Lo studio ricostruttivo della nave romana di Grado

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Quadrimestrale di archeologia subacquea e navale Anno XIV, n. 3, Settembre - Dicembre 2013 Sped. in abb. post. 70% - Autorizz. Filiale di Bari Veduta del porto di Anzio di G.B. Cingolani della Pergola (1704) A A n n z z i i o o , , a a r r c c h h e e o o l l o o g g i i a a s s u u b b a a c c q q u u e e a a e e c c e e m m e e n n t t o o L L o o s s t t u u d d i i o o r r i i c c o o s s t t r r u u t t t t i i v v o o d d e e l l l l a a n n a a v v e e r r o o m m a a n n a a d d i i G G r r a a d d o o P P r r o o r r o o g g a a d d e e l l l l a a m m o o s s t t r r a a T T h h e e A A n n t t i i k k y y t t h h e e r r a a S S h h i i p p w w r r e e c c k k

Transcript of Lo studio ricostruttivo della nave romana di Grado

Q u a d r i m e s t r a l e d i a r c h e o l o g i a s u b a c q u e a e n a v a l eAnno XIV, n . 3 , Set tembre - Dicembre 2013

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Il relitto romano di Grado, definitoGrado 1, venne scoperto nel 1986, a seimiglia al largo dell’isola di Grado (Go-

rizia), a 15 m di profondità. Nel 1987, laSoprintendenza per i Beni Archeologici delFriuli Venezia Giulia diede avvio alla primadi una serie di campagne di scavo che, nel1999, si concluse con il recupero completodello scafo e del carico.Il progetto della soprintendenza prevedevalo scavo, il recupero, il restauro e lo studiodel carico nonché la documentazione insitu, il recupero, il restauro e lo studio rico-struttivo dello scafo, che sarebbero statiesposti nel nuovo Museo di ArcheologiaSubacquea di Grado dedicato a questo ri-trovamento. Ad oggi però il progetto è arri-vato solo alla fase di studio ricostruttivodello scafo, eseguito già nel 2001, che quipresentiamo in sintesi; la fase di musealiz-zazione, e quindi di ricostruzione delloscafo, è invece ferma ormai da molti anni.La ricostruzione della nave romana diGrado è stata affidata agli scriventi: di ciòringraziamo Franco Bocchieri dalla So-printendenza per i Beni Archeologici delFriuli Venezia-Giulia e Luigi Fozzati dellaSoprintendenza per i Beni Archeologici delVeneto (NAUSICAA); le attività hanno go-duto di aiuto prezioso e di generosa ospita-lità offerti dal Centre of maritimeArchaeology di roskilde, per i quali siamograti a tutto lo staff. ringraziamo infineGilberto Penzo per gli utili suggerimentiforniti nel corso della collaborazione.

il carico e lo scafo

La quasi totalità del carico della nave eracomposta da anfore a cui si aggiungeva unabotte lignea contenente migliaia di fram-menti di vetro destinati al riciclaggio. Sulrelitto erano presenti sette tipi di anfore,studiate da rita Auriemma; tre di essi eranorappresentati da uno o due esemplari attri-buiti alla dotazione di bordo, mentre il ca-rico si divideva, in maniera diseguale, trale forme Africana IA, Tripolitana I, Knos-sos A/53 e l’anforetta Nord Adriatica tipoGrado 1. In tutti i contenitori erano presentiresti di lische di sardine e sgombri. Le an-fore erano riutilizzate con un prodotto di-

verso da quello per cui originariamenteerano state fabbricate.oltre alle anfore, sono stati recuperati moltioggetti che costituivano la dotazione dibordo e numerosi elementi dell’attrezzaturanavale. La presenza di un tubo in piombo,fissato con una doppia flangia sul fondodella carena, ha permesso agli autori, as-sieme a Simone Parizzi, la ricostruzioneipotetica di un sistema di aspirazione del-l’acqua del mare per l’alimentazione di unavasca per trasportare pesce vivo, forsesmantellata prima dell’ultimo viaggio, av-venuto intorno alla metà del II sec. d.C.La nave di Grado venne fabbricata se-guendo una concezione “su guscio”, as-semblando le tavole con mortase e tenoni efissando le ordinate al guscio con caviglielignee e chiodi metallici. Lo scafo era con-servato, alle estremità, solo a livello delleruote, ossia dell’opera viva. Allo stesso li-vello di conservazione era la fiancata di si-nistra mentre, straordinariamente, quella didritta, grazie alla protezione del carico, eraconservata, nella parte centrale, fino al trin-carino, ossia la prima tavola di quello che

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potrebbe essere stato un ponte o un sem-plice passaggio laterale.La struttura lignea si presentava in medio-cre stato di conservazione, soprattutto lun-go i bordi, dove la minore protezione del ca-rico di anfore aveva lasciato ampio spazioall’azione della Teredo navalis e della po-sidonia. Anche il fasciame interno, schiac-ciato sotto il peso delle anfore, era in precariecondizioni, con le tavole molto frammenta-te. Più solidi, e apparentemente integri, ri-sultavano gli elementi di carpenteria longi-tudinale, ossia paramezzale, chiglia e ruote,e trasversale, le ordinate, nonché le tavole delfasciame. Dal punto di vista strutturale, però, erano evi-denti parecchie fratture, più o meno estese,specialmente sulla fiancata di dritta. È pro-babile, infatti, che la nave, inabissandosi, ab-bia toccato il fondo all’altezza del ginocchiodel lato di dritta, appoggiatosi quindi sul fon-do per poi essere coperta e protetta dai se-dimenti; il lato di sinistra, invece, più espo-sto e meno protetto dal carico, nel corso delprocesso di formazione del relitto, ha subi-to un degrado maggiore.

lo scafo della nave, dopo la rimozione del carico, visto dall’alto (il geotessuto copre il paramez-zale).

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In origine, ogni fiancata della nave eracomposta da 19 tavole di fasciame, di cuiperò solo 11 sopravvivevano a sinistra. Leordinate (costole) erano in tutto 56 e appa-rivano sostanzialmente ben conservate.Nel 1998, venne organizzata una campagnaper la raccolta di tutti i dati utili per progettarela struttura necessaria per il recupero delloscafo in un’unica soluzione: ossia un gran-de “guscio” autoportante e modulare da in-serire sotto lo scafo dopo aver rimossoprogressivamente la sabbia del fondo. L’an-no seguente, però, come noto, le cose non an-darono come previsto: durante le operazio-ni di inserimento della struttura, due forti ma-reggiate causarono gravi danni alla prua delrelitto, facendo sussultare e traslare di pa-recchi centimetri il guscio che la sosteneva.Data la situazione di difficoltà, fu finalmentedeciso di recuperare lo scafo seguendo unametodologia più tradizionale, ovvero smon-tando pezzo per pezzo il relitto. ovviamente,fu necessario procedere in ordine inverso, ri-spetto alla sequenza di messa in opera dei sin-goli elementi, rimuovendo prima il para-mezzale, poi tutte le ordinate (spezzando lecaviglie di fissaggio) ed infine le tavole delfasciame (anche in questo caso strappandoi tenoni di collegamento).A questo punto, avendo smontato la nave apezzi, si decise di procedere con il metodotradizionale della documentazione in scala1:1 dei singoli elementi, finalizzata allo stu-dio e alla ricostruzione dello scafo.

la documentazione e la ricostruzione

Per la documentazione dei resti lignei in la-boratorio, si procedette con un rilievo di-

retto dei singoli elementi di scafo. Questometodo, adottato per lo studio di molti re-litti di navi antiche, offre particolari van-taggi, soprattutto in virtù della possibilitàdi maneggiare “all’asciutto” e analizzarecon calma ogni singolo elemento struttu-rale. Innanzitutto, il rilevamento dei datimorfologici e dimensionali del legno per-mette di valutarne eventuali deformazionicausate dal processo di consolidamento erestauro e di monitorarlo in corso di tratta-

mento conservativo. L’osservazione ravvi-cinata consente poi di cogliere tracce di la-vorazione e di assemblaggio dei maestrid’ascia: si possono apprezzare i segni la-sciati dagli attrezzi (ascia, accetta, sega) sullegno, individuare la direzione di inseri-mento di caviglie, cavigliette in legno echiodi in metallo, per la determinazionedell’esatta sequenza costruttiva. Inoltrel’acquisizione di un’accurata documenta-zione grafica e fotografica di ogni singolopezzo è un elemento essenziale per lo stu-dio ricostruttivo, che viene eseguito tramitemodelli atti a restituire la forma originariadell’imbarcazione. Il sistema del rilievo di-retto in scala 1:1 consente la registrazionedi tutti i particolari e l’ottenimento di veri epropri duplicati a due (o anche a tre) di-mensioni degli elementi dello scafo.Per le tavole di fasciame, il cui spessore èmolto limitato in rapporto a lunghezza elarghezza, si è operato disegnando a con-tatto su fogli di poliestere indeformabiletrasparente. Per le ordinate, invece, in cuila terza dimensione è un fattore determi-nante per la forma, si è dovuto adottare unaltro metodo: sopra l’ordinata è stata posi-zionata una lastra di vetro su cui si è postoun foglio trasparente. Grazie al montaggiodi un puntatore laser e di una penna su unsupporto perpendicolare al piano di posa, èstato possibile disegnare l’elemento sotto-stante evitando errori di parallasse.eseguiti i rilievi di ogni elemento, si è pro-ceduto alla costruzione di un modello di

lo scafo della nave visto da prua, prima del danneggiamento di quest’ultima.

Fase di rilievo, in scala 1:1, con puntatore laser, degli elementi dello scafo.

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studio in scala 1:10 in cartoncino e plexi-glass per la ricomposizione teorica delloscafo e per ottenere l’ipotetica forma origi-nale della nave. Questo metodo, ampia-mente utilizzato per lo studio diimbarcazioni di tradizione nordica, ma lacui paternità è attribuita a richard Steffy, èstato utilizzato, in questa sede, per la primavolta assoluta per una nave costruita con latecnica a mortase e tenoni. Il modello èstato realizzato, nel 2001, presso il Centrefor maritime Archaeology di roskilde inDanimarca, con il prezioso aiuto di V. Bi-schoff, o. Crumlin–Pedersen e F. Hocker.Il problema principale che si è dovuto af-frontare in fase preliminare e di progetta-zione è stata la mancanza di elementiconservati - ad eccezione della ruota - nellazona di prua dell’imbarcazione, grave-mente danneggiata dalle mareggiate du-rante le operazioni di recupero. Si sonoutilizzati, allora, dati indiretti come foto, ri-lievi e misurazioni in situ che, associati asingoli elementi, soprattutto madieri recu-perati dopo le mareggiate, hanno comun-que fornito una base di lavoro affidabile.Come materiale, si è deciso di utilizzare ilcartoncino anziché il legno per i suoi mol-teplici vantaggi in risparmio di tempo nellarealizzazione dei singoli elementi, che pos-sono peraltro essere ottenuti da studiosi nonspecializzati in tecniche di modellismo, uti-lizzando strumenti semplici e a basso costo.La sezione longitudinale dello scafo è stataricavata unendo i rilievi della chiglia e delleruote di prua e di poppa; la curvatura com-pleta delle due ruote è stata riprodotta uti-lizzando delle asticelle di plexiglass,mantenendo andamento e forma delle particonservate. La frammentarietà della chiglia, compostada due sezioni non combacianti, ha reso ne-cessario operare per interpolazione, utiliz-zando anche i due torelli (ossia le primetavole di fasciame a fianco della chiglia),che invece, sebbene in frammenti, sonocompleti. Si è proceduto confrontando laposizione delle sequenze delle teste dei

chiodi, presenti sulle estremità dei torelli,con le corrispondenti punte di chiodi spez-zati, visibili su ogni lato delle ruote. Cosìfacendo è stato possibile stabilire la lun-ghezza della nave e quindi la posizione cor-retta del frammento di chiglia più avanzato,nonché valutare le esatte dimensioni dellasezione di chiglia. La base in legno per ilmodello è stata quindi ricavata dalla se-zione longitudinale ottenuta.Per produrre le tavole del fasciame si sonoritagliati i singoli rilievi, precedentementeridotti in scala 1:10 tramite scansione e suc-cessivo plottaggio, che sono stati quindi in-collati su fogli di cartoncino dello spessoredi 3 mm (ossia in scala perfetta rispetto allospessore originale). Il cartoncino di questospessore possiede una naturale flessibilitàche si avvicina molto a quella del legno. Ledue ruote, il cui spessore è notevolmentesuperiore a quello delle tavole di fasciame,sono state ricavate unendo tre fogli di car-toncino; lungo ognuna delle ruote è stata in-tagliata la battura (ossia l’incavo) destinataad accogliere il torello. Per la chiglia si è utilizzata una forma dicartoncino che riproduceva solo la facciasuperiore, che è stata fissata, alla giusta al-tezza, sull’elemento ligneo che fungeva dabase dell’intero modello. Le due ruote, in-vece, sono state assicurate con delle viti allabase di legno, in modo che potessero asse-starsi nel corso delle operazioni di inseri-mento delle tavole di fasciame.

Per verificare l’effettiva validità dell’usodel modello in cartoncino si è deciso dimettere in opera le tavole del fasciame se-condo la sequenza shell first, ossia la stessapresumibilmente impiegata dai maestrid’ascia nel corso della costruzione dellanave, iniziando dai due torelli e poi ag-giungendo una tavola per volta, alternati-vamente a destra e a sinistra. Le tavole sonostate fissate una all’altra con del filo diferro sottile inserito in piccoli fori praticaticon un trapano da modellista. La fase critica di queste operazioni è con-sistita nella difficoltà di determinare concertezza la posizione di ogni tavola. Sonostati utilizzati diversi riferimenti, a partiredal rilievo prodotto durante le operazionisubacquee di smontaggio del relitto, dimo-stratosi però di limitata utilità se non fuor-viante; maggiormente utile, invece, si èdimostrato il riconoscimento di corrispon-denze tra le mortase, lungo i comenti acco-stati, e le linee dei fori di caviglie e chiodidi fissaggio delle ordinate. L’analisi com-binata di tutti questi fattori ha permesso diraggiungere un ottimo grado di affidabilitàper la posizione di tutte le tavole, nono-stante i rilievi in scala 1:1 si siano dovutieffettuare su tavole ridotte in 20-30 fram-menti.La valutazione della correttezza della formadel guscio ottenuta accostando le tavole difasciame è stata possibile confrontando laforma di alcune ordinate particolarmentesignificative. Tra tutte sono state sceltequelle di lunghezza maggiore e composteda un unico elemento privo di rotture. Il ri-ferimento fondamentale per l’individua-zione della posizione esatta di ogni ordinatasono, ovviamente, i fori delle caviglie e deichiodi che la fissavano al fasciame. Questeserie di fori risultano però di difficile indi-viduazione, a causa sia della forma irrego-lare di molte ordinate, sia dell’estremavicinanza delle ordinate, che spesso si toc-cano, sia infine della presenza di molti forisenza corrispondenza (o perché il chiodonon era penetrato a sufficienza o per un ri-pensamento, ovvero per un errore in fase di

Pianta del modello completo dei rilievi delle ordinate.

modello in cartone e stecche di plexiglass su supporto.

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lavorazione). Al termine del lavoro, con leordinate di “controllo” si è constatato chela forma del guscio non aveva subito mo-dificazioni apprezzabili e dunque la formacomplessiva dello scafo poteva essere con-siderata affidabile.A causa della mancanza di parti conservate,la ricostruzione delle estremità di prua e dipoppa è piuttosto ipotetica. Le tavole man-canti e le parti non conservate delle ruote edei dritti sono state sostituite con delle asti-celle di plexiglass. La loro curvatura è stataottenuta facendo riferimento sia a quelladelle parti effettivamente conservate sia,per le estremità, all’osservazione dell’ico-nografia navale disponibile. ogni asticella,che rappresentava i comenti tra i corsi di fa-sciame, è stata condotta fino ad incontrarele asticelle di completamento dei dritti diprua e poppa. La forma definitiva è stata ot-tenuta dopo molti cambiamenti e modifichedato che, ad ogni controllo generale, si con-statavano notevoli variazioni della lineaanche in punti apparentemente non coin-volti.Per l’estremità di prua, un ulteriore riscon-tro è stato offerto dalla verifica ottenuta po-sizionando alcune ordinate (scelte tra quellescollegatesi nel corso della mareggiata epoi recuperate integre), la cui curvatura hacontribuito a definire una netta forma a S,ossia “stellata”, dello scafo in questo set-tore.Durante le operazioni di rilievo diretto, ma-neggiando a lungo tutti gli elementi delloscafo, è stato possibile individuare moltetavole sostituite anticamente, come indi-cano i tenoni di riparazione presenti sullafaccia esterna. Per ricostruire l’esatta se-quenza di riparazione è stato realizzato unaltro modello in cartoncino di quest’areadello scafo con il quale si sono provate levarie combinazioni possibili, fino a deter-minare con esattezza la successione degliinterventi dei fabri navales. Nel corso dellafase preliminare alla costruzione del mo-dello, si è prestata molta attenzione al con-fronto con l’iconografia disponibile,raffigurante navi onerarie romane di pic-cole dimensioni, per valutare a quale tipo-logia potesse essere accostata la forma

dell’imbarcazione, che si presenta con unapoppa moderatamente chiusa ed una pruaabbastanza filante. Alcuni dei confronti piùstringenti sono stati individuati in alcuneimmagini navali dei mosaici del Piazzaledelle corporazioni a ostia (stationes 15 e18).

il rilevamento del modello

Il rilevamento del modello è stato eseguitodal modellista, nonché esperto navale, Gil-berto Penzo attraverso il sistema tradizio-nale manuale delle proiezioni. egli, dopoavere ritoccato e stabilizzato il modello, neha eseguito la pianta, un prospetto longitu-dinale e dieci sezioni trasversali. Su questetavole, in scala 1:10, ha inserito successi-vamente i rilievi dei frammenti dello scafo.

Come da prassi quindi, i disegni presentanonon solo i contorni dei vari elementi co-struttivi, ma anche la caratterizzazionemorfologica.Il risultato del lavoro è un modello di unanave oneraria lunga 16,52 m (56 piedi ro-mani), larga 5,90 m (20 piedi) e con un’al-tezza sottobaglio di circa 2 m (6 - 7 piedi).La forma è piuttosto panciuta e chiusa apoppa mentre abbastanza filante a pruadove è ben evidente la presenza di una con-trocurva a formare una discreta deriva(“stellatura”).A questo punto, lo studio ricostruttivo delrelitto di Grado non è giunto che al terminedella seconda fase. Con il modello in car-toncino e plexiglass sono state poste le pre-messe necessarie affinché, seguendo imetodi tradizionali del disegno navale, unesperto progettista possa realizzare i pianidi costruzione definitivi con le relativelinee d’acqua. A questa fase dovrà seguirelo studio delle parti non conservate - ossiaopera morta, ponte e alberatura con mano-vre - premessa necessaria alla costruzionedel modello finale della nave completa; in-fine, sulla base dello studio qui presentato,un’équipe, formata da archeologi, restaura-tori e architetti, dovrà provvedere al ri-montaggio dello scafo.

C.B., D.G.

Prospetto interno destro del modello privo di ordinate.

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BIBLIOGRAFIA

L’ArCHeoLoGo SUBACQUeoQuadrimestrale di archeologia subacquea e navale

Spedizione in abbonamento postale 70%Autorizzazione del Tribunale di Bari

n. 1197 del 9.11.1994Direttore responsabile: Giuliano Volpe

Redazioni:

• Catania: enrico Felici, via Caduti delLavoro 46, 95030 Gravina di Catania (CT)

• Bari: edipuglia srl, via Dalmazia 22/B,70127 S.Spirito (Ba)http://www.edipuglia.it/arcsub

I collaboratori di questo numero:

C.B.: Carlo Beltrame; F.C.: Franca Cibecchini; e.F.:enrico Felici; D.G.: Dario Gaddi; S.B.: Stelios Bolla-nos; P.M.: Paolo Manunta; M.M.S.N.: Marina MariaSerena Nuovo; R.A.: rita Auriemma.

Le illustrazioni di questo numero:

p. 1: da G.B. Cingolani Dalla Pergola, Topografia geo-metrica dell’agro romano..., roma 1704; p. 2: riel. dahttp://www.caffeinacultura.it/home/concorso.php; p. 3:da http://www.corriere.it/foto-gallery/esteri/14_feb-braio_10/pescatore-trova-statua-apollo-mette-ebay-0dfb66f4-926f-11e3-b1fa-414d85bd308d.shtml#2,3; p.

4: riel. e.F. da Google earth; p. 5: archivio e.F.; Vedutae prospetto della spiaggia marina del Porto d’Anzio esuo circondario nello stato in cui era nell’anno 1698di Carlo Fontana estratta dalle memorie di Anzio e sueantichità del Cav: Carlo Fontana, roma presso Gio.Francesco Buagni, 1710, p. 34; p. 6: da e. Felici, Sco-perte epigrafiche e topografiche sulla costruzione delporto neroniano di Antium, in Archeologia subacquea.Studi, ricerche e documenti III, roma 2002, p. 113;e.F.; p. 7: da www.inliberuscita.it/wordpress/wp-con-tent/uploads/2014/04/foto-pelagallo11.jpg; p. 8: daG.r. Volpi, Vetus Latium profanum, tomus tertius inquo agitur de Antiatibus et Norbanis, Patavii 1726; daG.B. rasi, osservazioni sul porto d’Anzio, in Effeme-ridi Letterarie di Roma, IX, 1822, pp. 205-221; pp. 9-

10: foto Philippe Groscaux, CNrS-CCJ/DrASSM; ©HorUS project eSA; p. 12: archivio MiBaC, Soprin-tendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia-Giulia; p. 13: archivio MiBaC, Soprintendenza per iBeni Archeologici del Friuli Venezia-Giulia; D.G.; p.

14: C.B.; cortesia di Gilberto Penzo; p. 15: cortesia diGilberto Penzo; pp. 16-17: M.M.S.N. - cortesia delMuseo Archeologico Nazionale di Atene.

Il giornale esce tre volte all’anno:1. gennaio-aprile: chiusura in redazione: 31 dicem-

bre; in distribuzione a marzo2. maggio-agosto: chiusura in redazione: 30 aprile;

in distribuzione a luglio3. settembre-dicembre: chiusura in redazione: 30

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2 0XIV, 3. Settembre - Dicembre 2013

con tutta probabilità sotto il controllo direttodel palazzo e delle sue istituzioni, i mercantidipendevano dall’economia palaziale per il ca-pitale di partenza e per le imbarcazioni, mes-si a loro disposizione dal potere centrale. Daitesti (in particolare quelli di Ugarit), emergonoprofili di comandanti e/o commercianti di-pendenti o semi-dipendenti, piuttosto liberiperò nei movimenti, in grado di trarre bene-ficio dalle transazioni che conducevano, malegati al palazzo per i trasporti e i fondi ne-cessari alle acquisizioni e ai viaggi; si tratta dimembri di un’élite vicina al potere, che talvoltaricoprivano una funzione diplomatica, svol-gendo anche il ruolo di ambasciatori.Solo alla fine del Bronzo recente potrebbe rav-visarsi l’emergere di un gruppo di commer-cianti “privati” – uno di essi era forse il co-mandante/armatore/mercante della nave diCapo Chelidonia – a causa del declino del si-stema e dell’economia palaziale e della di-sorganizzazione delle relazioni marittime uf-ficiali internazionali, a lunga distanza. Gli stes-si commercianti palaziali avrebbero potutocontinuare la loro attività in modo ormai “au-tonomo”, grazie alla rete di contatti preesistenti.La parte conclusiva è dedicata alle rotte, perle quali occorre chiamare in causa, oltre ai varifattori esaminati, un elemento fondamentale:i vettori, le navi, con le capacità di carico e lequalità nautiche. In Navires e routes l’A. esa-mina quindi tipologia, costruzione e arma-mento navale, in base sia alle fonti testuali (par-ticolarmente interessanti quelle egizie, che de-scrivono vari tipi e destinazioni di battelli) chea quelle iconografiche ed archeologiche. Do-vevano circolare, stando ai carichi di legni(consistenti talora in elementi di carpenterianavale) o di cereali, anche imbarcazioni di 26m, mentre gli scivoli di alaggio dei ricoveri pernavi militari attestano l’esistenza di battelli lun-

ghi fino a 30 m. Non abbiamo purtroppo ri-scontro archeologico né iconografico allaricchezza tipologica documentata dalle fontiscritte ma in ogni caso alcuni testi, associatia rappresentazioni iconografiche, sfatano lapresunta supremazia nautica levantina ri-spetto alla marineria egizia, secondo la lettu-ra tradizionale incapace di costruzioni nava-li marittime. Le conquiste tecnologiche sonocomuni alle varie regioni: il Bronzo recente èun periodo di scambi intensi non solo dal pun-ti di vista commerciale ma anche da un pun-to di vista artistico, tecnico e umano.L’A. focalizza le rotte possibili in base ai re-litti e alle fonti scritte e chiama in causa il ruo-lo di possibili intermediari, come rodi e Ci-pro. Quest’ultima in particolare si configuracome crocevia commerciale per eccellenza allafine del Bronzo recente, intrattiene relazionidirette con tutti i principali siti del Vicinooriente (Ugarit, Sidone, Sarepta, Tiro, Biblo,Dor…), funge da “magazzino di stoccaggio”per i prodotti levantini destinati al mondo gre-co. Infatti, mentre all’inizio del Bronzo recentele rotte erano dominate da egizi e Cretesi, apartire dal XIV secolo è proprio Cipro ad as-surgere a protagonista della scena interna-zionale, punto di passaggio e intermediarioquasi obbligato sull’asse est-ovest.

R.A.

Caroline Sauvage, Routes maritimes etsystèmes d’échanges internationaux auBronze Récent en méditerranée orientale,Travaux de la Maison de l’orient et de laMéditerranée 61, Lyon 2012, ISSN 1955-4982; ISBN 978-2-35668-028-0, pp. 372,€ 44.