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RAFFAELE ARGENZIANO L’iconografia del Breviarium Fratrum Minorum miniato da Sano di Pietro per il convento di santa Chiara di Siena

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RAFFAELE ARGENZIANO

L’iconografia del Breviarium Fratrum Minorumminiato da Sano di Pietro per il convento

di santa Chiara di Siena

bianca

« Si potrebbe dire che, là dove la religione diviene artificiosa, sia riservatoall’arte di salvarne il nucleo sostanziale, penetrandone i simboli mitici –che questa pretende che vengano creduti come veri nel senso letterale deltermine – secondo i loro valori simbolici, onde riconoscere attraverso la lo-ro ideale rappresentazione la reale verità che in essi si nasconde » 1.

Lo studio dei codici liturgici prodotti attraverso i secoliad uso di comunità religiose, ci aiuta a decifrare non solo gliusi liturgici e la storia delle comunità e dei luoghi per i qualifurono scritti e miniati, ma pure i culti e quindi l’iconografiadi quelle comunità. Le miniature contenute in questi mano-scritti concorrono a strutturare le differenti parti del testo, po-nendo l’accento sull’importanza del contenuto in modo, nonsolo da visualizzare il senso del testo stesso, ma comprende-

Dedico questo studio alla memoria del mio maestro e amico Fabio Bisogni aconferma, sia del complesso e ricco cammino da percorrere per una adeguata for-mazione scientifica, sia del proficuo impiego congiunto dell’analisi formale, dellaletteratura, della storia civile e religiosa, affinché la ricerca iconografica si realizzipienamente. Vorrei ringraziare pure per l’aiuto e per l’attenzione che mi è stataconcessa gli amici: Anna Benvenuti, Marco Ciampolini, Roberto Cobianchi, MariaCorsi, Giancarlo Leonini e Patrizia Turrini. Un ringraziamento particolare va all’a-mico Alessandro Bagnoli, per i preziosi suggerimenti e per la pazienza avuta du-rante i numerosi incontri dai quali hanno tratto origine alcuni degli argomenti af-frontati in questo studio.

1 R. WAGNER, Religione e arte, a cura di G. COGNI, Roma, 1963, p. 1.

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re pure l’iconografia impiegata per diffondere o confermare unparticolare culto 2. Le immagini contenute nei codici ad usoliturgico svolgono la stessa funzione di quelle visibili dai fe-deli nei “luoghi della fede” anche se, i beneficiari di questeimmagini avevano una formazione culturale e uno spirito didevozione molto differente dalla massa di fedeli, che numerosifrequentavano le cerimonie liturgiche durante tutto l’anno.

Per questa occasione analizzeremo l’iconografia, e non so-lo, del codice manoscritto con segnatura X. IV.2, conservatopresso la Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena checontiene il Breviario ad uso delle Clarisse di Siena 3. QuestoBreviario “extensum” segue la struttura e i contenuti del pri-mitivo “breviario minoritico” che lo stesso Francesco avevacomposto nel 1224, “secundum consuetudinem Romanae Cu-riae” per l’ufficiatura corale e pubblica in uso presso l’origina-ria comunità francescana 4.

Analizzeremo dunque, non solo il contenuto iconograficodelle miniature realizzate da Sano di Pietro, ma cercheremo,attraverso lo studio dello stile dei nielli che decorano le coper-te del codice, di assegnare una più precisa collocazione crono-logica all’opera che si può stabilire intorno al 1460. Per quan-to concerne le miniature si analizzeranno le immagini e lescene, cercando di identificarne i soggetti per quanto possibi-le, nonostante le raffigurazioni si giustifichino in funzionedello scritto, cioè si possono considerare come l’illustrazionedelle idee espresse per mezzo della scrittura 5, il riconosci-mento dei soggetti miniati non è sempre immediato.

2 A. G. MARTIMORT, Les lectures liturgiques et leurs livres, Turnhout, 1992, pp.15-105.

3 Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, ms X. IV. 2, Breviario, minia-ture eseguite da Sano di Pietro, nielli eseguiti da orafo senese su disegno di unpittore senese prossimo a Matteo di Giovanni, 1460 circa.

4 G. ABATE, Il primitivo Breviario francescano (1224-1227), in Miscellanea France-scana, LX (1960), fasc. I-III, p. 122.

5 M. SMEYERS, La miniature, in Typologie des Sources du Moyen Âge Occidental, Lou-vain, 1974, p.20.

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« Nell’Abbadessato cresce un libro di carta pecora con fo-dere di velluto cremisi e borchie di argento, con entro varieminiature antiche, sigillato e descritto dai Delegati dellaCommissione delle Scienze e Belle Arti che la Superiora mi haasserito di non sapere perché non fosse notato nell’inventariopredetto » 6. Così è segnalato il Breviarium fratrum Minorumsecundum consuetudinem Romanae Curiae da parte di AlessandroSansedoni commissario del Prefetto di Siena, allorché, allapresenza della superiora Maria Anna Buonsignori e del segre-tario aggiunto Antonio Canestrelli, si recò il 6 di ottobre del1810 presso il Convento delle Clarisse di Siena, per rendereesecutivo il decreto di soppressione del convento il quale, erastato emanato in via definitiva il 23 settembre dello stesso an-no e prevedeva la cessazione di tutti gli Ordini Monastici e ditutte le Congregazioni Religiose 7. Il fatto che il Breviariofosse stato sottratto all’inserimento nell’inventario dei beni inpossesso del convento, si può spiegare con la volontà della ba-dessa di mettere in salvo dalle depredazioni che « suggeriva ilDirettorio nel 1799 alla Commissione incaricata di sceglierein Toscana le opere da trafugare in Francia sostenendo che aSiena l’arte non aveva avuto cultori di rilievo e accennandovagamente ad opere molto antiche consigliando però di inda-gare soprattutto tra il patrimonio librario a spese del quale ar-ricchire la biblioteche francesi » 8. Questa affermazione è so-

6 Archivio di Stato di Siena, Conventi, n. 1292, Io infrascritto Commissario [...],ultima filza.

7 Archivio di Stato di Siena, Conventi, n. 1292, Io infrascritto Commissario [...],ultima filza. Quando la Toscana nel 1808 fu aggregata all’impero francese furonoestese anche ad essa le leggi di soppressione dei Conventi, già attuate in Francia ein altri luoghi. Le carte dei Conventi senesi furono incamerate a Firenze da doveritornarono nel 1867 in modo disordinato e con lacune grandissime, cfr., Archiviodi Stato di Siena. Guida Inventario dell’Archivio di Stato, II, Roma, 1951, p. 157.

8 Come ha potuto osservare Fabio Bisogni occupandosi prima delle soppressio-ni leopoldine e poi delle soppressioni napoleoniche nell’ambito del suo studio con-dotto nel 1997 per il bicentenario del Trattato di Tolentino, F. BISOGNI, Da Pietro

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stenuta dal fatto che nell’inventario del 30 maggio del 1808nello stesso “Abbadessato”, il Preposto dell’Amministrazionedei Demani del Dipartimento dell’Ombrone, il signor DonatoPrezzolini, tra i beni elencati non riporta il Breviario che, co-me abbiamo visto appare invece nell’ottobre del 1810 9.

Il Breviario proviene dunque dal convento delle Clarisse diSiena e fu commissionato e realizzato quando queste abitavanoancora fuori la porta “Nuova o Romana” dove si erano stabilitegià nella prima metà del XIII secolo 10. L’insediamento dellemonache di Santa Chiara in principio era di piccole dimensionima grazie alle disposizioni testamentarie del cardinale RiccardoPetroni (1250-1314) il complesso fu accresciuto in modo da« renderlo uno dei più importanti che si trovavano nelle vicinan-ze della città » 11. Le francescane lasciarono il luogo del loro pri-mitivo ricovero nel 1553, come è narrato nella Breve Cronica delMonasterio di S. Chiara di Siena redatta nel 1598 da don MicheleCorini 12. Il cronista ci informa che « La mezzanotte del 25 feb-braio 1553 il monastero fu occupato dalle truppe assedianti la

Leopoldo a Napoleone: tutela e dispersione dei beni culturali a Siena e in Toscana, in Ideo-logie e patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria e napoleonica a proposito delTrattato di Tolentino. Atti del Convegno Internazionale (Tolentino, 18-21 settembre1997), a cura di N. RAPONI, Roma, 2000, pp. 564-565.

9 « Abbadessato: due banconi di noce che uno con spalliera e l’altro senza equattro piccole seggiole schianciate; due armadi grandi; due sedie raccamate in setacon cuscini e spalliere; tre sedie basse schianciate; quattro quadri piccoli e cattivi;tre piccoli cassetti nei quali diverse tele per assettare gli arredi sacri; un piccolocassettino con un libretto della regola; una piccola scatoletta di argento con entroil sigillo del Convento di peso onci e una; un tavolino di legname bianco con suotiratoio; una piletta da acqua Santa di marmo e Crocefisso di ottone; due brocchedi terra diversi vasi di vetro e di terra », Archivio Di Stato di Siena, Governo Fran-cese, 163, Santa Chiara. Processo verbale di apposizione di sigilli cc. nn.

10 Il Liberati ci informa che il convento era all’inizio « nella collina che si trovasopra la Certosa di Maggiano », cfr., A. LIBERATI, Chiese, monasteri, oratori e spedalisenesi, in Bullettino Senese di Storia Patria, LVII (1950), p. 133.

11 Ibidem. Cfr., pure Archivio di Stato di Siena, Patrimonio dei Resti Ecclesiastici.Copia del testamento del Cardinal Petroni, n. 1314, cc. 6v-12v; n. 1958bis, 1r-7r.

12 L’Abbadia Nuova di Siena, a cura di M. CIAMPOLINI, Bari, 1993, pp. 19, 95.

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città [così che] il mattino dopo vennero gli senesi con gran pre-stezza al convento et fecero intendere alle suore che da costì biso-gnava partirsi quanto prima [...] » 13. Le truppe di cui narra ilCorini erano quelle imperiali di Carlo V che, nel 1555 appoggia-te dai fiorentini di Cosimo I, fecero cadere la Repubblica di Sie-na sotto il dominio dei Medici 14. Prima che le monache passas-sero nella struttura monastica della Badia Nuova, furono ospitatenel convento di Santa Maria degli Angeli di Siena presso la chie-sa di Sant’Andrea. E in questo luogo non dovevano stare tantocomode se durante la Visita Apostolica di monsignor FrancescoBossi la badessa suor Battista Saraceni nella sua deposizione, resail 3 settembre del 1575, tra le altre cose dichiara: « Ci studiamoservare la regola et dormiamo due et quattro per letto per lastrettezza del luogo, per la quale non serviamo in questo la rego-la » 15. La vicenda dell’insediamento delle Clarisse nel complessomonastico della Badia Nuova non fu così semplice a causa dellaresistenza alla realizzazione di tale trasferimento da parte soprat-tutto di alcuni degli abati commendatari del monastero, comeGiulio Petrucci e Giovan Maria Petrucci. Infatti da numerosi do-cumenti si apprende che il Collegio di Balìa più di una volta siimpegnò a sostenere le monache di Santa Chiara contro gli “arbi-trii” dei due ecclesiastici 16.

13 La Cronaca del Corini ci è nota grazie a una copia eseguita da Antonio Pic-chioni nel 1807, M. CORINI, Breve Cronica del Monastero di Santa Chiara di Siena,copia del 1807, in A. PICCHIONI, Miscellanee diverse raccolte e ordinate dal Molto Reve-rendo Signore Don Assunto Picchioni sacerdote Senese, Biblioteca Comunale degli Intro-nati di Siena, ms. A.VIII.26, 1807, cc. 77r-95r. Cfr. pure, L’Abbadia Nuova cit.,pp. 18-22.

14 M. ASCHERI, Siena senza indipendenza: Repubblica continua, in I Libri dei Leoni.La nobiltà di Siena in età medicea, a cura di M. ASCHERI, Cinisello Balsamo (MI),1996, pp. 18-38.

15 Siena Archivio Arcivescovile,Visita Apostolica di monsignor Francesco Bossio,1575, ms. “Sante Visite”, n. 21, c. 631r.

16 Archivio di Stato di Siena, Balia, 163, cc. 294v-295r; Balia, 170, cc. 52v,97r-97v.

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In principio questo complesso monastico apparteneva al-l’Ordine Vallombrosano, come è testimoniato in una bolla pa-pale emessa da Innocenzo III nel 1204 a conferma dei privile-gi concessi all’Ordine 17. Infatti il monastero della Badia Nuo-va comprendeva il monastero dei Santi Giacomo e Filippo e lachiesa di San Giovanni Battista. Di quest’ultima oggi non esi-ste nessuna traccia relativa alle strutture architettoniche, mada alcune fonti documentarie quattrocentesche sappiamo cheera ubicata alla fine di via dei Pispini – in origine via di San-ta Chiara – 18. Sappiamo pure che per gli altari della chiesa diSan Giovanni Battista, furono eseguiti alcuni dipinti, due deiquali si conservano oggi presso la Pinacoteca Nazionale di Sie-na e sono rispettivamente riferibili uno (n. 586) a Luca diTommè (documentato dal 1357 al 1398) e l’altro (n. 231)aSano di Pietro (1405-1481) 19.

Finalmente, il 28 ottobre del 1596 le Clarisse si stabiliro-no nel monastero dei Santi Filippo e Giacomo alla BadiaNuova nei pressi di porta Pispini 20.

17 A. POTTHAST, Regesta Pontificium Riomanorum Index ad anno post Christum Na-tum ad anno MCCCIV, I, Graz, 1957, p. 153, n. 2234.

18 L’Abbadia Nuova cit., p. 9.19 G. FATTORINI, Luca di Tommè Sano di Pietro e due polittici per la chiesa di San

Giovanni Battista all’Abbadia Nuova di Siena, in Prospettiva, 126-127, 2007, p. 71.Mi sembra opportuno qui segnalare che nei due polittici il Fattorini identifica ilsanto alla sinistra della Vergine come san Gregorio Magno, pure se nella tavola diSano di Pietro questo tiene nelle mani un libro aperto con una scritta in greco chederiva dal De Spiritu Sancto di Basilio di Cesarea, uno dei quattro Padri della Chie-sa Orientale e fondatore del Monachesimo. Il Fattorini dunque, pur rilevando che« la citazione non compare nelle pagine dei molti testi gregoriani presenti nellaPatrologia latina » giustifica, in maniera poco esaustiva l’identificazione con Gre-gorio Magno affermando che « ciò tuttavia non significa che si debba rinunciareall’identificazione del santo con Gregorio Magno imposta dalle ragioni dell’icono-grafia ».

20 « Andò il Reverendissimo et Illustrissimo Arcivescono alla chiesa di SanctoAndrea et ivi comunicato diede la beneditione alle monache et fatto un bel ragio-namento alla Abbadessa suor Arthemisia Federighi alla presenza dell’Arciviescovopoi con bel’ordine incominciorno ad uscire secondo l’età e rese le dovute grazie al

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Il complesso del convento di Santa Chiara fu soppresso,come abbiamo visto, il 10 di ottobre del 1810 21 e divennesede prima di una sezione dell’ospedale psichiatrico, poi quan-do i ricoverati furono alloggiati presso l’ex monastero di SanNiccolò, il complesso fu la residenza dei monaci Olivetani 22 enel 1872 quando venne ceduto al Ministero della Guerra, di-ventò sede del Distretto Militare, come ancora oggi è 23.

Il Breviario dei Frati Minori compilato “secundum con-suetudinem Romanae Curiae” fu custodito dunque, fino al1811 presso il convento delle Clarisse. Il 10 di giugno diquell’anno l’abate Luigi De Angelis lo trasferì nella BibliotecaPubblica di Siena, come è annotato nella carta 1 dello stessocodice: « Spectabat ad Moniales Clarissas Monasterii SS. Phi-lippi et Jacobi civitatis Senarum. Ad Bibliothecam pubblicameiusdem civitatis translatum est die decima junii 1811 Alo-ysio De Angelis Bibliotecario » e dove ancora oggi, come ab-biamo detto, si conserva 24.

Signore con melodia di musica s’aviorno per venir all’Abbadia Nuova precedendola croce Archiepiscopale et appresso molte sancte reliquie portate da sacerdoti sottoil baldacchino seguendo appresso le monache e dopo con l’illustrissimo Arcivescovocon il Vicario et canonici [...] Giunte che furono all’Abbadia Nuova [...] dattaglilicentia d’intrare nel desiato monasterio tutte di nuovo inginocchiate presero la be-nedizione et chiuse le porte si diedero a dar ordine alle cose sue et poi quietate datanti strepitii attesero come hora fanno all’osservantia della sua regola », CORINI,Breve Cronica cit., cc. 92r-94v.

21 Archivio di Stato di Siena, Conventi, n. 1292, ultima filza.22 A. LIBERATI, Il convento di Monteoliveto presso Siena, in Bullettino Senese di Storia

Patria, IV (1935), fasc. III.23 L’Abbadia Nuova cit., pp. 32-33.24 In nomine Domini amen. Incipit ordo breviarii fratrum Minorum secundum consuetu-

dinem Romanae Curiae. In primo sabbato de adventu ad vesperum, 1460 circa, BibliotecaComunale degli Intronati di Siena, ms X. IV. 2. Purtroppo a causa di un restauronon ho potuto consultare il manoscritto. Questo fatto spiega sia il motivo per ilquale non mi è stato possibile stabilire con precisione le feste dei santi contenutenel calendario premesso al Breviario, sia l’impossibilità di un puntuale riconosci-mento iconografico di alcuni soggetti delle miniature, poiché non ho potuto legge-re con attenzione i brani completi che venivano esposti durante l’anno liturgico e

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Il codice è composto da 520 carte, presenta una scritturagotica eseguita su due colonne, l’inchiostro usato per la scrit-tura è bruno, i titoli sono realizzati con inchiostro rosso e leiniziali sono filigranate in rosso e azzurro. Il contenuto scrit-turale del codice consiste in una prima parte, dalla carta 1r al-la carta 6v, nel calendario. Una seconda parte, dalla carta 7ralla carta 70r, nel Salterio, seguito dall’Innario, dalla carta 70ralla carta 75r e un’ultima parte, dalla carta 79r alla carta512r, che contiene il Breviario. Questo a sua volta comprendeil Proprio del Tempo, il Proprio dei Santi e l’Officium BeateVirginis e si chiude con l’Ordo commendationis anime che allacarta 512r, mostra una miniatura nella quale è raffigurato uncompianto funebre.

La legatura è originale con una coperta in velluto rosso sudue piatti di legno 25. Ogni piatto è decorato da dodici piccolirosoni in argento e da cinque nielli ognuno disposto su una in-corniciatura d’argento dorata a fitte volute. La presenza di sanBernardino tra i santi raffigurati ci aiuterà, come vedremo in se-guito, nella possibile datazione delle miniature del codice.

La decorazione del Breviario, comprende 10 nielli nellecoperte di velluto, 12 miniature che illustrano i mesi nel ca-lendario, 161 iniziali figurate e 107 iniziali miniate con deco-razioni floreali su fondo oro.

In questa occasione, esamineremo le miniature che riguar-dano santi e scene di contenuto francescano e quelle che raffi-gurano i lavori svolti durante i vari mesi dell’anno. In fine,ma non perché di minore importanza, studieremo l’iconografiae lo stile dei nielli che decorano le coperte del codice.

che sono corredati dalle miniature che in parte ho mostrato. Lo studio che ho po-tuto condurre e che ha portato ai risultati che esporrò, sia per l’iconografia che perla storia dello stile, è stato reso possibile grazie al materiale fotografico presentepresso la fototeca del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Univer-sità di Siena e pure grazie alla cortese gentilezza di amici colleghi che erano inpossesso di diapositive a colori del Breviario.

25 La misura dei piatti è cm 33×24,5.

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Nel 1730, quando le monache di Santa Chiara mostraronoil codice a Giovan Antonio Pecci – questi in opposizione aquanto sostenevano le religiose – affermò che non poteva esse-re vero che quel breviario fosse stato donato dal cardinale Ric-cardo Petroni fondatore del loro monastero poiché: « da mevedutolo si ritiene per opinione essere assai più moderno e so-prattutto del secolo XV perché vi è la canonizzazione di S.Bernardino [...] » 26. Qualche anno dopo sempre il Pecci di-chiara che « la mano che le creò [le miniature] era di valenteProfessore » 27. Questa considerazione fu sostenuta poi nel Set-tecento anche dall’abate Gian Girolamo Carli, da GioacchinoFaluschi e da Gugliemo Della Valle 28. Quest’ultimo, piùaperto verso la pittura dei ‘primitivi’, anzi, come afferma Pre-vitali, uno degli scopritori 29, non va oltre uno asciutto giudi-zio di gusto: « alcune figure di monache e fanciulle in partevestite e in parte nude, sono colorite saporitissimamente e bendisegnate » 30. Ma bisogna arrivare agli anni quaranta dell’Ot-tocento e più precisamente riferirsi al secondo soggiorno sene-se del pittore Johann Anton Ramboux, il quale – esaminandoil nostro Breviario – ricopia alcune miniature e per la primavolta ne assegna, se pure in modo dubitativo, la paternità aSano di Pietro: “vielleicht von Sano di Pietro” 31. Questa attri-

26 G. A. PECCI, Raccolta universale di tutte le iscrizioni arme e altri monumenti, siaantichi come moderni, esistenti nel terzo di S. Martino fino a questo presente anno 1730,Archivio di Stato di Siena, ms. D 5, c. 110r, n. 455.

27 G. A. PECCI, Relazione sulle cose più notabili della città di Siena, Siena, 1752, p. 99.28 CIAMPOLINI, L’abbadia cit., pp. 96-97, nn. 6-7 e 9.29 G. PREVITALI, Guglielmo Della Valle, in Paragone, VIII (1956), 77, pp. 3-11;

La fortuna dei primitivi dal Vasari ai neoclassici, Torino, 1964, p. 113.30 G. DELLA VALLE, Lettere Sanesi Sopra le Belle Arti, II, Roma, 1785, p. 248.31 J. A. RAMBOUX, Manuscript von J. A. Ramboux enthaltend das Verzeichnis der ein-

zelnen Blätter zu der Sammlung von Umrissen und Durchzeichnungen, dienend zur Geschi-chte der Bilddenden Künste des Mittelalters in Italien gezeichnet von J. A. Ramboux ausTrier in den Jahren 1818-1822 und den Jahren 1833-1843. X Bände, Zeichnungen und1 band Text, Francoforte sul Meno, 1868, [copia presso il Kunsthistorischen Insti-tut in Florenz], p. 1249, n. 37.

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buzione viene confermata nel 1850 da Gaetano Milanesi 32. Ilcodice è incluso tra le opere di Sano di Pietro anche nell’edi-zione postuma (1968) degli elenchi del Berenson 33. Più re-centemente si sono occupati di questo manoscritto DanieleBenati, Marco Ciampolini e Marco Collareta. Nell’ambito del-la mostra sul Gotico a Siena, il Benati sostiene che il codice siada ascriversi “all’attività tarda di Sano di Pietro” e lo collocaquindi negli anni settanta del Quattrocento 34. Marco Ciam-polini nel suo volume sull’Abbadia Nuova di Siena, riprende inmodo più dettagliato alcune osservazioni di carattere icono-grafico, come quella sulla presenza dell’immagine di san Ber-nardino da Siena in uno dei nielli della coperta del Breviario,e considerando la data della canonizzazione del frate francesca-no, il 1450, propende anche lui per una datazione non tantoprecoce, concordando con Benati per gli anni settanta delQuattrocento 35. Marco Collareta, occupandosi solo della deco-razione dei nielli, nella scheda nel Catalogo della Mostra suFrancesco di Giorgio del 1993, mette in risalto l’influenza delVecchietta nella realizzazione delle incisioni, ma dilata la da-tazione in un arco temporale troppo lungo cioè tra il 1460 eil 1480 36. Queste recenti sistemazioni cronologiche fanno ca-dere così definitivamente quanto era stato in precedenza soste-nuto da Maria Grazia Ciardi Duprè. La studiosa aveva affer-

32 G. MILANESI, Storia della miniatura, Firenze, 1850, p. 183.33 B. BERENSON, Italian pictures of the Renaissance. A list of the principal artists and

their works with an index of places. Central Italian and North Italian schools, London,1968, p. 381.

34 D. BENATI, in Il gotico a Siena. Miniature, pitture, oreficerie, oggetti d’arte. Cata-logo della Mostra (Siena, 24 luglio - 30 ottobre 1982,) a cura di G. CHELAZZI DINI,Firenze, 1982, pp. 403-405.

35 CIAMPOLINI, L’abbadia Nuova cit., pp. 100-102.36 M. COLLARETA, in Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena 1450-1500. Ca-

talogo della Mostra (Siena chiesa di Sant’Agostino, 25 aprile - 31 luglio), a cura diL. BELLOSI, Milano, 1993, pp. 156-157. L’autore non include nella bibliografia del-l’opera il volume del Ciampolini sulla Badia Nuova qui citato.

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mato che la realizzazione del Breviario doveva collocarsi pro-babilmente intorno al 1441, addirittura prima del politticodei Gesuati che è la prima opera con la firma di Sano e la da-ta 1444 37. La studiosa fondava questa affermazione sul fattoche il Breviario fosse stato realizzato su una probabile com-missione del diplomatico senese Ludovico Petroni, il quale pe-rò nasce nel 1409 e muore il 22 di ottobre del 1478, come ciinforma Isidoro Ugurgieri Azzolini nelle sue Pompe Sanesi 38.

Dunque, quello che emerge fino ad ora dallo studio delleminiature, riguarda sostanzialmente questioni relative a unadatazione più precisa e puntuale della decorazione del testoche, come vedremo, si potrà tentare di precisare, pur lasciandoampi margini di discussione, attraverso lo studio dello stiledei nielli che decorano le coperte del Breviario. Un contributodeterminante a questo scopo è offerto non solo dalla correttaidentificazione dei soggetti rappresentati, ma pure dal con-fronto di queste con un gruppo di opere eseguite verso la finedegli anni cinquanta del Quattrocento a Siena e nel suo terri-torio, dal pittore Matteo di Giovanni. Infatti, ad un artistaprossimo a questo ambito stilistico si potrà collocare, se purecon cautela, la paternità dei disegni dai quali sono state trattele incisioni dei nielli.

I santi raffigurati nei nielli del piatto anteriore mostranoal centro san Francesco (Fig. 1), il quale è rappresentato vestitocon il saio fermato in vita dal cordone. Tiene con la mano de-stra una lunga croce astile, mostra le stimmate sulle mani, sulcostato e sui piedi. Il capo nimbato, ha una tonsura che lascia

37 M. G. CIARDI DUPRÈ, La Libreria di Coro dell’Osservanza e la miniatura senese delQuattrocento, in L’Osservanza di Siena. La Basilica e i suoi codici miniati, Milano,1984, pp. 139-141.

38 I. UGURGIERI AZZOLINI, Le pompe sanesi, Pistoia, 1649, I, p. 310. Per uno stu-dio completo ed esaustivo sulla figura di Ludovico di Francesco di Salimbene Pe-troni cfr., P. TURRINI, Ludovico Petroni diplomatico e umanista senese, in Interpres Rivi-sta di studi quattrocenteschi, XVI, 1 (1997), pp. 7-59.

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i capelli molto lunghi e ha pure una barba non tanto folta.Sullo sfondo dietro di lui è scritto: Sancto Franciesco.

Nell’angolo in alto a sinistra è san Pietro (Fig. 2). Il santoindossa la tunica con sopra un ampio mantello, ha la tonsura,l’aureola e tiene nella mano destra le chiavi, suo attributo ca-ratteristico, mentre con la sinistra stringe un libro. Sul fondodel niello è la scritta Santo Pietro. Nell’angolo in alto a destraè raffigurato san Paolo (Fig. 3). Il santo volta il capo aureolatoverso la sua spalla destra in direzione dell’immagine di Pietro.Ha capelli lunghi e fluenti come la barba, così che non si sot-tolineano i tratti somatici caratteristici di Paolo: stempiatura,viso ovale e barba lunga a punta 39. Il santo indossa una tuni-ca fermata in vita da una cintura di stoffa, un mantello e tie-ne nella mano destra una spada, mentre con la sinistra reggeun libro. Sullo sfondo sta la scritta: Santo Paulo.

Nell’angolo in basso a sinistra troviamo raffigurato sanGiovanni Battista (Fig. 4). Giovanni indossa la melota, con so-pra un mantello, ha capelli e barba folti e scarmigliati, con lamano destra fa il tipico gesto di indicare mentre con la sini-stra tiene una croce astile, sulla destra della quale svolazza uncartiglio con la scritta Ecce agnus Di [Dei]. In questo caso al-l’incisore è stato suggerito di riprodurre il santo con tutti isuoi attributi caratteristici. Sulla sua destra la scritta: Santo Io-vanni Batista.

Nel niello in basso a destra è raffigurato san Bernardino daSiena. Il frate ha la tonsura, il caratteristico volto emaciatocon il mento a punta ben evidente, indossa l’abito francescano

39 Per l’iconografia di san Paolo cfr. G. KAFTAL, Iconography of the Saints in Tu-scan Painting, Firenze, 1952, coll. 784-789; G. KAFTAL, Iconography of the Saints inCentral and South Schools of Painting, Firenze, 1965, coll. 852-861; G. KAFTAL - F.BISOGNI, Iconography of the Saints in the Painting of North East Italy, Firenze, 1978,coll. 812-816; G. KAFTAL - F. BISOGNI, Iconography of the Saints in the Painting ofNorth West Italy, Firenze, 1985, coll. 533-536; Lexikon der Christlichen Ikonographie,8, Freiburg im Breisgau, 1976, coll. 128-147.

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e tiene con le mani il monogramma di Cristo. Nel fondo del-l’incisione si legge la scritta Santo Benardino [sic].

Nel piatto posteriore è raffigurata nel niello centrale santaChiara. Pure se l’immagine che abbiamo a disposizione non ètanto decifrabile, possiamo vedere che la santa indossa l’abitodelle Clarisse e tiene nella mano destra uno dei suoi attributi,la lampada accesa. Nel fondo del quadrilobo campeggia lascritta Santa Chiara.

Nell’angolo superiore a sinistra si trova l’Arcangelo Gabrieleannunciante e la scritta Mara [sic Maria], nell’angolo di destraè rappresentata la Madonna annunciata, che tiene la mano de-stra sul petto e con la sinistra regge un libro aperto.

Nell’angolo in basso a sinistra, si intravede appena a causadel cattivo stato di conservazione e della pessima qualità dellafoto, l’immagine di san Ludovico da Tolosa. È possibile propor-re questa identificazione poiché si leggono le prime tre letteredel nome: LOD.

Infine, nell’angolo in basso a destra è raffigurato sant’Anto-nio da Padova. Il santo è abbigliato con l’abito francescano, hala tonsura, ma con i capelli lunghi proprio come san France-sco nel piatto anteriore. Tiene con la mano destra un cuore,mentre con la sinistra stringe un libro. Sullo sfondo dell’inci-sione si legge a mala pena la scritta Santo Antonio da Padua.

Nelle borchie in smalto traslucido dei quattro tiranti divelluto rosso, che si dipartono dal piatto anteriore, sono pre-senti gli stemmi della famiglia Petroni e della famiglia Ca-stellani 40. Negli altri due tiranti sono raffigurati i diaconiStefano e probabilmente Lorenzo. Il primo, si può identificaregrazie alla presenza sul capo di due sassi, attributo suo pro-prio; il secondo, essendo lo stato di conservazione degli smaltimigliore, lascia vedere una figura con abiti diaconali: la dal-

40 Per lo stemma della Famiglia Castellani cfr., Archivio di Stato di Siena, Ar-mi delle Famiglie nobili di Siena compilato nella prima metà del secolo XIX da AntonioAurieri parroco di S. Giovanni in Pantaneto, ms A 22, c. 24v, n. 186.

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matica e l’alba, elementi che ci portano a propendere per unaidentificazione con l’altro importante diacono, Lorenzo.

La presenza degli stemmi Petroni e Castellani, come ab-biamo detto, si trova pure all’interno del Breviario. Gli stem-mi di queste due casate sono miniati nel bordo inferiore dellacarta 7r. Lo stemma della famiglia Castellani è composto dauno scudo con fondo azzurro, sul quale si staglia un leonerampante color oro, percorso da una bada trasversale di coloreargento chiaro con all’interno tre palle rosse, sorretto da duetenenti in figura di angeli. Accanto, sulla destra, si vede lostemma del cardinale Riccardo Petroni che è formato da unoscudo con fondo dorato percorso da una fascia verticale con al-l’interno tre stelle argentate. L’arme è incorniciata da un cap-pello cardinalizio di colore rosso con sei nappe che pendonotre per ogni lato ed è sostenuta da due supporti in forma diuccelli dal vivace piumaggio. La presenza di questi due stem-mi potrebbe far riferimento ai committenti dell’opera. E pro-prio a proposito dei possibili committenti, sappiamo che nelQuattrocento, il personaggio di maggiore rilievo appartenentealla famiglia Petroni, come abbiamo detto, era senza dubbio ildiplomatico umanista Ludovico (1409-1478). Egli aveva tragli antenati il famosissimo cardinale Riccardo, che – in unalettera inviata al Concistoro nel 1451 – difende fermamente,sostenendo come pure infamie, le accuse rivolte al cardinale diessere stato “usuraio” e di aver condotto una “vita abominevo-le” 41. Dai documenti di archivio su Ludovico Petroni nonemergono notizie circa i suoi rapporti con la comunità delleClarisse di Siena. Potremmo pure accettare con estrema caute-la il fatto che la presenza delle due immagini di san Ludovicoda Tolosa, una in un niello e l’altra in una miniatura all’inter-no del codice, siano indizi per sostenere la commissione dellostesso in parte a Ludovico Petroni 42. Ma se così fosse non ci è

41 TURRINI, Ludovico Petroni cit., pp. 10-11.42 Ibid., p. 52.

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dato di sapere chi possa essere il Castellani che dovrebbe avercondiviso la commissione del Breviario. Questo resta un puntosul quale si deve fare ancora luce, ciò tuttavia non ci impedi-sce di chiarire altre questioni nate dallo studio del Breviario.

Per tornare alla realizzazione dei nielli, abbiamo detto chela presenza di san Bernardino, rafforza la considerazione cheper una corretta datazione della realizzazione del codice e del-le incisioni, bisogna partire dal 1450, anno di canonizzazionedel santo senese 43. Si potrebbe obiettare che non sempre perraffigurare un santo sia stato necessario attendere gli esiti delprocesso di canonizzazione, ma in un contesto come questodove tutti i santi rappresentati sono di culto affermato e giàpienamente riconosciuti non poteva essere inserito un ‘frate’,sia pure già di grande ‘fama’, al quale non era ancora stato as-segnato il titolo di santo. Inoltre si consideri pure che nel ca-lendario premesso al Breviario la festa di san Bernardino sicommemora già al 20 di maggio, come è indicato pure nelMartirologio Romano 44.

Se confrontiamo il disegno delle incisioni dei nielli con al-cune delle prime opere del pittore senese Matteo di Giovannici rendiamo conto che esse non si discostano per il tratto pu-lito e per la nitidezza dei contorni, dalle figure presenti inqueste opere. Il primo confronto già possiamo farlo con la ta-vola con l’Annunciazione e santi, nella chiesa di San Pietro aOvile e ora nel Museo Diocesano a Siena che si può datare al1458 45. In maniera più dettagliata possiamo accostare il san

43 Pure se il primo Processo di canonizzazione si svolse a Siena nel 1445, il se-condo nella città dell’Aquila nel 1447 e il terzo ed ultimo si aprì a Roma nel1448 concludendosi due anni dopo con l’esito affermativo, Il grande libro dei santi.Dizionario enciclopedico, diretto da C. LEONARDI, A. RICCARDI e G. ZARRI, a cura di E.GUERRIERO E D. TUNIZ, Cinisello Balsamo (MI), 1998, I, pp. 297-300.

44 Martyrologium Romanum Quarta post typicam editio a Benedicto XV adprobatam,Typis Polyglottis Vaticanis, 1956, p. 121.

45 La pittura senese nel Rinascimento. 1420-1500. Catalogo della Mostra a cura diK. CHRISTIANSEN, L. B. KANTER, C. BRANDON STREHLKE (New York, The Metropoli-

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Pietro del niello con quello che è nella cuspide sinistra dellatavola (Fig. 5). Il modo di tratteggiare il panneggio del man-tello a larghi piegoni e il risvolto della tunica sotto il colloesprimono lo stesso familiare linguaggio figurativo. La stessaconsiderazione vale per le pieghe della lunga tunica della Ver-gine ai piedi della Crocifissione. Possiamo accostare ai nostrinielli pure il panneggio del mantello di san Giacomo, nel po-littico di Asciano, che è di due anni successivo a quello di SanPietro a Ovile (Fig. 6), con il mantello che copre la melotadel san Giovanni Battista. E ancora lo stesso Giacomo, sempreal confronto col Battista per la realizzazione dei capelli a fitteciocche serpeggianti come se le stesse fossero immerse in unliquido trasparente.

Non possiamo fare a meno di osservare che il modo di di-pingere e i tratti formali di questo artista manifestano unacultura pittorica vicina a quella del Vecchietta, mostrandonelle figure così allungate, emaciate e vestite di abiti stropic-ciati, quasi sul punto di lacerarsi per l’uso frequente, la volon-tà di porre in rilievo il dramma di questi silenziosi personag-gi. Come ha notato il Collareta, il gesto di torsione compiutodal san Paolo che gli agita e scompiglia i capelli e la barba, èlo stesso gesto che troviamo nella statua di san Paolo eseguitadal Vecchietta per il complesso marmoreo della Loggia dellaMercanzia a Siena 46. Queste caratteristiche formali diverrannoin seguito il tratto peculiare della piena maturità pittorica diMatteo di Giovanni. Con dovuta cautela credo che si possanoascrivere ad un artista che, per convenzione chiameremo Mae-stro dei nielli francescani, prossimo ai tratti formali di Matteodi Giovanni, pure i disegni per il gruppo delle sedici formellesmaltate che appartenevano alla mitra di Pio II, conservate aPienza, nel Museo Vescovile e realizzate nello stesso arco tem-

tan Museum of Art, 20 dicembre 1988 - 19 marzo 1989), Cinisello Balsamo (MI),1989, pp. 279-280.

46 COLLARETA, in Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena cit., pp. 156-157.

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porale, come mostrano le evidenti familiarità con i nielli delnostro Breviario 47.

Veniamo ora all’analisi delle “immagini del francescanesi-mo” contenute nel nostro codice e che riguardano i santi fran-cescani di maggiore culto: Francesco, Chiara, Antonio da Pa-dova e Ludovico da Tolosa. Manca la raffigurazione di sanBernardino presente però, come abbiamo visto, in uno deinielli della coperta del Breviario. Si segnala qui la presenza diClarisse che sono raffigurate in atto di compiere attività legatealla vita conventuale. Ne sono evidenti esempi le due minia-ture dei mesi di gennaio (Fig. 19) e di marzo e quella che il-lustra la festività del Corpus Domini (Fig. 7), nella quale duemonache pregano in ginocchio davanti ad un altare, che ha lamensa coperta da una tovaglia e è decorato sul davanti con unpaliotto, mentre il presbitero solleva al cielo l’ostia consacrata.

La prima raffigurazione di san Francesco in questo codicesi trova nella lettera F di Franciscus igitur (Fig. 8), per la com-memorazione della sua Traslazione, il giorno 25 di maggio. Inquesta miniatura, il fondatore dell’Ordine dei Frati Minori, èraffigurato disteso nel sarcofago all’interno di un’arca, con lestimmate ben visibili, mentre un vescovo con un libro in ma-no, alla presenza di un altro frate, si accinge alla celebrazionedella festività. Interessante in questa miniatura è pure la ri-

47 Ibid., pp. 150-151. Marco Collareta concorda con il Bencini il quale assegnala realizzazione delle formelle a due artisti fiorentini Betto di Francesco e Antoniodel Pollaiolo tra il 1457 e il 1458. Il Ciampolini più recentemente ci informa chele formelle possono essere il « Lavoro di un abile orafo, probabilmente di Francescod’Antonio, come denoterebbe l’Annunciazione nel ricciolo, composta di figurebambine e come rattrappite, di un gusto anticlassico, diverso dall’idealismo dellacultura fiorentina del tempo, alla quale è oggi associato » anche se, nella didascaliache accompagna le foto delle formelle è detto “Bottega fiorentina”, cfr. M. CIAMPO-LINI, in Musei del Senese. Siena, Chianti, Valdelsa, Crete, Val d’Arbia, Val d’Orcia,Monte Amiata, Val di Merse, Valdichiana. Itinerari culturali in terra di Siena, a curadi D. CAPRESI, S. NERUCCI, L. MACCARI, Siena, 2007, pp. 240-241.

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produzione dell’architettura dell’arca funeraria di Francesco,composta da tre archi sorretti da esili colonnine che, riprendo-no seppure sinteticamente, tipologie funerarie attestate in areasenese dal Trecento in avanti.

Nella lettera O di Omnipotens sempiterne Deus per la com-memorazione della sua festività, è raffigurato Francesco che rice-ve le stimmate (Fig. 9). Questo episodio è quello più diffusodell’iconografia di san Francesco. L’esperienza delle stimmateavvenne sulla Verna nel settembre del 1224 48, allorché, Fran-cesco si sentì trafiggere le mani, i piedi e il petto dalle stessepiaghe di Cristo apparsogli sotto forma di Serafino. Alla scenaè presente frate Elia proprio come è stabilito nell’iconografiache dipende da Tommaso da Celano e da san Bonaventura 49.

48 Cfr., LU. PELLEGRINI, Note sulla documentazione della Verna. A proposito del primi-tivo insediamento, in Itinerarium montis Alvernae. Atti del Convegno di Studi Storici(La Verna, 5-8 maggio 1999), a cura di A. CACCIOTTI, Firenze, 2000, pp. 78-87.

49 « Faciente ipso moram in eremitorio, quod a loco in quo positum est Alver-na nominatur, duobus annis antequam animam redderet caelo, vidit in visione Deivirum unum, quasi Seraphim sex alas habentem, stantem supra se, manibus exten-sis ac pedibus coniunctis, cruci affixum. Duae alae supra caput elevabantur, duaead volandum extendebantur, duae denique totum velabant corpus. Cumque ista vi-deret beatus servus Altissimi, admiratione permaxima replebatur, sed quid sibi vel-let haec visio advertere nesciebat. Gaudebat quoque plurimum et vehementius lae-tabatur in benigno et gratioso respectu, quo a Seraphim conspici se videbat, cuiuspulchritudo inaestimabilis erat nimis, sed omnino ipsum crucis affixio et passionisillius acerbitas deterrebat. Sicque surrexit, ut ita dicatur, tristis et laetus, et gau-dium atque moeror suas in ipso alternabant vices. Cogitabat sollicitus, quid possethaec visio designare, et ad capiendum ex ea intelligentiae sensum anxiabatur pluri-mum spiritus eius. Cumque liquido ex ea intellectu aliquid non perciperet et mul-tum eius cordi visionis huius novitas insideret, coeperunt in manibus eius et pedi-bus apparere signa clavorum, quemadmodum paulo ante virum supra se videratcrucifixum. Manus et pedes eius in ipso medio clavis confixae videbantur, clavo-rum capitibus in interiore parte manuum et superiore pedum apparentibus, et eo-rum acuminibus exsistentibus ex adverso. Erant enim signa illa rotunda interius inmanibus, exterius autem oblonga, et caruncula quaedam apparebat quasi summitasclavorum retorta et repercussa, quae carnem reliquam excedebat. Sic et in pedibusimpressa erant signa clavorum et a carne reliqua elevata. Dextrum quoque latusquasi lancea transfixum, cicatrice obducta, erat, quod saepe sanguinem emittebat,

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Le ultime due miniature con Francesco, mostrano il bustosenza i segni delle stimmate. La prima è nella lettera D di Deusqui ecclesiam (Fig. 10). In essa è raffigurato il santo in trono che,tiene con la mano sinistra un libro e con la destra srotola unapergamena che porge a un frate posto alla sua destra, mentre allasua sinistra una clarissa con il circulum precatorium nelle manigiunte si china verso Francesco. Il significato di questa miniatu-ra, potrebbe riguardare la diffusione dei conventi francescani inaltre province e dunque, la consegna della regola ai frati e allesorelle di questi nuovi insediamenti, a testimonianza del valoredei principi sui quali Francesco aveva fatto leva per dare vita al-l’Ordine dei Frati Minori. Si vuole con ciò, assimilare Francescoai fondatori di Ordini religiosi che lo hanno preceduto, come peresempio San Benedetto. Ma altri esempi analoghi a questo, ri-guardanti sempre santi francescani, ci suggeriscono una iconogra-fia simile. Come è, per esempio, in una immagine proprio dellaseconda metà del Quattrocento, nella quale Francesco consegna asanta Elisabetta d’Ungheria la Regola del Terzo Ordine 50. Anchequi il santo indossa l’abito francescano, è in trono e non ha lestimmate.

L’altra miniatura che mostra Francesco senza stimmate èprobabilmente un unicum iconografico. Questa è nella letteraA di Apparuit gratia Dei (Fig. 11), che è l’incipit della Legendaminor di san Bonaventura. Qui san Francesco è raffigurato ve-stito con un abito da eremita, fermato in vita da una cinturadi colore scuro, mentre in ginocchio davanti a una grossa Cro-

ita ut tunica eius cum femoralibus multoties respergeretur sanguine sacro. Heuquam pauci, dum viveret crucifixus servus Domini crucifixi, sacrum lateris vulnuscernere meruerunt! Sed felix Helias, qui, dum viveret sanctus, utcumque illud vi-dere meruit; sed non minus felix Rufinus qui manibus propriis contrectavit »,THOMAS DE CELANO, Vita prima. Opusculum secundum. Caput III, in Fontes Franciscani,a cura di E. MENESTÒ e S. BRUFANI, Assisi, 1995, pp. 369-371; BONAVENTURAE DE

BALNEOREGIO, Legenda Maior. Caput XIII, in Fontes Franciscani cit., pp. 889-893.50 G. KAFTAL, Iconography of the saints in Tuscan Painting, Florence, 1952, col.

340, fig. 389.

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ce, si flagella le spalle scoperte con la mano destra e con la si-nistra tiene il circulum precatorium. Il paesaggio che fa da sfon-do alla raffigurazione mostra un luogo desolato tra alte mon-tagne brulle. In questa scena mancano gli elementi peculiaridell’iconografia di san Francesco: l’abito dell’ordine francesca-no fermato in vita dal cordone e le stimmate. Un abito similea quello che veste il nostro Francesco lo troviamo indosso albeato Pietro Crisci (1243-1323), nel trittico eseguito da Bar-tolomeo di Tommaso (documentato dal 1425 al 1454) per lachiesa di San Salvatore di Foligno 51. Il beato, dedito alla pe-nitenza più aspra fu più volte pellegrino sia a Roma che adAssisi e fu probabilmente fondatore, assieme al beato Cecco daMontegranaro, terziario francescano, della chiesa di Santa Ma-ria di Montegranaro presso Pesaro 52. Un’altra immagine mol-to simile è in una delle miniature del codice contenente la Le-genda Maior di san Bonaventura, databile al 1457 e conservatoa Roma presso il Museo Francescano con numero di inventario1266 53. Qui Francesco è seminudo in ginocchio e si flagellale spalle, non ha le stimmate e il saio è disteso per terra allasua destra. Questa particolare iconografia di Francesco nontrova un riscontro preciso nel testo di san Bonaventura mamostra la chiara volontà dei committenti di porre l’accentosul periodo precedente la rivelazione di Francesco circa la fon-dazione dell’Ordine e della redazione della Regola. Si assimilacosì Francesco ai Padri del deserto sottolineando il percorso dipenitenza, preghiera e privazione per raggiungere e compren-dere « i misteri della Croce » che « il Padre della misericordiae della luce [...] dispiegò intorno a lui » 54. Non conosco altre

51 F. TODINI, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano, 1989,p. 27 e tavola XXX. Ringrazio l’amica Maria Corsi per questa segnalazione.

52 Bibilotheca Sanctorum, X, Roma, 1968, coll. 821-823.53 Francesco d’Assisi attraverso l’immagine, a cura di S. GIEBEN e V. CRISCUOLO, Ro-

ma, 1992, sp., ma cc. 29rv.54 San Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda minore, in Fonti Francescane, Padova,

1982, p. 1019.

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immagini che mostrano Francesco in abiti da eremita mentresi flagella le spalle.

Ci sono però, immagini con una iconografia simile, che lomostrano come penitente in luoghi desertici ma con l’abitofrancescano 55. Per esempio nella tavola di Giovanni Bellini aNew York presso la Frick Collection, che si data al 1480, op-pure nel dipinto di Annibale Carracci conservato a Romapresso la Pinacoteca Capitolina, databile agli anni ottanta delCinquecento; e ancora nella tela attribuita alla bottega delGuercino, che si trova a Fabriano e si può datare verso il1645.

Passiamo ora ad esaminare le scene contenute nel codiceche ci mostrano santa Chiara. La prima miniatura che ci pre-senta Chiara è quella per la commemorazione della santa, nelgiorno della sua festa, cioè l’11 di agosto 56. La scena raffiguraSan Francesco che con i confratelli accoglie Chiara e le sue amichealla Porziuncola (Fig. 12). Francesco aveva accolto Chiara allaPorziuncola nel 1211, l’aveva vestita con l’abito religioso e as-segnata in principio al monastero benedettino di San Paolodelle Badesse a Bastia e, in seguito, con un gruppo di altregiovani fanciulle, le “povere dame”, l’aveva trasferita a SanDamiano 57. Chiara è rappresentata come una giovane conlunghi capelli biondi ornati da una coroncina di piccolissimifiori azzurri. È vestita con un elegante abito di colore biancocon i bordi dorati, decorati con delle piccolissime nappine ros-

55 Come mi segnala l’amico Roberto Cobianchi.56 Nel Marirologio Romano la festa è segnata al 12 di agosto ma il dies natalis

di Chiara fu l’11 agosto del 1253. Infatti la miniatura che precede questa di Chia-ra riguarda il martirio di san Lorenzo del quale si commemora la festività il 10 diagosto, Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, ms X. IV. 2, cit., c. 390r.

57 “E così per volontà di Dio e del notro beatissimo padre Francesco, andammoalla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per mi-sericordia e grazia ci moltiplicò”, cfr., S. BRUFANI, Chiara d’Assisi, in Il grande librodei santi cit., I, p. 420; cfr. pure C. LEONARDI, Francesco d’Assisi, in Il grande libro deisanti cit., I, p. 702.

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se ed è fermato in vita da una lunga cintura dorata. Con lamano destra tiene il circulum precatorium, mentre con la sinistrasi tira su l’abito, con un gesto vezzoso, mostrando una altret-tanto raffinata sottoveste che contraddice qui quanto è narratonella sua Leggenda: « Sotto le vesti preziose e morbide portavanascostamente un piccolo cilicio, apparendo al di fuori adornaper il mondo, ma rivestendosi interiormente di Cristo » 58. Lasanta indossa anche delle calze bianche e delle raffinate scar-pettine rosse. Anche le due giovinette che la seguono sono ab-bigliate in modo molto elegante ma, a differenza di Chiara,queste portano sul capo un leggerissimo velo trasparente. Di-nanzi al gruppo delle tre fanciulle sono raffigurati san France-sco e altri due frati ognuno dei quali tiene nelle mani un in-dumento dell’abito che indosserà Chiara da li a poco: la tuni-ca, il mantello e il cordone. San Francesco qui è rappresentatocon l’aureola e le stimmate. Nelle raffigurazioni delle sceneche contengono questo episodio, come sottolinea Chiara Fru-goni, Francesco viene raffigurato anacronisticamente già con lestimmate 59.

Nella lettera F di Famulos tuos, è raffigurata la seconda im-magine di Chiara (Fig. 13). Questa mostra San Francesco checonsegna a Chiara e alle sue compagne il velo monacale 60. La mi-

58 « Sub vestibus namque pretiosis ac mollibus, ciliciolum gerebat abscondi-tum, mundo exterius florens, Christum interius induens », Sanctae Clarae VirginisAssisiensis: legenda latina, introduzione, testo restaurato, note e indici a cura di G.BOCCALI, con traduzione italiana a fronte di M. BIGARONI, Santa Maria degli Angeli(PG), 2001, p. 96.

59 Cfr. C. FRUGONI, Una solitudine abitata. Chiara d’Assisi, Bari, 2006, p. 106.60 La raffigurazione di questa scena non è rara, se ne trovano anche altri esempi

come quello che è in uno dei quattro pannelli, conservato a Berlino presso la Ge-mäldegalerie, per la predella eseguita da Giovanni di Paolo probabilmente per ilpolittico con Madonna e santi realizzato dallo stesso artista e oggi conservato presso laPinacoteca Nazionale di Siena, cfr., KAFTAL, Iconography of the saints in Tuscan cit., col.273, fig. 314; P. TORRITI, La Pinacoteca Nazionale di Siena. I dipinti, Genova, 1990, pp.233-236, n. 191; Painting in Renaissance. Siena 1420-1500, a cura di K. CHRISTIANSEN,L. B. KANTER, C. BRANDON STREHLKE, New York, 1988, pp. 204-207.

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niatura sintetizza la fondazione del ramo femminile dell’Ordi-ne francescano, avvenuta tra il 1212 e il 1214 ad opera diFrancesco e di Chiara, detto da quest’ultima delle Clarisse 61.Si vede (Fig. 13) la santa accompagnata da altre tre fanciulleche, in ginocchio con le mani giunte, china il capo copertodal soggolo verso Francesco, mentre questi le sistema sulla te-sta il velo nero. Questo indumento sembra realizzato con unafibra spessa e lavorato in modo non raffinato, tanto che a ve-derlo dà l’impressione di essere addirittura rifinito con dellefrange. Il velo sul capo delle Clarisse raffigurate nel codice,presenta sempre tale caratteristica. Questa scena che mostra la“consacrazione dello stato monacale” è ambientata all’internodi un edificio religioso, come si intuisce dalla presenza di unaltare con il suo paliotto e con sulla mensa la tovaglia e lacroce, proprio a sottolineare la sacralità dell’evento 62. Nellescene di Chiara insieme a Francesco i due sono sempre accom-pagnati l’una da alcune amiche, l’altro da alcuni confratelli.

Nella lettera D di Venerabili Christi sponsae (Fig. 14) è raf-figurata la giovane Chiara che prende dalle mani del vescovoil ramo di olivo nel giorno della domenica delle Palme. LaLeggenda narra che: « Venuta dunque la domenica, la fanciullaentrò in chiesa con le altre, radiosa di splendore festivo tra ilgruppo delle nobildonne. E li avvenne – come per un signifi-cativo segno premonitore – che, affrettandosi tutte le altre aprendere la palma, Chiara, quasi per un senso di riserbo, ri-mane ferma al suo posto: ed ecco che il vescovo discende igradini, va fino a lei e le pone la palma tra le mani » 63.

61 C. LEONARDI, Francesco d’Assisi, in Il grande libro dei santi cit., I, p. 702.62 Ibid., p. 108.63 « Die itaque dominico veniente, in turba dominarum splendore festivo puel-

la perradians, cum reliquis intrat ecclesiam. Ubi illo digno praesagio contigit, utcaeteris ad ramos currentibus, dum Clara prae verecundia suo in loco manet immo-ta, pontifex per gradus descendens, usque ad eam accederet, et palmam suis in ma-nibus poneret », Sanctae Clarae Virginis cit., pp. 104-106.

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L’ultima miniatura che mostra Chiara è nella lettera C diClara grandi ancilla (Fig. 15). In essa è raffigurato un sarcofa-go con all’interno il corpo della santa, abbigliata con l’abitoproprio delle Clarisse. Sul lato destro si vede un frate che tie-ne nelle mani un libro aperto per assolvere la liturgia di quelgiorno che commemora, la Traslazione del corpo di Chiara.

Tra le miniature del nostro Breviario, ce ne sono altre treche raffigurano santi francescani. Si tratta di quelle che rap-presentano, sant’Antonio da Padova e san Ludovico d’Angiòvescovo di Tolosa. Le due miniature che mostrano sant’Anto-nio da Padova si trovano una nella lettera P di Paduani ergo(Fig. 16) e l’altra nella lettera E di Ecclesiam tuam (Fig. 17). Laprima, eseguita per la commemorazione della Traslatio delsanto, mostra Antonio ritratto a tre quarti, vestito con l’abitodell’Ordine, con l’aureola e la tonsura, mentre nella mano de-stra tiene un cuore, che è uno dei suoi attributi tipici 64. Laseconda miniatura, eseguita per la commemorazione della suafestività, rappresenta Antonio con l’abito da francescano fer-mato in vita dal cordone e con il cuore nella mano sinistramentre con la destra lo indica.

San Ludovico da Tolosa è raffigurato all’interno della let-tera D di Deus qui ecclesiam tuam (Fig. 18). Questa miniaturamostra il santo con l’abito francescano mentre tiene con lamano sinistra un pastorale, sul capo ha la mitra vescovile e in-dossa un piviale fermato sul petto da una grossa fibbia. Perquesta immagine Sano di Pietro sembra essersi ispirato a unalunga tradizione iconografica che, ha nella pittura senese, nu-merosissime attestazioni. Come la tavola di Simone Martinicon san Ludovico che incorona Roberto d’Angiò che si conserva nelMuseo di Capodimonte a Napoli.

Vogliamo analizzare, ora le dodici scene miniate alla finedi ogni mese del calendario premesso al nostro Breviario, fa-

64 Per l’iconografia di Antonio cfr. G. KAFTAL, Iconography of the saints in TuscanPainting, Florence, 1952, coll. 77-88.

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cendo notare che sotto l’ultimo giorno di ogni mese è scrittoin latino, un proverbio relativo a quel periodo 65.

Alla carta 1r il mese di gennaio. Il proverbio del mese re-cita: Nona parat bellum quinta dat hora flagellum. L’illustrazioneci mostra un momento di vita quotidiana all’interno del con-vento (Fig. 19). Questa è l’unica raffigurazione del calendarioche non descrive il lavoro che nella terra, si compie in quelmese, poiché nel mese di gennaio i contadini hanno pochissi-mo lavoro da svolgere nei campi, a causa delle avverse condi-zioni climatiche. Si vedono, infatti, tre monache che vestonol’abito delle Clarisse, all’interno di una stanza del convento,mentre fuori nevica copiosamente, compiere ognuna un’azionediversa: una appoggia una bottiglia su un tavolo, una sedutasi riscalda davanti al fuoco del camino e la terza fila la “rocca”dinanzi alla grande finestra, attraverso la quale si vedono ca-dere copiosi fiocchi di neve. La pagina, come tutte le altre delcalendario e come pure in altre parti del codice, è ornata daun fregio composto da drôleries, da gocce d’oro, da vegetazio-ne fantastica, da fiori multicolori, da bizzarri frutti, da uccelliselvatici dagli screziati piumaggi e da animali favolosi che fio-riscono anch’essi dai margini del foglio, così che tutti insiemecontribuiscono a dare vitalità alle carte del nostro Breviario.

65 Riportiamo di seguito tutti i proverbi: c. 1r, gennaio Nona parat bellum quin-ta dat hora flagellum; c. 1v, febbraio Nullus ut octave vel dene dixerit ave; c. 2r, marzoPrima nocet multum nullum dat altera cultum; c. 2v, aprile Prima petit telis que nona re-quirit aprilis; c. 3r, maggio Sexta minus sordet cum vulnera dena remordet; c. 3v, giu-gno Redit quinta cutem nullam dat quarta salutem; c. 4r, luglio Est lupus undena pari-ter quoque nona leena; c. 4v, agosto Cuspide prima ferit quem septima perdere querit; c.5r, settembre Tertia septembris et quarta dabunt mala membris; c. 5v, ottobre Quintadat octubris que nona venena colubris; c. 6r, novembre Est octava cani et quarta videturin anis; c. 6v, dicembre Prima parat luctum nullum dat septima fructum. Per la genesidi questo tipo di letteratura nel territorio senese cfr., F. MUGNAINI, Paese che vai pro-verbio che trovi, ovvero: tutto il mondo è un paese, in Chi la sa non la insegni, raccolta diproverbi e di modi di dire senesi, Siena, 1995, pp. 71-85.

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Alla carta 1v è il mese di febbraio. Appena subito sopra lascena miniata per questo mese, si legge il proverbio: Nullus utoctave vel dene dixerit ave. Cominciano qui le raffigurazioni deilavori che si eseguono nei campi nei restanti mesi dell’anno.Si vede nei pressi delle mura di una città, una donna che filala lana mentre, un contadino è intento a potare con il falcettole viti di una vigna.

Alla carta 2r è il mese di marzo. Il proverbio del mese di-ce: Prima nocet multum nullum dat altera cultum. La scena ripro-dotta per questo mese, mostra sulla destra un contadino inabiti da “lavoro” intento a zappare il terreno di una vigna,mentre sulla sinistra inginocchiate davanti ad un altare all’in-terno di una cappella due clarisse stanno pregando, una di es-se tiene tra le mani il circulum precatorium. Poiché in questomese cade il tempo della Quaresima, è stato raffigurato il ti-pico cibo del periodo, cioè il pesce come si vede all’interno diun cesto posto davanti ad una porta.

Alla carta 2v è il mese di aprile. Il proverbio recita: Primapetit telis que nona requirit aprilis. La miniatura mostra un pae-saggio con un verde prato fiorito e con due alberi da fruttocon i rami tempestati di gemme e tre giovani, due dei qualisono intenti a raccogliere fiori e porli in una grande cesta,mentre un terzo tiene nelle mani un paniere colmo di fruttidi stagione.

Alla carta 3r è il mese di maggio. Il proverbio di questomese recita: Sexta minus sordet cum vulnera dena remordet. La sce-netta in questo caso è più complessa. Si vedono sulla destraun cavaliere che tiene sul braccio un falchetto avviarsi a cacciapreceduto dal ‘famiglio’ e da un cane. Sulla sinistra invece so-no raffigurati due ‘donzelli’ dinanzi alla porta di una casa chesono in procinto di ‘cantar maggio’ tenendo nelle mani il ti-pico ‘arboscello’ o ‘bruscello’.

Alla carta 3v è il mese di giugno. Il proverbio citato perquesto mese dice: Redit quinta cutem nullam dat quarta salutem.Il lavoro narrato nella scena riguarda la mietitura del grano.Si vedono tre contadini in abiti da lavoro, con sul capo il ca-

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ratteristico cappello di paglia detto ‘Pamela’, che stanno fal-ciando il grano. Sulla estrema destra si riconosce un ciliegiodal quale, sono state evidentemente raccolti i frutti contenutinel cesto raffigurato dinanzi ad una casa sull’estrema sinistra.

Alla carta 4r è il mese di luglio. Il proverbio di questomese dice: Est lupus undena pariter quoque nona leena. Nella mi-niatura di questo mese sono raffigurati tre contadini che da-vanti ad un fienile battono il grano con il ‘battipalo’ di legno.La minuziosa cura nella raffigurazione dei particolari è resa daSano di Pietro pure attraverso la riproduzione del fiaschettorivestito di paglia che si vede in basso a sinistra.

Alla carta 4v è il mese di agosto. Il proverbio di questomese dice: Cuspide prima ferit quem septima perdere querit. Inquesta scena è descritto il lavoro di sistemazione delle botti edei tini per l’uva, che si raccoglierà durante la vendemmia. Itini presenti in questa scena fanno venire alla mente la tinozzadipinta da Sano di Pietro in una tavoletta che fa parte di unacollezione privata, nella quale è raffigurato un miracolo postu-mo di san Bernardino da Siena 66. In questa si vede un bam-bino annegato all’interno del tino, attorniato da un gruppettodi parenti, mentre il santo arriva su una nuvoletta per resusci-tarlo. Nella nostra scena invece si vede un uomo intento a si-stemare con il ‘bottaio’ i cerchi delle botti dinanzi alla tinaiadi una fattoria. La cornice dorata che racchiude la scena è te-nuta dal becco di un pavone miniato sulla destra.

Alla carta 5r è il mese di settembre. Il proverbio di questomese dice: Tertia septembris et quarta dabunt mala membris. La mi-niatura raffigura l’interno di una cantina. Sulla sinistra si vedonodue uomini che con i piedi pigiano l’uva in un tino mentre unadonna assaggia il prodotto della pigiatura. Sulla destra si vede untino all’interno del quale sta fermentando il mosto.

Alla carta 5v è il mese di ottobre. Il proverbio di questo me-se dice: Quinta dat octubris que nona venena colubris. In questo mese

66 La pittura senese nel Rinascimento cit., pp. 178-180.

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è raffigurata l’aratura e la semina dei campi (Fig. 20). Si vedonouna coppia di buoi che tirano l’aratro tenuto da un lavorante. Losegue una donna che con la zappetta colma i solchi all’internodei quali un contadino ha già sparso i semi. Il pavone raffiguratosulla sinistra cerca di entrare con prepotenza nella scena, tantoche ha già dentro la variopinta coda e una zampa.

Alla carta 6r è il mese di novembre. Il proverbio di que-sto mese dice: Est octava canis et quarta videtur in anis. La mi-niatura mostra la raccolta delle olive. Sono raffigurati un uo-mo e una donna mentre raccolgono le olive cadute in terra dadue grossi alberi. Completa il paesaggio un galletto che assi-ste incuriosito all’operazione.

L’ultima miniatura del calendario è alla carta 6v e illustrail mese di dicembre. Il proverbio che si legge per questo meseè: Prima parat luctum nullum dat septima fructum. Pure in que-sto caso, come lo era già stato per l’immagine di san Ludovi-co, lo sfondo delle colline con una lontana città, sembranoevidenti reminiscenze dal paesaggio presente nel Guidoriccio diSimone Martini, a testimonianza di quanto quell’importantefigurazione avesse influenzato i pittori locali e gli stranieri invisita a Siena 67. Ma qui in luogo del nobile cavaliere è raffi-gurato un villico che spinge al macello il tipico maiale di raz-za ‘cinta’ senese, per la fascia di colore chiaro che attraversa laparte centrale del corpo. L’animale poi è riprodotto sullaestrema destra appeso con il ventre aperto pronto per esseretrasformato in saporiti salumi.

Il nostro calendario dunque, rappresenta in senso figurato lametrica del tempo, cioè rende possibile a chi guarda, attraversol’osservazione delle scene raffigurate, la comprensione del mesenel quale ci si trova 68. Si realizza in questo modo una delle fun-

67 C. BRANDON STREHLKE, Niccolò di Giovanni di Francesco Ventura e il “Guidoric-cio”, in Prospettiva, 50 (1987), pp. 45-48.

68 Per le considerazioni sulla distinzione tra calendario come sistema metrico ecome oggetto figurato cfr., J. Le GOFF, Calendario, in Enciclopedia, II, Torino, 1977,

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zioni più importanti di questo tipo di raffigurazioni: l’utilità del-la figuratività nella trasmissione di informazioni a prescindere dalcontenuto del testo 69. Le carte che contengono questo calendariosono riccamente decorate, oltre che dalle suddette scenette, purenel resto degli elementi che compongono graficamente il docu-mento cominciando dalla parte che incornicia il testo nella quale,tra la lussureggiante metallica esplosione floreale si nascondonoanimali e figure umane fantastiche. All’inizio di ogni foglio subi-to prima del nome del mese in questione, vi è la presenza delmonogramma calendariale KL. Sono rappresentate pure le lettereche vanno dalla a alla g, le quali permettono l’uso del calendarioin perpetuo con la sola conoscenza della lettera dominicale del-l’anno in corso. Il colore della lettera calendariale a è sempre ros-so, facendo essa riferimento al « giorno del Signore » o meglioaiutando a individuarlo graficamente 70. Un’ultima notazione ri-guarda la presenza di indicazioni di carattere astrologico. I com-mittenti di questo calendario mostrano dunque, una marcata vo-lontà di “raffigurare il tempo” con l’intento di rendere più com-prensibile, o meglio più rapidamente comprensibile il suo conte-nuto 71.

A conclusione di questo studio possiamo fare alcune consi-derazioni sull’uso congiunto della storia dello stile, dell’icono-

pp. 501-533. Per la trasformazione del calendario da “sistemico” a oggetto cfr., N.ELIAS, Saggi sul tempo, Bologna, 1986, p. 228.

69 Le raffigurazioni contenute nei calendari sono di origine molto antica ancheprima della scrittura cfr., E. ANATI, Verso una nuova lettura dell’arte preistorica, in LeScienze - Scientific American, 354, 2 (1998), pp. 50 e ss.

70 Questa si ricava empiricamente attraverso semplici calcoli aritmetici, almenoper il ‘calendario giuliano’, in vigore in Italia fino al 1582, cfr., F. MAIELLO, Storiadel calendario. La misurazione del tempo 1450-1800, Torino, 1994.

71 Per altre informazioni sui calendari cfr., P. J. SCHULER, Kalender. Kalendarium,in Lexicon des Mittelalters, I, München-Zürich, 1980, pp. 866-867. Per i calendariliturgici cfr., D. ZADRA, Il tempo simbolico: la liturgia della vita, Brescia, 1985,pp. 57-65.

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grafia e della storia. Gli strumenti messi a disposizione daqueste discipline, che sono complementari, ci hanno dato lapossibilità di poter formulare una più precisa e puntuale defi-nizione dell’ambito cronologico riguardante la realizzazionedell’opera, la quale fu come abbiamo visto, probabilmentecommissionata dal diplomatico Ludovico Petroni e da unmembro della famiglia Castellani. L’uso di questo oggetto eradi tipo strettamente liturgico e riproduceva la struttura te-stuale del primitivo Breviario francescano di tipo “extensum”,restando così fedele all’originario ideale di san Francesco. Lostudio del contenuto iconografico e dei raffronti stilistici dellefigure dei santi che si allungano sbocciando con una timidacautela dalla base del lobo centrale dei nielli e delle ricchissi-me miniature, permettono dunque di comprendere, gli inizidel percorso formativo di un importante arista senese.

Ma pure un altro aspetto è possibile cogliere attraverso laattenta osservazione delle immagini che abbiamo esaminato.Si ha l’impressione che i committenti e l’Ordine dei Frati Mi-nori abbiano voluto porre in rilievo per le monache il rigoredella vita claustrale. Il mondo esterno viene loro regalato at-traverso le descrizioni agresti che Sano di Pietro minia sottole carte del calendario e nelle cornici che racchiudono moltealtre scene. Queste miniature, attraverso la ricchezza di parti-colari naturalistici, che appaiono qui generosissimi, diventanole uniche reminiscenze e gli ultimi nascosti desideri, in attesadi una ‘fiorente’ e beata vita ultraterrena, di un universo perloro ormai lontano, sottolineando purtroppo, come la suorAngelica pucciniana alle sue consorelle, che “i desideri sono ifiori delle vive e non fioriscono nel regno delle morte”.

R. ARGENZIANO TAV. I

Fig. 1 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2,niello, Maestro dei nielli francescani, 1460 circa, san Francesco.

Fig. 2 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2,niello, Maestro dei nielli francescani, 1460 circa, san Pietro.

TAV. II R. ARGENZIANO

Fig. 3 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2,niello, Maestro dei nielli francescani, 1460 circa, san Paolo.

Fig. 4 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2,niello, Maestro dei nielli francescani, 1460 circa, san Giovanni Battista.

R. ARGENZIANO TAV. III

Fig. 5 - Siena, Museo Diocesano, dalla chiesa di San Pietro a Ovile,particolare, Matteo di Giovanni, 1458, san Pietro.

Fig. 6 - Asciano, Museo d’Arte Sacra, dalla chiesa di Sant’Agostino,particolare, Matteo di Giovanni, san Giacomo Maggiore e sant’Agostino.

TAV. IV R. ARGENZIANO

F

Fig. 8 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 337v,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera F, Il corpo di san Francesco all’interno di un’arca funeraria.

Fig. 7 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 233v,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera D, Elevazione dell’ostia alla presenza di un diacono e due clarisse.

R. ARGENZIANO TAV. V

Fig. 9 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 427r,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera O, San Francesco riceve le stimmate.

Fig. 10 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 435r,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera D, San Francesco dona la regola.

TAV. VI R. ARGENZIANO

F

Fig. 12 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 394r, Sanodi Pietro, 1460 circa, San Francesco con i confratelli accoglie Chiara e le sue amiche alla Porziuncola.

Fig. 11 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 435v,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera A, San Francesco come penitente in ginocchio davanti a una croce.

R. ARGENZIANO TAV. VII

Fig. 13 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario,ms. X. IV. 2, c. 394v, Sano di Pietro, 1460 circa, lettera F, San

Francesco consegna a Chiara e alle sue compagne il velo monacale.

Fig. 14 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X.IV. 2, c.395r, Sano di Pietro, 1460 circa, lettera D, Santa Chiara prendedalle mani del vescovo il ramo di olivo nel giorno della domenica delle Palme.

TAV. VIII R. ARGENZIANO

Fig. 15 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 433r,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera C, Il corpo di santa Chiara all’interno di un sarcofago.

Fig. 16 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 343r,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera P, Sant’Antonio da Padova.

R. ARGENZIANO TAV. IX

Fig. 17 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 310v,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera E, Sant’Antonio da Padova.

Fig. 18 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 406r,Sano di Pietro, 1460 circa, lettera D, San Ludovico d’Angiò vescovo di Tolosa.

TAV. X R. ARGENZIANO

Fig. 19 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 1r,Sano di Pietro, 1460 circa, Mese di gennaio.

Fig. 20 - Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, Breviario, ms. X. IV. 2, c. 5v,Sano di Pietro, 1460 circa, Mese di ottobre.