Originali e riproduzioni. L’impronta del materiale nella copia.

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PAOLO BELARDI, Facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Perugia ALESSANDRA CIRAFICI, Facoltà di Architettura “Luigi Vanvitelli”, Seconda Università degli Studi di Napoli ANTONELLA DI LUGGO, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II EDOARDO DOTTO, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Catania FABRIZIO GAY, Facoltà di Architettura, Università IUAV di Venezia FRANCESCO MAGGIO, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Palermo FABIO QUICI, Facoltà di Architettura Valle Giulia, Università degli Studi “Sapienza” di Roma

Progetto grafico RAFFAELE CATUOGNO

ISBN ISBN 978-88-904585-8-3

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I CONTRIBUTI

Marinella Arena Matrici immateriali per forme reali Barbara Aterini Le “impronte” della costruzione prospettica sulle pareti affrescate Alessandra Avella Impronte ‘votive’. Rappresentazione e misura di un patrimonio indiziario Manuela Bassetta Un tocco di spazio. Instant Hutong, rappresentare per inferenze tra arte e architettura Carlo Bianchini Impronte: il Teatro Greco di Siracusa tra storia, rilievo e riuso Fabio Bianconi, Marco Filippucci Non dimenticare il futuro. Studi sulla relazione tra forma e immagine per lo sviluppo del territorio di Amelia Maura Boffito “Segni” dal mondo … antico Simone Bori, Valeria Menchetelli The quick brown fox jumps over the lazy dog La forma del carattere tipografico come impronta culturale del proprio tempo Daniele Calisi Imprimere: tra arte e memoria Massimiliano Campi Il disegno della memoria nello spazio architettonico contemporaneo. I memoriali come impronte della storia

Chiara Capocefalo, Francesco Cosentino Il contorno apparente nella rappresentazione Mara Capone L’impronta delle forze. Form finding: la genesi delle strutture resistenti per forma Andrea Casale, Graziano Mario Valenti, Michele Calvano Impronte Digitali Francesca Castanò Silenziose presenze. Le storie di Makio Hasuike Stefania Catinella Impressioni. Memoria e mercificazione Raffaele Catuogno Impronte celate Emanuela Chiavoni, Livia Fabbri, Francesca Porfiri, Gaia Lisa Tacchi Il ruolo dell'incisione nel lavoro degli architetti contemporanei: valori e significati di un processo Massimiliano Ciammaichella Vesti dello spazio e accessori del corpo. Segni e impronte delle odierne pratiche di design Maria Grazia Cianci, Sara Colaceci Le tracce nella mente: attimo ed eternità di un disegno Ornella Cirillo La “pelle-tessuto” di Mario Valentino, un’impronta napoletana nella storia della moda italiana Luigi Cocchiarella Graphein Fabio Colonnese Alvaro Siza, la sfera e l’impronta Daniela De Crescenzo Il disegno come impronta della realtà Roberto de Rubertis Seguito di un seminario interrotto Teresa Della Corte Sottendere la proporzione per imprimere la bellezza. L’ichnos del Danteum Santo Eduardo Di Miceli La fotografia può essere un’impronta del mondo reale?

Tommaso Empler Graphic & Multimedia Design: impronte grafiche nell’architettura contemporanea Francesca Fatta Lampedusa: un mare di impronte Riccardo Florio

Carmela Frajese D’Amato L’impronta della costruzione. Segno di identificazione, traccia, verità Alice Franchina Architetture evocate. I poli opposti dell’impronta in Moretti e Venezia Maria Franchini L’impronta del tempo sul paesaggio rurale Emanuele Gallotta Interpretare per conservare: la forma della memoria Gaetano Ginex Lasciar impronte, conservar tracce Salvatore Giuffrida Nel bene e nel male, nel bello e nel brutto. Impronte monetarie della comunicazione economica Giuseppe Ingaglio Matrici puteane nella rappresentazione architettonica e nella produzione artistica tra Sicilia e arcipelago maltese Carlo Inglese “Impronte” sulla pietra: tracciati e incisioni di cantiere nell’antichità Mariella La Mantia

registrate con metodo range based e image based di alcuni episodi di rilievo architettonico Fabio Lanfranchi «L’impronta» del cavo urbano, contenitore fisico di matrici intellettuali Emanuela Lanzara Geometrical features: progettazione e produzione dal digitale al materiale Marta Magagnini Tracce di percorsi. Camminare come pratica estetica applicata al rilievo urbano e ambientale

Le tracce del Disegno

Un viaggio virtuale tra le impronte geometriche-spaziali

Mario Manganaro Impronte di soggetti smarriti Angelo Marletta Quali impronte. La rappresentazione ‘engrammatica’ dell’identità Luca Martini, Giacomo Pagnotta Impronte digitali. Il disegno in punta di dita Maria Martone Esempio di modellazione inversa di un territorio antropizzato in ambito urbano. Il Vomero e la sua collina Maria Evelina Melley Paesaggio-cava-ex-cava/forma-impronta-progetto un rapporto tra : negativo-positivo, vuoto-pieno, disegno-progetto Giovanni Mongiello, Riccardo Tavolare L’impronta delle strade anulari a ridosso dei centri storici. Il caso del “Ring” di Ruvo di Puglia Marco Muscogiuri Impronte del percorso progettuale: gli schizzi d’architettura tra segno e disegno Giuseppa Novello Gli Atlanti della Nuova Illustrazione istorico-monumentale del Basso e dell’Alto Egitto di Domenico Valeriani: spigolature sulle tracce degli itinerari grafici compilati da Girolamo Segato Sebastiano Nucifora Il doppio nell’impronta volontario/involontario e altri accidenti dalla Sindone alla Body art Alessandra Pagliano Dal sole alla pietra: le forme della luce nel progetto del cimitero C. N. Ledoux per il Cimitero di Chaux Caterina Palestini Impronte urbane - spazi digitali Daniela Palomba Memorie di figurazioni significanti Rosaria Palomba Impronte armoniche. I Padiglioni della musica Leonardo Paris Ponti antichi tra passato e futuro: il ponte romano a Rieti

Maria Ines Pascariello, Raffaele Martinelli Dall’impronta nello spazio virtuale al calco materiale. Il rilievo delle metope del campanile di Nola e la costruzione dei calchi per la cartapesta Paolo Perfido

Manuela Piscitelli Le ombre. Rappresentazione concreta di un’impronta incorporea Paola Raffa La traccia dello spazio ipogeo: case di Matmata Gabriella Rendina Impressione, espressione, tracce umane Matteo Romanato Echi di forme nell'architettura egizia Michela Rossi, Giorgio Buratti Originali e riproduzioni. L’impronta del materiale nella copia Noemi Salerno Sul ricalco come ri-creazione Paola Casu, Claudia Pisu, Cettina Santagati Tra reale e virtuale: nuove “Impronte Digitali”? Salvatore Santuccio IM_PRONTE TRA RASKÒL’NIKOV E LA TIGRE Chiara Scali Dentro il Cretto, ovvero: la forma ricomposta Roberta Spallone Drawn in sand. L’impronta dell’idea negli schizzi progettuali di Alvar Aalto Luciano Tittarelli Anatomia mascherata Daniela Vasta Le mani sulla città. Brevi note sulla Street Art Giorgio Verdiani, Filippo Fantini La forma che non c’era: la ricostruzione della Fontana di “Sala Grande” di Bartolomeo Ammannati Ursula Zich, Ugo Comollo, Martino Pavignano Ricalco e decantazione dell'impronta

Rilevo/Rivelo

Michela Rossi, Giorgio Buratti

Originali e riproduzioni. L’impronta del materiale nella copia

La conservazione del patrimonio cul-turale mira a conservare o ripristinare i caratteri distintivi di un bene: con-sistenza, funzionalità e immagine. Le operazioni necessarie dipendono dallo stato conservativo e dalle com-promissioni subite, in una complessa relazione di cause ed effetti che può essere ricondotta all’ingiuria del tem-po sulla materia, all’incuria e all’ina-deguatezza dei materiali all’uso. Il processo di deperimento dei ma-teriali può determinare la necessità di sostituzione e/o il rifacimento a causa della perdita di parti originali. Questa evenienza implica scelte di metodo che coinvolgono condizio-namenti culturali più allargati, perché nel processo di trasformazione le-gato al tempo si sedimenta la storia del manufatto, che coinvolge valori immateriali che una volta perduti non hanno più alcun significato, come la memoria. Quest’ultima è una delle funzioni essenziali del monumento, definito come “testimonianza con-

creta e durevole a onore o ricordo di persone o fatti” (Devoto Oli).In particolare la conservazione di un monumento commemorativo media tra la “memoria” trasmessa dal ma-nufatto e la sua “storia”, che implica anche il concetto di cambiamento. Il mantenimento della funzionalità che giustifica il monumento diventa determinante in relazione alla dico-tomia cambiamento/conservazione. Significativo è il fatto che i monu-menti commemorativi siano realizzati in materiali durevoli come il metallo fuso o la pietra. Quando il materiale del manufatto soccombe alle ingiurie del tempo, si pone il problema delle modalità di realizzazione della copia che sostituisce l’originale, ovvero delle relazioni esistenti tra originale, modello e copia. Quando occorre riprodurre l’originale in un materiale diverso, la “copiatura” diventa una reinterpretazione del modello. Significativo è il caso del monumento funebre del maestro burattinaio Gior-

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dano Ferrari riproduce le sembianze del burattino Bargnocla (Bernocco-lo), il personaggio che aveva reso celebre l’artista/artigiano parmense. Giordano era stato una figura molto popolare e la città gli ha dedicato il Castello dei Burattini, piccolo museo che custodisce la sua ricca collezio-ne.La statua, in legno di cirmolo, era sta-ta realizzata dal figlio scultore per la tomba del padre, riproducendo il per-sonaggio che lo aveva reso famoso, caratterizzato da un vistoso bernoc-colo con la forma dell’osso del pro-sciutto. Il materiale era coerente con le caratteristiche del cimitero evan-gelico, nel quale le sepolture sono sobrie e con l’arte del defunto, che realizzava da solo i suoi personaggi. La scultura è ricavata sul piano dia-gonale di un parallelepipedo di legno che sembra ricavato da una grossa trave, di circa 90 cm di altezza, e una base triangolare di 20 x 35 cm. Il materiale è lavorato con abilità ed efficacia espressiva utilizzando stru-menti a punta grossa, che lasciano evidente il segno della lavorazione, sovrapposto alla venatura marcata del legno. La scarsa durabilità del legno avreb-be portato velocemente alla perdita dell’oggetto. Sulla superficie eranoe-videnti le crepe dell’essiccazione e i segni del deterioramento del materia-le che ha richiesto un restauro lungo ed impegnativo a causa dell’aggres-sione della carie bruna (Stereum gausapatum, Fomitopsis pinicola, Ganoderma applanatum, Phellinus ignarius, Fomes officinalis). Per ga-rantire la conservazione anche in ambiente protetto è stato necessario la rimozione totale delle parti amma-

Fig. 1. L’originale e la copia virtuale. La copia in ma-teriale diverso si configura come nuovo originale e quindi il cambio di materiale impone per coerenza una diversa finitura della superficie. (restauro di Sil-via Ottolini, rielaborazione digitale di Giorgio Buratti)

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lorate con il consolidamento con il Ciclododecano e la ricostruzione di alcune parti, come il bernoccolo sulla fronte del burattino, che si era perso, e il riempimento con resina delle parti marcite.Lo stato del manufatto non avrebbe consentito in alcun modo il suo ripo-sizionamento e con l’assenso degli eredi, l’interessamento del Comune di Parma e la sponsorizzazione del-la Fonderia artistica Caggiati, è stata decisa la rimozione conservativa e la sostituzione in situ con una copia bronzea. Dopo il costoso restauro il piccolo monumento funebre, che sarà sostituito con una copia in bronzo, è esposto al Castello dei Burattini.

La realizzazione della copia in ma-teriale diverso da quello dell’origina-lerisponde alla volontà di non incor-

Fig. 2. - 3. La copia (virtuale) e uno dei rendering. Le usuali tecniche di mappatura permettono di visualiz-zare qualsiasi tipo di risultato su una superficie liscia, anticipando l’effetto della finitura. (G. Buratti)

rere nella creazione di un falso. Pur mantenendo la memoria dell’imma-gine precedente essa ha indotto a ripensare la texture della superficie, che riporta le tracce degli strumenti della lavorazione scultorea e le vena-ture tipiche della materia, servendosi del rendering per la visualizzazione dell’effetto finale. La sostituzione dell’originale con una copia diversa nel materiale pone un problema di principio sull’identità della copia, con la necessità di ridefinire le relazioni tra la riproduzione digitale e la rap-presentazione virtuale del modello per risolvere in modo coerente la re-alizzazione della copia. L’aspetto più delicato è la necessità di riprodurre il legno con un materiale molto diverso come il metallo e quindi di risolvere la differente immagine della copia, con una lavorazione di superficie che ne

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richiami le caratteristiche senza pro-porle come falso.Grazie alle tecniche e ai materiali contemporanei, si potrebbe realizza-re con facilità una copia identica all’o-riginale, ad esempio usando la resina stampata o fresata con una macchi-na per la prototipazione digitale. Questa idea provocatoria, come ipo-tesi ha un valore teorico, perché la resina avrebbe reso possibile una copia indistinguibile dall’originale, ma con un materiale giudicato incongruo al luogo e alla funzione commemora-tiva. Tra le diverse possibilità, grazie alla disponibilità della fonderia che ha accettato di finanziare l’opera-zione, la decisione a priori è stata il bronzo con fusione a cera persa, che tra i materiali tradizionali della scultu-ra funeraria è senza dubbio quello di maggior durabilità garantendo l’uni-cità, qualità e il pregio del risultato, anche come valore economico. La fusione a cera persa, con le tecni-che moderne di fusione ad alta pres-sione in stampi al silicone permette di copiare con la massima fedeltà an-che alcune delle caratteristiche tattili dell’originale, come le venature, le spaccature e la porosità del legno. La fusione richiede uno stampo che deve comunque derivare dal rilievo dell’originale, che diventa modello. La copia in materiale diverso si con-figura come nuovo originale e quin-di il cambio di materiale impone per coerenza una diversa finitura della superficie. L’aspetto più delicato è quindi proprio la necessità di ripro-durre il legno con un materiale molto diverso come il metallo e quindi di ri-solvere la differente immagine della copia, con una lavorazione di super-ficie che ne richiami le caratteristiche

senza proporle come falso. Il calco digitale consente la sperimentazione virtuale di soluzioni diverse nel colore del materiale, che nella realtà è con-seguenza di un trattamento termico o chimico, e nella lavorazione della superficie: la copia viene reinventata come un nuovo originale derivato da quello rimosso, e diventa una citazio-ne. Il processo di copiatura impone di affrontare due differenti problemi, uno di ordine tescnico e uno di ordine estetico:- la realizzazione del calco, che non poteva essere fatto con le tecniche tradizionali della fonderia;- la finitura da dare alla superficie, di-versa nelle caratteristiche tattili (tem-peratura) e visive da quella plastica “rilevabile”.Lo stampo può trasferire ad un ma-teriale diverso i segni di lavorazione del calco, mantenendo una memoria del materiale originale, ma se si cam-bia il materiale, quali segni è logico mantenere? Solo la forma o anche la matericità tattile della superfice, che è un’espressione del materiale?La fusione richiede quindi un model-lo di partenza in materiale povero o il calco dell’originale da sostituire, ov-vero il rilievo in scala e la sua resti-tuzione tridimensionale, insieme alla reinvenzione di tutte le caratteristiche materiche della superficie, nelle quali qualsiasi materiale lascia margini alla manualità dell’artista.Le tecniche della rappresentazione digitale consentono di ponderare le scelte estetiche del colore e della “grana” della superficie tattile sullo stesso modello virtuale da scansione laser che viene usato per la prototi-pazione dello stampo di fusione.Le tecniche di mappatura delle super-

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fici permettono di visualizzare qual-siasi tipo di risultato su una superficie liscia, anticipando l’effetto finale della finitura, senza aluna corrispondenza tra l’immagine e la texture reale della superficie, che è quella che determi-nerà l’effetto voluto: il passaggio dal rendering allo stampo è irrisolto e può essere demandato all’estro di un artista, che con la sua manualità rein-terpreta e dà valore alla copia, che diventa un nuovo originale. Sono possibili però anche altre solu-zioni, che valorizzano la componente digitale della copiatura. La soluzione più coerente sarebbe quella prodot-ta dalle mesh generate dalla nuvola di punti, che esalta gli strumenti del processo e traduce in forma la “lavo-rabilità” virtuale, ma con molte pro-balilità lascerebbe insoddisfatti i più. Nel caso specifico si è tentato di cre-are algoritmi capaci di imporre le leg-gi formali che governano il sistema materico nel tentativo di riprodurre le qualità espressive e sensoriali del-la superficie. Il software generativo permette di gestire oggetti complessi identificando una serie di passaggi che scompongono il problema in un numero finito di livelli più semplici. Gli elementi progettuali di base sono co-stituiti da algoritmi interconnessi tra loro che ad ogni passaggio si influen-zano reciprocamente, generando altri elementi ad un livello superiore fino a che, passo dopo passo, si pro-duce la geometria complessiva. Le texture del monumento funebre pro-poste per la finitura sono state tutte realizzate usando le potenzialità di Grasshopper, applicando due proce-dimenti alternativi basati su concetti radicalmente diversi:- la generazione geometrica, basata

sull’analisi delle primitive geometri-che della texture (seni e coseni nei casi studiati) e distribuzione del pat-tern creato ridimensionato e modifi-cato a seconda delle caratteristiche della superficie considerata;- la generazione tramite Image Sam-pler, un Tool che permette di conver-tire le informazioni cromatiche di un immagine in dati numerici, con il qua-le è possibile ottenere un equivalen-te digitale tridimensionale dall’imma-gine bidimensionale di una texture e

Fig. 3. Prototipazione digitale delle textures tramite la generazione tramite Image Sampler, che permette di convertire le informazioni cromatiche di un immagine in dati numerici, con il quale è possibile ottenere un equivalente digitale tridimensionale dall’immagine bidimensionale di una texture e modificarlo alla bi-sogna.(G. Buratti)

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modificarlo alla bisogna. Il percorso evidenzia quindi come l’elaborazione virtuale dell’immagine del modello sia solo un artificio pro-iettivo di visualizzazione del model-lo, che non risolve la soluzione degli aspetti della lavorazione concreta delle superfici del manufatto (tex-ture). Nella realtà queste il risultato tangibile (plastico) della finitura su-perficiale, che può essere generato e controllato in digitale, come risultato di uno stampaggio 3D verificato su un modello concreto (moke-up). Nella realtà la superficie della fusione sarà il risultato della lavorazione ma-nuale di uno scultore, che nobiliterà la “copia” con la sua mano d’artista. La sperimentazione suggerita dai

problemi posti dalla riproduzione del piccolo monumento ha trasformato un modesto lavoro in conto terzi in una ricerca applicata passibile di ul-teriori interessanti sviluppi. Benchè con gli strumenti attuali l’ela-borazione digitale richieda una note-vole quantità di memoria anche con le macchine più potenti, la combina-zione tra software generativi e nuove tecniche di produzione digitale apro-no la strada a nuove sperimentazioni formali e ampi scenari di impiego che prendono le mosse dal rapporto am-biguo tra la realtà e la sua immagine, sottolineando come la rappresenta-zione sia parte attiva del processo creativo che prende le mosse dal progetto.

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