Leggere l’architettura costantiniana

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Estratto COSTANTINO I ENCICLOPEDIA COSTANTINIANA SULLA FIGURA E L’IMMAGINE DELL’IMPERATORE DEL COSIDDETTO EDITTO DI MILANO 313-2013 volume primo isbn 978-88-12-00171-2 ISTITVTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA FONDATA DA GIOVANNI TRECCANI ROMA 2013 costantiniana III copertina estratto.qxp:Impaginato 2a prova.qxp 18-06-2013 16:50 Pagina 1

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Estratto

COSTANTINO IENCICLOPEDIA COSTANTINIANA

SULLA FIGURA E L’IMMAGINEDELL’IMPERATORE

DEL COSIDDETTO EDITTO DI MILANO313-2013

volume primo

isbn 978-88-12-00171-2

ISTITVTO DELLA

ENCICLOPEDIA ITALIANAFONDATA DA GIOVANNI TRECCANI

ROMA 2013

costantiniana III copertina estratto.qxp:Impaginato 2a prova.qxp 18-06-2013 16:50 Pagina 1

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Sommario: Materiali per un’analisi. Treviri. ‘AulaPalatina’ – Treviri. Grandi Terme – Roma. BasilicaCostantiniana (S. Giovanni in Laterano) – Roma.Basilica vaticana – Roma. Basiliche cimiteriali cir-ciformi – Roma. Mausoleo di Elena (probabilmentedestinato a Costantino) – Roma. Terme di Costan-tino – Roma. Cosiddetto tempio di Venere e Cupido– Roma. Il complesso del cosiddetto tempio di MinervaMedica – Gerusalemme. Santo Sepolcro – Betlemme.Basilica della Natività – Roma. Battistero latera-nense – Antiochia. Ottagono Aureo – Roma. Tetra-pilo detto ‘Arco di Giano’ – Roma. Mausoleo diCostantina (S. Costanza) – Milano. Edificio di viaBrisa (settore del palazzo imperiale?) – Milano. S.Simpliciano ▭ Gli elementi innovativi delle archi-tetture di età costantiniana. Aule absidate – Le nuovearticolazioni delle planimetrie: dalle residenze impe-riali all’edilizia abitativa dell’aristocrazia – Corpiarchitettonici emergenti e cupole – Finestrati – Archisu colonnati – Navate anulari e poligonali – Le nuovescelte della decorazione interna: le superfici lisce epolicrome ‘inondate di luce’ ▭ Una nuova architet-tura per una nuova epoca. L’imperatore e i suoi ano-nimi architetti: committente ed esecutori dei progetti– L’invenzione della basilica cristiana – I luoghi dellasperimentazione e i committenti secondari ▭ Leggerel’architettura costantiniana

Le grandi periodizzazioni che, per convenzione,sono imposte alla storia – e, in parallelo, alla storiadell’arte – tendono a prendere in considerazioneintervalli piuttosto lunghi (per lo più di alcuni secoli)all’interno dei quali si può riscontrare una qualcheomogeneità reale o, almeno, presumibile. Dandoper scontata l’utilità o, meglio, l’esigenza di di -sporre di tali scansioni temporali – e anche geogra-fiche – per suddividere la troppo estesa ‘storia uni-versale’ in periodi contenuti e quindi analizzabili

con maggiore specificità, resta però il problema del-l’individuazione degli eventuali punti di inizio e diconclusione entro i quali gli inevitabili ‘periodi’debbono essere contenuti.

Il criterio che, con maggior frequenza, è statoseguito per stabilire il limite superiore e il limiteinferiore dell’intervallo cronologico individuatocaso per caso, è stato quello di far coincidere talilimiti con personaggi chiave – o anche con eventichiave – della storia, che così vengono evidente-mente penalizzati, poiché del primo limite non siinquadrano i precedenti culturali e del secondo nonsi considerano gli esiti.

Così, quando si studia l’età imperiale romanada Augusto a Costantino, come spesso si propone,l’inquadramento dei due personaggi scelti comeiniziale e terminale risulta incompleto.

In effetti al criterio che pone momenti cultu-rali importanti agli estremi di un determinato inter-vallo cronologico dovrebbe forse essere preferitoquello che pone tali momenti al centro di un periodoi cui limiti sono più ‘sfumati’ e si trovano a unacerta distanza cronologica dall’epoca dell’attivitàdel personaggio chiave stesso, in modo che si pos-sano prendere nella giusta considerazione il tessutoculturale precedente e quello successivo, per valu-tare sia l’innovazione da lui apportata sia l’incidenzadi quest’ultima nell’età successiva.

Probabilmente è questo il motivo per cui oggisi stanno moltiplicando gli studi monografici chepongono al centro – e non più ai margini – le figurepiù significative della storia e della cultura artistica.Anche Costantino, da sempre relegato a punto dipartenza o di arrivo di parabole storiche, non dirado in senso negativo, è divenuto oggetto di uncerto numero di analisi approfondite: queste, tut-tavia, prendono in considerazione soprattutto l’a-spetto politico-religioso del suo lungo regno1 piut-tosto che quello relativo alla nuova cultura artistica

Federico Guidobaldi

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di cui fu promotore e inventore, specialmente nelcampo dell’architettura2.

Proprio quest’ultimo tema si vuole approfon-dire in questa sede, prescindendo non solo dallaconnotazione cristiana o pagana, ma anche da quellacivile o religiosa. Oggetto di questa indagine saràdunque la produzione architettonica dell’età costan-tiniana in senso lato, per ricavarne una lettura inte-grale e non parziale o finalizzata, come finora difrequente si è proposto nelle trattazioni relativeall’opera di Costantino.

Lo scopo finale dello studio sarà infatti quellodi stabilire se, analizzando una serie di monumentiattribuibili all’età costantiniana, sia possibile indi-viduare alcune caratteristiche unificanti della for-mulazione architettonica di matrice, appunto,costantiniana e inquadrare meglio il modo in cuil’imperatore voleva porsi di fronte al suo ‘pubblico’,usando come strumento di ‘comunicazione di massa’l’architettura stessa, che da sempre si presta egre-giamente a tale scopo. Infatti, si deve qui ricordare– anche se non sempre ciò viene sottolineato – chel’architettura è certamente uno dei tramiti più effi-caci che l’imperatore stesso può utilizzare non soloper manifestare al popolo la dimensione del suopotere, ma anche per suggerire la connotazione ele prerogative che intende attribuire a esso nel suocaso specifico3.

Un confronto tra le caratteristiche specifichericavabili per l’architettura costantiniana e quelleriscontrabili per il periodo precedente permetteràuna valutazione dei viraggi e delle innovazioni chehanno caratterizzato l’insolitamente lungo regno diCostantino, che, se si tiene conto anche del periododi governo dei suoi figli, supera addirittura il mezzosecolo.

Materiali per un’analisi

Della notevole produzione architettonica chepossiamo collegare con la committenza di Costan-tino, o comunque con quella dell’età costantinianain senso lato4, si prenderanno in considerazione,ovviamente, solo quei monumenti che, almeno inparte, si prestano a una analisi degli aspetti strut-turali e decorativi, cioè gli edifici che sono tuttoraconservati, pur se in modo incompleto e frammen-tario, e quelli dei quali possediamo almeno unadocumentazione grafica o descrittiva sufficiente-mente dettagliata: saranno così esclusi dalla rasse-gna qui proposta anche quelli di attribuzione deci-samente dubbia e quelli sicuramente datati, ma nonpiù esistenti o comunque non suscettibili di utilianalisi architettoniche5.

I grandi monumenti di Costantinopoli che lefonti ci hanno tramandato come opera di progetta-zione costantiniana saranno dunque necessaria-mente omessi: come risulta infatti dalla trattazionespecifica relativa a quella città6, essi non sono mate-rialmente sopravvissuti7, poiché sono stati distruttio, più frequentemente, soppiantati da altre instal-lazioni o ricostruzioni, frutto delle successive e fio-rentissime stagioni bizantine.

Questa perdita è piuttosto grave, poiché da que-gli edifici sarebbe stato possibile ricavare un’impor-tante testimonianza specifica sull’impostazione pro-gettuale che Costantino aveva maturato nell’ultimodecennio della sua vita. Fortunatamente, però, altrimonumenti di altre città compensano queste lacune.È stato quindi possibile raccogliere un discreto ‘cam-pionario’ dell’architettura costantiniana che, pur senon esauriente, è sufficientemente rappresentativoe permette di svolgere questa analisi. I monumentiinclusi nel repertorio analizzato hanno necessaria-mente funzioni piuttosto variate e collocazioni geo-grafiche diverse, pur appartenendo in prevalenza allacapitale storica dell’Impero. Sorprendentemente,dobbiamo infatti ammettere che è proprio a Roma– la città che molti considerano ‘rifiutata’ da Costan-tino – che si possono individuare le più cospicuesopravvivenze di monumenti dell’età costantiniana.

Degli edifici prescelti ed elencati in un possi-bile – ma pur sempre ipotetico – ordine cronolo-gico nelle brevi schede che seguono, corredate daessenziali segnalazioni bibliografiche opportuna-mente commentate, si cercherà di evidenziare gliaspetti strutturali e decorativi più specifici, chesaranno selezionati e sottoposti ad analisi d’insiemenei paragrafi successivi.

Treviri. ‘Aula palatina’Uno dei monumenti più noti e meglio conser-

vati dell’età costantiniana è certamente la maestosaPalastaula di Treviri (fig. VI 1), generalmente con-siderata pertinente alla residenza imperiale e a unafunzione pubblica o semipubblica legata alla mani-festazione dell’imperatore8.

Si tratta di un edificio di enormi proporzioni– 67 × 27 m circa per un’altezza di 30 m circa – svi-luppato secondo la semplice planimetria delle aulerettangolari absidate che, pur essendo note nell’ar-chitettura classica (dove però hanno una diffusionedecisamente contenuta9), diventano, nella tardaantichità, una delle strutture più diffuse sia nel-l’ambiente domestico (soprattutto come aule tricli-niari delle domus aristocratiche) o comunque pri-vato (ambienti termali, sacelli, sedi collegiali, etc.),sia in quello pubblico (basiliche civili e, poi, anchechiese, aule di udienza, grandi aule termali, etc.)10.

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Se lo schema planimetrico si può considerarepiuttosto semplice, non altrettanto si può dire delledimensioni, poiché la larghezza di 27 m è davveroal limite delle possibilità di coperture lignee piane,che mai, nel mondo antico, raggiungono talemisura11 per ovvi motivi di reperibilità di travi diquella lunghezza e della necessaria sezione.

Anche l’abside ha dimensioni enormi e, a quantorisulta, non era conclusa da un catino in muraturama aveva un tetto ligneo. Oltre alle dimensioni, lacaratteristica strutturale più insolita è quella rela-tiva alle pareti laterali che presentano all’interno unasuperficie liscia interrotta solo da due file di grandifinestre arcuate (fig. VI 2), mentre all’esterno sonoarticolate in una serie di imponenti arcate cieche,alte e strette, che si susseguono con il ritmo spazialetipico degli acquedotti ed entro le quali si trovanole già citate finestre, aperte quindi non nella partepiù spessa della struttura ma nei muri di poco spes-sore che chiudevano le arcate esterne.

Un’articolazione del tutto simile decora anchela facciata e l’abside, e quindi, di fatto, tutto il peri-metro (la fiancata laterale è oggi ricostruita) pre-senta all’esterno questa scansione ritmica. A uninvolucro di aspetto così poderoso si contrapponeinvece un interno a pareti del tutto lisce e, in ori-gine, interamente rivestite da incrustationes mar-moree policrome (di cui restano i fori per le grappedi ancoraggio) che giungevano a un’eccezionalealtezza, impartendo all’interno una ricchezza deco-rativa ben diversa dalla modestia delle attuali e spo-glie pareti laterizie.

Nonostante la vivacità della decorazione piana,infatti, l’effetto ancor oggi immediatamente per-cettibile dall’interno è quello di un’incredibile leg-gerezza – anzi inconsistenza – delle pareti: dato chele finestre si aprono nelle sottili pareti di fondo dellearcate cieche, i loro stipiti sottili fanno sembraresottilissima anche l’intera parete alta 30 m, chequindi sembra reggersi per miracolo.

Perduto, ma ricostruibile in base a resti rinve-nuti in situ e a descrizioni, è il pavimento, che erain opus sectile di una tipologia ben nota e diffusaappunto nella Gallia germanica e nell’Italia setten-trionale12.

Il monumento è dunque, almeno virtualmente,ricostruibile nella sua fase originaria, con il dubbiosull’articolazione della decorazione parietale, chepossiamo immaginare a pannelli su più registri conpossibili partizioni verticali costituite da lesene acommesso e con presenza di porfidi e marmi poli-cromi delle specie più pregiate. Difficile da ipotiz-zare è semmai la decorazione della parte alta del-l’abside, nella quale si sarebbe tentati di immaginareun finto catino ottenuto con tessuti preziosi con fili

d’oro, con quelle strutture ‘a mezzo ombrello’ cheMargherita Guarducci a suo tempo aveva indivi-duato nel termine camerae fulgentes13 e che subitodopo e, poi, per almeno un millennio sono ricor-date e ‘citate’ nei mosaici absidali paleocristiani emedievali (in genere nel punto più alto del catino),in cui sono rese almeno in parte in tessere a fogliad’oro.

Sulla cronologia dell’aula, in genere attribuitaai primi tempi di Costantino, sono state recente-mente avanzate nuove interpretazioni in funzionedi altri ritrovamenti monetari che, da un lato, con-fermano l’inizio della costruzione nella prima etàcostantiniana e, dall’altro, indicano che gli ipocau-sti sono stati aggiunti in un’epoca successiva, intornoal 340, e così anche il pavimento dovrebbe esserestato eseguito o almeno in parte sostituito in quel-l’epoca14.

Treviri. Grandi termeGli studi sulle Kaiserthermen di Treviri hanno

da tempo evidenziato due principali momenticostruttivi15: il primo, che è quello progettuale veroe proprio, è attribuito concordemente a Costantinoed è quello di cui ci restano tuttora le più vistosestrutture in alzato. Si tratta in particolare del cali-darium delle terme, di forma rettangolare con unagrande abside sul lato lungo esterno e due absidi diminor dimensione nei due lati corti. L’imponenteed elegante prospettiva architettonica dell’absidemaggiore e di una delle minori (fig. VI 3), conser-vate per gran parte dell’alzato con due ordini dienormi finestre arcuate, è ancora oggi uno dei piùconnotanti elementi del paesaggio urbano dellamoderna Trier. In queste strutture è impressio-nante, soprattutto, la prevalenza dei vuoti sui pieni,che corrisponde a una luminosità degli interni deltutto nuova rispetto alle realizzazioni architettoni-che dei secoli precedenti. Particolarissima è, infine,la lavorazione degli stipiti esterni delle finestre, chesono di fatto strombate, pur se con una scalinaturaarrotondata piuttosto che con lo sguancio obliquotipico del Medioevo. Questo accorgimento è ricor-rente nelle architetture di età costantiniana e servead aumentare il volume di luce che entra nell’am-biente, ma ha anche altri effetti come quello, giàvisto nell’aula basilica, di far sembrare, dall’interno,assai più sottili le pareti in cui si aprono le finestre.

Gli scavi eseguiti nelle terme negli anni 1912-1914, data l’epoca, sono stati in prevalenza distrut-tivi e hanno ‘denudato’ il monumento di tutte le suefasi successive e delle relative stratigrafie, restituen-done lo ‘scheletro archeologico’ oggi visibile. Tut-tavia l’attenzione degli archeologi che allora opera-rono, anche se all’interno dei parametri culturali

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dell’epoca, ha comunque permesso di ricavare utiliindicazioni relative al monumento costantiniano:si è potuto infatti stabilire che l’edificio dell’ini-zio del IV secolo non fu concluso in quell’epoca enon entrò mai in funzione come terme, ma fu poirecuperato e trasformato per altro uso (forse unacaserma) al tempo di Graziano, quindi oltre mezzosecolo dopo. Quando i lavori furono interrottierano già in parte realizzati la decorazione conmarmi nelle pareti e nei pavimenti e anche alcunimosaici, di cui sono segnalate tracce non meglioidentificate.

La cronologia del monumento, almeno per lestrutture in alzato a cui abbiamo rivolto la nostramaggiore attenzione, sembra comunque fissata entroil regno di Costantino, forse con l’alternanza di duemomenti o, piuttosto, con una interruzione di alcunianni, ma comunque all’interno dei primi duedecenni del regno di quell’imperatore.

Roma. Basilica Costantiniana (S. Giovanni in Laterano)

Gli studiosi sono genericamente concordi nelritenere che i lavori per la costruzione della primachiesa cristiana ‘ufficiale’ del mondo romano, cioèla grandiosa basilica che Costantino volle edificarenella capitale dell’Impero, furono avviati assai pre-sto, ovvero probabilmente intorno al 314 o addi-rittura nel 312, e furono terminati in tempi relati-vamente brevi16. Sta di fatto, comunque, chenessuno sembra dubitare dell’antichità di questafondazione, che viene spesso considerata come larealizzazione di una sorta di votum di Costantinoespresso alla divinità che aveva favorito, a suo parere,la vittoria contro il tyrannus Massenzio.

È insomma abbastanza logico considerare que-ste fondazioni come una manifestazione della presadi possesso di Roma, e quindi frutto di una strate-gia già in atto da tempo quando l’imperatore cele-brò i suoi decennalia, nel 316.

Nonostante la quasi totale perdita delle strut-ture originarie dell’edificio, se ne possono rico-struire quasi completamente la planimetria e partedell’alzato in base a disegni, descrizioni dettagliatee resti rinvenuti negli scavi archeologici special-mente della parte absidale. Altri disegni e veduteci permettono inoltre di avere utilissime indicazionianche per alcune parti dell’alzato.

La basilica era enorme. Il suo sviluppo longi-tudinale interno oltrepassava di pochi centimetrii 90 m per il corpo rettangolare esclusa l’abside,mentre includendo quest’ultima raggiungeva quasii 100 m senza gli spessori dei muri (e quindi,aggiungendoli, 102 m). La larghezza, per tutte lecinque navate, era internamente di quasi 54 m e,

includendo i muri, superava i 55 m. La larghezzadella navata centrale giungeva quasi a 19 m, misuranotevole pur se inferiore a quella della navata cen-trale di S. Pietro in Vaticano (cfr. infra), che si aggi-rava intorno ai 23 m.

Particolare architettonico di un certo rilievoerano i finestrati della navata centrale, che emer-geva certamente rispetto a quelle laterali, anche sesi conoscono solo in prima approssimazione lamisura di tale emergenza e la dimensione delle sin-gole finestre, che dovevano essere alte 4 m e più17.Si è invece meglio informati sulle pareti divisorie,tutte laterizie, impostate su colonne e architravinella navata centrale e su colonne e archi nelle navatelaterali. Di queste ultime pareti divisorie abbiamouno splendido rilievo che Francesco borromini feceeseguire prima della demolizione seicentesca (fig.VI 7): la precisione di questo rilievo permette diesaminare l’accurata struttura rinforzata da nume-rosi archi di scarico di diversa dimensione, e mostrainoltre la presenza davvero innovativa di una sortadi imposte al di sopra dei capitelli18.

Questi elementi, che non sono certo usuali nel-l’architettura classica, potrebbero essere i precur-sori dei pulvini, più frequenti nel V secolo e di formatronco-piramidale invece che ‘a cuscino rigonfio’come questi lateranensi.

Poco si può dire della decorazione originaria;la quasi totale mancanza di sculture architettoni-che (a parte l’architrave dei colonnati centrali) fapresumere che le pareti fossero totalmente lisce equindi decorate da rivestimenti a incrustationes mar-moree nelle superfici piane e da rivestimenti musiviin quelle concave e quindi nell’abside. L’indiziodella presenza di un mosaico absidale si potrebbericonoscere in un’epigrafe, posta appunto in absidee oggi perduta, di una coppia di clarissimi che figu-rano come evergeti. L’oro doveva essere presenteo nelle tessere musive o negli eventuali soffitti sialignei sia decorati con stucchi: le menzioni del LiberPontificalis non lasciano dubbi in proposito19.

Ovviamente in questo caso, almeno per la partearchitettonica, non sussiste alcun dubbio, neppureparziale, sulla paternità costantiniana dell’opera, laconclusione della quale si pone probabilmente, comegià visto, nel secondo decennio del regno di Costan-tino o poco oltre.

Roma. Basilica vaticanaSe la basilica lateranense fu una sorta di modello

per molte delle successive basiliche cristiane, quellache Costantino costruì fuori delle mura urbane, sulsito in cui una solida tradizione poneva la tomba disan Pietro, ne fu certo una prima imitazione, addi-rittura su scala maggiore. Anche se le funzioni delle

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due grandiose chiese, cattedrale quella urbana emartiriale quella suburbana, erano ben diverse, laplanimetria e la struttura dell’alzato, meglio docu-mentate da disegni (fig. VI 8) nel caso dell’edificiovaticano20, erano in linea di massima piuttosto simili,ciò che ci esime da un’ulteriore descrizione speci-fica. Diverse erano comunque le dimensioni poi-ché l’edificio vaticano, come ha giustamente rile-vato Richard Krautheimer, era in un rapporto di6:5 rispetto a quello lateranense21. Di enormeampiezza erano le finestre, alte quasi 5 m e larghecirca 3,2 m.

A parte la maggiore dimensione, la basilica vati-cana presentava tuttavia un altro ben noto elementoinnovativo e cioè il transetto, braccio trasversalelargo 18 m circa, posto in prossimità dell’abside cheimpartiva all’edificio una sorta di pianta cruciforme(croce latina), pur se appena percettibile. Dell’ori-ginaria decorazione, che subì continui rimaneggia-menti fino alla distruzione nel XVI e XVII secolo,poco si può ipotizzare, anche se, come già visto perla basilica lateranense, l’oro doveva in qualche modoessere profuso nella decorazione absidale.

I dati cronologici a disposizione permettono distabilire che l’edificio vaticano fu progettato ecostruito dopo quello lateranense: la data più pro-babile dell’inizio della costruzione si pone al 319 opoco oltre, mentre le dotazioni che Costantinodestinò alla chiesa si collocano tra il 324 e il 329, equindi possono indicare una conclusione dell’edi-ficio. Tuttavia il ritrovamento, nei muri di fonda-zione della chiesa, di varie monete di Costantino edei suoi figli (non databili con precisione) permet-terebbe di ritardare ulteriormente la data di com-pimento dei lavori, da collocarsi in ogni caso entroil regno dello stesso Costantino.

Roma. Basiliche cimiteriali circiformiIl Liber Pontificalis attribuisce a Costantino la

costruzione di tre basiliche martiriali-cimiterialinel suburbio di Roma (fig. VI 9, 10, 11), quella deiSs. Marcellino e Pietro, quella di S. Lorenzo fuorile mura e quella di S. Agnese22, delle quali si hannoresti ancora esistenti o riportati in luce da scavi archeo-logici che, insieme alla documentazione disponibile,sono sufficienti a determinare le planimetrie e partedegli alzati, almeno quelli perimetrali23.

La forma del tutto insolita di questi edificiricorda insistentemente la planimetria di un circo,anche se, ovviamente, sia la struttura in alzato siala funzione non hanno nulla a che vedere con queltipo di monumento pubblico. Si tratta dunque diuna ‘citazione’ del tutto simbolica che trova giu-stificazione, peraltro, in alcuni passi di scrittipatristici che paragonano la vita del cristiano a

una difficile gara per ottenere, in conclusione, lapalma della vittoria, cioè la beatitudine celeste. Ori-ginalissima è la forma, anche se resta qualche mar-ginale dubbio sulla prima formulazione del modello,che si potrebbe vedere nell’altro edificio dello stessotipo, quello di S. Sebastiano24, che ormai moltiritengono il più antico della serie.

Un’ipotesi basata su dati non insignificanti (l’e-dificio non è citato nel Liber Pontificalis tra le fon-dazioni di Costantino) attribuisce questa basilicaaddirittura agli ultimi anni di Massenzio, quandol’usurpatore sembra avere manifestato un’aperturanei confronti della religione cristiana25. D’altrondeanche un’altra basilica circiforme, anonima, quelladella via Prenestina, sembra antica e non necessaria-mente collegata a committenze cristiane ‘ufficiali’.

Non è questa la sede per affrontare la spinosaquestione: sarà sufficiente prendere in considera-zione solo le basiliche circiformi costantiniane conla loro innovativa struttura, certamente valorizzatae potenziata da Costantino, la quale, come tipolo-gia architettonica, non sopravvisse alla fine del regnodi quest’ultimo: l’altra grande e ultima replica sideve a papa Marco26, che inaugurò il suo pontifi-cato proprio alla morte di Costantino.

Oltre alla struttura a tre navate su pilastri27 eagli ingressi a polifora, sempre con arcate e pilastri,non possiamo aggiungere molto sulla architetturadi questi edifici che, nonostante l’innovativa strut-tura del deambulatorio periabsidale, presentavanoevidenti caratteristiche di semplicità sia nella rea-lizzazione strutturale sia, soprattutto, nella deco-razione. Dobbiamo tuttavia tener presente che perquanto riguarda la navata centrale abbiamo l’alzatoe parte del finestrato solo a S. Sebastiano28 e che,per il muro perimetrale, solo S. Agnese conservala struttura originale con finestre anche circolari,ma senza tracce evidenti di decorazioni.

Non sussistono invece difficoltà riguardo all’at-tribuzione a età costantiniana, anche se la sequenzacronologica dei vari edifici è definita solo in parte29.

Roma. Mausoleo di Elena (probabilmente destinato a Costantino)

Associato alla grande basilica extraurbana difondazione costantiniana dei Ss. Marcellino e Pie-tro era l’enorme mausoleo circolare, detto TorPignattara per via delle grosse anfore che allegge-rivano l’attacco della cupola e che tuttora si vedononelle sezioni esposte dai crolli della parte superioredell’edificio30.

Il grande cilindro centrale coperto in origine dauna cupola semisferica di circa 20 m di diametropresenta un accentuato ringrosso nella metà infe-riore: in esso sono praticate sette profonde nicchie,

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tre a pianta rettangolare31 e quattro semicircolari,con volta a botte le prime e a catino absidale leseconde. Nella parte superiore, invece, si apronosette finestre di struttura del tutto insolita, poichésono di profilo arcuato ma a sesto leggermente ribas-sato e sono aperte non nella parete a spessore pieno(2,4 m circa) ma entro il fondo di nicchie, che a uncerto effetto decorativo aggiungono il vantaggio diassottigliare di molto la parete e quindi fanno dastrombo alle finestre stesse.

Gli scavi recenti, eseguiti con modalità modernee rigorose, hanno permesso di ricavare dati esau-rienti sulla struttura e sulla decorazione interna32,che consisteva in incrustationes marmoree a grandipannelli su tutto il cilindro interno e a mosaico nellacupola. Anche il pavimento, di cui si è potuto rico-struire il disegno, era in opus sectile marmoreo agrande modulo quadrato-reticolare al centro e asemplici lastre rettangolari nelle nicchie. Così èstato possibile proporre una ricostruzione graficadell’intero edificio (fig. VI 12).

La datazione del monumento, nella muraturadel quale è stata a suo tempo rinvenuta una monetadel 324/326, è da collocare tra quella data e la mortedi elena (330), che vi fu sepolta. È nota la plausi-bile ipotesi secondo la quale il mausoleo era statoprogettato in origine per accogliere le spoglie diCostantino, che poi preferì essere sepolto a Costan-tinopoli33.

Roma. Terme di CostantinoLe terme di Diocleziano e Massimiano, le più

grandi di Roma e del mondo antico, avevano final-mente dotato il popoloso quartiere esquilino-Vimi-nale di un servizio che mancava ancora in quellazona, ma, all’interno della città, restava anche un’al-tra popolosa area priva di un grande impianto ter-male, quella della via Lata e della parte ovest del-l’Alta Semita. È proprio sull’ultima propaggine delQuirinale, infatti, che Costantino impiantò le sueterme, di dimensione medio-grande ma di strut-tura monumentale e innovativa.

Purtroppo di questo enorme complesso restanosolo pochissimi tratti murari di una zona non cen-trale, conservati soprattutto a livello di fondazionesotto l’attuale palazzo Rospigliosi-Pallavicini in viaXXIV Maggio34, ma alcune incisioni della fine delXVI secolo e una pianta dell’intero complesso deli-neata da Andrea Palladio (fig. VI 13) ci permettonodi fare qualche osservazione su queste terme,distrutte interamente all’inizio del XVII secolo.

L’intera struttura non era sviluppata in lar-ghezza come le altre terme maggiori, ma piuttostoin profondità, in un insieme compreso tra due grosseesedre semicircolari: planimetria, questa, del tutto

insolita nonostante Aurelio Vittore definisse le terme«opus ceteris haud multo dispar»35.

Di particolare interesse risultano gli edifici postilungo l’asse principale, con il tepidarium tetraconcoe il grande calidarium rotondo di circa 25 m di dia-metro, coperto da una cupola e con l’insolitaaggiunta di tre esedre semicircolari lungo gli assi(escluso l’ingresso), aperte in pentafore a colonne.Di rilievo doveva essere anche l’apparato decora-tivo, di cui non sappiamo molto, ma già da sole legrandi statue dei Dioscuri con i cavalli, ora rimon-tate nella piazza del Quirinale, bastano a dare un’i-dea dell’impegno profuso nella decorazione.

Non si conoscono le date di costruzione dell’e-dificio, nel quale sono stati trovati numerosi late-rizi bollati che orientano solo genericamente versol’età tetrarchico-costantiniana.

L’ipotesi di Margareta Steinby, che, sulla basedei citati bolli sui mattoni, ipotizza che le termesiano un’altra opera di Massenzio terminata daCostantino, non è coerente con la menzione di Aure-lio Vittore che, parlando di Massenzio, precisa chetutte le sue opere («cuncta quae construxerat»)furono dal Senato attribuite a Costantino, ma pre-cisa che si trattava del tempio di Venere e Roma edella basilica36, che quindi erano le uniche vera-mente massenziane: subito dopo infatti, in un altropasso, considera esplicitamente Costantino autoredelle Terme: «ad lavandum institutum opus cete-ris haud multo dispar»37.

Roma. Cosiddetto tempio di Venere e CupidoNell’ambito del settore meridionale del com-

plesso palaziale costantiniano, denominato più tardiSessorium, che si trova entro le mura di Aurelianonell’ansa tra la Porta Maggiore e l’AnfiteatroCastrense, si erge tuttora un enorme rudere che,nonostante la sua imponenza, è stato assai poco con-siderato dagli studiosi, con l’eccezione di AntonioMaria Colini38: viene infatti citato in genere solocon poche righe nell’ambito del Sessorium e non haneppure trovato una sua voce specifica nel LexiconTopographicum Urbis Romae. Si tratta di una gran-diosa abside leggermente semiellittica del diame-tro di 17,25 m e profonda 10,50 m, perforata dacinque enormi finestre arcuate larghe 3,20 m e sepa-rate solo da un pilastro; l’aula rettangolare, sul cuimuro di fondo si innestava l’abside, era larga 24,65m e di lunghezza non precisabile (ma probabilmentedi oltre 40 m) ed era preceduta da un monumen-tale portico su cui si affacciava anche un’altra aulaabsidata di dimensioni minori ma sempre ragguar-devoli, purtroppo del tutto scomparsa39.

La struttura superstite è in laterizio ed è rinfor-zata da grossi speroni, sia nel semicilindro absidale

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sia nelle due terminazioni laterali. Sarebbe auspi-cabile un saggio archeologico per accertare la deco-razione pavimentale, che poteva essere in opus sec-tile a grande modulo, come è frequente a Roma inquel tipo di edifici. Un rivestimento a incrustatio-nes marmoree decorava i tratti di muri superstiti(si vedono i caratteristici fori per le grappe) edoveva estendersi anche alle pareti perimetraliperdute.

Il modulo delle cortine laterizie ancora ispezio-nabili è coerente con l’età costantiniana e comun-que, pur in assenza di documenti specifici, gli stu-diosi sono concordi nell’attribuire a Costantino questagrande struttura: anche se l’epoca precisa non si puòdeterminare, sembra probabile che il complesso – equindi anche quest’aula – fosse stato allestito piut-tosto presto per ospitare la famiglia imperiale e lostesso Costantino, ma soprattutto sua madre elena,a Roma. Quest’ultima morì nel 33040, ma dal 326-327 aveva soggiornato per lunghi periodi in Pale-stina e, più in generale, in Oriente: quindi risiedettenella vecchia capitale e nel nuovo Palatium più pro-babilmente nel periodo compreso tra la vittoria diponte Milvio e i vicennalia di Costantino41.

Roma. Il complesso del cosiddetto tempio diMinerva Medica

Recenti interventi archeologici e un’impegna-tiva campagna di restauro strutturale attualmentein corso hanno giustamente rimesso in valore l’e-norme sala decagona a cupola indicata in epoca tar-domedievale col nome di ‘Galluzze’ o ‘Gallucce’ epoi, impropriamente, prima col nome di basilica diCaio e Lucio (e anche sporadicamente tempio diercole Callaico), poi tempio di Minerva Medica einfine, a partire da Antonio Nibby42, ninfeo degliHorti Liciniani.

In effetti, come si è già dimostrato43, le deno-minazioni di basilica, tempio e ninfeo44 sono tutteinsostenibili: la proposta di identificare la strutturacon un’aula di tipo residenziale di altissimo livellodi committenza e probabilmente legata a funzionitricliniari o miste, ma non certo termali come recen-temente si è voluto suggerire45, può restare valida;inoltre la mia ipotesi di un collegamento con il Ses-sorium costantiniano, pur se sussiste qualche diffi-coltà, legata soprattutto al passaggio della via Labi-cana tra le due strutture, sembra tuttora praticabile.

Sta di fatto che l’edificio, in base ai bolli late-rizi rinvenuti nella parte alta della struttura super-stite e alle cortine in opera laterizia (prima fase) ein opera listata assai curata (seconda fase, da tutticonsiderata adiacente alla prima e quindi vista comevariazione in corso d’opera per motivi statici), sicollega senza problemi con l’età di Costantino46.

Le caratteristiche strutturali e decorative diquesto enorme corpo a pianta centrale del diame-tro di 25 m circa, con una cupola tra le più grandidella Roma antica (e soprattutto tardoantica), pos-sono essere facilmente individuate data la notevolesopravvivenza degli alzati.

Va sottolineata innanzitutto l’insolita piantadecagonale (fig. VI 14) in luogo delle più consuetee più semplici planimetrie circolari, ottagonali e,semmai, esagonali; altrettanto insolita è l’articola-zione interna con nove absidi semicircolari (una perlato, escluso quello d’ingresso), quattro delle qualiaperte originariamente in trifore estroflesse ad arcatesemicircolari su colonne (poi tamponate per motivistatici e ridotte ad una sola grande apertura arcuataal centro del semicilindro absidale). Questa solu-zione è in aperta rottura, dal punto di vista stili-stico, con quella tradizionale, che prevedeva l’al-ternanza di nicchie a profilo interno semicircolaree rettangolare e che, comunque, sarà spesso ripresaanche in epoche successive.

Altra evidente caratteristica specifica di que-sta imponente struttura a pianta centrale è il fine-strato amplissimo, realizzato con dieci finestrearcuate che dovevano impartire all’interno unaluminosità davvero notevole. A tal proposito, unparticolare accorgimento, decisamente innovativo,è quello che consiste nell’assottigliamento deglistipiti e dell’arcata di ognuna delle finestre checosì sembrano aprirsi in una parete sottilissima.In effetti l’apertura della finestra stessa presentaall’esterno, uno ‘strombo a scalino’ che, da un lato,aumenta la luminosità e, dall’altro, crea all’internoun ‘effetto di parete sottile’, mentre la strutturadel tamburo, vista dall’esterno, risulta poderosa,anche perché rinforzata da grossi pilastri-contraf-forte in corrispondenza dei dieci spigoli del deca-gono (fig. VI 15).

Sempre in tema di struttura architettonica, biso-gna poi sottolineare l’articolazione dell’intero com-plesso nella sua parte attualmente visibile, che ècertamente assai inferiore all’estensione dei restimurari che proseguivano (e probabilmente prose-guono tuttora) a est, al di sotto del terrapieno sucui sono installate le decine di binari ferroviari dellastazione Termini.

Addossato all’ottagono si trova infatti una sortadi atrio a forcipe che però, come risulta dagli ipo-causti che servivano le due terminazioni laterali apianta rettangolare absidata, doveva ospitare dueambienti tricliniari ‘invernali’. Altri ambienti, siacircolari sia absidati, si addossavano verso est a que-ste strutture, con articolazioni tipiche dei complessiresidenziali di lusso della tarda antichità. Semprecurvilinee erano le due fontane del tipo a gradini,

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oggi completamente spogliate della loro decora-zione, a cui si accedeva dalle quattro nicchie aperte– due a est e due a ovest – del decagono. L’insiemeera dunque assai movimentato nell’articolazioneplanimetrica, con netta prevalenza del curvilineosul lineare, in completa rottura con la tradizionaleortogonalità di base dell’architettura classica.

L’altissimo livello progettuale che risulta dallastruttura architettonica trova ampie conferme nelladecorazione interna dell’edificio, che era la più lus-suosa che si possa immaginare poiché ogni super-ficie era ricoperta da incrustationes marmoree oppureda mosaici.

I rivestimenti in marmo, su più registri, si esten-devano dagli zoccoli all’attacco della cupola, la quale,come le altre superfici concave (catini absidali nellenicchie), era rivestita da mosaici che, come risulte-rebbe da alcune tessere a suo tempo osservate insitu, potevano avere un fondo azzurro.

Mancava invece completamente, nell’intero com-plesso o, almeno, nelle parti ispezionabili attual-mente, la tradizionale decorazione architettonica cheprevedeva l’inserimento negli interni di mensole,architravi, lesene, cornicioni, pilastri o colonne nonportanti addossate, timpani su nicchie e finestre, etc.

La decorazione era dunque affidata interamenteai rivestimenti policromi in marmo e mosaico, arti-colati secondo motivi forse solo geometrici nelleincrustationes e naturalistici e/o figurati nel mosaico.Le pareti restavano lisce ma movimentate dalla poli-cromia, che non impediva lo scorrere della luce.Quest’ultima, non ostacolata da aggetti, facilitavala lettura delle composizioni policrome.

Per quanto riguarda la cronologia specifica,qualcosa di più preciso si potrà ricavare dagli scaviattualmente in corso. Per ora, tuttavia, la presenzadi due fasi costruttive e la complessità stessa dellarealizzazione suggeriscono di ipotizzare tempi piut-tosto estesi, che possono quindi aver occupato l’in-tera età costantiniana.

Gerusalemme. Santo SepolcroUna serie di campagne di scavo eseguite nei

punti più accessibili del complesso del Santo Sepol-cro di Gerusalemme – un monumento-santuariotra i più visitati del mondo da devoti e turisti – hapermesso di ricostruire in modo piuttosto ogget-tivo la struttura della fase originaria dell’opera archi-tettonica e delle sue successive modificazioni47. Èimportante, ai nostri fini, l’individuazione dell’e-dificio commissionato personalmente da Costan-tino, come dimostra una lettera da lui scritta alvescovo di Gerusalemme, Macario, e fortunata-mente trascritta da eusebio di Cesarea nella suaVita Constantini48. La ricostruzione (fig. VI 48),

nella sua parte più oggettiva, che è quella della pla-nimetria49, permette un’analisi della struttura cheevidenzia la complessità del progetto e l’assolutaoriginalità della realizzazione, almeno per l’area delsantuario vero e proprio. L’intero edificio, che sisviluppa per una lunghezza di oltre 140 m, è infattiarticolato in tre parti. Una, quella a est, che è anchela più estesa, è una basilica a cinque navate con absidea ferro di cavallo inclusa in una spessa muratura chenon ne segue il profilo. La lunghezza del corpointerno supera i 50 m che, aggiungendo l’atrio irre-golare che precede il portico colonnato d’ingressocon la sua scalinata, giungeva a 85 m circa. Il modelloper la chiesa vera e propria è probabilmente quellodella basilica lateranense che, come vedremo, è deci-samente precedente; tuttavia la struttura absidale,ricavata all’interno di un blocco murario e quindinon estroflessa, è piuttosto originale per quell’e-poca, anche se ha evidenti riferimenti alla tradizionearchitettonica più antica. La parte centrale del com-plesso è condizionata fortemente dalla funzione chedoveva assumere (quella di collegamento tra i dueblocchi estremi) e dalla presenza ‘fuori asse’ di unaltro luogo di devozione, cioè il tratto del monteCalvario in cui si presume sia avvenuta la crocifis-sione; per questo motivo la pianta di questa partecentrale del complesso, largo circa 40 m, ci mostraun cortile colonnato su tre lati (triportico) di formaquadrilatera irregolare, con l’ambiente devozionaleincluso nell’angolo sud-est e con un enorme ingressonel lato ovest, ove si apriva il vero e proprio luogodel sepolcro. La parte architettonicamente più inso-lita – e del tutto originale – dell’insieme strutturaleè, tuttavia, certamente il blocco ovest, che si arti-cola intorno a un colonnato circolare del notevolediametro di 20 m circa, aperto verso est (verso ilcortile), e sul quale si impostava una cupola, forsedi forma conica. Il grande colonnato circolare eracircondato per circa 200° da un muro concentrico,del diametro di oltre 32 m, che però lo racchiudevasolo in parte (era di fatto poco più che semicirco-lare). In esso si aprivano tre grandi nicchie semicir-colari a nord, ovest ed est.

Grandi finestrati si trovavano su questa pareteesterna, conservata tuttora per una certa altezza,ma la gran parte della luce doveva essere fornita dafinestrati posti sul tamburo del corpo centrale, suiquali, però, non si possiedono dati.

Molto interessante e, almeno per quanto si sa,mai replicata è la sovrapposizione, alla metà ante-riore est della rotonda, di un corpo rettangolare chefa da raccordo con il cortile secondo una soluzionedi non facile inquadramento anche dal punto divista della statica: ne risulta una pianta del tuttoparticolare nella quale la rotonda sembra proporsi

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più come esedra apicata (in forma di omega) checome corpo circolare chiuso. Poco possiamo diredella decorazione, di cui nulla o quasi resta oggi;dalla lettera di Costantino a Macario risulta, almenodal punto di vista progettuale, una grande profu-sione di marmi e di oro.

Per la datazione dell’estesissimo complesso sidispone di elementi abbastanza solidi. Infatti que-sto e gli altri edifici costruiti da Costantino in Pale-stina sono legati al viaggio di sua madre nei luoghisanti, a partire dal 326 circa, e comunque la citatalettera della ‘commessa’ di Costantino al vescovoMacario si data tra il 326 e il 330. Per la consacra-zione si ha un’altra precisa indicazione di eusebio,che la pone nel 336, in coincidenza con il trenten-nale del regno di Costantino50. Va comunque tenutopresente che l’edificio doveva essere già in granparte costruito quando lo vide il pellegrino di bor-deaux, nel 33351.

Betlemme. Basilica della NativitàQuattro furono le principali chiese-memoriali

che Costantino, per ottemperare alle sollecitazionidella madre elena, volle edificare in Terrasanta. AlSanto Sepolcro si è già fatto riferimento; di altredue chiese, quella sul monte degli Ulivi e quella diMamre, non restano che poche tracce, ma dellaquarta, costruita sul luogo della nascita di Cristo,a betlemme, gli scavi eseguiti nella prima metà delsecolo scorso nel sottosuolo dell’edificio attualehanno permesso di rilevare elementi sufficienti peruna ricostruzione quasi totale della planimetria edi vaste porzioni del pavimento costantiniano amosaico52.

Anche in questo caso la struttura dell’edificiorisulta originale e insolita. A un corpo basilicale ante-riore canonico, a cinque navate precedute da un qua-driportico, si salda infatti come corpo terminale e,nel contempo, come martyrium una struttura otta-gonale che è stata considerata, nelle ricostruzionicorrenti (fig. VI 49), un edificio indipendente nel-l’alzato, cioè emergente e con tetto proprio rispettoalla parte basilicale colonnata.

Anche il raccordo tra i due corpi tra loro dis-omogenei potrebbe essere stato ottenuto con variesoluzioni strutturali e, quindi, non è per ora accer-tato in modo univoco: resta il fatto che la planime-tria è del tutto originale e innovativa e, semmai,può presentare qualche analogia – ma solo dal puntodi vista dell’impostazione – con il Santo Sepolcro,nel quale il santuario più importante ha un corpoarchitettonico proprio, e comunque differenziato,nella parte terminale dell’intero complesso.

Nulla si può dire della struttura degli alzati e,soprattutto, degli eventuali finestrati, per mancanza

totale di resti superstiti della parte superiore del-l’edificio originario, che fu precocemente sostituitodalla costruzione paleocristiana successiva, data-bile, a quanto sembra, nell’arco del V secolo piut-tosto che nel VI, come pure spesso si era ipotiz-zato. Resta invece ben documentato e ancora inparte esistente il pavimento della nave centrale inmosaico policromo, certo non del più prezioso opussectile, ma comunque di alto livello qualitativo dalpunto di vista redazionale.

La datazione dell’edificio dovrebbe essere piùo meno coincidente con quella del Santo Sepolcroe la fase progettuale dovrebbe cadere all’internodell’ultimo decennio del regno di Costantino – pro-babilmente poco prima del 330 –, mentre per ladedicazione si indica in genere la data del 339.

Roma. Battistero lateranenseIl Liber Pontificalis riporta l’edificazione, da

parte di Costantino, di un «Fons Sanctus ubi bap-tizatus est»53, che concordemente si identifica conil battistero annesso alla basilica lateranense, tut-tora esistente anche in alzato e restato in uso finoai nostri giorni.

Studi recentissimi, che hanno proposto nuoveanalisi delle strutture superstiti54, hanno mostratoche, a parte la culminazione attuale di Urbano VIII(1623-1644) e le decorazioni interne, anch’esse perlo più del XVII secolo, gran parte dell’alzato otta-gonale è paleocristiano e composto da due fasi: quellainferiore, con otto porte e otto grandi finestre sopradi esse, attribuibile alla fase costantiniana, e quellasuperiore, del pieno V secolo, con un nuovo ordinedi finestre ancor più grandi che corrispondeva allatamponatura delle precedenti finestre (e di buonaparte delle porte), e all’aggiunta di un portico biab-sidato e di tre sacelli posti in posizione radiale.

La struttura originaria, oltre che per la piantaottagonale isolata, nota fino ad allora più per i mau-solei (per esempio quello di Diocleziano a Spalato)che per altre funzioni55, è interessante per l’artico-lazione interna (fig. volume secondo V 49) che, purse non ancora comprovata da specifiche indaginiarcheologiche, dovrebbe aver avuto, come è tut-tora, un colonnato interno di otto colonne su dueordini con architrave poligonale, che sosteneva uncorpo emergente, pure ottagonale, concentrico aquello esterno56. Se così fosse, questo sarebbe ilprimo esempio di edificio a pianta centrale con peri-bolo interno, e cioè con ‘navata ottagonale’, intornoal corpo centrale.

Anche in questo edificio, poi, bisogna segna-lare l’ampiezza del finestrato, aperto su pareti moltosottili e, quindi, senza particolari strombature deglistipiti come visto altrove.

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Non si può essere precisi sulla datazione di que-sto edificio; gli ultimi rilevamenti delle strutture edelle successioni stratigrafiche fanno pensare a unacollocazione nella tarda età costantiniana, forse conconclusioni dopo il 337.

Antiochia. Ottagono AureoNon sono stati finora rinvenuti né il sito pre-

ciso né i resti dell’Ottagono Aureo di Antiochia, laprobabile cattedrale di quella importantissima eraffinata metropoli dell’Impero romano tardoan-tico57. L’edificio è citato e, pur se brevemente,descritto da eusebio nella sua biografia di Costan-tino con accenti di particolare ammirazione. Dob-biamo purtroppo contentarci di tale descrizione,che qui riportiamo in traduzione:

In essa [Antiochia], quasi fosse stata la capitaledi tutte le province del luogo, consacrò unachiesa unica nel suo genere per la proporzionee la bellezza; all’esterno fece costruire intornoall’intero tempio una grande cinta e all’internofece erigere l’edificio vero e proprio, di altezzastraordinaria, costruito su pianta ottagonale,circondato tutto intorno da edicole disposte sudue ordini, superiore e inferiore, che fece gene-rosamente rivestire con ornamenti d’oro mas-siccio, bronzo e altri materiali preziosi58.

La chiesa era dunque di forma ottagonale e deco-rata internamente da nicchie su due ordini, il cherichiama insistentemente lo schema architettonico delsantuario di S. Filippo Apostolo a hierapolis di Fri-gia (V secolo) e, ancor più, quello dei più tardi S. Vitaledi Ravenna e Ss. Sergio e bacco di Costantinopoli.

La decorazione è appena accennata, ma il rife-rimento a grandi quantità di oro può far pensare amosaici a tessere auree, senza però escludere le dora-ture su stucchi. L’edificio doveva essere molto altoe probabilmente anche piuttosto grande in piantase poi fu utilizzato come cattedrale. Una vedutaschematica del mosaico del V secolo da Yakto in cuiè rappresentata Antiochia, fornisce forse l’unicaimmagine dell’alzato di questa chiesa, pur se condettagli davvero minimi59.

Per quanto riguarda la cronologia, è probabileche il progetto sia da collocare nell’ultimo decen-nio del regno di Costantino e la conclusione deilavori ancora più tardi. Infatti, nonostante euse-bio sembri affermare che la consacrazione avvennecon l’imperatore ancora in vita, si sa da altre fontiche la chiesa fu inaugurata solo nel 34160.

Roma. Tetrapilo detto ‘Arco di Giano’Uno dei monumenti più caratteristici di Roma,

sia per la sua struttura relativamente ben conservata,

sia per la sua ambientazione in un angolo del Vela-bro a ridosso del Palatino, ove si trovano pure lachiesa altomedievale di S. Giorgio in Velabro e ilseveriano arco degli Argentari, è certamente l’arcoQuadrifronte, detto di Giano, che viene spesso iden-tificato con l’Arcus divi Constantini, registrato neicataloghi regionari61. Si tratta di un tetrapilo (fig.VI 17) che doveva probabilmente monumentaliz-zare l’incrocio tra due strade e che è frequente nellecittà tardoantiche, pur se in uso anche in epocheprecedenti.

L’attribuzione a Costantino, basata anche suplausibili criteri stilistici, non viene in genere postain discussione, anche se la tendenza più recente èquella di ritenere che il monumento sia stato edi-ficato dai figli di Costantino in onore del padre62.

Il monumento è stato certamente privato di unimportante elemento della sua decorazione con laperdita delle statue che, con ogni probabilità, eranoinstallate nelle sue trentadue nicchie, ma esso restapur sempre imponente, e doveva esserlo ancor dipiù quando esisteva una sopraelevazione che fudemolita in tempi moderni perché ritenuta una torremedioevale.

Roma. Mausoleo di Costantina (S. Costanza)Annesso alla oggi diruta basilica circiforme di

S. Agnese (cfr. supra), costruita da Costantino suistanza della figlia Costantina63, sussiste ancora oggi,pressoché integro e comunque interamente rico-struibile nella sua decorazione in parte perduta, ilgrandioso mausoleo destinato alla sepoltura dellastessa Costantina e realmente poi usato a tale scopo.La figlia di Costantino morì infatti in bitinia nel354, ma il suo corpo fu traslato a Roma e sepoltonel mausoleo in questione nello splendido sarco-fago porfiretico, oggi conservato ai Musei Vaticani.

L’edificio, ormai privo di un peribolo colon-nato che lo circondava all’esterno, è circolare e pre-senta all’interno un colonnato, anch’esso circolare,composto da colonne binate e collegate da arcate,sul quale si imposta un tamburo cilindrico fine-strato con cupola emisferica (fig. VI 16), il tutto insolida muratura laterizia64. Il muro perimetralepresenta due absidi semicircolari ai due lati di chientra e una profonda nicchia a sezione quadrata inasse, con una distribuzione su tre posizioni a 90°,come nella rotonda del Santo Sepolcro, con la qualepresenta anche l’analogia del colonnato interno e,quindi, della navata anulare interna65. Quest’ul-tima conserva buona parte dell’originale decora-zione della volta a botte, rivestita interamente dimosaici a fondo bianco, incisivamente integratinelle parti mancanti, ma nel rispetto dell’esistente(fig. IV 13).

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Questa estesissima superficie musiva è divisain undici campate decorate con motivi diversi mareplicati in zone simmetriche, tranne che nelle dueassiali, poiché alla campata d’ingresso corrisponde,sul lato opposto, un corpo rettangolare che emergerispetto alla volta la quale è dunque assente. Pre-valgono nei vari riquadri, di forma trapezoidaleconcava, gli schemi geometrici iterativi prelevatidal repertorio pavimentale diffuso nell’epoca, manella campata d’ingresso, in quelle al centro delladue semicirconferenze e nelle due a fianco del corporettangolare opposto all’ingresso, che ospitò pro-babilmente il sarcofago di Costantina, si trovanoinvece decorazioni più elaborate, sviluppate senzasimmetria e con motivi anche figurati.

Tra queste decorazioni sono da notare, per lavivace policromia e per la presenza incisiva di tes-sere d’oro, quelle delle campate poste a fianco dellanicchia di fondo, con una disordinata distribuzione,sul fondo bianco, di rami fogliati misti a uccelli, aoggetti d’uso o sacrificali e ad altre insolite rappre-sentazioni come quelle delle camerae fulgentes66,decorazioni in forma di conchiglia ottenute contessuti preziosi montati su telai per adattarle allacurvatura dei catini absidali. Una decorazionemusiva si trovava poi nella cupola, ove dodici caria-tidi-candelabre inquadravano altrettanti spicchientro i quali si svolgevano anche scene figurate, siarelative a episodi biblici sia di genere, su fondoazzurro e forse con tessere d’oro specialmente nellecandelabre67.

La decorazione musiva era integrata poi conquella a incrustationes marmoree, che si estendevaa tutto il corpo cilindrico centrale interno, dallearcate sulle colonne all’attacco della cupola. I rive-stimenti marmorei erano su più registri: in quelloinferiore si trovava una serie di pannelli rettango-lari con motivi geometrici caratteristici di quel tipodi redazione (rombi o rettangoli articolati), seguivapoi una finta cornice di archetti pensili resi pro-spetticamente e infine, più in alto, semplici lesenee specchiature marmoree inquadravano il finestrato.Il tutto in marmi policromi, come riferiscono lefonti che, insieme ai relativamente numerosi dise-gni in cui sono rappresentati i rivestimenti nel lorostato alla fine del XVI e agli inizi del XVII, sonogli unici documenti che hanno tramandato questoapparato decorativo. Di quest’ultimo, dopo la totalerimozione voluta dal cardinale Veralli nel 1620,restano oggi solo i fori per le grappe che sostene-vano le incrustationes marmoree.

Dal punto di vista strettamente architettonicoquesto monumento, che è raccordato alla preesi-stente basilica di S. Agnese con un ampio atrio aforcipe, si deve considerare eccezionale soprattutto

per la presenza della navata anulare colonnata, strut-tura ignota all’architettura classica e testimoniatasoltanto, probabilmente in epoca di poco prece-dente, nel Santo Sepolcro di Gerusalemme, chepotrebbe essere il riferimento ideale, pur nella suadiversa articolazione, per il mausoleo di Costan-tina.

Per quanto riguarda la datazione, è difficiledubitare che il monumento fosse completo allamorte della stessa Costantina (354) che vi fu benpresto traslata, ed è altrettanto certo che fu annessoalla grande basilica circiforme di S. Agnese (cfr.supra), certamente edificata da Costantino.

Gli scavi recenti, eseguiti in corrispondenzadell’atrio biabsidato68, hanno mostrato che un altromausoleo, forse a tricora, precedette questo, assaimaggiore di dimensioni. Tutto fa pensare dunqueche, sebbene la sua costruzione possa essere ini-ziata verso la fine del regno di Costantino, il mau-soleo che ancora si conserva, e del quale si conservaanche il testo dell’iscrizione dedicatoria, sia statoterminato durante la prima parte del regno diCostanzo II.

Milano. Edificio di via Brisa (settore del palazzo imperiale?)

Nel 1952 sul fianco di via brisa, non lontanodall’attuale sbocco su corso Magenta, fu rinvenutoun complesso di struttura insolita, molto articolata,composto da un cortile circolare (fig. VI 5) dal qualesi dipartivano radialmente alcune aule absidate, conuno sviluppo che oltrepassava il limite dello scavoe si dirigeva verso il perimetro del grande Circodella città, di cui sono stati rinvenuti ampi resti.L’ipotesi secondo la quale si poteva trattare di unedificio termale fu giustamente confutata daermanno Arslan, il quale propose che potesse trat-tarsi di un settore del palazzo imperiale di Milanoche, per altri motivi, si poteva giustamente ipotiz-zare in adiacenza al Circo69. brevi contributi si sonopoi succeduti sull’argomento, fino all’inclusionedel monumento di via brisa in una più ampia mono-grafia sulle residenze imperiali e reali in Lombar-dia70.

La datazione proposta più recentemente siorienta entro la prima metà del IV secolo e quindipermette di considerare il monumento collocabileall’interno di quella che abbiamo indicato come etàcostantiniana, in senso lato.

Purtroppo la perdita totale degli alzati e persinodelle pavimentazioni – i resti oggi visibili sono per-tinenti quasi esclusivamente alle fondazioni – ci privadella possibilità di analizzare le decorazioni che, inogni caso, difficilmente potevano essere di livellomediocre, dato che la progettazione architettonica

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indicava un livello decisamente alto, coerente anchecon una committenza imperiale.

Il tipo di edificio con cortile a pianta centrale eambienti disposti a raggiera è testimoniato da variesempi in residenze aristocratiche tardo antiche,per lo più suburbane, in Italia, Spagna e Portogallo,che, tuttavia, potrebbero aver avuto come modelloproprio l’edificio di via brisa.

Milano. S. SimplicianoIn genere l’enorme chiesa cruciforme a navata

unica intitolata assai più tardi a S. Simpliciano, ilvescovo che resse per pochi anni la cattedrale diMilano (397-401) dopo S. Ambrogio, è stata con-siderata edificio post-ambrosiano, pur senza alcunaprova oggettiva e nonostante la sua struttura archi-tettonica, praticamente identica a quella dell’altret-tanto grandiosa (e anche un po’ più grande) aula diTreviri (cfr. supra). Solo recentemente si è inveceproposta per questa chiesa l’identificazione con laBasilica Portiana citata da Ambrogio – quindi a luipreesistente – e indicata tra le righe come proprietàimperiale71: in questo studio si è avanzata una data-zione generica «ad età costantiniana (intesa fino aCostanzo II incluso)»72.

Le considerazioni allora addotte sembrano tut-tora valide e l’identità dell’architettura con quelladi Treviri fa pensare insistentemente a momenti distretto contatto culturale tra le due sedi imperiali‘alternative’ della parte settentrionale dell’Imperod’Occidente.

Le stesse dimensioni della nave unica (inclusal’abside) – 67 m × 27 m circa per un’altezza di 30m circa a Treviri, 63 m × 22 m circa per un’altezzadi 20 m circa a S. Simpliciano – suggeriscono unasorta di replica in scala ridotta (soprattutto per lalarghezza e l’altezza) ma con l’aggiunta di un tran -setto (fig. VI 6) che sarebbe, con quello di S. Pie-tro e, forse, quello di S. Anastasia a Roma, tra i piùantichi e precederebbe, sulla struttura cruciforme,quello della basilica Apostolorum di Milano, di sicuracommittenza ambrosiana.

Dato che la caratteristica struttura dell’involu-cro esterno risulta replicata solo sporadicamente e,comunque, in edifici costantiniani (soprattutto glihorrea), sembra logico, fino a concrete e oggettiveprove contrarie, considerare di età costantinianaquesto eccezionale edificio milanese.

Gli elementi innovativi delle architetture di età costantiniana

L’analisi di ciascuno dei monumenti raccolti,considerati significativi e rappresentativi dell’ar-

chitettura dell’età costantiniana, ha permesso diindividuare caratteristiche specifiche che è pos-sibile estrarre e isolare al fine di individuare glielementi unificanti. Si può in questo modo pro-porre una lettura d’insieme delle linee progettualie delle motivazioni culturali e politiche che lesostengono.

Aule absidateLa presenza di absidi su uno dei lati corti di

aule di forma rettangolare si riscontra già in epocatardorepubblicana, soprattutto in ninfei e all’in-terno di complessi termali (calidaria); più tardi que-sto tipo di aula si diffonde, oltre che negli edificigià citati, anche in ambito abitativo e in strutturedi funzione pubblica come le basiliche civili. Ma èin epoca flavia – e forse già in epoca neroniana –che troviamo aule absidate di rappresentanza nel-l’ambito dell’edilizia abitativa imperiale, come adesempio nella Domus Flavia del Palatino. Questomodello passerà poi nel repertorio abitativo anchein seguito all’introduzione, nel II secolo d.C., dellamoda del letto tricliniare a ferro di cavallo (stiba-dium), che comporterà una funzione mista tricli-niare e/o di rappresentanza di questo tipo diambiente e lo farà includere costantemente nelleprogettazioni delle residenze imperiali e, di riflesso,in quelle di alto livello abitativo73.

Quanto alla diffusione, però, si deve constatareche, mentre nella piena età imperiale gli esempisono limitati, anche se spesso monumentali, nel-l’età tardoantica e forse proprio a partire dall’etàcostantiniana le aule absidate sono sempre più fre-quenti e ‘inevitabili’ nei palazzi imperiali, nellegrandi domus urbane e nelle ville suburbane dell’a-ristocrazia. In parallelo, per traslato, sono adottate,anche con varianti di volumetria maggiore, nellenuove basiliche cristiane così come nelle grandi saledi udienza di tipo pubblico.

Gli esempi di Roma, Treviri, Milano e dellealtre grandi città menzionate bastano a mostrarel’improvvisa popolarità che questo tipo architetto-nico acquistò nell’età di Costantino nell’ambito siapubblico che privato, sia civile che religioso.

Le nuove articolazioni delle planimetrie: dalle residenze imperiali all’edilizia abitativadell’aristocrazia

L’abside semicircolare delle aule non è l’unicoelemento che arricchisce e movimenta le planime-trie degli edifici tardoantichi. È frequente, in quel-l’epoca, la presenza, all’interno di complessi edilizidi una certa articolazione, di altri ambienti di formeancora più insolite, a base curvilinea o poligonalecomplessa.

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È vero che i monumenti più importanti, in par-ticolare quelli di uso pubblico, tendono a conte-nersi, almeno sulle linee generali, nell’ambito deitradizionali criteri di ortogonalità tipici delle epo-che precedenti, ma è anche vero che, già nei piùgrandi santuari come le basiliche circiformi conannessi mausolei, la varietà delle forme e delle com-posizioni è evidente e lo è ancor più nei due grandimartyria della Palestina, nei quali si sperimentanosoluzioni in cui la componente innovativa è deci-samente predominante.

La varietà e l’innovazione si ritrovano ancor piùmanifestamente quando si passa all’edilizia resi-denziale imperiale, dove la creatività domina sullatradizione e gli ambienti assumono forme del tuttoinsolite, molto articolate e con prevalenza di ele-menti curvilinei o poligonali che si compongonosecondo assialità differenziate lasciando spesso spaziintermedi del tutto irregolari.

Nel caso delle residenze imperiali si possonoprendere in considerazione, tra gli esempi citati, ilcomplesso del cosiddetto tempio di MinervaMedica, nel quale si è proposto di vedere un set-tore privato della residenza imperiale del Sesso-rium74, oppure l’edificio di via brisa a Milano, rite-nuto anch’esso parte del palazzo imperiale dellacittà75. Ma le testimonianze più tangibili di questatendenza alla massima varietà e articolazione delleplanimetrie le troviamo nell’edilizia residenziale dialto livello, sia nelle domus urbane di moltissimecittà tardoantiche sia nelle ville che in quel periodofiorirono in tutte le zone dell’Impero76.

Corpi architettonici emergenti e cupoleUna caratteristica ricorrente negli edifici

descritti è certamente quella della presenza quasicostante – ove riscontrabile – di corpi di fabbricadi notevole elevazione che spesso emergono dal pro-filo urbano, sia come edifici indipendenti e isolati,sia come corpi centrali o interni di più estesi bloc-chi costruttivi. Troviamo tale caratteristica nellecitate aule absidate, nelle basiliche cristiane a piùnavate (delle quali quella centrale è sempre la piùalta), nei mausolei, nelle terme, etc.

Questo elemento, che non sembra essere statofinora oggetto di particolare attenzione, risulta evi-dente dal confronto con le architetture delle epo-che precedenti77, nelle quali tale soluzione struttu-rale è decisamente poco frequente. La funzione diquesta ‘sopraelevazione’ era ovviamente quella diprendere luce attraverso un finestrato che, come siè visto, era sempre presente. Questo emergere delcorpo centrale era riscontrabile anche nei monumentiche oggi risultano a corpo unico, pur se molto alti:l’aula di Treviri aveva infatti intorno un porticato

che la chiudeva all’interno di un più esteso com-plesso, e così anche il S. Simpliciano. Questa solu-zione era dunque diffusa e dava una connotazioneinsolita anche al paesaggio urbano tardoantico che,come mostrano alcune rappresentazioni in avori,sculture e mosaici, era assai più movimentato daaule e cupole di quanto non lo fosse nelle rappre-sentazioni di epoche più antiche.

Proprio le cupole, elementi emergenti molto carat-teristici, furono predilette dagli imperatori-costrut-tori: come Nerone e Adriano, anche Costantino riservòloro una particolare attenzione. Nel repertorio quiproposto sono già presenti alcuni monumenti dotatidi grandi cupole, ancora in parte conservati o docu-mentabili, come il cosiddetto tempio di MinervaMedica, i mausolei di Costantina ed elena, il SantoSepolcro, le terme di Costantino e, forse, la Nativitàdi betlemme e il battistero lateranense. A questi sipotrebbero aggiungere anche le terme di Agrippa,con cupola centrale da 25 m di diametro, certamentetardoantica (forse conclusa sotto Costante e CostanzoII)78, e il calidarium delle terme di Caracalla: la suaenorme cupola, la seconda a Roma per dimensionicon i suoi 34 m di diametro, fu quasi certamente rico-struita da Costantino dopo un probabile crollo79. Sitratta di strutture molto grandi, di diametro spessosuperiore ai 20 m, alle quali si potrebbe forse aggiun-gere quella un po’ minore (14 m circa) del cosiddettotempio di Romolo, attribuito con buoni motivi a Mas-senzio ma di cui è attestata la conclusione con modi-fiche da parte di Costantino80. L’insieme è comun-que impressionante e, sebbene le cupole siano bendocumentate anche in epoca precedente, specialmentenelle terme e nei mausolei, quelle in cui l’interventocostantiniano è certo risultano davvero numerose,soprattutto se a esse si aggiungono gli altri edifici consimile copertura che si diffusero poi a Roma – e cer-tamente anche in altre aree dell’Impero81– nell’edi-lizia privata, sia abitativa sia funeraria.

FinestratiPresenti proprio nelle parti emergenti, e anche

nelle pareti di zone meno alte degli edifici di etàcostantiniana, le serie di ampie finestre di quell’e-poca si distaccano tipologicamente da quelle di etàclassica, normalmente rettangolari, tendenti al qua-drato e con architrave solo leggermente incurvato.A partire dal IV secolo, infatti, le finestre diven-tano in prevalenza di forma rettangolare con cul-minazione ad arco semicircolare, assumono pro-porzioni anche enormi e sono disposte spesso insequenza assai ravvicinata82.

Finestrati arcuati addirittura abnormi si tro-vano nella basilica di Massenzio e pongono l’alter-nativa tra l’ipotesi di un intervento di Costantino

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sull’edificio e quella di un’innovativa esperienzamassenziana, ripresa solo più tardi e su larga scalada Costantino.

In ogni caso, se pure si deve ammettere che fine-stre con arcuazioni si trovano in epoche precedenti,bisogna anche osservare che si tratta di casi limi-tati; in epoca costantiniana, invece, la finestra arcuatadiventa un elemento stilistico connotante e di usopressoché costante.

L’intenzionale ampiezza delle aperture dei fine-strati non è l’unico accorgimento che caratterizzaquesto aspetto delle strutture architettoniche costan-tiniane: la stessa esigenza di aumentare l’apportodi luce all’interno degli ambienti ha stimolato, negliarchitetti dell’epoca, l’invenzione di altre soluzionifino ad allora non sperimentate.

Occorre infatti ricordare quanto osservato nellepagine precedenti a proposito dei finestrati dellabasilica e delle terme di Treviri, del S. Simplicianodi Milano, del mausoleo di elena e del cosiddettotempio di Minerva Medica. In tali monumenti imuri, molto spessi, vengono assottigliati nelle zonein cui si aprono le finestre, che presentano, così,stipiti di spessore assai limitato: accorgimento, que-sto, che ha l’effetto di allargare notevolmente ilfascio di luce ‘prelevato’ dall’esterno.

Altri monumenti che non sono stati inclusi, perbrevità, in questo repertorio – e cioè il ‘tempio dellaTosse’ a Tivoli, la rotonda-mausoleo di S. Andreaa S. Pietro in Vaticano e il Calidarium delle termedi Caracalla – presentano lo stesso accorgimentostrutturale a cui si è accennato e che si può ritenerepiuttosto specifico della produzione architettonicadell’età costantiniana, il che conferma l’ipotesi, basataanche su altri dati83, di una possibile attribuzione diquesti monumenti allo stesso periodo.

L’assottigliamento degli stipiti ha, peraltro,anche un altro interessante effetto. Se, infatti, siguardano le finestre dall’interno, lo spessore ridottoche si percepisce viene attribuito anche all’interaestensione dei muri. L’effetto che ne risulta è quellodi un’incredibile leggerezza dell’edificio, che sem-bra avere pareti quasi inconsistenti dando così l’im-pressione di una realizzazione tecnicamente evolu-tissima, quasi fosse un miracolo architettonico.

Confrontando l’esterno con l’interno, ad esem-pio nell’aula di Treviri e nel decagono del tempiodi Minerva Medica, questo effetto è davvero evi-dente, tanto che l’esterno, massiccio e solido, nonsembra pertinente all’interno, che risulta leggero equasi aereo.

Archi su colonnatiI colonnati sormontati da archi, che gradualmente

sostituiscono i classici colonnati architravati, vanno

annoverati fra le strutture architettoniche che, seb-bene esistenti nel periodo romano imperiale e forseanche prima (almeno concettualmente), sono utiliz-zate sporadicamente nell’antichità, mentre in età tar-doantica, e soprattutto costantiniana, entrano a farparte delle caratteristiche più specifiche dell’archi-tettura sia dei ‘grandi interni’ sia degli esterni84.

I colonnati architravati erano, infatti, la solu-zione preferita – anzi, quasi esclusiva – per i por-tici, le fronti e i periboli dei templi e, in generale,per le partizioni interne degli edifici monumentalidi età greco-romana. Solo in un secondo tempo, esoprattutto in ambito romano, a questo tipo di strut-tura fu affiancata quella a serie di pilastri (spessocon semicolonne) e arcate, con funzioni analoghe,ma con l’esclusione degli edifici templari. Questibinomi, pilastri con archi e colonne con architravi,predominarono comunque per tutta l’età imperiale,come si può vedere a Roma, ad esempio, nel Tabu-larium, nel teatro di Pompeo, nella basilica Giuliae nel Colosseo per i primi, e in tutti i templi con-servati, nelle basiliche Ulpia ed emilia, nei peri-stili e nei porticati per i secondi.

Solo rare indicazioni di archi su colonne – peral-tro anche di dubbia interpretazione – si possonoinfatti riferire alla prima età imperiale85: allusionise ne trovano nella pittura fantastica del secondostile pompeiano (Villa dei Misteri) e nelle rappre-sentazioni su mosaici (navalia) o sulla ceramicasigillata italica, e casi concreti sono addirittura spo-radici (a Pompei su un solo lato del cortile nellaCasa degli Archi). Qualche esempio concreto si puòindividuare anche su scala monumentale a VillaAdriana (sala rettangolare dell’edificio con tre ese-dre e cortili semicircolari con esedre, arcate alter-nate ad architravi intorno alla piscina del Canopo),ma questo non può meravigliare poiché quel com-plesso contiene da solo tante innovazioni quantequelle apportate da Nerone e Costantino messeinsieme. Realizzazioni vere e proprie, ma limitatea portici di cortili con minima elevazione al di sopradelle arcate e con murature in opera quadrata, sonoinvece quella di età severiana a Leptis Magna (Por-tico del Foro) e quella di Diocleziano nel cortile-atrio del Palazzo imperiale a Spalato86.

Sembra dunque possibile che il primo esempiodi arcate su colonnati in laterizio e in partizioniinterne con notevole sviluppo in alzato sia quellorealizzato nelle navate laterali della basilica latera-nense, del quale Francesco borromini – forsecosciente dell’importanza di quel manufatto – ci halasciato uno splendido documento grafico (fig. VI7) prima di eseguirne, purtroppo, la demolizione,nel corso della ricostruzione seicentesca della basi-lica costantiniana.

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Da questo disegno si può valutare anche l’ef-fetto di quella innovativa soluzione che, proprioper il contenuto spessore dei sostegni con arcate inlaterizio, consente un notevole sviluppo in altezzamantenendo una grande leggerezza della struttura,oltre che un’innegabile eleganza e uno slancio ver-ticale: effetti che non si sarebbero certo ottenuticon pesanti architravi, ai quali tuttavia l’architettodi Costantino, nella navata centrale, non volle rinun-ciare, forse non riponendo ancora totale fiducia nellanuova soluzione applicata nelle navate minori.

Colonnati con arcate furono costruiti, subitodopo quelli del Laterano, nella basilica vaticana e,anche lì, limitatamente alle navate laterali; ma quelritmo architettonico così gradevole e arioso era ormaigià entrato nella nuova linea di gusto e fu realizzatoaddirittura in forma curvilinea nelle nicchie estro-flesse del decagono dell’area sessoriana – forse anchenelle analoghe pentafore estroflesse del calidariumdelle terme del Quirinale – e nel colonnato anularedi S. Costanza. Diverrà poi l’elemento caratteristicodelle chiese cristiane quando, negli ultimi decennidel IV secolo, durante il regno di Teodosio, ebbe lasua più monumentale realizzazione in forma linearenella basilica di S. Paolo fuori le mura.

Navate anulari e poligonaliNella produzione monumentale romana della

piena età imperiale sorprende, almeno a prima vista,l’assenza di architetture a pianta centrale con colon-nati interni. Persino il grande ‘laboratorio’ di VillaAdriana, nel quale si sperimentarono innumerevolisoluzioni strutturali del tutto innovative, non pre-senta edifici con questa particolare caratteristica.

Di fatto, nella cultura architettonica romana icolonnati si ponevano costantemente all’esternodegli edifici rotondi o poligonali e, quando si tro-vavano all’interno (come, ad esempio, nel cortileesagono del tempio maggiore di baalbek), eranoaffacciati su ambienti aperti. Si trattava, dunque,di veri e propri porticati che non avevano, sopra gliarchitravi, muri di particolare elevazione; espleta-vano quindi soprattutto una funzione di appoggioper gli spioventi dei tetti. Per questi motivi i colon-nati interni degli edifici a pianta centrale si possonoconsiderare una delle più specifiche innovazioniintrodotte in architettura nell’età di Costantino87.

Il primo esempio di applicazione di questa arti-colazione interna è da individuare nel Santo Sepol-cro di Gerusalemme che, però, aveva il perimetroesterno interrotto e il colonnato interno continuoma affacciato all’esterno almeno in corrispondenzadell’apertura centrale (fig. VI 48).

L’esempio più completo resta tuttavia il mau-soleo di Costantina che probabilmente si ispirò al

modello descritto, realizzato però con colonnatointerno concentrico al perimetro circolare chiuso,che era circondato a sua volta da un portico colon-nato esterno, oggi perduto.

Il vano circolare più interno, impostato sucolonne abbinate e archi, era coperto da una cupolaemisferica; di conseguenza il peso di questa e dellospesso muro del semicilindro in laterizio che lasosteneva gravavano interamente sulle colonne, che,probabilmente per prudenza, furono abbinate e sor-montate da un corto architrave trasversale al finedi fornire una più larga base d’appoggio alla mas-siccia muratura.

Sempre a Roma, la stessa soluzione, ma sucolonne singole e non abbinate, fu probabilmenteapplicata a un ambiente ottagonale, anche se, inquesto caso, non sono ancora state conseguite cer-tezze sulla reale progettazione costantiniana. Sitratta del battistero lateranense, il cui colonnatoottagonale interno con fusti porfiretici e architravemarmoreo sormontato da un secondo ordine dicolonne, anch’esse architravate, sostiene tuttorauna leggera cupola più volte ricostruita (quellaattuale è seicentesca).

Dagli studi più recenti88 risulta probabile chele colonne, che il Liber Pontificalis considera costan-tiniane, fossero state installate come anello internosin dall’origine, ma non si sa con certezza quandoil progetto iniziale sia stato realizzato. È piuttostoprobabile che anche l’Ottagono Aureo di Antiochiaabbia avuto una struttura a colonnato ottagonaleinterno, peraltro su ben più larga scala rispetto albattistero lateranense: questo tuttavia non è espli-citato in modo oggettivo dalla pur ampia descri-zione che ne fornisce eusebio di Cesarea. Solo unoscavo potrà fornire in futuro una prova definitivadella struttura di questo eccezionale monumento.Sembra comunque del tutto probabile che le spe-rimentazioni eseguite a Roma e in Oriente in queltempo avessero una forte risonanza nell’architet-tura tardoantica di tutta l’area dell’Impero, pur selimitatamente all’ambito degli edifici cristiani.

Le nuove scelte della decorazione interna: le superfici lisce e policrome ‘inondate di luce’

Le caratteristiche architettoniche poste fin quiin evidenza sono certamente innovative e specifi-che, ma il viraggio più vistoso tra la produzioneedilizia precostantiniana e quella costantiniana sideve probabilmente individuare nelle scelte deco-rative applicate soprattutto all’interno degliambienti.

Se si confrontano, ad esempio, il mausoleo diDiocleziano e quello di elena, che distano tra loropochi decenni e che già nella struttura presentano

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divergenze basilari89, si nota un cambiamento totaledell’impostazione progettuale della decorazione.Nel primo monumento colonne non portanti, sor-montate da mensoloni e cornicioni, movimentanola superficie e la spezzano in riquadri e, insieme aulteriori elementi architettonici (nicchie), inter-rompono il flusso della luce, favorendo un effettodi chiaroscuro, ovvero di luci e ombre senza emer-genze di colore. Nell’altro, invece, la parete è inte-ramente liscia, senza soluzioni di continuità (a partele finestre) dal pavimento alla cupola, ed è intera-mente ricoperta di marmi policromi dispostisecondo disegni geometrici nel corpo cilindrico, edi mosaico policromo a fondo azzurro nella enormecupola semisferica. Così la luce che inonda l’am-biente dalle grandi finestre scorre sulle superficistesse esaltandone la policromia, con effetto deltutto diverso da quello che le pesanti decorazioniarchitettoniche impartiscono all’interno dell’altromausoleo, dove lo sviluppo verticale è interrotto el’atmosfera interna è incupita dalle penombre.

Si potrebbero proporre decine di confronti ana-loghi, ma basterà ricordare esempi di poco prece-denti a Costantino (se non addirittura da lui con-clusi e inaugurati), come il massenziano tempio diVenere e Roma, ricchissimo, nella cella tuttora con-servata, di decorazioni architettoniche che com-paiono persino nel catino absidale con i pesanti cas-settoni in stucco, per constatare quanto sia repentinoil cambiamento che si sviluppa con Costantino eche è già testimoniato nell’aula di Treviri e nelleprime basiliche cristiane.

Una nuova architettura per una nuova epoca

Gli elementi innovativi posti in evidenza, cherisultano replicati più volte già nel campione pro-posto, sono sufficienti a stabilire che in età costan-tiniana si manifesta un profondo e intenzionaleviraggio nel campo dell’architettura di committenzaimperiale e si apportano nuove ‘mode’ che si tra-sferiscono a breve termine nelle realizzazioni archi-tettoniche di ambito privato.

Le implicazioni, i significati e le motivazioni diquesto netto cambiamento sono numerosi e rela-tivi a vari aspetti della cultura dell’epoca: se ne pren-deranno in considerazione solo alcuni, soprattuttoper mostrare la varietà dei temi e offrire spunti perulteriori riflessioni.

L’imperatore e i suoi anonimi architetti:committente ed esecutori dei progetti

A parte il caso di Adriano – e forse anche diNerone – del quale la passione per l’architettura e

la partecipazione diretta nei cantieri delle sue operesono almeno in parte attestate con certezza, non sipuò pensare che, in generale, gli imperatori parte-cipassero attivamente e personalmente alla proget-tazione di dettaglio e, tanto meno, all’esecuzionedelle opere commissionate.

Ciò è ancor più impensabile per Costantino che,data la nuova situazione dell’Impero, dovette avereuna vita decisamente itinerante, salvo forse negliultimi anni di vita, quando poté probabilmenteseguire, almeno saltuariamente, l’enorme cantierecostantinopolitano.

Verosimilmente, tuttavia, egli poté vedere solouna parte dei risultati della sua grande impresa.Non è infatti casuale che, nella ricerca di monu-menti costantinopolitani da includere nella sele-zione qui proposta, non si sia potuto individuarenessun edificio sicuramente concluso da Costan-tino o dai suoi figli e conservato fino ai nostrigiorni90. Da Roma, invece, si è potuto attingere apiene mani, tanto da poter affermare che, se le data-zioni proposte sono corrette, la vecchia capitale èla città che ha conservato il maggior numero di testi-monianze dell’architettura costantiniana e, in ognicaso, non è stata certo trascurata e rifiutata da quel-l’imperatore, come spesso si sostiene.

La documentata scarsa presenza di Costantinoa Roma e le numerose testimonianze della sua attivacommittenza edilizia costringono a domandarsicome si possano conciliare queste due situazioniapparentemente contrastanti. La risposta non è dif-ficile: la capitale dell’Impero, che nell’anno dellabattaglia di ponte Milvio viveva un momento diintensa e documentata fase di restauro e incrementoedilizio, era ovviamente rigurgitante di maestranzee di architetti.

Anche se questi ultimi erano stati al servizio deltyrannus Massenzio, è del tutto probabile che ciònon avesse conseguenze negative sul prosieguo deilavori. Anzi, considerato che le opere del nemico-predecessore furono tutte ultimate tranne la villadell’Appia, è da ritenere che i precedenti architettie le precedenti maestranze siano state incaricate siadel completamento di quanto era incompiuto siadelle nuove opere. I nuovi progetti dovevano dimo-strare che il vincitore non era inferiore al vinto nel-l’incremento dell’urbs, specialmente negli anni incui non era ancora nata l’idea di realizzare una nuovacittà sul bosforo.

Di fronte a una così decisa – e forse inaspettata– continuità dell’impegno edilizio, gli architetti siresero probabilmente disponibilissimi non solo aottemperare ai desideri dell’imperatore, ma anchea suggerirgli nuove imprese. Si debbono dunqueattribuire a loro i viraggi stilistici e culturali, almeno

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per quanto riguarda le proposte tecniche e le ela-borazioni progettuali, sulle quali, almeno nei casipiù importanti, è probabile che l’imperatore o i suoifamiliari o i suoi consiglieri e delegati abbiano poioperato delle scelte o suggerito degli indirizzi. Sideve, insomma, restituire agli architetti, rimasti ingran parte anonimi, un ruolo concreto nell’innova-zione costantiniana.

Al committente, tuttavia, va certamente il meritodi aver stimolato la creatività dei progettisti e deirealizzatori delle opere, non solo alimentando l’in-cremento delle attività edilizie, ma anche propo-nendo temi nuovi, vale a dire incaricandoli di ideareedifici destinati a svolgere funzioni fino ad alloramai sperimentate, come quelle attinenti alla reli-gione cristiana, oppure commissionando loro lacreazione dell’intero tessuto urbanistico per unanuova città, come nel caso della sua Costantinopoli.

L’invenzione della basilica cristianaIl rapporto committente-architetto nel caso di

edifici di nuova funzione si può forse meglio esem-plificare, pur se in termini ipotetici, se si prende inconsiderazione il modo in cui potrebbe essere natala prima basilica cristiana, quella lateranense, che,non a caso, fu chiamata in antico basilica constan-tiniana.

Semplificando quel che può essere avvenutodurante i primissimi soggiorni di Costantino aRoma, dopo la battaglia di ponte Milvio del 312, sipuò ipotizzare che l’imperatore abbia chiamato gliarchitetti più importanti attivi in quel momento aRoma e abbia espresso la sua commessa in modomolto semplice, dichiarando la sua volontà dicostruire un nuovo tempio, molto grande, per i cri-stiani. Gli architetti, non necessariamente cristiani,potrebbero allora avere chiesto delucidazioni sullefunzioni e sulle dimensioni del nuovo edificio. Aquesto punto, potrebbe essere stato necessario inter-pellare gli esperti della religione, e cioè il clero diRoma, che potrebbe aver chiarito più estesamentel’aspetto funzionale. Gli architetti avrebbero cosìappreso che l’edificio doveva accogliere migliaia dipersone al coperto. Al suo interno si doveva svol-gere una cerimonia nella quale si commemorava eripeteva una sorta di sobrio banchetto rituale, ilquale doveva essere svolto dai membri del clero inuna zona separata, ma visibile per tutti, e del qualesi doveva rendere partecipe tutto il popolo attra-verso una simbolica distribuzione di pane e vino.

A questo punto il compito della realizzazionepassò certamente agli architetti, i quali, pensandoalla commemorazione di un banchetto, si ispira-rono probabilmente all’ambiente tricliniare allorapiù in voga, cioè l’aula absidata, in cui si trovava la

mensa su cui si deponevano le vivande. Il modo perrendere visibile ciò che succedeva sotto l’abside erasicuramente quello di prolungare il corpo anterioree allargarlo il più possibile. Tuttavia, dato che lamassima larghezza consentita per una navata sin-gola era legata alla disponibilità di travi (che nonpotevano misurare 30 metri ed erano già difficil-mente reperibili oltre i 20), si dovette optare per lenavate multiple con partizioni longitudinali inter-medie che, però, non ostacolassero troppo la visi-bilità verso l’altare, e cioè quella in direzione obli-qua. A tale scopo non si potevano certo scegliere lepilastrate, troppo spesse, e si adottarono le colonne,con architravi nella zona centrale, secondo una tra-dizione da tempo consolidata, e con archi che per-mettevano una maggiore distanza tra una colonnae un’altra nelle zone laterali.

Così la basilica cristiana era stata inventata pren-dendo a prestito elementi della tradizione, come icolonnati o le absidi, ma fondendoli in un modonuovo, che rispondeva alle nuove funzioni, e aggiun-gendo alcune innovazioni che si devono ritenerealmeno in parte introdotte dagli architetti e, pro-babilmente, suggerite solo per qualche linea gene-rale dall’imperatore.

Gli archi su colonne, che qui compaiono forseper la prima volta in un interno di grandi dimen-sioni, furono probabilmente una soluzione tecnica,applicata più tardi su larga scala, per aumentare la‘permeabilità visiva’ in direzione obliqua, dallenavate laterali verso quella centrale. Si tratta dun-que di un apporto degli architetti legato alla migliorerealizzazione della funzionalità.

La navata emergente e il profilo trasversale aspioventi successivi sembrano invece un espedienterelativamente nuovo, collegato all’esigenza di unaluminosità interna che non sembra riscontrabilenegli edifici basilicali civili a tre o più navate del-l’età classica. Questa caratteristica (che richiamaalla memoria il famoso passo di Tertulliano:«Nostrae columbae etiam domus simplex in editissemper et apertis et ad lucem»91) sembra scaturireda una scelta programmatica probabilmente nonsolo legata alla funzione cristiana dell’edificio, poi-ché si ritrova applicata in monumenti civili o pri-vati nei quali l’aspetto religioso è certo assente: essasi deve dunque ascrivere, almeno in parte, alla gene-rale innovazione culturale dell’epoca, anche se poisarà esaltata soprattutto nella progettazione dellechiese.

bisogna tuttavia concludere che l’aspetto piùinnovativo riscontrabile nella nuova formulazionedella basilica cristiana è quello decorativo.

eliminati infatti tutti gli elementi architetto-nici non portanti, le pareti sono state lasciate

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completamente lisce e la decorazione è stata limi-tata ai soli rivestimenti policromi a incrustationesmarmoree sulle pareti piane92 e a mosaici in quelleconcave.

Si può forse ritenere, a questo punto, che un’in-terpretazione piuttosto pragmatica come quella oraproposta sia preferibile alle numerose elucubra-zioni sulla «origine della basilica cristiana», chehanno tempestato di ipotesi, talvolta assurde e tuttepiù o meno confutabili93, la letteratura relativa all’ar-chitettura cristiana antica.

I luoghi della sperimentazione e i committentisecondari

Si è già accennato al fatto che l’attività costrut-tiva di Costantino sia stata spesso messa in discus-sione sulla base delle sue brevi e saltuarie presenzenelle più importanti città dell’Impero, in partico-lare in quelle in cui si individuano importanti monu-menti a lui attribuiti. Chiarito che la presenza impe-riale non era indispensabile alla realizzazione diun’opera monumentale, è necessario aggiungereche, oltre all’imperatore, esistevano altri personaggiautorizzati o delegati dall’imperatore stesso a com-missionare edifici o restauri anche di propria ini-ziativa.

Quando si parla, infatti, degli imperatori ‘iti-neranti’ del III e IV secolo, si dà talvolta per scon-tato che, in loro assenza, i palazzi imperiali restas-sero deserti e le principali istituzioni svolgesserofunzioni ridotte. In realtà non sempre si attribui-sce la giusta importanza alla funzione e all’autoritàche potevano esercitare sia i familiari dell’impera-tore, sia i suoi funzionari di fiducia, spesso legati alSenato o all’amministrazione pubblica o militare ecomunque dotati di poteri effettivi, anche se nonsempre ufficiali.

Un ruolo fondamentale era svolto dalle madri,mogli, sorelle e figlie dell’imperatore, che, nonessendo legate alla politica militare, si dedicavanoa opere pubbliche spesso connesse alla religione,avallate quasi sempre dall’imperatore.

basti pensare a elena, dichiarata dal Liber Pon-tificalis richiedente – ma di fatto curatrice – dellabasilica Hierusalem (Santa Croce) a Roma e dei san-tuari di Terrasanta, alla costruzione dei qualiCostantino partecipa come esecutore delle volontàdella madre. Anche nel caso di Costantina si intra-vede una forte e volitiva presenza nelle commit-tenze relative alla basilica di S. Agnese e al suo mau-soleo.

È logico, del resto, supporre che i numerosis-simi parenti di Costantino abitassero separatamentei vari palazzi imperiali di Roma94, la città più sicurae più lontana dalle frontiere, dove si trovano non

solo il Palatium per eccellenza, sul Palatino, maanche il Sessorium, gli Horti Sallustiani, gli HortiLamiani e le ville suburbane maggiori come quelladi Adriano, dei Quintili, etc.

Altre città più prossime alle frontiere, come Tre-viri e Antiochia, o più strategiche, come Arles, Milano,Salonicco e Nicomedia, potevano essere al contemposede dell’imperatore, dei suoi figli e degli altri Cesari,come Gallo, Delmazio, Annibaliano, o ancora di gene-rali particolarmente legati all’imperatore. In questecittà era possibile attuare una politica edilizia sepa-rata e indipendente, pur seguendo, come risulta dal-l’analisi d’insieme qui proposta, criteri in qualchemodo unificanti. Se però si rivolge per un momentol’attenzione a un’altra città che ha conservato buonaparte dei suoi monumenti del IV secolo, e cioè Salo-nicco, che fu potenziata e arricchita di opere archi-tettoniche importanti soprattutto sotto Galerio e poisotto Licinio, e che quindi, fino alla disfatta di que-st’ultimo, nel 323, restò fuori dalla politica edilizia diCostantino, ci si accorge che lì l’architettura95 nonricalca la via di sicura pertinenza costantiniana che siè tracciata esaminando i monumenti di Roma, Milano,Treviri, etc. Questa è in fondo una prova del fattoche l’innovazione posta in evidenza non è un feno-meno genericamente tardotetrarchico, bensì è partedi un viraggio culturale legato a Costantino e allenuove linee programmatiche del suo governo, man-tenute poi dai suoi figli e più in generale dalla suafamiglia, in nome di una religione nuova che sembraaverli tutti accomunati.

Leggere l’architettura costantiniana

È ragionevole, a questo punto, domandarsi qualiimpressioni Costantino volesse trasmettere attra-verso la sua nuova architettura e quali messaggi cul-turali, intenzionali o meno, essa poteva inviare alpopolo che ne era spettatore.

La dinamica delle articolazioni, la dilatazionedegli spazi, la leggerezza apparente delle struttureviste dall’interno, il verticalismo, la luminosità e lapolicromia dell’architettura costantiniana sono carat-teristiche ben diverse rispetto a quelle riscontrabilinei monumenti di età imperiale, nei quali domina-vano invece la linearità basata sugli schemi ortogo-nali, la massiccia staticità radicata al terreno e lapesante e articolata decorazione architettonica, chefaceva dominare il chiaroscuro degli aggetti sullapolicromia96 e limitava la luminosità degli interni.

Il messaggio che traspariva dalle architetturedei primi tre secoli dell’Impero era dunque quellodi un potere terreno, forte e fermo, conservatore esevero, pragmatico e materiale più che spirituale.

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Ciò che invece si poteva percepire all’impatto coni monumenti costantiniani era piuttosto un poteredinamico e nuovo, aperto e progressista, spiritualee ultraterreno. Proprio quest’ultima componente èquella trasmessa in modo più insistente da moltedelle architetture esaminate. Sembra infatti cheCostantino, per mezzo dei suoi architetti, abbiavoluto dimostrare di poter realizzare costruzioniapparentemente impossibili per chiunque altro,poiché egli aveva il privilegio unico di essere incomunicazione con il divino ed era quindi capacedi esiti miracolosi97.

Quando si guardano dall’interno le pareti del-l’aula di Treviri o il tamburo del decagono diMinerva Medica sembra di trovarsi – come si è giàsottolineato – dentro costruzioni con pareti sotti-lissime e che, quindi, solo per un miracolo tecnicorestano invece stabilissime e non crollano al primocolpo di vento. A questo effetto si aggiungeva, inorigine, quello delle decorazioni policrome oggiperdute, sulle quali si può immaginare come la luce,scorrendo sulle superfici riflettenti98 e sulle dora-ture, aggiungesse all’impressione di leggerezzaquella di un’insolita e inattesa preziosità, suscitandola meraviglia che il committente, intenzionalmente,voleva provocare.

D’altronde il messaggio di potenza, predomi-nante e addirittura plateale nell’architettura dellapiena età imperiale, non era stato escluso in questanuova architettura, ma era stato semmai mimetiz-zato: esso giungeva, infatti, non più dall’imponenzae dalla massiccia consistenza delle strutture, mapiuttosto dall’espansione di uno spazio libero esovrabbondante. basti pensare all’aula di Treviri,che tocca la massima larghezza mai raggiunta da unvano rettangolare ma, nel contempo, è completa-mente libera da strutture in quell’enorme interno,nel quale era facile sentirsi soggiogati. Anche ladecorazione, con le abbondanti dorature che arric-chivano la policromia, doveva amplificare, oltre allameraviglia, quella soggezione che la ricchezza puòfacilmente suscitare.

Se si pensa, poi, alle analoghe caratteristicheche si trovano nelle prime grandi basiliche cristiane,si comprende facilmente come l’impressione sopradescritta (che negli edifici civili diventava ammi-razione per la grandiosità imperiale) si potesse tra-mutare in una forte emozione devozionale, cheincludeva sempre la considerazione per l’arteficedell’ambiente dedicato al sacro.

Così, agli occhi del suo popolo, che vedeva sor-gere questi edifici di nuova concezione, la figura diCostantino appariva associata sempre più al divino,anche se, con la sua rinuncia alle prerogative di divi-nità implicite nei precedenti monarchi, l’imperatore

si presentava, di fatto, in una veste apparentementepiù umana. Inoltre egli risultava gravato da un impe-gnativo compito, quello di fare da tramite unicocon la divinità, come se questa, proteggendolo, gliavesse conferito l’ulteriore incarico di guida nonsolo politica ma anche spirituale.

Queste conclusioni non sono in contrasto conquanto si ricava dagli studi di taglio storico-poli-tico-religioso sulla figura di Costantino: esse for-niscono loro, anzi, utili supporti, conferme o inte-grazioni. Si tratta, insomma, di un’ulteriore chiavedi lettura, meno utilizzata di quelle tradizionali equindi potenzialmente ancora da indagare.

Lasciando da parte le speculazioni sulla perso-nalità dell’imperatore-politico, è utile tornare, inconclusione, alla figura dell’imperatore-costruttore,promotore di un evidente, brusco viraggio della cul-tura architettonica, che dopo di lui non tornerà piùindietro se non occasionalmente, con inevitabili eperiodici revival, e procederà, lungo la strada da luitracciata, con la felice stagione bizantina.

A partire dal V secolo, infatti, le linee veramenteinnovative individuate nell’età costantiniana cono-sceranno un continuo sviluppo, che culminerà conl’età di Giustiniano: monumenti eccezionali comela Santa Sofia di Costantinopoli contengono, esal-tate e perfezionate, tutte le caratteristiche di spa-zialità, luminosità, leggerezza e preziosità che si ècercato di individuare all’interno delle più impor-tanti testimonianze monumentali dell’età costanti-niana e che si sono indicate come creazioni genuinedella cultura architettonica di quell’epoca.

1 Così le più recenti monografie su Costantino, allequali si rinvia per un aggiornamento dei riferimentistorico-biografici e anche religioso-culturali, pur senon dedicano spazi specifici alla sua attività edilizia ealla impostazione dei programmi di monumentalizza-zione o, comunque, fanno a esse solo riferimenti mar-ginali: T. Heinze, Konstantin der Grosse und das kon-stantinische Zeitalter in den Urteilen und Wegen derdeutsch-italienischen Forschungsdiskussion, München2005; H. Brandt, Konstantin der Grosse, der erstechristliche Kaiser: eine Biographie, München 2006; TheCambridge Companion to the Age of Constantine, ed. byN. Lenski, Cambridge 2006; R. Turcan, Constantinen son temps. Le baptême ou la pourpre?, Dijon 2006 ; R.Van Dam, The Roman Revolution of Constantine, AnnArbor 2009; P. Maraval, Constantin le Grand:Empereur romain, empereur chrétien (306-337), Paris2011; J. Bardill, Constantine, Divine Emperor of theChristian Golden Age, Cambridge 2011; T.D. Barnes,Constantine: Dynasty, Religion and Power in the LaterRoman Empire, Chichester 2011.

2 Tra le trattazioni meno recenti sull’architetturacostantiniana, posta non come punto terminale macome momento centrale dell’intero excursus, si devefare riferimento al fondamentale lavoro di Alois Riegl(A. Riegl, Spätrömische Kunstindustrie nach den

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Funden in Österreich-Ungarn, Wien 1901), troppo pre-sto messo in disparte da molti studiosi della prima metàdel XX secolo, ma seguito nell’impostazione, ad esem-pio, da A. Boëthius, Roman Architecture from ItsClassicistic to Its Late Imperial Phase, Göteborg 1941.Per l’accuratezza e la specificità delle analisi dell’archi-tettura si deve ricordare l’opera di Luigi Crema che, tut-tavia, pone Costantino al termine del suo studio e cita lesue opere non cristiane omettendo quelle cristiane (L.Crema, L’architettura romana, in Enciclopedia Classica,sez. III, vol. XII, Archeologia: arte romana, tomo I,Torino 1959, in partic. cap. 6, I tetrarchi da Dioclezianoa Costantino, pp. 569-637). Friedrich WilhelmDeichmann è lo studioso che ha messo in evidenza inmodo più coerente gli aspetti innovativi dell’architettu-ra di Costantino aggiungendo molti spunti inediti (F.W.Deichmann, s.v. Tardoantico. Architettura, in Enci -clopedia Universale dell’Arte, XIII, Venezia-Roma1965, coll. 591-619; Id., Die Architektur des konstanti-nischen Zeitalters, in Antike Kunst, 11 (1968), pp. 112-125); per studi relativi all’architettura delle sole chiesepaleocristiane di Roma, cfr. Corpus basilicarum chri-stianarum Romae di Richard Krautheimer (5 voll.,Città del Vaticano 1937-1980, d’ora in poi indicatocome R. Krautheimer, CBCR), e, più in generale, R.Krautheimer, The Constantinian Basilica, inDumbarton Oaks Papers, 21 (1967), pp. 115-140; Id.,The Ecclesiastical Building Policy of Constantine, inCostantino il Grande. Dall’antichità all’umanesimo, Attidel Colloquio sul cristianesimo sul mondo antico(Macerata 18-20 dicembre 1990), a cura di G.Bonamente, F. Fusco, Macerata 1993, pp. 509-552;S.S. Alexander, Studies in Constantinian ChurchArchitecture, in Rivista di Archeologia Cristiana, 47(1971), pp. 281-330, e Id., Studies in ConstantinianChurch Architecture. II, Topographical Aspects ofConstantinian Church Architecture, in Rivista diArcheologia Cristiana, 49 (1973), pp. 33-44; H.Brandenburg, Die konstantinischen Kirchen in Rom.Staatstragender Kult und Herrscherkult zwischenTradition und Neuerung, in ΜΟΥΣΙΚΟΣ ΑΝΗΡ,Festschrift für Max Wegner zum 90. Geburtstag, hrsg.von O. Brehm, S. Klie, bonn 1992, pp. 27-58.Un’analisi d’insieme estesa sia ai monumenti cristianisia a quelli non cristiani si trova in B. Brenk,Spätantike und frühes Christentum (Propiläen-Kunst -geschichte, suppl. 1), Frankfurt a.M. 1977, in partic.pp. 37-48; F. Guidobaldi, Sull’originalità dell’archi-tettura di età costantiniana, in XLII Corso di culturasull’arte ravennate e bizantina, Ravenna 1995, pp. 419-441; Id., Caratteri e contenuti della nuova architetturadell’età costantiniana, in Rivista di ArcheologiaCristiana, 80 (2004), pp. 233-276; fondamentale, pur semolto sintetico, è il catalogo della recente mostra diTrevi ri: Konstantin der Grosse. Imperator CaesarFlavius Constantinus, Ausstellungskatalog, hrsg. von A.Demandt, J. Engemann, Mainz 2007, che è stato pre-ceduto dal convegno: Konstantin der Grosse. Geschichte,Archäologie, Rezeption, Internationales Kolloquium(Trier 10.-15. Oktober 2005), hrsg. von A. Demandt,J. Engemann, Trier 2006, all’interno del quale sisegnalano i seguenti contributi dedicati, tuttavia, soloalla produzione architettonica cristiana: S. de Blaauw,Konstantin als Kirchenstifter, pp. 143-162, e P.Liverani, L’architettura costantiniana, tra committenzaimperiale e contributo delle élites locali, pp. 235-244. Sideve infine segnalare tra gli studi più recenti, anche sedi taglio piuttosto divulgativo, un manuale di storia

dell’architettura tardoantica e altomedievale: Storiadell’architettura italiana da Costantino a Carlo Magno,a cura di S. de Blaauw, Milano 2010, in particolare: S.de Blaauw, Le origini e gli inizi dell’architettura cristia-na, pp. 22-53; D. Kinney, Edilizia di culto cristiano aRoma e in Italia centrale dalla metà del IV al VII seco-lo, pp. 54-97.

3 F. Guidobaldi, Architettura come codice di tra-smissione dell’immagine dell’imperatore dai Severi aCostanzo II, in Imperial Art as Christian Art –Christian Art as Imperial Art. Expression and Meaningin Art and Architecture from Constantine to Justinian,ed. by J.R. Brandt, O. Steen, Roma 2001, pp. 13-26.

4 Poiché si conoscono vari casi in cui iniziativecostruttive di Costantino sono state concluse dai suoifigli, è opportuno non porre a questa indagine il rigidolimite cronologico della morte dell’imperatore (337) equindi si terrà conto, come anticipato, dei monumentiascrivibili al periodo che include il regno dei figli diCostantino (fino al 361).

5 Nella presente rassegna, che non vuole certo esse-re esauriente ma solo rappresentativa, non è statoincluso l’Arco di Costantino che, pur essendo un mo -numento attribuibile all’età di quell’imperatore, è dicommittenza senatoria e quindi è probabilmente estra-neo alla nuova progettualità impostata da Costantino.In ogni caso la sua struttura è decisamente tradizionalee si differenzia rispetto a quella dei monumenti prece-denti, come l’Arco di Settimio Severo, soprattutto perle dimensioni maggiori e per l’evidente abuso di reim-piego. Tuttavia, almeno dal punto di vista architettoni-co, non presenta particolari elementi di innovazione, ilche conferma l’ipotesi di una committenza a dir pocofrettolosa. Cfr. A. Bravi, L’arco di Costantino, in que-sta stessa opera.

6 Cfr. C. Barsanti, Costantinopoli, in questa stessaopera.

7 Della città progettata da Costantino resta benpoco: è possibile osservare ancora la grande colonna diporfido del Foro circolare, i restauri dell’Ippodromo esolo alcuni resti come, ad esempio, quelli del GrandePalazzo. Altri monumenti, come la chiesa dei Ss. Carpoe Papilo, talvolta attribuiti a Costantino, sono troppoproblematici perché si possano prendere in considera-zione in questa sede.

8 E. Zahn, Die Basilika in Trier. RömischesPalatium-Kirche zum Erlöser, Trier 1991; K.P.Goethert, K. Goethert, Palastbezirk, in Rettet dasArchäologische Erbe in Trier. Zweite Denkschrift derArchäologischen Trier-Kommission, Trier 2005, pp. 70-80; K.P. Goethert, M. Kiessel, Trier-Residenz in derSpätantike, in Konstantin der Grosse. Ausstellungskatalog,cit., pp. 304-311.

9 Frequenti nei complessi termali o nei ninfei chiu-si, sono più rare negli ambienti domestici dove comun-que si ritrovano talvolta (cfr. ad esempio Pompei, Casadei Capitelli Colorati, Villa di Diomede), cfr. B. Tamm,Auditorium and Palatium: a Study on Assembly-Roomsin Roman Palaces during the 1st Century B.C. and the 1stCentury A.D., Stockholm 1963.

10 Per l’adozione come edifici cristiani cfr. R.Krautheimer, The Constantinian Basilica, cit.

11 La nave centrale della basilica vaticana giungeva acirca 23 m, mentre quella lateranense non arrivava a 20m; la più larga riscontrabile a Roma è quella di S. Paolofuori le mura, che supera i 25 m, mentre l’aula absidatadel Sessorium detta Tempio di Venere e Cupido (cfr.infra) è di poco inferiore alla stessa misura.

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12 F. Guidobaldi, Sectilia pavimenta tardoantichi epaleocristiani a piccolo modulo dell’Italia Settentrionale,in Rivista di Archeologia Cristiana, 85 (2009), pp. 355-420. Le nuove ricerche che hanno individuato, entro lamuratura degli ipocausti, una moneta databile tra il 337e il 341 costringono oggi a ritardare di qualche decen-nio la datazione del ben documentato pavimento, chedeve appartenere a una seconda fase decorativa, legataall’installazione del sistema di riscaldamento (cfr.infra).

13 M. Guarducci, Camerae fulgentes, in Letteraturecomparate. Problemi e metodo. Studi in onore di EttoreParatore, II, bologna 1981, pp. 799-817.

14 K.P. Goethert, N. Kiessel, Trier-Residenz,cit., p. 305; P. Hoffmann, J. Hupe, K. Goethert,Katalog der römischen Mosaike aus Trier und demUmland, Mainz a. Rhein 1999, pp. 91-96, 120-127. Unamoneta attribuibile al periodo 337-341 è stata infattitrovata nella malta di un ipocausto.

15 D. Krencker, E. Kruger, Die Trierer Kaiser -thermen, I, Ausgrabungsbericht und grundsätzlicheUntersuchungen römischer Thermen, Augsburg 1929; W.Reusch, Die Kaiserthermen in Trier, Mainz a. Rhein1977, pp. 178-189; K.P. Goethert, Römerbauten inTrier. Porta Nigra, Amphiteater, Barbarathermen,Thermen an Viehmarkt, Kaiserthermen, Regensburg2003, pp. 125-149; Id., Kaiserthermen, cit., pp. 81-83.

16 R. Krautheimer, CBCR V, pp. 1-96, in partic.93-94. Krautheimer propende per una conclusione nel-l’arco di quattro o cinque anni, accettando come possi-bile data di consacrazione il 318.

17 Ivi, pp. 81-89. Krautheimer tenta una ricostru-zione degli alzati, anche con un certo dettaglio, in baseai disegni lasciati da Francesco borromini, precisi maparziali, perché relativi a tratti murari o sezioni parti-colari e quasi mai alla parte superiore che, peraltro,poteva essere stata modificata nel X secolo nel corsodella ricostruzione di Sergio III (904-911) dopo il ter-remoto dell’896. I risultati relativi alle navate lateralisono da considerare oggettivi, ma quelli della parte altadella nave centrale sono necessariamente ipotetici. Sipropongono comunque un’altezza della parete intornoai 27 m e dimensioni delle finestre di 4 × 2,7 m circa.

18 Si tratta di una sorta di blocchi quadrati rigonfi,del tutto insoliti nella forma e nella funzione, e tantoinnovativi quanto innovativa era la soluzione di colon-ne sormontate da arcate in laterizio.

19 Le Liber Pontificalis, I, éd. par L. Duchesne,Paris 1886-1892, p. 172. Vi si parla di camaram [voltadel ciborio] ex auro purissimo e di cameram basilicae[forse catino absidale] ex auro trimita di 500 libbred’oro.

20 R. Krautheimer, CBCR V, pp. 171-292. Perl’elenco delle piante, vedute e descrizioni, cfr. pp. 172-176.

21 La lunghezza interna della vaticana, escluso iltransetto, è di quasi 91 m, ma includendolo (esso pro-lunga il corpo basilicale di quasi 18 m) giunge a 109 me, aggiungendo l’abside, raggiunge quasi i 120 m, men-tre la larghezza totale del corpo basilicale è prossima ai64 m e la larghezza della sola navata centrale supera i23 m (cfr. R. Krautheimer, CBCR V, pp. 246-263).

22 Le Liber Pontificalis, cit., pp. 180-183. 23 Per le osservazioni d’insieme, piuttosto recenti,

su tali basiliche e anche sulle altre tre, qui non inclusein modo specifico, si rinvia alla sessione relativa delconvegno del 2000 sulle chiese di Roma, cfr. EcclesiaeUrbis, Atti del Convegno internazionale di studi sulle

chiese di Roma (IV-X secolo), (Roma 4-10 settembre2000), 3 voll., Città del Vaticano 2002, pp. 1097-1262.

24 Su questo edificio si veda la recente ed estesamonografia di A.M. Nieddu, La basilica Apostolorumsulla via Appia e l’area cimiteriale circostante, Città delVaticano 2009.

25 E. Jastrzebowska, Les basiliques des Apôtres àRome. Fondation de Constantin ou de Maxence?, inMosaïque. Recueil d’hommage à Henri Stern, Paris 1983,pp. 223-229; Id., San Sebastiano, la più antica basilicacristiana di Roma, in Ecclesiae Urbis, cit., pp. 1141-1155. Un’altra difficoltà nell’attribuzione a Costantinoè stata individuata nella presenza, nell’ambito dellabasilica circiforme, di numerose tombe di pretorianiequites singulares, corpi militari fedeli a Massenzio cheCostantino, com’è noto, aveva abolito. Cfr. N. Latteri,La statio dei pretoriani al III miglio dell’Appia Antica edil loro sepolcreto «ad catacumbas», in Mélanges de l’Écolefrançaise de Rome. Antiquité, 114 (2002), pp. 739-757.

26 V. Fiocchi Nicolai, La nuova basilica circiformedella via Ardeatina, in Rendiconti della PontificiaAccademia Romana di Archeologia, 68 (1995-1996), pp.69-233; Id., basilica Marci, coemeterium Marci, basi-lica coemeterii balbinae. A proposito della nuova basili-ca circiforme della via Ardeatina e della funzione funera-ria delle chiese «a deambulatorio» del suburbio romano, inEcclesiae Urbis, cit., pp. 1175-1201.

27 Solo nella basilica di S. Lorenzo le partizionilongitudinali erano a colonne. Sembra tuttavia proba-bile che la chiesa abbia subito grossi danneggiamentinel 410 e sia stata quindi ricostruita, forse, appunto,con nuovi supporti (O. Brandt, San Lorenzo fuori leMura: il difficile rapporto tra strutture e testi, in Privateand Public in the Sphere of the Ancient City, ed. by S.Sande, T.K. Seim, Rome 2010).

28 Va sottolineato, a tal proposito, che le finestre aS. Sebastiano hanno il coronamento a sesto ribassato(struttura, questa, che è piuttosto insolita in età costan-tiniana) e non sono particolarmente ampie.

29 Per una rassegna delle varie cronologie relative edelle seriazioni connesse, cfr. E. La Rocca, Le basilichecristiane «a deambulatorio» e la sopravvivenza del cultoeroico, in Ecclesiae Urbis, cit., pp. 1109-1140.

30 L’ampia monografia di riferimento per questomonumento è: J.J. Rasch, Das Mausoleum der KaiserinHelena in Rom und der “Tempio della Tosse” in Tivoli,Mainz 1988.

31 Una quarta nicchia della stessa forma è privadella parete di fondo e ha funzione d’ingresso al mau-soleo.

32 L. Vendittelli, La conservazione e la valorizza-zione del Mausoleo di Sant’Elena. Nuovi dati dai lavoridi scavo e restauro, in Ecclesiae Urbis, cit., pp. 771-792;Id., Il Mausoleo di Sant’Elena. Gli scavi, Roma 2011.

33 R. Krautheimer, The Ecclesiastical BuildingPolicy, cit., pp. 528-529.

34 LTUR V, S. Vilucchi, s.v. ThermaeConstantinianae, pp. 49-51, e figg. 30-32 e 89.

35 Aur. Vict., Caes. 40,27. 36 Aur. Vict., Caes. 40,26. 37 Aur. Vict., Caes. 40,27. 38 A.M. Colini, horti Spei Veteris, Palatium

Sessorianum. Con rilievi e ricostruzioni architettonichedi Italio Gismondi, in Memorie della PontificiaAccademia romana di Archeologia, 8,3 (1955), pp. 137-177, in partic. 164-168.

39 D. Colli, Il Palazzo Sessoriano nell’area archeologi-ca di Santa Croce in Gerusalemme: ultima sede imperiale a

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Roma?, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité,108 (1996), pp. 771-815; M. Barbera, Dagli horti SpeiVeteris al Palatium Sessorianum, in Aurea Roma. Dallacittà pagana alla città cristiana (catal.), a cura di S. Ensoli,E. La Rocca, Roma 2000, pp. 104-112; Id, Il comprenso-rio di S. Croce in Gerusalemme: novità topografiche earcheologiche, in Bollettino della Commissione archeologicacomunale di Roma, 111 (2010), pp. 97-110.

40 PLRe I, s.v. Helena 2, pp. 410-411. 41 Non è improbabile che l’allontanamento di

madre e figlio da Roma sia anche da collegare con l’im-popolare soppressione di Fausta e Crispo.

42 A. Nibby, Roma nell’anno 1838, II, Parte antica,Roma 1839, pp. 328-336.

43 F. Guidobaldi, Il “tempio di Minerva Medica”settore privato del Sessorium Costantiniano, in Rivistadi Archeologia Cristiana, 74 (1998), pp. 485-518.

44 È innegabile la presenza di due fontane semicir-colari ai due lati esterni est e ovest, ma si tratta di ele-menti decorativi accessori della sala centrale, che nonebbe mai strutture idrauliche interne se non quelle chepassavano sotto il pavimento per alimentare gli adia-centi ninfei.

45 P. Palazzo, Resoconto delle indagini svolte nellaprimavera del 2006, in M. Barbera, S. Di Pasquale,P. Palazzo, Roma, studi e indagini sul cd. Tempio diMinerva Medica, in The Journal of Fasti Online, 91(2007), pp. 1-21, in partic. 10-21, eprints.bice.rm.cnr.it/414/1/FOLDeR-it-2007-91.pdf (10 sett.2012).

46 La proposta di Margareta Steinby di un collega-mento, pur se ipotetico, con il periodo tardotetrarchi-co o, meglio, massenziano (M. Steinby, L’industrialaterizia di Roma nel tardo impero, in Società romana eimpero tardoantico, a cura di A. Giardina, II, Roma:politica, economia, paesaggio urbano, bari 1986, pp. 99-164) non sembra aver oggettivi e definitivi sostegnistorici o documentari. Non è peraltro credibile cheMassenzio, allora impegnato nella costruzione dellasua enorme residenza suburbana della via Appia edelle Terme della residenza imperiale ufficiale sulPalatino, si impegnasse anche nell’edificazione di unaltro palatium. Del resto anche l’altra ipotesi avanzata,che vede il monumento come parte di una lussuosaresidenza aristocratica (M. Cima, Gli horti Liciniani.Una residenza imperiale della tarda antichità, in Hortiromani, Atti del convegno internazionale [Roma 4-6maggio 1995], pp. 425-452), pur se da me generica-mente proposta in via preliminare anche nelle prime egenerali analisi del monumento nell’ambito dell’archi-tettura costantiniana, sembra oggi troppo difficile dasostenere per l’assoluta mancanza di confronti stilisti-ci, che invece riconducono insistentemente a una com-mittenza imperiale.

47 V.C. Corbo, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme, 3voll., Jerusalem 1981.

48 eus., v.C. III 30,1; III 32,2. 49 Per gli alzati si hanno in realtà pochi dati: solo

parte dell’involucro esterno della rotonda con le trenicchie è sopravvissuta fino a una certa altezza conser-vando anche i finestrati.

50 eus., v.C. IV 40,1-2. 51 Itin. Burdig. 594. 52 Alla prima monografia sulla chiesa, pubblicata

quando gli scavi non erano stati effettuati (L.H.Vincent, F.M. Abel, Bethléem. Le sanctuaire de laNativité, Paris 1914), sono seguite varie indagini neglianni Trenta del secolo scorso, che sono state pubblicate a

più riprese (W. Harvey, Structural Survey of theChurch of the Nativity, Bethlehem, Oxford 1935; Id.,Recent Discoveries at the Church of the Nativity,Bethlehem, in Archeologia, 87 (1937), pp. 7-18; E.T.Richmond, The Church of the Nativity. The Plan ofthe Constantinian Building, in Quarterly of theDepartment of Antiquities of Palestine, 6 (1937), pp.63-66; L.H. Vincent, Bethléem, Sanctuaire de laNativité d’après les fouilles récentes, in Revue Biblique,45 (1936), pp. 551-574; 46 (1937), pp. 93-121; B.Bagatti, Gli antichi edifici sacri di Betlemme,Jerusalem 1951). Da quel tempo in poi mancano revi-sioni globali e critiche sulla materia, probabilmenteanche perché le conclusioni allora proposte sono ingran parte accettabili.

53 Le Liber Pontificalis, cit., pp. 174-175. 54 O. Brandt, F. Guidobaldi, Il battistero latera-

nense: nuove interpretazioni delle fasi strutturali, inRivista di Archeologia Cristiana, 84 (2008), pp. 189-282, con bibliografia precedente commentata.

55 edifici di forma ottagonale sono frequenti ancheall’interno dei complessi termali, ma in questi casi nonsono isolati bensì inglobati in più articolate strutture.Dal IV secolo non sono invece rari nella nuova ediliziadomestica di alto livello.

56 È comunque eccezionale e finora non risultareplicata la soluzione con un secondo colonnato che siimposta sull’architrave che corona il primo. Si sa che lecolonne attuali appartengono al restauro di UrbanoVIII (1623-1644), ma sostituirono analoghi supportipreesistenti (il muro superiore è infatti antico), tuttavianon si può per ora stabilire se qualcosa di simile esistes-se nella fase costantiniana.

57 G. Downey, A History of Antioch in Syria,Princeton 1961, pp. 342-350; S.S. Alexander, Studies,cit., pp. 314-317.

58 eus., v.C. III 50,2. La traduzione riportata èquella di L. Franco, in eusebio di Cesarea, Vita diCostantino, Milano 2009, pp. 304-307.

59 Ci si riferisce alla rappresentazione schematicadella città eseguita in un mosaico di Yakto, pressoAntiochia (G. Downey, A History, cit., p. 50).

60 S.S. Alexander, Studies, cit., p. 314; W.E.Kleinbauer, Antioch, Jerusalem and Rome. ThePatronage of Emperor Constantius II and the ArchitecturalInvention, in Gesta, 45 (2006), pp. 125-145.

61 LTUR I, D. Palombi, s.v. Arcus diviConstantini, p. 91.

62 LTUR III, F. Coarelli, s.v. Ianus Quadrifrons,p. 94; Id., Roma, cit., p. 418 (con ipotesi di attribuzio-ne a Costanzo II).

63 PLRe I, s.v. Constantina 2, p. 222. 64 J.J. Rasch, Das Mausoleum der Constantina in

Rom, Mainz 2007. 65 In effetti nell’edificio di Gerusalemme la navata

periferica è a ferro di cavallo, poiché si interrompenella parte anteriore.

66 M. Guarducci, Camerae, cit. 67 La decorazione della cupola, sopravvissuta, pur

se frammentaria, fino al XVII secolo e documentata giànel secolo precedente da varie riproduzioni grafiche, futotalmente distrutta e sostituita da affreschi nel 1620.Una ricca rassegna dei disegni in cui sono rappresenta-ti i mosaici prima della distruzione è in: A.A. Amadio,I mosaici di S. Costanza. Disegni, incisioni e documentidal XV al XIX secolo, Roma 1986.

68 D.J. Stanley, An Excavation at Santa Costanza,in Arte Medievale, 2a serie, 7 (1993), pp. 80-83.

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LeGGeRe L’ARChITeTTURA COSTANTINIANA

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69 E. Arslan, Urbanistica di Milano romana.Dall’insediamento insubre alla capitale dell’Impero, inANRW, II,12,1, pp. 179-206.

70 Ubi palatio dicitur. Residenze di re e imperatori inLombardia, a cura di M. David, Cinisello balsamo1999, in partic. pp. 24-29 e passim.

71 F. Guidobaldi, Per una cronologia preambrosianadel S. Simpliciano di Milano, in Domum tuam dilexi.Miscellanea di Studi dedicati ad Aldo Nestori, a cura di F.Guidobaldi, Città del Vaticano 1998, pp. 423-450.

72 Ivi, p. 447. 73 F. Guidobaldi, L’edilizia, cit.; I. Baldini

Lippolis, La domus tardoantica: forme e rappresenta-zioni dello spazio domestico nelle città del Mediterraneo,Imola 2001; Id., L’architettura residenziale nelle cittàtardoantiche, Roma 2005.

74 F. Guidobaldi, Il “tempio di Minerva Medica”, cit. 75 Ubi palatio dicitur, cit. 76 F. Guidobaldi, L’edilizia, cit.; Id., Tran -

sformation, cit.; I. Baldini Lippolis, Edilizia residenzia-le, cit.; J.-P. Sodini, Habitat de l’antiquité tardive, inTopoi, 5 (1995), pp. 151-218; 7 (1997), pp. 435-577.

77 basterà ricordare, ad esempio, le ricostruzioniche sono state proposte per le basiliche Ulpia, Giuliaed emilia a Roma, nelle quali l’emergenza della navatacentrale è spesso minima.

78 CIL VI 1165. 79 A.M. Colini, Notiziario di scavi, scoperte e studi

intorno alle antichità di Roma e della campagna romana,in Bollettino della Commissione archeologica comunale diRoma, 67 (1939), pp. 183-212, in partic. 210-211; A.Degrassi, Studi vari di antichità, Roma 1962, pp. 354-355. Un elemento che fa pensare alla pressoché totalericostruzione da parte dei Costantinidi è nelle finestreche si aprivano nel tamburo entro grandi nicchie comea Tor Pignattara. Se ne vedano i particolari nelle recen-ti ricostruzioni di Janet DeLaine ove sono evidenziatigraficamente (J. DeLaine, The Baths of Caracalla. AStudy in the Design, Construction, and Economics ofLarge-Scale Building Projects in Imperial Rome, inJournal of Roman Archaeology, Portsmouth 1997, fron-tispizio 1 e tavola separata 5).

80 F. Coarelli, Roma, cit. 81 basterà ricordare, a fianco degli altri mausolei

tardoantichi di Roma, quelli ben noti di Cencelles e delS. Gereon di Colonia, tuttora conservati, e quello diCostantino (Ss. Apostoli) a Costantinopoli.

82 L’originalità dei finestrati tardoantichi e laricerca di luce connessa con la loro ampiezza sono giàstate evidenziate in passato (R. Günter, Wand,Fenster und Licht in der spätantik-frühchristlichenArchitektur, München 1965, parte I, p. 71 nota 2) eribadite da Krautheimer in varie occasioni (cfr. in par-tic. R. Krautheimer, The Constantinian Basilica, cit.,passim).

83 Il ‘tempio della Tosse’ è considerato comunquedel IV secolo (J.J. Rasch, Das Mausoleum, cit.). Lostesso vale per il mausoleo a fianco di S. Pietro, pur secostruito su base di età severiana (J.J. Rasch, ZurRekonstruktion der Andreasrotunde an Alt-St. Peter, inRömische Quartalschrift für christliche Altertumskundeund Kirchengeschichte, 85 [1990], pp. 1-18), e infine peril Calidarium delle terme Antoniniane, per il quale si ègià ricordata l’iscrizione dedicatoria di età costantinia-na (cfr. supra).

84 Questa particolarità, già sottolineata marginal-mente in trattazioni dell’inizio del XX secolo, è statamessa in più decisa evidenza dal Deichmann nella sua già

ricordata e fondamentale sintesi (F.W. Deichmann,Architettura, cit., col. 596).

85 F. Guidobaldi, Sull’originalità dell’architetturadi età costantiniana, in Ricerche di Archeologia cristianae bizantina, XLII Corso di cultura sull’arte ravennate ebizantina (Ravenna 14-19 maggio 1995), Ravenna1995, pp. 419-441, in partic. 425-433.

86 Per la bibliografia relativa agli esempi citati sirinvia alla nota precedente. Si aggiunga qui l’esempiodelle Terme di Thugga, sempre in un cortile e semprecon scarsa elevazione. esse sono state attribuite adAlessandro Severo (E. Russo, Il pulvino sopra il capi-tello a cesto, in Bizantinistica. Rivista di StudiBizantini e Slavi, 7 [2006], pp. 23-45) e sono stateconsiderate, proprio per la presenza di pulvini suicapitelli, l’esempio più precoce di utilizzazione diquel particolare elemento architettonico in virtù delquale, tuttavia, sarebbe forse più logico considerarloun rifacimento tardoantico.

87 È certamente merito di Friedrich WilhelmDeichmann aver posto in evidenza questa particolaresoluzione architettonica e averne fissato la nascita nel-l’ambito dell’architettura costantiniana. Cfr. F.W.Deichmann, Architettura, cit., in partic. col. 601.

88 O. Brandt, F. Guidobaldi, Il Battistero, cit.,pp. 243-252.

89 È evidente la diversa struttura inferiore, che aSpalato presenta un grande podio e scalinata anteriorecon camera sepolcrale inferiore, mentre nel caso diRoma è caratterizzata dalla utilizzazione del solo pian-terreno e dall’ingresso ‘a livello strada’. Altrettantodiversa è l’illuminazione naturale, debolissima aSpalato con aperture a lunetta di scarsa ampiezza eintensissima a Roma con finestrati enormi e sguanciche ne aumentano la portata luminosa. Si veda, a pro-posito dei mausolei romani della tarda antichità ancheuna recente analisi d’insieme: E. Jastrzębowska,Owners of Imperial Mausoleums at Rome in the FourthCentury, in Acta ad archaelogiam et artium historiampertinentia, v. XXIII, 2010, 151-169.

90 Si deve tener presente che nei due secoli succes-sivi, così floridi per l’Impero bizantino, si sostituironoe ricostruirono quasi tutti gli edifici che la tradizioneattribuisce alla progettazione di Costantino.

91 Tert., adv. Val. 3.92 Non si può del tutto escludere, nel caso delle

basiliche lateranense e vaticana, una decorazione pitto-rica nella navata, tuttavia il confronto con le altre chie-se dell’epoca fa propendere per quella marmorea, inseguito del tutto scomparsa, come in tutte le grandibasiliche. Ovviamente quanto detto non vale per lebasiliche cimiteriali circiformi, nelle quali, a quantorisulta, la decorazione era abbastanza semplice.

93 Un interessante e lucido riassunto critico dellevarie ipotesi è in un articolo di Noël Duval che, no -nostante l’epoca, è tuttora valido e utile (N. Duval, Lesorigines de la basilique chrétienne. État de la question, inL’information d’histoire de l’art, 7 [1962], pp. 1-19).

94 Naturalmente, il luogo preciso in cui i familiaridi Costantino risiedevano a Roma non è documentato.Si veda, ad esempio, per Treviri: L. Clemens, W.Schmid, Traditionen der konstantinischen Familie inTrier, in Konstantin der Grosse. Imperator CaesarFlavius, cit., pp. 488-497.

95 Non si può scendere qui in dettaglio a riguardodei monumenti di Salonicco. Per il complesso dellaresidenza si rinvia comunque a M. Vitti, Il Palazzodi Galerio a Salonicco, in Journal of Ancient

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Topography - Rivista di topografia antica, 3 (1993),pp. 77-106, spesso neanche datati in modo definitivo:basti ricordare soprattutto l’Arco e la Rotonda diGalerio e l’Ottagono come esempi di un’architetturapiuttosto indipendente.

96 Non si vuole con questo affermare che la policro-mia fosse assente nei monumenti della piena età impe-riale. bisogna ricordare, infatti, che i pavimenti e i rive-stimenti marmorei parietali, le pitture e le stesse poli-cromie delle colonne, non sempre di marmi bianchi,erano in uso in tali edifici sin dall’età giulio-claudia esempre più incisivamente presenti nel II e III secolo.Tuttavia, dato che gli elementi di decorazione architet-tonica sono sempre aggettanti rispetto alla parete, il

gioco di luci e ombre da essi generato domina sullapolicromia e ne riduce in parte l’effetto.

97 Non si può negare, tra l’altro, che questa ricer-ca delle soluzioni architettoniche più estreme, anchedal punto di vista della statica reale, abbia comportatonon pochi rischi: osservando le strutture costantinianesuperstiti si trovano, infatti, non di rado rinforzimurari anche invasivi, aggiunti frettolosamente incorso d’opera.

98 È merito di Richard Krautheimer aver postol’accento sulle «superfici inondate di luce» come carat-teristica fondamentale delle realizzazioni architettoni-che costantiniane (R. Krautheimer, The ecclesiasticalBuilding Policy, cit., passim).

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