Samizdat: problemi di definizione

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Samizdat: problemi di definizione Valentina Parisi eSamizdat - (VIII), pp. - Samizdat: si scrive da sé, ci si redige da sé, ci si censura da sé, ci si pubblica da sé e ci si distri- buisce da sé e alla fine ci si ritrova in carcere, soli con se stessi. (Vladimir Bukovskij) 1 Il punto non sta nella stampa, nei caratteri, non morirò, dunque posso viver anche senza; la distinzione tra creatori e imitatori questa del mondo è l’essenza. (Nikolaj Glazkov) 2 E SILI quaderni dalla copertina azzurra, pa- gine dattiloscritte leggermente ingiallite: così si presenta la raccolta delle opere complete di Nikolaj Glazkov conservata presso l’archivio di Brema – e così appariva anche all’inizio de- gli anni Cinquanta, agli occhi degli amici e dei semplici conoscenti cui il poeta moscovita, ce- lebre per le sue stravaganze, era solito regalare i libriccini che pubblicava da sé. Samsebjaizdat, ossia “edizioni di me stesso medesimo”: questo il marchio da lui ideato già negli anni Quaranta durante la guerra, in un’ironica parodia di Go- sizdat, abbreviazione di Gosudarstvennoe izda- tel´stvo Rsfsr, le Edizioni statali fondate il 21 maggio 1919 al fine di creare un unico apparato statale di produzione e supervisione della pa- rola stampata. Apponendo sul frontespizio dei suoi volumetti il proprio “marchio di fabbrica”, Glazkov dimostrava da una parte come lo scrit- tore respinto dalla censura potesse far circolare comunque i suoi testi; dall’altra, con la tenacia visionaria che gli era propria, contendeva allo stato l’esclusività dell’iniziativa editoriale. Una sfida che, all’epoca, poteva ricordare le batta- glie di Don Chisciotte contro i mulini a vento 1 V. Bukovskij, . . . i vozvrašˇ caetsja veter, New York 1978, p. 246. Dove non altrimenti indicato, le traduzioni italiane sono mie. 2 Vospominanija o Nikolae Glazkove, a cura di R. Glazkova, Moskva 1989, p. 509. e che tuttavia, ripresa nel tempo da migliaia di anonimi o celebri adepti sarà in grado di gene- rare – soprattutto a Mosca e a Leningrado – una reale alternativa culturale. “L’ostinazione di chi si rifiutava di pubblicarlo era direttamente pro- porzionale alla caparbietà con cui lui ribadiva se stesso” 3 , dichiarerà lo scrittore Nikolaj Šach- bazov a proposito di Glazkov e, in effetti, il mo- vente psicologico dell’autoaffermazione, della salvaguardia della propria opera misconosciu- ta, è centrale per comprendere la diffusione di una prassi tenacemente avversata dalle autori- tà e per la quale di certo si pagava in prima per- sona, come rammenta Vladimir Bukovskij nella sua fulminante definizione. Eppure il samizdat non è soltanto il samse - bjaizdat egocentrico di Glazkov: in Urss l’au- toedizione diventa da subito strumento con- diviso di elaborazione culturale, teso alla rico- struzione di un “noi” estraneo alla retorica col- lettivistica imposta dall’alto. Emblematica a ta- le proposito è la formula “Casa editrice Noi” (Iz- datel´stvo My ) che già nel 1955 cinque studen- ti dell’Università di Leningrado apposero sul frontespizio di Goluboj buton, rivista dattilo- scritta destinata a diventare oggetto di violen- ti attacchi sulla stampa legata al Komsomol 4 . Fin dalle origini il samizdat oscillerà tra ja [io] e my [noi], tra ripiegamento egotico e socialità, tra il solipsismo di progetti individuali non di rado votati al fallimento e la prospettiva collet- tiva di una prima persona plurale, la cui iden- tità nell’arco di quattro decenni sarà sempre in corso di accertamento e riformulazione. Scri- vere la storia del samizdat significa innanzitut- 3 Ivi, p. 113. 4 L. Obrascova – I. Smirnova, “Poˇ cemu raspustilsja ‘Goluboj buton’”, Smena, 3 gennaio 1956, p. 2.

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Samizdat: problemi di definizione

Valentina Parisi

♦ eSamizdat - (VIII), pp. -♦

Samizdat: si scrive da sé, ci si redige da sé, ci sicensura da sé, ci si pubblica da sé e ci si distri-buisce da sé e alla fine ci si ritrova in carcere,soli con se stessi.

(Vladimir Bukovskij)1

Il punto non sta nella stampa, nei caratteri,non morirò, dunque posso viver anche senza;la distinzione tra creatori e imitatoriquesta del mondo è l’essenza.

(Nikolaj Glazkov)2

ESILI quaderni dalla copertina azzurra, pa-gine dattiloscritte leggermente ingiallite:

così si presenta la raccolta delle opere completedi Nikolaj Glazkov conservata presso l’archiviodi Brema – e così appariva anche all’inizio de-gli anni Cinquanta, agli occhi degli amici e deisemplici conoscenti cui il poeta moscovita, ce-lebre per le sue stravaganze, era solito regalare ilibriccini che pubblicava da sé. Samsebjaizdat,ossia “edizioni di me stesso medesimo”: questoil marchio da lui ideato già negli anni Quarantadurante la guerra, in un’ironica parodia di Go-sizdat, abbreviazione di Gosudarstvennoe izda-tel´stvo Rsfsr, le Edizioni statali fondate il 21maggio 1919 al fine di creare un unico apparatostatale di produzione e supervisione della pa-rola stampata. Apponendo sul frontespizio deisuoi volumetti il proprio “marchio di fabbrica”,Glazkov dimostrava da una parte come lo scrit-tore respinto dalla censura potesse far circolarecomunque i suoi testi; dall’altra, con la tenaciavisionaria che gli era propria, contendeva allostato l’esclusività dell’iniziativa editoriale. Unasfida che, all’epoca, poteva ricordare le batta-glie di Don Chisciotte contro i mulini a vento

1 V. Bukovskij, . . . i vozvrašcaetsja veter, New York 1978, p. 246.Dove non altrimenti indicato, le traduzioni italiane sono mie.

2 Vospominanija o Nikolae Glazkove, a cura di R. Glazkova,Moskva 1989, p. 509.

e che tuttavia, ripresa nel tempo da migliaia dianonimi o celebri adepti sarà in grado di gene-rare – soprattutto a Mosca e a Leningrado – unareale alternativa culturale. “L’ostinazione di chisi rifiutava di pubblicarlo era direttamente pro-porzionale alla caparbietà con cui lui ribadivase stesso”3, dichiarerà lo scrittore Nikolaj Šach-bazov a proposito di Glazkov e, in effetti, il mo-vente psicologico dell’autoaffermazione, dellasalvaguardia della propria opera misconosciu-ta, è centrale per comprendere la diffusione diuna prassi tenacemente avversata dalle autori-tà e per la quale di certo si pagava in prima per-sona, come rammenta Vladimir Bukovskij nellasua fulminante definizione.

Eppure il samizdat non è soltanto il samse-bjaizdat egocentrico di Glazkov: in Urss l’au-toedizione diventa da subito strumento con-diviso di elaborazione culturale, teso alla rico-struzione di un “noi” estraneo alla retorica col-lettivistica imposta dall’alto. Emblematica a ta-le proposito è la formula “Casa editrice Noi” (Iz-datel´stvo My) che già nel 1955 cinque studen-ti dell’Università di Leningrado apposero sulfrontespizio di Goluboj buton, rivista dattilo-scritta destinata a diventare oggetto di violen-ti attacchi sulla stampa legata al Komsomol4.Fin dalle origini il samizdat oscillerà tra ja [io]e my[noi], tra ripiegamento egotico e socialità,tra il solipsismo di progetti individuali non dirado votati al fallimento e la prospettiva collet-tiva di una prima persona plurale, la cui iden-tità nell’arco di quattro decenni sarà sempre incorso di accertamento e riformulazione. Scri-vere la storia del samizdat significa innanzitut-

3 Ivi, p. 113.4 L. Obrascova – I. Smirnova, “Pocemu raspustilsja ‘Goluboj

buton’”, Smena, 3 gennaio 1956, p. 2.

eSamizdat 2010-2011 (VIII) ♦ Il samizdat tra memoria e utopia ♦

to evidenziare l’ambiguità di uno strumento diper sé neutrale che negli anni del “tardo sociali-smo” ha veicolato letteralmente di tutto: anali-si politico-economiche di stampo marxista, ri-cette di cucina, bollettini informativi sulle vio-lazioni delle libertà civili, racconti pornografici,saggi sullo yoga e sulle filosofie orientali, ope-re che in seguito sarebbero entrate a far partedel canone della letteratura russa e pagine digrafomani sconosciuti, destinati per sempre arimanere tali.

Proprio la labilità dei confini di un simile fe-nomeno impone uno sforzo interpretativo che,prescindendo da letture ideologiche ormai da-tate, sappia individuare l’approccio metodolo-gico più adatto per interpretare la specificità diuna prassi – quella dell’autoedizione – che, dauna parte, si colloca certamente in un rappor-to di tensione dialettica con la letterarietà nontipografica (pre-gutenberghiana) del passato;dall’altra, a dispetto della sua arcaicità media-le, anticipa paradossalmente temi che sono alcentro del dibattito nella società dell’informa-zione digitale contemporanea, quali ad esem-pio il ripensamento del concetto di copyright afronte degli esperimenti di open access veicola-ti dalla rete5. Nelle pagine che seguono si met-terà a fuoco l’impasse concettuale determinata– allo stato attuale delle ricerche – dalla sterilecontrapposizione tra una lettura estensiva, so-stanzialmente astorica, e un’interpretazione ri-duttiva che lo circoscrive esclusivamente ad al-cune esperienze di produzione testuale del dis-senso. Di contro all’opinione invalsa, secon-do cui il testo samizdat rappresenterebbe unavariante equivalente alla sua versione a stam-pa e quindi priva di implicazioni semantiche ase stante, si tenterà un primo inquadramentodella prassi del samizdat all’interno della cor-nice interpretativa offerta da quell’indirizzo distudi per eccellenza interdisciplinare noto co-me “storia del libro”6 che, confutando la visioneidealistica per cui “il testo esiste di per sé, svin-

5 Si veda R. Darnton, Il futuro del libro, Milano 2011.6 Si veda Idem, “Che cos’è la storia del libro?”, Ivi, pp. 207-239.

colato da ogni materialità”7, parte dall’indaginedel libro in quanto oggetto fisico per analizzare“il modo in cui un testo viene incorporato nel-la carta sotto forma di segni tipografici e quinditrasmesso al lettore sotto forma di pagine lega-te in un volume”8. Riallacciandosi inoltre alleteorie contemporanee della lettura, che situanol’attualizzazione dei significati impliciti in unaproduzione verbale in stretto e ineliminabile le-game con le forme concrete in cui si offre allaricezione, si accennerà – stante l’impossibilitàdi procedere a un’analisi più circostanziata perlimiti di spazio – ad alcune peculiarità della let-teratura samizdat, intesa non come corpus de-finito di testi – o come anti-canone contrappo-sto a quello ufficiale9 – bensì piuttosto come at-tività che portò alla “de-statalizzazione” di unadeterminata fascia di lettori (per recuperare l’e-spressione Verstaatlichung des Lesers coniata asuo tempo da Hans Günther).

Ma per far ciò è indispensabile chiarire in-nanzitutto che cosa intendiamo, quando par-liamo di samizdat. Già Nadežda Mandel´štamverso la fine degli anni Sessanta, aveva rileva-to in Vtoraja kniga [Secondo libro] come l’esi-stenza di un simile fenomeno fosse indubbia e,insieme, alquanto inafferrabile:

Se è impossibile fare un calcolo preciso delle tirature delSamizdat per quanto riguarda i versi e molti altri scritti diMandel´štam, si può tuttavia affermare con certezza chesuperano di gran lunga quelle di qualsiasi libro “ufficiale”di poesia dei nostri giovani autori. [. . . ] Evidentemente,sotto i nostri occhi si è compiuto il processo di autorigene-razione del lettore, anche se è impossibile comprenderne

7 Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di G. Cavalloe R. Chartier, Bari 2009, p. IX.

8 R. Darnton, “L’importanza di essere bibliografici”, Idem, Il fu-turo, op. cit., p. 164. Si vedano anche le parole di Georg Witte:“Es geht uns darum, den Samizdat nicht als eine medienhisto-rische ‘neutrale’ Ansammlungen von Texten (von Texten ver-botenen Inhalts oder verbotener Form) zu begreifen, sondernals eine mediale Auseinandersetzung mit der ihn ausgrenzen-den Kultur des Buchs”, G. Witte, “Archiv der verschwunde-nen Texte. Neue Perspektiven auf den russischen Samizdat”,Humboldt-Spektrum, 1996, 1, p. 38.

9 Interpretazione questa avanzata da W.S. Kissel nel suo saggio“Die Erosion des Sozialistischen Realismus. Der Samizdat alsGegenkanon”, Blick zurück nach vorn. Samizdat, Internet unddie Freiheit des Wortes, Osteuropa, 2010, 11, pp. 163-172, e daMalte Rolf in “Kanon und Gegenkultur. Offizielle Kultur undihre Inversion in der UdSSR”, Ivi, pp. 173-190.

V. Parisi, Samizdat: problemi di definizione

i modi. Il lettore è nato a dispetto di tutte le “poesie” chegli venivano offerte. Tutto il sistema educativo mirava al-la sua morte. Intorno a certi nomi si stringeva la congiuradel silenzio [. . . ] e sembrava ormai che nessuno sarebbepiù riuscito a sollevare la fitta cortina del più totale oblio,quando, improvvisamente, nacque il Samizdat. Nessunosa come sia cominciato, nessuno sa come funzioni, eppurec’è, esiste, e risponde alle reali esigenze del lettore10.

Se dunque innegabile era la presenza del sa-mizdat nello spazio della lettura sovietico, non-ché la funzione compensativa che svolgeva ri-spetto alla produzione asfittica e prevedibilesfornata dal sistema editoriale di stato, menotangibile era l’essenza della realtà che circoscri-veva. Verso la fine degli anni Ottanta, in pa-rallelo all’esaurirsi di un simile fenomeno, siandranno delineando in Urss due opposti pa-radigmi interpretativi: il primo elaborato dagliex-esponenti della dissidenza, i quali eviden-ziarono i risvolti politici e sociali del samizdate, innanzitutto, il ruolo che svolse nell’assicu-rare spazi, per quanto ristretti, di libertà e plu-ralismo. Il secondo invece tende a sottrarre ilsamizdat alle contingenze legate alla crisi del-l’Urss e a porre l’accento su un suo presunto ra-dicamento nella storia culturale russa del pas-sato. Tra i primi a elaborare quest’ultima chia-ve di lettura vi fu Evgenij Gollerbach – nipotedi Erich Gollerbach, insigne storico dell’arte ebibliofilo leningradese. Nell’articolo Preodole-nie Gutenberga [Il superamento di Gutenberg,1989] egli riconduce il samizdat alla “imponen-te produzione libraria non-tipografica” di iniziosecolo, individuando nella predilezione per l’o-pera manoscritta una manifestazione peculia-re dello spirito nazionale russo11. Così facen-do, si riallaccia all’opinione di Dmitrij Lichacevche, l’anno precedente, sulle pagine della rivi-sta Merkurij, aveva rilevato come, a causa dellacensura, in realtà il samizdat in Russia esistesseda sempre12. Ne erano un esempio le copie ma-noscritte della commedia di Aleksandr Griboe-dov Gore ot uma [Che disgrazia l’ingegno] che,

10 N. Mandel’štam, Le mie memorie, Milano 1972, pp. 22-23.11 E. Gollerbach, “Preodolenie Gutenberga”, Iskusstvo Leningra-

da, 1989, 5, p. 32.12 Po stranicam samizdata, a cura di K.G. Mjalo – S.V. Sokolov –

V.I. Sverdlov, Moskva 1990, p. 24.

prima della pubblicazione a stampa, godeva-no di un’ampia circolazione nelle capitali, tan-to da far esclamare nel 1833 al critico KsenofontPolevoj:

Perché, conoscete molte opere lunghe una dozzina di foglidi stampa che siano state ricopiate a mano migliaia e mi-gliaia di volte? Chi in Russia non possiede un esemplaremanoscritto di Che disgrazia l’ingegno!? Siete a conoscen-za forse di casi altrettanto eclatanti in cui un’opera mano-scritta sia entrata a pieno titolo nella nostra letteratura, siastata discussa come se fosse nota a tutti, appresa a memo-ria, portata a esempio, citata, e tutto proprio come se nonci fosse alcun bisogno dell’invenzione di Gutenberg?13

Riprendendo una serie di suggestioni affio-rate in Kniga i rukopis´ [Libro e manoscritto,1986] di Marietta Cudakova, Gollerbach tracciauna breve storia dell’“editoria non tipografica”russa partendo dalle 300 copie realizzate conun torchio litografico che nel 1889 invasero Pie-troburgo all’indomani della prima lettura pub-blica della Sonata a Kreutzer14 per approdare ailibriccini realizzati dai cubofuturisti ricorrendoalla litografia o alla poligrafia15. All’attenzionedell’autore non sfuggono neppure l’almanaccoUnovis (1920), prodotto da El´ Lisickij a Viteb-sk in cinque copie dattiloscritte, o Novyj Giper-borej (1921)16, rivista ciclostilata della Corpora-zione dei poeti di Pietrogrado che comprende-va versi, tra gli altri, di Nikolaj Gumilev, OsipMandel´štam, Georgij Ivanov e Vladislav Cho-dasevic17. Con un approccio alquanto eclettico,l’autore finisce così per riunire sotto la dizione“samizdat” strategie testuali assai diverse ben-

13 K. Polevoj, “Gore ot uma”. Komedija v cetyrech dejst-vijach, v stichach. Socinenie Aleksandra Sergeevica Gri-boedova, Moskva 1833, versione elettronica consultata:<http://az.lib.ru/p/polewoj_k_a/text_0130.shtml>.

14 L. Opul´skaja, L.N. Tolstoj. Materialy k biografii s 1886 po 1892,Moskva 1979, pp. 174-175, citato in M. Cudakova, Rukopis´ ikniga, Moskva 1986, pp. 23-24.

15 Si veda L. Magarotto, “Pietroburgo, Mosca e Tiflis, capitali dellibro futurista”, Pietroburgo, capitale della cultura europea, acura di A. D’Amelia, Salerno 2004, p. 325.

16 Si veda El´ Lisitskij, “Naša kniga” [1927], Knigopecatanie kakiskusstvo. Tipografy i izdateli XVII-XX vekov o sekretach svoe-go remeslo, Moskva 1987, pp. 229-238 (edizione russa di R.von Sichowsky, H. Tiemann, Typographie und Vorträge überdie Kunst des Buchdrucks aus zwei Jahrhunderten, Hamburg1971).

17 Si veda P. Nerler, “Novyj Giperborej”, Literaturnaja uceba,1988, 2, pp. 125-131.

eSamizdat 2010-2011 (VIII) ♦ Il samizdat tra memoria e utopia ♦

ché caratterizzate da una comune faktura nontipografica.

Ulteriormente estremizzata, quest’interpre-tazione estensiva del samizdat si riaffaccerà inSamizdat veka [Samizdat del secolo], ambizio-so volume edito nel 1997 dalla casa editrice Po-lifakt nella collana Itogi veka. Vzgljad iz Rossii[Bilancio del secolo. Uno sguardo dalla Russia]come contrappeso all’antologia poetica Strofyveka [Strofe del secolo], che era stata curata perlo stesso editore da Evgenij Evtušenko. A ri-dosso dell’esaurirsi del cosiddetto “secolo bre-ve”, umori millenaristi spinsero il curatore Ana-tolij Streljanyj a elevare il samizdat a emble-ma del Novecento russo, includendo in questacategoria qualsiasi manifestazione di dissenso,qualsiasi espressione creativa riconducibile agliambienti dell’avanguardia storica, dell’under-ground o della controcultura giovanile. Sullepagine patinate di quest’edizione trovano cosìspazio fenomeni alquanto eterogenei: dai giàmenzionati libri cubofuturisti alle edizioni ma-noscritte autografe della Knižnaja lavka pisate-lej [La libreria degli scrittori] di Michail Osorgin(1918-1922), dal folklore orale delle barzelletteai graffiti e ai tatuaggi – tutto ciò rientra caotica-mente nel samizdat, inteso come “forma tipica-mente russa di resistenza al potere statale uffi-ciale [. . . ], genere fecondo di opposizione crea-tiva [. . . ], espediente per adattarsi e sopravvive-re alla spaventosa vacuità dei principi raffigu-rativi e enunciativi imposti dal potere totalita-rio”18. Il volume curato da Streljanyj dà pertan-to per scontata l’impossibilità di circoscrivere iconfini del samizdat e, rinunciando a qualsiasisforzo interpretativo, si accontenta di consta-tare l’innegabile esistenza del fenomeno: “ca-so bizzarro: i confini sono labili e gli indizi ef-fimeri, eppure il fatto che il samizdat esista èindubbio, incontestabile, percettibile anche daun punto di vista fisico”19. Rispetto alla situa-zione evidenziata trent’anni prima dalla Man-

18 Samizdat veka, a cura di A. Streljanyj, Moskva-Minsk 1997, p.6.

19 Ibidem.

del´štam, non sembra dunque emergere alcunanovità di rilievo.

Tale approccio impressionistico fu aspra-mente criticato da Mark Barbakadze, economi-sta e “semplice antisovietico” (come si defini-sce nella sua autobiografia)20, il quale, sulla ba-se della propria esperienza di lettore, criticò Sa-mizdat veka, e in particolar modo la sezioneNepochožie stichi [Poesie dissimili], ampia an-tologia curata da Genrich Sapgir dedicata allapoesia non ufficiale. Tacciandola di scarsa rap-presentatività, Barbakadze la accusò di ignora-re quei testi che, a suo dire, circolavano real-mente e godevano di grande popolarità tra ilettori. Da qui l’idea di contrapporre all’operadi Streljanyj un’antologia che mostrasse il “ve-ro” volto del samizdat, fondata su solidi crite-ri di “storicità, obiettività, rappresentatività”21.Grazie alla collaborazione con Vjaceslav Igru-nov (dissidente, nonché organizzatore a partiredal 1967 di una vasta biblioteca clandestina aOdessa)22, Barbakadze riuscì a dare alle stam-pe nel 2005 i tre tomi di Antologija samizda-ta [Antologia del samizdat], che a tutt’oggi co-stituiscono il più ampio progetto editoriale de-dicato a questo tema mai realizzato in Russia.Centrale nella lettura di Barbakadze-Igrunov èl’elemento extraletterario della “risonanza so-ciale” (obšcestvennoe zvucanie), ossia la capa-cità di un testo samizdat di riflettere gli umo-ri e le istanze di un’epoca. Quest’accento po-sto sulla funzione sociale fa sì che i curatori fi-niscano per passare sotto silenzio la specificaqualità mediale dei testi samizdat. Barbakadze-

20 M. Barbakadze, Žizn´ i obyknovennye prikljucenija pro-stogo antisovetskogo celoveka, Moskva 2002, versioneelettronica consultata <http://www.igrunov.ru/cat/vchk-cat-bibl/articles/vchk-cat-bibl-articles-barbakadze-7.html>.

21 “. . . istoricnost´, ob´´ektivnost´ i predstavitel´nost´”, Antolo-gija samizdata. Nepodcenzurnaja literatura v SSSR, 1950-e- 1980-e. V 3-ch tomach (4-ch knigach), a cura di V.V. Igru-nova, M.Š. Barbakadze, Moskva 2005. Versione elettronicaconsultata <http://antology.igrunov.ru/>.

22 Sulla “biblioteca di Odessa” (ora parzialmente conservatapresso la Gosudarstvennaja publicnaja istoriceskaja bibliote-ka [Biblioteca pubblica statale di storia]) si veda E. Struko-va, Biblioteka samizdata 1960-pervaja polovina 1980-ch gg.,<http://www.shpl.ru/shpage.php?menu=999>.

V. Parisi, Samizdat: problemi di definizione

Igrunov ripubblicano infatti opere già note allettore (come le liriche della Cvetaeva o di Man-del´štam) prescindendo dal fatto che una poe-sia copiata a mano o con la macchina per scri-vere presenta un corredo semantico di signi-ficati addizionali differenti rispetto alla stessapoesia pubblicata in volume o su rivista.

Nell’antologia di Igrunov permane l’anticavisione idealista secondo cui il testo “esiste diper sé, svincolato da ogni materialità”. Unaconcezione criticata dallo storico francese del-la cultura scritta Roger Chartier, che nei suoistudi sulla storia del libro ha ricordato come leforme materiali in cui viene calato un testo sia-no da interpretarsi come dispositivi che gover-nano l’inconscio della ricezione23. L’imposta-zione dell’antologia di Igrunov pare situarsi al-l’estremo opposto, dacché non fornisce alcunainformazione sulla specificità mediale dei testipubblicati, ovvero non fa accenno alle moda-lità concrete della loro riproduzione e circola-zione, non ne segnala l’eventuale inclusione inedizioni periodiche e nemmeno possibili lega-mi di filiazione con le edizioni tamizdat. Inol-tre, la scelta di limitarsi alle opere più diffuse,induce Igrunov a tralasciare quelle che per mo-tivi contingenti, o per il loro carattere apolitico,sperimentale o esoterico, non godettero di am-pia circolazione. Il successo decretato dai letto-ri: ecco in sostanza il criterio cui si attiene, unpo’ come se una storia della letteratura potessecomporsi di soli bestseller.

D’altro canto è significativo come Igrunov –rispetto alla prospettiva atemporale di Strelja-nyj – abbia contribuito a circoscrivere cronolo-gicamente il fenomeno del samizdat, fissando-ne l’apparizione in parallelo agli eventi che ne-gli anni Cinquanta-Sessanta contribuirono al-la nascita del dissenso. Nella narrazione dissi-dente il samizdat acquista finalmente una suastoricità, diventando un fenomeno delimita-to, parte integrante della biografia intellettualedegli inakomysljašcie [dissidenti].

23 Storia della lettura, op. cit., p. IX.

L’elemento della “risonanza sociale” vieneripreso anche da Aleksandr Daniel´. Figliodi Julij Daniel´ e di Larisa Bogoraz, negli an-ni Settanta contribuì attivamente alla diffusio-ne della Chronika tekušcich sobytij [Cronacadegli avvenimenti correnti] e all’indomani delcrollo dell’Urss fu tra i primi a dedicarsi al-la concettualizzazione del samizdat, sottraen-dolo alla approssimazione caratteristica del-l’interpretazione estensiva. Fondamentale aisuoi occhi è infatti la ricerca di una definizio-ne che permetta di isolare l’autoedizione so-vietica da quell’imponente produzione non-tipografica che, nella lettura di Gollerbach, ave-va finito per inglobarla, oscurandone la speci-ficità. Al contrario, “non confondere il samiz-dat tra fatti culturali affini”24 diventerà l’obiet-tivo principale di Daniel´, spingendolo a ela-borare un modello teorico incentrato esclusiva-mente sull’iniziativa dal basso dei lettori. Co-me scriverà nel suo contributo all’antologia diIgrunov-Barbakadze:

Il samizdat è una specifica modalità di esistenza che carat-terizza alcuni testi non soggetti a censura, rilevanti da unpunto di vista sociale. Essa consiste nel fatto che la lororiproduzione avviene al di là del controllo dell’autore e inparallelo alla loro diffusione nell’ambiente dei lettori25.

E più in là aggiunge:Mi pare che, per samizdat, non si debba intendere il testoin quanto tale, bensì le sue modalità di esistenza26.

Con Daniel´ emergono in primo piano le for-me materiali del testo, ossia le modalità di ri-produzione che determinano la “veste” in cuiesso si offre concretamente alla ricezione. Lasamizdatkost´ [ciò che rende un samizdat ta-le] non è una qualità intrinseca, inerente a de-terminati testi che possono essere definiti taliper il loro contenuto eversivo o incompatibi-le con i dettami ufficiali, bensì una caratteristi-ca riferita alla loro esistenza tangibile in un da-to segmento storico. Essenziale perché un te-

24 A. Daniel´, “Istoki i smysl sovetskogo samizdata”, Nepriko-snovennyj zapas, 2002, 1, versione elettronica consultata<http://antology.igrunov.ru/a_daniel.html>.

25 Ibidem.26 Ibidem.

eSamizdat 2010-2011 (VIII) ♦ Il samizdat tra memoria e utopia ♦

sto possa essere ricondotto al samizdat è l’ele-mento della sua vtoricnoe razmnoženie [ripro-duzione secondaria]27 effettuata dai lettori. Se-condo questo modello interpretativo il testo za-pušcen v samizdat [lanciato nel samizdat] vienesottratto al controllo dell’autore e affidato a unmeccanismo che ne sancisce automaticamen-te la rilevanza sociale; se un testo non fosse si-gnificativo, i lettori non si sarebbero presi l’in-comodo di ricopiarlo e quindi il testo non esi-sterebbe in quella particolare “ristampa”28 co-stituita da ogni singola copia samizdat. Daniel´assegna un ruolo talmente centrale al momen-to della ricopiatura da ritenere estranee al sa-mizdat le cosiddette nulevye zakladki, ossia le“matrici” di un testo, dal momento che a origi-narle non è stato il lettore, bensì l’autore stes-so29. Nel saggio Samizdatskaja biografija tek-sta [Biografia samizdat del testo] lo studiosogiungerà pertanto alla seguente definizione:

per samizdat si intendono quei testi non soggetti a censu-ra, riprodotti con tecniche manuali (macchina per scrivere,fotografia – più tardi macchine fotocopiatrici del tipo Era,stampe da supporti informatici e così via) da parte deglistessi lettori, senza l’intervento dell’autore, parallelamenteal processo di diffusione30.

Tuttavia tale schema interpretativo appareinsufficiente nella misura in cui passa sotto si-lenzio l’evoluzione sperimentata dal samizdatnel corso del tempo. Tra gli anni Sessanta egli anni Settanta infatti alla riproduzione epi-sodica, spontanea e incontrollata di testi “im-pubblicabili” si vanno affiancando progetti edi-toriali veri e propri, la cui continuità è incar-nata dalla crescente diffusione, soprattutto aLeningrado, di edizioni periodiche. Un puntosottolineato anche da Igrunov:

da un certo momento in avanti, la ricopiatura estempora-nea resta confinata ai margini di quest’istituzione. A di-

27 Ibidem.28 Citato da A. Daniel´, “Samizdatskaja biografija teksta”, Pra-

vo na imja. Biografija vne šablona. Tret´i ctenija pamjatiVeniamina Iofe, 22-24 aprelja 2005, a cura di T. Morgaceva,Sankt-Peterburg 2006, p. 49.

29 Si veda A. Daniel´, A. Roginskij, “Über das Publikationspro-jekt ‘Die Chronik der laufenden Ereignisse’”, Eine andere Welt?Kultur und Politik in Osteuropa, 1945 bis heute, a cura di H.Hamersky, H. Pleines, H.-H. Schröder, Stuttgart 2007, p. 49.

30 A. Daniel´, “Samizdatskaja biografija”, op. cit., p. 45.

spetto delle repressioni, il samizdat inizia a trovare i suoieditori, una rete di mediatori, una forma embrionale dimercato – con tutti gli effetti positivi e negativi che neconseguono31.

In primo piano torna dunque l’autore, quan-tomeno alla fine degli anni Sessanta, dopo chel’esperienza delle “trascrizioni spontanee” ave-va dimostrato la presenza di un pubblico po-tenziale a cui fare appello, ossia l’esistenza diun destinatario diverso rispetto al lettore dimassa. Da strumento estemporaneo di ripro-duzione dei testi, il samizdat si va trasformandoin medium privilegiato della cosiddetta “cultu-ra non ufficiale”, dotato di una sua progettua-lità e continuità nel tempo. Daniel´ non igno-ra quest’evoluzione, tuttavia preferisce ascri-vere quelle opere ricopiate non direttamentedai lettori a quella che definisce domašnjaja okružkovaja literatura [letteratura domestica odi nicchia], ossia quella produzione letteraria icui frutti circolavano esclusivamente all’inter-no di una cerchia ristretta – un fenomeno sem-pre esistito in Russia e per il quale, a suo dire,non sarebbe stato necessario coniare l’etichettadi samizdat32.

Benché abbia l’indubbio merito di ricondur-re la samizdatkost´ non a una qualità imma-nente dei testi, bensì alle modalità specifichedella loro produzione e diffusione, la defini-zione proposta da Daniel´ finisce per esclude-re dalla cornice concettuale del samizdat tuttauna serie di testi creati per circolare in formanon tipografica, ma non per questo necessaria-mente oggetto di riproduzione secondaria. Èil caso delle edizioni periodiche letterarie che– a differenza della Chronika tekušcich sobytij,punto di riferimento delle riflessioni di Daniel´– spesso venivano semplicemente lette e nonricopiate dai lettori, anche perché la loro ragiond’essere era estranea alla funzione testimonialetipica dei bollettini informativi sulle repressio-ni politiche e le violazioni dei diritti umani. Ciònon toglie che tali edizioni passassero di mano

31 Antologija samizdata, op. cit., I, 1, p. 13.32 A. Daniel´, “Istoki i smysl”, op. cit., p. 17.

V. Parisi, Samizdat: problemi di definizione

in mano, potessero essere riprodotte (almenoin parte) e, diventando oggetto di letture col-lettive e discussioni, generassero reazioni e in-terpretazioni che si ponevano in un rapporto difiliazione diretta rispetto ai testi che li avevanooriginati. A dimostrazione di come la diffusionedel testo autoedito non implicasse per forza lasua ricopiatura, ma potesse dar luogo a strate-gie inedite di integrazione e commento testua-le, si può citare il caso della rivista manoscrittaNomer, che dal 1965 al 1973 sarà l’organo uffi-cioso della Uktusskaja škola di Sverdlovsk, ce-nacolo artistico-poetico che comprendeva, ol-tre ai futuri redattori della celebre rivista datti-loscritta Transponans Anna Taršis (Ry Nikono-va) e Sergej Sigov (Sergej Sigej), anche EvgenijArbenev, Valerij D´jacenko, Feliks Volosenkov,Michail Taršis e Aleksandr Galamaga. Realiz-zata in una tiratura di “0,99 esemplari” (secon-do la definizione di Ry Nikonova)33, Nomer erauna “rivista aperta”, il cui contenuto dipende-va dalle integrazioni apportate di volta in voltadai lettori. A partire dal numero 8 le sue pagi-ne iniziarono a ospitare apposite colonne inti-tolate Critica o Critica della critica, dove i let-tori potevano esprimere liberamente i loro giu-dizi sulle opere pubblicate. A queste sezionisi aggiungeranno in seguito spazi vuoti, isola-ti dal resto della pagina con un semplice trat-to di penna e “introdotti” da imperativi qualiVpiši svoe, Vklej svoe, Ispiši stranicu [Scrivi quelche vuoi, Incolla quel che vuoi, Ricopri di scrit-te la pagina]. La struttura solitamente “chiu-sa” e compiuta dell’edizione periodica si aprivacosì agli apporti estemporanei dei suoi fruito-ri, trasformandosi in una piattaforma interatti-va mirante a promuovere esperimenti di scrit-tura collettiva paralleli rispetto al processo del-la lettura. Nel contempo il compito dei lettoridiventa non tanto quello di perepisyvat´ [copia-re, trascrivere] come avveniva nel samizdat tra-dizionale, bensì quello di dopisyvat´ [comple-

33 A. Taršis, “Ob otkrytom i zakrytom žurnale Nomer”, Transpo-nans, 1980, 2, p. 55, Bremen, Historisches Archiv Osteuropaan der Universität Bremen, f. 37 (V. Erl´).

tare] i contenuti proposti dagli autori, integra-re, modificare o stravolgere quanto già fissatosu carta, operando una stratificazione del sen-so che, nel caso di Nomer, diviene percettibileanche visivamente.

Fig. 1. Nomer, 1971, 27: collage estraibile (vyn´ da vlož´[estrai e inserisci]) di riproduzioni di quadri

Convenendo dunque con Chartier che “lalettura non è soltanto un’operazione intellet-tuale astratta: essa è messa in gioco del corpo,

eSamizdat 2010-2011 (VIII) ♦ Il samizdat tra memoria e utopia ♦

Fig. 2. (“Fate attenzione con i fogli dei disegni!!”)

iscrizione in uno spazio, rapporto con se stessio con gli altri”34, occorrerà precisare come alladiffusione della letteratura autoedita si accom-pagnassero pratiche di lettura plurali e variabi-li, non esclusivamente limitate alla lettura si-lenziosa di chi ricopia un testo con la macchi-na per scrivere35. Inversamente, la copia datti-loscritta non era l’unico medium di diffusionedi un’opera. Negli anni Sessanta-Settanta ac-quista sempre maggiore centralità la performa-tività orale del testo, letto, recitato e commen-tato nell’ambito delle cosiddette kvartirnye cte-nija [letture collettive che si tenevano negli ap-partamenti privati]. Natalija Osipova, animatri-ce di uno dei ritrovi letterari più in voga a Mo-sca tra il 1983 e il 1986, rileva come l’occasio-ne di confronto offerta dalle kvartirnye ctenijapotesse in qualche modo compensare la scarsatiratura dei testi autoediti:

Ma c’era qualcosa di ben più importante, che distingue-va molti autori, ossia il fatto che la loro poesia e la loroprosa non fossero scritte per essere pubblicate. La lororicezione presupponeva una distanza più ridotta tra au-tore e lettore rispetto a quella di una pubblicazione “uf-ficiale”, su rivista o in volume. Questi testi richiedevanoche l’autore e il lettore entrassero consapevolmente in uncontesto comune [...]. Le letture negli appartamenti han-no dato vita a una dimensione di scambio diretto tra au-tore e lettore fondamentale per l’esistenza della letteraturaunderground36.

34 Storia della lettura, op. cit., p. VIII.35 Nondimeno, la trascrizione del testo viene indicata da più

parti come presupposto irrinunciabile per una comprensio-ne più profonda del testo. Questa peculiare modalità di as-similazione torna, ad esempio, nei ricordi del poeta VladimirAlejnikov: “Quando negli anni Sessanta feci amicizia con Na-taša Gorbanevskaja, lei prendeva i miei versi e non solo li leg-geva, ma li ricopiava. Diceva di essere ormai abituata così,se ricopiava i testi li recepiva meglio”, V. Alejnikov, “Zvezdasamizdata”, Novoe literaturnoe obozrenie, 1998, 34, p. 257.

36 N. Osipova, “O ‘salone’ na Puškinskoj”, Novoe literaturnoeobozrenie, 1998, 32, p. 266.

Occorre inoltre sottolineare come la riprodu-zione materiale del testo (ovvero la sua “ristam-pa”, per citare Jurij Gercuk) venisse sovente ac-cantonata dai lettori, in quanto considerata ec-cessivamente onerosa. Spesso a essere rico-piate erano solo le opere che godevano già diuna certa popolarità e il cui valore non lascia-va adito a dubbi. Sarebbe infondato immagi-narsi il pubblico del samizdat come un udito-rio straordinariamente ricettivo, aperto a ognigenere di messaggio o di sperimentazione for-male. Come spiega Ljudmila Alekseeva, “fare lafatica di ricopiare un testo, e per di più rischia-re di essere licenziati o addirittura condanna-ti al lager – in genere ci si risolveva a questopasso solo nel caso di opere già note, che pia-cevano molto”37. Difficilmente il meccanismodella ricopiatura spontanea riusciva ad abbrac-ciare le opere inedite di esordienti sconosciu-ti. Non a caso, negli anni Settanta le paginedelle riviste letterarie saranno costellate da la-mentazioni circa l’impossibilità di ampliare labase numerica dei propri lettori. Riprendendola figura di quel “lettore tra i posteri” (citatel´v potomstve) che Osip Mandel´štam aveva teo-rizzato nel saggio O sobesednike [L’interlocu-tore] come destinatario della sua poesia, Alek-sandr Baraš, poeta e redattore dell’almanaccoEpsilon-salon, chiosava ironicamente nel 1986:

è curioso che la nostra spaventosa impossibilità di pubbli-care – la cui irrimediabilità procura quasi una certa son-nolenza – ci consenta un rapporto più puro con il letto-re. Mandel´štam scriveva dell’interlocutore “provvidenzia-le”, l’unico a cui valga la pena rivolgersi; ecco, noi adessoce l’abbiamo (peccato però che l’effetto sia guastato dallamancanza di alternative)38.

È interessante come neppure il tamizdat –escamotage sempre più diffuso soprattutto aMosca – fosse percepito come uno strumentoefficace per ampliare il proprio pubblico: “pub-blicare là”, osserva Baraš, “in questo senso non

37 L. Alekseeva, Istorija inakomyslija v SS-SR, Moskva 2001, versione elettronica:<http://www.memo.ru/history/diss/books/ALEXEEWA/index.htm>.

38 Moskva, Gosudarstvennaja Publicnaja Istoriceskaja Bibliote-ka, Kollekcija netradicionnoj pecati, A. Baraš, “Ešce raz: Poet iproza”, Epsilon-salon, 1986, 5.

V. Parisi, Samizdat: problemi di definizione

si distingue dal pubblicarsi da sé qua: l’uditoriosia numericamente che spiritualmente è più omeno lo stesso”39. Forse Baraš doveva quest’i-dea al critico leningradese Michail Berg, che giàl’anno precedente aveva dedicato al problemadel lettore un articolo apparso sull’allegato let-terario di A-Ja, rivista d’arte che usciva a Parigiper iniziativa dello scultore Igor´ Šelkovskij. Pa-radossalmente proprio una delle più ambizioseedizioni periodiche dell’emigrazione era diven-tata la tribuna da cui smorzare le speranze dichi credeva nelle progressive sorti del tamizdat:

Lasciarsi allettare dall’eco tipografica del tamizdat non èche l’ennesima illusione: il tuo libro avrà sempre quellostesso lettore e mezzo che ha qua: le case editrici russeall’estero sono una specie di samizdat tipografico40.

Al di là delle distinzioni operate da Daniel´,risulta dunque chiaro come quello dell’autoe-dizione in Urss fosse essenzialmente un feno-meno di nicchia, dotato di un carattere per l’ap-punto “domestico” (domašnij) e “circoscritto adeterminate cerchie” (kružkovoj). Boris Dubincalcola che la diffusione della letteratura sa-mizdat – peraltro estremamente differenziataal suo interno41 – fosse limitata al “potenzialecreativo del paese – la sfera del pensiero liberoe indipendente, senza il quale, com’è noto, nonè possibile parlare di innovazione”42. Tradottoin termini percentuali, si trattava del 2-5% del-la popolazione – una fascia assai esigua, in ge-nere identificata da quel binomio inscindibileche torna sovente nelle informative del Kgb sul“dilagare” del samizdat, ossia “l’intelligencija ela gioventù dedita allo studio” (“intelligencija

39 Ibidem.40 M. Berg, “Novyj žanr: pisatel´ i citatel´”, Litera-

turnoe A-Ja, 1985, versione elettronica consultata<http://www.mberg.net/nvz/>.

41 “Ma la circolazione del samizdat, è chiaro, aveva un carat-tere estremamente differenziato. Solo alcune tra le sue or-bite si intersecavano parzialmente. Nella maggior parte deicasi, ciascun gruppo determinato di testi circolava, venivaletto e diffuso all’interno del proprio ambiente”, L. Gudkov,B. Dubin, “Parallel´nye literatury: popytka sociologicesko-go opisanija”, L. Gudkov – B. Dubin, Intelligencija. Zametkio literaturno-politiceskie illuzijach, Sankt-Peterburg 2009, p.78.

42 Ivi, p. 79.

i ucašcaja molodež´”)43. Nemmeno le edizio-ni dattiloscritte più vicine al movimento dissi-dente godevano di ampia circolazione: lo stes-so Daniel´ calcola che la Chronika tekušcich so-bytij abbia raggiunto non più di alcune migliaiadi persone nell’intero paese e che il numero deilettori affezionati si aggirasse intorno a qualchecentinaia44.

A conferma di come la funzione editorialenon sia mai stata appaltata esclusivamente alpubblico depone anche il ricorso – già a par-tire dagli anni Sessanta – da parte dei redatto-ri delle edizioni periodiche ai servigi di datti-lografi (più spesso dattilografe) semiprofessio-nisti, talora retribuiti per i loro sforzi45. Quellache Igrunov definisce l’apparizione di un mer-cato della letteratura autoedita resta tuttora unaspetto poco indagato, anche per le resisten-ze dei testimoni oculari ad ammettere l’esisten-za di una simile compravendita. Alcuni tra gliesponenti del dissenso intervistati da AleksejPjatkovskij negano o minimizzano tali risvolticommerciali46, nel timore di incrinare la visione“eroica” del samizdat cui altrove accenna Da-niel´47. Non così l’Alekseeva, la quale riferiscedi aver ricopiato varie opere letterarie su com-missione degli amici matematici di suo mari-to48. Tuttavia non avrebbe mai accettato soldiper dattilografare la Chronika tekušcich sobytij,persuasa del valore morale di una simile impre-sa (“La Cronaca è per l’anima”)49. Ma già all’ini-

43 Si veda V. Bukovskij, “Soviet Archives at INFO-RUSS”, versione elettronica <http://psi.ece.jhu.edu/ ka-plan/IRUSS/BUK/GBARC/pdfs/dis70/ct119-71.pdf>.

44 A. Daniel´, A. Roginskij, “Über das Publikationsprojekt”, op.cit., p. 47.

45 Si veda ad esempio A. Gadasina, “‘Majakovka’ da-la nam vnutrennjuju svobodu”, L. Polikovskaja, “My– predcustvie, predteca...”. Plošcad´ Majakovsko-go: 1958-1965, Moskva 1997, versione elettronica:<http://memo.ru/history/diss/books/mayak/index.htm>.

46 Per la precisione Natal´ja Sadomskaja, Leonard Ternovskij,Aleksandr Daniel´, si veda <http://antology.igrunov.ru>.

47 A. Daniel´, “Istorija samizdata”, Gosbezopasnost´ i literatura:na opyte Rossii i Germanii (SSSR i GDR), Moskva 1994, p. 93.

48 Vospominanija o Samizdate predsedatelja Mosko-vskoj chel´sinkskoj gruppy Ljudmily Alekseevoj,<http://antology.igrunov.ru/l_alexeeva.html>.

49 Ibidem.

eSamizdat 2010-2011 (VIII) ♦ Il samizdat tra memoria e utopia ♦

zio degli anni Settanta il meccanismo della tra-scrizione “dal basso” era stato attaccato da piùparti, in quanto profondamente inadeguato peri compiti che il samizdat si prefiggeva. Tra colo-ro che criticarono più aspramente l’estempora-neità delle trascrizioni da parte dei lettori ricor-diamo Valerij Balakirev (alias S. Topolev), redat-tore insieme ad Aleksandr Bolonkin della rivistaciclostilata Svobodnaja mysl´ (1971). In un ar-ticolo diffuso in Occidente dal bollettino tamiz-dat Vol´noe slovo, Balakirev teorizzava addirit-tura il passaggio al cosiddetto kolizdat (abbre-viazione di kollektivnoe izdatel´stvo, “editoriacollettiva”)50. Ai testi ricopiati dai lettori-scribidovevano subentrare edizioni periodiche rigo-rosamente a pagamento che pubblicassero solotesti “inediti”, ossia non ancora apparsi su altreriviste. Inoltre, occorreva rimpiazzare la mac-china per scrivere con mezzi di riproduzionepiù avanzati, quali “apparecchi rotaprint, mac-chine vetrografiche, poligrafiche, elettrografi-che, mimeografiche, termocopiatrici”51, per ve-nire incontro all’incremento della domanda deilettori, calcolata ormai nell’ordine di migliaia dicopie.

Altrove, le edizioni periodiche dattiloscrittecercheranno invece di limitare la ricopiaturadei propri testi, in una sorta di primitiva tuteladel diritto d’autore. Nel contesto domestico eartigianale del samizdat l’indicazione del copy-right assume una valenza particolare, dacchéallude al tentativo di ribadire – almeno a livelloformale – il concetto di proprietà intellettualeanche là dove la riproduzione dell’opera avevacessato di essere prerogativa esclusiva della fi-gura dell’editore. Già nel 1976 sul numero 3 del-la rivista leningradese 37 era comparsa la scrit-ta “È vietata la riproduzione di taluni materialisenza il permesso della redazione di 37”52. Ma

50 S. Topolev (V. Balakirev), “Ot Samizdata k Kolizdatu“, Svo-bodnaja mysl´. Obšcestvenno-politiceskij žurnal, 1971, 1,ripubblicato in Vol´noe slovo. Samizdat. Izbrannoe.Dokumental´naja serija, 7, München 1973, pp. 10-27.

51 Ivi, p. 21.52 Bremen, Historisches Archiv Osteuropa an der Universität

Bremen,37, 1976, 3, f. 75 (B. Groys).

sarà nel luglio del 1983 che sul numero 16 del-la rivista Transponans (dedicato a Nikolaj Char-džiev in occasione del suo ottantesimo com-pleanno) comparirà per la prima volta la scrittavagamente paradossale “Vietata la riproduzio-ne” accompagnata dal simbolo c©, a indicare idiritti detenuti da N. Chardžiev e Transponans.

I materiali formalmente coperti da copyrighterano quelli riportati nella rubrica Pubblica-zioni, ossia alcune poesie inedite del periodopost-futurista di Aleksej Krucenych attinte dal-l’archivio di Chardžiev, collezionista e studiosodell’eredità artistica e letteraria dell’avanguar-dia di inizio secolo. Con tutta probabilità la re-dazione – consapevole del valore storico del-le opere – intendeva scoraggiare il diffondersidi “copie pirata”, magari gravate da corruzionitestuali.

L’alienazione di parte dei diritti editoriali ailettori pone dunque all’attenzione degli auto-ri la questione di ciò che Adrian Johns chiama“textual stability”53. A esprimere dubbi sull’au-spicabilità di una riproduzione indiscriminatadelle proprie opere furono spesso proprio que-gli scrittori che dovevano gran parte della lorofama al samizdat e ai suoi canali. È il caso, adesempio, dei sopravvissuti ai lager della KolymaVarlam Šalamov e Evgenija Ginzburg, entrambiprotagonisti del samizdat degli anni Sessanta,dopo fallimentari tentativi di pubblicare i pro-pri testi sulla rivista Novyj mir, diretta da Alek-sandr Tvardovskij. Pur felice del fatto che il ma-noscritto della prima parte del suo Krutoj marš-rut [Viaggio nella vertigine] avesse trovato una

53 A. Johns, The nature of the book: print and knowledge in themaking, Chicago 1998, p. 5.

V. Parisi, Samizdat: problemi di definizione

veste tipografica in una lontana città “che ri-spondeva al melodioso nome di Milano”54, laGinzburg si doleva di non aver potuto interve-nire direttamente nelle fasi della pubblicazio-ne tamizdat55. Ancora più tetre a tale propositoerano le considerazioni dell’autore dei Raccon-ti della Kolyma. Šalamov lamenterà più volte latendenza dei lettori del samizdat a “correggere”i suoi testi, a levigare quelle imperfezioni che,lungi dall’essere frutto di sciattezza, costituiva-no in realtà una peculiarità del suo stile. Adesempio, trascrivendo il racconto Come inco-minciò, gli anonimi scribi erano soliti comple-tare nell’incipit la parola “lavoravamo” che, in-vece, nelle intenzioni dell’autore doveva restaretroncata a metà. (“Come incominciò? In qualegiorno di quell’inverno girò il vento e tutto di-ventò troppo orribile? In autunno noi ancoralavo. . . ”)56. Secondo Šalamov, il processo dellatrascrizione da parte dei lettori si accompagna-va a una sorta di editing occulto, una propen-sione inconscia alla normalizzazione che finivaper stravolgere gli effetti calcolati.

Lo scenario che emerge è dunque decisa-mente complesso ed evidenzia una serie di fat-tori che vanno a integrare lo schema teori-co fondato sull’iniziativa spontanea del lettore-scriba: l’apparizione di figure professionali le-gate alla riproduzione e alla diffusione dei testi,l’auspicata evoluzione del samizdat verso for-

54 E. Ginzburg, Viaggio nella vertigine, Milano 2011, p. 691. L’e-dizione cui si riferisce l’autrice è la traduzione a opera di Ma-ria Olsufieva (pubblicata con lo pseudonimo di Aldino Bet-ti) della prima parte di Krutoj maršrut (e di frammenti dallaseconda), uscita nel 1967 per i tipi di Arnoldo Mondadori.

55 Ibidem.56 Si veda L. Toker, “Samizdat i problema avtorskogo kontrolja

v sud´be Varlama Šalamova”, Poetics Today, 2008, 4, pp. 735-758.

me più strutturate di editoria collettiva clan-destina, l’emergere di un certo scetticismo cir-ca l’auspicabilità di una riproduzione incon-trollata dei testi, la marginalizzazione del mec-canismo della ricopiatura a favore di altre for-me di tradizione del testo (scambio, lettura col-lettiva). Attribuire l’etichetta di samizdat allesole copie realizzate dai lettori significhereb-be frammentare ulteriormente un quadro già diper sé atomizzato, adottando un criterio che,se può risultare utile per la descrizione biblio-grafica dei singoli documenti (ammesso che siriesca a ricostruirne l’esatta origine e la “bio-grafia”, e Daniel´ è il primo a riconoscere chequesto non sempre è possibile)57, non riflet-te appieno le modalità della produzione e del-la fruizione dei testi letterari non sottoposti acensura. Occorre dunque sottolineare le pecu-liarità del samizdat letterario rispetto a quellosocio-politico, restituendo spazio al ruolo svol-to da autori, redattori e altri organizzatori cul-turali nella disseminazione dei testi e indagan-do il significato mediale di questa consapevo-le rinuncia alle certezze acquisite della printculture58. Solo così sarà possibile ricollocare ilsenso di quest’esperienza non solo nel quadrostorico-culturale dell’Urss del tardo socialismo,ma anche in quello plurisecolare della storia dellibro.

www.esamizdat.it Valentina Parisi, “Samizdat: problemi di definizione”, eSamizdat, - (VIII), pp. -

57 A. Daniel´, “Samizdatskaja biografija”, op. cit., p. 52.58 Termine coniato da Elizabeth L. Eisenstein, The printing

press as an agent of change communications and culturaltransformations in early-modern Europe, Cambridge 1980.