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Nuova Rivista di Letteratura Italiana diretta da Pietro G. Beltrami, Umberto Carpi, Luca Curti, Piero Floriani, Claudio Giunta, Marco Santagata, Mirko Tavoni EDIZIONI ETS XV, 1-2 2012

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diLetteratura Italiana

diretta daPietro G. Beltrami, Umberto Carpi,

Luca Curti, Piero Floriani, Claudio Giunta,Marco Santagata, Mirko Tavoni

EDIZIONI ETS

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Nuova Rivista di Letteratura Italiana • XV, 1-2 2012

MARCO GRIMALDI, Politica e storia nel canto XXdel Purgatorio • MARIA CLOTILDE CAMBONI, Unaprofezia del 1313 su Siena di fronte a Enrico VII ela questione della ‘frottola’ • ANGELO EUGENIO

MECCA, L’«amico del Boccaccio» e l’allestimento te-stuale dell’Officina Vaticana • VERONICA

COPELLO, L’elaborazione delle similitudini nell’Or-lando furioso: i canti XXXVII e XLVI • CHIARA

TOGNARELLI, Le Nuove poesie di Carducci • UM-BERTO CARPI, Gallian e le riviste romane d’avan-guardia negli anni Venti

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Direttore responsabilePietro G. Beltrami

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XV, 1-22012

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INDICE

MARCO GRIMALDI, Politica e storia nel canto XX del Purgatorio

MARIA CLOTILDE CAMBONI, Una profezia del 1313 su Siena di fronte a Enrico VII e la questione della ‘frottola’

ANGELO EUGENIO MECCA, L’«amico del Boccaccio»e l’allestimento testuale dell’Officina Vaticana

VERONICA COPELLO, L’elaborazione delle similitudininell’Orlando furioso: i canti XXXVII e XLVI

CHIARA TOGNARELLI, Le Nuove poesie di Carducci

UMBERTO CARPI, Gallian e le riviste romane d’avanguardianegli anni Venti

Abstracts

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1. GIORGIO PETROCCHI, La Commedia secondo l’antica vulgata, I-IV, Milano, Mondadori 1966-67 [ed.riv. Firenze, Le Lettere 2003]. Lo studioso (vol. I, Introduzione [d’ora in poi Intr.] pp. 8 e sgg.) postulal’esistenza di uno «sbarramento Boccaccio» che taglierebbe in due la tradizione della Commedia: una tra-dizione seniore a monte – la cosiddetta antica vulgata – genuina o, quantomeno, molto meno inquinata;ed una tradizione seriore, assolutamente deterior. L’editio dantesca del Boccaccio, inoltre, non solo divi-derebbe in due la tradizione manoscritta della Commedia, fra un prima e un dopo; bensì tutta la tradizio-ne successiva risentirebbe del turbamento provocato dal Boccaccio, quando non proprio deriverebberecta via dalle copie del certaldese. Un giudizio complessivo sull’edizione Petrocchi – proposte e limiti –è ora in PAOLO TROVATO, Intorno agli stemmi della Commedia, in Nuove prospettive sulla tradizione della«Commedia». Una guida filologico-linguistica al poema dantesco [d’ora in poi NP], a c. di PAOLO TROVA-TO, Firenze, Franco Cesati Editore 2007, pp. 611-49.2. In questo lavoro farò ampio riferimento a miei studi precedenti sull’argomento, e in particolare al-l’articolo Il canone editoriale dell’antica vulgata di Giorgio Petrocchi e le edizioni dantesche del Boccaccio,nel volume collettaneo Nuove prospettive sulla tradizione della «Commedia», Seconda serie (2008-2013), ac. di ELISABETTA TONELLO e PAOLO TROVATO, Monterotondo, Libreria Universitaria.it, 2013, pp. 119-82;oltre che a una relazione dal titolo Giovanni Boccaccio editore e commentatore di Dante, al convegno Den-tro l’officina di Giovanni Boccaccio: studi sugli autografi in volgare e su Boccaccio dantista, Ferrara, Biblio-teca Ariostea, Sala Agnelli 15-16 novembre 2012, atti di prossima pubblicazione nella collana Studi e Te-sti della Biblioteca Apostolica Vaticana.3. Non pochi sono i casi di manoscritti inseriti da Petrocchi nel suo canone che però poi si sono rivela-ti posteriori al terminus del 1355, come il Cortonese 88 (Co), peraltro tenuto in gran conto dal Petrocchi;d’altro canto parimenti numerosi sono i casi di codici sicuramente redatti ante 1355 e da Petrocchi nonpresi in considerazione. Le prime ricerche pioneristiche in tal senso si devono a GABRIELLA POMARO, apartire almeno da Codicologia dantesca. 1. L’officina di Vat, «Studi danteschi» 58 (1986), pp. 343-74, stu-dio al quale farò ampio riferimento in queste pagine. Sugli specifici problemi di datazione vanno poi cita-ti il volume di MARISA BOSCHI ROTIROTI, Codicologia trecentesca della Commedia. Entro e oltre l’anticavulgata, Roma, Viella 2004 (che supera l’ormai datato lavoro di MARCELLA RODDEWIG, Dante Alighieri,Die göttliche Komödie: vergleichende Bestandsaufnahme der Commedia-Handschriften, Stuttgart, Hierse-mann 1984); da ultimo vanno visti almeno SANDRO BERTELLI, La Commedia all’antica, Firenze, Mandra-gora 2007; ID., La tradizione della Commedia dai manoscritti al testo. I. I codici trecenteschi (entro l’anticavulgata) conservati a Firenze, Firenze, Olschki 2011.

ANGELO EUGENIO MECCA

L’«AMICO DEL BOCCACCIO» E L’ALLESTIMENTO TESTUALEDELL’OFFICINA VATICANA

Nell’imminenza delle celebrazioni del settecentenario boccacciano (1313-2013)può essere utile tirare un bilancio, possibilmente conclusivo, sul ruolo giocatodal certaldese nella tradizione testuale della Commedia dantesca, ruolo decisa-mente centrale secondo il curatore dell’edizione «secondo l’antica vulgata»1, tut-tora edizione di riferimento, oltre che pietra miliare negli studi danteschi2.

Uno dei limiti più vistosi dell’edizione di Petrocchi è l’aver costruito la suaedizione su un sottinsieme casuale di manoscritti redatti prevalentemente3 ante1355, scelti senza criteri particolari se non per il loro valore paradigmatico. Tale

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4. «Il fondamento di To Ri Chig è comunque Vat o un suo gemello» (GIORGIO PETROCCHI, Dal Vatica-no lat. 3199 ai codici del Boccaccio: chiosa aggiuntiva, in Giovanni Boccaccio editore e interprete di Dante, ac. della Società Dantesca Italiana, Firenze, Olschki 1979, pp. 15-24 [17]). Più sfumato, ma sostanzial-mente sulla stessa linea, Petrocchi, Intr., p. 42.5. POMARO, Codicologia dantesca..., pp. 343 e sgg. Gli altri manoscritti costituenti il gruppo sono indi-cati qualche riga più sotto.6. MECCA, Il canone editoriale, pp. 161-62, e tavola 18; ma anche GIUSEPPE VANDELLI, Giovanni Boccac-cio, editore di Dante, «Atti dell’Accademia della Crusca» 1922-1923, pp. 45-95; poi in ID., Per il testo dellaDivina Commedia, a c. di RUDY ABARDO, Firenze, Le Lettere 1989, pp. 145 e sgg. Rimando comunque aquanto dirò più oltre.7. MECCA, Il canone editoriale..., pp. 149-56 e tavole 13-15.8. GUIDO TRAVERSARI, Il Boccaccio e l’invio della «Commedia» al Petrarca, «Giornale dantesco», XIII(1905), pp. 25-31. Le riserve di qualcuno in merito all’identificazione del manoscritto sono ora definitiva-mente superate con CARLO PULSONI, Il Dante di Francesco Petrarca, «Studi Petrarcheschi», X (1993), pp.155-208, il quale dimostra l’autografia petrarchesca delle postille nel manoscritto.9. ANGELO EUGENIO MECCA, La tradizione a stampa della Commedia: gli incunaboli, in Saggi danteschiper Alfredo Stussi a cinquant’anni dalla sua laurea, «Nuova Rivista di Letteratura italiana», XIII 1-2(2010), pp. 33-77; e soprattutto ANGELO EUGENIO MECCA, La tradizione a stampa della Commedia: dal-l’aldina del Bembo (1502) all’edizione della Crusca (1595) [in stampa].

limite è particolarmente evidente e, come si vedrà, gravido di conseguenze, nelcaso dei manoscritti afferenti alla cosiddetta officina vaticana (cui si riconnettel’operazione editoriale di Boccaccio)4, della quale Petrocchi aveva preso in consi-derazione soltanto due codici – Cha e Vat, il primo, peraltro, frammentario – te-nendone fuori altri cinque, tutti della stessa mano, come ha dimostrato GabriellaPomaro5. In questo caso, poiché il gruppo non è particolarmente compatto dalpunto di vista testuale6, molte lectiones del Boccaccio che non trovavano rispon-denza nella coppia Cha Vat, sono state ritenute incautamente da Petrocchi comeprova del distacco del certaldese dalla lezione vaticana, e quindi considerate dal-lo studioso prove di contaminazione testuale in atto imputabile al Boccaccio, lad-dove invece si tratta più banalmente di aderenza alla lezione della famiglia sebbe-ne in una zona testuale diversa da quella occupata da Vat7.

Per isolare il ruolo specifico giocato dal Boccaccio nella tradizione dantesca èpertanto assolutamente indispensabile scindere il suo contributo da quello dell’a-nonimo copista di Vat, anche alla luce del fatto che il gruppo vaticano, proprioper tramite del suo più illustre rappresentante fatto copiare da Boccaccio e poida lui in persona donato al Petrarca fra l’estate del 1351 e il maggio del 13538, hainciso in maniera decisiva nella formazione della vulgata a stampa del poemadantesco, almeno fino al XX secolo9. Urge dunque indagare l’origine testuale del-la famiglia vaticana onde distinguere l’apporto originale in essa fornito da Boc-caccio, operazione questa che a sua volta ha dirette ed evidentissime conseguen-ze sulla validazione del cosiddetto «canone dell’antica vulgata» proposto daGiorgio Petrocchi.

Oltre ai citati Cha (che contiene il solo Inferno) e Vat, i codici di mano dell’a-nonimo copista riconosciuti dalla Pomaro sono i seguenti: Biblioteca Vaticana,Barberiniano 3644 [= Barb. 3644], Palatino 314 della Nazionale di Firenze, ora

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10. POMARO, Codicologia dantesca…, pp. 354 e 374 («Ultimi, tra questi BR [= Fior. Pal. 314] e Barb[3644], anche per quel formato piccolissimo, ad “ufiziolo”, eccentrico nella tradizione della Commedia edel libro volgare della prima metà del Trecento, espressa generalmente da codici di notevole formato»). 11. Secondo Trovato (VINCENZO GUIDI, PAOLO TROVATO, Sugli stemmi bipartiti. Decimazione, asimme-tria e calcolo delle probabilità, «Filologia italiana», 1 (2004), pp. 9-48) la percentuale di dispersione deimanoscritti antichi è mediamente dell’80%: sic stantibus rebus il copista di Vat avrebbe teoricamente po-tuto approntare qualcosa come una trentina di copie del poema dantesco.12. MECCA, Il canone editoriale..., pp. 149-56, e tavole 13-15.13. Estremamente discussa la cronologia dei manufatti boccacciani: per To si oscilla dal 1352-56 (PIER

GIORGIO RICCI, Studi sulle opere latine e volgari del Boccaccio, Milano-Napoli, Ricciardi 1968, in base al-l’analisi della scrittura boccacciana), al 1357-59 (GIUSEPPE BILLANOVICH, Prime ricerche dantesche, Ro-ma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1947, p. 56), fino al 1366 circa (PETROCCHI, Intr., pp. 6 e sgg.); Ri èascritto al 1360-63 da RICCI, mentre per PETROCCHI è posteriore al 1366; per quanto riguarda, infine,Chig, RICCI propende per gli anni compresi fra il 1363 e il 1368; secondo PETROCCHI, invece, a non mol-to avanti la nomina a lettore di Dante (1373). Si veda anche la discussione (con nuovi argomenti) di MAR-CELLA RODDEWIG, Dante und Boccaccio unter dem Diktat von Vat. 3199. Qualität und Textabhängigkeitder Aldina-Ausgabe der Commedia, «Deutsches-Dante Jahrbuch» 47 (1972), pp. 125-62 [159-62]. Da ul-timo, POMARO (Codicologia dantesca..., p. 364 e nota 47), la quale concorda in sostanza con la cronologiadel RICCI.

Banco Rari 30 [= Fior. Pal. 314], lo Zanetti 55 della Biblioteca Marciana di Vene-zia [= Marc. Zan. 55], il Pluteo 40.13 della Biblioteca Medicea Laurenziana[= Laur. 40.13] e il Riccardiano 1012 [= Ricc. 1012], tutti esemplati nell’arcotemporale 1340-1355/1360 circa: secondo l’analisi paleografica della Pomaro,nella fattispecie Cha costituirebbe il primo prodotto della bottega (1340 circa),seguito da Laur. 40.13 da collocare nel periodo 1342-1347; quindi da Vat, Marc.Zan. 55 e Ricc. 1012, all’incirca dello stesso periodo, ossia grosso modo dellametà del secolo (1350); mentre ultimi prodotti della bottega sarebbero il Barb.3644 e il Fior. Pal. 314, prodotti a breve distanza l’uno dall’altro, al massimo unadecina d’anni dopo (quindi intorno al 1360)10. L’anonimo copista avrebbe dun-que trascritto almeno sette Commedie (ma altre copie senz’altro saranno andateperdute11) in un arco cronologico compreso fra il 1340 e il 1360 circa, vale a direin un ventennio di lavoro.

Ho dimostrato altrove12 che le tre copie superstiti del Boccaccio: Toledano104. 6 (To), Riccardiano 1035 (Ri), e Chigiano L. VI. 213 (Chig) si oppongonospesso e volentieri a Vat, cadendo in errore comune con gli altri testimoni dellafamiglia; ovvero erra, in errores singulares, il codice vaticano contro tutte le altrecopie del gruppo, Boccaccio compreso, dimostrando in ogni caso che To RiChig devono essere scissi testualmente da Vat – come finora era comune assuntodella filologia dantesca – e avvicinati a un’altra zona del gruppo di riferimento:in particolare al Laur. 40.13 in prima battuta, e quindi al Ricc. 1012 e al Marc.Zan. 55. Per la coppia Barb. 3644 e Fior. Pal. 314, con cui l’editio boccaccianadenuncia altre singolari coincidenze in errore, il rapporto è complicato da deci-frare in base alla loro altezza cronologica difficilmente anteponibile alla primafatica del certaldese (To)13, per cui la cosa necessita quantomeno di un supple-mento di indagine.

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14. Premetto un asterisco (*) davanti ad errori che ritengo sicuri; la presenza di una (B) invece, indicache si tratta di loci facenti parte del canone selettivo del Barbi (pubblicato in Canone di luoghi scelti perlo spoglio dei mss. della «Divina Commedia», in ADOLFO BARTOLI, ALESSANDRO D’ANCONA, ISIDORO DEL

LUNGO, Per l’edizione critica della «Divina Commedia», «Bullettino della Società Dantesca Italiana», 5-6(1891), pp. 25-38). Il simbolo (P) indica invece la lezione a testo nell’edizione Petrocchi.15. POMARO (Codicologia dantesca..., p. 273 e nota 49), a proposito della lezione più biasmo, propendeper una poligenesi, ma solo perché «mancano altre prove di contatto fra i due testimoni» [scil. To e Fior.Pal 314]; e in precedenza (p. 346, nota 9) aveva affermato che il Vandelli «non conosceva il B.R. 330 [scil.Fior. Pal. 314], cosa di poco conto in quanto quest’ultimo ed il Barb. 3644 sono con tutta probabilità iprodotti più tardi del nostro copista, comunque scarsamente agganciabili all’attività del Boccaccio che in-teressava lo studioso fiorentino». L’analisi della studiosa è stata però condotta esclusivamente sulla primacantica (l’unica comune ai sette manoscritti, per via del parziale Cha), mentre le lezioni che mostrano l’in-dubitabile dipendenza con l’editio del Boccaccio (tanto per il Barb. 3644 e il Fior. Pal. 314, che soprattut-to per il Laur. 40.13 e il Marc. Zan. 55) sono tutte nel Purgatorio, e in second’ordine nel Paradiso.

Ecco innanzitutto un piccolo saggio di errori congiuntivi che mostrano questolegame testuale dell’editio boccacciana con gli ultimi prodotti dell’anonimo copi-sta vaticano:

Tavola 1: Errori congiuntivi di To Ri Chig (= Bocc) + Barb. 3644 / Fior. Pal. 314 contro Vate altri testimoni dell’officina vaticana 14

Inf. *XI 84 (B) e più biasmo15 Bocc + Fior. Pal. 314] e men biasmo Barb. 3644 Cha Laur.40.13 Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*XII 121 che di sotto al rio To (in marg. al. di fuor) + Barb. 3644] che di fuor del rio RiChig + Cha Fior. Pal. 314 Laur. 40.13 Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

XXIII 132 (B) d’esto loco Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314 + Laur. 40. 13] d’esto fondoCha Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

XXIV 116 smarrito per la Bocc + Barb. 3644] smarrito de la Cha Fior. Pal. 314 Laur. 40.13Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*XXVI 120 ma per aver Bocc + Barb. 3644 + Ricc. 1012] ma per seguir Cha Fior. Pal. 314Laur. 40.13 Marc. Zan. 55 Vat (P)

XXVIII 10 o per Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314 + Marc. Zan. 55] et per Cha Laur. 40.13Ricc. 1012 Vat (P)

*Purg. VIII 84 che misuratamente i cori avampa Bocc (- Ri OM.) + Barb. 3644] che misura-tamente in cuor avvampa Fior. Pal. 314 Laur. 40.13 Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*VIII 123 per tutta ytalia Bocc (- Ri OM.) + Barb. 3644 + Laur. 40.13] per tutta europaFior. Pal. 314 Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*X 90 se tu il metti Bocc (- Ri OM.) + Fior. Pal. 314] sel tuo metti Barb. 3644 Laur. 40.13Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*X 123 sperança avete Bocc (- Ri OM.) + Barb. 3644] fidança avete Fior. Pal. 314 Laur.40.13 Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

XIII 35 cominciai Bocc (- Ri OM.) + Barb. 3644 + Laur. 40.13] domandai Fior. Pal. 314Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*XVII 117 (B) potentia Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314] grandezza Laur. 40.13 Marc.Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*XXIII 118 mi tolse Bocc + Fior. Pal. 314] mi volse Barb. 3644 Laur. 40.13 Marc. Zan. 55Ricc. 1012 Vat (P)

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*XXIV 125 (B) perché non v’ebbe Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314 + Marc. Zan. 55] per-ché non hebbe Laur. 40. 13 Ricc. 1012 Vat; perché no i volle (P)

*XXV 122 Del grande Bocc + Barb. 3644] El grande Fior. Pal. 314 Laur. 40.13 Marc. Zan.55 Ricc. 1012 Vat (P)

XXVII 6 Quando l’angel Bocc + Barb. 3644 + Marc. Zan. 55] Come l’angel Fior. Pal. 314Laur. 40.13 Ricc. 1012 Vat (P)

XXIX 47 che l’obico comun Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314 + Laur. 40.13] che l’obiectocomun Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

XXXI 65 con gli occhi attenti stannosi To Ri + Barb. 3644 Fior. Pal. 314 + Laur. 40.13] congli occhi a terra stannosi Chig + Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

XXXI 83 pareva più Bocc + Fior. Pal. 314 + Laur. 40.13] paremi più Barb. 3644 Marc. Zan.55 Vat (P); OM. Ricc. 1012

*Par. V 66 come fu iepte Bocc + Fior. Pal. 314 + Ricc. 1012] come iepte Barb. 3644 Laur.40.13 Marc. Zan. 55 Vat (P)

V 111 (B) di più udire Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314 + Marc. Zan. 55] di più savereLaur. 40.13 Ricc. 1012 Vat (P)

X 102 girando se per Bocc + Barb. 3644 + Laur. 40.13] girando su per Fior. Pal. 314 Marc.Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*X 112 (B) v’è l’alta luce Bocc + Barb. 3644] v’è l’alta mente Fior. Pal. 314 Laur. 40.13Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

*XIV 11 né con la mente Bocc + Barb. 3644] né cola voce Fior. Pal. 314 Laur. 40.13 Marc.Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

XVIII 89 ond’io notai Bocc + Barb. 3644] et io notai Fior. Pal. 314 Laur. 40.13 Marc. Zan.55 Ricc. 1012 Vat (P)

*XX 56 che fa Bocc + Barb. 3644 Fior. Pal. 314] ke fe Laur. 40.13 Marc. Zan. 55 Ricc.1012 Vat (P)

*XXVI 27 che me inprenti Bocc + Barb. 3644 (in me)] ke qui imprenti Fior. Pal. 314 Laur.40.13; che in me s’imprenti Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 Vat (P)

Da notare in modo particolare è la lezione di Purg. XVII 117, ritenuta comune-mente nella filologia dantesca come lezione tipica del Boccaccio, eventualmentegerminata dal suo ingenium, che però è attestata concordemente dalla coppiaFior. Pal. 314 + Barb. 3644.

Esiste dunque un innegabile rapporto testuale che lega To Ri Chig con Barb.3644 (soprattutto) e Fior. Pal. 314, per il quale si possono ipotizzare diverse solu-zioni: o deve essere postulato un legame e converso, di contaminazione cioè daparte dell’anonimo copista vaticano nella direzione Boccaccio – Barb. 3644 Fior.Pal. 314 (così, per esempio, se si attribuisce all’ingenium del Boccaccio la varian-te di Purg. XVII 117); ovvero l’editio boccacciana – a partire da To – deve averprelevato gli errori da altre copie del gruppo vaticano, presumibilmente dellostesso copista, cronologicamente precedenti e oggi però perdute (il che mi paresia la soluzione più economica e in accordo con i dati testuali); o infine, facendoleva sulle datazioni paleografiche che è giocoforza siano approssimative, bisogne-rebbe datare To intorno al 1360 ovvero anticipare Barb. 3644 e Fior. Pal. 314 diun decennio circa.

Comunque siano andate le cose, resta il dato di fatto che nell’arco di circa un

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16. POMARO, Codicologia dantesca..., p. 346.17. MECCA, Il canone editoriale..., con numerose Tavole a sostegno della tesi.18. POMARO, Codicologia dantesca..., p. 359 («il copista o continuò ad avere sotto gli occhi lo stesso esem-plare di copia, o copiò da altre copie sempre uscite da questo comune antigrafo» [il corsivo è dell’autrice]).

decennio, il Boccaccio si rivolge (siamo intorno al principio degli anni ’50) a unabottega in Firenze che gli confeziona un codice, l’attuale Vaticano latino 3199;presumibilmente dalla medesima bottega Boccaccio compra poi un secondo co-dice della Commedia, gemello di Vat ma testualmente più vicino ad altri codicidel gruppo, di mano dello stesso copista e oggi deperditus, dal quale – al massimoqualche anno dopo – prende avvio la stesura del codice toledano. Aleggia quindisenz’altro «l’ombra del Boccaccio dietro il nostro copista», per usare le paroledella Pomaro16: per una collaborazione così stretta infatti, sia a livello temporaleche locale (nella medesima città di Firenze), i rapporti fra il Boccaccio e questoanonimo copista non dovevano essere superficiali.

Chi possa essere questo «amico del Boccaccio» (mi si conceda d’ora in poi didesignare in tal modo un copista anonimo non altrimenti identificabile) non è fa-cile dire, ma certamente è possibile tracciarne un identikit sulla base dei pochiindizi in nostro possesso, dai quali si potrà arguire in maniera più precisa il ruoloda lui svolto nella tradizione della Commedia a Firenze a cavallo della metà delsecolo quattordicesimo.

Innanzitutto, da un punto di vista testuale, l’«amico del Boccaccio» non sem-bra particolarmente rispettoso: la variabilità testuale delle sue copie ne è provaevidente17. Oltre infatti alle numerose uscite singulares dei codici, l’allestimentoglobale del suo lavoro di copia, anche negli ultimi anni della sua produzione, nonsembra addivenire ad un impianto stabile, o quantomeno coerente: le ultime duefatiche della sua bottega, i codici barberiniano e palatino, ad esempio, si apronoad uscite decisamente aberranti, nel senso di totalmente avulse dalla sua produ-zione precedente. Alcuni esempi su tutti: Purg. III 50 ruinata via Barb. 3644 +Fior. Pal. 314] romita via Bocc + Marc. Zan. 55 Vat; romita riva Laur. 40.13; rumi-ta ruina Ricc. 1012; o ancora Purg. XXV 31 disflego Fior. Pal. 314 (nell’antica vulga-ta con b La cento* Eg Fi Parm)] dislego tutti i codici del gruppo. Che l’«amico delBoccaccio» abbia compulsato più di un exemplar? La Pomaro tenderebbe adescluderlo18, purtuttavia se scorriamo tutte le deviazioni dei singoli testimoni ri-spetto alla lezione del suo capostipite (che da ora indico con vat, ricostruito dalnormale accordo di tutti e sette i manoscritti del gruppo), notiamo quanto segue:

Tavola 2: Deviazioni del «copista di Vat» dal capostipite (vat)

Inf. V 126 (B) farò come colui vat (– Fior. Pal. 314 Ricc. 1012)] dirò come colui Fior. Pal.314 Ricc. 1012 (P)

X 20 (B) a te mio dir vat (– Laur. 40.13 Ricc. 1012)] a te mio cuor Laur. 40.13 Ricc. 1012(P)

Purg. II 35 (B) trattando l’ale vat (– Laur. 40.13)] trattando l’aere Laur. 40.13 (P)

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19. È questa l’ipotesi della POMARO (Codicologia dantesca…, p. 373): «[l’]antigrafo [scil. vat] (…) contutta probabilità presentava, a margine o interlineari, più soluzioni testuali e luoghi poco chiari, rispettoai quali il nostro copista [copista di Vat] né il secondo e più illustre [Boccaccio] sono rimasti passivi».

II 99 (B) voluto eterra vat (– Ricc. 1012)] voluto entrar Ricc. 1012 (P)V 38 (B) di mezza notte vat (– Barb. 3644 Fior. Pal. 314 Marc. Zan. 55)] di [segue spazio

bianco] notte Marc. Zan. 55; di prima notte Barb. 3644 Fior. Pal. 314 (P)VII 15 (B) et abbracciollo ove ‘l minor vat (– Vat)] et abbracciollo ove ‘l nutrir Vat; et ab-

bracciòl là ‘ve ‘l minor (P)X 14 (B) stremo vat (– Marc. Zan. 55 Ricc. 1012)] scemo Marc. Zan. 55 Ricc. 1012 (P)XII 13 (B) Quando mi disse vat (– Barb. 3644 Fior. Pal. 314)] Et el mi disse Barb. 3644

Fior. Pal. 314 (P)XII 14 (B) per tranquillar vat (– Ricc. 1012 Vat) (P)] per alleggiar Ricc. 1012 Vat XII 29 (B) celestiale star vat (– Barb. 3644 Fior. Pal. 314)] celestial giacer Barb. 3644 Fior.

Pal. 314 (P)XVI 145 (B) parlò et poi vat (– Vat Marc. Zan. 55)] parlò et più Vat; tornò et poi Marc.

Zan. 55; torno e più (P)XVIII 83 (B) pietosa più che nulla vat (– Laur. 40.13)] pietola più che nulla Laur. 40.13 (poi

corr. villa); pietole più che villa (P)XXIII 36 (B) et quelli dunque vat (– Laur. 40.13 Ricc. 1012)] et quel d’un’acqua Laur. 40.

13 Ricc. 1012 (P)XXVI 72 (B) nelli atti cor vat (– Marc. Zan. 55)] nelli acti lor Marc. Zan. 55; nelli alti cor (P)XXVI 75 (B) per morir meglio vat (– Marc. Zan. 55 Vat) (P)] per [segue spazio bianco] me-

glio Marc. Zan. 55; per viver meglio VatXXX 111 (B) che le rote vat (– Fior. Pal. 314 Laur. 40. 13 Marc. Zan. 55)] che le stelle Fior.

Pal. 314 Laur. 40.13 Marc. Zan. 55 (P)Par. XVI 69 (B) del corpo vat (– Barb. 3644)] del vostro Barb. 3644 (P)XXIV 61 (B) e cominciai vat (– Barb. 3644 Fior. Pal. 314)] e seguitai Barb. 3644 Fior. Pal.

314 (P)XXVI 93 (B) a cui ciascuna cosa vat (– Barb. 3644)] a cui ciascuna sposa Barb. 3644 (P)XXVI 121 (B) a questi lumi vat (– Vat)] a tutti i lumi Vat (P)XXX 124 (B) nel giglio vat (– Vat); nel giallo Vat (P)XXX 148 (B) andar più giuso vat (– Vat)] esser più giuso Vat; intrar più giuso (P)

Sgomberando il campo dalle deviazioni rispetto a vat sanabili anche autonoma-mente senza la necessità di ricorrere ad altre fonti (per es. Purg. II 99), oltre chedagli errori indipendenti o poligenetici commessi da singoli manoscritti nei con-fronti di vat (Purg. VII 15; XVI 145; XXVI 75; Par. XXX 148 tutti di Vat; e Purg. XXVI

72 del solo codice marciano), e ancora i casi dubbi in cui è incerta la lezione divat (Purg. XII 14; XXX 111) indizio forse di doppie lezioni – in margine o in interli-nea – dell’antigrafo19, restano tuttavia altre correzioni (Inf. V 126; X 20; Purg. II

35; V 38; X 14; XII 13; XII 29; XXIII 36; Par. XVI 69; XXIV 61; XXVI 93; XXVI 121;XXX 124) impossibili da sanare per congettura, e in tutti questi casi è certa la con-taminazione con altre fonti, ovvero – ipotesi alternativa con buona dose di proba-bilità – ci si trova di fronte ad autonome riflessioni sul testo da parte del copistagerminate dal suo ingenium, come parrebbe indicare l’assenza di rasure o di cor-

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20. POMARO, Codicologia dantesca…, pp. 373-74.21. VANDELLI, Giovanni Boccaccio…, pp. 154-55.22. Elimino per praticità dall’elenco dei manoscritti dell’antica vulgata la testimonianza dell’assodatotardo Co. In caso di assenza di riscontri di manoscritti dell’antica vulgata si intende che la testimonianzadi vat è isolata e singolare. Per le sigle delle famiglie di codici il riferimento è NP: in particolar modo ri-cordo che con la sigla x1 si intende l’accordo Mad + Rb; con cento l’accordo generalizzato Ga + Lau +Lo Ricc Tz; con cento* l’accordo Lau Lo Ricc Tz senza Ga; con la sigla cento** il rapporto più stretto LoRicc Tz (manoscritti dovuti alla ‘mano principale’ del gruppo, sulla cui definizione e i limiti degli inter-venti: GABRIELLA POMARO, Ricerche d’archivio per il «copista di Parm» e la mano principale del Cento, inNP, pp. 243-279).

rezioni ex post, significativa di una scrittura sicura e senza esitazioni20.Certamente il fatto che vat possa aver recato doppie lezioni non si può del

tutto escludere, ma ciò può essere vero solo parzialmente, ossia in luoghi innanzi-tutto non numerosi, e soprattutto in passi particolarmente vessati; mentre è cer-tamente improbabile che il fenomeno sia diffuso ed esteso lungo tutto il testo delpoema. Di più: la lezione, ad esempio, di Purg. II 107 amore o uso Bocc + Laur.40.13 (amor) Marc. Zan. 55 (amor)] inamoroso a l’amoroso Ricc. 1012; memoria ouso Barb. 3644 Fior. Pal. 314 Vat (P), dovrebbe contemplare non solo in vat unadoppia lezione, ma addirittura tre varianti contemporaneamente! Stesso discorsosi può fare anche per il citato passo di Purg. III 50 dove vat dovrebbe riportarecontemporaneamente quattro varianti, distribuite su sei codici, il che in tuttafranchezza pare decisamente eccessivo. L’ipotesi più economica resta pertantoquella del ricorso ad altro/-i teste, ovvero la congettura personale del copista,giusta il giudizio in merito espresso dal Vandelli fin dal secolo scorso:

In parecchi luoghi potrebbe pur darsi che la variante singolare che il Boccaccio ci offre,fosse nel codice suo [scil. nell’antigrafo vat]: il copista del gruppo a cui anche esso codiceappartenne o da cui derivò [scil. il copista del gruppo vaticano], scrisse più d’una volta,fosse distrazione o capriccio, uno stesso verso in modi differenti nelle differenti copie21.

Resta adesso aperta la questione su quale sia la fonte messa a profitto dall’«ami-co del Boccaccio» per sopperire alle eventuali deficienze del suo antigrafo. Unaprova testuale in tal senso ci può provenire soltanto se appuriamo le origini dellelezioni che l’«amico del Boccaccio» aveva di fronte a sé, ossia le lezioni del capo-stipite vat22:

Tavola 3: Origine degli errori del capostipite vaticano (= vat)

Inf. II 12 anzi ch’a l’alto passo Bocc vat] prima ch’a l’alto passo (P)II 53 (B) cortese e bella vat + La1 (Rb cortese e piana)] beata e bella Bocc (P)*III 17 che vederai le genti Bocc vat] che tu vedrai le genti (P) IV 73 onori et scienza Bocc vat + Ash Eg Fi Pa Urb] onori scienza (P) *IV 141 tullio e alino vat + x1 + alfa] tullio (e) lino Bocc (P)V 84 (B) vanno per l’aere vat + Pr] vegnon per l’aere Bocc (P)*V 126 (B) farò come colui vat (- Barb. 3644 Fior. Pal. 314 Ricc. 1012) + Mad + Ham Pa

Pr] farò come colei Bocc; dirò come colui Barb. 3644 Fior. Pal. 314 Ricc. 1012 (P)

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23. Qui però pare molto probabile la poligenesi per eco interna allo stesso verso: «Dio in dispregio epoco par che ’l pregi»; si noti infatti il comportamento di Mad Pa e Co che invece subiscono l’effetto delverso successivo («Dio in dispetto e poco par che ’l pregi; / ma, com’io dissi lui, li suoi dispetti»).

VI 96 quando vedrà Bocc vat + x1 + Ash Eg Fi cento* Pa Urb] quando verrà (P) *VII 103buia assai vie più Bocc vat (– Laur. 40.13 Vat) + Ash] buia molto più Vat; buia as-

sai più Laur. 40.13 (P)*VIII 57 converrà che tu goda Bocc vat + Ash Eg Fi Laur] convien che tu goda (P) VIII 101 (B) e se l’andar Bocc vat + a] e se ‘l passar (P)IX 39 feminili Bocc vat (– Cha) + b + Eg Laur Pa Po Rb Urb] feminine Cha (P)IX 73 e disse driza il nerbo To vat + Eg Laur Pr Urb] e disse or drizza il nerbo Ri Chig (P)*IX 74 fiamma antica Bocc vat (– Fior. Pal. 314 Laur. 40.13)] schiuma antica Fior. Pal. 314

Laur. 40.13 (P) IX 89 (B) giunse a la porta Bocc vat] venne a la porta (P) *X 20 (B) a te mio dir Bocc vat (– Laur. 40.13 Ricc. 1012)] a te mio cuor Laur. 40.13 Ricc.

1012 (P) X 77 Egli han quell’arte To vat + Mart Urb] S’elli han quell’arte Ri Chig (P)*X 110 or dicerete a quel caduto Bocc vat] or direte dunque a quel caduto (P) *X 111 (B) tra i vivi To vat + Ham] co’ vivi Ri Chig (P)*XI 90 (B) la divina giustitia Bocc vat + Ash] la divina vendetta (P)*XII 5 di là da trento Bocc vat] di qua da trento (P) *XII 16 (B) lo savio mio Virgilio gridò Bocc vat] lo savio mio inver lui gridò (P) *XII 28 (B) via su Bocc vat] via giù (P) *XII 94 Che ne dimostri To vat] E che ne mostri Ri Chig (P) *XII 125 (B) che copria pur Bocc vat + Ash] che cocea pur (P)*XIII 43 (B) così di quella scheggia usciva Bocc vat; [rotta] Ash; chosì de la roctura uscia in-

sieme Ham] sì della scheggia rotta usciva (P)XIV 52 (B) i suoi fabri Bocc vat] il suo fabbro (P) XIV 59 di tutta sua forza To vat] con tutta sua forza Ri Chig (P) XIV 70 (B) in dispregio To + Parm] in disdegno Ri Chig (P)23

*XV 53 ritornando in quella Bocc vat + Ham] tornand’io in quella (P)XVI 30 e il tristo aspetto Bocc vat + b + Fi Pa Pr Rb Urb] e ‘l tinto aspetto (P)*XVII 50-51 (B) or co’ piedi or col ceffo quando morsi / da pulci son da mosche o da tafani

Bocc vat] or col ceffo or col piè quando son morsi / o da pulci o da mosche o da tafani(P)

*XVIII 12 son rende sicura Bocc vat (- Vat) + Ham (sigura) Rb (segura)] son rende figuraVat (P)

XIX 94 (B) chiesero a Mattia Bocc vat] tolsero a Mattia (P) *XXI 40 terra chio no ben fornita Bocc vat + Ham] terra che n’è ben fornita (P)XXII 6 (B) muover giostra Bocc (– Ri OM.) vat] correr giostra (P)XXV 144 (B) se fior la lingua To vat + La1] se fior la penna Ri Chig (P)*XXVI 41 (B) del foco che Bocc vat] del fosso che (P) XXVI 57 (B) corron To Ri vat] vanno Chig (P) XXIX 88 dimmi Bocc vat + b Co Urb] dinne (P)XXX 6 (B) venir carcata Bocc vat] andar carcata (P) *XXX 87 (B) e più d’un mezzo Bocc vat] e men d’un mezzo (P) XXXI 39 (B) e giugnemi paura Bocc vat] e crescemi paura (P)

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XXXIII 43 (B) già era desto Bocc vat] già eran desti (P) *XXXIII 74 (B) tre dì Bocc vat] due dì (P) *XXXIV 93 (B) qual era il punto Bocc vat] qual è quel punto (P) Purg. II 35 (B) trattando l’ale To vat (– Laur 40.13) + Rb + cento + Co Eg Fi1 La Parm

Po] trattando l’aere Ri Chig + Laur. 40.13 (P)*II 93 (B) ma te com’era tanta terra tolta Bocc vat + cento + Co Eg Fi La1 Parm Po Pr]

diss’io ma a te com’è tant’ora tolta (P)V 88 (B) i’ fui Bonconte Bocc vat + Mart Po] io son Bonconte (P)VI 49 (B) Et io buon duca Bocc vat] et io signore (P) VI 124 (B) che le terre d’Italia Bocc vat] che le città d’Italia (P) VI 135 (B) et dice Bocc vat + Mad + Ash Co Laur Po] e grida (P)*XI 103 (B) che fama vat (– Fior. Pal. 314) + Pr] che voce Bocc + Fior. Pal. 314 (P)XII 13 (B) Quando mi disse vat (– Barb. 3644 Fior. Pal. 314) + Pr] Et el mi disse Bocc +

Barb. 3644 Fior. Pal. 314 (P)XII 29 (B) celestiale star Chig vat (– Barb. 3644 Fior. Pal. 314) + Pr] celestial giacer To +

Barb. 3644 Fior. Pal. 314 (P); OM. RiXIII 121 (B) ch’i’ levai in su Bocc vat + Pr] ch’io volsi in su (P)*XVI 145 (B) parlò Bocc vat (– Marc. Zan. 55) + Ash La2 Pr] tornò Marc. Zan. 55 (P)XX 104 (B) e l’altro patricida Bocc (– Ri) vat + Eg Fi Ga La Parm] e ladro e paricida Ri (P)XXII 105 (B) ch’à le mitrie nostre sempre seco Bocc vat + b cento Laur Pr] che ha le nutrici

nostre sempre seco (P)*XXIV 125 (B) perche non ebbe Bocc vat + alfa (– a b Lau Po)] perché no i volle (P)*XXV 37 (B) che mai Bocc vat + x1 + a Ga Parm Po Pr] che poi (P)*XXV 51 (B) gustare Bocc vat + Co Fi1 Ga Parm Pr] constare (P)*XXVIII 12 (B) prim’onda vat + Parm Pr] prim’ombra Bocc (P)XXVIII 123 (B) come fiume ch’aspetta Bocc vat + alfa (– a Po)] come fiume ch’acquista (P)*XXIX 14 (B) donna mia a me Bocc vat + Ga Mart Parm Pr] donna tutta a me (P)XXX 15 (B) voce alleuiando vat + Mad + Eg2 + cento** La Laur Mart Parm Pr1] carne alle-

luiando Bocc; voce alleluiando (P) Par. II 36 raggio di sole vat] raggio di luce Bocc (P)*II 141 (B) in lui si lega Bocc vat + Urb + x1 + alfa (– a Laur)] in voi si lega (P)III 15 (B) men tosto Bocc vat + a Parm Po] men forte (P)IV 81 (B) possendo ritornar Bocc vat + x1 + alfa (– a Co Laur Parm)] possendo rifuggir (P)*V 88 (B) lo suo piacere Bocc vat + Fi1 La1 Laur1 Pa] lo suo tacere (P)VII 124-125 (B) io veggo l’aere io veggio il foco / l’acqua e la terra To vat + La2] io veggio

l’acqua io veggio il foco / l’aere e la terra Ri Chig (P)*XIV 72 (B) sì che la cosa pare Bocc vat + Gv Lau] sì che la vista pare (P)*XVI 69 (B) del corpo Bocc (– Chig) vat (– Barb . 3644)] del vostro Chig + Barb. 3644 (P)XVIII 123 (B) di sangue e di martiri Bocc vat + Urb + Co Pa Parm Pr] di segni e di martiri

(P)*XXII 95 quando volse Bocc (si volse) vat + Parm Po Pr] quando Dio volse (P)*XXII 152 (B) volgendomi con lei et li gemelli Bocc vat + cento** Ga La1 Parm Po Pr] vol-

gendom’io con li etterni gemelli (P)*XXIII 33 .Che il viso mio non Bocc vat + Parm Pr] .Nel viso mio che non (P)*XXIII 103 (B) che spiro Bocc vat + La Lau Pa Parm Pr Tz] che giro (P)*XXIII 113 più saliva Bocc vat + Parm Po Pr] più s’avviva (P)*XXIII 133 (B) Come si vive e gode Bocc vat + Parm Po Pr] Quivi si vive e gode (P)

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24. Riguardo al quale si veda il severo giudizio di VANDELLI, Per il testo..., pp. 61-62.25. FEDERICO SANGUINETI, Per l’edizione critica della «Commedia» di Dante, «Rivista di Letteratura ita-liana», 12 (1994), pp. 277-92 [p. 282]; poi nei Prolegomeni alla sua edizione critica (Dantis Alagherii Co-media, edizione critica per c. di FEDERICO SANGUINETI, Tavarnuzze (Firenze), SISMEL, Edizioni del Gal-luzzo 2001, pp. LXI-LXII). Secondo Trovato (Intorno agli stemmi della «Commedia», pp. 611-48, in part.p. 624 e nota 59; e poi in Fuori dell’antica vulgata. Nuove prospettive sulla tradizione della «Commedia»,in NP, pp. 669-715, in part. p. 711), i due subarchetipi b e c sono invece probabilmente collaterali.26. MECCA, Il canone editoriale..., pp. 134-36 e tavole 7 e 7 bis.27. PETROCCHI, Intr. pp. 8 e sgg.

*XXIV 12 (B) fiammando forte Bocc vat + cento La Pa Parm Po Pr] fiammando volte (P)*XXIV 57 ecterno fonte Bocc vat + La1 Parm Po Pr Rb] interno fonte (P)*XXIV 60 (B) essere espressi Bocc vat + La Pa Parm Pr] bene espressi (P)*XXV 14 (B) di quella schiera Bocc vat + Pr] di quella spera (P)*XXV 132 si facea del suo nel trino Bocc vat + Parm] che si facea nel suon del trino (P)*XXVI 96 (B) e per udirti tosto la ti dico Bocc vat + Ga La1 Parm Po Pr] e per udirti tosto

non la dico (P)*XXVI 137 chel viso Bocc vat + La1 Parm Pr] che l’uso (P)*XXVIII 71 secondo risponde Bocc vat + Gv La1 cento Parm Pr] seco corrisponde (P)*XXVIII 90 (B) gli occhi Bocc vat + La Pa Parm Po Pr] i cerchi (P)XXX 124 (B) nel giglio Bocc vat (– Vat) + La1 Pa Parm Pr] nel giallo Vat (P)XXXI 20 (B) plenitudine Bocc vat + Eg Ga La Lo Pa Parm Po Pr] moltitudine (P)*XXXI 24 (B) esser davante Bocc vat + Ga La1 Lo Pa Parm Pr] essere ostante (P)*XXXIII 57 (B) la materia Bocc vat + Gv Pa Pr Ricc] la memoria (P)XXXIII 89 (B) Tutti conflati insieme Bocc vat + Pa Pr] Quasi conflati insieme (P)

Non può sfuggire – tolti i riscontri comuni di ampia attestazione – la presenzadi uno stacco netto fra l’Inferno e le altre due cantiche. Nella prima cantica, tol-te le probabili innovazioni di vat – riconoscibili in quanto isolate nella tradizio-ne – il dato di fondo è una chiara dipendenza dal ramo b tosco-occidentale(Lucca/Pisa): si notino in particolare Inf. VII 103; VIII 57; X 111; XI 90; XII 125;XIII 43; XV 53; XVIII 12; XXI 40; XXIX 88; fra queste colpisce in modo particolarela lezione di Inf. XIII 43: il capostipite b ha perso rotta per caduta, lacuna mante-nuta tal quale dal vetusto Ash, ma corretta con una zeppa dal più tardo – e no-toriamente alterato – Ham24; il copista di Vat ha evidentemente la medesima la-cuna, e corregge da par suo (dimostrando ancora una volta, tra parentesi, la suainnata tendenza a correggere ope ingenii). È sulla base di tale clamoroso errorecomune che Sanguineti, nella sua nuova proposta editoriale, ha ipotizzato unadiscendenza diretta dell’intero subarchetipo (fiorentino) c – in cui rientra a pie-no titolo il gruppo vaticano – dal ramo b tosco-occidentale25. Senza purtuttaviaspingersi necessariamente a tanto, possiamo però concludere che la famiglia va-ticana è senza il minimo dubbio contaminata con la tradizione testuale tosco-oc-cidentale. D’altro canto ho già dimostrato altrove26 che, unico fra tutti i mano-scritti dell’antica vulgata citati da Petrocchi dai quali Boccaccio avrebbe conta-minato27, una certa evidenza in tal senso è dimostrabile soltanto nei confronti da

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28. «Soprattutto in una tradizione contaminata, la storia della tradizione può dare un contributo non ir-rilevante alla critica del testo» (TROVATO, Intorno agli stemmi..., p. 631).29. Sulla complessa questione circa la datazione del commento rimando almeno a PAOLO RINOLDI, Spi-golature guidiane, «Medioevo Romanzo», 22 (1998), pp. 61-111; da ultimo FABRIZIO FRANCESCHINI, Nic-colò V e Maometto all’«Inferno»? Affreschi del Camposanto e commenti danteschi, in Studi per UmbertoCarpi. Un saluto da allievi e colleghi pisani, a c. di MARCO SANTAGATA e ALFREDO STUSSI, Pisa, ETS 1999,pp. 461-87.30. PETER BRIEGER, MILLARD MEISS, CHARLES S. SINGLETON, Illuminated manuscripts of the Divine Co-medy, Princeton, Princeton University Press 1969, vol. I, p. 55 e nota 79; LUCIA BATTAGLIA RICCI, Parolee immagini nella letteratura italiana medievale. Materiali e problemi, Pisa, GEI 1994, pp. 41-51; CHIARA

BALBARINI, «Per verba» e per «imagines»: un commento illustrato all’’Inferno’ nel Musée Condé di Chantil-ly, in Intorno al testo. Tipologie del corredo esegetico e soluzioni editoriali, Atti del Convegno di Urbino 1-3 ottobre 2001, Roma, Salerno Editrice 2003, pp. 497-512.31. VANDELLI, Giovanni Boccaccio..., p. 62.

Ham: valgano su tutti Inf. XV 70 tanto ben Bocc + Ham] tanto onor vat (P);Purg. XIII 144 di là in parte alcuna Bocc + Ham] di là in parte ancor vat; di là perte ancor (P); e soprattutto Purg. XXX 15 carne alleviando Bocc + Ham] voce alle-viando vat; voce alleluiando (P).

A partire invece dal Purgatorio si ha un brusco cambiamento testuale, e vat vi-ra decisamente verso la linea La1 (Par. XXII 152; XXIII 103; XXIV 57; XXIV 60; XXVI

96; XXVI 127; XXVIII 71; XXVIII 90; XXXI 20; XXXI 24) – Parm/cento (Purg. II 35; II93; XX 104; XXIV 125; XXVIII 12; Par. XVIII 123; XXII 95; XXIII 33; XXIII 113; XXIII

133; XXV 132; ecc.), quanto a dire si inserisce pienamente nel subarchetipo (fio-rentino) c. Perché questo stacco netto fra Inferno da un lato, e Purgatorio e Para-diso dall’altro? Siamo al punto di svolta decisivo per comprendere l’origine te-stuale dell’officina vaticana, e a questo livello ci viene in soccorso la storia dellatradizione28. In particolare è necessario focalizzare l’attenzione sul teste più anti-co e quindi primo rappresentante noto della famiglia vaticana: parlo del codicedi Chantilly (Cha), il quale, per l’appunto, riporta il solo Inferno, per il semplicefatto che il commento di Guido da Pisa, vero elemento centrale del manoscritto,si limita alla sola prima cantica29.

Cha è a tutti gli effetti un manoscritto di dedica, fatto realizzare proprio dalfrate carmelitano per il nobile genovese Lucano Spinola, rappresentati entrambiin una miniatura del codice, dove il frate è raffigurato nell’atto di donare il volu-me allo Spinola. Oltre a ciò un qualche ruolo esercitato dal frate carmelitano sipuò ipotizzare dall’esatta corrispondenza fra testo del commento e apparato ico-nografico, come concordemente sottolineato dagli esperti in materia30.

Già il Vandelli aveva affermato, a proposito dell’anonimo copista di Vat, che«secondo ogni probabilità, lavorava in Firenze, senz’essere tuttavia proprio dellacittà»31. L’affermazione dello studioso si basava evidentemente sull’analisi lingui-stica del codice vaticano, che rivela non poche anomalie rispetto al volgare fio-rentino del tempo. Da ultimo, anche Gabriella Pomaro ha rilanciato la questio-ne, notando soprattutto, nella lingua di Vat, indiscutibili elementi linguistici to-scano-occidentali (ossia di Lucca/Pisa) «facilmente rilevabili anche in una valu-

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32. POMARO, Codicologia dantesca..., p. 357.33. FRANCESCHINI, Niccolò V..., pp. 472-73 e note 41 e 42.34. Fra questi per esempio: forme verbali del tipo lassare (Vat: Inf. III 9, V 18; Cha: III 14); desinenzadella III persona plurale in –eno (soleno: Inf. XVI 122 Cha); conservazione di –e nella I persona singolaredell’imperfetto congiuntivo (discernesse: Inf. IV 71 Cha e Vat; stesse: Inf. IX 87 Cha e Vat); tipo sem persiamo (Inf. III 16 Cha e Vat); assenza di dittongo dopo cons. + r (prega, pregoti: Inf. V 77 Cha e Vat; VI 89Vat); anco per anche (Inf. III 20: Cha e Vat; VII 117: Cha e Vat). 35. POMARO, Codicologia dantesca..., pp. 352-53.36. CRISTOFORO LANDINO, Comento sopra la Comedia, I-III, a c. di PAOLO PROCACCIOLI, Roma, SalernoEditrice 2001 (Edizione Nazionale dei Commenti danteschi, 28), p. 77. Sul problema in ambito testualedantesco: PETROCCHI, Intr. pp. 16-7; da ultimo BELLOMO, in IACOPO ALIGHIERI, Chiose all’«Inferno», ac. di SAVERIO BELLOMO, Padova, Antenore 1990 (in particolare l’Introduzione). Ma osservazioni lucide intal senso fin dal VANDELLI (Per il testo..., p. 22 e nota 6).

tazione cursoria e non specialista»32. Secondo Franceschini33, invece, tanto Chache Vat sono privi di «caratteri specificamente pisani», evidentissimi però nelcommento di Guido incluso in Cha, e trovano un riscontro più preciso in ambi-to pratese-pistoiese, anche se lo studioso ammette la presenza di «vari tratti nonfiorentini di carattere largamente tosco-occidentale»34. Sicuramente di scuola pi-sana sono le notevoli miniature del codice, e pisano è il frate carmelitano Guido,autore del commento e con un più che probabile ruolo centrale nell’allestimentodel codice.

Sempre a proposito del copista vaticano la Pomaro nota altresì la formazionegrafica dotta utilizzata, che privilegia «l’esclusivo uso delle rubriche latine» oltrea «certe scelte linguistiche ‘colte’, forse più vicino al convento che alla scuola»35.L’indicazione della studiosa è preziosa, e apre interessanti linee di sviluppo, aconferma delle quali si potrebbe citare la variante trascendere a Purg. III 35, va-riante a naso dal sapore decisamente teologico che compare in Laur 40.13 (cioè,secondo la Pomaro, fin dal 1342-47), e finora registrata anch’essa agli atti della fi-lologia dantesca come probabile correzione congetturale del certaldese, ma forseda attribuire ora al misterioso «amico del Boccaccio»: che forse Guido, che conmolta probabilità ha curato personalmente l’allestimento di Cha, sia ricorso an-che per la scrittura del testo dantesco a un copista pisano, magari suo confratelloo comunque legato al suo convento?

In ogni caso anche la storia della tradizione punta il dito verso l’area tosco-oc-cidentale per la formazione del subarchetipo vaticano (vat): quale difficoltà imma-ginare, infatti, a che l’«amico del Boccaccio», il quale prestava la sua opera di scri-ba a un prodotto intimamente pisano quale è Cha, possa aver avuto fra le mani uncodice dantesco di tradizione tosco-occidentale dal quale attingere qua e là?

Il codice di Chantilly però non sfugge alla generale tendenza, tipica della filo-logia dantesca, dello scarto fra testo citato nel commento e testo poetico trascrit-to nel codice, creando di fatto, per usare una bella definizione del Procaccioli36,uno «strabismo operante» fra testo e commento.

Ecco un breve ma significativo elenco di divergenze, fra testo redatto dall’a-

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37. Altri esempi in RINOLDI, Spigolature guidiane..., pp. 71-76.

nonimo copista vaticano (= Cha), e lezione dantesca citata all’interno del com-mento di Guido (= ChaG)37:

Tavola 4: Divergenze testuali fra Cha e commento di Guido da Pisa (ChaG)

II 12 anzi c’a Cha vat] prima c’a ChaG (P)V 126 (B) farò come colui Cha] dirò come colui ChaG (P)VII 103 assai più che Cha (P)] 103 assa’ vie più che ChaG

IX 39 feminine Cha (P)] feminili ChaG vatIX 64 (B) torbide onde Cha (P)] sucide onde ChaG

X 20 (B) mio dir Cha mio cuor ChaG (P)] mio cuor ChaG (P)XII 40 l’alta valle Cha (P)] questa valle ChaG

XII 134 (B) attila Cha (P)] totila ChaG

XIII 43 (B) Così di quella scheggia usciva inseme Cha vat] .De la schegia rotta usciva insemeChaG; Sì della scheggia rotta usciva insieme (P)

XIII 63 (B) li sonni e’ polsi Cha (P)] li sensi e’ polsi ChaG

XIV 52 (B) i suoi fabri Cha vat] il su’ fabro (poi più in là lo suo fabro) ChaG (P)XV 113 bacchiglione Cha (P)] battilione ChaG

XVI 45 (B) la fiera moglie Cha (P)] la mala moglie ChaG

XVI 95 da monte viso Cha (P)] da monte verso ChaG

XVII 50-51 (B) or co’ piedi or col ceffo quando morsi / da pulci son da mosche o da tafaniCha vat] or col ceffo or col piè quando son morsi / o da pulci o da mosche o da tafaniChaG (P)

XIX 94 (B) chiesero a mattia Cha vat] tolsero a mathia ChaG (P)XXI 109 (B) et se l’andare avante Cha (P)] et se l’andar più oltre ChaG

XXII 58 (B) tra male branche Cha vat] tra male gatte ChaG (P)XXVI 25 quante ’l villan Cha (P)] quale ‘l villan ChaG

XXVI 57 (B) corron Cha vat] ChaG et ita vadunt insimul ad vindictam; vanno (P)XXVIII 93 veduta amara Cha (P)] vendetta amara ChaG

XXIX 29 altaforte Cha (P)] altafronte ChaG

XXXI 39 (B) fugiemi errore e giugnemi paura Cha vat] fugimi errore et crescemi paura ChaG

(P)XXXII 25 non fece al corso suo Cha (P)] non fece mai al corso suo ChaG

XXXIV 93 (B) qual era il punto Cha vat] qual è quel punto ChaG

Gli errori di Cha contro ChaG sono notevoli ed altamente significativi: in particola-re le lacune a Inf. IV 142-133 e XIII 43 quest’ultima sanata con la zeppa; oltre all’in-credibile forzatura sintattica di XVII 50-51, dovuta al salto accidentale di son, recu-perato in Cha al verso successivo con una vera e propria acrobazia; così come quel-li di ChaG contro Cha: in particolare Inf. XII 40; XII 134; XV 13; XVI 45; XVI 95; XXI

109; tutti loci che ci assicurano, al di là di ogni dubbio, che il manoscritto utilizzatodall’«amico del Boccaccio» non è lo stesso di Guido a base del suo commento. Lamedesima lacuna di XIII 43 testimonia inoltre che nel codice di Chantilly fu copiatoprima il testo dantesco, e in un secondo momento fu trascritto il commento di Gui-do, altrimenti la lacuna sarebbe stata sanata con l’ausilio del testo del commento.

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38. Vedi il v. 58 «o anima cortese mantoana» parafrasato nel commento con «o curialis anima mantua-na»: RINOLDI, Spigolature guidiane..., p. 74 nota 27.

Ma ecco un secondo scrutinio, in questo caso di errori del commento (ChaG)a fronte dei manoscritti dell’antica vulgata di Petrocchi:

Tavola 5: Errori congiuntivi di ChaG con i manoscritti dell’antica vulgataInf. I 11 in su quel punto ChaG + Cha Vat + Co] a quel punto (P)I 122 di me più ChaG + Cha Vat + La Po Urb] più di me (P)II 53 (B) curialis et pulchra ChaG (cioè cortese e bella38) + Cha Vat + La1] beata e bella (P)II 23 furono stabiliti ChaG + Cha Vat (fur stabiliti)] fu stabilita (P)IV 141 (B) et alino ChaG + Cha Vat + x1 + alfa] e lino (P)VI 18 ingoia et squatra ChaG + Cha Vat + Ham Mart Pa Po Triv] iscoia ed isquatra (P)VI 73 ma non ChaG + Cha Vat] e non (P)VI 96 quando vedrà ChaG + Cha Vat + Ash Eg Fi Lau cento* Pa Rb Urb] quando verrà(P)VII 103 assa’ vie più ChaG + Ash] assai più (P) VIII 125 a me in secrata porta ChaG] a men segreta (P)IX 64 (B) sucide onde ChaG + a + Mad Pa (su ras.)] torbide onde (P)IX 39 feminili ChaG + b + Co Eg] feminine (P)IX 132 Poscia ChaG; .E poscia Ash Urb] E poi (P)XI 90 (B) iustitia ChaG + Cha Vat + Ash] vendetta (P) XII 40 questa valle ChaG + Ham] l’alta valle (P)XII 134 (B) totila ChaG + Ga (totile)] attila (P)XIII 63 (B) li sensi e’ polsi ChaG + Mart] li sonni e’ polsi (P)XV 74 tocchir ChaG + Cha + Ga cento*] tocchin (P)XV 113 battilione ChaG + Ham (battillione)] bacchiglione (P)XVI 45 (B) la mala moglie ChaG + Ash + La Lau Parm] la fiera moglie (P)XVI 73 la nova gente ChaG + a] la gente nuova (P)XVI 95 da monte verso ChaG + Ga La] da Monte Viso (P)XVII 20 stanno ChaG + Cha + Ham] sono (P)XX 31 et guarda ChaG + Ham Urb] e vedi (P)XXI 40 ch’i’ n’ò ben fornita ChaG + Cha Vat + Ham] che n’è ben fornita (P)XXI 109 (B) l’andar più oltre pur ChaG + a] l’andare avante pur (P)XXV 18 (B) venir gridando ChaG + Cha + Ham + Co La Laur Pr Urb] venir chiamando(P)XXV 144 (B) se fior la lingua ChaG + Cha Vat + La1] se fior la penna (P)XXVI 25 quale ’l villan ChaG + Ash + Fi Laur] quante ’l villan (P)XXVI 41 (B) del foco ChaG + Cha Vat] del fosso (P)XXVI 87 sì come quella ChaG + Cha] pur come quella (P)XXVIII 83 mai cotal fallo ChaG + Cha Vat] mai sì gran fallo (P)XXVIII 93 vendetta amara ChaG + Laur] veduta amara (P)XXIX 29 altafronte ChaG + Ash + La Si] Altaforte (P)XXX 6 (B) venir carcata ChaG + Cha Vat] andar carcata (P)XXX 51 tronca dal lato ChaG + Cha Vat + Co La Mart Parm Pr Rb] tronca da l’altro (P)XXXII 25 non fece mai al corso ChaG + Ash (non fe mai)] non fece al corso suo (P)

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39. GABRIELLA POMARO, Appunti su Ash, in NP, pp. 317-30.40. POMARO, Ricerche d’archivio..., p. 268 e nota 23; e ora GIORGIO INGLESE, Il codice Alighieri e loscrittoio del Pievano, «Studi e Problemi di Critica Testuale» 78 (2009), pp. 9-11. Grande rivalutazione insede testuale della tradizione a (Mart Triv) è recentemente proposta da uno studio di LUIGI SPAGNOLO

Subito sono da evidenziare gli errori commessi da Guido – singulares nella tradi-zione e da lui poi passati di peso nel codice di Chantilly (e quindi per lo più nel-l’intera officina vaticana): Inf. I 11; I 122; II 53; II 123; VI 18; VI 73; VI 96; XI 90; XV

74; XVII 20; XXI 40; XXV 18; XXVI 41; XXVI 87; XXVIII 83; XXX 6; XXX 51. Di questierrori poi si possono isolare quelli monogeneticamente chiusi al rapporto conCha (Inf. VI 73; XXVI 41; XXVI 87; XXVIII 83; XXX 6), che uniti ai precedenti, di-mostrano che il codice di Chantilly, seppure non derivato recta via dallo stessocodice delle Expositiones di Guido (ChaG), deriva senza dubbio da un comuneascendente. Sulla natura di tale ascendente notiamo come il commento di Guido,tolto qualche interessante punto di contatto con la prima tradizione toscana rap-presentata da Mart Triv (Inf. IX 64; XIII 63 solo Mart; XVI 73; XXI 109) e da La1

(Inf. II 53; XXV 144, forse I 122 e XVI 95, tutti tranne l’ultimo poi in Cha Vat), ri-vela la solita strettissima affinità con il ramo tosco-occidentale di b: Inf. VII 103(ipermetria, solo Ash); XI 90 (solo Ash); XII 40 (solo Ham); XV 13 (Ham); XVII 20(Ham); XXI 40 (Ham); XXXII 25 (Ash); a cui si potranno probabilmente aggiunge-re: Inf. VI 18 (da Ham o da Mart); VI 96 (da Ash); IX 32 (Ash); IX 39 (Ash Ham);XVI 45 (da Ash o da La); XX 31 (Ham); XXV 18 (Ham); XXVI 25 (Ash); XXIX 29(Ash). I contatti con altri manoscritti sembrano invece probabilmente casualiquando non poligenetici: con Ga a XII 134 forse per passaggio paleografico atila> totile, secondo Petrocchi, o più probabilmente correzione indipendente del co-pista sulla base dell’attributo «flagellum Dei» nei testi medievali tanto al re degliUnni che a quello degli Ostrogoti; idem a XV 74 per facile trascorso tocchin > toc-chir; con Laur a XXVIII 93 (paleografico: veduta > ve(n)detta, anche in Purg. XXV

31 molti manoscritti indipendentemente fra di loro).Non vi possono essere quindi dubbi di sorta che il commento linguisticamente

pisano del pisano Guido (ChaG) afferisse anche testualmente al ramo tosco-occi-dentale della tradizione. Con una fondamentale avvertenza: il testo del commentoesula dal subarchetipo b: su tutti il già citato Inf. XIII 43, in cui Ash Ham denun-ciano la vistosa caduta di rotta (sanata con una zeppa in Ham), ma dove Guidolegge .de la scheggia rotta usciva inseme, e dove, per inciso, non è trascritto il sì ini-ziale, non si sa quanto casualmente, il che forse potrebbe aver innescato l’interoprocesso degenerativo. Questo dato conferma decisamente coloro che datano ilcommento del frate pisano, almeno nelle sue fasi iniziali, grosso modo agli annitrenta o poco prima: a quell’altezza cronologica, infatti, è altamente improbabileche fosse già stato allestito il subarchetipo b, che appunto sarà invece stato esem-plato fra il ’30 e il ’35 (datazione di Ash o del suo ascendente39). Ciò, infine, rendebene ragione anche dei punti di contatto, certamente non casuali, che il commen-to intrattiene con a (Mart Triv), quest’ultimo sì allestito ante 1330 o suppergiù40.

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apparso in due puntate (La tradizione della Comedìa I, «Studi e Problemi di Critica testuale» 80 (2010),pp. 9-90; La tradizione della Comedìa II, «Studi e Problemi di Critica testuale» 81 (2010), pp. 17-46); alquale però replicano ANGELO EUGENIO MECCA, Un nuovo canone di loci per la tradizione della Comme-dia? A proposito di uno studio di Luigi Spagnolo, «Studi Danteschi», 77 (2012), pp. 359-87; e ELISABETTA

TONELLO, La tradizione della Commedia secondo Luigi Spagnolo e la sottofamiglia a0: Mart, Pal. 319, Trive altri affini, in Nuove prospettive..., pp. 71-118.41. «Anche il testo dell’Inferno che precede in Cha le Expositiones potrebbe provenire da Guido; que-sto fatto, ben più di una meramente ipotetica partecipazione guidiana all’allestimento di Cha, conforta lasupposizione di stretti rapporti del nostro con Firenze, dal momento che Cha e Vat sono sicuramenteprodotti fiorentini» (RINOLDI, Spigolature guidiane…, pp. 75-76).42. POMARO, Ricerche d’archivio…, pp. 243 e passim. 43. POMARO, Ricerche d’archivio…, p. 268 e nota 23.

Ritornando finalmente al nostro anonimo «amico del Boccaccio», proprio lapresenza nella sua officina di un percorso di contaminazione con il ramo b dellatradizione ci assicura che il capostipite del gruppo vaticano (vat) fu allestito dopoil subarchetipo tosco-occidentale, quindi post 1335 ma ante 1340 (datazione ap-prossimativa di Cha). Quando dunque il nostro anonimo copista realizza il suoprimo prodotto di bottega contamina sostanzialmente con la tradizione tosco-oc-cidentale, rappresentata da un codice, che se non era quello usato dal frate car-melitano circa una decina di anni prima, era comunque un manoscritto ad essoaffine, della stessa area geografica, forse fornito dallo stesso Guido o da chi perlui, confermando in tal modo il ruolo avuto dal religioso oltre che nel rapportocommento/apparato iconografico, anche in quello – sebbene indiretto – relativoalla scelta del testo dantesco da esemplare41.

Quando, qualche anno dopo la scrittura di Cha, l’«amico del Boccaccio» siaccinge alla sua seconda fatica, ossia l’attuale Laur. 40.13, necessita di un esem-plare integro della Commedia; è quindi giocoforza che egli si svincoli maggior-mente dalla tradizione di b (di cui aveva avuto fra le mani un teste relativo alsolo Inferno, utilizzato per Cha) per ritornare alla tradizione fiorentina rappre-sentata dalla linea di trasmissione ‘La1-Parm/cento’ che costituiva la vulgata deltempo in Firenze42 (cui aveva tentato di reagire Forese Donati con l’allestimen-to di a)43.

A questo punto possiamo finalmente rispondere alla domanda iniziale di que-sto studio circa l’origine testuale dell’officina vaticana e al ruolo giocato dal co-siddetto «amico del Boccaccio»: il primo rilievo da porre immediatamente agliatti è che il nostro anonimo copista ha decisamente pasticciato, allestendo un’e-dizione dantesca frutto di una spregiudicata opera di contaminazione fra tradi-zione fiorentina (linea di trasmissione ‘La1-Parm/cento’) e ramo b tosco-occiden-tale, quest’ultimo a base del commento di Guido da Pisa contenuto nella suaprobabile ‘opera prima’ di esordio, ossia Cha. Di più: nonostante si sia potutoapprezzare che alcune lezioni deteriori – poi trasfuse tal quali nel gruppo vatica-no – siano imputabili al commento di Guido (Tavola 5), tuttavia il numero delleinnovazioni di vat rimane comunque molto elevato, e prosegue poi con costanza

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44. Ciò spiega anche la contraddizione apparente fra la sicurezza mostrata dal copista, che non intervie-ne mai su rasura in una seconda fase e ha indotto la Pomaro a giudicare testualmente compatta la suaedizione; e l’elevato numero di varianti significative fra un codice e l’altro. Il copista cioè correggeva au-tonomamente e con un atto, se così si può dire, ‘ispirato’ sul momento, senza sentirsi in necessità di do-ver ricorrere ad altri exemplaria.45. MECCA, Dall’aldina del Bembo…46. La Pomaro data l’antigrafo vaticano (il nostro vat) al 1330 circa; ma ciò semplicemente perché ritie-ne l’anonimo «amico del Boccaccio» un semplice copista che trascriveva – nel 1340 circa – da un codicealtro, anticipabile quindi di un decennio; così Petrocchi, che ignorava il quadro complessivo dell’operadel nostro copista, stabiliva l’età di vat a circa il 1340, ma solo perché retrodatava di un decennio a parti-re dall’età di Vat (1350 circa). Anche se per motivi diversi, quindi, io sostengo che bisognerà concordarecon la datazione di Petrocchi.47. Dall’aprile 2003 (data di un convegno tenuto nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Fer-rara, i cui lavori sono sfociati poi nel volume NP) un gruppo di ricerca con base a Ferrara, coordinato daPaolo Trovato, è impegnato nella collazione dell’intera tradizione manoscritta della Commedia limitata-mente ai loci barbiani. Chi scrive ha la cura dei manoscritti contenenti il Purgatorio.48. Per la datazione dei codici il riferimento è PAOLO TROVATO, Appendice. Tavola sinottica, in NP,pp. 231-41.49. MECCA, Il canone editoriale…, pp. 156-59 e tavola 16.

lungo tutto il poema (Tavola 3). Né d’altro canto esse possono essere imputate alcomune ascendente di vat e del commento di Guido che può essere ricostruitocon l’incrocio delle testimonianze di Guido e di Ash Ham: essendo del tutto iso-late nel quadro testuale indicato, è chiaro che le varianti esclusive di vat devonoessere relegate nei piani bassi dello stemma, fra le innovazioni personali del copi-sta vaticano. Di conseguenza l’«amico del Boccaccio» cessa di essere un semplicecopista che si è limitato a riprodurre più o meno fedelmente l’antigrafo che avevadavanti, diffondendo a Firenze quella che poi sarebbe diventata l’officina vatica-na; ma è lui stesso che deve essere considerato il creatore dell’officina vaticana44.È dall’opera di questo anonimo copista che nasce a Firenze intorno al 1340, dallacontaminazione del ramo fiorentino (c, ossia la linea ‘La1-Parm/cento’) con quel-lo tosco-occidentale (b, Ash/Ham), il gruppo vaticano, destinato a far pesare lasua influenza sulla vulgata a stampa del poema dantesco fino a tempi recenti45.Per tal motivo non sarebbe cosa di poco momento riuscire a dare un nome oun volto a questo anonimo copista, o se non altro a definirne meglio i contornibiografici.

Che effettivamente il gruppo vaticano nasca con l’«amico del Boccaccio» in-torno al 1340 circa46, e non prima, si può affermare per un altro ordine di motivi,il primo dei quali è un dato, statisticamente a dir poco singolare: a collazioni con-cluse sull’intero testimoniale manoscritto della Commedia, seppure per lociBarbi47, è apparso che, tolte le sette copie di mano del cosiddetto «amico delBoccaccio», in tutta la tradizione dantesca fino al terzo decennio del Trecento48,mentre è un trionfo di codici del cento, non esiste nessun manoscritto superstiteafferente al gruppo vaticano, eccezion fatta per un marciano, lo Zanetti 50, cheperò è certamente connesso con Pr (su tutti Purg. II 35 traendo l’ale), sui cui rap-porti col gruppo vaticano ho già discusso altrove49. Ciò significa che fino al terzo

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50. D’obbligo il rinvio a GUIDI, TROVATO, Sugli stemmi bipartiti…51. Altre prove, con numerose tavole a sostegno, in MECCA, Il canone editoriale…

quarto del secolo il gruppo vaticano e il nostro anonimo copista «amico del Boc-caccio» si identificano, sono cioè un’unica cosa, proprio perché evidentemente ilgruppo è emanazione e creazione dello stesso copista; soltanto a molta distanza,a partire dal terzo ed ultimo quarto del secolo, si avranno finalmente copie altreafferenti all’officina vaticana che poi andranno via via ad aumentare. Sostenere,ad esempio, che molti manoscritti del gruppo, opera di altre mani, possano esse-re andati perduti, non tiene conto del fatto che la decimazione è trasversale50, enon si capirebbe per quale curioso capriccio del caso dovrebbero essere soprav-vissuti unicamente codici di mano dello stesso copista, cosa invece che torna adavere un senso se postuliamo che le uniche copie del gruppo presenti sul mercatolibrario siano state soltanto quelle dell’«amico del Boccaccio», in quanto suoprodotto esclusivo di bottega.

A conclusione di questo lavoro è possibile, infine, rispondere anche all’ultimadelle domande che ci eravamo posti in apertura, ossia circoscrivere in manieradefinitiva quale è stato il ruolo effettivamente giocato dal Boccaccio nella tradi-zione testuale della Commedia.

Alla luce dei dati emersi appare in maniera evidente che la contaminazionenel testo dantesco inizia molto prima dell’operazione editoriale del Boccaccio(ossia dalla stesura di To), e in maniera a dir poco spregiudicata: il capostipitedell’officina vaticana (vat), anch’esso di mano del copista di Vat (l’«amico delBoccaccio») e da identificare proprio con Cha o con un manoscritto coevo oggideperditus, era già inquinato alla fonte, essendo il frutto di una disinvolta operadi contaminazione testuale. Giovanni Boccaccio, la cui editio dantesca si inseriscepienamente nella tradizione vaticana, trova quindi le acque già inquinate e nonpuò quindi che avere un ruolo comunque marginale. Petrocchi, non disponendodi dati completi, ossia, nel caso specifico, ignorando l’attività scrittoria dell’ano-nimo copista nel suo complesso, messa in luce soltanto in anni recenti dalle ricer-che della Pomaro, ha attribuito al Boccaccio – in fatto di contaminazione – ciòche invece spettava di diritto all’«amico del Boccaccio».

E la logica conclusione, nei fatti, non può che essere recisa: nella tradizionemanoscritta della Commedia non esiste nessuno «sbarramento cronologico delBoccaccio», come invece riteneva incautamente il Petrocchi51. Venuta menoogni giustificazione filologica, viene meno anche la giustificazione metodologi-ca dell’edizione critica «secondo l’antica vulgata». L’edizione del Petrocchi,dunque, non può più essere presa come edizione critica strictu sensu: ma, ritor-nando al senso originario del termine, che è poi quello genuinamente ‘petroc-chiano’, va d’ora in poi intesa come edizione parziale e provvisoria grosso mododella tradizione manoscritta della prima metà del Trecento, antecedente il Boc-caccio; un limite questo che rappresenta un criterio convenzionale come un

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52. CARLO NEGRONI, Sul testo della Divina Commedia, Torino, C. Clausen 1890. Il Negroni proponevacome sbarramento una data convenzionale, il 1350, che tagliava matematicamente – non filologicamente– in due il secolo: un limite tanto più difficile da rispettare, all’epoca della proposta, in assenza di solidistudi di carattere paleografico sulla datazione dei singoli codici, ancora di là da venire. Al povero Negro-ni, peraltro, replica polemicamente lo stesso Petrocchi (sulla scorta del Barbi), secondo il quale il Negro-ni aveva il torto di pensare che «il processo d’alterazione del poema fosse cominciato soltanto dopo lametà del Trecento, e che perciò si potesse dividere la tradizione manoscritta in due tronconi, dei quali ilprimo comprendesse tutti i codici anteriori alla metà del secolo (tutti buoni e attendibili), e il secondo unassieme imponente di testi a penna in stato di differente alterazione» (GIORGIO PETROCCHI, Proposte perun testo-base della «Divina Commedia, «Filologia Romanza», 2 (1955), pp. 337-64 [346]).53. In realtà l’esistenza di uno «sbarramento Boccaccio» era già stata popperianamente falsicata fin da-gli studi della Liccardi relativi al codice Nap. XIII. C. 1 (Dante Alighieri, Commedia secondo il Ms. XIII C2 della Biblioteca Nazionale di Napoli, a c. di EMANUELA LICCARDI, Napoli, Bibliopolis 1988), e di Manin-chedda per il manoscritto di Cagliari (Il testo della “Commedia” secondo il codice di Cagliari, a c. di PAO-LO MANINCHEDDA, Roma, Bulzoni 1990), codici entrambi estranei all’influsso boccacciano; e da ultimoanche da TROVATO per vari recenziori settentrionali, i quali si dimostrano tutti «immuni dalle lezioni del-la tradizione vat + Boccaccio» (Intorno agli stemmi..., p. 698).

altro (come quello tanto vituperato del Negroni)52, senza alcuna validazionescientifica particolare53.

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Edizioni ETSPiazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa

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