L'Ascesa di Odenato a Palmira e il conflitto con l'impero Sasanide alla metà del III secolo d. C.

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LUCA BORTOLUSSI L’ASCESA DI ODENATO A PALMIRA E IL CONFLITTO CON L’IMPERO SASANIDE ALLA METÀ DEL III SECOLO D.C. Riassunto In base alle informazioni riportate dalle fonti epigrache palmirene, uno studio proso- pograco, applicato alle personalità più o meno conosciute della famiglia più celebre di Palmira, quella di Odenato, getta una nuova luce su una stagione tanto importante quanto a noi poco conosciuta della storia dei Palmira: quella che conobbe l’affermazione di un nuovo assetto istituzionale, basato sul potere personale di Odenato, che soppiantò l’antico dominio dell’aristocrazia mercantile palmirena sulla città. Parole chiave: Impero romano, Province romane, Palmira, Odenato, epigraa. Abstract According the contents of the Palmyrene epigraphical sources, a prosopographical research, focused on the more or less known personalities of the most famous family of Palmyra, that of Odenathus, throw a new light on a remarkable and unclear period: the one in which a new political order rose, lead by Odenathus’ individual power, superseding the ancient leadership of the aristocracy of the Palmyrene merchants over the city. Keywords: Roman Empire, Roman Provinces, Palmyra, Odenathus, epigraphy. La gura di Odenato, leader indiscusso di Palmira al tempo della seconda of- fensiva sasanide oltre le frontiere romane (252-260 d.C.), così come viene presen- tata dalla tradizione storiograca greca e latina, presenta diversi elementi oscuri: fra questi, le circostanze della morte del leader palmireno, circa le quali le stesse fonti letterarie antiche sono in profondo disaccordo, è stato al centro di un acceso dibattito fra gli storici moderni. Tuttavia altrettanto oscura già per gli antichi storiograoccidentali che rife- riscono le vicende di Odenato è la sua ascesa al potere a Palmira: se da una parte

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LUCA BORTOLUSSI

L’ASCESA DI ODENATO A PALMIRAE IL CONFLITTO CON L’IMPERO SASANIDE

ALLA METÀ DEL III SECOLO D.C.

RiassuntoIn base alle informazioni riportate dalle fonti epigrafi che palmirene, uno studio proso-pografi co, applicato alle personalità più o meno conosciute della famiglia più celebre di Palmira, quella di Odenato, getta una nuova luce su una stagione tanto importante quanto a noi poco conosciuta della storia dei Palmira: quella che conobbe l’affermazione di un nuovo assetto istituzionale, basato sul potere personale di Odenato, che soppiantò l’antico dominio dell’aristocrazia mercantile palmirena sulla città.Parole chiave: Impero romano, Province romane, Palmira, Odenato, epigrafi a.

AbstractAccording the contents of the Palmyrene epigraphical sources, a prosopographical research, focused on the more or less known personalities of the most famous family of Palmyra, that of Odenathus, throw a new light on a remarkable and unclear period: the one in which a new political order rose, lead by Odenathus’ individual power, superseding the ancient leadership of the aristocracy of the Palmyrene merchants over the city.Keywords: Roman Empire, Roman Provinces, Palmyra, Odenathus, epigraphy.

La fi gura di Odenato, leader indiscusso di Palmira al tempo della seconda of-fensiva sasanide oltre le frontiere romane (252-260 d.C.), così come viene presen-tata dalla tradizione storiografi ca greca e latina, presenta diversi elementi oscuri: fra questi, le circostanze della morte del leader palmireno, circa le quali le stesse fonti letterarie antiche sono in profondo disaccordo, è stato al centro di un acceso dibattito fra gli storici moderni.

Tuttavia altrettanto oscura già per gli antichi storiografi occidentali che rife-riscono le vicende di Odenato è la sua ascesa al potere a Palmira: se da una parte

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esistono delle ricostruzioni circa la sua uscita di scena, anche se contrastanti fra di esse e talvolta fantasiose, dall’altra quasi nulla è stato riportato a proposito del contesto politico palmireno di forte mutamento nel quale Odenato riuscì ad im-porre il proprio potere personale, nella prima metà del III secolo d.C.

Fortunatamente, grazie allo studio della produzione epigrafi ca palmirena di II e III secolo d.C. 1, sia nella lingua locale che in greco, è possibile proporre nuovi elementi per ricostruire la trasformazione istituzionale vissuta dalla città. In pri-ma istanza, andrà considerata quella che sembra essere la prima grande riforma politica palmirena: l’innalzamento al rango di colonia romana.

Dal giurista Ulpiano apprendiamo che Palmira, esattamente come Emesa, ai suoi tempi godeva del ius italicum 2; tale condizione giuridica può essere stata attribuita a tali città solamente tramite l’innalzamento al rango di colonia. Alcune iscrizioni palmirene riportano effettivamente quest’ultimo termine; tuttavia esse sono cronologicamente successive agli scritti di Ulpiano: la prima risale al 242 d.C., la seconda 3 e la terza 4 agli anni ’60 dello stesso secolo 5, mentre l’ultima 6, insieme al testo epigrafi co di un milliario 7, non risulta databile. Quanto scritto da Ulpiano è pertanto molto più vicino all’evento e ne costituisce l’unico terminus ante quem al momento disponibile.

Nel caso di Palmira l’innalzamento a colonia sancì, indubbiamente, la defi ni-tiva soggezione della città al diretto controllo dell’amministrazione romana 8: ai tempi di Plinio la città seguiva una privata sorte 9, distinta da quella di Roma, e la prima guarnigione romana fu insediata soltanto intorno alla metà del II secolo d.C. 10.

Esistono alcuni elementi che portano necessariamente a pensare che tale an-nessione all’Impero si sia limitata solamente ad un livello formale. Fra questi, risulta decisivo il caso della guarnigione palmirena di ‘Ana e Gamla: l’esistenza

1 In questo studio faremo riferimento alle principali raccolte di documenti epigrafi ci palmireni, secondo le più comuni abbreviazioni: J.-B. CHABOT (ed.), Corpus Inscriptionum Semiticarum, II, Paris 1926; J. CANTINEAU (ed.), Inventaire des inscriptions de Palmyre, Paris 1930-1975; D. R. HILLERS, E. CUSSINI (edd.), Palmyrene aramaic texts, Baltimore, London 1996.

2 Dig. L, 15, 1.3 PAT 285 = CIS II, 3939 = Inv. III, 10 = IGRRP III, 1040.4 PAT 288 = CIS II, 3942 = Inv. III, 7 = IGRRP III, 1045 = OGIS 646.5 Rispettivamente, 262 e 267 d.C.6 PAT 1415.7 CIS II, 3971 = OGIS 649.8 Il primo a presentare la trasformazione di Palmira in colonia come il segno di un maggiore

controllo della città da parte delle autorità romane fu Antonio Baldini: A. BALDINI, Problemi di storia palmirena, in Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina, XXIII (1976), pp. 27-28.

9 N.H. V, 88.10 Fra gli anni di Adriano e quelli di Antonino Pio: AE 1933, 207.

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di tale presidio, parte integrante del dispositivo difensivo romano lungo l’Eufrate, seppur costituito da sole truppe palmirene e addirittura comandata da uno strate-go nominato autonomamente dalla città, è infatti confermata almeno fi no al 226 d.C. 11.

Il nuovo assetto istituzionale di Palmira è dimostrato, oltre che dalle atte-stazioni del titolo di colonia, anche dalla comparsa nelle iscrizioni cittadine di duumviri ed aediles cittadini, magistrati tipici delle colonie romane. I primi du-umviri di Palmira datati con certezza risalgono al 224/225 d.C., e sono attestati in un’epigrafe 12 come strathgoi;: fu dunque utilizzata, per tale magistratura citta-dina, la traduzione più consueta nelle province romane ellenofone, nonostante il fatto che, con lo stesso termine, a Palmira si indicasse già uno specifi co comando militare 13.

Forse anche per ovviare a tale inconveniente, almeno in un caso 14, risalente al 254 d.C., fu preferito il termine duandriko;~, traduzione greca più letterale di duumviralis. Anche nei testi in lingua palmirena si tentò di ovviare a tale possi-bile fraintendimento: ad esempio, Iulius Aurelius Zenobios, altrimenti detto Zab-dilas 15, fu denominato, nella lingua locale, ‘SṬ RṬ GLQLNY’, traslitterazione di strathgov~ kolwneiva~ 16.

Già nel 193 d.C. 17 fu ricordato un ajgoranovmo~ (diffusissima traduzione greca di aedilis), purtroppo anonimo. Poiché la maggior parte degli studiosi è d’accordo nel far risalire al 211 d.C. l’attribuzione del rango coloniale a Palmira, Maurice Sartre 18 concluse che tale magistratura dovesse essere preesistente alla modifi ca istituzionale. La datazione del 211 d.C. è però una pura e semplice ipotesi, quindi non è possibile scartare con certezza l’idea che Palmira fosse una colonia già nel 193 d.C.

Per quanto riguarda il caso degli aediles, osservando in particolare la tradu-zione palmirena di tale termine, cioè RB ŠWQ, si può individuare una nuova testi-monianza del fatto che le istituzioni cittadine di stampo greco fossero il modello

11 PAT 2757.12 Inv. III, 5 = IGRRP III, 1046.13 Sempre nello stesso anno, il 225 d.C., sono contemporaneamente attestati come strateghi sia

i due magistrati cittadini che il comandate della guarnigione di ‘Ana e Gamla.14 CIS II, 3, 3934 = Inv. III, 14 = IGRRP III, 1047.15 Il nome e la vicinanza cronologica fra quest’ultimo e Zenobia, moglie di Odenato, hanno

fatto pensare che costui potesse essere il suocero del primo “capo” di Palmira: A. BALDINI, In margine ad OGIS, 640, «Epigraphica», 39, 1977, p. 173.

16 CIS II, 3932 = Inv. III, 22 = IGRRP III 1033 = OGIS 640.17 Inv. X, 85.18 M. SARTR E, Palmyre, cité grecque, «AarchSyr»; 42, 1996, pp. 391-392; ricostruzione

sostenuta anche da Jean-Baptiste Yon: J.-B. YON, Les notables de Palmyre, Beyrouth 2002, p. 39, nota 215.

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d’ispirazione principale per i Palmireni: nella lingua di questi ultimi, infatti, l’ae-dilis era “responsabile del mercato (souk)”, semanticamente più vicino al greco ajgoranovmo~ rispetto al magistrato romano. Inoltre, il fatto che il termine greco in questione non sia stato semplicemente traslitterato, come nel caso di ‘SṬ RṬ G’, strathgov~, può indicare che ai Palmireni, fra i vari compiti degli aediles colo-niali, interessasse in particolar modo segnalare la loro competenza sugli scambi commerciali effettuati in città. L’introduzione di un funzionario pubblico all’in-terno della gestione economica di Palmira rappresentava infatti un notevole pun-to di rottura rispetto ai secoli precedenti, durante i quali il potere dell’aristocrazia dei grandi agenti di commercio locali, dotati di un’illimitata capacità d’azione nel loro campo, non era mai stato incasellato nell’ordinamento istituzionale della città.

L’ipotesi che questa nuova magistratura civica, eletta dal Consiglio della co-lonia, esercitasse un controllo diretto sui traffi ci commerciali e sull’organizzazio-ne delle carovane potrebbe costituire una spiegazione di un fenomeno già riscon-trato da molti studiosi moderni. Si tratta della notevole diminuzione, a cavallo fra il II e il III secolo d.C., delle iscrizione carovaniere palmirene: i più videro in essa il segnale di un inesorabile declino degli scambi commerciali gestiti dalla città 19.

A ben guardare, quella classe di documenti epigrafi ci era in realtà interamente costituita da iscrizioni onorarie, realizzate o dalla boulhv cittadina, o da membri dell’aristocrazia palmirena; a diminuire, nel III secolo d.C., furono soprattutto le epigrafi prodotte da singoli membri della ricca élite cittadina che, nei primi due secoli della nostra era, non esitarono a tributare riconoscimenti a tutti coloro che contribuivano fi nanziariamente all’allestimento delle spedizioni carovaniere. Ri-salgono a quest’ultimo periodo ben venticinque iscrizioni onorarie volute da sin-goli individui, su un totale di ventotto 20; invece, in tutto il III secolo d.C., soltanto due epigrafi 21, su un totale di sei, non furono decretate dalla boulhv palmirena.

Come fecero notare Michael Sommer 22 e Tommaso Gnoli 23, è possibile che tale drastica riduzione del numero complessivo di carovane fosse stata imposta dalla minore sicurezza dell’area vicino-orientale, causata dall’avanzata di Roma prima, dei Sasanidi poi. Pertanto dalla contrazione quantitativa delle iscrizioni

19 Cfr. supra.20 Le tre epigrafi della boulhv furono: PAT 1062; PAT 1414 = Inv. X, 114; PAT 1421 = Inv. X,

127.21 CIS II, 3933 = Inv. III, 21 = OGIS 641; CIS II, 3949 = Inv. III, 29 = IGRRP III, 1051 = OGIS

648.22 M. SOMMER, Roms orientalische Steppengrenze, Palmyra-Edessa-Dura Europos-Hatra,

Eine Kulturgeschichte von Pompeius bis Diocletian, Wiesbaden 2005, pp. 158-159.23 T. GNOLI, Roma, Edessa e Palmira nel 3. sec. d. C.: problemi istituzionali, Pisa 2000, pp.

135-136.

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carovaniere in tale periodo, più che un declino dei traffi ci, emerge soprattutto un pesante ridimensionamento dell’iniziativa individuale degli aristocratici palmire-ni nell’organizzazione delle carovane.

In risposta alla minore stabilità della zona confi naria con la Persia, deter-minata dalle campagne di Settimio Severo, è possibile che i Palmireni abbiano deciso di organizzare spedizioni carovaniere meno frequenti, ma di più ampie proporzioni 24. Per la realizzazione di carovane così consistenti 25, l’iniziativa in-dividuale di singoli aristocratici palmireni non era più suffi ciente, anche soltanto da un punto di vista organizzativo: la naturale conseguenza di ciò fu il diretto interessamento della boulhv palmirena, in grado di radunare gli uomini e i capitali necessari in tale frangente.

La prova dell’esistenza di questo fenomeno va forse ricercata nel numero delle iscrizioni carovaniere decretate dal consiglio cittadino: come si è detto, nel III secolo furono ben quattro 26, su un totale di sei fi nora rinvenute. Inoltre anche dagli altri due documenti epigrafi ci emergono dati interessanti su quel periodo di importanti mutamenti: il primo, un’iscrizione 27 carovaniera risalente al 211 d.C., fu dedicato dai partecipanti ad una spedizione carovaniera, diretta a Vologesia, a Iaddai, fi glio di Taimarsu, fi glio di Moqimu, fi glio di Garba. Il padre di questo personaggio era stato synodarches prima di lui, nel 193 d.C. 28, ed apparteneva ad una famiglia di piuttosto recente affermazione politica a Palmira: da un’iscrizione onoraria del 158 d.C., sappiamo che Zebida Taime fi glio di Moqimu, fratello di Taimarsu e zio di Iaddai, aveva per primo ottenuto grandi onori da parte della boulhv e del dhvmo~ cittadino per la propria famiglia.

Per quanto riguarda l’altra iscrizione carovaniera 29 non emanata dalla boulhv di Palmira, è importante sottolineare il fatto che essa fu dedicata non ad un syno-darches, ma soltanto ad un partecipante ad una spedizione per Vologesia, Iulius Aurelius Zebida, fi glio di Moqimu. Dunque anche questi casi, per motivi diversi, non escludono l’esistenza di un declino del tradizionale sistema di gestione delle carovane palmirene nel III secolo d.C.

Risulta poi interessante il fatto che il titolo di synodarches, nelle epigrafi pal-mirene, ricorra soltanto nei testi emanati dalla boulhv: la spiegazione proposta

24 T. GNOLI, Roma, cit., p. 135.25 De Romanis provò, sulla base del papiro Vindob. G. 40822, a stimare la massima entità

di questi convogli: F. DE ROMANIS, Cassia, cinnamomo, ossidiana: Uomini e merci tra Oceano Indiano e Mediterraneo, Roma 1996, p. 195.

26 PAT 1378 = Inv. X, 44; PAT 282 = CIS II, 3936 = Inv. III, 13; PAT 1360 = Inv. IX, 30; PAT 288 = CIS II, 3942 = Inv. III, 7.

27 CIS 3949 = Inv. III, 29 = IGRRP III, 1051 = OGIS 64.28 CIS 3948.29 PAT 279 = CIS 3933 = Inv. III, 21.

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da Jean-Baptiste Yon 30 è che già da qualche tempo 31 quel titolo designasse una vera e propria carica pubblica. Tale possibilità è più facilmente riscontrabile nei testi in lingua palmirena, dove i synodarchoi sono indicati con il termine BRB-NWT ŠYRT’ 32. Sempre lo stesso termine di BRBNWT indica infatti due funzionari cittadini: il simposiarca (BRBNWT MRZḤ ’) 33 e il sovrintendente alla fonte di Efqa (BRBNWT ‘YN’) 34. Come attesta per prima l’epigrafe 35 di Taimarsu, fi glio di Moqimu, almeno a partire dal 199 d.C. solamente il Consiglio cittadino poteva designare uffi cialmente i synodarchoi e decretare onori a chi, fra di essi, si fosse particolarmente distinto.

Successivamente il termine synodarches scomparve del tutto nel corso della prima metà del III secolo d.C. 36; a sua parziale sostituzione fu utilizzato, al più tardi a partire dal 257 d.C., il titolo di archemporos. Al momento soltanto due iscrizioni lo attestano: la prima 37, dedicata ad un certo Iulius Aurelius Šalamallath, risale, appunto, al 257 d.C., la seconda 38, tributata a Septimius Worod, fu incisa nel 260 d.C. Particolarmente interessante è il fatto che, in entrambi i documenti, il testo epigrafi co dichiari esplicitamente che gli archemporoi avevano fi nanziato di tasca propria le spedizioni carovaniere in questione. Come aveva a suo tempo sostenuto Eduard Will 39, nell’operato di questi due personaggi non bisogna ne-cessariamente vedere un segno della crisi economica di quegli anni: essi furono soltanto degli insigni benefattori della città, che fi nanziarono personalmente le spedizioni carovaniere, ormai esclusivamente pubbliche e decretate dal Consiglio cittadino.

Nel caso di Septimius Worod, la sua attività di evergete dovette essere par-ticolarmente imponente: egli, infatti, caso unico nella storia di Palmira, investì i propri capitali in diverse spedizioni carovaniere, tutte portate a termine nono-stante i continui confl itti fra Roma e l’Impero Sasanide. La collaborazione che sicuramente vi fu fra Septimius Worod e Odenato non deve però far pensare che sia stato quest’ultimo ad istituire la fi gura degli archemporoi 40: essa, infatti, fu il risultato di un’evoluzione già in atto prima dell’avvento di Odenato, piuttosto che

30 J.-B. YON, Les notables, cit., p. 103 e nota 36.31 Forse dal 155 d.C., quando il termine comparve per la prima volta: CIS 3928.32 CIS 3928.33 RTP 34.34 Inv. XII, 44.35 CIS 3948.36 L’ultima attestazione non è purtoppo databile, ma risale sicuramente ad un periodo

successivo alla Constitutio Antoniniana: Inv. IX, 30.37 CIS 3936.38 CIS 3942.39 E. WILL 1957, p. 270.40 J.-B. YON, Les notables, cit., p. 103.

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di una decisione del raš palmireno. Inoltre non è possibile collegare direttamente il meno infl uente e semisconosciuto Iulius Aurelius Šalamallath alla persona di Odenato: l’archemporos in questione appare più simile ai synodiarchai di inizio III secolo, come Iaddai fi glio di Taimarsu, in quanto proveniente da una famiglia non di antico lignaggio ma dotata di ampia disponibilità economica.

Anche i due archemporoi risultano strettamente legati alla boulhv di Palmira, dal momento che entrambi sono onorati in documenti uffi ciali da essa decretati; l’intervento diretto del Consiglio cittadino nella gestione delle carovane fu quin-di indiscusso per buona parte del III secolo d.C., inclusi gli anni in cui Odenato esercitò il suo potere a Palmira. Considerata la rilevanza non solo commerciale, ma anche politica che le spedizioni carovaniere rappresentavano per Palmira, si può ipotizzare che la boulhv palmirena si fosse garantita in città un’autorità più ampia, rispetto a quella tutto sommato marginale di cui essa era stata investita nei due secoli precedenti.

È probabile che il nuovo assetto istituzionale, imposto dall’elevazione al ran-go di colonia romana, avesse in un certo modo contribuito a tale mutamento politico-istituzionale; tuttavia, è certo che esso non si concretizzò immediatamen-te dopo la fondazione coloniale, bensì soltanto dopo un certo lasso di tempo. In ogni caso, è certo che, dopo un vuoto di più di trent’anni 41 nella documentazione palmirena, negli anni ’50 del III secolo d.C., tutte le spedizioni carovaniere pote-vano essere approvate e celebrate pubblicamente, tramite un’iscrizione dedicata, soltanto dalla boulhv di Palmira.

Questa affermazione del Consiglio cittadino nella gestione delle carovane palmirene che, con ogni probabilità, doveva essere iniziata qualche decennio pri-ma della metà del III secolo d.C., dovrebbe coincidere cronologicamente con le prime tappe dell’ascesa di Odenato a Palmira 42. Purtroppo la lacuna delle fonti antiche relative agli anni ’30 e ’40 dello stesso secolo impedisce una ricostru-zione precisa degli eventi che portarono a tali trasformazioni nella vita politica e commerciale di Palmira. Si può solo pensare che Odenato, pur non appartenendo ad una delle grandi famiglie dell’antica aristocrazia palmirena, abbia compiuto la propria ascesa al potere attraverso le forme del nuovo assetto istituzionale della sua città.

Secondo Jean-Baptiste Yon, fra II e III secolo d.C., i Palmireni dichiararono in forme sempre più esplicite la loro fedeltà a Roma 43; in tale temperie politica coloro che potevano vantare un collegamento diretto con le autorità romane as-

41 La prima iscrizione carovaniera, successiva al 211 d.C., risale al 247 d.C. è l’epigrafe onoraria di Iulius Aurelius Zebida: PAT 279 = CIS 3933 = Inv. III, 21.

42 Iniziata, in base a quanto da noi proposto, negli anni ’40 del III secolo d.C.: cfr. supra.43 J.-B. YON, Les notables, cit., pp. 121-124.

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sunsero, con ogni probabilità, un prestigio politico di primo piano. In tal modo, dovettero affermarsi sulla scena politica di Palmira un numero imprecisato di nuove famiglie, molto spesso emerse dall’anonimato a partire dalla seconda metà del II secolo d.C. In una città provinciale come Palmira, formalmente autonoma e priva della presenza stabile di un governatore romano, la via d’accesso più sicura per ottenere la cittadinanza romana e un nuovo prestigio sociale era senza dubbio il servizio militare nell’esercito imperiale 44.

Per quanto riguarda Odenato, soltanto Zosimo 45 ed Agathias 46, fra gli storici antichi, parlano dei suoi avi, anche se sommariamente; le loro versioni appaio-no però contrastanti. Il primo afferma che le autorità romane attribuirono a tale personaggio una certa fi ducia, principalmente per i meriti dei suoi antenati; il secondo, invece, sostiene che Odenato fosse sostanzialmente uno sconosciuto, fi nché non conseguì importanti successi militari nel confl itto contro il re dei re sassanide Šābuhr I.

Circa quei familiari illustri di Odenato, ai quali accenna Zosimo, sappiamo ben poco: uno di essi potrebbe essere un certo Ḥ airān, fi glio di Maliku, che dedi-cò due bassorilievi, con relative iscrizioni votive 47, a Dura Europos, nel tempio di Gaddé. Nella denominazione di tale personaggio, dopo quello riferito a Maliku, è infatti riportato un’ulteriore patronimico, evidentemente pertinente ad un altro grado di ascendenza paterna, ovvero NṢ WR, Naṣ ōr.

Sia quest’ultimo nome che quello di Ḥ airān compaiono nella genealogia di Odenato, ricostruibile grazie a due iscrizioni 48; in diversi casi, documentati a Pal-mira, l’ultimo patronimico indica l’antenato ritenuto fondatore del clan familiare: è dunque possibile che Ḥ airān, fi glio di Maliku, e Odenato appartenessero allo stesso clan familiare, fondato da Naṣ ōr (Nasw’ro~ in greco) 49. Le due epigrafi di Ḥ airān, fi glio di Maliku, essendo datate con certezza al 159 d.C., grazie ad elementi interni ai testi, escluderebbero la possibilità che quel personaggio avesse servito nell’esercito palmireno di Dura Europos: lo stesso si stabilì in tale città soltanto dopo il 164 d.C.

Ciò nonostante, quello della carriera militare fu indubbiamente uno dei meto-di più sicuri per consentire al membro di un clan familiare come quello di Naṣ ōr,

44 Diverse liste di uffi ciali e semplici soldati palmireni si possono trovare in J.-B. YON, Les notables, cit., pp. 270-274.

45 ZOS. I, 39.46 AGATHIAS IV, 24, 4.47 M. I. ROSTOVCEV, F. E. BROWN, C. B. WELLES, Preliminary report of the seventh and eighth

seasons of work: 1933-1934 and 1934-1935, New Haven 1939, n. 902; 903.48 CIS 4202 = Inv. VIII, 55; M. GAWLIKOWSKI, Les princes de Palmyre, «Syria», 62, 1985:,

n. 13.49 J.-B. YON, Les notables, cit., p. 108.

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non incluso fra i più infl uenti di Palmira 50, di ottenere una promozione sociale nella sua città.

Cercando di ricostruire un ipotetico albero genealogico, Ḥ airān, fi glio di Ma-liku, potrebbe essere il bisnonno di Odenato: quest’ultimo, infatti, scelse per il primo fi glio (quello che l’Historia Augusta riporta come Herodes 51, ma che nelle traduzioni in greco, presenti nella documentazione palmirena, è riportato o come AiJravnh~ 52, o come Erodiano 53) il nome del padre, Ḥ airān, il quale avrebbe potuto riceverlo, a sua volta, dal proprio nonno.

Delle generazioni successive ad Ḥ airān, fi glio di Maliku, vivente nel 159 d.C., abbiamo soltanto dei nomi, tratti dagli elementi onomastici di Odenato. Per lungo tempo in base ad un’errata duplicazione proposta dall’anonimo continua-tore di Cassio Dione 54, si è creduto che a Palmira due persone distinte, padre e fi glio, avessero portato il nome di Odenato 55. Michał Gawlikowski 56 ha dimo-strato che, in realtà, non esiste alcuna traccia di un Odenato fi glio di Odenato: il testo dell’Anonimo post Dionem non può che riportare le vicende successive alla morte del nostro personaggio, avvenuta nel 267/268 d.C. 57.

Avendo individuato l’imprecisione insita nella fonte letteraria, a proposito di Ḥ airān, padre di Odenato, non rimane praticamente alcuna notizia, a parte il nome: al momento, possediamo un quadro complessivo non molto diverso da quello, piuttosto vago, di Agathias, circa le origini dell’illustre “capo” palmireno. Tutto quello che si può affermare con relativa certezza è che egli apparteneva ad una famiglia di recente affermazione sociale a Palmira, e non da uno dei grandi clan attestati dalle epigrafi onorarie locali.

Tale ingresso nell’élite palmirena sembra coincidere cronologicamente con il ritorno nella città carovaniera dei volontari locali che si erano arruolati nell’eser-cito romano negli anni compresi fra l’impero di Antonino Pio e la campagna par-tica di Lucio Vero: se la prima unità ausiliaria dell’esercito romano interamente palmirena era stata l’Ala I Ulpia Dromedariorum Palmyrenorum, creata già ai tempi di Traiano, le attestazioni cronologicamente successive, più numerose, do-

50 Ḥ airān è il primo membro della famiglia di Naṣ ōr attestato; dopo di lui, lo sono solo Odenato, con i fi gli, e altri tre personaggi, tutti della stessa epoca di Odenato: v. lista familiare in J.-B. YON, Les notables, cit., p. 296.

51 H.A., Gall. XIII, 1; Tyr. tr. XV, 2-XVI.52 M. GAWLIKOWSKI, Les princes, cit., p. 258, nn. 4-6.53 Inv. III, 3 = IGRRP III, 1032.54 FHG IV, 195.55 Ad esempio Jean Cantineau: J. CANTINEAU, Textes palmyréniens provenant de la fouille du

Temple de Bêl, «Syria», 12, 1931, p. 138, n. 17.56 M. GAWLIKOWSKI, Les princes, cit., pp. 258-259.57 FHG IV, 195; 599; ZOS. I, 39, 2.

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cumentano la presenza di numeri di arcieri palmireni in Africa e a Dura Europos, rispettivamente nel 150 d.C. 58 e nel 168 d.C. 59.

Dopo i venticinque anni di servizio come ausiliari, tali Palmireni erano a quel punto dotati della cittadinanza romana, da trasmettere ai propri discen-denti. In una società strettamente oligarchica, quale quella di Palmira fra I e II secolo d.C., il servizio militare romano potrebbe essere stato, verosimilmente, l’unico mezzo di promozione sociale e politica per chi non era già inserito nell’élite cittadina.

Oltre a queste signifi cative trasformazioni politiche e sociali, durante l’età severiana a Palmira si registrò un ulteriore mutamento istituzionale, che investì in maniera ancora più diretta la sua cittadinanza: in base alle fonti documentarie fi nora rinvenute, risulta evidente che, almeno a partire dal 224/225 d.C., tutti i Palmireni, senza distinzioni (sia che avessero già ottenuto la cittadinanza romana o meno prima della Consitutio Antoniniana), assunsero il doppio nomen di Iulius Aurelius 60.

Si tratta di un fenomeno unico per tutto l’impero romano, in tutta la sua sto-ria, per due diversi motivi: da un lato, i due nomina in questione non furono mai utilizzati congiuntamente da nessun cittadino romano, oltre agli abitanti di Pal-mira; dall’altro, non risulta attestato nessun altro caso in cui, dopo l’emanazione dell’editto di Caracalla, sia stato previsto un cambio di gentilizio per chi avesse già ottenuto la cittadinanza romana tramite le procedure precedentemente in vi-gore.

Per quanto riguarda il doppio nomen, l’unica spiegazione valida, al momento, è che si sia trattato di un gesto onorifi co tributato sia all’imperatore che alle do-minae della casa imperiale: infatti, se il nomen Aurelius derivava indubbiamente dall’onomastica di Caracalla, quello di Iulius potrebbe riprendere il gentilizio di Giulia Domna, membro, insieme alle augustae Giulia Mesa e Giulia Sohaemias, della famiglia di Iulius Bassianus di Emesa.

Non è dato sapere se quest’ultimo fosse imparentato o meno con la dinastia regnante ad Emesa fi n dal I secolo d.C.; di sicuro, fra la città natale dell’impe-ratrice e Palmira, nella prima metà del III secolo d.C., esisteva un qualche tipo di legame: lo si può forse arguire dal passo di Ulpiano, già da noi citato 61, che sembra sottintendere che le due città siano divenute coloniae romane nello stesso periodo.

Una particolare devozione dei Palmireni alle augustae è riscontrabile sia

58 CIL VIII, 3917.59 M. I. ROSTOVCEV, F. E. BROWN AND C. B. WELLES, Preliminary report, cit., n. 845.60 D. SCHLUMBERGER, Les gentilices romains des Palmyreniens, «BEO», 11, 1942-43, p. 54.61 Dig. L, 15, 1.

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L’ascesa di Odenato a Palmira e il confl itto con l’Impero Sasanide 233

all’interno che al di fuori della loro città: Aurelius Mokimos, militare palmireno di stanza a Berenice, in Egitto, dedicò a sue spese un’iscrizione a Giulia Dom-na e Caracalla 62, mentre l’amministrazione cittadina decretò la collocazione, nel centro di Palmira, dei ritratti statuari sia della consorte di Settimio Severo 63, già onorata in un’altra epigrafe 64, che della sorella Giulia Mesa 65.

Dalle fonti epigrafi che palmirene, sembra che l’inedita soluzione onomasti-ca, adottata in seguito alla Constitutio Antoniniana, sia stata applicata all’intera cittadinanza di Palmira, con un’unica eccezione: coloro che portavano il nomen Septimius, attestati fra il 251 66 e il 273 d.C. 67 Il diritto di includerlo fra i propri elementi onomastici fu un vero e proprio privilegio, appannaggio esclusivo dei membri della famiglia di Odenato, insieme a pochissimi suoi insigni collabora-tori.

Non è possibile ricostruire con precisione le circostanze in cui tale famiglia palmirena ricevette quel gentilizio: si può solo essere certi che ciò sia avvenuto durante gli anni di Settimio Severo, l’unico imperatore della dinastia ad aver attri-buito il suo nomen sia a nuovi cittadini romani, sia a nuove fondazioni coloniali. Integrando questo dato onomastico alla nostra precedente ipotesi, che attribuiva al servizio militare di un antenato di Odenato l’ottenimento della cittadinanza romana, possiamo giungere all’ulteriore conclusione che il padre Hairan, o un ipotetico nonno dal nome di Wahballath, abbia portato a termine i venticinque anni di servizio come ausiliario durante gli anni di Settimio Severo, ottenendo la cittadinanza e il nomen di Septimius.

Partendo da alcune rifl essioni sull’onomastica di Odenato (in primo luogo, circa il fatto che, indubbiamente, Odenato, per ovvie ragioni cronologiche, non poteva aver ricevuto personalmente per se e la sua famiglia il gentilizio Septimius direttamente dall’imperatore Settimio Severo), Tommaso Gnoli 68 si è spinto ad ipotizzare che fosse stato Hairan, padre di Odenato, il fondatore del potere della sua famiglia a Palmira. Secondo questa ipotesi, egli sarebbe stato leader indi-scusso della città già ai tempi della promulgazione della Constitutio Antoniniana: investito di tale potere, egli avrebbe quindi decretato la distinzione onomastica fra la sua famiglia, da quel momento in poi l’unica a poter utilizzare il gentilizio

62 A. M. F. W. VERHOOGT, Greek and Latin Textual Material, in S.E. SIDEBOTHAM, W.Z. WENDRICH (edd.), Berenike 1996: Report of the excavations at Berenike (Egpytian Red Sea Coast) and the survey of the Eastern Desert, Leiden 1998, pp. 193-198.

63 Inv. X, 64 = IGRRP III, 1534.64 CIS 3970 = IGRRP III, 1533.65 Inv. X, 67.66 PAT 290 = CIS II, 3944 = Inv. III, 16 = IGRRP III, 1035.67 Inv. IX, 28.68 T. GNOLI, Roma, Edessa e Palmira nel 3. sec. d. C.: problemi istituzionali, Pisa 2000.

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Septimius, e gli altri clan palmireni, costretti indistintamente a portare il doppio nomen Iulius Aurelius 69.

La totale assenza di informazioni a proposito della carriera di Ḥ airān, fi glio di Wahballath e padre di Odenato, rende tuttavia impossibile defi nire con certezza la sua posizione sociale nella città di Palmira. Inoltre, guardando complessivamente alle fonti epigrafi che palmirene fi nora rinvenute, la documentazione risalente agli anni della leadership di Odenato risulta poi quantitativamente molto più evidente rispetto a quella dei primi quarant’anni del III secolo d.C. 70. Non si può dunque non attribuire agli sforzi di Odenato la riuscita dell’ascesa politica della sua fa-miglia a Palmira.

Occorre poi ricordare che, da un lato, non ci sono attestazioni del nomen Septimius fra il 212 d.C., anno della Constitutio Antoniniana, e il 251 d.C., anno della nomina di Septimius Ḥ airān, fi glio di Odenato, a RŠ TDMWR 71; dall’altro, che l’ultimo fi glio di Odenato, Vaballato 72, risulta attestato in alcuni casi, dopo la morte del padre, come Iulius Aurelius Septimius Vaballathus e non semplicemen-te come Septimius Vaballathus.

A tutti gli effetti, l’impressione è che non sia stato tanto il padre di Ode-nato, Ḥ airān, a riservare per sé il nomen di Septimius, per poi tramandarlo al fi glio, quanto Odenato stesso, che avrebbe tentato di fondare una dinastia: sembra che questi, in un momento non precisabile della sua ascesa politica, abbia cancellato arbitrariamente dal proprio nome i gentilizi Iulius Aurelius, per mettere in risalto il proprio nome palmireno, Odenato, insieme al nomen imperiale Septimius.

Odenato non si limitò poi a riservare il nomen Septimius per sé e per i propri familiari e collaboratori più fedeli: arrivò a trasformare l’intera onomastica di tutta quell’élite, cancellandone il doppio nomen Iulius Aurelius e sostituendolo con l’unico gentilizio Septimius, insieme al nome palmireno dei singoli indivi-dui come cognomen. A dimostrarlo è principalmente il caso di Septimius Wo-rod, ajrgapevth~ palmireno. Quest’ultimo personaggio ebbe un ruolo politico di prim’ordine a Palmira: nessun altro suo cittadino, a parte Odenato e i membri della sua famiglia, compare così spesso nelle iscrizioni della città conservatesi fi no ad oggi. Non solo l’alto numero di attestazioni consente di ricostruire buona parte della carriera politica di Worod, ma un particolare testo epigrafi co bilingue 73 (del quale però la versione palmirena risulta oggi illeggibile) restituisce addirit-

69 T. GNOLI, Roma, cit. p. 145.70 Cfr. tavola riassuntiva degli incarichi pubblici in J.-B. YON, Les notables, cit., pp. 243-244.71 PAT 290 = CIS II, 3944 = Inv. III, 16 = IGRRP III, 1035.72 Questi è Ἰoulivou Aujrelivou Septimivou Oujaballavqaou in p. Oxy X, 1264.73 PAT 288 = CIS II, 3942 = Inv. III, 7 = IGRRP III, 1045 = OGIS 646.

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L’ascesa di Odenato a Palmira e il confl itto con l’Impero Sasanide 235

tura una sorta di cursus, nel quale sono ricordate in ordine ascendente le cariche rivestite dal personaggio.

Parallelamente alla progressione nelle istituzioni di Palmira, sembra che an-che l’onomastica di Worod sia passato attraverso diverse variazioni: nella prima sua attestazione 74, in ordine cronologico 75, egli risulta membro della boulhv di Palmira con il semplice nome di Worod; nel 258 d.C., al momento del suo ingres-so nell’ordo equester romano, risulta invece attestato come Aurelius Worod 76. Solo nell’aprile del 262 d.C. 77, dopo aver rivestito in seno all’amministrazione romana una procuratela ducenaria, non precisata nelle epigrafi palmirene, egli assunse il nome di Septimius Worod.

In realtà è molto probabile che nel primo documento, recante il semplice nome Worod, il doppio nomen palmireno Iulius Aurelius sia stato volutamente ta-gliato per motivi di spazio: il testo in questione, nel quale fu destinato il maggiore spazio possibile al nome di Septimius Ḥ airān, primo fi glio di Odenato, fu infatti inciso sul basamento di un suo ritratto statuario, posto nel grande tetraportico palmireno.

L’unico, autentico mutamento nell’onomastica di Worod avvenne dunque nel 262 d.C.: in quell’anno egli risulta il primo cittadino palmireno non impa-rentato direttamente con la casata di Odenato ad assumere una denominazione formalmente analoga a quella dei raš di Palmira. All’interno di una colonia dell’impero romano soltanto la concessione della cittadinanza romana avrebbe potuto determinare l’integrazione di elementi onomastici: in questo caso, siamo assolutamente certi che Worod, già entrato nell’ordo equester, era un cittadi-no romano al momento dell’attribuzione del nomen Septimius. Indubbiamen-te l’unica spiegazione possibile è che sia stato Odenato in persona, investito dell’autorità di raš di Palmira, a decretare l’inserimento onorifi co di Worod nel suo clan familiare.

Oltre all’onomastica, anche il primo titolo uffi ciale di Odenato, quello di RŠ TDMWR 78, Re di Palmira, fu per la città e, in generale, per il Vicino Oriente antico, una novità istituzionale assoluta: in quelle regioni, infatti, tale parola non aveva mai indicato nulla di simile al ruolo preminente di Odenato nella sua città.

74 H. SEYRIG, Les fi ls de roi Odainat, «AarchSyr», 13, 1963, pp. 161-162 e fi g. 2.75 Tale epigrafe è stata datata al 257/258 d.C., in base alle forti analogie con un altro documento

epigrafi co, M. GAWLIKOWSKI, Les princes, cit., p. 254, n. 5; cfr. T. GNOLI The Interplay of Roman and Iranian Titles in the Roman East (1st-3rd Century A. D.), Wien 2007, p. 103, nota 251.

76 PAT 283 = CIS II, 3937 = Inv. III, 12 = IGRRP III, 1036 = OGIS 644.77 PAT 284 = CIS II, 3938 = Inv. III, 11 = IGRRP III, 1041; PAT 285 = CIS II, 3939 = Inv. III,

10 = IGRRP III, 1040.78 Attestato da un’epigrafe datata al 251 d.C.: PAT 290 = CIS II, 3944 = Inv. III, 16 = IGRRP

III, 1035.

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In questo caso, tuttavia, la novità non derivava direttamente dall’inserimento di elementi di tradizione romana o iranica nelle istituzioni palmirene: fra tutti i titoli attribuiti ad Odenato, quello di raš è l’unico per il quale non è possibile indivi-duare un corrispettivo preciso in ambiti diversi dalla stessa Palmira.

Nei documenti epigrafi ci della città, per tradurre il palmireno raš in lingua greca, fu utilizzato il termine e[xarcwn 79. Si tratta di un titolo con il quale, all’in-terno dei confi ni dell’impero romano, si poteva designare fi gure politiche anche molto diverse fra loro: esso poteva indicare sia il capo di una comunità di stranieri residenti in una città (come, ad esempio, quella ebraica di Roma, fra III e IV seco-lo d.C. 80), sia un comandante militare, almeno nel II secolo d.C. 81.

Fra queste due possibili interpretazioni, Michał Gawlikowski preferì identi-fi care Odenato essenzialmente come capo dell’esercito palmireno 82. Tuttavia la costante presenza del titolo di raš nelle iscrizioni di Palmira fa decisamente pen-sare che Odenato avesse anche una certa infl uenza politica in città già con il solo titolo di raš. In pratica, è assai probabile che il ruolo di comandante in capo delle truppe palmirene non inquadrate direttamente nell’esercito romano, ricoperto da Odenato senza alcun dubbio almeno durante gli anni ’50 e ’60 del III secolo d.C., sia stato il primo elemento di legittimazione, in ordine cronologico, per la sua vasta ed indiscutibile autorità all’interno della sua città 83.

Ancora più certo è il fatto che la boulhv, insieme alle magistrature coloniali di Palmira, rimase in funzione non solo per tutti gli anni nei quali Odenato esercitò la sua autorità sulla città, ma anche in seguito dopo la sua morte: il documento Inv. III, 3, piuttosto frammentario, sia che si riferisca a Odenato o ad uno dei suoi fi gli, in quanto sicuramente successivo alla morte del grande raš palmireno, dimostra che i due strateghi e, forse, i due agoranomoi di Palmira erano ancora regolarmente eletti durante il regno di Vaballato.

Procedendo in ordine cronologico, nelle epigrafi bilingui greco-palmirene rinvenute a Palmira, dopo essere stato insignito del ruolo di “capo di Palmira” 84, alcuni anni dopo l’affermazione sulla scena politica palmirena, almeno a partire dal 251 d.C. 85, a Odenato iniziò ad essere riconosciuto anche il titolo di lam-

79 Riferita al fi glio Septimius Ḥ airān, detto e[xarcwn Palmurenw’n: PAT 290 = CIS II, 3944 = Inv. III, 16 = IGRRP III, 1035; siamo comunque certi che anche Odenato fosse raš di Palmira grazie ad un’altra iscrizione: J. CANTINEAU, Textes, cit., n. 17.

80 Per la quale sono è documentato un e[xarcwn tw’n Ἑbrevwn: CIJ 465.81 AEL., Tact. IX, 2; ARR., Tact. X, 1.82 M. GAWLIKOWSKI, Les princes, cit., p. 258, nota 31.83 Nel regno di Nubia, alla fi ne del VI secolo d.C., la carica di e[xarco~ indicava un governatore

distrettuale, insignito di poteri militari e/o ecclesiastici: SB 10074; cfr. T. HÄGG, Titles and honorifi c epithets in Nubian Greek texts, «SO» LXV (1990), pp. 147-177.

84 J. CANTINEAU, Textes, cit., n. 17.85 PAT 290 = CIS II, 3944 = Inv. III, 16 = IGRRP III, 1035.

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provtato~ sunklhtikov~, ovvero vir clarissimus e senatore: esso sarà l’unico elemento della sua titolatura sempre presente nei documenti epigrafi ci.

Non vi è alcun dubbio sul fatto che tali vocaboli greci, a Palmira come in altre province ellenofone 86, non indicavano i buleuti di una città, ma gli appartenenti all’ordine senatorio romano: questi ultimi sono sempre chiamati sunklhtikoiv, anche nella traduzione palmirena SNQLṬ YQH 87 o SQLṬ YQ’ 88, e mai bouleutaiv, termine che designava esclusivamente i membri del Consiglio cittadino di Pal-mira.

L’appartenenza di Odenato all’ordo senatorius è accertata anche dal fatto che, nello stesso documento epigrafi co, anche il primo fi glio, Septimius Ḥ airān, viene defi nito lamprovtato~, anche se non come sunklhtikov~. Già a partire dal II secolo d.C., infatti, tutti i membri della famiglia di un vir clarissimus poteva-no fregiarsi del titolo di clarissimus puer o clarissima femina o puella; mentre l’appartenenza di Odenato alla sola boulhv palmirena non avrebbe comportato in alcun modo una simile distinzione per i fi gli.

L’interpretazione più accreditata dagli studiosi moderni, quasi all’unanimi-tà, fu proposta inizialmente da Michał Gawlikowski 89: quest’ultimo ipotizzò che Odenato fosse stato inserito, per adlectio, fra i senatori romani. Partendo dalla data di nascita del raš di Palmira, collocata dallo stesso studioso agli anni ’20 del III secolo d.C., Gawlikowski ha poi datato l’inserimento di Odenato inter praetorios negli anni di Filippo l’Arabo (244-249 d.C.). Effettivamente, è molto probabile che quest’ultimo, al momento della sua nomina imperiale, avvenuta mentre si trovava in Oriente con Gordiano III, abbia voluto al suo fi anco dei con-terranei di indubbia fedeltà: fra di essi, oltre al fratello Iulius Priscus, potrebbe esserci stato anche Odenato di Palmira 90. Non possedendo notizie più precise ri-guardo alla carriera del raš di Palmira durante gli anni ’40 del III secolo d.C., tale ricostruzione rimane necessariamente confi nata nel mero campo delle ipotesi. Il silenzio delle fonti antiche porta addirittura a mettere in discussione l’esistenza stessa di un’adlectio di Odenato nel senato romano; ma almeno risulta certo il fatto che il titolo di sunklhtikov~, a Palmira, era importante esclusivamente per le dinamiche politiche locali.

A dimostrarlo è non solo il fatto che, nei testi in lingua palmirena, era pre-sente solo il termine traslitterato SQLṬ YQ’, non seguito da una traduzione di

86 Un’epigrafe di Efeso, risalente alla prima metà del III secolo d.C., distingue i sunklhtikoiv Damiano e Antonino dal bouleuthv~ C. Iulius Polychronius: AE 1907, 43 = ILS 9468.

87 PAT 290 = CIS II, 3944 = Inv. III, 16 = IGRRP III, 1035.88 CIS 4202; Inv. IX, 28.89 M GAWLIKOWSKI, Les princes, cit., p. 261.90 T. GNOLI, The Interplay, cit., p. 48.

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lamprovtato~, ma anche il fatto che, al contrario, nell’unica iscrizione onoraria 91

non proveniente da Palmira (bensì da Tiro) fra quelle dedicate ad Odenato, il raš è defi nito solamente lamprovtato~.

Evidentemente, le realtà cittadine diverse da quella palmirena erano dispo-ste a riconoscere ad Odenato soltanto le titolature previste dal diritto romano, investite di un valore capace di superare i singoli localismi. Sembra quindi che, fra tutti i titoli che il raš di Palmira presentava al momento della realizzazione dell’epigrafe di Tiro, purtroppo non databile con certezza, quello di lamprovta-to~, vir clarissimus, fosse l’unico riconosciuto legalmente dalle autorità romane.

Ben più controverso è invece il rango di uJpatikov~, riconosciuto a Odenato nelle iscrizioni palmirene 92 a partire dal 257/258 d.C.; per spiegarlo gli storici moderni hanno fi nora avanzato principalmente due spiegazioni: secondo la pri-ma, tale titolo di consularis sarebbe derivato dall’attribuzione degli ornamenta consularia a Odenato. Tale proposta si basa soprattutto sul confronto con altri casi ben noti di sovrani orientali, ai quali erano state offerte le insegne consolari. Questa fu la modalità comunemente adottata da diversi imperatori del I secolo d.C. 93 per legarli formalmente a Roma, principalmente con lo scopo di assicu-rarsi il loro appoggio militare sia contro le minacce esterne che contro eventuali avversari interni 94.

Nel caso di Odenato sarebbe stato il confl itto con l’impero sassanide a de-terminare l’ipotetica attribuzione al “capo” di Palmira delle insegne consolari, insieme al rango di uJpatikov~. Tuttavia risulta particolarmente evidente, in que-sto caso, l’assoluta inutilità degli ornamenta consularia, qualora conferiti con il mero scopo di legare il raš di Palmira a Roma: Odenato era infatti già vir claris-simus e a capo di una vera e propria colonia romana, seppure unica sotto diversi punti di vista.

La ricostruzione alternativa a questa, avanzata da Waddington già nel 1870 95

e oggi sostenuta dalla maggioranza degli ultimi studi, come quello di Udo Hart-mann 96, suppone che l’e[xarcwn di Palmira sia stato nominato consul suffectus in

91 R. MOUTERDE, in M. CHÉHAB, Туr à l’époque romaine. Aspects de la cité à la lumière des textes et des fouilles, «MUSJ», 38, 1962, pp. 19-20; H. INGHOLT, Palmyre bilan et perspectives, Strasbourg 1976, p. 121.

92 M. GAWLIKOWSKI, Les princes, cit., nn. 5-9.93 Ad esempio, Agrippa I di Giudea e il fratello Erode furono rispettivamente insigniti degli

ornamenta consularia e praetoria: DIO. LX, 8, 1-3.94 Già Augusto, negli anni a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., aveva inaugurato tale

pratica in Armenia, appoggiando o destituendo sovrani a seconda dell’appoggio militare e politico assicurato durante l’epoca delle guerre civili; vd. M.-L. CHAUMONT, L’Arménie entre Rome et l’Iran, in ANRW, 9.1, 1976, pp. 71-194.

95 W. H. WADDINGTON, Inscriptions grecques et latines de la Syrie, Paris 1870, nn. 2602.96 U. HARTMANN, Das palmyrenische Teilreich, Stuttgart 2001, pp. 106-108.

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L’ascesa di Odenato a Palmira e il confl itto con l’Impero Sasanide 239

absentia. Grazie a tale magistratura a Odenato sarebbe stato possibile diventare in seguito legatus Augusti pro praetore di Syria Phoenice 97, con il rango, appunto, di uJpatikov~.

Che un console suffetto fosse incaricato del governo della Syria Phoenice, di rango pretorio, non doveva essere un problema: era già consularis, ad esempio, Manilius Fuscus, primo governatore di tale provincia 98. Che quest’ultimo fosse poi attestato nella stessa Palmira 99 come uJpatikov~ è stato visto da diversi studio-si come un’ulteriore prova del fatto che anche Odenato sia stato consul suffectus, e poi consularis.

In ogni caso, che sia stato o meno console prima dell’ipotetico governato-rato di Syria Phoenice, tale ricostruzione presuppone necessariamente che Ode-nato sia stato innalzato al rango di uJpatikov~ grazie ad una decisione personale dell’imperatore Valeriano. Indubbiamente, dopo la caduta di Dura Europos, nel 256 d.C., Palmira si ritrovò direttamente minacciata dalla stessa roccaforte, da allora in mano ai Sasanidi: le due città erano infatti ben collegate, grazie ai per-corsi carovanieri e alla rete viaria tracciati nei due secoli precedenti. Almeno per questo motivo, per Valeriano era di vitale importanza garantirsi la collaborazione militare di Palmira, da circa tre secoli dotata di una delle più forti milizie cittadine dell’Oriente romano 100.

Tuttavia Odenato, come abbiamo visto, in quanto raš di Palmira, era già co-mandante in capo delle truppe cittadine; inoltre, risultava già strettamente legato alle autorità romane, almeno in virtù del titolo di lamprovtato~. Di conseguenza, qualora l’imperatore avesse voluto soltanto assicurarsi che i Palmireni difendes-sero quel settore dei confi ni, non avrebbe avuto alcun bisogno di richiedere la nomina di Odenato a consul suffectus e, conseguentemente, a legatus Augusti pro praetore di Syria Phoenice.

In quel momento era poi la Syria Coele, non la Syria Phoenice, a costituire il settore più pesantemente minacciato delle frontiere orientali: immancabilmen-te sarà proprio in quell’area che si concentrerà l’ultimo, devastante attacco di Šābuhr I ai territori romani; sarà poi lo stesso fronte sul quale Valeriano in per-sona sarà sconfi tto e catturato dai Sasanidi. Perciò l’imperatore, se avesse avuto realmente l’intenzione di attribuire ad Odenato il più importante comando mi-litare dell’intera area siriana, avrebbe senza dubbio optato per il governo della Syria Coele, piuttosto che alla periferica e sguarnita Syria Phoenice 101. A quel

97 A. BALDINI, Problemi, cit., p. 33.98 IGLS VI, 2776.99 AE 1933, 206; Inv. X, 27 = AE 1947, 178.100 cfr. supra.101 T. GNOLI, Roma, cit., p. 141.

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punto avrebbe però violato la regola non scritta, più o meno seguita fi n dai tempi di Marco Aurelio 102, che proibiva di affi dare ad un senatore il governo della sua provincia d’origine 103.

In tal senso, un’ulteriore diffi coltà sarebbe poi scaturita dal fatto che in tal modo Odenato, già lamprovtato~ sunklhtikov~, avrebbe ricevuto la nomina imperiale ad un governatorato provinciale senza aver mai rivestito alcun inca-rico nell’amministrazione romana al di fuori di Palmira. A tutti gli effetti non esiste alcuna testimonianza che attesti una qualsiasi carica ricoperta da Odenato all’esterno della sua città natale. Ciò vale sia per il periodo precedente, sia per quello successivo al presunto governatorato di Syria Phoenice: anche l’iscrizione di Tiro, sebbene non palmirena, non attesta alcun incarico amministrativo in tale provincia, ma soltanto il titolo di lamprovtato~ 104.

Anche in base a queste ultime considerazioni, la presunta legazione di Syria Phoenice, correlata con un consolato suffetto, non sembra essere stata strettamen-te necessaria ai fi ni della guerra contro Šābuhr I. L’intera ipotesi appare a questo punto piuttosto debole e motivata soltanto dalla necessità di spiegare il rango di uJpatikov~ riconosciuto ad Odenato, più che dalla volontà di comprendere com-plessivamente il momento storico in cui questi allargò la sua infl uenza anche al di fuori di Palmira.

Il caso di Odenato consularis, diffi cilmente comprensibile se analizzato esclusivamente dal punto di vista romano, risulta analogo, per certi aspetti, a quello di un particolare dinasta edesseno: in una pergamena siriaca 105 il sovra-no abgaride Aelius Septimius Abgar, nel 240 d.C., si proclamava dievpwn th;n uJpateivan. Anche in tale caso non esiste traccia né del consolato, né degli ornamenta consularia 106, apparentemente necessari, dal punto di vista delle isti-tuzioni romane, per legittimare tale titolo, peraltro inusuale. Altrettanto notevole è il fatto che Aelius Septimius Abgar, nello stesso documento, dichiara che l’uJpateiva è da lui rivestita nella sola Edessa: come nella Palmira di Odenato, il contesto di queste titolature, per quanto impieghino espressioni e magistra-ture romane, è solo ed esclusivamente quello locale, mai quello dell’impero di Roma nel suo complesso.

102 U. HARTMANN, Das palmyrenische, cit., p. 108, nota 181.103 DIO. LXXII, 31, 1.104 D. S. POTTER, Prophecy and history in the crisis of the Roman Empire: a historical

commentary on the Thirteenth Sybilline Oracle, Oxford 1990, p. 390.105 P. Euphr. 1; l’edizione di riferimento è in H. J. W. DRIJVERS, J. F. HEALEY, The Old Syriac

inscriptions of Edessa and Osrhoene, Leiden 1999, P2.106 Di diverso avviso, tra gli altri, David Potter; tuttavia, questi propende per l’attribuzione

degli ornamenta soltanto perché esclude l’esistenza di un consolato di Odenato, e non in base a prove specifi che: D. S. POTTER, Palmyra and Rome: Odaenathus’ Titulature and the Use of Imperium Maius, in «ZPE» CXIII (1996), p. 283.

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L’ascesa di Odenato a Palmira e il confl itto con l’Impero Sasanide 241

In conclusione, un pesante limite insito nell’epigrafi a palmirena è rappre-sentato dalla prospettiva esclusivamente locale delle iscrizione onorarie, nelle quali i titoli di Odenato di derivazione romana risultano in alcuni casi piuttosto diffi cili da inserire con precisione nelle forme dell’amministrazione civile e mi-litare dell’impero. Senza dubbio, il confronto costante fra le fonti storiografi che occidentali, dotate di una prospettiva essenzialmente romanocentrica, e questa documentazione palmirena non può non tener conto dei rispettivi punti di vista.

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