, indispensabile per soddisfare le diverse istanze sociali e l’incremento stesso della domanda in termini qualitativi e quantitativi, si sono presentate fin da subito voci che leggevano questa riforma in chiave negativa, segnalando come il legame della stessa a logiche mercatorie (o per meglio dire del “quasi-mercato” v. al proposito le note 20 e 21) avrebbe finito con l’incidere sull’idea iniziale di Si-stema Sanitario Nazionale sperimentato fin dal 1948. In questo senso ad es. D. Black, Change in the NHS, in Journal of Public Health Policy, 1992, 163, che sostiene come i cambiamenti prodotti dalla ri-

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sistema immaginato dal governo conservatore dell’allora Primo Ministro Margaret Tha-tcher19 prevedeva un regime di “concorrenza amministrata”20 in cui nuovi ospedali au-tonomi, chiamati Trusts, cercavano di procurarsi contratti di fornitura di servizi dalle au-torità locali o dai medici di base. Questo era possibile in quanto, oltre alle autorità locali, anche i medici di base erano dotati di un proprio fondo, chiamato General Practitioner Fundholders. Si paventava così una nuova struttura di gestione del servizio sanitario in cui si procedeva ad una diversa responsabilizzazione in capo ad alcuni soggetti21, senza che però vi fosse ancora alcuna previsione in merito al raggiungimento di specifici obiet-tivi o norme attinenti controlli di qualità e indicatori di performance.

È con The Health of the Nation che si inizia a predisporre un piano strategico quin-quennale (1992-1997), strutturato per obiettivi e per aree di intervento. In questo piano assume fondamentale importanza l’assistenza sanitaria di base, mentre l’intera architet-tura si suddivide sostanzialmente su quattro livelli in ottica non solo piramidale, ma di interconnessione funzionale. Un primo livello è quello delle neo istituite R.H.A. (Regio-nal Health Authorities) che sono chiamate a concretare il rapporto tra amministrazione centrale e istituzioni locali. Queste autorità regionali hanno il compito di programmare i servizi nelle diverse aree territoriali e per fare ciò si avvalgono di una ulteriore articola-zione, suddistinguendosi al loro interno in distretti (Distric Health Authority), così da ga-rantire un pieno accordo con gli enti locali minori nella gestione dei servizi. Il secondo livello è garantito dalle aziende ospedaliere (N.H.S. Hospital Trust) che sono formate, come già ricordato, su base autonoma ed erogano servizi entro il quadro normativo na-zionale. Quale terzo livello possiamo poi individuare i cosiddetti medici di base (General Practitioners, G.P.) i quali, riuniti in gruppi di medie dimensioni, ottengono un budget con un tetto massimo per singolo paziente attraverso il quale possono fornire farmaci e

forma “at the most general level, they represent a partial withdrawal (concealed but still discernable) from the principles on which the NHS was based. Pragmatically, they will increase administrative costs with no benefit to health care; and they accentuate divisions in a system which had benefited from being to a large extent coherent”.

19 La riforma di grande impatto sul sistema inglese, ma non solo (ha avuto infatti un forte influsso anche sul sistema italiano), è contenuta nella legge NHS and Community Care Act 1990.

20 Al proposito si consulti G. France, Politiche sanitarie in un sistema di governo decentrato, Milano, Giuffrè, 1999, 17, che affronta lo studio delle dottrine del c.d. quasi-mercato in rapporto all’esperienza in-glese. Perplessità nascenti dall’uso di queste teorie “importate” dagli Usa sono espresse da R.M. Scheffler, Culture versus Competition: The Reforms of the British National Health Service, in Journal of Public Health Policy, 1992, 184.

21 E qui sta, come sottolinea attentamente C. Ciardo, op. cit., 376-377, «L’assoluta novità che era alla base di tale riforma (che) aveva ad oggetto la separazione tra acquirenti delle prestazioni sanitarie (purcha-sers) ed erogatori delle stesse (providers), facendo così rientrare il NHS nello schema di ispirazione statuni-tense del quasi-mercato: termine con cui si indica l’organizzazione di un particolare settore produttivo quale risulta da un intervento pubblico di regolamentazione, sulla base del quale, insistendo soprattutto sugli in-centivi sottesi al comportamento di produttori e di consumatori, si intende ovviare alle inefficienze del libero mercato minimizzando al contempo i naturali gap derivanti dall’intervento pubblico».

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primi servizi (come ad esempio l’effettuazione di esami clinici, servizi territoriali di vario genere, ecc.). Tuttavia, al superamento del budget attribuito al singolo cittadino, inter-viene finanziariamente la Distric Health Authority. Questo impianto, come di tutta evi-denza, obbliga dunque i medici di base a una forte responsabilizzazione, dal momento che vengono anche chiamati a negoziare con le aziende e gli specialisti il prezzo dei ser-vizi stessi. A questi si aggiunga, a completamento del quadro, un quarto step in realtà già presente sul territorio da diverso tempo, rappresentato dalle Community Health Council, organismi previsti a livello distrettuale, ma significativamente utili in quanto rappresenta-tivi degli interessi dei cittadini22.

Questa tappa di riforma, oltre a presentare elementi innovativi chiamati a presiedere il sistema di governance sanitaria, è risultata di grande interesse anche perché iniziò a focalizzare la propria azione sui soggetti che rappresentavano, nella catena dell’assi-stenza sanitaria, l’anello più prossimo al cittadino e cioè i medici di base (G.P.), mentre più generalmente il sistema del mercato interno si bipartiva fra enti che acquistavano prestazioni (D.H.A.) ed erogatori di servizi (Trusts)23. Se sul piano teorico quanto fino ad ora descritto rappresentava certamente una forte innovazione ed un modello teorica-mente auspicabile, alla prova dei fatti mostrò forti disfunzioni di sistema, dovuti all’innal-zamento dei costi amministrativi utilizzati per l’attività di contrattazione e una mancanza di efficienza complessiva del servizio24, nonché alla impossibilità di mantenere un con-trollo di carattere strategico da parte delle autorità sanitarie.

3. − Per cercare di risolvere questi problemi nel 1997 si giunge ad una nuova fase della

riforma sanitaria britannica. Artefice di questa ulteriore tappa di cambiamento fu il governo laburista di Tony Blair25. La trasformazione necessaria veniva esplicitata nelle pagine del Li-

22 Sulle particolarità del Governo Locale in Gran Bretagna v. S. Troilo, Il local Government Britanico: l’ente locale tra rappresentanza della comunità e amministrazione dei servizi pubblici, Padova, Cedam, 1997. Per ciò che attiene i Community Health Council l’autore ne sottolinea la specificità ricordando come fin dal 1990 questi enti fossero «esistenti in ogni distretto sanitario con il compito di monitorare i servizi prestati e di rappresentare alle autorità sanitarie il punto di vista degli utenti», (86).

23 Per una valutazione dei cambiamenti introdotti nel sistema sanitario dai governi conservatori v. J. Le Grand, The Evaluation of Health Care System Reforms, in Il Politico, 1993, 31 ss.

24 Si fa risalire a questo periodo, infatti, la nascita di una disfunzione che rappresenterà negli anni a veni-re un elemento negativo del sistema britannico di sanità e cioè quello legato alle lunghe liste di attesa neces-sarie per effettuare determinate prestazioni ospedaliere.

25 Il Programma elettorale del Partito Laburista per le elezioni generali del 1997, intitolato “New Labour: because Britain deserves better”, sintetizza una necessità di cambiamento in tema di sanità affrontata con toni apertamente polemici sulla gestione del governo conservatore: «There can be no return to top-down management, but Labour will end the Conservatives’internal market in healthcare. The planning and provision of care are necessary and distinct functions, and will remain so. But under the Tories, the administrative costs of purchasing care have undermined provision and the market system has distorted clinical priorities. Labour will cut costs by removing the bureaucratic processes of the internal market. The savings achieved will go on

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bro Bianco New N.H.S. modern, dependable26 laddove, attraverso la determinazione di o-biettivi finalisticamente individuati per l’intero sistema sanitario nazionale, si tendeva a mi-gliorare le performance di sistema nell’ottica di una riduzione però della variabilità gestiona-le e clinica. La “terza via”27 prevista da Blair era dunque quella di un nuovo modello che permettesse di superare le disfunzioni manifestate dal sistema precedente, senza peraltro voler ritornare all’impianto centralistico fortemente burocratizzato, elemento che aveva ca-ratterizzato la nascita del sistema sanitario in Gran Bretagna. Da qui, appunto, il nome di The third way, una strada ambiziosa il cui raggiungimento, mai pienamente avvenuto, è sta-to immaginato attraverso percorsi diversi28 e cioè cercando di ridurre le iniquità nell’accesso ai servizi (leggi in tal senso le lunghe liste di attesa che hanno caratterizzato ed in parte an-cora caratterizzano il malfunzionamento del sistema); rendendo i servizi qualitativamente migliori anche con la partecipazione nei processi valutativi degli stessi pazienti; smantellan-do il sistema del c.d. quasi-mercato attuato attraverso i fundholding, ritenuto un “cavallo di Troia” voluto dai conservatori per raggiungere la privatizzazione della sanità29 ed infine cer-cando una piena valorizzazione del ruolo dei medici e dell’assistenza sanitaria di base.

Per quanto attiene alla qualità del servizio si cercavano di attuare tutte quelle condizioni che potessero favorire l’”eccellenza professionale”30. Al proposito venivano identificati una serie di livelli istituzionali come il National Institute for Clinical Excellence, il National Stan-dard Framework, il National Performance Framework, il National Patient and User Survey e il Commission for Health Improvement, tutti chiamati, con diversa competenza, a valutare gli

direct care for patients. As a start, the first £100 million will treat an extra 100,000 patients. We will end wait-ing for cancer surgery, thereby helping thousands of women waiting for breast cancer treatment».

26 The Department of Health, The New N.H.S. modern, dependable, London, HMSO, 1997, Cm 3807. Per una prima quanto fondamentale analisi si consulti R. Klein, Why Britain is reorganizing its Health service-yet again, in Heath Affairs 1998, 111 ed inoltre P. Fisher, The Reform of the Reform of the British National Health Service, in Journal of Public Health Policy, 1999, 138 ss.

27 Su questo importante momento riformatore v. S. Neri, Mercato, devolution e culture. Il new Labour e la modernizzazione del National Health Service, in G. Vicarelli (cur.), Regolazione e governance nei sistemi sanitari europei, Bologna, Il Mulino, 2011.

28 Vedi l’Health Act 1999, il NHS Reform and Healthcare professions Act 2002 e l’Health and Social Care (Community Health and Standards) Act 2003 e diversi altri provvedimenti di grado subordinato, alcuni dei quali ricordati anche nel corpo del testo.

29 In realtà diversi osservatori sottolineano come il mercato interno voluto dalla Thatcher non sia in realtà mai decollato: le ragioni di ciò sono riassunte in G. Maciocco, op. cit., 20. Fra queste: «l’avversione ideologica di gran parte degli operatori sanitari, la scarsa preparazione imprenditoriale sia nel versante dei purchsers, che in quello dei providers, la mancanza di seri incentivi finanziari. Ma l’elemento veramente determinante sta nella struttura stessa del sistema, nel suo forte centralismo che ha di fatto impedito lo sviluppo di una reale autono-mia da parte dei vari attori coinvolti in un mercato solo virtuale».

30 Come osservato: «Viene così messo in primo piano l’attenzione sistematica alla qualità, introducendo il tema del governo clinico quale insieme di strumenti organizzativi attraverso i quali le istituzioni del N.H.S. assumono una diretta responsabilità per il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza e per mante-nere elevati livelli del servizio, attraverso la realizzazione delle condizioni necessarie a favorire l’eccellenza professionale». C. Megali, Modelli e strumenti di governance sanitaria, cit., 75.

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ambiti qualitativi dei servizi e a determinare standard nazionali di prestazioni efficaci ed ap-propriate31. Proprio ragionando su queste nuove basi, nel 2000 venne approvato il nuovo piano strategico nazionale del sistema sanitario32.

Il piano generale di politica sanitaria (c.d. piano strategico) sviluppato dallo Stato (leggi Department of Health) nel decennio compreso tra il 2000 e il 201033, è divenuto il perno fondante di questa nuova politica. È il Department of Health (Ministero della salu-te) che determina come debbano essere rispettati nell’erogazione dei servizi determinati standard, seguendo livelli di qualità appositamente stabiliti dal centro in base a priorità di politica sanitaria34. Si desume in questa scelta ancora una volta un ritorno a quell’im-postazione verticistica, se mai era stata abbandonata, di cui si è detto fin dall’inizio di questo studio e che si voleva invece attenuare, almeno nelle parole della riforma.

Tuttavia, alcuni degli organismi ideati in questa fase meritano una attenta considera-zione. Il National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) è uno di questi. Esso diviene l’organismo responsabile della valutazione e del controllo strategico del sistema sanitario nazionale. Letto inizialmente in chiave negativa dai cittadini, che lo ritenevano organo rivolto alla sola ottimizzazione delle risorse da parte del NHS e a danno dei biso-gni reali dei pazienti (in ambito ad esempio dell’utilizzo di alcuni farmaci), si è dimostra-to invece un interessante organismo indipendente, depositario dell’importante compito di individuare linee guida e di promozione del tema della salute anche attraverso il co-involgimento degli stessi cittadini35.

31 Il National Institute for Clinical Excellence, di cui si dirà tra breve anche nel corpo del testo, ha il compito di garantire efficacia e congruità delle prestazioni attraverso la redazione di appositi standard; il National Standard Framework si occupa specificamente di alcune patologie relative a soggetti interessati, delineandone gli standard organizzativi; il National Performance Framework monitora, attraverso consoli-dati indici clinici ed economici di rilevazione, i risultati dei servizi; il National Patient and User Survey si occupa della customer satisfaction, monitorando il gradimento dei servizi prestati e infine la Commission for Health Improvement ha compiti ispettivi e di sanzione per eventuali infrazioni agli standard da adotta-re.

32 Secretary of State for Health, The N.H.S. Plan, London, HMSO, 2000, Cm 4818-I. 33 Nell’attuazione di questo piano vennero previsti due organismi ministeriali di particolare interesse, il

Modernization Board, al cui capo è posto il Segretario di Stato e che si occupa del raggiungimento degli o-biettivi contenuti nel Piano da parte dei diversi soggetti che svolgono la propria attività all’interno del NHS e la Modernization Agency quale organo di supporto per dirigenti e medici in azioni di miglioramento e im-plementazione dei servizi, laddove se ne ravvisino le carenze.

34 Il sistema continua ad essere dunque fortemente accentrato anche nella nuova attuazione laburista: infatti la stessa struttura organizzativa del Ministero, seguendo le nuove attribuzioni previste, è stata profon-damente rivista (riforma del 2004) arrivando a subire tra l’altro un fortissimo ridimensionamento dell’orga-nico, tanto che oltre 1000 persone sono state trasferite in altre amministrazioni.

35 Dapprima, nel 1999, è stato istituito l’Institute for Clinical Excellence, poi nel 2005 si è unito all’Health Development Agency, formando il National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE). Quest’organo è oggi responsabile della valutazione e del controllo strategico del Sistema Sanitario nazionale della Gran Bretagna. Il NICE, istituito come authority sanitaria, inizialmente rendicontava agli utenti del SSN le analisi di benchmarking condotte con cadenza determinata a livello nazionale. Successivamente, anche a seguito della

– Lucia Scaffardi 52

Per quello che attiene allo smantellamento del quasi-mercato, bisogna prima precisa-re alcuni aspetti. L’attribuzione delle risorse finanziarie e il potenziamento, laddove de-ciso, di determinati investimenti divengono il perno su cui si fonda l’intero equilibrio del sistema e su cui ovviamente andrà ad inerire la riforma. I membri della comunità inglese ricevono un’assistenza pressoché gratuita anche se sono chiamati − similarmente all’Italia − a pagare un ticket per l’acquisto dei medicinali36. Il finanziamento della NHS, come già ricordato, avviene per circa l’80% dalla tassazione generale, mentre solo il restante 20% da contributi sanitari (15%) e dalla compartecipazione della spesa da parte dei cittadini (restante 5%)37.

All’interno di questo sistema è proprio il Department of Health a distribuire i fondi che vengono assegnati sulla base di un criterio che contempera composizione geografica e tasso di mortalità della popolazione, alle neo istituite (2002), Strategic Health Authorities (S.H.A.)38. Queste autorità, direttamente dipendenti dal Ministero della salute, vengono chiamate a sovrintendere ad una popolazione di 1,5 milioni di abitanti (mentre le Local Authorities rimangono responsabili dei servizi sociali). Le S.H.A. sono dunque evidente-mente nate per garantire uniformità di politiche territoriali, anche se sono chiamate ad operare all’interno delle priorità indicate dal piano generale nazionale e ad attuare la conseguente programmazione strategica per quanto riguarda l’offerta dei servizi a livello locale. Come di tutta evidenza, questi nuovi organi hanno rappresentato e in un certo qual modo rappresentano tuttora i momenti di raccordo e di sintesi fra centro e periferia e sono andati, in questo senso, a sostituire in termini gestionali vecchi istituti come le Regional Health Authorities. Difformemente da quanto almeno inizialmente previsto, il tempo ha mostrato come le S.H.A. siano diventati organi del potere centrale, in cui la politica è entrata con prepotenza attraverso un sistema di nomine volute dall’alto che di fatto hanno impedito lo sviluppo di una reale autonomia e se possibile ne hanno appe-santito i costi (in termini di personale), favorendo così la burocratizzazione del sistema e lasciando ipotizzare, nella nuova riforma di cui diremo, la loro totale dismissione.

ricordata fusione, ha allargato le sue competenze fino a sviluppare Linee Guida cliniche, valutazioni su tec-nologie e procedure di interventi ai fini di promuovere il benessere della salute. Queste LG vengono prodot-te attraverso la formazione di un gruppo multidisciplinare. Di grande interesse nell’ottica della sempre più importante valorizzazione dei cittadini, in primis, è la formazione dell’organo (in genere 10-12 persone), composto da specialisti dell’area, medici generici, ma anche rappresentanti di pazienti e tecnici, mentre posso-no essere eventualmente cooptati, ad adiuvandum, rappresentanti delle case farmaceutiche ed esperti ester-ni. Visto inizialmente con diffidenza dai cittadini, come già riportato nel testo, in quanto interpretato solo in chiave di possibile razionalizzazione delle risorse da parte del National Health Service inglese, è oggi invece universalmente apprezzato ed il suo sito (www.nice.org.uk) ha diversi milioni di download ogni mese.

36 Sono comunque previste esenzioni per particolari categorie (minori, anziani, disoccupati, portatori di particolari patologie croniche ecc.). La situazione è diversa in Galles su cui si legga il paragrafo successivo.

37 European Observatory on Health Care Systems, Heath Care Systems in Transition – United Kingdom, consultabile in www. euro.who.int/_data/assets/pdf_file/0011/96419/E68283.pdf.

38 Inizialmente le Strategic Health Authorities erano 28 mentre dal 1° luglio 2006 sono state ridotte a 10. Queste svolgono la propria attività alle dirette dipendenze del Segretario di Stato per la sanità.

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Tornando alle ulteriori svolte impresse dalla riforma laburista è necessario sottolinea-re come, una volta aboliti i GP fundholding come promesso in campagna elettorale e quindi modificato il binomio purchaser-provider, chi diviene veramente responsabile dell’erogazione dei servizi sono dapprima i Primary Care Groups (PCG) poi trasformatisi in veri e propri Primary Care Trusts (PCTs)39, che rappresentano appunto il nuovo model-lo gestionale per l’assistenza di base40. Ne fanno parte medici di famiglia, corpo infer-mieristico e tutti coloro che operano nel settore delle cure primarie. Ineriscono inizial-mente su di un bacino di utenza di circa 100 mila abitanti, oggi divenuti oltre 300 mila41 e ogni PCT ha un proprio organo di gestione che risponde alle Health Authority, ma di cui fanno parte anche rappresentanti delle autorità locali ma dei servizi sociali. Non tutti i medici vengono impegnati nelle attività di gestione ma coloro che svolgono questo com-pito aggiuntivo ricevono un adeguato compenso. Inoltre insieme alle Health Authority contribuiscono alla formazione dell’Health Improvement Programme. Infine, i PCT pos-sono commissionare servizi di cure secondarie e terziarie con aziende che operano nel-l’ambito dell’Health Improvement Program, rivolgendosi ai N.H.S. Trusts o ai Foundation Trusts42.

In merito a questi ultimi, e cioè agli ospedali, va sottolineato come si assista in questo periodo non solo ad un miglioramento nella qualità dei servizi ma anche a maggiori in-vestimenti in favore di un rinnovamento delle strutture sanitarie43.

39 I Primary Care Trust (PCT) sono vere e proprie aziende con avanzata autonomia gestionale. L’impor-tanza dei PCT è leggibile nelle righe del già citato testo di Cecilia Megali laddove spiega come oggi i P.C.T. siano «responsabili per le attività di pianificazione ed erogazione dei servizi, di miglioramento delle condi-zioni di salute della popolazione locale e di integrazione dei servizi sanitari con i servizi sociali. All’interno dei Primary Care Trusts operano i medici di famiglia o medici generici (General Practitioners) che assicurano i servizi di primo intervento. I medici, quando acquisiscono la qualifica di General Practititioner, richiedono l’as-segnazione ad uno studio medico generico dove operano assieme ad altri GP, a personale infermieristico di comunità, ad infermieri specializzati per offrire assistenza sanitaria globale ad una comunità locale». C. Me-gali, Modelli e strumenti di governance sanitaria, cit., 79-80.

40 Per completezza di quadro non deve essere sottaciuta un’altra interessante innovazione e cioè l’introduzione dei Walk-in Center, ovvero di centri medici che svolgono servizi ambulatoriali per patologie e lesioni curabili senza necessità di un vero e proprio ricovero.

41 Nel 2006 il numero dei PCT viene ridotto di circa il 50% ed oggi nel 70% dei casi i PCT vanno a con-vergere con le Local Authorities a cui rimangono in capo i servizi sociali. Questa parte della riforma voluta sempre dal Governo era tesa a migliorare il servizio offrendo la possibilità anche di programmazioni con-giunte. L’attuale riforma del Governo Cameron, di cui si parlerà nell’ultimo paragrafo del presente lavoro, ne ha proposto invece la totale abolizione.

42 Seguendo sempre l’impianto della riforma, molti NHS Trusts sono stati incentivati a trasformarsi in Foundation Trusts, assumendo quindi la forma giuridica di Public Benefit Corporation (PBC). Secondi i dati aggiornati al novembre 2010, Neri stima che su 290 trusts ospedalieri in Inghilterra, ben 130 abbiano optato per convertirsi in Public Benefit Corporation. S. Neri, op. cit., 129.

43 In Italia il tema delle strutture ospedaliere obsolete rappresenta ancora oggi un problema estrema-mente importante che non fa al momento intravvedere soluzioni a breve. Su questo spinoso quanto impor-tante problema, si vedano da ultimo le dichiarazioni rilasciate dall’ex Ministro della Sanità ed oggi Direttore

– Lucia Scaffardi 54

Per concludere, se appare vero il fatto che si sia tentato con questo momento rifor-matore di riorganizzare il sistema, semplificando la catena dei soggetti implicati nella programmazione, nella committenza e nella erogazione dei servizi ed è inoltre «possibile rinvenire uno snellimento delle forme di contrattazione ed un centralismo dell’Health Improvement Programme al quale si richiede di operare un equilibrato raccordo tra le Health Autorities, i PCG delle Local Autorities ed i Trusts. Dall’altro lato, ne esce immuta-ta l’impostazione centralistica tipica del sistema anglosassone, la quale semmai viene an-cor più accentuata dalla creazione di una serie di istituzioni di indirizzo e controllo. In definitiva, pur in un contesto di evidenti cambiamenti organizzativi, permane non solo una sorte di continuità strutturale rispetto al passato, ma anche una mentalità gestionale non lontana dalla concorrenza amministrata che a dire il vero i laburisti avevano non poco cri-ticato durante l’amministrazione Thatcher»44.

4. − In questi anni, a fronte di tali cambiamenti e comunque sempre ad opera del

governo guidato dall’allora premier Blair45, entra prepotentemente in scena anche una nuova e diversa variabile, rappresentata dal processo devolutivo in atto per alcune delle regioni della Gran Bretagna. È questa un’idea che viene da lontano e più precisamente fin dal diciannovesimo secolo e per alcuni aspetti fors’anche da prima46. Ma è alfine nel 1998 che la questione territoriale viene affrontata seguendo il tradizionale approccio britannico rivolto ad approvare riforme costituzionali di tipo empirico-incrementale47. Questo ha portato alla «concessione di un’autonomia diversificata ai nuclei periferici at-traverso l’adozione di soluzioni istituzionali distinte e la distribuzione di poteri e di

dello Ieo (Istituto europeo di oncologia) Umberto Veronesi: «La sanità di un Paese vale quanto valgono i suoi ospedali. E oggi circa 4 ospedali su 10 andrebbero chiusi perché obsoleti, inefficienti e costosissimi. Poi si potrebbe ripartire con un progetto di costruzione: strutture di nuova concezione, adeguate alla nuova filo-sofia della medicina. Ciò permetterebbe anche un rilancio delle opere pubbliche e senza dover sempre ri-correre allo Stato. Esistono modi di far partecipar anche i privati. Non è giusto che la nostra sanità abbia an-cora ospedali in decadenza che la fanno apparire una malasanità». M. Pappagallo, La nuova sanità secondo Veronesi «Sia low cost e a chilometro zero», in Corriere della Sera, 10 marzo 2012, 24.

44 C. Ciardo, op. cit., 383. 45 Le ragioni che portarono il governo neolaburista ad auspicare il riconoscimento di forme di autono-

mia costituzionali sono analizzate in A. Torre, «On devolution». Evoluzione e attuali sviluppi delle forme di autogoverno nell’ordinamento costituzionale britannico, in Le Regioni, 2000, 203.

46 Questa lunga storia fatta di piccoli passi in avanti e di arresti improvvisi è magistralmente descritta in chiave critica prima in V. Bogdanor, Devolution, Oxford, Oxford University Press, 1979 e poi, dello stesso autore, in Devolution in the United Kingdom, Oxford, Oxford University Press, 1999. Fra gli autori di lingua italiana si vedano D.G. Bianchi, Storia della devoluzione britannica. Dalla secessione americana ai giorni no-stri, Milano, Franco Angeli, 2005; A. Torre, Devolution (dir. comp.), in Enciclopedia giuridica Treccani, Ag-giornamento, XV, Roma, 2007, 1 ss.

47 P. Leyland, La Multy-Leyered Constitution e il tentativo di devolution nelle Regioni inglesi, in Le Regio-ni, 2006, 12 ma anche più generalmente dello stesso autore si consulti: The Constitution of the United King-dom. A contextual Analysis, Oxford, Oxford Hart Publishing, 2007, in particolare 187 ss.

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competenze disomogenei al fine di soddisfare interessi specifici delle collettività locali e di riconoscere e valorizzare determinate peculiarità culturali, etniche, giuridiche e lin-guistiche»48. La devolution, come avremo modo di descrivere tra breve, è destinata a portare significativi cambiamenti anche sulla materia sanitaria in Gran Bretagna, ma per comprendere appieno il quadro dinamico entro cui si muove e la sua capacità di pla-smarsi e perfezionarsi con il trascorrere del tempo e il mutare dei luoghi49, sono neces-sarie due precisazioni.

La prima riguarda il fatto che lo Stato devoluto della Gran Bretagna rappresenta un unicum al mondo difficilmente categorizzabile attraverso le più comuni definizioni di Stati decentrati o federali. Le nuove Assemblee devolute in Gran Bretagna infatti, non hanno poteri sovrani, intendendo in ciò che una eventuale (quanto improbabile) loro abolizione potrebbe avvenire teoricamente attraverso un atto unilaterale del Parlamento di Westminster. Si concorda, invece, con gli autori50 che hanno sottolineato come, pur nella particolarità del modello, il processo devolutivo made in UK si presenti come un processo ormai irreversibile51. Chiarificatrici al proposito le parole di Bogdanor, il quale sottolinea appunto come ad esempio lo Scotland Act del 1998 non solo contenga una devoluzione di poteri, ma preveda anche una potestà legislativa propria della Scozia «creando in tal modo una relazione quasi-federale tra Londra ed Edimburgo»52. Una se-conda puntualizzazione attiene all’altra grande particolarità del Regno Unito, perché a fronte di regioni come Scozia, Galles o Irlanda del Nord, oggi regioni pienamente devo-lute, l’Inghilterra ha rifiutato, a seguito di referendum popolare, la proposta di formare una propria assemblea legislativa53. L’Inghilterra si trova quindi in una posizione ancora diversa rispetto alle altre tre regioni ricordate.

È dunque necessario sottolineare come la Devolution copra oggi soltanto il 16% del to-tale della popolazione della Gran Bretagna (circa l’84% della popolazione britannica vive in Inghilterra) ed il 14% sul totale dell’intera economia del Regno Unito. È utile ricordare questi dati per sottolineare la particolarità dell’ordinamento di cui si scrive, ma anche per-

48 F. Del Conte, La devolution nel Regno Unito. Percorsi di analisi sul decentramento politico-istituziona-le d’oltremanica, Torino, Giappichelli, 2011, 81.

49 Per una analisi di questi mutamenti (che l’autore ipotizza incidenti anche sul concetto stesso di citta-dinanza) nelle diverse realtà Regionali che compongono il Regno Unito cfr. C. Jeffrey, D. Walcott, Devolu-tion in the United Kingdom: Statehood and Citizenship in Transition in The Journal of Federalism, 2006, 3-18.

50 Segnalano l’irreversibilità del processo devolutivo V. Bogdanor, Devolution: decentralisation or Disin-tegration?, in The Political Quarterly, 1999, 187; A. Gamble, The constitutional Revolution in the United Kingdom, in Publius: The Journal of Federalism, 2006, 29; M. Laffin, Constitution Design: A framework for Analysis, in Parliamentary Affairs, 2000, 536.

51 M.S. Sparer, G. France, C. Clinton, Inching towards Incrementalism: Federalism, Devolution, and Health Policy in the United States and the United Kingdom, in Journal of Health Politics, Policy and Law, 2011, 48.

52 V. Bogdanor, Devolution: Decentralisation or Disintegration?, cit., 187-188, ma nello stesso senso per quanto riguarda Scozia e Galles vedi A. Gamble, op. cit., 35.

53 R. Hazell, The English Question, in Publius: The Journal of Federalism, 2006, 56.

– Lucia Scaffardi 56

ché, se il giurista legge e studia con estremo interesse le anomalie in termini di disegua-glianza che il sistema devoluto ha prodotto in materia sanitaria e di cui si dirà tra breve, tuttavia sarebbe sbagliato non soffermarsi sull’esperienza dell’Inghilterra, pur non essendo regione devoluta, ma direttamente dipendente dalle scelte operate dal governo centrale. In alcuni casi poi, come ad esempio rispetto alla riforma in atto del suo sistema sanitario che proprio in questi mesi viene discussa in Parlamento, la scelta dell’analisi diviene d’ob-bligo non solo per il peso economico che l’Inghilterra ha rispetto all’intero sistema, ma an-che per un duplice quanto interessante ordine di motivi. Il primo, rappresentato da quello che potremmo definire il possibile effetto “trainante” della riforma, cioè gli eventuali spunti che le regioni devolute vorranno in futuro riprendere all’interno dei propri sistemi sanitari e dall’altro per leggere l’effetto che potremmo chiamare “indotto”, cioè derivante da espe-rienze positivamente già sviluppate nelle altre Regioni devolute e oggi riprese, seppur adat-tate alle proprie esigenze, dal NHS inglese.

Premesso quanto, è allora utile ricostruire i passaggi che hanno caratterizzato le scel-te di politica sanitaria assunte dai principali sistemi devoluti. Scelte che, come evidenzia-to da illustre dottrina54, hanno rappresentato senza meno una rottura con il passato.

In Scozia ritroviamo un servizio sanitario presente − diversamente dalle altre regioni devolute − fin dal 194755. Questo sottolinea ancora una volta la particolarità che da sempre ha ricoperto questa regione della Gran Bretagna all’interno del cosiddetto “si-stema inglese”, dove non solo vige un diverso codice penale e dove le scelte politiche sono spesso di segno discordante rispetto alle politiche del governo nazionale56. Questo è puntualmente avvenuto anche per quanto attiene le scelte in materia sanitaria, laddo-ve le opzioni attuate sottolineano una propria fisionomia sia sotto l’aspetto manageriale sia operativo. L’esempio che più comunemente viene riportato a tale riguardo attiene alle scelte operate in tema di assistenza domiciliare. Il Community Care and Health Scot-land Act 2002 ha introdotto, infatti, l’assistenza domiciliare gratuita in favore degli anzia-ni. Si tratta di un passaggio di grande interesse perché in controtendenza rispetto alle scelte dell’esecutivo inglese che non aveva condiviso tali politiche a causa della scarsità

54 H. Fawcett, Social Inclusion Policy-Making in Scotland: Assessing the “Capability-Expectations” Gap, in Political Quarterly, 2003, 449; S.L. Greer, The Territorial Bases of Health Policymaking in the United Kingdom after Devolution, in Regional and Federal Studies, 2005, 518; P. Jervis, Devolution and Health, London, Nuf-field Trust, 2008.

55 Infatti in quell’anno viene riconosciuto con legge la formazione del NHS scozzese. National Health Service (Scotland) Act 1947.

56 Oggi poi il confronto sembra ancora più aspro, anche a seguito della recente richiesta di referendum in-dipendentista proveniente dalla Scozia. Su questa si consultino: House of Lords, Select Committee on the Con-stitution, Referendum on Scottish Independence, 17 February 2012, HL Paper 263 e House of Commons Scot-tish Affairs Committee, The Referendum on Separation for Scotland: Unanswered Question, 15 February 2012, HC 1806 ed anche l’interessante Consultation Paper presentato dal Governo scozzeze lo scorso gennaio che evidenzia ragioni e modalità operative sulla richiesta referendaria: The Scottish Government, Your Scotland– Your Referendum – A consultation Document, Edinburgh, 2012.

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delle risorse e dell’eccesso di domanda57. Si è parlato in tal senso, ed a ragione, di un “clear example of devolution in practice”58. Eppure, nonostante le posizioni divergenti assunte in passato, oggi la posizione della Scozia viene rivalutata anche dal servizio sani-tario inglese. Questa politica ha, infatti, assicurato da una parte una maggiore dignità ai pazienti ma soprattutto in un’ottica finanziario-manageriale ha dimostrato, supportata anche da alcuni studi settoriali, una diminuzione nei costi legati ad una minor ospedaliz-zazione, costi ridotti anche grazie all’attenta attività dei medici di base (GP) che hanno permesso di intervenire sulle malattie che interagiscono tra loro, così da riconoscere le condizioni di vulnerabilità sociale, famigliare ed economica che normalmente vanno ad aggravare i problemi di salute dei pazienti, con una produzione di costi ancora maggiore a carico del sistema sanitario59.

Queste che potremmo definire best practices introdotte dal sistema scozzese han-no comunque evidenziato un loro limite, dovuto alla diversificazione di accesso all’interno della stessa area geografica. Nel tempo, infatti, il godimento del diritto all’assistenza domiciliare gratuita è andato diversificandosi in ragione delle risorse di-sponibili presenti sul territorio e inducendo alcune Local Authorities a limitarne gli ef-fetti creando delle vere e proprie liste di attesa. Si è iniziato allora a parlare in dottrina di una “postcode lottery of care” 60 da cui andava emergendo il fatto che ci si trovava

57 Il Governo inglese ha adottato questa politica diversificata in aperto contrasto non solo con la Scozia (che inizialmente aveva anch’essa sposato le stesse posizioni), ma ancor prima, in contrasto con le risultanze di una Commissione governativa (c.d. Sutherland, dal nome del suo Presidente) nominata proprio al fine di avere pre-cise indicazioni sulla possibile sostenibilità dell’assistenza dei lungodegenti ed in particolare fra questi delle per-sone anziane. I risultati pubblicati nei lavori finali della Commissione furono quelli di svincolare dai criteri di reddito i costi delle personal care garantendo a tutti su base gratuita ed egualitaria questi servizi, sia che essi fossero offerti presso il domicilio delle persone anziane, ad esempio, sia in strutture residenziali appositamente individuate. Si legga al proposito Royal Commission on Long Term Care, With Respect to Old Age: Long Term Care – Rights and Responsibilities, rapporto della Royal Commission on Long Term Care, March, 1999.

58 L. Bauld, Scotland Makes It Happen, in Community Care, 18 ottobre 2001, 36-37, opportunamente richiamato, in un contesto complessivo, da J. Stewart, Taking Stock: Scottish Social Welfare After Devolution, 2004, Bristol, Policy Press, 128.

59 Su questo importante problema che si trovano ad affrontare tutti i Paesi europei (e non solo) dovuto al-l’invecchiamento della popolazione si veda l’interessante saggio di F. Megret, The Human Rights of Oder Per-sons: a Growing Challenge, in Human Rights Law Review, 2011, 37 e L.M. Fleck, Just Caring: In Defence of Limi-ted Age-Based Healthcare Rationing, in Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics, 2010, 27 ss.

60 Il primo utilizzo di questa definizione deve essere attribuito a H. Bungay, Cancer and Health Policy: The Postcode Lottery of Care, in Social Policy and Administration, 2005, 37, che in modo assai acuto spiega quanto stava avvenendo fin dagli anni Novanta in GB: «The random countrywide variations in the provision and quality of public services have been referred to as “the postcode lottery of care”, i.e. where you live dictates where you are treated, which in turns dictates how you are treated, and this in turn affects whether you survive (…). In prac-tice, all services were affected by the postcode lottery, e.g. the availability of IVF, multiple sclerosis drugs, and waiting times for NHS treatment. The current government argued that the postcode lottery was due to a lack of national standards, and that since the inception of the NHS services have grown haphazardly with decisions be-ing taken on which treatments and drugs would be made available locally by health authorities and medical con-

– Lucia Scaffardi 58

di fronte ad una differenziazione nel godimento del diritto alla salute all’interno di uno stesso territorio nel quale mutando le risorse disponibili presenti, si modifica anche il godimento del diritto61. Una diversificazione basata su di un criterio del tutto casuale come quelli che si applicano alle lotterie e che rischia di portare a forme asimmetriche di godimento dei diritti62. Per di più quest’aspetto non attiene solo il piano infra-regio-nale, ma anche quello del rapporto tra regione e regione.

In tal senso appare utile ora introdurre il sistema sanitario del Galles. Questo sistema, diversamente da quello scozzese, viene introdotto solo nel 1999 a seguito della riforme in senso devolutivo volute dal Parlamento di Westminster. Questo particolare sistema ha conosciuto recentemente una ulteriore importante tappa di riforma, entrata in vigore il 1° ottobre del 2009. La riorganizzazione ha visto l’abolizione di ben 22 Local Health Bo-ards (LHBs) e di 7 NHS Trusts istituiti nel 2003. Attualmente esistono 6 Regional Health Boards e 3 National NHS Trusts. Esiste poi una importante Agenzia governativa (Health Commission Wales) chiamata a svolgere un ruolo organizzativo e di coordinamento. Al di la della struttura vera e propria quello che risulta di interesse, per ciò che qui rileva maggiormente, è come la politica sanitaria in questi anni in Galles63 sia stata caratterizza-ta dal cosiddetto “new localism”64, secondo cui è necessario porre al centro del proprio intervento non un indistinto servizio sanitario, ma una sanità rivolta alle esigenze della

sultants according to their own priorities. This was further exacerbated by GP fundholding in the 1990s, with patients of fundholders having faster access to hospital services than patients of non-fundholders».

61 Fa riferimento al tema della lungodegenza, ma evidenzia anche altri casi in cui si è verificato que-sto genere di postcode lotteries Noreen Burrows che afferma come: «The provision of health care in the UK is the prime responsability of NHS Trusts rather than local or regional authorities, as is the case in Italy. It is the Trusts who are responsible for allocation of resources amongst different priorities. Some Trusts are more effective than others and it here that postcode lotteries need to be addressed. For example, in Scot-land, NHS Quality Improvement Scotland recommends that all pregnant women have the chance of two scans in the earlier stages of pregnancy yet the provision of scans is not uniform in Scotland. Lack of fund-ing and trained staff in maternity services has led to a differential implementation of this recommendation in Scotland. Other examples can be found across Scotland. Therefore postcode lotteries in the UK con-tinue to exist between the regions and within them. The response to date has been to try to improve ser-vices by policy rather than legal means». N. Burrows, “New” Basic Rights under Devolved Government?, in A. Torre (cur.), op. cit., 250-251.

62 C. Casonato, C. Piciocchi, op. cit., 64. Un problema questo vissuto anche nel nostro Paese e su cui cfr. M. Gorlani, Accesso al welfare state e libertà di circolazione: quanto “pesa” la residenza regionale?, in Le Regioni, 2006, 345 ss. e M. Cavalieri, C. Guccio, Effects of decentralization and cost containement po-lizie on the public share of health expenditure in Italy, in Rivista di diritto e scienza delle finanze, 2009, 35 ss.

63 Politica che deve essere ricordato si è mostrata in grado di diversificarsi da quella dell’Inghilterra in maniera assai significativa. Al proposito si legga D. Huges, P. Vincent-Jones, Schisms in the Church: National Health Service Systems and Institutional Divergence in England and Wales, in Journal of Health and Social Behaviour, 2008, 400 ss.

64 S.L. Greer, Territorial politics and health politics. UK health policy in comparative perspective, Man-chester, Manchester University Press, 2004, 128.

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salute delle comunità locali, cercando di incidere in tal senso sulla possibile disegua-glianza nell’accesso ai servizi, rafforzando le cure primarie e ponendo allo studio specifi-che misure legate alla salute nell’ottica delle necessità territoriali65. Queste nuove e im-portanti idee sono oggi alla base, seppur declinate in maniera parzialmente diversa, del processo di riforma disegnato dal Governo Cameron.

Certamente la politica per cui tuttora è menzionato il Galles attiene all’abolizione dei costi dei cosiddetti ticket farmaceutici nel territorio regionale, decisione attuata piena-mente a partire dal 2007. La scelta che ha indotto a percorrere questa strada riguarda i costi che secondo i suoi promotori laburisti incidevano sulle scelte terapeutiche dei pa-zienti gallesi, con conseguenze proprio sul loro diritto alla salute. Questo perché molte volte i pazienti a causa dei costi elevati delle prescrizioni mediche (pazienti che ricor-diamolo si trovano a vivere in un’area geografica in cui il reddito pro capite è fra i più bassi del Paese), decidevano di non assumere farmaci con evidenti ricadute a lungo ter-mine sul sistema sanitario complessivo. La scelta di politica sanitaria sull’esenzione totale del ticket per i residenti del Galles appare dunque come una forma di razionalizzazione della spesa, accrescendo efficacia e capacità nel rispondere alle mutate esigenze sociali, in una richiesta di welfare che varia al variare geografico del Paese. I soggetti che posso-no beneficiare di tale esenzione sono però soltanto quelli legati da un rapporto di resi-denza nel territorio, facendo così emergere un tratto nuovo di questo welfare state a “geografia variabile” diremmo noi o a “geometria variabile” come è stato sottolineato66 che va costruendo in tal senso una diversificazione territoriale dei diritti basata su criteri legati alla residenza67.

Per quanto riguarda il sistema sanitario previsto nell’Irlanda del Nord, invece, appa-re estremamente difficile ad oggi segnalare quali siano differenze ed omogeneità rispet-

65 Come esempio di quest’ultima categoria può essere ricordato l’interessante programma offerto dal Galles a favore delle “free breakfast” per i bambini delle scuole primarie. Si veda al proposito il lavoro di studiosi dell’Università di Cardiff che dimostrano appunto come, con ulteriori finanziamenti, «the free school breakfast iniziative could help improve health and social inequalities». K. Tapper, S. Murphy, L. Moore, R. Lynch, R. Clark, Evaluating the free school breakfast initiative in Wales: methodological issues, in British Food Jour-nal, vol. 109, 3/2007, 206-215.

66 «Emerge così un aspetto essenziale del “welfare state a geometria variabile”: la necessità di stabilire i confini, attraverso la difficile ricerca di criteri che consentano di individuare e circoscrivere i destinatari dei “tratti regionali” del diritto alla salute. Il caso specifico dei costi delle prescrizioni farmaceutiche in Galles evidenzia come la residenza possa non essere efficace, o quantomeno sufficiente, a questo fine. La riposta dell’esecutivo gallese allo specifico problema dei residenti in cura presso medici inglesi, come tali esclusi dall’ambito di applicazione delle regulations del 2005, fa riferimento ad una sorta di “residenza rinforza-ta». Il Minister for Health and Social Services, infatti, ha introdotto tessere specifiche con le quali anche questi soggetti potranno comunque accedere alle riduzioni dei costi sulle prescrizioni in quanto residenti gallesi (Entitlement cards)». C. Casonato C. Piciocchi, op. cit., 68.

67 Per una comparazione attenta sui diversi sistemi di sanità presenti in Gran Bretagna v. D. Birrel, A.M. Gray, Are There Four NHS Systems in the United Kingdom? A Comparison of NHS Structural Changes in Northern Ireland with England, Scotland and Wales, Bristol, Policy Press, 2009.

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to alle altre Regioni della Gran Bretagna, dal momento che si tratta di un sistema in progress e per certi versi di impossibile precisa lettura68. Il cambiamento più evidente introdotto a seguito delle diverse Consultazioni che si sono svolte dal 2007 è quello di una piena integrazione delle strutture sanitarie. I pazienti infatti hanno richiesto a gran voce l’assistenza integrata così da garantire una più semplice ed accessibile continuità di trattamento. Ed è così che dei 18 Trusts presenti sul territorio ne sono “sopravvissuti” solo cinque con competenze più ampie che vanno dalla medicina primaria e secon-daria e di comunità, nonché al servizio di medicina mentale. Come si vede questa strut-tura differisce sia da quella dell’Inghilterra, che distingue in Primary Care Trusts, Acute Trusts e Menthal Health Trusts, sia da quelli previsti in Galles, avvicinandosi in certo qual modo alla struttura scozzese formata dai 14 NHS Boards che forniscono un’assi-stenza sanitaria unificata (ma per altro verso il sistema differisce completamente, non avendo alcun Foundation Trusts). Siamo comunque in presenza di un sistema forte-mente centralizzato e particolarmente attento ai profili della qualità dei servizi prestati, in un’ottica decisamente affine a quella che opera in Inghilterra, ma ben distante dalle innovazioni presenti in Scozia e Galles69.

Va infine considerato come ci siano caratteristiche comuni alle diverse regioni, come ad esempio per quanto concerne il ruolo affidato ai privati all’interno della sanità pub-blica, ad oggi quasi inesistente. Inoltre, un tema fra quelli ricorrenti affrontati nella pro-grammazione regionale è quello del porre al centro il tema dell’accesso ai servizi in gra-do di parità e con tempi di attesa per le prestazioni ragionevoli, problema quest’ultimo che da lungo tempo affligge la sanità britannica.

Conclusivamente risulta evidente, da quanto sottolineato nelle pagine che precedo-no, come la tutela della salute sia una materia assai controversa in Gran Bretagna e co-me venga oggi garantita nelle Regioni devolute in maniera asimmetrica. Se è dunque possibile, anzi diremmo auspicabile, che vi sia una differenziazione geografica nella scel-ta delle politiche sanitarie che tenga in conto delle necessità particolari dei cittadini, questo tuttavia non dovrebbero mai incidere sul diritto garantito agli stessi. Mentre si as-siste sempre più ad asimmetrie anche all’interno del contesto regionale, molto spesso dovute alla scarsità delle risorse finanziarie. Una asimmetria nell’asimmetria portatrice di diseguaglianza nel godimento dei medesimi diritti. Per contrastare questa situazione il tentativo attuato dai cittadini del Regno Unito è stato quello di adire la giustizia, alla ri-cerca di una garanzia pretoria che portasse ad un godimento uniforme di questi diritti70,

68 P. Jervis, op. cit., 19. 69 D. Birrel, A.M. Gray, Are There Four NHS Systems in the United Kingdom? A Comparison of NHS

Structural Changes in Northern Ireland with England, Scotland and Wales, Bristol, Policy Press, 2009. 70 In questo senso si veda ad esempio la battaglia giudiziale della signora Rogers per garantirsi un equo acces-

so ad un trattamento terapeutico contro il tumore al seno (c.d. caso dell’Herceptin dal nome del farmaco) V. R (on the application of Rogers) v Swindon NHS Primary Care Trust and another, [2006] EWCA Civ 392, 2006, 112, D 181 (Apr). Per una puntuale ricostruzione della vicenda si consulti C. Casonato, C. Piciocchi, op. cit., 74.

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nonostante i pressanti condizionamenti economici. Il riferimento alla realtà italiana na-sce allora spontaneo e rimanda all’attuazione di quella lettera m) dell’art. 117 della no-stra Costituzione che vuole garantiti sull’intero territorio determinati standard, solo oltre i quali sarà possibile determinare una differenziazione nelle diverse regioni.

Tuttavia ci sono elementi che sembrano in controtendenza rispetto al solo, per quan-to corretto, assunto che vuole come l’avvio della devolution in Gran Bretagna abbia por-tato ad una asimmetrica diversificazione nella fruizione dei diritti legati alla salute e si tratta di elementi che stanno rendendo il processo in atto, tendenzialmente più unifor-me. Il primo riguarda le cosiddette best practices che sono risultate in alcuni casi l’ele-mento di studio per una loro futura attuazione in altre Regioni del Regno Unito, laddove non sono divenute un vero e proprio “trapianto”71 .

Di interesse l’esempio della legislazione in materia di abolizione del fumo, strin-gente politica legislativa approvata dapprima in Scozia e seguita da equivalente nor-mativa su tutto il territorio nazionale. Almeno inizialmente il legislatore inglese aveva proposto norme meno cogenti rispetto alla legislazione scozzese, ma – dopo la positi-va esperienza della Regione devoluta – sono state riprese anche dell’Inghilterra nella loro prima e rigorosa statuizione.

Ma l’elemento unificante che appare oggi di grande interesse e che rappresenta un aspetto esogeno al sistema è rappresentato dal ruolo della giurisprudenza della Corte di Giustizia e più generalmente dell’appartenenza dello stesso Regno Unito all’Unione Eu-ropea72.

Un esempio chiarificatore in tal senso può essere offerto dall’esperienza della signora Watts73. Questa donna soffriva di una forte patologia artritica alle anche e aveva richiesto al Bedford Primary Care Trust (BPCT) l’autorizzazione ad un intervento all’estero, poiché nel luogo in cui risiedeva veniva richiesto un anno di attesa per l’intervento. Il BPCT ri-fiutò l’autorizzazione e pertanto la Watts decise di presentare ricorso alla High Court of Justice chiedendo l’annullamento di tale diniego. A seguito di un ulteriore peggioramen-to delle sue condizioni, la donna veniva nuovamente visitata nel gennaio del 2003, al termine del quale la BPCT assicurava l’intervento in un arco temporale compreso fra i

71 Sul cui concetto sia lecito il rinvio a L. Scaffardi, Alla ricerca di una comunità internazionale di legisla-tori, in L. Scaffardi (cur.), Parlamenti in dialogo. L’uso della comparazione nella funzione legislativa, Napoli, Jovene, 2011.

72 Sul tema in generale v. E. Barberis, Y. Kazepov, Tendenze e prospettive dei welfare state europei, in M. Campedelli, P. Carrozza, L. Pepino (cur.), op. cit., 141 che sottolineano come: «nel quadro di riarti-colazione territoriale delle politiche sociali anche l’Europa gioca un ruolo rilevante seppure profonda-mente diverso da quello degli enti territoriali nazionali e subnazionali. Infatti, l’acquisizione di compe-tenze regolative in materia sociale è (…) prevalentemente implicita e indiretta ma non per questo meno rilevante» (154).

73 Sulla vicenda che si è sviluppata prima che il caso della signora Watts giungesse alla Corte di Giustizia cfr. Montgomery, The impact of EU Law on English Healthcare law, in M. Dugan, E. Spaventa (cur.), Social Welfare and EU Law, Oxford, Oxford Hart Publishing, 2005, 146.

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tre e i quattro mesi, ma ribadendo il rifiuto per l’autorizzazione all’estero. Nel marzo dello stesso anno, tuttavia, la signora si recava in Francia per sottoporsi all’intervento di protesi d’anca. Al suo rientro richiedeva il rimborso delle spese, rimborso puntualmente respin-to. Essa continuava dunque nel suo ricorso davanti alla High Court of Justice, che respin-se anche questo ricorso per il fatto che la paziente non aveva dovuto far fronte a quello che viene definito in Inghilterra un “ritardo eccessivo”74. Dopo il riesame del ricorso del 2003 la signora decise di proporre un nuovo appello avverso l’ultimo giudicato adendo la Court of Appeal che a sua volta proponeva alla Corte di Giustizia75 una questione pre-giudiziale in merito ad alcune disposizioni del trattato relativo alla libera prestazione dei servizi. La Corte di Giustizia ha infine stabilito che «per poter rifiutare un paziente l’au-torizzazione a farsi curare all’estero a causa del tempo di attesa per un trattamento ospe-daliero nello Stato di residenza, il NHS deve stabilire che tale tempo di attesa non ec-ceda il tempo accettabile sotto il profilo medico tenuto conto dello stato di salute e di bisogni clinici dell’interessato»76.

Al di là del caso di specie che portò ad un rimborso, seppur parziale, dell’intervento subito in Francia dalla signora Watts, quello che qui rileva è il principio secondo il qua-le, in forza del diritto comunitario, è consentito oggi chiedere l’autorizzazione a recarsi all’estero per farsi curare qualora nello Stato di residenza, nel caso di specie la Gran Bretagna, il trattamento stesso non possa essere fornito senza “indebito ritardo”. Ecco dunque come, facendo seguito a questa giurisprudenza, la Gran Bretagna – nelle sue diverse declinazioni di NHS – ha dovuto uniformare le proprie politiche sanitarie al fine di ridurre i tempi di attesa per gli interventi ospedalieri. Un intervento dunque esogeno, come si diceva, e mediato dal giudice interno, che non poco ha fatto e fa discutere la dottrina, ma che rappresenta un diverso elemento unificante delle possibili politiche sa-nitarie77.

Conclusivamente dunque le differenze che si possono oggi cogliere fra Inghilterra, Scozia, Galles e Nord Irlanda sono ben più di semplici sfumature. Esse divengono disar-monie cromatiche che il pittore (legislatore) con la sua tavolozza di nuovi colori è chia-mato a ritrarre correggendone i toni più foschi.

74 Sul concetto di “undue deley” si veda la Causa c-385/99 Müller-Fauré v. Onderlinge Waarbooggmaat-schappij OZ Zorgverzekeringen and van Riet v Onderlinge Waarbooggmaatschappij OZ Zorgverzekeringen [2003] ECR I-4509. Mentre per un commento sul tema G. Davies, Health and efficiency: Community Law and National Health System in the light of Müller-Fauré, in Modern Law Review, 2004, 94.

75 Causa C-372/04, Yvonne Watts v. Bedford Primary Care Trust, Secretary of State of Health [2006] ECRI-435; [2006] QB667. Su questo specifico caso vedi l’approfondita analisi di G. Davies, The Effect of Mrs Watt’s Trip to France on the National Health Service, in King’s Law Journal, 2007, 158 ss.

76 Idem. 77 Sull’influenza dell’Unione europea sulle politiche legate alla sanità in Gran Bretagna si veda general-

mente P. Jervis, op. cit., 107.

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5. − L’esigenza di contenimento di livelli crescenti di spesa sanitaria78, l’avanzamento della tecnologia e il fatto di poter continuare a rispondere ad una domanda di servizi che il cittadino vuole sempre più articolata e la migliore possibile nella sua qualità, sta imponen-

78 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2008

Total health care expenditure (% GDP) 5.6 5.8 5.9 6.8 7.0 8.3 8.7 Total healt care expenditure per capita (£) 231 369 586 863 1.168 1.719 1.852 Total health care expenditure per capita (US$ PPP) 468 689 960 1347 1.837 2.701 3.129 Public expenditure on health care (% total) 89.4 85.8 83.6 83.9 79.3 81.9 82.6 Private expenditure on heath care (% total) 10.6 14.2 16.4 16.1 20.7 18.1 17.4 Out-of-pocket payments (% total health care expenditure) 8.6 na 10.6 10.9 13.4 11.8 11.1 Private insurance (% total health care expenditure) 1.3 2.5 3.3 3.2 1.6 1.4 1.2

Fonte: S. Boyle, United Kingdom (England): Health system review, in Health Systems in Transition, 2011, 72.

Nell’approfondito studio di Boyle sul sistema sanitario si esplicita chiaramente attraverso una lunga serie di dati (come quelli riportati nella tabella sovrastante) come la spesa sanitaria abbia conosciuto un significati-vo aumento dal 1997 al 2008 (per ulteriori dati aggiornati fino al 2009 e comunque con la spesa sempre in costante crescita, seppur in più riassuntivo studio statistico, si consulti Office for National Statistics, Expendi-ture on healthcare in the UK, May 2011, London, in http://www.healthcareexpendituremay201tcm77-218937.pdf, ultimo accesso 10 marzo 2012). Di qui la stringente necessità per il Governo, per la prima volta di coalizione fra conservatori e liberal-democratici, di intervenire su questa materia con una riforma di si-stema. Per completezza di quadro si legga quanto specificato nello studio di Boyle: «Health care expenditure in the United Kingdom has risen significantly in recent years. As Table shows, total spending on health care as a proportion of GDP increased from 5.6% in 1980 to 8.7% in 2008. In particular, spending increased rapidly between 1997 and 2008, from 6.6% to 8.7% of GDP, corresponding to an increase in expenditure in cash terms from £55.1 billion to £125.4 billion (…). Health services remain predominantly publicly funded: in 2008, some 83% of expenditure derived from public sources. As Table 3.1 shows, there was a decline in pub-lic expenditure as a proportion of total health expenditure between 1980 and 2000 from 89.4% to 79.3%. However, in the period since 2000, public expenditure almost doubled while private expenditure increased by just over 50%, resulting in a shift in the proportion of total spending back towards the public sector. This resulted from the Labour Government’s desire to bring spending in the United Kingdom, as a proportion of GDP, closer to the European average. In 2002, the Chancellor of the Exchequer (United Kingdom Minister of Finance) announced plans for a sustained increase in NHS expenditure, with 7.4% annual real growth in the United Kingdom over the five years to 2007–2008, and 7.5% in England (HM Treasury 2002). In 2002–2003, 19.1% of projected government expenditure in the United Kingdom was on health care (HM Treasury 2002). By 2008–2009, this had increased to 22.3% (HM Treasury 2008) but was projected to fall slightly to 22.1% by 2010–2011». S. Boyle, United Kingdom (England): Health system review, in Health Systems in Transition, 2011, 72.

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do una revisione complessiva dell’organizzazione e dell’offerta di servizi anche in Gran Bretagna. L’attuale governo si è fatto portavoce di queste esigenze presentando una pro-posta di riforma del sistema sanitario inglese attualmente in discussione in Parlamento. A meno di due mesi dal proprio insediamento a Downing Street, David Cameron ha presen-tato infatti una riforma del Sistema Sanitario Nazionale. Anche se, a differenza di quanto ipotizzato da Barack Obama negli Usa, la riforma del sistema sanitario non rappresentava una priorità del programma di governo britannico, il premier conservatore ha affidato fin da subito al ministro della sanità, Andrew Lansley, il compito di dar vita al nuovo NHS79. Così, dopo più di sessanta anni di vita e i successivi momenti di riforma ricordati, si assiste oggi all’avvio di quella che potremmo definire una “quarta fase”. Un riordino normativo che, ricordiamolo, si applicherà alla sola Inghilterra e non anche a Scozia, Galles e Irlanda del Nord, anche se − come abbiamo visto − spesso le best practices divengono parametri di riflessione ponderata della futura legislazione in un rapporto biunivoco anche per le Re-gioni devolute. Né può essere dimenticato che, da un punto di vista quantitativo, il peso della riforma del “comparto” inglese è significativamente incidente sull’intero sistema sani-tario nazionale da un punto di vista economico-finanziario.

Al di la dell’enfasi con cui questa riforma è stata presentata in un Libro Bianco speci-ficamente dedicato al tema: «È un nostro privilegio essere i custodi del NHS, dei suoi valori e dei suoi principi. Il NHS è una grande istituzione nazionale. I principi su cui fu fondato sono importanti oggi come lo erano allora: gratuità nel punto di erogazione e accessibilità a tutti sulla base del bisogno e non sulla capacità di pagare. Ma noi ritenia-mo che possa migliorare molto – sia per i pazienti che per i professionisti»80, è sicura-mente di interesse cercare di capire quale sia stato il ragionamento alla base delle scelte promosse dal Governo conservatore, volte ad intervenire così rapidamente e con tempi inizialmente cadenzati da una rapidissima successione81 su di un terreno minato come

79 Questa forte intensità programmatica è chiaramente dovuta a due profili differenti e spesso confliggenti in materia sanitaria: da una parte l’esigenza di rivedere profondamente un settore in continuo cambiamento tecnologico ed in cui sono presenti nuove esigenze provenienti delle mutate condizioni sociali dei cittadini, dall’altro il necessario contenimento dell’ingente deficit pubblico causato significativamente anche da questa voce di spesa. Alcuni osservatori sottolineano poi come questa necessaria riforma sia stata posta nell’agenda di lavoro del Governo da subito per spostare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica dalle altre, pesantis-sime misure fiscali che l’amministrazione liberal-conservatrice sta attuando per affrontare il momento di crisi strutturale presente anche in Gran Bretagna.

80 Department of Health, Equity and excellence: Liberating the NHS, Presented to Parliament by the Sec-retary of State of Health by Command of Her Majesty, July 2010.

81 Infatti il progetto di riforma viene presentato alle categorie interessate e alle rappresentanze sociali nel luglio 2010 e, nonostante i dubbi e le polemiche del tavolo di lavoro, la proposta di legge giunge in Parla-mento a metà gennaio del 2011, mentre il governo rilascia dichiarazioni secondo le quali nell’aprile 2012 sarebbe stata individuata la data dell’intera, piena operatività della riforma. Le cose sono andate in realtà in maniera ben diversa ed il Governo è stato costretto a rivedere il proprio work plan introducendo diversi cor-rettivi all’iter previsto inizialmente. Vedi in questo senso il Cronogramma presente nel Libro Bianco: De-partment of Health, Equity and excellence: Liberating the NHS, Presented to Parliament by the Secretary of State of Health, cit., 52-53.

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questo e che a qualsiasi latitudine mostra “conflittualità esasperatamente accesa”82. E certo il faticoso iter parlamentare che sta affrontando ci mostra come questa riforma ab-bia rappresentato e rappresenti tutt’ora un “terreno assai accidentato” per il Governo83.

La riforma del NHS inglese ha uno slogan che sintetizza il progetto di Cameron: “No-thing about me without me” e che viene costantemente declinato come meno politica84, burocrazia e ospedali; più medici, cittadini e territorio. L’idea riformatrice viene dunque sintetizzata in uno slogan che più specificamente nel progetto interviene attraverso una forte destrutturazione dell’attuale sistema sanitario inglese, per fondare un rivoluzionario modello che allontani la gestione politica, garantisca competitività tra gli ospedali e affidi gestione e responsabilità del servizio sanitario nazionale ai medici e agli stessi cittadini at-traverso una formula che in Italia oggi potremmo definire di federalismo locale in chiave marcatamente sussidiaria. È una proposta che dovrà essere letta con attenzione una volta approvata nel suo testo definitivo, anche per comparare criticità ed opportunità rispetto ai problemi che attualmente affliggono in maniera davvero significativa anche il sistema sani-

82 L’espressione è di C. Ciardo, op. cit., 373, che sottolinea come generalmente tale conflittualità (sep-pur riferita nell’articolo a Gran Bretagna e Italia, ma in tempo precedente all’ultima riforma del NHS britan-nico) divenga particolarmente sviluppata non solo a causa della naturale critica democratica che caratterizza tali tematiche, ma come questa nasca e si sviluppi maggiormente a causa delle spesso opposte (se non di-vergenti, diremmo noi) visioni del ruolo dello Stato che tali riforme potrebbero comportare. Si va così ad influire sulla forma di Stato ed in particolare in sistemi che riconoscono una fondamentale importanza al c.d. welfare state come propria missione, si può giungere ad avere, nonostante comuni punti di partenza, “visuali differenti del ruolo stesso dello Stato rispetto alla società civile ed al singolo cittadino” (373).

83 Per una ricostruzione dell’intero iter parlamentare aggiornato al 17 febbraio 2012 si veda: Depart-ment of Health Public, Scrutiny and improvements, consultabile in www.dh.gov.uk/health/2012/02/billfact sheets/. Fra i dati ivi raccolti si sottolinea come l’iter di questo progetto di legge sia uno dei più lunghi mai affrontati per un Public Bill dal 1997 ad oggi, avendo richiesto ben 40 sedute di lavoro in Commissione nella sola House of Lords. Ma il difficile percorso non si è ancora concluso ed è recentissima la notizia che duran-te un opposition day è stato discusso su richiesta dell’opposizione il tema della riforma della sanità ed è stata presentata una mozione volta a valutare ancora una volta la “tenuta della maggioranza” su questo specifico tema. Il Governo ha passato indenne l’ennesimo esame, ma la dialettica altamente conflittuale potrebbe ancora portare momenti di tensione prima dell’approvazione finale. Per la lettura del resoconto stenografico del 14 marzo 2012 si consulti: http://www. publications.parliament.uk/pa/cm201212/cmhansrd/chan278.pdf, colonna 159-160 ss. Per una attenta analisi relativa al tema dell’opposition day specificamente e più in ge-nerale sul controllo che il parlamento britannico svolge sull’attività del Governo, come collegio e sui Ministri uti singuli, vedi la recente monografia di F. Rosa, Il controllo parlamentare sul governo nel Regno Unito. Un contributo allo studio del parlamentarismo britannico, Milano, Giuffrè, 2012, 124.

84 Il tema, ben conosciuto anche in Italia, solleva tuttora importanti dibattiti circa la riduzione del peso della politica ad esempio sul conferimento degli incarichi dirigenziali in materia sanitaria. Recenti proposte, volte ad arginare l’annoso problema della corruzione, prevedono di rafforzarne il carattere esclusivamente professionale del nominato e/o di affidare il potere di nomina ad organi politici, ma sulla base di procedure selettive e meri-tocratiche nonché da organi ultronei alla politica, come ad esempio affidando tale nomina a Commissioni for-mate da soli professionisti del settore. In tal senso, da ultimo, v. le proposte contenute in F. Merloni, Indice rias-suntivo delle proposte, in F. Merloni, L. Vandelli, La corruzione amministrativa, Cause, prevenzione e rimedi, Firenze, Passigli editore, 2010. Nello stesso volume e sul tema specifico della sanità in Italia, v. G. Carpani, La sanità, in F. Merloni, L. Vandelli, op. cit., 451.

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tario italiano (e non solo). E se è vero, come più volte ricordato, che la Gran Bretagna è stata da sempre fonte di ispirazione per alcune fra le più importanti revisioni in tema di sanità in Italia85, allora le scelte operate oltremanica dovranno essere attentamente vagliate circa la loro capacità di mutazione innovativa, pur nella radicata ispirazione al modello Breveridge.

In estrema sintesi possiamo sottolineare come nel testo disponibile ad oggi la propo-sta del governo miri a ridurre drasticamente il ruolo dello Stato nella sanità, con l’aboli-zione di alcune importanti strutture organizzative pubbliche del sistema sanitario, desti-nate a essere sostituite da associazioni private di medici di famiglia.

Il Bill iniziale prevedeva in tal senso l’abolizione delle Strategic Health Authorities e dei Primary Care Trusts (PCT)86, punti di riferimento organizzativi, gestionali e assistenzia-li della sanità inglese, in pratica i nostri assessorati regionali, nonché le relative aziende sanitarie territoriali. Le loro competenze sono destinate a passare nelle mani dei medici di medicina generale, riuniti in consorzi (GP Commissioning consortia) e affiancati da al-tre professionalità, in stretta collaborazione con le comunità locali e le autorità munici-pali87. A questi ultimi enti saranno trasferiti altri servizi di sanità pubblica di base, com-presi parte di quelli attualmente erogati dai medici di famiglia (vaccinazioni, screen-ing, visite di controllo ecc.).

La sanità territoriale diventa dunque il nuovo pilastro della sanità inglese. In particola-re, la filosofia che guida la riforma è quella di creare un legame così stretto tra la cosa pubblica e i cittadini da innescare un meccanismo virtuoso di responsabilizzazione sia in termini di qualità sia di appropriatezza di domanda di prestazioni. Per questo Cameron promette che la politica farà un passo indietro per lasciare più potere agli operatori sani-tari, che però, specifica il piano, dovranno misurarsi con le conseguenze degli errori commessi nei confronti dei pazienti, che sono anche i contribuenti che li finanziano88. Lo stesso vale per i pazienti: libertà di scegliere il luogo di cura e di condividere le scelte

85 Vedi al proposito quanto già ricordato nella nota 13. 86 Questo secondo una prima impostazione che tuttavia ha trovato e trova forti resistenze da parte delle

opposizioni sindacali e che sembra al momento aver indotto una possibile riflessione circa il mantenimento delle stesse.

87 I Walk-in Centres e l’NHS Direct, pur introdotti dal Governo precedente, saranno mantenuti e poten-ziati perché utili per facilitare il collegamento fra utenti e strutture ospedaliere. Questo anche nell’ottica di non incorrere nell’annoso problema dei ritardi nell’assolvimento delle prestazioni negli ospedali, mentre queste strutture continueranno a fornire la loro opera per patologie e lesioni che non richiedano il ricovero ospedaliero.

88 Il Governo in tal senso si impegna, come affermato nel più volte citato Libro Bianco Equity and excel-lence: Liberating the NHS a: «will strengthen the collective voice of patients, and we will bring forward provi-sions in the forthcoming Health Bill to create HealthWatch England, a new independent consumer champion within the Care Quality Commission. Local Involvement Networks (LINks) will become the local Health-Watch, creating a strong local infrastructure, and we will enhance the role of local authorities in promoting choice and complaints advocacy, through the HealthWatch arrangements they commission».

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assistenziali, ma in cambio di un maggiore controllo sul sistema i pazienti dovranno ac-cettare la responsabilità per le scelte che compiono, stili di vita compresi89, e l’aderenza ai programmi terapeutici compresi.

Perno centrale del sistema, dunque, sono i cittadini e le cure primarie che, se-guendo la filosofia della Big Society90, divengono elemento imprescindibile dello svi-luppo della nuova governance91.

89 Si tratta di un aspetto che in Gran Bretagna in tema di sanità è ben conosciuto avendo anche dato vita a polemiche rilevanti, come avvenuto di recente con il rifiuto, da parte di nove Primary Care Trusts, di sottoporre donne fumatrici od obese alla fecondazione in vitro (IVF) che avevano richiesto. Per una lettura del caso, si v. http://www.ivf.net/ivf/smokers-and-obese-people-denied-ivf-by-some-nhs-trusts-o6557. html.

90 Il 10 novembre 2009, il futuro premier David Cameron pronunziò un famoso discorso intitolato “Big Society” http://www.conservatives.com/News/Speeches/2009/11/David_Cameron_The_Big_Society.aspx) al quale si rinvia per le diverse citazioni riportate. La c.d. Big Society teorizzata da Cameron si contrappone nella visione del partito Conservatore al pensiero Laburista basata al tempo sul Big Government. I Conservatori pen-sano infatti sia possible “to use the State to remake society”. In questo senso è dunque necessario «to redistrib-ute power and control from the central state and its agencies to individuals and local communities. That way, we can create the opportunity for people to take responsibility. This is absolutely in line with the spirit of the age − the post-bureaucratic age». Ed è perciò che lo Stato si deve fare attore nel tentativo di «galvanising, catalysing, prompting, encouraging and agitating for community engagement and social renewal. It must help families, indi-viduals, charities and communities come together to solve problems». Se il ruolo dello Stato è fondamentale, tuttavia un grande sforzo deve essere svolto dalla società civile, assuefatta al periodo in cui ha ceduto tutte le sue prerogative al Big Government. Imprenditori sociali (social entrepreneurs) che hanno «the capacity to run successful social programmes in communities whit the greatest needs», ma fino a questo momento sono stati fre-nati da burocrazia e piani pubblici, attivisti della comunità locale (community activists) che grazie al loro impe-gno sono stati in grado di dar vita ad iniziative sociali di grande importanza proprio in quelle aree a forte esclu-sione ed emarginazione sociale e per questo debbono essere sostenuti dallo Stato e la maggioranza della popo-lazione in quanto la Big Society non può esistere senza di essa, sono i tre elementi fondamentali di questo rin-novamento. Come si comprende, allora, la riforma sanitaria – almeno teoricamente – sembra essere in piena continuità lineare con la premessa teorica che auspica la maggiore responsabilizzazione possibile dei cittadini nella gestione della sfera pubblica, mentre diversamente «in a big state bureaucracy, where everything is distant and removed, it is hard for trust to grow. That’s why we want to build up strong local institutions which are tan-gible and where people – literally – come together to meet and mingle».

91 La teoria della Big Society è stata criticata per la sua vaghezza, ma appare tuttavia una grande scommessa verso un nuovo coinvolgimento a fronte di una massiccia riduzione del dirigismo statale. Ne pongono in rilievo i limiti, sostenuti politicamente dalla sinistra laburista G. Baldini e J. Hopkin che appunto sottolineano come: «Una critica più forte della big society viene da sinistra che la considera semplicemente un progetto debole e un tentativo di mascherare i tagli indebolendo gli strati più deboli e gli effetti redistributivi del welfare. Ad esempio, affidarsi al volontariato e al coinvolgimento dei cittadini può significare ampliare le disuguaglianze visto che so-no i ceti sociali più abbienti ad avere quelle risorse di capitale sociale necessarie per intervenire nei vari settori di policy. Più in generale, l’idea del crowding out (effetto spiazzamento) suggerisce che una parte centrale del progetto della big society sia appunto la riduzione dell’intervento statale. I conservatori non lo hanno dichiarato apertamente ma la natura ambiziosa del programma di riduzione del deficit metterà presto alla prova queste idee, visto che si porrà fine ad una parte consistente dell’interventismo di matrice laburista». G. Baldini, J. Ho-pkin, La Gran Bretagna di Cameron, Bologna, Il Mulino, 2011, 226 a cui si rinvia anche per l’ampia analisi che parte dall’eredità del Governo New Labour al nuovo programma avviato da Cameron.

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Ci sono due elementi fondanti in questa riforma; elementi che, a ben vedere, ritrovia-mo anche negli studi di autori che ci portano oltre i confini della Gran Bretagna.

La prima linea di riferimento arriva dagli Usa, dove da anni si è aperto un interessan-te dibattito scientifico in materia di Health care. Barbara Starfield è stata una delle mag-giori esponenti di questo dibattito ed ha teorizzato, attraverso dimostrazioni scientifiche, come laddove i sistemi sono caratterizzati da una particolare “strong attention” alle cure primarie (a differenza di quelli basati sull’assistenza specialistica) è associabile una mi-gliore salute della popolazione. Ed inoltre questi studi dimostrano come nei sistemi basa-ti su di una attenzione alle cure (primarie) di prossimità al cittadino, i costi finali della sanità risultano essere più bassi in termine di spesa, ma anche di equità ed efficienza92.

Come secondo elemento, troviamo la forte volontà di porre il cittadino/persona al centro delle proprie scelte in materia sanitaria. Nothing about me without me, slogan che sintetizza la riforma di Cameron, è in realtà il motto alla base di una Associazione internazionale che ha preso vita durante il Seminario di Salisburgo (c.d. gruppo di Sali-sburgo)93 del 1998 e che da sempre auspica il pieno coinvolgimento del paziente nel suo percorso di malattia e cura. Tutto questo viene oggi declinato concretamente dalla riforma inglese attraverso una serie di informazioni volte a creare conoscenza e rappor-to diretto e immediato tra paziente e medico. Insomma, una “nuova società dell’infor-mazione sanitaria” in cui si preconizza un accesso unico per il paziente dove rinvenire tutte le informazioni in possesso del SSN circa i suoi dati clinici e le patologie pregresse e parallelamente un accesso pubblico all’offerta dei servizi, con dati espliciti sulla quali-tà di questi ultimi. In questo modo il paziente diviene soggetto attivo di informazioni che fornisce direttamente al sistema sanitario come indicatore di misurazione del grado di soddisfazione della propria esperienza (Patient-Reported Outcomes Measures-PROMs). A tal proposito è stata prevista l’istituzione di Local Health Watch (Osservatori locali sui dati, anche in chiave negativa, provenienti dai pazienti) in grado di fornire feedback utili alla programmazione locale.

L’indubbio merito di questa riforma, che potrebbe permettere di riflettere su alcuni problemi storicamente aperti anche in Italia, è proprio quello di voler ridare centralità all’assistenza sanitaria di base in un’ottica person-focused. Si potrebbe assistere, in questa prospettiva, ad un mutamento della qualità dei servizi, necessità scaturita cer-tamente dalla progressiva pressione della spesa e dal suo necessario contenimento e

92 Si legga in tal senso il percorso argomentativo proposto da Barbara Starfield nei tre fondamentali arti-coli: B. Starfield, L. Shi, Policy relevant determinants of health: an international perspective, in Health Policy, 2002, 201-218; J. Macinko, B. Starfield, L. Shi, The Contribution of Primary Care Systems to Health Out-comes within Organization for Economic Cooperation and Development (OECD) Countries, 1970–1998, in Health Services Research, 2003, 831-865; B. Starfield, L. Shi, J. Macinko, Contribution of Primary Care to Health Systems and Health, in The Milbank Quarterly, 2005, 457-502.

93 Vedi al proposito: T. Delbanco, D.M. Berwick, J.L. Boufford, S. Edgman-Levitan, G. Ollenschlagher, D. Plampimg, R. Rockefeller, Healthcare in a land called peoplepower: nothing about me without me, in Health Expect, 4/2001, 144-150.

Sanità e devolution. La soluzione britannica –

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razionalizzazione94, ma che potrebbe anche ingenerare un virtuoso processo di muta-mento sociale95.

Si è aperta dunque una stagione di riforme il cui risultato finale è ancora tutto da de-terminare, senza dimenticare che vanno tenuti in considerazione i possibili nuovi infingi-menti al diritto all’eguaglianza che si possono leggere oggi tra le righe della riforma stessa96. Si tratta di un unfinished business del quale vorremmo in ogni caso mettere positivamente in luce un aspetto che potrebbe essere la base concettuale utile per una riflessione anche nel nostro Paese è cioè, per utilizzare uno dei celebri aforismi pronunciati ormai quasi più di cent’anni fa da William Osler − considerato il padre della medicina moderna − come appaia indispensabile conoscere «quale tipo di paziente ha una malattia piuttosto che qua-le malattia ha un paziente»97. Questo significa ricercare un approccio sempre più focalizza-to sulla persona (person-focused), rispetto alla visione attualmente dominante, centrata sul-la malattia (disease-focused). Perché «è tempo che i medici di famiglia prendano l’iniziativa per muovere l’assistenza medica laddove ci sono i bisogni; per assistere i pazienti e le po-polazioni e non le malattie. Tutto ciò non solo è biologicamente corretto, ma anche più efficace, più efficiente, sicuro e più equo»98.

94 Tuttavia, se questo sembra essere il “volto posto in primo piano” della riforma nel suo insieme, è stato osservato come essa comporterebbe anche in termini di personale un taglio di almeno 15 mila incarichi politi-co-manageriale e, al contrario, un aumento delle forze professionali in campo, in particolare quelle infermieri-stiche. Sul versante dell’assistenza ospedaliera, in linea coi precedenti governi, si continuerebbe la strada della semi-privatizzazione degli ospedali per stimolare la competitività qualitativa attraverso il sistema precedente-mente illustrato del quasi mercato, mentre gli ospedali del NHS dovranno trasformarsi nel giro di qualche anno in Fondazioni. Per realizzare la riforma, secondo quanto dichiarato dal ministro della Sanità, Andrew Lansley, serviranno 1,4 miliardi di sterline, cifra contestata a più riprese dall’opposizione e dagli esperti che valutano in 2,8 miliardi di sterline, cioè il doppio, il costo della manovra. I risparmi, secondo il Governo, saranno invece di 5 miliardi di sterline entro il 2015 e di 1,7 miliardi di sterline all’anno nei successivi. Tra i molti articoli riguar-danti il tema si veda, al proposito, http://www. guardian.co.uk/politics/2011/jan20/andrew-lansley-health-bill.

95 Al di là dei possibili aspetti positivi della riforma è necessario dar conto anche di coloro che rappresenta-no le voci in dissenso su parte del disposto legislativo. La British Medical Association, ad esempio, ha assicurato la collaborazione dei medici al Governo, ma anche una dura battaglia contro l’eccessiva privatizzazione degli ospedali. Al centro della polemica vi sono alcuni dei punti previsti dall’Health and Social Care Bill, come le mi-nori responsabilità assegnate ai singoli General Practitioner (GP) nel controllare i budget di spesa e l’istituzione di un NHS Board indipendente che decida a chi garantire risorse. L’opinione pubblica, invece, contesta il taglio o il ridimensionamento di ospedali, strutture sanitarie e presidi medici così come la decisione di istituire un ser-vizio telefonico unico su scala nazionale per la prenotazione di visite presso i medici curanti.

96 Vedi quanto affermato da G. Baldini, J. Hopkin, op. cit., 225, che appunto sottolineano come alcune misure adottate dall’attuale Governo, fra cui appunto anche quelle in materia di sanitaria, potrebbero “au-mentare le diseguaglianze”.

97 «It is much more important to know what sort of a patient has a disease, than what sort of a disease a patient has».

98 «It is time that primary care physicians take leadership in moving medical care where it needs to be: to the care of patients and populations and not the care of diseases. It is not only biologically correct to do so – it is also more effective, more efficient, safer, and more equitable». B. Starfield, The hidden inequity in health care, in International Journal for Equity in Health, 2011, 15.

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