Nullità derivato Corte d'appello di Torino

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Contratto derivato: anche il tribunale torinese sposa la tesi della nullità Tribunale Torino, sez. I civile, sentenza 17.01.2014 (Giuseppe Angiuli ) Una recente sentenza del Tribunale Civile di Torino (17 gennaio 2014, I^ sez.) sembra porsi in evidente linea di continuità con l’orientamento giurisprudenziale inaugurato dal celebre arret della Corte d’Appello di Milano del settembre 2013. Come si ricorderà, la Corte ambrosiana aveva significativamente definito i derivati over the counter come delle “scommesse legalmente autorizzate”, spalancando le porte ad una nozione ampia di nullità del contratto per carenza genetica di causa. Al contempo, i giudici milanesi avevano discettato sul carattere non decisivo della funzione economica perseguita dallo swap (se di copertura o speculativo) accantonando così la nozione di “causa concreta” del negozio, a cui fanno riferimento molti Tribunali di merito italiani nelle loro sentenze in materia di derivati IRS. Il caso affrontato dalla prima sezione civile del Tribunale di Torino presenta una sua prima peculiarità degna di nota: il contratto derivato, nella fattispecie, non coinvolgeva un’attività imprenditoriale (come solitamente avviene) ma era stato negoziato da una semplice persona fisica in connessione ad un mutuo stipulato per l’acquisto della prima casa. Il mutuo era dell’importo di € 175.000 e prevedeva un piano d’ammortamento di durata trentennale con tasso variabile. La struttura dello strumento finanziario passato sotto la lente d’osservazione della Giustizia ricalcava le più note caratteristiche solitamente ricorrenti nei derivati interest rate swap, fondandosi su un meccanismo di scambio di flussi

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Contratto derivato: anche il tribunale torinese sposa latesi della nullità Tribunale Torino, sez. I civile, sentenza 17.01.2014(Giuseppe Angiuli)

Una recente sentenza del TribunaleCivile di Torino (17 gennaio 2014, I^ sez.) sembra porsi inevidente linea di continuità con l’orientamentogiurisprudenziale inaugurato dal celebre arret della Corted’Appello di Milano del settembre 2013.

Come si ricorderà, la Corte ambrosiana avevasignificativamente definito i derivati over the counter comedelle “scommesse legalmente autorizzate”, spalancando le porte aduna nozione ampia di nullità del contratto per carenzagenetica di causa.

Al contempo, i giudici milanesi avevano discettato sulcarattere non decisivo della funzione economica perseguitadallo swap (se di copertura o speculativo) accantonando cosìla nozione di “causa concreta” del negozio, a cui fannoriferimento molti Tribunali di merito italiani nelle lorosentenze in materia di derivati IRS.

Il caso affrontato dalla prima sezione civile del Tribunaledi Torino presenta una sua prima peculiarità degna di nota:il contratto derivato, nella fattispecie, non coinvolgevaun’attività imprenditoriale (come solitamente avviene) maera stato negoziato da una semplice persona fisica inconnessione ad un mutuo stipulato per l’acquisto della primacasa. Il mutuo era dell’importo di € 175.000 e prevedeva unpiano d’ammortamento di durata trentennale con tassovariabile.

La struttura dello strumento finanziario passato sotto lalente d’osservazione della Giustizia ricalcava le più notecaratteristiche solitamente ricorrenti nei derivati interestrate swap, fondandosi su un meccanismo di scambio di flussi

per il quale, ogni 6 mesi, il cliente pagava alla banca untasso d’interesse fisso del 4,72% mentre l’istituto pagavaal cliente il tasso euribor semestrale (entrambi calcolati suun capitale nozionale di riferimento pari a € 100.000).

Con il crollo dei tassi, il cliente della banca, pur pagandoun interesse basso sul mutuo, proprio a causa del derivatoaveva finito per accumulare dei differenziali passivi cheavevano di fatto azzerato la presunta funzione di coperturaa cui lo stesso strumento finanziario, secondo laprospettazione dell’istituto, avrebbe dovuto fungere, alpunto tale da fargli lamentare di avere assunto un rischiomaggiore con lo swap rispetto a quello assunto con ilcontratto di mutuo.

Il Tribunale di Torino, nella pronuncia in rassegna,fornisce la sua definizione del derivato swap, descrivendolocome “un contratto nominato ma atipico in quanto privo di disciplina legislativa(ovvero solo socialmente tipico), a termine, consensuale, oneroso e aleatorio”la cui funzione economica consiste “nella copertura di un rischiomediante un contratto aleatorio con la finalità di depotenziare le incertezzeconnesse ai costi dei finanziamenti oppure, in assenza di un rischio da cuicautelarsi, in una sorta di scommessa che due operatori contraggono in ordineall’andamento futuro dei tassi d’interesse”.

Il giudice piemontese si richiama espressamente alla celebresentenza di Milano, riprendendone diversi passaggi non senzamantenere un qualche suo margine di originalità.Anzitutto, anche in questo caso, si afferma che il contrattoderivato, per poter reggersi su di una effettiva causa, deveassumere alcune caratteristiche indefettibili sin dalprincipio dell’operazione finanziaria.

Più precisamente, a detta del Tribunale torinese, ilderivato, per poter dirsi conforme alla legge:

non deve porre costi impliciti a carico del cliente; non deve avere un mark to market negativo all’inizio

dell’operazione ovvero, nel caso di MTM negativo labanca deve comunque versare un up front di corrispondenteimporto;

deve presentare un’alea ben comprensibile dal cliente.

La sentenza in commento si muove lungo il solco giàtracciato dalla Corte d’Appello di Milano soprattutto quandoribadisce la assoluta necessità di una opportunaconsapevolezza, da parte del cliente della banca, circal’entità del rischio assunto con la stipula dello swap.

Se è infatti possibile, per il nostro ordinamento,legittimare dei rapporti contrattuali in qualche modosquilibrati a favore di uno dei contraenti, non può essereaccettato uno schema negoziale connotantesi per delle aleedi cui lo stesso contraente non sia stato – preventivamenteed esaustivamente – messo al corrente.

E perché sia garantita al cliente della banca una adeguataconsapevolezza sull’entità dell’alea connessa al contrattodi swap, anche il giudice piemontese (al pari della Corted’Appello di Milano) ha ritenuto essenziale la preventivacomunicazione del mark to market al momento della firma delcontratto, a maggior ragione se esso – come è emerso nellafattispecie – aveva un valore inizialmente negativo.

L’unica considerazione che sembra fare discostare ilTribunale di Torino dall’arret della Corte ambrosiana attieneal concetto di “causa concreta”.

Mentre la sentenza di settembre dello scorso anno facevaintendere che lo schema di princìpi generali a presidiodegli interessi del contraente debole non può che valere perqualsiasi tipologia di swap, potendosi dunque legittimamenteparlare di “causa del contratto” in senso generale ed ampio, ilTribunale di Torino, viceversa, riprende un filone diragionamento già seguito da numerosi Tribunali di merito eche tende a distinguere tra “causa in astratto” e “causaconcreta”[1].

Se, dunque, per i giudici milanesi, la mancanza nel derivatoswap del requisito della consapevolezza sull’alea assuntaproduce una nullità del negozio per carenza genetica di“causa”, a prescindere dal fatto che si tratti di underivato speculativo o di copertura, per il Tribunale diTorino è invece decisivo compiere un’accurata indagine voltaad individuare la “causa concreta” ossia il risultato economicovoluto dalle parti.

Per il consesso torinese, “la causa quale elemento essenziale delcontratto non deve essere intesa come mera ed astratta funzione economicosociale del negozio bensì come sintesi degli interessi reali che il contratto èdiretto a realizzare e cioè come funzione individuale del singolo, specificocontratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto”.Seguendo tale filone di ragionamento, il Tribunale di Torinoè pervenuto a dichiarare nullo lo swap per carenza di una“causa concreta” nel contratto, motivando sul fatto che lapresunta funzione di copertura del prodotto, alla luce dellepossibili previsioni sull’andamento dei tassi, era statacongegnata dalla banca sulla base di uno scenario (quellodel possibile rialzo dei tassi) “non concretamente realizzabile”.

Quale conseguenza della declaratoria di nullità del negozio,il cliente della banca, in forza della disciplina in tema diripetizione dell’indebito (art. 2033 cod. civ.), ha ottenutola rifusione di tutti gli importi pagati a titolo didifferenziali negativi prodotti dallo swap nel corso delrapporto, maggiorati degli interessi legali a far data dalladomanda giudiziale.

La pronuncia in commento si candida senza dubbio ad occupareuna posizione significativa nell’ambito della giurisprudenzasui derivati, non soltanto perché essa proviene da unorganismo giudiziario storicamente non molto sensibile agliinteressi dei “contraenti deboli” ma anche perché costituisceuno dei primi segnali di consolidamento dell’orientamentoche ha preso vita con la nota pronuncia della Corted’Appello di Milano del settembre 2013.

Per approfondimenti:

Contratti di finanziamento bancario, di investimento, assicurativi e derivati, di Gianni Origoni GrippoCappelli & Partners, AA.VV., Ipsoa, 2012.

(Altalex, 15 aprile 2014. Nota di Giuseppe Angiuli)

_________________________ 

[1] Ex multis, Corte d’Appello di Trento, sentenza n. 141/2013; Tribunaledi Bari, ordinanza del 15.7.2010.

/ contratto derivato / nullità del contratto / swap / mutuo/ Giuseppe Angiuli /

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TRIBUNALE DI TORINO

SEZIONE I CIVILE

Sentenza 17 gennaio 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO

Prima Sezione Civile

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Luca Martinat

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. (OMISSIS)promossa da:

B. R., con il patrocinio dell’avv. Massimiliano Elia pressoil cui studio in Torino, corsoMatteotti n. 3 bis, èelettivamente domiciliata in forza di procura a marginedell’atto di citazione,

ATTRICE

contro

Banca R. E. s.p.a., con il patrocinio degli avv.ti C. F. P.e C. F., e presso lo studio di quest’ultima in Torino,(OMISSIS), elettivamente domiciliata in forza di procura amargine della comparsa costitutiva,

CONVENUTA

Conclusioni delle parti:

Parte attrice:“Come al foglio a parte allegato al verbale d’udienza del09.10.2013”, cui si rinvia.

Parte convenuta:“Come al foglio a parte allegato al verbale d’udienza del09.10.2013”, cui si rinvia.

Motivi della decisione

1. Nel presente procedimento B. R. citava in giudizio laBanca R. E. s.p.a., rappresentando di aver sottoscritto conla convenuta in data 24.05.2007 un mutuo trentennale a tassovariabile dall’importo di € 175.000,00 per l’acquisto dellaprima casa e contemporaneamente, su richiesta dellacontroparte, un contratto di Interest Rate swap che avrebbedovuto coprire il rischio connesso al rialzo del tasso diinteressi del contratto di mutuo.

Con tale contratto, in particolare, sulla base di unnozionale di € 100.00,00 e con scadenza a cinque anni,l’attrice si impegnava ogni 6 mesi al pagamento a favoredella Banca di un tasso di interesse pari al 4,72%, mentrela banca si impegnava a pagare un tasso di interesse pariall’euribor a sei mesi: l’andamento dei tassi nel corsodello svolgimento del rapporto, tuttavia, determinava(tranne che per il primo periodo), forti perdite perl’attrice (pari, alla cessazione del contratto ad €10.793,43).

Ciò posto la B. con il presente giudizio chiedevadichiararsi la nullità del contratto di swap sottoscrittoper violazione intrinseche alla sua formazione (per non aver

la banca raccolto le informazioni necessarie per verificarele conoscenze in materia dell’attrice e per omessaspiegazione dei rischi connesse all’operazione) per mancanzadi equilibrio finanziario dello swap (non essendo lo stessoadeguatamente correlato al mutuo i cui rischi di cambiamentodel tasso di interesse avrebbe dovuto coprire), per mancanzadi causa in concreto (non essendo lo swap idoneo a coprire irischi assicurati e per essere stati inclusi costi implicitipari ad € 1.279,00, ragion per cui lo swap non poteva essereconsiderato stipulato “par”, con conseguente obbligo per labanca di provvedere al versamento della somma di denaro –detta up front – necessaria per riequilibrare le previsionidei flussi di pagamento al momento della stipulazione delcontratto, obbligo non assolto nella fattispecie in esame).

Chiedeva quindi in subordine l’attrice di pronunciaresentenza di annullamento per errore del contratto di swap ola risoluzione del contratto per eccesso di copertura(essendo maggiore il rischio assunto con lo swap rispetto aquello assunto con il contratto di mutuo), per mancataconsegna del documento sui rischi generali, per omessainformazione e omessa valutazione dell’adeguatezzadell’operazione finanziaria.

Costituitasi in giudizio, la B.r.e. s.p.a. contestava lafondatezza dell’avversaria domanda, rilevando come la B.fosse stata adeguatamente informata circa la natura delloswap che stava per sottoscrivere, come detto swap fossestrettamente legato alle esigenze di tutela dalleoscillazioni del tasso di interesse variabile del mutuosottostante, come solamente l’improvviso crollo dei tassi diinteresse avesse reso svantaggioso per la cliente lo swap(prima del crollo, infatti, la stessa aveva pure avuto postesemestrali in attivo) e come in ogni caso le perdite sulloswap erano state compensate dalla contemporanea riduzionedelle rate del mutuo.La causa giungeva infine a decisione previa l’escussione ditaluni testi richiesti dalle parti.

2. Tanto premesso, il Tribunale in via generale osserva cheil contratto di swap può essere definito un contrattonominato, ma atipico in quanto privo di disciplinalegislativa (ovvero solo socialmente tipico), a termine,

consensuale, oneroso e aleatorio, contraddistinto per ciòche riguarda l’interest rate swap dallo scambio a scadenzeprefissate dei flussi di cassa prodotti dall’applicazione didiversi parametri ad uno stesso capitale di riferimento(c.d. nozionale), sicché la funzione del contratto consistenella copertura di un rischio mediante un contrattoaleatorio, con la finalità di depotenziare le incertezzeconnesse ai costi dei finanziamenti oppure, in assenza di unrischio da cui cautelarsi, in una sorta di scommessa che dueoperatori contraggono in ordine all’andamento futuro deitassi di interesse.

In pratica la posta passiva derivante dall’aumento del tassovariabile relativo al finanziamento dovrebbe essere, nellaprospettiva del cliente, neutralizzata dalla posta attivacostituita dal rapporto fra tasso fisso e tasso variabilenel rapporto di swap.

Se però il tasso di interesse anziché aumentare crolla, ciòrappresenta un indubbio vantaggio quanto al rapporto difinanziamento, ma nell’ambito dello swap è il cliente adover versare la differenza alla banca, e l’ammontare dellaperdita è direttamente proporzionale al livello diabbassamento del tasso (come infatti avvenuto nellafattispecie in esame).

Tanto premesso, deve quindi essere esaminato se il contrattooggetto di causa, come concretamente prospettato dalle partie come sopra descritto, non costituisca una deviazione dellacausa rispondente alla suddetta tipicità sociale (comeaffermata dall’attrice secondo cui lo schema causale è statoadoperato dalla banca per finalità non ad esso coerenti, nonessendo in grado in concreto di realizzare la funzionedell’interest rate swap a vantaggio del cliente), in quantodeve ritenersi che per la validità di un contratto non è piùsufficiente affidarsi ad uno dei tipi già previsti dallalegge o dalla consuetudine sociale (secondo un’ottica dicausa in astratto, sostanzialmente coincidente con lafunzione tipica e sociale del modello contrattualeprescelto), essendo invece ormai necessario valutare se ilcontratto abbia determinato un apprezzabile mutamento nellasfera giuridica dei contraenti sotto il profilodell’idoneità a perseguire il risultato economico voluto

dalle parti, testando quindi la causa in concreto, pena lanullità del contratto medesimo per difetto di causa.

È stato recentemente affermato, infatti, (Cass. civ., Sez.III, 08/05/2006, n. 10490, ma anche Cass. civ., Sez. III,12/11/2009, n. 23941), che se la definizione del codice dicausa è, in definitiva, quella di funzione economico-socialedel negozio riconosciuta rilevante dall’ordinamento ai finidi giustificare la tutela dell’autonomia privata, “da partedella più attenta dottrina, e di una assai sporadica eminoritaria giurisprudenza (Cass. Sez. 1^, 7 maggio 1998, n.4612, in tema di Sale & lease back) Sez. 1^, 6 agosto 1997,n. 7266, in tema di patto di non concorrenza; Sez. 2^, 15maggio 1996, n. 4503, in tema di rendita vitalizia), sidiscorre da tempo di una fattispecie causale “concreta”, esi elabori una ermeneutica del concetto di causa che, sulpresupposto della obsolescenza della matrice ideologica checonfigura la causa del contratto come strumento di controllodella sua utilità sociale, affonda le proprie radici in unaserrata critica della teoria della predeterminazione causaledel negozio (che, a tacer d’altro, non spiega come uncontratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendotale elemento in termini di sintesi degli interessi realiche il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là delmodello, anche tipico, adoperato). Sintesi (e dunque ragioneconcreta) della dinamica contrattuale, si badi, e non anchedella volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscrittanell’orbita della dimensione funzionale dell’atto, ma,questa volta, funzione individuale del singolo, specificocontratto posto in essere, a prescindere dal relativostereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concettodi funzione economico-sociale del negozio che, muovendodalla cristallizzazione normativa dei vari tipicontrattuali, si volga alfine a cogliere l’uso che diciascuno di essi hanno inteso compiere i contraentiadottando quella determinata, specifica (a suo modo unica)convenzione negoziale”.

Se, quindi, la causa quale elemento essenziale del contrattonon deve essere intesa come mera ed astratta funzioneeconomico sociale del negozio bensì come sintesi degliinteressi reali che il contratto è diretto a realizzare, ecioè come funzione individuale del singolo, specifico

contratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattualeastratto, allora nel caso in cui un contratto di swapstrutturato in modo tale che, concretamente, uno deicontraenti, ovvero tendenzialmente il cliente dell’istitutobancario, ben difficilmente avrebbe potuto beneficiarne inquanto, a mero titolo esemplificativo, l’andamento del tassod’interesse che gli avrebbe determinato un beneficio allaluce delle pattuizioni contrattuali non era concepito comeconcretamente realizzabile dagli operatori del sistema (acominciare dalla Banca centrale europea), evidentemente èprivo di causa in concreto, così come è privo di causa inconcreto qualora la scommessa sottesa allo swap sia statastrutturata dalla banca in modo tale da alterare,all’insaputa del cliente, gli equilibri finanziari dellascommessa stessa (come in pratica affermato dalla difesadell’attrice).

In merito, anche recentemente, è stato infatticondivisibilmente affermato che “nelle operazioni diinterest rate swap è ravvisabile una causa in astratto -coincidente con lo scambio di flussi corrispondente aldifferenziale che, nel tempo di esecuzione del contratto, sidetermina tra due tassi di interesse differenti epredefiniti, applicati a un capitale nozionale diriferimento - ed una causa in concreto, individuabile nelcontratto intervenuto tra le parti e considerato nella suaspecifica conformazione” sicché “va dichiarata la nullitàper assenza di causa concreta dell’operazione diinvestimento posta in essere attraverso la sottoscrizione dicontratti di interest rate swap tra loro collegati estrutturati in modo tale da non soddisfare la richiesta dicopertura dell’investitore e da porre il rischioesclusivamente a suo carico” (Tribunale Ravenna 08 luglio2013, reperibile sul sito “Ilcaso.it”).

Ciò posto in via generale, il Tribunale, in relazione allevariegate doglianze formulate dalla difesa dell’attrice inordine alla correttezza dell’operato complessivo dellaconvenuta, rileva che nella fattispecie in esame, comecorrettamente eccepito, sono stati indubbiamente addebitaticosti impliciti (in quanto non adeguatamente indicati) acarico della B., venendo in tal modo ad essere alterate ab

origine ed all’insaputa dell’attrice le alee rispettivamenteassunte.

Sul punto basta richiamare, infatti, la consulenza prodottain giudizio dall’attrice e mai sul punto espressamentecontestata dalla difesa della convenuta, la quale, ineffetti, in sede di comparsa costitutiva ha negato di averepraticato costi impliciti (senza tuttavia procedere ad unapuntuale contestazione delle risultanze della perizia diparte attrice, la quale di conseguenza, sul punto, per ilprincipio di non specifica contestazione, deve ritenersiprocessualmente riconosciuta), mentre in sede di primamemoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. (pag. 8), purcontinuando a negare l’applicazione di costi o commissioniimpliciti ha ammesso l’esistenza di norme tecnichespecifiche (ad esempio in merito al rischio di controparte)in conseguenza delle quali le banche sono obbligate adinserire nei contratti di swap strumenti volti alla tuteladel mercato che implicano dei costi di maggiorazione cherestano a carico del cliente.

In sede, infine, di comparsa conclusionale, la difesa dellabanca (pag. 28) nega la presenza di addebiti di costi chepossano essere ritenuti impliciti affermando che da un latoil disavanzo individuato quale differenziale fra Euribor etasso fisso era ed è un dato manifesto (non occulto) sicché,stante la sua

evidenza, non potrebbe essere considerato un costo implicitoe, dall’altro lato, non sarebbe in ipotesi censurabilel’applicazione di margini di intermediazione a carico delcliente.

Secondo la convenuta, infatti, non sarebbe correttol’impiego di espressioni quali commissioni occulte oimplicite quando in realtà gli addebiti contestatidall’attrice altro non sono che “il costo della transazionee i fattori di costo e di rischio sopportatidall’intermediario finanziario nell’ambitodell’operatività”, come anche consigliato dall’Abi, ragionper cui – conclude la banca – non può ravvisarsi laresponsabilità della convenuta con riguardo agli addebitiricevuti dal cliente 8e da questi denominati “costi

impliciti) in esecuzione del contratto di swap oggetto dicausa.

Tanto premesso, va quindi evidenziato con considerazioneassorbente che nella fattispecie in esame, al di là di unacerta ambiguità linguistica e terminologica operata dallabanca nelle proprie difese ed al di là di ogniconsiderazione circa l’attendibilità della consulenzaprodotta da parte attrice, è comunque matematicamenteevidente (sicché non è necessario procedersi a Ctu) come loswap oggetto di causa non fosse in partenza par (ovveronullo) da un punto di vista dei rischi rispettivamenteassunti, ma negativo per la B., la quale, pertanto, hasopportato un rischio di fatto diverso e maggiore rispetto aquello sostenuto dalla banca.

L’attrice, infatti, si era obbligata a pagare allacontroparte un tasso di interesse annuo pari al 4,72%,mentre la convenuta si era obbligata a pagare gli interessicalcolati sulla base dell’euribor a sei mesi, che, almomento della stipulazione del contratto, valeva all’incircail 4,24% (doc. n. 7 parte convenuta).Di conseguenza, risulta evidente che il valore atteso deiflussi cedolari attualizzati alla data di stipulazione delcontratto (ovvero il cosidetto Mark to Market) era negativoper l’attrice atteso che gli interessi che essa si eraimpegnata a versare superavano gli interessi che si eraimpegnata a versare la banca (attraverso il calcoloattualizzato del valore dell’euribor al momento dellasottoscrizione dello swap).

Per rendere quindi l’operazione in pari, la banca avrebbedovuto corrisponde il c.d. up front alla B., cioè una sommapari alla differenza di valore dei flussi esistente almomento della stipulazione del contratto, cosa pacificamentenon avvenuta (ed è questa la somma che l’attrice definiscecosto implicito).

Esisteva, dunque, un costo implicito a carico dell’attrice(che in pratica si era obbligata a condizioni più oneroserispetto a quelle della convenuta), essendo a tal fineirrilevante che il predetto costo sia stato imputato dallabanca a delle commissioni, al margine di intermediazione o

ai costi di gestione del rischio: ciò che rileva ai finidella presente decisione è esclusivamente lo squilibrioiniziale del contratto di swap in relazione alleobbligazioni rispettivamente assunte.

Detto squilibrio, inoltre, contrariamente a quanto sostenutodalla difesa della convenuta, non poteva certamente essereconsiderato manifesto in quanto mera applicazione deicriteri matematici esposti nello swap oppure ritenutoimplicito nella natura dell’operazione intrapresa (quasi chefosse un normale corollario): esso, infatti, proprio inquanto non esplicitato, risulta di ardua e non immediatacomprensione per un semplice consumatore (quale era la B.),alla quale, inoltre, come emerso anche dalle prove orali,era stato sì spiegato il meccanismo di funzionamento dellaswap in correlazione al cambiamento del tasso di interessedell’euribor, ma le era stato del tutto taciuto (almeno ciònon è emerso dall’istruttoria orale e documentale esperita)il fatto che la convenienza del contratto sottoscrittodoveva anche essere valutata alla luce dello squilibrioiniziale delle obbligazioni rispettivamente assunte.

L’attrice, in effetti, in assenza di indicazioni espresse disegno contrario, era legittimata a ritenere equo (ovvero“par”) il contratto sottoscritto, non essendo essa tenuta aconoscere il valore dell’euribor al momento dellastipulazione del contratto, valore tra l’altro neppureesplicitato nel contratto stesso: alla B., dunque, mancavapure la possibilità di raffrontare immediatamente il tassodi interesse al quale le parti si erano rispettivamenteimpegnate.

Contrariamente, quindi, a quanto sostenuto dalla difesadella banca, lo squilibrio fra i rischi rispettivamenteassunti non poteva essere ritenuto manifesto dai daticontrattuali.A ciò si aggiunga che il foglio informativo (doc. n. 4 parteconvenuta) relativo ai contratti di interest rate swapespressamente (punto 6) escludeva l’applicazione dicommissioni a carico del cliente (osservandosi quindi a talriguardo che “il diritto dell’intermediario alla maturazionedi commissioni atte a remunerare l’attività di allestimentodella struttura ed il rischio insito nelle operazioni in

conto proprio è in contrasto con la pattuizione contrattualeche escluda la possibilità di porre commissioni a carico delcliente il cui addebito si configurerebbe come indebitopagamento”: Tribunale Pescara, 03 ottobre 2012).

In definitiva, dunque, la B. non era stata adeguatamenteinformata dalla controparte in ordine all’effettiva alea cheentrambi i contraenti avevano assunto con la stipulazionedello swap oggetto di causa, non essendo stato indicati irispettivi mark to market: ciò che rileva, in effetti, aifini della valutazione della sussistenza della causa inconcreto, non è tanto o solo lo squilibrio dell’alearispettivamente assunta, quanto la consapevolezza delcontraente debole del differente livello di rischio assuntodalle parti.

Il mero squilibrio delle alee assunte, infatti, di per sénon è motivo per ritenere assente la causa in concreto, benpotendo le parti, nell’esercizio della loro autonomiacontrattuale, consapevolmente stipulare un contratto di swapin cui una delle parti si assume un rischio maggioredell’altra: tale circostanza, tuttavia, deve essere fruttodi una libera scelta delle parti e non una conseguenzaderivante dai parametri inseriti nel contrattosoggettivamente ignota al contraente debole (ovvero ilconsumatore) in quanto unilateralmente predisposta dallaconvenuta (che riveste indubbiamente sia la qualifica dioperatore qualificato sia di controparte direttadell’attrice e come tale per definizione in conflitto diinteressi) ed in quanto non immediatamente percepibile dallalettura del contratto, essendo necessarie conoscenzeulteriori (quali il valore al momento della sottoscrizionedell’euribor).

Merita a questo punto essere ricordata una recente econdivisibile pronuncia della Corte di Appello di Milano(Appello Milano 18 settembre 2013, reperibile sul sito“Ilcaso.it”) che testualmente, in una fattispecie analogaalla presente, ha affermato che “diversamente da quantoavviene allorché l’intermediario si limiti ad acquistare ilprodotto sul mercato quale mero mandatario del propriocliente, nei derivati over the counter l’intermediario èsempre controparte diretta del proprio cliente e

“condivide”, pertanto, con lui l’alea contenuta nelcontratto. Nel derivato over the counter, l’oggetto delcontratto è costituito da uno scambio di differenziali adeterminate scadenze, mentre la sua causa risiede in unascommessa che entrambe le parti assumono, con laprecisazione che nella scommessa legalmente autorizzata,come quella ritenuta meritevole di tutela da parte dellegislatore finanziario, l’alea non può che essere“razionale” per entrambi gli scommettitori e ciò aprescindere dall’intento che ha determinato la conclusionedel contratto, sia esso di mera copertura, ovverospeculativo.

Perché l’alea, che, come detto, costituisce l’oggetto delcontratto, possa considerarsi “razionale” debbono esseredefiniti e conosciuti ex ante, con certezza, gli scenariprobabilistici e delle conseguenze del verificarsi deglieventi. In sostanza, tutti gli elementi dell’alea e gliscenari che da essa derivano costituiscono ed integrano lacausa stessa del contratto, perché appartengono alla “causatipica” del negozio, indipendentemente dalle ricorrentidistinzioni tra scopo di copertura o speculativo. In difettodi tali elementi, il contratto deve ritenersi nullo perdifetto di causa, poiché il riconoscimento legislativorisiede nella “razionalità” dell’alea e, quindi, nella sua“misurabilità”, non essendo concepibile e non meritando,pertanto, tutela un negozio caratterizzato dalla creazionedi alee reciproche e bilaterali, la qualità e la quantitàdelle quali siano ignote ad uno dei contraenti ed estraneeall’oggetto dell’accordo.

La circostanza che, al momento della conclusione delcontratto, l’investitore non conosca il c.d mark to market eche questo elemento non rientri nel contenuto dell’accordo,comporta la radicale nullità dei contratti di interest rateswap, perché esclude che l’investitore abbia potutoconcludere la “scommessa” conoscendo il grado di rischioassunto, laddove, per contro, l’intermediario aveva perfettaconoscenza del proprio rischio avendolo misuratoscientificamente e su di esso predisposto lo strumentofinanziario.

La mancata indicazione del mark to market consente, inoltre,all’intermediario (il quale, in base al contratto quadro, èanche un mandatario oltre che controparte della scommessa)di occultare il suo compenso, rappresentato dai c.d. costiimpliciti, all’interno delle condizioni economiche dell’attogestorio.

Il che determina la nullità del contratto derivato anche inragione del difetto di accordo su un requisito essenzialedel compenso ai sensi dell’articolo 1709 c.c, il qualedispone che, nel mandato oneroso, il compenso del mandatariosia consapevolmente stabilito dalle parti e quindi nonoccultato fra le condizioni economiche predisposte dalmandatario. Il compenso deve, quindi, essere determinato nelcontratto o determinabile in virtù di un criterio (modellomatematico di pricing) condiviso ex ante dall’intermediarioe dal cliente.

Nei contratti di interest rate swap, la mancataesplicitazione del modello matematico di pricing e delmarket to market rende arbitraria la stessa liquidazionedegli importi richiesti a titolo di corrispettivo delrecesso, proprio perché siffatta liquidazione appare ilfrutto di una quantificazione unilaterale da partedell’intermediario, del tutto slegata da criteripredeterminati nei contratti. Allo stesso modo, l’assenzadel mark to market e degli scenari probabilistici rende deltutto priva di giustificazione causale la clausola checontempla l’eventuale erogazione del c.d. up front in quantoanche la misura in cui il finanziamento contribuisce adintegrare il riequilibrio del valore iniziale del derivatoincide sulla causa dello stesso” (Appello Milano 18settembre 2013).

Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’insussistenza dellacausa in concreto è l’assenza di adeguata informazionefornita dalla banca al cliente in ordine ai rischieffettivamente assunti, informazione che necessitava quantomeno dell’indicazione dei rispettivi mark to market.

Nei contratti derivati IRS, infatti, l’up front costituisceun’efficace indicatore della presenza di un rischio

connaturato alla struttura contrattuale e imponeall’intermediario un particolare dovere di consulenzafedele, atteso che l’obbligo di comportarsi con diligenza,correttezza e trasparenza deve ritenersi connaturato alcontratto di intermediazione finanziaria, tanto più nel casoin cui l’intermediario si ponga come diretta contropartedell’operazione.

L’obbligo di informazione e trasparenza della banca non puòche porsi dunque anche in relazione alle c.d. commissioniimplicite (a qualunque titolo imputate dalla banca),individuabili nella differenza (non riequilibrata con ilricorso ad up front) fra il mark to market (inteso qualevalore di mercato del contratto stimato attualizzando iflussi di cassa attesi) dei pagamenti del cliente ed il markto market dei pagamenti in capo alla banca.

Se è vero infatti che all’intermediario sono impostiobblighi di informazione circa la natura, i rischi e leimplicazioni dell’operazione, con riguardo alla negoziazionedi prodotti derivati, tali obblighi devono tradursianzitutto nella puntuale illustrazione al cliente deimeccanismi del prodotto, in maniera tale che, prima disottoscrivere il contratto, il cliente sia correttamenteinformato sull’idoneità dello strumento finanziario aperseguire le finalità di copertura richieste e sui rischirispettivamente assunti.Gli obblighi di informazione in questione devono quindialtresì tradursi nell’indicazione chiara dei reali costidella struttura, ivi compresi quelli di produzione egestione del derivato addebitati al cliente ed il margineeffettivamente lucrato dall’intermediario che si ponga comecontroparte diretta, anche perché detti costi incidono sullostesso oggetto del contratto, sia sotto il profilo dellapattuizione del compenso della banca sia sotto il profilodell’esatta determinazione delle alee rispettivamenteassunte (e quindi sulla convenienza stessa del contrattostipulando), come sopra già evidenziato.

L’inosservanza dei predetti obblighi, di conseguenza,determina l’insussistenza della causa in concreto e quindila nullità del contratto, in quanto incide sulla capacitàdella controparte di comprendere l’esatto significato

dell’operazione economica che stava ponendo in essere.Va inoltre osservato che è vietato ad un contraentedeterminare sostanzialmente in modo unilaterale, ed in basea criteri non trasparenti e controllabili, elementi delcontenuto del contratto, come invece avvenuto nellafattispecie in esame (da ultimo, Cassazione civile, sent. n.2072 del 2013).Né supplisce il mero richiamo ad asseriti costi di mercato,di transazione o di copertura dei fattori di rischio (comeinvece sostenuto dalla difesa di parte convenuta) perché ilrinvio – in pratica – alle prassi, quand’anchescientificamente condivise e suggerite da organizzazioni dicategoria quali l’Abi, equivale all’applicazione di usi,testualmente vietata nella materia dell’intermediazionefinanziaria (art. 23, comma 2 TUE).

Prosegue inoltre condivisibilmente la sopracitata sentenzadella Corte di Appello di Milano con argomentazioniperfettamente estendibili anche alla presente fattispecieche “sotto ulteriore profilo, la mancanza dell’indicazionedel mark to market al momento della conclusione delcontratto consente all’intermediario, che è “anche” unmandatario oltreché controparte della scommessa (ed èmandatario in virtù del contratto quadro di investimento edaltresì titolare di ufficio di diritto privato), dioccultare il suo compenso, rappresentato dai c.d. costiimpliciti, all’interno delle condizioni economiche dell’attogestorio. Il che determina la nullità del contratto derivatoanche in ragione del difetto di accordo sul requisitoessenziale del compenso ex art. 1709 c.c., il quale disponeche, nel mandato oneroso, il compenso del mandatario siaconsapevolmente “stabilito dalle parti” cioè, ovviamente,non occultato fra le condizioni economiche predisposte dalmandatario per assicurarsi un compenso non esplicitato (inevidente conflitto con l’interesse del cliente).

Il compenso deve, al contrario, essere determinato nelcontratto o deve essere determinabile in virtù di uncriterio (modello matematico di pricing) condiviso ex antedall’intermediario e dal cliente.L’indicazione del mark io market e degli scenariprobabilistici nel contratto avrebbe, per contro, consentitodi risolvere, in radice, il problema lamentato in causa

dalle parti appellate; e cioè che il contratto derivato siapresentato come strumento di copertura di un rischio, ma nonsia chiaro quale sia, quantitativamente e qualitativamente,il diverso (e sovente assai maggiore) rischio che assumel’investitore, concludendo il contratto”.

La pretesa quindi dell’intermediario alla maturazione dicommissioni atte a remunerare l’attività di allestimentodella struttura ed il rischio insito nelle operazioni inconto proprio è in contrasto con la pattuizione contrattualeche escluda la possibilità di porre commissioni a carico delcliente il cui addebito si configurerebbe come indebitopagamento.Infatti, “in tema di contratti di swap, la valutazione circal’adeguatezza dell’operazione finanziaria imponeall’intermediario di formulare un giudizio sull’operazionefinanziaria tale da garantire ai clienti le informazioniadeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dellaspecifica operazione, la cui conoscenza è indispensabile aquesti ultimi per effettuare scelte consapevoli” (TribunaleNovara, 08/02/2010, n. 110).

Di conseguenza, anche sotto questo profilo deve evidenziarsil’inadeguatezza causale del contratto oggetto di causa equindi deve concludersi affermando che “la non rispondenzadelle condizioni economiche contrattuali del contrattoderivato Interest Rate Swap alla funzione di copertura delrischio nello stesso enunciata ne comporta la nullità perdifetto di causa (art. 1418, comma secondo, c.c.), daintendersi quale sintesi degli interessi concretamenteperseguiti dalla negoziazione” (Tribunale Monza, 17 luglio2012, reperibile sul sito “Ilcaso.it”).

3) Da quanto precede, dunque, il contratto di interest rateswap deve essere dichiarato nullo per mancanza di causa inconcreto e dalla pronuncia di nullità, in forza delladisciplina della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.),discende la condanna della Banca alla restituzione deiflussi negativi addebitati alla B. per effetto del contrattoswap di cui è causa, ovvero, come dichiarato dall’attrice emai contestato dalla convenuta € 10.793,43, già detratta incompensazione la somma corrisposta alla B. nella faseiniziale di esecuzione del contratto.

Su tale somma, quindi, in applicazione delle norme sullaripetizione dell’indebito (secondo cui “nell’ipotesi dinullità di un contratto, la disciplina degli eventualiobblighi restitutori è mutuata da quella dell’indebitooggettivo, con la conseguenza che qualora l’accipiens sia inmala fede nel momento in cui percepisce la somma darestituire è tenuto al pagamento degli interessi dal giornoin cui l’ha ricevuta”: (Cassazione civile, sez. I,08/04/2009, n. 8564), parte convenuta deve essere condannataal pagamento degli interessi di mora al saggio legale.

Circa la decorrenza dei predetti interessi, va evidenziatoche “in tema di indebito oggettivo, la buona fededell’”accipiens” al momento del pagamento è presunta perprincipio generale, sicché grava sul “solvens” che facciarichiesta di ripetizione dell’indebito, al fine delriconoscimento degli interessi con decorrenza dal giorno delpagamento stesso e non dalla data della domanda, l’onere didimostrare la malafede dell’”accipiens” all’atto dellaricezione della somma non dovuta” (Cassazione civile, sez.lav., 08/05/2013, n. 10815).

Nella fattispecie in esame, dunque, ritiene il giudicanteche parte attrice nulla abbia provato o anche solo allegatoin ordine alla malafede della controparte, malafede nondesumibile in effetti ad avviso del giudicante dalla meraredazione di un contratto nullo, circostanza eventualmenterilevante per ritenere in colpa grave la banca, ma che èirrilevante ai fini della decorrenza degli interessi attesoche “in materia di indebito oggettivo, ai fini delladecorrenza degli interessi ai sensi dell’art. 2033 c.c. edella rilevanza dell’eventuale maggior danno di cui all’art.1224, comma 2, c.c., rileva una nozione di buona fede insenso soggettivo, coincidente con l’ignoranza dell’effettivasituazione giuridica in conseguenza di un errore di fatto odi diritto, anche dipendente da colpa grave, non essendoapplicabile la disposizione dettata dall’art. 1147, comma 2,in riferimento alla buona fede nel possesso. Pertanto, ancheil dubbio particolarmente qualificato circa l’effettivafondatezza delle proprie pretese è compatibile con la buonafede ai fini in esame” (Cassazione civile, sez. lav.,25/05/2007, n. 12211).

Ovviamente, poi, per i pagamenti successivi all’introduzionedella domanda, la decorrenza degli interessi non può chedecorrere dalle date dei singoli pagamenti.Non può essere invece dichiarato nullo il contrattonormativo che ha costituito il presupposto per lastipulazione del contratto di swap dichiarato invece nulloatteso che in relazione ad esso alcuna specifica doglianza èstata mossa dall’attrice e non essendo lo stesso affetto daalcun vizio comportantene la nullità (vizio peraltro neppureindicato dall’attrice, essendo tutte le contestazioniformulate dalla B. in concreto indirizzate al contratto diswap e non al contratto normativo), osservandosi quindiincidentalmente come la nullità del contratto derivato(ovvero il contratto di swap) non abbia alcuna influenzasulla validità del contratto che ne costituisce ilpresupposto (ovvero il contratto normativo), essendo semmaivero il contrario.

L’accoglimento, infine, della domanda formulata in viaprincipale comporta l’assorbimento delle domande formulatein via graduata dall’attrice.Nessun ulteriore importo può invece essere riconosciuto afavore dell’attrice a titolo di risarcimento del danno(anche solo con sentenza di condanna generica) poichéqualunque pregiudizio economico deve ritenersi assorbitonella rifusione di tutti i risultati negativi del contratto,trattandosi di condanna idonea a ripristinare la B. nellamedesima situazione patrimoniale in cui versava prima dellastipula del contratto viziato da nullità, salva la deduzione(nel caso di specie radicalmente assente) di specifici danniulteriori, di tal che la relativa domanda deve esseredisattesa

4) Le spese di giudizio come liquidate in dispositivoseguono la complessiva soccombenza della convenuta ex art.91 c.p.c.

P.Q.M.

il Tribunale,

in composizione monocratica,

definitivamente pronunciando,

ogni contraria domanda, eccezione e istanza disattesa,

nel contraddittorio fra le parti,

Dichiara la nullità per difetto di causa del contratto diinterest rate swap sottoscritto in data 24.05.2007.Rigetta la domanda di nullità del contratto normativosottoscritto in data 24.05.2007.

Rigetta la domanda di risarcimento del danno formulata daparte attrice.

Condanna la Banca R. E. s.p.a. a restituire a B. R. la sommadi € 10.793,43, oltre interessi di mora al saggio legaledalla data della domanda in relazione ai pagamentiprecedenti la domanda stessa o dalla data dei singolipagamenti in relazione ai pagamenti successivi alla domanda,il tutto sino al saldo effettivo.

Condanna la Banca R. E. s.p.a. al pagamento delle spese dilite a favore di B. R., spese che si liquidano in euro4.300,00 a titolo di compenso, euro 232,24 per spese esenti,oltre Iva e Cpa come per legge e successive occorrende.

Torino, 17.01.2014.

Il GiudiceLuca Martinat