Output file - dr. Tommaso Lupattelli

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L a sclerosi multipla è una "brutta bestia", una malattia del siste- ma nervoso che rovina la vita perché colpisce persone giovani, è gravemente disabilitante ed è capace di illudere allentando la presa, per poi riazzannare, più aggressiva di prima, le sue prede. In Italia le persone malate di sclerosi multipla sono 63 mila e sulle loro teste si consuma da qualche anno una disputa scientifica che ha spac- cato in due fazioni i medici che le curano: su un fronte la maggior parte dei neurolo- gi, sull’altro gli "interventisti" sostenito- ri del cosiddetto metodo Zamboni. Una di- sputa che ci appare per certi versi crude- le, perché divide perfino i malati, che pur condividono sofferenze e speranze, in due contrapposte tifoserie e soprattutto perché li costringe spesso a tacere legitti- mi dubbi e a raccontare mortificanti bu- gie nel timore di incrinare il rapporto con chi li sta curando. La querelle scientifica è nelle mani degli specialisti e solo gli stu- di che verranno potranno dirimerla, ma nell’attuale fase di incertezza e confusio- ne i malati chiedono chiarimenti e rispo- ste. L’inchiesta proposta in queste pagi- ne ha l’intento di fornire un bagaglio cor- poso di informazioni, che possa aiutarli a fare scelte consapevoli: abbiamo ascol- tato le loro testimonianze e le loro esigen- ze, raccolto le ragioni degli schieramenti scientifici, analizzato le sperimentazioni già concluse, cercato le voci più autorevo- li anche all’estero. Ci si augura che in fu- turo i medici trovino occasioni per riallac- ciare un utile dialogo. I malati ne hanno certamente diritto. C. D’A. La testimonianza I centri La teoria Le verifiche I farmaci a pagina 38 a pagina 42 a pagina 40 a pagina 41 a pagina 44 a pagina 46 su www.corriere.it/salute Uno scontro fra medici crudele per i malati Sclerosi multipla di Ruggiero Corcella, Elena Meli, Daniela Natali e Cristina D’Amico Corriere Salute Il caso Zamboni ll viaggio «nella speranza» dopo la diagnosi Dove si esegue in Italia l’intervento L’idea che ha ispirato il metodo Gli studi in corso e quelli già conclusi Le medicine di oggi e quelle di domani Il personaggio Scrivete sul web www.corriere.it/salute NUMERO SPECIALE Inchiesta sul trattamento per la malattia messo a punto dal chirurgo di Ferrara e sulle altre terapie L’intervista a Nicoletta Mantovani Inviate le vostre storie e i vostri commenti LE PAGINE DEL VIVERE BENE 37 Corriere della Sera Domenica 3 Febbraio 2013

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La sclerosi multipla è una "bruttabestia", una malattia del siste-ma nervoso che rovina la vitaperché colpisce persone giovani,è gravemente disabilitante ed è

capace di illudere allentando la presa,per poi riazzannare, più aggressiva diprima, le sue prede. In Italia le personemalate di sclerosi multipla sono 63 milae sulle loro teste si consuma da qualcheanno una disputa scientifica che ha spac-cato in due fazioni i medici che le curano:su un fronte la maggior parte dei neurolo-gi, sull’altro gli "interventisti" sostenito-ri del cosiddetto metodo Zamboni. Una di-sputa che ci appare per certi versi crude-le, perché divide perfino i malati, che purcondividono sofferenze e speranze, indue contrapposte tifoserie e soprattuttoperché li costringe spesso a tacere legitti-

mi dubbi e a raccontare mortificanti bu-gie nel timore di incrinare il rapporto conchi li sta curando. La querelle scientificaè nelle mani degli specialisti e solo gli stu-di che verranno potranno dirimerla, manell’attuale fase di incertezza e confusio-ne i malati chiedono chiarimenti e rispo-ste. L’inchiesta proposta in queste pagi-ne ha l’intento di fornire un bagaglio cor-poso di informazioni, che possa aiutarlia fare scelte consapevoli: abbiamo ascol-tato le loro testimonianze e le loro esigen-ze, raccolto le ragioni degli schieramentiscientifici, analizzato le sperimentazionigià concluse, cercato le voci più autorevo-li anche all’estero. Ci si augura che in fu-turo i medici trovino occasioni per riallac-ciare un utile dialogo. I malati ne hannocertamente diritto.

C. D’A.

La testimonianza I centriLa teoria Le verifiche I farmaci

a pagina 38 a pagina 42a pagina 40 a pagina 41 a pagina 44 a pagina 46 su www.corriere.it/salute

Uno scontro fra medicicrudele per i malati

Sclerosi multipladi Ruggiero Corcella, Elena Meli,Daniela Natali e Cristina D’Amico

CorriereSalute

Il caso Zamboni

ll viaggio«nella speranza»dopo la diagnosi

Dove si eseguein Italial’intervento

L’ideache ha ispiratoil metodo

Gli studi in corsoe quelligià conclusi

Le medicinedi oggi e quelledi domani

Il personaggio Scrivete sul web

www.corriere.it/salute

NUMEROSPECIALEInchiestasul trattamentoper la malattiamesso a puntodal chirurgodi Ferrarae sulle altreterapie

L’intervista aNicolettaMantovani

Inviate le vostrestorie e i vostricommenti

LE PAGINE DEL VIVERE BENE

37Corriere della Sera Domenica 3 Febbraio 2013

La malattia è come una pallada rugby: non sai mai qualesia il suo prossimo rimbalzo.Un aforisma, questo, caro aRoberta Amadeo, 42 anni, ex

judoka a livello nazionale, oggicampionessa di handbike, volto e vocedi quella "comunità" di personecolpite dalla sclerosi multipla riunitasotto le insegne dell’Associazioneitaliana sclerosi multipla. Ecco letestimonianze dei malati, comeRoberta, raccolte in contesti diversi: ilrecente convegno nazionale delGruppo giovani dell’Aism; un incontrocon l'associazione "L'abbraccio" diTorino; una visita all'Istituto DonGnocchi di Milano; una serie diinterviste telefoniche.Roberta Amadeo aveva 22 anniquando le hanno diagnosticato lamalattia. Era finita in ospedale per

un'operazione alle ginocchia. Solo chele sue gambe, dopo l'intervento, nonrispondevano: «La cosa che mi èrimasta impressa è la notte in cui nonmi sono più alzata dal letto, la piùbrutta della mia vita. Butti giù legambe dal letto e vai a terra perché titrascinano dietro». Roberta, purfinendo su una sedia a rotelle, si èlaureata in architettura, continua afare sport agonistico, è impegnatanell’associazione come presidentedella Conferenza delle Persone conSM. Durante il convegno Aism, è leil'interlocutore al qualeun’organizzazione preoccupata deipossibili contraccolpi psicologici suigiovani presenti consente dirispondere alle nostre domande sulmetodo Zamboni. «Da persona con lasclerosi — dice Roberta — non homai accettato che la CCSVI sia

conosciuta più sul piano mediaticoche su quello scientifico. In tantihanno fatto l'intervento diangioplastica, perché la speranza èuna ciambella di salvataggio. Madopo? Chi sceglie lucidamentel'intervento, manterrà un certoequilibrio anche se i risultati nonsaranno buoni. Ma per chi parte conforti aspettative, certe batoste sonodifficili da recuperare».Paolo Ragazzi è stato uno dei primipazienti di Zamboni, uno dei 65arruolati nello studio che ha lanciatol’ipotesi CCSVI nella comunitàscientifica internazionale. «Micontattò nel 2007 e mi chiese se erodisponibile — racconta Paolo, aitempi già su una sedia a rotelle, dallaquale non è riuscito a rialzarsi —. Mispiegò la procedura e aggiunse: "Nonle dico che guarirà, perché i danni

fatti restano, ma la malattiacambierà dallo stato attuale"».Ragazzi ci racconta chel’incontinenza, le difficoltà dimemoria e la stanchezza sono sparitefino al 2009; nel settembre diquell’anno fatica e incontinenza sonoricomparse. «Ho rifatto la"liberazione" e ho ricominciato alavorare la mattina, torno a casa eriposo un po’, poi traffico con iltraforo, suono in un gruppo. Sonomigliorate anche densità ossea econcentrazione». Al convegno deigiovani Aism, nel "question time" coni ricercatori, un ragazzo siciliano si faportavoce dell’inquietudine di tutti:«Che cosa può funzionare contro lasclerosi multipla? Sono stanco di farela cavia: prendo l'azatioprina, unaterapia utile comunque, ma si trattasempre di tentativi. In pratica, è come

se fossero sempre studi». Prova adare una risposta Diego Centonze,ricercatore, componente del Comitatoscientifico della Fondazione italianasclerosi multipla (Fism): «Non socome si potrebbe oggi rinunciare allaricerca clinica per curare la malattia.Bisogna ragionare in termini divittoria non per se stessi, ma pertutti, nel medio e nel lungo termine.Non abbiamo ancora una rispostadefinitiva». Sabrina chiede: «Cosadobbiamo pensare quando sentiamopersone che dicono di stare bene dopol'intervento di CCSVI?».«Bisogna pensare: beate loro —risponde Roberto Furlan,neuroimmunologo, del Comitatoscientifico Fism —. Noi potremmoportare l'esempio di tante altrepersone che non ne hanno trattogiovamento. Esiste un meccanismo

mediatico per cui chi porta il risultatopositivo ha più visibilità, ma seriflettete sulla forza dei numeri vedeteche la cosa è tutt'altro che verificata.Esattamente come per il prossimofarmaco che arriverà».Ignazia Cucci, presidentedell'associazione "L'Abbraccio" diTorino, Monica, Lucia, Barbara,Nicoletta e Rosa (in questi casi i nomisono di fantasia) raccontano didifficoltà e delusioni avute daifarmaci. «Spesso — dice IgnaziaCucci — i pazienti hannol’impressione che i neurologi liconsiderino credibili su ciò cheraccontano della malattia soloquando si tratta di prescrivere loromedicine, non quando riferisconocome si sentono dopo la PTA».Nicoletta è passata dall'interferoneagli anticorpi monoclonali, poi hacominciato a peggiorare: unastampella, due, fino alla carrozzinaper i percorsi lunghi. Monica

Una corsa a piedi nudi econtrovento, la battagliasul campo della sclerosimultipla. Definizione po-etica, quella plasmata da

una malata. Graziella V., 47 anni, diTorino, ha corso per diciotto anni. Eadesso è finita su una sedia a rotelle.«La mia storia di malattia inizia nel1995» racconta. Fino ad allora, solosintomi poco decifrabili, per lei co-me per i medici.

Ultima di cinque figli di una cop-pia del Sud, emigrata a Torino neglianni Cinquanta, Graziella ha assorbi-to l’energia della sua terra tramutan-dola in un dinamismo incontenibile.Dopo la laurea in giurisprudenza, su-bito trova lavoro come responsabiledell’ufficio legale di una società.Esce con i tanti amici, ama la musica,coltiva la sua passione: fotografare lanatura, soprattutto d’autunno.

LA «SENTENZA»«Un giorno, all’ennesimo strano

attacco, in preda alla confusionementale e a una crisi di panico, sonoarrivata in lacrime al Pronto soccor-so dell’ospedale Martini, il più vici-no a casa mia. Il caso vuole che fossedi turno un neurologo: mi ricovera,mi fa gli esami giusti e arriva alla dia-gnosi». Nei successivi cinque anni,la malattia di Graziella resta in silen-zio, lei si sente solo più stanca e haun’autonomia più limitata nelle cam-minate.

Più o meno nello stesso periodo,a Ferrara il chirurgo vascolare PaoloZamboni inizia ad occuparsi dellasclerosi multipla, perché è stata dia-gnosticata alla moglie Elena. Quelloche si sa della malattia non gli basta,e non lo convince del tutto. Ma la te-oria sulla CCSVI, l’insufficienza cro-nica venosa cerebrospinale, comeconcausa della grave patologia neu-rologica, è ancora solo un’idea ab-bozzata nella mente di Zamboni.

Nel 2000, quando ormai quelladiagnosi di cinque anni prima è qua-si dimenticata, la sclerosi torna ad

azzannare Graziella. Le possibilità dicura sono totalmente affidate ai far-maci. «Soltanto un mese prima, i me-dici si erano ricreduti sulla diagnosidi sclerosi multipla, optando, inve-ce, per un episodio isolato di encefa-lomielite acuta disseminata. A que-sto punto tornano sui loro passi, emi propongono come terapia l’inter-ferone: iniezioni sottocute tre voltela settimana. Lo prendo per due an-ni. I suoi pesanti effetti collaterali apartire dalla febbre cominciano a di-struggermi la vita».

SOLO UNA TREGUADue anni dopo Graziella rimane in-

cinta. «La gravidanza va benissimo,perché è una specie di "zona franca"nella sclerosi multipla. Molti medicidicono che il sistema immunitariodel figlio protegge quello della ma-dre anche nella sclerosi». Purtroppo,un anno dopo il parto, la malattia co-mincia la "virata" verso la forma peg-giore: la secondaria progressiva. Nel2005 Graziella decide di mettersi incura in una struttura piemontese "de-dicata" alla sclerosi multipla. «Nelnuovo centro attaccano subito a far-mi il mitoxantrone, un chemioterapi-co specifico. Al di là di altri effetti in-desiderati, il farmaco mi toglie le me-struazioni e così a 40 anni mi ritrovogià in menopausa, con tutte le conse-guenze, anche psicologiche, di que-sta "perdita"». La progressione dellamalattia, però, non rallenta.

Siamo nel 2008. In dicembre, Pao-lo Zamboni pubblica online uno stu-

dio sui primi 65 malati di sclerosimultipla sottoposti ad angioplasticaper insufficienza cronica venosa ce-rebrospinale. I risultati sono incorag-gianti. E si scatena il finimondo.L'anno che segue vede montare inItalia uno "tsunami" di tanti malatiche vogliono sottoporsi all'angiopla-stica — la "liberazione", così la defi-niscono —, quasi ribellandosi ai neu-rologi, scettici verso Zamboni, e allecure farmacologiche. Anche all'este-ro ormai si parla parecchio di CCSVIe fioriscono gli studi, dai risultati al-terni; nel mondo accademico infuria-no le polemiche, ma il "metodo Zam-boni" si diffonde senza sosta e il pro-fessore tiene corsi per garantire laformazione a colleghi che intendo-no seguirlo.

SEMPRE PEGGIOGraziella, intanto, peggiora. Smet-

te di guidare e nei tragitti un po’ lun-ghi inizia a usare la carrozzella; a ca-sa ce la fa ancora a camminare con ildeambulatore. Per fortuna, la suaazienda le dà la possibilità di guada-gnarsi lo stipendio con il telelavoro.Da allora farà una vita sempre più da"reclusa". «Quando sei in queste con-dizioni non hai voglia di uscire. Nonti piaci. Non è bello passare davantialle vetrine e vederti in carrozzella,con la pancia. Inoltre, restando in ca-sa, dove c'è poca luce, subentra la ca-renza cronica di vitamina D, tipicadei malati di SM progressiva». Per leicominciano a farsi sentire sempremaggiori le difficoltà del vivere quo-

tidiano, ma almeno ha i suoi familia-ri che la sostengono. La sorella le tro-va un aiuto. A pagamento, ovvio. «Pe-rò è tutto molto difficile, a partiredall’educazione di mio figlio. Perdoautorevolezza perché non ho più lastima di me stessa che avevo un tem-po. Non ho più neppure l'autorità.Avessi le gambe buone, quando miofiglio non vuole spegnere la Tv, mialzerei e gli direi: bello, spegni e filadi là a lavarti! Ora lui cresce nell’anar-chia e non ha più rispetto per me».

Tra il 2009 e il 2010, la teoria diZamboni esplode sul web. Tra i mala-ti di sclerosi multipla si creano duevere fazioni, "tradizionalisti" e "zam-boniani", sotto le rispettive insegnedelle associazioni Aism e CCSVI perla SM-Onlus. Quest'ultima associa-zione può contare anche sul "peso"mediatico di Nicoletta Mantovani,vedova di Luciano Pavarotti, anchelei malata di sclerosi multipla. I pa-zienti non vogliono aspettare: cosìproliferano i centri (soprattutto quel-li privati) per la diagnosi di CCSVI eper l'intervento; aumentano anche i"viaggi della speranza" all'estero.Nell'ottobre del 2010 il Ministero del-la Salute decide di intervenire: l'an-gioplastica — si dice in pratica — è,in sé, un metodo consolidato; in rela-zione alla sclerosi multipla si racco-manda di seguire la strada degli stu-di controllati. Netta è, invece, a no-vembre, la presa di posizione del pre-sidente della Società italiana di neu-rologia, Giancarlo Comi: gli associa-ti — è il succo del messaggio — siastengano dal collaborare a qualsia-si studio sulla CCSVI.

LA «LIBERAZIONE»Anche Graziella viene a sapere

dell'insufficienza cronica cerebrospi-nale, tramite Facebook, sulla paginadi uno dei tanti gruppi di pazienti. Edecide di tentare. I risultati le appaio-no «stra-bi-lian-ti». Invece, la "libe-razione" dura solo un mese. Il tempodi affacciarsi all'anno nuovo.

Quel 2011 è "infausto" per Graziel-

Il racconto Il «viaggio nella speranza» di una malata di sclerosi multipla

La storiadi Graziella V.

inchiesta

La gravidanza è una«zona franca», come seil sistema immunitariodel figlio proteggessequello della madre

Al Pronto soccorsoera di turno proprioun neurologo:mi fa gli esami giustie arriva alla verità

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La diagnosi, lo sconforto, il tentativocon il metodo Zamboni, il benessere,il ritorno dei sintomi, il difficilerapporto con i medici. La nuova attesa

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di RUGGIERO CORCELLA, CRISTINA D’AMICO, ELENA MELI, DANIELA NATALI

Ci hanno detto

Testimonianze: le voci (non unanimi) di altri pazienti

38 Salute Domenica 3 Febbraio 2013 Corriere della Sera

racconta che l'immunosoppressorel’ha mandata in menopausa a 40anni. Lucia riferisce che due giornidopo l'iniezione ha vomito, febbre, unmale alle ossa così forte da dovercamminare in casa con le stampelle.Rosa dice che il primo ciclo diinterferone beta le ha datoconvulsioni.John Lecci, 30 anni, di Cesena, unadelle colonne portanti del blog delGruppo Giovani di Aism, per lamalattia ha dovuto abbandonare lapassione della sua vita: i fornelli. LaSM lo ha costretto a reinventarsi e haprovato di tutto un po'. Compresa ladisoccupazione, che ha rallentatoanche il progetto di vita a due con lafidanzata. «Una catena di sfighe … —commenta ironico —. In questoperiodo però mi sento abbastanzafortunato perché con la terapia chesto facendo, il natalizumab, lamalattia è dormiente. Ho recuperatoparte della salute che avevo perso e

riesco a fare una vita quasi normale.Certo, bisogna accettare il fatto dinon avere certezze sulla propriacondizione, senza però rinunciare alfuturo». Le donne dell'associazione diTorino hanno tutte fattol'angioplastica e tutte dicono diessersi sentite meglio quasi subito, isintomi scomparsi o comunquefortemente attenuati. Qualcunadefinisce gli esiti sbalorditivi: Luciaha inforcato la bicicletta pedalandoper 6 chilometri. Barbara ha percorso

i 7 chilometri di maratonina dellaStraTorino: «Ho camminato, ma vuoimettere la soddisfazione? Il metodoZamboni non sarà la cura della SM,ma se c'è la possibilità di staremeglio, di essere più forti percombattere, per aspettare il farmacoche non abbia effetti collaterali e cheti fa stare bene, perché non arrivarcisulle proprie gambe?». Quattro diloro hanno però dovuto fare i conticon una nuova chiusura delle vene:due se le sono fatte «pallonare» dinuovo, le altre pensano di riprovarci.Monica, 43 anni, diagnosticata daquasi 17, è addirittura al terzointervento. Il primo nel luglio 2010, alTokuda Hospital di Sofia in Bulgaria(ha speso 5 mila euro, oltre a viaggio,vitto e alloggio per tre giorni); ilsecondo, all’ospedale Molinette diTorino a maggio del 2011; il terzo, amarzo 2012 in una clinicaconvenzionata di Pescara. «DopoSofia, è migliorato l'equilibrio —

elenca —. Torino mi ha dato buonieffetti solo sulla vescica. L'interventodi Pescara è stato il più efficace,perché la stanchezza è sparita: orarassetto la camera, pulisco il bagno,mi faccio la doccia lavandomi icapelli, tutto senza mai sedermi.Sembrano banalità, per noi sono unaconquista. Ho fatto la terza PTA efarò anche la quarta e la quinta».Alessandro Rasman, di Trieste, siè sottoposto a due interventi: «Ilprimo, a settembre 2010, al Policlinicodi Verona, con il Servizio sanitario,senza benefici. Dopo qualche mese, inclinica privata a Reggio Emilia, conun risultato parziale; gli ecodopplerhanno dimostrato che il problema èrimasto. Un terzo intervento? Non so,ho deciso di aspettare».Il "prezzo" da pagare per la sceltadell’operazione può essere perfino il"limbo", l'abbandono da parte deineurologi: lo denuncia apertamenteIgnazia Cucci: «Quando i pazienti

dicono ai loro neurologi di aver fattola PTA e di stare meglio, può accadereche gli specialisti li lascino senzaindicazioni, così come può succederese interrompono i farmaci di propriainiziativa». È accaduto aCeleste Covino, presidentedell’associazione CCSVI CampaniaOnlus: «Ho smesso l'interferone dueanni fa per gli effetti collaterali chemi procurava. Il neurologo mi hadetto che non mi avrebbe più seguito.Invece, i pazienti hanno comunque

bisogno del neurologo». Per paura diessere lasciati soli, allora, capita che imalati nascondano al proprio medicodi essersi operati. Come ha fattoAurora (il nome è di fantasia), pertimore di perdere il neurologo di cuiha grande stima: «A gennaio 2012quando ho visto che dovevo usare lastampella anche in casa, mi sonomessa in lista a Pescara e mi sonooperata a marzo. I tre mesi successivisono stati i più belli della mia vita. Almio dottore, però, non ho detto nulla.A luglio, quando alla visita dicontrollo mi ha fatto notare i mieimiglioramenti, avrei volutoraccontargli della PTA, ma avevopaura di sentire: "Quella è la porta,vai". Purtroppo ho avuto unarestenosi e i sintomi stanno tornando.Prima o poi gli dirò dell'operazione,magari quando farò la seconda».

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la e anche per la CCSVI. A marzo, ilConsiglio Superiore di Sanità dà unparere molto restrittivo sulla possibi-lità delle strutture pubbliche di effet-tuare angioplastiche in pazienti consclerosi multipla; Regioni e Asl devo-no tenerne conto. A luglio il Ministe-ro della Salute si allinea: interventisolo nell'ambito di sperimentazioni,autorizzate da Comitati etici. A otto-bre vengono resi noti i risultati dellostudio italiano CoSMo, che conclu-de per l'inesistenza di un nesso cau-sale tra l'insufficienza cronica cere-brospinale e la sclerosi multipla. Un'altra sperimentazione, però, prendeil via sul fronte opposto. È lo studioitaliano multicentrico Brave Dre-ams, per verificare efficacia e sicurez-za dell'intervento proposto da Zam-boni, la sperimentazione più corpo-sa fatta finora, interamente finanzia-ta dalla Regione Emilia Romagna.Negli ultimi mesi, le richieste di an-gioplastica per pazienti di sclerosimultipla, nei pochi Centri pubbliciche ancora operano dopo le disposi-

zioni del Ministero della Salute e neiCentri privati che hanno continuatoad operare, schizzano alle stelle. For-se, anche trascinate da rinnovate di-chiarazioni di Nicoletta Mantovani eda titoli di stampa che la definisco-no "guarita" dalla sclerosi grazie almetodo del professore di Ferrara.

LA FORZA DI LOTTARENegli ultimi dodici mesi, invece,

Graziella sta confrontandosi con ilbrusco e doloroso ritorno alla situa-zione preintervento.

«Nella mia cartella clinica, al-l’ospedale dove oggi sono in cura, ilneurologo, scrivendo dei migliora-menti che ho oggettivamente ottenu-to con l'intervento, ha annotato: "ilpaziente riferisce soggettivamen-te...". E quando mi si sono richiusele vene, ho percepito in alcuni medi-ci un sottile compiacimento, comese mi dicessero: "Hai visto?". Ma ionon torno indietro, voglio fare un al-tro intervento. Aspetterò la primave-ra. Una nuova primavera».

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Quando mi si sonorichiuse le vene,ho percepito in alcunidottori un sottilecompiacimento

In questo periodomi sento fortunatoperché con il farmacoche prendo lamalattia è dormiente

Dopo l’interventorassetto la casa,mi faccio la doccia:banalità, ma per noisono una conquista

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Diego Centonze dichiara di aver ricevuto onorari come relatore a congressi e di aver partecipato ad advisory boardper Novartis, Teva Pharm.ind Ltd, Sanofi-Aventis, Merck-Serono, Bayer-Schering, Biogen-Dompè. Roberto Furlandichiara di avere ricevuto compensi come conferenziere negli ultimi cinque anni da Teva, Biogen, Merck-Serono,Novartis, Bayer-Schering. Ignazia Cucci e Celeste Covino dichiarano di svolgere la loro attività a titolo di volontariatoe di non percepire alcun compenso da pazienti, medici o cliniche/ospedali, né finanziamenti da case farmaceutichein relazione alla CCSVI e alla Sclerosi Multipla. Roberta Amadeo dichiara di non avere conflitti di interessi.

Conflitti di interessi

39SaluteCorriere della Sera Domenica 3 Febbraio 2013

Paolo Zamboni, chirurgovascolare dell'Universitàdi Ferrara, è convintoche almeno una parte deisintomi della sclerosi

multipla possano dipendere dalcircolo venoso alterato dalla insuf-ficienza venosa cronica cerebro-spinale (o CCSVI) e che un'angio-plastica simile a quella che si facon il palloncino per riaprire le co-ronarie ostruite potrebbe contri-buire a migliorare le condizionidei pazienti, eliminando gli osta-coli al deflusso del sangue "spor-co" dal cervello. La sua ipotesi hasuscitato interesse e polemiche intutto il mondo.

Zamboni, 55 anni, ci accoglienella nuovissima sede dell'ospeda-le Sant'Anna, poco fuori città, inuno studio ancora ingombro del-le scatole del trasloco, avvenutopoco dopo il terremoto del mag-gio scorso. La sua segretaria allar-ga le braccia: «Siamo costretti a te-nere la segreteria telefonica sem-pre inserita — ci dice —. Dalle no-ve del mattino fino alle cinque delpomeriggio i pazienti da tutt’Ita-lia non fanno che telefonare».

A Zamboni è successo perfinodi essere fermato dai malati nelparcheggio dell'ospedale: perso-ne venute da Russia, Croazia, Liba-no.... Tutte per chiedergli di esse-re operate, o "liberate" come dico-no i pazienti.

Paolo Zamboni ci avverte subi-to di non poter rispondere a do-mande inerenti lo studio BraveDreams in corso per decisione delComitato Scientifico della speri-mentazione.

Dottor Zamboni, quando, ne-gli anni '90, a sua moglie Elenafu diagnosticata la sclerosi mul-

tipla, lei tornò sui libri. Che cosascoprì?

«Mi colpì il fatto che tutti, purnon conoscendo le cause dellasclerosi multipla, la studiasserosu un modello animale basato sull'ipotesi arbitraria che fosse di origi-ne autoimmune (l'encefalopatiaautoimmune sperimentale, ndr):non mi pareva un buon metodoper comprendere davvero la ma-lattia.

«Studiai ciò che era stato rileva-to dell’anatomia del cervello deimalati: in molti casi, fin dai tempidi Jean-Martin Charcot, il neurolo-go che per primo descrisse la scle-rosi multipla, si segnalava che leplacche (si veda scheda sulla ma-lattia nella pagina precedente,ndr) si trovassero sempre al cen-tro di vene cerebrali. Alla fine de-gli anni Ottanta alcuni ricercatoriavevano individuato chiari segnidi patologie croniche delle venecerebrali dei malati di sclerosimultipla; io stesso, osservando ve-trini di autopsie, ne trovavo.

«Iniziai a chiedermi se anoma-lie venose non potessero avere un"concorso di colpa" nella sclerosimultipla».

Il 29 settembre del 2002 lei ese-guì per la prima volta un ecodop-pler (ecografia del circolo san-guigno, ndr) delle vene extracra-niche in un malato con sclerosimultipla…

«Vidi che il circolo era difficolto-

so e il sangue non scorreva bene.Dalla letteratura scientifica mi resiconto che si conosceva pochissi-mo della circolazione venosa nellepersone sane, quasi nulla di quel-la nei malati. Così sottoposi a eco-doppler anche i miei studenti, percapire se vi fossero differenze coni malati. Nel 2004 avevo raccolto iprimi dati: circa il 33 per cento deimalati aveva chiare anomalie ve-nose, contro meno del 10 per cen-to dei soggetti che facevano partedel gruppo di controllo.

«Nel 2006, con il radiologo va-scolare Roberto Galeotti, iniziam-mo le flebografie (una radiografiacon mezzo di contrasto del circolovenoso, ndr) e confermammo lealterazioni a livello di vene azygose giugulari. Chiamammo questacondizione CCSVI, un'insufficien-za venosa non molto diversa daquella che si osserva in altri di-stretti dell’organismo, e iniziam-mo a collaborare con il neurologoFabrizio Salvi dell’Ospedale Bella-ria di Bologna».

Per la prima volta, quindi, unaparte della ricerca sulla sclerosimultipla si spostava fuori dal cer-vello…

«Mi sentivo "ospite" in una stan-za che non conoscevo, ma ero en-tusiasta della scoperta e ho cerca-to di condividerla prima di tuttocon i neurologi».

Nel 2007, all'ospedale ferrare-se, il primo studio sui pazienti:ecodoppler, poi, se positivi ai cri-teri per CCSVI, flebografia con ca-tetere per confermare la diagno-si. Nella primavera del 2009, vie-ne pubblicato sul Journal of Neu-r o l o g y N e u r o s u r g e r y a n dPsychiatry il primo lavoro sullacorrelazione fra CCSVI e sclerosimultipla in 65 pazienti; a fine2009, i primi dati dopo aver "libe-rato" le vene di quei malati conl'angioplastica percutanea tran-sluminale (o PTA).

E piovvero le critiche. Perché,dottor Zamboni, passò subitodalla teoria alla pratica, sottopo-

nendo i pazienti a trattamento?«Prima di quello studio clinico

c'erano stati dieci anni di ricerche.In più, una volta entrati con il cate-tere per la flebografia, dilatare lavena non avrebbe accresciuto i ri-schi a cui avevamo sottoposto ipartecipanti: sarebbe stato pocoetico il contrario, cioè vedere unrestringimento e uscire senza farenulla».

Nel breve volgere di mesi nac-quero associazioni di malatiche, in un frenetico passaparo-la, chiedevano (e chiedono) di es-sere "liberati" e accusavano (eaccusano) apertamente i neuro-logi di voler affossare la scoper-ta per poter continuare prescri-vere farmaci costosi.

Dal canto loro i neurologi era-no (e sono) scettici: "vedere" laCCSVI con l'ecodoppler dipende-rebbe troppo da chi esegue l'esa-me e il legame con la sclerosimultipla sarebbe incerto. Le po-lemiche fin dall'inizio sono statemolto aspre, perché?

«Qualcosa è sfuggito di mano.Ho pubblicato su riviste scientifi-che i miei dati per corroborare lemie ipotesi, ma ci sono stati im-prenditori che hanno cavalcatol'idea per fini commerciali e "piffe-rai magici" che hanno promessoguarigioni. Una ricerca neonatache era in incubatrice è stata trat-tata come un bambino capace dicorrere sulle proprie gambe, dan-do per scontato che non servisse-ro conferme».

Insomma, ammette che l'inter-vento non è la panacea?

«Come ho segnalato fin dal pri-mo studio, anche dopo la PTA esi-ste circa il 50 per cento di probabi-lità di recidive, in alcuni casi nonè l'intervento appropriato, e po-chi pazienti, circa uno su quattrosecondo le osservazioni pubblica-te da Fabrizio Salvi, continuano astare bene a lungo».

Lei non è membro di alcunaassociazione che si occupa disclerosi multipla?

«Le associazioni dei pazienti so-no del tutto indipendenti da me.Faccio invece parte della Fondazio-ne Hilarescere, nata nel 2009 persostenere la ricerca sulla CCSVI,che nel 2011, non a caso, ha taglia-to tutti i costi diversi dal sostegnoagli studi».

Dal 2009 è stato tutto un fiori-re di Centri che operano i malatie molti medici affermano di pra-ticare il "metodo Zamboni": li haformati lei?

«In passato ho condotto masterdi formazione: in un anno e mez-zo ho insegnato le tecniche ad ap-pena una cinquantina di medici,ma tanti che neanche conosco sifregiano di praticare il "metodoZamboni". Che peraltro non esi-ste: io ho proposto una teoria me-dica, da verificare, che individuaprovvedimenti da attuare per risol-vere un'insufficienza venosa, an-ch'essi tutti da sperimentare».

I pazienti, e non solo loro, sichiedono quali siano i rischi dell'intervento e del re-intervento: al-cuni malati si sono già sottopo-sti due o tre volte all’angioplasti-ca percutanea transluminale ...

«Come qualsiasi intervento, laPTA non è del tutto priva di eventiavversi, e di questo occorre essereconsapevoli. I dati raccolti su uncampione di un migliaio di pazien-ti, operati sia negli Stati Uniti chein Europa, indicano una probabili-tà pari a circa il 3 per cento dei ca-si di lesioni interne della vena (dis-secazione, ndr), trombosi venosa(formazione di un coagulo cheostruisce la vena, ndr), aritmie car-

Mi sentivo "ospite"in una stanzache non conoscevo,ma ero entusiastadella scoperta

Iniziai a chiedermise anomalie venosenon potessero avereun "concorso dicolpa" nella malattia

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Paolo Zamboni dichiara di non avere conflitti di interesse; ha la proprietà intellettuale di tre brevetticorrelati a CCSVI (sistema di diagnosi in sclerosi multipla, metodo di valutazione di geni connessi allosviluppo di CCSVI, catetere per dilatazione), da cui al momento non riceve royalties; collabora dal 1997con ESAOTE (che negli anni ha sviluppato alcune sue idee, per esempio software) da cui non percepiscecompensi ma attrezzature diagnostiche per il centro di ricerca che dirige.

inchiesta Conflitti di interesse

Zamboni: «Vi spiego la mia idea»

Al centro della foto Paolo Zamboni, fra (a sinistra)Gabriele Rinaldi, direttore generale dell'AziendaOspedaliera Universitaria di Ferrara e i ricercatoriErica Menegatti, Anna M. Malagoni e Mirco Tessari

Il chirurgo di Ferrara ripercorrela storia della sua intuizionesu una correlazione tra problemavascolare e sclerosi multipla

40 Salute Domenica 3 Febbraio 2013 Corriere della Sera

Sperimentazioni Avviato il trial multicentrico sull’efficacia e la sicurezza del metodo

diache temporanee (battiti cardia-ci frequenti e disordinati, ndr),ematomi (versamenti di sanguespecie all'inguine, ndr)».

Lei ha la proprietà intellettua-le di tre brevetti connessi alla in-sufficienza venosa cronica cere-brospinale: il sistema di diagno-si per la sclerosi multipla, un ca-tetere per la dilatazione e un me-todo per la valutazione della su-scettibilità genetica a malforma-zioni delle vene extracerebrali.Sta ricevendo denaro per que-sto?

«No: come docente universita-rio è parte del mio lavoro offrireall'Università l'attività inventivache deriva dalla nostra ricerca, pereventuali brevetti. Abbiamo poiun'apposita struttura che si inter-faccia con il mondo dell'imprendi-toria che dimostri interesse per es-si. Per questi tre specifici brevettinon ho mai ricevuto denaro».

Stando alla nostra inchiesta(si veda l’articolo nelle pagine se-

guenti), oltre 8 mila malati disclerosi multipla italiani si sonogià sottoposti a trattamento se-condo il suo "metodo". Che cosane pensa?

«Ripeto che non esiste un "me-todo", ma una teoria medica. Cre-do anche che molti Centri privatipotrebbero dedicare una parte del-le loro risorse per contribuire allesperimentazioni. Purtroppo, il cli-ma di scontro, i programmi televi-sivi, le dichiarazioni affrettate nonhanno giovato a nessuno. Senzacontare il ruolo del web: è chiaroche i fondi alla ricerca non vengo-no dati sulla spinta di Facebook,ma sicuramente i giovani malatidisabili che passano molto tempodavanti al computer hanno contri-buito ad aumentare la notorietàdella vicenda».

Dottor Zamboni, il "suo" inter-vento dovrebbe, comunque, esse-re garantito a tutti i malati?

«Se così fosse, non saremmo im-pegnati così tanto nella ricerca».

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Brave Dreams (BRAinVEnous DRainageExploited AgainstMultiple Sclerosis) èl'unica sperimentazio-

ne clinica randomizzata in dop-pio cieco in atto in Italia per va-lutare efficacia e sicurezza dell'intervento di "disostruzione"delle vene extracraniche nei pa-zienti con sclerosi multipla ediagnosi di CCSVI: in questo ge-nere di trial i partecipanti ven-gono assegnati a caso alla pro-cedura o a un finto intervento(nel caso della PTA, angioplasti-ca transluminale percutanea, ilcatetere arriva alla vena manon la dilata), senza che né lo-ro stessi né i medici valutatorisappiano chi è stato trattato omeno. Lo studio è finanziatoper intero dalla Regione Emilia

Romagna con poco meno di 3milioni di euro (il costo di esa-mi e procedura per ogni pazien-te è di circa 3300 euro). Lo scor-so luglio è iniziato l'arruolamen-to dei 679 pazienti necessari(impossibile dare il numeroesatto dei partecipanti e dei trat-tati a oggi, perché l'aggiorna-mento del database è continuoe nessuno vi potrà accedere pri-

ma della fine dello studio); almomento sono 4 i Centri giàoperativi, in Emilia Romagna eSicilia, ed entro la primavera nesaranno partiti circa dieci dei19 previsti, come dichiara Ga-briele Rinaldi, Direttore genera-le dell'Azienda Ospedaliera Uni-versitaria di Ferrara che pro-muove la sperimentazione. Nelgiro di due anni la sperimenta-zione dovrebbe concludersi,ma il percorso per arrivare ainastri di partenza è stato lungoe accidentato. Perché? «Il proto-collo è molto rigoroso e perstenderlo il Comitato Scientifi-co ha impiegato circa tre anni,r i s p e t t a n d o s o p r a t t u t t ol'interdisciplinarità del proget-to. La fase preparatoria è statalunga anche per la ricerca deiCentri disponibili e per le que-

stioni relative al finanziamen-to» dice Rinaldi.

Sarà possibile, una volta pertutte, capire se la PTA funzio-na? «Si sottoporranno i pazien-ti a risonanze magnetiche perverificare l'eventuale variazio-ne della entità delle lesioni e sa-rà esaminato i l grado didisabilità analizzando con testoggettivi cinque funzioni modi-ficate dalla malattia: cammino,equilibrio, destrezza manuale,acuità visiva a basso contrastoe controllo della vescica — spie-ga Rinaldi —. Non devono es-serci equivoci: la procedura po-trà essere un'arma in più, nonstiamo parlando di guarigionimiracolose. Altrettanto essen-ziale è stabilire la sicurezza del-la PTA, che deve essere pratica-ta senza applicare stent ("tubici-

ni" metallici che mantengonoaperto il vaso, ndr) come pur-troppo è accaduto: gli stent at-tuali nascono infatti per essereinseriti nelle arterie, se sonousati nelle vene il pericolo chemigrino o provochino trombi èconcreto».

Resta il fatto che per entrarenell'ambulatorio ferrarese dovelavora Zamboni con i suoi sei

collaboratori i malati intasano icentralini dell'ospedale. Esegui-te PTA anche al di fuori di Bra-ve Dreams?

«Assolutamente no. Ed è inu-tile che i malati chiamino qui oaltrove per partecipare allo stu-dio: sono i neurologi dei Centriche hanno aderito a identifica-re, fra i loro casi, i pazienti concaratteristiche che rispondonoai criteri di inclusione — preci-sa Rinaldi —. È bene chiarireche non sono mai state esegui-te angioplastiche con palloneal di fuori di studi approvatidai comitati etici. Qui a Ferrarasono stati arruolati 150 pazien-ti in tre studi di trattamento».

C'è chi sostiene che ancheBrave Dreams abbia conflitti diinteressi. «Brave Dreams è tut-to finanziato con fondi pubbli-ci regionali — precisa il Diretto-re generale dell’Azienda Ospe-daliera Universitaria di Ferrara—. Quanto alle strumentazio-ni, non sono state indicate mar-che di ecodoppler da usare, masolo le caratteristiche che le

strumentazioni devono avere,e ci sono diversi apparecchi incommercio adatti alla diagnosidi CCSVI. Lo stesso vale per i ca-teteri: gli interventisti sono li-beri di usare quelli che ritengo-no migliori».

Oltre a Brave Dreams, l'uni-ca altra sperimentazione clini-ca della PTA in pazienti consclerosi multipla è in corso a Pi-sa, presso la Chirurgia Vascola-re dell'Ospedale universitario,diretta da Mauro Ferrari. «Èuno studio più piccolo — diceFerrari — condotto in un soloCentro, che seguirà i pazientioperati per un anno. Abbiamoprevisto di trattare 60 casi e neabbiamo operati circa un terzoperché portiamo avanti la ricer-ca senza specifici finanziamen-ti, a margine della normale atti-vità clinica. Molti pazienti do-po la PTA raccontano beneficiscarsamente quantificabili: lanostra intenzione è capire segli effetti positivi ci sono e sesiano misurabili in un modooggettivo».

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I numeri

Le strutture partecipantisono state 35. Tre "lettori"centrali hanno validatotutti gli esami effettuati

Brave Dreams e i dubbi da sciogliere

I fondi

Saranno arruolati679 pazienti;19 i Centricoinvolti, 4 quelligià operativi

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La RegioneEmilia Romagnaha finanziatola ricerca con3 milioni di euro

Mario Alberto Battaglia dichiara di non avere conflitti di interesse.L'Associazione Italiana Sclerosi Multipla e la Fondazione SclerosiMultipla ricevono, nel rispetto del Codice Etico, donazioniper le attività associative e in particolare per il finanziamentodella ricerca scientifica.

Uno dei punti caldi, anzi caldissi-mi, nell'accesa discussione sul-l’insufficienza cronica venosa cere-brospinale (CCSVI) sono i datidello studio CoSMo (acronimo

che sta per: CCSVI, studio OsservazionaleSclerosi Multipla e Ond, ovvero Other Neu-rodegenerative Diseases), presentati il 12ottobre scorso in occasione di ECTRIMS,European Committee for Treatment andResearch in Multiple Sclerosis.

Finalità dello studio: chiarire l'effettivacorrelazione tra insufficienza venosa cere-brospinale cronica e sclerosi multipla che,secondo precedenti ipotesi suffragate dadiversi studi, condotti anche dal professorZamboni, si verificherebbe in oltre il 90per cento dei casi.

La ricerca CoSMo, fortemente voluta efinanziata da Fism e Aism (Fondazione eAssociazione Italiana Sclerosi Multipla)con una cifra pari a 1,5 milioni di euro, èiniziata il 30 dicembre 2010 ed è termina-ta a settembre 2012. Nello studio sono sta-ti analizzati con ecocolordoppler (ECD),1.767 pazienti; di questi, 1.165 pazienticon sclerosi multipla, 376 pazienti con al-tre malattie neurodegenerative, 226 con-trolli sani. I centri che hanno collaboratoallo studio sono stati 35. Tre "lettori" cen-trali hanno validato gli esami effettuati lo-calmente da 26 sonologi.

I risultati di CoSMo hanno portato allaconclusione che l'insufficienza cerebrospi-nale cronica era presente nel 3,26% dellepersone con sclerosi multipla; nel 3,10%delle persone con altre patologie neurolo-giche e nel 2,13% delle persone sane. Ri-spetto alle cifre ipotizzate da altri studiuna differenza clamorosa.

Abbiamo parlato di CoSMo con MarioAlberto Battaglia, presidente nazionaledell'Aism (dal 1986 al 2007) e della Fonda-zione Italiana Sclerosi Multipla (dal 1998ad oggi), vice presidente della Federazio-ne Internazionale Sclerosi Multipla e pro-fessore ordinario di Igiene all'Universitàdi Siena.

I dati di CoSMo per voi sono da consi-derarsi definitivi?

«Non ho dubbi. Dai risultati emerge chenon esiste una associazione tra insufficien-za venosa cerebrospinale cronica e sclerosimultipla. La CCSVI non è una patologia le-gata alla sclerosi multipla: non c'è alcun

motivo che possa indurre a curare la CC-SVI per curare la sclerosi multipla».

Come giudicate le critiche rivolte a Co-SMo: l'ecocolordoppler non basta peruna diagnosi accurata; sarebbe servitaanche una venografia o una risonanzamagnetica...

«Per CoSMo si sono utilizzati la metodo-logia e i criteri indicati dal professor Zam-boni. E ad ECTRIMS, il Congresso europeosulla sclerosi multipla, dell'ottobre scorso,è stata presentata una sperimentazionecondotta negli Stati Uniti su un numeropiù ridotto di pazienti che ha avuto risulta-

ti simili ai nostri, confermati anche con lealtre tecniche diagnostiche».

Altre ricerche hanno tuttavia eviden-ziato una correlazione tra sclerosi multi-pla e CCSVI ben diversa rispetto ai risul-tati dello studio CoSMo?

«La metodologia adottata, le procedurein cieco (i revisori centrali non vedevano ipazienti e non potevano quindi sapere inche condizioni di salute erano rischiandodi farsi influenzare nelle loro valutazioni,n.d.r.) il disegno multicentrico, la forma-zione data a chi eseguiva gli esami, uniteall'ampio campione, sono caratteristicheche distinguono lo studio CoSMo da tuttigli altri studi precedenti».

Come mai i dati raccolti in "periferia",dai sonologi dei diversi Centri coinvoltinello studio CoSMo, mostravano una fre-quenza di CCSVI decisamente più alta diquella poi ritenuta definitiva dal comita-to dei tre esperti che hanno revisionatotutti i dati?

«Innanzitutto, anche se i dati esaminatidai lettori periferici evidenziavano un nu-mero maggiore di casi definibili come CC-SVI, non c'era differenza significativa trapersone con sclerosi multipla, controlli sa-ni e controlli con altre malattie neurologi-che. Quindi si conferma la non correlazio-ne tra CCSVI e sclerosi multipla. La lettura"in cieco", locale e poi quella su esami regi-strati, al momento della revisione centra-le, è una garanzia fondamentale».

Perché avete deciso, come Associazio-ne Italiana Sclerosi Multipla, di non fi-nanziare la sperimentazione Brave Dre-ams (si veda sotto) dopo esservi dichiara-ti disponibili inizialmente?

«Il motivo per cui, lo scorso anno, il Co-mitato Scientifico dell’Associazione riten-ne di non finanziare Brave Dreams fu la vo-lontà di tutelare la sicurezza delle personecon sclerosi multipla. Il comitato ritenneche finanziare uno studio clinico rando-mizzato, controllato con un gruppo chenon fa il trattamento, in un gran numerodi soggetti, fosse prematuro: è prematurosino a quando non si avrà una forte evi-denza di un'associazione causale tra CC-SVI e SM, correlazione che, con lo studioCoSMo, è stata sinora smentita».

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La Fondazione Sclerosi Multipla«I dati del nostro studio diconoche l’angioplastica non serve»

Conflitti di interesse

Mario Alberto Battaglia

Il contraddittorio I risultati della ricerca CoSMo, recentemente presentati,mettono in discussione la teoria alla base del procedimento proposto

Presidente nazionale della FondazioneItaliana Sclerosi Multipla (Fism),nata nel 1998 con lo scopodi promuovere e finanziare la ricerca

41SaluteCorriere della Sera Domenica 3 Febbraio 2013

Da tre anni un numerosempre crescente di mala-ti batte le rotte virtualidel web, assorbe avida-mente il passaparola, in

cerca dell’indicazione che permettadi imboccare la strada verso il Centrodove troverà la «liberazione»: così imalati di sclerosi multipla hanno ri-battezzato l’intervento proposto daZamboni per la cura dell’insufficien-za cronica venosa cerebrospinale (CC-SVI). Abbiamo cercato di ricostruirela mappa di questi migranti della sa-lute, contattando 58 strutture italia-ne, tra ospedali pubblici e accreditati,cliniche e studi privati diventati il lo-ro approdo, per capire che cosa sta ac-cadendo oggi in Italia.

Dalle cifre dichiarate da chirurghivascolari, neuroradiologi e radiologiinterventisti di 44 strutture che han-no praticato l’angioplastica per CC-SVI (le altre 14 si occupano solo delladiagnosi), sarebbero 8.482 i malati disclerosi multipla che si sono sottopo-sti finora all’intervento di PTA. Atten-zione, i numeri vanno presi con cau-tela: anche se quasi tutti gli intervista-ti dicono di avere documentato ognicaso, non esiste ancora un registronazionale. A Roma, l’Università La Sa-pienza ha costituito presso il Diparti-mento di Scienze Cardiovascolari, di-retto dal professor Francesco Fedele,l’Osservatorio Epidemiologico Nazio-nale sulla CCSVI, ma l’invio dei dati èiniziato da pochi mesi. «Stiamo cer-cando di coinvolgere tutti i colleghiproprio per arrivare a questo obietti-vo — spiega il professor Sandro Man-dolesi, chirurgo vascolare coordinato-re dell’Osservatorio — anche perchéla casistica non è stata raccolta tuttaallo stesso modo e perciò bisogna fa-re un lavoro a ritroso molto più fati-coso». Anche le società scientificheSIRM (Società Italiana di RadiologiaMedica) e SIAPAV (Società Italiana diAngiologia e Patologia Vascolare) sisono offerte di aprire un registro de-gli interventi, ma non risulta sianoriuscite a partire. I numeri che abbia-mo raccolto, dunque, potrebbero es-sere anche in difetto. Non sappiamoinfatti quanti malati si sono rivolti al-l’estero: in Serbia, Bulgaria, Poloniain primo luogo, ma anche a Malta ein Croazia, Slovenia, Germania, Porto-gallo, Belgio e Ungheria, Paesi in cuil’intervento viene praticato.

Rispetto al 2009, però, le vie della«liberazione» sono oggi molto più li-mitate. In quasi tutti gli ospedali pub-blici gli interventi sono bloccati, do-po che, nel luglio scorso, una circola-re del ministero della Salute inviataagli assessorati regionali ha fatto pro-prio il parere del Consiglio Superioredi Sanità, secondo il quale gli inter-venti di correzione vascolare in pa-zienti con sclerosi multipla devonoessere effettuati «solo ed esclusiva-mente nell’ambito di studi clinici con-trollati e randomizzati, approvati daComitati etici…» (vedi box). La partedel leone continua, allora, a farla ilsettore privato, con prezzi che oscilla-no dai 100 ai 350 euro per un esameecocolordoppler (per la diagnosi di

CCSVI) e dai 3.500 ai 7 mila euro perla procedura completa, angioplasticacompresa. L’esborso, ovviamente, au-menta nell’ipotesi di trasferta all’este-ro. Cifre che fanno riflettere, se è ve-ro che gli estensori dello studio Bra-ve Dreams (la sperimentazione in cor-so sul metodo Zamboni) hanno calco-lato un costo per paziente di circa3.300 euro, comprensivo degli esamidiagnostici, dell’intervento e dei con-trolli successivi. Ad oggi, secondo lanostra ricognizione, sono solo quat-

tro gli ospedali pubblici dove (a pre-scindere dalla sperimentazione Bra-ve Dreams) è ancora aperta la portaai malati per la PTA: Molinette di Tori-no, Pellegrini di Napoli, e a Catania ilPoliclinico Universitario e l’ospedaleFerrarotto. A queste si possono ag-giungere tre strutture accreditate conil Servizio Sanitario Nazionale (SSN):Casa di cura Pierangeli a Pescara, Vil-la Ninetta Tricarico a Belvedere Marit-timo (Cosenza) e Villa del Sole a Saler-no. Alcuni ospedali pubblici hannoprovato a percorrere la via della speri-mentazione, ma non hanno avuto

l’autorizzazione dei Comitati etici.Perché? «L’unica sperimentazione og-gi autorizzata, il Brave Dreams, èuno studio in doppio cieco controlla-to — spiega Antonio Tori, a capo del-la Chirurgia vascolare dell’ospedaledi Busto Arsizio (Varese) dove sonostati trattati 251 pazienti — . Nel dop-pio cieco, a un paziente si dà una ve-ra terapia e a un altro una finta, macomunque gli si fa una flebografia an-giografica, quindi un atto invasivo. Ei Comitati etici degli ospedali, condue o tre sole eccezioni, dicono, daun certo punto di vista correttamen-te, che un conto è dare un farmacovero e uno finto, un altro è entrarecomunque con una sonda nella giu-gulare, andare fino in fondo, fare fin-ta di dilatare e uscire fuori: questonon è accettato. Poi, c’è la questionedei neurologi, nei Comitati etici, che

sono contrari». L’apporto dei neuro-logi è fondamentale: «Il malato disclerosi multipla deve essere sottopo-sto a una visita neurologica molto ac-curata, prima e dopo l’intervento,ma i neurologi sono ancora restii adappoggiare questa scelta» sottolineaGiovanni Gandini, docente dell’Uni-versità di Torino e responsabile dellaRadiologia alle Molinette.

«Richieste arrivano tutti i giorni enoi siamo fermi» si rammarica an-che Carlo Ferro, che dirige la Radiolo-gia interventistica dell’ospedale SanMartino di Genova.

Fino a pochi giorni fa tra gli ospe-dali ancora «attivi» c’era il San Biagiodi Domodossola, ma anche qui la di-rezione sanitaria ha chiesto di ade-guarsi alle direttive ministeriali edunque ci si è fermati. È proprio Atti-lio Guazzoni, responsabile di Radio-

diagnostica a Domodossola (che al-l’interno del SSN ha il primato di pa-zienti, 650, sottoposti a PTA) a spie-garci come quei pochi Centri pubbli-ci abbiano potuto continuare a opera-re: «La CCSVI è stata definita una mal-formazione vascolare nella Consen-sus conference della Società interna-zionale di flebologia — premette —.Mi sono sentito autorizzato a iniziarea eseguire questo trattamento senzaalcuna limitazione di tipo sperimen-tale, proprio perché non l’ho conside-rato un trattamento proposto per lasclerosi multipla, ma per migliorareuna situazione di anomalia vascola-re. Che poi questa sia legata alla scle-rosi multipla lo sostiene Zamboni, loaffermano molti altri e molti altri lonegano. La Regione Piemonte ha det-to che i trattamenti non si possonopiù fare se non rientrano in sperimen-

tazioni. Allora ci siamo chiesti: ci fer-miamo perché sembra non servanoalla sclerosi multipla, o andiamoavanti perché sulla malformazionevascolare i risultati, dal punto di vi-sta del miglioramento dei pazienti, cisono? Siamo andati avanti: io, ripeto,non tratto la sclerosi multipla, ma lemalformazioni delle vene del collo».

Fino a dicembre 2012, i malati po-tevano contare anche sull’équipe diGiovanni Passalacqua ad Avezzano(l’Aquila), ma l’attività è stata sospe-sa e non riprenderà fino a quandoazienda ospedaliera o Regione nonconcederanno un’autorizzazione.Stessa sorte per l’ospedale Mazzini diTeramo. Alle Molinette di Torino siprocede a ritmo ridotto. Nel Veneto,la Regione ha individuato con unadelibera i Centri di riferimento per lesperimentazioni (secondo il dettatoministeriale) addirittura dal 2011,ma ancora non si riesce a partire. Econ le strutture pubbliche del Nord eCentro Italia «in disarmo», si sta assi-stendo a un fenomeno di migrazionesanitaria al contrario, verso il Sud.Come un fiume carsico, i malati siinabissano per poi riapparire negliospedali pubblici o nelle cliniche con-venzionate dove ancora possono tro-vare una risposta. Dalla Sardegna, laregione con la più alta densità di ma-lati di sclerosi multipla in Italia, i pa-zienti sciamano verso Napoli e so-prattutto verso la Sicilia.

«Al Policlinico di Catania abbiamopiù di 400 persone in lista d’attesa datutta Italia — conferma Pierfrance-sco Veroux , responsabile de l’Unitàoperativa di Chirurgia vascolare —.Operiamo perché come struttura uni-versitaria abbiamo sempre agito a fi-ni di ricerca: i primi risultati, in pub-blicazione a breve dopo due anni distudio su 400 pazienti, sono molto in-teressanti. Ora partiranno altri duestudi. Se non ci fosse tutta questa av-versione, in Italia potremmo cercaredi sviluppare al meglio il trattamen-to vascolare, poi la malattia potrebbe-ro continuare a seguirla i neurologi».

Tanti trial, con risultati contrastanti

Mentre in Italia gli studisulla CCSVI (l’insuffi-cienza cronica venosacerebrospinale) hannotrovato difficoltà e resi-

stenze, all’estero un numero semprepiù nutrito di neurologi studia il circo-lo venoso cerebrale dei malati. I datiiniziano ad accumularsi e, secondouna recente revisione (canadese) ditutte le ricerche che hanno indagatola correlazione CCSVI-sclerosi multi-pla, i risultati sono ancora troppo ete-rogenei per poter formulare un «ver-detto» definitivo, ma la tendenza par-rebbe a favore di una maggior proba-bilità della CCSVI fra i malati.

Soprattutto da Canada e Stati Unitiarrivano alcuni studi su efficacia e si-curezza dell’angioplastica: dati inco-raggianti, ma da prendere con le pin-ze, perché si tratta di ricerche noncondotte in cieco (escludendo che si

sappia se una persona sta ricevendoun trattamento sperimentale o me-no), nelle quali perciò il rischio di«pregiudizi» nella valutazione dei ri-sultati incombe. Per questo c’è moltaattesa nei confronti di Brave Dreamse delle altre sperimentazioni simili incorso nel mondo. Sono quattro, oltrea quella italiana, a essere state iscrittenei registri di trial clinici internazio-nali: lo studio PREMiSE dell’Universi-tà di Buffalo condotto su 20 pazienti,è concluso e i risultati saranno resi no-ti a breve; si stanno reclutando pa-zienti all’Albany Medical College (130casi), mentre in Australia è stato regi-strato un trial che coinvolgerà 160 pa-zienti e presso l’Università di Stirlingin Inghilterra dovrebbe partire una ri-cerca su 12 casi. Il ministero della Sa-lute canadese, infine, ha approvato ilfinanziamento per un sesto studio,che dovrebbe essere registrato a bre-

ve. Yves Savoie, presidente della Mul-tiple Sclerosis Society canadese, osser-va: «La nostra Società ha approvatosette studi di valutazione della corre-lazione CCSVI-sclerosi multipla, fi-nanziandoli con 2,4 milioni di dollariassieme alla National MS Society sta-tunitense; lo scorso settembre il go-verno canadese ha annunciato l’avviodi una sperimentazione dell’angiopla-stica che, con un finanziamento di cir-ca 6 milioni di dollari, dovrebbe aiuta-re a dare ai pazienti le certezze chemeritano di ottenere».

Anche perché non sono mancati ipassi falsi: lo scorso ottobre, MichaelDake, chirurgo cardiovascolare diStanford, è stato citato in giudizio dadue pazienti che lo accusano di averlioperati al di fuori di sperimentazionicliniche approvate da Comitati etici.In entrambi i malati Dake (contravve-nendo alle indicazioni di Zamboni)

aveva inserito stent da arterie per te-nere aperte le vene: in un caso lostent è migrato nel cuore richiedendoun’intervento in urgenza per rimuo-verlo, nell’altro ha concorso a provo-care la morte del paziente per emorra-gia cerebrale. E a Stanford, dopo que-ste complicazioni, le sperimentazionisono state sospese.

Episodi, questi, che alimentano ladiffidenza dei «contrari», numerosianche all’estero. Ralf Gold, direttoredella Clinica neurologica dell’Universi-tà tedesca di Bochum e coordinatoredel gruppo di studio sulle malattie de-mielinizzanti dell’European Federa-

All’estero La comunità scientifica è divisa anche oltre confine

Il ministero della Salute

Non è stato ancoraistituito un registronazionaleche raccolga i datidi tutti i casi trattati

Difficile stabilirequanti malati si sianorivolti a specialististranieri, per esempioin Serbia o Bulgaria

Il governo canadeseha annunciato unasperimentazionecon un finanziamentodi 6 milioni di dollari

Lacuna

Oltre frontiera

Nuove ricerche

Dove si esegue in Italial’intervento vascolare

Antonio Tori, Giovanni Gandini, Carlo Ferro, Attilio Guazzoni, Pierfrancesco Veroux, Ciro Gargano, Matteo Salcuni, Oscar Maleti e Sandro Mandolesidichiarano di non avere conflitti di interesse in relazione alla CCSVI, sia in ambito intellettuale che operativo. Matteo Salcuni è consulente con Medtronic,Johnson&Johnson Cordis, Boston Scientific, Covidien Ev3 e Serom. Sandro Mandolesi ha il copyright con la Inteldata per la realizzazione del programmaccsvi-database.it per l’Osservatorio, da cui non percepisce alcun emolumento. Assunta Mazzei dichiara di non percepire alcun compenso da pazienti,medici o da ospedali/cliniche. Tommaso Lupattelli dichiara di avere collaborato con industrie farmaceutiche su alcuni prodotti per la rivascolarizzazionedell’arto inferiore (cateteri a palloncino) senza percepire compensi. Alessandro Rosa non ha risposto alla nostra domanda su eventuali conflitti d’interesse.

inchiesta

La prima presa di posizione ufficiale del ministerodella Salute sulla vicenda Zamboni risale al 27ottobre 2010, con l’allora ministro Ferruccio Fazio.In sostanza, il trattamento della CCSVI in pazienticon SM poteva continuare sotto la responsabilitàdel medico, sia pure a una serie di condizioni: inCentri accreditati a livello regionale; con la garanziadi una procedura di accertamento diagnostico;ricorrendo all’angioplastica solo in presenza di unapatologia accertata; effettuando la procedura concriteri e metodologie codificati e condivisi;verificando rigorosamente i risultati terapeutici efunzionali con studi clinici controllati. Era ancheindicato il codice del Drg per il rimborsodell’intervento (3950: «Angioplastica o aterectomiadi altro vaso non coronarico»). Il 4 marzo del 2011,lo stesso ministro Fazio ha trasmesso agliAssessorati regionali il parere, molto più restrittivo,del Consiglio Superiore della Sanità (del 25 febbraio2011): gli interventi non potevano essere consigliati

come rimedio appropriato nella sclerosi multipla esi riteneva necessario che fossero effettuati «soloed esclusivamente nell’ambito di studi clinicicontrollati e randomizzati, approvati da Comitatietici...». Il 4 aprile del 2011, la Società italiana diangiologia e patologia vascolare, in una letteraaperta al Consiglio Superiore della Sanità ha messoin guardia: «La risoluzione del CSS.... ha di fattobloccato nella sanità pubblica, ma non nell’ambitoprivato, ogni attività diagnostica e terapeutica nonpartecipante a studi strutturati».Infine, il 23 luglio 2012, la Direzione generale delministero della Salute e il ministro Renato Balduzzihanno inviato una circolare agli Assessoratiregionali nella quale si richiamano le precedentivalutazioni e si fa proprio il parere del ConsiglioSuperiore della Sanità, raccomandando ditrasmettere il tutto alle aziende sanitarie, perun’azione di monitoraggio e di informazione.

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L’indagine Operati fino ad ora più di 8 mila pazienti

Conflitti di interessi

Gli ospedali pubblici in netta minoranza rispetto ai privati

Per Soelberg Sørensen,direttore del Danish MultipleSclerosis Research Centerdi Copenaghen

Lo stop nel Servizio sanitarioAmmessi solo studi clinici controllati

42 Salute Domenica 3 Febbraio 2013 Corriere della Sera

In questa situazione di stallo, Asso-ciazioni come «CCSVI nella SMOnlus» (con le sue diramazioni regio-nali), «L’abbraccio» di Torino e «CC-SVI onlus» di Napoli sono diventatepunto di riferimento e di smistamen-to per i malati. In Calabria, ad esem-pio, la sezione locale di «CCSVI nellaSM Onlus» gestisce le liste d’attesadi Matteo Salcuni, radiologo inter-ventista che lavora in casa di cura ac-creditata a Cosenza (e che in due an-ni ha già trattato 252 pazienti). «Unpercorso di trasparenza, il nostro —precisa Assunta Mazzei, presidentevolontaria dell’associazione —. In Ca-labria non c’era nulla, nemmeno la

possibilità di effettuare l’ecocolor-doppler. La gente ora può deciderese utilizzare la clinica convenzionata.La lista d’attesa non è lunga, perchégli interventi sono programmati a se-conda delle richieste: prima se ne fa-cevano due al mese, ora uno alla set-timana. A questo, aggiungeremo pre-sto anche la possibilità della visitaneurologica». Due pazienti, anche lo-ro come volontari, gestiscono le listed’attesa di Salcuni in Abruzzo (la cli-nica Pierangeli di Pescara però habloccato nei giorni scorsi le PTA) e inCampania. «A me basta che i candida-ti alla PTA arrivino con l’ecocolordop-pler positivo secondo i criteri di Zam-boni, la valutazione della scala Edss(la scala di disabilità per pazienti af-fetti da sclerosi multipla, ndr), l’im-pegnativa del medico curante per so-spetta alterazione delle vene giugula-ri e si fa il trattamento — dice Salcu-ni —. Dopo l’intervento e la degenza,ai pazienti chiedo solo di mandarmiuna mail a distanza di tre mesi persapere come stanno».

Di liste d’attesa non si parla invecenei Centri privati che offrono formu-le «all inclusive»: alcune strutturehanno team multidisciplinari, contanto di neurologi dedicati alla CC-SVI, e sono in grado quindi di tratta-re un numero ragguardevole di casiogni settimana. La stragrande mag-gioranza dei medici interpellati cheeseguono PTA in Centri privati sostie-ne di avere seguito i corsi del profes-sor Zamboni. Oscar Maleti, professo-re di chirurgia del sistema venosoprofondo all’Università Pierre Curie

Parigi e che opera all’Hesperia Hospi-tal di Modena spiega invece «di averstudiato la metodica e di essersi con-frontato con lo "scopritore" della CC-SVI». I colleghi della sanità pubblicae le associazioni dei pazienti spessoaccusano i chirurghi privati di esserevotati al business. Loro non neganodi farsi pagare. Qualcuno, come Ales-

sandro Rosa, di Benevento, ci chiedele tariffe dei suoi concorrenti e quan-do sente cifre dai 5 ai 7 mila euro afronte dei suoi 3.500, se ne viene fuo-ri con un colorito «e poi lo st… o sa-rei io!».

Tutti però portano a testimonian-za della serietà del proprio lavoro lemail o i video di pazienti diventati te-

stimonial sui siti web dei Centri. Etutti vorrebbero offrire la loro casisti-ca alla «causa» della scienza. A Mode-na, Roma e Napoli operano i tre chi-rurghi che assieme hanno totalizzatooltre la metà delle 4.679 angioplasti-che effettuate in Italia in regime pri-vato: Tommaso Lupattelli (1.400 ca-si), Ciro Gargano (1.000) e Oscar Ma-

leti (227). «Un po’ di pazienti fannola guerra al privato perché vorrebbe-ro gli interventi solo nelle strutturepubbliche. È giustissimo, ma vistoche siamo in un welfare che già fati-ca a erogare le prestazioni normali— argomenta Lupattelli — dovrem-mo essere uniti nel dire: pubblico oprivato che sia, l’importante è che la

procedura venga validata, e il secon-do passo sarà averla con il ServizioSanitario Nazionale». Tommaso Lu-pattelli opera adesso a Roma dove hasottoposto un protocollo di speri-mentazione al Comitato etico dell’A-sl e ha già pronto uno studio su1.202 casi, in fase di pubblicazione. Icosti della cura con lui? Compreso ilprimo ecocolordoppler, 5.200 euro.

Il professor Maleti, invece, i datisulla CCSVI li ha già pubblicati. La cli-nica Hesperia di Modena è ora con-venzionata con il SSN solo per inter-venti «correttivi» di precedenti PTA,in quanto Centro di referenza per ilsistema venoso profondo. Lui ha

smesso di fare angioplastiche sui ma-lati di sclerosi multipla, dopo la Cir-colare ministeriale del luglio scorso;continua invece a operare in una cli-nica a Malta, dove arrivano pazientianche dall’Italia e dove il costo del-l’intera procedura è di 7 mila euro.«Qualche paziente — aggiunge — hachiesto di poter pagare a rate e gli èstato concesso».

Al posto pubblico Ciro Gargano di-ce, con rammarico, «di aver dovutorinunciare». Il chirurgo operava al-l’ospedale Pellegrini di Napoli dal2009. Avrebbe voluto continuare, so-prattutto nella ricerca, ma sostienedi non averne avuto la possibilità.Ora sta facendo ricerca nel suo Cen-tro privato e pubblicherà i dati con ilnullaosta del Comitato etico dell’Asl.La struttura di Gargano a Napoli haun intero reparto dedicato alla CCSVIe offre il «pacchetto» per 6.500 euro.

«Mi dispiace che nel pubblico sia-no in difficoltà, — ribadisce — per-ché si negano possibili benefici a ma-lati che si trovano in un deserto tera-peutico».

I pazienti sono in grado di affronta-re la spesa? «Alcuni chiedono di dila-zionare il pagamento. I più sono aiuta-ti dalla famiglia, magari da un paren-te benestante, e quindi evitano di pa-gare anche gli interessi —— dice Gar-gano —. Qualcuno si fa coprire i costidall’assicurazione e a questi la cifranon interessa: a dispetto di quanti ne-gano che la CCSVI sia una patologia intutto e per tutto, le assicurazioni nonsollevano obiezioni e pagano».

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«Affidatevi alla risonanza magnetica»

Mark Haacke, direttoredel Magnetical Reso-nance Imaging Insti-tute di Detroit, è unodei maggiori esperti

di risonanza magnetica.Lei, che non è nè neurologo nè

chirurgo vascolare, come vede laquestione?

«Non ci sono certezze sulle causedella sclerosi multipla, — ci diceHaacke — ma forse dovremmo ini-ziare a parlare di "immunologia va-scolare": sempre più dati indicanoche anomalie vascolari possono in-durre una risposta immunologica,alterazioni delle vene si vedono nelParkinson e nel mal di testa. I neuro-logi hanno mostrato di non trovarsia loro agio di fronte a queste novità,continuando a non ritenere necessa-rio un esame più approfondito delcircolo sanguigno cerebrale dei pa-

zienti, che con le tecnologie attualiè relativamente semplice».

I neurologi sono forse «ancora-ti» alle loro concezioni, ma gli in-terventisti non hanno dato tuttoper acclarato prima delle dovuteconferme scientifiche?

«Sì, e chi lo ha fatto va criticato.Anche perché se si fosse sempre ese-guita una risonanza magnetica pri-ma della PTA i neurologi avrebberoavuto dati più oggettivi su cui con-frontarsi e non si sarebbe creato lo"scisma" a cui stiamo assistendo».

La risonanza magnetica potreb-be riavvicinare gli specialisti?

«Un nostro studio su 2 mila sog-getti mostra che nei malati di sclero-si multipla le anomalie vascolari ele ostruzioni sono più frequenti ri-spetto ai sani: la risonanza ha il van-taggio di essere riproducibile ovun-que e di non dipendere dall’interpre-

tazione di chi esegue l’esame, inol-tre consente di vedere l’intero albe-ro vascolare in tre dimensioni, conestrema chiarezza. Molti dei dubbiattuali derivano proprio dall’averutilizzato i soli ultrasuoni».

Come si dovrebbe procedereper arrivare finalmente a dirimerela questione?

«I neurologi che già oggi usanola risonanza dovrebbero farla ag-

giungendovi il protocollo per valu-tare il circolo venoso; chi si apprestia eseguire una PTA dovrebbe fareuna risonanza, per pianificare il trat-tamento ed essere certo di non ope-rare inutilmente; infine, bisognereb-be collaborare perché tutte le speri-mentazioni siano disegnate nel mo-do giusto, in doppio cieco, e perchéi protocolli di intervento siano ri-producibili ovunque. George B. Has-sin, neurologo a Chicago agli inizidel ’900, nel 1935 disse: "La sclerosimultipla è una malattia così terribi-le che qualsiasi misura terapeuticaappaia promettente deve essere pre-sa in considerazione, a prescinderedalle differenti opinioni sulle sue ca-ratteristiche patofisiologiche". Sa-rebbe opportuno fare verifiche e da-re risposte, anziché arroccarsi suidee opposte».

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La proposta Mark Haacke, uno dei massimi esperti di diagnosi per immaginition of Neurological Societies, è net-to: «Molti studi hanno negato la corre-lazione CCSVI-sclerosi multipla, an-che con la malattia nelle sue prime fa-si: se la CCSVI fosse fra le cause dellasclerosi, sarebbe presente in questisoggetti. Capisco le emozioni dei pa-zienti e credo che gli studi prosegui-ranno, finché i ricercatori troverannofinanziamenti per proseguire. Ma i da-ti negativi dello studio CoSMo (lo stu-dio finanziato dall’Aism, ultimato asettembre 2012, ndr) paiono inequivo-cabili».

Per Soelberg Sørensen, direttoredel Danish Multiple Sclerosis Resear-ch Center di Copenaghen e firmatarionello scorso ottobre di un documentoufficiale ECTRIMS (European Commit-tee for Treatment and Research inMultiple Sclerosis) nel quale si rifiutaogni associazione fra CCSVI e sclerosimultipla, aggiunge: «Quando gli stu-di condotti in Danimarca hanno esclu-so la correlazione e sono emersi i pri-mi effetti collaterali delle procedureeseguite all’estero, l’Associazione Scle-rosi Multipla danese ha bloccato tutti

i fondi per ricerche sul tema: non rite-niamo etico operare i pazienti per laCCSVI, che crediamo non esista. E sia-mo in linea con le raccomandazionidella Food and Drug Administra-tion». L’ente americano, il 10 maggioscorso, ha sottolineato che, in assen-za di certezze e dati sufficienti su sicu-rezza ed efficacia della PTA (l’angio-plastica proposta da Zamboni), i pa-zienti non dovrebbero essere sottopo-sti alla procedura se non nelle speri-mentazioni approvate dai Comitatietici. L’FDA ha specificato che al mo-mento l’angioplastica venosa su giu-gulari e azygos (tanto più se constent) deve essere considerata un trat-tamento «off-label» (al di fuori delleindicazioni d’uso dei dispositivi), eche i pazienti che vogliano operarsinon devono interrompere le altre tera-pie per la sclerosi multipla.

Precauzioni condivise dalla Multi-ple Sclerosis International Federa-tion, che ha ribadito la necessità di ul-teriori studi e ha evidenziato come laPTA non sia esente da rischi.

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La maggioranzadei mediciche operano dicedi avere seguitoi corsi di Zamboni

C’è chi si fa coprirei costi dalla propriaassicurazione, chichiede aiuto ai familiarie chi paga a rate

La RM è riproducibiledappertuttoe non è condizionatadall’interpretazionedell’operatore

Formazione La spesa

Vantaggi

43SaluteCorriere della Sera Domenica 3 Febbraio 2013

Fino alla metà degli anni No-vanta per la sclerosi multi-pla non c'era cura, solo corti-sone (per altro ancora usatocontro i sintomi) per ridur-

re l'infiammazione in fase acuta, poinel ’93 si è iniziato a usare l’interfero-ne beta, un immunoregolatore cheha il vantaggio di allontanare nel tem-po, e di ridurre, il rischio di attacchiche comportano sintomi estrema-mente variabili da persona a persona(diminuzione della forza, formicolii,calo della vista, vertigini, disturbidell'equilibrio e della coordinazione,paralisi facciale) e vanno a compro-mettere, in maniera cumulativa, il si-stema nervoso centrale.

All'interferone si è poi affiancatoqualche anno dopo il Glatiramer ace-tato, un altro immunomodulatore. Ea fine 2006 e nel 2011 sono arrivatialtri due farmaci in grado di agire lad-dove i primi due non funzionano: ilNatalizumab e il Fingolimod.

La sclerosi multipla che riguardaun numero limitato di pazienti (circa63 mila in Italia) sembra aver attiratonegli anni molti degli sforzi dell'indu-stria farmaceutica, specie se si tieneconto che tra oggi e il 2018 è attesa lacommercializzazione di una decinadi nuovi farmaci attualmente in fasidiverse di studio. Ragioni di tanto in-

teresse? Probabilmente anche il fattoche la sclerosi multipla possa funge-re da modello per la cura di altre pato-logie autoimmuni, ma soprattuttoperché si tratta di una malattia checolpisce persone giovani e le cure du-rano per molti anni. Comunque, no-nostante tanti sforzi e tante ricerchenessuna delle terapie farmacologicheper ora è quella «ideale».

Quando si ha un alto profilo di si-curezza (e cioè non si corrono rischigravi, né se ne temono di ignoti per-ché il farmaco è gia da vent'anni epiù in uso) è bassa la tollerabilità: laterapia ha effetti collaterali, da fasti-diosi a pesanti, che non sempre èpossibile tenere sotto controllo conaltri medicinali.

Oppure, ed è il caso dei nuovi pro-dotti, gli effetti collaterali sono pochio assenti, ma non sono mancati glieventi avversi che hanno indotto aescludere dai candidati all’uso diver-se categorie di pazienti. E la fase difarmacovigilanza, che per forza di co-se, inizia solo quando i medicinali so-no in vendita, e vengono testati sularghi numeri, è appena iniziata.

Senza contare che esiste anche ilproblema costi delle cure. Se per i«vecchi» interferone beta si può an-dare dai 1.200 ai 1.600 euro circa almese e così pure per il Glatirameracetato, con i farmaci di nuova gene-

razione (per i quali l'industria deveovviamente rifarsi delle spese per laricerca) i costi salgono e si va da2.000 fino a 3.000 euro al mese.

«In alcune regioni — quando nonsi sono avute discrepanze anche traAsl e ospedali di una stessa regione— si sono registrati ritardi nell’acco-gliere in Prontuario i nuovi prodotti,costringendo i pazienti — come rac-conta Carlo Pozzilli, responsabile delCentro sclerosi multipla dell'Univer-sità La Sapienza di Roma — a cambia-re perfino residenza».

«Anche se va precisato che i mala-ti attualmente in cura sono circa 40mila e tra questi quelli che usano inuovi medicinali solo 5 mila. E vistoche la spesa farmaceutica complessi-va è pari solo al 13-14% della spesasanitaria complessiva — polemizzaPozzilli — il nostro SSN avrebbe benaltre occasioni per risparmiare. Sen-za contare che le cure prevengonodisabilità ben più costose per la co-munità».

Ma come mai i farmaci più carivengono dati a pochi malati? Que-stione, appunto, di risparmio?

«I medicinali a disposizione ven-gono definiti di prima o di secondalinea — spiega Giancarlo Comi, pre-sidente della Società italiana di neu-rologia —. Come è intuitivo, si passaalla seconda, che comprende i pro-dotti più innovativi, solo quando laprima ha fallito o in casi in cui la ma-lattia si presenta fin da subito comeparticolarmente aggressiva. Ma sitratta di una distinzione fatta dal-l’Agenzia europea del farmaco che,per esempio, negli Usa, dove non c'èun sistema di assistenza pubblica eognuno decide — e paga — per sé,non esiste».

Va anche precisato, e nessuno deineurologi intervistati ha dimentica-to di dirlo, che i nuovi farmaci, accan-to alle loro indubbie doti, hanno di-mostrato di porre problemi non dapoco. Partiamo dal Natalizumab: co-me tutti farmaci vecchi e nuovi perla sclerosi multipla combatte l'in-fiammazione, ma ha un meccanismod’azione innovativo che lo «rende ef-

ficace nel bloccare la malattia in oltreil 70% dei casi contro il 35-40% circadi successo ottenuto con i prodottitradizionali — sottolinea Pozzilli —ed è anche semplice da usare: bastauna flebo al mese».

«Il Natalizumab agisce contro ilinfociti "cattivi", "aizzati" da un siste-ma immunitario fuori controllo, indi-rizzati a distruggere la guaina mieli-nica, deputata a proteggere gli asso-ni (le fibre nervose) lungo i qualiviaggiano gli "ordini" che partonodal cervello e raggiungono il midollospinale. Insomma, questo farmacoagisce a monte, prima che si crei undanno, e probabilmente proprio perquesto è tanto efficace — precisa Co-mi —. Il Natalizumab non distruggei linfociti aggressivi, ma in praticaimpedisce loro di entrare nel tessutonervoso. Questo ha però una conse-guenza sgradita: se il farmaco vienesospeso, i linfociti che si sono accu-mulati e "incattiviti" si scatenano e siha un effetto "rimbalzo": la malattiaper almeno 6-8 mesi si ripresentamolto più aggressiva, poi tutto ritor-na all'equilibrio preesistente alla cu-ra con il Natalizumab».

Ma perché sospendere un farma-co tanto efficace? «Il Natalizumabnon agisce soltanto contro i linfociticattivi ma anche contro quelli "buo-

ni" che ci difendono dalle infezioni.Oltre il 50% di noi ha nel proprio or-ganismo un virus, il virus JC, che nor-malmente non causa guai, ma se glianticorpi che ci difendono sono mes-si a tacere, il virus si risveglia e c'è ilrischio che entri nel cervello causan-do la leucoencefalopatia multifocaleprogressiva (PML, Progressive multi-focal leukoencephalopathy) dagli esi-ti anche fatali» riprende Pozzilli.

«Il rimedio però c'è: — chiarisceGianluigi Mancardi, direttore del Di-partimento di neuroscienze dell'Uni-versità di Genova — andare a verifi-care con un test, prima di iniziare laterapia, se si è portatori del virus JC,tenendo comunque presente che pri-ma che si attivi ci vogliono almenodue anni di cura con il Natalizumab.E comunque, anche dopo i fatidicidue anni, si deve valutare caso per ca-so quali sono i possibili rischi e i pos-sibili benefici di un uso prolungato edecidere se il livello di rischio è accet-tabile».

E il Fingolimod che caratteristicheha? «È il primo farmaco per uso orale— spiega Comi —. Agisce su dei re-cettori espressi sulla superfice dei lin-fociti. Questi recettori servono ai lin-fociti come una chiave da inserirenella toppa per uscire dai linfonodiquando, nel loro migrare, si trovano

a passare da queste stazioni del siste-ma immunitario. I linfociti in questomodo rimangono consegnati nelle lo-ro "caserme" e non possono aggredi-re la mielina delle fibre nervose. Ilfarmaco blocca l'attività della malat-tia in circa la metà dei pazienti».

Ma, anche qui c'è un «ma». I recet-tori espressi dai linfonodi sono pre-senti anche su molte altre cellule,comprese quelle che regolano la fre-quenza cardiaca e l'utilizzo di Fingoli-mod può causare un transitorio ral-lentamento del battito cardiaco e unaumento della pressione arteriosa.«Ecco perché ora la prima dose diquesto farmaco si assume sotto mo-nitoraggio cardiaco, monitoraggioche dura sei ore in modo da capirechiaramente come reagisce il pazien-te» aggiunge Comi.

Il Fingolimod, tuttavia, proprioperché è così potente, riduce tutti ilinfociti in circolo e abbassa le difeseimmunitarie, tanto da aver reso mor-tale un banalissimo caso di varicella.Un rischio apparentemente sempliceda evitare: basta verificare se la per-sona in cura ha già anticorpi controil virus della varicella, il che dimo-stra che è già stata attaccata dalla ma-lattie e non può reinfettarsi. Ma se ol-tre a quello della varicella ci fosseroaltri virus potenzialmente pericolosiquando si è in terapia? «Per adesso

Che cosa potranno davvero fare le staminaliProspettive Nel 2015 i risultati di uno studio internazionale in cui sperano i malati più gravi

Trovare il modo per raggiungere iltessuto danneggiato (in questo casola guaina mielinica) e rigenerarlo. Èil traguardo che i malati di sclerosimultipla sognano si raggiunga, spe-

cie quelli in fase avanzata. E le cellule staminali"tuttofare" sembravano poter esaudire questodesiderio.

«Ma quello che si è visto è diverso» chiari-sce Antonio Uccelli, responsabile del Centrosclerosi multipla di Genova, il cui gruppo, giànel 2000, ha iniziato a studiare cellule stamina-li adulte mesenchimali (isolate da midollo os-seo) per trattare, come "modello" delle malat-tie neurologiche in generale, proprio la sclerosimultipla.

In che cosa è diverso?«Alcuni anni fa era stato dimostrato che le

staminali mesenchimali, cellule potenzialmen-te in grado di trasformarsi in neuroni, possonobloccare la proliferazione dei linfociti T. Il no-stro obiettivo era perciò quello di fermare i lin-fociti coinvolti nel danno alla guaina mielinica,

fermando così il processo infiammatorio, maanche provare a riparare il tessuto danneggia-to. Col tempo, però, si è capito che le staminalimesenchimali sono, sì, in grado di bloccare l'in-fiammazione, ma possono proteggere i tessutisolo prima che siano danneggiati irrimediabil-mente. In altre parole, le staminali non sono ingrado di ricreare le cellule morte. D'altronde,se ne fossero capaci, non avremmo solo vinto

la sclerosi multipla, ma l'infarto, l'Alzheimer.Ora è in corso uno studio internazionale su 160pazienti, iniziato nel 2012, che coinvolge ricer-catori clinici di dieci Paesi».

Non è uno scopo di "minima" frenare l'in-fiammazione: lo fanno già i farmaci?

«Cominciamo a fare il primo passo, ma spe-riamo anche di osservare qualche segno di ripa-razione dei tessuti nervosi. Se così fosse, con

numeri di pazienti — e finanziamenti — bendiversi, si potrà fare uno studio più ampio perverificare se, come abbiamo già visto sull'ani-male, le staminali adulte sono capaci di fare "ri-parazioni". Attenzione: questo non significache le staminali siano in grado di "trasformar-si" in neuroni, pensiamo però possano rilascia-re sostanze capaci di "risvegliare" le staminaliendogene, presenti in tutti i tessuti incluso ilcervello, inducendole a produrre nuova mieli-na e riparare in parte il danno, prima che siairreversibile».

Quando si concluderà lo studio?«Nel 2015 contiamo di pubblicare i risultati.

Se avremo successo, il nostro paziente idealesarà una persona con lesioni attive che non ri-sponde alle terapie disponibili, ma in cui anco-ra ci siano tessuti da proteggere, insomma conuna patologia grave ma non con disabilità trop-po avanzata».

Esistono altre staminali adulte utilizzabiliper la SM?

«Sì, le staminali neurali, che si isolano dal

Contiamo che lestaminali adulte«risveglino»quelleendogenedel cervello

Le prime«somme»si potrannotirarenon primadi tre anni

L’obiettivopiù ambiziosoè rigenerarela guaina mielinica,cioè il tessutodanneggiato

I neurologi intervistati

Speranze RealtàSogni

inchiesta

Sicurezza

Giancarlo Comi dichiara di aver ricevuto onorari per aver partecipato alla riunioni scientifiche perNovartis, Teva Pharm. Ind., Sanofi, Genzyme, Merck Serono, Bayer, Serono Symposia InternationalFoundation e Actelion; dichiara inoltre di aver ricevuto onorari come relatore a congressi per Novartis,Teva Pharm. Ind., Sanofi, Genzyme, Merck Serono, Bayer e Serono Symposia International Foundation.Gianluigi Mancardi dichiara di aver ricevuto finanziamenti per supporto alla ricerca e partecipazionea Congressi da Biogen Idec, Teva, Sanofi-Aventis, Novartis, Merck Serono, Schering.

Come si curaoggi con i farmaciEfficacia e limiti

I preparati utilizzatida molti anni sonosicuri ma gravatitalvolta da effetticollaterali pesanti

Conflitti di interesse

Terapia I progressi e quello che ci si può aspettare

Giancarlo Comi,presidentedella Società italianadi neurologia

Gianluigi Mancardi,direttore Dipartimentodi neuroscienzedell'Università di Genova

Maria Trojano, presidenteEctrims, Eur. Committeefor Treatmentand Research in Ms

Carlo Pozzilli,responsabile del Centrosclerosi multiplaUn. La Sapienza, Roma

44 Salute Domenica 3 Febbraio 2013 Corriere della Sera

— risponde Giancarlo Comi — nonci sono evidenze di altre complicazio-ni infettive». Un ulteriore limite del-le terapie attuali è la loro scarsa utili-tà quando la malattia è avanzata, èentrata nella cosidetta fase progressi-va. «Per trovare una soluzione anche

per questa fase di malattia, quellache causa più disagi, è appena parti-ta un'iniziativa internazionale pro-mossa dalle associazioni dei malati,tra le quali la Fondazione italianasclerosi multipla, che prevede un in-vestimento di circa 30 milioni di eu-ro» puntualizza Comi. «Non bisogna

poi dimenticare — aggiunge Mancar-di — il ruolo della riabilitazione, chenon è più solo quella di una volta, es-senzialmente "passiva": anche in que-sto settore si sono fatti molti progres-si. E per i muscoli contratti si può ri-correre alla tossina botulinica».

Qui si parla della progressione del-la malattia, e se ad ammalarsi sonobambini? «Solo il 4% di sclerosi mul-tipla insorge prima dei 16 anni e lapercentuale scende allo 0,4 primadei dieci anni di età. Nei più giovanila malattia è particolarmente aggres-siva perché la risposta infiammato-ria è molto forte, e questo rende qual-che volta necessario ricorrere a far-maci come il Natalizumab. D'altraparte i bambini hanno una capacitàdi recupero del tessuto cerebrale, co-me d'altronde di tutti i tessuti, ecce-zionale. Insomma, la mielina si rifor-ma meglio» risponde Pozzilli.

Altro problema: l'aderenza alle te-rapie. Anche e soprattutto perché leterapie danno problemi. C'è chi riferi-sce perfino di convulsioni, vertigini,vista annebbiata, confusione menta-le, e in generale di un malessere e diuna stanchezza tali da essere talvoltapiù penosi degli stessi attacchi dellamalattia.

«L'interferone dà problemi — con-ferma Pozzilli — e i più comuni so-no: stanchezza persistente, mal di te-sta, febbre, stipsi. E il Glatiramer ace-tato può causare ponfi nel luogo del-l’iniezione e dar luogo ad allergie».

«Si può certo ricorrere ad antin-fiammatori per contrastare la febbre,il dolore muscolare e l'astenia, maun 10-15% di malati continua ad ave-re questi sintomi» aggiunge MariaTrojano, attuale presidente di Ectri-ms, l’European Committee for Treat-ment and Research in Multiple Scle-rosis.

«L'aderenza alla terapia, certamen-te influenzata anche dalla presenzadi sintomi collaterali, è un problemain tutte la malattie croniche — conti-nua Trojano — e questa non fa certoeccezione. Solo il 30-40% dei pazien-ti segue fedelmente le prescrizioni:non interrompe la cura e non si auto-

riduce la dose. E l’aderenza alle cureè scarsa proprio nei primi due annidella malattia, quando i risultati del-le terapia possono essere migliori».

Cure a vita o cure a lungo? Se si stabene perché continuare con i farma-ci? «Anche nei momenti di remissio-ne, i farmaci vanno assunti, perchéallontanano nel tempo le ricadute,ne possono ridurre la violenza e ser-vono a scongiurare o a procrastinarelo stadio di sclerosi progressiva» af-ferma Comi.

«"Mai" e "a vita" sono termini sco-raggianti. Le cure si possono sospen-dere anche per un paio di anni, seuna donna desidera un figlio. E poichissà che in futuro non si trovi unasoluzione definitiva, qualcosa chesradichi la malattia invece di tenerlaa bada. È il sogno di tutti malati. Ec-co perché suscitano tante speranzela Ccsvi e le terapie con le staminali.Anche se lo stesso Zamboni non hamai detto che dopo l'intervento sipossono interrompere le cure farma-cologiche, nella testa della gente c'èsempre l'idea che la chirurgia "estir-pi" il male alla radice. E se anche nonè vero, le staminali (vedi box) fannosperare a chi è già in carrozzella ditornare a camminare» dice Pozzilli.

«Vorrei poi ricordare che questamalattia, forse come tutte, è pesante-mente influenzata dal benessere psi-cologico. E non lo provano solo i mil-le episodi che ognuno di noi neurolo-gi potrebbe raccontare: gente che stabene, non ha ricadute per dieci annie più, e poi dopo un divorzio o la sco-perta di un tumore torna a stare ma-le. Lo provano i dati scientifici. Inuno studio americano, per esempio,si è visto che l'uso di un antidepressi-vo riduce un elemento "misurabile"come l'infiammazione cerebrale del40%. In un altra ricerca si visto che lapsicoterapia aiutava a mantenereuno stato di stabilità della malattiain circa il 70% dei pazienti che la pra-ticavano, contro il 43% osservato nelgruppo di controllo. Un motivo inpiù per essere cauti quando si parlacon i pazienti e per non distruggeremai le speranze».

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cervello, e le ematopoietiche che formano le cel-lule del sangue, che si isolano dal midollo os-seo. Le neurali sono probabilmente quelle chepotrebbero avere la maggiore capacità di ripara-re i tessuti nervosi. Purtroppo le difficoltà diisolamento ed espansione hanno rallentato iltrasferimento all’uomo dei bei risultati ottenu-ti nell’animale».

Il trapianto di cellule staminali ematopoie-tiche si fa per la SM?

«Sì, questo tipo di trapianto consiste inun’intensa immunosoppressione, a base di che-mioterapici, capace di eliminare tutte le celluledel sangue comprese quelle "cattive" che aggre-discono la mielina. Le staminali ematopoieti-che servono per ricostituire un sistema immu-nitario nuovo senza cellule autoaggressive».

Questo intervento, fatto precocemente, po-trebbe eliminare le cellule che causano il dan-no nella SM?

«In teoria sì, ma questo trattamento, proba-bilmente il più efficace tra quelli disponibili, èrischioso: può risultare letale nel 1-3% dei casied è indicato solo per le forme particolarmenteaggressive di sclerosi multipla che non rispon-dono alle terapie».

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In arrivo

Le sperimentazioni sui farmaci controla sclerosi multipla sononumerosissime. Quali sono imedicinali in dirittura d'arrivo, chenell'arco di due o tre anni potrebbero

essere in uso clinico? Fra i più imminenti c'èteriflunomide (prodotto da Genzyme),approvato nel settembre 2012 dalla FDAstatunitense e atteso entro la prima metà del2013 in Europa, a giugno 2014 in Italia. Tempisimili per il dimetilfumarato (Biogen Idec), almomento in discussione all'EuropeanMedicines Agency che dovrebbe darel'assenso entro maggio 2013, per poi iniziarel'iter per la rimborsabilità in Italia. «Entrambisi prendono per via orale, hanno una buonaefficacia e soprattutto sono ben tollerati:speriamo che possano essere usati in primalinea, se il prezzo sarà ragionevole — osservaAngelo Ghezzi, responsabile del Gruppo distudio sulla sclerosi multipla della Societàitaliana di neurologia —. E’ stata invecefermata la sperimentazione e la registrazionedi cladribina (Merck Serono, ndr), anch'essaorale, che pareva molto efficace ma aveva unprofilo di sicurezza da chiarire: sarebbe statoutile poterla avere per chi proprio nonrisponde a nulla. C'è poi laquinimod(prodotto da Teva, ndr), interessante perché afronte di una moderata efficacia sulle ricadutepare avere un effetto neuroprotettivo cherallenterebbe la progressione della malattia».Laquinimod tuttavia è ancora nella fase 3della sperimentazione e non è partito l'iter diregistrazione, per cui i tempi di arrivo in uso

clinico sono incerti. Per la prima metà del2014 è prevista invece l'approvazione USA edeuropea dell'interferone pegilato beta 1-a(Biogen Idec), che dovrebbe permettere unminor numero di iniezioni. All'orizzonte cisono poi anticorpi monoclonali con bersaglispecifici, come alemtuzumab (Genzyme), chedovrebbe essere approvato in Europa entrogiugno 2013 e dall'AIFA entro la prima metàdel 2014: nelle sperimentazioni è emersa unabuona capacità neuroprotettiva e unariduzione molto consistente del tasso diriacutizzazioni, quasi doppia rispetto aimedicinali di prima linea. È un anticorpomonoclonale anche ocrelizumab (Roche), almomento in fase 3 della sperimentazione: leprocedure di registrazione dovrebberoarrivare nel 2015, quando è atteso anchel'arrivo di daclizumab HYP (anticorpomonoclonale in formulazione sottocutanea diBiogen Idec-Abbott). «Gli anticorpimonoclonali bloccano i linfociti e hannodimostrato una buona efficacia sulle ricadute:c'è perciò molta attesa ma è bene ricordareche in diversi casi, ad esempio conalemtuzumab, sono possibili svariati effetticollaterali. L'ampia scelta di farmaci e lecaratteristiche peculiari di ciascunoimporranno perciò uno stretto controllo daparte del centro specializzato, sia per dare ilmedicinale più adatto a ciascuno sia per unmonitoraggio adeguato, che riesca a coglierele prime avvisaglie di eventi avversi»conclude Ghezzi.

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Le nuove molecolein via di approvazione

Efficacia

Carlo Pozzilli dichiara di aver ricevuto onorari come relatore a congressi e come consulente da Sanofi-Aventis, Biogen Idec, Bayer Schering, Merck Serono, Genzyme e Novartis; inoltre di aver ricevuto finanziamenti perla ricerca da Merck Serono, Biogen Idec, Bayer Schering e Novartis. Maria Trojano dichiara di aver ricevuto onorari come relatore a congressi da Sanofi-Aventis, Biogen Idec, Bayer Schering, Merck Serono, Novartis efinanziamenti per la ricerca da Merck Serono, Biogen Idec, Novartis, Bayer. Angelo Ghezzi dichiara di aver ricevuto compensi come oratore da Bayer Schering, Biogen-Dompè, Merck Serono, Novartis, Sanofi-Aventis,Allergan; come consulente da Actelion, Merck Serono, Teva, Novartis, Biogen Idec. Ha ricevuto sponsorizzazioni per partecipare a congressi nazionali e internazionali da Bayer Schering, Biogen-Dompè, Merck Serono,Novartis, Sanofi-Aventis. Antonio Uccelli dichiara di non avere conflitti di interesse direttamente sulle staminali, per altri tipi di attività di ricerca clinica di aver ricevuto onorari come relatore a congressi e consulente daSanofi-Aventis, Biogen Idec, Bayer-Schering, Merck-Serono, Roche, Teva, Allergan, Novartis, e finanziamenti per la ricerca da Merck-Serono, Biogen Idec, Bayer-Schering, Novartis.

I prodotti più recentihanno meccanismi d’azionepiù sofisticati ma hannotalora causato eventi avversiche inducono alla prudenza

Conflitti di interesse

45SaluteCorriere della Sera Domenica 3 Febbraio 2013

Cosa c’è di NuoCosa c’è di Nuovvoo n o t i z i e d a l l e a z i e n d enn o t i z i e d a l l e a z i e n d e a cura di RCS MediaGroup Pubblicitàa cura di RCS MediaGroup Pubblicità

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turale, Vitamina C, Acido Folico e VitaminaB12. Il Ferro contenuto (15 mg) corrispondeal 107% dell’RDA ed è in Ferro pidolato, conforte biodisponibilità. La Vitamina C miglioral’assorbimento intestinale del Ferro ed aiuta aridurre stanchezza ed affaticamento. LaVitami-na B9 contribuisce alla formazione delle cellu-le del sangue. La Vitamina B12 interviene nelmetabolismo energetico e nella formazionedei globuli rossi, riduce la stanchezza e contri-buisce alla salute del sistema nervoso. FerrolinC è disponibile in Pocket Drink in bustine, gra-devolmente aromatizzato al limone, che copretotalmente il tipico gusto metallico del ferro ein Capsule. In vendita in farmacia, parafarma-cia ed erboristeria. Info: www.esitalia.com.

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SHISEIDO TOKYOBEAUTY LAB A MILANO

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Semplicissima, senza trucco,dimostra molto meno deisuoi 43 anni. Potrebbe esse-re questione di buoni geni,ma Nicoletta Mantovani, ve-

dova di Luciano Pavarotti, attribuiscemolto del suo bell’aspetto all’interven-to fatto otto mesi fa per curare la scle-rosi multipla di cui soffre da molti an-ni. Di Nicoletta Mantovani, della suamalattia e della sua operazione abbia-mo letto molto ultimamente. E le pole-miche puntualmente si sono riaccese.

Detto francamente, signora Man-tovani, c’è chi le crede e chi è scetti-co sulle sue dichiarazioni. La sua ma-lattia è proprio la sclerosi multipla?

«La SM mi è stata effettivamentediagnosticata con una certa difficoltà.All’iniziò, da ragazza, si parlò addirit-tura di problemi di crescita: ogni tan-to non "sentivo" più le gambe o mi pa-reva che il pavimento andasse su egiù. Poi furono ipotizzati problemi psi-cologici, anche perché la continua sen-sazione di non controllare il mio cor-po mi aveva portato a soffrire di attac-chi di panico. Fu una psicologa a dir-mi che poteva aiutarmi per gli attac-chi di panico, ma non per quel qualco-sa di "fisico" che ne era all’origine.Avevo già consultato tre neurologi,mi rivolsi al quarto, ma anche lui bran-colò nel buio. Mi risolsi a fare la miaprima risonanza magnetica, il medicodisse che "vedeva qualcosa, ma non sa-peva cosa" e mi suggerì di andare inAmerica dove c’erano macchinari piùsofisticati. Seguii Luciano che andavain tournée negli Stati Uniti e lì, brutal-mente, mi fu detto che avevo la sclero-si multipla e che sarei finita su una se-dia a rotelle. Luciano si infuriò perquei modi bruschi, prese per il baveroil medico, urlandogli: "Ma si parla co-sì a una ragazza di 25 anni?". Interven-nero le guardie del corpo, un parapi-glia, ma la diagnosi fu confermata dal-le risonanze cui mi sono sottopostaper verificare l’andamento della malat-tia e i danni che faceva al mio sistemanervoso».

A Zamboni come è arrivata?«Per caso. Nel breve periodo in cui

a Bologna fui assessore alla Culturami segnalarono un convegno sullaSM, che si teneva in città. Lì sentii par-

lare il professor Zamboni della suascoperta, mi incuriosii, andai a trovar-lo. Ne avevo provate tante: dallo yoga— che serviva — a una dieta a base disalmone e clisteri — inutile. Zambonimi disse che i miei sintomi potevanodipendere da una occlusione venosa alivello del collo».

E l’intervento?«Non si è trattato di quello "classi-

co", ma di una variante, perché con l’e-cocolordoppler Zamboni si accorseche mentre parlavo le vene del collo si"aprivano". Significava che un musco-lo masticatore schiacciava la mia giu-gulare. Questa particolarità avrebbereso inutile il tentativo di dilatarlacon un pallone. Si rese necessario ilprelievo di un "pezzetto" di vaso san-guigno da una gamba per allargare sta-bilmente la vena del collo. L’operazio-ne è stata diversa dall’angioplastica,ma sempre basata sull’intuizione diZamboni. Ecco perché sostengo il suometodo».

Non si è sentita delusa dai risulta-ti dello studio CoSMo, secondo il

quale non esiterebbe una correlazio-ne tra SM e l’insufficienza venosacronica cerebrospinale, la CCSVI ,correlazione su cui è basata l’ipotesidi Zamboni?

«No. CoSMo è solo uno dei tantissi-mi studi prodotti nel mondo su CCSVIe SM, i risultati hanno sollevato moltidubbi sul piano scientifico e metodo-logico e lo stesso professor Zambonisi è dimesso dallo Comitato di control-lo di CoSMo, di cui inizialmente face-va parte fin dal settembre 2010».

Di lei hanno detto che con l’opera-zione è «guarita», ma la sclerosimultipla può avere lunghi periodi diremissione. E se lei si trovasse pro-prio in una di queste fasi, a prescin-dere dall’intervento?

«Per tutti questi anni, la stanchezzae la mancanza di equilibrio, che ognimese per qualche giorno si trasforma-va in vertigini costringendomi a letto,non mi hanno abbandonato mai, for-se anche perché non ho preso farma-ci. Però, dopo l’operazione questi sin-tomi sono spariti e ora sto bene come

non sono mai stata in vita mia. Dure-rà? Non so, incrocio le dita».

Non ha preso farmaci, perché?«Ho provato il cortisone, a dosi

massicce per un mese, quando avevoperso la vista a un occhio. Ero gonfiacome una palla ed ero diventata unaiena. Ho detto basta, poi la vista pianpiano è ritornata. Ho provato anchecon l’interferone, per qualche giorno,quando Luciano stava malissimo enon volevo essere di peso. Risultato:tremavo al punto di non poter reggereuna tazza in mano e avevo la febbrealtissima. Il medico stesso mi disse diinterrompere».

Perché, e come, sostiene l’associa-zione per la CCSVI?

«Ho contribuito convincendo ami-ci come Bocelli, Nek e Panariello a farespot per l’associazione, per raccoglie-re fondi e finanziare la ricerca. Il no-stro obiettivo principale è sostenere laricerca di Zamboni e fare in modo chel’intervento diventi realizzabile con ilServizio Sanitario; quando questo ac-cadrà, potremo occuparci di assisten-za ai malati e ai loro familiari, di riabi-litazione».

Come mai ha parlato delle sua ma-lattia solo da pochi anni?

«Con Luciano c’era un patto: tacere.Lui non voleva che mi esponessi trop-po: è difficile essere malati. Gli altri fi-niscono per non vedere in te che latua malattia e questo a 25 anni era du-ro, anzi impossibile, da sopportare.Poi si cresce».

Consiglierebbe a un malato «l’in-tervento Zamboni»?

«Ogni caso è un caso a sé e so cheil metodo Zamboni, non funzionaper tutti e a volte funziona per untempo limitato. E su questo la speri-mentazione in corso, guidata da Zam-boni, ci darà molte risposte. L’unicoconsiglio che mi sento di dare è quel-lo di non pensare che una diagnosi diSM metta fine a ogni speranza. Credoche per tutti sia importante iniziareun percorso di accettazione della ma-lattia, che non vuol dire rinunciare avivere, a lavorare, ad avere un figlio.Ci sono limitazioni quando si sta ma-le, e vanno accolte, poi si deve anda-re avanti».

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È nata nel ’68, ha 99 sezioni, 58 grup-pi operativi, 17 coordinamenti regionali.Gestisce 6 servizi riabilitativi e 4 centriassistenziali e residenziali, presidente:Agostino D’Ercole. AISM è affiancata daFISM, Fondazione Italiana Sclerosi Multi-pla, presieduta da Mario Alberto Batta-glia, e nata nel ’98 per promuovere la ri-cerca. Il 70% della ricerca sulla SM in Ita-lia è finanziata da AISM, attraverso FISM.I finanziamenti provengono da sostenito-ri occasionali; continuativi (che rispondo-no alle iniziative o destinano ad AISM il 5per mille), «grandi donatori»: privati, en-ti pubblici, fondazioni, aziende. Banche,aziende (anche farmaceutiche) hannoanche sostenuto progetti editoriali e laformazione di operatori.

AISM Onlus, Via Operai 40, Genova;telefono 010.27131, [email protected], sitowww.aism.it

È nata nel 2010, ha circa 2 mila so-ci, è presente in 11 regioni. È formatae guidata da malati e familiari che ope-rano volontariamente. È presieduta daGisella Pandolfo; presidente onorarioNicoletta Mantovani. Finanzia le sue at-tività con libere donazioni. Promuove edivulga la scoperta della CCSVI; difen-de lo studio Brave Dreams e ha soste-nuto il suo avvio con 50 mila euro. In-tende supportare ricerche analoghecon un’ulteriore raccolta fondi già com-piuta e con iniziative future. La ricercasulla CCSVI sarà finanziata dai fondiderivanti dal 5 per mille.

CCSVI nella Sclerosi multiplaOnlus, Via Castiglione, 41 Bologna;tel. 051. 0545595, www.ccsvi-sm.org

Nasce nel 2009 su iniziativadella Fondazione Cassa di Ri-sparmio di Bologna. È presiedu-ta da Fabio Roversi Monaco. Haper compito l’approfondimentodella ricerca sulla CCSVI e nelcampo delle malattie neurologi-che con coinvolgimento dell’ap-parato vascolare. Paolo Zambo-ni fa parte del Comitato scientifi-co, che annovera complessiva-mente dieci esperti nazionali einternazionali di CCSVI. La Fon-dazione ha supportato studi incollaborazione fra l’Università diFerrara e prestigiosi atenei negliStati Uniti.

F o n d a z i o n e H i l a r e s c e r ewww.fondazionehilarescere.org.

Nicoletta Mantovani Sostenitrice della cura chirurgica,racconta (e chiarisce) la sua battaglia con la sclerosi multipla

«So di non essere guaritaSto meglio, spero che duri»

Inviate le vostre testimonianzeall’indirizzo internethttp://forum.corriere.it/sclerosi-multipla/

AISM-Ass. ItalianaSclerosi Multipla

CCSVI nella Sclerosimultipla Onlus

inchiesta

FondazioneHilarescere

Il mio problemanon era una CCSVI«classica», perciò hofatto una variantedell’intervento, basatasempre sulla teoriadi Zamboni

Sostegni in campo

Con Luciano c’era unpatto: tacere sulla miamalattia. Lui nonvoleva che mi esponessitroppo: a 25 anni eraduro da sopportare.Poi si cresce

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Nicoletta Mantovani43 anni,vedova

di Luciano Pavarotti

46 Salute Domenica 3 Febbraio 2013 Corriere della Sera