Miriam e la musica in una rappresentazione medievale, in A. Addamiano, F. Luisi (éds.), Atti del...

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1 DANIELA CASTALDO Miriam e la musica in una rappresentazione medievale In questa sede vorrei proporre alcune riflessioni sull’iconografia di un personaggio minore dell’Antico Testamento, Miriam, sorella di Mosè ed Aronne, definita “profetessa” e protagonista di un episodio che si colloca a conclusione dell’attraversamento del Mar Rosso. * Questo il racconto narrato nel libro dell’Esodo: «In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare [...]. Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto [...]. 1 Allora Maria [Miriam], la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro di lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze (tump£nwn kai χorîn). Maria le guidava (™x»ren) dicendo: “cantate il Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere”». 2 La figura di Miriam viene riproposta diverse volte nelle arti figurative, sia per illustrare testi sacri come Bibbie e Salteri, ma anche Pentateuchi e Haggadah ebraici, 3 secondo una tradizione che risale all’VIII secolo d.C. La troviamo anche come tema iconografico indipendente dal testo scritto, e in questo caso la tradizione inizia con un sarcofago del III sec. d.C. 4 per arrivare fino a La danza di Miriam dipinta da Chagall, uno degli esempi più illustri del XX secolo. 5 Vorrei soffermarmi in particolare su una di queste rappresentazioni, 1 Esodo 14, 30-31 2 Esodo 15, 20-21 3 Cfr. A. Borgó, Musikinstrumente Mirjams in spätmittelalterlichen hebräischen Darstel- lungen, «Music in Art», XXXI 1-2, 2006, pp. 175-193. 4 Sarcofago romano con “Passaggio del Mar Rosso”, Musei Vaticani, Museo Pio Cristia- no, inv. 31434 (ca. 375-400 d.C.). 5 Alcuni esempi sono riportati da L. Réau, Iconographe de l’art Chrétien. 2.1. Ancien Testa- ment, Paris, Presses Universitaires de France, 1956 , pp. 195-196. * Un riconoscimento particolare a Barbara Faes che con i suoi commenti e le sue osservazioni ha molto contribuito alla stesura di questo testo. Un ringraziamento a Letterio Mauro e a Donatella Restani, per i loro preziosi consigli e suggerimenti.

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Daniela CastalDo

Miriam e la musica in una rappresentazione medievale

In questa sede vorrei proporre alcune riflessioni sull’iconografia di un personaggio minore dell’Antico Testamento, Miriam, sorella di Mosè ed Aronne, definita “profetessa” e protagonista di un episodio che si colloca a conclusione dell’attraversamento del Mar Rosso.* Questo il racconto narrato nel libro dell’Esodo: «In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare [...]. Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto [...].1 Allora Maria [Miriam], la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro di lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze (tump£nwn kai χorîn). Maria le guidava (™x»ren) dicendo: “cantate il Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere”».2

La figura di Miriam viene riproposta diverse volte nelle arti figurative, sia per illustrare testi sacri come Bibbie e Salteri, ma anche Pentateuchi e Haggadah ebraici,3 secondo una tradizione che risale all’VIII secolo d.C. La troviamo anche come tema iconografico indipendente dal testo scritto, e in questo caso la tradizione inizia con un sarcofago del III sec. d.C.4 per arrivare fino a La danza di Miriam dipinta da Chagall, uno degli esempi più illustri del XX secolo.5

Vorrei soffermarmi in particolare su una di queste rappresentazioni,

1 Esodo 14, 30-312 Esodo 15, 20-213 Cfr. A. Borgó, Musikinstrumente Mirjams in spätmittelalterlichen hebräischen Darstel-lungen, «Music in Art», XXXI 1-2, 2006, pp. 175-193.4 Sarcofago romano con “Passaggio del Mar Rosso”, Musei Vaticani, Museo Pio Cristia-no, inv. 31434 (ca. 375-400 d.C.).5 Alcuni esempi sono riportati da L. Réau, Iconographe de l’art Chrétien. 2.1. Ancien Testa-ment, Paris, Presses Universitaires de France, 1956 , pp. 195-196.

*Un riconoscimento particolare a Barbara Faes che con i suoi commenti e le sue osservazioni ha molto contribuito alla stesura di questo testo. Un ringraziamento a Letterio Mauro e a Donatella Restani, per i loro preziosi consigli e suggerimenti.

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quella realizzata da Giotto e dalla sua bottega nella Cappella di Maria Maddalena all’interno della Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi. Gli affreschi furono eseguiti tra il 1307 e il 1308 su commissione di Teobaldo Pontano, vescovo di Assisi dal 1296 al 1329.6

Secondo la tradizione, Maria Maddalena, il cui culto è testimoniato fin dal V secolo (Efeso),7 si sarebbe ritirata nella grotta detta “La Sainte Baume”, in Provenza, dove avrebbe trascorso molti anni in preghiera e penitenza. Per questo, i francescani avevano una particolare venerazione per la santa alla quale erano dedicati alcuni degli eremi nei quali San Francesco si ritirava. In Provenza, inoltre, furono scoperte le sue reliquie nella chiesa di San Massimino. Durante il Medioevo, nell’unica figura di Maddalena furono confusi ed unificati diversi personaggi della Bibbia, in particolare la peccatrice anonima del Vangelo di Luca,8 Maria Maddalena guarita dai demoni e poi guarita da Cristo, la prima a vederlo risorto,9 e Maria di Betania, sorella di Marta e di Lazzaro che, presagendo la morte futura del Salvatore, aveva sparso un prezioso unguento sui suoi piedi durante la cena a Betania, asciugandolo con i suoi capelli.10 In età medievale Maddalena viene definita apostolorum apostola, espressione usata da Abelardo in un sermone a proposito degli onori attribuiti alle donne nel Passaggio del Mar Rosso (Vecchio Testamento) e a Pasqua (nuovo Testamento).11

nella cappella della basilica di San Francesco sono rappresentati i principali eventi della vita della Maddalena come sono raccontati nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, 12 secondo cui, «dopo l’Ascensione

6 Sugli affreschi della cappella in generale, cfr. L.C. Schwartz, The Fresco decoration of the Magdalen chapel in the Basilica of St. Francis at Assisi, Ph.D. diss., Ann Arbor, UMI, 1984.7 Sulla figura di Maria Maddalena si veda K.L. Jansen, The Making of Magdalen. Preach-ing and Popular Devotion in the Later Middle Ages, Princeton, Princeton University Press, 2000, con bibliografia precedente. Si vedano anche i contributi del seminario La Made-leine, coordinato da Georges Duby, tenutosi al Collège de France e riuniti in un numero unico di «Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen Age», CIV 1, 1992.8 Luca 7, 36.9 Luca 8, 2; Marco 16, 9.10 Giovanni 12, 3. Cfr. C. Frugoni, L’affare migliore di Enrico. Giotto e la cappella degli Scrovegni, Torino, Einaudi, 2008, pp. 239-240, 269, nota 141.11 Sermo 13, PL 178, 48512 Jacopo da Varazze, Legenda aurea, testo critico riveduto e commento a cura di G.P. Maggioni, traduzione coordinata da F. Stella, Firenze, Sismel, 2007, I. Santa Maria Mad-dalena (XCII); II. pp. 1585-1587

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del Signore, quando vennero espulsi tutti i discepoli dalla Giudea, Maddalena, con suo fratello Lazzaro, sua sorella Marta» e altre persone, catturati dagli infedeli sarebbero stati abbandonati su una nave perché morissero. Ma la nave giunse a Marsiglia, dove la Maddalena, inorridita dal vedere che gli abitanti del luogo facevano sacrifici agli idoli, li avrebbe dissuasi dal fare sacrifici pagani, invitandoli a convertirsi al Cristianesimo. Maria Maddalena cercò di allontanare dal paganesimo anche il capo della provincia e sua moglie i quali, pur essendo sterili, desideravano avere un bambino. Per intercessione della Maddalena, la donna restò incinta e il marito governatore decise di partire per Roma per convertirsi così al Cristianesimo. La moglie volle accompagnare il marito, ma, una volta in mare, morì di parto. Il marito decise allora di lasciare il corpo della moglie in un’isola, con il bambino ancora vivo, perché morisse fra le sue braccia e non nel prosieguo del viaggio. Il marito giunse a Roma, incontrò Pietro che compiva miracoli e si convertì. Al ritorno, quando, passando vicino all'isola, volle fermarsi, la donna riprese vita e si scoprì che il bambino miracolosamente era ancora vivo, essendosi nutrito per due anni con il latte della madre. Il governatore e la sua famiglia fecero finalmente ritorno a Marsiglia, dove Maria Maddalena stava predicando. In seguito, la santa, allontanandosi dalla società civile per dedicarsi alla contemplazione e alla penitenza, si ritirò per trent’anni in una grotta nel deserto dove gli angeli si prendevano cura di lei.

nella cappella dedicata a Maria Maddalena sono illustrati alcuni momenti della sua vita [Fig. 1]: in alto, nelle lunette, quelli successivi al ritiro nel deserto, come l’episodio del monaco eremita che le dona una veste, il colloquio con gli angeli, che ogni giorno la portano per sette volte in cielo per cantare, con tutti i santi del Paradiso, la gloria del Signore, e infine l’ultima comunione e l’ascensione in cielo. nei ripiani intermedi dei lati sono illustrati alcuni degli episodi narrati nella Bibbia, come la Cena in casa del Fariseo, la Resurrezione di Lazzaro, il Noli me tangere, e infine il suggestivo Viaggio a Marsiglia, con la nave che porta Maddalena e gli altri discepoli nella città francese, di cui si vedono le mura, e con l’isola su cui giacciono la donna e il bambino, secondo il racconto di Jacopo da Varagine. Gli affreschi della cappella rifletterebbero la struttura dei sermoni declamati dai frati mendicanti predicatori: il racconto della vita di Maria Maddalena, santa penitente per eccellenza, sarebbe corredato

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dagli illustri exempla penitentiae offerti dai sedici ritratti a figura intera di Santi e personaggi del Vecchio Testamento.13 In generale, è da evidenziare la predominanza di figure femminili che rappresentano ogni tipologia di donna, diverse per età, attività e condizione sociale: le uniche maschili sono il committente, ripetuto due volte, San Rufino e un angelo.

I ritratti di quattro donne, che sembrano costituire un gruppo a sé stante, sono illustrati ai lati della parete occupata dal finestrone: tra loro anche Miriam, rappresentata mentre percuote un tamburello a sonagli sorridendo allo spettatore in modo vitale ed espressivo [Fig. 2].14 La scritta sotto l’immagine, s. Maria soror Moisy, è in qualche modo incongruente, perché Miriam è conosciuta come profetessa, più che come santa. La figura di Miriam sembra enfatizzata dalla luce che, proveniente dalla finestra, è riflessa dal tamburello.

Sulla stessa parete, in alto a destra, dall’altro lato del finestrone, compaiono altre immagini di sante: S. Elena, madre dell’imperatore Costantino, un soggetto piuttosto diffuso nella pittura del Trecento [Fig. 3], vestita in modo simile a Miriam, è rappresentata con la croce e indicata dall’iscrizione, s. elena Mater Constantini. Poi, sotto Miriam, un’altra figura femminile emaciata, priva d’iscrizione, col capo scoperto e i capelli sciolti sulle spalle: si tratta della santa eremita Maria Egiziaca, la prostituta alessandrina convertitasi di fronte all’immagine della Vergine e ritiratasi nel deserto in penitenza. Spesso Maddalena e Maria Egiziaca sono confuse e per questo sembra eccezionale che le figure compaiano nella stessa cappella. Infine, sotto S. Elena, Marta, sorella di Maddalena, le cui immagini sono piuttosto rare.

Quale nesso, dunque, mette in relazione questi personaggi con Maddalena? Tre di loro sono legate ad essa in modo più o meno diretto: Marta, per il rapporto di parentela; Maria Egiziaca per l’analoga vicenda personale e per il fatto di essere anch’essa una santa penitente. Di S. Elena l’iscrizione sottolinea il ruolo materno, elemento che forse allude ad alcuni miracoli relativi alla maternità attribuiti a Maddalena. Infatti, oltre all’episodio della moglie del 13 Cfr. Jansen, The Making of Magdalen, cit., p. 204. Sui ritratti della cappella, cfr. Sch-wartz, The Fresco decoration of the Magdalen chapel, cit., pp. 161-198.14 Si tratta probabilmente dell’unico suo ritratto realizzato in un affresco: cfr. Schwartz, The Fresco decoration of the Magdalen chapel, cit., p. 164. Miriam è rappresentata anche in un rilievo di Giovanni Pisano a Siena, di poco precedente (1284-1296), ma senza con-notazioni musicali, evidentemente in relazione ad una tradizione iconografica diversa.

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governatore di Marsiglia, la tradizione agiografica riporta anche del salvataggio di una donna incinta naufragata durante un viaggio sulla Loira.15

Il ritratto che risulta più difficile da spiegare è quella di Miriam: quale significato attribuire alla presenza di “Santa Maria sorella di Mosè”, nella la cappella di Maria Maddalena? Esiste un legame, una analogia tra la figura di Miriam e quella di Maddalena?

Dal testo dell’Esodo si evince che, allo stesso modo dei fratelli Mosè ed Aronne, Miriam ricopre una posizione di prestigio all’interno della comunità:16 essa non è indicata come “moglie” o “madre”, sebbene alcune fonti rabbiniche le attribuiscano un marito, Hur, e un figlio, Caleb.17 Miriam è generalmente definita “profetessa” e secondo i commentatori è la prima donna ad essere indicata con questo termine, rappresentando così l’archetipo della tradizione profetica femminile: avrebbe infatti predetto il ruolo di guida di Mosè18 e preparato gli strumenti musicali che gli Ebrei portarono con sé nella fuga dall’Egitto.19 La tradizione midrasthica sottolinea anche come anche la profetessa Miriam fosse in qualche modo legata alla sfera della fertilità, in quanto associata all’acqua e quindi alla vita:20 si vedano ad esempio gli episodi del piccolo Mosè abbandonato lungo le acque del nilo21 e del passaggio del Mar Rosso.22 L’acqua è un

15 Bibliotheca Agiographica Latina Antiquae et Mediae Aetatis, 5443, 5453-54.16 Ad es. Michea, 6, 4.17 Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche 3, 54. Secondo le fonti rabbiniche, Hur sarebbe il figlio e Caleb il marito. 18 Esodo 2, 4; Bavli Sotah 12b-13a.19 P. Silverman Kramer, Miriam, in Exodus to Deuteronomy: a feminist companion to the Bible, Second edition, ed. A. Brenner, Sheffield, Sheffield Academic Press, 2000, pp. 104-133.20 D. Steinmetz, A Portrait of Miriam in Rabbinic Midrash, «Prooftexts», VIII 1, 1988, pp. 35-65.21 Esodo 1.15 «Il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua, di uccidere i neonati maschi, ma esse disobbediscono. Così ordina di gettare nel nilo ogni neonato maschio ebreo. Una donna prese un cesto di papiro, lo spal-mò di bitume, vi mise dentro il bambino e lo depose tra i giunchi sulla riva del nilo. La sorella del bambino si mise ad osservare da lontano cosa gli sarebbe accaduto. Quando la figlia del faraone scese nel nilo per fare il bagno vide il cestello tra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L’aprì e vide un bambino. La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone”Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree perché allatti per te il bambino?” “Va’” disse la figlia del faraone e la fanciulla andò a chiamare la madre del bambino».22 Steinmetz, A Portrait of Miriam in Rabbinic Midrash, cit., pp. 41-42.

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elemento vitale che tiene in vita Mosè e il popolo d’Israele durante il viaggio nel deserto. Infatti, finché Miriam vive, gli Ebrei trovano sorgenti d’acqua e pozzi durante il loro viaggio nel deserto, cosa che non avviene più dopo la sua morte.23 Secondo la tradizione rabbinica inoltre, Miriam sarebbe identificata con una delle levatrici ebree in Egitto, chiamata Puah perché gridava.24 oltre che accompagnare sua madre Yochebed ed occuparsi di tutte le sue necessità, l’avrebbe assistita durante la nascita di Mosè. Anche il nome Miriam rimanda all’acqua: deriverebbe infatti dalle parole ebraiche mar, che significa “amaro” e yam, “mare, acqua”, “l’acqua amara del mare”.25 Se questo significato particolare appare ben evidenziato nei commenti ebraici alla Bibbia, tuttavia sembrerebbe estraneo alla tradizione medievale occidentale di ambito francescano in cui si inserirebbero gli affreschi di Assisi.

Alcuni elementi comuni a Maddalena e a Miriam si possono dunque individuare già a partire dal nome: si credeva infatti che quello cristiano “Maria” derivasse dall’ebraico “Miriam” e per questo i due nomi erano interpretati allo stesso modo. Maria Maddalena, quindi, sarebbe legata sia alla profetessa ebrea Miriam, sia alla Vergine Maria, sia anche alle altre Marie delle Sacre Scritture.26 Un altro aspetto in comune è il legame con i temi dell’acqua27 e con la lebbra: Maria Maddalena è più volte associata alla terribile malattia nelle Sacre Scritture, tanto che in Inghilterra era la patrona dei lebbrosi,28 e ciò probabilmente perché le prostitute erano considerate i principali veicoli della malattia. Anche Miriam si ammalò di

23 Numeri 20, 1; cfr. Silverman Kramer, Miriam, cit., p. 112.24 Bavli Sotah 11b. Secondo Steinmetz, A Portrait of Miriam in Rabbinic Midrash, cit., p. 41, perché tubava (to coo)25 In Esodo 15, 22, subito dopo il canto di Miriam, gli Ebrei, dopo aver levato l’accampa-mento dal Mar Rosso, «camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua (mar). Arrivarono a Mara, ma non poterono bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara». Allora il Signore Mosè gettò nell’acqua il legno che gli aveva indicato il Signore e l’acqua divenne dolce. 26 Jansen, The Making of Magdalen, cit., pp. 20-21, nota 7.27 Maddalena sarebbe anche patrona dei vignaioli e dei giardinieri: cfr. Jensen, The Ma-king of Magdalen, cit., pp. 294-303. La tradizione midrasthica insiste sviluppa questo legame con l’acqua associandola anche alla fertilità e alla vita: ma, come mi faceva notare Barbara Faes, la tradizione midrasthica è piuttosto estranea agli ambienti francescani del Medioevo occidentale di XIV secolo.28 cfr. Jensen, The Making of Magdalen, cit., pp. 174-175.

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questa malattia per poi guarirne miracolosamente.29 Entrambe, inoltre, cantano lodi a Dio: la santa accompagnata dai cori degli angeli, come mostra l’affresco di Assisi, la profetessa dai cori delle donne ebree, immagine che sembra prefigurare anche quella di Maria, madre di Cristo, accompagnata dai cori delle vergini.30

Il canto intonato da Miriam per ringraziare il Signore dopo l’attraversamento del Mar Rosso31 è interpretato come uno dei più antichi componimenti poetici nella storia ebraica.32 Sembra verosimile che la profetessa sia autrice di questo canto, che rientra nella tradizione dell’inno di vittoria, un genere associato alla sfera femminile, piuttosto che a quella maschile, e di cui fa anche il canto di Deborah per celebrare il trionfo di Israele sul re di Caanan.33 In altri episodi dell’Antico Testamento i canti di vittoria sono accompagnati da danze ritmate dal suono dei tamburi, come nel caso delle donne d’Israele che festeggiano il ritorno di Saul vittorioso34 o dalla figlia di Iefte che va incontro al padre con timpani e danze.35 Sembra dunque che si possa parlare di un genere “canto di vittoria”, in particolare in occasione di esiti positivi raggiunti in condizioni di svantaggio schiacciante e conseguiti grazie all’intervento di Dio: il miracolo della salvezza concessa da Dio è esplicitato attraverso il canto e la danza.

29 Numeri 12, 15.30 Cfr. anche zeno Ueronensis, Tractatus, 2, 26, 23, secondo cui Miriam sarebbe figura rappresenterebbe la Chiesa che conduce al cielo il popolo cristiano suonando il tambu-rello (Maria, quae cum mulieribus tympanum quatit, typus ecclesiae fuit, quae cum omnibus ecclesiis, quas peperit, hymnum canens et pectoris uerum tympanum quatiens populum chri-stianum ducit, non in eremum, sed ad caelum).31 Canto indipendente da quello intonato da Mosè subito prima: Esodo, 15, 1-18 («Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero ...»).32 Cfr. S. Scholtz, The complexities of ‘His’ Liberation talk: A Literary-Feminist Reading of the Book of Exodus, in A Feminist Companion to Exodus to the Deuteronomy, Sheffield, Academic Sheffield Press, 2000, ed. A. Brenner, pp. 20-40: 32, note 23-24.33 Giudici 5, 1-31.34 1 Samuele 18, 6 «uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incon-tro al re Saul, accompagnandosi con i timpani, con grida di gioia e con i sistri. Le donne cantavano e danzavano alternandosi».35 Giudici 11, 34: «Poi Iefte tornò a Mizpa, verso casa sua; ed ecco uscirgli incontro la figlia, con timpani e danze». Si veda anche Geremia, 31:4:«Vergine Israele … di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi e uscirai tra la danza dei festanti». Si veda anche C. Mey-ers, Miriam, Music and Miracles, in Mariam, the Magdalen and the Mother, ed. D. Good, Bloomington, Indiana University Press, 2005, pp. 27-48.

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Le considerazioni sulla figura di Miriam nel libro dell’Esodo possono fornire lo spunto per alcune riflessioni sul ruolo ricoperto dalle donne in rapporto alla musica, nell’antica tradizione ebraica, in cui la performance musicale era perlopiù affidata a musicisti professionisti, cantori, strumentisti e danzatori che prendevano parte a celebrazioni religiose. Per quanto riguarda il ruolo delle musiciste nell’antico mondo ebraico risulta interessante la testimonianza di Didimo di Alessandria (IV sec. d.C.), secondo cui «le donne ebree si servirono dei timpani durante l’esodo dall’Egitto e il passaggio del Mar Rosso, sotto la guida della profetessa Maria, sorella di Mosé e di Aronne. Dopo aver impugnato i timpani, guidate da una donna istruttrice del coro (τῇ χοροδιδασκάλῳ), esse cominciarono a cantare in segno di vittoria».36 Sembra esservi qui l’allusione ad un aspetto professionale, sottolineato anche dall’organizzazione di un’esibizione realizzata di fronte ad un uditorio e guidata da una profetessa, una figura dallo status particolare, detentrice di potere e prestigio, all’interno del gruppo sociale. In questo caso, il coro delle donne esegue il canto accompagnandosi con un tamburo a cornice, un membranofono il cui nome nella traduzione greca e latina viene reso col termine tympanon/tympanum, derivato dalla parola ugaritica tp, probabilmente onomatopeica, e di cui si registrano 15 occorrenze nell’Antico Testamento.37 Il testo biblico non fornisce notizie dettagliate sulle caratteristiche dello strumento, ma sembra verosimile che misurasse circa 25-30 cm di diametro e che non avesse sonagli applicati al telaio. Si tratta di un membranofono di pertinenza prevalentemente femminile, usato durante le processioni,38 in cui le donne lo percuotevano trovandosi dopo i cantori, ma prima degli altri strumentisti,39 per accompagnare danze ed inni cultuali,40 per la celebrazione di giorni festivi41 e in generale

36 Commentari a Zaccaria, 2, 82.37 J. Braun, Biblical instruments. 3. Old Testament Instruments (X), in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol. *00*, p. *00*; C. Meyers, Mother to Muse. An Ar-chaeomusicological Study of Women's Performance in Ancient Israel, in Recycling Biblical Figures, Papers Read at a noSTER Colloquium in Amsterdam (12-13 May 1997), eds. A. Brenner - J.W. Van Henten, Leiden, Deo, 1999 (Studies in Theology and Religion 1), pp. 50-79.38 2 Samuele 6, 5; 1 Cronache 13, 8.39 Salmi 68, 26.40 1 Samuele 18, 6; Salmi 149, 3; 150, 4.41 Salmi 81, 3.

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per esprimere manifestazioni di gioia.42 Secondo gli studiosi, alla tradizione biblica delle figure femminili che cantano e danzano al suono del tamburello farebbero riferimento le numerose statuette di terracotta rappresentate con questo strumento, rinvenute in area siro-palestinese (XI-X sec. a. C.), modello poi diffusosi in area fenicia (VIII-VII sec. a. C.) e a Cipro (VII-VI sec.).43 Si può ipotizzare che anticamente in questi territori esistessero associazioni professionali femminili preposte al culto di divinità femminili legate alla sfera della natura e della fertilità come Astarte (Astera), Cibele, e Afrodite.

Ancora oggi, presso alcune culture del Vicino oriente, dell’Egitto, dalla penisola Arabica, attraverso la Turchia, fino all’Iraq e all’Afganistan, il tamburo a cornice è associato alle donne, mentre in molte altre regioni, sia in Europa, sia nell’Africa sub sahariana, il tamburo è uno strumento prevalentemente maschile. Anche il nome con cui questo tipo di tamburo a cornice è indicato rimanda alle antiche origini che abbiamo citato: “duff” (in Arabia e nelle regioni occidentali), “daff”/“def” (Turchia, Iran) “tar” (Arabia). Un rapporto privilegiato lo lega alle donne, tanto che nel mondo arabo il daff è considerato come lo strumento che maggiormente caratterizza il mondo femminile. Va inoltre sottolineato come accedano all’uso di questo tipo di membranofoni solo donne con particolare status, potere e condizione di privilegio, variabili secondo le regioni.44 Esse lo usano per facilitare la risoluzione di problemi relativi alla guarigione, alla forza fisica, alla protezione dei villaggi, ai problemi della famiglia.

Se queste considerazioni in parte contribuiscono a chiarire la funzione della musica di Miriam nelle Sacre Scritture, per spiegare la presenza della profetessa, sorella di Mosè in un ciclo iconografico medievale come quello nella cappella di Assisi, occorre far riferimento ad un’altra tradizione culturale, quella dei commenti che i Padri della Chiesa fanno alle Sacre Scritture e, ad un livello più “popolare”, quella dei sermoni. Risultano in particolare significative le interpretazioni allegoriche degli strumenti musicali nei commenti ai Salmi ad opera, primo tra tutti, di

42 Genesi 31, 27; 1 Samuele 10, 5.43 J. Braun, Music in Ancient Israel/Palestine. Archaeological, Written, and Comparative Sources, Grand Rapids, William B. Eerdmans, 2002, pp. 29-31; 116-133.44 Cfr. V. Doubleday, The Frame Drum in the Middle East: Women, Musical Instruments and Power, «Ethnomusicology», XLIII 1, 1999, pp. 101-134.

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Agostino.45 Questi parla del timpano interpretandolo come simbolo della mortificazione della carne e dell’annientamento delle passioni: così Agostino rivolto ai Cristiani li invita a “prendere il salmo” e a “rigettare il timpano”, perché il salmo è espressione dello spirito e il timpano della carne.46 In un’altro passo traccia inoltre una similitudine tra il timpano, ricavato dalla pelle tesa su un telaio di legno, e Cristo crocefisso, le cui carni furono stese sulla croce.47 I Cristiani hanno mortificato le passioni della carne immolandole sulla croce:48 «e questo è il significato che si può attribuire al timpano che Maria prese per accompagnare il cantico: per formare il timpano viene tesa su un legno la carne: e dalla croce imparano

45 Cfr. J.W. McKinnon, Musical Instruments in Medieval Psalm Commentaries and Psal-ters, «Journal of the American Musicological Society», XXI 1, 1968, pp. 3-20; D. Costa, Sant’Agostino e le allegorie degli strumenti musicali, «Rivista Italiana di Musicologia», XXVIII 2, 1993, pp. 207-225. Sul tamburello nelle Sacre Scritture, si veda anche M. Mo-lina, Frame drums in Medieval Spanish Representations of the Twenty-Four Elders, «Music in Art», XXXII 1-2, 2007, pp. 93-101: 97-99.46 Augustinus, Enarr. in psalmos, 80, 4: «Perché ricevete? Perché date? Ricevete il salmo e date il timpano [...] e veramente il timpano, in quanto fatto di cuoio, è un oggetto che ri-entra nella sfera della carne. Il salmo dunque è qualcosa di spirituale, il timpano è carnale [...] perciò, o popolo di Dio, ricevete il salmo e date il timpano: ricevete i beni spirituali e date quelli carnali (trad. it. V. Tarulli)» (Quid accipite? quid date? accipite psalmum, et date tympanum [...] et uerum est quod tympanum, quod de corio fit, ad carnem pertinet [...] psalmus ergo spiritalis est, tympanum carnale [...] ergo plebs dei, congregatio dei, accipite psalmum et date tympanum: accipite spiritalia et date carnalia). Si vedano anche le rifles-sioni di C. Legimi, Il tema della danza nei commenti biblici e nella predicazione medievale, in Predicazione e società nel Medioevo: riflessione etica, valori e modelli di comportamento, Atti del Convegno (Padova, 14-18 luglio 2000), a cura di L. Gaffuri, R. Quinto, Padova, Centro studi antoniani, 2002, pp. 285-292.

47 Augustinus, Enarr. in psalmos 33, 1, 9: «Poiché colui che è crocefisso si distende su legno, in modo che, per fare un timpano, la carne, ossia il cuoio, si distende del pari sul legno, è stato detto: e suonava il timpano, cioè era crocefisso, era disteso sul legno (trad. it. R. Minuti) (et quoniam qui crucifigitur, in ligno extenditur; ut autem tympanum fiat, caro, id est corium, in ligno extenditur, dictum est: et tympanizabat, id est crucifigebatur, in ligno extendebatur)». 48 Cfr. origenes, In Exodum homiliae, 6, 1 (Melius autem et dignius haec dices, si habueris tympanum in manu tua, id est si 'carnem tuam crucifixeris cum vitiis et concupiscentiis', et si 'mortificaveris membra tua, quae sunt super terram); cfr. anche Augustinus, Enarr. in psalmos 150, 7: «Lodate Dio con timpano e danza . Il timpano loda Dio in quanto nella carne trasformata non c’è più ormai alcuna miseria derivante dalla corruzione terrena. Il timpano infatti si fabbrica con pelli essiccate e tese robustamente (trad. it. V. Tarulli) (laudate eum in tympano et choro. tympanum laudat deum, cum iam in carne mutata nulla est terrenae corruptionis infirmitas. de corio quippe fit tympanum exsiccato atque firmato)». Cfr. anche Rabano Mauro, MPL 112, 1067: tympanum est afflictio carnis.

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a far risuonare il dolce suono che ispira la Grazia».49 La similitudine tra il timpano e la croce è ulteriormente ampliata, perché, come il primo emette il suono dato dalla vibrazione della pelle tesa, così la seconda fa riecheggiare il suono della Grazia originato dalla crocefissione di Cristo e dall’annientamento dei piaceri e delle passioni carnali.

nella prospettiva secondo cui lo strumento musicale formato da una pelle tesa rimanderebbe alla croce su cui sono state stese le membra di Cristo, assume un significato particolare anche la presenza di S. Elena all’interno della cappella della Maddalena. Infatti, come mi ha fatto notare Barbara Faes, Elena, madre di Costantino, scoprì a Gerusalemme la croce su cui Cristo fu crocefisso, e per questo è solitamente rappresentata associata alla croce, come si può vedere anche nella cappella di Assisi. Miriam ed Elena alluderebbero entrambe alla crocefissione di Cristo: la prima, prefigurando l’evento e mostrandone il timpano come simbolo, elemento che spiegherebbe anche l’inusuale definizione “Santa Maria” che le è attribuita. Elena, che vive quando il fatto è già avvenuto, portando la croce che testimonia il sacrificio del figlio di Dio per la salvezza degli uomini.

Questa breve riflessione ha messo in luce alcuni elementi che legano Miriam a Maddalena e che in qualche modo spiegano la presenza della profetessa nella cappella dedicata alla santa: il ritratto di Miriam, lungi dall’avere una finalità puramente decorativa, sembrerebbe funzionale all’interpretazione dei complessi significati del ciclo e con essi coerente, oltre a rivelare una densa stratificazione di tradizioni musicali legate alla sfera religiosa, diverse nel tempo e nello spazio.

49 Augustinus, Sermo 363, Pl. 39, col. 1638 (qui enim iesu christi sunt, ait apostolus, car-nem suam crucifixerunt cum passionibus et concupiscentiis. hoc significare congruenter intelligitur tympanum, quod assumpsit maria, ut huic cantico consonaret. in ligno enim caro extenditur, ut tympanum fiat: et ex cruce discunt suauem sonum gratiae confiteri). Cfr. anche Augustinus, Enarr. in psalmos 149, 8: «nel timpano si stira il cuoio, nel salterio si stirano le corde: nell’uno e nell’altro strumento si crocefigge la carne (trad. it. V. Tarulli) (in tympano corium extenditur, in psalterio chordae extenduntur: in utroque organo caro crucifigitur)».

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3. Miriam (s. Maria soror Moisy); da Giotto e i giotteschi in Assisi, a cura di A. Giovanni Cicognani et all., Roma, Canesi, 1969, fig. 106.

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4. S. Elena (s. elena Mater Constantini); da Giotto e i giotteschi in Assisi, a cura di A. Giovanni Cicognani et all., Roma, Canesi, 1969, fig. 107.