Note sull'emigrazione. DeAmicis. Sull'Oceano.
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1
Note sull’emigrazione .
Emozioni ed emigrazione. De Amicis
Abstract: La raccolta di racconti brevi Sull’Oceano (1889) di
Edmondo De Amicis, elaborata a seguito di un viaggio fatto dallo
scrittore da Genova in Argentina (Rio de la Plata) assieme a
diverse migliaia di emigranti italiani, esplora la genesi di un
sentimento (il risentimento) che mentre ha trovato ampia
trattazione negli studi filosofici e sociologici, e’ stato poco
esplorato nell’ambito degli studi letterari che si focalizzano
sull’emigrazione. La mia riflessione critica si concentrera’ in
particolare su tre racconti: L’imbarco degli emigranti, L’Italia a bordo
e Rancori e amori.
L’articolo si apre con un rapido excursus storico
sull’emigrazione italiana, diretta sia in Europa che oltreoceano
per poi passare all’ analisi letteraria dei sentimenti che De
Amicis individuo’ tra i viaggiatori italiani imbarcatisi da
Genova e diretti a Buenos Aires. Il risentimento viene esplorato
attraverso le posizioni teoriche di Max Scheler (1874-1928).
Esso e’ generato da una incapacita’ di elaborare un sentimento,
in molti casi, di inferiorita’ causato da sistematiche
repressione emozionali che successivamente determinano una
detrazione di determinati valori ed incidono sui giudizi di
valore. La raccolta di racconti brevi di De Amicis si propone di
far conoscere alla borghesia italiana, non solo il dramma
dell’emigrazione, ma anche la sua funzione salvifica, individuale
2
e sociale in termini di stabilita’, senza trascurare la
possibilita’ di individuare nelle comunita’ italiane all’estero,
le cosidette colonie, una funzione vitale nella definizione
identitaria e sociale della nuova nazione italiana. L’articolo si
conclude con un rimando ad autori (Pascoli, Corradini, Oriani)
che pur occupandosi nei loro romanzi della vicenda storica ed
umana dell’emigrazione italiana, la elaborarono in chiave
ideologica ponendo le basi per il nazionalismo italiano.
_________________________________________________________________
_____________
Parole chiavi: Emigrazione, Questione Sociale, Speranza, Risentimento,
Edmondo De Amicis.
L’emigrazione e’ uno dei principali fenomenomi sociali italiani
dell’Ottocento con rilevanti appendici sino alla seconda meta’
del Novecento. La letteratura italiana di tal periodo non ha
posto sufficiente enfasi sia sul fenomeno che sui sentimenti
degli emigranti, mancando di cogliere uno stato emotivo e
valoriale del Paese ripreso diversi anni dopo da letterati e
politici in funzione nazionalista.
L’emigrazione italiana e’ dettata principalmente da ragioni
economiche e perseguita dai governi come strumento non solo di
controllo e stabilita’ sociale: “valvola di sicurezza per la pace
3
sociale” Sidney Sonnino ad Agostino Depretis (7 maggio, 1883).
Essa e’ usata anche per garantire al Paese un doppio beneficio
economico attraverso accordi economici con altri Paesi sia
attraverso le rimesse degli emigrati.
La formazione dello stato nazionale italiano, 1861, contribuisce
in maniera considerevole ad accrescere i flussi migratori in
uscita dal Paese verso aree che offrono maggiori opportunita’
lavorative. Il fenomeno migratorio nel periodo post unitario
assume considerevole valenza tanto che si parla di diaspora
italiana1.
Tra il 1860 ed il 1880 emigranti provenienti dal Piemonte,
dalla Toscana e dall’Emilia si spargono per l’Europa, soprattutto
in Francia. Dopo il 1880, a partire non saranno solo contadini
delle regioni del Nord e del Sud Italia, ma anche quanti
richiamati dalla possibilita’ di accrescere i loro guadagni in
aree geografiche (il Nord ed il Sud America) economicamente piu’
avanzate della penisola italiana. Le principali destinazioni
saranno: Stati Uniti, Argentina, Brasile ed Uruguay. Tale flusso
migratorio innesca un acceso dibattito parlamentare con proposte
contrapposte: da un lato vi sono deputati e senatori contrari
all’emigrazione, dall’altra parte i favorevoli che presentano
anche delle soluzioni miranti a non abbandonare a se’ gli
emigranti ma raccoglierli in colonie migratorie. E’ il caso del
deputato liberale Attilio Brunialti che nel 1873 in Il Giornale delle
Colonie cosi’ si esprime: “ raccogliere il grosso della nostra
emigrazione nella regione platense: prendere un buon posto in
4
Africa alla prima occasione, tutelare, sviluppare o preparare
nuovi commerci, con stazioni, con fondaci, con case speciali, con
esperimenti, con studi, con esplorazioni ovunque se ne offriva o
potevamo determinare l’occasione”. La stessa editoria non manco’,
attraverso esperti dei paesi di emigrazione, di avviare
pubblicazioni su quei paesi per facilitarne la conoscenza in
Italia. Tra questi divulgatori ricordiamo Giosue’ Bordoni che nel
1885 pubblico’ Montevideo e la Repubblica dell’Uruguay. Nelle pagine di
prefazione cosi’ scrive:”
Circa alla sua utilita’ potrei domandare se val meglio occuparsi di Assab e di Massaua , dove il Governo italiano, obbligato a gravitare continuamente e fatalmente attorno a qualche pericolo funesto, manda i nostri soldati a perire di febbre e di stenti, senza gloria ne’ sogno apparente; oppure se torna meglio occuparsi di un Paese [l’Uruguay] che e’ fonte di benessere e di ricchezze a molte migliaia di italiani cola’ stabiliti, e che sara’ ancora per secoli una terra di rifugio peri milioni di proletari diseredati ond’e’ popolata l’Italia. Comunque sia, e quale possa essere l’esito del libro, dichiaro averlo scritto con tutta buona fede e senza pretese, tale da recare utilita’ diretta ai numerosi emigrati italiani verso le regioni della Plata”.
Il fenomeno migratorio italiano di fine Ottocento trova
attenzione sia nell’ambito del dibattito politico parlamentare
italiano sia nella saggistica, venendo in parte ecclissato nella
narrativa di fin de siecle nonostante l’estetica positivista
enunciata da Hippolyte Taine (1828-1893) vertesse sui concetti di
razza, ambiente e situazione storica (race, milieu e moment)
fondamentali, in molti casi, nel determinare le condizioni per
5
l’emigrazione. In altre parole il processo migratorio, italiano,
contiene gli elementi di quel documento umano alla base del
concetto d’arte del positivismo ma non riesce a trovare
sufficiente attenzione e spazio narrativo nella letteratura di
fine Ottocento. Edmondo De Amicis in Sull’Oceano riporta non solo
il travaglio emozionale degli emigranti ma disegna anche un
quadro sociale e politico dell’Italia post unitaria ove le
aspettative politiche e sociali risorgimentali sono state
disattese, contribuendo ad accrescere l’esodo dalle campagne
italiane. Gli umori, i sentimenti ed i risentimenti provati
dagli emigranti italiani nelle pagine di Sull’Oceano (1889)
sfociano in una sintesi ideologica dell’autore nei romanzi: Il
romanzo di un maestro (1886/1890) e soprattutto in Primo maggio
(iniziato nel 1891 ma pubblicato solo nel 1980 presso l’editore
Einaudi di Torino a cura di Giorgio Bertone e Pino Boero). I due
romanzi, Primo maggio piu’ che Il romanzo di un maestro segnano un
momento chiave sia nella svolta estetico letteraria di De Amicis
sia nel delineare una figura di intellettuale militante ante-
litteram.
La militanza socialista di De Amicis ruota intorno al gruppo di
intellettuali piemontesi: Graf, Lombroso, Balsamo Crivelli
anch’essi convertiti al socialismo ed al leader del socialismo
italiano Filippo Turati. Fin quando nel 1891, il giornale il
Ventesimo secolo ufficializza l’adesione di De Amicis al socialismo
e l’autore inizia una collaborazione con la rivista Critica
Sociale, fondata da Turati, e con altre riviste socialiste
6
torinesi. Questa presa di posizione ideologica di De Amicis trova
compimento estetico nel romanzo Il primo maggio (1891) e nelle
Memorie pubblicate nel 1900. Le riflessioni di De Amicis
giungono a compimento del suo percorso di avvicinamento al
socialismo elaborato anche a causa dei mancati ideali del
Risorgimento. Questione sociale, emigrazione e valori
risorgimentali traditi sono i principali motivi dell’adesione di
De Amicis al socialismo, non solo attraverso una narrazione
realista e un “forte sdegno per l’ingiustizia e per la
disuguaglianza”2. La partecipazione emotiva, di De Amicis, alla
questione sociale non si esaurira’ solo nella rappresentazione
letteraria, ma trovera’ il suo compimento nella elezione di De
Amicis a deputato al Parlamento per il primo Collegio di Torino,
ma rinunciera’ quasi subito alla carica parlamentare.
Il primo maggio rappresenta una riflessione non solo estetico
letteraria. Nel giudizio di Sebastiano Timpanaro: “ il romanzo e’
incentrato sulla lotta per rinnovare la societa’ e non
sull’impassibile constatazione del disfacimento borghese e della
disperazione proletaria. De Amicis non si e’ convertito al
naturalismo e al verismo.”3 La riflessione estetica ideologica di
De Amicis e’ tutta interna al dibattito socialista e lontana
dalla poetica dell’impersonalita’ inseguita dai veristi italiani.
De Amicis comprende che le ingiustizie e la questione sociale
generano profondo risentimento sociale che andra’ ad alimentare
lo scontro di classe, non senza mancare una lucida critica al
7
Risorgimento che tante speranza aveva sollevato nel Paese
mancando di realizzarle.
Lo studio di Sebastiano Timpanaro, Il socialismo di Edmondo De Amicis.
Lettura del Primo Maggio, verte intorno alla elaborazione ideologica
del cosidetto socialismo scientifico di De Amicis, il quale
partendo da un socialismo umanitario venato di quei valori che lo
avevano da giovane formato: la patria, l’esercito, la disciplina,
perviene ad una razionale elaborazione di codeste “bugie
ereditate”. Il primo maggio, scrive Timpanaro :” vuole essere un
ripudio di codeste bugie ereditate, non sotto forma di legnoso (mea
culpa) dello scrittore, ma di contributo all’abbattimento degli
ideali che servono a perpetuare l’oppressione e l’ingiustizia”4.
Il primo maggio e’ un romanzo operaio, non a caso ambientato in una
Torino di fine secolo che stava attraversando momenti di forti
tensioni ideologiche e sociali oltreche’ culturali tra una
emergente classe operaia che rivendicava attraverso la
pubblicistica ed alcuni attivisti politici sacrosanti diritti
lavorativi ed andava maturando una coscienza di classe avversata
dalla borghesia cittadina chiusa ad ogni rivendicazione
lavorativa e sindacale. Questione sociale ed ingiustizia sono i
temi portanti del romanzo non senza un tentativo, in parte
riuscito, di una elaborazione estetico letteraria delle teorie di
Marx. Dal romanzo rimane fuori la questione contadina –centrale
nella riflessione sull’emigrazione italiana- a causa di una
minore riflessione su di essa da parte del marxismo. Non manca
una amara riflessione sul Risorgimento disatteso. Importante
8
soprattutto nella sua fase post unitaria per i risvolti che esso
ha con l’emigrazione. Nel romanzo prevale la delusione dello
scrittore per gli ideali risorgimentali traditi: “E tu, eroe di
Sapri, repubblicano Nicotera, minaccerai, ministro del re,
cariche e sciabolate di cavalleria al “povero popolo” che
chiedera’ “otto ore di lavoro”; e tu, Francesco Crispi,
mangiaministri furibondo, volterai, dittatore d’Italia, tutte le
tue furie contro i rivoluzionari di cui ora [cioe’ nel tempo
ormai passato che De Amicis rievoca come presente] sventoli la
bandiera”4. Questo passaggio evidenzia lo svilimento degli ideali
del Risorgimento da parte di coloro che ne avevano prospettato
una risoluzione politica e valoriale differente. Pur rimanendo
incompleto e pubblicato dopo un secolo Primo maggio rimane un
lavoro importante non solo per capire il clima sociale urbano
italiano di fine Ottocento, le pertubazioni personali e
relazionali acuite dalla ideologia socialista, ma anche per
avviare una riflessione piu’ ampia sull’emigrazione italiana alla
luce del rapporto ideali risorgimentali traditi e questione sociale
che non poco peso ha nell’incrementare l’emigrazione italiana. La
questione contadina rimane fuori dall’agenda politica dei governi
della nuova Italia che ben si guarderanno dal mutare l’assetto
latifondistico dell’agricoltura, soprattutto nel Meridione.
Saranno i contadini settentrionali prima e meridionali
successivamente a costituire la grande maggioranza della schiera
di emigranti italiani. Su questo crinale si apre il discorso
migratorio tra la citta’ e la campagna. Gli operai al pari dei
9
contadini pur vivendo una condizione di profonda ingiustizia
sociale e di sfruttamento troveranno nell’ideologia socialista ed
anarchica, nel romanzo Primo maggio, una fonte di energia
ideologica che generera’ la speranza del cambiamento e tale forza
ideolgica li leghera’ alla citta’ ed alla permanenza piu’ dei
contadini alla campagna. Dall’altro lato vi e’ la piccola
borghesia, rappresentata dal Bianchini padre di Alberto
protagonista del romanzo, impaurita dal socialismo :”vendere
tutto, andare all’estero...tutto il mondo ne era infetto (dal
socialismo)”. Seppure il Bianchini ed altri borghesi del romanzo
non emigreranno, il socialismo rappresenta per una parte della
borghesia una pericolosa ideologia che fa balenare nelle loro
menti l’idea dell’espatrio. Sara’ sicuramente un espatrio diverso
da quello dei contadini che porteranno con se’ solo qualche
risparmio e poche altre cose. Nel clima sociale ed ideologico
descritto dal romanzo Primo maggio prende corpo la cultura
dell’emigrazione italiana. Strada per vivere la speranza di un
domani migliore, negato in patria. Allontanamento, fuga in certi
casi, per i borghesi, da un paese che sembrava precipitare nel
socialismo. L’emigrazione trova a suo fondamento la matrice
economica ma con essa va considerata e studiata anche la
componente ideologica, culturale e soprattutto le emozioni ed i
sentimenti che essa genera, sia al momento della partenza che
durante il viaggio, via mare. Nel corso della traversata gli
emigranti rivelano sentimenti autocensurati in patria che trovano
10
nel corso del viaggio e nel Nuovo Mondo modalita’ di essere
esternati.
La partenza dell’emigrante contiene elementi di speranza e
di audacia nell’affrontare una realta’ sconosciuta. Gli emigranti
sono mossi dalla determinazione di mutare il proprio stato
sociale ma anche da una inespressa (im)possibilita’ di mutarlo in
loco. Il massiccio esodo migratorio italiano e’ interpretato da
molti studiosi come una silente rivoluzione. Una rivolta contro
una societa’ pietrificata, socialmente bloccata, che restringeva
qualsiasi possibilita di avanzamento sociale. In altre parole;
l’emigrazione assurge a strategia esisitenziale verso la
liberta’, intesa sia come affrancamento da una condizione
lavorativa di sfruttamento sia come ambizione a raggiungere uno
stato sociale ed economico non raggiungibile nel proprio Paese.
In Sull’Oceano De Amicis seziona i momenti salienti dell’avventura
migratoria: dall’imbarco, alla vita a bordo, alla
socializzazione, all’arrivo. Ognuna di queste fasi genera
sentimenti ambivalenti che segnano non solo la vita emotiva del
partente, ma sono trattati dall’autore come riflessioni sulla
questione sociale italiana.
La partenza dell’emigrante descritta da De Amicis e’ segnata
da una ambivalenza sentimentale: speranza e rancore. La speranza
e’ il nucleo del processo migratorio e feconda il desiderio di
riscatto di chi decide di partire. E’ su di essa che ci si
sofferma anche per esorcizzare le paure dell’ignoto legate al
processo migratorio. La speranza permette l’apertura al nuovo
11
mitigandone le difficolta’ che si incontrano nel difficile
cammino. Del rancore di lasciare il paese e la patria poco si e’
detto e scritto, sovente l’emigrante rimane silente. Una scena
del film Nuovo Cinema Paradiso (1990) di Giuseppe Tornatore
permette di focalizzarci su questo sentimento. Siamo in un paese
dell’entroterra siciliano (nel film denominato Giancaldo) nei
primi anni cinquanta del secolo scorso, quando l’insegnante della
classe frequentata da Toto’ (il protagonista) invita i ragazzini
a salutare un loro amichetto che sta per recarsi in Germania con
la sua famiglia. Uno degli scolaretti si rifiuta di salutarlo
perche’ suo padre gli ha riferito che la famiglia del ragazzino
e’ comunista. Nello stesso momento il genitore in attesa del
figlio fuori dalla scuola maledice, con uno sputo quella terra,
la Sicilia, che lo costringe ad emigrare. Un gruppo di persone
sedute davanti al circolo comunale con ironia gli dicono: “il
lavoro fattelo dare da baffone” (allusione a Stalin ed alla
militanza comunista dell’emigrante). L’esempio permette di
valutare non solo la valenza emotiva ma anche quella ideologica
connessa all’espatrio. Una duplice riflessione sul sentimento del
rancore che accompagna il migrante. Il rancore scaturisce da una
diversita’ ideologica pagata con l’espulsione dalla comunita’
cittadina che non gli riconosce il diritto al lavoro. In questo
caso l’emigrazione si presenta come una pratica sociale
discriminante attuata attraverso la non accessibilita’ al lavoro
ed allo stesso momento come sistema per costruire una omegenita’
ideologica con l’intento di mantenere un controllo sociale
12
attraverso l’esclusione di possibili sovveritori (negli anni 50
del secolo scorso l’ideologia comunista totalmente si opponeva
allo status quo sociale desiderato dagli agrari meridionali e
dalla stessa politica democristiana) dell’assetto sociale.
L’emigrazione forzata o indotta e’ stata da sempre una pratica
sociale alla quale hanno fatto ricorso i gruppi dominanti ed i
governi per stabilizzare l’assetto sociale di un paese, ed anche
per creare una pacifica penetrazione economica e sociale in
un’altra nazione. D’altro lato vi e’ l’audacia dell’uomo che
costretto a partire non rinuncia alle sue idée politiche ed
eventualmente esse troveranno terreno fertile nel paese di
emigrazione. Questa riflessione condotta a partire da un
episodio, se vogliamo marginale, di un film sulla vita di un
emigrante di successo (Toto’, riesce a realizzare il suo sogno e
diventare regista), all’interno del contesto sociale e politico
di quel periodo evidenzia un darwinismo ideologico, valoriale,
ed economico che spinge ai margini chi non aderisce ad un
determinato sistema di valori. Per essi non rimane che la
fuoriuscita da esso, vale a dire l’emigrazione che in molti casi
contribuisce a strutturare il desiderio di rivalsa sociale.
Edmondo De Amicis, tra gli scrittori italiani5, e’ stato
uno dei pochi che ha saputo cogliere l’aspetto umano e traumatico
dell’esperienza migratoria. Il 16 marzo del 1884 si imbarca da
Genova sul piroscafo Nord America con destinazione il Rio de la
Plata, Buenos Aires6. La decisione di De Amicis di scrivere su
questo considerevole fenomeno sociale e’ motivata anche dalla
13
lauta ricompensa ricevuta dal giornale Nacional di Buenos Aires
con il quale, dal 1883, De Amicis aveva incominciato a
collaborare e da una serie di conferenze da tenere in Argentina
su Garibaldi, Mazzini, Cavour ed altri italiani illustri del
Risorgimento. Il libro, resoconto di viaggio o travelogue esce
nel 1889 presso l’editore Treves con il titolo Sull’Oceano7 . Una
formula e resoconto narrativo nuovi, tra il diario di bordo e la
registrazione di stati d’animo ed umori di coloro che lasciano
luoghi familiari per aprirsi all’ignoto della speranza. Lo stile
narrativo e’ giornalistico, cronaca di viaggio, da rendere ai
lettori italiani per informarli su cio’ che sta accadendo nel
Paese. Uno spaccato sociale di un’Italia che si mette in moto.
Non a caso uno dei capitoli ha per titolo L’Italia a bordo:
rappresentazione di una moltitudine di italiani in viaggio su un
piroscafo diretto in Argentina. Una realta’ sociale completa
nella sua divisione in classi che permette all’autore,
antropologo, De Amicis, di osservarla nel suo svolgersi
quotidiano, sezionando i motivi reconditi o palesi che spingono
tanti italiani verso il nuovo mondo :
“La compagnia, dunque, era svariatissima, e prometteva bene.E non era soltanto un grosso villaggio. Come m’osservava ilCommissario; ma un piccolo Stato. Nella terza classe c’era il popolo, la borghesia nella seconda, nella prima l’aristocrazia; il comandante e gli ufficiali superiori rappresentavano il Governo; il Commissario la magistratura; e della stampa poteva fare ufficio il registro dei reclami edei complimenti aperto nella sala da pranzo; oltre che i passeggeri stessi, qualche volta, non sapendo che far altro per ammazzare la noia, fondavano un giornale quotidiano8.
14
Un paese in movimento con i suoi mestieri, le varie provenienze
regionali, persone laboriose, spinte all’emigrazione dalla
necessita’ di maggior guadagni altre invece da spirito di
avventura, altre ancora da oscuri motivi che l’autore lascia
trapelare anche con una sopita curiosita’. Tra i viaggiatori, De
Amicis si imbatte in un personaggio, il garibaldino. Costui in
misura maggiore degli altri viaggiatori ed emigranti esterna la
sua amarezza mista ad un profondo disincanto per gli esiti
sociali e politici dell’Unita’ d’Italia: “ Essa era riuscita
troppo al di sotto dell’ideale per cui s’era battuto” e per tal
ragione decidere di prendere una volontaria via d’esilio, non
senza esternare a De Amicis i propri sentimenti resi, per la
maggior parte, attraverso la voce del narratore/autore. De Amicis
registra la delusione ed il conseguente risentimento del giovane
garibaldino e riporta una riflessione ideologica sulla nazione
che permette di aprire una ulteriore pagina sull’emigrazione
attraverso una critica sociale non solo di natura economica ma
valoriale, utopica, perseguita da chi si sente investito, il
garibaldino appunto, di alti valori spirituali:
“ E nessuna fede, nemmeno monarchica. Dei milioni di monarchici, incapaci di difendere prodemente, a un bisogno, la loro bandiera,pronti a mettersi a pancia a terra davanti al berretto frigio, appena lo vedessero in alto. Una passione furiosa in tutti d’arrivare, non alla gloria, ma alla fortuna; l’educazione della gioventu’ non rivolta ad altro; ciascuna famiglia mutata in una ditta senza scrupoli, che batterebbe moneta falsa per far strada ai figliuoli.... E mentre l’istruzione popolare, una pura
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apparenza, non faceva che seminare orgoglio e invidia, cresceva la miseria e fioriva il delitto” ...
Per poi replicare, egli stesso alla amarezza del garibaldino:
“ Questa non e’ la verita’”, gli dissi. “ Dei disinganni che ci furon per tutti, siamo stati causa noi stessi, immaginandoci che la liberazione e l’unificazione d’Italia avrebbe prodoto una immediata e completa rigenerazione morale, ed estirpato miracolosamente la miseria ed il delitto. Non confrontiamo lo stato presente con l’ideale, da cui tutti i popoli sono presso a poco egualmente lontani: confrontiamolo col passato. Questo era obbrobrioso e orrendo, che il solo fatto d’esserne usciti, in qualunque modo, ci deve confortare di tutto. Non mi rispose”9.
In questo scambio di opinioni tra l’autore ed il garibaldino
sono posti a confronto il risentimento del garibaldino verso gli
ideali risorgimentali traditi ed il realismo di De Amicis
costruito su una situazione storica mutata non senza, riteniamo,
un rimando al suo avvicinamento al credo socialista.
L’esperienza di viaggio di De Amicis a bordo del piroscafo
Nord America (ribattezzato Galileo) tra emigranti per ragioni
economiche, altri per ragioni politiche altri ancora per ragioni
sentimentali o recondite, contribuisce a far maturare in De
Amicis il suo avvicinamento al socialismo anche alla luce della
necessita’ non solo di far fronte alla questione sociale
presentatasi con il nuovo Stato italiano ma anche per dare ad
esso un collante ideologico, valoriale, per integrare l’individuo
nella societa’ senza che essa venga lacerata da conflitti o vaste
aree di marginalita’ che in quel periodo fornivano grandi risorse
umane all’emigrazione. De Amicis, capisce che il Paese deve
16
ritrovarsi in una serie di valori che ne cementino l’unita’ (da
poco raggiunta) e creino una religione laica, fondata su codici
di credenze e valori civici condivisi, pena la sua disgregazione.
In questa ottica, il socialismo riformista di De Amicis diviene
un collante per arginare da un lato la questione sociale e
dall’altro creare un credo laico capace di cementare una nazione
come indicato dal Durkheim e dal suo maestro il positivista
Augusto Comte. La risoluzione ideologica della questione sociale
considerata attraverso l’adesione al socialismo da parte di De
Amicis trova una doppia critica prima da parte del garibaldino
nel testo Sull’Oceano:
Ridomandai [narratore] :”Ha visto quei poveri contadini?” – “I contadini” rispose lentamente, guardando il mare, “sono embrioni di borghesi.” ...”Hanno solo il merito”, continuo’, senza guardarmi, “di non mascherarsi con la rettorica patriottica e umanitaria. Del resto...lo stesso egoismo di belve addomesticate.Il ventre, la borsa. Nemmeno l’ideale della redenzione della loroclasse. Ciascuno vorrebbe veder piu’ miserabili tutti, pur di campar lui meglio di prima”.... E soggiunse dopo una pausa: “ Facciano buon viaggio”. “Eppure” osservai “ quando sono in America, ricordano e amano la patria.” Egli s’appoggio al parapetto, rivolto al mare. Poi rispose: “ La terra, non la patria”. “Non credo”risposi. Egli scrollo’ le spalle” 10.
Successivamente da parte del meridionalista Giustino Fortunato
che nel 1901 rileva [la questione demaniale rappresenta]:
“ un immenso strascico di risentimento e di odio...lievito che fermenta...fuoco che cova sotto l’incendio”. E, nel fuoco continuano a consumarsi, ad egual titolo, la legittimita’ delle classi dirigenti locali e la credibilita’ del potere centrale. A
17
causa di quella che e’ avvertita come la grande ingiustizia, dira’ ancora Fortunato, nel Mezzogiorno “non esiste piu’ la domestica tranquillita’, e i suoi abitanti, come Tacito, chiama gli ebrei, sono ormai degli uomini insocievoli. Non stupisce percio’ che quei territori “insocievoli” siano cronicamente attraversati da un fenomeno che, nelle dimensioni e caratteristiche, appare atipico rispetto all’Europa occidentale eal resto della penisola: la violenza privata e politica”11.
Quella descritta da Giustino Fortunato e’ una situazione sociale
in prevalenza meridionale che generera’ una migrazione di massa
verso il Nord e Sud America non senza lasciare profonde violenze
nel corpo sociale meridionale. Differente e’ la situazione “nelle
regioni centro-settentrionali: “le tensioni comunitarie provocate
dall’occupazione abusiva dei beni demaniali o dall’aggravio delle
esazioni signorili e fiscali hanno assunto, durante i primi
deenni del XIX secolo, tutt’altre forme: legalitarie,
giudiziarie, raramente di attacco a cose e persone”12.
Il cosidetto blocco agrario che a lungo aveva ostruito questa massa
di contadini, braccianti, affittuari e mezzadri paradossalmente
fornira’ una considerevole risorsa all’economia italiana e alla
nascente flotta transatlantica italiana.
Questo era il grand’affare in quei lunghi viaggi
transatlantici13. Era sorta persino una pubblicistica
specialistica per informare i futuri emigranti. Un tal cavalier
Casimiro Marro aveva pubblicato a sue spese un Manuale pratico
dell’emigrante all’Argentina, Uruguay e Brasile14.
18
Il piroscafo Nord America ribattezzato, da De Amicis, Galileo
trasporta 1600 persone solo in terza classe, comprese donne e
bambini, e 200 uomini d’equipaggio. L’esperienza narrativa ed
umana di De Amicis e’ una apertura su una realta’ sociale
dell’Italia Umbertina15 che vide l’incremento dell’ emigrazione
di massa. Il capitolo: L’Italia a bordo offre delle puntualizzazioni
per comprendere le politiche sociali, economiche tra i motivi
dell’emigrazione ma soprattutto gli stati d’animo, le emozioni
dei partenti:
La maggior parte degli emigranti, come sempre, provenivano dall’Italia alta, e otto su dieci dalla campagna. Molti Valsusini, Friuliani, agricoltori della bassa Lombardia e dell’alta Valtellina….Molti della Val di Sesia, molti pure di quei bei paesi che fanno corona ai nostri laghi, cosi’ belli che pare che non possa venire in mente a nessuno di abbandonarli 16: tessitori di Como, famigli di Intra, segantini del Veronese. Dalla Liguria il contingente solito,dato in massima parte dai circondari d’Albenga, di Savona e di Chiavari, diviso in brigatelle, spesate del viaggio da unagente che le accompagna, al quale si obbligano di pagare una certa somma in America, entro un tempo convenuto….C’erano dei suonatori d’arpa e di violino dalla Basilicata e dell’Abruzzo, e di quei famosi calderai, che vanno a far sonare la loro incudine in tutte le parti del mondo. Delle province meridionali i piu’ erano pecorari e caprari del litorale dell’Adriatico, particolarmente dalla terra di Barletta, e molti cafoni di quella di Catanzaro e diCosenza. Poi dei merciaiuoli girovaghi napoletani; degli speculatori che, per cansare il dazio d’importazione, portavano in America della paglia greggia, che avrebbero lavorata la’; calzolai e sarti della Garfagnana, sterratori del Biellese, campagnuolidell’isola d’Ustica. Insomma, fame e coraggio di tutte le province e di tutte le professioni….17.
19
In questa folla anonima di emigranti i sentimenti provati
alla partenza sono articolati e spesso contrastanti: vanno dalla
gioia, all’esaltazione, alla disperazione al rancore. Essi
finiranno per incidere sui valori e sulla visione della realta’,
non ultimo sul livello di politicizzazione, che gli emigranti
acquisiranno nella nuova patria a seguito dell’emigrazione.
Il racconto L’imbarco degli emigranti cosi’ descrive la folla di
emigranti che sta per imbarcarsi sul piroscafo Galileo:
“il Galileo, congiunto alla calata da un piccolo ponte mobile, continuava a insaccar miseria: una processione interminabile di gente che usciva a gruppi dall’edifizio dirimpetto, dove un delegato della Questura esaminava i passaporti. La maggior parte, avendo passato una o due notti all’aria aperta, accucciati come cani per le strade di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata alpetto la piastrina di latta dell’asilo infantile passavano, portando quasi tutti una seggiola pieghevole sotto il braccio, sacche e valigie d’ogni forma alla mano o sul capo, bracciate di materasse e di coperte, e il biglietto col numero della cuccetta stretto fra le labbra...Di tratto in tratto passavano tra quella miseria signori vestiti di spolverine eleganti, preti, signore con grandi cappelli piumati, che tenevano in mano o un cagnolino,o una cappelliera, o un fascio di romanzi francesi illustrati, dell’antica edizione Levy....Due ore dopo che era cominciato l’imbarco, il grande piroscafo, sempre immobile, come un cetaceo enorme che addentasse la riva, succhiava ancora sangue italiano.18
Le analogie usate da De Amicis rendono il senso biblico
dell’esodo italiano verso le Americhe. L’autore ha ben presente
20
le conseguenze dell’emigrazione. Esse privano il Paese di energie
costruttive, vive, sangue italiano. Intuisce la portata umana e
storica di questo esodo di massa e cerca di riportare impressioni
ed umori degli emigranti, consapevole che l’esodo di questi
italiani non sempre e’ volontario. De Amicis, si sforza di
registrare gli umori di questi partenti, come quando recandosi a
prua, mentre il piroscafo sta per lasciare il porto di Genova :
”Vedevo qua e la’, tra ‘l buio, delle donne sedute, coi bambini stretti al petto, con la testa abbandonata fra le mani. Vicino al castello di prua una voce rauca e solitaria grido’ in tuono di sarcasmo: “Viva l’Italia!” e alzando gli occhi, vidi un vecchio lungo che mostrava il pugno alla patria.”19
Il risentimento verso la patria, nell’esperienza di vita
dell’emigrante, e’ sia alla base del suo immaginario costruito su
sradicamento, espatrio e trauma sia sulla costruzione immaginaria (a
volte reale) di un agente che ha causato la rimozione dal suo
ambiente naturale, come riportato dal politologo Diego A. Von
Varano :
”the fact that the immigrant body has been removed from its natural habitat of the native soil creates a sense of displacement that seeks to find a culpable agent responsable for its fate. This agent does not exist in a concrete form, but it isnonethless part of the immigrant identity’s imaginary”20
Riflessioni teoretiche che concordano con quanto osservato e
registrato da De Amicis a bordo del Galileo:
21
“Io non avevo pensato lo stato d’animo in cui era naturale che sitrovasse molta di quella gente, mentre erano ancora tumultuanti in essa le memorie della vita intollerabile, per troncar la qualeavevan deciso di lasciar la patria, e acceso tuttavia il risentimento contro quela svariata falange di proprietari, esattori, fattori, avvocati agenti autorita’, designati da loro col nome generico di signori, e creduti congiurati tutti insieme ai loro danni, e autori primi della loro miseria. Per essi io eraun rappresentante di questa classe. E neppure avevo pensato che dovesse riuscire loro particolarmente odioso, in quello stato d’animo, un abitante di quel piccolo mondo privilegiato di poppa,immagine dell’altro a cui s’eran sottratti; il quale li accompagnava anche sul mare, come un vampiro che li volesse andare a dissanguare fino in America21.”
Il brano proposto prepara il lettore ed il narratore a scoprire
il sentimento con il quale gli emigranti lasciano l’Italia. Esso
si reitera anche nelle storie che gli emigranti, per la maggior
parte contadini, si raccontano:
“ E non mi fu difficile di cogliere l’argomento predominante delle conversazioni: il triste stato della classe agricola in Italia; - troppa concorrenza di lavoratori, tutta a vantaggio deiproprietari e dei fittavoli; -salari scarsi, - viveri cari, - tasse eccessive, - stagioni senza lavoro , - cattive annate, - padroni ingordi, nessuna speranza di migliorare il proprio stato.I discorsi, per lo piu’, avevano forma di racconti: racconti di miserie, di birbonate e d’ingiustizie. In un crocchio, in cui pareva che dominasse come una nota d’allegria amara, ridevan dalla rabbia che avrebbero divorato i signori quando si fossero trovati senza braccia, costretti a raddoppiare i salari, o a dar loro terre per un boccone di pane. “Quando saremo andati via tutti,” diceva uno, “creperanno di fame anche loro.” E un altro: “ Non passa dieci anni, da’ fuori la rivoluzione22”.
22
L’autore raccoglie le affermazioni dei partenti, frutto di
conflitti di classe percepiti ma mai elaborati in una differente
condizione economica e sociale. In questo ampio spettro di
situazioni sociali immutabili, di difficolta’ economiche,
aggravate da infauste condizioni climatiche prendono corpo
emozioni e sentimenti che formeranno il sentire emotivo verso
l’Italia, i proprietari terrieri ed in ultima analisi anche verso
gli emigranti stessi, finendo per agire sulla propria autostima.
Questa subita condizione sociale ed umana da’ vita al
risentimento ed al rancore. Il risentimento provato dagli
emigranti, almeno, nella fase iniziale dell’emigrazione e’ un
sentimento comune che successivamente puo’ evolversi attraverso
una elaborazione individuale in differenti modi: dall’etica del
lavoro, alla pratica religiosa, all’impegno politico e persino in
una devianza sociale.
Risentimento e rancore sono sinonimi. Il termine rancore
viene dal latino, rancor, “lamento, desiderio, richiesta” ha la
medesima radice di rancidus, “astioso”, ma anche “stantio”,
“zoppo”. Un torto subito genera dolore, l’afflizione che ne
scaturisce puo’ arrecare uno stato depressivo. Se il torto
riguarda la sfera morale, e implica un oltraggio o un’insolenza,
scattano reazioni come la rabbia o l’ira. Sono queste due
emozioni che nell’elaborazione successiva, il ruminare continuo
della mente, si trasformano in rancore. La struttura emotiva del
risentimento occupa uno spazio rilevante nell’universo emotivo
dell’emigrante. Esso nasce sempre a seguito di una esclusione sociale
23
e di un senso di inferiorita’ creatosi a seguito di essa. Edmondo De
Amicis mette a fuoco questo sentimento degli emigranti che stanno
per lasciare l’Italia per affrontare un viaggio che in molti casi
si risolvera’ nel raggiungemento di una condizione umana e
sociale inferiore alle aspettative riposte alla partenza.
L’autore, implicitamente, riconosce un valore (quasi)
salvafico nella massiccia emigrazione italiana verso le Americhe,
alla luce di una duplice ragione: l’affrancamento da una
condizione di profonda subalternita’ economica e sociale,
dall’altro l’elaborazione di quei sentimenti di odio e rancore
maturati in patria che avrebbero potuto condurre questi uomini
ad un profondo malessere psichico oppure ad una instabilita’
sociale. Attraverso questa presa di posizione, seppur evitando
ogni dichiarazione di parte, De Amicis si schiera con Francesco
Saverio Nitti che sottolineo’ gli aspetti positivi del fenomeno:
“ possibilita’ di migliori condizioni di vita per gli indigenti,
valvola di sfogo di emarginati, ma anche circolazione di capitali
privi di mobilita’ in patria, unica chance per l’Italia, priva di
beni coloniali di certo rilievo, di costruire una testa di ponte
per i propri commerci23”. La posizione di De Amicis in merito
all’emigrazione italiana nelle Americhe non si limita ad una
constatazione del fenomeno emigratorio dal punto di vista socio-
economico ed emotivo. Va oltre. L’autore intuisce che la patria
ricreata dagli emigranti, lontana dall’Italia nasce con
sentimenti ambivalenti, se non opposti, verso il clima sociale e
politico del paese che hanno lasciato. Una patria altra. Una
24
colonia come vengono definite in quegli anni le larghe comunita’
italiane presenti nelle maggiori aree urbane delle Americhe,
delle quali si doveva render conto in Italia sia per strutturare
una politica estera che tenesse conto di questa nuova realta’
sociale per il paese, sia per comprenderne gli umori e le
evoluzioni politiche di una comunita’ che nutriva un risentimento
verso l’Italia, che in molti casi si trasformo’ in una militanza
politica radicale.
Questa folla anonima che si spostava non solo per ragioni
economiche- parafrasando Agamben- potremmo chiamarla una
comunita’ senza nome, un aggregato di individui qualunque che non
possono essere societas “perche’ non dispongono di alcuna
identita’ da far valere, di alcun legame di appartenenza da far
riconoscere” e che, proprio per questo, appaiono incompatibili
con lo Stato, per il quale “rilevante non e’ mai la singolarita’
come tale, ma solo la sua inclusione in una identita’”24. Questo
inciso ci porta a considerare il fenomeno migratorio italiano
all’interno della complessa dinamica della formazione degli stati
nazionali ed analogamente al loro disfacimento. La formazione di
uno Stato ed il suo assetto coesivo veicola l’espulsione di una
massa di individui, appartenenti alle fasce sociali piu’ deboli,
oppure ideologicamente avverse al neo progetto politico. Esse
potrebbero provocarne la sua instabilita’. L’espulsione, indotta,
a volte perseguita anche attraverso la propaganda sui giornali,
lascia in coloro che la subiscono profondi strascichi di rancore
verso un paese che subdolamente ha deciso di disfarsi di loro.
25
Forte si pone a costoro il problema della identita’, se vogliamo
di una capacita’ di autoriflessione, sia sulla loro collocazione
sociale che sulla loro storia personale, considerata all’interno
di una costruzione di una identita’ italiana d’oltreoceano.
Questo compito in parte fu assolto dalla numerosa pubblicistica
che sorse sia in Nord America (Il Progesso ItaloAmericano, 1880) che
in Sud America (La Nazione Italiana, 1863), raggiungendo
considerevoli tirature. La nazione italiana stava vivendo il suo
momento di colonialismo soft: una penetrazione massiccia in terre
lontane ove gli emigranti avrebbero ricreato delle colonie
[enclaves] italiane acquisendo un sentimento patrio mancante
all’inizio della loro avventura migratoria. Eppure questa massa
di uomini e donne stava scrivendo una pagina della storia
italiana verso la quale l’Italia ufficiale ed intellettuale avevo
deciso di guardare altrove relegandola alla cronaca
giornalistica.25
Fame e coraggio di questa folla che si possono tradurre in
sopravvivenza ed audacia, voglia di rivalsa e di riscatto.
Il resoconto narrativo di De Amicis, e’ focalizzato
maggiormente sull’emigrazione dal Nord Italia. L’autore si
imbarca a Genova, mentre la folla meridionale si imbarcava, per
lo piu’, dai porti di Napoli e Palermo. L’enfasi su fame e
coraggio, che muove queste persone ad emigrare, individui attivi,
audaci, con una vitalita’superiore alla media, , qualita’ che
Sombart, ravvisa nella struttura della personalita’ di coloro
(stranieri, eretici e ebrei) che hanno dato un maggiore impulso allo
26
sviluppo del capitalismo. L’affermazione di certo trova validi
riscontri statistici per l’Argentina (ma anche il Brasile e
l’Uruguay) ed il Nord America (estesamente gli Stati Uniti). La
spinta ad uscire dalla poverta’ che muove tanti emigranti
italiani dai loro paesi oltre ad essere attenzionata per il
considerevole contributo che danno alla crescita economica delle
nazioni ove si recano non solo produce un aumento delle entrate
che spesso vengono versate in forma di rimesse ai parenti e
familiari rimasti in Italia, ma finisce anche per suscitare anche
un interesse da parte di giornalisti e studiosi della vita
culturale delle comunita’ italiane all’estero, le cosidette
colonie italiane. Giustino Fortunato (1848-1932), meridionalista
e politico cosi’ si esprime sulla emigrazione italiana:
“..il singolare fenomeno di un mutamento cosi’ rapido delle nostre condizioni economiche e finanziarie sarebbe tuttavia inesplicabile, se prescindessimo da un fatto veramente grandioso, di cui a ragione va superbo il nuovo popolo d’Italia: parlo dell’emigrazione, specialmente di quella perle terre di la’ dell’oceano, che io ho sempre creduta, com’e’, un elemento incalcolabile di civilta’ e di benessereper il nostro paese….Inviamo di la’ da mari la sola merce, di cui abbiamo dovizia: l’uomo; e lungo i mari c’e’ venuta in cambio, e ci viene, una larga striscia d’oro – le rimesse- che non ignoriamo, no, di che lacrime e di che sangue sianfatte”.26
La vita nei paesi di emigrazione non e’ condotta solo in
funzione del lavoro ma anche attraverso forme associative e
coinvolgimento religioso che hanno a lungo costituito una sorte
di schermo psicologico per fronteggiare il trauma della
27
emigrazione, dello schock culturale, e per elaborare un universo
simbolico e di credenze che permettesse loro di creare un
continuum nella loro vita e dall’altra di elaborare una sfera
valoriale di significati che fosse emanazione di quella dalla
quale erano usciti. Dunque continuita’ valoriale e di significati
nella cesura spaziale generata dall’emigrazione, senza deporre il
sentimento del risentimento verso il nuovo stato italiano.
Nel racconto breve Rancori e amori , l’autore, si sofferma su
una coppia di sentimenti che rappresenta i due poli entro i quali
l’emigrante cerca di elaborare la frattura provocata, nella sua
esistenza, dalla decisione di emigrare. Lo fa cercando di
intrattenersi a parlare con gli emigranti della terza classe con
i quali compie la traversata oceanica. Il suo tentativo non
approda al successo a causa della loro riottosita’ e diffidenza
ad aprirsi ad uno sconosciuto:
“ ...difilato a prua, col proposito di mescolarmi con gli emigranti, e di entrare in discorso con loro. Era l’ora della pulizia, la prua affollata, il cielo chiaro: tutto pareva propizio. Ma non tardai ad accorgermi che l’impresa era meno facile di quella che credevo. Mentre passavo in mezzo alla gente seduta, badando a non pestare i piedi a nessuno, m’intesi dire alle spalle:”Largo ai signori!” e voltandomi, incontrai lo sguardo di un contadino, il quale mi fisso’ sogghignando con un’aria che confermava arditamente il senso sarcastico dell’esclamazione. Un poco piu’ in la’, avendo teso la mano per accarezzare un bambino,la madre lo madre lo tiro’a se con un cattivo garbo, senza guardarmi. Non posso dire la pena che provai. “ Io non avevo pensato lo stato d’animo in cui era naturale che si trovasse molta di quella gente, mentre erano ancora
28
tumultuanti in essa le memorie della vita intollerabile, pertroncar la quale avevano deciso di lasciare la patria, e acceso tuttavia il risentimento contro quella svariata falange di proprietari, esattori, fattori, avvocati, agenti,autorita’, designati da loro col nome generico di signori, e creduti congiurati tutti insieme ai loro danni, e autori primi della loro miseria”.27
Il risentimento e’ il sentimento prevalente in questo passaggio,
seppur celato all’autore. L’abbandono dei luoghi natii non e’
solo festa e voglia di riscatto ma anche frustazione, rancore per
la sentita ingiustizia subita. La domanda da porsi e’: come si
evolvera’ questo sentimento nel corso degli anni all’interno
della struttura della personalita’ degli emigranti e all’interno
stessa della comunita’ italiana emigrata? Tendera’ a far
precipitare nella nostalgia gli emigranti o si tramutera’ in un
iperattivismo professionale e lavorativo forriero della
costruzione di grandi ricchezze? L’esistenza di un emigrante non
la si puo’ semplicemente racchiudere all’interno di una
classificazione binaria (nostalgia e/o successo), essa e’ molto
piu’ complessa nella sua evoluzione. Rimane al fondo della sua
esistenza quel grumo valoriale (risentimento o altro) che
l’autore individua e tenta di scandagliare, non riuscendovi.
D’altronde De Amicis era pur sempre un reporter (un giornalista)
che si accinge a registrare umori e rappresentare, laddove
possibile, vicende umane con l’intento di informare i suoi
lettori borghesi italiani sul fenomeno dell’emigrazione di massa
che tanto preoccupava gli agrari meridionali e padani.
29
Il risentimento e’ un oscuro sentimento personale, raramente
rivelato agli altri, anche se lo riconosciamo a noi stessi. Esso
non certo scompare con l’arrivo nella terra di emigrazione,
semmai viene elaborato attraverso complesse dinamiche
psicologiche e sociali. Il filosofo Max Scheler nel suo studio
Ressentiment individua due fattori nella sua origine: il fattore
ereditario ed il fattore della struttura sociale. Dove la
struttura sociale e’ determinata dal carattere ereditario
dell’individuo all’interno di una societa’. Il Ressentiment e’
generato sempre attraverso una particolare forma di impotenza per
dirla altrimenti da una condizione di inferiorita’, realmente
esperienziata, o percepita come tale. I dialoghi registrati da De
Amicis a bordo della nave Galileo esprimono chiaramente questi
sentimenti, sia nella fase generativa, della condizione di
inferiorita’ dovuta a fattori economici sia nella fase di
consapevolezza che subentra quando tale condizione va affrontata
e risolta, cosi’ l’emigrazione diviene la “soluzione” da
perseguire per la sopravvivenza. Ricominciare una nuova vita in
un contesto culturale diverso ed a volte avverso, comporta una
revisione, una riscrittura, della propria percezione all’interno
di un nuovo contesto di valori e di relazioni umane. In altre
parole, se l’emigrazione e’ una delle vie verso la sopravvivenza
e dunque verso la salvezza, essa genera all’interno della
struttura della personalita’ del soggetto migrante (almeno nella
prima generazione) una duplice categoria di valori, una
ambivalenza; un’apertura verso la speranza propria di chi si
30
reca in una nuova terra ed una verso il risentimento per avere
subito una condizione non sempre desiderata o accettata.
All’interno di questa divaricazione vi entra successivamente il
sentimento della nostalgia, influente generatore di creativita’,
ma anche, in particular modo nella storia dell’emigrazione di
forte sofferenza psicologica.
Nella struttura formale del Ressentiment , un oggetto A e’
affermato, valutato ed apprezzato non per il suo valore
intrinseco bensi’ con l’intenzione, non verbalizzata, di negare,
svalutare e denigrare B. La causa o l’oggetto A e’ usata contro
B. Nel racconto di De Amicis questa struttura formale e’
realizzata a meta’: vi e’ la denigrazione dell’Italia e di coloro
che hanno costretto, contadini ed artigiani, ad emigrare:
avvocati, professonisti, esattori, fattori. Manca la costruzione
dell’elemento o dei valori che si ergeranno a compensare i
fattori che hanno generato il Ressentiment, vale a dire la sua
elaborazione in una struttura di valori. Manca, la parte
costruens, quella che dovrebbe ergersi a struttura caratteriale
per bilanciare il risentimento. De Amicis registra la prima parte
di questo sentimento: gli stati d’animo degli emigranti nel
momento della partenza. La nuova destinazione non e’ ancora stata
raggiunta e qui, spesso, le condizioni di vita non saranno
affatto piu’ facili di quelle esperienziate a bordo della nave
che li ha portati nel nuovo mondo. L’autore oltre al resoconto
cronachistico sembra voler destare nel lettore l’attenzione verso
quei sentimenti maturati a seguito dell’esperienza migratoria che
31
non scompaiono con l’arrivo nel nuovo mondo, ma peseranno nella
relazione emozionale che gli emigranti costruiranno con l’Italia.
Due sono gli impedimenti narrativi che De Amicis si trova ad
affrontare: da un alto la sua scrittura rientra per lo piu’
all’interno di una pratica giornalistica: quella di un resoconto
di viaggio da presentare ai suoi lettori, dall’altro lato vi e’
il limite formale, temporale. Siamo in un periodo che inizia a
scoprire la psicologia e la sociologia, quale strumenti
scientifici, per arrivare a spiegare determinati comportamenti
umani, di certo delle classi borghesi, non del sottoproletariato,
che come ben intui Verga andavo subendo una profonda
trasformazione sociale ed economica senza poterla comprendere
appieno. Dunque se la emigrazione di massa dall’Italia di fine
secolo diciannovesimo trova ampie motivazioni nella forte crisi
economica post Unita’ d’Italia, i sentimenti di tale fenomeno
sociali sono stati solo descritti ma non scandagliati affondo
nella loro risoluzione sociale nella terra di arrivo. A livello
teorico l’esito conseguente e’ la rivalsa. Ma su cosa e verso
chi? Proviamo a tracciare una sua genesi a partire dai sentimenti
generati dall’emigrazione.
Il lavoro, nel caso degli emigranti, diviene un valore
costitutivo della loro autorealizzazione economica ed
individuale, proprio alla luce della negazione esperita in
patria. Ed ovviamente il lavoro attraverso la pratica
remunerativa mitiga sino a volte ad annullare il risentimento. In
32
altre parole il recupero di una condizione negata altrove (in
Patria) e’ compensativa ad un sentimento di risentimento
protratto. Cio’ implica che l’acquisizione, riconosciuta, di
uno status sociale differente permette la fuoriscita da uno
stato emotivo di debolezza psicologica nel quale era relegato
l’individuo costretto ad emigrare. Ovviamente il Ressentiment non
puo’ essere uno stato d’animo permanente (porterebbe alla
autodistruzione) ma si trasforma quando l’autopercezione del
soggetto muta. In altre parole se l’attitudine al ressentiment
gioca un ruolo nella formazione delle percezioni, aspettative e
memorie del soggetto migrante, anche la sua eventuale
risoluzione, artistica, professionale o di impegno sociale,
sara’ informata da questi aspetti generati dal trauma
dell’emigrazione. Nel caso dell’ondata migratoria degli italiani
nel continente americano, in molti casi, il risentimento, ha
favorito una militanza radicale, in modo prevalente, nella prima
parte del secolo XX in particolare negli Stati Uniti d’America. A
seguito dell’acquisizione di una consapevolezza sociale, la folla
anonima diventa corpus politico, capace di una sua progettualita’
sociale e politica.
A bordo della nave Galileo accanto al risentimento
ritroviamo, quasi a completamento dell’esperienza emotiva
migratoria, il sentimento dell’amore. Sia nella sua componente
erotica adombrata da De Amicis attraverso la descrizione di
furtivi incontri notturni consumati dai passeggeri “all’ombra
della cambusa, dietro i gabbioni” sia dall’amore negato
33
rappresentato attraverso la perturbante figura della signorina di
Mestre in viaggio con sua zia. L’autore ne coglie l’anomalia:
“ Osservai questa bene per la prima volta: era un esempio, non raro a vedersi, d’uno sbaglio della natura, la quale aveva imprigionato un’anima femminile in un corpo di maschio, dal viso largo ed ossuto, dalle mani grosse, dalla voce rude. Tutta la femminilita’ di quella povera ragazza pareva ridotta nei suoi piccoli occhi grigi, che eran pieni di bonta’ e di gentilezza, e da cui traspariva chiaramente ch’ella aveva coscienza di quella discordia sgradevole tra la sua persona e il suo spirito, e che da un pezzo era rassegnata a non piacere, e a starsene in disparte, quasi fuori dei due sessi, cercando in ogni modo di passare inosservata”28
Questo personaggio stringe amicizia con il garibaldino quasi
a stabilire una complicita’ cementata dalla loro inadeguatezza ad
un sistema valoriale ed umano che li aveva spinti a lasciare
l’Italia :
”A un tratto, con molta maraviglia, vidi il garibaldino avvicinarsi e sedere accanto alla nipote, salutando rispettosamente, ma con un atto che rivelava una conoscenza di vari giorni. Era la prima volta che lo vedevo in colloquio con un’anima nata. In che maniera potevano aver fatto relazione?” 28
Esiste tra i due personaggi un sentire comune generato da una
evidente inadeguatezza morale e fisica che li spinge a stringere
un contatto comunicativo teso a mitigare i reciproci
risentimenti. Mentre il garibaldino esplicita all’autore parte
del suo risentimento verso l’assetto politico italiano
fuoriuscito dall’Unita’, la signorina di Mestre vive in silenzio
la sua tristezza. Essa e’ una figura perturbante al pari della
34
Fosca dello scrittore scapigliato Igino Trachetti. In De Amicis
non rappresenta l’alter ego di Tarchetti, alle prese con un primo
tenue svelamento dell’Io, piuttosto una concessione narrativa ad
una estetica del brutto in funzione di una sua componente
umanitaria. De Amicis percepisce compiutamente che l’emigrazione
diventa anche una strategia esistenziale per uscire da un sistema
valoriale estetico nel quale un essere umano finisce per
ritrovarsi non accettato o in palese disconforto. Il socialismo
umanitario di De Amicis non e’ solo rivolto a rivelare la
questione sociale ma anche ad avviare una riflessione sulla
relazione emigrazione ed inadeguatezza valoriale generata da una
difformita’ di natura. Le riflessioni presentate da De Amicis
sono da collocare nel grande affresco dell’esperienza migratoria
studiata a bordo del piroscafo sul quale e’ imbarcato.
L’emigrazione e’ avventura. Essa non porta alla luce solo
tristezze e malinconie ma anche momenti di divertimento e di
fisiologica attivita’ umana. Gli amori spontanei sorgono tra i
naviganti, non senza una traccia di complicita’ dell’equipaggio,
sono descritti da De Amicis con un tono meno intenso e
preoccupato del risentimento, quasi fosse un evento da mettere
in conto nel corso di una traversata oceanica cosi’ avventurosa e
irta di solitudine:
“E quella sera, per la prima volta, tra la folla, assistettialla separazione dei due sessi, che si faceva sotto la sorveglianza del piccolo marinaio gobo, incaricato di mandar le donne a dormire. Erano corsi, dalla partenza, nove giorni di vitaclaustrale all’aria aperta: gli affetti matrimoniali si erano
35
rattizzati un poco, e oltre alle legittime, s’eran formate delle coppie nuove, in cui quella maniera di vita produceva lo stesso effetto che nelle altre…Era una scena delle piu’ comiche. Le coppie resistevano; separate qui, s’andavano a riattaccare piu’ in la’, tra il macello ed il lavatoio, all’ombra della cambusa, dietro ai gabbioni, nei passaggi coperti, in tutti i luoghi ove non battesse il lume d’un fanale 29”.
Questa descrizione, posta a conclusione del racconto mitiga
la drammaticita’ della vicenda. Quasi a bilanciare il resoconto
giornalistico che ha toccato il climax nella resa del triste
sentimento che accompagnava gli emigranti italiani verso le terre
del nuovo mondo. La via della speranza non e’ solo dolore e
risentimento ma contiene anche un momento di amore, seppur
furtivo. Da un punto di vista narratologico, lo stile del
racconto oscilla tra la cronaca giornalistica ed il racconto da
feuiletton di fine diciannovesimo secolo, con un narratore
omodiegetico (collocato all’interno della storia stessa), quasi
una prosa generata sul campo, attraverso l’osservazione diretta.
De Amicis registra gli umori, i sentimenti ed i discorsi di
questi italiani che hanno lasciato il Paese. Non offre un suo
punto di vista. Fa parlare i protagonisti. Essi, se non fossero
emigrati difficilmente avrebbero trovato spazio nella letteratura
italiana di fine Ottocento. Paradossalmente, lo spazio geografico
a costoro negato in patria viene recuperato attraverso lo spazio
narrativo, come se per esistere queste persone dovettero farsi da
parte per poi essere recuperate dalla letteratura. Non e’ dal
nuovo mondo che si parla di loro, sono ritratti in uno spazio “
non spazio”, la nave, nel mezzo della traversata. Quasi una
36
chiara volonta’metaforica dell’autore ancora non pronto a
individuare e narrare l’evoluzione sociale e politica di quella
nazione in movimento, al momento ancora a bordo. Saranno poi
altri autori (da Enrico Corradini, a Giovanni Pascoli, ad Alfredo
Oriani) ad elaborare in chiave ideologica, soprattutto
nazionalistica, il resoconto giornalistico di De Amicis. La
narrazione di un sentimento degli emigranti, il risentimento,
narrato da De Amicis non solo arrivo’ attraverso, prima la
stampa, poi la pubblicazione dei suoi scritti, alla borghesia
italiana ma favori’ tra gli intellettuali italiani un dibattito
dal quale scaturirono elementi ideologici e sentimentali che
plasmarono il nazionalismo italiano (ricordiamo Giovanni Pascoli,
La grande proletaria si e’ mossa).
De Amicis, pur collocandosi nella scia letteraria di fine
Ottocento che intendeva rendere partecipe la borghesia dei
fermenti sociali italiani, comprende che quei sentimenti che
maturano e si accrescono a seguito dell’esperienza migratoria
costitueranno la base dei rapporti sentimentali ed emotivi
attraverso i quali gli emigranti si relazioneranno con l’Italia.
Da questa avventura umana italiana resa al pubblico dei lettori
italiani da De Amicis, prendera’ corpo di li’ a qualche anno,
l’avventura del colonialismo e del nazionalismo italiano che
maturarono non solo quale sbocco commerciale attraverso la
conquista di spazi da annettere politicamente ed
amministrativamente all’Italia, ma anche attraverso
l’elaborazione del sentimento del risentimento presente
37
nell’universo cognitivo della grande massa degli italiani
costretti a lasciare il paese.
Vincenzo Pascale
2
3
4
5 Sull’argomento la bibliografia e’ molto vasta. Segnaliamo Emigrazione e Storia d’Italia edito da Matteo Sanfilippo e Paola Corti, Torino, Einaudi, 2009 e Donna Gabaccia, Italy’s Many Diaspora, Routledge, London, 2000.
2. Sebastiano, Timpanaro: Il socialismo di Edmondo De Amicis- Lettura di Il primo maggio. Bertani Editore, Verona, 1983,pp.178
3. Il socialismo di Edmondo De Amicis: pp.544. Il socialismo di Edmondo De Amicis: pp.175
5. Negli anni post unitari il tema dell’emigrazione sara’ sfiorato, ma non pienamente affrontato, da due dei piu’ prolifici autori dell’Italia post-unitaria:Paolo Mantegazza, che gia’ nel 1857 aveva visitato l’America del Sud –traendone poi il libro Rio de la Plata e La Tenerife. Viaggi e studi (1867) ed il romanzo Il Dio Ignoto (1876) e il giornalista scrittore garibaldino Anton Giulio Barrili con il romanzo La sirena (1883). In questi romanzi l’emigrazione appariva sollecitata da individuali esigenze di avventura piu’ che da collettive necessita’ economiche e ilproblema, nella sua crescente e complessa drammaticita’, risultava ancora pressoche’ estraneo agli scrittori italiani.66. Prima di De Amicis altri scrittori europei si erano imbarcati su navi o mercantili dirette nel nuovo mondo. Ricordiamo il viaggio del giugno del 1879 di Robert Louis Stevenson, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, da cui trasse il volume The Amateur Emigrant (tradotto in italiano con il titolo Emigrante per diletto) pubblicato postumo nel 1895, lo stesso fece Giulio Verne nel 1871 si imbarco sul piroscafo Great Eastern da Liverpool a New York raccontando la sua traversata nel volume Unacitta’ in navigazione.7 … Nato da un viagio in Sudamerica e che originariamente avrebbe dovuto chiamarsi I nostril l contadini in America, divenuto quindi Sull’Oceano . A questo proposito, si potrebbe aprire un contenziososull’attribuzione, se al genere viaggi, assieme a Spagna o a Costantinopoli, o non piuttosto al romanzo, data la sua grande ambiguita’. Sarebbe uno dei suoi romanzi a struttura chiusa, come Cuore e come sara’ La carrozza ditutti, della quale anzi si potrebbe intenderlo come la prova generale. O la testimonial relazione su un esteso fenomeno come l’emigrazione? Un’anticipazione era gia’ in Cuore , sull stesso itinerario il racconto mensile Dagli Appenini alle Ande, o in certi progetti argentini della cugina del Ratti nel Romanzo d’un maestro, le alter due opera in contemporanea. Ma sotto questo aspetto, dell’attenzione al progetto, De Amicis e’ da collocarsi tra I non molti che ne han colto l’importanza.Eppure l’imponenza era sotto gli occhi di tutti,a nche se con diverse motivazioni. Si trattava di un fenomeno di tal consistente portata da modificare l’assetto dellepopolazioni del mondo. Basti pensare che tra il 1876, l’anno in cui partirono le rilevazioni statistiche ufficiali, e la fine del secolo, dall’Italia emigrarono cinque milioni e mezzo di persone, in vent’anni. Un sesto della popolazione nazionale. Non fa percio’ meraviglia che il socialista De Amicis se ne sia interessato e non per teoria e per immaginazione, ma provando l’esperienza, compiendo il lungo viaggio assieme agli emigrant verso l’Argentina, leggendo le storie di quel coro. D’altronde la stessa struttura organizzativa della nave, divisa, in classi (che corrispondono proprio a classi sociali), gli facilitano il
compito d’una interpretazione socio- economica, e percio’, politica di quell’universo chiuso cosi; facilmente allegorizabile: in quell microcosm in navigazione sull’oceano si reproduce, condensate e concentrate, e quindi meglio visibile, la medesima situazione del paese, con gli stessi traumatic problem e gli stessi traumatizzati personaggi”. In Folco Portinari e Giusi Baldisone, Edmondo De Amicis, Opere scelte, Milano, Mondadori, 1996, Introduzione pp. LVIII -LIX88. Edmondo De Amicis, Sull’Oceano, Arnoldo Mondadori Editori, Milano, 2004, pp. 22.99 . Sull’Oceano, pp. 4710. Sull’Oceano, pp. 46 11. Paolo Macry, Unita’a Mezzogiorno. Come l’Italia ha messo assieme i pezzi.Il Mulino, Bologna, 2012, pp.3112 Unita’ a Mezzogiorno, pp. 341313. Nel 1908 Nitti domandava: “ Se si tolgono , quei cinquanta piroscafi all’incirca, che fanno o facevano fino a poco tempo fa il servizio di emigrazione, che cosa e’ la nostra marina mercantile?”. Prefazione al libro di Mariano Rocco- I noli degli emigrati prima e dopo la legge del 1901. Ed. S.T.E.N., Torino 1908, p.61414. Cavalier Casimiro Marro, Manuale pratico dell’emigrante all’Argentina, Uruguay e Brasile,
Torino, S.G.S. 1889.1515. Umberto di Savoia, regno’ dal 1878 al 1900.
1616. Sull’Oceano, pp.21. Troviamo una interessante assonanza tematica tra questo brano ed il célèbre Addio ai monti dei Promessi Sposi: “Addio, monti, sorgenti dall’acque, ed elevate al cielo; cime inuguali, note a ch e’ cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto dei suoi piu’ familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio , come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti, addio! Quanto e’ tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasiadi quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quell momento, I sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’ essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornera’ dovizioso”. Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi,Milano, 1949, pp. 1411717. Sull’Oceano, pp.221818. Sull’Oceano, pp.51919. Sull’Oceano, pp.72020. Diego A. von Varano –PDF file: Immigrant Identity in a Cosmpolitan World - pp.7- Il fatto che l’emigrante sia stato rimosso dal suo habitat natural del suolo natio gli crea un senso di sradicamento e cerca di trovare un agente coplevole responsabile del suo destino. Tale agente non esiste in una forma concreta ma e’, non da meno, parte dell’immaginario dell’identita’ dell’emigrante. 2121.. Sull’Oceano, pp.602222. Sull’Oceano, pp.612323. Gli appunti argentini in Nell’officina di un reporter di fine ottocento. Gli appunti di viaggio di Edmondo De Amicis di Valentina Bezzi, Padova, Il Poligrafo, 2007, pp.772424.. Giorgio. Agamben, La comunita’ che viene, Torino, Einaudi, 2001, p.632525. Con Sull’Oceano De Amicis aggiunge un altro tassello d’appoggio alla campagna emigrazionista italiana di quegli anni, sostenendo le posizioni nittiane, ma senza riununciare ad esprimere le istanze degli antiemigrazionisti, per contrastarli sul loro stesso terreno. Le resistenze degli agrari, soprattutto della Padania orientale, spaventati da una sottrazione di braccia al lavoro dei campi, dai rischi
di un aumento della manodopera e dello spopolamento dei campi; gli interventi ministeria con la circolare Lanza del 18 luglio 1873 e la legge Crispi del 30 dicembre 1888, che intendevano combattere o quantomeno rallentare un esodo ritenutoanomalo e dannoso…. In Le notti oceaniche nella citta’- piroscafo in Nell’Officina di un reporter di fine ottocento – Gli appunti di viaggio di Edmondo De Amicis , di Valentina Bezzi, prefazione di Ilaria Crotti, Padova, Il Poligrafo, 2007, pp.8626. Giustino Fortunato, Il Mezzogiorno e lo stato italiano. Bari:Laterza,1911, pp. 7627. Sull’Oceano, pp.5928. Sull’Oceano, pp.7429. Sull’Oceano, pp.74
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